This Is Why We Fight

di RedRuby
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La strada è lunga, parte 1 ***
Capitolo 2: *** La strada è lunga, parte 2 ***
Capitolo 3: *** La strada è lunga, parte 3 ***



Capitolo 1
*** La strada è lunga, parte 1 ***


La notte era ormai inoltrata e la strada inglobata nella solita oscurità era deserta.
L'uomo al volante sospirò profondamente. Spostò gli occhi dal taglio tipicamente asiatico dall'orizzonte alla spia del carburante. Cazzo... ci mancava solo questa, pensò, irritato.
Guidò lentamente fino a scorgere delle luci lampeggianti in lontananza. Fu non poco sorpreso di vedere delle luci ancora funzionanti: di solito era tutto spento. Avanzò e scorse una stazione di benzina e a destra, un bar.
Be', che colpo di fortuna.
Accostò e uscì dal veicolo. Guardandosi intorno non vide anima viva... né anima morta.
Dal sedile posteriore prese una lunga lama pesante e la sua pistola.
— Un altro bar, un altro pranzo... — Disse, fra sé e sé. Strinse il machete nella mano e mise la pistola dietro la sua schiena, intrappolata nel jeans scuro e sporco di sangue.
Più che mangiare avrebbe pagato per avere una doccia con l'acqua calda e dei vestiti puliti, ma si adeguava. 
Camminò lentamente verso la stazione; si guardava intorno con fare sospettoso, anche se non sembrava esserci nessuno di cui preoccuparsi. Arrivato, esaminò alcune taniche di benzina messe al lato. Vuote...
Si voltò di scatto dopo aver sentito un rumore. Una mano era già a stringere la pistola dietro la sua schiena. Non c'era nessuno se non una lattina che rotolava poco più avanti, comparsa dal didietro di un muro di mattoni. Camminò lentamente verso l'oggetto e si chinò per prenderlo. Ci guardò dentro, ma era vuoto e sporco di sangue sull'apertura. Piuttosto mi faccio mangiare da un'ordata di quei cosi.
Non ebbe il tempo nemmeno di pensarlo che udì dei grugniti e si voltò da dove la lattina era rotolata. Sgranò gli occhi e vide cinque o sei soggetti che stavano divorando tutti insieme un'unica ragazza. O almeno quello che era rimasto di lei.
Uno dei vaganti si accorse dell'uomo e con un verso delicato quanto le unghie su una lavagna avvertì gli altri. Così fu, e si ritrovò a scappare dal gruppo. Pensò anche di spararli o di affrontarli col lungo coltello da macellaio, ma una delle soluzioni avrebbe fatto troppo rumore e peggiorato la situazione e per l'altra erano semplicemente in troppi. Correre era la cosa giusta e così stava facendo. Si accorse dalla porta di metallo del bar e ci si fiondò dentro. Riuscì ad aprirla mettendoci non poca forza. Che cazzo è?  Un caveau, che ha bisogno di essere tanto pesante?!
Richiuse la porta alle sue spalle, lasciò cadere il machete sul pavimento di legno e con tutta la forza che aveva tirò la maniglia intagliata verso di sé per richiudere il più velocemente possibile. Bloccò poi quest'ultima con il machete stesso, messo fra la maniglia e l'apertura della porta. Aprendosi da dietro, la teneva ben chiusa.
Indietreggiò e sospirò, chiudendo gli occhi. Dovrei stare più attento, forse, pensò, cercando di rallentare i suoi battiti cardiaci, poi li riaprì e si voltò. Ad attenderlo c'era un'altro dei vaganti che lo attaccò non appena gli fu davanti. Jin provò ad indietreggiare ma, nonostante la stazza esagerata, il vagante agì più velocemente e gli si lanciò addosso. Entrambi finirono in terra, Jin che tentava di non diventare il prossimo pasto del mostro obeso e questo che invece gli sbavava in faccia e cercava di divorarlo, facendo scattare la mascella - tra l'altro visibile attraverso la carne nera, putrefatta e nauseabonda - più volte e di certo il tizio avrebbe avuto bisogno di una mentina fresca o di un buon set per l'igiene orale tutto nuovo.
Si sentì un potente colpo di sparo e finalmente il vagante che invece di vagare rotolava, gli morì addosso. O meglio, gli rimorì addosso.
Jin si arrese e lasciò le braccia sul pavimento, a contornargli il volto. Il corpo si stava muovendo sopra di lui finché non fu completamente per terra. 180 chili di meno, pensò, riprendendo fiato. L'unica cosa che vide fu poi una mano attaccata ad un braccio attaccato ad un busto attaccato ad una testa, la testa di un uomo. Aveva le sopracciglia corrugate ma gli angoli della bocca sollevati, in un sorriso. Era bello, davvero bello, ma non ebbe il tempo di rifletterci troppo su che strinse la sua mano e si fece aiutare a sollevarsi. Il divario d'altezza era quasi nullo e da sollevato era anche più attraente. Quando fu in piedi, il suo sorriso malcelato si trasformò in un arma di distruzione di massa: mostrò i denti bianchi e provò ad aprire bocca per parlargli, ma lo fermò una donna, puntando la pistola dritto alla tempia di Jin, distraendolo da tale meraviglia. Non è un bel momento per prendersi una cotta, evidentemente...
— Chi sei? — Chiese lei, con fare poco amichevole. Jin sollevò lentamente le braccia, mostrando di essere innocuo. Forse ci mise un po' troppo per rispondere, perché lei lo colpi abbastanza delicatamente con la pistola da non farlo svenire, ma da farlo male.
— Lex! — La riprese il ragazzo che l'aveva aiutato poco prima. Lei gli lanciò un'occhiataccia e poi si rigirò verso Jin. La sua espressione valeva dire "allora?" in un modo altrettanto poco amichevole. — Mi chiamo Jinyu, — Rispose. — sono un chirurgo. Abitavo a Manhattan e sto andando a cercare mio fratello a Seattle. Okay? — Terminò, arreso.
— Puoi abbassare le mani. — Gli venne detto con tono pacato dal tizio con la donna. Jin le abbassò lentamente ma lei teneva la pistola puntata alla tempia e l'espressione adirata.
Ora che poteva vederli meglio, mostravano non pochi segni fisionomici in comune, partendo dal fatto che erano entrambi molto molto belli. Lei era più bassa, i capelli lisci e lunghi, stretti in una coda di cavallo dietro la nuca color ebano. I suoi occhi erano di un acceso azzurro, molto penetranti e il viso tondo. Lui, invece, aveva gli occhi più scuri, fra il verde e il nocciola, lo stesso viso tondo, un signor naso e i capelli dello stesso colore di lei sparati in testa senza un vero senso. 
