Rimpianto
RIMPIANTO
NOTA:
questa one shot è basata sulla puntata “La
capitana”
della serie SSX; alcune frasi e situazioni sono quindi riprese dalla
trama originale di questo anime. Questo personaggio mi incuriosisce,
perché nell’anime è chiaro che nel
passato ha avuto qualche
legame forte con Harlock, lavoravano insieme ma a me è parso
che ci
fosse qualcosa in più… visto poi come va a
finire, ho pensato che
tra di loro ci fosse stata una storia d’amore.
Ringrazio
di cuore la mia amica, nonché bravissima autrice e
disegnatrice,
Angel Of Fire, per avermi dato preziosi consigli su alcune parti
della fic, e degli utili suggerimenti per la stesura della stessa.
Buona
lettura!
MiciaSissi
Da
tanti anni, ormai, non pensava che l’avrebbe mai
più rivisto; lui
era sempre nei suoi pensieri, anche adesso che era passata dalla
parte di quelli che molti definivano dei nemici, e non degli alleati:
gli Illumidas.
E
poi quell’incontro inaspettato su quel pianeta, che
l’aveva fatta
fremere, ma che l’aveva anche spaventata, perché i
sentimenti non
erano cambiati, nonostante tutto. E rivederlo era stato come ricevere
una pugnalata nel petto… Quella sera si erano ritrovati a
cenare
insieme, con alcuni suoi compagni, il capo ingegnere
dell’Arcadia,
Tochiro Oyama, e un ragazzino del suo equipaggio. Entrambi avevano
chiacchierato per quasi tutta la cena, mentre Harlock era rimasto
abbastanza silenzioso davanti a lei. E quando Tochiro e il giovane se
n’erano andati per sbrigare una faccenda, loro due erano
rimasti
soli, al tavolo vicino alla grande vetrata del ristorante. Leotard
non riusciva a staccare gli occhi da lui: aveva quella divisa da
pirata, che non aveva ben pensato di nascondere, con le maniche
arrotolate sugli avambracci, forti e vigorosi, segnati da qualche
cicatrice. Harlock era un guerriero, lo era sempre stato, e quella
pelle segnata gli conferiva un’aria ancora più
affascinante e
decisa, denotava che era un combattente che non si sarebbe fermato
davanti a nulla. Così com’era stato in passato e
com’era ora con
la sua nave pirata.
-
Ti sei sposato, Harlock? – Gli chiese, sorseggiando del vino.
Lui
posò il piccolo bicchiere che si era appena portato alle
labbra –
no… la donna che dovevo sposare, Maya, è morta
alcuni anni fa,
quando decisi di disertare – rispose, alzando lo sguardo
– persi
lei e un occhio nello stesso periodo –
-
Mi spiace, Harlock… non hai avuto neanche tu una vita
facile, vero?
– Mormorò, scoraggiata, posando il bicchiere che
aveva in mano.
-
La vita che faccio l’ho scelta io, non ho rimpianti, Leotard.
Ma
forse tu sì – rispose con voce ferma.
Lei
distolse lo sguardo e fissò attraverso la vetrata, che
però le
rimandava l’immagine di lui.
-
Sai, dopo la sconfitta in cui persi la mia nave lasciai
l’esercito…
sono diventata un corpo senz’ anima, tu invece hai continuato
a
seguire i tuoi ideali – ammise con amarezza.
-
Sì, non ho mai rinunciato a seguire quello che sentivo nel
mio animo
–
Leotard
si voltò – non ha senso, Harlock, quello che hai
fatto non ha
senso, quello che sei diventato non lo potrò mai capire
– rispose
con voce dura.
