Miraculous Heroes 2 di Echocide (/viewuser.php?uid=925448)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 1.589 (Fidipù)
Note: Buon anniversario, Miraculers! Ebbene sì, oggi è un anno
esatto da quando andava in onda la prima puntata di Miraculous Ladybug!
Auguri! E, in questo giorno (giuro, non l'ho fatto apposta!), eccomi qua a
postare il primo capitolo di Miraculous Heroes 2. Non so voi, ma io
sentivo terribilmente la mancanza di Adrien, Marinette e il gruppo di
Miracolati (nel senso che in Miraculous Heroes hanno salvato per miracolo
Parigi) che ruota attorno a loro.
Bene, bene. Questo primo capitolo è più di presentazione che altro e serve
a introdurre la figura di un nuovo personaggio (Sì, siccome avevo pochi
personaggi da muovere, ho pensato di mettere nuova gente a giro per il
mondo. Son brava, eh?) e quella del cattivo: ragazzi e ragazze, salutate
Maus (che in tedesco significa Topo).
Ovviamente, fatemi sapere che ne pensate!
E niente, vi lascio direttamente al capitolo!
La
calura estiva aveva stretto Parigi nella sua morsa, facendo aumentare
notevolmente le temperature e portando i parigini a cercare refrigerio
ovunque: le rive della Senna si erano popolate di bagnanti che, sognando
il mare lontano, si accontentavano del surrogato offerto dal fiume, anche
se ciò non permetteva loro di buttarsi nelle acque non tanto limpide del
corso d’acqua.
I più fortunati cercavano un po’ di pace nei giardini ombrosi, altri
ancora avevano abbandonato la città decisi, per quanto lo permettesse il
lavoro e i loro impegni, a restare il più lontano possibile dalla
metropoli.
«Fa caldo.» sentenziò Lila, spalmandosi un po’ di crema abbronzante sulle
braccia, abbassando poi lo sguardo e facendo scivolare sul setto nasale
gli occhiali da sole, studiando le amiche: «Ragazze, con la vostra pelle
chiara dovreste usare qualcosa per non scottarvi.»
«Mi sono giù spalmata di roba a casa.» dichiarò Sarah, giocherellando con
Mikko e Flaffy, i kwami dell’Ape e del Pavone: «Davvero Lila! Mi sono
ustionata una volta da piccola e non intendo ripetere l’esperienza.»
Marinette alzò la testa dal blocco da disegno, togliendo il berretto e
sventolando un po’ sulla faccia: «Idem. Mia madre mi ha spennellata come
se fossi un croissant.»
«Questi paragoni…» sbuffò Lila, sistemandosi gli occhiali e scuotendo il
capo: «Passi troppo tempo con Adrien.»
«Non è buona come cosa?»
«No, perché sta prendendo i suoi difetti!»
«E’ una vera fortuna che al momento sia impegnato a svuotare il magazzino
del maestro e non sia qui a dichiarare quanto, la sua presenza, stia
avendo effetti benefici su di me.» dichiarò Marinette, rimettendosi il
berretto in testa e indicando la pila di casse e mobili che la parte
maschile del gruppo di Portatori stava portando fuori dal prefabbricato,
ammassando tutto nel giardino di Fu: «A proposito, cosa sta cercando,
maestro?»
«Cercando?» domandò Fu, sorseggiando il suo cocktail colorato e spostando
l’ombrellino: si tolse gli occhiali da sole, guardando le tre ragazze e
posando il bicchiere: «Veramente volevo solo fare pulizia.»
«Ma ha detto…»
«Ehi, se dicevo a quei tre di aiutarmi a pulire, avrei dovuto fare il
lavoro tutto da solo.» dichiarò l’anziano, riprendendo la propria bevanda
e tirando su dalla cannuccia: «Che cosa bella essere Gran Guardiano.»
«Maestro, questo è abuso di potere.»
«Questo si chiama allenamento, Sarah. Quei tre hanno bisogno di metter su
muscolo.»
«Wei ne avrebbe anche abbastanza di muscolo.» dichiarò Wayzz, supportato
da Vooxi che, accanto a lui, annuiva con la testa: «E’ talmente grosso
quanto impacciato.»
«Non ricordarmelo, Wayzz. Ha distrutto un’altra tazza stamattina.»
«Come sta andando la convivenza?» domandò Sarah, voltandosi verso
l’italiana e studiandola assorta.
«Mh. Da un certo punto di vista si può dire che sta andando alla
meraviglia, soprattutto la sera…»
«Quel povero letto…» sbuffò Vooxi, scuotendo il capino: «Penso che
preferirebbe trovarsi nella Camera dei Segreti con il basilisco piuttosto
che sopportare tutte le sere certe attività…»
«Perché non hai mai sentito quello di Marinette.» dichiarò Plagg,
svolazzando davanti la Portatrice della Coccinella e incrociando le
zampine: «Io mi chiedo come abbia fatto quel soppalco a rimanere ancora
lì.»
«Plagg!» strillò Marinette, afferrando il kwami nero e guardandolo male:
«Non c’è Adrien e ti ci metti tu.»
«Rafael e Sarah non fanno ancora certe cose.» s’intromise Flaffy,
ignorando lo strillo strozzato dell’americana e fissando gli amici kwami:
«Ma Rafael è un piccolo hobbit, ha bisogno di tempo.»
«No. Scusa. Non fate nulla?»
«Usciamo.» mormorò la bionda, stringendosi nelle spalle: «E ci baciamo.
Non tutti sono veloci come te, Lila. Guarda Marinette, con Adrien ci ha
messo…quanto ci hai messo prima di fare quel passo?»
«Quattro anni.» sibilò Plagg, ancora stretto nella morsa di Marinette: «Ma
tranquille. Hanno recuperato.»
«Plagg!»
Lila ridacchiò, scuotendo la testa e offrendo il volto al sole: «Va
benissimo così. Vi preferisco dolci e innocenti, perché anche Marinette è
ancora innocente, sebbene abbia fatto cose con il gattaccio.»
«Lila!»
«D’accordo, d’accordo.» dichiarò l’italiana, ridacchiando: «Comunque sei
troppo timida su questi argomenti, ragazza mia.»
«Signorine?» s’intromise Fu, attirando l’attenzione generale su di sé: «Se
continuate a chiacchierare e ridacchiare, quelli si accorgeranno che
stanno facendo tutto il lavoro.» dichiarò, indicando con un cenno della
mano il Portatore della Pavone che stava uscendo dal prefabbricato,
gettando un’occhiata a tutti loro.
Rafael sbuffò, poggiando l’ennesima cassa piena di qualcosa di pesante e
si appoggiò a questa, osservando il padrone di casa chiacchierare
allegramente con le tre ragazze: «Ehi.» sbottò Adrien, spintonandolo e
posando una nuova cassa di legno, asciugandosi poi il sudore con la
maglietta, guardando male il compagno: «Non si batte la fiacca finché non
abbiamo finito di svuotare il magazzino!» ordinò, indicando il piccolo
stanzino da cui Wei stava uscendo con una scatola sotto il braccio
sinistro e una in precario equilibrio sulla spalla destra.
«Sarah?» esclamò Rafael, ignorando il modello biondo e avvicinandosi al
quartetto, tenendo lo sguardo sulla sua ragazza.
La sua ragazza.
Ancora gli faceva strano chiamare l’americana Portatrice dell’Ape così,
anche se era una relazione consolidata da qualche mese.
«Sì?» domandò la bionda, voltandosi verso di lui con il sorriso sulle
labbra, mentre Flaffy e Mikko le riposavano in grembo: da cosa mai
dovessero rilassarsi i kwami non gli era dato sapere.
«Non dovevate darci una mano? Voi tre, intendo.»
Sarah si voltò verso Lila e Marinette, tornando poi a fissare il moro:
«Sono stata educata alla vecchia maniera.» sentenziò sicura delle sue
parole.
«Cosa?»
«Gli uomini lavorano e le donne stanno a casa.»
«Cosa?»
«L’avete voluto il sistema patriarcale?» s’intromise Lila, muovendo una
mano per aria e poi battendola assieme all’altra: «Su, Rafael. Al lavoro!
Vogliamo vedere quei muscoli in movimento. Forza! Forza!»
«Wei, puoi dirle qualcosa?»
Il cinese, Portatore del Miraculous della Tartaruga, poggiò i due pesi che
aveva portato e osservò il resto del gruppo: «Lila. Lascia in pace
Rafael.»
«D’accordo!» sbuffò Lila, ravviandosi indietro una ciocca castana e
sorridendo gongolante a Rafael.
«Sai, vero, che non riceveremo alcun aiuto da loro?» dichiarò Adrien,
scuotendo il capo e togliendosi la maglietta: «Marinette. Al volo.»
«Cosa?» la ragazza si voltò, afferrando il capo che le era stato lanciato
e lo spiegò davanti al viso: «Co…» iniziò, abbassando la maglia e
rimanendo pietrificata alla vista del petto nudo di Adrien: «Co-co-co…»
«Fa caldo!» si giustificò il biondo, facendole l’occhiolino: «E poi non è
la prima volta che mi vedi senza niente addosso!»
«Adrien!»
Il tempo.
Che cosa strana.
Quando era a Parigi, le sue giornate erano piene e movimentate: si alzava
la mattina e girava come una trottola, quando poi riusciva a fermarsi il
sole stava già calando e lei rincasava da suo marito e suo figlio,
chiedendosi come aveva fatto ad arrivare così velocemente la sera.
Da molti anni, invece, quel tempo che prima era così veloce, era diventato
lento.
Inesorabile.
Secondi, minuti, ore, giorni, mesi, anni.
Tutto trascorreva spietatamente lento.
Quanto tempo era trascorso da quando era stata portata in quella cella?
Anni, sicuramente.
Il rumore di passi nel corridoio, al di là della pesante porta di metallo,
l’attirò: visite, a quanto pare. Si issò a sedere, portandosi una mano ai
capelli e storcendo le labbra al groviglio che trovò al tatto: non si
lavava da…quando era stato l’ultimo bagno? Qualche settimana fa, quando
l’avevano letteralmente gettata di peso in una vasca di pietra, piena
d’acqua.
All’aperto.
Sinceramente non le era dispiaciuto quel bagnetto, peccato che quel giorno
ci fossero stati solo pochi gradi di temperatura.
Sospirò, ascoltando il rumore metallico delle chiavi, che aprivano la
porta, e poi osservò le figure che entrarono nella sua cella: «Guten Tag.»
esclamò la voce dell’ombra più piccola che, staccandosi dalle altre due,
si avvicinò a lei: basso, molto in là con gli anni, con un baffetto grigio
che sormontava il labbro superiore e lo sguardo scuro dalla luce pazza.
«Bonsoir, monsier Maus.» dichiarò la donna, sorridendo al suo carceriere e
dando una veloce occhiata alle due guardie che aveva con sé: anche quel
giorno era scortato da due gorilla, quasi fosse timoroso che lei potesse
scappare alla prima occasione: «Qual buon vento la porta qui, nella mia
umile dimora?»
Maus storse la bocca, assottigliando lo sguardo: «Tu avere sempre voglia
di scherzare.» dichiarò nel suo francese stentato e con un forte accento
tedesco nella pronuncia: «Ma io sapere come fare per togliere sorriso da
tue labbra, ja.»
La donna accentuò il sorriso: «Sì, purtroppo conosco molto bene i suoi
metodi. Cosa vuole?»
«Sapere dove essere Miraculous, ja.»
«A giro per il mondo?» mormorò lei, stringendosi nelle spalle e sbattendo
le palpebre con fare civettuolo
«Dove essere tuo Miraculous.»
«Penso che a quest’ora il Gran Guardiano avrà già trovato un nuovo
Portatore, quindi non è più mio.» dichiarò, osservando la bocca di Maus
muoversi in preda a un tic nervoso: «In ogni caso, anche se sapessi dove
sono, io non glielo direi mai: il Quantum è qualcosa di troppo potente e
prezioso perché un piccolo riempiprovette come lei possa giocarci!»
«Io avere Quantum! E tu non potere fare niente!» dichiarò Maus, girando su
se stesso con uno svolazzo del camice bianco e ordinando ai due scimmioni,
che lo avevano accompagnato, di seguirlo; si fermò nell’antro della porta,
osservandola: «Tu non uscire più da questo posto, Sophie Agreste. Mai
più.»
Sophie Agreste osservò la porta chiudersi con un tonfo, rimase immobile
alcuni minuti, aspettando un possibile ritorno del suo carceriere e,
quando si fu assicurata che nessuno sarebbe tornato da lei, poggiò la
testa contro la parete in pietra, socchiudendo gli occhi: «Ti prego, fa
che i Miraculous siano al sicuro. Fa che quell’uomo non ci metta sopra le
mani e attivi il Quantum.»
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.554 (Fidipù)
Note: Buon salve! Eccomi qua con il secondo capitolo di Miraculous
Heroes 2 e, dopo tanto tempo, eccomi qua con le info randomiche su Parigi!
Allora, prima di tutto, fatemi dire che in questo capitolo - cioè, in
verità sarebbe nel prossimo, in questo viene solo citato - tornerà un
personaggio della prima storia e poi...allora, per quanto riguarda le due
scuole citate in questo capitolo: qui
potrete trovare il sito dell'IFM, mentre qua
il sito dell'ESJ. Chi mi conosce dalla prima storia di questa saga SA
quanto io possa essere rompiscatole riguardando a Parigi.
Riguardo al capitolo, come potete notare, fa un piccolo balzo temporale
rispetto al precedente (che serviva, più che altro, per introdurre Maus e
Sophie) e dall'estate afosa parigina siamo passati alle tranquille
temperature di ottobre anche perché...beh, mi serviva il periodo di
ottobre.
E niente, vi lascio direttamente al capitolo, ringraziandovi come sempre:
grazie a voi che leggete, grazie a tutti quelli che commentano la mia
storia (qui e su FB) e grazie anche a chi la inserisce in una delle liste.
Grazie di tutto cuore!
Pochi mesi dopo…
Da quanto era lì?
Cercare di quantificare il tempo, in quella cella, era qualcosa di
complicato: non aveva finestre, che la potevano aiutare con i cicli
giorno-notte, e non poteva neanche fare affidamento sul tipo che gli serviva
i pasti, dato che non era molto affidabile con la puntualità.
Senza dimenticarsi di quando sembrava scordarsi di avere una cliente in
quella cella.
Sophie si mise a gambe incrociate, socchiudendo gli occhi e cercando di non
tremare: l’aria che le giungeva era fredda, ma non capiva se ciò era dovuto
a un cambiamento climatico avvenuto all’esterno o al fatto che quel posto
fosse maledettamente umido e gelido di suo. Inspirò profondamente, scuotendo
il capo e ascoltando i pochi e flebili suoni che arrivavano fin lì.
Sapeva veramente ben poco del posto in cui Maus la teneva rinchiusa: quando
l’aveva trasferita nella sua prigione si era assicurato che lei non sapesse
assolutamente nulla.
Dove si trovava? Non lo sapeva.
Che tempo c’era fuori? Anche quello era un’incognita.
Quanto tempo era trascorso? Sicuramente tanto, ma non ne era sicura.
Tutto ciò che conosceva era la cella in cui era alloggiata, assieme ai volti
di alcuni dei suoi anfitrioni.
Fece un nuovo profondo respiro, ascoltando il rumore di zampette che
raschiavano la superficie delle pietre, quello dell’acqua e poi il suono di
alcuni passi…
Passi.
Mh.
Sophie aprì nuovamente gli occhi, ascoltando quel suono familiare farsi
sempre più vicino: alzò la testa, mentre il rumore s’interrompeva di fronte
la sua porta e le chiavi di metallo venivano inserite nella toppa della
porta: «Guten Tag.» la salutò Maus, entrando nella cella e sorridendo alla
donna: «Come andare?»
«Molto bene. Devo solo lamentarmi del servizio in camera: anche oggi non
sono venuti a rifare il letto.» dichiarò Sophie, indicando la brandina alla
sua sinistra: «A parte questo, non potrei desiderare un posto migliore dove
trascorrere le mie vacanze.»
Maus la fissò un secondo, socchiudendo gli occhi mentre le labbra si
piegavano in un sorriso: «Io avere trovato Miraculous.» sentenziò deciso,
studiandola attentamente: Sophie rimase immobile, ben attenta a non mostrare
nessuna emozione.
Maus non doveva sapere quanto quella notizia l’avesse colpita.
Aveva trovato il Gran Guardiano?
Se era vero, quello cambiava tutte le carte in tavola e lei non aveva più
motivo di rimanere lì.
«Ah. Davvero?» domandò, afferrando una ciocca di capelli e
attorcigliandosela attorno al dito: «E dove sono?»
«Parigi.» le rispose Maus e lei quasi sentì l’eccitazione nella voce
dell’uomo: «Tua città, ja?»
«Ja.» ringhiò la donna, fissandolo: «Beh. Che succederà? Andremo a Parigi
da…qualsiasi posto siamo adesso?» domandò, allargando le braccia.
«Io andare a Parigi. Tu restare qui in Tibet, ja.»
Idiota, canticchiò dentro di sé Sophie, inclinando la testa: «E, giusto per
sapere, come farà a prendere lo scrigno?»
«Scrigno? Esistere scrigno dei Miraculous?» domandò Maus, portandosi una
mano al mento e carezzandosi la barba: «No. Io avere saputo che eroi – eroi
come tu – essere a Parigi. Sette eroi come Miraculous!» dichiarò,
concludendo il tutto con una risata gracchiante: «E tu non potere fermare
me!»
Sette eroi…
Quindi il Gran Guardiano aveva donato i Miraculous, tutti i gioielli magici,
a persone e queste stavano combattendo contro qualcosa?
Ma che stava succedendo mentre lei rimaneva in mano di quell’idiota pazzo?
«Un’ultima domanda.»
«Tu avere stancato me con tue domande, ja.»
«Sì, lo so.» borbottò Sophie, scuotendo la testa: «Vorrei solo sapere quanto
tempo è passato da quando mi avete catturata. Sa, non è che ho calendari o
orologi in questo posto.»
Maus la fissò divertito: «Tu essere qua dentro da…» si fermò, tornando a
lisciarsi la barba: «Da sette? Otto anni? Strano, come tempo passare in
fretta, eh?» la fissò un secondo, voltandosi e uscendo dalla prigione, che
venne nuovamente chiusa dalle sue guardie: «Buon soggiorno.»
Sophie attese che i passi si allontanassero, prima di addossarsi contro il
muro di pietra e portarsi una mano alla bocca: sette, otto anni? Aveva
sempre avuto la consapevolezza che fosse passato un bel po’ di tempo, ma non
aveva mai pensato che ne fosse trascorso così tanto: «Adrien…» mormorò,
mentre alla sua mente riaffioravano il ricordo del figlio: un bambino
allegro, dallo sguardo sincero e buono.
Come era adesso?
Doveva essere un giovane uomo.
Cosa stava facendo? Come aveva trascorso la sua vita?
Sentì gli occhi pizzicare per le lacrime trattenute, mentre un singhiozzo le
usciva dalle labbra: cosa pensava di lei? Cosa pensava di quella madre
snaturata che l’aveva abbandonato per…
Per chissà cosa.
Di sicuro Gabriel non gli aveva detto il vero motivo per cui lei era andata
via.
Gabriel…
Strinse le palpebre, mentre un secondo singhiozzo le scappava, e le lacrime
scivolavano lungo le guance: Gabriel, che l’aveva lasciata andare, seppur
recalcitrante, cosa stava facendo? C’era una nuova donna al suo fianco?
L’aveva dimenticata?
Si accasciò contro il pavimento, piangendo il più silenziosamente possibile,
rimpiangendo quegli anni ormai perduti e la famiglia che aveva abbandonata:
era stata un fallimento come madre e come moglie.
Aveva abbandonato l’uomo che amava, inseguendo la sua missione come eroina e
fregandosene altamente di ciò che suo marito poteva pensare.
Aveva perso la vita del figlio, ignorando come fosse diventato e perdendo i
traguardi che aveva raggiunto in quegli anni: era appassionato di moda come
Gabriel? Aveva degli amici? E una ragazza?
A Gabriel era piaciuta? Oppure Adrien doveva lottare con il padre per poter
passare del tempo con lei?
Inspirò profondamente, asciugandosi le lacrime con un gesto stizzito della
mano e osservando la porta di metallo: «A quanto sembra, il mio soggiorno
qui è finito.» dichiarò, mettendosi in piedi e alzando la testa con fare
orgoglioso: era Sophie Agreste. Era Pavo. E non sarebbe rimasta lì a
piangersi addosso.
Marinette osservò l’edificio davanti a lei, controllando nuovamente
l’indirizzo sul suo cellulare: quello che doveva essere l’Instituto Francese
di Moda era, in verità, un gigantesco fabbricato con una enorme decorazione
geometrica verde, che lo percorreva per tutta la facciata.
Strinse la cinghia della borsa, sentendo il cuoio segnarle la pelle nuda
della spalla e sospirando pesantemente: «Paura, Marinette?» le domandò
Tikki, facendo capolino dalla borsa e studiandola con i grandi occhioni
azzurri: «Eppure non è la prima volta che inizi un nuovo anno in una nuova
scuola. Ti ricordi al Louis-le-Grand?»
«Ma lì c’erano anche Adrien, Alya e Nino.» squittì la ragazza, osservando
alcuni studenti entrare dalla porta, poco più avanti rispetto a dove lei si
era fermata: «Qui sono…sola.» mormorò, inspirando profondamente e abbozzando
un sorriso in direzione della kwami: «Forse sarei dovuta andare anch’io in
una delle facoltà degli altri…»
Il gruppo di amici si era diviso al momento dell’iscrizione alle varie
facoltà universitarie: Alya, per eseguire il suo sogno di giornalismo, si
era iscritta alla ESJ, una delle migliori scuole superiori di giornalismo;
Nino aveva stupito tutti, iscrivendosi alla facoltà di Matematica e
informatica, mentre Lila aveva optato per Scienze politiche.
Adrien aveva continuato sul percorso del suo Progetto – quello che prevedeva
anche il loro matrimonio – ed era entrato a Economia, assieme a Rafael,
mentre Sarah si era iscritta a Storia dell’arte e Archeologia.
E lei, sotto consiglio e raccomandazione di Gabriel Agreste, si era iscritta
all’IFM, lo stesso istituto dove era andato anche l’uomo.
«Non sei sola.» le mormorò Tikki, riportandola alla realtà: «Ci sono io con
te. E se lo chiami, Adrien arriverebbe subito.»
«Sul suo cavallo bianco, che in realtà è l’auto argentata con cui viene
scarrozzato a giro per Parigi.» concluse la mora, ridacchiando: «Iniziamo
questa nuova avventura?»
«Iniziamola.» dichiarò convinta la kwami, gettandosi all’interno della borsa
e tirando fuori il cellulare della ragazza: «Ti è arrivato un messaggio!»
Puoi farcela. Io credo in te.
Ps. Non balbettare troppo.
Adrien dette un’occhiata al suo cellulare, mentre il professore si sistemava
alla cattedra e collegava il laptop all’impianto dell’aula: «Tutto ok?» gli
domandò Rafael, chinando la testa verso di lui e osservando distrattamente
il display: «Come sta il boss?»
«Di sicuro sarà agitata.» dichiarò il biondo, sorridendo all’avviso di un
nuovo messaggio: aprì velocemente la cartella, leggendo le righe che la
ragazza gli aveva scritto.
Non balbetterò. Promesso.
Ps. Ti amo.
«Allora?»
«Sarah come si trova?» domandò in ricambio Adrien, digitando velocemente una
risposta e disattivando il cellulare: «Devo ancora capire perché ha scelto
quell’indirizzo.»
«A parte il fatto che sta maledicendo la burocrazia francese per tutti i
fogli che le sono serviti per iscriversi, poi ha detto che vuole studiare la
storia per capire di più i Miraculous.» sentenziò Rafael, stringendosi nelle
spalle: «L’estate passata a chiacchierare con Fu e i kwami – mentre noi
sgobbavamo, precisiamo – pare averla segnata: con tutte le storie che le
hanno raccontato, sugli antichi Portatori e sui Miraculous…beh, diciamo è
stato naturale per lei iscriversi ad Archeologia.»
«Sarah e il suo senso del dovere.» dichiarò Adrien, scuotendo il capo: «Non
puoi farla divertire un po’ di più quella povera ragazza? Da uno che ci ha
provato con la mia fidanzata…»
«Quando la finirai con questa storia? E comunque la porto fuori, Sarah
intendo, ma ormai si è fissata sui Miraculous ed è come dire a Flaffy di non
pensare al cioccolato.»
«Cioccolato?» esclamò il kwami del Pavone, uscendo dallo zaino di Rafael e
guardandosi intorno stralunato: «Dove? Dove? Non mi avevi detto che
all’università davano cioccolato!»
«Flaffy!» sibilò Rafael, afferrando il kwami e spedendolo nuovamente nella
borsa: «Quante volte devo dirti di non uscire all’improvviso.»
«Voi due siete un attentato alla segretezza.»
«Ehi, scommetto che se dico camembert, Plagg fa…»
«Camembert? Chi ha detto quella parola magica?» domandò il kwami nero,
uscendo dal suo nascondiglio e guardandosi attorno: «Dov’è quella meraviglia
che si scioglie in bocca e…»
«Plagg!» Adrien ringhiò, prendendo il kwami e portandolo nuovamente al
sicuro, guardandosi poi intorno e sorridendo a una ragazza, che li fissava
stralunata: «Ehm. Sono accessori giapponesi.» borbottò il biondo, abbozzando
un sorriso: «Cosa non fanno in Giappone, vero?» si voltò, fissando Rafael
che lo guardava gongolante: «Riprovaci e quello che ti ha fatto Marinette
sarà nulla al mio confronto.»
«Come se tu mi facessi paura!»
Marinette osservò l’auditorium, ove tutti gli studenti del primo anno si era
raccolti: era una sala grande, con file e file di posti, ma solo quelle
davanti il palco erano state occupate; marciò spedita verso queste,
osservandosi attorno e notando alcuni occupanti, finché una capigliatura
rossa le portò il sorriso sulle labbra: «Nathanael?» domandò, riconoscendo
il vecchio compagno di scuola.
Il ragazzo alzò la testa, osservandola con gli occhi turchesi, lievemente
nascosti dalla capigliatura: «Marinette?» osservando la ragazza, in piedi
davanti il sedile vuoto accanto a suo, occupato dalla borsa e dal blocco dal
disegno: «Ah. Prego.»
«Grazie.» mormorò la ragazza, sedendosi di fianco a lui e studiandolo: «Rose
mi aveva detto che avevi intenzione di iscriverti a Belle Arti, non pensavo
di vederti qua.»
«Ah. Sì.» assentì Nathanael, spostando lo sguardo verso il palco e
abbozzando un sorriso: «Però ho preferito iscrivermi qui: mi piace
disegnare, ma ho scoperto che mi piace anche creare accessori. Gioielli…»
«Vero!» Marinette batté le mani assieme, annuendo: «Mi ricordo di come avevi
disegnato il bracciale di Chloe. Ti ricordi quel giorno che ci fu la
giornata dei genitori e Chloe iniziò a dare di matto perché il suo bracciale
era scomparso e…» si fermò, rendendosi conto di cosa aveva combinato quel
giorno: per dimostrare la sua innocenza aveva iniziato a dare la colpa a
tutti.
Prima a Sabrina, poi a Nathanael.
Solo in seguito, Adrien gli aveva detto come erano andate le cose, ovvero
che il vero colpevole era stato Plagg e la sua golosità: scambiando la
scatoletta del bracciale per una di cambembert, il piccolo kwami aveva dato
il via a tutta la sequenza di azioni che aveva portato il tenente Rogers a
essere akumatizzato, diventando Rogercop.
«Già. Sì, diciamo che da quella volta ho iniziato ad appassionarmi ai
gioielli…»
«Capisco.»
«Mentre tu immagino sei qui per…»
«Per studiare come stilista, sì.» assentì Marinette: «Il padre di Adrien mi
ha consigliato questa scuola e così…beh, eccomi qui.»
Nathanael annuì con la testa, osservando l’anello al dito della ragazza:
«Con Adrien va sempre tutto bene, vedo. Quando ci siamo rivisti l’ultima
volta avevate accennato al fatto che siete diventati ufficialmente
fidanzati…» Marinette arrossì, chinando la testa e annuendo in silenzio:
«Sono felice per te, Marinette. Adrien è un bravo ragazzo.»
«Sì, lo è.» dichiarò la ragazza, sorridendo dolcemente al pensiero del
fidanzato.
Un movimento sul palco l’attirò e con Nathanael si mise comoda sulla
poltroncina, osservando quello che doveva essere il direttore avvicinarsi al
microfono e chiedere il silenzio: «Il mio nome è Hans de Foer.» si presentò,
osservandoli da dietro le lenti quadrate degli occhiali che indossava: «E
sono il direttore del programma di Fashion Design. Sinceramente non mi
dilungherò tanto su quali materie studierete o cosa farete qui da noi, vi
dico solo che il nostro metodo è quello dichiarare lo stato di emergenza.»
si fermò, osservando la sala e aspettando che le sue parole colpissero il
segno: «Cosa significa, vi starete chiedendo ora. Bene, noi insegneremo ai
fashion designers, a voi, come lavorare entro certi limiti, come aprire la
mente dei manager di domani – quelli che pensano che la moda sia fatta solo
di vendite – alla complessità del design e vi ritroverete a lavorare a
stretto contatto con i principali esponenti di questo settore: Louis Vitton,
Gabriel Agreste, Kenzo…voi lavorerete con i designers di queste marche e, se
sarete fortunati, forse avrete anche un posto di lavoro.»
«Immagino che tu parti avvantaggiata.» bisbigliò Nathanael verso Marinette:
«In fondo stai con il modello di punta della linea Agreste.»
«Mi sento raccomandata.»
«Non penso che Gabriel Agreste ti prenda solo perché sei la fidanzata del
figlio.» sentenziò Nathanael: «Hai talento, Marinette.» dichiarò convinto,
spostando poi l’attenzione sul direttore e ascoltando in silenzio il resto
del discorso di benvenuto.
Era rimasta in attesa, aspettando che il tipo dei pasti giungesse con il suo
pranzo – o cena –, nascondendosi nelle ombre della cella: sapeva benissimo
che dopo essersi lamentata con Maus, qualcuno sarebbe giunto a darle da
mangiare, in fondo succedeva sempre così.
Era solo questione di tempo.
Il rumore di passi l’avvisò e Sophie si nascose nell’angolo buio dietro la
porta, rimanendo immobile quando avvertì il rumore della chiave nella toppa
e poi il cigolio di questa che si apriva: osservò il secondino entrare e
scrutare la stanza, senza trovarla, uscendo poi e gridando qualcosa in
tedesco, lasciando aperto il pesante uscio di ferro.
Libertà.
Velocemente sgusciò fuori dal suo nascondiglio e uscì dalla sua prigione,
guardando il corridoio non molto dissimile.
Bene, ora doveva solamente fuggire da quel posto, trovare un qualche segno
di civiltà fuori da quelle mura e, possibilmente, un passaggio dal Tibet
alla Francia.
Niente di più semplice.
Fu sospirò, accomodandosi sulla stuoia e ascoltando il silenzio.
Silenzio.
Per tutta l’estate, o meglio da quando Bridgette era partita, si era dovuto
sopportare quei sei rompiscatole mentre ora…
Silenzio.
Pace.
Relax.
Inspirò profondamente, sistemandosi meglio e preparandosi a una giornata di
puro riposo: il centro era chiuso, i rompiscatole avevano iniziato la loro
avventura universitaria, finalmente…
Il campanello suonò, riportandolo bruscamente alla realtà: bofonchiò qualche
imprecazione, tirando in ballo anche Chiyou, e si alzò, sgambettando poi
fino alla porta: «Chi è?» abbaiò, aprendo l’uscio della sua dimora e
rimanendo basito di fronte al ragazzo moro e con gli occhiali quadrati che
aveva suonato: «Alex?»
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.407 (Fidipù)
Note: Salve salvino, bella gente! Eccoci qua con il consueto
appuntamento con il Quantum Universe e...beh, che dire? Speriamo che
questa volta il sito non faccia scherzi e vada tutto ok! Allora, passiamo
al capitolo: finalmente scopriremo perché Alex è tornato a Parigi e cosa
ha in mente di fare il nostro nerd. E...
E...
E niente, perché qualsiasi cosa vi potrei dire, vi farei spoiler e quindi
mi zittisco, lasciandomi direttamente al capitolo.
Ma prima, come di consueto, voglio ringraziarvi tutti quanti: grazie di
continuare a sopportare e leggere i miei parti (decisamente venuti male)
mentali e di apprezzarli! Grazie davvero a tutti voi!
Grazie a chi legge, a chi commenta, a chi inserisce le mie storie in una
delle sue liste.
Grazie grazie grazie grazie!
Adrien si lasciò andare sul letto,
sbuffando contro il cuscino: «Siamo stanchi, eh?» commentò Plagg, volando
sulla scrivania con la scatola di camembert fra le mani: «Immagino che le
lezioni universitarie non siano come quelle delle superiori.»
«C’eri anche tu con me.» sentenziò Adrien, girandosi supino e tenendo gli
occhi chiusi: «Dovresti aver sentito qualcosa.»
«Spiacente, ho dormito per tutto il tempo.» dichiarò il kwami,
accompagnando la frase con una risatina divertita.
Adrien non ebbe la forza di chiedergli cosa ci trovasse di divertente
nella sua pennichella, continuando a rimanere sdraiato e con le palpebre
chiuse, finché non sentì qualcosa sfiorargli le labbra: «Cosa?» esclamò,
scattando a sedere e aprendo gli occhi: Ladybug era in piedi accanto al
suo letto, un sorriso divertito sul volto: «My lady!» mormorò, allungando
una mano e catturandone una della ragazza: «A cosa devo la tua visita?»
L’eroina si lasciò tirare verso il letto, sistemandosi nell’incavo della
spalla e posandogli una mano guantata di rosso sul petto: «Volevo
vederti.» dichiarò, sorridendogli: «Mi sei mancato.»
«Anche tu.» le bisbigliò Adrien, carezzandole le spalle coperte dal
lattex: «Adoro questa tutina, lo sai, ma potresti trasformarti?
Preferirei sentire la tua pelle.»
«Adrien…» sospirò la ragazza, alzando lo sguardo celeste verso il volto
del giovane e sospirando rumorosamente: «Tikki, trasformami.» ordinò e,
immediatamente, la luce della trasformazione l’avvolse facendola tornare a
essere semplicemente Marinette: «Così va bene?»
Adrien annuì, infilando una mano sotto la maglia della ragazza e
carezzandole la schiena: «Purrfetto.» dichiarò, voltandosi verso di lei e
posandole le labbra sulla fronte: «Com’è andata oggi?»
«Mh. La scuola è interessante.» spiegò la ragazza, scostandosi una ciocca
mora dalla guancia: «I professori hanno messo subito in chiaro che ci
faranno lavorare sodo: il nostro metodo è lo stato di emergenza.»
«Cosa?»
«Praticamente ci terranno sempre sotto pressione.» spiegò la ragazza,
stringendosi contro il giovane: «Spero di essere all’altezza.»
«Lo sarai.» dichiarò sicuro Adrien: «Hai già lavorato sotto pressione, no?
Come quando qualcuno fece una bombetta con delle piume…»
«A mia discolpa posso dire che non ero a conoscenza della tua allergia.»
«Ho starnutito tutto il tempo che combattevamo contro Mr. Pigeon.»
«Forse ti sta sfuggendo il dettaglio che all’epoca non sapevo chi eri.»
rispose prontamente Marinette, dandogli un buffetto sul naso e ridendo
all’espressione imbronciata del biondo: «Certo, potevo fare due più due.
Non è che ci sono tante persone con l’allergia alle piume.»
«E’ quello che dico anch’io. Come hai fatto a non capire che sotto la
maschera di Chat Noir ci fossi io? Insomma, tutta questa bellezza, questo
carattere carismatico…»
«Ho capito, ho capito.» sbuffò la ragazza, mettendogli una mano sulla
bocca: «Ah! Ho incontrato Nathanael.»
«Dove?» farfugliò il biondo, prendendo le dita della fidanzata e
scostandosele dal volto.
«Viene a scuola con me.»
«Davvero? Ero certo che sarebbe andato a studiare Belle Arti.» mormorò
Adrien, giocherellando con una di capelli della ragazza: «Mi è sempre
sembrato interessato all’arte e non alla moda o, comunque, a quel
settore.»
«E’ quello che gli ho detto anch’io e mi ha detto che gli piace disegnare
gioielli.»
«Bene. Almeno non sei sola.»
«A te com’è andata? Hai litigato con Rafael tutto il tempo?»
«Per litigare intendi anche prenderlo in giro o…»
«Quando lo lascerai stare?»
«Mai?»
«Adrien…»
«Marinette…»
La ragazza sbuffò, poggiandosi su un gomito e fissandolo dall’alto: «Alle
volte sei peggio di un bambino, sai?» dichiarò, scuotendo il capo e
fissando le iridi verdi: «Dico sul serio.»
«Beh, un bambino non ha le mie voglie.» ribatté tranquillamente Adrien,
facendole l’occhiolino e fissandola con quel sorriso beffardo che
contraddistingueva Chat Noir: «Tipo adesso, avrei alcuni pensieri su cosa
c’è sotto questa maglia e questi jeans…» mormorò, afferrandole una gamba
fra le sue e facendola scivolare sotto di sé.
«A-adrien…»
«Adrien. Potresti rispondere a Fu?» tuonò suo padre, entrando nella camera
e fermandosi a osservarli un attimo; Gabriel tossì, sistemandosi gli
occhiali sul naso e abbozzando un sorriso in direzione della ragazza:
«Ciao, Marinette.»
Il biondo si alzò leggermente dal corpo della fidanzata, notando il volto
completamente rosso e lo sguardo celeste sgranato: «Sono certo che, appena
le passa l’imbarazzo, riprenderà l’uso della parola.» sentenziò,
scivolando giù dal letto e afferrando il suo zaino: «Io non ho sentito…ah.
Ecco. Avevo messo il silenzioso.» dichiarò, mostrando il cellulare al
genitore: «Uao, dodici chiamate. Ha davvero qualcosa di urgente da dire.»
«Ci vuole tutti da lui.» spiegò Gabriel, sospirando e gettando un’occhiata
alla ragazza: «E’ ancora immobile.»
«Marinette?»
«Eh…co…ca…che…ah…tu…»
«Il maestro ci vuole da lui, ce la fai a riacquistare un po’ di lucidità
mentale?»
«Tu!»
«E’ tornata! Visto? Nessun problema.» sentenziò allegro Adrien, sorridendo
al genitore e notando lo sguardo serio di quest’ultimo: «Che ho detto?»
Gabriel sbuffò, scuotendo la testa e spostando lo sguardo sulla ragazza;
annuendo e uscendo un attimo dalla stanza, tornando in mano con uno
piccolo contenitore di metallo: «Sei autorizzata, Marinette.» dichiarò,
passando l’oggetto alla ragazza.
«A-a fa-fare co-cosa?»
«E’ spray al peperoncino. Sei autorizzata a usarlo, quando il suo lato
animale prende il sopravvento.»
«Papà!»
«Secondo voi perché il maestro ci ha contattato?» domandò Lila, camminando
al fianco di Wei e gettando un’occhiata alla coppia dietro di loro:
«Sembrava anche parecchio agitato.»
«Era come se fosse in pericolo.» dichiarò Sarah, scuotendo il capo: «E
se…»
«Qualsiasi cosa stai pensando è no.» sbuffò Rafael, negando con la testa:
«Non ci sono supercattivi. Non posso esserci.»
«Cos’è autoconvincimento, Piumino?»
«Parigi è al sicuro, no?»
«Questo non vuol dire che lo sia anche il maestro Fu.» sentenziò Lila,
gettando indietro una ciocca di capelli castani: «Magari qualcuno del
passato è venuto e lo sta minacciando per avere i nostri Miraculous.»
«Dubito che in quel caso avrebbe potuto chiamarci.» spiegò Wei, indicando
un punto davanti a sé: «Ci sono Marinette, Adrien e il signor Agreste.»
«Ci ha chiamato tutti e sette…» mormorò l’italiana, scuotendo la testa con
fare preoccupato: «Qui è successo sicuramente qualcosa di grave.»
Sophie sbuffò, osservando il muro davanti a sé: l’ennesimo vicolo cieco.
In quel posto avrebbero dovuto mettere alcune mappe con il classico Io sono qui per permettere a un
fuggitivo come lei di raccapezzarsi e capire dove era: «Come fare a
scappare lei? Non potere, ja!» urlò la voce di Maus e Sophie si nascose
dietro la porta di una cella vuota, sentendo il rumore dei passi dell’uomo
e quelli più pesanti di uno dei suoi soldati: «Io dovere partire per
Parigi adesso. Voi trovare lei. Subito!»
Mh. Dubito di potergli chiedere un
passaggio…
Ascoltò ancora la voce gracchiante dell’uomo che dava ordini e poi lo
sentì allontanarsi in una direzione e il soldato in un’altra; attese
ancora qualche minuto, uscendo poi dal suo nascondiglio: «Allora, Maus è
andato di qua e si presume che, da quella parte, ci sia l’uscita. E
sicuramente anche tanta gente che vorrebbe portarmi indietro. Ok, si può
fare.»
«Fate qualcosa!» esclamò Fu, fissando male i sette e poi facendo loro
segno di entrare nell’abitazione: «Fate assolutamente qualcosa.»
«Visto?» esclamò Rafael, indicando l’ometto a Lila: «Sta bene.»
«Ma allora perché…»
«E’ bello vedervi ancora tutti interi!» esclamò la voce allegra di Alex,
facendoli voltare tutti verso l’americano che, sorriso allegro, era in
mezzo alla stanza dei massaggi di Fu: «Ditelo, vi sono mancato?»
«Alex!» trillò Sarah, andando subito ad abbracciare l’amico e venendo
ricambiata immediatamente: «Cosa ci fai qui? Perché? E’ successo
qualcosa?»
«Piano, piano.» dichiarò allegro il giovane, studiandola da dietro le
lenti degli occhiali: «Non è successo niente, tranquilla. Solo ero lì, a
New York e mi annoiavo, quindi mi son detto: perché non fare come Sarah?
Così mi son fatto coraggio e ho fatto l’iscrizione alla facoltà di
Matematica e informatica qui a Parigi.» spiegò, spostando lo sguardo sul
resto del gruppo: «Certo che voi francesi siete fissati con i fogli,
mancava poco che mi chiedessero di portare un documento con scritto quante
volte andavo al bagno.»
«Benvenuto in Francia, amico.» sentenziò Rafael, facendo un passo avanti e
battendogli una mano sulla spalla: «Come va?»
«Bene. Soprattutto ora che sono scappato da mio padre: non ha preso molto
bene il fatto che non sono entrato ad Harvard.»
«Ecco il vero motivo per cui sei venuto a Parigi.» sbuffò Sarah, lasciando
andare l’amico e facendo un passo indietro, raggiungendo il fianco di
Rafael: «Alex, ti presento il mio ragazzo.»
«Sarah…» biascicò il parigino in evidente imbarazzo, scoccando un’occhiata
al resto del gruppo.
Alex lo fissò un secondo, spostando poi lo sguardo sull’amica e tornando
infine a fissare il giovane: «Ma dai?» esclamò, battendosi una mano sulla
fronte: «Io ero convinto che ti piacesse il nonnetto cinese!»
«Alex…»
«No, davvero. Visto come eri venuta a casa sua, tutta sciatta e…»
«Alex!»
«Bene, bene. Sono contento per la mia piccola Sarah.» dichiarò allegro
Alex, avvicinandosi poi a Rafael e battendogli una mano sulla spalla:
«Condoglianze vivissime! Di solito è tutta carina e coccolosa, ma quando è
in quei giorni…»
«Fidati, ho già provato l’esperienza.»
«E sei ancora vivo?»
«Voi due!» strillò Sarah, imbronciandosi di fronte ai sorrisi scanzonati
dei due e voltandosi poi verso il resto del gruppo: «Ditegli qualcosa.»
«Sai vero che io mi unirei a loro due per prenderti in giro, sì?» domandò
divertito Adrien, indicandosi e gemendo, quando Marinette gli assestò una
gomitata fra le costole.
«Smettetela di prenderla in giro.» dichiarò Wei, avvicinandosi a Sarah e
posandole una mano sulla testa, scompigliandole i capelli: «Dobbiamo
capire che in quei giorni…»
«Wei, finisci la frase e ti ritroverai a dormir per strada.»
«Sì, Lila.»
«Maestro, come mai ci ha chiamato con urgenza?» domandò Gabriel, attirando
l’attenzione di tutti su di sé e mettendo fine al momento di divertimento:
«Sembrava urgente e…»
«Ah sì. Giusto.» dichiarò Fu, avvicinandosi ad Alex e indicandolo: «Chi se
lo piglia? Perché questo ha intenzione di venire a vivere qui.»
«Dovrei offendermi, sa?»
«Per pigliare, intende farlo venire a vivere da noi?» domandò Marinette,
alzando le mani verso il cielo: «Sono fuori, allora. Dubito di poter
trovare una scusa convincente con i miei.»
«E poi dove lo metteresti, my lady? Sul terrazzino?» domandò Adrien,
scuotendo il capo: «Sarah?»
«No, spiacente.» mormorò l’americana, scuotendo il capo: «Casa mia è
veramente piccola e poi potrei ucciderlo...»
«Sì, quando sei in quei giorni.» concluse Alex, rimediando un’occhiataccia
dall’amica che ricambiò con un sorriso divertito.
«Anche casa nostra è piccola.» dichiarò Lila, indicando alternativamente
sé stessa e Wei: «Lo potrei mettere a dormire sul terrazzo…»
«Io avrei posto, ma come lo spiego ai miei se decidono di tornare?»
domandò Rafael, scuotendo il capo: «Mi spiace, amico.»
«Dovrei ritenermi offeso da questo vostro scaricabarile, sapete?»
«Io direi più scaricalex.» dichiarò Adrien, ghignando: «L’hai capita?
Scarica e Alex. Scaricalex.»
«Carina!» esclamò Alex, indicando il biondo e spostando lo sguardo su
Gabriel: «Beh, mi sembra che gli Agreste…»
«Maestro Fu.» dichiarò serio l’uomo, fissando il figlio e l’americano:
«Con questi due in casa, io torno ad akumatizzare tutta Parigi.»
«Ho capito, ho capito.» sbuffò il cinese, sedendosi al tavolino basso e
osservando Alex: «Me lo tengo io.»
«Maestro! Io e lei faremo grandi cose!» sentenziò allegro Alex, sedendosi
a fianco dell’ometto e stringendolo a sé: «A proposito, come siamo messi a
connessione qua dentro? Perché datemi una connessione e vi solleverò il
mondo.»
«Io la sapevo differente, Alex.» sospirò Sarah, sedendosi anche lei e
venendo imitata dagli altri: «Spero che tu non sia qui solo per sfuggire a
tuo padre.»
«In verità no.» dichiarò l’americano, afferrando la propria borsa e
prendendo il tablet: «Cioè al 60% sono qui per rimanere in vita, l’altro
40% è per aiutarvi nelle vostre missioni da supereroi: so che avete
sconfitto Coeur Noir – a proposito complimentoni! – ma penso che avrete
bisogno del mio aiuto.»
«Come fai ad esserne così sicuro, Alex?» domandò Lila, voltandosi verso
gli altri: «A parte qualche caso di normale amministrazione, siamo…»
«Qualche giorno fa mi ha contattato la Babbiona.»
«La Babbiona?»
«Willhelmina. Bridgette. Coeur Noir. Come accidenti si fa chiamare ora.»
sbuffò il ragazzo, sistemandosi gli occhiali sul naso e tamburellando le
dita sul tablet: «Mi ha chiesto scusa per avermi usato, per aver inserito
un cristallo dentro di me e tutta quella roba là – mi sembra veramente
pentita, fra l’altro –, chiedendomi poi un piccolo favore, visto che
sapeva che sono un genio dell’informatica.»
«Che favore?»
«Trovare informazioni su un certo dottor Maus.» spiegò Alex, spostando lo
sguardo su Gabriel, che aveva trattenuto il fiato: «Sembra che lo conosca,
signor Agreste.»
«Era il nemico di mia moglie.» spiegò brevemente Gabriel, scuotendo il
capo: «E’ uno scienziato tedesco e sembrava essere ossessionato dai
Miraculous…»
«Più che dai Miraculous, io direi dal Quantum.» spiegò Alex, annuendo con
la testa: «Si tratta di…»
«Di un’energia primordiale talmente potente da riuscire a distruggere
un’intera civiltà.» concluse Plagg, fluttuando a mezz’aria e scoccando
un’occhiata agli altri kwami, rimasti in silenzio: «Da quel che sapevo,
era stata consumata tutta per creare i nostri Miraculous e non…»
«Plagg, giusto?» domandò Alex, indicando l’esserino: «Sì, tecnicamente è
vero: in forma naturale non si trova più Quantum o, almeno, così ho
scoperto; ma Maus era talmente ossessionato da quest’energia, che è più
pulita rispetto a quella nucleare ma non meno pericolosa, che ha dedicato
tutta la sua vita alla ricerca, avendo anche dei risultati, ricreando in
laboratorio un surrogato di quest’energia.»
«Stai dicendo che questo Maus ha ricreato il Quantum?» domandò Plagg,
scuotendo il capo e atterrando davanti al suo Portatore.
«E’ grave come cosa, Plagg?» domandò Adrien, scoccando un’occhiata agli
altri Portatori: «Questo Quantum, intendo.»
«Sapete che noi sette eravamo umani, giusto?» iniziò il kwami nero,
allungando una zampina in avanti e indicando gli altri spiritelli: «E ci
siamo uniti agli spiriti sacri alle nostre tribù…»
«Diventando ciò che siete ora.» continuò Marinette, annuendo con la testa:
«Ma questo cosa…»
«Ciò è stato possibile grazie al Quantum. Ma è un’energia talmente
instabile e distruttiva che spazzò via la nostra nazione e la sua
cultura.» dichiarò l’esserino, scuotendo il capo: «In un giorno e una
notte il mondo che conoscevamo venne distrutto: il primo Gran Guardiano,
che era anche il Gran Sacerdote della tribù di Wayzz, disse che era felice
che quell’energia si fosse esaurita e che questo mondo non ne aveva
bisogno, ma ora…» Plagg si fermò, osservando Alex: «Ma ora…»
«Maus non ha ancora ricreato il Quantum originale.» dichiarò Alex,
togliendosi gli occhiali e pulendoli con un angolo della felpa scura che
indossava: «Gli manca un piccolo ingrediente, diciamo così.»
«E cosa?»
L’americano inforcò nuovamente gli occhiali, facendo spaziare lo sguardo
su tutti i presenti: «Indovinate un po’? I Miraculous.»
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.878 (Fidipù)
Note: Ciao a tutti e bentornati sulle pagine di Miraculous Heroes
2! Prima di passare alle mie solite chiacchiere random, oggi vorrei
ringraziare una persona che, costantemente, tormento per sapere le
tempistiche che servono per cucire una determinata cosa o cosa serve o
come si chiama quel determinato capo...insomma, le faccio una testa tanta
a furia di domande! Grazie tantissimo e scusami se ti rompo sempre!
Bene! E adesso passiamo alla parte scema delle note! Siete pronti? Mh. A
conti fatti non c'è molto da dire, dato che ci sono particolari zone di
Parigi e...beh, l'unica cosa che posso dirvi è che nel film citato da
Rafael, i mostriciattoli sono chiamati Mogwai, che è un altra trascrizione
della parola Mogui (e non mi ricordo se avevo detto questo piccolo
particolare, quando parlai dei Mogui in Miraculous Heroes. Sto
invecchiando, mi sa).
Qualcuno si ricorda di Mogui, vero?
Ok, ok. La pianto con le mie scemenze e vi lascio al capitolo. Come
sempre, però, voglio ringraziarvi perché se sto continuando a un ritmo
veramente ottimo (almeno per me, che sono più pigra di un Plagg senza
camembert) è anche per merito vostro, quindi grazie a tutti voi che
leggete, commentate, inserite questa storia nelle vostre liste, la
spacciate come se fosse droga buona....insomma, grazie grazie grazie grazie grazie grazie grazie!
Tikki addentò il biscotto, studiando la
ragazza che, completamente assorta, stava osservando il monitor del pc:
«Stai di nuovo sbavando su qualche foto di Adrien?» domandò la kwami,
posando il dolcetto e volando fin sulla spalla della ragazza: «Mh.
Compiti?»
Marinette scosse il capo, portandosi indietro una ciocca che le
solleticava il collo: «Stavo facendo un po’ di ricerche su Dottor Maus e
questo Quantum…» spiegò la ragazza, muovendo il mouse e cliccando sul
link: «Beh, non che abbia trovato chissà cosa, solo alcuni articoli di
qualche anno fa: Parigi salva. Pavo sventa l’ennesimo tentativo di Maus.
Mh, a quanto pare era parecchio attivo qui a Parigi…» mormorò la ragazza,
muovendosi sulla sedia e portandosi una gamba sotto al sedere: «E questa
Pavo…»
«Era sicuramente la mamma di Adrien.» dichiarò Tikki, annuendo con la
testa e osservando la foto che ritraeva l’eroina in lontananza: «Non
ricordi niente di quel periodo?»
«Ero piccola e non m’interessavo tanto a ciò che succedeva.» mormorò
Marinette, poggiando la testa contro il pugno chiuso e muovendo
distrattamente il mouse con la mano libera: «Forse potrei sentire Alya: di
sicuro lei sa qualcosa…»
«E’ un’idea.»
«Domani la chiamo, così sento anche come le è andato il primo giorno in
facoltà.» mormorò Marinette, annuendo e fissando la foto sgranata
dell’articolo, scuotendo poi la testa e tornando al motore di ricerca,
digitando la parola Quantum: «Tu sai qualcosa su questa energia, Tikki?»
«Il Quantum è stato ciò che mi ha unito agli orecchini.» mormorò la kwami,
inclinando la testolina e sospirando rumorosamente: «Forse Wayzz è quello
che ne sa più di tutti: era a un passo dal diventare Gran Sacerdote, prima
di…beh, di offrirsi come volontario per proteggere il nostro paese.»
«Eravate in guerra, se ho capito bene.»
«Sì. Il regno vicino al nostro era alimentato dalla sete di potere e
utilizzò il Quantum per i suoi fini, ma quell’energia…» il piccolo spirito
scosse il capo, abbozzando un sorriso: «Come ha detto Plagg è altamente
instabile e pericolosa.»
«Pericolosa come quelle gambe? Seriamente, my lady, le tue gambe sono
qualcosa di…» Marinette si voltò, trovando Chat Noir comodamente seduto
nel vano dell’oblò, una mano al cuore e il suo solito sorrisetto insolente
sulle labbra: «Sexy? Mh. No, sexy non rende assolutamente la mia voglia di
sentirle avvolte al mio bacino, mentre…»
«Chat!» esclamò la ragazza, balzando in piedi e fissando l’eroe: «Cosa...?
Che…?»
«Buonasera, my lady.» la salutò il giovane, scivolando dentro la stanza e
chinandosi con fare cavalleresco, facendo poi scorrere lo sguardo verde
sul suo corpo, facendola sentire nuda nonostante la maglia e i
pantaloncini del pigiama: «Mh. Che fine a fatto quella graziosa camicetta
da notte che tanto adoro?»
«E’ a lavare.» dichiarò Marinette, stringendosi nelle braccia e sorridendo
al ragazzo: «Qual buon vento ti porta qua?»
«Mh. Diciamo un vento caldo, terribilmente bollente…» dichiarò Chat,
avvicinandosi e posando le mani sulla scrivania, in modo che Marinette
fosse imprigionata fra le sue braccia; sorrise, chinandosi a baciarle il
collo e afferrando fra i denti il laccetto del reggiseno, lasciato
scoperto dallo scollo largo della maglia: «Sai, sto sviluppando una
passione per la fantasia a quadretti bianca e rosa.» dichiarò, liberando
la sua preda e riservando la stessa dedizione all’altro lato: «Oh. Sì, mi
sto veramente appassionando e mi chiedo se anche laggiù…»
«Se anche laggiù cosa?» domandò Marinette, afferrando il volto del biondo
fra le mani e portandolo davanti al suo.
Chat Noir le sorrise, facendole l’occhiolino e allungandosi in avanti,
sfiorandole le labbra con le proprie: «Beh, so quanto ti piaccia avere
l’intimo coordinato.»
«Perché sei così ossessionato con la mia biancheria?» dichiarò Marinette,
scuotendo la testa e posandogliela contro la spalla, sentendolo
ridacchiare mentre le mani guantate, le accarezzavano delicatamente la
schiena.
«Beh, sarebbe strano se fossi ossessionato con quella di Alya. O di Sarah.
O anche della volpe.»
«Si chiama Lila, Chat.» mormorò Marinette, dandogli uno sbuffetto sul naso
e ridacchiando allo sguardo verde.
«Perché ridi?»
«Il tuo sguardo. Ogni volta che ti tocco, e sei trasformato, hai questo
sguardo da gattino curioso.»
«Ma io sono un gattino molto curioso…» le bisbigliò, sfiorandole
l’orecchio con le labbra: «Un gattino tanto ma tanto tanto curioso di
sapere…»
Qualcosa lo mise in allarme e la ragazza l’osservò saltare velocemente sul
soppalco e nascondersi fra le ombre, nello stesso istante in cui Sabine
apriva la botola e si affacciò nella stanza: «Marinette. Mi sono
dimenticata di dirti una cosa.» iniziò la donna, finendo di salire le
scale mentre la figlia lanciava un’occhiata nervosa nel punto in cui Chat
era nascosto: «Oggi è passato il signor Haprèle, il papà di Myléne,
e mi ha chiesto se puoi aggiustargli questa.» dichiarò, passando alla
figlia della stoffa scura; Marinette la spiegò, osservando la giacca
scura, che il mimo indossava molto spesso durante i suoi spettacoli, e
trovando lo strappo che andava da sotto l’ascella fin quasi al gomito:
«Non guardarmi così. Non so cosa ci ha fatto.» precisò la madre, alzando
le mani di fronte allo sguardo della figlia.
La ragazza sospirò, studiando ancora un po’ lo strappo e annuendo con la
testa: «Mi ci vorrà un giorno, più o meno.» mormorò, rigirandosi la stoffa
fra le mani: «Sì, un giorno. Ti ha detto quando gli serve?»
«Ha detto di fare con calma.» dichiarò Sabine, sorridendole: «Al momento
non ha spettacoli e immagina che sei impegnata con la scuola. Com’è andata
oggi, piuttosto?»
«Bene.» rispose Marinette, posando la giacca sulla scrivania e voltandosi
verso la madre: «L’ambiente è interessante e i professori sembrano sapere
di che parlano. Ah, ho trovato Nathanael. Viene anche lui lì.»
«Nathanael, Nathanael…»
«Capelli rossi, sguardo verde, sempre con un blocco da disegno in mano.
Veniva al Dupont con me…»
«Ah! Quel ragazzo così timido, che veniva sempre in negozio dopo la
scuola! Scusami, tesoro, ma mi hai sempre e solo parlato di Adrien
all’epoca...»
«Mamma!»
«Ma è vero! Ogni giorno, quando tornavi da scuola, non facevi altro che
dirmi cosa aveva fatto o non fatto Adrien!» spiegò Sabine, agitando una
mano per aria: «Comunque ho capito chi intendi. Beh, sono contenta che hai
almeno un amico lì: negli ultimi anni sei sempre stata con Alya o Adrien o
con il resto del gruppo dei tuoi amici e mi preoccupavo a saperti tutta
sola in quella scuola.»
«Beh, non lo sono.»
«Ottimo.» dichiarò Sabine, raggiungendo la botola e scendendo i primi
scalini: «Non rimanere alzata fino a tardi, tesoro.»
«D’accordo.» assentì la ragazza, osservando la madre richiudere la botola
dietro di sé e, pochi secondi dopo, vide la figura scura di Chat balzarle
davanti, con un sorrisetto sfrontato sulle labbra: «E’ troppo sperare che
tu non abbia sentito niente?»
«Oh sì, my lady.» dichiarò il ragazzo, prendendola fra le braccia e
posandole le labbra contro la tempia: «E così raccontavi a tua madre di
me, eh?»
«Quella che ho tormentato di più era Alya.»
«Lo immaginavo.» dichiarò il biondo, osservandola scivolare via dalle sue
braccia e prendere il lavoro che Sabine le aveva portato: «Mh. Sei
veramente contenta che Nathanael è con te…»
«Cos’è? Sei geloso?»
«Chi? Io? Ma figurati.» dichiarò deciso il giovane, poggiando un fianco
contro la scrivania e incrociando le braccia al petto: «Non può
assolutamente competere con me: ha un decimo della mia bellezza e del mio
carisma, del mio carattere.»
«Occhio, Adrien.» dichiarò Marinette, usando il nome vero dell’eroe
mascherato e puntandogli il dito contro il naso: «Il maestro Fu dice che
chi troppo si loda, s’imbroda.» spiegò brevemente, osservando poi le iridi
verdi assumere quella particolare luce e ridendo di ciò.
«Ancora lo sguardo da gattino curioso?»
«Sì. Lo fai ogni volta. Sei carinissimo.»
«Sai, carinissimo non è un vero complimento per me: carinissimo è un
micetto paffutello che vedi in foto, ma io…»
«D’accordo, d’accordo.»
«Ora dici così, ma sono certo che alla prima occasione mi dirai di nuovo
che sono carinissimo.»
«Ma lo sei!» sentenziò Marinette, passandogli le braccia attorno alla
vita, stringendosi a lui: «E sei anche bello, dolce, gentile, simpatico,
protettivo, atletico,…» iniziò a elencare Marinette, socchiudendo gli
occhi e godendosi l’abbraccio di Chat: «affidabile, coraggioso, se…»
«Se...? Su, continua Marinette.»
«Non dirò mai quella parola.»
«Mh. Mi consideri sensuale. Bene, ottimo. Tutte cose che Nathanael, da
oggi ribattezzato Pomodoro, non è.»
«Incredibilmente geloso.»
«Non sono geloso. Dico solo quello che è ovvio.»
«Certo, certo.»
Rafael sbadigliò, allungando le braccia verso l’alto in modo da stirare i
muscoli: «Potevi rimanere a casa oggi.» mormorò Flaffy, facendo capolino
dal cappuccio della felpa e osservando il suo Portatore: «Potevi dire ad
Alain che…»
«Mi andava di lavorare.» dichiarò spiccio il ragazzo, allungando una mano
e carezzando la testolina del kwami: «Almeno così non mi sono messo a fare
congetture e teorie su questo Quantum.»
Flaffy annuì, fissandolo un attimo e sorridendo: «Sei cambiato veramente
tanto.» dichiarò orgoglioso: «Hai iniziato il tuo viaggio che eri un
piccolo hobbit sprovveduto e egoista, mentre adesso…guardati! Sei un eroe
al 100%! E lo dico io, che sono stato il kwami di molti Portatori.»
«Fra i quali anche la mamma di Perfettino, eh?»
«Sophie era una grande: sicura di sé, divertente, dedita ai suoi doveri.
Aveva preso la lotta contro Maus come una missione di vita e la svolgeva
con passione.» dichiarò Flaffy, facendo scivolare lo sguardo davanti a sé:
«Purtroppo mi dispiace non sapere tanto, quando ha iniziato a scoprire
qualcosa, ha messo il Miraculous nella sua scatola e l’ha spedito a suo
marito e…beh, finché Fu non mi ha dato a te, io ho continuato a dormire.»
«Tranquillo.» dichiarò il giovane, carezzando nuovamente la testolina blu:
«Abbiamo sconfitto Coeur Noir e l’abbiamo liberata da Chiyou, possiamo
anche affrontare questo scienziato pazzo.» sentenziò sicuro, voltandosi
poi verso l’alto e sorridendo: «Tana per Bee!»
L’eroina balzò giù da un tetto, incrociando le braccia al seno e
fissandolo male: «Non puoi avermi visto stavolta.» decretò la ragazza,
mentre Rafael ricopriva lo spazio che li separava, catturandole poi le
labbra con le proprie: «Davvero, non puoi…» riprese Bee, mentre il giovane
metteva mano ai capelli e le toglieva il pettinino, facendo azionare così
la trasformazione.
«Sarah, il tuo costume è giallo.» le spiegò, passandole il Miraculous e
osservandola mentre la sua kwami le risistemava i capelli: «Ti vedo.»
«Eri voltato in avanti, non puoi…» Sarah si fermò, mentre Rafael le indicò
le finestre dell’abitazione davanti: «Cosa?»
«Il riflesso. Anche se è buio, grazie alla luce dei lampioni qualcosa si
vede e…»
«Ecco perché.» decretò l’americana, sospirando mentre il giovane le
passava un braccio attorno alle spalle e la stringeva a sé: «Ce la farò un
giorno.»
«Perché sei così fissata dal volermi pedinare senza essere scoperta?»
sospirò il francese, voltandosi verso la ragazza e assottigliando lo
sguardo: «Non è che…»
«Che lo faccio perché penso che tu mi tradisca con qualcuna? No.»
«Sì, invece.»
«No, davvero.» dichiarò Sarah, ridacchiando e facendo un passo in avanti,
in modo da guardarlo in faccia: «Mi fido ciecamente di te e so quanto sei
cambiato da quando ci siamo conosciuti.»
«E allora perché?»
«Non volevo rimanere a casa e non sapevo che fare.»
«Non volevi rimanere a casa e non sapevi che fare?.»
«Già.»
«Mi stai dicendo che mi stalkeri perché ti annoi?»
«Detto così non è bello, comunque no: ero a casa e ho iniziato a pensare a
quello di cui abbiamo parlato oggi e…»
«Sarah…»
«Pedinarti – e cercare di non farmi scoprire – è un modo per non pensarci.
Ecco.»
«Tu devi assolutamente trovarti qualche hobby, Sarah.»
«Ehi, genio.» Flaffy fluttuò vicino all’orecchio dell’umano: «La ragazza
fa tutto questo per stare con te. Poche polemiche e baciala.»
«Cosa…?» mormorò Sarah, guardando prima il kwami e poi il ragazzo che,
alzando una mano infilò brutalmente lo spiritello nel cappuccio della
felpa.
«Ignoralo.» dichiarò seccamente Rafael, scuotendo il capo e posando il
capo contro la spalla della bionda: «Per caso ieri ha trovato una replica
de La Sirenetta e…beh, sembra che dopo il Signore degli Anelli stia
sviluppando una certa adorazione per i film Disney.»
Sarah ridacchiò, posandogli le labbra sulla guancia e abbracciandolo: «Se
ti consola Vooxi ha fatto vedere Harry Potter a Mikko e adesso lei è
impazzita per Hermione e Ron.»
«Come?»
«Le piacciono le storie d’amore.»
«Continuo a dire che Fu doveva metterci le istruzioni con le scatole che
contenevano i Miraculous. Un po’ come in Gremlins. Hai presente? E’ un
film vecchio…»
«Sì, penso di averlo visto una volta o due.»
«Ecco, c’era questo venditore cinese che vendeva queste creature e insieme
dava delle istruzioni.» spiegò velocemente Rafael, scuotendo il capo: «Il
maestro doveva fare così, quando ci ha lasciato le scatole con i
Miraculous: al loro interno ci sono degli esserini a cui dovete dare da
mangiare solo questo cibo - qui doveva dire cosa mangiavano a seconda del
kwami – tenerli lontani da tv e qualsiasi apparecchio elettronico.»
«Penso sarebbe meno divertente senza la fissa di Flaffy per Il Signore
degli Anelli o di Vooxi per Harry Potter.
«Parli così perché la tua kwami non ha fisse.» decretò Rafael, scuotendo
il capo e dando una veloce occhiata al cellulare: «Andiamo, ti accompagno
a casa.»
«Ma…»
«Se pensi che ti lasci andare da sola per Parigi, di notte, ti sbagli.
Trasformata o non trasformata.» dichiarò prontamente il ragazzo, tirando
fuori il monile che teneva appeso al collo e sorridendo: «Flaffy,
trasformami.»
«Io non capisco…» iniziò Wayzz, mangiucchiando la foglia di insalata:
«Harry è diventato il prescelto perché Voldemort l’ha marchiato come tale.
Giusto?»
«Esatto!» esclamò Vooxi, fluttuando per aria e sorridendo alle immagini
ferme sulla tv: «E’ stato Voldemort stesso a nominare il suo rivale.»
Wayzz annuì, osservando il volto dell’attore che interpretava il
protagonista e poi il kwami arancione: «E non poteva mandare qualcuno a
ucciderlo mentre era ancora piccolo? Capisco che doveva riprendersi, ma
aveva schiere di seguaci…»
«Tu non comprendi il potere dell’amore!»
«Io non comprendo…» dichiarò Lila, alzando la testa dalla spalla di Wei e
fissando male i due kwami: «Perché ogni sera dovete monopolizzare la tv.»
«Voi due.» decretò Vooxi, fissando la sua Portatrice e atterrando sul
tavolino: «Perché non andate a fare quello che fate tutte le sere?»
«Vooxi!» tuonò Lila, alzandosi in piedi e fronteggiando il suo kwami:
«Continua così e ti costringo a leggere di nuovo La maledizione
dell’erede.»
«Non puoi. Ho gettato quel libro.»
«Compro una nuova copia e ti ci lego.»
«Lila…» mormorò Wei, allungando una mano e cercando di attirare
l’attenzione della ragazza; Wayzz volò sulla sua spalla, fermandolo con un
gesto del capo e osservando poi i due litiganti: «Lascia che la tempesta
si scateni, solo così potrà tornare il sereno dopo.» dichiarò, addentando
la foglia di lattuga con fare serio.
Gabriel osservò il ritratto della moglie, carezzandole i lineamenti:
«Maus…» mormorò, posando il portafoto sulla scrivania e togliendosi gli
occhiali, massaggiandosi il setto nasale e ignorando lo sguardo
preoccupato del suo kwami.
«Gabriel…»
«Stai tranquillo, Nooroo.»
«Non sarebbe il caso di dirlo? Tu non puoi…» il kwami della farfalla volò
sulla sua mano, stringendogli il dito con la fede nuziale fra le zampette:
«Io non voglio che….»
«Sto bene, Nooroo.» dichiarò l’uomo, liberando la mano e carezzando il
capino dell’esserino: «Combatterò se necessario.»
«Non voglio perderti, Gabriel.»
Alex addentò il panino, osservando la piccola finestra del pc, ove
compariva la donna che lo aveva sfruttato per i suoi scopi: «Com’è il
Tibet, Willie?» domandò, masticando lentamente il boccone e vedendo
l’altra sospirare.
«Pieno di capre.» dichiarò la donna, portandosi una mano alla fronte e
tirando indietro i capelli: «Tu dove sei? Quella non è camera tua.»
«A Parigi!» esclamò allegro Alex, allargando le braccia: «Per la
precisione ospite – autoinvitato – dal tuo amico Fu. Non sono entrato ad
Harvard e ho pensato che fosse meglio mettere un oceano fra me e mio
padre.»
«Quindi ritroverò anche te al mio ritorno?»
«Se ritornerai, Willie.»
Willhelmina si portò una mano alla fronte, massaggiandosela come se avesse
dolore: «Hai quello che ti ho chiesto?» domandò con voce stanca e gettando
un’occhiata al monitor.
«No, spiacente. Nessuna dose di droga per te: lo spacciatore ha detto che
dopo i centocinquant’anni fa male.»
«Alex…»
«Ok, ok. Ti ho già mandato i file su Maus e il Quantum.» dichiarò, posando
il suo spuntino e digitando qualcosa sulla tastiera: «Per quanto riguarda
l’ubicazione dello scienziato pazzo…beh, pensavo sarebbe stato più
difficile, ma o è incredibilmente sicuro di sé o incredibilmente idiota,
dato che sono riuscito…Senti è un po’ difficile non fare due più due
quando scopri che ha chiamato il posto in cui vive Maus Temple.»
«Stai scherzando?»
«Mi piacerebbe.»
«Questo è un demente.»
«Demente o no, è pericoloso.» dichiarò Alex, appoggiandosi allo schienale
della sedia e mandando indietro gli occhiali con l’indice:
«Incredibilmente pericoloso e vicinissimo a creare il Quantum originale:
gli mancano solo i Miraculous, da quanto ho letto dai suoi file…»
«Sei entrato…»
«Nel suo pc? Ehi, se uno è imbecille e non aggiorna le protezioni che
posso farci io?»
«Giustamente.» assentì Willhelmina, sospirando rumorosamente: «E per
quanto riguarda Sophie Agreste.»
«Ho cercato un po’, ma ho perso le sue tracce. Le ultime notizie risalgono
a quasi dieci anni fa, quando ha preso un aereo per Lhasa. Inoltre, fra i
file del nostro amico c’è una cartella chiamata S.A.» Alex si fermò,
storcendo le labbra: «Pensi quello che penso io, Willie cara?»
«Sophie Agreste è nelle sue mani.»
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.385 (Fidipù)
Note: Ed eccoci di nuovo qua, con un nuovo capitolo di Miraculous
Heroes 2 e...che dirvi? Ah! piccola informazione (di cui non v'interessa,
ma io ve la dico lo stesso): i nomi dei professori del IFM, l'istituto di
moda dove va Marinette, non sono inventati ma sono quelli dei professori
che lavorano effettivamente lì. E niente, poi non ho altro da dirvi a meno
che non volete informazioni dettagliate sui corsi di laurea dei nostri
miracolati (giuro, non avete idea di quanto sono complicati i siti delle
facoltà di Parigi, penso di essere impazzita nel cercare le offerte
formative...ed io che mi lamento di quello della mia!)
Ok, per oggi la smetto di darvi il tormento con queste notiziole random e
vi lascio al capitolo.
Ma prima...
Beh, lo sapete anche voi cosa c'è adesso: GRAZIE (sì, scritto tutto in
maiuscolo!) GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE! Grazie a tutti voi che leggete,
commentate, inserite la/e mia/e storia/e nelle vostre liste e la
consigliate ad amici e parenti.
Grazie tantissimo!
Sophie osservò l’uomo che stava
pattugliando il corridoio, ritornando poi nel suo nascondiglio: erano
passate parecchie ore da quando era fuggita dalla sua cella, eppure si
trovava ancora in territorio nemico; si appiattì contro il muro,
inspirando profondamente e sperando che il proprio corpo ricordasse ancora
le tecniche di combattimento che aveva appreso tempo addietro.
Socchiuse gli occhi, attendendo che il soldato si avvicinasse alla sua
tana, poi sgusciò alle sue spalle e lo colpì con il taglio della mano
sulla nuca, vedendolo crollare a terra; si guardò attorno, sperando che
non ci fosse nessun’altro e, con molta fatica, trascinò l’uomo all’interno
della piccola alcova che l’aveva ospitata fino a quel momento.
Sbuffò, togliendo i vestiti alla sua vittima svenuta e, velocemente, si
spogliò, indossando la tuta mimetica scura e gli scarponi; si arrotolò la
lunga capigliatura bionda, nascondendola all’interno del passamontagna,
che era in dotazione con l’equipaggiamento bellico: si portò la maglina
sopra il volto e sperò che quello bastasse per farla mimetizzare assieme
alle altre guardie di Maus. Sistemò la pistola nella fondina e appese il
fucile alla spalla: «Bene.» sentenziò, dando un’ultima occhiata all’uomo
svenuto e abbozzando un sorriso: «Grazie mille, eh!»
Scivolò nel corridoio, dando una veloce occhiata dietro di sé, iniziando a
marciare sicura di sé. nonostante non sapesse assolutamente dove andare;
arrivò all’intersezione con un altro corridoio e, guardando sia a destra
che a sinistra, si trovò indecisa su che direzione prendere, poi un ordine
urlato la fece decidere e svoltò a sinistra.
Seguendo voci e rumori, raggiunse velocemente l’esterno e rimase basita da
ciò che trovò: la base di Maus si trovava circondata da…
Montagne.
Montagne altissime.
Sophie rabbrividì, osservando la neve adagiata per terra e alzando poi lo
sguardo verso il cielo plumbeo, trovando l’enorme versante del massiccio:
Maus aveva detto di essere in Tibet.
Ok. Ma quale parte del Tibet?
«Ehi tu!» abbaiò una guardia verso di lei, facendola trasalire: «Sei uno
dei nuovi, vero? Il dottore continua a portare qua novellini e poi se ne
va...» l’uomo si fermò davanti a lei, scuotendo la testa: «Scommetto che
non parli nemmeno la nostra lingua.» sospirò, fissandola e poi indicando
il furgone poco lontano: «Tu andare con altri. Andare giù a fare
rifornimento. Andare e fare rifornimento. Capito?»
Come servire la libertà su un piatto dorato e contornato di patitine
fritte.
Sorrise, mettendosi sull’attenti e. annuendo con il capo, corse poi verso
il mezzo che le era stato indicato, saltando a bordo.
Ok, aveva perso il volo sulla Maus Airline, ma poteva sempre trovare il
modo di tornare in Francia da sola, no?
Adrien aprì le palpebre, osservando stranito la stanza in cui era: la
conosceva perfettamente, dato che era la camera di Marinette, solo non
capiva come mai fosse inondata di luce; si mise a sedere nel letto,
guardandosi intorno con fare assonnato: «Se ti stai chiedendo perché siamo
ancora qui…» dichiarò Plagg, fluttuando davanti al volto: «…è perché
qualcuno si è addormentato e ronfava anche della grossa.»
«Dov’è Marinette?»
«Di sotto. Sta facendo colazione.» dichiarò Tikki, affiancando il kwami
scuro e sorridendogli: «Ha detto che ti porterà un croissant.»
«Ottimo!» sentenziò Adrien, scostando le lenzuola e gettando le gambe
fuori dal letto, guardandosi attorno alla ricerca dei suoi vestiti.
«Oh. Tu e il tuo vizio di girare nudo.» sbuffò Plagg, volando nel piano
inferiore della camera e afferrando l’intimo e gli indumenti del giovane:
«Tieni. Vestiti, prima che io voglia suicidarmi per colpa di quello che ho
visto.»
«Sai, Plagg, le ragazze di Parigi farebbero carte false per avere un
simile spettacolo.» dichiarò Adrien, infilandosi i boxer e tirandoli su:
«Tu che dici Tikki? Sei una signorina, quindi esprimi liberamente il tuo
parere.»
«Beh, Plagg bisogna ammettere che Adrien è quello che di solito si dice
bel vedere.» mormorò la kwami, fluttuando al giovane e sorridendo
divertita di fronte allo sguardo sconvolto dello spiritello nero: «Cosa ho
detto?»
«Tu! Traditrice!»
Adrien sorrise, ascoltando i due kwami iniziando a litigare e finì di
vestirsi, dando un’occhiata alla camera e respirando a pieni polmoni
l’aria che sapeva di Marinette; scese le scalette del soppalco, sedendosi
alla scrivania della ragazza e guardandosi intorno: raramente era solo in
quella camera e, altrettanto sporadicamente, aveva dato un’occhiata
approfondita a quelle quattro mura.
Le tinte rosa, la mobilia, tutto gli ricordava il carattere di Marinette.
Poggiò un gomito contro la scrivania, prendendo uno dei blocchi da
disegno, impilati ordinatamente accanto al monitor del pc, e sfogliò
distrattamente le pagine, sorridendo di fronte ad alcuni schizzi di abiti:
«Visto qualcosa che t’interessa?» gli domandò la voce di Marinette alle
spalle; il ragazzo sobbalzò, girandosi sulla sedia e osservando la mora in
piedi e con un sorriso sulle labbra: «Scusa, sono riuscita a prenderne
solo uno.» dichiarò, passandogli una brioche e una salviettina di carta.
«Questo vestito da…» si fermò, picchiettando il dito sulla bozza:
«…strega, penso.»
Marinette si allungò, studiando l’abito della tonalità blu notte e
arancio: «Ah! Quello!»
«Non è male.»
«L’ho disegnato mentre Sarah mi parlava dell’ultimo Halloween che ha
passato in America.»
Adrien annuì, tornando a fissare il disegno e addentando il croissant:
«Secondo te le manca casa?» domandò, poggiando la testa indietro e
sorridendo, quando sentì Marinette abbracciarlo: «Insomma, è qui da sola.
Ok, ha Rafael e adesso c’è anche Alex, ma…»
«Sarebbe strano se non le mancasse.» mormorò Marinette, baciandogli il
collo: «Lila aveva proposto di fare una festicciola di Halloween a fine
mese, invitare un po’ tutti quelli che andavano alla Dupont, solo che fra
l’inizio dei corsi e tutto…beh, non ne abbiamo più parlato.»
«Sarebbe un’idea interessante.» dichiarò Adrien, annuendo e indicando: «E
pretendo di vederti vestita così.»
«Pretendi? Ma ti ho detto…»
«Dopo ne parlo con Rafael. Magari possiamo fare qualcosa al Cigale.»
Adrien si alzò in piedi, poggiandosi con i fianchi alla scrivania e
annuendo fra sé: «Mh. Pensiamo cosa può fare coppia con una streghetta?»
«Un gatto nero?»
«Ah. Ah. Spiritosa.»
Lila sbadigliò, entrando nella cucina dell’appartamento e notando Wei
completamente assorto nella lettura: «Buongiorno.» mormorò, sedendosi
davanti a lui e reprimendo un gemito alla vista della copertina: «Vooxi ti
ha plagiato.»