— Dai, Alexandra, metti giù la pistola, è un medico, quanto può essere pericoloso? — Lei lentamente eseguì l'ordine con gli occhi ridotti a due fessure. — Sai che non dovremmo fidarci di nessuno, vero, Matthew?
Lui oltre il bancone del bar, che esaminava qualche bottiglia di liquore, scosse le spalle. Lex si allontanò da Jin e cominciò a frugare un po' in giro. — Vedo se c'è del cibo decente.
Ad un tratto l'uomo asiatico si sentì invisibile. Con la voce di uno che si intromette spudoratamente, disse: — Voi due state insieme? — Chiese, e poi approfittò per scavare di più nella superficie. — Insieme insieme?
Matthew si voltò verso Jin con gli occhi chiusi ed un sorrisetto imbarazzato. — No, no. Siamo fratelli. Io sono Matthew Stone e lei è Lex... Alexandra.
Jin ricambiò il sorriso e fu stupefatto. — Alexandra Stone?! Quella Alexandra Stone?
— Se intendi la psicologa: sì. — Rispose lei, ritornando, soddisfatta. — Sono io.
Jin lanciò uno sguardo a Matt e lo vide roteare gli occhi, questo lo fece sorridere. 
— Per essere una psicologa non sei molto brava ad accogliere le persone... probabilmente la tua fama ti sopravvaluta.
— Di questi tempi, Jin, non ti puoi fidare di nessuno. — Il fratello stava per aggiungere ma lei lo fermò subito. — No, Matt, nemmeno un chirurgo, anche se effettivamente ci farebbe comodo un medico in giro. Io sono negata in queste cose e lui — Continuò, riferendosi a Matt. — è soltanto un insegnante. I lavori che servono oggigiorno sono il medico e uno che sappia usare bene le armi, nient'altro.
— "Soltanto un insegnante". — Le fece il verso, mimando le virgolette con le dita dopo che ripose una bottiglia di tequila sul bancone. — Lo dici come se non fosse un lavoro importante. Io apro le menti! — Fece, con un gesto delle mani che andavano a formare un arco nel vuoto. — Be', sì, anche io. — Rispose Jin. — Ma io lo facevo letteralmente. — Rise e Matt lo guardò con aria d'inferiorità, l'altro lo rispose con un occhiolino e si sorprese del suo comportamento: non faceva certe cose, anzi, di solito era molto scostante, soprattutto col sesso opposto. La sua bisessualità era... riservata alle donne, di solito.
— Quindi vieni da New York, giusto? — Chiese lei, mettendosi davanti a Jin che era rimasto fermo ad osservarli per tutto il tempo. Le braccia incrociate. Lui annuì.
— Noi ci dirigevamo lì... — Fu presa dallo sconforto. — ma se te ne vai, evidentemente non è un buon posto.
— Era questo che ci dicevano. — Aggiunse Matt, avvicinandosi alla sorella, con la stessa espressione di delusione. — "New York è la nuova via di salvezza!", dicevano. "A New York non c'è traccia dei mostri, è un posto sicuro". Evidentemente erano tutte cazzate.
— Evidentemente sì, ragazzi, mi dispiace. Io stavo cercando soltanto un po' di benzina per l'auto che è in panne e magari qualcosa da mettere sotto i denti. Poi dei vaganti mi hanno attaccato e poi voi due...
— Vaganti? — Chiese Matthew. — È così che li chiami?
— Noi ci limitiamo a "zombie", come nei film. — Riprese Lex. — E comunque mi dispiace per averti colpito. — Indicò per un secondo il rossore sulla tempia di Jinyu con un movimento della mano. — Ti direi di prendere tutto ciò che ti serve, ma non c'è cibo e di benzina non ne ho vista qui e nemmeno fuori, quando siamo arrivati.
— Perfetto! — Sospirò. — Quindi sono a piedi.
— Be', magari per farci perdonare possiamo darti un passaggio fino a Seattle per trovare tuo fratello. — Fece Matthew, sorridendogli e guardandolo dritto negli occhi. Al contrario, Jin, quando lui parlava gli fissava le labbra rosee. — Ormai New York è andata e non abbiamo un'altra meta.
— Magari dovremmo parlarne prima, non credi? — Si intromise la sorella. 
— Scusa, andiamo a parlare un attimo di te. — Si congedò Matt e i due si allontanarono da lui e presero a bisbigliare. Non era un litigio particolarmente acceso, ma "non lo conosciamo nemmeno", "chissà cosa potrebbe farci" echeggiarono più o meno in tutto il bar. D'altra parte Matthew diceva cose tipo "non possiamo lasciarlo senza un'auto" o "abbiamo bisogno di un medico" ...
Jin si guardò un po' intorno, per camuffare il fatto di stare sentendo perfettamente tutto.
Il bar aveva una struttura rettangolare. Oltre la porta d'entrata, a destra partiva il bancone in legno lucido e subito dietro, una parete di bottiglie e incastonata in un angolo, dall'altra parte della stanza, c'era una televisione. A sinistra, invece, c'era qualche divano rivoltato e i quadri che prima erano appesi, si trovavano al suolo, distrutti. Il pavimento in parque e anche il muro era ricoperto di legno. 
— Ci abbiamo riflettuto su — Si riavvicinarono e a parlare fu la psicologa. — e non possiamo semplicemente lasciarti qui. — Jin sorrise e lanciò un occhiata a Matt, che anch'esso sorrideva. — Ma vogliamo sapere se hai dei medicinali con te, cibo, qualunque cosa.
— Medicinali? No, mi dispiace. Mi sono portato dietro soltanto lo stetofonedoscopio e lo sfigmomanometro.
Matthew ed Alexandra si guardarono per un secondo e poi riportarono lo sguardo confuso a Jinyu. Contemporaneamente dissero: — Che?!
Il medico roteò gli occhi. — Stetoscopio e quell'aggeggio per misurare la pressione, okay?
— Oh! Certo. Usa parole umane, medico. — Rispose Lex, dicendo l'ultima parola come un insulto. 
— Ma fuori c'erano un gruppo di zombie, non posso andare in auto a prenderli. — Aggiunse Jin, indicando con il pollice la porta dietro le sue spalle. — Magari sono andati via.
— Ma magari no, quindi meglio evitare. Matt, va' a vedere se c'è una porta sul retro. — L'uomo andò senza protestare. — Hai qualche altra arma oltre il machete con cui hai bloccato la porta, lì? — Chiese lei. 
Jin era indeciso se dirle della pistola che si portava dietro. Avrebbe potuto mentire tranquillamente e tenerla per sé... 
— Non c'è nessuna porta, ma ho visto una finestra e uno alla volta potremmo uscire da lì. — Ritornò Matthew, quasi con il fiatone. — L'unico problema è che è bloccata, non sono riuscito ad aprirla.