Lui
sorrise, sarcastico – sempre meglio che diventare un corpo
senz’anima, Leotard – si alzò dal tavolo
e la salutò – addio,
torno alla mia nave –
Leotard
lo seguì con lo sguardo, la schiena ritta nella divisa nera,
i
capelli sempre folti e ribelli come tanto tempo prima, come quando si
erano conosciuti e amati…
7
anni prima
Leotard
accarezzava piano il petto scoperto di Harlock, stesa al suo fianco
nella cabina appena illuminata da una candela accesa. Ad Harlock
piaceva la luce tenue e calda delle candele, non amava molto le luci
artificiali che era costretto a vedere tutto il giorno, a bordo
dell’astronave che comandava. E nella sua ampia cabina
preferiva
usare quelle alla sera e durante la notte.
L’uomo
dormiva profondamente, ma Leotard, nuda nel suo letto e stretta a
lui, non riusciva a chiudere gli occhi. Gli accarezzava piano il
petto ben modellato, glabro e liscio, interrotto solo da una piccola
cicatrice vicino alla spalla. Non riusciva a dormire perché
doveva
trovare il coraggio di dirgli quello che aveva deciso, e che avrebbe
per sempre cambiato la sua vita, la loro vita.
Era
da alcuni mesi imbarcata sulla nave di Harlock, una nave militare
della Federazione Terrestre, la Death Shadow, che lui comandava
già
da alcuni anni nonostante non fosse ancora trentenne. Era stata
orgogliosa di prestare il suo lavoro come primo ufficiale
dell’
ammiraglia, comandata proprio da lui, da un uomo che tutti sapevano
avere grandi doti di comando e di stratega. Ma ben presto
quell’ammirazione professionale si era tramutata in passione
e poi
in amore, e Leotard era diventata la sua donna dopo poche settimane
da quando aveva iniziato a lavorare al suo fianco.
Ma
adesso doveva parlargli, dirgli quello che aveva deciso… e
non era
facile, perché non aveva smesso di amarlo, e sarebbe stato
difficile
per entrambi affrontare quello che doveva rivelargli. Attese che si
svegliasse, e quando si girò verso di lei per abbracciarla e
baciarla, Leotard lo strinse forte a sé, poi lo
guardò
intensamente.
-
Cosa c’è ? – Mormorò Harlock,
i capelli spettinati e lo sguardo
sonnacchioso. Si accorgeva sempre quando c’era qualcosa che
non
andava, anche se si era appena svegliato.
Leotard
si sciolse dal suo abbraccio e si mise seduta, tirandosi il lenzuolo
contro il seno e rannicchiandosi con le gambe contro al torace, come
per proteggersi – Devo dirti una cosa, Harlock…
avrei dovuto
farlo già da due giorni, ma ho trovato solo ora il coraggio
–
disse, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé.
Harlock
intuì che era qualcosa di importante e si mise seduto
anch’egli –
è così grave? – Chiese, accarezzandole
un braccio.
Leotard
si voltò verso di lui, bello e serio alla luce della candela
quasi
consumata – sì… l’Alto
Comando mi ha offerto di diventare il
capitano della Belle Blue, e io… ho accettato –
La
frase rimase come sospesa nel vuoto; Harlock staccò la mano
dal suo
braccio. Sapevamo entrambi quello che significava: non si sarebbero
più visti, avrebbero comandato navi stanziate in settori
spaziali
differenti e con compiti differenti, le loro vite si sarebbero
separate per sempre. Durante quel periodo passato insieme, sulla
stessa nave, Leotard aveva avuto dei dissapori professionali con lui,
il quale spesso faceva fatica a seguire gli ordini, spesso assurdi,
che gli venivano imposti dall’esercito, asservito agli
Illumidas.
Aveva compiuto alcune missioni al limite del suo grado di capitano,
ignorando alcuni divieti e aiutando molti profughi, nonostante gli
fosse stato sconsigliato dai suoi superiori. Per lei era
inconcepibile agire così, l’esercito era la sua
vita e ubbidire a
qualsiasi ordine era sempre stata la sua legge, così come lo
era
nella sua famiglia.