«E’ una storia carina.» dichiarò il cinese, chiudendo il primo volume di
Harry Potter e posandolo sul tavolo: «Poi è molto buona per migliorare il
mio francese.»
«Lo stai già parlando bene.» sentenziò Lila, voltandosi indietro e
osservando la moka già pronta sul fornello: «Wei, sei da sposare.»
«Facciamo un matrimonio doppio con Adrien e Marinette quando lo faranno?»
«Il micetto mi ucciderebbe, nel caso.»
Rafael sbadigliò, svogliando distratto il libro di Storia dell’economia in
attesa che il professore entrasse in classe: «Sto iniziando a capire Lila
e la sua fissa per il caffè.» bofonchiò, mentre Flaffy faceva capolino
dalla felpa: «Per poi ricordarmi che io non posso berlo.»
«Questo succede a fare il cavaliere, Rafael.»
«Non potevo lasciare che Sarah andasse a giro per Parigi. Da sola. Di
notte.»
Flaffy sorrise, fissando fiero il suo umano: «Sono sempre più orgoglioso
di te.» dichiarò, tornando nel suo nascondiglio per poi uscire un secondo
dopo: «E Sarah mi piace. Tanto. E’ in gamba e forte, mica come quelle che
ti facevi fino a qualche tempo fa.»
«Ho la tua approvazione?»
«E’ quella giusta, amico.» dichiarò Flaffy, tornando poi al sicuro nella
felpa del ragazzo, mentre Rafael alzò lo sguardo, in tempo per vedere
Adrien entrare di corsa nell’aula e sedersi accanto a lui.
«Le Cigale. Halloween.» boccheggiò il biondo, posando lo zaino e
inspirando profondamente.
«E’ una sfida? Della serie: troviamoci al Cigale per Halloween e…»
«Perché continuo a sperare che tu usi i due neuroni che hai, eh pennuto?»
«Perché continuo a sperare che tu sia meno egocentrico, eh Perfettino?»
Adrien sbuffò, prendendo i libri della lezione e posandoli davanti a sé:
«Marinette e la volpe vorrebbero fare una festicciola per Halloween per
Sarah, dato che è qui, lontana da casa sua…»
«Capito. E pensavi di farla al Cigale?»
«E’ possibile?»
«Penso di sì, basterebbe parlare con Alain.» mormorò Rafael, annuendo con
la testa: «Ma pensi sia il momento giusto per farlo? Con quello che ci ha
detto ieri Alex e tutto…»
«Se ho imparato una cosa, nella mia carriera di supereroe, è che non c’è
mai un momento giusto.» decretò Adrien, sorridendo: «Quindi tanto vale
farla e…»
«E…»
«E io devo vedere Marinette con quel vestito da strega.»
«Ecco il vero motivo per cui vuoi fare la festa.»
«Non rompere.»
Marinette sorrise, vedendo Nathanael già seduto in aula e velocemente lo
raggiunse: «Buongiorno!» esclamò, sedendosi nel posto accanto a quello del
ragazzo e osservandolo voltarsi e studiarla: «Era già occupato forse?»
«No. No. Tutto tuo, Marinette.» biascicò il rosso, chinando lo sguardo e
sorridendo: «Sei pronta al primo giorno?»
«No. E tu?»
«Nemmeno io.» sentenziò Nathanael, zittendosi all’entrata in classe della
professoressa.
Marinette si voltò anche lei, osservando la donna prendere posto alla
cattedra e sorridere a tutti: «Buongiorno a tutti, io sono Sylvie Burlot.»
si presentò, prendendo il proprio laptop dalla borsa e posandolo sul
tavolo: «E non sono qui per insegnarvi, ma per vedere chi fra di voi ha
quella creatività adatta a diventare qualcuno in questo settore; alla fine
del mio corso voi avrete una vostra collezione, ognuna composta da
sessanta modelli ciascuno – per quanto riguarda il corso di abbigliamento
– e di più di venticinque accessori, per il corso di oggettistica.» si
fermò, facendo vagare lo sguardo sulla classe e sorridendo: «Gran parte
del vostro lavoro, del vostro futuro lavoro, si baserà sulla
collaborazione, quindi…» Sylvie sorrise, allargando le braccia: «Miei
giovani virgulti, vi conviene fin da ora trovare dei partner in questa
avventura.»
«Vuoi essere il mio partner?» domandò Marinette, voltandosi verso
Nathanael e sorridendo: «In memoria dei vecchi tempi della Dupont.»
«Ci sto.»
Sarah sorrise al messaggio di Marinette, scuotendo il capo e digitando
velocemente la risposta: sessanta
modelli? In pratica ti farai il guardaroba per questo corso ;)
In pratica sì. A te come sta andando?
Sto aspettando l’arrivo del professore
di archeologia pre e protopreistorica.
Sembra roba interessante.
E’ solo il nome di un corso dove ti
faranno vedere dei sassi. Tanti sassi. Ah, è arrivato.
Sarah infilò il cellulare in borsa, sorridendo a Mikko che dormiva
tranquillamente e osservò l’uomo che si stava mettendo dietro la cattedra:
aveva un che di familiare con i capelli mori spettinati e lo sguardo
allegro, anche se non capiva dove avesse già visto quell’uomo: «Buongiorno
a tutti.» li salutò il professore, passandosi una mano fra i capelli e
sistemandosi poi gli occhiali: «Il mio nome è Emile Fabre.»
Fabre.
Fabre.
Il cognome di Rafael era Fabre.
L’americana aprì velocemente la borsa e afferrò il cellulare, svegliando
la kwami che la fissò confusa, mandando poi velocemente un messaggio al
suo ragazzo.
Come si chiama tuo padre?
«Ma cosa…?»
«Problemi?» domandò Adrien, annotando le ultime parole del professore e
voltandosi verso l’amico.
«No. E’ Sarah.» mormorò Rafael, scuotendo il capo e digitando velocemente
la risposta, posando poi il cellulare vicino al libro e attendendo una
risposta da parte della ragazza; poco dopo l’apparecchio vibrò e Rafael lo
prese immediatamente, aprendo velocemente il messaggio.
Forse tuo padre è un mio insegnante: si
chiama esattamente come lui.
«Cosa?»
«Ripeto: problemi?»
«Non è possibile.»
«Ma cosa?»
«Sarah dice che mio padre è un suo insegnante. Ma è da qualche parte a
giro per il mondo, da quel che so.»
«Omonimia, forse?»
«Può essere.»
A casa sono solo, quindi non può essere
lui. Magari è uno che si chiama nello stesso modo.
Sarah rilesse l’ultimo messaggio di Rafael, osservando il professore che
stava parlando di quello che avrebbe affrontato nel suo corso.
Sì, sicuramente era come aveva detto il ragazzo.
Chi meglio di lui poteva sapere qualcosa riguardo al padre? Anche se, da
come parlava, Rafael non sapeva mai esattamente dove fosse.
Con un sospiro, Sarah mise nuovamente il cellulare in borsa, abbozzando un
sorriso a mo’ di scusa a Mikko e iniziando poi a seguire attentamente la
lezione.
Anche se…
Anche se…
Anche se non poteva negare la somiglianza che c’era fra il suo ragazzo e
l’uomo che stava illustrando il programma del corso.
Mi sto annoiando, gattaccio.
Senti, volpe, io sarei a lezione.
Ed io mi annoio. Ho un buco di un’ora e
non so che fare.
Rompi le scatole al tuo uomo, scusa.
Wei al momento sta lavorando.
Sarah?
Lezione. Non mi risponde. E anche la
tua fidanzatina non mi risponde.
Rompile al pennuto. E’ qui accanto a me
e non sta facendo niente.
Anche tu non fai niente, se mi
rispondi.
Muori, volpe.
Lila ridacchiò alla risposta di Adrien e picchiettò le dita sul cellulare,
aprendo la conversazione con Rafael e iniziando a disturbare anche lui.
Piumino, il gattaccio mi ha detto di
dare noia a te.
Lila. Ma non puoi chiamare Wei? Sono a
lezione, sai?
L’italiana ridacchiò, posando il cellulare sulle gambe e attendendo:
conosceva molto bene i due galletti e…
Sorrise, quando sentì il cellulare vibrare: «Sì?» domandò, rispondendo
alla chiamata e sentendo un sospiro dall’altro lato.
«Mi sono arrivati messaggi disperati di Rafael e Adrien, sai?» le domandò
Wei con la voce affannata.
«Cosa stai facendo?»
«Sto sistemando il nuovo carico di Mercier…»
«E allora come…»
«Mercier mi ha gentilmente prestato il suo auricolare blue…blue…come si
dice?»
«Bluetooth?»
«Esattamente.» assentì Wei, facendola sorridere: «Così posso parlare e tu
lasci in pace quei due poveracci. Ti rendi conto che anche Mercier ha
avuto pietà di loro?»
«Come si può avere pietà di un gattaccio e di un piumino?»
«Non lo so, dimmelo tu.» dichiarò il giovane cinese, facendola sorridere:
«Devo parlare con il maestro, la prossima volta: come può aver dato un
Miraculous a una persona così dispettosa e infantile?»
«Ehi! Quando voglio so essere seria e affidabile.»
«Lila…»
«Sono quei due che tirano fuori il peggio di me.»
«Lila…» sospirò Wei e la ragazza fu quasi certa di vederlo, mentre
scuoteva il capo e sorrideva: «La prossima volta che hai un’ora di buco,
chiama me senza dar noia a Rafael e Adrien, ok?»
«D’accordo.»
«Brava ragazza.»
Maus osservò la città francese dove presto sarebbe atterrato, sorridendo:
erano passati anni dall’ultima volta che era stato a Parigi, da quando
aveva terrorizzato la capitale francese con le sue invenzioni: «Parigi.»
mormorò, carezzando il vetro e ridacchiando: «Presto, mia cara città, tu
conoscere terrore di mio nome, ja. E anche nuovi eroi. Ja, ja.»
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.481 (Fidipù)
Note: Ed eccoci di nuovo qua con Miraculous Heroes 2! Maus ancora
non arriva a Parigi e i nostri eroi si godono la tranquillità delle loro
vite, ma non sarà così per molto altrimenti...beh, altrimenti non sarebbe
Miraculous Heroes. Mh, vediamo. Che dire di questo capitolo? A parte il
fatto che Vooxi e Flaffy torneranno ad essere i soliti fissati di sempre
(Flaffy, poi, con la scoperta della Disney sta scoprendo nuovi mondi. Mi
chiedo quando chiederà a Rafael di comprargli i giochi di Kingdom
Hearts...).
E niente, vi lascio direttamente al capitolo, ringraziandovi come sempre
per leggere ciò che scrivo, commentarlo e inserirlo in una delle vostre
liste (Sì, oggi sono sbrigativa ma domani ho un esame e
quindi...ripasso!).
Grazie grazie grazie grazie grazie grazie!
Alex dette velocemente un’occhiata alla
mappa sul cellulare e sorrise alla vista del locale, dall’altra parte
della strada; si sistemò gli occhiali sul naso, guardando a destra e a
sinistra e attraverso la strada dirigendosi verso lo Starbucks, ove aveva
appuntamento con le eroine parigine.
Osservò le vetrate riflettenti, circondate da muri neri, e annuì al suo
riflesso: da quando era stato Mogui aveva qualche problemino a guardarsi
allo specchio, timoroso di vedere di nuovo il guerriero nero.
Tutto ok.
Era ancora lui.
Inspirò profondamente, avvicinandosi alla porta e spingendola verso
l’interno, venendo subito accolto dagli aromi del locale; si fermò sulla
soglia, guardandosi un attimo attorno e sorridendo alla vista
dell’italiana: «Bonsoir, Lila.» la salutò, scostando una delle sedie del
tavolo.
«Ho solo una domanda, prima che ti sieda al mio tavolo.» dichiarò Lila,
fissandolo seria.
«Al tavolo della nostra casa.» precisò il kwami della ragazza, facendo
capolino dalla tasca della felpa: «E per la cronaca è Grifondoro, anche
se quel sito idiota di Pottermore ha detto che sono Tassorosso!»
«Vooxi…»
«Tranquillo, amico. Secondo Pottermore sono Grifondoro.» dichiarò Alex,
sedendosi e sorridendo al kwami: «Comunque qual era la domanda, Lila?»
«Che rapporto hai con il caffè?»
«Mh. Diciamo che ne bevo in quantità industriali.» spiegò il ragazzo,
sistemandosi gli occhiali: «Anche se, mea culpa, non ho mai provato quello
del tuo paese.»
«Almeno tu non sei inutile come Rafael.»
«Prego?»
«Lila!» esclamò la voce di Sarah, arrivando al tavolo e fissando
l’italiana con le mani sui fianchi: «La smetti? Non è colpa di Rafael se
non può berlo!» sbottò la bionda, sedendosi e guardando male l’altra,
mentre Marinette le raggiungeva scuotendo la testa.
«Ok, ok.» Lila alzò le mani, sorridendo: «Devo ammettere che, tolto questo
piccolo difetto, anche Rafael ha degli argomenti interessanti. Molto
interessanti. Ha quelle fossette agli addominali che…» la castana scosse
il capo, sorridendo alla faccia imbarazzata dell’americana: «Anche Adrien
ce l’ha, ora che ci penso.»
«Lila…» sibilò Marinette, diventando leggermente rossa in volto:
«Potresti…»
«Tranquilla, non lo voglio. Il problema di Adrien è che lo vorresti legato
al letto a tua completa disposizione, finché non apre bocca. In quel
momento, l’unica cosa che vorresti è ucciderlo. Stessa cosa per Rafael:
bellissimi, almeno fino a quando non parlano.» sentenziò Lila, incrociando
le braccia e osservando le amiche: «Mentre Wei…beh, lui è semplicemente
perfetto. E ha quella schiena…oh, quella schiena.»
«Immagino che quella schiena sia tanta roba.» dichiarò Alex, piegandosi
leggermente in direzione di Sarah: «Io posso dire che Fu è un uomo
simpatico, ma quando non è vestito è qualcosa di abominevole.»
«Grazie, Alex. Per avermi interrotto il mio momento di estasi.» sbuffò
l’italiana, poggiando il viso contro il pugno chiuso e osservando
l’americano, mentre Marinette ridacchiava, portandosi una mano alla bocca:
«Piuttosto, perché ci siamo incontrati noi quattro?»
«Perché io volevo stare un po’ con la mia amica.» dichiarò Alex, passando
un braccio attorno alle spalle di Sarah e stringendola, per quanto le
sedie lo permettessero: «Ma lei aveva già un appuntamento con voi e
quindi…beh, eccomi qui. Potete chiamarmi Alexandra e spettegoleremo tutto
il tempo, ok?»
«E’ sempre stato così o Coeur Noir gli ha fatto qualche danno al
cervello?» domandò Lila, indicando il giovane e voltandosi verso la
bionda.
«Purtroppo è sempre stato così.» sbuffò Sarah, dando uno scappellotto ad
Alex e fissandolo male: «L’altra volta doveva ancora riprendersi dalla
possessione di Mogui e quindi era calmo.»
«Oh, bene. Quindi la percentuale di idioti nel nostro gruppo è aumentata?»
domandò Lila, scuotendo il capo: «Meraviglioso! Non bastavano quei due…»
«Lila, lasciali stare.»
«Solo perché lo dice il capo.»
«Ah. Quindi è Marinette il boss. Perfetto! Soldato Alex, noto come Mister
Hacker a rapporto.»
«Alex, io continuerò a ripeterlo all’infinito: il tuo soprannome fa
schifo.»
«Le potete dire qualcosa?»
«Spiacente, concordo con Sarah.»
«Anche io. E non sono il boss.»
«Marinette, tesoro mio.» Lila posò una mano su quelle della ragazza,
sorridendole affabile: «Abbiamo già affrontato questo discorso parecchie
volte e con tutto il gruppo: tu sei quella che ci guida sempre in
battaglia, quindi sei il nostro capo. Mettiti l’anima in pace oppure provo
a conquistare Adrien, come quando eravamo più giovani.»
«E Wei?»
«Mi faccio l’harem, problemi?»
Willhelmina sospirò, portandosi indietro alcune ciocche e osservando con
fare sconsolato le finestre con i files che Alex gli aveva mandato: «Ma
perché non ho fatto qualcosa di utile come studiare questa roba?»
bofonchiò, poggiando la fronte contro il tavolo e sospirando
rumorosamente: «Cento e passa anni buttati al vento.»
«Di cosa ti lamenti oggi?» le domandò la voce di Fa, facendole alzare la
testa e incontrare la piccola figura dell’anziana: «Allora?»
«L’ultima volta che sei entrata nella mia stanza…» iniziò Willhelmina,
sorridendo alla donna e osservandola mentre raggiungeva il letto e
lisciava la coperta: «Hai annunciato che mi avevi barattato per cinque
capre.»
«Non farmelo ricordare. Il miglior baratto degli ultimi cinquant’anni e tu
l’hai mandato in fumo, iniziando a starnazzare come un’oca grossa.»
borbottò la donnetta, scuotendo il capo e saltando sul letto: «Allora,
qual è il problema? Ti si è di nuovo scheggiato lo smalto?»
Willhelmina la fissò un attimo, sospirando pesantemente: per quanto Fa
potesse essere acida e sarcastica ogni volta che apriva la bocca, la stava
ospitando da quando aveva lasciato il tempio di Nêdong e le era grata:
«Questo.» mormorò, indicando lo schermo del pc e tirando su le gambe, in
modo da poggiare il mento contro le ginocchia: «Non capisco niente delle
ricerche che ha fatto quell’uomo, quel Maus, e…come faccio a capire dove è
Sophie Agreste da quello che c’è scritto qui? Sono articoli di giornale di
quando lei aveva ancora il Miraculous e si trasformava in Pavo.»
«Potremmo andare a chiedere al tempio, domani.» propose Fa, fissando seria
il monitor: «E’ anche interesse loro che questo scienziato non riesca a
creare nuovamente il Quantum.»
«Fa?»
«Che c’è?»
«Quanto mi hanno detto sul Quantum…beh sì, la storia dell’origine dei
Miraculous e tutto…» Willhelmina si fermò, voltandosi verso la donna e
fissandola: «Dovrei crederci senza problemi, fino a poco tempo fa ero
posseduta da uno spirito malvagio, ma…»
«E’ difficile crederci, sì.» annuì Fa, abbassando lo sguardo sul
pavimento: «Io non sono mai stata una buona Portatrice e Nooroo non si è
mai confidato con me, ma la storia che tramandano al tempio è quella detta
dal primo Gran Guardiano, quindi…»
«Quindi sicuramente è la verità.» sentenziò Willhelmina, tornando a
fissare il pc: «Ho capito.»
Fa sbuffò, alzandosi e posandole una mano sulla spalla, dandole qualche
pacca lieve: «Non scervellarti, domattina andremo al tempio e vedremo se
qualcuno di quei monaci inutili serve a qualcosa.»
«D’accordo.»
Adrien sbadigliò, mettendo da parte gli appunti e osservando il cellulare,
domandandosi se Marinette fosse ancora con le ragazze oppure no: «Sai, la
tua dipendenza da lei è preoccupante.» commentò Plagg, sdraiandosi accanto
al cellulare e mangiando con gusto lo spicchio di formaggio: «Sembri non
vivere senza Marinette.»
«Perché forse è così?»
«Oh. Tu e il tuo essere così maledettamente dolciastro.»
Adrien sorrise, poggiando la testa contro il pugno chiuso e osservando il
suo kwami: «Sai, Tikki mi ha raccontato un po’ di quando eri umano…»
«Inizi ad andare un po’ troppo d’accordo con Tikki, moccioso.»
«Cos’è quella che sento nella tua voce, Plagg? Gelosia?»
«Sicuramente è l’aroma di camembert quella che senti.» dichiarò il kwami,
balzando in piedi e osservando il cellulare: «La tua bella ti sta
chiamando, campione.» dichiarò Plagg, volando via e facendo ridere il
ragazzo: a quanto pare, la kwami di Marinette era un tasto che non andava
toccato.
Certo, se si aveva un minimo di tatto e di spirito di sopravvivenza.
Velocemente, Adrien prese il cellulare e accettò la chiamata: «Ciao,
bellezza.» esordì in uno stentato italiano, sentendo un risolino
dall’altra parte, mentre lui si rilassava contro lo schienale della
poltrona.
«Ehm. Forse ho sbagliato numero…»
«Preferisci essere chiamata my lady? Oppure mia dolce signora?»
«Ah. Ecco. Ora riconosco il mio gattino.» sentenziò la voce di Marinette,
facendolo sorridere e chiudere gli occhi: poteva tranquillamente
immaginarsela, mentre camminava per strada e parlava al telefono con lui:
«Ti disturbo forse?»
«Tu non disturbi mai.» dichiarò deciso il giovane, piegando pigramente la
testa di lato e osservando il suo kwami fare il gesto di vomitare: «E se
ti stai chiedendo il perché della mia nuova entrata – perché conoscendoti
te lo stai sicuramente domandando -, oggi ho incontrato il fotografo di
mio padre e l’ho sentito mentre abbordava una così.»
«Oh. Interessante.»
«Dove sei?»
«Sto tornando a casa. Sono andata per negozi con Lila e Sarah. E Alex.»
«Alex?»
«Diminutivo di Alexandra.»
«E’ una compagna che hai conosciuto…»
«No, è l’amico di Sarah. Sai, Alex. Mh, forse te l’ho presentato come
Mogui.»
«Quel tuo parente con la fissa per gli specchi, per caso?»
«Più che parente, direi tuo rivale.»
«Prego?»
«Mi ha chiesto di uscire almeno tre volte, da quanto mi ha spiegato ha la
fissazione per le ragazze orientali.»
«Appena lo rivedo devo avvisarlo che una certa ragazza franco-orientale è
mia. Mia.»
«In questo momento ti manca solo la clava e saresti un perfetto uomo delle
caverne.» sentenziò Plagg, scuotendo il capino scuro: «Ah, e anche la
pelle di un animale morto come vestito…»
«Sarei incredibilmente affascinante anche in quel caso.» sentenziò Adrien,
voltandosi verso il suo kwami e sorridendo.
«Come?»
«Stavo parlando con Plagg.» spiegò velocemente Adrien, ascoltando i rumori
di sottofondo al telefono e riconoscendo le voci di Sabine e Tom: «Sei a
casa?»
«Appena arrivata.» spiegò Marinette, mentre Sabine mormorava qualcosa:
«Aspetta un attimo.» Adrien rimase in attesa, alzandosi e avvicinandosi
alla grande vetrata della camera: «Adrien?»
«Dimmi.»
«Mamma ha chiesto se tu e tuo padre volete venire a cena da noi stasera.»
«Io non ho problemi. Sento papà e ti mando un messaggio, ok?»
«Perfetto!»
«Purrfetto, vorrai dire.»
Sarah si sentiva un’idiota e, soprattutto, non riusciva a guardare Rafael
senza sentirsi tremendamente in imbarazzo: ecco cosa succedeva a passare
il pomeriggio con Lila, ascoltando i suoi commenti sul fisico del giovane:
«Qualcosa non va?» le domandò il francese, posando una ciottola di
pop-corn sul piccolo tavolino e scuotendo la testa di fronte ai due kwami
che, in pole position, stavano attendendo l’inizio del film: «Che ci
vediamo oggi, Flaffy?» domandò, accomodandosi sul divano accanto a Sarah,
mentre questa s’irrigidiva.
Smettila! Non pensare a quello che ha
detto Lila!
«Il re leone!» esclamò il kwami blu, voltandosi verso il suo umano e
sorridendo: «Dev’essere una cosa fantastica!»
«Sai, vero, che parla di un…»
«Non si spoilerano i film, Rafael!»
«Ok, ok.»
E’ Rafael, lo stesso ragazzo di sempre.
Piantala di farti paranoie.
«Sarah! Sarah!»
La ragazza trasalì al suono della voce della sua kwami, ritornando alla
realtà e osservando i tre che la fissavano: «Cosa?» chiese, facendo
scivolare lo sguardo dal modello francese ai due spiritelli.
«Ti ho chiesto se canti la canzone all’inizio.» ripeté la kwami,
fissandola con un sorrisetto divertito: «Ti prego.»
«Sì! Canta! Canta!» esclamò Flaffy, volteggiando in aria e sedendosi
davanti a lei, subito imitato da Mikko.
«Cosa? No, io…»
«Dai, canta.» si unì Rafael, allungandosi e prendendo una manciata di
pop-corn, fissandola divertito: «Non ti ho mai sentita cantare, fra
l’altro.»
«Ma la conosco in inglese e…»
«Nessun problema, so l’inglese e Flaffy…boh. Lo sai l’inglese, amico?»
«Ehi. Sono un kwami! Son tutte le lingue di questo mondo.»
«Perché non me l’hai mai detto prima? Ti avrei usato durante i compiti!»
«Perché quello si chiama barare.» precisò il kwami blu, picchiettando sul
telecomando: «Fai partire il video, uomo.»
«D’accordo, d’accordo.»
Mikko batté le zampine, sorridendo: «Noi facciamo il coro.»
«Aaaaaazzzuegnia!!!» urlò Flaffy, quando il film iniziò con il sole
nascente, continuando poi con parole a caso, facendo sorridere Sarah.
La ragazza socchiuse gli occhi, ascoltando la musica e battendo la musica
contro le gambe: «From the day we
arrive on the planet and blinking, step into the sun…»
«Ho mangiato tantissimo.» dichiarò Adrien, sistemandosi sulla sdraio nel
terrazzino di Marinette e sospirando: «Tuo padre è un mago ai fornelli. E
quella quiche lorraine…»
«Ti è piaciuta?» gli domandò la ragazza, poggiandosi alla balaustra e
studiandolo.
«La migliore che ha fatto da quando lo conosco.»
«Davvero?»
«Assolutamente.» assentì Adrien, posando lo sguardo sulla ragazza e
inclinando il capo: «Perché?»
«Ah. Nulla.»
«Mh. Non mi convinci, Marinette.» mormorò, alzandosi con un movimento
fluido e raggiungendola, imprigionandola fra le sue braccia: «Come mai
tutto questo interesse per la quiche lorraine di tuo padre?»
«Pe-perché quella non l’ha fatta papà…»
«Ah no?»
«L-l’ho fatta io.» mormorò Marinette, abbozzando un sorriso e
giocherellando con una ciocca di capelli: «Non è tanto che ho imparato a
farla, mi riescono meglio i biscotti e i dolci e…beh, mamma ha detto che
era buona e…»
«Se non ti avessi già chiesto di sposarmi, l’avrei fatto ora.» dichiarò
Adrien, baciandole il naso e facendole l’occhiolino: «Era buonissima,
Marinette.»
«Davvero?»
«Sì. Hai superato tuo padre con quella torta.» dichiarò, osservandola
sorridere raggiante e battere le mani fra sé; Adrien si chinò, baciandole
nuovamente il naso e prendendo le dita della giovane fra le sue, posando
riverente le labbra su ognuna di esse: «Stavo pensando…» iniziò, venendo
zittito dalla suoneria di Marinette.
«Scusa.» mormorò la ragazza, recuperando il cellulare abbandonato sul
tavolino di legno: «Nathanael, ciao! No, nessun disturbo. Dimmi pure…ah,
per domattina. Mh, sì.» Marinette abbozzò un sorriso in direzione di
Adrien, osservandolo appoggiarsi alla balaustra e tenere lo sguardo su di
lei: «No, io non ho lezione alle prime ore, quindi possiamo tranquilla
trovarci…ok, va bene. Perfetto. Ciao a domani.»
«Problemi?» domandò il biondo, osservandola posare nuovamente il cellulare
e sorridergli.
«No, la professoressa di design ci ha assegnato un progetto con un tema
particolare e Nathanael ed io lavoriamo in coppia.» spiegò, avvicinandosi
al biondo e venendo immediatamente catturata fra le sue braccia: «Nath ha
proposto di incontrarci domattina per buttare giù qualche idea.»
«Che tema è?»
«Sirene.»
«Interessante.» mormorò Adrien, sorridendole e chinandosi per baciarle la
fronte: «Sono certo che farai un ottimo lavoro.»
«Forse mi sopravvaluti troppo.»
«O forse tu, ti sottovaluti troppo.»
Marinette storse la bocca, sorridendo al ragazzo: «Cosa stavi dicendo
prima?»
«Mh?»
«Prima che chiamasse Nath.»
«Ah. Giusto. Stavo pensando, dato che non è tanto tardi, di andare a fare
un giro lungo la Senna.» le spiegò, sistemandole una ciocca di capelli
dietro l’orecchio, mentre l’altra mano s’intrufolava sotto la maglia della
ragazza: «Oppure potremmo anche stare qui a farci un po’ di coccole…»
«Per caso le tue coccole prevedono anche la sparizione dei miei vestiti,
vero?»
«My lady, è incredibilmente adorabile il modo in cui mi leggi la mente.»
Sophie osservò il furgone con gli uomini di Maus che se ne andava dal
paese. Senza di lei.
Si tolse il passamontagna, scuotendo la lunga chioma chiara, sentendosi
finalmente libera: si voltò, osservando il piccolo borgo ove i soldati
avevano fatto rifornimento, iniziando a compilare una lista di cose da
fare.
Cercare abiti puliti.
Farsi un bagno.
Trovare un modo per arrivare in Francia.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.397 (Fidipù)
Note: Ed eccoci di nuovo qua con il tanto atteso (?) aggiornamento
di Miraculous Heroes 2. Sì, prima o poi Maus e i nostri eroi porteranno un
po' di azione in questa storia, per ora...beh, per ora abbiamo incontri,
vita quotidiana e basta. Ma a breve le cose cambieranno!
Vediamo, vediamo...qualche informazioni su Parigi? No, anche per questo
capitolo siete salvi e quindi passo subito ai ringraziamenti!
Grazie a tutti voi che leggete, commentate e inserite questa storia in una
delle vostre liste.
Sì, oggi son stata veloce ma devo uscire e quindi il tempo è quel che è.
Al prossimo capitolo!
E ancora grazie grazie grazie grazie!
«Dove essere?» domandò Sophie, battendosi
una mano sul petto e osservando speranzosa la coppia, che le aveva
gentilmente aperto la porta di casa e permesso di ristorarsi: pulita,
rifocillata e con abiti nuovi addosso, si era sentita come rinata, anche
se adesso aveva un piccolissimo problema di comunicazione. Sospirò,
abbozzando un sorriso e osservando gli sguardi imbarazzati dei suoi
ospiti: «Qui.» riprese, indicando il suolo: «Dove essere?»
L’uomo annuì, sorridendole e rimanendo al suo posto.
Perfetto. Non aveva capito nulla.
La donna sospirò, poggiando il viso contro il pugno chiuso e voltandosi a
osservare il piccolo villaggio ove era finita: non le era sembrato sicuro
rimanere nello stesso posto dove gli uomini di Maus facevano rifornimenti
e così aveva camminato fino all’agglomerato di case più vicino, poi aveva
scroccato un passaggio verso…
Beh, ancora doveva scoprire dove era finita.
La sua ospite allungò una mano, stringendole lievemente le dita e
sorridendo, quando Sophie si voltò a fissarla: «Fa!» l’urlo la fece
trasalire e girare verso la strada, ove una donna più o meno della sua
età, stava seguendo una vecchietta del posto: «Non provare a scappare, Fa!
Hai provato di nuovo a barattarmi!»
«Ho bisogno di quelle pecore!»
«Pecore? Dalle capre alle pecore?»
Sophie le osservò, studiando la donna e notando che non era del luogo: i
capelli biondi – di cui si vedeva chiaramente la ricrescita –, i
lineamenti e gli abiti, tutto urlava occidentale nella sconosciuta; si
voltò verso i suoi ospiti, notando come la litigata furiosa che stava
avvenendo poco lontano da loro non li preoccupasse minimamente:
«Conoscere?» domandò, indicando la donna furibonda e vedendo i due
sorridere: «Oh!» sbuffò Sophie, alzandosi e uscendo dall’abitazione,
raggiungendo velocemente le due litiganti.
«Fa, non farlo mai più.»
«Va bene, va bene.» sbuffò la vecchia, alzando le mani per aria e notando
Sophie, indicandola con un cenno della capo alla sua interlocutrice:
«Bridgette…»
«Che c’è? Quel tipo ci ha seguito perché vuole la merce?» sbuffò la donna
occidentale, voltandosi e rimanendo immobile alla vista di Sophie: «Tu non
sei di Nêdong.» dichiarò immediatamente, assottigliando lo sguardo e
fissandola: «E mi sembra anche di averti visto.»
«Ah. Quindi questo posto si chiama Nêdong? Carino. Mi piace. Penso che ci
tornerò per le mie vacanze.» mormorò Sophie, sorridendo alla sconosciuta e
lisciandosi la stoffa dell’abito che le aveva prestato: «Ehm. Io…Mh.» Cosa
doveva fare? Presentarsi con il suo vero nome? Darne uno falso oppure...
Lo sguardo della donna occidentale – se non sbaglia la vecchietta l’aveva
chiamata Bridgette – s’illuminò di consapevolezza, quasi come se l’avesse
riconosciuta: «Ah. Ecco, io…come dire…»
«Sophie Agreste?» mormorò Bridgette, facendo un passo verso di lei e
subito imitata da Sophie che, invece, ne fece uno indietro: «Sei Sophie
Agreste, vero? Non ci credo. Ti ho trovata.»
Chi era quella donna? Perché la conosceva?
Sophie inspirò profondamente, guardandosi attorno alla ricerca di un’arma
da usare, nel caso la tipa – Bridgette – avesse cercato di attaccarla o
peggio catturarla; la donna anziana, che sicuramente era una nativa del
posto, affiancò Bridgette, battendole una mano sul fianco e fissandola
male: «Tecnicamente è lei che è venuta da te.» dichiarò, voltandosi verso
Sophie e fissandola: «Siamo tue amiche, Sophie Agreste.»
«Quanto sei pignola, Fa.» bofonchiò Bridgette, incrociando le braccia e
alzando gli occhi al cielo, pestando stizzita un piede per terra: «Volevo
solo dirle che la stavo cercando da un po’.»
Poteva fidarsi?
Avrebbe rischiato a farlo?
Sophie inspirò, facendo vagare lo sguardo fra le due: «Chi siete e perché
mi conoscete?» domandò con voce dura, facendo un passo indietro e
studiandole: avrebbe combattuto se ce ne fosse stato il caso, non sarebbe
stata di nuovo prigioniera di qualcuno.
«E’ una lunga storia.» dichiarò Bridgette, alzando le mani a mo’ di scudo
e scambiandosi un’occhiata con l’altra donna: «Ma ti posso assicurare che
non ti faremo assolutamente niente.»
«Chi me lo assicura?»
«Il fatto che io sono un’accolita del tempio dei Miraculous e
quest’idiota…» Fa sbuffò, indicando Bridgette: «E’ stata una Portatrice,
esattamente come te: Sophie Agreste, nota anche come Pavo. Adesso
ascolterai la nostra storia?»
Marinette sorrise a Nathanael che l’attendeva fuori dall’entrata della
scuola e lo raggiunse velocemente, stringendo la cinghia della borsa:
«Com’è andata oggi?» domandò, attirando l’attenzione del rosso che era
stata concentrata, fino a quel momento, sul cellulare.
Nathanael abbozzò un sorriso timido, riponendo lo smartphone e alzando le
spalle con fare noncurante: «Diciamo bene.» mormorò, voltandosi di lato e
trovando interessante studiare le vetture parcheggiate lì davanti: «Il
professore Amiot ci ha raccontato la sua carriera come designer di scarpe
da donna.» le spiegò, portando di nuovo lo sguardo su di lei e
abbassandolo dopo pochi secondi: «E a te?»
«Non ho capito assolutamente niente a Marketing.» sbuffò la ragazza,
scuotendo il capo corvino: «Penso che chiederò aiuto ad Adrien per capirci
qualcosa.» dichiarò, sorridendo all’amico: «Comunque ho qua i bozzetti per
il progetto di design. Il primo dei tanti progetti di design.»
«A-andiamo a mangiare qualcosa?» domandò Nathanael, spostando il peso del
corpo da un piede all’altro e voltandosi indietro: «Possiamo provare
quella specie di bar-ristorante che c’è più avanti.»
La ragazza annuì, incamminandosi e raggiungendo velocemente la fine
dell’edificio che ospitava la loro scuola, salendo i pochi gradini della
terrazza in legno, che dava sulla Senna: «Che bello.» sospirò Marinette,
sedendosi a uno dei tavolini vicino la balaustra in metallo e osservando
il fiume che, placido, si parava davanti a loro.
«Vado a prendere qualcosa da mangiare.» mormorò Nathanael, poggiando la
sua borsa sulla sedia davanti quella di Marinette e abbozzando un sorriso
impacciato: «Che prendi?»
«Mh. Se c’è una baguette, con qualsiasi cosa dentro ci sia. E un succo.»
«Ok, perfetto.»
«Aspetta, ti do i soldi…»
«Facciamo dopo!» dichiarò Nathanael, avviandosi velocemente verso il bar,
costituito da una casetta mobile verde chiaro; Marinette sospirò,
poggiando la borsa per terra e aprendola, afferrando l’album da disegno.
«Ti ha chiamato Adrien. Due volte.» dichiarò Tikki, sollevando il
cellulare e mostrandolo alla ragazza: «Stava vibrando, ma non te ne sei
accorta ed io…»
«Grazie, Tikki.» mormorò Marinette, afferrando l’apparecchio e attivando
lo schermo, notando immediatamente le notifiche delle due chiamate e il
messaggio che il ragazzo le aveva mandato; lesse velocemente le righe che
la informavano che lui era a pranzo con Rafael e poi premette il tasto di
richiamata: «Adrien?»
«Tesoro, se chiami il tuo amante non puoi dire il nome del tuo fidanzato.»
le rispose la voce di Rafael, facendola sbuffare: «Come andiamo, ma
chére?»
«Perché hai risposto tu al cellulare di Adrien?»
«Perché Perfettino è andato a prendere qualcosa al bancone ed è stato
fermato da una tipa del nostro corso.» le spiegò velocemente Rafael con
una nota divertita: «E prima che inizi a sentirti gelosa, posso dire che
la tipa non compete minimamente con te. Adoro la mia Sarah, ma ho gli
occhi e posso comparare tranquillamente due ragazze.»
«La mia Sarah?» domandò Marinette, ridacchiando: «Tu non hai idea di
quanto sei…»
«Di quanto incredibilmente romantico e innamorato sembro?» le domandò il
modello francese, facendola sorridere ancora di più mentre gettava
un’occhiata a Nathanael, che stava parlando con il barista: «Sì, lo so.
Potrei far concorrenza al tuo fidanzatino.»
«E dire che ti ho tirato una ginocchiata perché ci avevi provato con me…»
«Quando una ginocchiata nelle pa…»
«Rafael!»
«Parti basse può farti rinsavire. Marinette, seriamente, sei troppo
abituata ad Adrien.»
«E tu ci vai a braccetto con il tuo amico per quanto riguarda le battute.»
sbuffò la mora, facendo un cenno a Nathanael che si era voltato verso di
lei: «Sempre fra le grinfie della tipa?»
«Chi? Ah. L’amour della tua vita…»
«Che cavolo ci fai con il mio cellulare in mano?» la voce di Adrien arrivò
alle orecchie di Marinette, facendola sorridere mentre s’immaginava la
scena.
«Come hai sentito si è liberato.» le rispose immediatamente Rafael: «Stavo
intrattenendo la tua donna, mentre tu stavi flirtando con…come accidenti
si chiama? Seriamente, non me lo ricordo! E dire che con quella massa di
capelli…ok, chiamiamola Merida.»
«Honoqualcosa.»
«Honolulu?»
«Rafael, mi puoi passare Adrien?»
«Come il boss comanda.» sentenziò Rafael, poi rumori confusi arrivarono
alle orecchie di Marinette e, alla fine, fu la voce di Adrien quella che
le parlò: «My lady. Ti avevo chiamato…»
«Scusami, avevo lasciato il cellulare silenzioso e stavo parlando con
Nathanael.»
«Ah. Che fai adesso?»
«Mangiamo e poi vediamo di buttar giù qualcosa per il progetto di design.»
«Mangiate?»
«Nathanael ed io.»
«Ok.»
Marinette aggrottò le sopracciglia, ascoltando il silenzio che era
sopraggiunto dopo l’ultima breve parola che Adrien le aveva rivolto,
ascoltò i rumori che provenivano dall’altro lato del telefono: «Adrien?»
«Sì.»
«C’è qualcosa…»
«Marinette?» la voce di Nathanael la fece sobbalzare: si voltò, sorridendo
al compagno che, con due piatti in mano, era fermo davanti a lei: «Poggio
questi e vado a prendere da bere.» le spiegò, mettendo sul tavolo le loro
ordinazioni.
«Aspetta un attimo, Adrien.» mormorò la ragazza, tappando il cellulare con
la mano e sorridendo a Nathanael: «Quanto ti devo?»
«Niente.»
«Come?»
«Offro io.»
«Nathanael, davvero…»
«La prossima volta paghi tu, ok?»
«D’accordo.» sbuffò Marinette, osservando poi il compagno andare
nuovamente al bancone: «Adrien?» domandò, riportando attenzione sul
ragazzo in linea al telefono.
«Ah. Marinette, scusa, ma noi dobbiamo tornare a lezione. Ci sentiamo
quando finisco? O al massimo stasera. Ok?»
«Ah. Ok.» mormorò mogia la ragazza, sentendo poi chiudere la chiamata
dalla parte di Adrien; appoggiò mogia il cellulare sul tavolo e sentendo
una strana agitazione impadronirsi di lei: quella non era stata la solita
telefonata a cui era abituata. Adrien era stato stranamente silenzioso e…
«Qualche problema, Marinette?» le domandò la voce di Nathanael, tornato
nuovamente al loro tavolo con un bicchiere per mano: «Succo di arancia, va
bene? Non mi hai detto a cosa lo volevi e…»
«Sì, perfetto.»
«C’è qualche problema?» ripeté il rosso, sedendosi di fronte a lei e
studiandola in volto.
La ragazza abbozzò un sorriso, negando con la testa e chinandosi per
rimettere il cellulare in borsa: osservò Tikki e la kwami le sorrise
comprensiva, posandole una zampetta sulla mano: «No, tutto ok.»
Rafael guardò l’amico, mentre chiudeva la chiamata e posava il cellulare
sul tavolo: «Perché le hai mentito? Pensavo che non ci fossero bugie fra
te e Marinette.» domandò, mettendo da parte il piatto di pasta italiana
che avevo ordinato.
«Ma non le ho mentito. Dobbiamo tornare a lezione.»
«Sì, fra mezz’ora.» dichiarò Rafael, bevendo un sorso d’acqua e studiando
l’altro: «E’ successo qualcosa?»
«Niente.»
Il moro sospirò, poggiandosi contro lo schienale della sedia e
studiandolo: «Senti, siamo compagni d’armi – diciamo così – e, anche se
non è iniziata bene, amici. Oltretutto non hai Nino quindi, amico, sono
l’unico con cui puoi sfogarti.»
«Tu sicuro che Economia sia il tuo indirizzo?»
«Sì.»
Adrien sbuffò, poggiando la testa contro lo schienale e osservando il
soffitto: «Era con Nathanael.»
«Ok. Chi è?»
«Un nostro compagno alla Dupont.» borbottò Adrien, infilzando con la
forchetta la carne e tagliandola: «Tu l’hai visto durante lo scontro con
Coeur Noir, era Dessinateur.»
«Ah. Il tipo che disegnava. Giusto?»
«Sì.»
Rafael annuì, riprendendo il piatto di pasta e infilzando un po’ di
pennette con la forchetta: «E perché questo tipo ti preoccupa tanto?»
domandò, portandosi il boccone alla bocca e masticando velocemente:
«Insomma, si vede lontano un miglio che ti infastidisce saperlo accanto
alla tua signora.»
«Ma non mi da fastidio.»
«Oh. Certo. Ed io sono Volpina.»
«Che ne dici?» domandò Marinette, alzando il blocco verso la camera del
cellulare e osservando l’espressione di Lila: «Ti pare possa andar bene
per il tema Sirena? Secondo Nathanael è perfetto.»
«Sì, mi piace.» dichiarò l’italiana, portandosi una cucchiata di yogurt e
cereali alla bocca e masticando lentamente: «Ehi, Wei!» esclamò,
voltandosi indietro e, poco dopo Marinette, osservò l’amico entrare nel
campo visivo della videochiamata: «Che ne pensi dell’abito disegnato da
Marinette? Il tema è la Sirena.»
«Sirena?»
«Metà ragazza e metà pesce. Hai presente Ariel?»
«Ah. Ok. Sì, mi piace. La gonna ricorda la coda di un pesce.» sentenziò il
cinese, annuendo e voltandosi poi verso l’italiana: «Posso tornare ai miei
compiti ora?»
«Sì. Grazie, Wei.»
«I suoi compiti?» chiese Marinette, salutando con un cenno della mano Wei
che spariva dal campo dell’obiettivo; abbassò il blocco, sfogliando
distratta le pagine e finendo su quella di un bozzetto per l’abito di
Halloween di un certo gatto nero.
«Sì. Mi sono fatta spedire dai miei nonni i miei vecchi eserciziari di
francese e li ho dati a Wei: ogni sera si mette a fare un po’ di esercizi
e poi mi chiede di ricontrollarli.»
«Beh, il suo francese è migliorato tantissimo.»
«Sì. E’ molto determinato quando si mette in testa qualcosa.» dichiarò
Lila, sorridendo dolcemente: «Oltretutto mi ha chiesto di insegnargli
l’italiano, una volta che avrà imparato a modo il francese. Ma ora veniamo
a te…»
«Cosa?»
«Non hai la solita aria allegra di sempre. Sembri preoccupata.»
«Ecco…» Marinette sospirò, abbassando lo sguardo e sentendosi indecisa se
chiedere consiglio a Lila oppure no: e se si fosse sbagliata su quelle
sensazioni che sentiva? Eppure…
Un rumore la fece trasalire, facendola voltare verso l’oblò in tempo per
osservare Chat Noir balzare in camera sua; l’eroe in nero si issò,
osservandola e sorridendole calorosamente: «E’ appena arrivato Chat.»
«Ok. Chiudiamo la chiamata prima che veda cose che non voglio
assolutamente vedere. Ciao ciao, Marinette.»
«Ciao ciao, Lila.» la salutò la mora, allungando un dito e chiudendo la
videochiamata, voltandosi poi verso il felino che, ancora immobile, era
fermo dietro la chaise longue.
«Bonsoir, my lady.» esclamò Chat, chinandosi con fare cavalleresco e
facendole un occhiolino: «Come state questa sera?»
Il solito Adrien.
Marinette inspirò profondamente e si alzò, raggiungendo velocemente il
ragazzo, non calcolando la poltrona e la sua naturale imbranataggine, che
la fecero cadere e rovinare addosso al giovane: «Ouch!» esclamò Chat,
picchiando la testa contro il muro dietro di lui e trovandosi la fidanzata
praticamente addosso: «My lady, capisco che sei ansiosa di gettarti fra le
mie braccia ma…»
«Si può sapere che avevi oggi?»
«Cosa?»
«Eri strano. Silenzioso. E mi hai praticamente chiuso il telefono in
faccia.»
«Ah. Scusami.»
«Te la sei presa perché non ti ho risposto subito? Oppure perché…» la
ragazza inspirò profondamente, guardandolo sconvolta e cercando un qualche
motivo al suo comportamento; Adrien sorrise, prendendole le mani e
portandosele alle labbra, baciando riverente le nocche: «Io…io…»
«Marinette?»
«Cosa?»
«Scusami, ero solo stanco e nervoso.» le mormorò, allungando una mano e
portandole indietro una ciocca di capelli: «Non volevo rifarmela con te,
tutto qua.»
«Tutto qua?»
«Sì.» dichiarò il giovane, portandole la mano alla nuca e tirandola contro
il suo petto: «Sai, ho ancora il brutto vizio di voler apparire perfetto
con te.»
Marinette sorrise, allungandosi e sfiorandogli le labbra con le proprie:
«Ma tu sei sempre perfetto per me.» dichiarò, sistemandosi meglio sopra di
lui e giocherellando con la campanella che il giovane aveva al collo: «Il
mio cavaliere in armatura scura, sempre pronto a difendermi e a provare di
infilarsi nel…nelle…oh, non ce la farò mai a dirlo.»
«Pronto a infilarmi dove?» domandò Chat, issandosi a sedere e tenendo la
ragazza contro di sé, sorridendo al volto imbarazzato: «Sono curioso,
Marinette, tanto curioso.»
«Non lo dirò mai.»
«Oh no, my lady. Adesso devi concludere ciò che hai finito.»
La ragazza farfugliò qualcosa, scattando in piedi e raggiungendo
velocemente la scrivania, portandosi una mano al petto e inspirando
profondamente; Chat ridacchiò, alzandosi e togliendo l’anello, sciogliendo
in questo modo la trasformazione: Plagg volò per la stanza, accomodandosi
poi sul manichino e venendo raggiunto da Tikki, mentre Adrien scivolò
dietro Marinette, chinando il volto sulla sua spalla: «Sai, se intendi
sempre pronto a infilarmi nelle tue mutandine…beh, my lady, hai ragione.»
«Chat!» esclamò la ragazza voltandosi e rimanendo basita di trovarsi di
fronte il ragazzo trasformato: «Quando…»
«Adesso.» mormorò Adrien, facendo l’occhiolino e catturandole le labbra
con le proprie; Marinette gemette contro la sua bocca, mentre lui faceva
scivolare le mani lungo i fianchi e la tirava contro di sé, approfondendo
il bacio e convincendola a dischiudere le labbra: «Sai, my lady, non
abbiamo mai provato a farlo contro la scrivania…»
«Oh per tutto il camembert di questo mondo!» sbottò Plagg, volando contro
la testa del suo partner e colpendolo con tutta la sua forza: «Se vuoi
accoppiarti, fallo di sopra!»
«Plagg! Non è che io vengo a disturbarti quando ti diverti con Tikki!»
«Avessi ancora un corpo che permette di divertirsi, lo farei!»
«Plagg!» tuonò Tikki, fermando il litigio fra i due e fissandoli male: «Ma
perché voi che avete a che fare con il Gatto Nero non pensate mai prima di
parlare? Perché?»
Marinette ridacchiò, afferrando il suo album da disegno e mettendolo sotto
il naso di Adrien: «Che ne dici?» domandò, sedendosi sulla scrivania e
facendo ondeggiare le gambe nel vuoto: «Ho pensato che disegnando un
vestito da gatto nero…mh. Come dire? Qualcuno notasse qualcosa e quindi…»
Adrien si appoggiò accanto alla ragazza, osservando il disegno e
sorridendo al disegno di un completo maschile: «Sarei un…mh. Diavolo? Un
demone? Quindi tu sarai la streghetta che mi adora. Bene, mi piace come
idea.»
«Perché tutto quello che dici ha qualcosa come mille sensi?»
«In verità ne ha uno solo.» dichiarò Adrien, facendole l’occhiolino e
tornando a fissare il disegno: «Mh. Non è lo stesso stile del tuo, ma mia
pice.»
«Davvero?» mormorò la ragazza, chinando lo sguardo e portandosi indietro
una ciocca di capelli, mentre le guance le s’imporporavano: «Altrimenti…»
«Sì, mi piace. Mi piace molto, come ogni cosa che crei.»
«Davvero?»
«Sì.» ripeté il biondo, abbassando lo sguardo sul vestito che la ragazza
aveva disegnato appositamente per lui mentre un sorriso dolce gli piegava
le labbra.
Marinette sorrise, allungandosi verso di lui e girando velocemente le
pagine: «Puoi darmi il tuo parere su questo? L’ho fatto vedere a Lila e
Wei, prima, e hanno detto che va bene…» spiegò la ragazza, mettendogli
davanti il bozzetto dell’abito per il corso di design: «E’ quello…»
«Del tema sirena, giusto?»
«Sì.»
«Beh, è un abito fantastico, Marinette. E la gonna ricorda molto la coda
della sirena.» dichiarò Adrien, aggrottando lo sguardo e studiando
il bozzetto: «Mi piace come risulti avvitata lungo le gambe e poi si
allarga alla base.»
«Pensavo di fare in modo che la stoffa girasse attorno alle gambe e poi si
stringesse all’altezza della caviglia, per poi allargarsi in qualcosa che
ricordasse la pinna del pesce.» spiegò Marinette, indicando la parte
inferiore dell’abito: «Certo, sarebbe abbastanza difficile camminarci poi
ma, alla fine, non è un abito da indossare tutti i giorni.»
«Cos’è che non ti convince, allora?»
«Il corpetto.» spiegò Marinette, voltando il foglio e mostrandogli alcune
bozze: «Quello che c’è nel bozzetto è molto semplice, con solo una
decorazione fatta di perline; però avrei pensato anche a questi.» spiegò,
indicando i due modelli: «Questo è formato da due strati di volant; mentre
quest’altro, al posto della decorazione di perline, ha un volant.»
«Beh, devo ammettere che non sono male tutti e tre, però preferisco quello
originale: la gonna è parecchio particolareggiata e quindi…»
«Verrebbe troppo appesantito come abito.»
«Esattamente.» annuì Adrien, voltando di nuovo la pagina e notando,
proprio sotto i modelli del corpetto, delle prove di gradazione: «Sei
indecisa su che colori usare?»
«Sì. Ho fatto alcune prove ma non so quale scegliere. E se non mi decido
non posso comprare la stoffa e fermo anche Nathanael, che deve realizzare
le scarpe e i gioielli.»
«Nathanael che dice? Quale preferisce di queste prove?»
«Secondo lui le migliori sono questa rosata e questa sull’arancio. Io però
non sono convinta. Comunque mi ha lasciato campo libero nella scelta dei
colori, ha solamente chiesto che glielo dica, al massimo, entro
dopodomani.»
«Mh. Secondo me sono perfette questa viola e blu Rafael.»
«Blu Rafael?»
«Blu pavone, ok? » sbuffò Adrien, allungando una mano e carezzandole la
testa: «Però anche questa sul rosa scuro mi piace. Mh. Forse mi piace di
più questa rosa scuro, sì.»
«Allora userò quella.» dichiarò Marinette, poggiando la testa contro la
spalla del ragazzo e sorridendo: «Anch’io ero indecisa fra quelle due,
però non sapevo decidermi.»
«Fortuna che ci sono io, eh?»
Maus osservò lo schermo gigante e i vari articoli riguardanti gli eroi di
Parigi: «Io dovere far uscire loro a scoperto, ja.» mormorò fra sé,
picchiettando le dita sulla scrivania in legno scuro e guardando i vari
articoli e le foto che li correlavano: «Eroi volere sempre salvare il
prossimo, ja. Io mettere loro a disposizione modo, ja.»
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.981 (Fidipù)
Note: E mentre tutto il mondo impazza per gli spoiler rilasciati da
Jeremy Zag, io continuo allegra e beata con Miraculous Heroes 2! Allora,
la volevate un po' di azione? La stavate aspettando? Sì? Bene, sarete
accontetati! Anche se...anche se...beh, si tratta di Maus quindi non vi
aspettate granché (almeno per ora). Detto questo...beh, a conti fatti non
c'è niente da dire. A meno che non volete qualche informazione random
sulla Tour Eiffel, altrimenti passo subito ai ringraziamenti: grazie a
tutti voi che leggete, che commentate, che inserite questa storia in una
delle liste, che mi supportate (e sopportate). Grazie di tutto cuore a tutti voi!
Rafael osservò l’uscita della facoltà di
Archeologia, cercando fra la folla di studenti una capigliatura bionda e
sorrise, quando vide la sua ragazza uscire: Sarah stava leggendo
attentamente qualche appunto, fermandosi poi in mezzo al marciapiede e
aggrottando lo sguardo, facendo sorridere maggiormente Rafael.
Il ragazzo si dette una spinta, allontanandosi dal muro al quale si
comodamente poggiato in attesa, e dopo aver dato un’occhiata alla strada,
attraversò velocemente raggiungendo l’altra parte; ridacchiò, notando come
la ragazza non si era accorta di lui e fece per sorprenderla alle spalle,
quando la vista di un uomo, che si mischiava alla folla di studenti, lo
fermò: «Rafael?» mormorò Sarah, voltandosi verso di lui e sorridendogli:
«Che ci fai qua? Rafael?»
«Mio padre?»
«Cosa?» domandò la ragazza, voltandosi nella direzione guardata dal moro e
non trovando nient’altro che studenti: «Ma che…?»
«Mi sembrava di aver visto mio padre.» mormorò Rafael, scuotendo la testa
e massaggiandosi la nuca: «Forse mi sarò sbagliato.»
«Io te l’ho detto che ho un professore che si chiama come lui.»
«Ma se fosse tornato a Parigi sarebbe venuto a casa ed io sono solo.»
spiegò il modello, scuotendo il capo e alzando le spalle: «Magari è solo
uno che gli somiglia.»
«E che ha lo stesso nome.» aggiunse Sarah, fissandolo con sguardo
eloquente: «E’ mai successo che venisse a Parigi e non ti facesse visita?»
«No, mai.» dichiarò Rafael, scuotendo il capo e alzando le spalle a mo’ di
scusa: «Oltretutto mi avvisa sempre, qualcosa del tipo: “Ehi, figlio! Sto
arrivando!” e dopo qualche settimana me lo trovo davanti al portone di
casa.»
«Mh…»
«Era solo qualcuno che gli somigliava.» sentenziò Rafael, posandole una
mano fra i capelli e scompigliandole: «Piuttosto avevo una cosetta in
mente…» iniziò, venendo interrotto dallo squillo del suo cellulare e di
quello di Sarah; entrambi presero i loro telefoni, leggendo il mittente
della chiamata: «E’ Alex.»
«Anche a me.»
«Come fa a chiamarci in contemporanea?» sbottò Rafael, premendo in tasto
di risposta e venendo accolto da musica ritmata: «Alex?»
«Qui è Alex alla console! Forza, maestro Fu! Muova quelle chiappe!»
«Ditemi che non sono l’unico che si sta immaginando qualcosa che non
dev’essere immaginato.» sbottò la voce di Adrien, giungendo alle orecchie
di Rafael: «E qualcuno mi spieghi come fa Alex ad averci chiamato tutti!»
«Sono un genio dell’informatica, mon ami.» sentenziò Alex, mentre la
musica veniva abbassata: «Comunque ero qua, tranquillo tranquillo a casa,
che stavo collegando il mio programmino di “Caccia al cattivo”.»
«Caccia al cattivo?» domandò Lila, infilandosi in quell’assurda chiamata
di gruppo: «Qualcuno mi può spiegare qualcosa.»
«Era il programma che usavamo a New York.» spiegò Sarah, sospirando:
«Piuttosto come hai fatto a collegare tutti i nostri cellulari?»
«Beh, il tuo Sarah era già collegato e mi è bastato scaricare una
piccolissima app di mia invenzione sui vostri telefoni per…beh, avervi
tutti insieme appassionatamente.»
«Come hai fatto?» domandò l’italiana, sospirando pesantemente: «Insomma
non ti ho mai dato il mio…»
«Signore, quando ci siamo trovate per fare shopping. Ecco perché non
dovreste mai andare al bagno in gruppo, lasciandomi solo con i vostri
cellulari.»
«E i nostri, Alex?» domandò incuriosito Rafael, sbuffando: «Sono certo che
non ti ho mai lasciato il mio cellulare…»
«Quando sono stato a casa tua dopo la Mogui-malattia.»
«E il mio? E quello di Wei?»
«L’altro giorno, qua dal maestro Fu.» spiegò brevemente Alex,
ridacchiando: «Dovreste stare più attenti ai vostri telefoni, seriamente!
Non vi siete nemmeno accorti che li stavo usando. Comunque, non era per
questo che vi ho chiamato: allora, stavo collegando il mio programmino
alla rete della polizia francese quando, per fare una prova, ho provato ad
ascoltare un po’ di comunicazioni e…rullo di tamburi, please…c’è bisogno
del vostro aiuto.»
«Che succede?» domandò Marinette, rimasta in silenzio fino a quel momento:
«Non c’è stata nessuna notizia.»
«Ecco perché io sono utile, mia dolce Marinette.»
«Tua dolce un corno, Alex.»
«Uh, le chat noir est…ehi, come si dice geloso in francese?»
«Alex!» fu la parola che uscì dalla bocca di tutti, facendo ridacchiare
l’americano.
«Ok, torniamo seri. Per rispondere alla tua domanda, Marinette: riesco ad
anticipare la televisione e i giornali perché...beh, sono in contatto
diretto con la polizia e, a quanto sembra, c’è un pazzo che sta urlando
dalla Tour Eiffel e sembra abbia anche un esercito privato.» spiegò
velocemente il ragazzo, accompagnato dal rumore dei tasti della tastiera:
«Il tenente Roger ha chiamato le forze speciali, sembra che il nostro
amico sia intenzionato a distruggere il simbolo di Parigi e di fregarsene
di tutti quelli che ci sono sopra. Che dite? E’ il momento degli eroi?»
«Direi di sì.» dichiarò Adrien, sospirando: «Ragazzi, ci vediamo alla
Galleria Lafayette?»
«Ok.» mormorò Alex, digitando velocemente qualcosa: «Sarah, appena ti sei
trasformata in Bee passa il numero che hai memorizzato agli altri, così
rimaniamo in contatto tutti quanti.»
«D’accordo.»
«Alla Galleria, allora.» sentenziò Rafael, spegnendo il cellulare e
portando una mano al monile che teneva al collo: «Bene, un posto per
nasconderci e trasformarci.»
«I bagni della facoltà?» propose Sarah con un sorriso, indicando
l’edificio di fianco a loro: «Non so se c’è carta igienica, ma non penso
ci interessi.»
«A meno che non vogliamo fare delle mummie.» sentenziò Rafael, marciando
spedito verso l’interno dell’edificio.
Tortoise correva velocemente lungo la strada, dando un’occhiata ai tetti e
notando le figure colorate dei suoi compagni: «Ok, ancora niente dal
tipo.» dichiarò la voce di Alex, provenire dalla gemma al centro del suo
scudo: «Comunque sappiate che domani vi procuro degli auricolari.» sbottò
l’americano: «Che vi metterete una volta trasformati.»
«Uao, stiamo diventando purrfessionali.» scherzò Chat, saltando per strada
e raggiungendo Tortoise: «Pretendo la base segreta ultratecnologica,
Hacker.»
«Beh, posso farla. Trovami una bat-caverna, prima.»
«Una chat-caverna, vorrai dire.»
«Bee!» tuonò la voce di Volpina dall’alto, facendo sospirare Tortoise e
ridacchiare Chat: «Dovremmo sopportarli per molto?»
«Finché non me ne andrò, Volpy.» rispose Alex, mentre la musica dal suo
lato aumentava di volume: «Comunque non è male l’idea di un ritrovo con
tanto di ultime tecnologie. Devo sentire la cara Willie se mi presta i
soldi…»
«A proposito come sta?» domandò Ladybug, lanciando il suo yo-yo contro un
comignolo e dandosi lo slancio per saltare, allungando una mano e aiutando
Peacock a raggiungere la parte opposta della strada: «E’ sparita nel nulla
e non si è fatta più sentire.»
«E’ in Tibet. A quanto ne so, è circondata da capre.» rispose velocemente
Alex: «Quanto vi manca per raggiungere la Torre?»
«Poco.» sentenziò Ladybug, atterrando sul tetto e facendo un cenno a
Peacock al suo fianco; corsero, arrivando alla fine opposta dell’edificio:
«Siamo in Place de Fontenoy.»
«Place de Fontenoy, Place de Fontenoy…» mormorò Alex, digitando
velocemente sul pc: «Devo mettervi dei localizzatori ai vostri cellulari
da supereroi.»
«Ci sono già, Hacker.» gli spiegò Chat, fermandosi all’inizio della piazza
e riprendendo fiato: «Magari devi…»
«Ok, vi vedo sulla mia mappa!» esclamò Alex, battendo le mani: «Chat tu
sei una zampetta verde; Ladybug una coccinella, Bee un’apetta, Peacock ha
una codina di pavone, Tortoise è una piccola tartaruga e Volpina ha il
musetto della volpe.»
«Perché io volevo proprio sapere come venivo in mappa.» sbuffò l’eroina in
arancio, atterrando vicino a Tortoise e Chat Noir: «Dobbiamo superare
questo edificio e ci siamo, giusto?»
«Esatto, mia cara.» sentenziò Alex immediatamente: «Ah, se vi interessa:
la tv ha mandato un’edizione straordinaria del notiziario.»
«Con Hacker siamo molto più veloci.» sentenziò Peacock, osservando la
torre poco lontano e i due elicotteri che volano vicino: «Andiamo a fare
il nostro dovere?»
«Andiamo.»
Alex osservò le sei icone muoversi, battendo nervosamente le dita sul
tavolo: «Ai miei tempi non era così.» commentò Fu dietro di lui, facendo
sorridere l’americano.
«Ai suoi tempi mandavate piccioni viaggiatori per darvi appuntamento?»
scherzò Alex, mettendo il muto al microfono e voltandosi verso il
vecchietto che, seduto al tavolo basso, osservava divertito il tutto:
«Oppure…»
Fu si alzò, avvicinandosi al giovane e battendogli una mano sulla schiena:
«Torna al tuo lavoro, quei sei hanno bisogno del tuo aiuto.»
«Chissà perché Papillon non è voluto andare con loro…»
«Magari inizia a sentire gli anni.» dichiarò Fu, alzando le spalle e
uscendo dalla stanza, mentre Alex alzava nuovamente il volume del
microfono: «Scusate, la natura aveva chiamato...»
«Non c’interessa saperlo!» sbottò la voce di Volpina, facendo ridere
l’americano: ah, aveva avuto una grande idea ad andare a Parigi.
Il Tenente Roger Raincomprix sentì quasi le lacrime agli occhi, quando
vide i sei eroi di Parigi balzare davanti la barricata della polizia: «Ci
pensiamo noi.» dichiarò spavaldo Chat Noir, sorridendo e facendogli un
cenno con la mano: «Bene, bene. Chi abbiamo qua?»
«Chat, ti prego, non farlo arrabbiare.»
«My lady, far arrabbiare il prossimo è la mia specialità.»
«Concordo.» sbuffò Peacock, alzando gli occhi al cielo e scuotendo la
testa, mentre al suo fianco Bee e Volpina tenevano d’occhio il piccolo
manipolo di soldati che era stazionato alla base della torre: «Pure questi
in nero.» sbuffò l’eroe in blu, sorridendo: «A quanto sembra il nero va di
moda fra i cattivi.»
«Benvenuto, eroi di Paris!» esclamò una voce maschile e anziana, facendo
alzare la testa i tutti e sei verso l’alto della torre: «Io aspettare voi,
ja.»
«Lui aspettare noi?» domandò Chat, indicando prima la torre e poi tutti
loro: «C’è qualcosa che mi sfugge….»
«E non solo a te, ja.» mormorò Ladybug, osservando un oggetto volare verso
di loro: «E’ un drone?» domandò, aggrottando lo sguardo e facendo vagare
lo sguardo sugli altri, in cerca di un qualche tipo di risposta.
Il piccolo apparecchio si fermò a mezz’aria davanti a loro, la piccola
lente centrale si illuminò e un ologramma azzurrino si materializzò
davanti a loro: un ometto, alto quanto Fu e stempiato, era fermo con le
mani in tasca e sorrideva allegramente: «Eroi Miraculous, ja.» dichiarò il
nuovo arrivato: «Io essere molto contento di fare vostra conoscenza.
Lasciare che mi presenti: io essere Arzt Maus.»
«Male, male, male, male, male!» iniziò a dire Alex, appena sentì il nome
dell’ometto: «Ragazzi, ragazzi. E’ quello che vuole i Miraculous. Yuuh.
Qualcuno può considerare il tipo alla postazione pc? Andiamo, ragazzi.»
«Maus.» mormorò Ladybug, facendo un passo indietro e ricordando
immediatamente quello che aveva detto Alex, quando era arrivato: «Devo
dire che la immaginavo diverso.»
«Quindi il nostro nemico è questo nonnetto?» domandò Chat, incrociando le
braccia al petto e fissando incredulo l’ologramma: «Non scherziamo.»
«Mi hanno insegnato che i vecchi vanno rispettati e non menati.» dichiarò
Tortoise, sorridendo al loro nemico: «Sinceramente, non ho il coraggio di
toccarlo…»
«Beh, è un ologramma. Sarebbe un po’ impossibile…» mormorò Bee, chinandosi
e osservando l’anziano negli occhi: «Salve. Io mi chiamo Bee e se lei
sarebbe così gentile da dirci da quale casa di riposo ci sta chiamando,
magari…»
«Bee, questa era crudele.»
«Ma io ero seria, Chat!» esclamò la ragazza, alzandosi e osservando il
compagno in nero: «Magari non ci sta tanto con la testa e…»
«Voi non prendere sul serio me! Me! Grande scienziato di Quantum!» tuonò
Maus, facendo un cenno con la mano e richiamando le guardie vicino a lui:
«Voi affrontare mie guardie e poi non scherzare più.»
«Ok. Mi sa che il nonnetto ha chiamato i rinforzi.» dichiarò Peacock,
mettendo mano ai ventagli e osservando il piccolo gruppetto di guardie:
«Che dite? Lo facciamo un po’ di movimento?»
«Dubito che con questi possiamo parlare, ja.» dichiarò Ladybug, facendo
roteare il suo yo-yo e lanciandolo contro due guardie dello scienziato,
imprigionandole con il filo e tirandole verso di lei: «Due in meno, ja!»
«La mia signora trova tutto questo divertente?» domandò Chat, balzando
indietro ed evitando l’attacco di due nemici, colpendoli entrambi con un
doppio calcio rotante: «Io la mia parte l’ho fatta.» sentenziò, osservando
Tortoise lanciare il suo scudo e abbatterne quattro, mentre Peacock, Bee e
Volpina ne sconfiggevano uno ciascuno, annientando immediatamente le forze
nemiche: «Beh, tutto qui?»
«Voi avere sconfitto mie guardie!» esclamò sconvolto Maus, osservando i
suoi subordinati per terra e poi alzando lo sguardo verso loro sei: «Non
finire qui! Io promettere!» dichiarò, facendo un secondo cenno con la
mano: l’ologramma si spense e il drone volò via, sotto lo sguardo stranito
dei sei ragazzi.
«Ok. Cosa è successo?» domandò Volpina, osservando il piccolo manipolo di
soldati in nero per terra e poi gli altri: «Insomma, arriviamo qui,
troviamo questo nonnetto che dichiara di essere Maus e ci manda contro
degli idioti, perché questi sono idioti!, per cosa?»
«Forse voleva tastare il terreno?» buttò lì Tortoise, recuperando il suo
scudo e assicurandoselo alla schiena: «Sinceramente non so cosa pensare: è
stato tutto così…»
«Veloce? Improvviso? Senza senso?» mormorò Ladybug, voltandosi e
osservando il Tenente Roger giungere verso di loro: «Può occuparsene lei?»
domandò, indicando il gruppetto di nemici e sorridendo all’uomo che,
toltosi il berretto per asciugarsi il sudore dalla fronte, annuì con la
testa.
«Loro essere forti.» decretò Maus, battendo il pugno sul tavolo e
osservando irato i sei, che correvano via dal luogo dello scontro: lo
sottovalutano, lo deridevano. Ma lui avrebbe fatto vedere chi era.
Oh, se lo avrebbe fatto.
Anche Pavo pensava di essere invincibile, ma era caduta fra le sue mani e
anche quei ragazzini avrebbero fatto la stessa fine, portandogli anche i
loro Miraculous e, finalmente, avrebbe potuto mostrare al mondo il frutto
delle sue ricerche: nessuno l’avrebbe deriso perché inseguiva chimere.
Avrebbe dimostrato che la chimera era realtà.
Marinette si lasciò cadere sulla chaisse longue, gettando un’occhiata al
ragazzo che, seduto alla scrivania, stava osservando i loro kwami giocare:
«Che ne pensi?» domandò, alzandosi leggermente e poggiando il peso sui
gomiti.
«Che in questa posa sei meowravigliosamente invitante?»
«Adrien…»
«Riguardo alla piccola rissa che abbiamo avuto con cui tipi…» il biondo
sbuffò, gettando indietro la testa e fissando il soffitto: «Non lo so. E’
stato tutto così…»
«Facile? Veloce?»
«Esattamente. Neanche il tempo di arrivare, che abbiamo risolto la
situazione.» borbottò Adrien, voltandosi poi verso la botola aperta e
sorridendo: «Buonasera, Sabine.»
La madre di Marinette sgranò gli occhi, sorridendo poi alla vista del
ragazzo: «Non sapevo che ci fossi anche tu.» esclamò, salendo gli ultimi
gradini: «Ti fermi a cena da noi?»
«Volentieri.» dichiarò Adrien, alzandosi in piedi: «Almeno non mangio da
solo.»
«Perché? Dov’è tuo padre?» domandò Marinette, rimanendo sulla chaisse
longue: «In effetti è un po’ di giorni che non lo vedo.»
«E’ partito ieri per Milano. Penso tornerà nel fine settimana.»
«Adrien, sei nostro ospite finché Gabriel non sarà a casa.» sentenziò
Sabine, fissandolo seria: «Dovevi dirmelo. Vuoi rimanere a dormire qui?»
«E dove lo mettiamo?» domandò Marinette, cercando di ignorare il
sorrisetto divertito che si era formato sulle labbra di Adrien: in verità
il ragazzo stava trascorrendo ogni notte nella sua camera: «Il divano non
è comodo e…»
«Con te, ovviamente.» dichiarò sua madre, serenamente: «Pensi che sia nata
ieri? So benissimo com’è quando si è giovani e innamorati. Tuo padre ed
io…»
«Non voglio saperlo!» sbottò Marinette, alzandosi in piedi e fissando la
madre sconvolta: «Non voglio sapere assolutamente niente.»
Sabine ridacchiò, scuotendo il capo e facendo vagare lo sguardo sui due
giovani: «Comunque, mi fido di entrambi e so che siete responsabili,
quindi non vi ho mai detto nulla in questo periodo.»
«Voglio morire.» mormorò Marinette, portandosi le mani al volto e
accucciandosi per terra, mentre Adrien tossicchiava imbarazzato: «Perché
questo pavimento non sprofonda mai quando serve?»
«Sprofonderesti in cucina, tesoro.» dichiarò Sabine, sorridendo alla
figlia e voltandosi poi verso il ragazzo, leggermente rosso in volto: «Per
cena c’è zuppa di pesce. Una ricetta di mio zio Cheng.»
Sarah osservò intenerita Rafael e Flaffy, mentre dormivano sul divano: la
televisione illuminava la stanza, le note della canzone di Megara,
mentre veniva convinta dalle muse che era innamorata di Hercules,
risuonavano nell’aria: «Rafael ci tiene veramente a Flaffy.» commentò,
sistemandosi in modo da fissare il ragazzo che dormiva con la testa
poggiata contro lo schienale del divano e il piccolo kwami, che si era
rannicchiato contro il suo collo.
«Sì.» commentò Mikko, osservando anche lei la scena: «Quando abbiamo
accettato i poteri, Flaffy era il più piccolo fra di noi e…beh, è rimasto
quello più piccolo; Rafael è molto paziente con lui e, anche se non fanno
altro che litigare, si vede che si vogliono bene.» commentò la kwami,
volando verso la sua umana e strusciandosi con il viso.
«Già.» mormorò Sarah, ignorando il film che andava sulla tv – era il terzo
o il quarto che vedevano quella sera – e rimanendo a sorvegliare il sonno
del ragazzo, con un sorriso dolce sulle labbra.
Lila osservò il monitor del pc, leggendo velocemente l’articolo: «Che cosa
stai studiando?» le domandò Wei, porgendole una ciotola piena di cereali e
yogurt: «Non è francese.»
«No, è tedesco. Grazie ai miei so parlare e leggere francese, tedesco,
spagnolo, un po’ di russo e poco poco il cinese.» spiegò velocemente
l’italiana, sospirando: «Comunque è un articolo su Dottor Maus. A quanto
sembra da giovane ha cercato di convincere la società scientifica che
esisteva un’energia molto più potente e pulita di quella nucleare.»
«Il Quantum.»
«Esattamente. Purtroppo non ha potuto portare fatti concreti ad avvalorare
la sua tesi e venne deriso da tutti.»
«E adesso vuole la sua rivincita.» concluse Wei, annuendo mentre osservava
la foto dello scienziato, dove saliva imbarazzato su un auto: «Direi sia
un po’ capibile.»
«Capibile? Per la sua vendetta – chiamiamola così – vuole i nostri
Miraculous e creare qualcosa di altamente distruttivo.» sbottò Lila,
voltandosi verso il ragazzo e vedendolo portarsi alle labbra il cucchiaino
pieno di yogurt e cereali: «Quello sarebbe mio.»
Wei sorrise, buttando giù il boccone e infilando nuovamente la posata
nella scodella, portandolo poi alle bocca di Lila che, afferratogli il
polso, chiuse le labbra attorno al cucchiaio: «Wayzz! Stasera battaglia di
Hogwarts a tutto volume! O sentiamo cose che non vorremmo sentire!» urlò
Vooxi, facendo ridacchiare Wei mentre la ragazza fissava irata il proprio
kwami.
«Io lo uccido.»
«Sono un kwami, Lila.»
«Troverò il modo di ucciderti, Vooxi. Stanne certo.»
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.597 (Fidipù)
Note: Buon salve salvino a tutti! Eccoci qua con un nuovo
aggiornamento di Miraculous Heroes e...sì, penso che se avete aperto
questo link, lo sappiate già in che storia vi trovate. Allora...Capitolo 9
e la storia è ancora all'inizio per quanto riguarda il cattivo e la parte
super-action ma le relazioni fra i nostri personaggi s'intrecciano e
s'annodano. E vediamo un po'...c'è qualcosa da dire? Mh. Quello che spiega
il professor Fabre è vero, nelle varie mitologie dei popoli antichi ci
sono fattori comuni. Coincidenze? Oppure nel passato è successo qualcosa
che ha colpito in maniera così forte vari popoli di luoghi molto distanti?
(Ah. La cosa del set di animali, invece, è puramente inventata da me).
Detto questo, vi lascio ai soliti ringraziamenti: grazie a tutti voi che
leggete, che commentate, che inserite questa storia in una delle vostre
liste.
Grazie davvero grazie!
Rafael non capiva se a svegliarlo era
stato il dolore alla schiena, causato dalla posizione scomoda con cui
aveva dormito; il peso che gli gravava addosso oppure la combinazione di
entrambi: aprì lentamente gli occhi, ritrovandosi a osservare il suo
salotto e domandandosi come mai era rimasto a dormire lì e, poi, la sua
attenzione calamitò sulla testa bionda che gli riposava sul petto:
«Sarah?» mormorò, osservando la ragazza muoversi leggermente e tirare su
il capo, guardandolo negli occhi.
Rafael sorrise, mentre il sonno lasciava andare lo sguardo di Sarah e la
consapevolezza di dove era si faceva strada in lei; la osservò sgranare lo
sguardo nocciola e tirarsi immediatamente su, prima che un dolore
lancinante in una certa parte del corpo non lo fece ripiegare su sé
stesso: «Scusa.» esclamò Sarah, balzando in piedi e chinandosi davanti al
divano, mentre lui si portava la mano in una certa zona e pregando che il
dolore finisse.
O lo uccidessero nel mentre.
«Non è possibile…» boccheggiò, sentendo la mano di Sarah posarsi sulla sua
spalla, e cercando di respirare: «Ma hai preso lezioni da Marinette?»
«No. Però a New York ho fatto un corso di autodifesa.» mormorò la ragazza,
abbozzando un sorriso: «Come…come stai?»
«Come pensi che stia?» sibilò il ragazzo, cercando di mettersi supino sul
divano e piegando la testa di lato, osservando il viso imbarazzato e
dispiaciuto della ragazza: «Starò meglio. Davvero.»
«Io…»
«Mi basta solo tempo e borsa del ghiaccio.»
Flaffy sbadigliò rumorosamente, alzandosi in volo e osservando i due
umani: «Buongiorno, miei piccoli hobbit. Flaffy il blu è tornato.»
sentenziò, posando lo sguardo sul ragazzo e inclinando la testa di lato:
«Ti hanno di nuovo menato in quel posto, Rafael?»
«Flaffy…»
«Immagino che non puoi darmi la colazione, vero? Nessun problema, faccio
da solo.»
«Tu non fai da solo.» sentenziò Rafael, mettendosi con fatica a sedere e
guardando il kwami: «L’ultima volta che hai fatto da solo, ti sei mangiato
metà dispensa e poi sei stato male.»
«Non è vero.»
Rafael inspirò, fissando male il kwami: «Sì, che è vero. Ti ho dovuto
portare di corsa dal maestro.»
«Ci penso io.» mormorò Sarah, alzandosi e sorridendo a Flaffy: «Dov’è che
tieni la cioccolata?»
«Dì là!» esclamò il kwami del pavone, volando velocemente in cucina senza
curarsi se la ragazza lo seguiva o meno.
«Ti porto del ghiaccio?» domandò Sarah, stringendosi nelle spalle e
osservando impacciata il giovane sul divano, non sapendo cos’altro fare
per il danno che gli aveva arrecato.
«Sì, grazie.»
