Non sono più una bambina

di Glicia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mai più egoista ***
Capitolo 2: *** In che modo? ***
Capitolo 3: *** Fragile ***
Capitolo 4: *** Sempre più giù ***
Capitolo 5: *** Ho bisogno di te. ***
Capitolo 6: *** Sarò forte ***
Capitolo 7: *** Non andare via ***
Capitolo 8: *** Rinascita ***
Capitolo 9: *** Rapporti ***
Capitolo 10: *** Primavera ***
Capitolo 11: *** Catene ***
Capitolo 12: *** Fantasmi del passato ***
Capitolo 13: *** Via la razionalità ***
Capitolo 14: *** Donna ***
Capitolo 15: *** Pavida ***
Capitolo 16: *** Proteggimi ***
Capitolo 17: *** Una questione d'affari ***
Capitolo 18: *** Vita venduta ***
Capitolo 19: *** Per orgoglio ***
Capitolo 20: *** Ti voglio bene ***
Capitolo 21: *** Non sono più una bambina ***



Capitolo 1
*** Mai più egoista ***


MAI PIU' EGOISTA.

Ren

La mia dipendenza...l'avrei curata, questa volta ci sarei riuscito davvero.
L'avrei fatto per te, Nana, che ti mostri fredda e distaccata, orgogliosa come nessun altro, ma che in realtà sei fragile e vaghi in balia delle tue paure.
Non ti abbandonerò, non mi comporterò come tre anni fa, non ti farò mai più sentire sola.
Non pensare che ti voglia legare a me per pura abitudine, è che proprio non riesco a non amarti. Ci ho provato quando arrivai qui a Tokyo, ma ero ossessionato dal tuo ricordo che non mi lasciava solo neanche un attimo. Ci ho provato anche in questo mese, ma anche questa volta la tua mancanza mi provocava in continuazione fitte al cuore.
Non sono debole Nana, è solo che ti amo.

E l'avrei fatto anche per i Trapnest.
Lo capisci vero? Non potevo più essere un problema per loro. Non potevo più permettere che Reira si sacrificasse per me.
E' per questo che stavo andando da lei Nana. Volevo arrivare da te senza preoccupazioni, volevo fare pace e amarti come prima.

Forse la velocità era un po' elevata, è vero, ma c'erano due zanzare che mi stavano alle calcagna. Certamente stavano cercando qualcosa che potessero utilizzare per inventarsi una mia tresca con Reira. Sono insopportabili, no? Non gli importa nulla di mentire o di rovinare vite.
Non so se fu l'effetto della droga o l'aver sentito la tua voce in radio dopo così tanto tempo, fatto sta che ti vidi li sul parapetto, in bilico come un gatto.
Cosa facevi lì Nana?
Non stavi per buttarti vero?
Perchè avresti dovuto?
Però da te non so mai cosa aspettarmi, sei impulsiva...
...è per questo che cercai di raggiungerti il prima possibile... e poi, dopo più di un mese di lontananza, l'unica cosa che desideravo era riprenderti tra le braccia.
Sterzai senza rendermene conto e solo quando la tua immagine scomparve, vidi il muro davanti a me. 

La vita può cambiare in un attimo.
I pensieri che possono attraversare la mente in quel breve istante possono essere infiniti.
Se le mie mani fossero state irreparabilmente danneggiate, non avrei più potuto fare l'unica cosa in cui davvero eccellevo, ma se fossi morto, ti avrei abbandonata di nuovo.
Basta! Non potevo farlo ancora! Era arrivato il momento di mettere da parte l'egoismo!
Sterzai con tutta la forza che avevo in corpo cercando di evitare lo schianto.
Certo, come potevo pensare che questo sarebbe bastato? Non so bene cosa mi successe, sentì solo qualcosa di caldo scivolare lungo il mio viso.
Poi...buio.
 


 

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Capitolo 2
*** In che modo? ***


IN CHE MODO?

Ginpei cercava di destreggiarsi tra tutti gli impegni di Nana.
Forse quella giornata era davvero troppo stressante. Non poteva certo permettere che la ragazza collassasse dalla stanchezza.
Le telefonate erano davvero infinite! Migliaia di giornalisti chiamavano per avere notizie sui concerti, le interviste e i vari impegni della cantante. A volte si chiedeva se ce l'avessero una vita.
Quando sentì per l'ennesima volta il telefono squillare, sbuffò esasperato. Questa volta non avrebbe risposto, basta!
La suoneria terminò. Finalmente un po' di pace. Si appoggiò allo schienale della sedia esausto e chiuse gli occhi. Nana ne avrebbe avuto per un'altra mezz'ora con l'intervista alla radio. Un sonnellino poteva anche concederselo.

Ed eccolo di nuovo. Quel suono malefico.
Gridò esasperato e prese con furia quella tortura.

<< Pronto? Non avete ancora capito che non posso darvi alcuna informazione su Nana? Piantatela di chiamare! >>

<< Ginpei?! >>

<< Eh? Yasu sei tu? >>

<< Si, ascoltami bene Ginpei. Devi portare immediatamente Nana a Tokyo. Ren ha avuto un incidente. >>

<< Eh? Cosa è successo? >>

<< E' andato fuori strada con la macchina. Non c'è tempo da perdere Ginpei. Le sue condizioni sono gravi. Portala immediatamente qui. >>

<< Ma Nana è in onda alla radio ora! >>

<< Allora appena esce andate all''aeroporto. Ci dovrebbe essere un aereo tra un paio d'ore. Cercate di non perderlo. >>

<< V... va bene. >>

Ginpei rimase ad osservare il telefono con gli occhi umidi e spalancati.
Era certo che quella sera Nana sperasse di vederlo arrivare lì ad Osaka per il suo compleanno.
In verità, aveva saputo che dopo quanto era accaduto a Shin non si sentivano da più di un mese, ma l'amore che Nana provava per lui era stampato a lettere cubitali sulla sua faccia. Forse lei non se ne rendeva neppure conto, ma era così.
Con che faccia le avrebbe potuto dire ciò che era successo?
E se fosse scoppiata a piangere?
Come avrebbe potuto calmarla?
La porta dello studio si aprì. Nana uscì.


<< Ah, non ne posso più di queste interviste Ginpei. Ti prego, dimmi che per oggi abbiamo finito, sono stanca morta! >>

<< Nana.. >>

<< Mmh? >>


<< ... >>

<< Beh? Hai perso la lingua per caso? >>

<< Prepara il minimo indispensabile Nana. Partiamo subito. Farò spedire il resto della roba. L'aereo parte tra un'ora e mezza, quindi muoviti. >>

Aveva parlato troppo velocemente e non sapeva neanche cosa avesse detto. Nana lo guardava interrogativa.

<< E dove andiamo ora, scusa? >>

<< Nana... >>

Sospirò.
Stava per piangere.
Perchè proprio lui le doveva dare questa notizia?


<< Nana, Ren ha avuto un incidente. Dobbiamo partire subito per Tokyo. Le sue condizioni sono gravi. >>

Nana rimase immobile.
Totalmente apatica.
Sembrava non aver sentito neanche una parola di quello che Ginpei le aveva detto.


<< Avanti Nana, dobbiamo muoverci! Vado a chiamare un taxi. Prepara l'essenziale! >>

Quando Ginpei risalì, Nana stava facendo tutto con estrema lentezza. L'uomo prese tutta la roba che la ragazza aveva disposto sul divano e la gettò in fretta nella borsa.

<< Andiamo, il taxi arriverà tra poco. >>

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Capitolo 3
*** Fragile ***


FRAGILE

NANA

Guardavo fisso davanti a me.
Non che ci fosse qualcosa di interessante da osservare, era solo che ad ogni passo, speravo sempre più intensamente di vederti sbucare con il tuo solito sorrisetto, per dirmi che era tutto uno scherzo; solo una scusa crudele per rivedermi dopo così tanto tempo.
Mi sentivo immersa in una campana di vetro. Tutto quello che mi circondava mi appariva distorto, tutti i suoni ovattati. 
La verità, Ren, è che non potevo accettare un altro abbandono da parte tua. Sai, anche se alla fine ci siamo ritrovati, non ti ho mai perdonato di essere andato via! So di essere egoista, ma in fondo, lo sai anche tu, no? Come sai anche quanto l'orgoglio mi rovini, quanto sia fragile, quanto poco sappia badare a me stessa e quanto tu sia per me una droga.                              
Senza di te, purtroppo, non posso vivere. Tu mi hai donato tutto ciò che ora ho: il canto, l'amore, una ragione di vita! Se te ne andassi di nuovo, questa volta porteresti con te tutto questo e di me resterebbe solamente un guscio vuoto. Che senso avrebbe vivere?
Sai bene quanto odi dipendere da qualcuno, allora perchè ti diverti così tanto a mettere in luce questo lato del mio carattere? Tu sei, in assoluto, la persona che mi fa più innervosire!
Ma anche l'unica che ami con ogni cellula del mio corpo.

Devo solo svoltare a destra e poi...ti avrò raggiunto. Ormai i singhiozzi degli altri li percepisco distintamente e ogni singolo gemito è come una stilettata dritta nel petto. Perchè devi sempre farmi così male?

Un passo. Solo un passo ... e mi sarei ritrovata davanti a tutti. Ero certa che si sarebbero precipitati ad abbracciarmi, dicendomi che sarebbe andato tutto bene, accarezzandomi i capelli, la schiena. Probabilmente avrebbero cacciato via le loro lacrime per farmi forza.
Non ce l'avrei fatta.
Una parte di me avrebbe tanto voluto lasciarsi andare a tutte quelle attenzioni, ma questo stupido orgoglio che mi porto dietro, pesante come un macigno, mi impediva di farlo.
Lì per lì, pensai che l' unica alternativa era fuggire. In questo modo, nessuno avrebbe visto la mia debolezza. 

Arretrai...

... quelle lacrime che lottavano con forza contro il mio orgoglio pur di scorrere liberamente sul mio viso, non le avrei fatte cadere...

... arretrai ancora...

... avrei preferito diventare una donna priva di sentimenti e... sola, pur di non versare quel sale...

... e ancora.

Sai, ho sempre pensato che Yasu avesse sempre avuto un tempismo perfetto. Quella volta non si smentì. 
Me lo ritrovai davanti all'improvviso. 
Sperai con tutta me stessa che non mi abbracciasse. Se l'avesse fatto, quelle lacrime che tentavo disperatamente di nascondere, avrebbero vinto la loro battaglia.
Forse, Yasu riesce davvero a leggermi nel profondo dell'animo. Si limitò a prendermi la mano e trascinarmi lentamente verso gli altri.


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Capitolo 4
*** Sempre più giù ***


SEMPRE PIU' GIU'

NANA

Quel giorno è ancora perfettamente vivido nella mia mente.
Quando Yasu mi prese la mano, avanzai con la testa bassa, sperando quasi che nessuno mi notasse. Sentivo gli occhi di tutti puntati addosso. Percepivo lo sguardo solidale di Hachi, quello imbarazzato di Reira e quello semplicemente incuriosito del tuo staff. Sai, c'erano proprio tutti quel giorno. Erano tutti lì per te.
Lasciai la mano di Yasu e mi sedetti proprio di fronte alla porta della tua stanza.
Nonostante tutti i tentennamenti di un attimo prima, avrei solo voluto abbassare quella maniglia e venire da te, ma le mie gambe ormai, non rispondevano più ai miei comandi. Ero totalmente paralizzata dalla paura. Fissavo lo spiraglio della porta da cui proveniva la luce bianca del neon. Quant'ero vile Ren! Ma in fondo, lo sono ancora adesso. Non sono proprio cambiata eh? Possibile che tutto ciò che ho passato, non mi abbia fatto crescere neanche un po'?
Persa com'ero nei miei pensieri, non mi accorsi che Yasu si era inginocchiato davanti a me, fissandomi attraverso le sue lenti nere. Solo il tocco freddo della sua mano, mi destò dall'angosciante vortice in cui man mano sprofondavo.

<< Nana... >>

Lo guardavo, ma ero perfettamente consapevole che il mio sguardo era totalmente vuoto. 
Sai, non credo che gli occhi siano lo specchio dell'anima; se lo fossero, tutto il dolore di quel giorno si sarebbe riversato in essi e invece, si limitava a distruggermi internamente. Ogni secondo che passava, sentivo che il mio cuore veniva fatto a brandelli. Tagliuzzato in pezzettini sempre più piccoli. Ma quel dolore, Ren, mi rese consapevole di quanto fosse grande l'amore che provavo per te.
I pensieri che mi avevano attraversato la mente in quel mese di lontananza, erano solo un vano tentativo di autoconvincermi che ce l'avrei fatta anche senza di te. Quanto posso essere patetica, eh Ren?

Credevo che solo la tua morte mi avrebbe potuto provocare un dolore più grande di quello che stavo provando. Ma mi sbagliavo. In fondo, ad un grande amore corrisponde sempre un grande dolore, no?
Tutto quello che mi disse Yasu, mi attraversò il cervello in un lampo. Ascoltavo le sue parole, ma non le comprendevo, era come se mi stesse parlando in un'altra lingua.