Lex annuì e si mise a pensare. — Magari potremmo trovare qualcosa con cui sbloccarla. Dividiamoci, tanto questo posto è piccolo. Se succede qualcosa... urlate. — Jin prese in mano la situazione e i due fratelli si dileguarono in cerca di qualunque cosa. Matt stava controllando la zona dei divani e Lex frugava dietro il bancone. — Di solito non hanno tutti un fucile dietro questi affari per alcolizzati?
— Alexandra, da quanto non vedi un film? — Rise Jin e lei sorrise a malapena. 
— Diciamo che negli ultimi tempi... — La voce di lei si fece triste, come se il solo pensare alla sua vecchia vita le facesse riemergere tutti i sentimenti del passato. — non ho avuto il tempo di guardare molti film.
— Tranquilla, nemmeno io. Quando mia moglie è morta non ho passato un bel periodo, ovviamente. — Matt, dall'altra parte, si voltò non appena sentì la parola "moglie", ma non disse niente. Jin andò dietro il bancone con Lex, seguito dallo sguardo del fratello. Lei si mise una mano sulla spalla del medico. — Mi dispiace, per tua moglie. Vuoi parlarne?
Jin scosse il capo. — Troviamo qualcosa per andare via di qui, voglio trovare mio fratello e sapere che sta bene. — Lex annuì e si rimise alla ricerca di qualcosa. 
Jin attraversò il bancone e prese a cercare dietro uno dei divani, insieme a Matt. — Puoi aiutarmi a sollevarlo? — Chiese quest'ultimo, mettendo le mani sotto il mobile. Jin non rispose e si mise al suo fianco, anche lui con le mani vicine a quelle di Matt. I due fecero forza e lo sollevarono. — Vedi qualcosa qui sotto? — Chiese Jin. L'insegnante diede uno sguardo e scosse il capo. — Rimettilo giù, controlliamo l'altro. — E così fece. Jin si rialzò aiutato da Matt. — Quindi... avevi una moglie? Mi dispiace che...
— Va tutto bene. È passato tanto tempo. — Si avvicinarono all'altro divano, distrutto a tal punto che si poteva vedere attraverso. — Mi sa che dovremmo cercare qualcos'altro. — Sbuffò Matthew.
— Trovato niente? — Chiese Lex, a gran voce. Matt e Jin risposero contemporaneamente di no e lei sospirò, avvicinandosi ai due. — Come possiamo fare?
— Sarà da pazzi... — Esordì Jin. — ma potresti togliere il machete dalla porta, magari adesso sono andati via.
— E se così non fosse?
— Noi due — Rispose, riferendosi a se stesso e a Matthew. — possiamo tenere ferma la porta mentre tu sblocchi la finestra.
— Sì, ma se ci riesco poi come mi raggiungete?
— Corriamo. — Disse Matt incrociando le braccia e meritandosi una bella occhiataccia da parte della sorella. — Sei stupido? Anche se riuscissi ad aprirla, è troppo in alto e dovremmo aiutarci uno alla volta. Se quei cosi entrano e noi stiamo ancora uscendo, è finita.
— Non possiamo nemmeno rimanere per sempre qui dentro, Alexandra! — Terminò l'insegnante. — Ragazzi, — Riprese Jin con voce pacata. — vale la pena tentare. Vi aiuterò io a salire e poi voi darete una mano a me, così se succede qualcosa almeno voi sarete insieme, okay?
— E lasciarti qui?! — Aggiunse Lex, scuotendo il capo. — No, mi dispiace.
— Andiamo, mi avete conosciuto venti secondi fa, quanto potrò mancar-
— Dovremmo farlo. — Disse Matthew senza guardare Jin. 
E così fu. Tutti e tre vicino alla porta bloccata dalla lama. Si scambiarono un'occhiata per un paio di volte e poi partirono. Lex sfilò il machete dalla porta e questa parve ferma. — Forse se ne sono andati dav-
La porta si dischiuse ed entrarono mani e braccia. Jin e Matt si fiondarono su di essa e spingevano con le spalle e le schiene. — Lex, corri, vai! — Urlò Matt, spingendo. La donna andò nella stanza angusta dove si trovava la finestra. Si guardò indietro e vide i due uomini faticare non poco. Forse gli zombie lì fuori non se n'erano andati, ma addirittura aumentati.
Strinse bene il machete in mano e accoltellò un angolo della finestra. Cercava di aprirla infilando la lama sempre più in profondità e muovendola in alto e in basso.
— Lex?! — Si sentì urlare, ma lei non capì chi dei due la chiamò.
— È bloccata, datemi un attimo! — Rispose, provando a fare con più forza. Perse la presa sul manico di plastica e scivolò sulla lunga lama. Urlando lasciò l'arma. La lama era ricoperta di rosso, così come le sue mani. Guardò ancora una volta indietro e vide Matt e Jin venire verso di lei: la porta era spalancata e gli zombie entravano come acqua da una falla.
— Che diavolo è successo?! — Fece Matthew alla vista di tutto il sangue.
— Al diavolo! — Jin staccò il machete dalla finestra. — Spostatevi dalla finestra! — Urlò, lanciando il machete a Matt che lo prese in modo giusto, fortunatamente. I fratelli andarono alla porta dello sgabuzzino e provarono a chiuderla. Matt tagliava teste, braccia e mani che vedeva, ma il sangue di Lex non faceva altro che attirarne di più.
Jin si allontanò dalla finestra e tirò fuori la pistola, la caricò e sparò al vetro che si infranse in mille pezzi. Rimise a posto l'arma. — Lex, vieni, ti darò una mano a salire! Matt, ce la fai un secondo da solo? — Lui annuì e lei si spostò dalla porta.
— Hai una pistola?! — Chiese sconvolta.
— E ti pare il momento? — Lei non rispose e Jin la issò. Lei riuscì ad uscire.
— Matthew! Tocca a te! — Lui si voltò, mentre faceva peso verso la porta.
— Morirai se mi lasci andare. Possiamo respingerli insieme!
— Non essere stupido! Mi farete uscire di qui, ma se rimani moriremo entrambi e sarà stato tutto inutile!
L'uomo parve pensarci su e poi lasciò la porta. Si affrettò verso Jin e per un millesimo di secondo si fermarono l'uno di fronte all'altro, guardandosi negli occhi. Il tempo, così come i vaganti, parve essersi fermato. Il taglio asiatico degli occhi di Jin lo rendevano attraente, aggiunti alla barba leggermente incolta.
— Ragazzi! — L'urlo di Lex li fece riprendere e Jin sollevò anche Matt, finché non fu fuori dalla finestra. La testa dell'insegnante fece capolino da quest'ultima e vide gli zombie invadere lo stanzino. — Jin! — Urlò Matt, vedendolo indietreggiare oltre l'armata dei mostri.
— JIN! 