Alex sorrise al commesso, sperando che un sorriso caloroso e pieno di vita
facesse sì, che l’uomo dall’altro lato del bancone, non lo mandasse a quel
paese per il suo pessimo francese e per il fatto che stava mettendo a dura
prova i suoi nervi appena aperto il negozio: studiò attentamente gli
auricolari che gli aveva proposto e li valutò uno per uno, scegliendone
alla fine quello che gli sembrava il modello adatto: «Ne voglio sette…anzi
no, otto…ok, facciamo dieci di questo.» dichiarò, annuendo alla sua scelta
e sorridendo di fronte allo sguardo del commesso.
Di certo si stava domandando cosa accidenti ci facesse con dieci
auricolari; l’osservò mentre andava a recuperare le confezioni e le
imbustava, mentre Alex gli passava la carta di credito del maestro Fu che,
quella mattina, era accidentalmente scivolata nel suo giubbotto.
Insomma, quel vecchietto andava a spasso per il mondo a fornire, a giovani
sprovveduti, gioielli magici, quindi era anche il momento che si
preoccupasse di fornire un’attrezzatura adeguata per la loro missione.
Contento afferrò il sacchetto con i suoi acquisti e firmò con uno svolazzo
lo scontrino, abbozzando la firma dell’anziano, recuperando il tutto e
uscendo poi dal negozio; mise una mano in tasca, recuperando il cellulare
e mandando un messaggio veloce ai suoi supereroi preferiti.
Quando il suo cellulare aveva vibrato, Sarah aveva sperato che fosse
Rafael che rispondeva al messaggio che gli aveva mandato poco prima e,
quando aveva visto il mittente, aveva sospirato: aperto il messaggio era
venuta a conoscenza della mattinata di shopping dell’amico: «Ogni cultura
ha le sue leggende e i suoi miti.» dichiarò il professor Fabre, facendo
portare l’attenzione della ragazza sulla lezione: «Ma, nonostante ciò, in
quasi tutti i popoli ci sono dei temi che ricorrono: il diluvio universale
è uno di questi. Ne possiamo trovare tracce nella mitologia norrena, ma è
anche una leggenda della Isole Andamane – che, per chi non lo sapesse,
sono nel Golfo del Bengala – e ancora nella cultura azteca e in quella
maya.» il professore allargò le braccia, alzando gli indici: «popoli
diversi e sparsi per il mondo…» si fermò, avvicinando le due dita, fino a
che i polpastrelli non si toccarono: «…ma con un punto in comune. Se poi
andate a leggere i vari miti, noterete che la storia è più o meno la
stessa. Cosa vuol dire secondo voi?»
Sarah osservò una delle studentesse in prima fila alzare la mano, mentre
il professore le faceva un cenno con il capo, esortandola a parlare:
«Forse che è avvenuto un qualcosa che ha suscitato l’interesse di tutti,
tanto da inserirlo in una leggenda?»
«Buona risposta.» dichiarò il professor Fabre, salendo a sedere sulla
cattedra e annuendo: «Ed è un’ipotesi di molti studiosi: qualcosa è
avvenuto ed è stato talmente intenso e devastante, che i popoli antichi
hanno sentito il bisogno di tramandarlo.» spiegò, annuendo con la testa e
indicando la studentessa che aveva parlato: «Buona risposta, signorina.»
dichiarò, balzando in piedi e andando alla lavagna, disegnando alcune
forme: «Il diluvio universale non è l’unico tema ricorrente nelle
mitologie, durante i miei viaggi ho scoperto che molti popoli veneravano
un particolare set di animali.» spiegò, allontanando e indicando il primo
disegno: «La coccinella, il gatto, il pavone, l’ape, la tartaruga, la
farfalla e la volpe.» Sarah rimase a bocca aperta, notando gli animali dei
sette Miraculous disegnati sulla lavagna: «Sette animali che venivano
venerati, nonostante quel popolo non avesse mai avuto esperienza diretta
con quella specie. Perché? E perché proprio questi sette? Molto spesso
sono associati a grandi eroi o divinità che impedivano al male di
dominare. Come hanno fatto queste popolazioni a conoscere questi animali?
E noi come potremmo trovare il perché a queste domande? Signori e
signorine, quando ci siamo visti alla prima lezione, io vi ho chiesto:
perché studiare archeologia? Ecco la risposta a questa domanda: per
trovare risposte a fatti che non ce l’avrebbero.»
Sarah si addossò contro lo schienale della sedia, osservando i sette
disegni stilizzati che erano sulla lavagna e poi il professore, che si era
fermato, sorridendo a tutti loro, come se attendesse che le sue parole
colpissero il segno prefissato.
Adrien alzò la mano, salutando la ragazza che stava uscendo quel momento
dall’edificio dell’IFM: «Adrien!» esclamò Marinette, correndogli incontro
e venendo accolta fra le braccia del giovane: «Che ci fai qui?»
«Ho pensato di fare un salto e venire a prenderti.» le spiegò il biondo,
chinandosi e baciandole il naso: «Com’è andata oggi?»
«Niente lezioni, ma tanto lavoro con Nathanael. La professoressa ha
anticipato la data di scadenza del progetto: dovete imparare a lavorare in
tempi flessibili.» dichiarò la ragazza, scimmiottando l’insegnante e
facendo un cenno al ragazzo dai capelli rossi che, dopo averla vista, li
raggiunse con passo lento.
Marinette si staccò da Adrien, andando dall’amico, e immediatamente il
biondo sentì un senso di vuoto: perché lo aveva lasciato per andare da
Nathanael? Perché non era rimasta lì con lui, invece di fare quei pochi
passi che ora li separavano?
Si portò una mano al petto, stringendo la maglia e tenendo lo sguardo
fisso sulla schiena di Marinette, mentre questa si voltava e lo indicava
al rosso: «Adrien?» domandò la ragazza, aggrottando la fronte e tenendo lo
sguardo fisso su di lui.
Come se avesse capito che c’era qualcosa che non va.
Va tutto bene.
Marinette ti ama.
Va tutto bene.
Lei è tua.
Adrien socchiuse gli occhi, sorridendo e avvicinandosi ai due:
«Nathanael!» esclamò, allungando la mano e aspettando che l’altro gliela
stringesse in un breve cenno di saluto: «Mi ha sorpreso quando Marinette
mi ha detto che venivi qua.»
«Ho sorpreso un po’ tutti a quanto pare.» dichiarò Nathanael, sorridendo
nervoso e dando una breve occhiata a Marinette.
Non guardarla.
Non con quello sguardo, perché lo
conosco fin troppo bene.
Lei è mia.
Adrien annuì, sorridendo come gli era stato insegnato nei set: fai finta
che tutto ti scivoli addosso, fai finta che tutto ti scivoli addosso.
«Sai, Nathanael ha disegnato le scarpe per l’abito che ti ho fatto vedere,
quello da sir…» Marinette si voltò, bloccandosi alla vista del sorriso che
piegava le labbra di Adrien: conosceva bene quell’espressione educata ma
senza vitalità, perché l’aveva vista molto spesso nel ragazzo quando erano
più giovani.
Quando Adrien era succube di un Gabriel Agreste terrorizzato dal mondo
esterno e si sentiva libero solo nei panni di Chat.
Allungò una mano, stringendo la stoffa bianca della camicia che il ragazzo
indossava e fissandolo: «Quello da sirena?» le domandò il biondo,
voltandosi verso di lei con quel sorriso in faccia: «Non vedo l’ora di
vederle. L’abito era veramente bello, vero?»
«Già. Marinette ha un grande talento.»
La ragazza annuì, senza prestare particolare attenzione a ciò che i due
dicevano, completamente concentrata su Adrien: perché? Perché quel
sorriso?
Maus osservò il progetto prendere vita nel simulatore del computer: il
frutto dei suoi studi, finalmente!, stava per maturare.
Finalmente avrebbe dimostrato a quei bigotti e pieni di pregiudizi della
comunità scientifica che la sua chimera esisteva e lui l’aveva resa reale:
«Signore.» esclamò uno dei suoi soldati, facendo girare la sedia della
scrivania e guardandolo in volto: «La simulazione si è conclusa con un
risultato positivo.»
«Questo portare da me Miraculous, ja.» mormorò, avvicinandosi allo schermo
e carezzando la rappresentazione in 3D della sua creatura: «Ora noi
costruire e poi provare, ja. Eroi parigini sapere presto cosa vuol dire
vendetta di Maus, ja.»
«Era così strano, Tikki.» mormorò Marinette, poggiando il viso contro le
braccia e osservando la kwami che mangiava la sua cena fatta di biscotti:
«Per un attimo, mi è sembrato di avere accanto l’Adrien modello e non…beh,
il mio Adrien.»
Il piccolo spirito buttò giù il boccone, rigirandosi il biscotto fra le
zampette e osservando l’umana: «Magari è solamente stanco: deve affrontare
parecchie novità e non penso che studiare economia e gestione, di quella
cosa che non ho capito come si chiama, sia tanto facile…»
«Gestione del marketing, Tikki.» esclamò la voce di Adrien, facendo alzare
le teste di Marinette e della kwami verso il soppalco: Adrien e Plagg le
stavano osservando: «Ora io sono entrato quando Marinette ha detto “mio
Adrien”. Di cosa stavate parlando voi, signorine, per far dire alla mia
lady quelle due parole?» domandò il ragazzo, balzando al piano inferiore e
dando una breve occhiata alla botola chiusa: «Buonasera, my lady. Sei
sempre uno splendore da vedere.»
«Va tutto bene?»
«Sì, certamente.» rispose Adrien, incrociando le braccia e poggiando un
fianco contro la scrivania, guardandola dall’alto: «perché?»
«Hai qualche problema con tuo padre?»
«No, nessuno. Poi adesso è a Milano.»
«Sicuro al 100%? Lo giureresti sulla tua coda?»
«Marinette.»
«Mi sto preoccupando per te.»
«E per cosa?» esclamò il ragazzo, sorridendole e allargando le braccia:
«Guarda, sto benissimo. Un po’ stanco per le lezioni, ma in perfetta
forma. Se proprio vuoi preoccuparti di qualcosa…» sorrise, poggiando una
mano sulla scrivania e abbassando il volto fino all’altezza di quello
della ragazza: «…beh, pensa a questo povero micio che ha tanta voglia…»
«Di fare qualcosa che io non voglio vedere.» dichiarò Plagg, volando verso
la botola che dava sul terrazzino e oltrepassandola, sotto lo sguardo
divertito di Tikki che, velocemente, posò il biscotto e lo raggiunse.
«Allora, dicevamo my lady?»
«Come stai?» domandò Sarah, quando il portone di casa di Rafael si
aprì e il padrone di casa comparve sulla soglia: «Io…»
«Sto bene, tranquilla.» le rispose il ragazzo, facendosi da parte per
farla entrare: «Come dice Flaffy, devo averle di Ithilnaur.»
«Eh?»
«E’ una lega della Terra di mezzo.» spiegò il ragazzo, superandola e
lasciandosi cadere sul divano: «A quanto sembra la più dura.»
«Ehilà!» esclamò Flaffy, alzando una zampetta e sorridendo con la bocca
impiastricciata di cioccolata: «Stiamo guardando La compagnia
dell’Anello.»
«Per la centoventunesima volta, minimo.» sbuffò Rafael, sorridendo
divertito quando il kwami tornò a vedere il film e iniziò ad anticipare le
battute: «Ormai lo sa a memoria.»
Sarah sorrise, voltandosi verso lo schermo e notando Frodo che si alzava
davanti al consiglio e dichiarava di portare l’anello a Mordor: « Ti
aiuterò a portare questo fardello, Frodo Baggins, finché dovrai portarlo.»
mormorò Flaffy, addentando la cioccolata e voltandosi verso Rafael.
Il modello sospirò, osservando la scena e attendendo il turno di Aragorn:
«Se con la mia vita o la mia morte potrò proteggerti, io lo farò. Hai la
mia spada.» recitò, scuotendo la testa e allungandosi ad accarezzare il
capino del kwami.
«Ed hai il mio arco.» dichiarò Sarah, sorridendo ai due: «Sono Legolas.»
«Ehi, Legolas. Cosa vedono i tuoi occhi da elfo?» le domandò Rafael,
allungando le gambe davanti a sé.
«Cioccolata, tanta cioccolata!»
«No, scusate.» Mikko s’intromise, attirando su di sé l’attenzione: «Se lui
è Gandalf, Rafael è Aragorn e tu, Sarah, sei Legolas. Io chi faccio? Il
nano barbuto?»
«Sei identica, Mikko.»
«Tu hai bisogno di occhiali, Flaffy.»
Lila picchiettò la penna sul blocco, dando un’occhiata al cellulare
poggiato sul tavolo vicino al computer: «Alex, non è tanto difficile. Mi
mandi i files di Maus e la facciamo finita qui. Ho cercato un po’ di cose
sul nostro nemico ma non si trova nulla o poco.»
«Non dovresti pensare a salvare Parigi dai suoi attacchi? Lascia che ci
pensi io al lavoro dietro le quinte.»
Wei sorrise, avvicinandosi alle spalle della ragazza e poggiando il peso
sullo schienale: «Alex, ti conviene fare come dice. E’ parecchio
insistente quando si mette in testa una cosa.»
«Ehilà, Wei! Ti è arrivato il messaggio?»
«Sì, scusa se non ti ho risposto ma dovevo lavorare al momento.»
«Tranquillo, amico.» dichiarò Alex dall’altro capo: «Comunque appena
potete passate per venire a prendere i vostri auricolari. Gentilmente
offerti dal maestro.»
«Io non ho offerto niente!» sbottò la voce del maestro Fu, facendo
sospirare Lila: «Sei tu che mi hai rubato la carta di credito.»
«Alex, i files.»
«Appena il maestro la finisce di urlare te li mando, promesso.»
Marinette stava camminando davanti a lui ma, per quanto allungasse la mano
e cercasse di raggiungerla, non riusciva mai ad avvicinarla: «Mari…»
iniziò a dire il suo nome, ma la ragazza scomparve come se si fosse
dissolta nell’aria e Adrien iniziò a urlare con tutto il fiato che aveva
in gola e si svegliò, madido di sudore e, per un attimo, non capì dove si
trovava.
Quando riconobbe la stanza della ragazza si rilassò, anche se le spire
dell’incubo non sembravano lasciarlo andare: sentiva ancora l’impotenza
nel non riuscire a raggiungere Marinette, poi il dolore e la perdita
quando lei era scomparsa.
Inspirò profondamente, passandosi una mano sul volto, come se quel piccolo
gesto riuscisse a cacciare via tutto, e si voltò, trovando la ragazza che
dormiva placidamente al suo fianco: Marinette aveva le mani unite sotto il
viso, le spalle nude lasciate scoperte dalla trapunta e il viso
completamente abbandonato al sonno: «Sei bellissima.» le mormorò,
carezzandole lo zigomo e girandosi completamente verso di lei; le fece
passare le braccia attorno al corpo, stringendola contro di sé mentre si
sdraiava nuovamente al suo fianco: «Non lasciarmi mai. Non abbandonarmi.»
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.597 (Fidipù)
Note: Tatatatadan! Eccomi di nuovo qua con il consueto
aggiornamento di Miraculous Heroes 2! Allora, qualche info random su un
luogo dove si svolgeranno alcune scene di questo capitolo: la Galeries
Lafayette è il secondo sito più visitato della capitale francese dopo il
Louvre, ma anche il più grande magazzino del mondo occidentale, offre una
vasta selezione di marchi e prodotti, dalla moda agli accessori, passando
per la bellezza, la decorazione e la gastronomia ed è dislocato in 3
edifici confinanti in Boulevard Haussmann: Galeries Lafayette Haussmann
(edificio storico principali), Galeries Lafayette Homme e Gourmet
(tematiche uomo e gastronomia) e Galeries Lafayette Maison (tematica
casa).
Ho fatto bene i compiti, vero?
Inoltre, per chi ha letto anche Tikki,
la prima portatrice riconoscerà subito due personaggi citati
all'inizio del capitolo.
E dopo questo, vi lascio al capitolo e, come al solito, voglio
ringraziarvi tantissimo per i commenti che mi lasciate (qui, su FB), per
il fatto che inserite questa storia in una delle vostre liste e per il
fatto che semplicemente leggete la mia storia.
Grazie grazie grazie grazie!
«Sempre a casa mia.» sbuffò Fu,
osservando il piccolo gruppo che era radunato nel suo salotto e le scatole
di cibo da asporto che affollavano il tavolino basso: «Ma non avete altri
posti dove incontrarvi? Bar carini? Pub? Discoteche?»
«Per parlare dei Miraculous e di Maus?» domandò Adrien, lavorando con la
forchetta e portandosi alla bocca una generosa porzione di tagliolini
saltati: «Meglio qua, maestro. E poi ci piace passare le nostre domeniche
con lei.»
Fu bofonchiò qualcosa, osservando i sette ragazzi e tornando a mangiare il
suo pollo in agrodolce: «Allora?»
«Allora cosa?»
«Beh, siete qui per discutere di Maus, ma tutto quello che state facendo è
ingozzarvi.»
«A pancia vuota anche il più grande guerriero non può combattere.»
dichiarò Wei, sorridendo all’anziano e poggiando il suo piatto vuoto:
«Comunque Maus non ha fatto movimenti, a parte quello della Tour Eiffel.»
«Non è un tipo da sottovalutare.» dichiarò Lila, posando il suo piatto e
scuotendo il capo: «Ho studiato i files che mi ha mandato Alex e c’è una
cosa che mi preoccupa: Quantum-β. Ricorre molto spesso nelle ricerche di
quell’uomo e ho il timore che sia la base su cui voglia creare il Quantum
originale.»
«Non è una cattiva ipotesi.» dichiarò Alex, sistemandosi gli occhiali e
annuendo con la testa: «Per ricreare il Quantum – quello potentissimo e
incontrollato – ha bisogno dei Miraculous, ma pensare che al momento sia a
mani vuote è stupido. Sicuramente ha già qualcosa in mano, molto vicino al
risultato finale.»
«Che belli questi pranzi domenicali.» sentenziò Rafael, scuotendo il capo
e sospirando: «Quindi la nostra missione primaria è tenere i Miraculous al
sicuro da lui.»
«E proteggere Parigi.» sentenziò Marinette, osservando gli altri: «Anche
se l’ultimo attacco è stato così strano…»
«Ditemi che non sono il solo ad aver pensato a una specie di test.»
dichiarò Wei, vedendo gli altri annuire alla sua affermazione: «Bene, mi
consolo.»
«Penso sia stato un test per vedere quanto siamo forti.» dichiarò Adrien,
sospirando e abbozzando un sorriso: «Speriamo di essere passati tutti a
pieni voti.»
Alex li osservò, sorridendo e scambiandosi un’occhiata con Fu: «Ok. E’
ancora presto per Natale…» dichiarò, alzandosi e andando a recuperare una
busta di carta con il logo di una catena di negozi elettronici: «Ma…tadan!
Auricolari Miraculous!»
«Auricolari Miraculous?» domandò Sarah, osservando Alex che tirava fuori
sette auricolari tutti uguali fra loro: «Alex! Ma cosa…»
«Una volta che li ho comprati, è sorto un dubbio: tutto ciò che indossate
si trasforma, giusto?» spiegò Alex, sorridendo all’uomo seduto di fianco a
lui: «Con il maestro abbiamo pensato di tenerli qui da noi, ma sarebbe
stato un po’ troppo macchinoso dover venire sempre a recuperarli e,
allora, il nostro vecchiardo cinese, colui che tutto sa e nulla dice, se
n’è uscito fuori con una specie di incantesimo che permette a questi
bambini di non venire trasformati.»
«Qualcuno ci ha capito qualcosa?» domandò Rafael, prendendone uno in mano
e mettendoselo all’orecchio: «Mi sento una spia.»
«Prova a trasformarti.» lo esortò Alex, incrociando le braccia e
sorridendo.
«Flaffy! Trasformami.» ordinò Rafael, diventando immediatamente Peacock:
l’eroe in blu si portò una mano all’orecchio, sentendo ancora il piccolo
accessorio: «Ma come?»
«Sono stato addestrato a Nêdong.» dichiarò Fu, sorridendo: «Quel tempio è
lì da quando molto tempo, fra le sue mura hanno vissuto Kang il veggente e
il primo Gran Guardiano, quindi so due o tre cosette sui Miraculous,
sapete? Fra le quali…»
«Fra le quali anche una specie di incantesimo per permettere ad alcuni
oggetti di non venire trasformati.» concluse Alex, battendo una mano sulla
spalla dell’anziano: «Sembrava fatto apposta per noi, vero?»
«Era nel primo libro di Kang. Forse è veramente così: il veggente ha
lasciato molte eredità, prima di sparire nel nulla. Non mi stupirei se
avesse visto ciò che ci attendeva e avesse creato un incantesimo apposta
per questa situazione.» sbuffò Fu, osservando gli altri Portatori prendere
i loro auricolari e trasformarsi, indicandosi a vicenda l’accessorio che
avevano all’orecchio.
«In che senso sparire nel nulla, maestro?» domandò Wei, portando
l’attenzione su ciò che aveva detto l’anziano: «E’ per caso…»
«Un bel giorno, molto ma molto tempo fa, Kang il veggente se n’è andato da
Nêdong: nessuno sa cosa sia successo o perché, semplicemente ha fatto i
bagagli e se n’è andato. Da allora non è più stato visto: molti sacerdoti
pensano sia andato a morire lontano dal tempio, altri che stia ancora
girovagando per questa terra…»
«Di quanto molto ma molto tempo fa parliamo, mister Miyagi?»
«Mh. Kang ha vissuto nello stesso periodo del primo Gran Guardiano, quindi
parliamo di quasi duemila anni fa.»
Un bip bip irruppe nell’aria, interrompendo Fu e Alex corse alla sua
postazione, sedendosi e digitando velocemente qualcosa sulla tastiera:
«Abbiamo guai, ragazzi…» dichiarò, voltandosi verso il gruppo di eroi:
«L’esercito privato di Maus ha fatto irruzione alla Galeries Lafayette.»
Sbadigliò, mentre la madre si provava l’ennesimo vestito nel camerino:
«Come sto con questo?» gli domandò, mentre il ragazzino portava pigramente
lo sguardo sul genitore, che sorrideva in attesa del suo parere.
«Carino.»
«Thomas, l’hai detto anche degli ultimi due abiti.»
Il ragazzino alzò le spalle, avvicinandosi alla protezione che dava sulla
grande sala centrale, attorno alla quale tutto l’edificio era stato
costruito; si appoggiò, osservando le persone sotto di lui e notando
l’entrata di tanti uomini vestiti di nero che, come tante formiche,
stavano invadendo il luogo: alcune urla giunsero alle orecchie del
ragazzino e questi si allontanò dalla protezione, voltandosi verso la
madre che fissava incuriosita dietro di lui: «Mamma, ci sono dei
problemi.»
Chat balzò su un tetto, ridacchiando e sentendo la voce di Alex
nell’orecchio: «Ok, ragazzi. Maus ha fatto una bella festa, stavolta.»
dichiarò l’americano: «Secondo quanto ha detto il tenente Roger – qualcuno
mi presenti quest’uomo – stiamo parlando di qualcosa come cinquanta,
sessanta guardie.»
«Abbiamo affrontato l’intero esercito di Coeur Noir, non ci fanno paura.»
dichiarò Peacock, correndo dietro l’eroina in rosso e dando una veloce
occhiata a Bee e Volpina, che volavano alla loro sinistra: «Hanno
ostaggi?»
«Mh. Sì. La polizia parigina sta facendo passare il tutto per un attacco
terroristico.» dichiarò Alex, sospirando pesantemente: «Maus non è
presente.»
«L’ospite d’onore si fa sempre attendere. O da direttamente buca.»
dichiarò Ladybug, portandosi una mano all’auricolare e sorridendo:
«Grazie, Alex. Stiamo diventando professionali, come ha detto l’altra
volta Chat, grazie a te.»
«Per gli auricolari, ringraziate Fu: è lui che li ha pagati – senza
saperlo – e ha studiato l’incantesimo per permettere di usarli. Io li ho
solo collegati ai vostri cellulari Miraculous.»
Ladybug sorrise, continuando a correre e osservando la Galeries Lafayette
poco distante da loro: «La nostra priorità è salvare le persone là dentro
e far pentire ai soldati di Maus di essere venuti qua.» dichiarò la
ragazza, fermandosi alla fine del tetto e venendo affiancata da Chat Noir
e Peacock: «Ragazzi, scatenatevi. Fateli arrabbiare, menateli…fate quel
che vi pare. Volpina, sai cosa fare.»
«Illusioni e sempre illusioni.» dichiarò l’eroina in arancio,
ridacchiando: «Ci penso io.»
«Bee, i tuoi pungiglioni sono carichi?»
«Pronti!»
«Tortoise, ti occuperai di portare fuori più persone possibili: con il tuo
scudo puoi proteggerle da qualsiasi cosa hanno i nostri nemici.»
«My lady, ogni volta che ti sento comandarci così, un brivido mi scorre
lungo la schiena.» dichiarò Chat, ridendo all’espressione sconvolta di
Peacock: «Andiamo, Peacock. Abbiamo una festa da scaldare.»
Thomas osservò i tipi in nero, stranamente immobili da quando avevano
fatto irruzione, come se fossero in attesa: sua madre pigolò al suo
fianco, trattenendolo per un braccio mentre lui voleva solamente
affacciarsi dal nascondiglio che avevano trovato dietro alcuni carrelli
pieni di vestiti.
Non sembravano interessati a loro, quei tipi in nero. Per niente.
Erano entrati, si erano posizionati in vari punti e poi erano rimasti
immobili.
Perché? Perché non facevano come i vari cattivi che avevano imperversato
per Parigi ai tempi di Papillon o di quella regina nera, come Thomas aveva
battezzato la cattiva che aveva seminato il caos nella città qualche mese
prima.
Qualcosa si mosse all’improvviso.
Qualcosa di colorato sfrecciò dentro all’edificio: «Thomas!» sibilò sua
madre, mentre lui correva fuori dal suo nascondiglio e si affacciava dal
bordo della protezione, osservando la sala centrale della Galleria e sei
piccoli puntini che mettevano KO i nemici.
Gli eroi di Parigi.
Il ragazzino trattenne il fiato, osservandoli combattere e portare al
sicuro le persone: «Sono…sono…» si bloccò, notando qualcosa di nero alla
sua sinistra: si voltò, osservando uno dei soldati cercare di prenderlo,
sgusciò via e si guardò attorno, cercando qualcosa da usare come arma.
Non avrebbero mai preso Thomas Lepierre. Mai.
Lo yo-yo di Ladybug si avvolse attorno alla balaustra e, pochi secondi
dopo, l’eroina coccinella salto su con il sorriso sulle labbra: «Stai
bene?» gli domandò, mentre evitava l’assalto del nemico e lo metteva al
tappeto con un calcio.
«Ladybug.»
«Proprio io.»
Thomas scosse il capo, osservando estasiato l’eroina parigina che gli
sorrideva calorosamente: la ragazza si avvicinò, posandogli una mano sulla
spalla e spingendolo verso l’uscita di emergenza dove Tortoise, un altro
degli eroi di Parigi, stava radunando un piccolo gruppo di persone: «Sei
al sicuro ora.» gli disse, facendo poi vagare lo sguardo sulle persone che
si erano nascoste con Thomas: «Siete al sicuro ora.»
Chat Noir allungò il suo bastone e lo roteò sopra la testa, sorridendo ai
tre soldati in posizione di difesa davanti a lui: «Allora, il gatto vi ha
mangiato la lingua?» domandò, facendo un passo in avanti e ingaggiando una
breve lotta con i tre, risultando vincitore; non ebbe il tempo di gioirne,
poiché balzò all’indietro per evitare i ventagli di Peacock: «Ehi!»
«Scusa, ho fatto confusione. Nero tu, neri loro…»
«Sono dei copioni, lo so.» dichiarò Chat, scuotendo la testa e osservando
Bee che lanciava due pungiglioni, appendendo altre due guardie di Maus:
«Forza, continuiamo.»
Maus sorrise, osservando gli eroi di Parigi che sconfiggevano i suoi
sottoposti: certo, il numero più alto li stava mettendo leggermente in
difficoltà, ma sarebbero usciti vincitori anche da quella prova: «Io avere
capito, ja.» dichiarò l’uomo, sorridendo e abbandonandosi contro lo
schienale della poltrona: «Ancora una volta, poi io passare a piano B,
ja.»
Volpina suonò alcune note, mandando le sue copie contro i soldati di Maus
e vedendo quest’ultimi indietreggiare di fronte a lei e raggiungere
velocemente la porta: così come era iniziata, altrettanto velocemente era
finita: «Ma cosa…?» mormorò la ragazza, quando l’ultimo soldato uscì,
lasciando dietro solo il caos e il disordine.
«Ed io che ci faccio con questo?» dichiarò Ladybug, alzando la mano
sinistra che teneva una corda rossa a pois neri: «Avevo evocato il Lucky
Charm per finirla alla svelta, ma…»
«My lady, lancialo e fai la tua magia.» dichiarò Chat, affiancandola e
posandole una mano sulla spalla, guardandosi poi intorno: «Direi che ne
abbiamo veramente bisogno.»
Ladybug lo fissò, annuendo poi con la testa e lanciando verso il cielo la
corda che, immediatamente, si trasformò nel fascio ristoratore e riportò
tutto all’origine, come se non fosse successo assolutamente nulla.
Alex si appoggiò contro lo schienale, sospirando: «Questi attacchi sono
strani, decisamente strani.»
«Lo hanno detto anche loro.» dichiarò Fu, avvicinandosi e posando le mani
sulla spalliera della sedia del ragazzo: «Li sta mettendo alla prova,
verificando la loro forza e la loro resistenza.»
«Ma non c’era nessun drone stavolta…»
«Forse non è il solo modo con cui tiene sotto controllo tutti.»
«Quel tipo è pazzo, stupido, ma è incredibilmente inquietante.» dichiarò
Alex e Fu non poté far altro che annuire.
Chat Noir osservò Ladybug atterrare al suo fianco, pochi secondi prima che
la trasformazione si sciogliesse e l’eroina di Parigi tornasse a essere
semplicemente Marinette; Tikki planò dolcemente fra le mani della ragazza
che, prontamente, tirò fuori un sacchetto di biscotti dalla borsetta,
mostrandoli alla kwami: «Gli altri?» chiese poi, osservando Chat Noir
togliersi l’anello e tornare a essere Adrien.
«Ci troviamo alla Gare dell’Est.» le rispose il ragazzo, posandole una
mano sulla schiena e dirottandola verso una delle panchine del piccolo
parco ove avevano trovato rifugio: «Non avresti dovuto usare il Lucky
Charm…»
«Era l’unico modo per farla finita in tempo breve.» dichiarò Marinette,
sedendosi mentre Tikki le si sistemava in grembo e mangiava avida il suo
pasto: «Questi attacchi sono così strani…»
«Non pensarci, ok?» mormorò Adrien, posandole una mano sul capo e
chinandosi per baciarle una tempia: «Hai tutto il tempo per scervellarti
sugli attacchi di Maus: ora fai mangiare Tikki e rilassati.»
Marinette lo fissò, regalandogli un sorriso e annuì, tornando poi a
dedicarsi alla kwami, finché il cellulare non l’avvisò dell’arrivo di un
messaggio; Adrien osservò la ragazza recuperare l’apparecchio dalla borsa
e sorridere: «E’ di Nathanael.» gli spiegò, mostrandogli lo schermo: «A
quanto pare ha finito il disegno dei gioielli anche.»
«Ottimo.» dichiarò Adrien, portandosi una mano al petto e
massaggiandoselo, cercando di ignorare quel dolore sordo che aveva sentito
non appena Marinette aveva pronunciato il nome del compagno di classe.
Sophie inspirò, osservando il soffitto della camera che Fa aveva messo a
sua disposizione e cercando di assimilare la storia che la donna e
Willhelmina le avevano raccontato: entrambe erano state Portatrici di
Miraculous nel lontano 1840, ma qualcosa era andato storto e Willhelmina –
il cui vero nome era Bridgette – aveva assimilato dentro di sé uno spirito
malvagio, diventando Coeur Noir, ma era stata salvata dal gruppo di
Portatori che stava proteggendo Parigi.
Si issò a sedere, recuperando il rettangolo nero – uno smartphone, le
aveva spiegato Willhelmina – e, con qualche difficoltà dettata dalla
novità elettronica, riuscì ad aprire la cartella delle immagini, scorrendo
le foto che erano state inserite: Willhelmina aveva chiesto a Fu, suo
amico e Gran Guardiano dei Miraculous, di mandarle alcune foto del gruppo
che stava lavorando a Parigi e gliele aveva mostrate.
Sorrise, vedendo le foto e studiando i dettagli di ognuno: Lila era una
ragazza italiana, Portatrice del Miraculous della Volpe e si faceva
chiamare Volpina; il suo ragazzo, Wei, era di nazionalità cinese e il suo
alterego Tortoise, prendeva il potere dal Miraculous della Tartaruga.
Rafael era colui che aveva ereditato il Miraculous del Pavone e si faceva
chiamare Peacock; infine Sarah o Bee, americana e Portatrice del
Miraculous dell’Ape.
E infine…
Sophie passò i rassegna le foto, fino a trovare quella che preferiva più
di tutte: ritraeva una ragazza dai capelli mori e lo sguardo celeste, con
le guance imporporate e il sorriso imbarazzato; un ragazzo, dai capelli
biondi e gli occhi verdi, la stringeva da dietro con un sorriso felice
sulle labbra.
I Portatori dei Miraculous del Gatto nero e della Coccinella.
Chat Noir e Ladybug.
Adrien e Marinette.
Suo figlio e la sua fidanzata.
Sorrise, carezzando con l’indice il viso del ragazzo e sentendo gli occhi
pizzicarle: Adrien sembrava veramente felice nella foto e lei non poté che
gioire di questo perché, nonostante lei l’avesse abbandonato e quello che
aveva fatto Gabriel, fuori di sé dal dolore, il loro bambino era riuscito
a trovare la sua felicità.
Chissà com’era la sua ragazza, Marinette.
Sophie sgranò gli occhi, portandosi una mano al petto mente un’idea
dilagava in lei: e se lei non fosse piaciuta a quella ragazza così
graziosa? E se le fosse stata antipatica?
Insomma, cosa poteva pensare di una madre che abbandona il proprio figlio
e il proprio marito per inseguire il suo più acerrimo nemico?
Inspirò profondamente, alzando lo sguardo e notando la figura divertita di
Willhelmina sulla soglia della camera: «Sono…»
«Incredibilmente in gamba.» dichiarò la donna, scostandosi dalla porta e
raggiungendo Sophie: «Hanno fermato me, fermeranno anche Maus.»
Sophie annuì, posando lo sguardo verde sull’altra: «Voglio andare a
Parigi.» dichiarò, scuotendo poi il capo: «Voglio tornare a Parigi. Voglio
tornare a casa.»
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.657 (Fidipù)
Note: Ed eccoci qua con un nuovo capitolo di Miraculous Heroes 2!
Contenti? Vi state disperando perché sono ancora qua? State pensando a
come uccidermi nel sonno, così che non vi tormenti più con le mie storie?
Spiacente per voi, ma io sono immortale!
Bene, bene. Passiamo al capitolo...
Allora, dico prima di tutto che chi indovinerà la citazione messa a inizio
capitolo (sono proprio le prime parole), avrà il mio amore incondizionato
con tanto di matrimonio lampo. Detto questo...
Mh, che dire? In verità, ho poco da dire a parte che ogni personaggio
storico citato è stato frutto di ricerche (a parte qualcuno di cui sono
una fissata...*coff*Giovanna D'Arco *coff*) ma che ogni riferimento che si
collega ai Miraculous...beh, quello è frutto della mia mente malata.
Prima di lasciarvi al capitolo e ai ringraziamenti di rito, inizio a dirvi
che questa storia (e tutte le altre che ho in corso) avranno un piccolo
arresto a fine ottobre perché sarò a Lucca Comics tutti e cinque i giorni
(E sì, se qualcuno ci sarà mi farebbe piacere incontrarlo!).
Ve lo dirò certamente a ridosso della fier ma, onde evitare che mi salti
di mente, iniziò già ad avvisarvi fin da ora.
E adesso, come sempre, voglio ringraziare tutti voi che leggete,
commentate, mi supportate (o sopportate, scegliete voi la vocale).
Un grazie di tutto cuore!
«Si può fare!» urlò Maus,
osservando entusiasta il frutto del suo duro lavoro: il grande schermo
piatto, appeso sulla parete, stava mostrando ciò che era riuscito a
creare, quello per cui aveva speso una vita intera finalmente era
diventato realtà, anche se…
Non era ancora completamente finito.
«Mancare ancora parte importante, ja.» mormorò fra sé, chinando la testa e
sospirando: «Quantum-β non essere vero Quantum.» dichiarò, avvicinandosi
al computer e digitando sulla tastiera: i risultati della sua invenzione
furono ridotti in finestra, mentre l’intero monitor fu invaso dai dati che
aveva raccolto sugli eroi di Parigi: «Ancora una volta poi io avere dati
completi, ja.»
Wei sbadigliò, entrando in cucina e osservando la ragazza che, con la
testa poggiata sopra i libri e i quaderni, sembrava essere addormentata:
aveva sentito Lila alzarsi dal loro letto molte ore prima, sapendo
benissimo che l’avrebbe poi trovata al tavolo di cucina immersa nello
studio dei files del loro nuovo nemico; facendo segno ai kwami di non fare
rumore, entrò nella stanza e, toltosi la felpa che aveva indossato appena
alzato, la poggiò sulle spalle della ragazza: «Wei. Uccidimi.»
«Ah. Eri sveglia?»
Lila alzò la testa, osservandolo mentre iniziava ad armeggiare in cucina,
preparando la colazione per loro due: «Sì.» borbottò, tirando su le gambe
e poggiando il mento contro le ginocchia: «Perché non ho scelto qualcosa
come fisica o chimica?»
«Perché Scienze politiche è più divertente?» buttò lì il ragazzo,
prendendo la moka e mostrandogliela: «Lila…»
«Ci penso io.» sbuffò la ragazza, alzandosi in piedi e raggiungendolo,
iniziando a prepararsi il caffè: «Non capisco nulla di quei files. Perché
ho pensato di poter essere utile a qualcosa?»
«Ma tu sei utile.»
«Se stai per dire che sono utile a scaldarti il letto e farti divertire,
ti meno.»
«Sei una grande guerriera, Lila. E metti il bene degli altri davanti al
tuo.» dichiarò il ragazzo, incrociando le braccia al petto e appoggiandosi
con un fianco al bancone: «E sì, poi ci aggiungo anche quello che hai
detto tu.»
«Non posso paragonarmi a te o agli altri, però.»
«Lila…»
«Lo so, lo so. Niente pensieri negativi o scoraggianti.» esclamò la
ragazza, sorridendogli: «Mi piacerebbe solo contribuire di più al gruppo,
tutto qua.»
«Lo fai già, Lila.» dichiarò Wei sicuro: «E sono certo che troverai
qualcosa in quei files, anche senza aver preso una laurea in quello che
hai detto…io ho imparato il francese, sono certo che tu potrai fare tutto
questo.»
«Sei sicuro di quello che dici?»
«Sicurissimo.» dichiarò il ragazzo alzando i pugni e tendendoli verso di
lei: «Tu sai fare grandi cose, Lila.»
La ragazza sorrise, colpendo le mani chiuse di Wei con le proprie,
tornando poi a preparare la colazione: «Ehi! Babbani! E’ già pronto da
mangiare?» urlò Vooxi, fluttuando fino alla testa di Lila e posandovici
sopra: «Dov’è la mia scatoletta?»
«Sai, Vooxi…» iniziò la ragazza, aprendo la dispensa e tirando fuori una
confezione di carne in scatola: «Sto iniziando seriamente a pensare di
comprarti le scatolette per cani.»
«Costerebbero anche meno.» dichiarò Wei, finendo di tagliuzzare l’insalata
e portandola sul tavolo, davanti a Wayzz che si era accomodato in un
angolo libero da fogli e laptop: «Hai intenzione di lasciare così o prima
di andare a lezione pensi di sistemare?»
«Oggi non ho lezione, quindi rimango a casa e studio quella roba…»
«Lila, dovresti studiare la roba dei tuoi corsi.»
«Beh, se quel pazzo riesce a creare ciò che ha in mente, penso che non
avrò più corsi da seguire. Sai?» sbuffò la ragazza, mettendo sul fornello
la moka e incrociando le braccia: «Comunque, mentre leggevo mi stavo
facendo una domanda.»
«Quale?»
«Maus non è ricco e proviene da una famiglia media. Almeno a quanto
risulta dalla biografia che ha trovato Alex.» spiegò Lila, voltandosi e
recuperando una tazza mentre Wei tornava a finire la sua colazione:
«Eppure possiede una proprietà in Tibet, che ha chiamato Maus Temple,
inoltre per le sue ricerche ha bisogno di parecchi finanziamenti, senza
contare il numero di soldati che ha ai suoi ordini…»
«E quindi?»
«Mi chiedo dove trovi i soldi, tutto qua.»
«Ricco parente lontano?»
«E se ci fosse qualcuno dietro Maus? Il nostro amico pazzo ha messo le
idee e il genio e questo qualcuno i fondi…»
«Non pensi di complicarti la vita così? Sicuramente ha i soldi per fare
tutto questo e anche di peggio.» dichiarò il ragazzo, alzando le spalle e
portando la propria tazza al tavolo: «Non vedere intrighi dove non ci
sono, Lila.»
Sarah osservò il professor Fabre uscire dall’aula: la borsa a tracolla era
poggiata su una spalla e conteneva talmente tanti libri da straripare,
mentre il completo in tweed gli dava un’aria elegante che contrastava con
i capelli selvaggi e la barba incolta: «Professore!» esclamò,
raggiungendolo velocemente e vedendolo voltarsi, squadrandola con lo
sguardo grigio.
Rafael le aveva detto che suo padre non poteva essere tornato, poiché non
era passato da lui ma, ogni volta che lei vedeva il suo professore di
archeologia, era certa della parentela fra i due.
«Sì?» le domandò l’uomo, sorridendole e lei rivide in quell’espressione lo
stesso sorriso scanzonato che alle volte aveva il suo ragazzo.
«Ecco, sono una studentessa del suo corso…» spiegò Sarah, armeggiando con
il blocco che teneva in mano e andando a ricercare gli appunti della
lezione che le interessava: «Qualche giorno fa lei ha fatto una lezione
sui temi ricorrenti nei miti…»
«Sì, signorina. La ricordo perfettamente.» dichiarò il professor Fabre,
ridacchiando: «Lei non è francese?»
«Sono americana.» rispose velocemente la bionda, voltando il foglio e
mostrando i disegni dei sette animali: «Ecco, sono rimasta molto colpita
da quello che ha detto riguardo a questi…»
«Oh. I sette animali sacri.» commentò l’uomo, massaggiandosi il mento
coperto dalla barba: «Un argomento interessante, vero? Sono rimasto
colpito di trovare riferimenti di questi sette in molte culture
preistoriche e non sono in quelle: quando sono andato a Norkfolk per
studiare alcuni reperti degli Iceni ho trovato un riferimento a Boudicca,
una regina di questa tribù che guidò una rivolta anti-romana, in cui si
parlava della veste cremisi puntellata di nero della donna. Rosso e pois
neri: una coccinella in pratica.»
«Quindi Boudicca era un’adoratrice della Coccinella?»
«Forse. Probabile. Chi può dirlo? Un’altra nota interessante è stata
trovata riguardo a Giovanna D’arco. Molto più recente, non trova? Eppure
in alcuni testi si parla di un mantello rosso e pois neri che la giovane
indossava…» spiegò l’uomo, muovendo con enfasi le mani: «Cleopatra,
invece, è stata ritratta con un vestito giallo e nero in un dipinto
dell’epoca, un abito che ricorda molto i colori dell’ape, non trova?»
«Già…» mormorò la ragazza, portandosi una mano al pettinino che aveva tra
i capelli e facendo segno al professore di continuare.
«E potrei continuare all’infinito: Eracle, San Giorgio, Iwarebiko – il
primo imperatore giapponese, secondo le leggende – o anche Huang Di,
l’imperatore giallo…tutti accomunati dal culto dei sette animali, almeno
per quanto riguarda le testimonianze che ci sono arrivate ora.
Affascinante, non è vero? Inoltre, a Nanchino sono stati ritrovati dei
quaderni con i rapporti dell’esercito britannico, quando era di istanza lì
durante la guerra dell’oppio, e alcuni di questi parlano di sette
guerrieri, mercenari…anche il poveraccio che scrisse ciò non sapeva come
definirli, che bazzicavano per la città e…come si facevano chiamare
secondo lei?»
«Come i sette animali sacri?»
«Esattamente. Affascinante, non trova? Perché dall’alba della nostra
civiltà, questi sette animali vengono venerati? E come mai figure
importanti vengono associate ad esse? Qual è il collegamento fra le due
cose? Mi piacerebbe tanto scoprirlo.» il professor Fabre le sorrise,
poggiandole una mano sulla spalla: «In ogni caso, se vuole avere più
informazioni riguardo a ciò, le posso consigliare alcuni testi e articoli:
molti sono scritti in inglese, ma penso che lei non avrà problemi.
Giusto?»
«Sì, esattamente.» mormorò Sarah, osservando poi l’uomo andarsene dopo un
breve saluto e accasciandosi contro il muro: «Quell’uomo è pericoloso.»
«Dici, Sarah?» bisbigliò Mikko, facendo capolino dalla borsa e
studiandola: «Perché?»
«E’ molto interessato ai Miraculous e a ciò che c’è dietro.»
Mikko osservò la direzione in cui il professore era sparito, sorridendo:
«Se sapesse tutto, penso che la sua concezione di storia cambierebbe
totalmente.»
«Cosa vuoi dire Mikko?»
La kwami sorrise, alzando il capino: «Il luogo dove siamo nati noi kwami,
e intendo quando eravamo umani, è un qualcosa che, per uomini come lui,
sfocia nella leggenda: si può dire che sia un’utopia e un sogno, allo
stesso tempo.»
«Capisco.»
«Quando invece è stato un errore e un incubo.»
Sarah sorrise, carezzando la testolina della kwami: «Non dev’essere stato
facile: vivere in quel luogo, prendere la decisione di diventare ciò che
siete ora…»
«All’epoca non sapevo a cosa andavo incontro: volevo solo fuggire da
qualcosa che mi costringeva come una gabbia. Forse ho sbagliato, forse no,
ma non mi pento di nessuna mia scelta perché ognuna di esse mi ha portato
dove sono ora: al tuo fianco, Sarah.»
«E al fianco di tutte le Bee che mi hanno preceduta e che mi
succederanno.»
«Già…»
«Pensi che sia una buona idea?» gli domandò Plagg, facendo capolino dalla
giacca e studiandolo con lo sguardo verde: «Non so se hai ben presente
che, ogni volta che vedi quel Nathanael, poi impazzisci.»
«Io non impazzisco.» sbottò Adrien, camminando tranquillamente per strada,
le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e il suo kwami che non finiva
di rompere: «E Nathanael…beh, non è niente.»
«Certo. Come no.» sbuffò il kwami, assottigliando lo sguardo: «Ti ho
sempre detto che sei fin troppo legato a Marinette: posso capire che sei
innamorato e che la vedi come l’aria che respiri ma, ragazzo mio, ti rendi
conto di cosa sta succedendo?»
«No, perché non sta succedendo nulla.»
«Beata ignoranza.»
«Plagg, davvero, non mi sta succedendo nulla.»
«Hai incubi, Adrien. E sei nervoso ogni volta che quella testa di
pomodoro è presente in un discorso…»
«Ti stai immaginando tutto, amico.» sentenziò il biondo, finendo di
costeggiare l’edificio che ospitava l’IFM e osservando i tavolini
all’aperto nella terrazza di legno: «Guarda. Marinette è con Nathanael, in
questo preciso momento, ed io non ho problemi.»
Il kwami borbottò qualcosa, tornando nel suo nascondiglio mentre Adrien
saliva i pochi gradini della terrazza: stava bene, andava tutto bene.
Bastava solo ignorare il dolore sordo al petto e la sensazione di
soffocamento.
Poteva farcela.
Nessuno dei due sembrava essersi accorto della sua presenza: Marinette
stava parlando e disegnando contemporaneamente, mentre il rosso annuiva a
ogni sua parola, come se stesse pendendo dalle sue labbra e ogni cosa che
la ragazza diceva era come acqua per un assetato nel deserto.
Va tutto bene.
Posso farcela.
Fece ancora qualche passo e, solo allora, Marinette si voltò nella sua
direzione: osservò lo sguardo celeste sgranarsi per la sorpresa e un
sorriso luminoso piegarle le labbra: «Adrien!» trillò la ragazza,
alzandosi di scatto – quasi Adrien temette che la sedia cadesse con un
tonfo a terra – e correre verso di lui.
Adrien sorrise, osservandola inciampare nel nulla e rovinargli addosso:
«Attenta, principessa.» le mormorò, afferrandola saldamente e impedendo a
entrambi di cadere: «Sei l’unica persona che conosco che riesce a
inciampare nel nulla.» dichiarò, scortandola al tavolo.
«E’ un talento naturale, il mio.»
«Io lo chiamerei in un altro modo.» sbuffò Adrien, voltandosi e fissando
Nathanael negli occhi: «Nathanael.»
«Adrien.»
«Stavamo completando il bozzetto.» spiegò Marinette, mostrandogli
orgogliosa il disegno a cui stavano lavorando: «Domani è il termine di
consegna dei nostri lavori e quindi stavamo rifinendo gli ultimi dettagli:
alla fine ho seguito i tuoi suggerimenti e ho usato il top semplice e i
colori sul rosa.»
«E’ grandioso.»
«Marinette è bravissima, vero?» mormorò Nathanael, sorridendo alla
ragazza: «Ha un grande talento.»
«E’ vero.» concordò Adrien, osservando l’abito che la ragazza aveva
disegnato: la gonna era stretta e avvitata attorno alle gambe, con una
tonalità che partiva da un sfumatura di rosa e finiva in una cremisi alla
base stringendosi all’altezza delle caviglie per poi allargarsi in
un mare di strisce, dando proprio l’idea della coda di un pesce; attorno
ai fianchi, un sopragonna corto di una tonalità di rosa chiaro,
impreziosiva il punto vita. Il piccolo top, molto più simile a un
reggiseno a fascia, era impreziosito da una cascata di perle che
adornavano il bordo e, infine, le stesse perle unite a conchiglie
colorate, formavano una piccola tiara per la testa.
Un vero e proprio capolavoro.
«Anche Nath è bravissimo: ha creato dei sandali meravigliosi!» dichiarò
Marinette, prendendo l’album del ragazzo e mettendogli sotto i sandali
dalla linea semplice, ma adornati con conchiglie e perle, le stesse
utilizzate per la tiara: «Le scarpe sono molto più semplici perché in
contrasto con la particolarità dell’abito.»
Adrien annuì, osservando il lavoro di squadra dei due.
Ottimo, veramente ottimo.
«E’ tutto veramente bellissimo.» dichiarò Adrien, portandosi una mano al
petto e massaggiandoselo all’altezza del cuore, non visto da Marinette
voltava, in quel momento, verso Nathanael.
«Farai niente per Halloween?» domandò Rafael, portando dentro una cassa
piena di bottiglie delle più svariate marche di birra e osservando l’uomo
dietro al bancone: Alain alzò la testa, osservandolo incuriosito:
«Intendo, qui al locale.»
«Qualcosa faremo.» bofonchiò l’uomo, tornando a sistemare le bottiglie di
liquori sulle mensole: «Anche se non ho la più pallida idea di chi
chiamare per la musica e cosa fare…»
«Io avrei un’idea.» buttò lì Rafael, posando la cassa sul banco e
appoggiandosi a esso, sorridendo all’uomo che si era nuovamente voltato
verso di lui.
«Sentiamo quest’idea.» decretò Alain, afferrando la cassa e portandola
dalla sua parte: «Sia chiaro, se è una come quella del cat fight, ti butto
fuori a calci nel tuo sederino da modello.»
Rafael ridacchiò, ricordandosi quella volta che aveva proposto ad Alain di
allestire una bisca clandestina di incontri di lotta fra donne: all’epoca
gli era sembrata una buona idea, ora sperava solo che Sarah non venisse
mai a saperlo.
«Ci sono alcuni miei amici che hanno in mente di fare una festa di
Halloween: roba tranquilla, niente alcool, sesso e rock’n’roll…ok, forse
nel secondo qualcuno ci spera, comunque…» si fermò, scuotendo il capo e
tornando a fissare l’uomo: «Mettiamo tutto noi: un mio amico fa il dj e
penserebbe alla musica, conosco alcune ragazze potrebbero pensare
all’allestimento della sala e…»
«E praticamente mi stai chiedendo di lasciarti il locale per quella sera.»
sentenziò Alain, poggiando le braccia sul banco e annuendo con la testa:
«Ed io che ci guadagno?»
«La nostra fedeltà eterna?»
«Vediamo…» mormorò Alain, dondolando la testa a destra e a sinistra: «Da
una parte avrei una serata con gente sconosciuta, sicuramente all’80%
ubriaca e che potrebbe farmi danni su danni, come l’anno scorso; e
dall’altra un gruppo di ragazzini che penserebbero a tutto per la festa?
Amico, mi metti in una posizione difficile.»
«Fai finta che non ti abbia detto niente.» sospirò Rafael, abbozzando un
sorriso: «Era un’idea stupida fin dall’inizio…»
«Amico, fammi finire. E’ una posizione difficile perché ovviamente
sceglierò il gruppo di ragazzini.»
«Davvero?»
«L’anno scorso ho dovuto pulire il bagno.» dichiarò Alain, indicando la
porta dei servizi del locale: «Vuoi che ti rinfreschi la memoria e ti dica
cosa ci ho trovato? La gente si scatena ad Halloween, lo sai. Farei di
tutto pur di evitare quello che è successo l’anno scorso, anche invitare
un gruppo di suore.»
«Grazie, Alain.»
Sophie osservò il proprio bagaglio, notando che tutto ciò che aveva era
contenuto in uno zaino: un bagaglio veramente scarno se paragonato al
numero di valigie che aveva Willhelmina; c’erano voluti tre pronipoti di
Fa per portare tutto in aeroporto e consegnarlo agli addetti del volo:
«Sei nervosa?» le domandò la donna, sedendole al fianco e posandole una
mano sul ginocchio.
«Un po’.»
«Andrà tutto bene.»
«Lo spero.»
Willhelmina le sorrise, alzando poi la testa quando la voce metallica
annunciò qualcosa: «E’ il nostro volo.»
Sophie annuì, alzandosi e prendendo la sua borsa, inspirando
profondamente: il volo sarebbe durato diciassette ore.
Diciassette ore la separavano da Parigi.
Diciassette ore la separavano da suo figlio.
Diciassette ore la separavano da Gabriel.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.673 (Fidipù)
Note: Bene, devo ammettere che è strano postare questo capitolo
dopo le rivelazioni fatte al Comicon di New York ma...beh, era una cosa
che avevo messo in conto quando misi il primo capitolo di Miraculous
Heroes, anche se è veramente strano correggere e scrivere le avventure di
questo gruppo di portatori adesso. Ma va bene, sono una
persona che porta a termine le cose che inizia, quindi non pensate che non
lascerò tutto a metà.
Or bene, prima di lasciarvi alla lettura, voglio regalarvi una piccola
chicchetta: in questo capitolo, viene citata la leggenda del filo rosso.
Per chi non sapesse di cosa si tratta, è una leggenda di origine cinese
molto diffusa in Giappone, secondo la quale ogni persona porta, fin dalla
nascita, un invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra
che lo lega alla propria anima gemella. Il filo ha la caratteristica di
essere indistruttibile: le due persone sono destinate, prima o poi, a
incontrarsi e a sposarsi.
Dovete sapere che, andando a documentarmi sulla leggenda, ho scoperto che
il nome del protagonista è Wei.
E...beh, dato che l'avevo ricercata, proprio perché il nostro cinese
preferito la citava, sono rimasta sorpresa nello scoprire che l'uomo della
leggenda aveva il suo stesso nome. Detto questo, come al solito, voglio ringraziare tutti coloro che leggono,
commentano e/o inseriscono questa storia in una delle loro liste.
Grazie tantissimo!
Si svegliò di soprassalto, il respiro
ansante e completamente sudato, mentre lo sguardo verde si muoveva
spasmodico per la stanza: dov’era? Dov’era lei? Inspirò profondamente,
cercando in questo modo di calmarsi, avvertendo poi una lieve pressione
sul suo braccio sinistro; si voltò, osservando Marinette mettersi a sedere
nel letto e fissarlo preoccupato: «Sto bene.»
«Tu non stai bene.» dichiarò la ragazza, guardandolo seria: «Pensi davvero
che non mi sia accorta che dormi agitato? Sai, dormo al tuo fianco quasi
tutte le notti…» si fermò, facendo scivolare la mano fino a quella del
giovane e stringendogli le dita: «Adrien…»
«Sto bene.» sentenziò il ragazzo, sorridendole e ricambiando la stretta di
lei: «Davvero. Sono solo un po’ stanco? Nervoso? Per i nuovi corsi e tutto
quello che c’è intorno. Davvero, non ho niente.»
Marinette lo fissò seria e Adrien poggiò il capo contro la sua spalla,
mentre le braccia l’avvolgevano e la stringevano con forza; la ragazza
inspirò profondamente, ricambiando quell’abbraccio: qualcosa non andava in
Adrien, se n’era accorta da giorni ormai e lui sembra più che deciso a non
dirle niente, forse per non addossarle quel peso.
Voltò la testa, osservando i due kwami che li fissavano in silenzio: Plagg
trattenne lo sguardo su di lei, scuotendo poi la testa e acciambellandosi
nuovamente, con il visetto appoggiato fra le zampine come se fosse un
gattino; Tikki sorrise, osservando il compagno e la guardò, annuendo con
la testa, sistemandosi poi accanto al kwami nero.
In un modo tutto loro, i due esserini le avevano detto di non
preoccuparsi.
Lentamente, convinse Adrien a stendersi nel letto e, sempre stretto fra le
braccia, attese che lui si addormentasse: «Vorrei tanto poterti aiutare.»
mormorò contro il capo biondo, baciandogli una tempia e ascoltando il
respiro lento e regolare di lui; quasi come se l’avesse sentita, Adrien
accentuò la stretta, sistemandosi meglio nel suo abbraccio: «Io sono con
te, Adrien.»
Flaffy sbadigliò, alzandosi dal suo giaciglio e sorridendo: poco dopo aver
conosciuto Rafael, era venuto a conoscenza del meraviglioso mondo del
Signore degli Anelli, appassionandosi alla storia del giovane hobbit che
aveva lasciato la Contea per andare incontro al suo destino; fin da quando
era umano era sempre stato appassionato da quel genere di storie e così
aveva pregato il suo Portatore di reperirgli i film e anche i libri di
quel meraviglioso mondo.
Rafael, sbuffante, aveva esaudito la sua richiesta, aggiungendoci anche un
set di costruzioni con i mattoncini: insieme l’avevano costruita e Flaffy
adesso poteva vantare di dormire nel Pinnacolo di Orthanc, la Torre nera
di Isengard; essendo composta da solo una metà, il suo umano l’aveva messa
contro il muro della scrivania, con qualche centimetro di distanza in modo
che lui potesse uscire ed entrare nel suo giaciglio.
Sorridendo, il kwami del Pavone volò fuori dalla torre, planando vicino
all’Ent messo di guardia davanti la porta della sua dimora: «Buongiorno,
Barbarbero!» lo salutò allegramente, sapendo benissimo che erano solo
mattoncini messi a regola d’arte per dare le sembianze del personaggio
della saga: «E buongiorno anche a te, re degli uomini!»
Rafael s’infilò la maglia, sorridendo al kwami: «Buongiorno, Frodo.»
ricambiò il saluto il ragazzo, avvicinandosi alla scrivania e controllando
che nello zaino ci fosse tutto: «Oggi devo assolutamente passare di
libreria…» borbottò fra sé, chiudendo la zip e issandosi la sacca sulla
spalla.
«Devi prendere dei libri?» domandò Flaffy, fluttuando attorno al giovane e
seguendolo fuori dalla stanza, fino in cucina: «Perché nel caso…»
«Ti prendo Il Silmarillion, sì.» sospirò il ragazzo, posando lo zaino sul
divano e osservando il kwami volare fino al tavolo: «Che poi…» continuò,
andando in cucina e mettendo il bricco dell’acqua sul fuoco: «Devi ancora
finire Il ritorno del re e Lo Hobbit. Senza contare che l’altra settimana
hai voluto…»
«Le avventure di Tom Bombadil!» esclamò allegro Flaffy, osservandolo
mentre tirava fuori la cioccolata dalla dispensa: «E che non riesco a
leggere più di tante pagine per volta.»
«Flaffy…»
«E poi li posso solo leggere a casa, perché tu non li vuoi portare dietro
e non ci siamo mai a casa!»
«Hai presente come sono grandi?»
«Sì…» mugugnò Flaffy, addentando la cioccolata e imbronciandosi, iniziando
a mangiare in silenzio con il musetto rivolto verso il basso.
Rafael sospirò, tornando a prepararsi la colazione e portando poi tutto
sul tavolo: iniziò a imburrare il pane, guardando il kwami e un nuovo
sospiro gli uscì dalle labbra: «Magari posso scaricare un’app sul
cellulare, una di quelle che funzionano da reader; compriamo gli ebook e
così possiamo portarli a giro…»
«Lo faresti davvero?» esclamò il kwami, fissandolo con gli occhi luminosi
e un’espressione di pura gioia in faccia: «Davvero? Davvero?»
«Di certo mi costerà meno dei cofanetti dei film in edizione limitata e
della Torre in cui dormi.»
Flaffy sorrise, volando verso Rafael e strusciandosi contro la sua
guancia: «Ah. Dato che siamo in vena di acquisti…»
«Cosa vuoi ora?»
«Ho visto che esiste il set di mattoncini anche del Fosso di Helm.»
«Cosa te ne fai del Fosso di Helm?» domandò Rafael, versando lo zucchero
nel suo the: «Non è neanche coperto…»
«Lo metto a protezione della mia torre.»
«Hai già il Cosoalbero che protegge la tua torre.»
«E’ un Ent e il suo nome è Barbarbero!» lo corresse Flaffy, fissandolo
serio: «Andiamo! Ci sono anche gli Uruk-hai nel set!»
«Ce li hai già gli Uruk-hai e hai anche Saruman, Gandalf e Vermicoso.»
«Vermilinguo, stupido Nazgul.»
«Ah. Ora sono un Nazgul?»
«Sì, sei uno dei nove re degli uomini che si è fatto abbindolare
dall’anello di Sauron.»
«Finisci la tua cioccolata, piccolo hobbit, vorrei evitare di arrivare in
ritardo.»
«Un Nazgul non è mai in ritardo, arriva esattamente quando deve arrivare.»
«Dillo al mio professore.»
Adrien sbadigliò, uscendo dall’auto grigia e prendendo il cellulare che
aveva iniziato a squillare pochi secondi prima: «Mio padre?» mormorò,
accettando la chiamata: «Allô?»
«Come sta andando lì?»
«Ciao, papà. Anch’io sono felice di sentirti: le lezioni vanno bene, i
professori sono rimasti incantanti dalla mia purffezione e dal mio
meaowrisma e…»
«Cosa è il mio meaowrisma?» domandò Gabriel e Adrien fu quasi certo di
aver sentito una nota divertita nella voce del genitore: «Posso capire il
gioco di parole con purrfezione ma…»
«Meaowrisma è miao più carisma. Meaowrisma. L’hai capita?»
«E’ pessima.»
Plagg si affacciò dalla tasca del giubbotto, fissandolo con gli occhi
verdi: «Chiedigli del Parmigiano. E del Gorgonzola. E del…»
«Plagg mi sta chiedendo se puoi portargli un po’ di formaggi italiani.»
«Vedrò quel che posso fare.»
«Mh. Purrfetto! Quando pensi di tornare? Sai, com’è, per organizzarmi e
non farti trovare un party orgiastico in casa…»
«Stasera.»
«Ok, depenno l’orgia per stasera.» dichiarò Adrien, ridacchiando: «Com’è
andata in Italia?»
«Molto bene.»
«Ottimo. Speravo di avere qualche informazione in più...sai com’è, appunti
per il mio futuro da manager dell’Agreste ma va bene così.»
«Quando sarò a casa ti passerò tutta la documentazione.»
«Purffetto.»
«A Parigi tutto bene?»
«Sì, tutto ok.»
Sarah infilò i libri nella borsa, sorridendo alla vista di Mikko che,
diligentemente, stava attenta che nessuna pagina si sgualcisce o piegasse:
«Madamoiselle…Jonas?» la richiamò la voce del professor Fabre: la ragazza
si voltò e osservò l’insegnante, in piedi accanto alla fila ove lei aveva
trovato posto, che l’attendeva ignorando gli sguardi degli studenti che
gli passavano accanto: «Ho pensato alla sua curiosità circa i sette
animali sacri e volevo di darle questo.» dichiarò l’uomo, tirando fuori
dalla borsa di pelle un fascicolo di carte: «Sono alcuni articoli miei e
di alcuni colleghi: riguardano solo miti e leggende, in qualcuno vengono
paragonate le varie mitologie, facendo leva su questo punto in comune. Ho
inserito anche un articolo di una mia collega cinese, che parla di
Nanchino e del rapporto che le ho citato l’altro giorno.»
Sarah scivolò fuori dalla fila e prese il malloppo di carte, sfogliando
incuriosita: «Ecco, io…»
«Non si preoccupi a ridarmeli, sono solo fotocopie e stampe. Ho trovato
molto appassionante il suo interesse per questo argomento che ho pensato,
come insegnante, di coltivarlo.»
«Grazie.» mormorò Sarah, portando nuovamente lo sguardo sui fogli e
sorridendo: «Io non so davvero come ringraziarla.»
«Beh, se vuole madamoiselle Jonas potrebbe farmi compagnia mentre mi
prendo un buon caffè.» dichiarò l’uomo, facendole l’occhiolino: «Ah. Forse
però è strano, un professore e una studentessa in un café che…»
«Se vuole posso chiamare il mio ragazzo, così non sembrerà una cosa
equivoca.» mormorò Sarah, sorridendo imbarazzata: «Vorrei chiederle altro
riguardo ai sette.»
«Ottimo. Faccia pure.»
Sarah afferrò velocemente il cellulare, digitando un messaggio a Rafael;
attese pochi secondi per la risposta e sorrise alla vista delle poche
parole scritte dal ragazzo: «E’ già qua.»
«Cosa studia il suo ragazzo?»
«Economia. E’ al primo anno come me.»
«Oh. Dev’essere un collega di mio figlio, allora. Anche lui studia
economia ed è al primo anno. Magari posso chiedergli se lo conosce…»
spiegò il professor Fabre, mentre attraversavano la facoltà: «In verità,
dovrei anche andare a salutarlo: da quando sono tornato non mi sono fatto
vivo ma…beh, ormai è grande e pensavo che lo disturbasse avere il padre
per casa, quindi ho preso una stanzetta in affitto a Ivry-sur-Seine.»
Sarah annuì, mordendosi il labbro inferiore: «Come si chiama suo figlio?»
domandò, uscendo dalla facoltà e stringendo gli occhi per la luce del
sole: visto che il professor Fabre era in vena di narrarle un po’ di cose
della sua vita privata, perché non togliersi il dubbio che la stava
assillando da quando aveva visto l’insegnante la prima volta.
«Si chiama…»
«Papà?»
«Oh. Rafael!»
Sarah si voltò, osservando il proprio ragazzo fissare a bocca aperta e con
espressione sorpresa quello che, effettivamente, era il suo genitore:
«Cosa…come…perché…» Rafael inspirò, scuotendo la testa mentre con le mani
si portava indietro i capelli scuri: «Ho paura a farti una qualsiasi
domanda.» sbuffò, voltandosi verso Sarah: «Era il professore di cui mi
avevi parlato?»
«Sì.»
«Oh. Vi conoscete?»
«E’ la mia ragazza, papà.» dichiarò Rafael, fissando il padre e scuotendo
il capo mentre Sarah arrossiva leggermente e abbozzava un sorriso: «Se ti
fossi fatto vivo, lo sapresti. Ma qui qualcuno è tornato a Parigi senza
farmi sapere niente.»
«Oh.» mormorò Emilé Fabre, facendo passare lo sguardo da Sarah al figlio e
annuendo con la testa: «Ottima scelta. Mi piace, figliolo.»
«Sì, certo.»
«Beh. Andiamo a prendere quel caffè? Penso che abbiamo parecchie cose di
cui parlare.» decretò Emilé, battendo le mani e sorridendo ai due ragazzi:
«Rafael, tu niente caffè…»
«Lo so.» dichiarò il ragazzo, scuotendo il capo: «Per caso è tornata anche
la mamma? No, sai com’è…»
«Tua madre è ancora a New York, tutta presa dal fare quelle cose da
scienziati pazzi.»
«Almeno lei è dove deve stare. Ma non potevi avvisarvi?»
«Andiamo a prendere questo caffè e ti spiegherò tutto, figliolo.»
Lila sbuffò, annotando qualcosa sul blocco note e facendo scorrere la
pagina con la rotella del mouse: «Come sta andando?» domandò Vooxi,
alzando la testa da uno dei suoi libri e osservando la ragazza: «Mh. Dalla
tua espressione si direbbe male.»
«Ho rinunciato a capire le formule che ci sono scritte. In compenso ho
trovato un rapporto su alcuni esperimenti fatti da Maus e questi sono più
o meno capibili.»
Vooxi le si avvicinò, posandosi sulla spalla e poggiandole una zampetta
sulla guancia: «Non stressarti, Lila. E non preoccuparti di fallire:
i tuoi amici non te ne faranno una colpa.»
«Amici…» mormorò la ragazza, posando la penna e prendendo il piccolo kwami
fra le dita: «Qualche anno fa non pensavo nemmeno che avrei avuto degli
amici.»
«Ma adesso li hai e loro credono in te. E anche Wayzz. Wei poi ti adora e
ti venera.» dichiarò Vooxi, sorridendole mentre Lila gli massaggiava il
pancino: «E, anche se litighiamo sempre, io sono orgoglioso di avere la
Portatrice più tosta di tutte.»
Lila sorrise, chinandosi e poggiando le labbra sulla testolina arancione:
«Grazie, Vooxi.»
«Questo e altro per la mia babbana preferita! E ora: studia ma senza
diventare matta. Abbiamo già lo scienziato folle, meglio non metterci
anche la supereroina, non credi?»
«Ok!»
Wei si accomodò al tavolo nel salotto di Fu, guardandosi attorno: «Alex
non c’è?» domandò, mentre l’anziano poggiava il vassoio con due tazze e
una teiera.
«E’ ancora a lezione.» bofonchiò il maestro, versando il the e passandogli
una tazza: «Questo posto è meravigliosamente silenzioso e calmo quando lui
non c’è.» dichiarò ma Wei notò la nota che le parole avevano: anche se
brontolava, sembrava che a Fu facesse piacere la presenza dell’americano
in casa: «Dimmi di te, ragazzo. Com’è vivere con una donna?»
«Alcune volte stancante, altre meravigliose; altre ancora sembra di essere
su una giostra, soprattutto in un certo periodo del mese: se dico anche
solo una A con un tono sbagliato, Lila è capace di sbranarmi.»
Fu ridacchiò, versandosi il the e poggiando la teiera: «Sono stupito,
comunque. Non pensavo che saresti andato a vivere con lei.»
«Maestro, lei crede nella leggenda del filo rosso?»
«Ragazzo mio, sono una leggenda vivente.»
«Posso prenderlo come un sì, allora?»
«E’ un sì, Wei.»
«Vede, la prima volta che ho incontrato Lila…» Wei si fermò, scuotendo il
capo: «No, quella è stata la seconda: la prima volta che l’ho incontrata,
ci siamo scontrati quando io scendevo dalla metrò e lei saliva; questa
ragazza bellissima ed elegante, di quelle che si vedono solo sulle
riviste, si volta verso di me e mi nota…»
«Difficile non farlo con quella stazza, Wei.»
«E mi chiama splendore. Poi la incontro di nuovo ed è Volpina e il primo
istinto è stato quello di parare l’attacco diretto a lei; così come ogni
volta in cui la incontravo, in cui ero con lei: c’era qualcosa dentro di
me che…»
«Lila è colei che ha l’altro capo del tuo filo rosso.» sentenziò Fu,
sorridendo: «Sono felice. E’ così raro trovare quella persona, l’unica e
sola destinata.»
«Eppure, nel nostro gruppo, ci siamo trovati tutti.» mormorò Wei, bevendo
un sorso di the: «Marinette e Adrien sono anime gemelle, come ha detto
lei: quindi entrambi hanno lo stesso filo rosso; Sarah e Rafael…non posso
non pensare che anche loro condividano un filo, basta vedere com’è
iniziata fra loro…»
«Siete ragazzi fortunati, Wei. Ed io sono veramente felice di ciò perché
anche se combattete e avete grandi responsabilità, avete trovato la
felicità.»
«Grazie, maestro.»
«Sono io che dovrei ringraziarvi perché è solo merito vostro se ho
ritrovato la fiducia che avevo perso.»
Sophie si guardò intorno, ascoltando le voci che le arrivavano alle
orecchie: inglese, italiano, tedesco, francese.
Oh, il suo amato francese.
Quanto tempo era che non lo sentiva?
Certo, Willhelmina le aveva sempre parlato in francese ma non aveva la
stessa musicalità che solo chi era madrelingua possedeva: «Dobbiamo andare
a ritirare i bagagli.» dichiarò la sua compagna di viaggio, raggiungendola
e sorridendo: «Come stai?»
«Benissimo.» mormorò sognante Sophie, inspirando e rilasciando andare
l’aria: «Sono a casa. Cosa può esserci di più bello?»
«Sai, vero, che non possiamo andare subito da Gabriel?» le ricordò
Willhelmina, fissandola seria e incamminandosi verso la zona ove era
posizionato il nastro trasportatore: «Voglio prima mettermi in contatto
con Alex e…»
«E sapere se Maus è già qua, se ha attaccato, se è sicuro.» elencò Sophie,
sorridendole: «Me lo hai ricordato almeno cinquanta volte durante il
volo.»
«Volevo solo assicurarmene.»
Gabriel osservò l’orologio, marciando spedito fra la folla dell’aeroporto
e mettendo poi mano al cellulare: «Sono io. Sono arrivato. La mia auto?»
domandò senza tanti preamboli, mentre dall’altro capo Nathalie gli
rispondeva automaticamente: «Perfetto.»
«Sono a casa. Cosa può esserci di più bello?»
Gabriel si fermò al suono di quella voce: nonostante fossero anni che non
la sentiva, l’aveva riconosciuta subito.
Conosceva quel tono lieve, quel modo di pronunciare la esse…
Si voltò, guardandosi attorno ma notando solo facce sconosciute.
Possibile che avesse immaginato la sua voce?
Possibile che, a distanza di tanti anni, ancora non riusciva a fare i
conti con il fatto che lei non sarebbe più tornata?
Inspirò profondamente, socchiudendo gli occhi e riprendendo a camminare:
era solo uno stupido, lo sapeva bene. Lei non poteva essere lì e lui aveva
solo immaginato di sentire quella voce che tanto gli mancava.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.725 (Fidipù)
Note: Ed eccoci di nuovo, di nuovo con l'azione che manca da un po'
in questa seconda parte di Miraculous Heroes: sapevo fin dall'inizio che
questa storia avrebbe avuto uno svolgimento molto diverso dalla prima,
Maus è un nemico ben diverso da Coeur Noir e molto, ma molto, più
riflessivo rispetto alla cara Willie che non ci pensava due volte a
spedire i suoi sottoposti contro i Portatori di Miraculous. Di questo
capitolo, devo dire anche un'altra cosa: fin dai primi capitoli della
storia di Coeur Noir, ho sempre cercato di evitare di toccare punti come
il terrorismo; con la nostra vecchia amica era facile, dato che aveva
dalla sua un potere magico, con Maus è difficilissimo perché sia lui che i
suoi sottoposti non sono altro che comuni mortali: non hanno poteri
magici, non sono creature sovrannaturali, sono semplicemente un uomo di
scienza e un esercito di mercenari; ma, anche in questo caso, ho cercato
di dare una nota diversa al tutto perché, sinceramente, non mi piace
scrivere di situazioni che hanno portato dolore e sofferenza a così tante
persone e...beh, spero di riuscirci.
Detto questo, torniamo a note più allegre e vi lascio direttamente al
capitolo, che è meglio!
Al solito vi ringrazio come sempre per i vostri commenti, per il fatto che
leggete le mie storie, che mi sopportate e...
Beh, grazie davvero di tutto cuore!
Maus osservò attentamente i
risultati dei test riportati dalla sua creatura, sorridendo orgoglioso: i
dati erano soddisfacenti e sapeva che il frutto del suo duro lavoro
avrebbe dato grandi soddisfazioni anche se era ancora lontano da ciò che
voleva realizzare veramente.
Il quantum-β era solo un palliativo, un piccolo gradino verso la vera
energia.
Il vero quantum.
«Ed io potere avere vero quantum solo con Miraculous.» borbottò fra sé,
assestando un pugno sulla scrivania e fissando male i fogli davanti a lui:
«Io potere mandare mio frutto contro loro? Loro mai usato vero potere di
Miraculous, ja. Io non sapere quanto essere veramente potenti loro.» Maus
si prese la testa fra le mani, inspirando profondamente: «Cosa io potere
fare? Cosa io potere mandare contro loro per vedere vero potere di
Miraculous? Miei uomini fare nulla loro. Cosa io potere…» si fermò,
alzando la testa e sorridendo: «Io avere appena avuto grande idea.»
Il piccolo locale dove li aveva condotti Emilé era veramente affollato,
gli studenti delle facoltà vicine sembravano essersi ammassati tutti in
quel piccolo posto: «Il the che fanno qua è veramente buono.» spiegò
l’uomo, sorridendo al figlio e alla ragazza: «Se mi dite cosa volete, io
vado a fare la fila e voi…beh, appena vedete un posto liberarsi,
conquistatelo!»
Sarah guardò Rafael e poi l’uomo, scuotendo il capo: «No, io…» mormorò,
alzando le mani e abbozzando un sorriso: «Beh, penso che vorrete parlare
da soli e…»
«Tranquilla, Sarah.» sbuffò Rafael, mettendole una mano sul capo e
scompigliandole i capelli, ricevendo in cambio una smorfia da parte della
ragazza e, quasi sicuramente, uno sguardo di puro odio dalla kwami
nascosta nella borsa di Sarah: «Sono io quello in più.»
«Ma certo! Rimanga, signorina Jonas!» esclamò Emilé, sorridendole
caloroso: «Voglio parlare ancora con lei dei Sette e poi sono curioso di
conoscere con la ragazza di mio figlio.E non come mia studentessa,
ovviamente.» dichiarò, voltandosi ed entrando all’interno del locale.
«Beh, spero ti piaccia qualsiasi cosa porterà…» sbuffò Rafael, voltandosi
e osservando due ragazze liberare un tavolo; posò una mano sulla schiena
di Sarah, spingendola verso i posti vuoti prima che qualcun altro li
prendesse: «Cos’è questa storia dei sette?»
«Hai sentito quello che ha detto?» domandò la bionda, voltandosi
verso di lui e fissandolo con gli occhi sgranati: «Vuole…vuole…»
«Sì, l’ho sentito. Per questo ti sto chiedendo cosa sono questi sette.»
dichiarò Rafael, sedendosi su uno degli sgabelli alti e spazzolando via
alcune briciole dal tavolo: «Non capisco cosa ci sia di così…»
«Vuole parlare con me.» dichiarò Sarah, posandosi una mano sul petto e
fissandolo: «Come tua ragazza.»
«Beh, è quello che sei, no? La mia ragazza, intendo.»
«Rafael…»
«Tranquilla! Mio padre è fatto a modo suo.» dichiarò Rafael, prendendole
la mano e portandosela alle labbra: «Una volta mi ha beccato a…ok, forse
questa è meglio se non lo dico.»
«Direi di no.» sibilò Sarah, liberando la mano dalla stretta del ragazzo e
fissandolo male: «Fantastico, da fidanzata a tipa da una sveltina.»
«Decidi tu per cosa dare di matto.»
«La prossima volta che mi trasformo, giuro, ti uso come bersaglio per i
miei pungiglioni.»
Rafael si chinò in avanti, avvicinandosi al viso di Sarah: «Sai che non lo
farai.» dichiarò, sorridendole divertito e trattenendo lo sguardo in
quello nocciola della ragazza: «Sei troppo…»
Sarah ricambiò il sorriso, poggiandosi con i gomiti al tavolo e
allungandosi verso di lui: «Ti conviene non sfidarmi, Rafael.»
«Sto interrompendo qualcosa?» domandò Emilé con un vassoio in mano e il
sorriso allegro in volto: «Perché sennò torno dentro.»
«Vieni, papà.»
Alex sbadigliò, storcendo la bocca di fronte al libro e allungando una
mano per prendere il quaderno con gli appunti, fermandosi a metà
dell’operazione per colpa del campanello: «Fu! Sei tornato?» urlò,
allungandosi verso la porta della camera e non sentendo nessun rumore:
«Sarà ancora fuori con Wei?» bofonchiò, alzandosi e percorrendo
velocemente la distanza che lo separava dalla porta di casa: «Arrivo.