<< ...le condizioni di Ren sono gravi, anche se per ora la situazione è stabile. I medici hanno detto che non possono fare niente se non si sveglia. Pensano che stargli vicino e parlargli  potrebbe aiutarlo. Se vuoi, puoi entrare. >>

Quasi non mi accorsi che aveva terminato di parlare. Abbassai nuovamente lo sguardo, tornando a fissare la porta.
D'improvviso, mi balenò in mente una domanda. Mi sorprendo ancora, se penso a quanto fosse stupida. Tra tante cose che avrei potuto chiedere, ho scelto proprio la più inutile.
Eppure, fu proprio in quel momento che mi resi conto dell'inconsistenza della mia vita.
Quando il pavimeno crolla, puoi solo precipitare.

<< Com'è successo? >>

Mantenni lo sguardo basso, aspettandomi una risposta altrettanto stupida, che però non arrivò.
Puntai gli occhi in quelli di Yasu. 

<< Andava troppo veloce. La strada era ricoperta di neve e ha perso il controllo. >>

Neve? 

Mi alzai. Ero pronta. Ti sarei stata accanto. Non sapevo come, ma giurai che ti avrei svegliato. Questa volta, non ti avrei permesso di fare di testa tua. E se anche avessi perso, ti avrei seguita.

<< Nana... c'è un'altra cosa. >>

Non mi girai, ero certa che qualsiasi altra cosa avesse detto, non avrebbe avuto la minima importanza. In fondo, tutto era scolorito in quella situazione. 
Mi sbagliavo.

<< Ren...si drogava. >>

Eccola. Eccola lì la prima crepa sotto i miei piedi.
Mi voltai con uno scatto improvviso. 

<< Cosa cazzo dici pelato? Ti pare che Ren non me lo avrebbe detto, o che non mi sarei mai accorta di niente? >>

<< Si vergognava Nana, non voleva che lo venissi a sapere. Voleva farla finita. Ripeteva in continuazione che avrebbe potuto smettere in qualsiasi momento, ma a quanto pare non è stato così semplice. >>

Ed ecco la seconda crepa. Il suolo cominciava a cedere.
Tacqui. Erano poche le persone di cui mi fidavo talmente tanto, da non aspettarmi mai e poi mai una delusione.
Yasu era il primo della lista.

<< Quindi tu... lo sapevi già da prima. >>

Percepii i Trapnest distogliere lo sguardo. Certamente anche loro lo sapevano da tempo.
Yasu spalancò la bocca e mi guardò fisso. Il suo silenzio non fece altro che incrementare la rabbia che man mano sopraffaceva tutta la sofferenza di un attimo prima.
In quel momento, la mia testa si svuotò di qualunque altro pensiero. Nel cervello mi rimbombavano sempre più forti le parole di Yasu. Cominciai a tremare dalla rabbia senza nemmeno accorgermene. Lo afferrai per la giacca.

<< Con che diritto mi hai tenuta fuori da questa storia? Come hai potuto non dirmelo? Hai lasciato che Ren continuasse a drogarsi senza fare niente per fermarlo. Tu e Ren mi avete tagliata fuori dalla sua vita, come cazzo hai potuto, come? >>

In quel momento non mi resi conto della pesantezza delle mie parole; avrei potuto continuare a ripetere le stesse frasi all'infinito se Nobu non mi avesse fermata.

<< Nana, andiamo un po' fuori, ti va? >>

Non capivo più nulla, sentivo che la mia testa sarebbe esplosa da un momento all'altro. I pensieri si affollavano nel mio cervello provocandomi dolori lancinanti.
Arrivai all'esterno dell'ospedale senza neanche accorgermene. Non ce la facevo più. Questa volta, Ren, avevi fatto qualcosa di molto peggiore che abbandonarmi. Mi avevi esclusa dalla tua vita. Non mi avevi permesso di aiutarti. Avevi preferito affrontare tutto da solo piuttosto che condividere questo peso con me! Che senso aveva il nostro rapporto? Solo sesso e nient'altro? Ero davvero stanca. 
Scoppiai in un pianto ininterrotto, cercando di soffocare i singhiozzi nel petto di Nobu che mi stringeva sempre più forte. 

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Capitolo 5
*** Ho bisogno di te. ***


HO BISOGNO DI TE

NANA

Ricordo che quel giorno pioveva a dirotto. Nobu si bagnò completamente quando uscimmo. Io invece fui riparata dal suo corpo. Le sue braccia mi avvolgevano completamente e la sua testa poggiava sulla mia. Mi persi del tutto in quell'abbraccio. Non sentivo più la pioggia, le voci di chi entrava e usciva. Sentivo solo il mio pianto ininterotto. Queste maledette lacrime avevano vinto.
Nobu non disse nulla. Si limitò a stringermi forte. Se avesse parlato, probabilmente avrei litigato anche con lui. La mia reazione sarebbe stata imprevedibile anche per me. So bene di essere lunatica, allora Nobu come riesce sempre a capire come trattarmi? Neppure Yasu riesce così bene. E' davvero un ragazzo d'oro.
Eppure, sapevo benissimo che anche lui, così come tutti gli altri, mi nascondeva qualcosa. Yasu aveva detto che la strada su cui Ren aveva avuto l'incidente, era ricoperta di neve.
Non era di certo a Tokyo e non stava venendo da me.
In quel periodo dell'anno, c'era un solo posto che conoscessi, ancora innevato.
Comunque non volevo approfondire. Ero perfettamente consapevole che se avessi fatto domande, avrei ottenuto un'altra delusione. Per quel giorno, ne avevo avute abbastanza.
Rientrammo qualche minuto dopo. La rabbia non era scomparsa completamente, ma ero più lucida. Al diavolo Yasu, i Trapnest e tutto quello che non mi avevano detto. L'unica cosa che desideravo in quel momento era stare con te, Ren. Nonostante mi sentissi tradita, l'amore che provavo per te non poteva certo sfumare così in fretta. Volevo fare tutto ciò che era in mio potere per svegliarti. 
Anche se... probabilmente tu volevi lasciarmi definitivamente. 
In fondo, non ci sentivamo da più di un mese e quella notte, l'ultima notte dei miei vent'anni, non stavi venendo da me. Ripensandoci adesso, era un'ennesima manifestazione di egoismo. Ero io che avevo bisgno di te. Ero io che volevo disperatamente risollevarti da quel baratro in cui ti trovavi. Mi nascondevo dicendomi che avevi bisogno di me. Fingevo di mettere da parte la rabbia per starti vicino. Che atteggiamento ripugnante! Mi vergogno di me stessa, Ren!
Però giurai, che appena ti fossi svegliato, se davvero volevi farla finita, me ne sarei andata senza dire nulla.
In silenzio... come un gatto.
La porta della tua stanza era ancora chiusa. Nessuno era entrato. Erano acora tutti dove li avevo lasciati. 
Non guardai in faccia Yasu. Non era solo per la rabbia che provavo nei suoi confronti, in cuor mio, sapevo benissimo di aver esagerato, gli avevo detto cose davvero orribili!
Camminai con passo deciso verso la porta e appoggiai la mano sulla maniglia.

Secondo te, quanto dolore può contenere il cuore di una persona?

Quei pochi secondi, li ricordo interminabili.
La voce di Nobu che mi diceva di aspettare, mi giunse troppo tardi, la mia mano aveva già aperto quella porta.
Non dimenticherò mai ciò che vidi. Ancora oggi, mi sveglio in preda all'ansia dopo aver sognato quel maledettissimo giorno.
Fu come ricevere un colpo in pieno petto.
Arretrai portandomi una mano alla bocca cercando di soffocare un urlo. 
Le gambe non mi reggevano più, crollai per terra con lo sguardo fisso su di te.
Una marea di persone mi si accalcarono attorno.
Hachi mi aveva cinto le spalle. Mi tuffai nel suo abbraccio, nascondendo il viso nell'incavo del  collo. 
Respirare diventava sempre più difficile.
Le lacrime mi offuscavano la vista.
Tremavo.
Volevo urlare.
Dio, Ren! Dimmi che è solo un incubo.

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Capitolo 6
*** Sarò forte ***


SARO' FORTE

NANA

Non riuscivo a smettere di tremare. Le lacrime non si bloccavano. Rimasi a terra, stretta nelle braccia di Hachi per un'eternità. 
Il nervosismo non faceva che crescere.
Volevo alzarmi, venire da te, baciare ogni singola ferita, ma quel tremore non mi permetteva nessun movimento.
Ti guardavo, sperando di ridurre con lo sguardo la distanza che ci separava.
Così non andava. Tutti i miei propositi di starti vicina stavano svanendo. Dovevo alzarmi!
Chiusi gli occhi e cominciai a respirare profondamente.
Tentai di allontanare dai miei pensieri la tua immagine in quelle condizioni. Pensai a noi nella nostra vecchia casa, quando, tornati da un concerto, facevamo l'amore e poi ci addormentavamo abbracciati. Pensai al tuo respiro sulla mia pelle, alle tue carezze, ai tuoi baci. Cercai di risvegliare in me tutte quelle sensazioni. Era quella la vita che volevo. Una vita insieme a te. 
A poco, a poco, il tremore si placò. Sciolsì quell'abbraccio e reggendomi allo stipite della porta mi alzai.
Sentivo di non essere stabile. Dovevo compiere un enorme sforzo per non riprendere a tremare. Respiravo piano e a fondo. Se mi fossi lasciata andare, ero certa che sarebbe tornata di nuovo quella sensazione orribile di essere sul punto di soffocare.
Qualche lacrima ancora scivolava lungo le guance, ma ormai, non m'importava più nulla.
Quella piccola distanza che c'era tra noi, raddoppiò. Mi sembrava di non raggiungerti mai.
Il battito del mio cuore mi assordava.
Trattenni il respiro.
Finalmente, ero da te.
Cercavo di studiare il tuo volto che quasi non riconoscevo, ma le lacrime mi offuscavano la vista.
Sai, ho sempre considerato stupide le favole e non ho mai capito come gli adulti possano raccontarle ai bambini, non fanno altro che mentirgli spudoratamente, convincerli che tutte le storie abbiano un lieto fine. Ma, come si può affrontare la vita con questa convinzione? 
I principi azzurri non esistono, le donne non sono tutte pure e innocenti, la vita è difficile, la sofferenza esiste e non tutte le storie hanno un lieto fine.
Quale pincipe si innamora a prima vista? Quale principessa si risvegia con un bacio?
Eppure, in quel momento, avrei tanto voluto provarci, verificare io stessa che quelle storie fossero tutte cazzate, però, non mi era permesso neanche quello.
Volevo ritrovare le tue labbra, ma quella maledetta mascherina non me lo lasciava fare.
Volevo accarezzarti i capelli, ma quelle bende me lo impedivano.
Volevo stringerti la mano, ma quei tubi mi bloccavano.
Sfiorai ogni singolo raschio sulle tue guance.
Baciai i tuoi occhi sperando che quel tocco ti inducesse ad aprirli.
Le mie lacrime cadevano sul tuo viso.
Mi gettai sulla sedia li accanto e mi avvicinai a te il più possibile, respirai profondamente, asciugai il mio viso, presi la tua mano nella mia per quanto mi fosse possibile e accarezzandone il dorso con il dito, mi preparai ad affrontare i giorni interminabili che seguirono. 

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Capitolo 7
*** Non andare via ***


NON ANDARE VIA

REN

Ero immerso in una totale oscurità.
Percepivo voci e rumori, ma non capivo da chi provenissero.
Non ricordavo cosa mi fosse successo, ma non temevo di morire. Sapevo di stare bene e tentavo in continuazione di aprire gli occhi, ma sembravano come sigillati. Più tentavo di dischiuderli, meno ci riucivo.
Non so con esatezza quanto tempo passai in quelle condizioni, a me sembrò un'eternità, ma ogni giorno, sentivo che i miei sensi si intensificavano sempre di più. La confusione che percepivo prima cominciò a definirsi. Riconoscevo le voci, gli odori, riuscivo persino a distinguere il tuo tocco. Non eri l'unica ad accarezzarmi, ma il contatto con te era diverso.
Non parlavi molto, ma la tua voce era sempre stanca e quasi impercettibile. Mi faceva così incazzare! Non perchè ce l'avessi con te, era perchè sapevo di essere io il responsabile di quella tristezza.
Sai, penso di averti fatto soffrire più di quanto ti abbia reso felice. Eppure, l'unica cosa che ho sempre desiderato era darti una vita serena, quella vita che nessuno dei due ha avuto da bambini e offrirti tutto il mio amore. Forse, sono davvero un buon a nulla. Se non sono stato capace di fermare le tue lacrime, ma anzi, ne sono stato la causa, mi dici che razza di compagno sono stato? 
In quei giorni, avevo l'impressione che non ti muovessi di lì. Capivo sempre quando gli altri entravano e quando uscivano. Di solito mi salutavano normalmente, come se fossi stato sveglio. Tu invece, rimanevi accanto a me, tenendomi la mano. Ogni tanto cominciavi a canticchiare e quelle canzoni, eccome se le riconoscevo! Erano quelle che suonavamo quand'ero ancora nei Blast. Anche se volessi, non potrei mai dimenticarle. La nostra vita era semplice, Nana, ma era perfetta così. Noi due, non abbiamo mai avuto bisogno di niente se non dell'altro. Aver perso quella vita, è la cosa di cui mi sono sempre pentito. Per quanta fama avessi guadagnato, per quanto facessi quello che amavo, niente poteva competere con il vivere in quella casa con te. Decisi che quando mi sarei svegliato, ti avrei riportata li, avremmo ricominciato insieme dal nostro punto di partenza e lì ritornermo quando saremo vecchi e nessuno si ricorderà più del chitarrista bello e dannato e della cantante cupa e truccatissima.
Il giorno in cui mi risvegliai, tu eri sempre lì a canticchiare, di solito quando entrava qualcuno rimanevi in stanza, a meno che non entrassero Reira o Tukumi.
Quel giorno, la porta si aprì ed entrarono Yasu e Nobu. Percepivo che qualcosa non andava tra te e lui, ma non avevo ancora capito cosa.