 

NOTAE·AVCTORIS
Sono solito dare dei volti ad ogni personaggio principale della storia (per farla breve), quindi ecco i nomi dei personaggi e se cliccate sul nome dell'attore vi si aprirà una pagina apposta con una foto. Grazie. Da notare la fantasia con cui ho scelto i nomi...
  1. Jìnyǔ "Jin" Gāo (劲雨·高) è Godfrey Gao
  2. Matthew Nathan Stone è Matthew Daddario
  3. Alexandra Anna Stone è Alexandra Daddario

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Capitolo 2
*** La strada è lunga, parte 2 ***


NOTAE·AVCTORIS
Perdonate, vi prego di andare a controllare il precedentemente capitolo perché come uno scemo totale mi so' scordato di scrivere le Note dell'Autore e farvi vedere il facciono dei personaggi, sorry. Andate a controllare, pls^-^

 

— Ragazzi! — L'urlo di Lex li fece riprendere e Jin sollevò anche Matt, finché non fu fuori dalla finestra. La testa dell'insegnante fece capolino da quest'ultima e vide gli zombie invadere lo stanzino. — Jin! — Urlò Matt, vedendolo indietreggiare oltre l'armata dei mostri.
JIN! — Urlò ancora, poi si voltò verso sua sorella. — Lex, attirali dall'altra parte, io prenderò Jin! — Lei annuì e corse dietro il bar, da cui erano entrati. Rientrò e si mise ad urlare per attrarre gli zombie. 
— Ehi! Ehi, sono qui! È questo che volete? — Urlò, passando la mano insanguinata su uno dei divanetti. Il piano parve funzionare: man mano che Alexandra indietreggiava macchiando di sangue il possibile, gli zombie uscivano dallo stanzino per andare da lei.
Dall'altra parte, Matt stava porgendo la mano a Jin e quando quest'ultimo la strinse, tirò un sospiro di sollievo. L'insegnante cominciò a tirare con tutta la forza che aveva, finché il medico non fu fuori e gli cadde completamente addosso. I due fecero dei versi di dolore e Jin si sollevò sui gomiti. Entrambi sorrisero, il volto a pochi centimetri. Si guardarono negli occhi riprendendo fiato.
Jin stampò le labbra sulle sue, solo per pochissimi secondi. Fu un bacio casto, innocente, come quello che si dà ai propri figli.
— E questo? — Chiese Matt, sorpreso e con la fronte corrugata.
— È solo un grazie. — Jin lentamente si sollevò e diede una mano anche all'altro. — Andiamo a vedere tua sorella! — Terminò, incamminandosi.
— J-Jin! — Lo chiamò Matt. Lui si voltò. — La tua gamba! — Lo informò, indicandogli l'arto. Lui abbassò lo sguardo e vide sangue.
Era stato morso sul polpaccio.
Cazzo...
— Dammi la pistola, Jinyu.
— Ehi, è solo un morso, si potrebbe risolvere.
— La pistola! — Ripeté con tono autoritario, mettendo una mano protesa verso Jin. Pensò che usasse questa voce anche con i suoi alunni, quando era necessario. Il medico sfilò l'arma dal jeans e la mise sulla sua mano. Matthew si incamminò. — Ehi! Non puoi lasciarmi qui!
Lui non si girò indietro.
Matt si unì alla sorella, che teneva chiusa la porta del bar.
— Apri, Lex. — Lei vide la pistola nella sua mano e lasciò la maniglia. La porta si aprì dopo pochi secondi e uno ad uno, sparò tutti gli zombie presenti.
— Così ne avrai attirati degli altri!
— Sono lenti, ci serve tempo per fare quello che dobbiamo fare.
— Cosa?
— ... Prendi il machete, Lex. Jin è stato morso. — Lei sgranò gli occhi e si fiondò nel bar ormai vuoto per prendere l'arma bianca. Matthew tornò da Jin, che era rimasto lì, seduto su uno dei muretti ad esaminarsi il morso. — Cos'erano quegli spari? 
— Chiese non appena lo vide avvicinarsi.
— Devi dirmi come fare. — Riprese Matt, come se Jin non avesse parlato affatto.
— Fare cosa? — Chiese, inarcando un sopracciglio.
— A non farti perdere troppo sangue quando... — Lui gli guardò la gamba e subito dopo Lex si presentò con il machete in mano e finalmente a Jin fu tutto chiaro.
— No... no, ragazzi, non potete, non c'è bis-
— Lo faremo con o senza il tuo consenso, Jin! ... Ma qui il medico sei tu e noi dobbiamo sapere come farti perdere meno sangue possibile e come evitare che si infetti! 
Jin chiuse gli occhi, incredulo di stare per dare le istruzioni su come amputargli la gamba.
— Pulisci il machete dal sangue, deve essere il più pulito possibile.
— Cominciò lui. — Dovete fermare il flusso del sangue alla gamba, quindi dovete stringere con qualcosa subito al di sopra del ginocchio. Dovete tagliare con più forza possibile. Lì c'è l'osso e sarà complicato, ma cercate di tagliarlo di netto in un solo colpo, deve essere più dritto possibile. Alzatemi la gamba una volta tagliata e... poi probabilmente sverrò o comunque non sarò più capace di darvi istruzioni... — Jin scosse il capo e sospirò. — dovete usare qualcosa di bollente, per fermare il sangue, se non c'è nulla, dovete metterci qualche benda o qualsiasi cosa, ma dovete fare in fretta oppure potrei andare in shock ipovolemico e... — Sospirò ancora. — se non ci riuscite, uccidetemi e basta, poi andate via più velocemente possibile, altri vaganti potrebbero aver sentito gli spari.
Matt e Lex si scambiarono un occhiata e poi si misero a lavoro; seguirono ciò che Jin aveva loro detto.
Ripulirono il machete quanto necessario e Matt si sfilò i lacci dalla scarpa, per poi legarli stretti subito al di sopra del ginocchio. Poi prese il machete. — Lex, prendi dell'alcool e qualcosa per bruciarlo. — La donna si affrettò nel bar. — Starai bene, Jin. Tranquillo. — L'altro annuì poco convinto. — Va bene. Non è nemmeno la mia gamba preferita. — Entrambi sorrisero.
— Sei pronto?
— Si può mai essere pr- 
Matthew non lasciò il tempo a Jin di finire di parlare che caricò il machete e sferrò il fendente alla gamba. Le urla strazianti di dolore di Jin echeggiarono lungo tutta la stazione di benzina e il bar. — Ce l'ho fatta! L'ho tagliata in un colpo, Jin! — Annunciò con gli occhi puntati sulla gamba. Il sangue usciva a fiotti, non ne aveva mai visto tanto tutto insieme e non credeva che potesse essercene tanto in un essere umano. — Jin? Jinyu?! — Spostò lo sguardo sul volto del medico e capì che non aveva resistito.


