The crazy girl with a cotton candy heart

di _Nerdfighter_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** They call me Cry Baby. ***
Capitolo 2: *** Dollhouse ***



Capitolo 1
*** They call me Cry Baby. ***


                                           They call me

                             
                                          
 

"Più andavo avanti, più credevo che non ci sarebbe mai stato qualcuno a questo mondo in grado di comprendermi per davvero. Questa é stata la più vera e profonda tristezza, almeno nel mio caso: mi sono sentita come un giocattolo che nessuno vuole, buttato da tutti in un angolino perché è difettoso, ha una parte colorata diversamente, o è semplicemente meno carino degli altri. Mi sono sentita inutile, come se al mondo non esistesse un posto adatto a me. Credevo che non avrei mai e poi mai visto la fine di questo tunnel ripetitivo, deprimente, quasi noioso.
E invece, compari tu.
"
 


"Ragazzi, vi prego di accogliere un ragazzo che si è trasferito qui da poco, nonché vostro nuovo compagno di classe: prego Johnny, entra pure."
Melanie alzó pigramente la testa, gli occhi ancora rossi e irritati per le innumerevoli lacrime versate da poco. Avrebbe voluto smetterla di sembrare così debole, di piangere ogni volta che qualcuno la attaccava, ma non ci riusciva mai, nemmeno una volta. Piangeva così tanto che c'era chi ormai non la chiamava più neanche "Melanie", "Mel", o qualsiasi altro nomignolo simile, ma direttamente "Cry Baby", "Piagnucolona". Persino gli insegnanti, abituati a sentire continuamente quel ridicolo soprannome, a volte commettevano un lapsus e la chiamavano proprio così, per poi accorgersi dell'errore commesso e correggersi all'istante. Anche se non lo dimostravano provavano pietà per quella ragazzina derisa da tutti, tant'é che non poche volte avevano tentato di cercare un confronto con la famiglia di Melanie; i genitori di quest'ultima però non volevano ammettere che la loro bimba stesse male, costringendo lei stessa a dire che non era nulla di grave. In realtà non c'era poi un così grande bisogno di obbligarla a dire che non era nulla di importante, perché la ragazzina la pensava davvero così: era vero che piangeva quando si sentiva attaccata, ma non le importava davvero di questo, o di come i compagni avevano deciso di chiamarla. La cosa che bruciava davvero per il suo cuore innocente, troppo grande e buono per quel corpo minuto e snello che si era ritrovata, era il fatto che si sentisse sola. Sin da piccola, forse addirittura ancor prima di nascere, era stata una di quelle poche persone capaci di sostituire la testa con il cuore, e di seguire tutto ciò che esso le suggeriva di fare. Purtroppo, ciò le causava non poche difficoltà: se una volta era riuscita ad avere qualche amico, adesso non ne aveva neanche uno; "Non sei tu, sono loro" si diceva, nei momenti in cui ripensava a tutte le persone che finora l'avevano abbandonata, senza badare alle conseguenze delle loro azioni. Non smetteva di credere di avere ragione, nonostante il rimpianto di essere rimasta da sola: il suo era un animo docile, debole ma incredibilmente forte allo stesso tempo, infinitamente sensibile; animo che però nessuno era, è e probabilmente sarà mai in grado di comprendere a fondo.  
Così, quando Melanie aveva sentito dell'arrivo del nuovo alunno, non si era sorpresa più di tanto; per lei, un nuovo compagno di classe significava solamente una persona in più da cui sarebbe stata presa in giro; si asciugò quindi nuovamente gli occhi con un fazzoletto preso dalla tasca, quasi annoiata dalla notizia dell'arrivo di quel tale, Johnny.
Non avrebbe mai, mai e poi mai immaginato che da quel giorno la sua vita sarebbe completamente cambiata.
Se aveste chiesto alla nostra Cry Baby come si immaginava il ragazzo, lei vi avrebbe risposto con un:"Molto probabilmente basso, grassoccio, capelli e occhi castani", certa della sua risposta; dopotutto, ogni ragazzo che lei aveva visto in vita sua, sia in televisione che dal vivo, poteva essere considerato tutto tranne che affascinante. Al contrario di ciò che pensava, non esisteva descrizione più sbagliata del nuovo arrivato. Quest'ultimo era alto, dalla corporatura snella ma non esile, dai capelli color ebano e un paio di occhiali neri dalla montatura rotonda, che lasciavano intravedere dietro a delle sottili lenti degli splendidi occhi verde prato, la cui peculiarità era una leggera sfumatura dorata che solo un attento osservatore avrebbe potuto notare. E Melanie? Eccome se l'aveva notata, la sfumatura, e non solo quella. C'era qualcosa in quel ragazzo che la attirava inspiegabilmente, le intrappolava lo stomaco in una morsa che non le lasciava scampo e le toglieva ogni possibilità di proferir parola. "Mah, sarà perché ho fame", pensó. Non se ne accorse, ma i battiti del suo cuore aumentavano di secondo in secondo, per non parlare della voglia della ragazza di avere vicino quel Johnny, di stringerlo a sé in un caldo abbraccio e non lasciarlo più. "Melanie, per l'amor del cielo, smettila di essere così ridicola" si disse, alzando gli occhi al cielo. "Certo che la fame fa brutti scherzi, eh?"
Mentre era assorta nei suoi pensieri, non si era accorta della professoressa che invitava il nuovo arrivato a presentarsi agli altri, e non fece caso alle sue parole nemmeno quando invitó il ragazzo a sedersi proprio vicino alla nostra protagonista, in quanto il banco accanto al suo era l'unico a non essere mai stato occupato, quell'anno. E per dirla tutta, l'ultima volta in cui qualcuno ci si era seduto era stata due anni prima. Quindi, fu una vera sorpresa per Melanie ritrovarsi quel ragazzo affascinante accanto a sé. "Che diamine, Cry Baby si è beccata il figo!" "Andiamo, credi davvero che avrà la decenza di parlarle? Chiederà di cambiare posto non aprirà bocca! O meglio, quando aprirà il pacchetto dei fazzoletti!" Sbuffó alle battute dei compagni dietro di lei, e continuó a tenere il suo sguardo incollato sul suo nuovo compagno di classe. "Cry Baby? Piangi davvero così tanto?" Disse lui non senza un sorrisetto, che lasciava intravedere una piccola fossetta vicino al labbro inferiore. Melanie abbassó la testa, cercando di nascondere il rossore delle sue guance, che ormai sembravano avvampare come fiamme. "Più o meno..." Lui le rivolse un piccolo sorriso che esprimeva sincera simpatia, e le diede un leggero buffetto sulla guancia. "Non farci troppo caso, e sorridi un po' di più, dai!" Una frase pronunciata quasi come un sussurro, che però era riuscita comunque a rasserenare la ragazza, la quale era ormai diventata di un intenso rosso porpora.  "Ecco, così. Hai un sorriso meraviglioso, sai?"