<< Ciao... >>

Non sipondesti.

<< Nana, sei piuttosto pallida, perchè non vai un po' a casa a riposare? Fino ad ora non ti sei allontanata un attimo. >>

<< Mi sembrava di essere stata chiara quando ti ho detto di non voler più sentire la tua voce. Non parlarmi. >>

<< Nana, cerca di capire... >>

<< L'unica cosa che ho capito è che mi avete tagliata fuori da questa situazione, sia tu che lui. Non voglio saperne più nulla di te e quando Ren si sveglierà lo dirò chiaro e tondo anche a lui. Non sono più una bambina che soccombe agli eventi senza fare nulla. E queste, sono le ultime parole che sentirai da me Yasu. >>

Quella volta, quando lasciasti la mia mano e uscisti dalla camera, tentai disperatamente di afferti per il polso e trattenerti lì con me.
Quelle tue parole, furono come delle lame, eppure, sapevo benissimo di meritarle. In quei giorni, non avevo minimamente pensato che fossi venuta a sapere della mia dipendenza.
Sai, quando mi resi conto che ormai la droga era qualcosa a cui non potevo rinunciare, la prima cosa a cui pensai era di tenertelo nascosto. Effettivamente, non mi preoccupai di cosa avresti potuto provare se per caso fossi venuta a saperlo. Non te lo nascosi perche volevo tagliarti fuori dalla mia vita, lo feci perchè in quegli anni, tu eri diventata troppo simile a me, mi avevi imitato nel modo di vestire, nel numero dei piercing, avevi anche cominciato a fumare la stessa marca di sigarette che fumavo io. Questo non mi aveva mai infastidito, però, temetti che se ti avessi rivelato anche quel lato di me, avresti potuto imitarmi anche in quello. Non potevo permetterlo. Dovevo proteggerti ad ogni costo. Sapevo benissimo di star distruggendo me stesso e dovevo evitare ad ogni costo che lo facessi anche tu.

<< Non te la prendere Yasu, ha solo bisogno di tempo. Quando Ren si sveglierà, tornerà tutto alla normalità, ne sono certo. >>

Provai con tutta la forza che avevo in corpo a dischiudere quelle maledette palpebre. Non potevo più aspettare, volevo vederti e spiegarti tutto. Volevo stringerti di nuovo tra le braccia.
A poco, a poco, la luce cominciò a penetrare tra le ciglia. Finalmente riuscivo a muovere le dita, le gambe, avevo finalmente ripreso il controllo del mio corpo.

<< Ren... ehi Ren! >>

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Capitolo 8
*** Rinascita ***


RINASCITA

NANA

Eravamo già ad Aprile, eppure quella sera il freddo era pungente. Vedere Yasu ogni giorno stava diventando insostenibile. La rabbia non faceva che crescere e controllarla diventava sempre più difficile. Eravamo davvero arrivati alla fine. Questa volta i Blast si sarebbero sciolti definitivamente. Non sapevo cosa avrei fatto dopo. Non avevo un piano B e questo mi angosciava terribilmente. Se fosse finita anche con te, sarei sprofondata completamente, ma ormai, lasciarti mi sembrava inevitabile. Ero certa che anche tu la pensassi allo stesso modo.
Mi accesi una sigaretta e aspirai profondamente.
Erano da poco passate le ventuno e come ogni sera si erano radunati tutti lì da te. Ritornando dal lavoro, passavano tutti a farti un saluto. Io invece, non mi muovevo da quella sedia. Tornavo raramente a casa e mangiavo solo quando Hachiko mi portava qualcosa.
 La mia carriera di solista era andata a farsi fottere. Ormai lo scandalo di Shin si era raffreddato e la Gaia premeva affinchè i Blast riprendessero le attività, ma io non volevo sentirne parlare.
Qualcuno mi appoggiò un giubotto sulle spalle. 

<< Prenderai freddo se esci così. Mi sembri piuttosto stanca in questi giorni, dovresti riposare. >>

<< Sto benissimo. >>

<< ...Nana, perchè continui a trattare Yasu in quel modo? >>

Perchè quella domanda Nobu? Secondo te ero io che stavo sbagliando atteggiamento?

<< Nobu, non voglio più avere nulla a che fare con Yasu. >>

<< Ma cosa dici? Se continui così cosa ne sarà dei Blast? >>

<< A questo punto, non m'importa più nulla. In una band dovrebbe regnare la solidarietà e la sincerità. Io non sono stata solidale con Shin e voi non siete stati sinceri con me. >>

<< Perchè parli al plurale, Nana? Noi abbiamo scoperto tutto quando siamo arrivati in ospedale e se Yasu non ti ha detto nulla, non l'ha fatto perchè non riteneva di doverti tenere al corrente. Questo lo sai alla perfezione anche tu. >>

<< Veramente io non mi sto riferendo solo a quello. >> Lo guardai e Nobu arretrò. << Nessuno mi ha detto dove stava andando Ren quella sera. Non era a Tokyo e non stava venendo da me. Avete fatto finta di nulla per tutto questo tempo pensando che io non avessi capito niente, invece, mi sono limitata a tacere per evitare altre discussioni, ma questo non toglie che mi abbiate deluso tutti quanti. >>

Tornai a guardare dritto di fronte a me.
Nobu taceva.
Qualsiasi cosa avesse detto, avrebbe solo peggiorato la situazione.
Rimanemmo tutti e due fissi lì. In silenzio. Dopo un po', Nobu rientrò senza dire nulla. Quel mese così devastante mi aveva completamente svuotata. Cominciai a pensare di non poter provare più nulla. Il mio cuore si era forse raffreddato?
Ma, in effetti, non credo che una cosa simile possa succedere. Per quanto sepolti nel punto più profondo dell'animo, i sentimenti non possono assolutamente spegnersi. Ma questo, lo capii solo qualche tempo dopo.

<< Nana! >>

La voce intensa e squillante di Shin mi ridestò violentemente dai miei pensieri.

<< Ren... Ren si è svegliato! >>

Da egoista quale sono, quelle parole mi provocarono un certo fastidio. Possibile che dopo tutto il tempo che avevo passato accanto a te, immobile, tu avevi deciso di svegliarti proprio quando io non ero lì?
Pensandoci a mente fredda, i miei occhi quel giorno, vollero vedere solo quel lato della situazione. La mia mente si era ristretta al punto tale da non poter pensare ad altro se non che il tuo risveglio indicava la fine del nostro rapporto.
Questo pensiero mi assordò lungo tutto il tragitto che mi separava da te.
Non potevo proprio sorriderti e fare finta di nulla. Probabilmente tutti mi biasimarono per quel comportamento, ma il mio orgoglio era tornato padrone della mia mente e del mio cuore.
Il corridoio sul quale si affacciava la tua stanza era deserto, la porta era aperta e dall'interno provenivano le voci commosse di tutti.
Quando giunsi sulla soglia, si erano accalcati tutti attorno al letto e non riuscivo a scorgerti.
Mi appoggiai allo stipite non sapendo bene come comportarmi. Le voci si accalcavano una sull'altra e non capivo molto, ma quella frase la sentii chiaramente.

<< Dov'è Nana? >>

Tacquero tutti e il respiro mi si bloccò, in pochi secondi mi ritrovai gli occhi di tutti puntati in faccia, ma guardavo solo te. Il tuo viso era stanco, ma ti avevano liberato della mascherina finalmente.
Tutti uscirono su invito di Hachi e rimanemmo soli, anche se era l'ultima cosa che volevo.

<< Nana... >>

Abbassai gli occhi. Quella volta non sarei caduta nella tua trappola. Tutta la tua persona mi tentava, la tua voce, i tuoi gesti, tutto. Forse, la nostra relazione aveva resistito proprio a causa dell'influenza che hai su di me. Ma non poteva continuare. In fondo, eri stato in parte tu a deciderlo.
Mi avvicinai alla finestra e appoggiando la fronte sul vetro cominciai a fissare un punto indistinto.

<< Nana, ti prego, perdonami. >>

Sorrisi amaramente.

<< E per cosa dovrei perdonarti, Ren? Perchè stavi andando chissà dove quella notte? O perchè non mi hai dei detto che ti drogavi? >>

Ti sentii sospirare, serrai gli occhi per evitare di piangere.
Non avevamo più nulla da dirci. Possibile che una storia travolgente come la nostra finisse in modo così insulso? 
Nella tasca, c'era la chiave per chiudere definitivamente quella porta.
Mi avvicinai al tuo letto. Presi in mano il tuo lucchetto e avvicinai la chiave alla serratura.
La tua presa sul mio polso era forte, o forse ero io a non essere totalmente convinta di ciò che stavo facendo.
La chiave cadde.

<< Nana, ma che fai? >>

Lo dicesti con una tale angoscia che arretrai colpita in pieno petto.

<< Sei tu che l'hai deciso, no? Mi sto limitando a fare quello che non hai il coraggio di fare tu. >>

<< E quand'è che l'avrei deciso? >>

<< Mi hai tagliata fuori dalla tua vita, Ren. Come hai potuto non dirmelo? Stavamo per sposarci, avremmo dovuto condividere tutto. Se credevi di farmi diventare la tua puttanella personale con il matrimonio, allora hai sbagliato i tuoi calcoli. >>

Ormai urlavamo entrambi.

<< Lo sai benissimo che non l'ho mai pensato. Non ti ho mai tradita. Sei l'unica che abbia mai amato. Non fingere di non saperlo. Se non te l'ho detto è stato solo per proteggerti. >>

<< Tutti mi tacciono qualcosa per proteggermi, ma non capite che non fate altro che ferirmi ancora di più? Voglio l'affetto delle persone che mi circondano, non la loro protezione! >>

Rimanemmo in silenzio per un'eternità. 
Cercavo di nascondere le lacrime tra le mani, ma i singhiozzi erano facili da percepire. Sarei potuta rimanere ferma lì per sempre, se non ti fossi allungato per avvicinarmi a te.
Avere il tuo viso sul seno, le tue braccia avvolte dietro la schiena, era una sensazione che non ricordavo quasi più. Avevo quasi dimenticato il batticuore che si prova quando si ha tra le braccia la persona che si ama.
Allungasti le tue labbra sulle mie e tutto scomparve. La mia mente venne sgomberata da tutti i pensieri. Mi aggrappai a quel bacio con tutta me stessa. Riversai i esso tutta la mia ansia e la mia frustazione.

<< Ascoltami, so di aver sbagliato a non dirtelo, però, temevo che potessi imitarmi anche in questo. Insomma, guardaci, siamo due fotocopie e mi va bene così, ma io mi sto distruggendo con quella roba, non voglio che cada anche tu in questo vizio. Perdonami, sono stato uno stupido lo so, ma non pensare mai che io ti voglia solo per il sesso. Voglio una vita con te, lo sai benissimo. >>

<< Ren, ero una ragazzina quando ci mettemmo insieme. Per me eri una specie di faro. Mi sentivo in balia del vento prima di conoscerti. Quando iniziammo la nostra storia pensai che se fossi diventata come te, avrei potuto trovare stabilità finalmente. Ma ora, sono cresciuta. Avrei solo voluto starti vicino. >>

<< Lo so, ti prego, cominciamo da ora, cancelliamo tutto. Ti giuro che non ti nasconderò mai più niente, Nana. Guarda, passami la chitarra. >>

Non capivo come, anche in quella situazione, potessi pensare alla musica, comunque te la passai e ne tirasti fuori una piccola scatola rettangolare.

<< Questo era il mio regalo per il tuo compleanno. Scusa, sono un po' in ritardo. >>

L'aprì con le mani tremanti.
Dentro c'erano due fedi dorate. Rimasi paralizzata a guardarle. Le tue braccia mi avvolsero.

<< Non ho mai voluto mettere fine alla nostra storia. Quella notte volevo venire da te per raccontarti tutto e ricominciare daccapo, ma prima dovevo risolvere tutti i problemi che avevo causato. Reira era scappata per permettermi di riposare. Non potevo permettere che si sacrificasse ancora, cerca di capire, l'aveva fatto già tante volte. Quindi stavo andando nel nostro paese natale a riprenderla. Volevo venire da te senza preoccupazioni. >>

Ero stata una stupida. Tutti i film mentali che mi ero creata, erano assolutamente inesistenti. Non avevo dato a nessuno la possibilità di spiegarsi. Avevo preso decisioni senza sapere con esattezza le vicende. Forse, ero ancora un po' una bambina all'epoca.
Scoppiai in un pianto disperato, felice e al contempo devastata, coccolata dalla tua voce pacata. Realizzavo pian piano che tutto quello in cui avevo creduto in quel mese era solo frutto della mia mente, il risultato della paura di rimare sola mista al mio orgoglio. Ti strinsi tra le braccia più forte che potevo, volevo assicurarmi che non fosse un sogno, che finalmente eravamo di nuovo insieme, che il nostro amora era ancora vivo e si ridestava dal suo sonno più forte di prima.
Passai tutta la notte stesa accanto a te, baciando ogni centimetro del tuo viso, lasciandomi coccolare dalle tue mani calde. Non avevo più paura di mostrarmi debole, sarebbe stato del tutto inutile, non volevo indossare maschere davanti a te, mi conosci troppo bene, resisterti sarebbe stato totalmente inutile. Nessuno entrò più in stanza. Rimanemmo soli fino alla mattina dopo, quando mi cacciasti dicendomi di andare a casa a riposare.
Finalmente, dopo più di un mese, riuscii a dormire tranquilla. Non ero più angosciata dai sogni in cui ti allontanavi da me fino a scomparire.