Arrivo.» sbuffò, abbassando la maniglia e aprendo la porta, rimanendo
basito dall’ospite che era giunto.
«Ciao, Alex.» lo salutò Willhelmina, sorridendogli e inclinando la testa
di lato, di fronte all’inattività del ragazzo: «Posso entrare?»
«Tu non dovresti essere fra pecore tibetane?»
«Capre.» sibilò Willhelmina, avvicinandosi e spintonandolo di lato, in
modo da entrare nell’abitazione: «Fu c’è?»
«Ah. No, è venuto Wei a trovarlo e poi è uscito con lui per…boh, fare
qualcosa fra cinesi.» dichiarò Alex, facendosi da parte e lasciando
entrare la donna nell’abitazione: «Ehm. La persona che è rimasta fuori…»
«Falla entrare.»
Alex annuì, uscendo dalla porta e sorridendo alla donna bionda che era
rimasta in attesa: «Salve. Io mi chiamo Alex.»
«Il genio dell’informatica?»
«Sì. La babbiona ti ha parlato di me?»
«Alex, chiamami di nuovo in quel modo e te ne farò pentire amaramente!»
«Ti ricordo che non puoi farmi più niente.» cantilenò il ragazzo,
indicando la strada alla bionda e chiudendo la porta di casa: «Non hai più
i poteri da strega cattiva.»
«Posso ancora trovare un modo per farti pentire della tua lingua lunga.»
Alex alzò lo sguardo verso il cielo, sospirando rumorosamente: «Immagino
che hai qualche informazione su Sophie Agreste, se sei tornata a Parigi.»
sospirò, facendo strada verso la cucina e indicando le sedie: «Altrimenti
perché saresti…» si fermò, notando lo sguardo di Willhelmina posarsi sulla
donna che era con loro: «Aspetta. Lei è Sophie Agreste?» domandò il
ragazzo, voltandosi verso la sconosciuta e guardandola con occhi nuovi:
«L’hai trovata?»
«Diciamo che è lei che ha trovato me.»
«Ok, signore. Raccontatemi tutto.»
Rafael rimase in silenzio, assimilando tutto ciò che il padre aveva appena
finito di spiegare con parecchia enfasi: «Quindi mi stai dicendo che in
tutto il mondo, ci sono tantissime leggende legate a sette animali e,
molto spesso, anche a persone che erano eroi o personaggi importanti delle
varie mitologie?»
«Eroi o persone influenti per la loro epoca.» specificò Emilé, sorridendo:
«Incredibile, vero? E questo avviene dalla preistoria! Da quando questi
sette animali non dovevano neppure esistere, perché frutto
dell’evoluzione.»
«E tu viaggi per il mondo per scoprire questo? Miti e leggende legati a
questi sette animali?»
«Esatto, figliolo.»
Rafael annuì, inspirando profondamente e dando una veloce occhiata a
Sarah: fantastico. Suo padre stava studiando i Miraculous e tutte le
leggende a questi collegati.
Davvero fantastico.
Marinette sospirò, osservando la bozza di abito che stava disegnando,
alzando poi lo sguardo verso la botola sopra il letto: «Qualche problema,
Marinette?» le domandò Tikki, rimasta in silenzio fino a quel momento:
«Oppure…»
«E’ strano che non sia ancora venuto.» mormorò la ragazza, riprendendo la
matita e aggiungendo qualche dettaglio all’abito e alla felpa che aveva
disegnato: «E’ tutto così silenzioso quando Adrien e Plagg non ci sono.»
continuò, abbozzando un paio di orecchie alla felpa e sorridendo: «Mh.
Orso o gatto?»
«Orso. Ti sei già fatta una felpa con le orecchie da gatto.» sentenziò
Tikki, volando sulla spalla e osservando il vestito che la ragazza stava
disegnando: «Mi piace! E’ molto femminile!»
«Sì?»
«E sono certa che piacerà anche ad Adrien, soprattutto la parte in
trasparenza.» dichiarò la kwami, ridacchiando: «Ma non penso che
apprezzerebbe l’aggiunta di quella sottogonna.»
«Tu dici? Sapendo che ci girerei per Parigi, sono convinta che
l’apprezzerebbe.»
«Vero.»
Marinette sorrise, alzando il blocco e studiando il tutto con occhio
critico: «Appena possibile devo andare a comprare la stoffa. Il vestito
pensavo di farlo bianco, mentre la felpa…mh. Sono indecisa…»
«Rosa? Viola?»
«Secondo te, viola mi starebbe male?»
Tikki sorrise, strusciandosi contro la guancia della sua umana: «Tu sei
bellissima con tutto, Marinette. E approvo la scelta del viola.»
«Grazie.» mormorò la ragazza, abbassando lo sguardo e sorridendo: «E viola
sia.» decretò, annotando il colore sul foglio; il cellulare, iniziò a
squillare e lei posò la matita, afferrando l’apparecchio: «Allo?»
«Siamo nei guai.» sentenziò la voce di Alex dall’altro capo: «Grossi guai.
Il nostro amico Maus ha dichiarato di voler distruggere Notre-Dame.»
Sophie osservò attonita lo schermo del pc: attraverso la radio della
polizia – alla quale Alex era collegato illegalmente – aveva appreso che
il suo vecchio nemico aveva appena finito di dichiarare che avrebbe
distrutto Notre-Dame, se gli eroi parigini non gli avessero consegnato i
loro Miraculous: «Io vado.» sentenziò, attirando su di sé gli sguardi Alex
e Willhelmina.
«Giusto per sapere…» iniziò il ragazzo, osservandola muoversi per la
stanza e guardarsi attorno: «Come farà a combattere? Non ha più un
Miraculous.»
«Le sue guardie sono semplici umani.» sentenziò Sophie, afferrando una
maschera che era appesa al muro e mettendosela sopra il volto: «Posso
batterli.»
«Ecco, così mi ricorda uno dei tuoi guerrieri, Willie.»
«Sophie…» mormorò Willhelmina, scuotendo la testa: «Non puoi. Non metterti
in pericolo, non ora che siamo così vicine a…»
«Mio marito e mio figlio saranno là.» dichiarò Sophie, la voce ovattata
per via della maschera: «Ed io non lascerò che combatteranno da soli. Non
più.»
Papillon sospirò, osservando l’assembramento di soldati dalle tute nere
che stava occupando la piazza antistante la chiesa gotica di Parigi: «Uno
torna da un viaggio e spera di riposarsi…» sbuffò, dando una veloce
occhiata al figlio di fianco a lui: «E invece…»
«Andiamo.» dichiarò Chat Noir, posandogli una mano sulla spalla e
sorridendogli: «Un po’ di moto ti farà bene!»
«Chat!» la voce di Ladybug li fece voltare entrambi, in tempo per vedere
l’eroina rossa arrivare assieme a Volpina e Tortoise: «Ci siamo tutti?»
«My lady, sei sempre uno splendore.» dichiarò il felino, avvicinandosi e
prendendole una mano, se la portò alle labbra, baciando riverente le
nocche: «Mancano solo Bee e Peacock alla festicciola.»
«Stanno arrivando.» dichiarò Tortoise, indicando due punti colorati, che
stavano saltando giù da un palazzo alla loro sinistra: «Non ci perdiamo
mai una festa, eh?»
«Scusate il ritardo.» esclamò Peacock, osservando sorpreso Papillon:
«Anche…»
«Sì, oggi ci sono anch’io.» sbuffò l’uomo, scuotendo il capo e indicando
il loro nemico: «Hanno qualche potere particolare?»
«No, sono semplici soldati che non vedono l’ora di farsi menare da noi.»
dichiarò Chat, stirando le braccia verso l’alto e sorridendo alla ragazza
al suo fianco: «Diamo il via alle danze?»
Ladybug prese il suo yo-yo e annuì: «Diamo il via alla festa.»
Alex osservò lo schermo, seguendo il combattimento dei suoi amici
attraverso i loro avatar, ammettendo che i soldati di Maus erano strani:
aveva notato dalle riprese fatte dalla televisione che, sebbene fossero
alle dipendenze di un pazzo scienziato, non avevano armi sofisticate ma
bastoni e nunchaku.
I più pericolosi possedevano mazze e fruste.
Niente armi da sparo.
O armi bianche.
In compenso sembravano conoscere alla perfezione le arti marziali.
«Deve odiare il sangue.» bofonchiò, osservando l’avatar di Peacock
muoversi vicino a quello di Tortoise: «Altrimenti non mi spiego.»
«E’ stato molto tempo in Tibet, magari segue qualche religione…»
«Sei convinta di ciò che stai dicendo?»
«No. Però ho capito che non possiamo usare la logica con quell’uomo.»
sbuffò Willhelmina, scuotendo il capo: «Non dovevo lasciarla andare.»
«Sembrava veramente sicura di sé.»
«Però…»
«Andiamo, babbiona del mio cuore, non farti venire complessi.»
«Chiamami di nuovo in quel modo e ti farò pentire di non essere rimasto
Mogui.»
Alex sorrise, tornando a voltarsi verso il monitor e ascoltando attonito
una comunicazione che stava giungendo da alcuni poliziotti sul posto:
«Ragazzi. Ragazzi. Ragazzi. Ragazzi.»
«Dicci, Alex.» sbuffò Volpina, ansante mentre il gemito di dolore di
qualcuno raggiunse le orecchie dell’americano: «E’ successo qualcosa.»
«Abbiamo un problemino bello grosso.»
«Spiega.»
«Guarda davanti Notre-Dame.»
«Sto guardando.»
«Ecco. A quanto pare lì c’è una bomba.»
«Stai scherzando, vero?»
«Mi piacerebbe tanto, Volpy. Ma alcuni tiratori scelti che sono sopra i
palazzi attorno a Notre-Dame l’hanno appena vista e segnalata al comando.»
«Maledizione!»
Volpina ringhiò, voltandosi verso Ladybug che, una mano premuta contro
l’orecchio destro, sembrava aver ascoltato tutta la conversazione: «Che
facciamo?» le domandò, fissando lo sguardo celeste posarsi su di lei e poi
scivolare verso Notre-Dame.
Quelli erano terroristi e nessuno di loro sapeva come fare contro gente
simile: akumatizzati? Non c’era problema. Ladybug e Chat erano
specialisti.
Guerrieri neri? Mogui? Ormai non facevano più paura.
Ma terroristi?
«Peacock.» urlò Ladybug, voltandosi verso il blu e osservandolo alzare lo
sguardo verso di lei: «Ho bisogno del tuo potere di visione. Bee, Chat!
Proteggetelo. Volpina, preparati a usare il tuo fuoco fatuo e far piazza
pulita di quei tipi laggiù. Tortoise, la tua barriera attorno alla bomba…»
la ragazza si fermò, voltandosi verso Volpina: «Io evocherò il Lucky
Charm: sperando che non compariranno un paio di forbici.»
«Ricorda, nei film è sempre il filo rosso.»
«Fantastico.» dichiarò Ladybug, sorridendo all’amica: «Papillon…» mormorò,
voltandosi verso l’uomo mascherato: «Ti chiedo di proteggere Tortoise e
Volpina, se qualcuno di quei soldati si avvicinerà a loro.»
«Come desideri, Ladybug.»
«Bene!» dichiarò la ragazza, guardando velocemente tutti i compagni:
«Vediamo di salvare Parigi anche oggi!»
Peacock chiuse gli occhi, inspirando profondamente mentre Chat e Bee si
misero uno davanti e una alle sue spalle, in modo da proteggerlo da
entrambi i lati; Volpina evocò i suoi fuochi fatui, spedendoli contro i
soldati e subito questi iniziarono a urlare, correndo a destra e a manca
in cerca di acqua con cui spengere le fiamme e Tortoise eresse una
barriera attorno alla bomba, così da evitare che qualsiasi persona si
avvicinasse.
Ladybug evocò il lucky charm e un paio di forbici le si materializzò fra
le mani, quasi facendo ridere la ragazza: «Guarda qua.» dichiarò,
mostrando l’oggetto all’eroina arancio che rise: «Se ora, Peacock…»
«Ladybug, è il filo blu.» dichiarò l’eroe del pavone sorridendole: «Vuoi
la musica da missione impossible per caso?»
«Idiota.» dichiarò la ragazza, avvicinandosi alla bomba e notando che
Tortoise aveva aperto un piccolo spiraglio nella sua barriera; Ladybug si
chinò, osservando l’enorme palla di ferro, molto simile alle bombe che a
volte si vedevano in alcuni cartoni animati americani: «Ma cosa…?»
«Mh. Maus ha un’idea tutta sua delle bombe, manca solo TNT scritto con la
vernice bianca.» decretò Chat, dietro di lei: «Dovrei dire che quell’uomo
ha un’idea tutta sua su molte cose.»
«Chat…»
«Rimarrò qui, my lady. Non pensare nemmeno di farmi cambiare idea.»
La ragazza sospirò, chinandosi davanti la scatoletta di metallo, chiusa
ermeticamente e collegata alla sfera: «Chat?»
«Sì, my lady.»
«Pensi di poter usare il tuo cataclisma solo ed esclusivamente sul tappo
di questa scatola?»
«Certamente.» dichiarò il ragazzo, invocando il potere della distruzione e
chinandosi accanto alla ragazza, stando ben attento a non toccare niente
con la mano intrisa di energia scura; le sorrise, posando l’indice sopra
il coperchio e questo si sgretolò in un secondo: «Voilà.»
«Sei il migliore.» sentenziò Ladybug, sorridendogli e osservando i due
fili che erano collegati al timer: «Quello blu…» mormorò, infilando le
forbici e tagliando con un colpo secco il filo che Peacock le aveva detto:
il timer si fermò e la ragazza lasciò andare il respiro che aveva
trattenuto.
Poi, dal nulla, un beep si levò nell’aria: la ragazza sgranò gli occhi,
sentendo il suono farsi sempre più forte e insistente: «Via di qua.» urlò
Chat, trascinandola con sé e correndo verso i loro amici; Tortoise
richiuse la barriera, concentrando le energie su questa e pregando che
sarebbe bastata per proteggere la zona dall’esplosione; il felino si
lanciò per terra, tenendo Ladybug sotto di sé e proteggendola con il
corpo, mentre Peacock trascinò dietro di sé Bee.
Il suono divenne sempre più forte e veloce, raggiungendo il suo culmine
con un ultimo acuto e poi il nulla: la sfera di metallo si aprì in due e
una banderuola sventolò nel vento: «Cosa c’è scritto? Dank?» domandò Bee,
osservando quelle quattro lettere nere in contrasto con la stoffa bianca.
«Significa Grazie in tedesco.» spiegò Volpina, scuotendo il capo e
sospirando: «Ma non capisco perché ci sta ringraziando.»
Tortoise lasciò andare la barriera, osservando attonito anche lui il
drappo e poi si voltò, verso i suoi compagni: «Papillon!» urlò, vedendo
uno dei soldati avvicinarsi silenziosamente alle spalle dell’uomo:
«Attento!»
L’uomo si voltò, sgranando lo sguardo alla spada sguainata, che sarebbe
presto stata calata su di lui; cadde all’indietro, alzando una mano e
osservando una figura mettersi fra lui e l’assalitore: un calcio secco
nello stomaco e un altro alla mano, velocemente il suo salvatore ridusse
all’impotenza il soldato nemico: «Va tutto bene?» gli domandò poi,
voltandosi verso di lui.
Una donna con una maschera cinese in volto.
Eppure, anche così, l’aveva immediatamente riconosciuta: forse perché la
prima volta che si erano conosciuti, lei l’aveva salvato nell’esatto modo
o forse perché non aveva mai dimenticato il suono della sua voce:
«Sophie?»
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.032 (Fidipù)
Note: Salve salvino a tutti! Eccomi qua con un nuovo capitolo di
Miraculous Heroes 2! E finalmente, finalmente, finalmente la famiglia
Agreste è di nuovo riunita tutta! Sono di nuovo al completo e...beh, non
vi dico niente se non "andate a leggere subito il capitolo!"
Prima di lasciarvi e prima dei consueti ringraziamenti, vi lascio solo il
link dell'immagine dell'auto che viene usata in questo capitolo (che
potete trovare qui).
Bene, adesso vi lascio davvero e, come sempre, voglio ringraziarvi tutti
quanti per i commenti che mi lasciate, per il fatto che leggete la mia
storia (e tutte le altre annesse), perché amate i miei personaggi e con le
vostre parole mi supportate.
Grazie tantissimo!!!
Sophie.
Da quanto tempo non sentiva la sua voce chiamarla?
Si voltò verso di lui, osservandolo usare il bastone per alzarsi e venire
subito affiancato da un ragazzo completamente vestito di nero, con i
capelli biondi e gli occhi felini verdi; si portò una mano alla bocca,
toccando la maschera che aveva preso in prestito, e osservando le due
persone più importanti della sua vita: Gabriel la stava fissando con gli
occhi celesti stupiti, la bocca semiaperta e una mano leggermente
sollevata verso di lei.
Adrien la osservava con una nota guardinga negli occhi e il corpo pronto a
scattare.
Com’era cresciuto…
Era alto quasi quanto Gabriel adesso: davanti a lei c’era un giovane uomo,
che cozzava con l’immagine del bambino che scorrazzava allegro per casa
che lei aveva.
«Io…» si fermò, voltandosi e notando le persone che, messo fine al
pericolo, stavano iniziando ad arrivare curiose per vedere il luogo dello
scontro e gli eroi di Parigi; si voltò verso Gabriel, osservando Adrien
mormorargli qualcosa e poi girarsi verso di lei: «Io…» mormorò nuovamente,
abbassando la mano che, inconsciamente, aveva alzato.
«Andiamo a casa.» sentenziò Gabriel, dopo aver fatto un cenno al figlio
che, sempre tenendo lo sguardo puntato addosso lei, era indietreggiato
fino a raggiungere il resto dei suoi compagni, saltando su Notre-Dame e
poi allontanandosi nella direzione della casa degli Agreste.
«E’ cresciuto.» mormorò, incapace di allontanarsi da quel posto: aveva
paura che, se solo avesse fatto un passo, tutto sarebbe svanito e lei si
sarebbe svegliata nella cella in cui Maus l’aveva tenuta prigioniera.
«E’ normale.» sentenziò Gabriel, camminando tranquillo verso di lei e
superandola, roteando il bastone come se fosse un tipo qualunque che
passeggiava nell’ Île de la Cité: «Alla fine quanti anni sono passati?
Quasi dieci?»
«Sì…»
«Sarebbe stato strano che fosse rimasto il bambino che hai lasciato.»
Sophie annuì, stringendosi il polso sinistro con la mano opposta e
abbassando la testa; Gabriel si fermò, notando l’atteggiamento della donna
e sospirando pesantemente: «Scusa. Non volevo accusarti. So che sei andata
via perché dovevi, perché era la tua missione…»
«Invece dovresti farlo. Io vi ho…»
Gabriel alzò una mano, voltandosi verso la giornalista di TVi che si stava
avvicinando con il microfono alla mano: «Direi che dobbiamo andare, non
amo farmi intervistare.»
«D’accordo.»
Chat balzò su un tetto, osservando la sua casa poco lontano: «Qualcosa che
non va?» gli domandò Ladybug, affiancandolo e fissandolo: «Sembri…»
«Hai presente quando incontri qualcuno e hai la sensazione di conoscerlo?»
le domandò il felino a bruciapelo, abbassando lo sguardo e osservando
Peacock e Tortoise correre lungo la strada mentre, quasi sicuramente,
Volpina e Bee li stavano già aspettando all’interno del maniero degli
Agreste.
«Tipo la sensazione che avevo ogni volta che ti guardavo da dietro e mi
dicevo: “mh. Non so perché ma queste spalle mi sembra di conoscerle”?»
«Sì, my lady.» sentenziò Chat, ridacchiando e scuotendo la testa: «Quella
sensazione.»
«Mh. Non hai fatto battute sul fatto che potevo fissarmi su un punto un
po’ più in basso…» mormorò Ladybug, battendosi le dita guantate di rosso
sulle labbra: «Direi che la cosa è grave.»
«Ma lo so che mi fissavi il sedere ogni volta che potevi. Inoltre questa
tuta in boyfriend material lo mette in risalto.»
«Ecco, appunto.» sbuffò la ragazza, roteando gli occhi e sorridendo:
«Tornando al discorso principale…»
«Quella donna, io ho la sensazione di conoscerla…» mormorò Chat,
massaggiandosi la nuca e sospirando quando il suo Miraculous suonò
impellente: «Sarà meglio sbrigarsi, sinceramente da persona comune sono
negato nel ‘saltiamo giù dai tetti senza rompersi nulla’.»
«Io uguale.» mormorò la ragazza, portandosi una mano all’orecchio destro e
ascoltando il beep-beep che annunciava l’approssimarsi della fine della
trasformazione: «Per quanto, con la mia storica imbranataggine, ho una
certa dimestichezza con contusioni e graffi.»
«My lady, sei…»
«Incredibilmente bella, coraggiosa e l’amore della tua vita?»
«E incredibilmente pericolosa per la tua stessa incolumità.» sbuffò Chat,
facendo alcuni passi indietro e poi saltando sul tetto opposto, subito
seguito da Ladybug: velocemente percorsero la distanza che li separava
dalla villa color crema e balzarono all’interno del giardino, pochi
secondi prima che la trasformazione si sciogliesse: «Appena in tempo.»
sentenziò Adrien, catturando Plagg che stava cadendo a peso morto e
guardando il resto dei suoi amici, già ritrasformati.
Alex puntò le mani contro il cruscotto dell’auto, dando una veloce
occhiata alla donna al volante: «Willie, giusto per curiosità, la patente
ce l’hai, vero?»
«Ovvio.» sbuffò la donna, pestando sull’acceleratore e il vecchio modello
della Citroen DS sfrecciò lungo la strada parigina; Alex si morse il
labbro, per impedire a un’imprecazione di scappare mentre una colorita
sequenza di parole cinesi si levò dal sedile posteriore: «Tutto bene, Fu?»
domandò Willhelmina, dando una breve occhiata allo specchietto retrovisore
e osservando l’uomo cercare di mettersi nuovamente seduto.
«Perché ho accettato di far guidare te?» sbottò Fu, dando un lieve
strattone alla camicia hawaiana e fissando male la donna al volante:
«Bridgette, fai schifo a guidare.»
«Willhelmina.» lo corresse immediatamente lei, voltandosi completamente
verso Fu: «Quante volte devo dirtelo di non usare il mio vecchio nome?»
«Guarda la strada!» urlarono in contemporanea Alex e Fu, mentre la donna
si girò in avanti, pestando con forza il pedale del freno e arrivando a
pochi millimetri dal mezzo davanti a lei.
«Morirò, me lo sento.» dichiarò Fu, portandosi una mano al petto e
sentendolo battere furiosamente: «Sono sopravvissuto fino a oggi per
morire perché una pazza è al volante.»
«Quante storie…»
«Stavi per tamponarlo, Bridgette!»
«Willhelmina!»
Sophie entrò nella casa, guardandosi attonita intorno mentre Gabriel,
ancora trasformato, rimaneva pochi passi dietro di lei: stringeva con
forza il bastone, sperando così di mettere a freno l’impellente bisogno
che aveva di stringerla fra le braccia, timoroso che, se lo avesse fatto,
lei sarebbe scomparsa nuovamente.
La vide togliersi la maschera, tenendola con la mano sinistra e poi
voltarsi verso di lui: «Sono a casa.» mormorò, gli occhi verdi lucidi
dalle lacrime che iniziarono a scivolarle lungo le guance: «Sono veramente
a casa.»
«Nooroo, trasformarmi.» ordinò l’uomo, sentendo il potere del Miraculous
scivolare velocemente via da lui e ritornando a essere Gabriel Agreste:
velocemente superò la distanza che lo separava da lei, avvolgendola nel
suo abbraccio e stringendola forte contro di sé: «Io ti ho cercata. A
lungo. Sono venuto in Tibet ma non…»
«Io…Gabriel…»
«Ho provato ad andare avanti ma era impossibile senza di te, ogni giorno
era un incubo. Io…» si fermò, stringendola più forte e sentendola
ricambiare l’abbraccio, mentre le spalle erano scosse dai singhiozzi e le
lacrime gli inzuppavano la giacca candida: «Io non vivevo senza te.»
«Avrei voluto dirti…avrei voluto…» singhiozzò Sophie, allontanandosi
leggermente e allungando una mano, carezzando il volto dell’uomo: «Io non
volevo scomparire, ero sicura di tornare ma quando Maus mi ha presa, ho
pensato di rimanere in mano sua per te. Per la tua sicurezza e per quella
di…»
«Papà? Sei tornato?» domandò la voce di Adrien, mentre il ragazzo si
affacciava nell’androne d’ingresso con Marinette al fianco: «Di là stanno
tutti aspettando…»
I due ragazzi si fermarono e il giovane fissò sorpreso la donna fra le
braccia del padre: conosceva quel volto, l’aveva osservato tante volte
nelle foto, in una forma più giovane e meno sciupata; conosceva quello
sguardo verde, che aveva ereditato e quel sorriso, che vedeva ogni giorno
sul volto della sua principessa.
Quella donna che, per tanto tempo, lui aveva considerato scomparsa dalla
sua vita, adesso era in piedi davanti a lui: «Mamma…»
«Ciao, Adrien.»
Maus sorrise, osservando di nuovo i filmati degli eroi di Parigi: timorosi
del fatto che lui avesse veramente messo una bomba davanti Notre-Dame, i
sei avevano attivato i loro poteri speciali dandogli così modo di scoprire
tutti i segreti dei Miraculous.
Ma non di tutti…
Il Miraculous della Farfalla era stato l’unico a rimanere inattivo.
«Male. Male. Male.» sbottò, tamburellando le dita sulla tastiera e
sbuffando: «Sei Miraculous su sette. Bastare? Non bastare? Io potere
tentare anche così?» inspirò profondamente, osservando il computer
lavorare sui dati che aveva immesso e abbandonandosi contro lo schienale
della poltrona.
E se avesse fallito?
E se il Miraculous della Farfalla fosse stato il più forte?
«Nein.» urlò, balzando in piedi e iniziando a camminare per la stanza:
«Miraculous più potenti essere quelli di Coccinella e Gatto nero, ja.
Farfalla essere incognita ma non importante, ja.» lo squillo del telefono
interruppe le sue elucubrazioni e immediatamente Maus sgambettò verso
l’apparecchio sulla scrivania: «Hallo?»
«Immagino che è molto occupato dalle sue ricerche, se non ha trovato il
tempo di chiamarmi.» commentò una voce maschile dall’altro capo del
telefono.
Maus storse la bocca al suono di quell’accento raffinato: «Herr Kwon.»
dichiarò, stringendo spasmodico la cornetta: «Io chiamare lei non appena
avere risultati soddisfacenti, ja.» sbottò, pregando che questo contentino
facesse star buono il magnate cinese per un altro po’: il miliardario di
Nanchino era rimasto impressionato dai suoi articoli sul Quantum e, una
volta scoperto ove Maus si era nascosto, lo aveva immediatamente
contattato fornendogli soldi, materiali e uomini per la sua ricerca.
Se era giunto a quel punto, lo doveva anche ai finanziamenti del ricco
cinese.
Ciò che non gli andava giù era la costante pressione che il suo mecenate
gli metteva addosso.
«Ho notato che si sta divertendo a Parigi.» commentò Kwon con una nota
divertita nella voce: «Sta giocando al genio del male pazzo con quei
sedicenti eroi da quattro soldi?»
«Eroi da quattro soldi essere Possessori di Miraculous, ja.»
«E dovrebbe interessarmi?»
«Miraculous essere unica fonte di Quantum ancora esistente, ja.»
«Mh. Interessante…»
«Vero? Io mettere mano su Miraculous e così io creare vero Quantum! Solo
così io potere realizzare mia soddisfacente carriera di scienziato, ja.»
«Molto, ma molto, interessante, dottor Maus.»
Sophie sorrise imbarazzata, muovendosi a disagio sulla poltrona, sotto lo
sguardo dei ragazzi e dei loro kwami; si voltò, cercando appoggiò in
Willhelmina, che era arrivata poco dopo di lei con al seguito Alex e un
attempato signore cinese: la donna le sorrise, facendole un cenno
d’incoraggiamento.
«Immagino che non ci sia bisogno di presentazioni…» mormorò, abbozzando un
nuovo sorriso e osservando qualcosa di blu sfrecciare verso di lei:
«Flaffy!» esclamò sorpresa, mentre il kwami del pavone le si fiondò
letteralmente contro, strusciandosi contro il collo e aggrappandosi a due
ciocche bionde, sfuggite alla coda.
«Sophie!» strillò il piccolo esserino, alzando il musetto e osservandola
in volto: «Io…io…io…»
«Scusami, Flaffy.» mormorò Sophie, carezzando lieve il capino e
sorridendo, mentre uno dei ragazzi si era fatto avanti e la donna
riconobbe subito la spilla del Pavone che il ragazzo portava appesa al
collo: «Sei il nuovo Portatore?»
«Sì, signora.»
«Si chiama Rafael.» dichiarò Flaffy, volando verso il ragazzo e posandosi
sulla spalla: «E’ coraggioso, in gamba e poi mi compra tanto cioccolato.»
«Che per Flaffy è la cosa più importante.» sbuffò Rafael, sospirando e
sorridendo, quando il kwami volò di nuovo vicino a lui e si strusciò
contro la sua guancia.
«E’ sempre goloso?»
«Se per goloso intende rimanere a fissare le vetrine piene di dolci…sì, lo
è ancora.»
Sophie sorrise, scuotendo la testa e osservando il Miraculous: «Mh.
Interessante cambiamento. Avrei dovuto pensarci anch’io: avevo sempre
problemi ad appuntarlo da qualche parte e avevo paura che qualcuno,
vedendolo, mi collegasse a Pavo.»
«Se vogliamo parlare di Miraculous che crea problemi, io sono la regina
indiscussa.» sbottò la ragazza bionda del gruppo, attirando su di sé
l’attenzione degli altri: «Davvero! Il mio Miraculous è un pettinino!»
«Lo sappiamo, Sarah.» sbuffò una seconda ragazza: alta e slanciata si
avvicinò alla prima e le posò una mano sulla spalla, sorridendo: «Non fai
altro che ripeterlo ogni volta che provo a sistemarti i capelli: Lila, no.
Il mio Miraculous è un problema. Perché non posso averlo come il vostro?»
«Lila, il tuo è una collana.» sbottò Sarah, indicandola e poi passando al
ragazzo cinese del gruppo: «E quello di Wei è un bracciale. Per non
parlare di quelli di Marinette e Adrien: un paio di orecchini e un anello.
Sono tutti comodi da indossare, il mio invece…»
«E’ un problema.» dichiararono all’unisono Rafael, Lila e Wei, rimediando
un’espressione imbronciata da parte della bionda.
Sophie rimase in silenzio, ascoltando gli scambi di battute dei tre
ragazzi a cui, quasi subito, si unì anche Alex; si voltò, osservando suo
figlio rimanere in disparte e con lo sguardo fisso davanti a sé, quasi
come se stesse assimilando tutto ciò che era successo e stesse cercando
l’inizio di quel gomitolo ingarbugliato.
Appena ci sarà un po’ di calma, gli
parlerò.
Sentì una lieve pressione sulla spalla sinistra e portò immediatamente la
mano in alto, intrecciando le dita con quelle di Gabriel.
Appena ci sarà un po’ di calma, parlerò
con entrambi.
Rimase lì, ascoltando un po’ tutti e osservando il figlio, notando come
stringeva la mano della ragazza al suo fianco e ascoltasse quello che lei
gli diceva, guardandola con occhi pieni di devozione: Marinette. La sua
fidanzata.
Era bellissimo vederli insieme, vedere che Adrien amava qualcuno ed era
ricambiato.
Anche se io l’ho abbandonato, non è
rimasto solo.
Ha trovato qualcuno.
«In tutto ciò…» mormorò Lila, portando l’attenzione di tutti su di sé e
posando poi lo sguardo su Willhelmina: «Tu, che ci fai qua?»
«Sono tornata.» dichiarò la donna, sorridendo zuccherosa: «Mi mancavano
Gabrielluccio e Fu. Problemi?»
«Gabrielluccio?» domandò Sophie, sorridendo e voltandosi verso il marito.
Aspetta. Poteva ancora considerarlo suo marito?
Doveva assolutamente parlare con lui dopo.
«Ignorala.» dichiarò Gabriel, puntando lo sguardo su Willhelmina e
fissandola seriamente: «Dato che sei tornata, spero che sistemerai tutto
il caos che la tua possessione e la tua sparizione hanno creato alla
Fondazione Vuitton: il tuo assistente è impazzito, quando non ti sei
presentata per la sfilata del tuo marchio.»
«Ehi, ero posseduta. Non ero cosciente.»
«Spiegaglielo.»
«E cosa gli dico? Scusa, Maxime, ma ho dato forfait alla sfilata perché
ero posseduta da un antico spirito malvagio cinese? Ah, fra l’altro sono
nata nel 1800 e ho qualcosa come centonovant’anni? Per quanto sia un
brav’uomo, sono certa che mi farà internare subito.»
«Non m’importa come la risolverai, non sono affari miei.»
Sophie ridacchiò, osservando l’espressione esasperata sul volto di
Willhelmina ed era pronta a scommettere che l’amica – poteva considerare
Willhelmina un’amica? – avrebbe preferito tornare in Tibet e farsi
barattare da Fa per un gregge di pecore piuttosto che risolvere quel
problema; con la coda dell’occhio, osservò la ragazza di Adrien uscire
dalla stanza con il telefono all’orecchio: si alzò, seguendola
inconsciamente e trovandola in piedi, nel mezzo dell’androne d’ingresso.
«No, mamma. Sono da Adrien…Mh. Non penso che verranno a cena da noi
stasera, posso sentire ma…» Marinette rimase in silenzio e Sophie sorrise,
osservandola mentre strusciava nervosamente un piede per terra: «Cosa? No,
mamma…Ma mamma!» urlò, chiudendo la comunicazione.
«Va tutto bene?» domandò, vedendola portarsi una mano alla fronte e
scuotere il capo.
«Sì, era mia madre, che mi ha appena detto che posso rimanere a dormire a
casa del mio fidanzato e che per lei e papà…oh!» Marinette si voltata,
fermando la sua spiegazione e arrossendo vistosamente: «Ah. Ecco
io…pensavo…»
«Scusa.» mormorò Sophie, stringendosi nelle braccia: «Pensavi che ero una
delle tue amiche?»
«Sì, ecco io…»
«Sophie Agreste.» dichiarò la donna, avvicinandosi e tendendole la mano:
«Non ci siamo presentate a dovere.»
«Ma-marinette Dupain-Cheng.» balbettò la ragazza, allungando titubante la
sua mano e stringendo quella che le era stata offerta, sorridendole
timidamente: «Ecco, io…»
«Volevo conoscerti e ringraziarti per essere stata al fianco di mio
figlio.» dichiarò Sophie, allungando le dita e sistemandole una ciocca
scura dietro l’orecchio: «Grazie per essere stata con lui e per amarlo.
Io…ecco, io spero che potrai perdonarmi per averlo abbandonato quando era
piccolo e…beh, ecco…come dire…spero di piacerti…insomma, Willhelmina mi ha
detto che…sì, ecco…che tu e Adrien…»
«Do-dopo che mi ha chiesto di spo-sposarlo, Adrien mi ha dato questo.»
mormorò Marinette, alzando la mano e mostrando l’anello di fidanzamento
che era appartenuto alla donna che le stava davanti: «Ed io sono stata
orgogliosa di indossarlo, di avere al dito lo stesso anello che aveva la
donna che lo ha messo al mondo…quindi…ecco, in verità…spe-spero io di
piacerle…»
«Marinette? Va tutto bene?» domandò Adrien, uscendo dalla sala in cui
tutti erano uniti e raggiungendo le due donne: «Sei uscita e…»
«Mia madre.» sbuffò la ragazza, scambiandosi un’occhiata con Sophie:
«Ecco, mi ha chiesto se volevate venire a cena da noi ma…beh, come
dire…immagino che vorrete rimanere da soli e…»
«Oh!» esclamò Sophie, battendo le mani e sorridendo ai due ragazzi: «Ho
un’idea! Perché non rimani a cena da noi, Marinette? Magari invitiamo
anche i tuoi.»
«Stasera?»
«Sì, perché no?»
«Ma non pensa che…»
«Oddio. Forse dovrei chiedere il permesso a Gabriel? Insomma, non penso
che posso tornare e comportarmi tranquillamente come se fossi la padrona
di casa…» Sophie si fermò, mordendosi il labbro inferiore e annuendo con
la testa: «Vado a sentire Gabriel.» dichiarò, correndo poi verso la sala e
lasciando i due al centro dell’ingresso.
«Come dire…» mormorò Marinette, voltandosi verso il proprio ragazzo:
«Dalle foto me la immaginavo leggermente diversa: più sofisticata e
seria.»
«Sì, dava quell’impressione, vero?»
«Sei stranamente calmo.»
«Sto ancora cercando di metabolizzare il tutto.» dichiarò Adrien,
sospirando: «Mi sembra di essere catapultato in un’assurda realtà
alternativa, dove mia madre torna a casa e…non so, ho paura che sia tutto
un sogno, prima o poi mi sveglierò e mi renderò conto che sono ancora il
quattordicenne che non poteva uscire di casa e non ci sarà nessun
Miraculous, che mi permetterà di trasformarmi…»
«Immagino sia tanto da assimilare.» dichiarò Marinette, carezzandogli la
guancia con il dorso della mano; Adrien le catturò le dita, portandosele
alla labbra: «Spero che non ti sveglierai mai, perché in quel caso non ci
potremmo mai conoscere.»
«Ti ricordi cosa disse il maestro Fu, no? Siamo destinati. Anche senza
Miraculous, io ti avrei trovata e ti avrei amata.»
Marinette sorrise, poggiandosi contro il ragazzo e stringendolo: «Ed io
avrei trovato te e ti avrei amato fin da subito.»
«Veramente all’inizio mi odiavi…»
«Solo perché pensavo che eri in associazione con Chloé.»
«Non mi hai nemmeno fatto spiegare…»
«Come pensi di comportarti con tua madre?»
«Hai cambiato argomento.» dichiarò il ragazzo, pizzicandole la guancia e
sorridendole: «Per risponderti: non lo so. Spero di riuscire a parlare
e…non lo so, vedrò.»
«Sono felice per te.»
«Grazie, Marinette.»
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.695 (Fidipù)
Note: Gabriel, Gabriel, Gabriel. Cosa devo fare con te? Cosa devo
fare con te che non ti apri nemmeno un poco ma, anzi, continui come se
nulla fosse? Ma lo so, lo so che sotto covi qualcosa e che poi verrà tutto
fuori...
Salve a tutti! Eccoci qua con il consueto aggiornamento di Miraculous
Heroes 2! Bene, cosa dire di questo capitolo? In fin dei conti, non c'è
niente: è un capitolo di passaggio, dove ho cercato di dare un po' il via
alle future dinamiche in casa Agreste e...Gabriel, seriamente, io cosa
devo fare con te? Davvero? (No, perché se siete ancora convinti che sia io
a scrivere la storia, sbagliate di grosso! Sono i personaggi che si
muovono da soli, io mi limito a mettere nero su bianco quello che fanno).
E cos'altro posso dire? Se non come al solito passare ai ringraziamenti:
grazie a tutti voi che leggete, commentate, mi supportate, mi sopportare
(più di ogni altra cosa!), grazie che non mi avete ancora uccisa e...
Ah. Giusto, la prossima settimana ci sarà un solo aggiornamento - quello
del lunedì - perché poi sarò a Lucca Comics and Games (quindi, se volete
farmi fuori, è la vostra occasione per farlo!), quindi i prossimi
aggiornamenti di Miraculous Heroes 2 saranno: lunedì 24 ottobre e poi si
salta fino a giovedì 03 novembre.
Detto questo, buona lettura!
Sophie sospirò estasiata, emergendo dal
bagno pieno di vapore e osservando la sua camera, la sua vecchia camera:
villa Agreste aveva una disposizione arcaica delle camere e così, accanto
a quella patronale, c’erano gli appartamenti della moglie; quando era
giovane e si era appena sposata, quella parte era stata inutilizzata per
buona parte del tempo, poi adibita a nursery quando Adrien era nato e
adesso…
Adesso era la sua stanza.
Quando Gabriel aveva proposto di preparare quella stanza, lei non aveva
obiettato, poiché sarebbe stato strano per entrambi dormire nuovamente
assieme dopo tutti quegli anni: «Un passo per volta, Sophie.» si disse,
sedendosi sul letto e lisciando il copriletto beige: «Un passo per volta.»
Con calma, sarebbe tornato tutto alla normalità e lei si sarebbe inserita
nelle vite di Gabriel e di Adrien, come moglie e madre; quasi le venne da
ridere, ad aver pensato di tornare a casa e riprendere la sua vita come se
nulla fosse: non aveva pensato che Gabriel, magari, avrebbe potuto aver
trovare una nuova compagna?
Si fermò, bloccandosi a quel pensiero e si portò una mano alla bocca: e se
fosse stato veramente così? E se, in quel momento, lui stava chiamando la
sua compagna per dirgli che la moglie, che lui credeva morta, era tornata?
Cosa avrebbe fatto in quel caso?
Lei amava ancora Gabriel, lo amava con tutta se stessa, aveva resistito
tutti quegli anni per quel sentimento: ce l’avrebbe fatta a lottare e
conquistarlo nuovamente?
Un lieve bussare alla porta la fece sobbalzare, si strinse l’accappatoio e
si alzò in piedi: «A-avanti.» balbettò, guardandosi attorno come a
controllare che tutto fosse in ordine: la porta si aprì e Adrien fece
capolino nella stanza, subito le labbra di Sophie si distesero in un
sorriso: «Adrien! Entra!» esclamò, facendo vagare lo sguardo per la stanza
e cercando un posto dove farlo accomodare.
Titubante il ragazzo entrò, chiudendosi la porta dietro di sé: «Ero venuto
a controllare se avevi bisogno di qualcosa.» le spiegò, rimanendo nei
pressi della porta e dondolandosi sui talloni: «Se…»
Sì, sapere se tuo padre si vede con
qualcuna, pensò immediatamente dentro di sé Sophie, scuotendo la
testa: «No. Ho tutto quello che mi serve.»
Tranne informazioni su tuo padre.
«Mh. Bene.»
«Tuo padre dov’è?»
«Penso al telefono con Nathalie.»
Quindi c’è veramente qualcuna nella sua
vita.
«Ah. Bene.» mormorò Sophie, portandosi una mano alla gola e accorgendosi
che respirare era diventato difficile: «Immagino la senta spesso…»
«Tutti i giorni.»
Allora è una cosa seria.
Dovevi aspettartelo, Sophie.
«Bene. Sono contenta.» mormorò la donna, accomodandosi a sedere sul letto
e sorridendo allo sguardo dubbioso del figlio: «Ecco, io…»
«Com’era in Tibet?» le domandò Adrien, avanzando nella stanza e sedendosi
accanto a lei: «Voglio dire…»
«Doloroso. Molto doloroso.» bisbigliò Sophie, stringendo le mani e
abbassando lo sguardo su di esse: «Il mio intero mondo era composto da una
cella, dove Maus mi aveva rinchiusa, e le sue guardie m’intrattenevano con
le loro torture.»
«Io…»
«Il tutto per farmi dire dove era il mio Miraculous e dove erano gli
altri.» continuò Sophie, sorridendo mestamente: «Avrei tanto voluto
fuggire, ma sapevo che facendolo avrei messo in pericolo tuo padre e te.
Non potevo permetterlo, quindi rimanevo lì e sopportavo, finché Maus non è
giunto da me, dicendomi che sarebbe venuto a Parigi…»
«E allora hai pensato di fuggire?»
«Sì. Io dovevo tornare per proteggervi. Di certo, non sapevo che eravate
diventati entrambi Portatori di Miraculous.» mormorò Sophie, sorridendo al
figlio: «Non sapevo che tutti e sette i Portatori erano qua.»
«Hai fatto tutta quella fatica per nulla, in pratica.»
«Già. E dire che mi piaceva tantissimo soggiornare in quell’hotel.»
dichiarò la donna, scuotendo la testa: «Il servizio in camera era
eccellente e gli altri ospiti erano molto amichevoli. Per non parlare dei
pasti: cucina da cinque stelle.»
Adrien sorrise, voltandosi verso la madre e osservando lo sguardo verde:
«Io…» mormorò, abbassando nuovamente il capo biondo, scuotendolo: «Per
tutto questo tempo mi sono sempre chiesto il motivo per cui eri sparita e
se ti avrei mai rivista; poi qualche tempo fa il maestro Fu mi ha detto
che anche tu eri una Portatrice e papà mi ha raccontato un po’ la tua
storia, ed io ho anche iniziato a pensare di cercarti. Di trovarti,
ovunque tu fossi.»
«Perdonami.»
«Non c’è niente da perdonare.» dichiarò il ragazzo, voltandosi nuovamente
verso di lei: «Hai agito per quello per cui eri stata scelta come
Portatrice. Se ci rifletto, sono certo anche Marinette farebbe come te…»
«Marinette.» mormorò Sophie, sorridendo: «Parlami di lei. Come vi siete
conosciuti?»
«Da persone comuni o da eroi?»
«In entrambi i modi.»
Adrien poggiò le mani indietro, osservando il soffitto: «Allora, avevo da
poco ricevuto il mio Miraculous e dopo che Plagg mi aveva spiegato…»
«Giusto per la cronaca.» lo interruppe il kwami nero, svolazzando fra i
due e chinandosi davanti a Sophie: «Plagg sono io. Kwami del Miraculous
del Gatto Nero, enchanté.» dichiarò il felino, volando fino alla mano di
Sophie e facendole un elegante baciamano.
«Lui è Plagg.»
«Piacere mio, Plagg.» dichiarò Sophie, prendendo l’esserino fra le dita e
studiandolo divertita: «Che carino. Sembra il peluche di un gattino.»
«Oh. Fantastico.» sbuffò Plagg, venendo torturato da Sophie che si stava
divertendo a tirargli le guance: «Inizio a capire da chi hai preso, sai?»
Adrien ridacchiò, mentre Sophie continuava a tormentare il kwami: «Allora,
Plagg ti aveva da poco spiegato i tuoi poteri e…» riprese la donna,
acciuffando il felino e trattandolo come se fosse un cucciolo.
«Oh. Sì. Dunque, stavo provando i miei poteri da supereroe, quando una
graziosa coccinella mi è letteralmente caduta addosso.»
«Oh, che incontro interessante.» dichiarò la donna, sorridendo: «Immagino
che all’inizio dev’essere stata dura: i poteri, dover far combaciare le
due vite…»
«Il non sapere chi è la ragazza di cui ti sei innamorato.»
«Non sapevi che Marinette era…mh, come si chiama da eroina?»
«Ladybug.» le rispose prontamente il ragazzo, scuotendo la testa: «No,
all’inizio non sapevo che era lei: amavo con tutto me stesso quella
ragazza forte e decisa, anche se non sapevo chi si nascondeva sotto quella
maschera; Marinette all’inizio era semplicemente un’amica, ma poi…»
«Poi cosa è successo?»
«Ho iniziato a provare qualcosa anche per lei: quella ragazza timida e
balbettante, si è fatta strada nel mio cuore ed è allora che ho iniziato a
notare strane coincidenze, somiglianze…»
«E hai scoperto l’identità della ragazza con la maschera.»
«Sì.» mormorò Adrien, intrecciando le mani e alzando lo sguardo davanti a
sé, con un sorriso nostalgico in volto: «Dopo che abbiamo battuto Papillon
– ovvero Papà che stava usando il suo Miraculous in malo modo per avere il
potere di salvarti – ho deciso di rivelarle chi ero: sono andata a
trovarla e le ho fatto capire la mia identità e che sapevo.»
«E da allora state assieme.»
«Più o meno. All’inizio è stata dura, perché Marinette era tremendamente
timida e impacciata. Sta migliorando, però.»
«E’ una ragazza dolcissima.» dichiarò Sophie, sorridendo e lasciando
finalmente andare Plagg: «Spero che gli piacerò.»
«Penso che già ti adori.» sentenziò Adrien, portandosi una mano al viso e
grattandosi la guancia: «E sono certa che Sabine, la mamma di Marinette,
ti amerà.»
«E’ un vero peccato non aver potuto invitarli a cena, ma aveva ragione
Gabriel. E’ presto.»
«Sì.» dichiarò Adrien, alzandosi e sorridendo alla madre: «Vado a letto.
Domattina ho lezione e non ho voglia di trasformarmi per arrivare in
tempo.»
«D’accordo.» dichiarò Sophie, accompagnando il figlio alla porta e
sorridendogli: «Parleremo ancora?»
Il ragazzo annuì, uscendo dalla stanza e facendo pochi passi, prima di
tornare indietro e abbracciare la donna: a Sophie scappò un urletto
sorpreso, mentre le braccia del giovane si stringevano attorno alla sua
vita: «Mi sei mancata così tanto…» mormorò Adrien, poggiando la testa
contro la spalla della madre e sentendola ricambiare l’abbraccio: «Così
tanto.»
«Anche tu, Adrien.» mormorò Sophie, stringendo il figlio a sé e sentendo
alcune lacrime scivolarle lungo le guance: «Anche tu.»
Gabriel alzò la testa, osservando la porta aprirsi e Sophie entrare
timidamente nell’ufficio: «Ti disturbo?» domandò la donna, entrando al
cenno negativo dell’uomo: i segni del tempo si vedevano nel suo volto, ma
lei continuava a mantenere quella bellezza che l’aveva colpito da giovane.
«Ho parlato un po’ con Adrien.»
«Bene.»
«Mh. Noto che hai ancora la tendenza a usare poche parole.»
«Sono un uomo poco ciarliero, dovresti saperlo.»
Sophie sorrise, accomodandosi su una delle due poltroncine davanti la
scrivania: «Adrien mi ha informata su Nathalie.»
«Ah. Ottimo.»
«Immagino sia una donna eccezionale, se…»
«Sì, lo è. L’ho informata del tuo arrivo: dobbiamo inventarci una scusa
plausibile per il fatto che sei stata via così tanto tempo.»
«Ho avuto un incidente e ho perso la memoria?»
«Pensi possa essere attendibile?»
«Nessuno potrebbe dire il contrario, no?»
«Giusto.»
Sophie allungò una mano, battendo le dita sul legno scuro e guardandosi
attorno: «Questo posto non è cambiato molto…» mormorò, sorridendo alla
vista del manichino in un angolo e alcuni bozzetti di abiti abbandonati su
un divano, ove il piccolo kwami della Farfalla stava riposando: «Anche
prima avevi la tendenza a rinchiuderti qua dentro la notte.»
«Di notte disegno meglio.»
«Già…»
Adrien entrò nella sua stanza, fermandosi alla vista della ragazza in
tenuta da notte che l’attendeva in piedi, vicino al divano: «Come sei
entrata, my lady?» domandò, raggiungendola immediatamente e prendendola
fra le braccia: «Mi piace quando entri di nascosto in camera mia.»
«Non sono entrata di nascosto.» sbuffò Marinette, poggiando le mani contro
il petto di Adrien e sorridendogli: «E sono entrata dalla finestra.»
«Mh.» mormorò il ragazzo, abbassando lo sguardo e sorridendo alla vista
della camicetta che tanto adorava: «Ma non faceva freddo per questa?»
«In effetti, ho un po’ freddo.» bisbigliò la ragazza, stringendosi nelle
braccia; Adrien sorrise, chinando e passandole un braccio sotto le
ginocchia e sollevandola di peso, ridendo quando lei strillò: «Cosa?»
«My lady, se volevi essere riscaldata, potevi dirlo subito.»
«Ma perché devi capire tutto a modo tuo?»
«Perché tu intendevi in quel modo. Semplice.»
«No, non è vero.»
«Sì, che è vero.» dichiarò Adrien, avvicinandosi al letto e lasciando
cadere la ragazza sopra di questo; Marinette sbuffò, tirando su il busto e
osservandolo mentre le saliva sopra: «Davvero, non è colpa mia se sei una
coccinella perversa…»
«Cosa? Io non…» iniziò, la ragazza, venendo subito zittita dalle labbra di
Adrien, mentre le mani del ragazzo le carezzavano le gambe, risalendo
verso l’alto e intrufolandosi sotto il corto vestito.
Sophie affondò il volto contro il cuscino, imprecando contro sé stessa.
Stupida.
Era rimasta con Gabriel per un’ora, osservandolo lavorare sulla nuova
collezione e nemmeno una volta aveva provato a porgli una qualche domanda
sulla misteriosa Nathalie.
Idiota.
Cos’avrebbe fatto quando lei sarebbe stata al fianco di Gabriel?
Come avrebbe potuto rimanere in quella casa, mentre l’uomo che amava, se
la intendeva con un’altra?
Qualcosa la stava infastidendo, impedendole di dormire.
Marinette sbuffò, provando a scacciare la presenza molesta ma, quando
questa tornò nuovamente alla carica, aprì lentamente un occhio e incontrò
lo sguardo di Plagg: «Ho fame.» sentenziò il kwami nero, mentre lei si
metteva a sedere e si guardava intorno: Adrien stava dormendo
pacificamente accanto a lei, con un braccio poggiato attorno alla sua vita
e il viso premuto contro il cuscino.
«Che ore sono?»
«Le quattro.»
«Perché mi hai chiamata?»
«Perché ho fame. E il moccioso sta dormendo tranquillamente, per una
volta.»
Marinette annuì, cercando di sfuggire all’abbraccio del ragazzo: si mise
in piedi, recuperando la camicetta da notte e indossandola velocemente,
dando una breve occhiata a Tikki, che riposava sul cuscino sopra la
scrivania: «L’hai notato anche tu, eh?»
«Che non dorme bene? Difficile non notarlo.»
La ragazza annuì, recuperando una felpa di Adrien, lasciata sul divano, e
avvicinandosi alla porta: «Sarà difficile arrivare in cucina, con tutto
questo buio…»
«Ti guido io, signorinella.» dichiarò Plagg, sorridendole: «Sono dotato di
vista notturna, sai?»
Marinette lo seguì fuori dalla stanza, mentre le ultime parole del kwami
si facevano strada dentro di sé: «Aspetta. Se hai la vista notturna,
allora…»
«Sì, prima ti ho vista nuda come un verme.» dichiarò tranquillo Plagg,
precedendola lungo le scale e osservandola fermarsi: «Pensavo fossi un po’
carente in fatto di seno, ma invece hai una taglia più che dignitosa.
Quella misura giusta per poterci giocare…»
«Plagg!» sibilò Marinette, scendendo i gradini e arrivando fino
all’androne d’ingresso.
«Ehi, dovresti essere orgogliosa di ciò che ho detto.»
«Da che parte per la cucina?»
«Di là.» dichiarò il kwami, volando verso sinistra e lasciando la ragazza
completamente sola; borbottando Marinette lo seguì, trovandolo mentre
curiosava allegro nella dispensa, finché il puzzo di camembert non le
arrivò alle narici, segno che Plagg aveva trovato ciò che gli interessava.
«Marinette?» esclamò una voce femminile, facendola sobbalzare: si voltò
verso la porta d’ingresso della cucina, trovando Sophie guardarla con
un’espressione divertita in volto.
Oh! Fantastico!
La ragazza si strinse nella felpa, desiderosa che una voragine le si
aprisse sotto i piedi in quel momento: come poteva spiegare la sua
presenza lì, a quell’ora? Non poteva, semplice.
«Ecco…io…sì, insomma…io…io…»
«Tranquilla.» mormorò Sophie, facendo un passo nella stanza con le mani in
avanti: «Posso capire il perché sei qui.»
«Meraviglioso.» sbottò la ragazza, alzando le braccia stizzita: «Perché
non c’è mai una voragine quando serve?»
«Me lo chiedevo spesso anch’io.» dichiarò la donna, ridacchiando e
avvicinandosi al frigo: «Ogni volta che facevo una figuraccia, speravo che
un bel buco si aprisse sotto i miei piedi…»
«E’ quello che sto sognando ora.»
«Tranquilla, Marinette. Tu hai ogni diritto di essere qui.» sentenziò
Sophie, prendendo la bottiglia di un succo di frutta e poi andando alla
ricerca di un bicchiere: «Come Nathalie. Sono io quella…»
«Scusi, ma cosa centra l’assistente del signor Gabriel?»
«L’assistente?»
«Nathalie è l’assistente del signor Gabriel. E’ quella che si occupa
praticamente di tutto.»
«Non è la nuova compagna di…» iniziò Sophie, venendo fermata dal movimento
della testa di Marinette, che stava negando vigorosamente: «Quindi Gabriel
non sta con nessuna?»
«Da quel che so, da quello che mi ha sempre detto Adrien, il signor
Gabriel le è sempre rimasto fedele.»
Adrien si svegliò, allungando una mano sul letto e non trovando la
presenza di Marinette accanto a lui, si issò a sedere, osservando la kwami
della ragazza dormire tranquillamente sul suo cuscino, ma senza Plagg:
«Tikki?»
«Mh. E’ presto.» mormorò l’esserino rosso, mentre Adrien si alzava dal
letto e recuperava boxer e pantaloni del pigiama.
«Tikki, dove sono Marinette e Plagg?»
«Nel mondo dei sogni.»
Adrien sorrise alla risposta della kwami, infilandosi una felpa: «Tikki.
Non sono nel mondo dei sogni.»
La kwami si svegliò, guardandosi attorno e poi posando lo sguardo su
Adrien: «Dove sono Plagg e Marinette?» domandò il piccolo spiritello,
fluttuando fino alla spalla del ragazzo e adagiandosi su questa,
sbadigliando.
«Andiamo a scoprirlo.» sentenziò il biondo, uscendo dalla stanza e
scendendo verso il piano inferiore: forse Plagg aveva avuto fame e, dato
che lui non si era svegliato, aveva provato con Marinette.
Si diresse verso la cucina, sentendo alcune risate provenire dalla stanza
e, quando raggiunse la soglia, si trovò davanti l’immagine di Marinette e
sua madre che stavano parlando e ridendo fra loro, mentre Plagg divorava
tranquillo una forma di camembert in mezzo al tavolo: «Adrien!» esclamò la
sua fidanzata, notando la sua presenza sulla porta.
«Oh! Adrien!» trillò allegra Sophie, poggiando il bicchiere sul tavolo:
«Marinette mi stava raccontando le vostre avventure di supereroi.»
«Le stavo raccontando di Mr. Pigeon.» specificò la ragazza, ridacchiando
al ricordo dell’akumatizzato.
Adrien rimase fermo sulla porta, sentendo il cuore battergli forte nel
petto: «Già. Mr. Pigeon…» mormorò, entrando e avvicinandosi a Marinette,
posandole le mani sulle spalle e sorridendo alla madre: «Perché non le
racconti dell’Imposteur?»
Marinette ridacchiò, sotto lo sguardo curioso di Sophie: «C’è una riunione
per caso?» domandò la voce di Gabriel, attirando l’attenzione dei tre.
«No, papà. Stavamo solamente ricordando i tuoi akumatizzati.» dichiarò
tranquillamente Adrien, sorridendo al padre: «Ti ricordi l’Imposteur,
vero?»
Gabriel si sistemò gli occhiali sul naso, entrando con passo sicuro e
avvicinandosi al frigo: «Tutti posso sbagliare.» dichiarò, aprendo
l’elettrodomestico e dando un’occhiata a ciò che conteneva.
«E ti ricordi di Mr. Pigeon, papà?»
Gabriel si voltò verso il figlio, fulminandolo con lo sguardo: «Tutti.
Possono. Sbagliare.»
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.361 (Fidipù)
Note: E' tempo degli eroi! Ebbene sì, ecco qua il consueto (e unico
per questa settimana) aggiornamento di Miraculous Heroes 2 e...beh, torna
l'azione! Già, dopo tanti capitoli dove eravamo immersi nelle vite
quotidiane dei nostri amici, adesso è tutto un susseguirsi di azione e
nemici. Bene, in questo capitolo...beh, si inizia a smuovere un po' tutta
la matassa che si era venuta a creare nei precedenti capitoli: un certo
micio - forse! - inizia a rinsavire, Plaggè molto vicino a strapparsi gli
occhi e Gabriel e Sophie si stanno lentamente riavvicinando. E Maus? Beh,
pensato che il nostro tedesco dal nome topesco (ma si dice topesco? Vabbè,
è stato accettato petaloso, si può accettare topesco.) stia buono? Ma
anche no!
Come vi avevo annunciato nello scorso aggiornamento, per questa settimana
non ci saranno altri aggiornamenti di Miraculous Heroes 2 perché la
sottoscritta sarà per tutti e cinque i giorni a Lucca Comics. E...beh, se
ci siete anche voi e volete incontrarmi, menarmi...ditemelo!
Detto ciò, come al solito vi ringrazio perché mi supportate con le letture
delle mie storie, i vostri commenti, il vostro continuo spronarmi e...beh,
grazie davvero di tutto cuore!
Marinette sospirò beata, aprendo gli
occhi e incontrando lo sguardo verde e divertito di Adrien: «Stavo
dormendo.» mormorò, stringendosi maggiormente a lui e crogiolandosi nel
calore del suo corpo: «Ed era un bel sogno. Dovresti sentirti in colpa per
avermi svegliato.»
Il ragazzo ridacchiò, ricambiando l’abbraccio e massaggiandole la schiena:
«Beh, devo rimediare.» mormorò, baciandole il collo e scivolando sopra di
lei, mentre con le labbra creava una scia umida che dalla gola scendeva
verso il seno: «E devo anche fare un bel lavoro.» bisbigliò contro la
pelle.
Marinette ridacchiò, gettando indietro la testa e notando la sveglia:
«Fermo lì, micio!» esclamò la ragazza, mettendo una mano sul viso di
Adrien e allontanandolo da sé: «Devo andare.» dichiarò, sgusciando da
sotto il ragazzo e alzandosi in piedi.
«Cosa?»
«Guarda l’ora.» dichiarò la giovane, indicando la sveglia: «Se mio padre
si sveglia e ha la malaugurata idea di venire a controllare in camera…»
«Cosa che non fa mai…»
«Considerata la mia fortuna, sicuramente oggi lo farà.» sentenziò la
ragazza, scuotendo il capo e voltandosi verso i due kwami che, al suono
delle loro voci, si erano svegliati: «Tikki. Trasformarmi.»
Adrien si mise a sedere, osservando la kwami rossa sfrecciare verso gli
orecchini di Marinette e venirne inglobata, socchiudendo poi gli occhi di
fronte alla luce della trasformazione: «Sai, sto iniziando a pensare che
tu non sai cosa sia il romanticismo…» borbottò, imbronciandosi e
osservando la ragazza mascherata.
«Il mio romanticismo muore al pensiero di mio padre, armato di baguette,
che si aggira per le strade di Parigi alla ricerca della figlia
scomparsa.»
Adrien ridacchiò di fronte a quell’immagine, alzandosi e scuotendo la
testa: «Vuoi che ti accompagni, my lady?»
Ladybug scosse il capo, avvicinandosi a lui e passandogli le braccia
attorno alla vita: «Torna a dormire. Per una volta che riposavi
tranquillo…»
«Io riposo sempre tranquillo.»
«Tu sei agitato, ultimamente, mentre dormi.»
«Non è vero.»
«Sì, che è vero.»
«No…»
«Ragazzo.» Plagg lo interruppe, facendoli voltare entrambi verso di lui:
«Dalle retta: ultimamente non fai altro che avere incubi e sei agitato.»
Ladybug annuì, sorridendo al kwami scuro e tornando a fissare il volto del
giovane: «Ha ragione, Adrien.» dichiarò, poggiandogli una mano guantata
sulla guancia e trattenendo lo sguardo verde nel suo: «Non dormi bene
da…beh, da quando abbiamo iniziato a frequentare l’università.»
«Mh.»
«E non capisco perché non vuoi dirmi niente.» continuò la ragazza,
allontanandosi da lui e stringendosi nelle braccia: «Pensavo che noi due
ci dicessimo tutto: che cosa c’è ti preoccup?»
«Non c’è nulla che…»
«Non c’era nulla, finché non hai iniziato a dormire agitato e a
svegliarti, come se uscivi da un incubo.» borbottò Ladybug, scuotendo il
capo: «E’ colpa mia? Forse ho fatto qualcosa che…»
«No!»
«E allora perché?»
Adrien sospirò, poggiando la fronte contro la spalla della ragazza,
rimanendo una manciata di secondi in quel modo: «Mh. Tu non dovevi andare
via per paura di tuo padre?» domandò, rialzandosi e sorridendole: «Ne
parliamo la prossima volta, ok? Quasi quasi, oggi faccio un salto da te,
dopo la fine delle lezioni e andiamo…non so, a prendere un caffè? Mh. Sto
iniziando a diventare come Lila…»
«Oggi devo consegnare il progetto dell’abito da sirena con Nathanael.»
mormorò la ragazza, notando come lo sguardo di Adrien si incupiva:
«Possiamo trovarci dall’IMF, che dici? C’è un locale dove vado sempre a
pranzare…» si fermò, ridacchiando: «Anche se non ho mai preso il caffè lì,
quindi non so dire alla tua Lila interiore come può essere.»
«Ti prego, my lady, non dire mai più che ho una Lila interiore.» sbuffò
Adrien, scuotendo il capo: «Comunque per me va bene. Ma non è che
interrompo qualcosa che…»
«Cosa dovresti interrompere, scusa?»
«Non so, qualche riunione strategica fra Nathanael e…»
«Adrien?»
«Sì?»
«Sto iniziando a pensare che il tuo comportamento riguardi in qualche modo
il mio compagno di progetto.» dichiarò Ladybug, assottigliando lo sguardo
celeste e notando come quello di lui evitava accuratamente il contatto: «E
quello che stai facendo ora me lo conferma.»
«Non sto facendo niente.»
«Stai evitando di guardarmi negli occhi.» dichiarò la ragazza, incrociando
le braccia: «Ciò vuol dire che ho indovinato.»
Adrien ridacchiò a disagio, prendendo la ragazza per le spalle e
voltandola, la indirizzò verso l’ampia vetrata: «Tom. Baguette. Strada.
Figlia amata.» biascicò, sospingendola mentre lei, con la testa piegata di
lato, lo fissava male: «A che ora per oggi?»
Ladybug saltò sul cornicione, storcendo la bocca e fissandolo seria:
«Facciamo verso le quattro? Dovrei aver finito tutto per quell’ora.»
«Ok, perfetto.»
«Adrien…»
«Tom. Baguette. Strada. Figlia amata.» ripeté nuovamente il ragazzo,
indicando la città fuori dalla finestra e sorridendo allo sguardo arreso
che la ragazza gli rivolse, prima di lanciare il suo yo-yo e saltare nel
nulla.
«Io non capisco.» dichiarò Plagg, non appena Marinette fu andata via,
facendo voltare il biondo verso di lui: «Era una buona occasione per
risolvere questo piccolo problemino, perché l’hai spedita via?»
«Perché, ora che sono lucido, mi rendo conto di quanto sono stupido a
essere…»
«A essere geloso e impaurito di Nathanael?» concluse per lui Plagg,
fissandolo serio: «Sì, lo sapevo. Ti conosco da parecchio, moccioso, so
che cosa passa per quella testa. Ma perché poi? Insomma, è chiaro come il
sole che Marinette è innamorata persa di te e…»
Adrien scosse la testa, avvicinandosi all’armadio e prendendo un cambio di
abiti: «Lui è più adatto di me.» borbottò, gettando sul letto un maglia e
un paio di jeans: «E’ un artista come lei, hanno tante cose in comune e…»
«Anche tu e Marinette avete qualcosa in comune.»
«Cosa? Il fatto di essere entrambi supereroi? Perché a parte questo…»
«Veramente non è solo questo.» dichiarò Plagg, sbuffando: «E fatti dire
una cosa: Marinette è innamorata di te, è tuo l’anello che porta al dito e
quel gioiello rappresenta una promessa molto importante.»
«Sì…»
«Quando la tua stupida gelosia non ti fa ragionare, pensa a questo. Pensa
a come ti è rimasta fedele quella ragazza per tutti questi anni.» continuò
il kwami, volando fino a lui e dandogli alcuni colpetti sulla fronte: «La
offendi solo con questi tuoi pensieri.»
Adrien tenne lo sguardo basso, annuendo con la testa e alzandola poi,
sorridendo allo spirito felino: «Grazie, Plagg.»
«Voglio del camembert extra, per questo mio ruolo da consigliere.»
«Lo avrai.» dichiarò il ragazzo, prendendo i vestiti e dirigendosi in
bagno: «Oggi per colazione, camembert extra.»
Plagg annuì contento, incrociando le zampette e guardando la porta
chiudersi: di certo le sue parole non avevano dissipato tutti i suoi
dubbi, lo sapeva bene; ma sperava di aver scalfito un po’ quella zavorra
che si stava portando dietro.
«Che idiota.» borbottò Plagg, tornando a poggiarsi sul suo cuscino e
notando, solo in quel momento, un indumento lasciato sul letto: «Oh no. Oh
no. Oh no. Si è scordato le mutande di qua!»
Lila sbadigliò, girando assonnata il caffè e ascoltando Wei parlare in
cinese al telefono: almeno una volta a settimana, il suo ragazzo chiamava
la famiglia che aveva lasciato in Cina e passava parecchio tempo con loro,
riprendendo la sua lingua natia; lo fissò, mentre annuiva a qualcosa che
gli stavano dicendo, con un sorriso tranquillo sulle labbra e un po’ lo
invidiò: era certa che, se avesse chiamato sua madre o suo padre, questi
avrebbero liquidato velocemente la chiamata, dicendole che le avrebbero
inviato più soldi.
Wayzz e Vooxi la fissarono e lei sorrise ai due kwami, abbassando lo
sguardo sul caffè: «Potresti chiamare i tuoi nonni…» mormorò il kwami
della volpe, sorridendole: «Sono certo che gli farebbe piacere sentirti.»
«Sì. E’ vero.» dichiarò Lila, sorridendo dolcemente al ricordo dei due
anziani che l’avevano accolta in casa loro: «Dopo le lezioni li chiamo.»
Wei si avvicinò a lei, poggiando il cellulare sul tavolo e attivando il
vivavoce: «Mia madre inizia a pensare che tu sia una persona immaginaria.»
dichiarò velocemente: «Vuole parlare con te.»
«E cosa le dico?» domandò Lila, fissando terrorizzata il cellulare e poi
il ragazzo che si era seduto accanto a lei: «Io non lo so il cinese.»
«Traduco io.» sentenziò Wei, prendendole una mano e intrecciando le dita a
quelle di Lila, voltandosi verso il cellulare e dicendo qualcosa in
cinese: «Le ho appena detto che ora la saluti.»
«Come si dice ciao in cinese?»
«Nihao.»
Lila annuì, inspirando profondamente e fissando Wei in volto: «Nihao.»
mormorò leggermente titubante e pregando di aver ripetuto bene la
pronuncia: «E io mi chiamo?»
«Wo De Ming Zi Shi e aggiungi il tuo nome.»
«Wo De Ming Zi Shi Lila.» ripeté l’italiana, tenendo lo sguardo in quello
del ragazzo e sentendo la paura salirle, di fronte al silenzio che si
levava dall’altro capo del telefono: «Per caso me li hai fatti insultare
tutti?» Un urlo si levò dal cellulare, seguito da quelli più acuti di
alcuni bambini e, infine, una sequenza di frasi in cinese: «Cosa gli ho
detto? Cosa stanno dicendo?»
Wei ridacchiò, ascoltando i suoi familiari e scuotendo la testa,
rispondendo velocemente in cinese: «Mia madre, possiamo dire, che sta
urlando al miracolo e anche alcuni miei fratelli, mentre il più piccolo mi
ha chiesto una cosa su di te.»
«Cosa?»
«Se sei bella.»
«E tu cosa ha risposto?»
«Sì.»
Sophie sorrise alla donna che era entrata nell’ufficio di Gabriel e la
stava squadrando da dietro le lenti degli occhiali: «Nathalie, le presento
mia moglie Sophie.»
«Co-cosa?»
«Lieta di conoscerla, Nathalie.» dichiarò Sophie, alzandosi e tendendo una
mano alla donna: «Sono felicissima di conoscere la donna che si nasconde
dietro l’organizzazione di casa Agreste e mi volevo scusare con lei per il
peso che le ho lasciato, vede io…»
«Pensavamo che Sophie fosse rimasta vittima di un incidente ma…» iniziò
Gabriel, attirando su di sé l’attenzione della sua assistente: «Invece…»
«Invece, fortunatamente sono rimasta solo ferita.» continuò per lui
Sophie, voltandosi nella sua direzione e sorridendogli: «Purtroppo, però,
la ferita…» alzò una mano e si toccò la nuca: «…mi ha provocato un’amnesia
e…»
«Capisco.» dichiarò Nathalie, annuendo e chinando lieve la testa: «E’
bella riaverla a casa, madame Agreste.»
«Grazie, anch’io sono felicissima di essere tornata.» dichiarò Sophie,
accomodandosi nuovamente e osservando Gabriel dare delle direttive alla
sua dipendente che, immediatamente dopo, uscì dalla stanza.
«Che cosa hai in mente di fare oggi?» le domandò Gabriel, mentre lei si
lisciava la gonna del vestito azzurro che indossava: era così strano,
vestire di nuovo come una donna normale e non quelle cose informi che
aveva avuto durante il soggiorno di Maus.
«Mh. Stavo pensando di andare alla boulangerie dei genitori di Marinette.»
«Sophie.»
«Non mi presenterò. Voglio solo…vederli.» spiegò la donna, sistemandosi
una ciocca bionda dietro l’orecchio e sorridendo: «Poi Adrien ha così
decantato le brioche di Tom Dupain che voglio assaggiarle.»
«Posso mandare…»
«No, Gabriel. Posso andare tranquillamente da sola.» dichiarò Sophie,
fissandolo negli occhi: «Non mi nasconderò qua dentro: vivrò e, se ci sarà
bisogno, combatterò contro Maus.»
«Ne sei convinta?»
«Assolutamente.»
Gabriel sospirò, togliendosi gli occhiali e massaggiandosi il setto
nasale: «Avevo dimenticato quanto eri testarda.» dichiarò, fissandola
negli occhi mentre un lieve sorriso gli piegava le labbra: «Se vuoi
andare, però, fatti accompagnare dal mio autista.»
«Il Gorilla?»
«Sì. Il Gorilla.» dichiarò l’uomo, scuotendo la testa: «Immagino che anche
questo…»
«Sì, me l’ha detto Adrien.» lo anticipò Sophie, sorridendo: «Stamattina,
durante la colazione abbiamo fatto un po’ di conversazione: siamo ancora
un po’ rigidi entrambi ma...è stato bello. Parlare con lui, ascoltarlo
mentre mi raccontava alcune cose…»
«Adrien è un ragazzo gentile e sensibile.» dichiarò Gabriel, annuendo con
la testa: «Sono certo che non ti porta nessun rancore per questi anni…»
«Dovrebbe. E dovresti anche tu.»
«Non posso odiarti e lo sai.»
Sophie sorrise, abbassando lo sguardo sulle mani, che teneva congiunte in
grembo, e inspirò profondamente: «Posso…posso considerarmi ancora tua
moglie?»
«Non dovresti nemmeno chiederlo, Sophie.» dichiarò immediatamente Gabriel,
facendole alzare la testa e incontrare lo sguardo celeste dell’uomo: «Io
non ho mai smesso di amarti e tu sarai sempre mia moglie.»
«Anche io.» mormorò la donna, allungando una mano verso il marito e
sentendo gli occhi pizzicarle per le lacrime trattenute: «Non ho mai
smesso di amarti. Per tutto questo tempo, ho sempre pensato a te e a
nostro figlio.»
«E adesso sei di nuovo con noi.»
«Sì.»
Adrien osservò gli studenti dell’IMF uscire dall’edificio, cercando di
intravedere Marinette: alcuni si fermarono, additandolo e sicuramente
riconoscendolo come il modello del marchio Agreste, ma lui li ignorò e
sorrise alla vista della ragazza mora che usciva trafelata; la osservò
fermarsi e guardarsi attorno, finché lo sguardo celeste non lo vide e
s’illuminò di gioia: «E’ tanto che aspetti?»
«No, sono appena arrivato.» dichiarò Adrien, osservandola massaggiarsi la
fronte: «Che cosa hai?»
«Solo stanca.» rispose Marinette, sorridendogli: «Fra un certo gatto e le
sue voglie; poi Plagg e il suo bisogno di camembert…beh, ho dormito poco
stanotte.»
«Mh. Dovremmo fare quattro chiacchiere con questi felini che non ti fanno
dormire.»
«Già, in effetti un certo felino è venuto proprio qua per…» Marinette
s’interruppe al suono dei loro cellulari che squillavano: «Oh no. No. No.
No. Mi rifiuto. Non ci può essere un attacco ora!»
«Il male non dorme mai.» dichiarò Adrien, sistemando l’auricolare e
rispondendo: «Alex?»
«In persona, micio.» dichiarò l’americano dall’altro capo: «Sto aspettando
che vi colleghiate tutti per darvi le notizie.»
«Fammi indovinare.» sentenziò Marinette, che aveva accettato la chiamata
in quel momento: «Maus ha attaccato.»
«Non Maus, ma abbiamo un novello jedi.»
«Cosa?»
«Secondo quanto detto da un poliziotto, un tipo con una spada laser –
sappiate che, se è vera, io pretendo di averla – sta seminando il panico
in Rue de Rivoli, nei pressi del Louvre.»
«Una spada laser…» mormorò la voce di Lila: «Se non ricordo male fra i
files di Maus c’era qualcosa che poteva…ehi, se fosse un’arma al
quantum-β?»
«Non ci resta che scoprirlo.» dichiarò Adrien, fissando la ragazza al suo
fianco e ricevendo un segno di assenso in cambio: «Ok, dove ci incontriamo
tutti?»
«Io direi al Ponte degli Artisti.» rispose Marinette: «Ci troviamo tutti
lì e andiamo a…beh, fare la conoscenza di questo jedi.»
«Se è dalla parte di Maus, però, è un sith.» dichiarò Alex, ridacchiando:
«Ok, voi trovatevi al ponte ed io seguirò la situazione da qui. Direi che
è tempo degli eroi!»
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.252 (Fidipù)
Note: Sono tornata! Eccomi di nuovo qua! Siete contenti? Vi sono
mancata? Ok, oggi la faccio breve così vi lascio subito alla lettura
(anche perché non ho niente da dire! Cioè, in verità ne avrei da dire ma
passiamo subito al capitolo per questo giro!) e quindi passo subito ai
soliti ringraziamenti di rito: grazie a tutti coloro che leggono,
commentano e...beh, fanno qualsiasi cosa con Miraculous Heroes 2.
Grazie davvero a tutti voi!
Alex osservò la piantina della città,
notando come le icone dei supereroi di Parigi si stavano avvicinando
velocemente al punto d’incontro, dando poi una veloce occhiata alla
finestra più piccola ove teneva sotto controllo le notizie provenienti
dalla polizia: «Ok. Sembra che Sith – d’ora in poi il tipo sarà chiamato
così –, per il momento, abbia distrutto alcune vetture e creato alcuni
danni agli edifici attorno al museo. La polizia ha creato un perimetro
attorno a tutta l’area.» sentenziò, informando velocemente gli amici:
«Ragazzi, attenti. Non mi sembra un tipo tranquillo.»
«Grazie, Alex.» dichiarò Ladybug, saltando giù dalla cupola dell’Institut
de France e atterrando nella piazza sottostante: «Chat ed io siamo al
ponte.»
«Sto arrivando con Tortoise.» dichiarò la voce di Peacock nell’auricolare:
«Siamo davanti Notre-Dame. Il tempo di attraversare l’isola e siamo da
voi. Mi sembra di aver visto Volpina…»
Ladybug alzò lo sguardo verso il cielo terso e sorrise al lampo arancione
che sfrecciò verso il basso, atterrando sul Ponte degli artisti: «E’
arrivata.»
«Sono quasi arrivata anch’io.» dichiarò la voce di Bee, pochi secondi
prima che qualcosa di giallo sopraggiungesse vicino all’eroina rossa:
«Eccomi qua.»
«Pennuto. Torty. Mancate solo voi.» commentò Chat, avanzando sul tetto
assieme alle due ragazze: «Guardate che iniziamo la festa senza di voi.»
«Guarda alla tua destra, micio, e ci vedrai.» dichiarò Peacock tranquillo:
il felino si voltò, notando i due eroi correre sull’Ile e saltare,
atterrando sul ponte: «Eccomi qua. Non mi perdo un party da quando avevo
quindici anni e questa non sarà la prima volta.»
«Stai dicendo che hai il Miraculous da quando avevi quindici anni?»
domandò Volpina, roteando il suo flauto e sorridendo: «E cosa hai fatto
prima di unirti a noi?»
«L’idiota?»
«Su quello non avevo dubbi.» sbottò la ragazza, scuotendo il capo: «Io ho
ricevuto il mio Miraculous a diciassette anni.»
«Pure io.» dichiarò Peacock, incamminandosi con il gruppo verso il punto
in cui c’era il nemico: «E con party intendevo le feste a cui ho iniziato
a partecipare da modello.»