Le ore restanti erano trascorse molto, troppo in fretta per i gusti di Melanie. Il suo compagno non solo era capace di farla ridere, ma rispondendo spesso -correttamente- alle domande dei professori si era anche dimostrato un alunno diligente e intelligente. Il ragazzo perfetto, insomma.
E intanto il suo cuore diventava sempre più grande, i battiti di questo aumentavano, mentre l'organo si preparava ad accogliere un sentimento che la nostra Cry Baby non aveva mai provato prima: l'amore.




Ehilà, people!
Che dire? Spero vi sia piaciuto il primo capitolo di questa storiella ^^ So che è corto ma i prossimi saranno più lunghi, promesso. Fatemi sapere che ne pensate, qualsiasi critica è accettata! (Purchè sia costruttiva e non piena di offese, obv).
Una zolletta di zucchero dalla vostra _Nerdfighter_!

P.S.: Nel caso vi siate chiesti da dove ho preso quella citazione (?) sotto la gif di Melanie: è giusto una cosetta che fa parte di un papiro che ho scritto alla mia crush *fugge in un angolo*

 

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Capitolo 2
*** Dollhouse ***


Welcome to the

"E smettessero di dirmi cosa fare, dove, quando, come farlo. Che c'è, perchè mi guardate così? Ah sì, è vero, anche voi credevate che fossi così. Mi credevate una persona responsabile, carina, comprensiva con tutti, illimitatamente paziente. Ma adesso avete scoperto che non è così, e quindi? Non provate neanche a pensare di conoscermi, voialtri, io sono la prima a non capire niente di quello che succede nella mia vita."