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Capitolo 9
*** Rapporti ***


RAPPORTI

NANA

<< Nana, non dovresti tornare a lavoro? Yasu mi ha detto che la Gaia vi aveva convocati per concordare la ripresa delle attività, perchè non ci sei andata? >>

<< Che palle Ren, se ricominciassimo con le prove e i concerti non avrei il tempo di respirare. >>

<< Guarda che non serve che tu venga qui mattina e sera, tra qualche giorno mi faranno uscire e poi la storia di Shin si è raffreddata ormai, no? E' il momento migliore per riprendere >>

Mi alzai avvicinandomi al letto.
 
<< Se non ci fossi io, moriresti di noia e poi chi ti porterebbe Jump ogni settimana? >>

Sfiorai a mala pena la tua bocca con la mia, sapendo benissimo che non ti sarebbe bastato. E infatti...

<< Ora vado. Ci vediamo stasera. >>

...mi afferasti per il polso attirandomi a te, premendo le tue labbra sulle mie, cercando la mia lingua con la tua.

<< Sei insaziabile, lo sai? >>

Quel tuo sorrisetto malizioso, mi fa salire il sangue al cervello ogni volta. Ti avrei tanto voluto prendere a pugni, ma diciamo che da quando ti eri svegliato mi ero un po' rammollita. Ti stavo permettendo di fare tutto.

<< A proposito, oggi esce l'altro numero. Me lo compri? >>


Uscendo dall'ospedale quasi mi scontrai con Yasu. Erano giorni che non lo incontravo.
Per la verità, ero io che cercavo di evitare di incrociarlo. Avevo imparato i suoi orari e cercavo sempre di sgattaiolare via per evitare situazioni imbarazzanti. Come quella!

<< Ah, Nana, cercavo te. >>

<< Scusa, ho da fare. >>

Cercai di andarmene il più in fretta possibile, ma quando Yasu decide di fare qualcosa, la fa e quel giorno, aveva deciso di mettere fine a quel periodo di silenzi.

<< Ora basta Nana, non puoi continuare ad evitarmi. Se non ne parliamo metteremo nei casini un sacco di gente. Non possiamo fare come vogliamo. >>

Già, avevo quasi dimenticato che diventando famosi, si vende la propria vita agli altri. I mass media si sentono autorizzati a sbandierare tutto ciò che capita. In quel periodo cercavo di non leggere i giornali, ma sapevo benissimo che i paparazzi si divertivano a raccontare qualsiasi tipo di cavolata su Ren e me. 
Yasu aveva ragione, non potevo fare come volevo. E in fondo, distruggere il rapporto che avevo con lui non era quello che desideravo.

<< Dai, andiamo a prendere un caffè. >>


Seduti uno di fronte all'altro, guardavamo entrambi la tazzina davanti a noi. Non avevo il coraggio di alzare lo sguardo su di lui. Sapevo di dovermi scusare, ma proprio non riuscivo a pronunciare quella stupida parola, eppure sarebbe bastato così poco!

<< Sai Nana, non credo di essere io a dovermi scusare. Non penso di aver sbagliato a non dirtelo, non era compito mio farlo. Non mi interessa se ora tu non vuoi parlarmi o non pensi di doverti scusare. Per me possiamo tranquillamente continuare a non rivolgerci la parola, ma non ti permetterò di mandare all'aria quello che abbiamo costruito in questi mesi. Gli altri sono completamente estranei a quello che è successo tra noi e non devono subire alcuna conseguenza. Quindi hai due possibilità: o domani ti presenti agli studi per le prove o cominceremo a cercare una nuova cantante. >>

Detto questo, Yasu poggiò i soldi sul tavolo e uscì in fretta dal locale.
Fu come se mi avesse avvolto una corda intorno alla gola e ad ogni parola stringeva sempe più forte. 
Rimasi ferma a guardare il caffè ancora intatto senza muovermi di un millimetro. Non riuscivo a credere a quello che avevo appena sentito. Come aveva potuto dirmi quelle cose? Proprio Yasu che mi era sempre stato vicino. Ogni volta che avevo bisogno di qualcosa, era a lui che mi rivolgevo. Se ora mi voltava le spalle, come sarei sopravvissuta? Ma in fondo lo sapevo già, no? Per Yasu, ero solo la tua ragazza.
 I pensieri più disparati si accalcavano nella mia mente, non capivo più nulla.
Mi ritrovai nel nostro appartamento senza sapare come ci fossi arrivata. 
Quella sera, non tornai in ospedale.

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Capitolo 10
*** Primavera ***


PRIMAVERA

HACHI

Ormai mancava davvero poco.
Quell'ultimo mese era praticamente volato via. Tra l'incidente di Ren e i preparativi per la nascita del bambino, in men che non si dica ero arrivata al nono mese di gravidanza. L'ansia ormai cresceva di giorno in giorno, ma non vedevo l'ora di prendere tra le braccia il mio piccolo. In più, ero finalmente tranquilla, Ren si era risvegliato e Nana si era calmata, insomma, le cose andavano davvero alla perfezione.
Se soltanto Takumi fosse stato un po' più di tempo a casa, mi sarei potuta ritenere totalmente soddisfatta, ma in fondo, se non pensasse in continuazione al lavoro, non sarebbe se stesso.
Speravo solamente che ci sarebbe stato il giorno in cui avrei partorito.

<< Ma insomma Takumi? Potrei partorire da un giorno all'altro, non puoi lasciarmi da sola! >>

<< Scusami Nana, ma sarà solo per un paio di giorni. Dobbiamo sistemare le cose alla casa discografica. Te l'ho già detto, no? Il presidente si è licenziato dopo l'incidente di Ren e dobbiamo capire chi lo sostituirà. E' una situazione delicata, non posso non andare. Perchè non chiedi a Nana o a Junko di dormire qui? Se dovessi partorire arriverò immediatamente. >>

Continuare a discutere sarebbe stato totalmente inutile. Quando c'era di mezzo il lavoro, Takumi non sentiva ragioni. Ma, come potevo chiedere a Nana di dormire da me? Faceva ogni giorno avanti e dietro tra casa e ospedale e poi Shin mi aveva detto che il giorno dopo avrebbero ricominciato a provare, quindi i suoi impegni sarebbero aumentati notevolmente. Junko era fuori città per una mostra d'arte e sarebbe potuta tornare solo per la nascita del bambino e Misato preferivo che stesse vicina a Nana in quel periodo. L'unica a cui avrei potuto chiedere era Miu, ma non avevamo un rapporto d'amicizia molto solido, forse le avrei chiesto troppo. D'altra parte, nei giorni che passammo in ospedale dopo l'incidente di Ren, si era dimostrata molto disponibile, quindi, forse non le sarebbe pesato. 
Effettivamente Miu accettò e sapere di non essere sola mi tranquillizzò molto, soprattutto quando l'ambulanza mi portò in ospedale in piena notte. Com'era prevedibile Takumi non c'era e arrivò quando il bambino era ormai nato. In compenso erano tutti lì, persino Ren, che anche se tutto dolorante si era alzato e aveva aspettato nella sala d'attesa con tutti quanti.
Quel giorno, quando cominciarono le contrazioni e i dolori non facevano che aumentare, mi chiesi come possono le donne considerare la gravidanza l'esperienza migliore della propria vita.
Per nove mesi non fai che diventare sempre più lunatica, il tuo corpo diventa un disastro, hai voglia delle cose più assurde agli orari più impensabili, devi controllare ogni grammo di cibo che ingerisci... è uno stress continuo, altro che un'esperienza meravigliosa.
E poi, vogliamo parlare del travaglio e del parto? Quel giorno, giurai di aver visto l'inferno e non è uno scherzo! Volevo solo la calma e invece, tra l'ostetrica che mi diceva "Spinga" e quella che ripeteva "Respiri", volevo solo mandare tutti a quel paese.
Di questo, ne sono convinta ancora ora. La gravidanza non è assolutamente il momento migliore per una donna. Però, quando finalmente, stanca morta, ti porgono quel fagottino, vedere finalmente in faccia tuo figlio, sapere che è sangue del tuo sangue, essere consapevole che per quanto l'amore per tuo marito potrà un giorno finire, ciò che provi per quel piccoletto che hai in braccio durerà in eterno, tutto quello che hai passato in quei nove mesi, viene quasi cancellato.
Forse è per questo che tutte le donne sono così entusiaste di una gravidanza, sanno che il dolore viene spazzato via per far posto alla gioia più grande della propria vita.
A mente lucida, pensai che anche Nana patì le pene dell'inferno quel giorno, per quanto le strinsi la mano. Sapevo benissimo che non era felice della mia gravidanza e che non amava mio figlio, però, quando si rese conto di quanto mi terrorizzava la prospettiva di affrontare tutto da sola, non tentennò un attimo e si propose subito per rimanermi accanto durante il parto. Non si lamentò neanche per un secondo e non disse nulla neanche nei giorni seguenti, ma compresi benissimo che per lei che già non voleva figli, assistere alla nascita del mio bambino non fece altro che consolidare questa certezza. Un po' mi pentii di averle permesso di starmi accanto; per quanto dolore provocasse, non volevo che si precludesse una tale felicità. Tuttavia, quel giorno, sentii che la nostra amicizia crebbe esponenzialmente e capii subito che Nana si innamorò a prima vista di mio figlio. L'odio che provava si sgretolò nel brevissimo arco di un istante.
A lei, affiderei mio figlio ad occhi chiusi. Sono convinta, che sia l'unica capace di dargli un'amore grande quanto il mio.

Non so per quale motivo mi fossi autoconvinta che il mio primo figlio sarebbe stato femmina, fatto sta che ero prontissima ad accogliere una bambina, ma non un bambino. Diciamo che quello, fu il primo dispetto di mio figlio che continua ancora oggi a farmi impazzire. Oltre a dover cambiare completamente la cameretta che avevo arredato, comprare altri vestitini e scarpette, avrei dovuto scegliere un nome... e quello fu un vero dilemma.
Io ne proponevo a raffica e ripensandoci, erano davvero orribili, Takumi invece ne suggerì uno solo: Haruo che significa "uomo di primavera". Disse che poichè era da poco cominciata quella stagione tiepida, non c'era nome migliore. Non ero totalmente convinta, ma dato che dopo due settimane, continuavamo a chiamare nostro figlio: "il bambino", mi arresi e accettai quel nome. 
Credo che cominciare a chiamare una persona con una determinata parola sia un po' come marchiarla. Con il tempo, mi resi conto che quel nome era perfetto per mio figlio. Haruo è delicato e silenziso. Con la sua tenerezza, si fa amare da chiunque. Eppure, proprio come una giornta di sole si può trasformare in una di pioggia torrenziale, anche lui, un momento prima allegro e scherzoso, si può innervosisce in un istante.
E proprio come la primavera silenziosa arriva e silenziosa va via, sono certa che anche lui, un giorno, scapperà da questa casa troppo grande per inseguire i suoi sogni e anche se il mio cuore non strariperà certo di gioia, potrò consolarmi con la speranza che, finalmente, avrà la sua occasione di essere felice.

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Capitolo 11
*** Catene ***


CATENE

NANA

Grazie ai  numerosi impegni che riempivano le mie giornate dopo la ripresa delle attività con la band, non ebbi neanche il tempo di pensare alla situazione in cui mi trovavo. Quando la mia mente, nei pochi momenti di tregua, cominciava a vagare e si fermava a rimuginare sul lavoro e su di te, Ren, mi sentivo di nuovo intrappolata in una vita che non era come la desideravo. Tornavo ad essere ancora una volta la bambina che accettava passivamente quello che le capitava.
I silenzi di Yasu, i sorrisi malinconici di Nobu così come gli sguardi di Shin, tutto sembrava incolparmi di qualcosa. In effetti, ripensandoci adesso, ero io ad essere paranoica, loro non mi hanno mai accusato di nulla, rimpiangevano semplicemente l'allegria e l'unità che regnava nel nostro gruppo e che ormai sembrava essersi dissipata, ma in quel momento, proprio non ce la facevo ad impegnarmi per riportare le cose alla normalità.
Per quanto ti amassi, anche tornare in quella casa così grande e sapere che probabilmente avremmo dovuto affrontare un'altra crisi, mi faceva sentire oppressa.
Quand'eri in ospedale, erano i medici ad occuparsi della tua astinenza, ma quando tornasti a casa, mi ritrovai sola e nonostante sapessi che in caso di necessità potevo ricorrere ai calmanti che ti avevano prescritto, ogni volta che mi ritrovavo di fronte al tuo viso pallido e sudato, al tremolio incessante del tuo corpo e alla tua disperazione che ti faceva urlare in continuazione chiedendomi perdono, il cuore non faceva che stringersi sempre di più.
Mi sentivo impotente, per quanto tu mi ripetessi in continuazione che ero la tua sola salvezza.
Come potevo esserlo? Proprio non lo capivo.
Credevo che noi non potessimo salvarci, che potessimo solo condividere questa vita che per noi è sempre stata un fardello troppo pesante. In fondo, per noi è inevitabile, se soffri tu, soffro io.
Queste mie braccia che ti avvolgevano, stringendo la tua testa contro il mio seno per soffocare quelle urla che mi squarciavano la pelle, pensavo fossero troppo deboli per proteggerti. Eppure per te, erano il riparo più sicuro in assoluto. Non mi capacitavo di come in quelle mie braccia potessi ritrovare la calma, però, sei stato tu ad insegnarmelo tempo dopo. Ad insegnarmi che un abbraccio può fare la differenza tra la vita e la morte.
Forse è questa la nostra forza. L'unica arma che abbiamo per difenderci l'un l'altro.