— Matthew... — Fece Lex, sbuffando. La testa era appoggiata al finestrino dell'auto. Gli occhi azzurri guardavano il bosco nero oltre la strada. — Cosa c'è, — Il fratello stava guidando. Le braccia rigide sul volante e lo sguardo, divenuto nero come il bosco, sulla strada fissi. — Lex? — La sua voce era calma, però. Forse non intendeva trasmettere il suo medesimo terrore a lei. — Ci siamo completamente dimenticati di prendere lo stetoscopio e quell'altro attrezzo.
Matthew scrollò le spalle tese. — Non avremmo saputi usarli comunque. — Alexandra si voltò, incontrando il profilo del fratello. — Noi no, ma lui... — Guardò nei sedili posteriori.
Lì, dove c'era la sua gamba, il sedile di pelle beige si era sporcato di rosso. Jin era ancora svenuto.
Alexandra si rivoltò davanti. — Credi che sopravvivrà? — E Matt riscrollò le spalle.
— Non fare così, rispondimi; devo tenerti sveglio. — Lui staccò gli occhi dalla strada per incontrare accusatori quelli della sorella, spenti anche loro. — So tenermi sveglio da solo... — Rispostò lo sguardo sulla strada, non che dovesse vedere molto: era vuota, nemmeno una macchina o qualche altro "vagante", come diceva Jin. — comunque spero di sì. Mi ha... mi ha baciato, sai? — Lui accennò un sorriso. Lex si voltò di colpo, con un ghigno malcelato. — Davvero?!
— Ehi, — Matt sorrise. — perché sei tanto sorpresa? Ci so fare con i ragazzi. — Lei gli diede una gomitata leggera sulle costole. — Sei un Casanova, certo.
— Lo prese in giro. — Intendevo quando, quando è successo?
— Quando tu sei andata a distrarre gli zombie e io l'ho tirato fuori e mi è caduto addosso. Per ... "ringraziarmi" mi ha dato un bacio. Ma è stato tutto molto innocente, non è successo nulla, non so nemmeno se sia attratto da-
— Non dirlo. Nessun etero sano di mente bacia qualcuno, un ragazzo, oltretutto. E poi per "ringraziarlo"? C'è per forza qualcosa di gay in lui. 
— Rise.
— Calmati, non ci stiamo per sposare. — Rispose Matthew e si pentì immediatamente dopo averle pronunciate, quelle parole. — Ancora non so perché hai lasciato Lee così. — Aggiunse lei. — La mamma ti stava accompagnando all'altare e...
— Mi sono girato e me ne sono andato, Lex, lo so!
— Il tono divenne furente. — Lo ricordo come se fosse successo ieri... — Poi la sua voce divenne flebile e triste, piena di ricordi. — Ma perché? — Chiese lei, per l'ennesima volta.
— Perché dovevo farlo, Lex! — Alzò il tono di voce e lei alzò le mani, come a chiedere una resa.
— Non abbiamo segreti io e te. Tu sai tutto di me, tutto e io tutto di te, tranne...
— Tranne questo, lo so. Possiamo smetterla di parlarne?
— Oh!
— Le si accese una lampadina. — Non sarà per quello che ti chiesi di fare il giorno prima?
— Alexandra, potevo rimandare le nozze, io sarei venuto ad abitare con te senza pensarci nemmeno due volte su. — Si placò, con gli occhi che rivedevano il volto del suo quasi marito mentre si spegneva quando lui stesso scosse il capo e ... andò via.
— Non fa niente. Ci sarà tempo per dirmelo. — Lui roteò gli occhi. — Ero solo contenta perché non sei uscito con nessuno dopo Lee... e ora ti sei tanto emozionato per un-
— Un bacio da niente? Puoi dirlo, Alexandra. Non sono uscito con nessuno per un bel po', ma non sono stupido. Magari è stato il momento, si è fatto prendere o magari voleva darmelo sulla guancia e io-
— No-non volevo certo dartelo sulla guancia. — Poi si sentì tossire e capirono che Jin s'era sripreso. Matt realizzò di aver fatto una figuraccia e storse il naso. — Non sono tua sorella, Matthew. Volevo soltanto... ringtaziarti. — Effettivamente non sapeva proprio il motivo per cui l'avesse fatto. Non era mai stato con un ragazzo e nessuno l'aveva mai attratto particolarmente. Tossì ancora e come se non avesse detto nulla, Lex si voltò con un gran sorriso.
— Ehi, ti sei svegliato! Come ti senti? — Lui incontrò il suo sguardo speranzoso, contro quello gonfio e stanco. — Come uno che ha appena perso una gamba? — Lei annuì.
Touché.
— Si rivoltò avanti. — Tranquillo, l'altra gamba l'abbiamo impacchettata e pulita, nel caso tu voglia un souvenir oppure non sai dove mettere l'altra scarpa quando ne comprerai un paio nuovo.
Entrambi risero e Jinyu fece una smorfia di dolore. — Oh, psicologa, non farmi ridere. Mi fa male quando rido.
— Scusa. E non chiamarmi "psicologa"... credo che qui nessuno di noi sarà molto presto un insegnante, una psicologa o un medico.
— Be'... touché.
— V-vuoi ancora riposare? Sei comodo? Abbiamo qualche cuscino nel baga- — Matt si fece senitre, che non aprì bocca per tutto il tempo. — Va tutto bene, mamma, sto bene. — Matthew abbassò leggermente il capo, imbarazzato e con un ghigno Lex gli accarezzò una spalla, lanciando un sorriso anche a Jin.
— Qual è il piano? — Chiese l'insegnante, allentando la pressione sul pedale. 
— Dobbiamo trovare degli antibiotici, delle garze, e ragazzi, per quanto sia ospitale questa macchina, non posso andare lontano per molto senza qualcosa a cui aggrapparmi. Ho bisogno di qualcosa, qualunque. E dovremmo trovare un posto per cui riposare più di una notte.
— Mi unisco a te. Dovremmo trovare una casa in campagna o qualcosa di isolato: un quartiere residenziale potrebbe essere pieno di quei cosi.
— Va bene. E dovremmo andare prima in un ospedale, allora.
— Se per strada c'è una tavola calda, dobbiamo fermarci. Non so voi ma sto morendo di fame e devo bere non poco per riprendere le forze per aver perso sangue.
Matthew annuì e lanciò un'occhiata a Jin, dietro. I loro occhi si incontrarono per un secondo e poi si rivoltò.