«Quelle che io, puntualmente, evitavo come la peste.» aggiunse Chat,
scuotendo il capo: «Non ho mai capito cosa ci fosse di divertente.»
«Mh. Vediamo…»
«Vuoi davvero continuare questo discorso, Peacock?» domandò Bee,
guardandolo con un sorriso zuccheroso in volto: «Vuoi davvero?»
«Qualcosa mi dice che se rispondo a Chat poi mi ritrovo con qualche
pungiglione piantato nel corpo.» commentò l’eroe blu, sorridendo alla
ragazza e battendo le mani: «Andiamo a sconfiggere Sith?»
«No, se volete continuare a fare conversazione per me va bene.» dichiarò
la voce di Alex negli auricolari: «Comunque, Peacock amico mio, potresti
portarmi a uno di questi party? Da quel che non hai detto, si direbbero
molto interessanti per me…»
«Ehi, se vuoi che ti presenti qualcuna basta chiederlo.»
«Potremmo presentargli Blanche.» propose Chat, voltandosi verso il collega
modello e vedendolo annuire: «Penso che ti piacerebbe, Hacker.»
«Chi è Blanche?» domandarono in coro Ladybug e Bee, mentre Volpina
scuoteva la testa e sospirava.
«Andiamo a sconfiggere il nostro amico?» chiese Tortoise, cercando di
mettere fine alla confusione generale: «Poi, ragazze, potrete fare quel
che vi pare con i vostri fidanzati.»
«Possibilmente qualcosa che includa l’essere senza niente addosso e in
posizione orizzontale.» aggiunse Chat, ridacchiando: «Ok, mi va bene anche
in verticale.»
«Forse te l’ho già chiesto, LB, ma come fai a sopportarlo?»
«Zitta tu, che mi avresti acquistato senza problemi.»
«Per poi riportarti subito indietro, chiedere il rimborso e anche qualcosa
per i danni morali.»
«Andiamo.» dichiarò Ladybug, mettendo fine all’ennesimo scambio di
battute: «Abbiamo un nemico da sconfiggere.»
«Ci sarà un giorno, in cui noi andremo in battaglia senza dire tante
cavolate…» sentenziò Peacock, scuotendo il capo: «…ma non è questo il
giorno.»
«Quest’oggi noi combattiamo!» urlò Alex, modulando la voce e dandogli un
tono serio: «Per quanto di più caro abbiamo, su questa bella terra, io vi
invito a resistere…»
«Andiamo!» urlò la coccinella, voltandosi e osservando i suoi compagni: «E
il primo che osa dire qualcosa o citare qualche film, lo appendo a testa
in giù dal ponte!»
«Signorsì, signora.»
Willhelmina osservò ciò che stava succedendo davanti il Louvre, battendo
nervosamente le dita sulla scrivania e ignorando il suo assistente Maxime:
«Max, tesoro, puoi andare a prendermi un the?» domandò all’uomo, cercando
di sorridere e fissandolo: «Ho veramente bisogno di bere qualcosa di
caldo…»
«Ho paura a lasciarti da sola…»
«Non andrò da nessuna parte.» dichiarò la donna, sorridendo all’uomo: «Al
massimo puoi trovarmi nell’ufficio di Gabrielluccio.»
Maxime la fissò, scuotendo poi il capo: «Vai a dare noia a quell’uomo,
su.» sbottò, alzando le braccia verso il cielo: «Ma ti avviso, ci hanno
provato in molte – e in molti – ma è sempre stato fedele al ricordo della
moglie.»
Willhelmina sorrise, facendo scorrere indietro la sedia: «Anch’io sono
fedele al ricordo del mio compagno.» dichiarò, uscendo velocemente dalla
stanza, che aveva adibito a suo ufficio e atelier durante il suo soggiorno
a Parigi: sapeva che anche Gabriel ne aveva una, lì alla Fondazione
Vuitton ed era lì che dirigeva gran parte del lavoro della maison Agreste.
Sorrise ad alcune impiegate, camminando sicura sui tacchi alti e
raggiungendo velocemente l’ufficio dell’uomo: «Hai visto cosa sta
succedendo?» domandò, entrando senza tante cerimonie e trovando Gabriel
alla scrivania, intento a guardare il tablet: «Gabriell…»
«Lo sto vedendo ora.»
«E non hai in mente di andare?» domandò Willhelmina, chiudendo la porta
dietro di sé e notando il kwami della Farfalla comparire da dietro le
spalle dell’uomo: «Tu non hai intenzione di dirgli niente…ehm…»
«Nooro. Il mio nome è Nooroo.»
«Non gli vuoi dire niente, Nooroo?»
«Non spetta a me dire al mio maestro cosa fare.» sentenziò il kwami,
chinando la testa in segno di rispetto.
«Gabriel, sei un Portatore…»
«Lo so. Ma non andrò.»
«Perché? E’ un tuo dovere…»
«Ho dei problemi, Willhelmina.» dichiarò l’uomo, alzando lo sguardo e
sostenendo quella della donna: «Durante la battaglia contro Coeur Noir,
contro Chiyou, ho riakumatizzato – diciamo così – tutti coloro che avevo
usato quando…quando ero cattivo…»
«E quindi?»
«L’ultima volta che mi sono trasformato, l’ho capito.» mormorò Gabriel,
intrecciando le mani e posando lo sguardo su di esse: «Non penso che
potrei sostenere un’altra battaglia.»
«Cosa?»
«Posso spiegarle io, maestra Willhelmina.» bisbigliò Nooroo, volando
davanti la donna: «Durante l’ultimo scontro contro di lei – o meglio,
contro lo spirito che l’ha posseduta – Gabriel ha dato fondo al potere del
Miraculous e questo…»
«Questo ha fatto sì che il corpo di Gabriel s’indebolisse, mi stai dicendo
questo? Ma noi…»
«Voi siete più resistenti e longevi rispetto agli altri esseri umani, è
vero.» dichiarò il kwami, sospirando: «Ma ciò se si usa correttamente il
Miraculous: l’uso scorretto che ne ha fatto Gabriel, per tanto tempo, e
l’akumatizzazione di massa…»
«Combatterò solo se strettamente necessario.» dichiarò l’uomo, alzando la
testa: «Ma sono certo che loro sei…» dichiarò, indicando il tablet e
sorridendo alle figure colorate che erano apparsa in scena, mentre il
cameraman stava riprendendo in diretta ciò che accadeva davanti il Louvre:
«Possono farcela tranquillamente.»
«Tuo figlio sa di questo?»
«No. E non voglio che lo sappia. Non ho detto niente neanche a Sophie:
loro non devono sapere.»
Willhelmina sospirò, mettendosi a sedere su una delle due poltroncine e
portandosi le mani alle tempie: «Da quanto lo sai? E’ per questo che hai
sempre combattuto poco? Anche contro di me, intendo.»
«Fu mi avvisò quando andai a riportargli il Miraculous di mia moglie.»
«Capisco. Quindi l’akumatizzazione di massa…»
«Non avrei dovuta farla, ma dovevo aiutarli in qualche modo. E sarà così
anche in futuro: se dovrò, io li aiuterò con ogni mezzo a mia
disposizione.»
La donna annuì, stringendo la mano destra a pugno e portandosela alle
labbra: «Dovresti ridare il Miraculous al Gran Guardiano, affinché un
nuovo Portatore venga scelto.» mormorò, dando una breve occhiata al kwami
e sorridendo: «Ma penso che Nooroo non te lo permetterebbe, sembra molto
attaccato a te.»
«Sì.»
«Se mai ci sarà bisogno, invece di akumatizzare qualche sconosciuto, fallo
con me, Gabriel.» dichiarò Willhelmina, sorridendo: «Sono certa che potrei
diventare qualcosa di simile a Coeur Noir e aiutarli, in modo che tu non
debba strapazzarti.»
«Lo farò.» assentì Gabriel, chinando lieve la testa: «Grazie,
Willhelmina.»
«Non sei l’unico che deve redimersi.»
Ladybug saltò sulla punta della piramide di vetro, osservando il loro
nemico – Sith – usare la sua spada per tagliare in due un bus e poi
voltarsi verso di loro: «Vi stavo aspettando, eroi.» urlò, allargando le
braccia: «Questa sarà la vostra tomba.»
«Mh. Sì, direi che è purrfetta per tutta la mia meaowravigliosità.»
dichiarò Chat, balzando su uno dei lampioni alle spalle di Sith e
sorridendo: «Qui giace Chat Noir, eroe incredibilmente bello e…»
«Incredibilmente egocentrico.» sbuffò Volpina, balzando sul tetto
dell’enorme palazzo che costituiva il Louvre assieme agli tre eroi: «Mai
sentito il detto che chi troppo si loda poi s’imbroda? Eh, gattaccio?»
Chat Noir liquidò il tutto con uno sbuffo e un gesto della mano: «My lady,
immagino che hai un piano, vero?» domandò, mettendo mano al bastone, che
teneva appeso dietro la schiena e sorridendo di fronte allo sguardo sicuro
della sua signora.
Ladybug gettò una breve occhiata a Volpina che, annuendo, si portò il
flauto alle labbra e suonò alcune note, creando copie di tutti loro e
mandandole contro il nemico che, cadendo nell’illusione, iniziò a
combattere contro queste: «Peacock, vedi!» urlò Ladybug, vedendo l’eroe
blu annuire e fare alcuni passi indietro, mentre Bee si posizionava
davanti a lui, tenendo sotto mira Sith: «Tortoise! Crea uno scudo attorno
al nostro amico, appena avrà finito di sbarazzarsi delle illusioni di
Volpina. Chat, Volpina. Per ora rimanete fermi…»
«Come voi, my lady.»
La coccinella sorrise ai compagni, lanciando lo yo-yo verso il cornicione
del palazzo e atterrando vicino a Peacock e Bee: «Dimmi che hai qualcosa
di utile.» mormorò, osservando il pavone riaprire gli occhi e scuotere la
testa.
«Ho visto un laboratorio e…» Peacock si portò due dita al setto nasale,
chiudendo gli occhi e cercando di riportare alla mente tutto ciò che aveva
visto: «C’era uno schermo e qualcosa di simile a dei progetti: erano tre
elementi diversi ma in tutti c’era la scritta Quantum…»
«Tre?» domandò Volpina, voltandosi verso di lui e scuotendo il capo: «Nei
files che Hacker ha preso c’era solo il progetto di un’arma al Quantum-β
ed è quella che il tipo ha in mano.»
«Forse Maus le ha ideate dopo oppure…»
«Oppure Hacker non è riuscito a prendere tutto…»
Ladybug annuì, voltandosi verso Sith e vedendolo affondare la spada nel
nulla e poi esultare vittorioso: «Ora! Tortoise!»
L’eroe verde annuì, invocando il proprio potere e creando una gabbia
attorno a Sith, imprigionandolo: rimasero a osservarli, mentre il nemico
colpiva ripetutamente la barriera con l’elsa della spada, usando poi la
lama e fendendola più e più volte: «Non resisterà a lungo.»
Ladybug annuì, osservando anche lei la barriera di Tortoise incrinarsi:
«Volpina, Bee. Preparate i vostri poteri.» ordinò la ragazza, allungandosi
oltre il cornicione e osservando Chat Noir ancora fermo sopra il lampione,
in attesa di muoversi: «Chat, non ti avvicinare.»
«D’accordo.» urlò il ragazzo, alzando un braccio verso l’alto: «Però sappi
che mi sto annoiando!»
La coccinella sospirò, usando il proprio yo-yo ed evocando il Lucky Charm
che si materializzò sotto forma di un ombrello: «E che ci devo fare con
questo?» domandò, voltandosi verso gli amici.
«Forse ha messo brutto tempo?» ipotizzò Peacock, alzando le spalle e
sorridendo: «Oppure fai una romantica passeggiata con il nostro Sith.»
«Ah. Ah. Molto divertente.» dichiarò Ladybug, scuotendo il capo e
iniziando ad analizzare l’ambiente che la circondava, sorridendo al piano
che la sua mente stava formulando: legò il suo yo-yo attorno all’ombrello,
prendendo poi la mira e lanciandolo verso il felino: «Chat!»
All’urlo della ragazza, l’eroe alzò la testa e afferrò l’oggetto che gli
era stato lanciato: «Ehm. Non sta piovendo, my lady.» dichiarò,
riposizionando il bastone sulla schiena e guardando divertito l’ombrello:
«Che dovrei farci con quello?»
«Usalo come se fosse una spada.» dichiarò Ladybug, indicando Sith: «E
invitalo a singolar tenzone.»
«Oh. Questo mi piace.» dichiarò Chat, balzando giù e mettendosi in posa da
schermidore con l’ombrello a mo’ di spada: «Ok. Giusto per la cronaca:
sappiate che mi sento un idiota così»
«Lo sei, amico.» dichiarò Peacock, portandosi le mani ai fianchi e
scuotendo la testa.
Ladybug sorrise, dando una breve occhiata agli altri: «Concludiamo questa
storia: Peacock e Tortoise hanno pochi minuti ancora.» spiegò, vedendo il
resto del gruppo annuire: «Volpina, Bee. Lanciate i vostri poteri contro
Sith appena l’avremmo sfiancato; Peacock, Tortoise: noi tre andremo ad
aiutare il nostro duellante.»
I due ragazzi annuirono, balzando giù dal tetto e venendo immediatamente
seguiti da Ladybug, che lanciò il suo yo-yo, afferrando così il braccio
che teneva la spada al Quantum-β e trattenendola: Chat sorrise, aprendo
l’ombrello e spedendo il nemico a terra, prese il bastone, roteandolo e
colpendo la mano che teneva la spada, facendola mollare a Sith.
Peacock recuperò l’arma, che si era disattivata, rigirandosela fra le mani
e notando che era composta da un enorme cilindro di metallo: «Come si
attiva?» mormorò, non notando che il nemico si era rialzato: Sith corse
verso di lui, assestandogli una spallata in pieno addome e spedendolo per
terra, recuperando l’arma e voltandosi verso Peacock, evitando le lame che
il ragazzo gli aveva lanciato contro.
Sith portò la spada sopra la testa e abbassò la lama, che venne fermata
dalla scudo di Tortoise, mentre Ladybug lanciava nuovamente il suo yo-yo e
lo avvolgeva attorno alle braccia del nemico: «Ora! Chat!»
«Capito!» urlò il felino, attivando il suo potere di distruzione, correndo
verso il nemico e sfiorando con la mano destra il pezzo di piazzale sotto
i piedi di Sith: questo venne inghiottito dalla terra, rimanendo
immobilizzato e venendo colpito dai poteri dell’Ape e della Volpe.
«Non mi avete ancora sconfitto.» ringhiò Sith, resistendo ai colpi e
infilzando poi la spada nel terreno, attivandone la piena potenza e
riuscendo così a liberarsi, saltando fuori dalla prigione e mettendosi in
posizione di difesa, pronto a dare nuovamente battaglia; si portò una mano
all’orecchio, rimanendo fermo, con lo sguardo rivolto verso di loro e poi,
abbassando l’arto, fece un passo indietro: «Non è finita qui, eroi.»
dichiarò, voltandosi e iniziando a correre via, saltando sul tetto del
Louvre e sparendo oltre l’edificio.
«Dobbiamo inseguirlo.»
«Non possiamo, pennuto.» dichiarò Chat, osservando l’amico muoversi per
seguire Sith: «Fra poco le nostre trasformazioni si scioglieranno…»
«Ma…»
«Pensi di fare qualcosa senza potere dei Miraculous?»
«Possiamo…»
«Cosa? Dare da mangiare ai nostri kwami e poi…»
«Peacock.» mormorò Ladybug, osservando anche lei il punto in cui Sith era
sparito: «Chat ha ragione. Non possiamo inseguirlo.»
«Come stai?» domandò Sarah, osservando il ragazzo disteso nel letto e
allungando una mano per scostare una ciocca di capelli mori dalla fronte.
«Inizio a pensare che Fu ha ragione: farmi colpire sempre non mi rende più
eroe.»
«Dovresti stare più attento, Rafael.» mormorò Sarah, facendo scivolare la
mano fino a quella del ragazzo e stringendola: «Se…»
«Niente se.»
«Ma…»
«E niente ma, Sarah.»
«Sei testardo, lo sai?» mormorò la ragazza, intrecciando le dita con
quelle di lui: «Ti chiedo solo di stare più attento. Per favore.»
«Questo posso farlo.»
«Peccato che poi non lo fai mai.»
«Non è vero.»
«E’ vero.»
«Scusate…» mormorò Flaffy, attirando su di sé l’attenzione di tutti:
«Posso interrompere un attimo il vostro scambio di battute?»
«Che c’è, Flaffy? Vuoi il tuo cioccolato?»
«Giù mangiato, grazie.» dichiarò il kwami sorridendo al suo Portatore: «In
verità, volevo solo dirti che sono fiero di te, Rafael.»
«Per essermi fatto colpire?»
«No, per aver citato il discorso di Aragorn prima di andare in battaglia.»
«Non l’ho fatto.»
«L’hai fatto.»
Rafael si voltò verso Sarah, osservandola serio: «Non l’ho fatto, vero?»
«Sì, l’hai fatto. E Alex ti è venuto dietro.»
Lila gettò la borsa sul divano, osservando il laptop abbandonato sul
tavolo basso: «Non pensarci nemmeno.» la intimò Wei, chiudendo la porta
dell’appartamento e studiandola serio: «Tu non accenderai quel pc e non ti
metterai nuovamente a guardare la roba di Maus.»
«Ma…»
«No, Lila. Stai diventando ossessionata da quel tipo.»
«Wei, lo faccio per…»
«Per cosa? Dalla visione di Rafael abbiamo capito che Alex non è riuscito
a prendere tutto.»
«Ma quel poco che abbiamo dobbiamo studiarlo e…»
«E pensi di riuscire a farlo adesso?» le domandò il ragazzo, fissandola
serio: «Siamo appena usciti da un combattimento, sei stanca sia
mentalmente che fisicamente.» si avvicinò, posandole le braccia sulle
spalle e chinandosi fino ad avere il volto all’altezza di quello di lei:
«Ti prego, riposati.»
Lila gettò un’occhiata al pc, tornando poi a guardare il ragazzo:
«D’accordo, d’accordo. Niente dottore pazzo per oggi.»
«Brava ragazza.»
«Ma solo perché ho un mal di testa allucinante.»
«D’accordo.»
«E non perché me l’hai chiesto tu.»
«Certamente.»
Marinette osservò Tikki e Plagg divorare avidamente il loro cibo sulla sua
scrivania: «Qualche problema, my lady?» le domandò Adrien che, comodamente
sdraiato sulla chaisse longue, stava fissando il soffitto della camera
della ragazza.
La mora tirò su le gambe, poggiando il viso contro le ginocchia e
osservando il ragazzo, rimanendo seduta sulla sedia girevole: «Ti ricordi
il senso di sconfitta che avevamo ogni volta che ci scontravamo contro
Lila?»
«Sì.»
«Ecco, provo quella sensazione.»
Adrien si alzò a sedere, osservandola e sospirando: «Non abbiamo perso ma
neanche vinto.» dichiarò, abbassando lo sguardo sulle mani e scuotendo il
capo: «Mi chiedo perché è fuggito in quel modo: avrebbe vinto se…»
«Se fosse rimasto, sì.» concluse per lui Marinette: «Non so come avremmo
potuto…»
«Non dovete buttarvi giù.» sentenziò Plagg, afferrando un nuovo triangolo
di camembert e fissandoli seri: «Ricordatevi che qualsiasi cosa aveva
quell’arma, è una pallida imitazione dei vostri gioielli e delle vostre
armi. Abbiate fiducia nei vostri Miraculous.»
«Ed ecco a voi, Plagg. Il piccolo bastardello sa sempre cosa dire e
quando.» dichiarò Adrien, allargando le braccia e sorridendo: «Beh, quasi
sempre. Molto spesso sparla a proposito e quando non deve…»
«Ehi, moccioso, se vuoi parlo di quello che hai fatto stamattina…»
«Cosa hai fatto stamattina?»
«Niente.»
«Niente.» ripeté Marinette, dando una veloce occhiata al kwami e vedendolo
scuotere il capo, mentre Tikki ascoltava tutto con il sorriso sulle
labbra: «Mh. Qualcosa mi dice che non voglio saperlo.»
«My lady, mi avevi lasciato pieno di…»
«Non voglio saperlo.» sentenziò la ragazza, ridacchiando poi
all’espressione imbronciata di Adrien e allungando una mano verso il kwami
nero: «Grazie, Plagg. Hai ragione: noi siamo i Portatori dei Miraculous e
le armi di Maus sono solo imitazioni dei nostri poteri. La prossima volta
vinceremo.»
Adrien annuì, allungando il pugno verso di lei e facendola sorridere,
mentre anche lei protendeva il proprio, colpendo quello del ragazzo: «Bien
joue!» esclamarono insieme, come avevano sempre fatto per tanto tempo.
«Era una vita che non lo facevamo.» dichiarò Adrien, guardandosi il pugno
e ridacchiando: «Penso che ci saremmo potuti riconoscere da questo, se lo
avessimo fatto almeno una volta anche in versione…beh, normale.»
Marinette si alzò, andandosi ad accomodare vicino al ragazzo: «T’immagini
la scena?» domandò sorridente e facendo di nuovo il pugno con la mano,
mentre il ragazzo lo colpiva con il proprio: «Aspetta. Un attimo…Chat
Noir?»
«Ladybug?»
«Voi due siete due dementi.» concluse Plagg, scuotendo la testa e
voltandosi verso la kwami rossa: «Non gli dici niente?»
«Vuoi lasciarli in pace? Sei sempre a brontolare.»
«Io non brontolo.»
«E’ vero, brontolone.»
Adrien ridacchiò, osservando i due kwami: passò un braccio attorno alle
spalle della ragazza, tirandola verso di sé e posandole un bacio sulla
tempia: «Affronteremo anche questa, Marinette.» dichiarò sicuro, vedendola
annuire con la testa: «E la vinceremo.»
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.614 (Fidipù)
Note: Ma voi lo sapevate che a Parigi esistono ben 5 repliche della
Statua della Libertà? E no, non è che i parigini hanno una malsana
ossessione per il simbolo di New York, ma semplicemente perché fu un dono
della Francia per commemorare l'indipendenza americana. Fra l'altro, fu
un'idea di un progettista francese, tale Frédéric Auguste Bartholdi, che
per il volto si è ispirato a quello della madre; mentre lo scheletro
metallico, all'interno della gigantesca statua, è opera di Gustave Eiffel.
Esatto, proprio l'autore della Tour Eiffel.
E dopo queste chicchette (da adesso in poi, mi metto l'audio di
SuperQuark!), passiamo a...chiacchiere random! Nuovo capitolo e, ancora,
non siamo entrati nel pieno dell'azione ma avevo messo in conto, quando
iniziai con la stesura, che questa sarebbe stata una storia lenta.
Detto questo, come al solito, vi ringrazio per i vostri commenti, per il
fatto che leggete le mie storie e mi supportate sempre.
Grazie di tutto cuore!
Il soffitto era bello.
Questo decretò Plagg, rimanendo sdraiato sulla scrivania con gli occhietti
verdi rivolti verso l’alto, ascoltando distrattamente i rumori dell’umano
che abitava con lui: la prima volta era stato preso alla sprovvista quando
il biondo, nudo come un verme, era corso in camera perché si era scordato
di recuperare i panni che aveva gettato sul letto.
Plagg aveva borbottato, voltandosi dalla parte opposta e pregando che ciò
che aveva visto fosse rimosso dalla sua memoria.
Aveva pensato che il pericolo fosse scampato, tornando a dedicarsi alla
bella forma di camembert ma il nudista si era dimenticato qualcos’altro e
così era tornato nella camera, in tutta la sua gloriosa nudità, e Plagg
aveva decretato che guardare il soffitto era l’unico modo per
sopravvivere.
«Cosa stai facendo?» domandò Adrien, avvicinandosi ed entrando nel campo
visivo del kwami: «Ti senti male per caso?»
«Se continuo a vedere cose che non dovrei vedere…sì, mi sentirò male.»
dichiarò il kwami, alzandosi e tenendo lo sguardo sul viso del giovane:
«Quante volte devo dirti…»
«Adrien. Scusa.» la voce di Sophie arrivò alle orecchie del felino, prima
che la porta della camera si aprisse e la donna entrasse tranquillamente:
«Ho provato a usare questo cellulare per chiamare Willhelmina, ma devo
aver fatto danno. Di nuovo.»
«Madre!»
«Che c’è?» domandò la donna, alzando lo sguardo dall’apparecchio e notando
il figlio con solo un asciugamano addosso: «E poi cos’è quel madre?
Chiamami mamma, come facevi da piccolo. Mi fa sentire vecchia.»
Adrien si guardò attorno, tenendo l’asciugamano che, maledetto!, sembrava
si stesse divertendo a scivolare verso il basso proprio in quel momento:
«Mad…mamma, potresti uscire un attimo?»
«Perché?»
«Così mi vesto e poi posso aiutarti…»
Sophie fece scivolare lo sguardo sul figlio, scuotendo il capo e
accomodandosi sul letto: «Hai una minima idea di quante volte ti ho visto
nudo? Chi pensi che ti cambiasse i pannolini quando eri piccolo? Tuo
padre?»
«Penso sia un po’ differente ora.»
«Aiutami con questo affare infernale e me ne andrò.» dichiarò la donna,
porgendo l’apparecchio al figlio e rimanendo in attesa: «Altrimenti, dirò
a Marinette come chiamavamo il tuo…»
«Ok! Ti aiuto.»
«No, voglio sapere come lo chiamavi!» s’intromise Plagg, sorridendo
caloroso alla donna: «Signora Sophie, sarebbe così gentile da mettermi al
corrente di questa informazione? Penso sia di vitale importanza per il mio
lavoro di kwami.»
«Pensi sia di vitale importanza?» ripeté Sophie, sorridendo: «Beh, quando
era piccolo, Adrien…»
«Mamma! Non dirglielo!»
«…lo chiamava pistolino.»
«Pistolino, eh?» mormorò Plagg, sorridendo mefistofelico verso il ragazzo
che sentì uno strano brivido lungo la schiena, mentre sistemava il
disastro fatto dalla madre sullo smartphone: «Grazie mille, Sophie. Sono
certo che adesso farò molto meglio il mio lavoro di kwami.»
«Certo, come no.» borbottò Adrien, passando il telefono alla madre: «Eri
solamente andata sullo store delle app e…»
«Dove ero andata?»
«Niente. Appena torno da lezione, ti spiego come usarlo.»
«Ho capito.» dichiarò la donna, rimanendo ferma e notando il ragazzo in
impaziente attesa: «Me ne devo andare?»
«Sì. Vorrei vestirmi.»
Sophie sbuffò, alzandosi e raggiungendo velocemente la porta, aprendola e
uscendo dalla stanza: «Ti ripeto che sono tua madre e so benissimo come
sei fatto; anche se sei cresciuto non penso sarai tanto diverso da quando
tuo padre…»
«Mamma!»
«D’accordo me ne vado!»
Adrien chiuse la porta, poggiando contro di questa la fronte e respirando
profondamente: bene, a quanto pareva aveva appena provato ciò che sentiva
Marinette quando lui la metteva in imbarazzo; si voltò, notando il suo
kwami in ginocchio e con le zampette rivolte verso il cielo: «Cosa stai
facendo?»
«Sto pregando i Sette Dei.» spiegò Plagg, sorridendo e voltandosi verso
Adrien: «Li sto ringraziando per averci mandato Sophie, pistolino.»
«Usa di nuovo quel nomignolo e dico a Tikki che non fai altro che guardare
il seno di Willhelmina.»
«Amico, sono un kwami.» dichiarò Plagg, balzando in piedi e indicandosi in
tutta la sua minuscola grandezza: «Pensi che potrei fare qualcosa con la
ex-Portatrice della Coccinella?»
«Quello no.» sentenziò Adrien, infilandosi le mutande e i jeans: «Ma penso
che Tikki potrebbe farti passare una brutta mezz’ora.»
«Mh. Il moccioso non ha tutti i torti…»
«E non parlare come se non fossi nella stanza…»
Plagg sospirò, tenendo lo sguardo verde sul giovane e indicando prima sé
stesso e poi il suo umano: «Quello che abbiamo è un patto da uomini: io
non uso quel soprannome e tu non dirai niente a Tikki.»
«Promesso.» sentenziò Adrien, tornando in bagno e recuperando i pantaloni
e la felpa che si era portato di là; il tutto sotto lo sguardo attento del
kwami che, tornato dalla sua forma di camembert, si stava gustando uno
spicchio.
Alex sbadigliò, girando il caffè americano che Fu gli aveva preparato con
la colazione e osservando il vecchietto davanti il telefono: il capo
basso, lo sguardo puntato verso l’apparecchio e i piedi che strusciavano
nervosamente per terra: «Bridgette, seriamente, non so cosa dirti…» lo
sentì mormorare il giovane, mentre cercava di captare il più possibile
della comunicazione: «Sì, scusa. Willhelmina. Lo dimentico sempre…no, oggi
tengo il centro aperto…no, domani pomeriggio va bene…mh. D’accordo. A
domani, allora.»
«Hai un appuntamento con Willie?» domandò Alex, non appena vide Fu
abbassare la cornetta e voltarsi verso di lui: «No, perché se vuoi casa
libera, devi solo…»
«Tu non hai lezione oggi?»
«Sì, alle dieci. Quindi posso fare tranquillamente colazione e poi
andare.» spiegò il ragazzo, sorridendo: «Allora? Ti vedi con Willie? Sarah
e gli altri mi hanno narrato i vostri trascorsi…»
«Willhelmina è la ex-Portatrice della Coccinella e sarà sempre legata
all’ex-Portatore del Gatto Nero.»
«Ma è morto. Due secoli fa!»
«Ciò non toglie che lei gli sarà sempre fedele.» dichiarò Fu, sedendosi
davanti ad Alex e scuotendo il capo: «Purtroppo è la maledizione di coloro
che trovano l’anima gemella: una volta scoperta non potranno mai più
provare quel sentimento per nessun altro…»
«Quindi…»
«Sì, anche Adrien e Marinette. O Wei e Lila.»
«Mh.» Alex annuì, portandosi la tazza e bevendo una generosa dose del
liquido caldo: «Pensa che anche…»
«Che anche Sarah e Rafael siano anime gemelle? Mh. Sì, credo di sì.»
dichiarò Fu, lisciandosi la barba del mento: «Devo dire che come sensale
ho fatto un ottimo lavoro.»
«Vedi di trovare anche a me l’anima gemella, maestro.» dichiarò Alex,
finendo il caffè e afferrando un biscotto dalla scatola di latta: «Mi
sento solo, tanto solo…»
«A tempo debito troverai anche tu la tua compagna.» sentenziò Fu,
sorridendo al ragazzo: «Quando Sarah è venuta qui in Francia dall’America,
non pensava certo che in questa città avrebbe trovato il suo vero amore,
no?»
«No.»
«Quando meno te lo aspetti…»
«Arriverà. Capito l’antifona.» sentenziò Alex, alzandosi e togliendo
velocemente la tazza dal tavolo per posarla in cucina: «Nel mentre vado ad
annoiarmi ai corsi di informatica.»
«Non capisco perché hai scelto quell’indirizzo.» sbuffò Fu, scuotendo la
testa e accompagnandolo fino alla porta: «Sei già bravo per conto tuo.»
«Il resto mi sembrava noioso.» sentenziò il ragazzo, sistemandosi gli
occhiali e uscendo velocemente dall’abitazione: «A stasera, maestro.»
«A stasera, Alex.»
Sophie poggiò le braccia sulla scrivania di Gabriel, allungandosi in
avanti e mettendo il mento sopra i polsi, studiando l’uomo mentre
disegnava: «Qualcosa non va, Sophie? Non mi ricordo che eri così carente
in buona educazione, prima.»
«Mi sto annoiando.» dichiarò decisa la donna, imbronciandosi: «Sono stata
per quasi dieci anni imprigionata in una cella. Esco e dove vado a finire?
Imprigionata in una casa.»
«E’ casa tua.»
«Sì, ma tu l’hai trasformata in una prigione.» sentenziò Sophie, alzandosi
e poggiandosi contro lo schienale della poltrona: «Posso capire che là
fuori c’è quel pazzo di Maus, che potrebbe catturarmi di nuovo – anche se
non ne capisco il senso, dato che c’è un nuovo Portatore del Pavone,
quindi non gli servo più – ma ciò non dovrebbe impedirmi di avere una
vita! Voglio uscire, vedere di nuovo Parigi, conoscere…»
«Tu vuoi andare a conoscere Sabine e Tom, ammettilo.»
«Sì. Sono i genitori della ragazza che nostro figlio sposerà! Devo
conoscerli!»
«Sophie…»
«E se non gli piaccio? E se avranno qualcosa da dire sul fatto che sono
apparsa dal nulla?»
«Sophie…»
«Tu non capisci, Gabriel, ci sei sempre stato. Io…»
«Li invitiamo a cena.» sbuffò l’uomo, alzando le braccia al cielo e
scuotendo il capo: «Così puoi conoscerli…»
«E non uscire di casa, eh?» concluse Sophie, fissandolo male: «Ok. Accetto
il compromesso. Ma solo per ora e solo perché Willhelmina mi ha promesso
di portarmi qualche abito, dato che tutto quello che ho è racchiuso nel
borsone che ho portato dal Tibet.» si fermò, alzandosi e poggiando le mani
sulla scrivania: «Ma non resterò rinchiusa per sempre, sei avvisato. Non
ho intenzione di nascondermi.»
«Lo so, lo so.»
«Molto bene.» sentenziò la donna, battendo le mani e sorridendo: «Quando
invitiamo Marinette e la sua famiglia?»
Lila sbadigliò, uscendo dall’edificio ove era la sua facoltà e prendendo
immediatamente il cellulare, scorrendo velocemente i nomi, premendo poi su
quello di Wei: «Ehilà, pasticcino!» esclamò, non appena il ragazzo rispose
e rimase in ascolto, sentendolo ridacchiare.
«Pasticcino? Hai bevuto per caso?»
«No, esco solo da diritto costituzionale.»
«Oh. Capisco.» dichiarò Wei comprensivo, anche se Lila era certa che non
avesse la minima idea di cosa stesse parlando: «Mi ha chiamato Rafael
prima.»
«Che vuole il piumino?»
«Mi ha chiesto se voglio andare con lui, Adrien e Alex una sera a Le
Cigale.»
«Mi stai chiedendo il permesso?»
«No, ti sto solo dicendo che abbiamo in programma questo.»
«Quello che mi domando è se riuscirete a staccare il gattaccio dalla sua
principessa.» dichiarò Lila, sentendo Wei ridacchiare: «Sono seria, Wei.»
«Lo so. Beh, in qualche modo faremo.»
«Mh. Quasi quasi sento Sarah e Marinette per fare una serata di sole
ragazze. E Alya. E’ tanto che non sento Alya.»
«E’ una bella idea.»
«Devo informarmi se ci sono locali di spogliarello maschile e il prezzo
del biglietto…»
«Lila…»
«Ehi, sarebbe divertente! Immaginati la faccia del micetto se lo sapesse.
O piumino! Oh, ti prego. Ti prego. Voglio fargli questo scherzetto!
Ovviamente non porterei mai Sarah e Marinette in un locale del genere,
sicuramente mi svengono dall’imbarazzo ancora prima di entrarci.»
«Che cosa ti hanno fatto di male quei due poveracci?»
«Niente. Mi diverto a tormentarli.»
Un lungo sospiro si levò da Wei: «Dove sei?» le domandò, dopo qualche
secondo di silenzio: «Mercier ha ancora parecchio lavoro, ma forse posso
liberarmi e venirti a recuperare.»
«Al momento sto passando davanti il mio vecchio liceo.» rispose Lila,
fermandosi davanti il Loui-le-Grand e sorridendo: «Ci sono stata poco, ma
mi manca.»
«Posso immaginare.»
«Parlando d’altro…» esclamò Lila allegra: «Cosa preparo da cena?»
«No!» esclamarono in contemporanea Vooxi e Wei al telefono: il kwami
abbozzò un sorriso, tornando poi nel suo nascondiglio alla vista dello
sguardo assassino che la ragazza gli lanciò: «Ci penso io, Lila.»
«Ci pensi sempre tu, almeno una volta…»
«L’ultima volta che hai provato a cucinare, hai dato quasi fuoco a casa.»
«Non è vero.»
«Lila.»
«Ok. Ho avuto un piccolo incidente con il forno.»
«Piccolo incidente con il forno?»
«La smetti. Non è carino rinfacciarmi i miei errori.»
«Lila. Era un cibo precotto e tu l’hai infilato ancora con la scatola in
forno.» dichiarò Wei: «Non ti sto facendo notare i tuoi errori, ti sto
solo pregando di farmi trovare casa quando torno dopo il lavoro.»
«Ah. Ah. Spiritoso.»
Sarah osservò l’enorme edificio e sorrise, alla vista di Rafael che stava
uscendo proprio in quel momento; il ragazzo alzò la testa e, notandola,
corse immediatamente verso di lei: «E’ tanto che sei arrivata?» le
domandò, chinandosi e sfiorandole le labbra con le proprie: «Ho dovuto
rincorrere una ragazza del mio corso per farmi ridare gli appunti.»
«Devo preoccuparmi?»
«Non so neanche come si chiama, mal fidata.» dichiarò Rafael, tirandole
leggermente il naso: «Com’è andata oggi?»
«Ho avuto lezione con tuo padre.»
«Mh.» mormorò Rafael, posandole una mano sulla schiena e incamminandosi
con lei: «Com’era?»
«La lezione era buona, come professore sa il fatto suo. Tu da quanto non
lo senti?»
«Da quando siamo andati con lui in quel locale?»
«Come genitore direi che lascia a desiderare.»
«Ci sono abituato.» sentenziò Rafael, alzando le spalle e abbozzando un
sorriso: «Almeno ora so dov’è. E’ già un bel passo avanti rispetto a
prima.»
«Io non…»
«Sarah. I miei sono fatti così, si sono sempre comportati così fin da
quando ero piccolo: per me è normale. Certo, magari mi dicevano quando
tornavano a Parigi e passavano un po’ di tempo con me, ma a parte questo,
è tutto regolare.»
«Però…»
«Ci sono abituato, apetta.» dichiarò il ragazzo, sorridendole: «E non sono
solo: ho te, Flaffy, Mikko, il resto della nostra assurda banda. Rispetto
a un anno fa, ho fatto passi da giganti. Non Credi?» dichiarò,
sospingendola all’interno del grande parco, non molto distante dalla
facoltà: «Quindi, non preoccuparti. E adesso, benvenuta ai Giardini di
Lussemburgo. Sbaglio o avevi detto che volevi visitarli?»
«Adesso?»
«Beh. Perché no?» dichiarò Rafael, prendendola per mano e facendosi strada
all’interno del parco: «A dir la verità, volevo mostrarti solo una cosa…»
iniziò, percorrendo i vialetti sterrati e sorridendo alla vista di ciò che
stava cercando: «Ovvero quella.» concluse, indicando un punto davanti a sé
e sospingendo la ragazza in avanti.
«Ma è…»
«La Statua della libertà, sì.» assentì Rafael, sorridendo: «Una copia, in
verità. Ce ne sono altre a Parigi e…beh, pensavo ti avrebbe fatto
piacere…»
Sarah saltellò sul posto, abbracciando il ragazzo e baciandogli la
guancia, prima di andare a fotografare la statua e sorridere, rivolta
verso di lui: «Grazie.»
«Di niente. La prossima volta andiamo a vederne un’altra, ok?»
«Marinette? Tua madre ha detto che sei quassù.»
Adrien salì le scale che portavano alla camera della ragazza, osservandola
immersa a lavorare alla scrivania, con gli auricolari nelle orecchie:
sorrise, avvicinandosi silenziosamente e, posandole le mani sulle spalle,
le mordicchiò il lobo; ridacchiò, vedendola sobbalzare e voltarsi irata:
«Adrien!» esclamò la ragazza, togliendosi gli auricolari: «Tu…»
«Ehi, io ti ho chiamato, sei tu che non hai risposto.» dichiarò il ragazzo
a sua discolpa, posando la borsa per terra e osservando il blocco da
disegno: «Carino! Mi piace!»
«Sì?»
«Il vestito è molto femminile e la felpa…beh, ti sto già immaginando con
quella addosso e magari niente sotto…»
Marinette cercò di colpirlo ma il ragazzo evitò il colpo: «Sei
impossibile.» decretò la ragazza, tornando al suo disegno e osservandolo
sedersi per terra accanto a lei; inconsciamente allungò una mano,
carezzando la testa bionda e venendo subito catturata dalle dita del
ragazzo: «Oggi ho consegnato il progetto della sirena.»
«Mh. Quando saprai i risultati?»
«Settimana prossima. Spero.»
«Andrà benone.»
«Lo spero. Forse avrei dovuto impegnarmi di più: è il primo bozzetto che
faccio e…»
«Marinette. I tuoi lavori sono sempre splendidi: lo dice mio padre, lo ha
detto Iris…abbi fiducia nelle tue capacità, principessa.»
«Grazie, Adrien.»
«Sono qui per questo.» dichiarò il ragazzo, con un’alzata di spalle e
sorridendo: «Conforto, spalla su cui piangere…»
«Noi dobbiamo ancora parlare.»
«Speravo te ne fossi dimenticata.»
«Ti risulta che io mi sia mai dimenticata qualcosa?»
«Purtroppo no.» sentenziò Adrien, guardandola dal basso e sorridendole:
«Speravo che stavolta la tua super-memoria non funzionasse però.»
«Non ho una super-memoria.»
«Davvero? No, perché quando facciamo...» si fermò, indicando il soppalco e
sorridendo lascivo: «Sai sempre…»
«Tu!»
«Oh, siete qui!» esclamò Sabine, apparendo dalla botola e sorridendo ai
due ragazzi: «Adrien, potevi dirmelo prima dell’invito di tuo padre.»
«Dell’invito di mio padre?»
«Sì. Domani sera. A cena.»
«Ah.»
«Vado a dirlo a Tom.» dichiarò allegra, scendendo nuovamente le scalette e
lasciando i due ragazzi da soli: Adrien aprì la bocca, scuotendo la testa
e richiudendola, alzando lo sguardo e incontrando quello altrettanto
confuso di Marinette.
«Tuo padre ha invitato a cena i miei?»
«Qui mia madre ci cova.»
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.954 (Fidipù)
Note: E finalmente, i nostri piccioncini si chiariscono! E sì, lo
so, vi aspetterete litigate da panico e drammi personali, ma...beh, ormai
dovreste sapere che rapporto hanno Adrien e Marinette e, quindi, anche il
loro modo di fronteggiare i problemi. Senza parlare del fatto che tutto
quel casino era messo in atto da un ragazzo che, alla fin fine, non ha poi
tutta questa sicurezza in sé stesso (anche se si direbbe il contrario, lo
so). E si narra un po' anche del passato di Maus e di come è
iniziata l'ossessione per il Quantum. E poi...beh, finalmente l'incontro
fra i futuri suoceri e...basta.
E dopo questo breve escursus su ciò che vi attenderà a breve, come al
solito, ci tengo a ringraziarvi tutti quanti: grazie per i commenti,
grazie per il semplice fatto che leggete e che mi supportate (o
sopportate, a voi la scelta).
Semplicemente grazie!
Osservò
i fogli sparsi per terra inzupparsi d’acqua: quando era inciampato
nell’ultimo gradino della scala, il frutto delle sue ricerche, delle sue
notti insonne, era caduto e adesso stava sbiadendo come l’inchiostro
sulle pagine che lo circondavano; si voltò, verso l’imponente edificio
bianco e sentì la rabbia salire in petto.
Avevano riso di lui.
Avevano riso della sua opera.
Strinse i denti, raccogliendo i fogli bagnati e stringendoli al petto,
ascoltando i suoni dei passi di quelli che, fino a poco fa, lo avevano
additato come un comico da cabaret: «Oh. Professor Maus!» esclamò uno
degli uomini: lui alzò la testa, fissando serio l’altro in volto e
vedendo ancora l’espressione ilare: «Spero che la prossima volta ci
porti qualcos’altro di divertente. Magari qualcosa sui draghi?»
L’uomo rise, seguito a ruota dagli altri, aprendo gli ombrelli scuri e
scendendo sul marciapiede, calpestando alcuni fogli che erano rimasti
sull’ultimo gradino: Maus fissò quella pagina e l’impronta del piede che
la segnava inesorabilmente.
«Io mostrare voi che Quantum esistere.» dichiarò, alzandosi e fissando
serio le schiene dei sui detrattori: questi si voltarono, studiandolo
come se si fosse trattato di un cucciolo: «Io trovare Quantum e mostrare
a voi sua esistenza.»
«Professor Maus…» mormorò lo stesso uomo che aveva parlato poco prima:
«Forse le conviene smettere di inseguire queste chimere e concentrarsi
su qualcosa di veramente importante, qualcosa che non provenga da favole
o miti.»
«Quantum non essere…»
«Quantum essere un mito. Sì.» dichiarò l’uomo, osservando i fogli che
Maus stava stringendo contro il petto e togliendoglieli bruscamente di
mano: «Quantum. Shangri-la.» lesse alcuni nomi a casaccio, fissando
l’uomo: «Sette dei…Atlantide? Siamo seri, professore, veramente lei
pensa che tutto questo è realtà?»
«Ja.»
«E’ più stolto di quanto pensassi.» dichiarò l’uomo, gettando le pagine
per terra e calpestandole con forza: «La smetta di sognare.»
Maus si svegliò di soprassalto, osservando l’ambiente che lo circondava e
passandosi le mani sul volto: era nella sua casa a Parigi, nel suo covo,
un luogo sicuro, un luogo dove quelli della Royal Society non avrebbero
mai osato mettere piede e deriderlo.
Sospirò, alzandosi e osservando la lunga lista di dati sulla Qβ-01, ovvero
la spada a energia quantum che aveva messo a punto e testato contro i
Portatori di Miraculous: «Risultati soddisfacenti, ja. Mia creazione
potere sconfiggere Miraculous.»
«Quindi, stasera, Marinette ed i suoi genitori vengono qua a cena.»
mormorò Plagg, lanciando in aria un boccone di camembert e, dopo aver
presa la mira, chiuse le fauci attorno al malcapitato pezzo:
«Interessante.»
«Interessante?» domandò Adrien, affacciandosi dalla porta del bagno e
osservando il kwami completamente spaparanzato sulla scrivania: «Perché?»
«Partiamo dal fatto che hai impiegato venti minuti buoni per sistemare
ogni ciuffo di capelli...» iniziò il felino, mettendosi seduto e
socchiudendo gli occhietti verdi: «Sabine e Tom ti conosco già, non devi
far buona impressione su di loro.» continuò il kwami, osservando il
ragazzo uscire dall’altra stanza con solo un paio di jeans addosso:
«Vestiti.» gli ordinò, scuotendo il capetto: «Che problemi hai con gli
abiti, eh Pistolino?»
«Plagg…»
«Ehi. Siamo solo noi due.» esclamò il kwami, allargando le braccia:
«Almeno…»
«Non usare mai più quel soprannome.»
«Tu uccidi il divertimento altrui.» sbuffò Plagg, allargando le braccia e
sdraiandosi: «Immagino che Tikki ed io rimarremo quassù.»
«Sì. Ti è vietato fare qualunque cosa nel mio letto.»
«Come se io volessi toccarlo il tuo letto.»
Adrien lo ignorò, aprendo l’armadio e osservando le camicie appese: «Nera
o bianca?»
«Mi stai chiedendo consiglio su come vestirti? Sei messo veramente male.»
Il ragazzo sospirò, afferrando la camicia nera e voltandosi verso il
kwami, mentre toglieva l’indumento dalla gruccia: «E’ che ci tiene
parecchio: da quando sono tornato a casa l’ho vista sfrecciare per tutta
casa, per far sì che sia tutto purrfetto.» spiegò, infilandosi il capo
d’abbigliamento e chiudendo i bottoni, sorridendo poi al kwami.
«Beh, va capita: è stata rinchiusa per parecchio tempo e poi…» Plagg si
voltò, osservando la porta della stanza aprirsi e Sophie entrare:
«Buonasera, Sophie.»
«Plagg.» mormorò la donna, sorridendo al kwami: «Adrien, verso che ora
arriveranno?»
«Mh. Le otto, mi pare.» dichiarò il ragazzo, dando un’occhiata alla
sveglia: «Dovresti sentire papà, è lui che…»
«Tuo padre. D’accordo.» Sophie annuì con il capo, sorridendo poi al figlio
e posandogli le mani sulle spalle, lisciando la stoffa scura della camicia
mentre Adrien s’irrigidiva sotto quel tocco: «Come sei bello…» mormorò
sognante, scuotendo poi il capo e uscendo come una furia.
Adrien si voltò verso il suo kwami, osservandolo rotolarsi dalle risate:
«Si può sapere cosa ci trovi di divertente?»
«Tu.» riuscì a dire l’esserino fra le risate, scrollando poi il capo:
«Avresti dovuto vederti: sembravi un micio pronto a saltare.»
«Non mi sono ancora…» Adrien si passò una mano sul volto, sospirando e
mettendosi seduto sul letto: «…abituato.»
«Beh, è normale. E’ tornata da quando? Due? Tre giorni?» borbottò Plagg,
addentando un nuovo spicchio di formaggio: «Dai tempo al tempo, per queste
cose ci vuole calma…»
«Lo so, lo so.» borbottò il ragazzo, recuperando un paio di scarpe nere e
infilandosele, alzando poi e facendo una piroetta su sé stesso: «Allora,
Plagg. Posso andare?»
«Mi stai davvero chiedendo un parere?»
«No.»
«Comunque sei perfetto per questa cena. Con i tuoi genitori e quelli della
ragazza con cui ti rotoli allegramente fra le lenzuola…»
«Puoi chiamarla fidanzata, sai?»
«Troppo noioso.»
Marinette sorrise, osservando suo padre lisciarsi per l’ennesima volta i
baffi e voltarsi verso di lei: «Dovremmo suonare?» mormorò, voltandosi
verso la moglie e osservandola sistemarsi il fermaglio floreale fra i
capelli: «Suono?»
«Fallo, Tom.» dichiarò Sabine, voltandosi verso Marinette e sorridendo:
«Quel vestito ti sta d’incanto, tesoro. Non capisco perché non lo volevi
indossare: l’hai cucito, tanto vale sfruttarlo, no?»
«Già…» mormorò la ragazza, tirando giù l’orlo della gonna dell’abito e
osservando la telecamera del servizio di sicurezza fuoriuscire dal suo
nascondiglio: Tom spiegò titubante il motivo della visita e, poco dopo,
l’enorme cancello in ferro battuto si aprì; la ragazza osservò i suoi
genitori entrare nella villa e lei rimase alcuni passi indietro: «Forse
avrei dovuto mettermi altro…»
«Stai benissimo, Marinette.» mormorò Tikki, facendo capolino dalla borsa:
«Sei veramente bellissima, stasera. Non capisco perché…»
«Vestito corto – tanto corto – e Adrien…»
«Chi l’avrebbe mai detto che il tuo principe azzurro fosse un gatto
maniaco, eh?»
«Già.» dichiarò Marinette, mordendosi il labbro inferiore: «E la cosa
buffa è che trovo questa cosa così…»
«Intrigante? Eccitante? Lo so bene.» mormorò la kwami, tornando
all’interno della borsa: «E’ impossibile resistere a tipi simili.»
«Anche Plagg…»
«Marinette!» sbottò sua madre, fissandola mentre era rimasta ferma davanti
al cancello: «Tesoro, ci aspettano.»
«Arrivo.»
«Sì, anche Plagg era così. E so benissimo come ti senti.» bisbigliò
velocemente Tikki, tornando all’interno della borsa e facendole
l’occhiolino.
Marinette sorrise alla kwami, raggiungendo velocemente i suoi genitori e
sorridendo alla madre, allungando le mani e sistemandole il fermaglio:
«L’avevi messo storto.» dichiarò, studiando il vestito orientale, che la
donna aveva scelto per quella sera, e poi passando al padre, sistemandogli
il papillon e lisciando la camicia bianca che il genitore aveva indossato,
sorridendo poi a entrambi: «Siete bellissimi.»
«Sei tu ad essere stupenda, tesoro.» le dichiarò Tom, facendole
l’occhiolino e dedicando poi la sua attenzione alle spalle: «Chi è quella
donna?»
Marinette si voltò, osservando Sophie in attesa al portone: «E’ la mamma
di Adrien.» spiegò, abbozzando un sorriso e osservando i suoi genitori
fissare stupiti la bionda che stava scendendo velocemente le scale davanti
l’entrata della villa: «Sophie.»
«Marinette! Che bello vederti! E che meraviglioso abito!» dichiarò,
allargando le braccia e studiando il corto abito bianco, stretto in vita
da una cintura con fiocco azzurro, e con le maniche ampie e che arrivavano
fino al gomito impreziosite da un ricamo: «Semplice e deliziosamente
elegante. Immagino l’hai fatto tu, vero?»
«Già…»
«Adrien l’ha già visto?»
«No. Oggi è la prima volta che lo indosso.» mormorò Marinette, voltandosi
verso i suoi genitori: «Papà, mamma. Vi presento Sophie Agreste, la moglie
del signor Gabriel.»
«Sophie sorrise, avvicinandosi alla coppia: «Sono molto entusiasta di
conoscervi, signori Dupain-Cheng: mio figlio e Gabriel mi hanno parlato
tantissimo di voi e…beh, ero curiosa di conoscere i genitori di
Marinette.»
«Oh…ehm…ecco…» mormorò Sabine, sorridendo imbarazzata alla donna e
scoccando una veloce occhiata al marito: «Anche noi siamo felici di
conoscerla, madame Agreste.»
«Chiamatemi Sophie, vi prego.» dichiarò la mamma di Adrien, chinando lo
sguardo: «Immagino la vostra sorpresa: dovete sapere che, parecchi anni
fa, ho avuto un incidente mentre l’aereo su cui viaggiavo sorvolava il
Tibet; mi sono salvata per miracolo, ma purtroppo per molto tempo non
avevo ricordi su chi ero e quale fosse il mio posto al mondo, ma poi…» si
fermò, risollevando lo sguardo: «…tutto è tornato e così, eccomi qua.»
Quando si è inventata tutto?, Marinette rimase sorpresa di fronte alle
doti recitative di Sophie e alla storia che poteva tranquillamente essere
passata per un fatto vero: rimase in disparte, vedendo come i suoi
genitori stavano subito legando con la madre di Adrien e, alla fine, li
seguì silenziosamente dentro casa dove trovò Gabriel ad attenderli
nell’androne dell’ingresso: «Adrien è ancora in camera sua.» mormorò
Sophie, affiancandola e sorridendole: «La cena sarà servita fra mezz’ora,
quindi…»
«Vado a chiamarlo.» dichiarò Marinette, salendo velocemente le scale e
arrivando alla porta della stanza del ragazzo: si guardò intorno, aprendo
la borsa e permettendo alla sua kwami di uscire; infine, dando un ennesimo
strattone all’abito, abbassò la maniglia e aprì la porta della stanza.
«Io dico solo che dovresti capire che il camembert…»
«Non ho voglia di stare a sentirti mentre inneggi al formaggio. Per
l’ennesima volta, aggiungo.»
«Non ci credo.» sbuffò Tikki, voltandosi verso la sua umana: «Stanno di
nuovo litigando.»
«Quando mai non lo fanno?» domandò Marinette, affacciandosi dalla rampa
per lo skate e osservando il ragazzo seduto alla scrivania, che stava
guardando il kwami davanti a lui: «Ciao.» mormorò, attirando su di sé
l’attenzione del biondo e dello spirito.
«Marinette? E’ già…»
«Sì, siamo già arrivati.»
«Perché rimani lì nascosta?»
«Perché ho paura a uscire?»
Tikki ridacchiò, volando per la stanza e osservando il piatto di biscotti
che era stato appoggiato sul tavolino basso: «Sono per me?» chiese,
voltandosi verso Adrien e poi tornando a guardare il piatto con i dolci.
«Sì, tu non mangi quella roba puzzolente, così ho portato in camera un po’
di quelli.»
La kwami rossa trillò di gioia, avvicinandosi al ragazzo e strusciandosi
contro la sua guancia, ritornando poi al tavolino e accomodandosi davanti
al piatto; Plagg sbuffò, afferrando la scatola del camembert e
raggiungendo la compagna, sotto lo sguardo divertito di Adrien: «Hai in
mente di rimanere lì finché non scendiamo?» domandò il biondo, voltandosi
di nuovo verso la ragazza e poggiando le mani sui fianchi: «Aspetta. Non è
che per caso indossi quel regalo che ti ho…»
«Nei tuoi sogni.»
«La speranza è l’ultima a morire.» commentò il ragazzo, incrociando le
braccia al petto: «Vuoi uscire da lì?»
«Tu mi prometti che non mi salterai addosso? Non tanto perché non voglio
che tu mi salti addosso – quello mi piace e anche tanto – ma perché di
sotto ci sono i nostri genitori e…beh, diciamo che con la mia solita
fortuna, minimo mio padre entra e…»
«Marinette. Ti fidi di me?»
«Sì.»
«Bene.» dichiarò Adrien, raggiungendola velocemente: la osservò con il
sorriso sulle labbra, allungando le mani e intrecciando le dita a quelle
di lei: «Sei bellissima. In verità, lo sei sempre, anche quando sei
spettinata e con le mani sporche dei colori dei pantoni…» si fermò,
poggiando la fronte contro quella della ragazza: «L’hai fatto tu, vero? Mi
sembra di aver visto il disegno…»
«Com’è possibile che conosci quasi tutti i modelli?»
«Perché riconosco il tuo stile, poi mi piace sfogliare i tuoi album e
vedere le tue creazioni.» spiegò tranquillamente Adrien, baciandole il
naso: «Mi piace vedere cosa ha prodotto il tuo talento. Sai, vero, che
sono orgoglioso di te, sì?»
«Sì, lo so.» mormorò la ragazza, mentre Adrien portava le mani di entrambi
dietro la sua schiena e si chinava per baciarla: «Sai, vero, che noi due
dobbiamo ancora parlare?»
«Non mi darai tregua, vero?»
«No, almeno finché non parlerai.»
Adrien sbuffò, poggiando la fronte contro la spalla della ragazza e
chiudendo gli occhi: «Ho paura di perderti.» dichiarò di punto in bianco,
rimanendo immobile in quella posizione: «Da quando hai iniziato a
frequentare l’IMF o, meglio, da quando hai iniziato a frequentare
Nathanael io…» si fermò, alzando la testa e abbozzando un sorriso: «…beh,
ho avuto paura. Nathanael è perfetto per te: siete entrambi artisti, avete
creatività e talento. Io invece…»
«Tu sei quello che riconosce un mio abito alla prima occhiata. La persona
che m’incoraggia sempre.» dichiarò Marinette, facendo un passo indietro e
scuotendo il capo: «Quello che io amo. Adrien, come puoi anche…»
«Sì, lo so. E’ stupido ma è stato più forte di me.»
«Nath è solo…»
«Un amico. Lo so.» sbuffò Adrien, sedendosi sul letto e abbassando lo
sguardo: «Però nulla toglie che è meglio di me. Dai, alla fine io cosa
sono? Uno stupido gatto spara-battute che fa il modello, sfruttando il
nome del padre e la sua bellezza…»
«Sei un ragazzo coraggioso, incredibilmente gentile.» mormorò Marinette,
sedendosi al suo fianco: «Spiritoso, che sa allentare la tensione durante
le battaglie, leale verso gli amici, straordinariamente bello…seriamente,
Adrien, dovrei essere io quella che si fa problemi a non essere
all’altezza fra noi due. E non credere, Tikki ti può narrare di quante
volte l’ho fatta ammattire con i miei piagnistei…»
«Sono un idiota.»
«Sì, lo sei. Ma ti amo anche per questo.»
«Sai che adesso riesci a dire ti amo senza balbettare o arrossire?»
«Sto facendo progressi.» dichiarò la ragazza, balzando in piedi e girando
su sé stessa: «Ti piace allora?»
«Sei bellissima.»
Marinette sorrise, poggiando le mani sulle spalle di Adrien e
sorridendogli: «Promettimi che la prossima mi parlerai subito dei tuoi
problemi, d’accordo?»
«Come la mia lady desidera.»
«E non essere geloso…»
«Questo non posso prometterlo.»
«Adrien…»
«Bene. Gli idioti hanno sistemato la questione.» dichiarò Plagg, battendo
le zampette fra loro: «Ora andate di sotto, perché qui avremmo un
appuntamento in corso.»
«Cosa?»
«Adrien, ti spiego il concetto con parole che potresti capire: fuori.
Aria! Andate via.»
«Plagg…» dichiarò Adrien, indicandolo mentre Marinette lo trascinava via:
«Tocca il mio letto…»
«Te l’ho già detto: il tuo letto non lo tocco, ho paura di quello che
potrei prendere solamente sfiorandolo.»
«Perché non posso avere un kwami come il tuo?» domandò Adrien, voltandosi
verso Marinette, una volta chiusa la porta della camera: «Tikki non è così
problematica, anzi…»
«Povero Plagg.»
«Brontola, commenta, fa battutine tutto il tempo…» bofonchiò Adrien,
scendendo le scale con le mani infilate in tasca: «E’ un tormento
costante.»
«Io penso che vi vogliate parecchio bene, tu e Plagg. Solo avete un modo
tutto vostro di dimostrarlo.» dichiarò Marinette, seguendo Adrien nel
salone della villa e osservando i loro genitori tutti assieme: Sophie e
era seduta sul divano e ascoltando interessata quello che diceva Tom,
mentre Gabriel ascoltava silenziosamente dalla poltrona; Sabine,
accomodatasi vicino alla bionda, stava ridacchiando e teneva la mano del
marito.
«Si direbbe che vanno d’accordo…» mormorò Adrien, posandole una mano sulla
spalla e chinandosi leggermente: «Pensa se ci avessero ostacolato, invece
di prenderla in questo modo: i due amanti sfortunati, costretti a
fuggire…»
«Adrien.»
«Sarebbe stato divertente e incredibilmente eccitante.»
«Potresti dire a Chat di tornare nella sua cuccia?»
«Tranquilla, stasera sarò l’Adrien che conoscevi a quattordici anni o,
come minimo, mia madre è capace di uccidermi.» dichiarò, vedendo la donna
voltarsi e sorridere, attirando così l’attenzione generale su di loro:
«Bene. Sei pronta, my lady?»
«No.»
«Purrfetto. Andiamo.»
«Una cena deliziosa, Sophie.» dichiarò Sabine, sorridendo alla donna e
lisciando il tovagliolo che teneva in grembo, dando una veloce occhiata ai
due ragazzi che si stavano contendendo le coppe di gelato, duellando a
suon di cucchiaini: «Marinette!»
«Ha iniziato Adrien.»
«Non è vero! Sei tu che hai cercato di rubarmi la cioccolata.»
«Cosa?»
«Adrien.» lo riprese Sophie, ridacchiando: «Da bravo cavaliere, dovresti
cedere la cioccolata.»
«Davanti al gelato non esiste cavalleria.» dichiarò il ragazzo, voltandosi
verso la madre e Marinette ne approfittò per rubare una cucchiaiata di
gelato: «Ti ho vista.» sentenziò Adrien, voltandosi verso la ragazza e
indicandola: «Forza, Marinette. Parla.»
La mora negò con la testa, sorridendo: «Uno spera che crescendo diventino
un po’ più maturi…» sbuffò Sabine, voltandosi verso il marito: «Puoi dirle
qualcosa, Tom?»
«E che dico? L’altro giorno hanno duellato in laboratorio con le baguette
avanzate.»
«E chi ha vinto?» s’informò Gabriel, posando il cucchiaio nella coppetta
di cristallo e aspettando con pazienza la risposta dell’altro uomo.
«Adrien. Ma è partito avvantaggiato, con il fatto che fa scherma.»
«Tom, io avrei gradito un po’ di aiuto…»
«Lascia stare, Sabine.» dichiarò Sophie, sorridendo ai due ragazzi che si
stavano ancora accapigliando per il gelato: «E’ bello vederli così…»
«Mi hai rubato la crema!»
«Tu rubi la cioccolata a me, io rubo la crema a te.»
«Adrien…» iniziò Marinette, venendo zittita dal suono di due cellulare:
«Scusate.» mormorò la ragazza, prendendo il proprio apparecchio e notando
che anche il biondo al suo fianco faceva lo stesso, leggendo velocemente
il messaggio che Alex aveva mandato: «Ah…ecco…»
«Si tratta di quel concerto che mi avevi detto oggi, Adrien?» domandò
Gabriel, pulendosi la bocca con il tovagliolo e poggiando la stoffa sul
tavolo: «Immagino che siate in ritardo.»
«Già. Ci ha mandato un messaggio un nostro amico…»
«Beh, direi che è il caso che andiate.» dichiarò Sophie, sorridendo ai due
ragazzi e lanciando un’occhiata a Gabriel: «Altrimenti farete tardi.
Sabine, Tom. Voi ovviamente rimarrete, vero?»
«Ma certo. Marinette non ci aveva avvisati, altrimenti…»
«Me ne ero dimenticata.» mormorò la ragazza, alzandosi velocemente dalla
sedia e sorridendo ai genitori: «Ci vediamo dopo a casa.»
«Non fare tardi, d’accordo?»
«Sì, papà.»
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Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.811 (Fidipù)
Note: Oh oh oh! Quest'aggiornamento è ricco di cose da dire, almeno
qui nelle note. Quindi, dato che non vi voglio spoilerare niente, vi
rimando a fine capitolo!
Volpina atterrò su uno dei palazzi che
circondavano la piazza, osservando irata il sottoposto di Maus che,
distrutta l’inferriata che circondava Places de Vosges, adesso stava
facendo lo stesso con la fontana all’interno del piccolo parco: «Vogliamo
andare?» domandò, voltandosi verso gli altri cinque e roteando
nervosamente il flauto: «Non possiamo permettergli di fare quello che
vuole…»
«Non che sia in disaccordo con te, Volpina.» mormorò Peacock,
affiancandola e studiandola da dietro la maschera blu: «Ma mi sembri
stranamente coinvolta, oggi. Di solito sei la più glaciale fra tutti noi.»
«In effetti, è strano…» commentò Chat, accostandosi anche lui alla ragazza
e osservandola curiosa: «Come mai questa improvvisa voglia di essere il
boss della situazione?»
«Potete fare qualcosa?» domandò Volpina, indicando i due ragazzi che
l’affiancavano e osservando il resto del gruppo: «Riuscite a tenerli sotto
controllo almeno una volta?»
«Andiamo! Diccelo!» la pregò Peacock, dandole una lieve spallata e
sorridendo: «Perché t’interessa tanto salvare questo posto? Che poi…beh,
abbiamo il Lucky Charm del boss e…»
«Appunto. Su, non fare la timida e condividi con noi i tuoi pensieri.»
«Perché è dove mi sono dichiarata, va bene?» sbottò Volpina, osservando i
due eroi e guardandoli, arretrando di un passo sotto gli sguardi dei due:
«Perché mi state fissando così?»
«Io pensavo che eri solo una volpe rompiscatole e, invece, sei una
romanticona nell’animo.» dichiarò Chat, ridacchiando: «Beh, certi pensieri
così dolci non me li sarei aspettati da te.»
«Però la capisco.» sentenziò Peacock, incrociando le braccia al petto e
annuendo con la testa: «Anche a me non piacerebbe veder distrutto…» si
fermò, storcendo la bocca e chinandosi verso Bee, che lo aveva affiancato:
«…che fermata era?»
«Lo stai chiedendo a me?» domandò la ragazza, voltandosi e guardandolo con
lo sguardo nocciola incredulo: «Lo sai che, per me, là sotto è tutto
uguale.»
«Anche a me dispiacerebbe vedere distrutta la tratta di metropolitana che
va da casa mia a quella di Bee.»
«Ti sei dichiarato in metro?» domandò Volpina, scuotendo la testa e
voltandosi verso Ladybug: «LB. Il micetto invece?»
«Devo considerare tutti i luoghi dove si è dichiarato o solo quello dove
poi gli ho detto sì? Perché nel primo caso ci sono la Tour Eiffel,
parecchie strade di Parigi, il Louvre, il parco vicino casa mia…»
«Ah. Ah. Molto divertente.»
«...la Dupont…» continuò Ladybug, ridacchiando divertita: «Ogni occasione
era buona per Chat.»
«E pensare che sarebbe bastato togliermi la maschera…»
«Vogliamo andare?» dichiarò Tortoise, rimasto in silenzio fino a quel
momento, affiancando Volpina: «Sinceramente anche a me non va giù che
distrugga questo posto.»
«Oh. I nostri romanticoni.»
«Piantala, Chat!» sbottò Volpina, voltandosi verso il felino e saltando
giù dal palazzo, immediatamente seguita dal resto del gruppo, atterrando
nei pressi della fontana e attirando l’attenzione del loro nemico: l’uomo
sorrise loro, mostrando loro lo strano fucile che teneva in mano e
collegato, tramite un cavo, allo strano zaino che teneva appeso alle
spalle.
«Ma è…» mormorò Chat Noir, ridacchiando: «No, dai. E’ uno scherzo? E’ uno
dei Ghostbusters?»
«Cosa?» gridò Alex nei loro auricolari, facendoli sobbalzare tutti: «State
scherzando, vero? No, perché se è vero, lo voglio! Pretendo di avere
quello zaino! Lo voglio! Lo voglio! Lo voglio!»
Peacock sbuffò, portandosi una mano all’auricolare e disattivandolo:
«Sembrava Flaffy.» bofonchiò, mettendo mano ai due ventagli, mentre anche
gli altri si armano velocemente, lo sguardo di tutti rivolto verso Ladybug
che, in silenzio, stava studiando l’avversario: «Allora, boss?» chiese,
osservando l’eroina rossa sbuffare e sollevare lo sguardo celeste verso
l’alto.
«Perché state facendo questo?» chiese Ladybug, tenendo sotto controllo il
rivale e vedendo uno ghigno in volto: «Perché cercare di distruggere
Parigi?»
«Buonasera, signorina coccinella. Sembra che voi eroi mancate un po’ di
educazione: domandare così, senza nemmeno presentarsi. Non si fa,»
dichiarò l’uomo, soppesando il peso del fucile: «Perché lo facciamo? Mh.
Che dire? Mi pagano ed io eseguo gli ordini.»
«Anche se, in questo modo, ci rimettono delle persone innocenti?»
«Sono un mercenario, signorina. Non m’interessa nient’altro al di fuori
dei soldi che ricevo.»
«Uao. Leale fino all’ultimo al dio denaro.» commentò Chat Noir, sorridendo
al nemico: «Accidenti, ma il nostro dottor Maus lo sa quanto sono fedeli i
suoi sottoposti?»
«Finché ci paga, ha la nostra lealtà.»
«Mi chiedo cosa succederà il giorno che non potrà pagare gli stipendi o
arriverà qualcuno con un’offerta più alta.» sentenziò il felino,
poggiandosi al bastone e sorridendo: «Che farete? Lo pugnalerete alle
spalle?»
«Beh, ti direi lo vedrai, ma non penso che arriverai a quel giorno…»
dichiarò l’uomo, puntando il fucile verso di lui e sparando un raggio di
energia color ocra: Chat sorrise, roteando il bastone davanti a sé e
usandolo come scudo, per proteggersi dal raggio: «My lady, le mie braccia
si stancano velocemente, quindi sbrigati a pensare a un piano.
Sinceramente, non vedo l’ora di dare un bel calcio nel didietro a questo
simpaticone.»
Ladybug annuì, voltandosi verso Peacock, che annuì: «Il sottoscritto vede.
Chi mi protegge?» dichiarò, vedendo Tortoise piazzarsi davanti a lui con
lo scudo ben saldo sul braccio destro: «Amico, ti devo una bevuta a Le
Cigale.»
«Quando vuoi.»
«Bee, Volpina. Noi tre diamo una mano al nostro felino, in attesa che
Peacock…beh, si spera che stavolta ci sveli qualcosa.»
Le due eroine annuirono, mettendosi in posizione di attacco e osservando
l’avversario che, completamente preso da Chat, le stava ignorando
bellamente: Volpina suonò alcune note, creando una seconda illusione di
Chat Noir alla destra dell’uomo e, colto alla sprovvista, questo guardò i
due felini, senza capire quale colpire; Bee sparò un pungiglione, facendo
fare un balzo all’indietro all’uomo, mandandolo così verso Ladybug che lo
avvolse nel suo filo, impedendogli ogni movimento.
«Qualcuno può gentilmente informare il tipo al pc? No, sapete: non ho
ancora droidi o telecamere…» sbuffò la voce di Alex nell’auricolare,
facendo ridacchiare Chat: «Andiamo, ragazzi! Siamo una squadra!»
«Le nostre dolci donzelle hanno intrappolato il tipo.» dichiarò l’eroe
nero, dando una breve occhiata a Peacock e Tortoise: «Piuttosto, dovremmo
trovargli un nome: l’altro era Sith, questo come lo chiamiamo?»
«Ghostbuster?»
«Slimer?» buttò lì Chat, facendo ridere Alex: «Beh, la faccia da Slimer ce
l’ha.»
«Approvato, amico.»
«Purrfetto!» decretò il felino, roteando il bastone e poggiandolo a terra:
«Bene, che si fa adesso? Questo era decisamente meno for…»
«Attenti!» urlò Peacock, attirando l’attenzione su di sé: il nemico
sghignazzò, azionando il fucile e sparando un colpo verso Volpina,
cogliendola di sorpresa e prendendola in pieno, facendola svanire in una
nuvola di vapore arancione.
«Potresti gentilmente avvisarci un po’ prima?» sbottò Volpina, apparendo
da dietro un albero e scuotendo il capo: «Se non avessi usato una delle
mie illusioni, sarei morta.»
«Scusami, purtroppo non controllo bene il mio potere.» bofonchiò il
pavone, sorridendole: «Beh, almeno sei stata abbastanza furba da usare…»
«Ovvio, sono una volpe.»
«Volpina…» la riprese Tortoise, sorridendo: «Non fargli pesare la tua
superiorità.»
«Ok. Questa è da segnare sul calendario.» dichiarò Chat, sogghignando:
«Torty ha fatto una battuta.»
«Scusate…» s’intromise Bee, attirando su di sé l’attenzione e indicando
con un cenno del capo il loro nemico: «Ma Slimer si è liberato.»
«Io non mi chiamo Slimer.»
«Certo.» assentì Chat, roteando il bastone davanti a sé e mettendosi in
posizione d’attacco: «Ed io non sono dannatamente bello.»
«La finiamo di fare salotto e lo combattiamo?» sbuffò Ladybug,
strattonando il filo dello yo-yo e ritrovandosi, poco dopo, a terra: la
ragazza si issò nuovamente in piedi, fissando male il nemico: «Vi prego.»
«Beh, se la mia signora mi prega in questo modo…» dichiarò Chat Noir,
riponendo la sua arma e attivando il suo potere speciale, lanciandosi poi
contro il nemico e sfiorando, con la mano, impregnata del potere della
distruzione, il cavo che collegava il fucile allo zaino che Slimer teneva
sulle spalle: «Ragazzi è tutto vostro!»
Il nemico, si rialzò, gettando per terra il fucile ormai inutilizzabile e
portandosi una mano dietro la schiena, slacciando dal meccanismo, che si
portava appreso, una seconda arma: «La mia mamma diceva di non uscire mai
impreparato.» dichiarò, sparando un colpo verso Chat, attacco che non andò
a segno grazie alla barriera creata da Tortoise.
«Mia madre dice sempre che ogni amico è sacro, invece.» sentenziò l’eroe
verde, slacciando lo scudo dal braccio e lanciandolo rasoterra, colpendo
il nemico alle gambe, mentre Volpina creava una sfera di fuoco fatuo e la
tirava contro il volto del nemico.
«Ladybug!» urlò Peacock, attirando su di sé l’attenzione della coccinella:
«Direi che è il momento del Lucky Charm!»
La ragazza annuì, riavvolgendo il filo e azionando il potere del suo
yo-yo, osservando l’oggetto fortunato materializzarsi e caderle fra le
mani: «Un tappo di sughero?» domandò stupita, osservandosi attorno e
sorridendo, mentre il piano prendeva immediatamente forma nella sua mente:
«Bee! Colpiscilo alle gambe con la tua sfera d’energia!»
«D’accordo!» esclamò la bionda, allontanandosi di qualche passo e creando
un globo con le mani, prendendo poi la mira e colpendo l’uomo nel punto
indicato da Ladybug: Slimer cadde di schiena e la coccinella corse verso
di lui, infilando il tappo di sughero nella canna del fucile, saltando poi
di lato e rimanendo vicina, con lo yo-yo in mano, osservando il nemico
prendere la mira e prepararsi a colpirla.
Slimer stava per premere il grilletto, quando si portò una mano
all’orecchio e, quasi come se avesse ascoltato delle direttive, si issò e
sorrise al gruppetto: «A quanto pare il divertimento finisce qui…»
mormorò, facendo un passo indietro e ridacchiando, liberando la canna dal
tappo di sughero e gettandolo per terra: «Il dottore non vuole
assolutamente che una sua arma vada persa, quindi…»
Slimer non concluse la frase, voltandosi e iniziando a correre verso
l’apertura che aveva creato nell’inferriata: Chat e Peacock provarono a
inseguirlo ma un furgone nero si fermò poco vicino e l’uomo salì sopra il
mezzo che, appena preso il prezioso carico, sfrecciò via per le strade di
Parigi: «Maledizione.» sbottò il pavone, saltando sul tetto e guardandosi
attorno, sperando di vedere il mezzo: «Lo avevamo in pugno.»
«Se volete posso provare ad entrare nel circuito delle telecamere della
polizia stradale…» buttò lì Alex, mentre il rumore dei tasti del pc
giungeva alle orecchie di tutti: «Però non so quanto tempo ci vorrà.»
«Tranquillo, amico.» decretò Chat, scuotendo il capo: «Le nostre
trasformazioni a breve svaniranno, quindi sarebbe inutile.»
«E anche stavolta nulla di fatto.» sbuffò Volpina, scuotendo il capo e
muovendo stizzita il flauto: «Sembra si divertano a giocare con noi:
guarda, ho un’arma fighissima al quantum-β, vediamo se riesci a batterla.
Oh, ma sei bravissima, mi hai quasi sconfitto…ah no, aspetta. Io vado, poi
torno. O torna un mio amico con un’altra arma incredibile.»
«E stavolta non abbiamo neanche il maestro che può aiutarci…»
Chat si voltò, ascoltando l’ultima frase detta da Bee e sorrise: «Il
maestro no, però conosco qualcuno che si è già scontrata con Maus.»
«Una giostra!» esclamò Sarah, battendo le mani e sorridendo alla vista del
carosello multicolore: «Dici che potrei farci un giro?» domandò,
voltandosi verso il ragazzo al suo fianco e trovandolo con un’espressione
pensierosa in volto: «Rafael?»
«Mh?»
La ragazza sospirò, roteando gli occhi e prendendo il giovane per mano,
circumnavigando la giostra: «Stai pensando a tuo padre, per caso?»
«Non lo sento da quando l’abbiamo incontrato assieme.» le rispose Rafael,
scuotendo il capo: «No, stavo pensando a Slimer, in verità.»
«Adrien ha detto che parlerà con sua madre.» dichiarò Sarah, stringendo la
mano del compagno: «Magari saprà dirci qualcosa.»
«Quella donna è stata sua prigioniera per tanti anni.»
«Per suo volere. Per non mettere in pericolo il marito e il figlio.»
precisò l’americana, sorridendo: «Non pensiamo subito in negativo,
d’accordo? E posso dire che ero la regina indiscussa del “pensare
negativo” quando combattevo contro Coeur Noir a New York: non so quante
volte, Alex ha dovuto risollevarmi perché mi sembrava di non farcela.»
«Beh, sei dovuta venire a Parigi e trovare dei compagni – fra i quali il
fantastico Peacock – per batterla.»
«Potresti evitare di essere così puntiglioso?» sbuffò Sarah, voltandosi
verso la piccola macchia di verde che c’era dietro la giostra e
sorridendo: «Parlando d’altro, cos’è quello?» domandò, avvicinandosi al
cancello del parchetto e osservando interessata lo strano muro, poco
distante da loro: «Sembra ci sia scritto qualcosa…» mormorò, entrando e
avvicinandosi alla parete, che ospitava una lastra blu per tutta la sua
larghezza.
«Ah. Ehm…» mormorò Rafael, raggiungendola e grattandosi il naso con
l’indice: «Quello è le mur de je t’aime.»
«Il che?»
«E’ un muro dove è scritto Ti amo in parecchie lingue, mi sembra siano più
di trecento. E…beh, c’è una leggenda secondo la quale se trovi la tua
lingua e ti fai una foto con la persona amata…beh, la storia durerà per
sempre.»
«E se non si trova?»
«In quel caso la storia avrà vita breve.»
«Che cosa carina.» commentò Sarah, guardando ancora il muro con un sorriso
dolce in volto: quasi sentiva Mikko scalpitare all’interno della borsa e
convincerla ad andare a cercare il Ti amo nella sua lingua, mentre lei
invece rimaneva ferma all’entrata del parco.
Le sarebbe piaciuto provare quella sciocca leggenda, ma Rafael…
Beh, lui non le sembrava proprio il tipo da dare retta a una storiella
come quella.