Erano passate tre settimane scarse da quando avevamo ripreso con le attività. I giorni si susseguivano uguali e monotoni. Ancora non si parlava di dare il via ad un tour. Preferivano tutti aspettare che ti riprendessi completamente in modo che anche io mi sarei sentita più tranquilla. Dopo tutto quel tempo, le crisi d'astinenza non erano ancora finite, però si erano notevolmente ridotte e almeno sul fronte "vita privata" cominciavo a calmarmi. Arrivare a casa e trovarti tranquillo sul divano a leggere Jump, trovare la cena pronta, avere tutti i tuoi baci, fare l'amore con la spensieratezza di quando eravamo ancora nel nostro paese natale, mi faceva dimenticare tutta la preoccupazione del lavoro.
Non era cambiato ancora nulla con Yasu. Shin e Nobu avevano ripreso in parte il loro normale atteggiamento, ma la tensione si percepiva ancora chiaramente. 
A quanto pare, per un incapace come me che non è in grado di scusarsi apertamente e lascia che si accumulino fraintendimenti, queste situazioni possono essere risolte solo con scene drammatiche.
Quello era un giorno come tanti, il mio umore non era nè peggiore, nè migliore del solito e fu solo l'inizio.
Quando entrai nella sala prove erano tutti raccolti al centro della stanza. C'erano tutti, la mia band, Ginpei, Misato, il signor Kawano e Matsuo. Appena entrai si voltarono verso di me e interruppero il discorso cambiando subito argomento. Capii subito che stavano parlando di qualcosa che mi riguardava direttamente, ma preferii tacere e studiare la situazione. Durante tutta la durata delle prove mi concentrai su ogni singolo movimento e quando, dopo essere andata a fumare, rientrai e li trovai nello stesso atteggiamento misterioso di quando ero arrivata in studio, li obbligai a dirmi di cosa parlavano. Odio ancora adesso, che mi si venga nascosto qualcosa.
Oggi, sono ancora più convinta di allora.
Una persona nasce egoista ed egoista rimane.
E' qualcosa che hai stampato dentro, non può cambiare. 
Io che mi sono sempre considerata tale, non raggiungo di certo il livello di quella persona. Oggi questa conspevolezza mi consola, ma a quel tempo, rischiai di impazzire per colpa sua.

<< Nana, dopo l'articolo che hanno pubblicato qualche mese fa su tua madre, quella donna ha chiesto di incontrarti. Vorrebbe parlare con te. >>

<< E allora? >>

Tutti affrontavano quell'argomento con le pinze, ma non capivano davvero che a me non importava nulla?
In realtà, forse mi conoscevano meglio loro di me stessa. Certe cose non puoi cancellarle. L'indifferenza non esiste.

<< ... Tu...vorresti... >>

<< Assolutamente no!  >>

Certo, sembrava facile.
Fin troppo.
Nella mia testa, bastavano quelle poche parole ad allontanare il rischio di scorgerla anche solo da lontano.
Ma, avevo per un attimo dimenticato che ormai il successo mi aveva incatenato al punto tale da non essere più padrona della mia vita.

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Capitolo 12
*** Fantasmi del passato ***


FANTASMI DEL PASSATO

NANA

Ero assolutamente certa di non ricordare il volto di quella persona.
Quando mi concentravo per cercare di delinearlo nella mia mente, non ci riuscivo mai.
L'unico ricordo che avevo di lei era la sua figura di spalle che si allontanava sempre di più.
L'unico dettaglio indelebile, erano i suoi capelli corvini.
Eppure, quando per caso, i miei occhi caddero su quella donna magra, con i capelli ancora scuri, ma ormai privi di luce, la riconobbi subito.
Non so se fu a causa dell'evidente somiglianza o perchè, in fondo, il suo viso non lo avevo dimenticato, tuttavia, fu come vedere un fantasma. Quella persona era quasi una leggenda per me e mai avrei potuto immaginare che mi raggiungesse in un posto sperduto come quello.

Quando un po' di tempo prima, le tue crisi terminarono, noi cominciammo a lavorare seriamente e i Trapnest si rimisero in attività.  In un mese registrammo qualche altro singolo e riprendemmo lentamente con i concerti. Il periodo di assenza non sembrava aver mutato nulla. I nostri fan non avevano perso l'affetto che provavano, così come i vostri, anzi, la situazione che avevamo affrontato negli ultimi mesi l'aveva forse rafforzato. Cominciammo quindi a parlare di un possibile tour nazionale e i biglietti terminarono in tempo record. Per tutto Luglio e tutto Agosto non facemmo altro che spostarci di città in città. Ero eccitatissima per come andavano le cose, il clima all'interno della band cominciava anche a distendersi, nonostante io e Yasu continuavamo a non rivolgerci la parola. 
La città nella quale tenemmo il concerto quella sera era piccola e sperduta. Il pubblico non era numerosissimo e quando uscimmo i fan che ci aspettavano fuori erano davvero pochi.
Forse, fu anche per questo che la notai quasi subito.
Mi mancò il respiro.
Rimasi immobile.
Ci guardammo per un tempo che mi sembrò infinito.
Vedevo i suoi occhi inumidirsi.
 Yasu mi si parò davanti.

<< Le vuoi parlare? >>

Scossi la testa con quanta più forza potevo.
Ero intrappolata da una marea di emozioni contrastanti.
Ero al contempo scandalizzata dal suo comportamento e pervasa dalla rabbia.
Non ero felice di vederla, ma non capivo perchè la mia testa registrava ogni dettaglio cercando di imprimere quel volto al meglio. Studiavo i suoi tratti e li comparavo ai miei. Se ci ripenso ora, quel giorno, non feci altro che cercare esasperatamente ciò che ci accomunava.
Forse, ora che sono un po' più matura, potrei anche accettare di parlarle. Non l'ho perdonata, non so se potrò mai farlo, ma ora, potrei ascoltare le sue spiegazioni senza farmi vincere dalla voglia di urlarle addosso tutta la mia rabbia. A quel tempo però, il mio cuore e la mia mente volevano solo mandare a quel paese tutti quelli che mi avevano fatto soffrire.
Yasu si avvicinò in fretta a quella donna.
Non vidi e non sentii nulla.
Mi allontanai il più in fretta possibile, cercando di scacciare dalla mia testa la sua immagine. Allora non sapevo che mi avrebbe accompagnato per sempre. Se prima, pensavo di non ricordare il suo volto, da quel giorno in poi, non l'avrei più potuto cancellare.
Non aspettammo Yasu. Ginpei ci accompagnò in albergo e poi tornò a riprenderlo.
Mi chiusi in camera e cercai di pensare a tutt'altro. C'ero quasi riuscita quando Yasu bussò alla porta.

<< Posso entrare? >>

Mi scostai per farlo passare. 

<< Se sei venuto per riferirmi quello che ha detto, è tempo sprecato. Non voglio sapere nulla. >>

Tacque un attimo guardando fuori dalla finestra. 

<< Non ha detto niente. Mi ha solo supplicato di darti questa. >>

Mi mostrò una lettera.

<< Non la voglio. >>

<< Ha detto che dentro c'è qualcosa di molto importante. >>

<< Leggila tu se proprio ci tieni, Yasu. Io non la voglio neanche vedere. >>

Mi stesi sul letto prendendo un libro in mano cominciando a sfogliarlo distrattamente.
Feci finta di non notare Yasu che nel frattempo aveva aperto la lettera e aveva cominciato a leggere. 
Passò qualche minuto e distolsi l'attenzione da lui, quando un attimo dopo me lo ritrovai accanto.
Nonostante le lenti scure, percepii chiaramente la sua agitazione.

<< Devi leggerla. >>

<< Ho detto che non voglio. >>

<< Nana, ti dice dove puoi trovare tuo padre! >>

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Capitolo 13
*** Via la razionalità ***


VIA LA RAZIONALITA'

NANA

" Cara Nana, 
so bene che hai rifiutato di incontrarmi e non mi sono presentata davanti a te perchè voglio forzarti. Ho commesso tanti errori nella mia vita e per quanto mi possa pentire, non potrò cancellarli. Immagino che tu non accetteresti mai le mie scuse, perciò, non è per questo che scrivo questa lettera. Ti ho condannata ad una vita difficile ed è per questo che voglio compiere almeno una buona azione nei tuoi confronti.
Ho fatto credere a tutti di non sapere chi fosse tuo padre, ma l'ho fatto solo perchè quando scoprii di essere incinta, ormai la nostra storia era già finita e non ebbi il coraggio di tornare da lui per informarlo. E' un uomo buono Nana, lo è sempre stato. Sono assolutamente certa che se avesse saputo di te, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di farti da padre. 
Qualche giorno fa, l'ho rivisto e gli ho raccontato tutto. Vorrebbe incontrarti. Se ti recherai all'indirizzo scritto qui sotto, all'orario indicato, potrai conoscerlo. 
Spero di averti risarcita anche solo in minima parte della sofferenza che ti ho causato. 
                                                                                                                                                                                  Mamma "

Negli anni, ho riletto quella lettera un migliaio di volte, ma quel giorno, mi rifiutai categoricamente anche solo di prenderla in mano. Odiai profondamente Yasu perchè fece qualsiasi cosa pur di farmi sapere il contenuto.
Per quanto mi tappassi le orecchie, la sua voce alta mi giungeva comunque e quando sentii quel termine, quella parola che mi era sempre stata estranea, scomparve tutto. 
Non ricordo cosa pensai in quel momento. Nella mia mente quel ricordo è pervaso solo dal dolore che mi opprimeva il petto impedendomi di respirare.
Quello è stato forse l'attacco d'asma più forte che abbia mai avuto. Se fossi stata sola, non ho la minima idea di come sarebbe andata.
Nascosi il viso nel petto di Yasu, cercando di controllare i singhiozzi. Cominciai a tremare come quando ti vidi su quel letto d'ospedale.
Yasu cercava di calmarmi, ma proprio non ce la facevo. Più mi risuonavano nella mente le parole di quella lettera, più mi agitavo temendo che l'attacco diventasse più forte e più l'agitazione cresceva, più aumentava il tremore e scendevano le lacrime.
Nella mia stanza entrarono in continuazione persone che non gurdavo neanche. Quello che c'era attorno a me non era importante. La cosa che più m'interessava era sentire le braccia di Yasu avvolgermi e sapere che non mi avrebbe lasciato.
Non ricordo più nulla di quello che successe dopo.
Mi risvegliai in tarda mattinata nella mia stanza d'albergo con un mal di testa fortissimo.
Accanto a me c'eri tu.

<< Ehi, come ti senti? >>

<< Ren, che ci fai qui? >>

<< Mi ha chiamato Yasu ieri sera. >>

<< Non serviva che venissi. Avete appena ripreso con le prove, dovresti pensare a lavorare. >>

Ridacchiasti.

<< Ho il permesso di sua maestà, quindi tranquilla. >>

Non ero più agitata, ma essere avvolta dalle tue braccia calde mi rilassò definitivamente.

<< Stai meglio? >>

<< Sì, ho solo mal di testa. >>

<< Vuoi un'aspirina? >>

Annuì.
Quel giorno non avevamo in programma nessun concerto quindi potevo riposarmi e rilassarmi.Passammo una buona parte della giornata nel letto. 
Era raro per noi limitarci a coccolarci senza fare l'amore, ma probabilmente ti trattenesti sapendo quello che era successo la sera prima.
Non mi chiedesti nulla, ma sapevo benissimo che non potevo rimandare quel discorso per molto tempo, quindi era meglio affrontarlo il prima possibile.