-
Non sono stato informato di questo… cambiamento –
commentò,
stupito. Come suo superiore il Comando avrebbe dovuto avvisarlo
subito di quella decisione sul suo equipaggio. Poi capì
– è stato
tuo zio, vero? –
Leotard
annuì; la sua famiglia era potente, suo zio era il
comandante
dell’esercito terrestre, e sua madre era un ammiraglio della
flotta
stanziata in quel settore. Era bastata una sua richiesta per tenere
segreta la cosa.
-
Perché non ne hai comunque parlato con me, prima?
– Chiese lui.
-
Perché avevo paura di cosa mi avresti risposto, di non avere
più il
coraggio di accettare – sussurrò Leotard, i lunghi
capelli scuri
che le ricadevano ai lati del viso tirato. Harlock sapeva che mirava
a diventare comandante di astronave, aveva studiato duramente e aveva
fatto una lunga gavetta prima che il Comando le offrisse quel posto
che tanto anelava. La sua era una famiglia di militari di alto rango,
e una parte di lui capiva la sua scelta.
-
Quando prenderai servizio sulla Belle Blue? –
Domandò con voce
atona.
-Tra
tre giorni… domani credo ti arriverà la
comunicazione ufficiale di
accompagnarmi alla base spaziale B678 e di scegliere il tuo nuovo
primo ufficiale – spiegò, spostando lo sguardo da
lui.
Harlock
scostò il lenzuolo e si alzò,
attraversò la cabina, nudo, e si
mise i boxer appoggiati lì vicino.
-
Harlock… lo so che non ha senso chiederti perdono, ti chiedo
solo
di capirmi – disse Leotard, stringendo il lenzuolo contro il
seno.
L’uomo
la fissò – voglio rispettare la tua decisione,
Leotard, in fondo
questa è l’occasione che attendi da una vita, no?
E nella vita
spesso bisogna prendere delle decisioni molto dolorose, ma bisogna
anche avere il coraggio di seguirle. E tu lo hai fatto, sei rimasta
coerente con te stessa -
-
Harlock… - mormorò lei, commossa dalle sue
parole. Harlock era
sempre stato un uomo giusto, onesto, rispettoso di tutti e tutto, e
lo stava dimostrando anche questa volta. Era un uomo raro, un uomo
che aveva ben poco da spartire con il governo corrotto e subdolo a
cui doveva ubbidienza.
E
così tre giorni dopo se n’era andata, salutata
ufficialmente
dall’equipaggio mentre Harlock, con la divisa rossa e
immacolata,
che esaltava la sua figura prestante e vigorosa, restava ritto sul
ponte di comando e la osservava in silenzio.
Mentre
lasciava l’ammiraglia, Leotard aveva avuto la brutta
sensazione di
star facendo lo sbaglio più grande della sua esistenza;
eppure stava
per iniziare la vita che aveva sempre desiderato, essere il capitano
di una nave tutta sua.
Ma
quella sensazione, nel corso dei due anni che seguirono, era stata
premonitrice; al fianco dei suoi successi professionali come
capitano, anche l’insoddisfazione per la propria vita
personale,
per aver perso Harlock, erano cresciute in modo esponenziale. Si era
resa conto che l’amore per lui non l’abbandonava,
aveva avuto
altri due uomini ma tutto era finito molto presto. Voleva tornare da
lui, la vita che tanto anelava le sembrava ora senza senso, se non
poteva vivere con un uomo come Harlock.
Aveva
chiesto così di essere di nuovo assegnata alla nave
ammiraglia,
accettando un ruolo anche di minor grado pur di tornare da Harlock;
ma quando aveva saputo che l’uomo che tanto amava aveva
disertato,
lasciando la flotta militare terrestre asservita ormai agli
Illumidas, e diventando un pirata, il mondo le era crollato addosso.
Lo
aveva perso per sempre, lei non avrebbe mai potuto opporsi al governo e
agli Illumidas, diventando una fuorilegge, non ci sarebbe mai
riuscita.