«Vu-vuoi provare…» mormorò il ragazzo, con le mani ben piantate in tasca e
lo sguardo fisso davanti a sé: «Vuoi provare a cercare?»
Sarah sorrise, osservandolo dondolarsi imbarazzato sui talloni e annuì,
seguendolo silenziosamente nei vialetti e raggiungendo l’enorme lastra
blu: «Ma che lingua cerchiamo?»
«Come?»
«Io sono americana, tu francese.»
«Entrambe?» propose Rafael, voltandosi e iniziando a leggere le varie
scritte alla luce fioca dei lampioni: «Certo sarebbe fantastico se ci
fosse più luce…»
«Ho trovato Je t’aime!»
«Come hai fatto?»
«E’ lì!» dichiarò la ragazza, indicando il punto dove la scritta francese
risaltava in mezzo agli altri idiomi: «Ora manca solo I love you.»
«Ngiya…ku…tsan…dza.» lesse Rafael, scuotendo il capo: «Come distruggere il
romanticismo. Ma che lingua è?»
«Ehi, non tutti possono avere la fortuna di una lingua come il francese.»
«Nimi…tz…tz…come cavolo si legge questo? Tztlaz…òtla. Qui una ti deve dire
sì, solo per averlo detto giusto.»
«La pianti?»
«Sto cercando I love you.»
«Non è vero.»
«Ndakuyanda. Cavolo, sembra un ordine!»
«Rafael!»
«Oh!»
«L’hai trovato?»
«No, però ho trovato Assavakkit! Questo è arabo, ci scommetto quello che
vuoi.» dichiarò il ragazzo, ridacchiando e poi fermandosi a leggere
qualcosa in una lingua abbastanza conosciuta: «Oh. Trovato! I love you!»
«Davvero?»
«Sì, è qua.» dichiarò Rafael, osservando la ragazza avvicinarsi e
sorridere alla vista della scritta bianca: «Adesso…beh, dovremmo farci una
foto.» mormorò, tirando fuori il cellulare e azionando la telecamera
frontale: si chinò, avvicinando il viso a quello di Sarah e immortalò il
momento, allontanandosi e poi guardando divertito la fotografia: «Forte.
E’ entrato nell’inquadratura anche Assavakkit!»
«Rafael!»
Wei osservò la statua dell’uomo a cavallo, sorridendo divertito: «L’ultima
volta che siamo stati qui, ho preso una borsettata in faccia.» dichiarò,
sorridendo alla ragazza al suo fianco: «Sinceramente vorrei evitare. La
zip fa male ed è molto pericolosa.» commentò, dando un’occhiata ai due
kwami che, comodamente seduti su una panchina, stavano divorando la loro
lauta ricompensa.
«Non mi sembra che ti abbia fatto male.»
«Ho quasi rischiato un occhio.» spiegò divertito il cinese, sorridendole:
«Beh, direi che il potere di Ladybug ha riportato tutto all’ordine, non
credi?»
«Sì.» mormorò Lila, puntando una panchina e accomodandosi su questa: la
borsetta in grembo, lo sguardo rivolto verso i due kwami, poco distanti.
Wei sospirò, sedendole accanto e facendole passare un braccio attorno alle
spalle, tirandola verso di sé: «Che cosa ti turba?» le domandò, posando le
labbra sulla capigliatura scura: «Places des Vosges sta bene.»
«Questo posto…» mormorò Lila, lasciandosi andare nella stretta del
ragazzo: «E’ speciale.»
«Lo so. E’ qui che ci siamo conosciuti.»
«Cosa?» domandò la ragazza, alzandosi e fissandolo stranita: «No, ci siamo
conosciuti quando sei venuto a scuola e…»
«Vuol dire che non te lo ricordi?»
«Cosa?»
«Una sera mi hai pedinato, mentre stavo tornando a casa. Mi fermai su uno
di questi palazzi e…» Wei si fermò, massaggiandosi il mento e sorridendo:
«…beh, si può dire che quella è stata la prima volta che abbiamo parlato.»
«L’avevo dimenticato.»
«Io pensavo che il fatto che, quando mi hai lanciato la borsa in faccia…»
«Mi sono dichiarata.»
«Beh, che avessi scelto questo posto per quel motivo.»
«No, in verità…» Lila si fermò, tornando ad appoggiarsi contro la spalla
di Wei e sospirò: «Ero sicura di legare questo posto a un altro brutto
ricordo.»
«Brutto ricordo?»
«Quando sono venuta la prima volta a Parigi, ovvero quando Papillon…»
«Ti rese cattiva.»
«Esattamente. Ecco, mia madre aveva promesso di accompagnarmi a visitare
la casa di Victor Hugo: mio nonno mi aveva portato a vedere il musical Les
miserables ed io mi ero così ossessionata che, una volta giunta qua, avrei
voluto visitare l’abitazione dell’autore a ogni costo. Mamma mi aveva
promesso di accompagnarmi e ci eravamo date appuntamento qua: ricordo che
quel giorno non era bel tempo, ma io rimasi in attesa di mia madre…» si
fermò, sorridendo tristemente: «Lei non venne mai. A quanto pareva, mio
padre aveva avuto un improvviso incontro con alcuni delegati e mia madre,
ovviamente, doveva essere al suo fianco. Mi ricordo che venni akumatizzata
anche quella volta, una delle poche dove la colpevole della mia rabbia non
era Marinette.»
Wei la circondò con le braccia, stringendola forte contro di sé e
sentendola abbandonarsi nel suo abbraccio: «L’hai visitata la casa, poi?»
«No. Mai.»
Il ragazzo annuì, allontanandosi e sorridendole: «Quando vuoi andarci?» le
domandò, vedendola sgranare gli occhi per la sorpresa: «Quando vuoi andare
a visitarla?»
«Wei…»
«Parigi è la città dove ci siamo incontrati: non voglio che tu abbia
brutti ricordi di questo posto, quindi cercherò di creartene di nuovi e
belli.» dichiarò sicuro di sé il ragazzo, fissandola negli occhi e vedendo
quelli chiari di Lila inumidirsi per le lacrime trattenute; sorrise quando
lei chiuse le palpebre e scosse il capo: orgogliosa com’era non si sarebbe
mai mostrata per tanto tempo debole, lo sapeva benissimo.
«Grazie.» mormorò Lila, posandogli una mano sulla guancia e sorridendogli
dolcemente: «Grazie per tutto quello che mi dai.»
«Grazie a te, Lila, per essere entrata nella mia vita.»
«Vuoi assaggiare?» domandò Marinette, tendendo la paletta con un po’ di
gusto verso Adrien e osservandolo fissare dubbioso il gusto: «E’ caramello
al burro salato.»
«Ok, quello mi piace.» dichiarò Adrien, afferrando la mano della ragazza e
chiudendo la bocca attorno al piccolo cucchiaino di plastica, gustando
l’assaggio di gelato: «Si sente la lavanda.» decretò, tornando a divorarsi
il suo gelato: «Come fai a prendere il gusto lavanda? E’ un fiore! I fiori
non si mangiano!»
«Sì, che si mangiano.»
«Non che non si mangiano.» dichiarò Adrien, infilandosi la paletta in
bocca con una generosa porzione di cioccolato sopra: «Da che parte?
Tagliamo per Pont Marie o allunghiamo la strada e passiamo da Notre-Dame?»
«Notre-Dame?» propose Marinette e il ragazzo annuì, attraversando la
strada e dirigendosi in avanti: «Comunque perché hai chiesto se avevano il
gusto camembert?»
«Non l’ho chiesto io. Plagg ha domandato mentre il tipo era voltato di
spalle e quello ha pensato che avessi parlato io.» sbuffò il biondo,
fissando male il punto della giacca ove il kwami era nascosto: «Non farlo
mai più.»
«Ehi, domandare è lecito!» fu la risposta borbottata che giunse alle
orecchie dei due ragazzi: Adrien sospirò, scuotendo il capo e tornando al
suo gelato, divorandolo velocemente e gettando poi la coppetta nel primo
cestino che aveva trovato.
«Mh. La prossima volta dovremmo andare da Amorino.»
«A me piace di più il gelato di Berthillon, però.» dichiarò Marinette,
finendo anche il suo gelato e gettando la coppetta, leccandosi poi le
labbra.
«Oh, te ne è rimasto un po’.» decretò Adrien, chinandosi e baciandola,
tirandosi poi su e facendole l’occhiolino: «Pulita. Anche se adesso so di
lavanda.»
«Quanto mi dispiace…»
«Non prenderlo più.»
«Ma a me piace.»
«A me no.» bofonchiò il ragazzo, intrecciando le dita a quelle della
ragazza e tirandola contro di sé: «Non ti bacio più altrimenti.»
«Come se sapresti resistere…»
«Potrei farlo.» sentenziò Adrien, incamminandosi per la strada con la
ragazza al suo fianco: «E tu saresti talmente disperata, che smetteresti
di prendere gusti assurdi come la lavanda.»
«Non è un gusto assurdo!» dichiarò Marinette, ridendo: «Mio padre fa le
brioches alla lavanda – che hai assaggiato, fra l’altro – e i macarons.»
«Tom, da te non me lo sarei mai aspettato.»
«Piuttosto, come pensi…»
«Come penso sia andata la cena dopo che ce ne siamo andati?» buttò lì
Adrien, alzando la testa verso il cielo notturno: «Mh. Non so perché ma ho
il sospetto che Sabine abbia preso in simpatia tua madre e sono certo che
si saranno messe a confabulare per il nostro imminente matrimonio…oh,
andiamo! Arrossisci ancora?»
«Non lo faccio di proposito.»
«Sì, ma pensavo che avessi preso un po’ di confidenza con il matrimonio,
un po’ come con quella cosa che facciamo a letto: hai presente? Tu. Io.
Nudi…»
«Piantala!»
Adrien ridacchiò, fermandosi alla fine della strada e indicando verso
sinistra: «Vediamo chi c’è stasera su Pont Saint-Louis? O torniamo
indietro e facciamo il giro dell’isola e l’allunghiamo tantissimo, così
tanto che Tom ci verrà a cercare armato di baguette?»
«Pont Saint-Louis.» dichiarò Marinette, tirando lievemente il ragazzo
verso il ponte e osservando alcuni musicisti di strada preparare gli
strumenti: ne osservò i movimenti, fermandosi poi davanti a un uomo che,
con il basco sopra la testa e un paio di baffoni che sormontavano le
labbra, stava suonando con la sua fisarmonica una delle canzoni francesi
più famose.
Adrien la strinse da dietro, posandole le mani sull’addome e, non appena
Marinette le coprì con le proprie, intrecciò le dita a quelle di lei;
poggiò poi il mento contro la spalla della ragazza e ascoltò anche lui le
note, dondolandosi a tempo con la musica: «Quand il me prend dans ses
bras…Il me parle tout bas…» canticchiò Adrien sottovoce, sfiorandole
l’orecchio con le labbra e facendola ridacchiare: «Je vois la vie en
rose…Il me dit des mots d’amour…Des mots de tous les jours…Et ca me fait
quelque chose.» continuò, aumentando leggermente il tono della voce e
ricevendo in cambio un sorriso divertito dal musicista: Adrien liberò una
mano, tastandosi le tasche dei pantaloni e gettando tutte le monete che
aveva nella custodia aperta davanti l’uomo: «Lo voglio al nostro
matrimonio.» dichiarò, sporgendosi verso Marinette e baciandole la
guancia: «E voglio che suonino La vie en rose.»
«Dillo alle nostre madri.» decretò la ragazza, stringendogli la mano e
riprendendo a camminare al suo fianco: «Sai che non ho voce in capitolo.»
«Ma sei…»
«Non dirlo.»
«Mh. A Notre-Dame li celebrano i matrimoni? No, perché potremmo passarci e
ci togliamo il pensiero…»
«No, spiacente.» dichiarò Marinette, ridacchiando e scuotendo il capo: «E
poi dovremmo affrontare mia madre. E anche tua madre, adesso.»
«Papillon, Coeur Noir, Maus…» commentò Adrien, alzando le spalle: «Quelle
due non mi fanno nessuna paura.»
«Sei sicuro?»
«D’accordo, giusto un pochino.»
«Ah ecco.»
«Ma poco, poco.»
Ed eccoci qua, con le mie classiche note ma a fine capitolo, dato che
avevo tanto da narrarvi e non volevo spoilerare l'intero capitolo.
Come avete notato, in questo capitolo, sono presenti tante zone di Parigi:
Place des Vosges, penso che tutti la conosciate, dato che è la piazza che
è presente anche nel cartone animato, sebbene la sua collocazione - come
un po' tutti i monumenti presenti nell'opera di Astruc - sia leggermente
sbagliata. In realtà, si trova nel quartiere di Marais ed è la più antica
piazza di Parigi; Un palazzo importante, che si affaccia sulla piazza, è
l'Hôtel Arnaud, ove visse Victor Hugo, fino a prima dell'esilio e che oggi
ospita un museo a lui dedicato.
Saltando in un'altra zona di Parigi, ovvero Montmartre, possiamo trovare
'Le mur des Je T’Aime', un'opera di Frédéric Baron, dove l'artista ha
raccolto 311 “Ti Amo” in lingue e dialetti di tutto il mondo e...beh, in
verità non so se la leggenda sul fatto che se si trova il ti amo nella
propria lingua la coppia continuerà a durare, ma il muro è visitato da
innamorati che desiderano immortalare il momento con una foto o con un
piccolo messaggio d’amore verso l’amata/o proprio nel giardino del muro.
E adesso passiamo alla parte gastronomica: Berthillon e Amorino sono due
fra le migliori gelaterie parigine e, entrambe, hanno un negozio nell'Ile
de la Cité.
Per concludere, finisco con la famosissima Vie en rose (la canzone che
viene suonata dal mucista di strada e canticchiata da Adrien) di Edith
Piaf: questa canzone, scritta dalla stessa Edith nel 1945, è divenuta un
successo mondiale e la canzone dell'amore romantico per eccellenza.
E quindi...Beh, andava inserita.
Con questo penso di aver concluso e di avervi detto tutto.
Al solito, ci tengo a ringraziare tutti voi che leggete, commentate,
consigliate e...beh, fate quel fate, con la mia storia: lo so, sono
ripetitiva, ma davvero grazie!
Grazie di tutto cuore!
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Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.635 (Fidipù)
Note: E dopo l'azione, si torna alla quotidianità con i nostri sei
amici alle prese...beh, lo vedrete! Comunque bello notare come, nelle note
dell'altro capitolo, avevo il mondo da dire mentre in questo niente;
quindi ne approfitto per rispondere a una domanda che mi ha posto Harry
Fine nel commento allo scorso capitolo (in verità, vorrei rispondere al
commento, ma prima devo recuperare tutti quelli vecchi e, quindi, non so
bene quando potrò farlo dato che qua gli impegni aumenti!). Comunque mi è
stato chiesto perché Peacock, Volpina, Tortoise e Bee non hanno un nome al
loro potere speciale. La risposta è molto semplice: sinceramente non ci ho
pensato a darglielo. Sì. lo so. Son geniale, vero?
Quindi, ecco qua il motivo per cui non hanno un nome al loro attacco
speciale.(e adesso inizierò a prendere a testate il muro per la mia
'genialità').
Detto ciò, come al solito, vi ringrazio immensamente tutti: grazie a voi
che leggete, grazie a voi che commentate e continuate a supportare questa
saga (perché qua, fra storia principale, spin-off e roba varia, sta
diventando sempre più una saga) e...
Beh, niente. Semplicemente grazie!
«Ancora una volta, i sei eroi di Parigi
hanno sventato la minaccia che incombeva sulla città.» dichiarò Nadja
Chamack, mentre dietro di lei andavano le immagini delle riprese che la
troupe televisiva era riuscita a fare a Places des Vosges: «Una nuova
minaccia di Maus, il sedicente supercattivo che si è presentato poco tempo
fa a tutta Parigi? Oppure…»
La televisione si spense e Thomas si voltò verso la madre che, telecomando
alla mano, lo stava fissando severa: «Mamma!»
«Finisci la tua cena e poi vai a fare i compiti, Thomas.»
«Ma stava parlando degli eroi di Parigi!»
«Thomas…»
«Non far arrabbiare la mamma, Tom.» mormorò sua sorella Camille,
avvicinandosi e scompigliandogli i capelli: «Dopo ti passo il
mio tablet, così puoi rivedere il notiziario.»
«Grazie, sorellina.» dichiarò il ragazzino, infilando il cucchiaio nella
zuppa: «Voglio essere uno di loro.»
«Cosa, Tom?»
«Voglio essere anch’io un eroe di Parigi.»
«I veri eroi fanno i loro compiti, Thomas.»
«Sì, mamma.»
«E vanno a letto presto.»
«Sì, mamma.»
Sarah posò la ciottola di pop-corn sul tavolincino basso, osservando le
due ragazze nel suo salotto e i tre kwami, che stavano parlottando fra
loro: «Che cosa strana…» commentò l’americana, recuperando un cuscino dal
divano e sedendosi sulla poltrona.
«Che cosa è strano?» domandò Lila, allungandosi e tuffano la mano nella
ciottola di pop-corn, portandosene poi uno alle labbra: «La pace dei
sensi? La tranquillità che abbiamo quando mancano certi elementi?»
«Sì, quella.» dichiarò divertita Sarah, tirando su le gambe e
circondandole con le braccia: «In effetti, noi tre non siamo mai quasi
insieme da sole.»
«Già. Ci sono sempre le nostre metà o Alex a distruggerci i piani di
conquista.»
«I piani di conquista di cosa, Lila?» domandò Marinette, seduta per terra
e gettando indietro la testa, in modo da osservare l’italiana.
«Ma che domande? Del mondo, ovviamente.»
«Noi non dovremmo essere quelle che lo salvano il mondo?»
«Quello è per ingraziarsi il popolo.» continuò convinta la ragazza,
sgranocchiando un altro pop-corn: «Ci facciamo credere buone e ci facciamo
adorare, e poi…bam! Conquista del mondo! Certo, gran parte del lavoro è
fatto dalle nostre tutine, anche.»
«A proposito…» mormorò Sarah, scuotendo il capo divertita: «ma a voi non
stringono in alcuni punti?»
«Sì.» sbuffò Marinette, poggiando la fronte contro le ginocchia: «E non
c’è verso di nascondere niente. Nulla! E’ tutto alla vista di tutti!
Fortuna che nessuno – a parte voi, ovviamente – sa chi sono…»
«In effetti quella tuta aderente…» mormorò Sarah, scuotendo il capo: «Le
prime volte che mi trasformavo, mi vergognavo a uscire.»
«E tu almeno hai le ali.»
«Marinette, io sono gialla.»
«Ed io rossa a pois.»
«Io invece sono strafiga: ho pure la coda.» dichiarò Lila, facendo ridere
entrambe le ragazze: «E comunque non lamentiamoci: pensiamo al povero
Rafael, inguaiato in quella tutina stile puffo.»
«Lascialo in pace.»
«Oh! Ecco Sarah che giunge in difesa del suo principino. Allora, come sta
andando fra di voi?»
«Come sempre.»
«Uno pensa che Rafael, uomo di mondo, avrebbe fatto alla svelta il grande
passo…» mormorò Lila, scuotendo il capo e sorridendo alla vista
delle guance di Sarah che diventavano rosse: «E invece, cosa fa? Diventa
il classico bravo ragazzo, quello che sarebbe capacissimo di dirti: Sarah,
io ignorerò i miei bisogni, finché tu non sarai pronta.»
«Lila!» sbottò l’americana, ridendo divertita: «Smettila!»
L’italiana ridacchiò, mettendosi seduta e guardando Marinette: «Adrien,
invece, penso che sia più: quando lo facciamo? Quando lo facciamo? Lo
facciamo? Lo facciamo?» sentenziò la ragazza, iniziando a saltellare sul
divano e ridendo poi divertita: «E’ uno di quelli a cui piace parecchio,
una volta assaggiata.»
«Lila!»
«E Wei com’è?» domandò l’americana, scambiandosi un’occhiata divertita con
l’altra ragazza e osservando Lila sorridere.
«Mh. Wei è…vediamo…ah! Trovato: Lila, io mi sdraio buono buono qui e…del
resto occupatene tu.»
Marinette e Sarah risero divertite: «Non potrò più vederli senza scoppiare
a ridere.» decretò la mora, scuotendo il capo.
«In verità Wei è molto dolce e non solo riguardo all’ambito camera da
letto.» dichiarò Lila, enfatizzando le ultime parole, mimando delle
virgolette nell’aria: «Si preoccupa per me, mi supporta quando c’è bisogno
e mi fa notare quando sbaglio. E’ un ragazzo meraviglioso ed io mi sento
fortunata ogni giorno di più ad averlo al mio fianco.»
«Beh, secondo me anche Wei è fortunato ad averti incontrato.»
«Disse la ragazza a cui avevo reso la vita un inferno.» decretò Lila,
scuotendo il capo: «E sono felice che Adrien te lo sei preso tu.
Sinceramente, l’avrei fatto fuori poco dopo: te lo chiedo sempre, ma
davvero, come fai a sopportarlo?»
«E’ il suo modo di fare.» mormorò Marinette, alzando le spalle: «Fare
battute, scherzare, è il suo modo di essere: per tanto tempo si è dovuto
reprimere, nascondendosi dietro una facciata e adesso che è finalmente
libero…beh, si scatena. Ma è una persona meravigliosa: è leale, altruista,
gentile; sa sempre cosa fare…»
«Geloso, possessivo fino all’inverosimile…»
«Sì, non è purrfetto, come direbbe lui.»
«Rafael invece è un cioccolatino. E’ dolcissimo e paziente: quando lo vedo
con Flaffy e Mikko mi viene da pensare che sarà un padre perfetto.»
«Uh. Sarah sta già pensando ai figli.»
«Lila!»
«Ma da un pavone e un’ape…» mormorò Lila, battendosi le mani sulle labbra:
«Cosa verrebbe fuori? Un PeaBee?»
«E cosa sarebbe un PeaBee?»
«Che domande, Marinette! Un pavone, ma solo giallo con le strisce nere!»
«In ogni caso, lo amerei lo stesso perché sarebbe il frutto del mio amore
per Rafael.»
«Ripeto: Sarah sta già pensando ai figli.» borbottò Lila, voltandosi verso
Marinette: «Da Marinette e Adrien…»
«Due maschietti e una femminuccia.» dichiarò la ragazza, sorridendo: «E ho
già deciso anche i nomi: Louis, Hugo ed Emma. E…»
«E un catbug. Pretendo che mi facciate anche un catbug.»
«Mentre da Lila e Wei, cosa verrebbe fuori?»
«Dei bambini meravigliosi!» decretò convinta l’italiana, annuendo con la
testa e ignorata dalle altre due.
«Dei Vortle…Tarpe…»
«Sì, delle talpe! Cieche da far paura.»
«Lila!» sbottò Sarah, scuotendo il capo: «Basta!»
«D’accordo, d’accordo.» sbuffò l’italiana, alzando le mani: «Siete peggio
dei vostri fidanzatini, però.»
«Ci guardiamo qualcosa?» propose Marinette, indicando con un cenno del
capo la televisione e sorridendo alle altre: «Magari un bel film di…»
«Harry Potter!» esclamò Vooxi, volando in mezzo a tutte loro e guardandole
speranzoso: «Che ne dite, eh? Ci facciamo una bella maratona e…»
«Vooxi, perché non sei andato con Wei?»
«Wei mi ha detto di tenerti sotto controllo.» rispose lo spiritello,
sorridendole: «E poi sono il tuo kwami e devo stare con te.»
«Per forza?»
«Per forza.»
Alex inspirò profondamente, osservando il locale e sorridendo agli altri
due: «Una serata fra veri uomini…» commentò, sistemandosi gli occhiali e
notando il volto conosciuto al bancone del bar: «Da quanto tempo è che non
la facciamo?»
«Da mai?» domandò Adrien, dandogli una pacca sulla spalla e superandolo:
«Di solito o combattiamo o siamo tutti assieme.»
Alex annuì, raggiungendo il bancone e facendo un cenno al
Rafael: «Barman, dammi la roba più forte che hai.»
«Che ha bevuto?» domandò il moro, osservando gli altri due e vedendoli
entrambi scrollare il capo: «Alain. Ci sono i miei amici, mi prendo cinque
minuti di pausa!» urlò, rivoltò al gestore del locale e vedendolo fare un
cenno con la mano, tornando poi a parlare con un cliente: «Le ragazze?»
«Marinette ha detto che si trovavano a casa di Sarah per una serata al
femminile.»
«Almeno Lila non le porterà dove ha detto.» dichiarò Wei, accomodandosi su
uno degli sgabelli e venendo imitato dagli altri due, sentendosi addosso
gli sguardi di Rafael e Adrien: «Che c’è?»
«Dove ha in mente di portarle?» domandò lapidale Rafael, poggiando le
braccia sul tavolo e fissando serio il cinese, mentre Adrien ascoltava
interessato il discorso: «Parla, Wei.»
«Stava scherzando, non c’è…»
«Wei, amico mio.» s’intromise Adrien, sorridendo affabile: «Parla.»
«In un locale…» iniziò Wei, vedendo i due ragazzi rilassarsi lievemente:
«…di spogliarelli maschili.»
«Cosa?»
«Ma ve lo giuro, stava scherzando. Non lo farebbe mai.»
«Conoscendo Lila, lo farebbe invece.»
«Sono d’accordo con Adrien, lo farebbe solo per far dispetto a noi due.»
dichiarò Rafael, iniziando ad armeggiare con le bottiglie: «Che vi faccio,
ragazzi?»
«Liscio. Senza ghiaccio.» dichiarò Alex, battendo la mano sul banco: «E lo
voglio in un bicchiere alto così.»
«Sì, ok. Ma cosa?» domandò Rafael, voltandosi verso gli altri ragazzi: «Mi
ripeto: che ha bevuto?»
«Non guardare me.» dichiarò Adrien, alzando le spalle: «Io l’ho recuperato
da Fu e sono venuto direttamente qui.»
«Vabbè.» mormorò il moro, scuotendo il capo e dando un’occhiata
all’americano: «Allora, per Alex niente alcool. Voi?»
«Anche per me.» sentenziò Adrien, sorridendo: «Dopo passo da Marinette,
preferisco rimanere lucido.»
«Hai mai preso una sbronza?»
«No, mai.»
«Sei proprio Mister Perfettino.» sbuffò Rafael, sospirando: «Wei.»
«Vivo con Lila.»
«Vuol dire che hai bisogno d’alcool? Di tanto alcool, vero?»
«No, voglio rimanere lucido anch’io.»
Rafael sbuffò, iniziando a preparare i cocktail: «Ah. Ho parlato con Alain
della festa di Halloween…» iniziò, mentre tagliava il limone: «Veramente,
è già da un po’ che gliene ho parlato solo che…beh, sapete con tutto il
resto…me ne sono dimenticato.»
«E che ha detto?» domandò Adrien, osservando i movimenti del moro e
ascoltando attentamente: «Possiamo farla qui?»
«Per lui va bene: preferisce avere noi rispetto ai soliti ubriachi. Solo
che…beh, dobbiamo darci una mossa.»
«Domani contatto Nino, allora.» decretò Adrien, mettendo mano al
cellulare: «Anzi, gli mando subito un messaggio e poi sento anche il resto
della mia vecchia classe?»
«Beh, io con i miei vecchi compagni di scuola non ci sono in contatto.»
«Di che state parlando?» s’intromise Alex, rimasto in silenzio: «Una festa
di Halloween? Ehi, in quanto americano, mi sento un esperto riguardo a
questo.»
«Bene, Alex sarà il nostro esperto. Nino ci procurerà la musica…» iniziò
Adrien, digitando velocemente un messaggio: «Alain ci da il locale.
Che altro manca?»
«Gli addobbi. Da bere, cibo…» buttò lì Rafael, afferrando uno shaker e
iniziando a miscelare i vari succhi: «Penso che a queste cose ci pensi
Alain, comunque mi informo.»
«Ehi, per essere un Halloween fatto a modo, bisogna avere dei signori
costumi.»
«Al mio ci pensa Marinette.» rispose prontamente Adrien, sorridendo: «La
fortuna di avere una fidanzata che vuole diventare stilista.»
«Non è che può fare anche il mio?» buttò lì Rafael, chiudendo il
contenitore e iniziando a shakerare: «Anche perché non so assolutamente…»
«Posso provare, ma penso che mi ucciderà.»
«Verrò a piangere sulla tua tomba, fratello.»
«Grazie, eh.»
«Bello notare come state andando d’accordo…» commentò Alex, ridacchiando:
«E pensare che l’ultima volta che sono stato qua, vi odiavate.»
«Se è per questo tu, invece, eri un tipo con problemi d’immagine che
urlava sempre.»
«Mogui! Caro mio vecchio amico!» decretò Alex, sorridendo: «Dovrei
chiamarmi così anche ora, eh? Invece di Hacker, intendo. Mogui. Sì,
deciso. D’ora in poi sarò Mogui.»
«Lo dirò per la terza: ma ha già bevuto?»
«Secondo me sono gli incensi di mister Miyagi.» dichiarò Adrien, azionando
il cellulare: «Ok, per Nino va bene. Sente qualcuno, in ogni caso alla
musica ci pensa lui.»
«Grande Nino.»
«Sapete, vero, che dovrete dirlo anche alle ragazze?» domandò Wei, rimasto
in silenzio fino a quel momento: «E Lila impazzirà.»
«Quello è un problema tuo, amico.» decretò Rafael, versando il cocktail in
un bicchiere e servendolo: «Ok, ecco il primo è al lampone, credo.»
«Al lampone, credi? E tu fai il barman qua, pennuto?»
«Aiuto solo.»
«Bella scusa, sì.»
«Bevilo e sta zitto.»
Fu sospirò, ascoltando il silenzio che regnava nella casa: da quanto le
sue orecchie non udivano quel nulla? Quell’assenza totale di suoni?
Da tanto, tanto, tanto tempo.
Prima i sei idioti, che avevano eletto casa sua come centro di ritrovo;
poi Alex che si era autoinvitato e viveva lì.
L’uomo sorrise, chiudendo gli occhi e liberando la mente: ah, la sua
meditazione…
Quanto gli era mancata.
Il campanello dell’abitazione suonò, interrompendolo e facendolo sbuffare:
chi era a quell’ora?
Alex aveva le chiavi, quindi non avrebbe mai suonato.
L’uomo sbuffò, alzandosi e spegnando il grammofono, sistemandosi poi la
camicia hawaiiana – quel giorno ne aveva scelta una gialla, che aveva
rimediato commenti da Alex – e sgambettò, andando ad aprire: «Chi è?»
«Perché ho scelto quell’idiota come assistente?» dichiarò Willhelmina,
entrando come una furia in casa sua: «Gabriel ha quel robot vivente che si
chiama Nathalie, io ho Maxime che si è dimenticato di dirmi che a breve
scadono i termini per la presentazione della domanda a una sfilata.»
«Ciao Willie.»
«Ciao Fu.» bofonchiò la donna, togliendosi le decolleté nere e lanciandole
da una parte della stanza, sedendosi poi al tavolino basso: «Non ce la
farò mai a organizzarla in tempo.»
«Vuoi un po’ di the?»
«Sì, grazie.»
Fu sospirò, andando ad armeggiare in cucina e mettendo l’acqua a bollire:
«Se ho capito bene: problemi grossi al lavoro, eh?»
«Sì. E il fatto che io sia stata posseduta completamente da Chiyou e poi
me ne sono andata in Tibet…beh, li ha aggravati.» rispose Willhelmina,
guardandosi attorno: «Dov’è Alex?»
«Fuori con Adrien, Wei e Rafael.»
«Ecco il perché del silenzio.»
«L’hai notato, vero?» domandò Fu, affacciandosi dalla cucina e
ammiccando: «Una meraviglia, vero?»
«Immagino che ti senti riavere, eh? Casa finalmente libera, nessun
adolescente fra i piedi…»
«Sai che sono affezionato a quei ragazzi.» commentò l’anziano, tornando
nella sala con due scatole di latta in mano: «The verde o inglese?»
«Inglese.» rispose immediatamente Willhelmina, vedendo l’uomo tornare in
cucina: «Sì, lo so. Ma ti conosco: sei sempre stato un po’ sulle tue.»
«Da ragazzo.»
«Fu…»
«Ok, mi piace stare solo di tanto in tanto.» borbottò l’anziano,
lisciandosi la barba e afferrando il bollitore, versando poi l’acqua calda
nelle tazze; mise il tutto su un vassoio, assieme a una zuccheriera e a un
piattino con delle fette di limone: «Ma da quando Alex vive con me…beh, mi
sembra di avere un nipote.»
«E’ dura essere il Gran Guardiano? Insomma, non puoi unirti a nessuno…»
Fu tornò nella sala con il vassoio fra le mani: posò il tutto sul tavolo e
scosse il capo: «No. Non ho mai sentito il mio ruolo come un peso, anche
perché questi ragazzi sono la mia prima scelta vera come Gran Guardiano. E
forse anche l’ultima: inizio a essere anziano e devo passare il
testimone.»
«Capisco.» mormorò Willhelmina, afferrando una tazza e prendendo una delle
bustine di the dalla scatola di latta: «Hai già in mente il tuo
successore?»
«Sì.» decretò Fu, sedendosi al tavolo: «Sei tu, Willie.»
Sophie sorseggiò la cioccolata calda, gustando il sapore corposo: quanto
le era mancata.
Le sembravano secoli che non beveva della cioccolata.
Forse secoli no ma anni sì, pensò immediatamente, scuotendo il capo e
appoggiando la tazza sul tavolo della sala da pranzo; socchiuse gli occhi,
ascoltando i rumore dell’abitazione: l’orologio a pendolo, il rumore di
alcune auto che arrivava attutito, i passi di Gabriel che si stavano
avvicinando…
«Cosa fai qui?» domandò la voce dell’uomo, mentre Sophie si voltava e
apriva gli occhi, sorridendogli: «Pensavo…»
«Mi era venuta voglia di cioccolata calda.» gli spiegò la donna,
sorridendogli e dondolando i piedi nudi: «Così sono andata a farla e sto
qui, ascoltando ciò che mi circonda.»
Gabriel sorrise, accomodandosi nella sedia accanto alla moglie e
osservando la tazza che lei teneva fra le mani: «Fondente?»
«Al latte.»
«Mh.»
«L’ho scelta così perché so che non ti piace e non potrai rubarmela,
Gabriel.»
«Dispettosa.»
«Lo so.» dichiarò la donna, portandosi la tazza alle labbra e sorridendo:
«Dov’è Nooroo?» domandò, prima di bere un sorso della bevanda: «Non l’ho
visto da cena.»
«Sta guardando la televisione: gli piacciono molto i film storici e non ne
perde uno.»
«Che carino.» commentò Sophie, sorridendo: «Quasi quasi mi unisco a lui.
Cosa sta vedendo?»
«Ben Hur, mi pare.»
«Mh. Bel mattone.»
«Almeno non è come il kwami di Adrien, che cerca sempre di vedere i
canali…beh, certi canali…»
«Certi canali?»
«Canali non adatti a un kwami, ecco.»
«Oh. Ooooh. Che tipetto!»
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Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.707 (Fidipù)
Note: Mentre correggevo il capitolo (tanto, 99% mi son lasciata
dietro non so quanti errori, ma ci provo ogni volta!), ho notato che c'è
veramente tanto zucchero. Tanto tanto, ma quando hai fra le mani una
coppia come Marinette e Adrien...beh, penso sia normale scrivere scene
dolci. Bene, bene, allora il/la/le (seriamente non so che articolo usare)
Bateaux Mouches, sono delle crociere sulla Senna dove è possibile mangiare
(brunch, pranzo o cena romantica) mentre il battello percorre le placide
acque della Senna. Romantico, vero?
E nuovamente, si risponde a una domanda di Harry Fine (perché se aspetto
di arrivare al tuo commento con le risposte...beh, ne passa di Senna sotto
ai ponti), in cui mi chiede del carattere di Lila: dunque, devo ammettere
che tendo ad analizzare i caratteri dei personaggi (deformazione dovuta al
mio corso di laurea, devo dire. Per la cronaca, studio psicologia.) e, al
momento di iniziare quest'avventura battezzata Miraculous Heroes
(all'epoca doveva essere una cosa veloce, non quest'enorme cosa che è
diventata), ho cercato di immaginare come si sarebbero evoluti i
personaggi anche in base a ciò che hanno vissuto dalla allora fine della
serie al primo capitolo di Miraculous Heroes (ovviamente nella mia testa.)
e quindi ecco Adrien, finalmente libero di dar sfogo a una parte di sé
quasi sempre repressa; una Marinette che inizia a essere sicura di sé
sempre e Lila: fin dalla sua prima apparizione, ho visto Lila come una
ragazza smaliziata, per nulla timida e, una volta finita la sua 'brutta
avventura' con le bugie (ovvero le varie akumatizzazioni da parte di
Papillon), anche decisa a far valere la verità sempre. E quindi ecco che
nasce la Lila che conoscete: maliziosa e furba, come solo una volpe sa
essere, ma che si farebbe in quattro per i suoi amici (anche in quattro a
tormentarli, vedi Adrien e Rafael che, ormai, son diventati le sue vittime
ufficiali).
Riguardo al resto, dico solo un bel 'No spoiler', degno di Astruc.
E niente, spero di aver risposto alla tua domanda, fra l'altro se qualcuno
ha qualche domanda da farmi - ma sa benissimo che ci vorrà una marea di
tempo, prima che gli possa rispondere -...beh, me le faccia: cercherò di
rispondere in questo spazietto.
Detto ciò, vi annoio ancora per poco, e passo subito ai ringraziamenti:
grazie a tutti voi che leggete, commentate, spacciate - sì, so che
qualcuno l'ha fatto! - le mie storie.
Grazie di tutto cuore!
Maus osservò i dati dei due test che
aveva effettuato, utilizzando le armi al Quantum-β contro i Portatori di
Miraculous, e sorrise: aveva dovuto far ritirare i suoi uomini perché,
essendo armi sperimentali, non erano riuscite a sopportare a dovere lo
stress del combattimento ma, con qualche modifica, sarebbero state
perfette.
E li avrebbero sconfitti, e lui avrebbe potuto finalmente mettere le mani
sui Miraculous e ricreare il Quantum originale.
Si lasciò andare contro lo schienale della sedia, digitando velocemente
sulla tastiera del pc e aprendo la finestra del terzo progetto che aveva
realizzato: testare anche quello oppure…
Le sue elucubrazioni vennero interrotte dalla spia del telefono che iniziò
a lampeggiare, con un sospiro l’anziano alzò la cornetta, poggiandola di
lato e attivando il vivavoce: «Hallo?» mormorò, anche se ben sapeva chi lo
stava chiamando.
«Dottore.» mormorò la voce cordiale di Kwon dall’altro capo, facendo
storcere la bocca al tedesco: «Come sta andando la sua vacanza a Parigi?»
«Bene, ja. Io avere nuovi dati per mia ricerca, ja.»
«Sono veramente contento…» commentò Kwon e Maus quasi se lo immaginava
sorridente, con l’aria di chi è padrone del mondo: «Ho visto interessanti
cose nei notiziari. Sa? Si parla di un emulatore di Star Wars e di
un…com’è stato definito il secondo?»
«Acchiappafantasmi hollywoodiano.» sbuffò il vecchietto, imbronciandosi:
non era colpa sua se, al momento della realizzazione delle armi al
Quantum-β, queste avevano avuto la forma di armamenti già visti in film di
fama mondiale: «Lei comprendere, vero, che forme essere uniche…»
«Ciò che conta è la sostanza, non la forma. Esatto?»
«Ja.» esclamò raggiante il dottore, sorridendo nella stanza vuota: «Avere
capito subito ciò: forma è solo veicolo per uso, sostanza essere…»
«Immagino che testerà anche il progetto tre?»
«Io non sapere…»
«Che senso ha avere speso soldi e tempo per realizzarlo se non lo proverà
sul campo? Inoltre, la combinazione dei tre progetti…»
«Ja. Ja. Combinare essere modo perfetto per prendere Miraculous, ja.»
«La sua intelligenza mi sbalordisce sempre, dottore.» dichiarò Kwon,
facendo storcere la bocca a Maus di fronte a quella velata presa in giro:
rimase in silenzio, stringendo le mani a pugno e tenendo lo sguardo fisso
sullo schermo del pc: «La richiamerò, dottore.» mormorò Kwon, mettendo
fine alla chiamata e lasciando l’ometto da solo e nel completo silenzio.
Il ricco cinese si prendeva gioco di lui, quasi come avevano fatto quelli
della Royal Society.
Ma lui avrebbe fatto vedere di cosa era capace, cosa le sue scoperte e i
suoi esperimenti avrebbero dato al mondo.
«Tuo padre non vuole farmi uscire di casa!» dichiarò Sophie, entrando come
una furia nella camera del figlio e osservandolo mentre indossava
velocemente i boxer; la donna rimase un attimo ferma, guardandosi intorno
e osservando il kwami del figlio sdraiato sulla scrivania: «Puoi dirgli
qualcosa?»
«Magari dopo che sono vestito?» domandò Adrien, recuperando velocemente la
maglia a maniche lunghe e i jeans, indossandoli sotto lo sguardo
penetrante della madre: «Mamma.»
«Sto aspettando che tu sia pronto.»
«Non puoi aspettare fuori?»
«Perché? Te l’ho già detto: non c’è niente che…»
«Mamma!»
Sophie si fermò, osservando il figlio mentre lo sguardo da serio diventata
sorpreso: «Oh, tesoro. Scusa! Non penso che Marinette fosse qua e che
voi…» sorrise, di fronte alle guance del figlio che stavano diventando
paonazzo: «Capisco benissimo. Quando ero giovane anch’io sono entrata
tante volte in camera di tuo padre e anche lui…»
«Non voglio sapere niente. E Marinette non è qui.»
«Stranamente.» commentò Plagg, alzandosi e osservando la figura –
finalmente vestita – del suo Portatore: «Serve tua madre per farti evitare
di girare nudo per stanza?»
«Plagg…» sospirò Adrien, portandosi due dita alla base del setto nasale e
scuotendo il capo: «Parlerò io con papà. Anche se non ti assicuro niente:
non so se te l’ha detto, ma dopo che tu sei sparita, rinchiuse anche me
qua dentro.»
«E’ sempre stato terribilmente ansioso…» mormorò Sophie, scuotendo la
testa: «Non pensavo che andando a cercare Maus avrei acutizzato questo suo
aspetto.»
«Posso immaginare.» sentenziò Adrien, infilandosi le scarpe da ginnastica
e guardando la madre: «Dove si trova? Prima gli parlo, prima mi tolgo in
pensiero.»
«Nel suo studio. Come sempre. Esce mai da quella stanza?»
«Sì, per mangiare e andare alla Fondazione Vuitton.» rispose
tranquillamente Adrien, raggiungendo la porta della sua camera: «E qualche
anno fa anche per akumatizzare persone. Fortunatamente ha perso questo
vizio.» decretò, uscendo velocemente dalla stanza con Plagg al seguito.
«Allora…» commentò il kwami nero, superandolo e volandogli davanti il
viso: «Hai davvero intenzione di parlare con tuo padre?»
«Ehi, abbiamo un rapporto diverso adesso.»
«Quello è vero.» assentì Plagg, annuendo con la testa: «Ma vorrei
ricordarti che per uscire da questa casa, hai dovuto avere me e il mio
Miraculous.»
«Erano altri tempi.» Il kwami rimase in silenzio e l’osservò mentre
scendeva velocemente le scale e raggiungeva la pesante porta di legno
scuro dello studio del genitore: «Papà?» domandò, aprendo l’uscio e
osservando l’interno, trovando il padre immerso nella correzione di alcune
bozze: «Posso entrare?»
Gabriel alzò la testa, osservando il figlio sgusciare all’interno dello
studio: «Fammi indovinare…» iniziò l’uomo, togliendosi gli occhiali e
poggiandoli sulla scrivania: «Tua madre è venuta a chiederti di perorare
la sua causa.»
«Sai, penso che il sequestro di persona sia ancora illegale.» commentò
Adrien, poggiando le braccia su una delle poltroncine e sorridendo al
padre: «Non puoi tenerla qua dentro, lo sai. Posso capire che hai paura
e…»
«Non voglio perderla. Non di nuovo.» mormorò l’uomo, alzando lo sguardo
celeste e incontrando quello del figlio: «Non potrei sopportarlo ancora.»
«Non la perderai.» dichiarò deciso Adrien, sorridendo: «Sbaglio o quando è
arrivata ha steso gli uomini di Maus? E’ forte e in gamba. E tu lo sai;
come sai che non puoi costringerla a rimanere qua dentro ancora a lungo:
penso di aver preso molto da lei e quindi so per certo che, prima di
quanti immagini, proverà a fuggire per stare un po’ fuori.»
«E cosa dovrei fare allora?»
«Marinette deve andare a comprare le stoffe per i vestiti di Halloween…»
mormorò Adrien, sorridendo: «Ti fidi a mandarla con Ladybug? Intanto lei
esce e tu sei più tranquillo, sapendo che non è da sola. Magari può darci
una mano con la festa: abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile.»
«Non è una cattiva idea.»
«Lo so, non ho mai cattive idee.»
«Disse colui che ha sempre cattive idee.» commentò Plagg, volando accanto
a Nooroo e facendo ridere il kwami della Farfalla: «Sei un concentrato di
cattive idee, Adrien.»
«Non dovresti essere così con il tuo Portatore, Plagg.»
«Nooroo, quando perderai questo spirito da schiavetto? Posso capire quando
c’era tua madre, ma ora…»
«Sua madre?» domandò Adrien, accomodandosi su una delle poltroncine e
osservando i due kwami: «Cosa centra la madre di Nooroo?»
«Mia madre era la Gran Sacerdotessa della Farfalla e una donna veramente
autoritaria…» spiegò Nooroo, abbassando il capo e abbozzando un sorriso
mesto: «Se io mi sono offerto per la mia terra natale, se sono diventato
un kwami, lo devo solo al fatto che ho obbedito al suo ordine.»
«Sua madre lo trattava come uno schiavetto e lui era completamente
succube.» commentò Plagg, sbuffando: «Una cosa che gli è rimasta, dato che
è sempre così con tutti i suoi Portatori.»
«Ed io che credevo che fosse la mia aura di malvagità a intimorirlo.»
commentò Gabriel, sospirando rumorosamente: «Tanti anni convinto di
qualcosa di errato.»
Adrien ridacchiò, scuotendo il capo biondo: «Sempre bello scoprire cose
nuove sui nostri kwami, eh?»
«Già.» commentò il padre, osservandolo alzarsi dalla poltroncina: «Ah.
Adrien?»
«Cosa?»
«Quando esci con Marinette…» iniziò l’uomo, portandosi una mano alla gola
e allentando leggermente la cravatta: «…dove andate di solito?»
«Mh. Di solito in qualche locale carino o al cinema. L’ultima volta
abbiamo fatto una passeggiata dall’île Saint-Louis fino a Notre-Dame.»
«Capito.»
«Il più delle volte finiscono in una camera a fare…roba.» commentò Plagg,
guardando i due e venendo completamente ignorato.
«Perché me lo hai chiesto?»
«Nulla.» mormorò Gabriel, allentandosi la cravatta e distogliendo lo
sguardo dal figlio: «Stavo solo pensando di…»
«Di invitare la mamma fuori?»
«Mh. Sì.»
«Beh, è una bella idea.» commentò il ragazzo, sorridendo al genitore:
«Perché non la porti in qualche posto che significava qualcosa per voi?
Non so, il locale dove vi siete dati per la prima volta appuntamento o…»
«Bateaux Mouches?»
«Cosa?»
«Quando le ho chiesto di sposarmi, avevo prenotato un tavolo su una
péniche sulla Senna.»
«Bell’idea. Romantica, carina, che ricorda il passato. Aggiudicato.»
dichiarò Adrien, ridacchiando: «Se qualche anno fa, mi avessero detto che
avrei parlato con te di dove avresti portato la mamma a cena fuori…beh,
gli avrei dato del pazzo.»
«Non sei il solo.» commentò Gabriel, fermandosi poi alla confusione che
proveniva fuori dalla porta dello studio: i due Agreste rimasero in
attesa, fino a quando le porte della stanza si spalancarono e Willhelmina
Hart entrò come una furia nella stanza.
«Fai ragionare Fu!» ordinò la donna, avanzando a passo di marcia per la
stanza e battendo le mani sulla scrivania, facendo sobbalzare i due kwami:
«Ha deciso di farmi suo successore.»
«Tu? Il nuovo Gran Guardiano?» domandò Plagg, scambiandosi un’occhiata con
Nooroo: «Quel vecchio sta dando di matto o sbaglio?»
«Beh, non è una brutta decisione: madame Hart…»
«Madamoiselle, Nooroo.»
«Madamoiselle Hart è una ex-Portatrice e tu sai che…»
«Che i Gran Guardiani sono tutti ex-Portatori, lo so. Lo so.» sbuffò
Plagg, indicando la donna: «Ma era Coeur Noir.»
«No, prego. Continuate a parlare come se non ci fossi.»
«Willhelmina…» mormorò Gabriel, scambiandosi un’occhiata con il figlio,
anche lui basito di fronte alla notizia: «Penso che se il maestro ha
deciso così…»
«Sicuramente ha bevuto the andato a male.» sbuffò Willhelmina, scuotendo
il capo e facendo ondeggiare le ciocche: «Non può avermi scelto come
futura Gran Guardiana. Sarei una pessima Gran Guardiana! L’unica volta che
ho scelto qualcuno è stato quando ho inserito il cristallo nero in
Alex…Alex! Rendiamoci conto delle scelte che farei!»
«Allora?» domandò Alex, osservando la ragazza che camminava al suo fianco:
«Da quando sono qui a Parigi non abbiamo mai avuto un momento per noi due,
quindi…su. Sarah, sfogati. Dimmi tutto. Come sta andando l’università? E
Mikko si comporta bene? Il lavoro da supereroina? E...» il moro si fermò,
sorridendo all’amica: «L’hai fatto con Rafael?»
«Alex!»
«Andiamo! Devo sapere certe cose!» dichiarò il ragazzo, sistemandosi gli
occhiali: «Almeno so se ora posso iniziare a fare battute sconce o meno.
Dai, dimmelo!»
«Non ti dico nulla.»
«Ok, non l’avete fatto.»
«Alex!»
«E dire che Rafael non mi sembra uno che…» si fermò, in cerca delle parole
adeguate: «…beh, si tira indietro.»
Sarah sospirò, alzando gli occhi al cielo e scuotendo il capo: «Non
l’abbiamo fatto. A parte qualche bacio o abbraccio…beh, lui non sembra
molto propenso per il contatto fisico.»
«Da quel che dice Adrien, si direbbe il contrario.»
«Forse sono io.»
«Che vorresti dire?» domandò Alex, osservando l’amica fermarsi davanti a
una vetrina e osservando il suo riflesso: «Sei bella, Sarah. Delicata,
carinissima…cavolo, se tu non fossi la mia migliore amica, ci proverei con
te. E tu sai quanto…»
«Quanto vai pazzo per le orientali. Lo so. Hai camera tappezzata di poster
di idoli.»
«Idols, miscredente.»
«Comunque non so che pensare: Rafael è perfetto. E’ dolce, premuroso,
divertente. Solo…» la bionda si fermò, sospirando e abbassando le spalle:
«solo…»
«Ma tu vorresti?»
«Sì? No?»
«Bene, sei decisa.»
«Non lo so, Alex. Davvero. Alle volte vorrei avere quello che hanno Lila e
Marinette, altre sono felice che le cose stanno così.»
«Mh. Beh, come dice sempre Fu: ogni cosa ha un suo tempo e un suo perché.
Sono certo che Rafael è innamorato di te: cavolo, me ne sono accorto
quando sono venuto la prima volta ed ero Mogui, all’epoca. Magari non sa
come fare con una ragazza che gli interessa davvero o ha paura di rovinare
tutto…» si fermò, annuendo con la testa: «Sì, in effetti ce lo vedo
benissimo a fare certi pensieri. E tu…beh, tu, mia cara e dolce amica, sei
solo spaventata. Tranquilla, quando sarà il momento giusto lo sentirai
e…beh, farete una certa attività che piace tanto ad Alex.»
«Stavi andando benissimo, poi ti sei rovinato sul finale.»
«Me lo diceva anche la mia ex.»
«Alex!»
«Quindi Willhelmina è entrata in casa tua come un uragano e ha detto che
il maestro Fu l’ha scelta come suo successore?» domandò Marinette,
sistemando alcune brioche nella vetrina e guardando il ragazzo al di là
del bancone: «E uno pensa che oggi sarebbe stata una tranquilla domenica,
eh?»
«Dillo a me.» commentò Adrien, allungando il collo e osservando i cornetti
perfettamente dorati: «Non è che…»
«Potresti averne uno?» domandò la ragazza, prendendo la brioche con le
pinze e posandola sopra un salvietta di carta: «Poi non lamentarti, se
diventerai modello delle taglie forti.»
«Ah. Ah. Spiritosa.» dichiarò il biondo, afferrando il dolce e
addentandolo: «Tu hofa ne fenfi?»
«Non ti hanno insegnato che non si parla con la bocca piena?»
Adrien deglutì e sorrise: «Cosa ne pensi? Di Willhelmina come Gran
Guardiana?»
«Se il maestro Fu l’ha scelto penso che abbia i suoi buoni motivi, non
credi?»
«Fra le sue scelte ci sono anche io. E Lila. E pennuto.»
«Delle ottime scelte, secondo me.» commentò la ragazza, poggiandosi sul
bancone e sorridendo: «Soprattutto una.»
«Ah. Stai certamente parlando di un certo gatto coraggioso e intrepido,
nonché affascinante…» mormorò Adrien, chinandosi e avvicinando il viso a
quello di lei, quasi sfiorandole le labbra con le proprie: «bello,
carismatico…»
«No, veramente parlavo di Lila.» dichiarò Marinette, balzando indietro e
ridacchiando: «Secondo me è stata la scelta migliore di tutte.»
«Ah. Ah. Molto divertente.»
«Oh. Ma come? Il gattino non sa stare agli scherzi?»
«Me la pagherai, coccinellina cattiva. Sei avvisata.»
«Certo, certo.» commentò Marinette, tornando al lavoro e finendo di
sistemare le brioche, mentre Adrien finiva di mangiare la sua e si
guardava attorno con curiosità: «Che c’è?»
«Dove sono i tuoi?»
«Papà doveva consegnare una torta e mamma l’ha accompagnato.» spiegò
Marinette, prendendo la teglia su cui erano stati posati i croissants e
portandola nel laboratorio: «Se non sbaglio era vicino a Montsouris Park,
quindi non penso che torneranno tanto presto.»
«Perché?»
«E’ il luogo dove si sono conosciuti.» gli rispose Marinette, tornando nel
negozio: «E ogni volta che papà deve fare una consegna lì vicino…beh, si
prendono un po’ di tempo per stare insieme.»
«Mio padre oggi mi ha chiesto un consiglio su dove portare a cena fuori la
mamma.»
«Che carino!»
«Mi ha detto che si è proposto in una crociera sulla Senna.»
«E tu in mezzo a una strada.»
«Ehi! Era la strada del nostro primo incontro.»
«Lo so, lo so.» mormorò Marinette, poggiandosi di nuovo al bancone: «Dove
la porterà?»
«A cena sulla Senna.»
«Romantico!»
«Già» commentò Adrien, massaggiandosi la nuca e fissando la ragazza: «Noi
non…»
«Cosa?»
«Non siamo mai andati a mangiare fuori o fare cose del genere.»
«Quando avremmo dovuto farlo? Fra un salvataggio di Parigi e l’altro?»
domandò Marinette, sorridendo: «Poi avevamo la scuola e…»
«Già.»
«Però non sarebbe male, no?»
«Cosa?»
«Comportarci come una coppia come le altre: andare a mangiare al
ristorante della Tour Eiffel, invece di scalarla per sconfiggere qualche
nemico o…»
«Prenoto lì?»
«Adrien? Sinceramente, mi va bene qualsiasi posto tranne la Tour Eiffel.»
decretò la ragazza, facendolo sorridere: «Ho la nausea di quella torre,
con tutte le volte che abbiamo dovuto scalarla.»
«Capito.» assentì il ragazzo, poggiandosi al bancone e assumendo
un’espressione pensierosa, facendo sorridere Marinette che allungò una
mano e sfiorò le dita del ragazzo con le proprie: Adrien si voltò verso di
lei, sorridendole: «Sì, my lady?»
«Per quanto mi piacere andare a mangiare in un posto simile…» mormorò
Marinette, alzando il viso e abbozzando un sorriso, con il volto
leggermente rosso: «A me va bene anche andare a prendere un gelato. Non mi
servono posti da favola, perché la vivo ogni giorno al tuo fianco.»
«My lady, pensi che tuo padre ci ucciderebbe se facessimo certe cose sul
bancone del laboratorio? Perché le tue parole…»
«Me non penso, sono la sua figlia adorata, ma tu…»
«Capito.» sbuffò Adrien, poggiando entrambe le mani e allungandosi verso
di lei, sfiorandole le labbra con le proprie: «Una di queste sere andremo
a mangiare in un bel posto, d’accordo? Renderemo la nostra favola ancora
più favola.»
«D’accordo.»
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Capitolo 23 *** Capitolo 23 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.652 (Fidipù)
Note: Alola a tutti! Ok, dieci punti a chi indovina su che gioco mi
sono flashata solo da questo saluto (e se siete miei amici su
facebook...beh, non vale. Siete facilitati nella risposta). Bene, bene:
eccoci qua, con il secondo aggiornamento della settimana (mentre sabato ci
sarà...beh, ci sarà...dico solo una cosa: vedrete!). Riguardo a questo
capitolo, stranamente, ho poco da dire e Willhelmina chiederà a breve
anche a voi di far rinsavire Fu, quindi preparatevi.
Detto questo, vi saluto come sempre e, come sempre, vi ringrazio: grazie
perchè leggete, commentate, mi supportate (e sopportate).
Semplicemente grazie!!!
Gabriel entrò nella stanza con due
cravatte nella mano destra e si fermò, osservando la scena che aveva
davanti: Adrien stava studiando, seduto alla sua scrivania con Plagg, che
sorvegliava dalla sua postazione su uno dei monitor e Marinette,
comodamente seduta sul letto del giovane, teneva un blocco sulle gambe e
stava disegnando alacremente con il contenuto dell’astuccio completamente
sparso sulla coperta e la kwami rossa appoggiata sopra la sua testa.
«Papà?» domandò Adrien, voltandosi verso l’ingresso della camera e
osservando il genitore, attirando così l’attenzione di tutti gli occupanti
della stanza: «Qualche problema?»
«Quale?» dichiarò spiccio l’uomo, mostrando le due cravatte ai due ragazzi
e attendendo il responso: Adrien si appoggiò allo schienale della sedia,
inclinando la testa e scuotendola poi con fare rassegnato.
«Questo completo, giusto? Quello che indosserà a cena, intendo.» mormorò
Marinette, indicando la giacca blu scuro e i pantaloni color kaki che
l’uomo stava indossando: «Perché, in quel caso penso che quella ideale
sarebbe la rossa con le righe bianche diagonali.»
Gabriel alzò la cravatta indicata dalla ragazza, annuendo con la testa e
spostando poi lo sguardo verso il figlio: «Marinette ha parlato.»
sentenziò Adrien, sorridendo e alzando le spalle: «E se ne intende
decisamente più di me. Certo, se volevi un consiglio sulla macroeconomia…»
«Che cosa stai disegnando?» domandò Gabriel, scoccando un’occhiata
eloquente al figlio e allungandosi interessato verso l’album da disegno
della ragazza: «Un qualche progetto…»
«No, sono gli schizzi per gli abiti di Halloween.»
«Qualcuno non era contenta della prima bozza del mio.» borbottò Adrien,
poggiando i gomiti sulle ginocchia e ridacchiando: «Così ha voluto
rifarlo.»
«Il tempo stringe e voglio che tutto sia perfetto!»
«Purrfetto.» la riprese divertito il ragazzo, scuotendo il capo: «Sai,
vero, che è una festa tra di noi e…»
«Ivan e Myléne hanno ordinato i loro, uguale Lila e Wei.» sentenziò
velocemente Marinette, passando il blocco a Gabriel: «E pensi che anche
gli altri si mettano la prima cosa che capiti? Stiamo parlando di
Halloween e sicuramente…»
«Qualunque abito creerai sarà di certo il più bello di tutti.» dichiarò
Adrien, sorridendo di fronte all’espressione imbronciata della ragazza:
«Vero, papà?»
«Sì, sono molto belli. Quello della strega è molto giocoso, mentre quello
del…cosa è?»
«Un demone.»
«Ah. Giusto. Corna in testa e ali da demone. Non le avevo notate.»
sentenziò Gabriel, annuendo con la testa e ridando il blocco alla ragazza:
«Beh, ha un che di classico e di oscuro: un contrasto netto fra i due.»
«Sono due stili differenti, in effetti.»
«Beh, non vuol dire che è sbagliato. No?» dichiarò Gabriel, vedendo la
ragazza sorridere e annuire con la testa; l’uomo si gettò la cravatta
scelta attorno al collo, continuando a tenere la scartata in mano: «Bene,
vado a finire di prepararmi. Voi due resterete qua?»
«Sì, credo.» mormorò Adrien, gettando un’occhiata alla ragazza che annuì
con la testa: «Sì, direi di sì. Magari ci vediamo un film.»
«Ora si dice così.» commentò Plagg, attirando l’attenzione di Adrien su di
lui: «Andiamo, moccioso, lo so qual è il tuo fine.»
«Magari possiamo provare a torturare Plagg. Che ne dici, Marinette?»
«Lascialo in pace.» decretò Marinette, scuotendo il capo e tornando a
disegnare i dettagli del vestito del ragazzo.
«Vado a finire di prepararmi.» sentenziò Gabriel, uscendo velocemente
dalla stanza, lasciando i due ragazzi da soli.
«Si direbbe nervoso…» commentò Marinette, alzandosi e mostrando il
bozzetto al ragazzo: «Pensi di riuscire a trovare in casa una camicia
bianca con il collo alla coreana e un paio di pantaloni neri come questi?»
«Mio padre è uno stilista, forse qualcosa ho.» decretò Adrien,
sorridendole e poggiandole la testa contro la pancia, sentendo le mani di
lei carezzargli i capelli: «Dovrei finire di studiare…» sospirò, sfregando
il naso contro la stoffa della maglia: «Devo davvero finire di studiare,
quindi non mi distrarrai con le tue moine e con il fatto che fino a poco
fa eri comoda comoda sul mio letto.» dichiarò, alzandosi e portandole le
mani dietro la schiena, facendola indietreggiare fino al letto: «No, io
devo studiare.»
«Nessuno te lo impedisce.» commentò Marinette, osservandolo chinarsi verso
di lei: chiuse gli occhi, assaporando il bacio del biondo e ritrovandosi
poco sdraiata sul letto: «Non…non dovresti…studiare?»
«Dopo, dopo.»
«Adrien, ci sono i tuoi…»
Il biondo si fermò, mettendosi in ascolto e sentendo, proprio in quel
momento, il rumore dell’enorme portone della villa che si chiudeva: «Ora
siamo soli.» decretò, strusciandosi contro la ragazza e sorridendo:
«Completamente e totalmente soli…»
«E noi chi siamo? Le fatine dei denti?» sbottò Plagg, osservando i due
venendo completamente ignori: «Ehi. Tu. Moccioso!»
«Plagg! Andiamo a cercare Nooroo?» domandò Tikki, afferrando il compagno
per una zampetta e portandolo fuori dalla stanza: «Perché non li lasci in
pace?»
«Perché non fanno altro che…»
«Plagg.»
«Tikki.»
«Non farmi il verso, non sei autorizzato a farmi il verso.» dichiarò la
kwami rossa, lasciando andare il compagno e osservandolo seria: «E
dovresti lasciarli in pace: loro possono avere la felicità, perché
dovresti…»
«Perché è divertente.»
«Sei impossibile, Plagg.»
«Lo so!»
Rafael sbadigliò, massaggiandosi il viso e guardando sconsolato i libri
davanti a lui, mentre Flaffy stava mangiucchiando la sua cioccolata poco
distante con uno dei libri di Tolkien aperto davanti: «Ma non ti eri già
letto la trilogia?» domandò il ragazzo, osservando lo spiritello e
cercando di capire quale libro stava leggendo al momento: «Pensavo…»
«Questo è il libro di Tom Bombadil.» spiegò il piccolo kwami, girando
pagina e addentando la barretta di cioccolata: «Devo dire che mi piace
meno rispetto a…» si fermò, interrotto dal suo del campanello e guardando
il suo Portatore: «Sarah?»
«Non credo. Non mi ha detto che passava oggi.» dichiarò Rafael, alzandosi
e raggiungendo velocemente la porta d’ingresso: «Sì?» domandò, aprendo
l’uscio e trovandosi di fronte la figura del padre: «Papà?»
«Ero nei dintorni e ho pensato di passare a farti un saluto.» dichiarò
Emilé, entrando nell’abitazione e osservandosi intorno: «Interrompo…»
«Stavo solo studiando.» decretò il moro, seguendolo e indicando il tavolo
della cucina, pieno di libri e fogli: «Come mai sei voluto passare ora
dopo che…beh, mi hai totalmente ignorato da quando ci siamo incontrati con
Sarah?»
«Oh. Sarah. Graziosa ragazza.» dichiarò Emilé, raggiungendo il divano e
accomodandosi: «Mi piace, anche se pensavo che ti piacessero più
sofisticate e non tipe acqua e sapone come lei. Immagino che abbia doti
interessanti…»
«Papà.»
«Andiamo!» esclamò l’uomo, allargando le braccia e sorridendo: «Alain mi
ha sempre tenuto informato sulle tue conquiste: pensavi che il tuo vecchio
non sapesse di tutte le signorine che hai portato al locale?»
«Sarah è diversa.» decretò seccamente Rafael, incrociando le braccia al
petto e fissando il genitore: «Sei pregato di non metterla nel mazzo.»
«Una donna di cuori. Interessante, interessante.» decretò Emilé, annuendo
con la testa: «Mi piace, mi piace.»
«Papà…»
«Oh sì. Alain mi ha detto che ci sei rimasto un po’ male per il fatto che
non ti ho informato subito del mio ritorno a Parigi.»
«Potevi dirmelo, sai che questa è casa tua prima che mia.» sbottò Rafael,
allargando le braccia e scuotendo la testa: «L’ultima volta non ti sei
fatto problemi a piombare qua come se nulla fosse.»
«Lo so.» mormorò l’uomo, alzandosi e raggiungendo il figlio: «Ma l’ultima
volta avevi…quanto? Quindici? Sedici anni? Pensavo che ora volessi un po’
di libertà e indipendenza, inoltre è davvero tanto che vivi da solo e
pensavo che avere me, il tuo vecchio, fra le scatole…» si fermò, scuotendo
il capo: «Ho deciso che la soluzione migliore fosse questa.»
«Potevi però avvisarmi che eri tornato.»
«Me ne sono dimenticato. Volevo chiamarti, davvero: ma fra tutta la
trafila per la cattedra all’università, preparare il programma del
semestre…» Emilé sospirò, sorridendo: «Me ne sono dimenticato.»
«L’ho notato.»
«Bene. Ci siamo chiariti, non credi?» decretò l’uomo, battendo le mani
sulle spalle del figlio: «Ora vado, ho alcune pietruzze che ho portato
dall’Africa da studiare e poi devo preparare alcune dispense per
domani…beh, vado. Sono felice che ci siamo chiariti.»
«L’hai già detto, papà.»
«Perfetto.»
Rafael osservò il genitore, raggiungere velocemente la porta e salutarlo,
aprendo poi il portone e uscendo: «Tuo padre…» commentò Flaffy, uscendo
dal suo nascondiglio quando Emilé Fabre se ne fu andato: «E’…è…»
«Un uragano?»
«Una tempesta, sì.»
«E’ sempre stato così.» commentò il ragazzo, tornando al suo posto e
osservando i libri: «Prima le sue pietre e poi il figlio. Un classico.»
«Mi dispiace, Rafael.» mormorò il kwami, poggiandosi sul libro aperto
davanti al ragazzo e abbozzando un sorriso: «Ma sono certo che ti voglia
bene.»
«Grazie, Flaffy.»
Sophie si guardò intorno, osservando la città illuminata e poi portando
l’attenzione sull’uomo davanti a lei: «E’ così strano…» mormorò,
sorridendogli e osservandolo strattonarsi il collo della camicia: «Ti
ricordi la prima volta che siamo stati qui? Nonostante ci frequentassimo
da un po’ è stato il nostro primo appuntamento serio e tu eri così nervoso
ed io non capivo perché e poi hai tirato fuori quella scatolina e…» la
donna si fermò, allungando una mano e carezzando il calice con il vino
bianco: «Dove eravamo quando ci sorprese quell’acquazzone? Adrien era già
nato…»
«Intendi quando andammo a cenare a Montmartre?»
«Era la volta che andammo a cena al Moulin Rouge?»
Gabriel sorrise, scuotendo il capo: «No, penso che quella fu la volta dove
hai fatto inciampare il cameriere.» dichiarò, sorridendo al ricordo: «E la
bottiglia di vino cadde addosso a quella donna, del tavolino vicino al
nostro…»
«Quella antipatica! Sì, vero! E poi la tata ci chiamò a metà serata perché
Adrien aveva rimesso la cena.» Sophie sorrise, annuendo con la testa: «Ma
la volta della pioggia…»
«Quasi sicuramente eravamo in un locale a Montmartre. Ci siamo andati più
e più volte.» decretò Gabriel, prendendo il bicchiere del vino e bevendone
un sorso: «Come al nostro primo appuntamento.»
«Quello fu al Giardino di Lussemburgo. Lo ricordo benissimo, anche perché
sei stato per una buona mezz’ora a disegnare i vestiti delle signore che
ti passavano davanti, prima di accorgerti di me.»
«Era un modo per tranquillizzarmi.»
«Anch’io ero nervosa, cosa credi?»
Gabriel sorrise, posando il calice e roteandolo, mentre lo sguardo celeste
si perdeva nei ricordi: «Sono passati tanti anni, eppure mi sento come
quel giorno.»
«Anche io.» commentò Gabriel, osservando lo sguardo verde incontrare il
suo e sorridendole: «Mi sembra di essere tornato a quella sera, anche se
adesso siamo sposati e abbiamo un figlio…»
«Ma il fatto che io sia scomparsa per così tanto tempo ha azzerato tutto,
vero?»
«Non ha azzerato i miei sentimenti.» dichiarò l’uomo, allungando una mano
e fissandola serio, tenendo lo sguardo di lei nel suo: «Ti amo, Sophie.
Esattamente come quel giorno, esattamente come ogni giorno della mia vita:
sei il mio amore e lo sarai sempre.»
Sophie aprì la bocca, richiudendola e scuotendo il capo: «Gabriel…»
mormorò, mordendosi il labbro inferiore e socchiudendo gli occhi,
impedendo così alle lacrime di cadere: «Io…io…»
«Posso capire che…»
«Per tutto questo tempo, ogni giorno che ho trascorso nella cella di Maus,
non ho fatto altro che pensare a te e a quanto avrei voluto essere al tuo
fianco. Io…» si fermò, portandosi una mano al volto e asciugandosi una
lacrima solitaria: «Dovresti odiarmi per quello che ti ho fatto.»
«Sophie.»
«Davvero, Gabriel.»
«Sophie.» mormorò l’uomo, allungando le mani verso di lei: «Non potrei mai
odiarti. Mai e poi mai: ti amo e ti amerò sempre.»
«Anche io, Gabriel. Ti amo e ti amerò sempre.» bisbigliò la donna, posando
le mani in quelle dell’uomo e stringendole: «Posso…posso tornare a essere
tua moglie?»
«Lo sei sempre stata.»
«Qualcuno lo può far rinsavire?» domandò Willhelmina, entrando nella
stanza e indicando l’uomo anziano, facendo scivolare lo sguardo sui
quattro ragazzi che, comodamente seduti al tavolino, stavano cenando:
«Almeno voi! E’ vostro compito, in quanto protettori del bene.»
«Maestro…» mormorò Alex, voltandosi verso Fu e indicando la donna: «Come
ha fatto ad entrare?»
«Le ho dato una copia delle chiavi.»
«E perché? E soprattutto perché non mi hai avvertito?» domandò Alex,
scuotendo il capo: «E se fosse entrata mentre ballavo nudo per casa?»
«Ah. Alex!» sbottò Sarah, scuotendo vigorosamente la testa: «Potresti
evitare? Voglio dormire stanotte!»
«Da cosa dovremmo farlo rinsavire, madame Hart?» chiese Wei, osservando la
donna sedersi al tavolo e sorridendole: «Sono certo che qualsiasi
decisione che il maestro ha preso…»
«Vuole farmi suo successore.»
«Maestro…» mormorò Lila, voltandosi verso l’anziano e sorridendo: «Era
Coeur Noir.»
«E tu eri un’akumatizzata di Gabriel, eppure ciò non mi ha impedito di
consegnarti il Miraculous della Volpe.» sentenziò l’uomo, portandosi il
bicchiere d’acqua alle labbra e bevendo: «Bridgette è la persona perfetta
come mio successore.»
«Gli dite qualcosa!»
Marinette si svegliò, osservando la stanza immersa nelle ombre della sera
e sospirò: «Dovrei andare a casa.» mormorò, girandosi nell’abbraccio del
ragazzo e notando lo sguardo verde assonnato: «Mamma e papà mi staranno
aspettando…»
«Rimani qui.» sentenziò Adrien, stringendola contro di sé e facendo
aderire i loro corpi: «Non puoi andartene e lasciarmi solo in questa casa
con Plagg…»
La ragazza sorrise, allungando una mano e sistemandogli i ciuffi biondi
della frangia, posandogli poi un bacio all’altezza del cuore: «Se rimango
qui, tu non studi.» dichiarò, come se fosse quella la vera causa: «Adrien,
davvero…»
«Chiamali e digli che fai più tardi. Ti riaccompagno io a casa.» sentenziò
sbrigativo il biondo, sorridendolo: «E poi ovviamente…beh, da bravo micio
non posso lasciare la mia padrona al freddo della notte…»
«Sei impossibile, lo sai?»
«Bello e impossibile. Lo so.» dichiarò il ragazzo, facendole l’occhiolino
e passandole la maglia che aveva indossato fino a poco fa, osservandola
mentre Marinette la infilava: «Sai, mi piace quando indossi la mia roba.»
sentenziò, avvicinandosi e sfiorandole il lobo con le labbra:
«Estremamente sensuale.»
«Adrien…» mormorò Marinette, mordendosi il labbro mentre le labbra del
ragazzo scivolavano lungo la gola.
«Al contrario, io con la tua roba addosso sarei…ridicolo.» dichiarò
Adrien, dandole un ultimo bacio sul collo e sgusciando fuori dal letto,
dando così a Marinette una bella visuale del suo corpo: «Che ci mangiamo?
Penso che il nostro cuoco abbia…Marinette?»
«Eh?»
«Cosa stai guardando?»
«Niente?»
«Piccola coccinella pervertita.» dichiarò Adrien, afferrando i boxer e
infilando: «Si vede lontano un miglio cosa stai pensando.»
«Passami il cellulare.» bofonchiò la ragazza, facendosi aria con la mano e
ignorando la risatina divertita del ragazzo, che si voltò verso la
scrivania e prese l’apparecchio: «Adrien?»
«Ti ha chiamato Nathanael.» la informò il biondo, passandole il telefono e
calcando l’ultima parola.
«Sei ancora geloso?»
«Chi io? Ma figurati.»
«Sì, tu. Si vede lontano un miglio cosa stai pensando.»
«Non usare le mie frasi contro di me.»
Marinette roteò gli occhi, premendo il numero del compagno di progetto e
attendendo che questi rispondesse: «Nathanael? Sono Marinette. Sì,
scusami, non ho potuto risponderti perché ero impegnata…» spiegò,
voltandosi verso Adrien e trovandolo con un sorrisetto trionfante in
volto: «I risultati? La professoressa ha detto che li metteva sul sito:
penso domani. O al massimo dopodomani. In ogni caso ha detto prima di
lunedì, perché così può affidarci il nuovo tema…No, figurati. Nessun
disturbo…Ok, ci vediamo a lezione. Ciao.»
«Allora?»
«Voleva sapere dei risultati del progetto.» spiegò Marinette, cercando il
numero di casa e chiamandolo: « Mamma? Sì, sono da Adrien. Sì, va bene.
No, mi accompagna Adrien quando tornano i suoi a casa…sai com’è. Non si
può lasciare da solo o inizia a fare le bizze.»
«Io non faccio le bizze.»
«Sì, d’accordo. Va bene, mamma. A dopo.» dichiarò la ragazza, chiudendo la
chiamata e sorridendo al ragazzo: «Tu fai le bizze e se non le fai cerchi
sempre attenzioni.»
«Come se la cosa ti dispiacesse…»
«Infatti non mi lamento.» sentenziò Marinette, dandogli un piccolo sbuffo
sul naso: «Però è divertente prenderti in giro.»
«Occhio, coccinellina…» iniziò Adrien, venendo interrotto dal suono
congiunto dei loro cellulari: «Quanto scommetti che è Alex?»
«Quanto scommetti che ci sarà bisogno di noi?» domandò la ragazza,
accettando la chiamata e portandosi il telefono all’orecchio: «Ciao,
Alex.»
«Ehilà, boss! Indovina, il nostro Maus ha rilasciato una nuova arma a giro
per Parigi.»
«Ma che cosa strana.»
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Capitolo 24 *** Capitolo 24 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.982 (Fidipù)
Note: Ed eccoci di nuovo qua, con un nuovo capitolo, un nuovo
nemico e sempre i nostri soliti eroi. In pratica quello che succede in
ogni capitolo (più o meno). Anche a questo giro non ho molto da dire...ah
no! Mi dimenticavo del nostro ponticello! Dovete sapere che, il luogo dove
si svolge quasi tutto il capitolo, è il Pont Alexandre III. E quindi?,
direte voi. Beh, dovete sapere che questo ponte è presente anche nella
serie originale di Miraculous Ladybug: in pratica è l'onnipresente ponte,
che c'è in quasi tutte le puntate.
Detto questo, al solito, vi lascio con i consueti ringraziamenti: grazie a
tutti voi che leggete, che continuate a seguirmi nonostante la marea di
capitoli che hanno le mie storie, che mi supportate (e sopportate).
Grazie di tutto cuore!!!
«Dov’è il nostro amico?» domandò Chat,
saltando fra due comignoli e portandosi una mano all’auricolare: «Ehi,
Ha…»
«Mogui, per favore.» sentenziò Alex allegro, interrompendo l’altro:
«Comunque al momento, a quanto dicono gli uomini di Rogers – ehi, me lo
presentate? Voglio conoscere l’uomo che sento tutti i giorni! – il nostro
amico sta attraversando Pont Alexandre III.»
Chat annuì, osservando la Senna che, placidamente, stava scorrendo nel suo
letto e poi si voltò verso sinistra, aggrottando lo sguardo: «My lady,
l’hai sentito?» domandò senza voltarsi indietro e sentendo il passo
leggero della ragazza: «Andiamo ad aprire le danze?»
Ladybug lo affiancò, roteando il suo yo-yo e sorridendo: «Perché no? E’
tanto che non combattiamo noi due. Da soli.»
«In effetti è tanto che non facciamo qualcosa. Noi due. Da soli.» dichiarò
divertito Chat, chinandosi verso di lei e cercando di catturarle le labbra
in un bacio veloce; la vide lanciare la sua arma e saltare via: «Non ha
ancora capito che la caccia mi eccita di più.» sentenziò il felino,
mettendo mano al bastone e seguendola.
«Vi vorrei ricordare che io sono qua.» dichiarò Alex, sbuffando: «E sento
tutto.»
«E anche io!» sbottò la voce di Peacock nell’auricolare: «Quando ti
finisce il calore, eh Chat?»
«Non lo sai che noi gatti siamo in calore perenne?»
«Ah. Ecco perché.»
«Ma in primavera tu, Peacock, fai la ruota per caso? Sono curioso di
vederti.»
«Ah. Ah. Molto divertente.»
Chat ridacchiò, balzando a terra fra le due colonne, finemente decorate e
sormontate da due statue dorate, che indicavano l’inizio del ponte; rimase
in mezzo alla strada in posizione di difesa, osservando la coccinella
appollaiarsi sopra uno dei lampioncini della città: «Che facciamo?»
domandò, indicando con un cenno del capo l’uomo che avanzava minaccioso
verso di loro: «Non mi sembra abbia armi…»
«Ha uno scudo. Come quello di Tortoise.»
«Che copione.» sentenziò la voce dell’eroe verde: «Stiamo arrivando,
comunque. Dovreste già vedere Volpina…»
«Il lampo arancione che solca il cielo? Sì, è lei.» decretò Chat,
osservando la compagna atterrare davanti a loro: «Ciao, volpe. Come
andiamo?»
«Cosa gli hai fatto?» domandò l’eroina italiana, voltandosi verso il
felino e poi guardando la ragazza appollaiata: «Perché mi sembra fin
troppo felice.»
«Beh, volpe, non posso dire di certe attività che faccio con la mia
signora…»
«Fermati. Ho già capito.» decretò Volpina, scuotendo il capo e osservando
Ladybug saltare giù dalla sua postazione: «Lo so che te lo chiedo ogni
volta, ma come fai a sopportarlo?»