<< Yasu ti ha fatto leggere la lettera? >>

<< Pensavo non ne volessi parlare. >>

<< Non posso ignorare questa situazione. Meglio affrontarla subito e togliersi immediatamente il pensiero. >>

<< Non devi forzarti Nana, ieri hai avuto una crisi di panico molto acuta. Prenditi il tempo che ti serve per elaborare la situazione e affrontala solo quando ti sarai tranquillizata. Comunque Yasu mi ha assicurato che non farà più niente di testa sua. >>

<< Non è stata colpa di Yasu. In fondo, ha fatto bene a leggermela. Se l'avesse buttata, non avrei mai saputo più niente. >>

In fondo, era una fortuna, no? Quanti orfani riuscivano a ritrovare i propri genitori?
Io non incolpavo mio padre, perchè avrei dovuto? Lui non sapeva nulla e appena era venuto a conoscenza della verità, mi aveva voluto incontrare, sempre se quello che aveva detto Misuzu era vero.
L'unica responsabile era quella donna. La colpa era solo sua.
Ma forse, se l'avessi incontrato, avrei fatto un po' il suo gioco.
Da una donna del genere, potevo aspettarmi qualsiasi cosa, anche che fingesse magnanimità per mettersi in bella mostra agli occhi di qualcuno, oppure, semplicemente per allontanare da sè i pettegolezzi.
Era probabile, no?
Se i paparazzi fossero venuti a conoscenza dell'esistenza del padre di Nana dei Black Stones, certamente si sarebbero scagliati contro di lui e lei avrebbe potuto continuare a condurre la vita tranquilla di prima con la sua famiglia.
L'idea mi schifava.
Eppure, nonostante nella mia mente, avessi chiara la situazione e sapessi di dover evitare assolutamente quell'incontro, ogni volta che me lo ripetevo, il mio cuore si stringeva.
Quando quel giorno, dopo un silenzio lunghissimo riempito dai tuoi baci e dalle tue carezze, scoppiai in lacrime tra le tue braccia, lasciandoti di stucco, compresi definitivamente che il desiderio di incontrare quell'uomo, era più grande di qualsiasi pensiero razionale che mi suggeriva di evitarlo.

<< Io... Ren, io lo voglio vedere... lo voglio conoscere. >>

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Capitolo 14
*** Donna ***


DONNA

NANA

Yasu si scusò mille volte per aver agito di testa sua, eppure, se non l'avesse fatto, non solo non avrei mai saputo dell'esistenza di mio padre, ma non avrei neanche avuto il coraggio di scusarmi  con lui per come l'avevo trattato il giorno dell'incidente di Ren.
Le cose finalmente stavano tornando alla normalità e mi riadattai subito a quella situazione, chiedendo a Yasu di contattare quell'uomo per organizzare il mio incontro con lui. 
Mia madre aveva segnato un indirizzo sulla lettera, dicendo che l'avrei trovato lì il giorno stabilito, eppure preferivo non fidarmi. Il pensiero che Misuzu avesse organizzato quell'incontro affinchè i paparazzi si accanissero sulla notizia dell'esistenza del padre di Nana dei Blast, allontanando quindi l'attenzione da se, mi martellava ancora in mente.
Volevo incontrarlo in un posto in cui sarei stata sicura di non essere scovata dai giornalisti.
Non ebbi contatti con lui per telefono. Lasciai che Yasu si occupasse di tutto e pochi giorni dopo mi informò sul luogo e l'orario dell'appuntamento. Disse che il bar in cui ci saremmo incontrati, apparteneva ad un'azienda, di conseguenza potevano accedervi solo i dipendenti ed era in  un quartiere in cui c'erano solo uffici, quindi non avrei avuto problemi.
Non chiesi altro. Mi bastava sapere il suo nome. Satoshi Ikeda.
Agli inizi di un Settembre fin troppo freddo, tornammo finalmente a casa. L'appuntamento era fissato per il sette di quello stesso mese.
In quel periodo mi sentivo malissimo.
Il pensiero di quell'incontro mi opprimeva e le due settimane di pausa dal lavoro che la Gaia ci concesse dopo il tour, non fecero altro che acuire quella sensazione. Ren lavorava giorno e notte incessantemente e non era mai a casa. In quel periodo passavo la maggior parte del tempo da Hachi. Le davo una mano con Haruo mentre lei cucinava o puliva la casa.
Nonostante per tutta la gravidanza, avevo provato un certo fastidio nei confronti di quel bambino, nel momento stesso in cui i nostri occhi si incrociarono, m'innamorai. Non so spiegare il perchè, ma tutte le accuse che avevo riversato su di lui nei mesi precedenti crollarono, facendomi sentire profondamente stupida per ciò che avevo pensato.
Man mano che i giorni passavano, in quel viso affusolato e in quegli occhi così innocenti, rivedevo sempre di più Nobu.
E certamente, lo vedeva anche Hachiko.

<< Quando andrete a registrare il matrimonio? >>

<< Ancora non lo sappiamo, vorremmo prenderci qualche giorno di pausa per ritornare nel nostro paese natale, sono mesi che Ren ci vuole andare, ma lui è molto impegnato al momento. Credo dovremo aspettare ancora un po'. >>

<< Non avete proprio intenzione di fare niente? Neanche una piccola festa? >>

<< Ma dai Hachiko, ci vedi a festeggiare il nostro matrimonio? >>

<< Eddai, almeno qualcosa a casa vostra! >>

<< Manco per sogno, non ho alcuna intenzione di sopportare i Trapnest anche il giorno in cui mi sposo e poi finiremmo solo per attirare i giornalisti. Piuttosto come si sta comportando Takumi? >>

<< Benissimo. Sta cercando di tornare prima a casa la sera e appena arriva si mette a giocare con Haruo. Sinceramente, non pensavo che si sarebbe comportato così bene. E' un padre molto affettuoso. >>

<< E si è espresso riguardo al bambino? >>

<< In che senso? >>

<< Hachi, è più che evidente che Haruo non è figlio di Takumi. >>

Il sorriso scomparve dal suo viso e lo sguardo si incupì. Immaginavo non volesse affrontare quell'argomento, ma non era giusto estraniare così Nobu e far credere al bambino che suo padre fosse Takumi. Non c'era la minima somiglianza. Crescendo avrebbe cominciato a farsi delle domande e certamente avrebbe odiato i suoi genitori per tutte le bugie che gli avevano raccontato.
La soluzione mi sembrava così semplice e pensavo fosse assurdo che Hachi non riuscisse a coglierla.

<< Abbiamo deciso che Haruo sarebbe stato il figlio mio e di Takumi in ogni caso. Non importa se non è il suo padre biologico. Sarà lui a crescerlo. >>

<< E non pensi che questo atteggiamento nei confronti di Nobu sia sbagliato? Anche lui è affezionato ad Haruo e vedo come soffre per non potergli stare accanto. Sa benissimo di essere il vero padre. Penso l'abbia capito subito. Anche questa volta si è fatto da parte, Hachi, ma non è giusto che sia sempre lui a soffrire. >>

<< Cosa dovrei fare Nana? Mandare via Takumi dopo tutto quello che ha fatto? Si è proposto di mantenere me e mio figlio senza avere la certezza di essere il padre biologico e ora gli sta dando tutto l'amore che può dare un genitore. Non posso comportarmi così con lui. So che sto sbagliando nei confronti di Nobu, ma non vedo vie d'uscita. >>

Era raro che Hachiko urlasse. difficilmente riusciva a prendere posizione rispetto ad una situazione, si faceva spesso trascinare dagli altri, l'avevo notato quando seppi della gravidanza. Quel giorno tacque completamente. Non mi guardò in faccia e sembrava il cagnolino scodinzolante di Takumi.
Forse, era stata la maternità a cambiarla, a farla diventare più matura? Non era più una ragazzina volitiva, era una donna che tentava di proteggere con tutta se stessa suo figlio.
Eppure io non riuscivo proprio a vedere un lieto fine all'orizzonte. 
 
<< Se davvero lo ami e, come dici, è seriamente un buon padre non penso tu debba cacciarlo, ma credo che nascondere la verità a tuo figlio sia un errore colossale, Hachi. >>

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Capitolo 15
*** Pavida ***


PAVIDA

HACHI

Già un mese dopo la nascita di Haruo, la sensazione che ebbi quando lo vidi per la prima volta si trasformò in certezza.
Sulla sua testa cominciavano a spuntare dei sottili capelli biondi e in tutti i suoi movimenti, in tutte le sue espressioni era impossibile non vedere Nobu.
Cercavo in continuazione di non pensarci, di recitare la parte della famiglia felice, autoconvincendomi che la nostra vita sarebbe stata perfetta, che mio figlio sarebbe stato sempre felice, circondato dall'amore di due genitori innamorati. Che non gli sarebbe mancato nulla.
Eppure, quando chiudevo gli occhi la sera, i pensieri che si insinuavano prepotentemente nella mia testa non lasciavano presagire un lieto fine e nonostante ne fossi consapevole, lasciavo passare i giorni.
Quando Nana mi veniva a trovare, notavo una luce diversa nei suoi occhi. Mi guardava come non aveva mai fatto. Certo, continuava a nascondersi dietro il suo solito atteggiamento, ma perepivo chiaramente quello sguardo incuriosito fisso su di me. Incuriosito, sorpreso, qualche volta incredulo.
Ce l'aveva scritto in faccia, per quanto tentasse di nasconerlo. Nana mi vedeva come una donna ormai, non più come la ragazzina perennemente innamorata. 
Eppure, più percepivo quel suo sguardo, più mi sentivo in colpa. Perchè in fondo sapevo di non esserlo, ero ancora una bambina egoista e spaventata. Se davvero la maternità mi avesse fatto crescere, oggi non vivrei questa vita grigia, cercando di mantenere in piedi ancora e ancora, dopo così tanti anni, la recita della famiglia felice.
Quando mi rivolse quelle parole, mi precipitò il mondo addosso. Mi sentì tremendamente colpevole, volevo solo nascondermi da qualche parte. Fuggire dalle mie responsabilità.
Non potevo ignorare ciò che mi aveva detto. Chi meglio di lei, che aveva provato sulla sua pelle il peso di tutte le bugie di sua madre, poteva dirmi come agire?
Io mi nascondevo ripetendomi che stavo proteggendo mio figlio dall'infelicità, ma non volevo accettare quello che in fondo sapevo benissimo.
Lo stavo condannando!
Lo stavo condannando ad una vita di cose non dette, di segreti che sarebbero pesati ogni giorno di più. Oggi che sono davvero una donna, provo incessantemente a cucire toppe sui miei errori, sperando che possano servire a qualcosa, ma è una battaglia persa.
Lo so bene!
Eppure non ho la forza di arrendermi. 
All'epoca, non ebbi il coraggio di dire la verità a mio figlio. Non ero pronta a sopportare le difficotà che sarebbero derivate. Ed ora, ne pago le conseguenze. Le pagherò per sempre. 

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Capitolo 16
*** Proteggimi ***


PROTEGGIMI

NANA

Non bastava.
Il mio atteggiamento scostante, le lenti scure degli occhiali, il fumo di quell'ennesima sigaretta non bastavano.
Niente nascondeva la mia angoscia.
Il cuore continuava ad assordarmi.
Il casino che faceva mi riempiva le orecchie e mi disorientava.
Il breve tragitto che mi separava da quella porta vetrata fu abbastanza per far riemergere tutte quelle domande che avevo cercato di reprimere in quei giorni.
Ad ogni singolo interrogativo le mie gambe rallentavano.

Perchè lo stavo facendo?

Cosa mai sarebbe potuto cambiare?
Con quel mio carattere insopportabile l'avrei di certo allontanato.

E poi che bisogno c'era d'incontrarlo?

Stavo rischiando di sollevare un polverone e di complicare la vita a quell'uomo e per cosa?
Per conoscere una persona di cui effettivamente non avevo mai sentito la mancanza.

In fondo, ero cresciuta senza un padre. Non sapevo neanche cosa significasse averne uno, come ci si sentisse ad essere amati da un genitore.
E poi, ero ormai troppo grande per introdurre quella figura nella mia vita. 
Ero adulta, non ne avevo bisogno.
Eppure, nel mio cuore confuso cominciarono a risvegliarsi sensazioni che mi sembravano familiari.
Nella mia mente offuscata si ripresentavano ricordi che credevo sepolti.
Era una bambina dalla pelle chiara come il latte e i capelli scuri come la pece che si riaffacciava alla mia memoria.
Una bambina che guardava con malinconia i compagni di classe che dopo scuola tornavano a casa con il proprio papà, mano nella mano.
Una bambina che di notte sognava delle braccia forti che l'avvolgevano, delle spalle solide su cui salire per vedere il mondo come lo vedeva un adulto e delle labbra calde che si posassero sulle sue guance chiare.

Avevo sognato quella figura più intensamente di quanto avessi desiderato rivedere mia madre. 
Ricordavo le sere in cui mi incollavo davanti alla finestra sperando di vederla arrivare da lontano.
L'enorme dolore che aveva permeato la mia infanzia e si stava risvegliando.
Quella ferita aveva ripreso a sanguinare e bruciava ancora più di prima.
Mi arrestai.
Mi ero ormai arresa a quel rumore assordante, ma non avrei mai permesso a quelle lacrime che si stavano affacciando di cadere.
Le repressi, eppure una riuscì a fuggire e percorrendo la mia guancia, scomparve sotto il mento. 
Ero ancora incapace di essere felice.
Le mie mani, che fino a quel momento erano rimaste serrate in un pugno solido, si rilassarono, la testa ricadde in avanti in completo abbandono, il cuore rallentò il suo movimento impazzito e la gamba si preparò a tornare indietro.
Ancora una volta, stavo permettendo alla felicità di sfuggire dalle mie mani. E' il mio destino in fondo, sono condannata ad allontanarla sempre, così come feci con Ren tre anni prima.
Chissà se poi, la fama mi soddisferà davvero.
Avevo già mosso i primi passi per tornare indietro, quando una mano calda mi avvolse il polso con dolcezza.
Il mio corpo si irrigidì all'improvviso e il cuore riprese ad assordarmi.
Lo sguardo che incontrai quando mi voltai racchiudeva in sè un turbine di emozioni differenti.
Dolcezza, paura, felicità, incertezza, curiosità.
La persona che mi ritrovavo davanti era angosciata dagli stessi pensieri che affollavano la mia mante.
Glielo lessi negli occhi.
Occhi così tanto simili ai miei, talmente profondi che mi persi nel guardarli.