La casa era gigantesca e circondata da un giardino, con tanto di qualche cespuglio tagliato con la precisione di un orologio svizzero; il tutto dava un'idea di perfezione, lusso a non finire. Per non parlare poi della famiglia che lì risiedeva: Darren Washington, quarantenne laureato in giurisprudenza e avvocato noto per la sua velocità nel far risolvere i processi; Emily Winter, casalinga modello, invidiata da tutti per la sua bellezza e affabilità; Lewis, il figlio perfetto, dalla pagella eccellente quanto il suo modo di fare da gentiluomo; infine, la nostra Melanie, ragazzina adorabile ma incompresa.
In tutto il quartiere non sembrava esserci famiglia più rispettabile degli Washington. Ma nessuno aveva mai provato nè voluto sbirciare e scoprire cosa c'era davvero, all'interno di quelle mura bianche come neve.
"Mamma, sono a casa!" Varcata la soglia, Melanie si guardò intorno: dinanzi a lei non c'era nessuno, ma sapeva benissimo che suo fratello era a casa; dopotutto, la puzza di fumo si faceva più intensa di minuto in minuto. Vedendo che in soggiorno la madre non c'era, provó in camera da letto; non avrebbe mai dovuto farlo, perché dall'altro lato della porta s'intravedeva uno spettacolo che la nostra Cry Baby non si sarebbe mai sognata di vedere, né tantomeno avrebbe voluto guardare: suo padre che, come al solito, baciava la solita bella e giovane donna, trovata probabilmente per strada o in uno di quei locali che Darren era solito frequentare. Per poco Melanie non fu assalita da un conato di vomito, e distolse in fretta lo sguardo da quella visione pietosa.  
Ma dopotutto, perché si sorpendeva così tanto? Le avventure di suo padre erano una cosa a cui persino sua madre sembrava essersi abituata, cosa che però la famiglia cercava di nascondere, un po' come una persona obesa che, giocando a nascondino, si nasconde dietro un palo spesso quanto il suo braccio.
Nonostante ciò cercavano di mantenere un'apparenza immacolata, convinti del fatto che nessuno potesse mai venire a sapere di ciò che accadeva nella loro casa. Ma chi volevano prendere in giro? La gente bisbigliava, chiacchierava, poco ci mancava che lo urlasse ai quattro venti. Tutti sapevano tutto -o quasi- e non dicevano niente, per un semplice motivo: gli Washington erano una delle famiglie più benestanti del quartiere, e non c'era abitante della zona che dovesse loro ancora un debito. O forse due.
Fatto sta che, se qualcuno avesse detto apertamente come stavano le cose, non poche persone sarebbero state rovinate. Così i vicini continuavano a fare la parte degli invidiosi, gli Washington quella degli immacolati e tutti vivevano felici e contenti. O quasi.
Dopo la scenetta vomitevole appena vista, Melanie si diresse in cucina, convinta del fatto che la madre si trovasse lì; e in effetti, non si sbagliava: ad un angolo del tavolo, in lacrime, siedeva un'ubriaca Emily che agitava una bottiglia di bourbon come una forsennata, sussurrando parole incomprensibili che sembravano far parte di una cantilena. La povera Cry Baby alzò gli occhi al cielo, quasi tentata dall'idea di abbandonare tutto e tutti e scappare in un posto lontano, in cui vivere in tranquillità da sola. Va bene, non proprio da sola: avrebbe chiesto a Johnny di accompagnarla e avrebbero vissuto insieme per l'eternità.
La ragazzina scosse leggermente la testa, interrompendo all'istante le sue fantasie; non era di certo né il luogo né il momento adatto a pensare cose del genere.
"Mamma riprenditi, ho bisogno di te" disse la ragazzina scuotendo leggermente la madre, e tentando di levarle la bottiglia dalla mano. Emily però ritrasse il braccio, non volendo staccarsi da quella che ormai era diventata la sua unica consolazione.  Quello dell'alcolismo era un circolo vizioso, che non si decideva mai a lasciarla libera: Darren tradiva la moglie, quest'ultima tirava fuori la sua adorata fiaschetta di whiskey e se la scolava tutta, finché non ne restava neanche una goccia. Era iniziato tutto con un semplice bicchierino al bar bevuto per dimenticarsi, anche per un solo attimo, di tutti i problemi che la tormentavano. Dal bicchierino la donna era però presto passata al boccale, e da questo era passata altrettanto in fretta al bere direttamente dalla bottiglia.
Cercò quindi di bere un ultimo sorso dalla sua amata bottiglia di bourbon, per poi constatare tristemente che l'aveva già vuotata fino all'ultima goccia. Sconsolata, la buttò pigramente da qualche parte della cucina, senza neanche badare a dove cadesse. Melanie trasse un bel respiro, e tentò per la seconda volta di far ragionare la madre. "Mamma, ti prego. Papà é di nuovo con una di quelle, e Lewis sta ancora fumando marijuana, non senti che puzza terribile? E oggi dobbiamo anche fare le foto con i nostri amici, ricordi?" Le foto. Giusto. Ogni anno agli Washington toccava posare con dei vicini, i Colfer, come ricorrenza in occasione delle feste in arrivo. La povera Emily non si era affatto scordata di quell'appuntamento annuale, ma non voleva affatto andarci, per due motivi. Innanzitutto, era stanca: fisicamente, emotivamente, psicologicamente. Era stufa dei soliti tradimenti, dello sguardo sprezzante che le rivolgeva il marito -se si degnava almeno di guardarla, ovvio-, e anche del badare sempre e comunque ai propri figli, senza dedicare a se stessa neanche un briciolo del suo tempo. Anzi, più che badare ai propri figli si dispiaceva di più per il fatto che ultimamente non svolgesse quasi per niente il ruolo di madre; ormai i ragazzi si preparavano il cibo e utilizzavano la lavatrice da soli, mentre lei e il marito facevano tutt'altro.
Si sentiva quindi stanca, ed incredibilmente inutile.
Il secondo motivo per cui non voleva andare al ritrovo con i Colfer era piuttosto semplice: non li aveva mai sopportati, tutto qui. Li trovava irritanti, chiacchieroni e avidi di denaro; per quale altro motivo avrebbero deciso di organizzare un ritrovo cui avrebbe partecipato una famiglia così prestigiosa come quella degli Washington? Scosse quindi la testa, e cacciò la figlia dalla stanza con un leggero cenno della mano. Quella però non demorse, e insistè nell'andare dai Colfer. Melanie doveva pur trovare un modo per distrarre la madre dall'angoscia di cui si circondava, no? Stanca della sua insistenza, Emily annuí, e andò a darsi una ripulita.