«Essere così…» Ladybug si fermò, tamburellandosi le dita guantate di rosso
sulle labbra: «…scemotto, fa parte del suo fascino.» sentenziò la ragazza,
ridendo e facendo l’occhiolino al suo compagno, pochi passi dietro di
loro: «Prendilo come un complimento, Chat.»
«Ah. Purrfetto. Stavo già cercando di capire cosa era. Scemotto…mh.
Interessante come complimento, davvero. Mi chiedo dove sia complimento, ma
va bene.» borbottò il ragazzo, massaggiandosi la nuca e osservando il loro
nemico fermarsi a metà ponte: «Buonasera!» esclamò spavaldo, avanzando
verso l’emissario di Maus e sorridendo impertinente: «E benvenuto a
Parigi, città dell’amore e…degli scudi a quanto pare. Lo sa che un nostro
amico, Tortoise, ce l’ha dello stesso modello ma verde?»
«Vi piace scherzare, a quanto vedo.» sentenziò l’uomo, mettendosi in
posizione difensiva con lo scudo davanti a sé: una ragnatela di metallo,
completamente vuota nelle parti centrali: «E pensate di essere divertenti,
vero?»
«E quello vuole combatterci con quel coso?» domandò Volpina, roteando il
flauto e chinando la testa di lato, mentre osservava le figure di Bee e
Tortoise giungere dal lato opposto del ponte: «Seriamente, come…»
«Non lo sottovaluterei, Volpy.» sentenziò Alex: «Ti ricordo che
sicuramente è un’arma al Quantum-β.»
«Lo so, lo so.»
«Non prenderlo sottogamba.»
«D’accordo, Ha…voglio dire, Mogui.» sbottò l’eroina arancio, voltandosi
verso Ladybug: «Che facciamo? L’attacchiamo oppure…»
«Proviamo.» dichiarò la coccinella, sorridendo all’altra: «Puoi mandargli
contro qualche copia? Vorrei studiare la sua arma.»
«Quello che desideri, LB.» decretò divertita Volpina, portandosi il flauto
alle labbra e suonando alcune note, creando così una copia di Ladybug e
una di Chat Noir che spedì contro il nemico; rimasero in attesa,
osservando l’uomo premere qualcosa sull’avambraccio: la rete di metallo
vibrò e velocemente un campo di energia ocra riempì le parti vuote:
«Quantum…» mormorò Volpina, osservando poi il nemico dare un colpo di
scudo alla copia di Chat e afferrare per la gola la finta Ladybug: «Ecco
con cosa abbiamo a che fare stavolta.»
«Scudo…» mormorò Alex dalla sua postazione: «Come lo chiamiamo? Sarebbe
carino mantenere la S iniziale come per Sith e Slimer.»
«Che ne dite di Shield?» buttò lì Bee, alzando un braccio e tenendo sotto
tiro il nemico: «Scudo in inglese.»
«Banale.» decretò Alex, sospirando rumorosamente, mentre alle orecchie di
tutti arrivava il suono dei tasti premuti: «Scutum?»
«E cosa è uno Scutum?» domandò Tortoise, scuotendo il capo e avanzando
dietro a Bee: «Sinceramente non l’ho mai sentita questa parola.»
«E’ un tipo di scudo romano.» decretò Peacock, balzando dietro di loro e
sorridendo alla ragazza e all’amico: «Se non sbaglio dovrebbe essere
quello classico che si vede nei film.»
«Come mai sai queste cose, piumino?»
«Perché, ti ricordo, mio padre lavora nel campo della storia, Volpina.» le
rispose immediatamente l’eroe blu, scuotendo la testa: «Quindi qualcosa
so.»
«Peacock, mi dispiace dovertelo chiedere fin da subito ma…»
«Nessun problema, boss. Vedo cosa si può fare.» decretò il giovane,
facendo un passo indietro e osservando Tortoise mettersi di fronte a lui:
«Amico, non penso che possa succedermi qualcosa, vai pure con…»
«Tortoise rimane dove è!» decretò Bee, fissandolo: «Non so se hai presente
il fatto che tu sei quello che si ferisce più di tutti fra noi! Due volte
con Mogui!»
«Ed è stata l’unica volta!»
«Scusa, amico.» mormorò Alex, nell’auricolare: «Non sapevo di prendermela
con te!»
«Tortoise!»
«Rimango qui, tranquilla Bee!»
L’eroina gialla annuì, lanciandogli un’ultima occhiata e voltandosi poi
verso il nemico che, spavaldamente, le stava dando le spalle: «Ehi! Non
hai paura di me?» domandò, prendendo la mira e lanciando un
pungiglione, osservando Scutum voltarsi e parare l’aculeo con lo scudo.
«Signorina, sto tremando dalla paura.» esclamò l’uomo, allargando le
braccia e sorridendo: «Voi tre fanciulle…beh, bisogna dire che queste
tenute da supereroine sono veramente eccitanti.»
«Questo lo uccido.» decretò Chat, balzando davanti Volpina e Ladybug: «Non
ti conviene fare apprezzamenti su queste tre, sai? Hanno dei fidanzati
molto gelosi.»
«Beh, io non sono geloso.» decretò Scutum, facendo un passo verso Bee e
sorridendo: «Che ne dici signorina gialla? Tu, io, le tue due
amichette…andiamo a divertirci tutti assieme? Ne ho per tutte, non
preoccupatevi.»
Bee alzò di nuovo il braccio, caricando un nuovo aculeo ma qualcosa le
sfrecciò vicino al viso e si ritrovò a osservare una parte dei ventagli di
Peacock infrangersi contro lo scudo: «Che ne dici se invece ti diverti con
me? E con Chat. E con Tortoise. Penso che tutti e tre abbiamo veramente,
ma veramente, voglia di divertirci con te.»
«In effetti…» commentò Tortoise, sciogliendosi i muscoli delle spalle e
sorridendo: «Ho proprio voglia di divertirmi.»
«Non avete idea.» fu la replica di Chat che, roteando il bastone, si
avvicinò minaccioso dalla parte opposta rispetto ai due e sorridendo:
«Penso proprio che stasera mi intratterrò tanto.»
«E noi che facciamo?» domandò Ladybug, osservando i tre ragazzi iniziare a
ingaggiare uno scontro serrato con Scutum: «Rimaniamo qui a guardare?»
«Qualcuno ha dei pop-corn?» domandò Volpina, avvicinandosi alla balaustra
di pietra bianca e sedendosi sopra, osservando la battaglia con Ladybug al
fianco: «Perché in questi casi servono i pop-corn.»
«Quel tipo se l’è cercata…» commentò Bee, raggiungendo le altre due eroine
e incrociando le braccia al petto: «Certo, non poteva sapere che i nostri
ragazzi sono loro.»
Ladybug annuì, osservando Chat colpire Scutum con un calcio e spedendolo
contro Tortoise che lo atterrò velocemente a terra; il nemico si rialzò,
sputando qualcosa e guardando male i tre: «Non siete molto leali, eh?»
«Ci piace vincere facile.» decretò Chat con il sorriso sulle labbra e
caricando, iniziando a colpire lo scudo con il suo bastone e non notando
il calcio che Scutum gli assestò in pieno addome, spedendolo dalla parte
opposta del ponte: «Che cosa prendi, amico? Perché dubito che questa forza
sia normale.»
«Sono un soldato. Addestrato per uccidere.» decretò Scutum, sorridendo e
caricando verso Chat, venendo bloccato da Tortoise che si parò davanti
l’eroe nero, colpendo lo scudo avversario con il proprio: «Andiamo. Scudo
contro scudo? Pensi davvero di vincere così?»
«Sai, come si dice…» mormorò Peacock, facendo scivolare il filo del suo
ventaglio sulla nuca dell’avversario: «L’unione fa la forza e tu hai
perso.» decretò, fissandolo freddamente, mentre Scutum si girava con le
mani alzate e sorrideva: «Cosa sorridi?»
«Beh, pensate davvero che il dottore vi permetterà di mettere mano sulla
sua creazione?» domandò l’uomo sorridendo e dando una breve occhiata di
lato: Peacock seguì la direzione, balzando poi all’indietro in modo da
evitare un colpo del fucile di Slimer: «Ci vediamo, ragazzi. E’ stato
bello conoscervi.» decretò Scutum, scattando verso i compagni e salendo
sul mezzo: «Signorine, la prossima vi farò capire cosa è un vero uomo.»
decretò, prima di chiudere lo sportellone
Tortoise ringhiò, lanciando il suo scudo rasoterra verso il furgone e
osservandolo mancare di poco il bersaglio: il mezzo sgommò per la strada,
scivolando veloce per Quai d’Orsay sparendo fra le vetture: «Lo possiamo
raggiungere.» decretò Chat, correndo all’inizio del ponte e osservando la
direzione in cui erano fuggiti: «Andiamo! Stavolta non abbiamo problemi di
tempo!»
«Chat…»
«My lady, non possiamo…»
«Hai visto la velocità a cui andavano, no?» decretò la ragazza,
raggiungendolo e abbozzando un sorriso: «Sarà difficile trovarli, se non
impossibile.»
«Possiamo provare dall’alto, magari.»
«Chat. Possono essere ovunque.»
«Se continuiamo a parlare è ovvio che li perdiamo.»
«E anche per questa volta abbiamo concluso con un nulla di fatto.» decretò
Bee, stringendosi nelle spalle e sobbalzando quando Tortoise colpì con
forza la balaustra di pietra: «Ehi! Tortoise!»
«Tesoro, non ti conviene distruggere qualcosa…» mormorò Volpina,
avvicinandosi al giovane e posando una mano sul pugno: «LB, non ha usato
il Lucky Charm.»
«Sì, scusami.» commentò Tortoise, scuotendo il capo e andando a recuperare
il suo scudo, assicurandoselo di nuovo allo scudo e fissando anche lui la
direzione in cui il furgone era sparito: «La prossima volta, lo
sconfiggo.»
«E’ la prima volta che lo vedo arrabbiato…» commentò Peacock,
avvicinandosi a Bee e fissando sorpreso il compagno: «Lui è sempre così
calmo…»
«Anche tu, ti sei arrabbiato. E anche Chat.» mormorò Bee, sorridendo al
giovane e posandogli una mano sull’avambraccio: «Grazie per aver difeso il
mio onore.»
«Se quello…» iniziò Peacock, stringendo i pugni e tenendo lo sguardo fisso
davanti a sé: «Lo uccido.»
«No. Lo sconfiggiamo come abbiamo sempre fatto, ma non ci macchieremo mai
le mani.»
«Beh, dobbiamo vedere.» decretò Chat, avvicinandosi con Ladybug al fianco,
ringhiando sommessamente: «Sinceramente sono d’accordo con Peacock: se
quello prova di nuovo…lo uccido.»
«Chat…»
«Penso che anche Torty sia d’accordo.»
«Ok, abbiamo capito tutti che Scutum è sulla lista nera.» decretò Alex,
attirando su di sé l’attenzione di tutti: «Che ne dite di andare via di lì
e…beh, fare le vostre cose da fidanzati gelosi e che hanno bisogno di
scaricarsi? Dai, Rafael! Che è la volta buona!»
«Alex!» strillò Bee, togliendosi l’auricolare e guardando gli altri: «Voi
non avete sentito niente, vero?»
«Veramente…» iniziò Chat, ridacchiando e scuotendo il capo: «Abbiamo
sentito tutti.» mormorò, avvicinandosi al compagno e passandogli un
braccio attorno alle spalle: «Cos’è questa storia della volta buona?»
«Com’è che tu non ti fai mai gli affari tuoi?»
«Andiamo! Siamo amici, no?»
«Voglio morire. Voglio morire. Voglio morire.»
Marinette ridacchiò, osservando la bionda abbandonata sulla chaisse longue
e con il volto nascosto fra i cuscini che ripeteva quelle due parole come
un mantra: «Se ti può consolare, posso capire benissimo come ti senti…»
mormorò la mora, osservando le due kwami che fissavano divertite la scena:
«Sono la regina delle figure imbarazzanti.»
«Perché lo abbiamo salvato? Era così carino da Mogui.» decretò Sarah,
alzando la testa e osservando Marinette: «Come ha potuto…»
«E’ tuo amico. Ti vuole bene.»
«Mettere in imbarazzo una persona non è volere bene, è essere sadicamente
maligni.» sbuffò Sarah, alzandosi in piedi e dando un’occhiata alla
stanza: «Posso stare qui? Davvero? Perché se dovessi tornare a casa…»
«Sì, certo.» decretò la mora, sorridendo: «Mi dispiace solo che dovrai
dormire sulla chaisse longue, ma…»
«Oh. Tranquilla. E’ comoda.» decretò Sarah, sedendosi e osservando
l’amica: «E poi non voglio rubare il posto ad Adrien, se fa una visitina
notturna.»
«Non penso verrà.»
«Ne sei sicura, Marinette?» domandò Mikko, ridacchiando: «Perché è
difficile non vedervi assieme e trovo questa cosa estremamente romantica:
lui che non riesce a stare lontano da te che per pochi minuti…»
«Veramente stiamo lontani intere giornate, adesso.»
«Mikko adora le storie d’amore.» decretò Sarah, sorridendo alla kwami
gialla: «Ne va letteralmente matta.»
«Beh, quando ero umana ero stata data in sposa a un uomo che non amavo e
mi sono offerta, anche per sfuggire a quel legame.» decretò la piccola
kwami, abbassando il musetto: «L’amore. Non ho mai saputo cosa fosse
personalmente, a differenza di qualcun’altra…» concluse, dando una lieve
spinta a Tikki.
«Non stai parlando di me?»
«Sto parlando di te.» decretò lo spirito dell’ape: «Tu e Plagg eravate
così…così…»
«Non pensavo nemmeno che ci notassi.»
«Un po’ difficile non farlo, soprattutto quando tu gli urlavi dietro per
tutta Daitya.»
«Daitya?»
«Era la nostra patria.»
«Non l’ho mai sentita.» mormorò Marinette, appoggiandosi con i gomiti alla
scrivania: «Dovrei controllare sui libri di storia…»
«Non la troverai sui libri.» decretò Tikki, sorridendo alla sua
Portatrice: «Daitya è molto antica e si è persa nel mare del tempo.»
Lila sorrise al messaggio di Marinette, che la informava che Sarah dopo
alcune chiacchiere con lei e le due kwami, alla fine, si era addormentata:
«Notizie buone?» domandò Wei, infilandosi nella sua parte di letto e
osservandola mentre posava il cellulare sul comodino.
«Sarah si è calmata.»
«Povera Sarah, messa in imbarazzo davanti a tutti.»
Lila annuì, poggiando la testa contro l’addome del giovane e
abbracciandolo: «E’ colpa di Rafael. Insomma, sembra che sia…»
«Forse non sa come fare perché a Sarah ci tiene e ha paura di rovinare
tutto, non credi?»
«Wei, seriamente, stiamo parlando di Rafael.»
«Lo so. E per questo ti dico che si muove piano per non rovinare il loro
rapporto.» decretò il cinese, sorridendole: «Inoltre, noi non dovremmo
interferire: sono cose loro.»
«Odio quando sei più saggio di me.» bofonchiò Lila, massaggiandogli la
pancia: «Ti sei calmato?»
«Mh?»
«Da quando ti conosco, ti ho visto arrabbiato solo due volte: oggi e la
volta in cui ho dato fuoco alla casa perché ho cucinato.»
«Potevi morire quella volta…» borbottò Wei, osservando il sorrisetto sulle
labbra dell’italiana: Lila si mise a sedere, tenendo lo sguardo chiaro su
di lui e salendogli in grembo: «Cosa hai in mente di fare?»
«Mh. Conosco un metodo che dovrebbe far sbollire velocemente la rabbia…»
«Penso mi piaccia quel metodo.»
«Sì, lo penso anch’io.» decretò Lila, chinandosi su di lui e sfiorandogli
le labbra con le proprie: «Si, penso proprio che ti piaccia.»
«Sono da Rafael, adesso.» decretò Adrien, ascoltando la voce del padre
dall’altro capo del telefono e sospirando: «Con la mamma com’è andata?
Bene? Oh. Ottimo. No, penso di tornare più tardi, appena Plagg si è
rifocillato…»
«Come posso ricaricarmi con questa roba?» domandò il kwami nero,
osservando schifato il formaggio davanti a sé: «Che problemi hai con il
camembert?»
«Ehi, neanche ha usato il suo potere speciale.» sbottò Rafael, indicando
il biondo che chiudeva la chiamata: «Quindi non lamentarti e mangia lo
chèvre.»
«Che problema hai, Plagg? Ti piace lo chèvre!»
«Ma non è camembert!»
«Appena saremo a casa mangerai il tuo camembert, promesso.» dichiarò
Adrien, sorridendo al suo kwami e spostando lo sguardo sul compagno:
«Allora, parliamo di questa volta buona…»
«Era tuo padre?»
«E tu stia palesemente cambiando discorso.» sbottò il biondo, sedendosi al
tavolo e passandosi le mani fra i capelli: «Sì, era mio padre. Si è
informato sulla battaglia e poi…beh, volevo sapere com’era andato il suo
appuntamento con mamma.»
«Immagino sia andato bene.»
«Lo charme degli Agreste non è acqua…» dichiarò divertito Adrien: «Allora,
questa volta buona…»
«Non molli, eh?»
«Sono un gatto con un gomitolo fra le zampe! Ovvio che non mollo.»
Rafael sospirò, poggiandosi contro il muretto dell’arco, che fungeva da
divisorio fra il soggiorno e la sala da pranzo, e si passò una mano fra i
capelli, spettinandoli: «Quanto tempo ci hai messo prima che tu e
Marinette…beh…che voi…»
«Quattro anni, più o meno.» rispose immediatamente il biondo, sorridendo:
«Certo, c’è da dire che, per quanto avessi voglia di farlo, avevo un po’
di paura. Era la prima volta anche per me e…boh, avevo paura di rovinare
tutto.»
«Paura di rovinare tutto…»
«Andiamo, Rafael!»
«Non voglio rovinare quello che ho con Sarah: ho paura che se noi…se io…»
«Che vuoi rovinare? Dai! Posso capire io, che avevo paura a sbagliare
entrata.» sbottò il biondo, mimando delle virgolette sull’ultima parola:
«Ma tu…»
«Non è che con il fatto che ho più esperienza non possa far danni.» sbottò
Rafael, scuotendo la testa e ridacchiando: «Paura a sbagliare entrata?»
«Tutto è possibile. Ti ricordo che sono il Portatore del Miraculous del
Gatto Nero.» dichiarò divertito Adrien, poggiandosi contro lo schienale
della sedia: «In ogni caso, da amico, ti dico di mettere da parte la paura
e di lasciare che avvenga.»
«Facile a dirsi, difficile a farsi.»
«Quando è successo fra me e Marinette fu perché lei mi saltò addosso.»
«Davvero?»
«Già.»
«Beh, è il boss dopotutto.» commentò divertito Rafael, incrociando le
braccia al petto: «Quindi, uomo del boss, qual è il tuo consiglio?»
«Aspettare che sia Sarah a saltarti addosso?» buttò lì Adrien,
ridacchiando: «Scherzi a parte, metti da parte la tua paura e segui i tuoi
sentimenti.»
«Che consiglio.»
«Smetti di farti tanti film mentali degni di Marinette e fai capire a
Sarah quello che provi e vuoi. Così ti va bene?»
«Meglio, sì.»
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Capitolo 25 *** Capitolo 25 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.584 (Fidipù)
Note: Alola a tutti! Allora, vi devo dire che è un miracolo se
riesco a staccarmi da Pokemon Luna (ormai sono completamente andata!) e a
postare il capitolo nuovo nuovo...Ok, pazzia a parte, passo subito a dirvi
di qualche luogo che visiteremo in questo capitolo: primo in ordine di
apparizione è il negozio di costumi di carnevale (perché, in vero, è un
negozio che tratta questo genere di costumi) e che si trova davvero a
Parigi e si chiama Au clown de la république (qui
potrete trovare il link del sito), trovato dopo parecchie ore di ricerche
e scelto perché...beh, mi piacevano le vetrine. Ormai penso sia nota a
chiunque segue questa saga (perché di questo si tratta, dopo MH, MH2,
Tikki e...beh, tutto ciò che verrà in seguito). L'altro posto che
visitiamo, invece, è un grande magazzino di stoffe e quant'altro che si
trova nei pressi di Sacre Coeur - sempre attorno a casa di Rafael si va a
finire -, che si chiama Marché Saint-Pierre - Dreyfus (anche qui vi lascio
il link del sito).
E mi sembra di aver detto tutto.
Come sempre voglio ringraziarvi tutti perché leggete le mie storie,
commentate (non temete, leggo ogni singolo commento e spero, prima di
riuscire a recuperare le risposte a tutti i commenti!), le inserite nelle
vostre liste e...
Beh, semplicemente grazie!
Marinette sbuffò, sentendo qualcosa
pungolarla nel sonno: «Adrien…mmh…no…» biascicò, cercando di allontanare
la mano del disturbatore e si voltò nel letto, borbottando frasi
sconnesse: «Dopo. Lo facciamo dopo…»
«Marinette…» mormorò Sarah, cercando di trattenere la risata: «Volevo solo
dirti che vado via.»
La mora scattò a sedere, osservando la bionda in tenuta da eroina seduta
sul suo letto: «Non ho detto niente di imbarazzante, vero?» domandò,
passandosi una mano sul volto e scuotendo la testa, cercando di scacciare
i postumi del sonno: «Vero?»
«Penso di aver capito che ad Adrien piacciono le coccole mattutine.»
«E quelle pomeridiane, serali, notturne.» dichiarò una voce maschile
dabbasso: «Ma quelle mattutine restano le mie preferite.»
Le due ragazze si affacciarono dal soppalco, osservando Chat Noir in
piedi, in mezzo alla stanza che le fissava dal basso: «Ciao Chat!» lo
salutò Bee, muovendo la mano guantata di giallo: «Stavo giusto andando
via. Ti ho svegliato la tua signora.»
«Grazie, Bee.» sentenziò l’eroe, facendole l’occhiolino: «Per ricambio
posso dire che ho parlato con il tuo…mh. La frase che avevo in mente è
altamente equivoca.»
«Quando qualcosa esce dalle tue labbra è sempre equivoco, mon tresor.»
dichiarò Marinette, poggiandosi alla balaustra accanto al letto e
sorridendo al giovane, mentre Bee ridacchiava vicino a lei.
«Amore della mia vita, se vuoi giocare a questo gioco devi essere pronta
a…»
«Io vado.» decretò Bee, salendo velocemente le scalette accanto al letto
di Marinette e scuotendo il capo divertita: «Ci sentiamo!»
«Ciao, Bee.» mormorò Marinette, osservando l’eroina aprire la botola e
sparire all’esterno; la mora si voltò verso il giovane che, velocemente,
stava salendo sul soppalco, sorridendo di fronte all’espressione affamata
negli occhi verdi: «A cosa devo l’onore della tua visita, Chat?» riuscì a
dire, prima che le labbra del biondo reclamassero le sue.
Marinette si aggrappò alle spalle del ragazzo, carezzando la tuta nera e
ritrovandosi poi sdraiata sul suo letto, sorridendo quando il biondo si
allontanò leggermente da lei: «Lo chiedi anche?» le domandò Chat,
scivolando con le labbra lungo la mascella e più giù sulla gola,
ridacchiando al sospiro che uscì dalle labbra della ragazza: «Hai voglia,
my lady? Perché sinceramente, io…»
«Chat…»
«My lady…» mormorò il ragazzo, issandosi leggermente su e sfidandola con
lo sguardo: «Devi solo dirlo: Chat – o Adrien, come preferisci – ho tanta,
ma tanta, voglia di…»
«Non lo dirò mai!» sentenziò la ragazza, poggiandogli le mani sulla bocca
e impedendogli di parlare: «Mai e poi mai.»
«Sei noiosa.»
«E tu un maniaco.»
«Non è vero!»
«Puoi far uscire Plagg? Così mi da man forte!» domandò Marinette,
avventandosi sulla mano con l’anello: Chat sorrise, alzando l’arto e
portando il gioiello fuori portata della ragazza: «Chat, abbassa la mano.»
«Per fare cosa, my lady? Forse per…»
Marinette storse le labbra, montando a cavalcioni sul giovane e allungando
una mano verso quella guantata di nero, tenendo lo sguardo in quello verde
e osservandolo mentre la luce passava da maliziosa a nervosa: «Cosa c’è,
gattino? Non ti piace stare sotto?»
«Stai prendendo una brutta strada, lo sai?»
«Ho imparato da te.» dichiarò Marinette, afferrandolo per il polso e
abbassandogli la mano; Chat deglutì, mentre la ragazza manteneva lo
sguardo fermo nel suo e faceva scivolare l’anello dal dito: la
trasformazione si sciolse e la giovane socchiuse un attimo gli occhi,
mentre la maschera di Chat Noir svaniva: «Ciao, Plagg.» Marinette salutò
lo spiritello nero, sorridendo quando Adrien le sfiorò la gola con le
labbra: «Vero che Adrien è un maniaco?»
«Maniaco depravato con la fissa per il nudismo.»
«E’ camera mia. Sarò libero di fare quello che mi pare in camera mia?»
sbottò il biondo, voltandosi verso il kwami e lasciando che Marinette gli
carezzasse il capo biondo: «E cerco sempre di portarmi tutto l’occorrente
in bagno.»
«Per le tue docce da modello?»
«La smetti di prendermi in giro, Marinette?» sbuffò il biondo, mordendole
lieve la spalla e tornando a fissare il kwami: «Che c’è ora?»
«Stavo pensando, Pist…»
«Tikki, lo sai che a Plagg…»
«A Plagg niente.» sbuffò il kwami nero, volando verso l’alto e sparendo
oltre la botola, seguito a ruota da Tikki, che indugiò un attimo,
osservando i due ragazzi e poi uscendo anche lei dalla stanza.
«Che cosa avete oggi?» domandò Marinette, concentrandosi sul biondo e
vedendo lo sguardo verde brillare di malizia: «Seriamente, Adrien, sei su
di giri…»
«Beh, ieri notte non è che ho potuto…come dire? Scaricarmi.»
«Giusto, io ti servo solo per quello…» sbuffò la ragazza, scendendo dal
grembo del giovane e osservandolo imbronciata: «Per scaricarti.» lo
parafrasò lei, scuotendo il capo.
Adrien assottigliò lo sguardo, avvicinandosi e baciandole la pelle della
spalla, lasciata nuda dallo scollo della maglietta: «Ti amo, Marinette.»
mormorò, posandole un secondo bacio sulla gola: «Sei tutta la mia vita.»
un bacio dietro l’orecchio: «Sei il mio mondo.» un bacio sulla tempia: «Mi
sento l’uomo più fortunato del mondo ad averti al mio fianco e ad essere
amato da te.» un bacio sulla fronte: «Non lasciarmi mai.»
Marinette sorrise, afferrando il ragazzo per la maglia e tirandolo verso
di sé: «Avevi già risolto al Ti amo, lo sai?» mormorò, sfiorandogli le
labbra con le proprie e sentendolo ridere contro di esse.
«Era meglio non rischiare, my lady.»
Wei sbadigliò, entrando nella cucina con al seguito Wayzz, e osservando la
ragazza e il kwami della volpe, seduti davanti al pc: «Cosa state
facendo?» domandò, avvicinandosi ai fornelli e iniziando a mettersi
all’opera per la colazione: «Controllate i files di Maus?»
«Peggio, sto vedendo una donna violentare la sua opera.» decretò Vooxi,
scuotendo la testa: «Lila non può averlo fatto!»
«Ma perché continui a leggere? Lo sai, è successo. Fine.» sbuffò
l’italiana, osservando il kwami della tartaruga affiancarsi all’altro:
«Fattene una ragione e vai avanti..»
«Sono sfuggito agli spoiler quest’estate – e tu sai quanto sia stato
difficile! Nemmeno quando guardavamo le prime serie di Game of Thrones era
così complicato! – per avere quel libro tra le mani e…ritrovarmi questo.
Non posso farmene una ragione. Non dopo la meraviglia che sono stati i
primi libri. Non posso. Fine.»
«Perché non ti sei appassionato a Game of Thrones? Perché?»
«Troppe morti.»
«Non è vero!»
«Ma se moriva gente in ogni episodio!» sbuffò Vooxi, scuotendo la testa:
«Quello è un telefilm adatto a Plagg.»
«Dici?» mormorò Lila, sorridendo: «Wei, amore mio!»
«Cosa hai in mente, Lila?»
«Nulla! Perché dici che ho in mente qualcosa?»
Wei si voltò, incrociando le braccia e poggiandosi contro il bancone della
cucina: «Perché ogni volta che mi chiami Wei, amore mio hai in mente
qualcosa. Allora? Di che si tratta?»
«Possiamo invitare Adrien e Plagg per una bella maratona di Game of
Thrones? Possiamo? Dai! Ti prego.»
«Solo Adrien? Non vuoi tormentare anche Rafael?»
«Rafael ce l’ha già il suo fissato.» dichiarò Lila, indicando il kwami
arancio: «Sinceramente fra Vooxi e Flaffy non so chi è peggio.»
«Lila…»
«Ti prego.» mormorò la ragazza, dondolando sulla sedia e sorridendo al
cinese: «Ti prego. Facciamo una serata tutti assieme. Così vedo Rafael e
Adrien – per par condicio, invitiamo anche il pennuto – impazzire per
certe scene perché non vogliono farle vedere alle loro signore…»
«Sei tremenda, Lila.»
«Ma tu mi ami anche per questo, vero?»
«Sì.» sbuffò Wei, poggiandosi sul tavolo e allungandosi verso la ragazza,
sfiorandole le labbra con le proprie: «Possiamo invitare tutti qui, ma tu
non tormenterai Adrien e Rafael.»
«D’accordo.» decretò la ragazza, annuendo con la testa e sorridendo.
«Non lo farai mai.»
«Lo farò! Li lascerò in pace! Davvero!» sentenziò l’italiana, alzandosi e
raggiungendolo, circondandogli la vita con le braccia: «Butterò qualche
commento qua e là.»
«Lila…»
«Sul telefilm, cosa pensavi!»
Sarah camminava a passo spedito, osservando i vari costumi del negozio:
quando Lila e Wei l’avevano informata, la sera prima, della festa di
Halloween che si sarebbe tenuta a Le Cigale, la bionda era rimasta senza
parole per pochi secondi, iniziando poi a dare di matto per il poco tempo
che aveva a disposizione per scegliersi un costume.
Non era Marinette, che aveva le mani d’oro e sapeva crearsi da sola un
vestito per sé e per Adrien: aveva visto i disegni e si era letteralmente
innamorata del vestito da strega e di quello da demone che aveva
disegnato.
«Hai intenzione di tenermi il muso per tanto?» le domandò Alex, seguendola
come un cane leale, mentre lei accarezzava un costume da piratessa: «Dai,
non ho pensato…»
«Al solito, Alex.»
«Era una battuta. Sono certo che nessuno ha inferito. Beh, lo spero.»
«Alex…»
«Davvero, non volevo.» piagnucolò il ragazzo, avvolgendola nelle braccia e
dondolandosi con lei: «Non voglio che mi tieni il muso. Sei la mia
migliore amica, non voglio che ce l’hai con me perché sono uno stupido che
da fiato alla bocca prima di pensare.»
Sarah sospirò, allontanandosi di un passo e fissando l’amico negli occhi:
«Non posso. Soprattutto quando mi chiedi scusa così.»
«Oh bene!» decretò il moro, sistemandosi gli occhiali e guardandosi
attorno: «Allora? Hai idea di cosa indosserai?»
«Beh, se qualcuno mi avesse avvisato in tempo…»
«Andiamo, è fra una decina di giorni. Hai tempo per pensarci.»
«Alex…»
«Giusto, dimenticavo che tu sei quella che progetta il costume di
Halloween con mesi di anticipo.» decretò il ragazzo, avvicinandosi a un
espositore e sorridendo: «Ho trovato il mio costume! Farò Freddy Krueger.
Deciso.»
«Ti vesti da Halloween o fai semplicemente cosplay?» domandò Rafael,
avvicinandosi ai due: le mani piantate nelle tasche dei jeans, un sorriso
tranquillo in volto: «Ciao.» mormorò, avvicinandosi a Sarah e chinandosi
per darle un bacio veloce.
«Ciao…» mormorò la ragazza, scoccando un’occhiataccia all’amico che,
poggiata la maschera di Freddy, stava imitando un cuore con le mani: «Che
ci fai qui?»
«Devo scegliermi un costume anch’io e Lila mi ha consigliato questo
posto.»
«Oh. L’ha consigliato anche a me.»
«Penso lo stia consigliando a tutti.» spiegò Rafael, grattandosi la nuca:
«Da quel che ho capito, ha preso qua i costumi per sé e per Wei…» si
fermò, scuotendo il capo moro e sorridendo: «Si sarà trovata bene.»
«Sai già da cosa si vestono?»
«Wei ha accennato qualcosa a cowboy e tipa del saloon. Ma dovresti
chiedere a Lila per conferma.» dichiarò Rafael, alzando le spalle: «Noi da
cosa ci vestiamo? Hai qualche idea in mente?»
«Noi?»
«Non facciamo i costumi coordinati?»
«Oh. Che cosa romantica.» sospirò Alex, sbattendo le labbra e sorridendo
zuccherosa: «I costumi da coppia.»
«Vai a sceglierti la maschera, Alex.» sibilò Sarah, fissando seria l’amico
che, prontamente, alzò la confezione del costume di Freddy Krueger:
«Quello? Sei sicuro?»
«Ehi, il signor Krueger è un simbolo di Halloween!»
«Vuoi fare il cosplay, vero?»
«Quello che mi torna strano è che tu, Rafael, sappia cosa è un cosplay.»
«Ehi, amico, non è che sono completamente fuori dal mondo, sai? So cosa è
un cosplay.» dichiarò il ragazzo, indicandosi: «In verità, mi piacerebbe
anche provare…»
«E’ il mio migliore amico per questo.»
«Pensavo di essere io, la tua migliore amica.»
«Tu, Sarah, sei la mia miglior amica femmina.» decretò Alex, sorridendole:
«Rafael, è quello maschio. Bene, io vado a pagare il mio acquisto e sento
se hanno anche il guanto di Freddy. Voi…beh, fate le vostre cose.»
«Uragano Alex.» decretò Sarah, scuotendo il capo biondo e sospirando:
«Perché lo sopporto ancora?»
«Non chiedere a me.» le rispose Rafael, sorridendo: «Allora. Escludendo il
western che è stato preso da Lila e Wei…»
«E togliamo anche strega e demone, perché si vestono così Adrien e
Marinette.»
«Cosa ci rimane?» si domandò Rafael, guardandosi attorno: «Possiamo
evitare qualsiasi cosa che preveda che io indossi una gonna: gladiatori,
uomini delle caverne…»
«Pirati?»
«I pirati indossavano le gonne?»
«No. Che ne pensi dei pirati?»
«Ho sempre sognato i boccoli di Capitan Uncino.» decretò Rafael,
ridacchiando: «Mh. Sì, i pirati non sarebbero male.»
Sarah sorrise, guardandosi attorno e avvicinandosi alla zona dove erano
stati posizionati i costumi a tema piratesco; ridacchiò, afferrando un
tricorno pieno di trina e con due fiocchetti rossi, allungandosi poi per
posizionarlo in testa al ragazzo: «Che ne dici?»
«Mi manca il vestitino in tinta.» dichiarò Rafael, prendendo il cappello e
rigirandoselo fra le mani, posandolo poi sul capo biondo di Sarah: «Mh.
Penso che sta meglio a te.» assentì, afferrando poi un tricorno dall’aria
più sobria: «Bene, i cappelli li abbiamo. Ora dobbiamo scegliere i
vestiti.»
Marinette carezzò la stoffa, ordinatamente impilata sui banconi, e
sorrise: «Sicura che non è problema essere venuta qua, madame Agreste?»
domandò, alla donna che era con lei e che si stava guardando attorno: «Mi
dispiace, ma…»
«Nessun problema, Marinette. Sono fuori casa e questo è quanto!» decretò
la donna, sorridendole e avvicinandosi: «E chiamami Sophie, ti prego.»
«D’accordo.»
«Allora…» mormorò Sophie, battendo le mani fra loro: «Cosa dobbiamo
prendere?»
«Vediamo…» borbottò la ragazza, prendendo il cellulare e aprendo il memo
ove si era appuntata tutto ciò che le serviva: «Dunque, stoffa arancio,
viola, viola scuro, bianca e nera e crema; poi passamaneria – non mi
ricordo quanta ne ho ancora – bianca e oro, nastro di raso color
cioccolata con strisce oro, uno stellato…» si fermò, facendo scorrere lo
schermo: «seta color vinaccia di due tonalità, le fibbie, i cinturini.»
«In pratica, rapiniamo il negozio?»
Marinette ridacchiò, alzando lo sguardo dal cellulare: «Più o meno.»
dichiarò, mordendosi il labbro inferiore: «L’ultima volta che sono venuta
qua, Adrien penso mi abbia maledetto per tutta la roba che ho comprato.»
«Io no.» decretò il ragazzo, facendo largo fra i banconi di stoffa: «Ma il
gorilla sì. Ha parcheggiato la macchina qua vicino, quindi appena siamo
pronti, lo chiamiamo e lui porta tutto in auto. Ti ha già detto la lista
della spesa, mamma?»
«Sì.» dichiarò la donna, osservandoli mentre Adrien leggeva ciò che la
ragazza si era appuntata e annuiva con la testa: «Io vado a cercare la
passamaneria, d’accordo? Penso sia l’unica cosa che riuscirei a capire
cosa è.»
«E a me tocca la parte più pesa.» sbuffò Adrien, abbozzando un sorriso
alle due donne: «Tanto lo so che toccherà a me, prendere i rotoli di
stoffa.»
«Per cosa avresti messo su quei muscoli?» domandò Sophie, sorridendo: «A
qualcosa dovranno pur servire.»
«A salvare Parigi, mamma?»
«Anche Marinette salva Parigi e non ha questo fisico palestrato che hai
tu.» sentenziò la donna, incrociando le braccia e annuendo vigorosamente:
«C’è da dire che hai preso molto da tuo padre. Anche lui aveva quella
fossette all’addome che io trovo adorabili. E tu, Marinette?»
«Ah…ecco…»
«Mamma!»
«Come ti scandalizzi facilmente! Ti abbiamo visto entrambe nudo, lo sai?»
sbuffò la donna, voltandosi e facendosi strada fra le stoffe, sotto lo
sguardo attonito di Adrien.
«Per anni, da quando è scomparsa, me la sono immaginata in un modo:
insomma, ha sposato mio padre e…»
«E non ti aspettavi questo?» domandò Marinette, deglutendo e facendosi
aria al volto rosso dall’imbarazzo: Sophie era molto diversa da come lei
se l’era immaginata. Decisamente molto diversa.
«No, per niente.»
«Quando eri piccolo, com’era?»
«Me la ricordo a malapena, sinceramente.» sbuffò il ragazzo,
massaggiandosi la nuca: «Affettuosa, allegra, giocosa…se penso a quel poco
che ricordo di lei, mi vengono in mente queste parole.»
«Direi che lo è ancora.» decretò Marinette, sorridendogli: «Affettuosa,
allegra, giocosa, aperta, senza peli sulla lingua…»
«Già.» mormorò il ragazzo, sorridendo: «Andiamo a fare spesa, allora? Per
caso dopo dovrai prendermi le misure? Adoro quando mi prendi le misure per
i pantaloni.»
«Non devo farti dei pantaloni!»
«Ehi, non si sa mai!»
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Capitolo 26 *** Capitolo 26 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.278 (Fidipù)
Note: Ed eccomi qua, un po' ritardo stasera con l'aggiornamento
ma...ehi, stavano facendo Come d'incanto in televisione e non me lo sarei
perso per niente al mondo! (Fra l'altro, mentre lo guardavo il mio
cervello era in moto e...mah, chissà cosa tirerò fuori dal cilindro?).
Prima di tutto, chiedo scusa: ultimamente non riesco ad aggiornare il
sabato e quindi Inori si è momentaneamente arrestata (vedrò se riesco a
riprendere questa settimana, altrimenti sposterò quell'aggiornamento a un
giorno più congeniale): perdonatemi davvero, vorrei aggiornare ma ogni
volta sembra che l'intero mondo si accanisce contro le mie buone
intenzioni.
Bene, bene. Siamo alla fatidica festa di Halloween e chissà...forse ci
saranno degli ospiti speciali. Beh, non penso ci sia da presente Le
Cigale: ormai tutti voi conoscete il locale preferito di Rafael e gestito
dall'amico Alain (piccola curiosità: quando creai il personale del gestore
del locale, avevo un piccolo problemino con il nome, ovvero: come lo
chiamo questo povero cristo? Beh, pensa e ripensa, la scelta andò a finire
sul nome di mio cugino, ovvero Alain. E sì, una parte della mia famiglia
vive in Francia.), quindi non vi sto a raccondare del locale e, anzi,
passo direttamente ai ringraziamenti.
Come sempre - e ormai vi sarà venuto a noia - voglio ringraziarvi tutti
quanti: grazie a voi che leggete, grazie a voi che commentate, grazie
anche a chi viene qui su EFP per la mia storia (perché sono una persona
veramente cattiva e si dimentica sempre che l'ha postata anche su Wattpad
e dovrebbe aggiornarla anche lì), grazie a chi la inserisce in una delle
loro liste e...
Beh, grazie a tutti!
Rafael osservò la sala centrale de Le
Cigale, piena di persone in maschera: aveva incontrato subito Nino e Alya,
vestiti entrambi da zombie, e Chloé che, in barba al tema principale di
Halloween, si era vestita da angelo.
Svestita, per meglio dire.
«Più che una festa di Halloween, sembra una di Carnevale.» commentò Sarah
al suo fianco, ridacchiando e sistemandosi meglio il tricorno in testa:
«Seriamente, voi francesi non capite nulla della festa degli spiriti e
delle streghe.»
«Vorrei ricordarti, amica mia, che tu sei vestita da piratessa.» dichiarò
Alex, affiancando la ragazza e prendendola per le spalle: «Qui l’unico
veramente in tema sono io.» sentenziò convinto, allontanandosi di un passo
e mostrando fiero l’abbigliamento di Freddy Krueger, indicando poi la
donna seduta al bancone dietro di sé: «E anche Willie. Da cosa sei
vestita?»
«Coeur Noir.»
«Ecco, più spaventosa di lei non c’è nessuno.»
«Nessuno nota il fatto che Sarah si è vestita di giallo e nero?» domandò
Rafael, spintonando leggermente la ragazza e dando un’occhiata al costume
da pirata della ragazza: il corto abito giallo e la giacca nera della
stessa lunghezza, richiamavano i colori del costume da supereroina della
giovane.
«Rafael, seriamente, il tuo giaccone è blu.» dichiarò Willie,
avvicinandosi con un bicchiere di liquore in mano: «Vuoi davvero
commentare quello di Sarah?»
«Sicura di essere Coeur Noir, tu?» domandò il modello, sorridendo alla
donna: «Perché mi ricordi più Mortisia Adams.»
«Non vanno bene i miei capelli.» sentenziò Willhelmina, indicando la
capigliatura bionda: «Con quello che spendo dal parrucchiere, mi rifiuto
di mettere una parrucca nera.»
«Perché ti tingi i capelli?»
«Perché, Sarah, cerco in ogni modo di essere differente da ciò che ero.»
dichiarò la donna, alzando il bicchiere e ingollando il liquore in un
sorso, scuotendo poi la testa: «Forte questa roba.»
«E’ rhum, signora.» commentò Alain, da dietro il bancone: «E lei è la
prima che vedo, berlo tutto d’un sorso.»
Willhelmina sorrise, guardando poi il trio con lei: «Gli altri? Quando
arriveranno?»
«Wei mi ha mandato un messaggio poco fa, erano appena usciti dal metrò.»
dichiarò Rafael, tastandosi le tasche della giacca da pirata e tirando
fuori il cellulare, notando la notifica di un messaggio: «Ah. Adrien dice
che è fuori, sta arrivando.»
«Veramente sono già qui.» decretò la voce del biondo, facendo voltare
tutti: comodamente poggiato contro il bancone, Adrien stava roteando con
nonchalance la coda del suo costume: «Beh, come vi sembro?»
«Hai delle corna in testa.» dichiarò Rafael, ridacchiando: «Un presagio
forse?»
«Ah ah. Molto spirito, capitan Uncino.» sbuffò il biondo, scostandosi dal
bancone raggiungendo: «Mi chiedo come fai in bagno.»
«Uso la mano buona.»
«Dolcetto o scherzetto?» trillò Marinette, saltando accanto ad Adrien e
tenendosi con una mano l’enorme cappello da strega: «Beh? Non dite niente?
Con tutto quello che ci ho messo per cucire questi due costumi, pretendo
un complimento a testa!»
«Vieni a lavorare per me» decretò immediatamente Willhelmina,
avvicinandosi e studiando il costume da strega: «Davvero, Marinette. Ti
darò il doppio di quello che ti ha promesso Gabriel.»
«Veramente, l’ho reclutata io.» sentenziò Adrien, incrociando le braccia:
«Sarà la stilista di punta della maison e mia moglie. Non penso potrai
battere la mia offerta.»
«Te ne trovo uno meglio, Marinette. E che sappia stare zitto quando
serve.» dichiarò Willhelmina, sorridendo: «Bel vestito. Molto
particolareggiato: mi piace la gonna corta a pieghe e con quelle due code
aggiunte che danno l’idea di lunghezza dietro. E t’invidio: non ho più il
fisico per mostrare la pancia, io.»
«L’anno prossimo ti chiederò di fare anche il mio, Marinette!» sentenziò
Sarah, avvicinandosi all’amica e studiandola: «Non ci ho pensato! Potevo
sentire te, prima di...»
«In ogni caso dubito che sarei riuscita a farne un altro in tempo, dato
che qualcuno mi ha avvisato della festa tardi.» dichiarò la mora, fissando
il biondo con intensità: «Ma l’anno prossimo te ne farò uno sicuramente. E
anche a Lila.»
«Sei riuscita a farli in tempo, di che ti lamenti?» sbuffò il biondo,
roteando la coda: «Willie, e del mio dici niente? E’ opera di Marinette
anche questo.»
«Le corna sono uno spettacolo.»
«Perché vi fissate tutti sulle corna?»
«Perché sono una cosa meravigliosa.» sentenziò Lila, arrivando e
abbracciando da dietro Marinette: «Grazie, grazie, grazie. Grazie per
avermi permesso di vederlo cornuto.»
«Ehi, Calamity Lila.» sbuffò Adrien, osservando l’abbigliamento da
pistolera dell’amica: «Non è che ora…»
«Inizierò a fare battute su battute? Oh sì, che lo farò.»
«Lila, cosa mi avevi promesso?»
«Wei, caro.» tubò l’italiana, voltandosi indietro e osservando il proprio
compagno avvicinarsi: «Ogni promessa che ti ho fatto va a gatte allegre –
ti piace, Adrien? A gatte allegre! – di fronte alle sue corna.» sentenziò,
indicando l’amico e ridacchiando.
«Wei…» Alex si avvicinò al cinese, osservandolo nella tenuta da cowboy:
«Vederti così, mi ricorda quel vecchio film con Jackie Chan e Owen Wilson:
Pallottole cinesi. Avete presente? Quello dove c’è Jackie che va nel
selvaggio West perché…»
«Sì, Alex. Abbiamo presente.» sbuffò Lila, sistemandosi lo Stetson, il
classico cappello da cowboy, in testa: «Chi è la cavernicola?» domandò,
indicando la ragazza, con un costume che lasciava ben poco
all’immaginazione: «Ma siamo a una festa di Halloween o…oh mio dio!
Chloè!»
«Sto iniziando a sentirmi un pesce fuor d’acqua…» commentò Marinette,
osservando i costumi delle due ragazze indicate da Lila e poi notando il
resto dei suoi vecchi compagni: «No, ok. Sono abbastanza in tema.»
«La cavernicola è Blanche.» informò Adrien, lasciando perdere la sua coda
e abbracciando la mora: «E secondo me sei molto più bella tu di Blanche e
Chloé messe insieme.»
«Tu sei di parte, Adrien.»
«La parte migliore.»
«Io avrei da ridire.» commentò Lila, al loro fianco, incrociando le
braccia e osservando il biondo: «Secondo me è Marinette, la…»
«Wei, perché non la inviti a ballare così ce la togliamo di torno?»
«Non so ballare, spiacente.»
«Wei…» sospirò il biondo, scuotendo il capo: «Io credevo in te.»
«Mi dispiace di averti deluso, amico.»
«Beh, andiamo a ballare noi tre?» domandò Sarah, prendendo le mani di
Marinette e Lila: «Scateniamoci!»
«Dove volete andare voi tre?»
«A divertirci, Rafael! Voi tre rimanete pure a fare da baby-sitter ad
Alex!» dichiarò la bionda, immergendosi nella folla e trascinando dietro
le altre due.
«Se volete andare con loro, fate pure.» dichiarò Alex, sorridendo ai tre:
«Penso di aver bisogno di affetto materno e la bella cavernicola là,
potrebbe darmelo.»
«Amico. Dammi altro rhum.» sentenziò Willhelmina, voltandosi verso Alain e
mostrandogli il bicchiere vuoto: «Stasera ho veramente bisogno di avere
tanto alcool in corpo.»
Fu sospirò, osservando i kwami nella sua stanza: «Un’altra volta.»
dichiarò, guardando Plagg e Vooxi rincorrere Wayzz, mentre Flaffy li
seguiva assieme a Nooroo: «Quando la pianteranno di affidarmi voi sette?»
«Ma Marinette e gli altri…» mormorò Tikki, addentando un biscotto e
scoccando un’occhiata a Mikko, seduta al suo fianco: «Sono alla festa di
Halloween.»
«E non potevano occuparsi di voi, Gabriel e Sophie? O Bridgette?»
«Bridgette è alla festa anche lei.»
«Centonovant’anni e pensa ancora di essere una ragazzina.»
«Mentre Gabriel e Sophie…» Nooroo si fermò, battendosi una manina sul
musetto: «Possiamo dire che stanno riscoprendo il loro rapporto.»
«E a me tocca sopportare voi sette.»
«Andiamo, maestro! Stasera facciamo nottata!»
«Qualcuno plachi Plagg.»
«Ci vediamo tutta la saga di Harry Potter?»
«E Vooxi.»
«Il signore degli anelli?»
«E Flaffy.»
«Quanto mi sei mancata!» piagnucolò Alya, abbracciando l’amica e
stritolandola: «Nessuno che mi faccia ridere con i suoi film mentali, le
sue figurette imbarazzanti…» mormorò, allontanandosi e sistemandosi gli
occhiali: «Ti rendi conto che la tipa seduta accanto a me non è mai
entrata, per sbaglio, nel bagno dei ragazzi?»
«Potresti evitare di ricordarmelo, Alya?»
«Io devo ancora capire perché ci entrò…» mormorò Adrien, ridacchiando e
voltandosi verso Nino: «Te la ricordi quella volta? La porta del bagno che
si apre all’improvviso, Marinette che entra…»
«Kim che si tiene i pantaloni perché era uscito in quel momento…»
«Ehi, che ne sapevo che questa entrava nel bagno dei ragazzi?» commentò
Kim, sorseggiando la sua bibita e scuotendo il capo: «Se non sbaglio Max
le lanciò contro la carta igienica.»
«Oppure vi ricordate la volta…» iniziò Max, sistemandosi gli occhiali e
sorridendo: «in cui Marinette…»
«Cos’è? La serata in cui rivanghiamo tutto ciò che ho fatto
d’imbarazzante?»
«Penso di sì, tesoro.» mormorò Adrien, baciandole la guancia e sorridendo:
«Eri adorabile, però.»
«Adrikins!» esclamò Chloé, allacciandosi al braccio sinistro del ragazzo e
sorridendogli, allungando il volto verso quello del giovane: «E’ destino
fra noi: tu demone, io angelo…»
«Già. Ma io sono stato evocato da questa streghetta qua.» sentenziò il
biondo, liberandosi dalla stretta della ragazza e nascondendosi dietro a
Marinette: «Non è meravigliosa?»
«Marinette.»
«Chloé.»
«Combattimento fra gatte.» commentò Kim, chinandosi verso Nino: «Io
scommetto su Marinette: Chloé avrebbe troppa paura di rompersi un’unghia.»
continuò, bloccandosi poi allo sguardo glaciale che la bionda gli rivolse,
facendogli alzare le mani a mo’ di scudo: «Stavo scherzando, eh!»
«Mai scherzare con Chloé Bourgeois.» dichiarò la ragazza, voltandosi e
andandosene impettita per la sua strada.
«Il tempo passa, ma Chloé resta sempre la stessa.» mormorò Marinette,
scuotendo il capo: «Che cosa sta studiando ora? So che Sabrina è andata a
medicina, ma Chloé…»
«E’ nel mio dipartimento.» borbottò Adrien, abbozzando un sorriso:
«Fortunatamente ha preso un altro ramo rispetto al mio.»
«Chloé a Economia?» domandò Max, sistemandosi gli occhiali: «Non avrei
scommesso mai su questa accoppiata, visti i voti di Chloé ero certo al
97,98% che avrebbe scelto un indirizzo umanistico.»
«Anche io.» commentò il biondo, allentandosi un po’ lo jabot: «Ma
invece…beh, alla fine non è stupida, solo è fatta com’è fatta.»
«Già.»
«Ti stai divertendo?»
Sarah si rivolse verso il ragazzo, sorridendogli e annuendo con la testa,
mentre circumnavigavano alcuni zombie che stavano chiacchierando con due
mummie e la versione femminile di Jason di Venerdì 13: «Sì, mi sto
divertendo. Anche se voi francesi avete un concetto tutto vostro di
Halloween.»
«Sì, l’ho capito. Non hai fatto che ripeterlo a ogni costume non
spaventoso che vedevi.»
«Scusa.»
«Nessun problema.»
«Però è bello.» mormorò Sarah, giocherellando con un ricciolo biondo e
tirando lievemente su il cappello da pirata, in modo da vedere il ragazzo:
«Mi sento un ragazza normale, almeno per stasera: niente Parigi da
salvare, niente scienziato pazzo da fronteggiare, niente soldato con
un’arma strana. Siamo semplicemente noi a una festa.»
«Il brutto di essere supereroi.» commentò Rafael, poggiandole una mano
sulla schiena e invitandola verso un tavolino libero: «Vedi il lato
positivo, però.»
«E sarebbe?»
«Se non fossimo stati supereroi, non ci saremmo incontrati.»
«Dici?»
«Beh, tu saresti rimasta a New York ed io qui a Parigi.»
«E se, per caso, saresti venuto a trovare mia madre?» domandò Sarah,
inclinando la testa e studiandolo: «Forse ci saremmo incontrati in quel
modo.»
«Vero.» commentò Rafael, ridacchiando: «Beh, con i Miraculous abbiamo
fatto prima.»
Lila sorrise, accomodandosi accanto al pistolero in tenuta scura e in
disparte rispetto al resto delle persone riunite nel locale: «Che si dice,
gringo?»
«Gringo?»
«Mi sembra lo dicono nei film western.» mormorò la ragazza, alzando le
spalle e sorridendo: «Ti stai annoiando?»
«In verità mi sto divertendo: quel ragazzo lì…» spiegò Wei, indicando un
giovane dall’aria palestrata accanto a una ragazza minuta: «E’ stato messo
al suo posto da quella nanerottola e dovevi vedere com’era agguerrita.»
«Uh! Kim e Alix.»
«Li conosci?»
«Sì, andavo a scuola con loro.» spiegò Lila, osservando Kim e sorridendo:
«In verità, stiamo aspettando da tempo che si mettano insieme: sono due
tonti che non si accorgono di niente. Un po’ come Marinette e Adrien
all’inizio.»
«Mi sarebbe piaciuto conoscerli, all’epoca…»
«Saresti rimasto spiazzato: Adrien era tranquillo tranquillo e Marinette…»
l’italiana si fermò, scuotendo il capo: «Beh, avresti avuto bisogno di un
traduttore per capirla: Marinettese-francese, francese-Marinettese.»
«E tu mi avresti rifilato una bugia dietro l’altra, giusto?»
«Esattamente.»
«Forse è un bene, allora, che vi abbia conosciuto ora.»
«Secondo me sì.» mormorò l’italiana, aggrottando lo sguardo di fronte ad
Alex, che stava avanzando verso di loro: la maschera di Freddy in mano,
un’espressione preoccupata in volto: «Che succede? Devo rimettere al suo
posto la cavernicola?»
«Peggio. Gli uomini di Maus.» sentenziò l’americano, guardandosi attorno:
«Stavo controllando il cellulare quando mi è apparsa la notifica di…beh,
voi sapete cosa. Stanno attaccando qui vicino.»
«Dove?» domandò Wei, balzando in piedi e osservando l’amico: «Sono
vicini?»
«Sono stati avvisati a Place Pigalle.»
«Sono vicinissimi.» sentenziò Lila, togliendosi lo Stetson e appoggiandolo
sul tavolo: «E noi siamo senza kwami. Anche se chiamassimo adesso il
maestro Fu…»
«L’ho già avvisato. Arriverà il prima possibile con tutti i kwami.»
dichiarò Alex, abbassando lo sguardo sul cellulare: «Il problema è che
loro si stanno muovendo velocemente e in breve saranno qui.»
«Loro?» domandò Marinette, avvicinandosi al trio con il resto del gruppo
al seguito: «Sono più di uno, Alex?»
«Stando al rapporto che è stato mandato alla centrale di polizia parigina,
sono i nostri tre amici.» spiegò il ragazzo, sistemandosi gli occhiali:
«Sith, Slimer e Scutum.»
«Magari vogliono festeggiare Halloween anche loro.» bofonchiò Rafael,
togliendosi il tricorno e rigirandoselo fra le mani: «Dobbiamo…»
«Chiamare il maestro Fu. Già fatto, amico. Arriverà appena possibile.»
«E nell’attesa che facciamo? Gli offriamo un po’ di stuzzichini e qualcosa
da bere?»
Adrien sorrise alla proposta dell’americana: «Potrebbe essere un’idea,
Sarah.» commentò, massaggiandosi il mento: «Sinceramente li vedo,
affiancare la nostra Willie e buttare giù rhum come se niente fosse.»
«Speriamo che il maestro Fu sia più veloce…» mormorò Marinette, abbassando
le spalle sotto il peso di quella notizia: «Dove si trovano?»
«Place Pigalle.»
Rafael sbuffò, scuotendo il capo e posando il cappello da pirata vicino a
quello di Lila: «Vado a preparare stuzzichini e rhum per i nostri amici.
Arriveranno sicuramente prima dei nostri kwami e dobbiamo dargli
un’accoglienza in qualche modo.»
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Capitolo 27 *** Capitolo 27 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.455 (Fidipù)
Note: Eccoci qua con il capitolo 27! E vi informo che si sta
lentamente avvicinando la fine di questa seconda parte di Miraculous
Heroes perché, se non ho sbagliato i calcoli, questa storia conterà
qualcosa come 37/38 capitoli e...beh, ci siamo. Siamo veramente vicini
alle battute finali...ancora una manciata di capitoli e tutto si
concluderà. Di nuovo. Ma bando alle ciance e ciance alle bande (ma
soprattutto lasciamo da parte questi discorsi tristi), passiamo al nuovo
capitolo: allora, dovete sapere che l'intera scena si svolge a Place
Pigalle: dovete sapere che il quartiere di Pigalle, che si snoda attorno a
Place Pigalle, è conosciuto per essere il quartiere dei negozi di articoli
erotici, ma negli ultimi anni è in atto una trasformazione che sta
rendendo il quartiere sempre più alla moda, con negozi biologici,
ricercati negozi di specialità alimentari e atelier.
Un vero peccato che i nostri eroi (in special modo tre, perché tanto
sarebbero sempre loro tre) fossero impegnati con la battaglia e non...beh,
a guardarsi attorno!
Detta questa piccola chicca, non mi sembra ci sia altro da aggiungere se
non, come al solito, dire grazie a tutti!
So che sono ripetitiva, ma è una parole che mi viene dal cuore, quindi
grazie davvero a tutti voi che leggete, commentate, inserite la mia storia
in una delle vostre liste, la spammate ai vostri amici e...
Semplicemente grazie!
La luce dello schermo illuminava la
stanza con la sua luce azzurrina, mentre la voce della giornalista
annunciava dell’attacco che si stava svolgendo in quel momento a Place
Pigalle: «Io vado.» sentenziò Sophie, alzandosi dalla poltrona e
voltandosi verso l’uomo che, seduto sul divano, la stava osservando: «Non
posso rimanere qui.»
«E cosa hai in mente di fare?»
«Qualcosa.» mormorò la donna, stringendosi nelle braccia e scuotendo la
testa bionda: «Non posso permettere…»
«Non hai più un Miraculous, Sophie.»
«E Nooroo è dal maestro, assieme a tutti gli altri kwami.» dichiarò
Sophie, fissando orgogliosa il marito: «Cosa pensi che possano fare i
ragazzi?»
«Ho fiducia in loro.» mormorò Gabriel, alzandosi anche lui e sovrastandola
nell’altezza: «Dovresti averla anche tu.»
«Lo so, ma…» la donna scosse la testa, mordendo il labbro inferiore: «So
di cosa è capace Maus. L’ho già combattuto e sono stata sua prigioniera
per tutto questo tempo, io…»
«Tu dovresti avere fiducia nei sei eroi di Parigi.»
«Perché non sette? Papillon non è…»
«Papillon è un extra, che appare di tanto.»
Sophie annuì, lasciando andare un lungo sospiro e tornò a voltarsi verso
la televisione, osservando le prese in diretta: la polizia stava
delimitando la zona di Place Pigalle con le transenne, cercando di
delimitare la zona e tenere il più al sicuro la popolazione; sentì Gabriel
muoversi accanto a lei e si voltò, vedendolo uscire dalla stanza con il
telefono alla mano.
Stava andando.
Ma lui poteva.
Lui era un Portatore.
E lei…
Cosa era diventata lei?
Una donna che sarebbe rimasta in casa, tremante, osservando il proprio
marito e il proprio figlio combattere la sua battaglia?
Strinse il pugno, scuotendo la testa e osservando seria la figura del
marito, nell’androne: «Io vengo con te.» dichiarò sicura, osservando lo
sguardo chiaro di Gabriel posarsi su di lei: «Non puoi impedirmelo.»
«Sophie…»
«Ero Pavo, l’eroina di Parigi. E Maus è il mio nemico.»
«Sophie, non hai…»
«Akumatizzami. Dammi tu il potere, Gabriel.»
Le forze dell’ordine erano entrate nel locale, intimando l’immediata
evacuazione: Marinette aveva osservato i compagni uscire velocemente da Le
Cigale, scortati da alcuni uomini del tenente Roger e, solo grazie
all’approfondita conoscenza che Rafael aveva del locale, loro erano
riusciti a rimanere all’interno e nascosti: «Sono certo che qualcuno ci
cercherà…» commentò Adrien, allentandosi il jabot e fissando gli altri:
«Sicuramente ci cercheranno.»
«Alya si starà domandando dove siamo finiti.» mormorò Marinette,
togliendosi il cappello da strega e guardando gli altri, soffermandosi su
Alex: «Ancora niente?»
L’americano scosse il capo, senza alzare lo sguardo dallo schermo del suo
cellulare: «No, niente. Il maestro Fu ci avrebbe contattati appena sarebbe
stato in zona…»
«E dall’altra parte?»
«La polizia di Parigi ha delimitato la zona di Place Pigalle.» spiegò
velocemente Alex, arruffandosi i capelli scuri: «Ma è pericoloso. Sappiamo
quanto Slimer e Sith sono potenti, se avvenisse lì lo scontro…»
«Abbiamo il Lucky Charm di Ladybug.» sentenziò Lila, osservando l’amico:
«Rimetterà tutto al suo posto.»
Alex annuì, sospirando: «Beh, siete voi gli eroi.» dichiarò, aggrottando
la fronte: «Ehm. Papillon, o meglio Gabriel, è vicino a Place Pigalle.»
«Davvero?» domandò Adrien, avvicinandosi all’americano e osservando lo
schermo del cellulare: un pezzo di mappa di Parigi faceva bella mostra di
sé e al biondo ci vollero pochi secondi per capire che si tratta della
zona ove si trovavano; vicino Place Pigalle una farfallina lampeggiava,
quasi impaziente di mettersi all’opera, mentre poco distanti poteva
osservare le icone di tutti loro: «Dobbiamo uscire da qui. Se per caso un
poliziotto fa un giro di controllo e ci trova…»
«Sarà impossibile per tutti voi trasformarvi.» sentenziò seria
Willhelmina, voltandosi verso Rafael e fissandolo intensamente: sbuffò,
quando il ragazzo ricambiò lo sguardo senza dirle niente: «C’è un’uscita
secondaria? Un accesso dei dipendenti? Un qualcosa da cui potercene
andare?» domandò, scandendo bene le parole e sorridendo, quando vide
il ragazzo annuire: «Sarah, non potevi scegliertelo un po’ più
intelligente.»
«Ehi!»
«Rafael è intelligente.» bofonchiò l’americana, impegnata a legare i
capelli in uno chignon improvvisato e fissarlo con il pettinino dell’Ape:
«L’unica volta che potevo evitare di indossare quest’affare…e quelli
attaccano.»
«Sarah, ti lamenti dopo del tuo Miraculous. Ok?» sentenziò Rafael,
prendendola per una mano e facendo cenno agli altri di seguirlo:
scivolarono fra le tende nere che erano state appese, dirigendosi verso il
retro del locale, nella zona della cucina, ove venivano preparati gli
stuzzichini e alcuni piatti semplici; il capofila si fermò davanti a una
porta, armeggiando con la maniglia: «Alain non aveva voglia di fare avanti
e indietro con le casse e scatole quindi, durante la ristrutturazione del
locale, ha messo una porta sul magazzino.» spiegò, aprendo l’uscio e
facendo cenno agli altri di entrare: «Dritta davanti a voi. Da sul retro
del locale, c’è un piccolo spazio dove Alain parcheggia e...» si fermò,
chiudendo dietro di sé la pesante porta del magazzino: «…sulla nostra
sinistra c’è un’uscita.»
«Ottimo!» commentò Adrien, fermandosi davanti la porta indicata da Rafael:
«E’ chiusa!»
«Ci dovrebbe essere attaccata la chiave a…destra, mi pare.»
«Ok, era a sinistra.» sbuffò Adrien, prendendo il piccolo pezzo di metallo
e infilandolo nella toppa, aprendo poi e uscendo velocemente: «Abbiamo
notizie del maestro?»
«Lo chiamo.» rispose immediatamente Alex, superandolo e avviandosi verso
un piccolo tunnel nel palazzo alla loro sinistra: «Hallo? Maestro Fu?
Dov’è?»
«Davanti la chiesa di Saint Jean de Montmartre.» ansimò l’anziano
dall’altro capo: «Voi dove siete?»
«Siamo riusciti a uscire ora dal locale.» sentenziò Alex, allontanandosi
il cellulare e mettendo il vivavoce, digitando velocemente il nome della
chiesa e sorridendo: «Siamo vicini, maestro! Fra poco arriviamo!»
«Perché urli? Sono vecchio, mica sordo!»
«Dove si trova?» domandò Adrien, accerchiando Alex con tutti gli altri:
«E’ vicino?»
«Chiesa di…»
«Saint Jean de Montmartre.» ripeté Fu, sospirando: «Siete lontani?»
«No, vicinissimi.» dichiarò Rafael, sorridendo e indicando davanti a sé:
«Dobbiamo arrivare fino alla prima strada a sinistra e svoltare lì, poco
dopo c’è la chiesa.»
«Ottimo. Io vi aspetto qua.»
«Maestro, mio padre…»
«Tuo padre l’ho già incontrato e ha già preso Nooroo.»
«E quando…?»
«Invece di stare a chiacchierare, venite qua a recuperare i kwami!»
«Arriviamo subito!»
Papillon osservò la scena che gli si parò davanti: Place Pigalle era
ridotta veramente male e i tre imbecilli stavano facendo del loro meglio –
o del loro peggio – per renderla un disastro a cielo aperto. Rimase fermo
al suo posto, roteando il bastone e sorridendo quando, quello armato di
fucile, si voltò verso di lui: «Stavolta chi è venuto? Il tipo in giacca e
cravatta?»
«Immagino che voi siate…» Papillon si fermò, sorridendo e scuotendo la
testa: «In verità non m’interessa come vi chiamate.» dichiarò, alzando una
mano e ordinando a uno sciame di farfalle, candide come la neve, di
avventarsi sui tre malcapitati: rimase a osservarli, mentre cercavano di
scacciare le fastidiose creature, colpendole con le loro armi.
Osservò parecchie farfalle cadere sotto ai colpi di spada e fucile,
rimanendo impassibile di fronte alle perdite subite: doveva solo prendere
tempo, aspettare che i ragazzi arrivassero e sistemassero tutto; si voltò
leggermente indietro, osservando il punto in cui Sophie doveva essere
nascosta e in attesa di essere akumatizzata da lui.
Non l’avrebbe mai fatto.
Non l’avrebbe mai usata come arma.
Tornò a fissare i suoi nemici, osservandoli divertito: «Vi è venuto a
noia?» domandò, picchiando il bastone per terra e creando altre farfalle
bianche: «Perché io sono solamente all’inizio.»
«Ma dai!» la voce divertita di suo figlio risuonò per tutta la piazza,
facendolo sorridere: «Papillon che si diverte con i nostri amichetti del
cuore! Potevate aspettarci prima di dare inizio alla festa!»
Chat Noir balzò al suo fianco, subito imitato da Peacock e Bee, mentre
Volpina, Tortoise e Ladybug si posizionavano dietro i tre tipi: «Slimer,
Scutum e Sith! Amici miei!» esclamò allegro il felino, allargando le
braccia e sorridendo: «Quanto tempo!»
«Non mi chiamo Slimer, maledetti mocciosi!» sentenziò il possessore del
fucile al Quantum-β, puntandolo verso Chat e sparando un raggio; il
ragazzo sorrise, iniziando a roteare il bastone e disperdendo così
l’energia color ocra, osservando con la coda dell’occhio Bee che, presa la
mira, iniziò a sparare pungiglioni verso il nemico, disturbandolo così e
impedendogli di continuare a colpire.
«Grazie, Bee.» sorrise all’eroina gialla, spostando poi l’attenzione sul
resto dei compagni: Tortoise aveva intrapreso un combattimento serrato
contro Scutum, aiutato da Volpina; mentre, poco distanti, Peacock e
Ladybug stavano affrontando Sith: «Non sta andando bene…» mormorò,
riportando di nuovo l’attenzione su Slimer, tenuto impegnato da Bee che
continuava a sparare pungiglioni a raffica, impedendogli di prendere la
mira: «Che facciamo?» urlò, osservando la coccinella allontanarsi un
attimo dal nemico e riprendere fiato, mentre Peacock impegnava Sith in un
duello di spada e ventagli.
Ladybug si fermò, osservando tutti loro e scosse il capo sconsolata,
notando poi qualcosa e lanciando il suo yo-yo verso l’eroe blu, tirando
indietro e impedendogli così di venire ferito: «Peacock…» mormorò,
poggiando una mano sulla spalla del compagno e vedendolo sorridere verso
di lei: «Stai…»
«Una favola! Insomma, non è cosa da tutti i giorni combattere contro un
sith.»
«Avete finito di chiacchierare?» domandò il loro nemico, roteando la spada
con un movimento del polso e sorridendo divertito: «Perché io non mi sono
ancora riscaldato…»
«Oh. Bene. Stava facendo l’allenamento…» mormorò Peacock, scuotendo il
capo: «Questa volta non ne usciamo vivi.»
«Non essere pessimista, Peacock.» lo riprese Ladybug, roteando lo yo-yo e
mettendo in posizione d’attacco: «Ce la faremo. Anche questa volta.»
«Se volete rimanere in vita…» dichiarò Sith, sorridendo ai due: «Perché
non ci date quei maledetti gioielli? Così il dottore sarà felice e voi…»
«Mai!» decretò seccamente Ladybug, fissando il rivale e inspirando
profondamente: «Non darò il mio Miracuolous a Maus o a chi verrà dopo di
lui. Ho fatto una promessa! Ho giurato di proteggere Parigi ed è quello
che farò.»
«State perdendo, coccinella.» sentenziò Sith, allargando le braccia e
mostrando alla ragazza i suoi compagni: Chat Noir e Bee tenevano
faticosamente testa a Slimer, aiutati da Papillon; Tortoise era impegnato
in uno scontro serrato con Scutum mentre Volpina era appoggiata al suo
flauto con il respiro ansante: stavano resistendo tutti…
Ma per quanto ancora?
«Mettete da parte l’orgoglio e dateci i vostri gioielli.»
«Mai!»
Mai!
Alex sentì quella parola rimbombargli nel petto e sorrise, osservando i
sei ragazzi dal suo nascondiglio, mentre cercavano di tener testa ai tre
soldati di Maus: erano troppo forti in singolo, adesso che erano tutti e
tre assieme erano…erano…
Inarrestabili.
Strinse il pugno, desideroso di aiutarli in qualche modo e non solamente
da dietro un pc.
Voleva essere al loro fianco.
Voleva essere…
Fermò ogni pensiero, osservando Papillon e sorridendo: velocemente tirò
fuori il cellulare e compose il numero di Bee: «Ti sembra il momento?»
ringhiò la sua amica e Alex sghignazzò, vedendola leggermente impedita
nella lotta per colpa sua.
«Passami Papillon.»
«Cosa?»
«Non ho il suo numero. Passamelo.»
Bee sbuffò e Alex la vide balzare all’indietro, facendo un cenno con il
capo a Chat: «Sì?» domandò la voce profonda dell’uomo, mentre lo sguardo
celeste si guardava attorno, quasi come se lo stesse cercando.
«Mi akumatizzi.»
«Cosa?»
«Mi akumatizzi. Sono certo di diventare Mogui e…» Alex si fermò,
grattandosi la guancia con l’indice: «Beh, Mogui è inarrestabile. Penso di
poter fare qualcosa.»
«Un tempo non c’erano così tanti candidati…» mormorò Papillon, scuotendo
la testa e allontanando il polso della ragazza da sé; si guardò attorno e,
prendendo una piccola farfalla fra le mani, la impregnò dell’energia del
suo Miraculous, lasciandola andare, ovunque fosse Alex: «Vola, mia piccola
akuma.»
«Cosa? Ma non l’hai ancora perso questo vizietto?» esclamò Chat, bloccando
l’ennesimo attacco di Slimer e fissando il genitore: «Cosa ti ho detto
dell’akumatizzare persone? Non si…» il felino si bloccò, osservando un
guerriero nero, che conosceva maledettamente bene, avanzare verso di loro:
«Mogui? Papillon, seriamente, non puoi…»
«Me l’ha chiesto lui!»
«Come te l’ha chiesto lui?» domandò Chat, osservando Mogui colpire con una
spallata Scutum: «Accidenti!»
Ladybug osservò anche lei l’arrivo del guerriero nero, scambiandosi poi un
cenno con Peacock: l’eroe blu balzò all’indietro, chiudendo gli occhi e
attivando il suo potere: «Mogui. Il flash degli occhi. Il lucky charm e i
poteri di Bee, Volpina e Chat.» poco dopo e la coccinella annuì con
la testa; lanciò il suo yo-yo verso il cielo e attivò la magia speciale
dell’arma che si materializzò sotto forma di una buccia di banana:
«Interessante quello che il tuo potere fa comparire, vero?» dichiarò
divertito Peacock, prendendo il lucky charm e gettandolo per terra.
«Andiamo.» sentenziò Ladybug, lanciandosi contro Sith e iniziando una
lotta serrata aiutata dall’eroe blu; lentamente, passo dopo passo, lo
fecero indietreggiare finché il nemico non scivolò sul lucky charm,
ritrovandosi a gambe all’aria mentre la spada, con un ultimo spasmo di
energia, si spense.
«Fuori uno!» sentenziò Peacock, sorridendo e alzando la testa: Mogui stava
sparaflashando contro Slimer, che cercava in tutti i modi di poter
sfuggire all’attacco del guerriero nero; Chat balzò, scivolando
sull’asfalto e creando una fossa, facendo cadere il rivale mentre Bee lo
bombardava di sfere energetiche finché non osservò l’arma spegnersi; poco
distante, Volpina aveva accecato Scutum e Tortoise lo aveva imprigionato
in una delle sue barriere, trattenendo all’interno e impedendogli di
uscire e mettendo così fine al combattimento.
Chat Noir si rialzò, osservando i tre guerrieri di Maus sconfitti: «Ce
l’abbiamo fatta?» domandò incredulo, mentre i compagni lo affiancavano:
«Mogui! Vecchio mio!» esclamò, battendo le mani sulle spalle del guerriero
scuro e ricevendo in cambio un ringhio: «Sempre socievole, eh.»
«Che ne facciamo di questi tre?» domandò Bee, incrociando le braccia al
petto e osservando i nemici: «Dovremmo…»
«Penso che il tenente Roger se ne occuperà.» dichiarò Ladybug, osservando
l’esponente delle forze dell’ordine avvicinarsi a loro: «Può gentilmente…»
si fermò, attirata dalla sfera argentata che fluttuava pigramente
nell’aria: «Che cosa…?» mormorò, facendo un passo verso l’oggetto e
sobbalzando quando questo si aprì in due e poi…
Luce.
Luce accecante.
Tutto divenne bianco e Ladybug fu impossibilitata a vedere.
Lentamente, la vista tornò e ciò che le si parò davanti la gettò nello
sconforto più totale: Sith, Slimer e Scutum erano scomparsi.
Volatilizzati.
Spariti.
E tutto ciò che a loro rimaneva era la distruzione che avevano lasciato
dietro.
«Maledizione.» ringhiò Peacock, colpendo il pugno destro contro la mano
sinistra, accompagnato dall’urlo di rabbia di Mogui: «Erano qui! Li
avevamo battuti! Avevamo…»
La coccinella si avvicinò al lucky charm, abbandonato sul campo di
battaglia, e lo lanciò verso l’alto, attivando così la magia
ripristrinatrice e osservando tutto tornare al loro posto, come se nulla
fosse successo: «Andiamo. Ci rimane poco tempo…» mormorò, lanciando lo
yo-yo verso uno dei palazzi e saltando sul tetto, cercando di ignorare la
frustrazione che le bruciava in petto.
Erano stati vicini, vicinissimi, a dare una stoccata a Maus ma, invece,
era stato il nemico a darla a loro.
Ancora una volta…
Nessuna vittoria.
Nessuna sconfitta.
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Capitolo 28 *** Capitolo 28 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.744 (Fidipù)
Note: Se dovessi riassumere questo capitolo, userei le parole:
Tutti davanti la TV! E appena leggerete capirete perché: bene, capitolo
numero 28 e piano piano ci avviciniamo sempre più alla fine, nonostante
sembri molto lontana. Gli uomini di Maus sono molto sfuggenti, i nostri
eroi sono alle prese con il sapore amore di queste non-sconfitte e
qualcuno ha preso una decisione. Bene, bene.
A questo giro non ho niente da dirvi se non che sì, Tf1 è veramente il
canale dove va in onda un certo programma (non dico quale, altrimenti ve
lo spoilero).
Come al solito vi ringrazio per tutti i vostri commenti, per il fatto che
leggete le mie storie e continuate a supportarmi (o sopportarmi?) dopo
tutto questo tempo!
Grazie tantissimo!
Lila si appoggiò al lavandino del bagno,
lasciando andare un lungo sospiro e alzando poi la testa, guardando lo
specchio offuscato dal vapore della doccia: alzò una mano e passò i
polpastrelli sulla superficie riflettente, togliendo l’alone opaco e
osservando il suo riflesso non perfettamente ridato.
La battaglia appena avvenuta l’aveva stancata nel corpo e nello spirito.
Era rimasta basita, quando i tre nemici erano spariti nel nulla: erano
riusciti ad annientarli, grazie anche all’aiuto di un Mogui rinato, ma
ancora una volta quel pazzo di un dottore era un passo avanti a loro;
Ladybug se n’era andata dalla zona dello scontro senza neanche voltarsi
indietro e Lila capiva benissimo come si sentiva.
Sospirò di nuovo, infilandosi velocemente la maglia larga e i
pantaloncini con cui dormiva, legandosi poi la lunga capigliatura e
uscendo dal bagno: «Come stai?» le domandò immediatamente Vooxi,
osservandola preoccupato: «Sei stanca? Vuoi riposarti? Ehi! Posso farti un
po’ di burrobirra? Ho trovato la ricetta su internet e…» il piccolo kwami
si bloccò, quando l’italiana lo prese fra le mani e lo strinse contro il
petto: «Lila. Sto soffocando. Lila, mi stai uccidendo con le tue tet…»
«Finisci la frase e domani ti porto a farti toelettare!» dichiarò la
ragazza, lasciandolo andare e sorridendogli: «Che ne dici di una bella
cotonata a questo pelo?»
«Sono un kwami e una volpe, non un cane qualunque!»
La ragazza alzò un sopracciglio, sorridendo e allungando una mano: «Zampa,
Vooxi.» dichiarò, allungando una mano e vedendo il piccolo spirito posare
la zampina sulle sue dita: «Sei un kwami e una volpe, eh?»