<< Ciao Nana >>

 

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Capitolo 17
*** Una questione d'affari ***


UNA QUESTIONE D'AFFARI

REN

Nel periodo di astinenza non riuscii a pensare a niente.
Nella mia mente vorticava solo il pensiero della droga e il mio corpo fremeva in preda alla voglia di farmi.
Mi sono sentito più volte come un animale in gabbia e non riuscivo a rendermi conto di quello che mi circondava.
Solo quando cominciai davvero a disintossicarmi e le mie mani smisero di tremare e il mio corpo cominciò a fremere per il desiderio di Nana e non della droga, presi coscienza di tutti i casini che avevo combinato.
I Trapnest erano a un passo dal fallimento. Se la polizia avesse scoperto che il mio incidente era stato causato dalla droga, sarebbe stata la fine per la band.
Cominciai ad odiarmi e a pensare che mi odiassero anche gli altri. Se ci fossimo sciolti, non me lo sarei mai perdonato.
Eppure, nessuno sembrava incolparmi. Reira aveva mantenuto il suo solito atteggiamento, ogni tanto mi faceva visita e si assicurava che non ci fosse traccia di stupefacenti in casa. Sembrava un po' un cane antidroga. Nana, invece, sembrava fidarsi e non mi lasciava solo neanche per un secondo durante le crisi.  
Lei è davvero stata la mia salvezza. In quelle sue braccia, mi sentivo protetto da qualsiasi pericolo. 
L'hai capito alla fine Nana? Hai capito quanto tu sei stata indispensabile e quanto lo sei tutt'ora?

Hai capito quanto è grande il potere di un abbraccio?

Questa volta sarei stato buono. Non ci sarei ricaduto. Lo giurai su Nana, sui Trapnest, sulla mia chitarra, su tutto quello che avevo d'importante. Non avrei creato altri casini.
Takumi si fece in quattro per deviare i sospetti della polizia. Non ho ancora capito come fece, quell'uomo rimarrà sempre un mistero per me, eppure, fece in modo di far cadere le accuse su Narita, che infatti fu arrestato per spaccio.
Narita aveva già dato le dimissioni subito dopo il mio incidente. A detta di Takumi, sperava di non essere coinvolto nella questione.
Comunque, alla fine, io non ne fui toccato.
Certo, l'arresto del presidente fece scalpore, ma noi fummo visti come le vittime della situazione e la nostra fama non fece che crescere.
Per quanto stacanovista, è tutto merito di Takumi se rimanemmo in piedi dopo tutto quello che era successo. 
Dovevo proprio farmi perdonare.

                                                                                       ****

<< Ren ascolta, la casa discografica stava pensando di organizzare un matrimonio pubblico per te e Nana. >>

<< Starai scherzando spero! >>

<< Ti sembro il tipo che scherza quando si parla di affari? >>

<< Il mio matrimonio non è una questione d'affari Takumi. E comunque scodatelo. Avevamo già annunciato ai giornalisti che avremmo solo registrato il marimonio senza alcuna celebrazione. >>

<< E' passata un'eternità da quando avete annunciato le nozze Ren. >>

<< Beh scusami tanto se sono rimasto in ospedale per quasi due mesi. >>

<< Non è questo il punto. Se non vi sposate subito i giornalisti cominceranno a sollevare un polverone e non sarebbe uno scoop positivo nè per noi, nè per i Blast. >>

<< Stiamo solo aspettando il momento opportuno per prenderci una pausa. Dopo l'uscita del singolo andremo a registrare il matrimonio. Si tratta di un paio di settimane. >>

<< Allora mi spiego meglio. La casa discografica ha esplicitamente intenzione di sfruttare le vostre nozze. Il nostro presidente e quello della Gaia si sono già incontrati. Non è una proposta questa, Ren. >>

                                                                                      ****

 Nana sarebbe tornata a casa da un momento all'altro. Non mi andava di dirle quello che stavano progettando le nostra agenzie. Che l'incontro con suo padre fosse andato bene o male, non volevo comunque farla innervosire proprio quella sera che potevamo starcene tranquilli in casa come le coppie normali. E poi, certamente l'avrebbe saputo il giorno dopo a lavoro.

<< Bentornata mogliettina. >>

<< Ciao darling. >>

Cercai di scrutare il suo sguardo per intuire com'era andato l'appuntamento, ma i suoi occhi non facevano trapelare nulla. 

<< Allora? Come è andato l'incontro? >>

Non rispose subito. Si tolse le scarpe, si accese una sigaretta e si stese sopra di me sul divano.
Le sfilai la sigaretta dalle labbre e la baciai. Allontanai un po' il viso attendendo una risposta, ma lei, insoddisfatta, cercò di nuovo la mia bocca.
Dovevo mantenere il controllo. Continuando così saremmo finiti a letto in pochi istanti. 
Sentivo già il suo corpo fremere.
Mi allontanai, aggrappandomi con tutta forza a quella poca razionalità che Nana mi aveva lasciato.

<< Beh? >>

<< Ma che palle. Non mi va di parlarne ora. >>

E nel frattempo i miei pantaloni erano già sbottonati.

<< Ah Nana, Nana. Sei insaziabile. >>

Era inutile continuare a farle domande, l'avrei solo fatta innervosire.
Le mie mane vagavano affamate sotto la sua maglietta, abbassandole la bretella del reggiseno. 

<< Mmh, hai un reggiseno nuovo?! >>

<< Ma come conosci bene la mia biancheria. >>

Le sfilai la maglietta.

<< Carino, ma a dire la verità ti preferisco senza. >>

Glielo sfilai lentamente e cominciai a baciarle il seno mentre con le mani la abbassavo i Jeans e le mutandine.
La sacralità con cui le sfilavo i vestiti un capo alla volta era contrastata dalla sua impetuosità. Non poteva aspettare.
Quel giorno fu lei a condurre il gioco. Stesa su di me, mentre la penetravo, mi baciava il collo, mi mordicchiava le labbra, i lobi. Io non potei fare altro che farmi guidare, avvinghiare il suo corpo al mio e godere per ogni sua piccola azione. Era una pantera affamata.

                                                                                      ****

<< Allora? Mi vuoi dire come è andata? >>

<< Uffa, non hai nient'altro da dire oggi? >>

<< Perchè non ne vuoi parlare? >>

<< Non è che non ne voglio parlare, è che non è successo niente di particolare. Abbimo solo parlato del più e del meno e ci siamo scambiati i numeri. La settimana prossiama ci rivediamo per un caffè. Sei soddisfatto ora? >>

Ridacchiai.

<< Qualcosa mi dice che sei più entusiasta di quello che vuoi far credere. >>

Arrossì fino alla punta dei capelli nascondendo il viso nel mio petto e poi, come una bambina timida, alzò lo sguardo.

<< Lui è... meglio di come l'ho sempre immaginato. >>

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Capitolo 18
*** Vita venduta ***


VITA VENDUTA

REN

In fondo, le parole di Takumi non le avevo prese totalmente sul serio. Non pensavo che le nostre case discografiche ci avrebbero davvero costretti ad organizzare una cerimonia pubblica. Mi ero autoconvinto che quella sarebbe stata solo una proposta e che saremmo riusciti a scamparla. 

Mi sbagliavo.

La cosa più assurda, fu che Nana non si oppose. Accettò quella che era a tutti gli effetti un'imposizione, senza battere ciglio.

<< Mi spieghi perchè non ti sei opposta? Non hai neanche tentato di fargli cambiare idea. >>

Ridacchiò.

<< Cos'è? Hai paura di non poterti tirare indietro? Non temere, se mi piantassi in asso davanti all'altare, faresti parlare di te ancora di più. Anche se non so se ne ricaveresti una pubblicità positiva. >>

<< Al massimo quello che rischia di essere piantato in asso davanti all'altrare sono io. >>

<< In effetti, potrei farci un pensierino. >>

<< Seriamente Nana, avremmo quelle zanzare appostate dietro ogni angolo fino a quel giorno e probabilmente anche dopo. Ti va bene così? >>

<< No che non mi va bene, Ren, ma non possiamo fare altro. In questi mesi abbiamo creato solo un fastidio dietro l'altro alle nostre case discografiche . E' ovvio che vogliano tentare di guadagnare quello che non sono riusciti a ricavare in questi mesi. Dobbimo correggere i nostri casini per quanto possibile. >>

Aveva ragione. Nonastante mi fossi sentito in colpa per quello che avevo combinato, non avevo alcuna intenzione di mettere a disposizione la mia vita privata per cercare di rimediare ai miei casini. O meglio, da bravo egoista, pensavo fosse ingiusto usare la mia vita come mezzo di guadagno, ma in fondo, avevo accettato di venderla quando decisi di entrare nel mondo dello spettacolo. Ormai non potevo farci più niente.

<< E  va bene, allora preparati a tre mesi da incubo. In fondo, quella a cui va peggio sei tu. Ti staranno tutti appresso per sapere come sarà il tuo abito e sai bene che non sarai tu a sceglierlo, no? >>

<< A beh, per quanto me ne frega. >>

<< Ah, allora ti andrebbe bene un abito da sposa come quello che Reira ha usato nel video del nostro singolo? >>

Fece una smorfia. 

<< No una cosa del genere non la metto manco morta. >>

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Capitolo 19
*** Per orgoglio ***


PER ORGOGLIO

NANA

<< Sigaretta? >>

<< No, grazie, ce l'ho. Ma tu non dovresti essere quello che mi dovrebbe dire di non fumare? >>

<< Già. >>  Rise  << Ma, considerando che fumo quasi due pacchetti al giorno e che la prima volta che ci siamo incontrati, mi sono anche fatto prestare l'accendino da te, non sarebbe credibile. >>

<< Beh,  buon per te. Non ti avrei risposto bene. >>

<< E con il matrimonio come va? Avete organizzato tutto? >>

<< Si. Senti, mi dispiace se non ti ho... >>

<< Nana, te l'ho già detto. Lo capisco, non devi preoccuparti. >>

Avevo riflettuto molto sulla decisione di invitare o meno mio padre. Per più di due mesi non feci altro che cambiare idea giorno per giorno. 
Alla fine, scelsi di non invitarlo.
Lui non sembrò sorpreso, ma continuai a chiedermi se fosse giusto o meno. Ogni volta che mi tornava il dubbio mi ripetevo che era giusto così, che se l'avessi invitato e i paparazzi avessero scoperto qualcosa, non avrebbe avuto tregua, ma la verità l'ho capita solo molto tempo dopo.
L'unico motivo per cui non sapevo se invitarlo o meno, era che avevo paura di ammettere a me stessa di averlo accettato nella mia vita.
Se fosse venuto al matrimonio, non avrei più potuto negarlo.

<< Perchè non passi da casa mia prima che vada a sposarmi? >>

<< Credo sia meglio di no, Nana. >>

<< Ma perchè? >>

<< Perchè me lo stai chiedendo solo perchè ti senti in colpa. Ma non devi. Capisco le tue ragioni e anche io credo sia meglio evitare di creare scalpore. >>

<< Ma no, non è per questo, io... >>

Sorrise.
Il suo volto quella sera è ancora perfettamente impresso nella mia mente. C'era qualcosa in quella sua espessione che non riuscivo a cogliere, che mi sfuggiva.
Ma del resto, è sempre stato così.
Di lui, io non ho mai capito niente.
Solo ora, mi rendo conto di essermi comportata da grande egoista con lui.
Ma tutti i pentimenti e tutti i rimpianti ormai non posso più cancellarli.

<< Su, andiamo. E' tardi, Ren ti sta aspettando, no? >>

<< ...Si. >>

Ogni volta che ci incontravamo, mi riaccompagnava a casa, ma non era mai salito. Non aveva mai conosciuto Ren. Certo, io non gliel'ho mai proposto.

<< Bentornata mogliettina. >>

<< Ciao. >>

Mi gettai sul divano esausta.

<< Sono stanca morta. Quell'idiota di Ginpei non fa altro che farci spostare come trottole da un posto all'altro. >>

Si fece più vicino e cominciò a baciarmi sul collo per poi far scivolare le mani sotto la maglietta fino all'attaccatura del reggiseno. 

<< Ma non hai limite? Non sei stanco anche tu? >>

<< Per farlo ho sempre abbastanza energia. >>

<< Sei proprio un porco. Comunque oggi sono troppo stanca per farlo. Dovrai rimenere a secco. >>

Mi alzai e andai a prendere due birre. Gliene porsi una.
 
<< Hai deciso dove dormirai la notte prima del matrimonio? >>

<< Qui. Dove dovrei dormire? >>

<< Se Hachi e Mika ti sbatteranno fuori a calci. Và a dormire da una delle tue amanti. >>

<< Ma dai, il giorno prima del matrimonio? Non posso farlo! >>

Sospirai.