— MATT! — Urlò Alexandra e quando il diretto interessato si voltò, investì in pieno uno zombie. L'auto prese a ribaltarsi da un lato finché non si fermò sottosopra in un canale nel terreno che divideva la strada dal bosco.
— Cazzo! — Matthew si portò una mano alla testa dolorante. Aprì gli occhi a fatica e ciò che vedeva era confuso. — State tutti bene? — Non ricevendo risposta, si voltò verso il sedile della sorella.
— L-L-Lex?! — Parlare gli faceva male. Il sedile era completamente vuoto. Si guardò intorno, ma ogni volta che muoveva gli occhi o la testa, era come essere colpiti da una mazza da baseball dritto alla nuca. — LEX! — Urlò, facendo male alle sue stesse orecchie. Si voltò per vedere i sedili posteriori ed anche Jin era scomparso. — R-Raga- — Non riusciva ad urlare e vedeva doppio, se non triplo. Sembrava di sentire e vedere come quando da bambino apriva gli occhi nella piscina, nonostante l'aver promesso a sua madre che non l'avrebbe fatto.
— MATTHEW! — Si sentì chiamare, ma non capì da quale direzione. Devo uscire di qui!, pensò, saggiamente. In qualche modo, contorcendosi, riuscì ad uscire, trascinando il suo corpo dolorante fuori dal finestrino distrutto. Provò a rimettersi in piedi ma cadde subito dopo. Troppo velocemente, Cristo!
Si tenne forte la testa e poi guardò le mani. Sangue.
— MATT! — La luce dell'alba aiutava a vedere, ma lui si sentiva ancora disperso ed immerso nelle acque più profonde. — MATT! VIENI! 
Okay, piano. Mise una mano sulla ruota dell'auto e una sulle sue gambe. Alzarsi fu come essere attraversato il rachide da mille lame. Diede uno sguardo in basso e vide infilzato nella coscia il machete, o almeno quello che ne era rimasto. Si era spaccato. Prese un pesante sospiro e mise la mano sulla lama che lo penetrava. Okay, uno... due... 
Al "tre" tirò tanto forte da tagliarsi la mano. Urlò. Fanculo! Almeno la lama era tolta.
— A-Sto arrivando! — Provò ad urlare, ma non produsse un suono tanto forte.
Uscì a fatica e sporcandosi non poco di terra del canale. Per strada, una volta fuori, vide una lunga scia di sangue che portava alla gamba di Jin... Jin, che stava tenendo le mani insanguinate su Lex. Matt provò a correre verso di loro, ma cadde pochi secondi dopo.

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Capitolo 3
*** La strada è lunga, parte 3 ***


— A-Sto arrivando! — Provò ad urlare, ma non uscì un suono tanto forte.
Riuscì a fatica e sporcandosi non poco di terra per riuscire dal canale. Per strada, una volta fuori, vide una lunga scia di sangue che portava alla gamba di Jin... Jin, che stava tenendo le mani insanguinate su Lex. Matt provò a correre verso di loro, ma cadde pochi secondi dopo.
— Matt, vieni, ti prego! — Incontrò gli occhi imploranti del medico e si fece forza per trascinarsi il più velocemente verso di loro. 
— C-Che cazzo è successo?! — Poi guardò al lato di Jin, per terra, e realizzò che il resto del machete era finito in sua sorella. — L'ho appena sfilato, Matt. — Il panico era tangibile. Quello con gli occhi verdi sollevò lo sguardo. — Z-Zombie! Guarda! 
Merda, merda, merda!, pensò Jin. — Devi mettere le mani qui, e devi fare pressione, tanta! Hai capito, Matt, tanta! — Lui annuì a fatica, ma il medico dubitò che in quello stato potesse aver afferrato tutto ciò che stava succedendo. Jin si guardò indietro e vide un paio di zombie avvicinarsi. Quel paio divennero tre o quattro pochi secondi dopo.
— Dobbiamo sbrigarci, Matthew, okay? — Jin, dolorante per la gamba, si sfilò la camicia e la annodò sulla ferita di Lex, sul busto, facendola passare da sotto. Questa si macchiò di sangue nemmeno a poggiarla. Lei giaceva priva di sensi sull'asfalto. Aprì gli occhi di cristallo per qualche secondo.
— M-Mat-th-
— Sh, sh, Lex, andrà tutto bene, ora-ora Jin ti farà stare meglio. V-vero, Jin? — Lui alzò lo sguardo, ma il medico non rispose. — Jin?!
— Dobbiamo portarla via, Matt, adesso. Quei cosi si avvicinano, non trovo la pistola e-e tua sorella...
— Sta bene! Posso portarla, okay, la posso prendere io.
— No, non possiamo portarla, morirebbe dissanguata! — Così come me... — Ci serve qualcosa di rigido su cui poggiarla e tu non sei in grado di tenerti in piedi... guardati la gamba! 
— Sto bene!
— Cerchi di convincere me o te stesso?! Matt, per lei... 
— NO! No, no, no, no, Lex, Lexie, riprenditi! — Mise le sue mani insanguinate sul volto diafano di sua sorella. Le labbra erano viola. — Al-Alex? Alexandra, svegliati! Lexie! 
— Matthew! Matthew, è-
— NON DIRLO, NON TI PERMETTERE! Non la lascierò mai mangiare da quei cosi, Jin, dobbiamo portarcela.
— Matthew! — Prese le sue mani dal volto di Alexandra e le strinse. — Matthew, guardami.
Spostò con la mano il suo volto, per far sì che intrecciasse il suo sguardo. Ora aveva il mento ed il collo sporco di sangue e quando mise la mano sulla sua guancia, si sporcò anch'essa.
— Dobbiamo lasciarla qui, altrimenti moriremo anche noi due. — Gli occhi marroni e verdi, ormai divenuti rossi per il gonfiore, di Matthew rimasero fissi in quelli marroni di Jin per qualche secondo, poi li strinse e il suo volto prese a rigarsi di lacrime. Lentamente si sollevò e diede una mano a Jin per appoggiarsi a sé, mentre zoppicava senza una gamba.
— Andiamo, entra in quel motel, Matt. — Disse, indicando la struttura poco più avanti.
— Pot-potrebbe esserci qualche zombie.
— Dobbiamo rischiare, la mia ferita si è riaperta e tu...