"Ma che modi sono questi! Melanie, mettiti vicino a tuo fratello, su. Non vuoi forse fare la brava sorellina? E sorridi, dai, non siamo mica ad un funerale!" Tutti ridevano, tranne una persona in particolare: la nostra Cry Baby, ovviamente. Si avvicinò al fratello e sfoggiò un sorriso palesemente finto, in attesa che tutto ciò finisse. Il rumore del flash scattò, e la ragazzina non seppe se tirare o meno un sospiro di sollievo: era vero che quell'appuntamento stava giungendo al termine ma era anche vero che, una volta arrivati a casa, sarebbe tornato tutto come prima. Suo padre avrebbe continuato a farsi baciare ovunque da donne pressoché sconosciute, sua madre avrebbe continuato a bere non appena avrebbe visto una chiazza di rossetto su una camicia del marito, suo fratello avrebbe continuato a fare uso della sua adorata cannabis e lei, la piccola ma grande Cry Baby, avrebbe continuato ad essere una persona infelice. Non avrebbe mai avuto la possibilità di ammetterlo apertamente, ma avrebbe dato tutto l'oro del mondo in cambio di una famiglia normale, felice.  
La colse un improvviso impulso di pianto, a cui però riuscì a resistere; continuò quindi a sorridere alla famiglia e ai vicini, fingendo che fosse tutto perfetto.
O quasi.

 

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