<< Mi vuoi dire che hai? Sono giorni che sei strana. >>

<< ... Ren, secondo te ho fatto bene a non invitarlo? >>

<< Ma che ti succede in questo periodo? Di solito quando decidi qualcosa non cambi idea neanche sotto tortura. Perchè sei così indecisa? >>

<< Ma che ne so, sto cambiando idea ogni giorno. >>

<< Senti, se il problema sono i paparazzi, non devi farti troppi problemi. Non parteciperanno alla cerimonioa, staranno solo fuori finchè non arriverai. >>

<< E se qualcuno sparge la notizia? >>

<< Gli unici che sanno di tuo padre sono Hachi, la band e qualcuno del tuo staff. Chi di loro vuoi che vada a riferirlo ai paparazzi? Se poi, non è questo il motivo... >>

<< Certo che è questo il motivo. Che altro vuoi che sia? >>

Si stese su di me, appoggiando la testa sul mio seno.

<< Ah Nana, Nana. Quando apri bocca, la metà delle volte è il tuo orgoglio che parla. >>

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Capitolo 20
*** Ti voglio bene ***




TI VOGLIO BENE

NANA

La mattina del matrimonio una marea di gente entrava e usciva da casa mia.
Fissavo immobile gli uomini tirati a lucido, acompagnati dalle loro mogli imbellettate. Qualcuno me li aveva presentati. Cercavo di ricordare i volti, i nomi, ma mi erano totalmente estranei.
Sorridevo.
Qualcuno mi aveva detto: " Non smettere mai di sorridere Nana. E' il segreto per mascherare l'insofferenza e se non riconosci qualcuno, recita."
In fondo, lo faccio in continuazione. La Nana dei Blast è forse la vera Nana?
Sono una donna così sicura di se, così magnetica?
Ma allora, perchè la Nana della TV sembra sempre così serena? Se quella sono io, che fine hanno fatto tutti i pensieri, le paranoie, le angoscie che trascino giorno dopo giorno?
Chi se ne frega. Non sono le paure che fanno grande una persona. La gente non vuole vedere una donna angosciata, non vuole ascoltare una cantante insicura. 
Se vuoi questa vita, se vuoi la fama, il denaro, se vuoi cantare nei posti più grandi, sui palchi più importanti, devi indossare la maschera che i Mass Media hanno preparato per te. Incollala bene sul viso e vedrai che un giorno sostituirà la tua vera faccia e non dovrai più preoccuparti. Non rischierai più di svelare la vera te, perchè quella mascherà l'avrà soffocata. In fondo, è la vita che hai scelto. 
E proprio perchè l'hai scelta tu stessa, devi piegarti ad essa e allora, sarai obbligata a sorridere a persone che non conosci, a vedere gente sconosciuta al tuo matrimonio. E non potrai ribellarti quanto ti diranno che le tue nozze sono solo una questine d'affari. Hai venduto la tua vita e insieme ad essa hai ceduto te stessa, le tue azioni, le tue esperienze, persino la vita dei tuoi figli.
Hachi, io mi sono sempre chiesta cosa prova una madre quando suo figlio è in pericolo.
Desidera proteggerlo?
Ma noi, Ren, se mai avessimo un bambino, come potremmo difenderlo dai giornalisti, dalla nostra popolarità?
Forse l'unico modo per proteggerlo è non darlo mai alla luce.
Ma allora, Ren, che ne sarà di noi tra due, cinque, dieci anni?
Sconfiggeremo la noia con le nostre sole forze?
Ma anche se ci riuscissimo, come potremmo conciliare i nostri desideri così distanti?
E intanto sorridevo e continuavo a guardare la gente che entrava e usciva, sperando sempre più intensamente di veder entrare l'unica persona che desideravo davvero incontrare quel giorno. 
Ma, non c'era.

<< Nana, dovremmo cominciare ad andare. >>

<< Possiamo aspettare solo altri cinque minuti? Voglio godermi questi attimi di calma visto che non avrò pace per tutta la giornata. >>

<< Ma, hai riconosciuto qualcuno di tutte quelle persone che sono venute? >>

<< Sì Hachi, te. >>

Rise.

<< Dai, quando arriverai da Ren non farai più caso a tutte queste persone, vedrai solo lui. >>

<< Tu dici? In realtà sto cominciando a stufarmi anche di Ren. Potrei piantarlo in asso e scappare. >>

Sbiancò. 

<< M...ma cosa dici? Non puoi parlare sul serio, tu e Ren siete fatti per stare insieme, il vostro amore è talmente luminoso da accecare, non puoi abbandonarlo. >>

Scoppiai a ridere senza riuscire più a fermarmi.

<< Il nostro amore è talmente luminoso da accecare? >>

<< Stupida! Non scherzare su queste cose! >>

Mi alzai e aggiustai la gonna aderente dell'abito. 
Mi avevano praticamente trascinata nell'Atelier, eppure alla fine, mi era piaciuto veramente il vestito che avevo scelto, anche se il termine "scegliere" non è del tutto appropriato; diciamo piuttosto che la stilista della Gaia  aveva appoggiato i miei gusti e l'abito fu felicemente approvato.

<< Avanti, possiamo andare. >>

Il citofono squillò.

<< Ma chi è che viene all'ultimo minuto? Avevamo dato la fascia oraria delle visite. >>

<< Basterà ignorarli e smetteranno. >>

<< No, per favore Mika rispondi. >>

<< Ma sei sicura? >>

<< Sì, ti prego. >>

Il cuore batteva all'impazzata. Mi aggrappai a quell'ultima speranza con tutte le mie forze. Tutto il mio corpo rimase in tensione finchè Mika rispose al citofono.

<< Sì? Chi è? >>

Consultò la lista che la Gaia ci aveva fornito, con tutti i nomi delle persone che sarebbero passati dal mio appartamento prima delle nozze. Poi mi guardò.
Coprì con una mano la cornetta per non far sentire le sue parole.

<< E' un certo Satoshi Ikeda, Nana, lo conosci? >>

I nervi si sciolsero e fu come se mi avessero tolto un macigno dal cuore. 

<< Sì, fallo salire, per favore. >>

Rimasi immobile davanti alla porta, pronta ad aprire appena avessi udito il campanello, ma mi bastò percepire dei passi sul pianerottolo per spalancare l'uscio.
Appena lo vidi, in tutta la sua altezza, la sua solita eleganza e il suo solito atteggiamento schivo e silenzioso che mi portava ad assimilarlo ad un gatto, mi si inumidirono gli occhi.

<< Sono contenta che tu sia passato. >>

<< Scusami, sono arrivato proprio all'ultimo minuto, no? Comunque non ti rubo altro tempo, volevo solo farti gli auguri. Sei molto bella. >>

<< Grazie. >>

<< Allora io vado. Tanti auguri, Nana. >>

Si era già voltato quando mi avvolse una sensazione talmente opprimente che cominciai ad ansimare.
Ebbi l'assurdo presentimento che se l'avessi lasciato andare avrei perduto qualcosa di essenziale.
Lo afferai per la manica della giacca. Le lacrime cominciarono a scivolare prepotentemente lungo le guance.

<< Per favore, per favore, ti prego, non andartene. Accompagnami da Ren. >>

I suoi occhi si spalancarono e le sue labbra si dischiusero leggermente.
Non c'era ombra di dubbio nella mia voce. Non c'erano tentennamenti. Non gli avevo dato la minima possibilità di pensare che la mia fosse una semplice richiesta di cortesia.
Io lo volevo acanto a me, quel giorno e per sempre.
Volevo stringergli il braccio mentre camminavo lungo la navata. E volevo che Ren vedesse mio padre, che lo conoscesse, che capisse che era entrato nella mia vita e che non potevo più allontanarlo. Ed ero certa, che Ren l'avava capito ancor prima di me e che stesse apettando pazientemente il momento in cui l'avrei ammesso a me stessa.

<< D'accordo. >>

Avevamo poco tempo a disposizione. Certamente sarei arrivata abbastanza in ritardo, ma Mika, dopo avermi rimproverata per aver pianto, disse che ad una sposa era consentito qualunque ritardo, anche se non ne fui totalmente convinta.
Mio padre si mosse subito dal mio appartamento, innanzitutto perchè non volevo che i giornalisti mi vedessero arrivare con lui; ero ancora totalmente intransigente sul non voler svelare la sua identità, e poi perchè sarebbe passato da casa sua per indossare un abito più elegante. Sarebbe arrivato e mi avrebbe aspettata all'ingresso. I giornalisti non potevano entrare nella sala della cerimonia e l'avrebbero scambiato per un semplice invitato.
Salì in macchina.
Ero totalmente sola, Hachi e Mika erano in un'altra auto e ci saremmo viste direttamente nel luogo della cerimonia.
Le mani cominciarono a tremare. Provai a chiudere gli occhi e a respirare profondamente, ma tutta l'ansia che non avevo provato in quei giorni o nelle ore precedenti si era riversata totalmente in quel preciso istante.
Scesi dalla macchina e mi avviai verso il grande portale  che avevo di fronte.
C'ero quasi. Pochi istanti e sarebbe cominciato quell'ironico spettacolo.
Appena entrai si voltarono tutti verso di me. Cercai di tenere alto il viso o mi sarei dovuta sorbire le ramanzine di Ginpei. Aspettai che il portone alle mie spalle si richiudesse e afferrai il braccio di mio padre.
Non riuscivo a vedere lo sguardo di Ren, che mi aspettava in fondo alla sala, o di Yasu, o di Nobu, o di Shin che si affacciavano dal primo banco, ma non mi fu difficile immaginare che Ren fosse finalmente soddisfatto.
La navata era lunga e mi avevano imposto di camminare lentamente.
"E' il tuo momento, goditelo" mi ha detto qualcuno. Ma quanto più lentamente camminavo, tanto più mi agitavo e stringevo il braccio di mio padre.

<< Hai qualche consiglio da darmi? >>

Sussurrai tra i denti, con lo sguardo che man mano si abbassava sempre più.

<< Ho divorziato da mia moglie dopo cinque anni di matrimonio, che consiglio potrei darti? >>

<< Appunto per questo. Sei il più adatto a dare consigli. >>

<< L'unica cosa che posso dirti è di vivere senza preoccuparti di quello che può succedere in futuro e amare quanto più intensamente puoi. >>

Anche se avessi potuto, non sarei riuscita a rispondere. 
Sai papà, quel tuo consiglio, cerco di seguirlo ancora ora.
Avevo ormai raggiunto Ren.
Ci guardammo negli occhi per un istante e notai che anche lui, come me, cercava di mascherare l'ansia e l'imbarazzo.
Mi voltai verso Satoshi.

<< Grazie. >>

Mi prese il viso tra le sue grandi mani e mi baciò sulla fronte.

<< Sii felice, figlia mia. >>

Tutta la forza del mondo non sarebbe riuscita ad impedirmi di piangere.
Mio padre strinse la mano di Ren, mentre io, con il volto basso, cercavo disperatamente di frenare le lacrime.
Poi, Ren baciò la mia mano e mi condusse verso di lui.
Sai papà, quelle tue parole risuonano ancora nella mia mente e le custodisco nel mio cuore, gelosamente.

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Capitolo 21
*** Non sono più una bambina ***


NON SONO PIU' UNA BAMBINA

Due mesi dopo il matrimonio, mio padre morì.
Quando lo seppi, tutte le mie energie mi abbandonarono completamente.
Non piansi, non gridai, non dissi nulla per quasi un mese. Mi sentivo isolata. Mi sembrava di essere tornata ai giorni dell'incidente di Ren. Vederlo accanto a me la mattina, mi tranquillizzava, ma realizzavo quasi subito che non era stato lui ad avermi abbadonato, bensì quell'uomo che era comparso nella mia vita dal nulla e che nel nulla si era dissolto.
Ren non mi lasciò sola un attimo. Fu in quell'occasione che compresi quanto valsero per lui i miei abbracci, perchè io, senza i suoi, non sarei più riuscita a rialzarmi. Al funerale continuò per tutto il tempo a tenermi la mano, senza mollarla un solo istante. 
Quel giorno, incontrai mia madre. Ci fissammo per un tempo che mi sembrò interminabile, poi abbassò lo sguardo e scomparve dalla mia vista. 
In quel momento provai una rabbia ancora più forte nei suoi confronti. Pensavo che anche dopo diciassette anni, continuava a farmi del male, a colpire ripetutamente il mio petto con i suoi sguardi e con le parole di quella lettera.
Allora, pensavo che se non mi avesse detto nulla riguardo mio padre, non avrei sofferto così tanto. Adesso però, riflettendoci attentamente, penso che l'avermi fatto conoscere quell'uomo, sia stato un grande regalo. Certo, forse cercava solo di redimersi; ma fatto sta che l'aver incontrato Satoshi, mi ha segnata profondamente. In poco tempo, mio padre mi ha trasmesso la sua serenità e sono certa, che se oggi posso affermare di essere davvero cresciuta e di non essere più una bambina, questo è solo merito suo.
Ed è grazie a questo briciolo di saggezza che mio padre mi ha trasmesso, se ora non ho più paura di diventare madre, nè tanto meno di non riuscire a progredire nella mia carriera.
A questa piccola stella che sta per arrivare, voglio donare tutto quello che mio padre mi ha dato in così poco tempo. Non sarò mai come quella donna, perchè ora so di poter essere una buona madre anche se non so cosa significhi averne una.
Tu lo sapevi già da tempo, vero Ren?

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