La porta di legno della stanza si spalancò dopo un calcio di Matt. Si avvicinò al letto e Jin si lasciò cadere lì, mentre l'altro richiudeva la porta e la bloccava con una sedia.
— Sembra non esserci nessuno, qui.
— Potresti andare a controllare? — Chiese Jin, sfilandosi la maglietta messa a mo' di bende per la gamba. Ah, cazzo se fa male.
Tornato dal bagno, Matthew si mise seduto sul letto accanto a Jin. — Come stai?
— Potrei stare meglio. Tu? Matt, mi dispiace tanto per tua sorella. — L'uomo lo guardò negli occhi come se stesse decidendo di dargli la risposta da stronzo o quella triste.
— Saremmo morti entrambi... — Rispose con la voce che gli moriva in gola. Jin gli annuì. Gli occhi erano infossati e ancora rossi. Si poteva notare l'ombra delle lacrime sulle sue guance, rimaste lì, come un tatuaggio indelebile in pieno volto. — Hai bisogno di qualcosa, — Matthew indicò la gamba. — per quella?
— Mi servirebbe dell'acqua e dobbiamo ancora trovare i medicinali e... — Sospirò e poi si mise una mano sulla fronte. — Matt, non so se posso continuare, non abbiamo niente ed ho perso ancora sangue, mi sento...
— Stai di merda, immagino come ti senti. Rimani qui, cerca di non morire, io andrò a cercare qualche merendina e dell'acqua... qui intorno dovrebbero esserci dei distributori e... approfitto per trovare qualche medicinale e qualcosa di pulito per la gamba. — Jin annuì e Matt si sollevò dal letto. Prima che potesse riaprire la porta, Jin disse: — Sta' attento e cerca qualcosa con cui proteggerti, okay? — Deglutì. —  E... attento all tua, di gamba. Ricordi di esserti ferito? — L'altrò annuì ed uscì fuori dalla stanza, richiudendosi la porta dietro le spalle. Davanti aveva il parcheggio e, voltandosi, vide qualche stanza con la porta già aperta. Non è un buon segno, ma almeno non devo scassinare niente.
Sospirò, quasi pregando di non trovare nessuno zombie, poi si incamminò, facendo ben attenzione a non poggiare il peso sulla gamba. Il sangue sembrava anche già essersi fermato, così come la ferita sulla mano. Diamine. Sto proprio di merda anche io.
Buttò uno sguardo su una stanza. C'era un letto disfatto, oggetti di vario genere sparti ovunque e l'immancabile sangue, che dipingeva di uno scuro scarlatto la moquette e le pareti. Entrò lentamente e si guardò attorno un paio di volte prima di entrare del tutto. 
Non c'era poi molto da vedere; le uniche due stanze erano quella e il bagno.
Pareva non esserci nessuno, questo lo fece stare un tantino meglio. Si piegò lentamente per vedere sotto il letto e notò un cacciavite. Non è il massimo, ma è efficace.
Lo prese e tirò subito fuori la mano, quando sentì la porta del bagno aprirsi. Si alzò di scatto, facendosi non poco male alla gamba, tanto che cadde all'indietro, sbattendo contro la porta.
Ah! Merda!
Sentiva quei grugniti che odiava. Vide strisciare verso di sé uno di loro e si preparò per prendere il cacciavite ma gli fuggì dalle mani, forse cadendo e lo zombie gli era praricamente ad un palmo dal volto.