Così
aveva cercato di dimenticarlo, di buttarsi di nuovo sul suo ruolo e
sul suo lavoro, fino a diventare il braccio destro del capo delle
forze Illumidas nel Sistema Solare. Era diventata una donna dura,
disperata e spietata, era come impazzita… e aveva deciso di
passare
dalla parte del più forte, per sentirsi ancora viva, per
sentirsi
utile, per sentirsi qualcuno: era passata dalla parte di quelli che
Harlock adesso considerava nemici, accettando di far parte a tutti
gli effetti del loro esercito. Era l’unico modo che aveva
trovato
per soffocare dentro di sé la disperazione che provava, e
che ancora
urlava dentro di lei, per aver lasciato Harlock.
L’aveva
rivisto il giorno dopo; aveva tentato di far sabotare la sua nave, ma
Harlock l’aveva scoperto e aveva ucciso l’ufficiale
Illumidas, il
quale insieme a lei, stava per giustiziare a sangue freddo il
meccanico che aveva riparato un pezzo importante del motore
dell’Arcadia.
Ormai
erano nemici, e di questo sia Leotard che Harlock ne erano
consapevoli; i dissapori che li avevano divisi durante il loro
passato di coppia, sugli ordini da eseguire per conto degli
Illumidas, alla fine li avevano portati a quello.
-
Vieni fuori! – Esclamò Harlock verso la donna che
aveva amato,
incitandola a uno scontro decisivo.
Leotard,
avvolta in una lunga mantella scura, lo seguì
all’esterno della
povera casa del meccanico e di sua moglie, sotto la pioggia
scrosciante dell’improvviso temporale.
Harlock
estrasse la sua spada laser, con il lungo mantello rosso e nero che
si muoveva nel vento freddo: era bello e fiero, serio e triste.
Leotard si tolse la mantella, rivelando di indossare la sua vecchia
divisa di capitano della Belle Blue, la sua nave che aveva perso in
una battaglia.
Sarebbe
stato un duello che andava ben oltre lo scontro tra due persone; era
lo scontro tra due ideali, tra chi si era piegato al nemico potente,
per sentirsi ancora vivo, e chi invece aveva fatto della lotta contro
quel nemico la propria bandiera di libertà.
Leotard
si scagliò contro di lui, e duellarono sotto la pioggia; la
spada
della donna ferì Harlock al fianco, ma aveva controllato
l’arma in
modo da non provocargli danni. Non sarebbe mai riuscita a ucciderlo,
ma voleva che lui capisse quanto stava sbagliando con quella vita che
aveva deciso di portare avanti. Ma era proprio così? Chi
stava
sbagliando? Chi si sentiva un corpo senz’anima, chi aveva
tradito
il proprio popolo? Era questo che Harlock ora rappresentava: era la
sua sconfitta, era la prova che aveva sbagliato tutto.
Lui
la costrinse contro un albero, mentre il temporale infuriava, e le
posò la lama alla gola; Leotard non poteva fare nulla,
Harlock
l’aveva vinta.
Ma
Leotard sapeva che cosa doveva fare, come avrebbe potuto mettere fine
a quello strazio, come avrebbe potuto smettere di soffrire per le
proprie scelte. Sapeva che dopo quell’ultima missione non
sarebbe
più stata capace di collaborare con gli Illumidas, ma non
poteva
tornare indietro, aveva perso Harlock tanti anni prima. E se doveva
venir giustiziata per aver fallito quell’incarico, preferiva
morire
in altro modo, combattendo contro di lui.
Alzò
il braccio che reggeva la spada, e due lacrime le scesero lungo le
guance, nascoste dal casco militare che indossava, mentre un fulmine
scendeva su di lei e si scaricava sulla punta acuminata dell’
arma,
fino ad arrivare al suo cuore.
F
I N E
Testo
di: MiciaSissi
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di
Leiji
Matsumoto. Questa storia è stata scritta senza scopo di
lucro.
Qualsiasi cosa inventata in questa fic sono copyright dell'autrice e
pertanto ne è vietata la sua riproduzione totale o parziale
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