Ah... stai a vedere che ho preso un'infezione, pensò Jin, cercando di tenere gli occhi aperti. Aveva davvero perso molto sangue e dubitava che sarebbe andato avanti per molto in questo stato. Si voltò di scatto sentendo un rumore nell'altra stanza. — Matthew? — Chiese ed ovviamente nessuno rispose. — Matt?! — Alzò il tono di voce. Fanculo!
Staccò la abatjour dal comodino vicino al letto e si alzò con non poca difficoltà da quest'ultimo. Barcollò fino alla porta e la riaprì. Era fuori.
— Matthew? — Appoggiato al muro, strisciò e saltellò fino all'altra stanza, dove la porta era aperta. La sua testa fece capolino e non vide nulla, se non uno zombie morto per terra.
Gli diede un calcio, ma non lo colpì: magicamente si ricordò che non aveva più il piede destro. — Matt, sei qui? — Gridò a bassa voce... il che fu inutile.
Quando la porta del bagno si aprì, Jin fu già in posizione d'attacco. Il battito accellerato cessò non appena incontrò il volto di Matthew. — Potevi rispondermi!
— Volevi uccidermi con una lampada? — Sollevò un sopracciglio. Jin la lasciò cadere, sospirando. — Guarda cosa ho trovato! — Matt richiuse la porta e una volta aperta, gli mostro una stampella. Jin gli sorrise. — Oh, grazie! 
— È un po' malandata, ma è sopravvissuta all'apocalisse: è un pezzo raro! — Jin sorrise al sarcasmo forzato di Matthew, ma almeno ci stava provando...
— Grazie. — Lui gliela passò e Jin se la mise sotto il braccio destro.
— Ho dell'altro. Un po' di merendine, qualche medicinale, tante bottigliette d'acqua, un cacciavite, qualche vestito pulito ed una borsa nuova che contiene tutto! — Annunciò, mostrandogli il borsone da palestra nero e verde militare. — Oh, anche del sapone. Magari hai voglia di lavarti. — Trattieni l'entusiasmo, Matthew. Andiamo nella nostra stanza ma... stai dicendo che puzzo?
— Ehi, non giudico. Mi sono annusato appena uscito, nemmeno io sono stato ricoperto di fiori tutto il giorno. — Disse, guardandosi le ascelle. — E comunque dovrei ripulire la ferita sulla mano e sulla coscia.
— Sì, ti aiuterò io per quelle, tranquillo. Ora andiamo dentro. E... spero ci sia dell'acqua; si sente che non sei stato ricoperto di fiori. — Matthew gli diede un colpetto dietro la testa uscendo dalla stanza ed entrando nella loro camera.
— Controlla se c'è l'acqua, io intanto vedo quali medicine ci sono. — Entrarono e Jin si rimise seduto sul letto. — Okay, ma mangia qualcosa prima, devi recuperare un po' di forze.
Jin annuì e Matthew si chiuse in bagno a controllare l'acqua. Il medico frugò nella borsa e non trovò nulla di particolarmente utile. Sospirò e cercò di vedere il lato positivo, prendendo una bottiglietta d'acqua e una barretta di cioccolata. Intanto l'altro uscì dal bagno già mezzo nudo, con un asciugamano a proteggergli le parti intime. Jin deglutì quando lo vide. — Qu-quindi con, ehm, con le ferite?
— Per tua informazione c'è l'acqua! È gelida... ma meglio di niente. — Si mise seduto accanto a lui. Jin faceva di tutto per non guardarlo affatto. Annuì ebetamente e sorrise ancora più ebetamente. Era nervoso. Fra me e il pene di questo tizio c'è soltanto un asciugamano. Logico.
— Ecco, guarda la mano. — La mise davanti a Jin e lui la esaminò. Mise la carta di plastica della barretta e la bottiglia d'acqua sul comodino e prese la sua mano. Era liscia e morbida, una bella mano, attraverso cui si vedevano le vene e le ossa, quando la muoveva.  — Non è profondo, sei stato fortunato. Quando andrai a fare la doccia, lascia la mano sotto il flusso per un po', se è gelida, tanto meglio.
— Oh, okay. — Ritirò la mano. — Ora potresti guardare quello sulla coscia?
— Su-sulla coscia? Sì... sì... sì, certo, fammi vedere. — Matt sollevò la maggior parte dell'asciugamano per mostrargli il taglio. Jin deglutì e lasciò cadere lo sguardo unicamente sulla ferita, contornato da pelle arrossata e coperta di peli. — Questa è più profonda, dovremmo controllarla meglio dopo che sarai uscito dalla doccia. Non metterci sapone, solo l'acqua. Lascia per un po' sotto il getto anche questa.
Se questo fosse stato un film porno vecchio stile a questo punto lo staremmo già facendo. E uno di noi avrebbe dei baffi folti.
— Grazie, Jin. È utile avere un medico nella squadra, anche se... adesso siamo soltanto noi.
— Starai bene, Matthew... — Jin mise la mano sulla spalla dell'insegnante. I due si guardarono intensamente negli occhi. Certe volte lo vedeva come un completo sconosciuto ed altre come se fosse l'unica persona di cui si fosse davvero mai fidato in tutta la sua vita dopo... sua moglie. — Credo che adesso dovrei... — Matt indicò il bagno e Jin annuì, riprendendosi dai suoi pensieri. — Oh? Sì, sì, dovresti proprio andare. — Matthew si sollevò ed entrò nel bagno. Jin sentì chiaramente che non chiuse la porta con la chiave.
Perfetto. Ora ce l'ho duro.
Quando Matthew riuscì dal bagno, pulito e profumato Jin si sentì un po' invidioso della sua gamba e un po' geloso di non essere quell'asciugamano stretta alla sua vita. Forse un po' più bassa non gli starebbe poi malissimo...
— Jin! — L'insegnante coi capelli corvini che splendevano ancora, bagnati, gli schioccò due dita davanti agli occhi assonnati. L'uomo scosse il capo. Non s'era mosso dal suo posto su letto; non aveva tutta la mobilità del mondo senza una gamba, dopotutto... almeno l'aveva presa bene, per quanto drastica era la situazione. — Adesso puoi andare a lavarti anche tu, ne avresti bisogno.
— Sì, non ho ancora imparato a volare, dammi un attimo per alzarmi ed andare... anche se non credo sia una buona idea bagnare la ferita e se entrasse del sapone farebbe un male cane.
Matthew si mise seduto sul letto, che cigolò, accanto a Jin. — Posso darti una mano.
— Dovrei spogliarmi per lavarmi, lo sai?
— Un medico timido? — Sorrise, prendendosi ironicamente gioco di lui.
— Non sono timido! Solo che...
— Oh, guarda che io non credo in quelle cose che si dicono, che gli asiatici hanno il-
— Ti prego, non continuare. — Jin sbuffò. — Ora ho più voglia di prima di essere nudo e lontano da te! — Più o meno...
— Scusa, davvero, non era mia intenzione... ma devi accettare il mio aiuto, non ce la farai da solo. — Matthew si sollevò dal letto e Jin fu combattuto fra il dirgli che forse vedeva un po' troppo attraverso l'asciugamano dell'altro oppure fare il bravo e continuare a guardare, ma questo avrebbe complicato non poco il fattore "fare la doccia nudo con uno che a malapena conosco, senza una gamba".
— Dai, 'Yu, aggrappati a me. — Gli disse, porgendogli la mano. Il medico scosse il capo leggermente prima di arrendersi e aggrappare la mano per l'aiuto. — Okay, facciamolo.
— Facciamolo! — Matthew rise e Jin capì immediatamente dopo che intendeva il doppio senso. Un trentenne col cervello di un dodicenne lo stava per aiutare a ripulirsi. Era tutto perfetto, giusto? Dopotutto il trentenne all'esterno non era nemmeno niente male.
Jin si sollevò, facendo una smorfia di dolore. — Piano, tranquillo. Ci sono io, appoggiati a me.
Il medico capì finalmente cosa significava essere un paziente e quanto imbarazzo c'era per ... niente, ma non poteva farne a meno. Si sentì debole, incapace e per la vera prima volta realizzò di non avere una gamba, oltre il dolore e ancora la sensazione di muovere le dita dei piedi.
Insieme, passo dopo passo, arrivarono in bagno e Matt lasciò la porta aperta: non c'era pericolo che qualche vicino li vedesse, effettivamente. Lasciò con una mano il medico e aprì la porta vetro della doccia. — Entra, ti spoglierai lì dentro e poi porto io i vestiti e la scarpa fuori, tranquillo.
Jin lasciò trapelare una risata breve. — Cosa c'è? — Matt e Jin entrarono insieme nell'angusto vano doccia e tirò un sospiro, per poi spostare lo sguardo sul sorriso perfetto di Jin.
— La scarpa. È una soltanto. — Matthew annuì. — Sì... mi dispiace, tan-
— Va bene, io ho perso una gamba, non mia sorella. — Il volto di Matthew si oscurò e Jin comprese di aver detto una stronzata. — Mi dispiace.
— Tranquillo, non parliamone. Ora, ora pensiamo a ripulirti per bene. Aggrappati a me e levati la maglietta, piano. 
Jin non rispose e fece come il maestrino comandò, sfilandosi con non poca difficoltà l'indumento. Questa situazione non è sexy come mi aspettavo. Non so se è un bene o un male.
— Okay. — Matt prese la maglia e la lanciò semplicemente fuori. — Ora i jeans, fa' con calma.
Jin stava armeggiando con le mani mentre l'altro lo teneva per il busto. Quasi i loro corpi erano attaccati, dato lo spazio che veniva a mancare. Jin sentiva il respiro caldo e regolare di Matt sulle clavicole e così l'altro per il suo, di respiro.
— Merda! — Jin spostò la schiena e colpì l'interruttore per aprire il flusso d'acqua ed i due vennero bagnati dal getto freddo e si scatenò un po' di panco. Con una mano, Matt sfilò violentemente i jeans e i box e quasi per ironia della sorte, l'asciugamano "stretto" alla vita di Matt venne meno. Oh. Bene.
Jin sentiva il dolore dell'acqua che gli bagnava la ferita alla gamba, ma in quel momento, con i due ansimanti, nudi e bagnati, che si guardavano negli occhi, stretti l'uno all'altro per non permettere che Jin cadesse... non gli interessava. Rimasero fissi nei loro occhi senza pensare a nulla, erano immobili e l'acqua stava facendo la maggior parte del lavoro, ripulendo Jin e riripulendo Matt.
Poi, senza che nemmeno se ne accorse, l'insegnante mise con una mano il sapone sulla testa di Jin, sorridendo. — Strofina, io penso al... al resto.
— Matthew io non sono gay! — Lo fermò e si rese subito conto di aver fatto un'altra stronzata. Più grande della prima. L'altro annuì. — Certo, lo so, eri sposato con una donna.
— Sì, e il bacio er-
— Per ringraziarmi. Ho capito. Volevo solo darti una mano. — Nonostante quello che rispose, Jin sapeva perfettamente di averlo ferito. — P-puoi tirarmi fuori? Mi fa male la gamba. — Chiese, senza incontrare lo sguardo dell'altro. Matthew gli passò una mano fra i capelli, rimuovendo gli ultimi eccessi del sapone e richiuse l'afflusso dell'acqua. — Certo.

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