«L’ho fatto solo perché sei giù.»
«Certo, certo.» mormorò l’italiana, carezzandogli la testolina e notando
l’assenza del fido compagno del volpino: «Dov’è Wayzz?»
«In salotto. Con Wei.»
«E che stanno facendo?»
«Wayzz era rimasto incuriosito da questo Sith di cui parlava Alex e
allora…»
«Oh no. Oh no. Oh no.» dichiarò Lila, sgambettando nel corridoio e
affacciandosi sulla porta della sala: Wei era comodamente seduto sul
divano, le lunghe gambe distese e lo sguardo fisso sullo schermo; Wayzz
stava fluttuando in mezzo alla stanza, l’attenzione completamente rivolta
verso la televisione e la bocca aperta in segno di stupore: «Non bastavi
tu?» domandò la ragazza, voltandosi verso Vooxi che, incapace di dire
qualcosa, alzò le spalle a mo’ di scusa.
«Che cosa meravigliosa…» mormorò Wayzz, osservando Obi-wan Kenobi dare la
spada laser a Luke Skywalker: «La spada dei jedi.»
Wei si voltò, osservando sorridente la ragazza ferma sulla porta e si
alzò, raggiungendola: «Che c’è?» domandò, notando l’espressione
attonita che la compagna aveva sul volto: «Lila?»
«Dove li avete trovati i film?»
«Me li ha dati Alex.»
«Non bastava Vooxi fissato con Harry Potter?»
«Non penso che…»
«Wei?» mormorò il piccolo kwami verde, voltandosi verso il suo Portatore:
«Vero che li vediamo tutti?»
«Sì, Wayzz.»
«Ah. Lila…» Vooxi si avvicino alla sua umana, tirando lievemente una
ciocca di capelli scuri: «Stasera Flaffy ci ha detto che lui dorme in una
costruzione de Il Signore degli anelli fatta con i mattoncini e allora
siamo andati a cercare sul computer – cioè l’ha fatto il maestro, noi
guardavamo – e ho scoperto che esiste anche del castello di Hogwarts! Lo
voglio!»
«Stai scherzando?»
«Lo voglio! Ho controllato e potrei tranquillamente dormirci dentro! Dai,
Lila! Lo voglio! Lo voglio! Lo voglio!» iniziò il kwami, girandole
attorno: «E magari potremo trovare anche qualcosa per Wayzz su Star Wars,
eh? Eh? Eh?»
«Wei!»
«Lila, sai che ti tormenterà finché non cedi.»
«Non dovremmo dargli un’educazione o qualcosa?»
«Ehi, sono un kwami.»
«No, tu sei un rompiscatole volante.»
«Sì, va bene. Ora torniamo all’argomento principale: castello di Hogwarts.
In mattoncini!»
Plagg lanciò un pezzo di formaggio verso l’alto, aprendo la bocca e
inghiottendolo, mentre lo sguardo verde era rivolto verso il suo compagno:
«Beh, stasera niente giratina romantica?» domandò, osservando Adrien
finire di indossare la maglietta del pigiama: «Che c’è?»
«Cosa?»
«Ti ho chiesto cosa hai.» ripeté il kwami, volando sopra la spalliera del
divano e mettendosi seduto: «Sei maledettamente silenzioso – il che non mi
dispiace, devo dire – e, inoltre, non ti sei ancora trasformato per andare
a trovare la tua bella. Quindi, che c’è? Forza, sfogati con il tuo
vecchio.»
«Il mio vecchio?»
«Ehi, ho più di cinquemila anni, posso essere definito il tuo vecchio.»
Adrien si buttò sul letto, coprendo gli occhi con un braccio e sospirando:
«Non ho niente, Plagg.» mormorò, inspirando profondamente: «E’ solo che…»
«Ti senti un orribile peso all’altezza del cuore?»
Adrien si alzò al suono della voce femminile che lo aveva interrotto,
osservando la ragazza seduta sulla finestra: Ladybug gli stava sorridendo
lievemente anche se gli occhi non irradiavano la luce gioiosa che lei, di
solito, aveva quando rideva; teneva un piede poggiato contro la balaustra
di ferro e il mento poggiato contro il ginocchio: «My lady…» mormorò
Adrien, alzandosi e osservandola: «Da quanto sei lì? Mh. Fammi indovinare,
ti sei goduta lo spogliarello di poco prima?»
«Da quando Plagg ha detto “il tuo vecchio”.» sentenziò la ragazza, senza
muoversi dalla sua postazione: «Mi dispiace, sono arrivata tardi per il
tuo spettacolino.»
«Non era niente che non hai già visto.» commentò serafico il ragazzo,
avvicinandosi e allungandole una mano: «Vuoi rimanere tutto il tempo lì
oppure entri?»
Ladybug fece scorrere lo sguardo dalle dita protese verso di lei allo
sguardo verde tranquillo che la fissava di rimando: «Tikki,
trasformarmi.» mormorò, sentendo la magia del Miraculous liberarla e
farla tornare semplicemente Marinette; saltò giù dalla finestra,
gettandosi fra le braccia del biondo e nascondendo il volto contro il
petto, stringendo spasmodica la maglietta.
«Andrà tutto bene, Marinette.» mormorò Adrien, abbracciandola e posando il
mento contro il capo corvino: «Ce la caveremo anche stavolta.»
«No.» decretò la ragazza, scuotendo il capo e allontanandosi di qualche
passo: «Non riusciamo a sconfiggerli, ogni volta riescono a fuggire…»
«Marinette.» Adrien la prese per le spalle, abbassando il viso fino
all’altezza di quello della ragazza: «Ce la faremo.» dichiarò risoluto,
tenendo gli occhi verdi in quelli azzurri: «Abbiamo sconfitto Papillon e
Coeur Noir. Sconfiggeremo anche Maus e i suoi mercenari da due soldi. Noi
ce la faremo.»
«Vorrei avere la tua sicurezza…»
«Sono sicuro perché ho fiducia in te e in me. E nei nostri compagni.»
dichiarò Adrien, posandole una bacio sulla fronte e sorridendole, mentre
le passava un braccio attorno alle spalle e la scortava verso il divano
candido: «Lo so, soprattutto dopo oggi è dura e anch’io sono scoraggiato…»
si fermò, invitandola a sedersi e accomodandosi al suo fianco: «Ma
ricordati cosa hai detto stasera: noi abbiamo fatto una promessa a Parigi
e la manterremo.»
«E facile dirlo, quando sono Ladybug.»
«Non nasconderti dietro la maschera, amore mio: Ladybug sei tu ed è
Marinette quella che ha zittito…Sith, vero?...che ha zittito Sith. Sei
stata tu.» dichiarò Adrien, sorridendole e attirandola verso di sé: «Sei
il nostro leader e la nostra stratega.»
«Due ruoli che non ho voluto io.»
«Ehi, lo sai che preferisco buttarmi a capofitto contro i nemici.»
dichiarò il biondo, facendole l’occhiolino: «Ti ricordi quando Max ci fece
giocare a quel GDR online e…»
«E tu morivi ogni tre per due e a me toccava tornare alla città per farti
resuscitare?»
«Ecco. Dovresti aver capito come combatto ormai, mia cara.»
«Impulsivo e senza pensare?»
«Esattamente. Mentre tu sei quella che muove i fili da dietro e riesce a
dirigerci tutti in battaglia, senza che ci colpiamo fra di noi.» continuò
Adrien, ridacchiando e allungando il braccio libero verso il telecomando,
abbandonato sul divano: «Ti immagini le risate che si farebbe Maus se non
ci fossi tu?» Marinette sospirò, scuotendo la testa e accomodandosi meglio
contro il ragazzo: «Bene, my lady. Che ci guardiamo?»
«Metti Tf1!» esclamò Plagg, volando davanti a loro: «Ci dovrebbe essere la
replica di Masterchef!»
«Masterchef?»
«Sì, ultimamente lo guarda sempre.» dichiarò Adrien, accendendo la tv e
mettendo il canale detto dal kwami, osservandolo sistemarsi sul tavolo e
venire subito raggiunto da Tikki: «Devo dire che guardarlo con Plagg è
un’esperienza mistica.» sentenziò, aumentando leggermente il volume e
sistemandosi meglio sul divano, stringendo Marinette.
«Oh. Stanno dando la puntata delle selezioni!» esclamò Plagg, osservando
interessato la tv ove una donna stava spingendo un carrello pieno di
ingredienti: «Ma quello…» si fermò, voltandosi verso Adrien con gli occhi
pieni di gioia: «E’ camembert! Userà il camembert! Sicuramente sarà un
piatto fenomenale!»
«Yuuh!» esclamò poco convinto Adrien, scuotendo la testa e sentendo
Marinette ridacchiare al suo fianco: «Te l’ho detto, my lady.
Un’esperienza mistica.»
Sarah addentò il biscotto, osservando rapita lo schermo del pc posizionato
sul tavolino basso vicino al divano: la ragazza stava rincorrendo il tipo
che le piaceva – anche se non lo sapeva – e lui era arrabbiato perché
l’aveva trovata con un altro, senza sapere i reali motivi per cui i due
erano da soli.
«Questi cosi coreani sono meravigliosi…» commentò Mikko, leccando il
cucchiaio di miele e sospirando sognante: «Ora la bacia. Me lo sento.»
«Si chiamano drama, Mikko.» la corresse Sarah, leggendo veloce i
sottotitoli e ascoltando le voci alterate che parlavano in una lingua a
lei sconosciuta; la ragazza continuò il suo monologo, facendo poi per
andarsene ma venendo fermata da lui e Sarah trattenne il respiro mentre le
labbra dei due protagonisti del drama s’incontravano e una musica
romantica partiva in sottofondo.
«Lo sapevo.» mormorò sognante Mikko, piegando di lato il musetto e
sospirando rumorosamente: «Ecco, ora lei si allontana e…ciaff! Schiaffo!»
continuò la kwami, anticipando di pochi secondi quello che stava
succedendo nell’episodio: «Perché lei non l’ha ancora capito che lui è il
suo vero amore.»
Sarah sbuffò, continuando a guardare lo schermo e osservare la ragazza
andarsene di corsa mentre il protagonista rimaneva fermo sul suo posto:
«Dovrebbe rincorrerla.» sentenziò, afferrando un nuovo biscotto e
addentandolo: «Insomma, se rimane lì…»
«Se la rincorre, finisce il drama all’episodio sette, Sarah.»
«Lo so, ma così non fanno altro che…» il campanello suonò, interrompendo
la ragazza: «Aspetti qualcuno?»
«Io no. Forse tu aspetti qualcuno.»
«Metti in pausa, Mikko.»
«Cosa? Ma perché?»
«Perché vado a vedere chi è e poi vorrei continuare a vedere l’episodio.»
«Non puoi lasciarlo suonare e stop? Se non rispondiamo, gli verrà a noia e
se ne andrà!»
«Mikko!»
La kwami sbuffò, muovendo il mouse e premendo sul tasto di pausa, seguendo
poi la sua umana fino alla porta e osservandola mentre guardava dallo
spioncino: «Chi è?»
«Sono Rafael e Flaffy.» decretò Sarah, aprendo la porta e sorridendo al
ragazzo: «Ciao! Che ci fai qua?»
«Alain mi ha dato un po’ di dolci che sono avanzati dalla festa e…»
spiegò, alzando una busta di plastica ben riempita: «Beh, non c’è
cioccolata quindi…»
«Quindi io non li mangio.» sentenziò il kwami del pavone, entrando nella
casa e guardandosi attorno, notando immediatamente il pc abbandonato sul
tavolino davanti al divano: «Poi Rafael voleva una scusa per venirti a
trovare senza sembrare un fidanzato stalker. Uh. Cosa state guardando?»
«Grazie, Flaffy.» sentenziò Rafael, entrando nell’abitazione e chinandosi,
sfiorando le labbra della ragazza: «Non disturbiamo?»
«Mikko ed io stavamo guardando un drama.» spiegò Sarah, sorridendo e
avviandosi verso la zona adibita a cucina: «Nessun disturbo.»
«Un drama?»
«Un telefilm coreano. A Mikko piacciono.»
«Sono storie meravigliose dove l’amore vince sempre.» spiegò la kwami,
volteggiando per la stanza e fissando poi male Rafael: «E voi siete giunti
proprio quando il protagonista aveva baciato la sua bella, ma lei non è
ancora cosciente di quello che prova e quindi è scappata via.»
«Non sembra roba interessante.» commentò Flaffy, raggiungendoli e fissando
Sarah: «Hai della cioccolata?»
«Flaffy!»
«Che c’è? Ho fame!»
«Tu hai sempre fame!»
«Sono un kwami che consuma molto!»
«Io direi più che altro goloso.»
«Sarah!» piagnucolò Mikko, avvicinandosi alla sua Portatrice e studiando
male gli altri due: «Puoi mandarli via? Siamo a metà episodio, voglio
vedere cosa succede!»
«Mikko, possiamo rimanere a vedere il drama con voi?» domandò Rafael,
sorridendo alla kwami e notando gli occhietti azzurri posarsi su di lui.
«Flaffy darà noia.»
«Dagli una barretta di cioccolato e starà buono per ore.» dichiarò sicuro
il ragazzo, togliendosi la giacca e sorridendo: «Ed io starò in silenzio.
Non aprirò bocca, non fiaterò.»
«D’accordo, allora.» decretò la kwami, prendendo un dolcetto e
precedendoli, sistemandosi davanti allo schermo del pc, iniziando a
mangiucchiare la glassa che ricopriva la parte superiore del cupcake: «Che
buono!»
Rafael sorrise, prendendo la barretta di cioccolata che aveva infilato
nella giacca e scartandola, dandola poi a Flaffy che, con un’alzata di
spalle, si sistemò accanto alla kwami gialla: «Sei sicuro? Penso che li
troverai un po’ noiosi e non ci capirai nulla.»
«Nessun problema, l’importante è stare con te.»
Sarah sorrise, mordendosi il labbro inferiore e avvicinandosi con lui al
divano: Rafael si accomodò e lei si mise seduta accanto a lui, passandogli
uno dei due cupcake che teneva in mano: «Fai ripartire, Mikko.» ordinò,
osservando la kwami premere il mouse e il video ripartì; Sarah poggiò la
testa contro la spalla di Rafael e lo sentì immediatamente stringerla a
lui, avvertendo poi le labbra del ragazzo contro la tempia.
Gabriel respirò profondamente, mentre si lasciava cadere sulla poltrona:
il cuore batteva furioso nel petto, mentre rivoli di sudore gli colavano
lungo le tempie; si tolse gli occhiali, chiudendo le palpebre e sperando
che quel malessere improvviso allentasse la presa sul suo corpo.
Sapeva che non doveva akumatizzare, altrimenti avrebbe pagato il pizzo per
aver usato per il male il suo Miraculous anni addietro.
Nooroo lo aveva avvisato, dichiarando che i Miraculous non erano nati per
fare del male ma lui non lo aveva ascoltato, troppo bisognoso del potere
assoluto dei gioielli della coccinella e del gatto nero.
«Come stai, Gabriel?» domandò il kwami viola, volandogli vicino; l’uomo
aprì un occhio, notando lo sguardo preoccupato dell’esserino: sapeva che
Nooroo si addossava gran parte della colpa del suo malessere.
Non l’aveva fermato come spirito del gioiello ma, anzi, lo aveva lasciato
fare più e più volte.
Gabriel sorrise, voltandosi e annuendo con la testa: «Meglio, grazie.»
mormorò, allungandosi verso il cassetto ove teneva le caramelle di Nooroo
e aprendolo, ignorando l’ennesima fitta di dolore che gli squassò il
corpo; strinse i denti, afferrando una manciata di dolcetti e li posò
sulla scrivania, alzando lo sguardo e notando la figura di sua moglie
ferma sulla porta: «Sophie…»
«Ero venuta a battagliare, sai?» dichiarò la donna, avanzando nella stanza
e avvicinandosi alla scrivania, poggiando i palmi su di esse e scoccando
una veloce occhiata al kwami: «Volevo discutere sul fatto che hai
akumatizzato Alex e non me, quando invece te l’avevo chiesto
espressamente, ma…»
«Ma?»
«Cosa mi stai nascondendo, Gabriel?»
L’uomo inspirò, scuotendo la testa e osservando lo spirito della Farfalla
prendere alcune caramelle fra le zampine e poi volare via, fuori dallo
studio: «Niente, Sophie.» bisbigliò, inspirando profondamente e stringendo
spasmodico il legno del tavolo, mentre una nuova fitta lo attraversava.
«Tu non hai niente, Gabriel.» sentenziò la moglie, circumnavigando la
scrivania e avvicinandosi a lui; fece girare la sedia, prendendo le mani
dell’uomo fra le sue: «Dimmelo, ti prego. Dimmi cosa stai nascondendo.»
L’uomo fissò le loro dita intrecciate, facendo poi scivolare lo sguardo
sul volto della donna, sorridendo allo sguardo preoccupato che lo fissava:
«Quando sei andata via, sono impazzito dal dolore: avevo paura del mondo
che mi aveva portato via la mia metà, tenevo segregato Adrien per paura
che anche lui sparisse. Ero terrorizzato.» iniziò, stringendo la presa
sulle mani di lei: «Poi andai in Tibet, provai a cercarti e lì…» si fermò,
spostando lo sguardo verso la finestra e osservando le luci di Parigi: «E
lì trovai il Miraculous della Farfalla. Tornai in Francia e utilizzai il
potere della spilla per cercare di prendere i gioielli di Ladybug e Chat
Noir, poiché avevo bisogno del potere assoluto che quei due gioielli
donavano a chi li possedeva entrambi…»
«Gabriel…»
«Ma utilizzare un Miraculous per il male…» l’uomo si fermò, sorridendo
amaramente: «…chiede un prezzo, inoltre l’akumatizzazione di massa che ho
fatto per sconfiggere Coeur Noir non è stata un vero toccasana. Non posso
akumatizzare qualcuno, senza che il mio corpo non ne risenta: sto male,
molto male, per un po’ di tempo. Fu mi ha detto che, a lungo andare,
potrebbe anche uccidermi se continuerò ad usare il mio Miraculous.»
«Gabriel…»
L’uomo sorrise, alzandosi in piedi e carezzandole il viso con le nocche:
«Quando questa storia di Maus sarà finita, renderò il mio Miraculous al
maestro. Ne ho già parlato anche con Nooroo e, alla luce dei recenti
avvenimenti, anche lui è d’accordo.»
«Capisco.»
«Tornerò a essere solo Gabriel Agreste.»
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Capitolo 29 *** Capitolo 29 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.715 (Fidipù)
Note: Buon venerdì! Eccoci qua con il nuovo aggiornamento di
Miraculous Heroes: allora, allora. Il nostro Maus inizia a fare 2+2 (da
bravo scienziato pazzo qual è), scopriamo la passione segreta di un altro
kwami (non ne ho salvato uno) e...E penso che non dirò altro per non
rovinarvi il capitolo! Quindi oggi son di poche parole (invece di martoriarvi come sempre) e passo subito ai ringraziamenti di rito: grazie a chi legge, grazie a chi commenta, grazie a chi inserisce questa storia in una delle sue liste, grazie a chi continua a seguirmi e continua a supportarmi!
Grazie di tutto cuore!
Maus osservò nuovamente il video
dell’ultimo attacco che aveva rivolto verso Parigi, stoppandolo
nell’esatto momento in cui appariva il guerriero nero che aveva ribaltato
le sorti della battaglia: «Chi essere lui?» domandò nella solitudine del
laboratorio, balzando a sedere e iniziando a camminare senza meta:
«Possessore di Miraculous? Non può essere. Miracolous essere solo sette,
ja. Nessuna notizia di ottavo Miraculous, nein.» si fermò, posando lo
sguardo sull’immagine del nuovo rivale: «Io conoscere potere speciale di
tutti Miraculous, ja. Loro non…» Maus aprì la bocca, ma nessun suono gli
uscì dalle labbra, corse velocemente alla scrivania e, presa la tastiera,
digitò velocemente alcune parole, facendo comparire sullo schermo il
dossier del Miraculous della Farfalla: «Mancare lui. Papillon. Io non
sapere suo potere speciale. E se…»
E se il Miraculous della Farfalla poteva creare altri eroi?
Forse era proprio quello il fattore che aveva scatenato la disfatta dei
suoi uomini.
Era stato incauto, non valutando correttamente tutte le variabili e aveva
effettuato un errore.
E ora?
Papillon avrebbe potuto creare solo un tipo di eroe oppure aveva uno
spettro di possibilità più variegato?
Si buttò a sedere sulla poltrona girevole, poggiandosi contro la spalliera
e incrociando le braccia al petto, studiando il dossier: «Papillon…»
mormorò con il suo accento tedesco: «Io avere già sentito…» si fermò,
tirandosi su e digitando alcune parole, aprendo varie finestre sullo
schermo e leggendo velocemente i titoli delle testate dei giornali:
«Papillon, akumatizza una nuova vittima.» lesse ad alta voce Maus,
incespicando sulle parole francesi: «Ladybug e Chat Noir riportano la pace
a Parigi.»
L’uomo lesse velocemente alcuni articoli, informandosi su ciò che era
avvenuto tempo addietro nella capitale francese: «Nemici sempre diversi,
poteri particolari…» mormorò Maus, sfogliando velocemente gli articoli
online finché non arrivò all’ultimo e poi il nulla: «Capire, capire.
Papillon potere trasformare persone e queste essere sempre diverse. Una
variabile non controllabile, ja. Qualcosa che non andare bene con mio
piano. Lui potere…» si fermò, portandosi una mano al viso e massaggiandosi
la mascella: «Perché lui essere passato da parte di buoni? Cosa essere
successo?»
Quando Papillon era passato dalla parte dei buoni? Riguardò nuovamente
tutti gli articoli, cercando di capire dove fosse stato il punto di svolta
ma non trovandolo: il supercattivo parigino, di punto in bianco, aveva
smesso di akumatizzare nuove vittime e Ladybug e Chat Noir avevano ridotto
le loro apparizioni, finché per molto tempo i due eroi parigini non si
erano fatti più vedere.
Se non fino a qualche mese prima, quando una nuova minaccia aveva colpito
la città, facendoli comparire nuovamente assieme a dei nuovi compagni:
Maus lesse gli articoli di poco tempo prima, notando come Papillon era
parte integrante del gruppo – poche apparizioni, certo. Ma sempre dalla
parte di Ladybug e Chat Noir – e aveva partecipato anche a quella che, una
testata parigina, aveva definito la Battaglia della Tour Eiffel a cui
avevano preso parte anche parecchi akumatizzati.
«Ultima apparizione. Lì essere successo qualcosa.» decretò Maus, chiudendo
tutto e lasciandosi andare sulla sedia: «Ma questo non essere importante.
Cosa di importanza vitale essere suo potere: troppo non controllato,
troppo randomizzato. Come potere io creare piano di attacco se non sapere
quale essere mossa avversaria, ja.»
Maus inspirò profondamente, mettendo nuovamente mano alla tastiera e
richiamando i file delle sue tre creazioni: «Loro non potere fare niente
contro mie creazioni, ma Papillon…» batté un pugno sulla scrivania,
osservando irato lo schermo: «Io dovere mettere fuori gioco lui prima di
altri. Ja!»
Gabriel sospirò, lasciandosi andare sul divano e afferrando il
telecomando, azionando il megaschermo attaccato alla parete opposta della
sala e, facendo un po’ di zapping alla televisione, mentre Nooroo volava
faticosamente con un sacchetto di pop-corn fra le zampette, posandolo poi
sul tavolo di cristallo fra i divani e le poltrone: «Oggi danno le
repliche della prima stagione.» commentò allegro, posandosi accanto al
sacchetto e tirando fuori un piccolo mais scoppiettato: «Che bello. Mi
piace la prima puntata: con i non-morti che camminano, il tipo che perde
la testa…»
«Cosa state facendo?» domandò la voce di Sophie, facendo voltare i due
verso la porta e osservare la donna che, mani sui fianchi, li stava
fissando: «Ha chiamato Adrien, ha detto che non viene a cena perché con
gli altri va a mangiare in un posto.» dichiarò, sorridendo: «Che cosa
strana, eppure è questo che fa una mamma: risponde alle chiamate del
figlio e…»
«Ti riabituerai.» commentò serafico Gabriel, osservandola sedersi al suo
fianco.
«Cosa state guardando?»
«Game of Thrones.» commentò Nooroo, sorridendo e voltandosi verso di loro:
«E’ un telefilm tratto da una saga, che si chiama Le cronache del ghiaccio
e del fuoco, ed è bellissimo! Oggi riparte la replica della prima stagione
e, in questa puntata, ci sono dei non-morti, un tizio che viene
decapitato…»
«Gabriel?»
«Secondo Plagg, questa sua passione per le cose macabre è un modo di
sfuggire al ricordo della madre.» commentò l’uomo, togliendosi gli
occhiali e massaggiandosi il setto nasale: «Almeno secondo un kwami
fissato con il camembert e la lingua lunga.»
Sophie annuì, posando una mano sopra quella del marito: «Come ti senti? Mi
sembri star meglio rispetto…» Gabriel la zittì con un cenno della testa,
abbozzando un sorriso lieve e stringendo le dita sopra le sue: «Dovresti
smettere di...»
«Non posso. Hanno bisogno di me, in questo momento più che mai.» decretò
l’uomo, scuotendo il capo: «Sopporterò il dolore, ma li aiuterò a
debellare la minaccia rappresentata da Maus.»
«Gabriel…» mormorò Sophie, stringendogli la mano e portandosela al petto:
«Lascia che combatta al tuo fianco. Lascia che io sia con te.»
«Io…»
«Questo peso non devi portarlo da solo.» continuò la donna, allungando una
mano e sfiorandogli il volto scarna: «Non sei più solo.»
Camille sospirò, osservando suo fratello minore correre verso di lei: «Sei
in ritardo, Thomas.» sentenziò, mentre il ragazzino si fermava a pochi
passi e poggiava le mani sulle ginocchia, piegandosi e respirando a pieni
polmoni: «La mamma fa il turno di notte stasera e…»
«Scusa, Jérémie aveva un nuovo videogioco e mi sono fermato a giocare un
po’.» spiegò il fratello, abbozzando un sorriso e osservandola con gli
occhi scuri come la pece: «Com’è andata oggi a scuola?» le domandò,
affiancandola e iniziando a camminare con lei per Rue Saint-Jacques,
diretti alla loro abitazione poco distante: «La professoressa Bustier è
stata tremenda.»
«Davvero?»
«Sì, a parte che ogni tre per due si lamenta di come lavorava bene al
Dupoint ma poi…» Thomas si fermò, scuotendo la testa e fermandosi alla
luce rossa del semaforo: «Insomma, non può darci da leggere un libro in
una settimana.»
«Dovresti evitare di lamentarti, fratellino. Leggere non può farti che
bene.»
«Bah!»
«Sai che…»
«Sai che non m’interessa quello che mi dici?» dichiarò Thomas sorridendo
e, allo scatto della luce verde, attraversò di corsa la strada: «Io
diventerò un calciatore professionista e andrò a giocare nel Paris
Saint-Germain.»
«A proposito, ma tu oggi non…»
«Domani. L’allenamento c’è domani.» la interruppe immediatamente Thomas,
osservandola mentre lo raggiungeva: «C’è stato il cambio perché…»
«Perché Monieur Paquet aveva quella visita oggi. Giusto.»
«Troppo studio ti fa male, sorellina. Inizi a perder colpi, notato?»
ridacchiò il ragazzino, andando avanti e scontrandosi contro qualcuno e
ritrovandosi a terra: «Ehi!» sbottò, alzando la testa e incontrando le
facce divertite di due ragazzi; sbuffò, rimettendosi in piedi e
studiandoli: sembravano due di quelli che si vedevano sulle riviste su cui
sorella sbavava regolarmente, mentre lui la prendeva in giro dicendo che
quello era il risultato per essere senza un fidanzato alla sua età.
«Ti sei fatto male?» gli domandò uno dei due, studiandolo con lo sguardo
grigio e sorridendogli calorosamente: «Questo stupido felino mi stava
facendo notare una cosa e non guardavo dove andavo…»
«Ah. Ora è colpa mia se dormi in piedi e vai a sbattere contro la gente.
Eh, pennuto?»
Felino? Pennuto?
Quei due tipi erano decisamente strambi.
Dopo essersi assicurato che lui stesse bene, continuarono per la loro
strada sotto lo sguardo estasiato di Camille: «Ehi. Cami? Ehi. Ci sei?» le
domandò il ragazzino, avvicinandosi e agitandole una mano davanti il viso:
«Oh. C’è nessuno in casa?»
«Lo sai chi erano quei due?»
«Due tizi strani?»
«Adrien Agreste e Rafael Fabre!»
«E chi sarebbero?»
«Due modelli. Bellissimi. Meravigliosi.» sospirò Camille, osservando i due
che, in attesa del semaforo, parlottavano fra di loro: «Sono il sogno di
ogni ragazza! Anche se, secondo 93 style, Adrien è stato visto alla
settimana della moda con una ragazza…» la ragazza si voltò, sospirando:
«Sarà la fidanzata?»
«Sarebbe strano non ce l’avesse, no?»
«Di Rafael, invece, non si sa nulla!» riprese giuliva Camille, battendo le
mani: «Dici che…»
«Rimarrai single? Sì. Sicuramente.»
Alex agitò una mano per aria, sorridendo ai due ragazzi che stavano
arrivando in quel momento: «Bene! Siamo tutti.» decretò, facendo spaziare
lo sguardo sul gruppetto: «Sappiate che ho cercato parecchio su internet
per trovare un maledetto all you can eat che non ti desse sushi o cibo
cinese. Senza offesa, Wei, ma vorrei mangiare qualcosa di europeo a questo
giro.»
«Nessuna offesa.» dichiarò il ragazzo, alzando le mani in segno di resa e
sorridendo: «Piuttosto dove andiamo?»
«Heureux Comme Alexandre. E spero di averlo pronunciato bene.» rispose
immediatamente l’americano, mettendo mano al cellulare e mostrando il
navigatore: «E’ a dieci minuti a piedi da qui e ho visto che fanno fondute
e poi ti portano la piastra dove grigli la carne; inoltre il prezzo è
veramente conveniente.»
«Sì, perfetto.» dichiarò Rafael, posando lo sguardo su un membro di quel
gruppetto: «Giusto per sapere, ma Willhelmina perché è qua?»
«Fu vuole che passi del tempo con voi, in quanto futura Gran Guardiana.»
spiegò la donna, agitando le mani per aria e facendo aprire, in questo
modo, la giacca scura: «Io continuo a dire che è una pessima idea, ma lui
sembra deciso.»
«Stranamente sono d’accordo con te, babbiona del mio cuore.»
«Alex…» Willhelmina assunse un tono zuccheroso, sbattendo le palpebre e
piegando le labbra in un sorriso mefistofelico: «Chiamami di nuovo
babbiona e il mio viso sarà l’ultima cosa che vedrai.»
«Ehi, hai centonovanta anni! Come dovrei chiamarti?»
«Come si zittisce?»
«Auguri.» dichiarò Sarah, avvicinandosi a Rafael e passandogli un braccio
attorno alla vita: «Io è una vita che ci provo.»
«Tu mi adori anche per questo.»
«Certo, Alex, certo.»
«Andiamo su.» dichiarò Wei, guardando Alex e sorridendo: «Devi indicarci
la strada, amico. Altrimenti rimarremo qui in interno.»
«Ok, ragazzi. Questo è il momento della confessione…»
«Sei come Sarah che si perde?» domandò Rafael, sospirando e afferrando il
cellulare dell’americano: «Siete proprio amici d’infanzia.»
«Da chi pensi abbia imparato a perdersi? Dal migliore. Però io ho il
navigatore e mi succede solo in città sconosciute. A New York non ho
problemi.»
«L’ho detto miliardi di volte e lo ripeto, mi succede…»
«Solo quando esci dalla metrò.» concluse Rafael per lei, sorridendole:
«Ok, truppa. Si parte.» decretò, iniziando a seguire il percorso segnato
sul cellulare di Alex, mentre il resto si accodava dietro.
Adrien affiancò Marinette, prendendole la mano e portandosela alle labbra:
«Come sta la mia signora?» le domandò, sorridendole e facendole
l’occhiolino: «Dai messaggi che mi hai mandato oggi eri…»
«In crisi. Profondissima crisi.»
«Cosa è successo?»
«La professoressa ci ha assegnato un nuovo progetto.»
«Quale? Quella del vestito da sirena?»
Marinette annuì, prendendo al braccetto il ragazzo e sospirando: «Proprio
lei.» assentì, alzando lo sguardo celeste verso Adrien: «Almeno ci ha
riportato i progetti passati e con Nath abbiamo preso un ottimo voto.»
«Miaoraviglioso!» esclamò Adrien, chinandosi e baciandola come premio: «Ma
tu sei un genio della moda, quindi non potevi che prendere un voto alto.»
dichiarò, sorridendole: «Che progetto è stavolta?»
«Due vestiti ispirati a delle favole.» rispose la ragazza, annuendo con la
testa: «Ovviamente solo i bozzetti, per mia fortuna.»
«Interessante. Hai già qualcosa in mente?»
«No.»
«Ottimo.» decretò Adrien, annuendo con la testa e ridacchiando: «Quanto
tempo avete stavolta?»
«Se non fa cambi improvvisi, come l’ultima volta, due settimane.»
«Sono certo che creerai dei vestiti favolosi.» decretò Adrien, sorridendo:
«Come quello da sirena o i nostri di Halloween o qualsiasi altro che hai
fatto.»
«Non pensi di avere un po’ troppa fiducia in me?»
«Non pensi di averne troppo poca, invece?»
«Ripeto…» mormorò la voce di Willhelmina dietro di loro: «Quando vuoi
essere assunta dalla mia casa, devi solo chiederlo, Marinette, e lo farò
immediatamente…» dichiarò la donna, affiancandoli e sorridendo alla
ragazza: «Sono in questo settore…beh, da parecchio tempo e posso dire che
ho visto poche volte un talento come il tuo: sai creare e ci metti tutta
la tua passione, questo si nota dai dettagli dei tuoi vestiti e dalla
precisione con cui li fai. Ti piace creare abiti e lo fai capire al mondo
intero.»
«Ehm. Grazie?»
«Ecco, e se lo dice Willhelmina che ha un’esperienza secolare, devi
crederci.» dichiarò Adrien, sorridendo alla ragazza e poi facendo vagare
lo sguardo verso il capogruppo: «Ehi, pennuto!»
«Ci siamo quasi, gatto rompiscatole!» sbuffò Rafael, fermandosi e
guardandosi attorno: «Ok, di qua.» voltò a sinistra e si fermò, indicando
il tendaggio che verde che copriva i tavoli esterni: «Ci siamo e mi piace
come posto!» decretò, avvicinandosi al locale e studiando l’interno pieno
di gente: «Ci sarà posto?»
«Ho prenotato.» dichiarò sicuro Alex, avvicinandosi alla porta ed
entrando, parlottando con una cameriera e poi voltandosi verso il gruppo
rimasto fuori: «Forza, gente! Si va a mangiare.»
«Senti che profumo di camembert…» bisbigliò Plagg, affacciandosi
leggermente dalla felpa aperta del suo Portatore e inspirando l’aria densa
di aromi: «Non posso resistere.»
«Tu resisti, invece.» dichiarò Adrien, spingendolo all’interno
dell’indumento e guardandosi attorno, pregando che nessuno avesse visto il
kwami e notò che anche Rafael stava avendo qualche problemino: «Qualcosa
non va, pennuto?»
«Flaffy. Ha sentito l’odore della cioccolata.»
«Lo sento. Lo so che è qui!» sibilò il kwami blu, facendo scattare la
testina a destra e a sinistra, trattenuto a mal fatica dal moro dentro la
giacca: «Io devo…»
«Rimanere nascosto.» bofonchiò Rafael, seguendo il resto del gruppo verso
il tavolo indicato dalla ragazza con cui Alex aveva parlato: «Perché
dovevo avere il kwami dipendente dal cioccolato?»
«Vuoi quello dipendente dal camembert?»
Lila li ascoltò, osservando i due sedersi vicini alle rispettive
fidanzate: «Chissà cosa succede se ci scambiamo i Miraculous…» mormorò,
poggiando il viso contro la mano e osservando Willhelmina: «Tu lo sai,
Willie?»
«Se non sbaglio non dovrebbero funzionare.» dichiarò la donna, sorridendo
al ragazzo che aveva posato sul loro tavolo i menù, allungò la mano e ne
prese uno, aprendolo e posizionandolo davanti a sé: «Il Gran Guardiano
sceglie la persona giusta per il Miraculous e questa ne sarà il Portatore
finché non rimetterà il Miraculous all’interno dello scrigno. Un giorno
sarete portati a riconsegnare i gioielli perché stanchi di combattere o
troppo vecchi e, solo in quel caso, verranno dati ad altre persone.»
«Quindi se io, per esempio, adesso indossassi il pettinino di Sarah?»
«Non funzionerebbe, Lila.»
«Ed è possibile che esista più di una persona adatta per un Miraculous?»
domandò Sarah, chiudendo il menu e carezzando la rilegatura di cartone:
«Se per il mio Miraculous, ad esempio…»
«Esiste sempre una sola persona, Sarah: scelta dal Gran Guardiano, ma
solamente una per volta.»
«Uao. La babbiona è diventata un’esperta!»
«Con tutto il tempo che ho passato al tempio di Nêdong…» mormorò
Willhelmina, sbuffando: «Potrei scriverci un trattato sui Miraculous.»
«Dovresti conoscere mio padre, allora.» sentenziò Rafael, chiudendo il
menu e sorridendo alla donna: «E’ ossessionato dalle leggende sui
Miraculous.»
«Come?» mormorò Adrien, allungandosi sul tavolo e guardando il moro in
faccia: «Scusa?»
«Non ve l’ho detto?»
«No, è la prima volta che lo sento.»
«Il professor Fabre, che insegna nella mia facoltà ed è il padre di
Rafael…» spiegò Sarah, sorridendo impacciata: «E’ interessato a leggende e
storie su sette animali – quelli dei nostri Miraculous – che ricorrono più
e più volte nella storia. Vuole capire il perché di questo e perché ci
sono anche in luoghi dove questi animali non dovrebbero esistere o in
tempi antecedenti alla loro comparsa sulla terra.»
«Sarah l’ha spiegato perfettamente.»
«Oh. Fantastico.» sbuffò il biondo, scuotendo la testa: «Abbiamo altro?»
«Secondo me, dovreste fare come Iron Man.» sentenziò Rafael, sorridendo e
allungandosi sullo schienale della sedia: «Perché questa segretezza? Ciao
mondo, io sono Iron Man! E festa finita.»
«Ordiniamo?» domandò Marinette, guardando il resto del gruppo e vedendoli
scuotere tutti la testa in segno affermativo.
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Capitolo 30 *** Capitolo 30 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.342 (Fidipù)
Note: Non è Miraculous Heroes se Adrien...beh, se il nostro micio
non fa un regalo dei suoi (e per chi fosse curioso, il regalo è questo),
la cosa buffa è che io sono venuta a conoscenza di simile oggetto nello
stesso modo di Adrien...Sì. Ok, non è buffa, dato che ho messo questo
fatto nella storia...
Vabbè, lasciamo perdere e andiamo avanti!
Questo capitolo è un po' un richiamo alla prima storia di Miraculous
Heroes: il regalo, il luogo d'incontro e un nemico che...
Non vi dico altro, altrimenti vi spoilero l'intero capitolo.
Detto questo, passo subito a ringraziarvi come sempre: grazie a tutti voi
che leggete, commentate, inserite la storia in una delle vostre liste, mi
supportate (o sopportate, fate voi), spammate e quant'altro.
Grazie di tutto cuore!
Marinette si lasciò cadere di
traverso sul letto, facendo sobbalzare i cuscini e provocando un risolino
in Tikki: «Sono piena…» mormorò la ragazza, tenendosi le mani sulla pancia
e aprendo pigramente un occhio, in modo da vedere la kwami: «Ti rendi
conto che Alex ha ordinato un piatto di tutto? Tutto il menu!»
«Mi sarebbe piaciuto vedere la faccia della cameriera che ha preso
l’ordine.»
«Non l’ho ancora capito.» mormorò Marinette, scivolando verso il cuscino e
guardando lo spiritello: «Sorpresa? Sconvolta?»
«Disperata?» propose una voce maschile dal piano inferiore: Tikki e
Marinette si guardarono, poi la ragazza si affacciò dalla balaustra,
notando divertita il giovane eroe al centro della stanza che, alla vista
delle due, s’inchino con fare galante: «Bonsoir, mie bellissime signore.»
«Bonsoir, monsieur.» dichiarò Tikki, ridacchiando e volando attorno al
giovane, accorgendosi della busta che il felino teneva fra le mani:
«Cos’è?»
«Siamo curiose stasera, madamoiselle Tikki?» domandò Chat, sorridendo alla
kwami rossa, spostando poi l’attenzione sulla ragazza che scendeva le
scalette del soppalco: «My lady, posso dire che la tua bellezza è ogni…»
Marinette posò una mano sulla bocca del giovane, ridacchiando mentre lui
continuava a farfugliare qualcosa, tirandola via di scatto quando il
giovane le lecco il palmo.
«Adrien!»
«Sono Chat Noir, al momento.» dichiarò il giovane, facendole l’occhiolino
e balzando sulla chaisse longue, accomodandosi come se si trovasse nella
sua stanza: «Ah. Per te, my lady.»
«Cosa è?»
«Una cosetta da nulla che ho trovato su internet e ordinato.» spiegò
tronfio Chat, tenendo la busta di carta e sfoderando il suo sorriso
migliore, rimanendo immobile sotto lo sguardo indagatore della ragazza:
«Non lo prendi, my lady?»
«Ho paura di scoprire cosa contiene.» dichiarò la ragazza, prendendo il
dono e guardandolo come se contenesse una bomba pronta a esplodere.
«Nulla di cui vergognarsi.»
«Ora ho ancora più paura.» sospirò la ragazza, spostando lo sguardo dal
sorriso soddisfatto del biondo al sacchetto che teneva in mano; con un
sospiro, si avvicinò alla scrivania e posò la bustina, fissando ancora una
volta il biondo: «Ho seriamente paura di vedere cosa contiene.»
«My lady, pensi che…»
«Sì. Lo penso.»
«Come sei…sei…sei prevenuta. Ecco.» dichiarò Chat, facendo schioccare le
dita e sorridendole: «Su, apri il regalo che il tuo miaoraviglioso
fidanzato ti ha portato. Sono venuto solo per questo, sai?»
Marinette lo fissò, scuotendo poi il capo e aprendo i due lembi della
busta, osservando il pacchetto all’interno, lentamente infilò le mani
all’interno e tirando fuori il contenuto, togliendo velocemente la carta e
aprendo la bocca di fronte a ciò che quell’idiota patentato del suo
fidanzato le aveva comprato: «Adrien!» strillò acuta, voltandosi verso di
lui con gli occhi sgranati.
«Marinette!» sibilò il biondo, indicando la botola: per quanto la camera
della ragazza potesse essere insonorizzata, era certo che quell’urlo
avesse risvegliato anche i morti nelle Catacombe di Parigi; rimasero
entrambi in allerta, aspettando che uno dei due genitori della ragazza
arrivasse di corsa ma, fortunatamente, non successe nulla: «Sì, my lady?»
La mora aprì la bocca, senza che nessun suono uscisse, chiuse le labbra e
scosse il capo, lasciando andare un enorme sospiro: «Spiega.» decretò,
tenendo il corpo del reato in una mano mentre sentiva il viso in fiamme.
«Cosa c’è da spiegare? Erano carine, mi sono piaciute e te le ho prese.
Fine del discorso.»
Marinette gemette, lasciandosi andare sulla sedia e nascondendo il volto
fra le mani: «Che problemi hai con la mia biancheria?» borbottò, alzando
lentamente la testa e fissando l’altro: «Seriamente, Adri…»
«Nessuna. In verità la trovo molto eccitante, sai? Le fantasie pastello,
quelle floreali…» il ragazzo si sistemò meglio sulla chaisse longue,
sospirando beato: «Sì, decisamente molto più intriganti di un
classicissimo nero.»
«Sono nere.»
«Sì, ma hanno un simpatico micetto proprio lì.» Marinette sospirò,
alzandosi dalla sedia e lasciando l’indumento intimo sulla scrivania,
avvicinandosi poi al ragazzo e salendogli in grembo, carezzandogli il
volto mascherato: «Mh. Un premio per il mio fantagattastico regalo?»
«No, veramente è l’unico modo che conosco per farti stare zitto.» dichiarò
la ragazza, sfiorandogli le labbra con le proprie, strusciandosi contro di
lui mentre la mano destra andava a togliere l’anello al giovane: «Ciao,
Adrien.»
«Ciao, Marinette.»
«Ciao, Plagg!» si salutò da solo il kwami, mettendosi fra di loro e
fissandoli entrambi divertito: «Seratina bollente, eh?»
«Cos’avete oggi?» domandò Marinette, studiando prima l’uno e poi l’altro:
«Sembrate…» si fermò, osservando divertita il biondo sotto di lei: «Beh,
quello che tu sei sempre.»
«Ogni occasione è buona per ricordare ad Adrien il suo essere in calore.»
commentò Plagg, fluttuando sdraiato: «Comunque, prima a casa, ho chiesto
al moccioso di farmi una fonduta di camembert: meravigliosa.»
«E’ in overdose di camembert.» spiegò Adrien, invitando la ragazza ad
alzarsi e facendolo lui stesso: «Allora, my lady, contenta del regalo?»
«No.» dichiarò Marinette, salendo velocemente le scalette del soppalco e
mettendosi seduta sul letto, osservandolo mentre si toglieva le scarpe e
la felpa: «Seriamente, Adrien…»
«L’ho detto: le ho viste, mi sono piaciute e le ho prese.»
«Quello che mi preoccupa è che le hai cercate.»
«In verità, stavo facendo una ricerca per trovare un articolo, di cui il
professore di macroeconomia ha parlato a lezione, e ho visto la pubblicità
su un sito, quindi…» le spiegò, facendole cenno di fargli spazio e
sdraiandosi sul letto; Marinette lo imitò, posandogli la testa contro la
spalla e una mano aperta sopra il cuore: «Beh, almeno non hai dato di
matto come l’altra volta.» dichiarò, prendendo una ciocca di capelli scuri
e giocherellandoci, intrecciandola attorno alle dita: «Che farai domani?»
«A parte tormentare Nathanael per avere idee decenti per il nuovo
progetto?»
«Sono passato dall’essere geloso di Nathanael all’averne pietà in…un
secondo?»
«Non c’è mai stato motivo di essere geloso di lui, Adrien.»
«Oh sì, che c’è stato!»
«Adrien.»
«Ehi, era innamorato di te. Chi dice che non lo sia anche ora?»
«Forse perché, mentre preparavamo l’altro progetto, mi ha chiesto qualche
consiglio su come conquistare una sua compagna del corso di design?»
«Ah.»
«Esattamente: ah.»
«Nathanael ha avuto il coraggio di chiedere consiglio a te?» domandò
Adrien, bloccando la mano che la ragazza aveva alzato per colpirlo: «Cosa
gli hai consigliato? I balbettii oppure…»
«Basta.» dichiarò la ragazza, girandosi dalla parte opposta: «Ti lascio.
Vattene.»
«Come se potresti vivere senza di me.» sentenziò il biondo, avvicinandosi
e passandole un braccio attorno alla vita, stringendola a sé e posandole
le labbra sul collo: «Io morirei lontano da te, quindi se non vuoi…»
«Oh, per favore!» sbottò Plagg da sotto, accompagnato dalla risatina
allegra di Tikki: «Dacci un taglio con queste sviolinate!»
Peacock balzò sul tetto dell’edificio, alzandosi dalla posizione di
atterraggio e osservando la Torre Montparnasse alla sua sinistra: l’enorme
grattacielo sarebbe stato un monolito scuro nella notte, non fosse stato
per le luci blu, che ne decoravano i contorni; stirò le braccia verso
l’alto, valutando la distanza che mancava fino a casa sua: «Passeggiata
notturna, Peacock?» domandò la voce divertita di Volpina, facendolo
voltare dalla parte opposta rispetto all’imponente edificio.
«Ho riaccompagnato Bee.» spiegò l’eroe blu, sorridendo alla compagna:
«Tortoise ti ha sbattuto fuori casa?»
«In verità, sono uscita perché volevo parlare con te.»
«E come facevi…»
«Conosco i miei galletti.» sentenziò la volpe, avvicinandosi e
sorridendogli: «E poi passando da questa parte è la strada più comoda e
veloce per arrivare a casa tua, via tetto ovviamente.»
«Ovviamente.» dichiarò Peacock, poggiandosi a un comignolo e incrociando
le braccia, osservando l’altra: «Allora? Problemi in paradiso, per caso?»
«Cosa?»
«Con Tortoise, intendo.»
«Mh. No, in verità è di te e Bee che volevo parlare.»
«Non bastava il gattaccio? Anche tu?»
«Siete amici, e ci teniamo a voi.» dichiarò Volpina, sorridendo: «In
verità, mi aspettavo che tu…beh, avessi la situazione in mano, ma a quanto
ho visto…»
«Ho paura, ok? Non voglio rovinare tutto e preferisco aspettare.»
«Ma Bee?»
«Bee è…»
«Bee è Bee, lo so. Dolce e ingenua, sicuramente attenderà paziente. Ma hai
mai notato il suo sguardo? Alle volte c’è un pizzico di invidia, sai?
Mentre guarda Marinette o me.»
«Non ci avevo pensato.» mormorò Peacock, portandosi una mano alla testa e
scompigliandosi i capelli, sotto lo sguardo divertito di Volpina: «Pensi
che…»
«Che voglia avere un rapporto diverso con te? Sì, ma non lo dirà mai. Sai
com’è fatta, no?» dichiarò la ragazza, avvicinandosi e posando una mano
sulla spalla del compagno: «Vuoi un consiglio? Parlaci, confrontatevi.
Siete una coppia, alla fine.»
Peacock sbuffò, camminando lungo il tetto, sotto lo sguardo di Volpina
che, poco dopo, lo imitò seguendolo: «Prima era più facile.»
«Prima non era una cosa seria, Peacock.» lo rimbeccò la compagna,
spintonandolo leggermente in avanti: «Quando non t’importa del tuo
compagno, di quello che prova o di ferirlo, è decisamente più facile.»
«Già…»
«Sono certa che andrà tutto bene, piumino.»
«Parlare, eh?»
«Esattamente.» dichiarò la ragazza, ridacchiando: «Vai da lei, la guardi
profondamente negli occhi e le dici: Bee, sono uno stupido. Finora mi sono
trattenuto, ma non sono molto diverso da quel felino sempre in calore di
Chat. Io…E qui, come minimo, le mostri orgoglioso…»
«Volpina!»
«La ruota! Che pensavi che dicessi? Non sono mica, Chat!» sbottò Volpina,
scuotendo il capo: «Comunque: hai presente quando il pavone apre la ruota
e la mostra orgoglioso alle femmine? Ecco, devi fare così con Bee.»
«Inizio a pensare che ruota sia il sinonimo di qualcos’altro.»
«Tu passi troppo tempo con Chat!»
«Anche tu.»
«Questo. Questo. E anche questo.» Fu lasciò cadere i volumi dall’aria
antica, davanti Willhelmina che, sguardo attonito, osservava prima i testi
e poi l’anziano sorridente, che la fissava orgoglioso: «Direi che è tempo
di iniziare il tuo addestramento da Gran Guardiana.»
«Non ho ancora accettato, Fu.»
«Non si accetta, si viene scelti. E poi sei andata con i ragazzi stasera:
ti sei arresa. Fine. E’ tempo di iniziare il tuo addestramento.» spiegò
l’uomo, sedendosi e indicando i libri: «Questo è il testo che aveva
Gabriel, su cui è scritto tutto quello che c’è da sapere su i Miraculous:
è un testo molto antico e sacro, quindi tienine conto; questo, invece, è
una breve storia del tempo di Nêdong: dal primo Gran Guardiano Gykko a
quello precedente il maestro Liu.»
«Fu, davvero, io sono…»
«E questo è un testo del maestro Kang, ove sono scritti alcuni
incantesimi, come quello che ho usato contro i guerrieri di Chiyou, cioè i
tuoi guerrieri…insomma, ci sono parecchi incantesimi utili.»
«Fu.»
L’anziano osservò la donna, sorridendole e posandole una mano sulla
spalla: «Sono certo che sarai una Gran Guardiana, Bridgette. Conosci il
peso che si ha come Portatore, conosci la seduzione del male ma anche la
redenzione da questo: sarai certamente la migliore da quando tutto è
cominciato.»
«Io ho dei dubbi su ciò.»
«Non averne, amica mia.»
Wei alzò la testa, osservando Volpina entrare in casa dalla finestra:
«Com’è andata?» le domandò, alzandosi dal tavolo e chiudendo il quaderno
su cui si stava esercitando con il francese: «Quanto l’hai tormentato?»
domandò, osservandola rilasciare la trasformazione e sorridendo al volto
senza maschera.
«Non l’ho tormentato.» dichiarò la ragazza, abbozzando un sorriso e
osservando Vooxi planare dolcemente sul divano: «Gli ho solo dato qualche
consiglio.»
«Gettargli la borsetta in faccia?»
«Sono capace di rifarlo, Wei.»
«Non lo metto in dubbio.» sentenziò il cinese, scuotendo il capo: «Penso
saresti capace di lanciarmi anche qualcosa di più pericoloso, diciamo.»
«Non farmi arrabbiare e non dovrai temere nulla da me.» dichiarò Lila,
lasciandosi andare a sedere sulla poltrona e sbadigliando: «Penso andrò a
letto, domattina ho lezione di mattina.» dichiarò, poggiando il viso
contro la spalliera della poltrona e osservando il ragazzo, tornare al
tavolo: «Wei?»
«Cosa?»
«Quello che ho appena detto…»
«Vai a letto? Ok. Io finisco di esercitarmi con questi verbi e…»
«Era un invito, Wei.»
Vooxi alzò il capino, osservando l’altro kwami che, comodamente seduto sul
tavolino, stava leggendo interessato un libro: «Ehi, Wayzz.»
«Che c’è?»
«Battaglia di Hogwarts o quella contro la Morte Nera?»
«Vooxi…» ringhiò Lila, guardando il suo kwami e ignorando Wei che,
alzatosi dal tavolo, si era avvicinato alla poltrona: il giovane si chinò,
passandole un braccio sotto le ginocchia e l’altro attorno alle spalle,
sollevando con facilità: «Cosa?»
«Dovresti mangiare un po’ di più, Lila. Sei troppo leggera.»
«O forse sei tu che sei troppo forte?»
Wei soppesò la domanda, avviandosi verso il piccolo corridoio ove erano
affacciate le porte del bagno e della loro stanza: «Bella domanda. Ma se
sono troppo forte io, allora…»
«Non continuare.» dichiarò l’italiana, posandogli l’indice sulle labbra:
«O dovrai iniziare a temermi.»
«Sarò muto come un…un…»
«Pesce.»
«Muto come un pesce, promesso.»
La suoneria del cellulare la svegliò: con molta fatica, Marinette aprì
pigramente un occhio, osservando assonnata il soffitto della sua camera e
poi spostando l’attenzione sul ragazzo che dormiva al suo fianco.
Aspetta.
Non era solo il suo cellulare a suonare: quello di Adrien vibrava,
muovendosi impercettibilmente sul suo posto.
Due cellulari contattati nello stesso momento.
«No, no, no, no.» mormorò la ragazza, allungandosi e recuperando il
proprio, piagnucolando alla vista del nome di chi la stava chiamando:
«Adrien, Adrien.» scosse il biondo, osservandolo svegliarsi stentatamente
e guardarsi attorno: «Alex.»
«No. Ma che problemi hanno questi cattivi con il sonno? Non riescono a
dormire, per caso?»
«Hallo?»
«Ciao, boss.» dichiarò la voce assonnata di Rafael, subito seguito dal
resto del gruppo: «Maus soffre di insonnia, per caso? C’è scritto che deve
prendere delle pilloline per dormire e stanotte se le è dimenticate,
vero?»
«Non lo so, amico.» sentenziò Alex, sbadigliando: «Ma alla polizia è
arrivato una richiesta da parte di un agente, sembra ci siano dei problemi
ai Giardini di Lussemburgo: i nostri tre amici sono tornati.»
«Ah! Ci sono passato vicino mentre andavo a casa!» sbottò Rafael,
svegliandosi un po’: «Dove ci troviamo?»
«A letto.» dichiarò Marinette, convinta: «Vi invito tutti nel mio, basta
che mi fate tornare a dormire.»
«My lady, non ci entriamo tutti.»
«Ci stringiamo.»
«Vi ricordate dove abbiamo combattuto per la prima volta Mogui?» domandò
Adrien, ignorando la ragazza imbronciata al suo fianco: «La fontana
Rostand, quello sarà il nostro punto d’incontro.»
«Perfetto. Vedi di convincere il boss a unirsi alla festa, gattaccio.»
«Pennuto, si dice purrfetto, non perfetto.»
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Capitolo 31 *** Capitolo 31 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.823 (Fidipù)
Note: Ed eccoci qua, finalmente qualcuno le ha prese di santa
ragione! Ma non diciamo altro, altrimenti vi spoilero l'intero capitolo.
Allora, allora: sapete che il Senato francese è ospitato nel Palazzo del
Lussemburgo, che ovviamente si trova nel Giardino omonimi, dove si svolge
l'intera scena di questo capitolo; fra l'altro il Giardino di Lussemburgo
è uno dei più grandi di Parigi e fu inaugurato nel 1612 da Maria De'
Medici; sempre in questo luogo si trova la Statua della Libertà, che hanno
visto Sarah e Rafael qualche capitolo addietro. Parecchi capitoli
addietro.
E la parte de 'La guida turistica di Miraculous Heroes' si conclude qua.
Come sempre, voglio ringraziarvi tutti quanti: grazie a chi commenta,
grazie a chi legge, grazie a chi inserisce questa storia in una delle sue
liste e...
Beh, grazie!
Volpina osservò l’arrivo degli altri
membri del gruppo, rimanendo in equilibrio sulla statua della Fontana
Rostand: «Dobbiamo parlare, LB.» sentenziò, non appena l’eroina fu vicina
a lei: «Questi attacchi a questi orari impossibili non mi piacciono. Per
niente.»
«Io l’avevo detto.» bofonchiò Ladybug, avvolgendo il filo dello yo-yo: «Di
rimanere a letto, ma nessuno mi ha dato ascolto.»
«My lady, da te non me lo sarei mai aspettata una cosa del genere! Vuoi
venire meno alla tua promessa di proteggere Parigi?»
«La tua lady ha bisogno di dormire, sai?» borbottò la ragazza, incrociando
le braccia al petto e fissandolo male: «Ma tu…»
«Sono un gatto con sane voglie.»
«Non so se lasciarli continuare o interromperli…» commentò Volpina,
completamente dimenticata dalla coppia, voltandosi verso Peacock e Bee:
«Sinceramente non vorrei venire a conoscenza di cose che non mi potrebbero
far dormire la notte, però è divertente vederli litigare.»
«Il tuo concetto di divertimento è alquanto strano, sai?» commentò l’eroe
blu, sospirando e sorridendo al poliziotto che li aveva raggiunti:
«Ladybug! Chat! C’è questo simpatico signore, l’agente…» si voltò verso
l’uomo, rimanendo in attesa.
«Baudin.» rispose il poliziotto, facendo vagare lo sguardo su tutti loro:
era tentato di togliersi il cappello e asciugare la fronte, madida di
sudore; non era caldo, ma l’agitazione che stava facendo un brutto
effetto: era entrato da poco nelle forze dell’ordine, spinto dal bisogno
di proteggere Parigi come facevano quei ragazzi e adesso li aveva tutti
davanti a sé.
Sarebbe stato poco consono chiedere un autografo a tutti?
Prima il dovere.
Doveva pensare al dovere.
«Bene.» sentenziò Peacock, voltandosi verso la leader del suo gruppo:
«L’agente Baudin è qui.»
«Lo vedo anch’io.» sentenziò Ladybug, sorridendo al compagno e dedicandosi
poi all’agente: «Ci informi, la prego.»
«Ah. Ehm. Ecco…» l’uomo si schiarì la voce, facendo vagare lo sguardo su
tutti loro: «Sono apparsi in mezzo al parco e…»
«Apparsi?»
«Sinceramente non abbiamo avuto il tempo di controllare tutto il perimetro
dei Giardini.»
«Capisco.» annuì Ladybug, sorridendo al poliziotto: «Dove si trovano
adesso?»
«Il tenente Raincomprix ha delimitato la zona davanti al Palazzo di
Lussemburgo, Ladybug. Ha lasciato alcuni di noi in attesa attorno al
parco, per informarvi appena foste arrivati.»
«Ci pensiamo noi.» dichiarò la ragazza, voltandosi in direzione del parco
e inspirando profondamente: «E direi che questo è il momento di chiudere
il gioco.»
«Concordo in pieno, LB.» sentenziò Volpina, saltando giù dalla postazione
e affiancando l’amica: «Ci hanno sempre messo alle strette ma,
ammettiamolo, dopo la sconfitta di Coeur Noir e i primi attacchi ci
eravamo un po’ rilassati: siamo gli eroi di Parigi, dimostriamolo.»
«Non avrei saputo dirlo meglio, Volpina.»
«Grazie, LB.»
«Vi dobbiamo ricordare che ci hanno quasi sconfitto ogni volta?» domandò
Peacock scuotendo il capo e afferrandole entrambe per le spalle: «Ma avete
ragione: ci siamo rilassati troppo.»
«Pensavamo di essere invincibili…» commentò Tortoise, scuotendo il capo:
«Non c’è peggior nemico della propria arroganza.»
«E Torty ci illumina con la sua perla di saggezza...» dichiarò Chat,
mettendo mano al bastone e ruotandolo fra le mani: «Ma hai ragione, amico.
Saranno forti, ma noi siamo gli eroi: li faremo neri questa volta.»
«Li faremo color Chat.»
«Ah ah. Divertente, Bee.»
«Andiamo, allora?» dichiarò Ladybug, voltandosi verso gli amici e
ricevendo un cenno affermativo da tutti: quella era l’ultima battaglia,
non avrebbe permesso che quei tre facessero ancora i loro comodi per
Parigi.
Gabriel si tolse gli occhiali, massaggiandosi il setto nasale e osservando
il disegno che stava realizzando, allungando la mano sulla scrivania alla
ricerca della gomma: «Quella è la mia ala, Gabriel.» commentò Nooroo,
quando le sue dita incontrarono qualcosa: «La gomma è dall’altra parte.»
«Grazie.» dichiarò l’uomo, allungando la mano opposta e sentendo la gomma
sotto le sue dita: la prese, cancellando velocemente un dettaglio della
gonna e, riprendendo la matita, disegnò un nuovo particolare totalmente
opposto al precedente: «Gabriel?» la voce di Sophie, gli fece alzare il
volto e osservò la donna sulla soglia della porta.
«Sì?»
«Stavo guardando la televisione, non riuscivo a dormire e quindi speravo
di trovare uno di quei film soporiferi, ma è andata in onda l’edizione
straordinaria del telegiornale e…»
«Maus ha di nuovo attaccato?»
«Esattamente.» assentì la moglie, osservandolo alzarsi dalla scrivania e
inforcare gli occhiali: «Che cosa hai intenzione di fare?»
«Andare ad aiutarli.» spiegò Gabriel, facendo un cenno al proprio kwami,
sotto lo sguardo della donna: «Non posso permettere che li affrontino da
soli: sono forti, troppo, per loro sei e basta.»
«E non pensi alla tua salute?»
«Non morirò per un’akumatizzazione in più…» dichiarò l’uomo, posandole le
mani sulle spalle e sorridendole: «Non posso morire ora, non ora che sei
tornata da me.»
«Gabriel…»
«Non posso lasciarli soli.»
Sophie l’osservò, inspirando profondamente e chiudendo le palpebre,
annuendo con la testa: «D’accordo.» dichiarò, aprendo nuovamente gli occhi
e osservandolo: «Ma io sarò al tuo fianco. Io sarò la persona che
akumatizzerai e che ti aiuterà. Nessun’altro.»
Ladybug saltò sul tetto del Palazzo di Lussemburgo, respirando
profondamente e osservando la situazione sotto di sé: il cuore le batteva
furioso nel petto, mentre il suo sguardo era fermo su Chat Noir che, poco
lontano dal palazzo su cui lei aveva trovato rifugio, stava duellando
contro Sith.
Spada al quantum-β contro il bastone del ragazzo.
Trattenne il respiro, quando vide il nemico caricare un affondo,
prontamente parato dal felino dai capelli biondi.
Che cosa poteva fare?
Erano giunti lì, pieni di convinzione e speranza, ma si erano scontrati
con il muro che era costituito dai tre uomini di Maus: cosa potevano fare
loro contro le armi di quei tre? Certo, stavano tenendo testa a tutti ma
la situazione era in stallo.
Lo sguardo celeste scivolò da Chat Noir e Sith a Scutum – tenuto impegnato
da Volpina e Peacock – e, infine, su Slimer che stava combattendo contro
Tortoise e Bee: che cosa doveva fare? Che cosa avrebbe potuto fare?
Respira. Calmati.
Puoi trovare la soluzione.
Socchiuse gli occhi, inspirando profondamente: «Immagino sia dura fare la
leader, eh?» le domandò una voce conosciuta al suo fianco: Ladybug aprì le
palpebre, voltandosi e incontrando una donna dai capelli biondi, stretti
in una coda laterale bassa, e un costume molto simile a quello di Peacock,
non fosse che questo aveva un mantello che ricordava la coda di un pavone…
«Questa è la prima volta che c’incontriamo così: Pavo, per servirti.»
«La mamma di…»
«Di Chat Noir, sì.» dichiarò Pavo, sorridendo e osservando la situazione,
tornando poi a calamitare l’attenzione sulla ragazza: «Cosa devo fare,
Ladybug?»
«Io…»
«Prenditi il tempo che vuoi e analizza la situazione.»
Ladybug ascoltò quelle parole, sorridendo: non era quello che faceva
sempre? Pensare e analizzare la situazione era il suo compito, così come
quello di dirigere gli altri in battaglia: «Grazie.» mormorò, sorridendo a
Pavo: «Io avevo dimenticato quale era il mio ruolo, pensavo solo…»
«Solo a sconfiggere il nemico senza riflettere, vero? Un errore in cui
sono caduta anch’io, tanto tempo fa.»
La coccinella annuì, portando l’attenzione sul campo di battaglia: «Pavo,
quali sono i tuoi poteri?» domandò senza smettere di osservare ciò che
stava succedendo sotto di sé.
«Penso siano gli stessi di quando possedevo il Miraculous.» dichiarò la
donna, studiando il costume che indossava: «Quindi i ventagli e la
visione…mh. Almeno credo.»
Ladybug annuì, tenendo d’occhio la situazione e iniziando a ideare un
piano nella sua mente: la difesa di Scutum era alta, Slimer utilizzava
attacchi a distanza mentre Sith era quello che attaccava corpo a corpo, o
quasi.
Mentre noi?
Noi come siamo messi?
Inspirò nuovamente e profondamente, ricordando a se stessa di restare
calma: era Ladybug, eroina di Parigi, e avrebbe superato anche quella; si
portò una mano all’orecchio, premendo l’auricolare: «Bee, ho bisogno che
tu intrattenga con i tuoi pungiglioni Scutum.»
«Ok!» assentì subito la ragazza e la coccinella la guardò cercare attorno
il nemico: «Ma Slimer…»
«Peacock, puoi mandare i tuoi pugnali, ventagli, quel che sono contro
Slimer? Cerca di tagliare il cavo che collega il fucile allo zaino.»
«D’accordo, boss.»
«Tortoise, caricalo appena cerca di mettere mano al secondo fucile e
bloccalo.»
«Va bene.»
«Volpina, puoi usare le tue illusioni e mandare una scarica di quello che
ti pare contro Scutum? In modo da tenerlo impegnato assieme a Bee, mentre
Chat lo colpisce da dietro.»
«D’accordo, LB.»
«Non mi piace tanto attaccare un nemico alle spalle, my lady.»
«L’hai già fatto Chat.»
«D’accordo, d’accordo.» sbuffò il felino e lei se lo immaginò con il suo
solito sorriso sulle labbra: «Attaccare dietro. Posso farlo. Ma chi si
occupa di Sith?»
«A lui penso io e Pavo.»
«Pavo?» esclamò Chat nell’orecchio della ragazza: «Come ha fatto
a…aspetta. L’ha akumatizzata?»
Ladybug sorrise al cenno affermativo di Pavo che, quasi sicuramente, aveva
sentito l’urlo del figlio: «Sì, l’ha akumatizzata, Chat.» rispose,
sentendolo borbottare sul fatto che qualcuno non guardava in faccia niente
e nessuno quando si trattava di akumattizare: «Ricordate: non ci
dev’essere un nuovo scontro con loro. E se ne vedete l’occasione, usate i
vostri poteri speciali.»
Alle risposte affermative dei compagni, Ladybug saltò giù dal tetto
assieme a Pavo e mettendosi davanti Sith, roteando lo yo-yo e vedendo
l’altra metter mano ai ventagli: «Siete voi le mie avversarie ora?»
domandò l’uomo, roteando la spada e sfidandole con un sorriso sulle
labbra: «Sinceramente preferivo il micetto è molto divertente.»
«Perdonalo, purtroppo è impegnato con il tuo amico.» spiegò Ladybug,
lanciando lo yo-yo e imprigionandolo nel filo: «Sinceramente, ne ho
abbastanza di combattere voi tre.»
«Pensi davvero che ci batterete, eh coccinellina?»
«A parte il fatto che solo Chat può chiamarmi coccinellina…» decretò
Ladybug, tenendo il filo con tutte le sue forze: «Ma sì, pensiamo davvero
di battervi.» si scambiò un’occhiata con Pavo e la vide lanciarsi contro
Sith, mentre questi era riuscito a liberarsi. Ladybug riavvolse il filo
della sua arma, attivando immediatamente il suo potere speciale e vedere
materializzarsi fra le sue mani uno spray al peperoncino.
La ragazza sorrise soddisfatta, osservando Pavo tenere impegnato il
nemico, attaccando ripetutamente: rimase a osservarla, mentre dominava il
duello contro il nemico; chiunque l’avesse vista in quel momento, non
avrebbe pensato che, fino a poco tempo, era nelle mani del nemico.
Beh, non è che l’avevano catturata propriamente.
Ladybug scosse il capo, correndo poi verso i due, si fermò e attese il
momento esatto in cui utilizzare il Lucky Charm; Pavo balzò all’indietro e
la coccinella ne approfittò per avvicinarsi a Sith e spruzzargli in faccia
la sostanza urticante, vedendolo subito urlare e portare le mani al volto,
facendo cadere la spada al quantum-β.
«Quello che può fare uno spray al peperoncino, eh?» domandò la donna,
recuperando l’arma e sorridendo alla vista di alcuni agenti che,
coraggiosamente, si erano avvicinati e stavano ammanettando il soldato di
Maus, ormai reso inerme: «Fuori uno.»
Ladybug annuì, roteando il piccolo contenitore dello spray e osservando il
resto dei compagni: Volpina stava lanciando delle fiamme di fuoco fatuo
contro Scutum che, con lo scudo alzato, si stava parando dai colpi di Bee,
la quale aveva attivato il suo potere speciale modellando a forma di
frusta.
Chat, invece, stava scivolando alle sue spalle con la mano destra
impregnata del potere distruttivo e, toccato lo scudo, questi si
disintegrò sotto gli occhi di tutti: «Fuori due.» decretò il felino,
assestando alcuni pugni in faccia a Scutum e facendolo finire disteso a
terra: ««Signori poliziotti, questo è tutto vostro.» concluse,
inchinandosi con fare galante e indicando il guerriero atterrato alla
polizia francese.
Ladybug sorrise, avvicinandosi al ragazzo mentre gli agenti ammanettavano
il loro nemico: «Ce l’abbiamo fatta.» mormorò la ragazza, portandosi le
mani guantate di rosso al viso: «Non ci credo.»
«Avevi dei dubbi, my lady? Siamo gli eroi di Parigi…» commentò Chat,
spostando l’attenzione sull’ultimo combattimento: «Comunque è ancora in
gioco Slimer. Pensate che dobbiamo dare una mano a Torty e Peacock?»
«Perché?» domandò Volpina, poggiando una mano sul fianco e ridacchiando:
«Fammi godere dello spettacolo del mio uomo in azione. Ladybug l’ha
fatto!»
«Ma davvero?» domandò il felino, facendo l’occhiolino alla ragazza: «E
dimmi, ciò che hai visto era di tuo gradimento?»
«Stavo valutando se entrare in azione o meno.»
«Peacock sta vedendo.» sentenziò Pavo, avvicinandosi ai due e dando una
lieve manata sulla testa di Chat: «Non dovresti prenderla in giro, sai?»
Chat Noir sbuffò, osservando Peacock riaprire gli occhi e dire qualcosa a
Tortoise che, utilizzando il proprio potere rinchiuse Slimer in una
barriera: «Ladybug!» urlò il pavone, alzando una mano verso l’alto: «Ho
bisogno del tuo spray!»
«Eccolo!» urlò la ragazza, lanciandolo verso il compagno e osservandolo
mentre lo afferrava prontamente; Peacock si voltò verso il compagno e
nuovamente gli dette istruzioni: Tortoise liberò Slimer dalla gabbia e
Peacock lanciò le parti dei suoi ventagli contro di lui, tagliando
entrambi i cavi dei fucili al quantum-β, poi corse in avanti e, dopo aver
assestato un pugno nello stomaco al nemico, gli spruzzò lo spray in
faccia, mettendo così fine al combattimento.
Papillon osservò la scena, sorridendo soddisfatto.
Era rimasto in disparte, lasciando alla sua Pavo l’onore di combattere al
fianco dei ragazzi.
Finalmente era finita.
Certo, c’era ancora la minaccia di Maus e di ciò che avrebbe creato in
futuro ma, almeno per il momento, erano riusciti ad avere un qualche
risultato.
E poco gli importava del malessere che, a breve, lo avrebbe colto: erano
riusciti a sconfiggere i tre soldati dello scienziato pazzo.
«Miraculous Ladybug!» urlò la coccinella, lanciando in aria lo spray e
osservando la magia rigeneratrice riportare tutto al giusto ordine.
Finalmente…
Finalmente ce l’avevano fatta.
«Con questi che facciamo?» domandò Peacock, osservando la spada, il fucile
e lo scudo rigenerato: le tre armi al quantum-β, le creazioni di Maus:
«Non possiamo darle alla polizia. E se Maus trova il modo di
riprendersele?»
«Potremmo portare dal maestro.» commentò Chat, chinandosi e studiando i
tre oggetti: «Oppure…boh, nella cassaforte da noi?» buttò lì, guardando
Pavo: «Non so davvero dove potremmo tenerle al sicuro, ma dobbiamo fare in
modo che Maus non ci metta nuovamente le mani sopra.»
«Ma lui ha ancora i progetti e…»
«Non più!» trillò la voce allegra di Alex nei loro auricolari: «Mentre voi
eravate impegnati a sconfiggere i tre cattivi, il vostro Mogui stava
mandando un regalino a Maus – che cosa bella poter entrare nella sua rete,
sapete? –: un piccolo virus di mia creazione, che ha superato le sue
protezioni e…tadan! Niente più progetti!»
«E non potevi pensarci prima?» sbottò Volpina, scuotendo il capo: «Hai
avuto tutto questo tempo e…»
«Ehi, ho dovuto crearlo! Senza contare che ho voluto ricontrollare le sue
protezioni e tutto il resto! Sai, bene, che l’altra volta non sono
riuscito a sgraffignare tutto e creare un virus non è cosa da tutti i
giorni, soprattutto un bambino potente come il mio Mogu.001!»
«Mogui, seriamente, spero che nessuno si accorga dei tuoi movimenti.»
sbottò Peacock, scuotendo il capo sconsolato e sorridendo al pensiero
dell’amico: «Sarebbe un po’ difficile spiegare che sei dalla parte dei
buoni.»
«Nessuno mi scoprirà, tranquilli!»
«Le ultime parole famose.»
Maus picchiò il pugno sulla scrivania, osservando la disfatta dei suoi
uomini: non solo aveva perso i prototipi delle sue armi.
No.
Quella maledetta mail, dove veniva preso in giro, aveva dato il via a
tutto, cancellando ogni cosa.
Nulla.
Non aveva più nulla.
Era stato ingenuo e aveva creduto di avere la vittoria, ormai.
Ma invece…
«Maledizione!» tuonò, picchiando nuovamente i pugni contro la scrivania,
mentre lo sguardo si volgeva allo schermo ove la caricatura del guerriero
nero gli stava facendo le linguacce: «Loro pagare presto, ja. Io non
lasciare senza punizione questa vergogna, ja.» sentenziò, dando un nuovo
colpo al tavolo: «Colpa di eroi. Colpa di Papillon, ja.»
Gli eroi avrebbero pagato.
Papillon avrebbe pagato.
E lui avrebbe avuto i Miraculous e dimostrato al mondo intero che il
Quantum esisteva.
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Capitolo 32 *** Capitolo 32 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.730 (Fidipù)
Note: E ci siamo! Con questo capitolo inizia la discesa verso la
fine, si inizia a tirare le fila per giungere alla fine di Miraculous
Heroes 2 e...beh, iniziare la terza e ultima parte di questa trilogia. E
so molto bene che ci saranno domande, tante domande, ma tutto avrà una
risposta.
Ma intanto rimaniamo fermi sul presente e...spazio informazioni! Allora il
carcere de La Santé (più precisamente Maison d'arrêt de la Santé) si trova
nel XIV arrondissment - per una volta non è il quartiere di Rafael, dove
praticamente c'è il mondo, ma quello di Sarah. - ed è una delle principali
prigioni di Parigi (le altre due sono il carcere Fleury-Mérogis Prison,
che è il più grande d'Europa, e il carcere Fresnes): de La Santé è stato
usato come carcere durante la Rivoluzione e, al suo interno, si tenevano
le esecuzioni con la ghioglittina e furono giustiziati qui una quarantina
di prigionieri.
Vi risparmio la ricerca fatta sul sistema politico francese: questa parte
è stata veramente noiosa da fare (e il tutto per due/tre righe in croce.
Vabbé).
Detto ciò, passo ai ringraziamenti: grazie a tutti voi che leggete (non
siate timidi, fatevi sentire!), grazie a voi che commentate, grazie a voi
che inserite questa storia in una delle vostre liste.
Grazie di tutto cuore a tutti!
André Bourgeois osservò i tre uomini che
il tenente e alcuni uomini delle forze dell’ordine aveva scortato nel suo
studio: erano stati ammanettati e qualche livido, segno della lotta che
avevano avuto contro gli eroi di Parigi, era comparso sui volti che lo
scrutavano seri.
«Buonasera.» mormorò, avvicinandosi al tenente Raincomprix, nonché padre
della migliore amica di sua figlia, e chinandosi verso di lui: « Perché li
avete portati da me? Cosa dovrei farci con questi?» bisbigliò, sorridendo
ai tre sguardi, che non perdevano d’occhio un suo movimento, reprimendo la
tentazione di portare l’indice al colletto e allentare un po’ la stretta
della cravatta.
Il poliziotto lo fissò, inspirando profondamente e togliendosi il
berretto, asciugando il sudore della fronte: «Metterli in carcere?» buttò
lì, incassando poi la testa nelle spalle e voltandosi verso i tre
criminali che il gruppo di supereroi aveva consegnato loro.
«Sì. Carcere. Sì.» annuì Bourgeois, portandosi due dita al colletto della
camicia e tirandolo lievemente: «Portateli a de La Santé e metteteli in
cella.»
«D’accordo.» assentì l’uomo, voltandosi verso i propri uomini e facendo un
cenno loro: i tre prigionieri vennero affiancati da due poliziotti
ciascuno e scortati all’esterno dell’ufficio del sindaco parigino, mentre
André Bourgeois si lasciava cadere sulla poltrona con un pesante sospiro.
Il suo mandato come sindaco della città stava finendo e, sinceramente, non
era per niente triste: da quando era in carica ne era successe di tutti i
colori e sperava – quasi pregava – che il Consiglio non lo eleggesse
nuovamente e spostasse il suo sguardo su qualcun altro.
Magari qualcuno come il giovane politico che, in pochi mesi, aveva scalato
il vertice del partito opposto diventandone il leader e trascinatore.
Monsieur…
Monsieur…
Come accidenti si chiamava?
André scosse il capo, poggiando stancamente il viso contro il pugno chiuso
e osservando la foto che teneva sulla scrivania, che lo ritraeva insieme
alla sua adorata principessina: «Ho sentito che c’è stato un po’ di
movimento, Bourgeois.» dichiarò una voce profonda maschile e il sindaco
parigino alzò lo sguardo, trovando davanti a sé il protagonista dei suoi
pensieri nonché rivale in campo politico.
Sfacciatamente bello, con i capelli decisamente troppo lunghi per un uomo
che doveva rappresentare una città e uno sguardo celeste che sembrava
quasi leggergli dentro: «Oh. Buonasera, monsieur…»
Eh. Monsieur cosa?
«Blanchet. Immagino che con tutto quello che ha da fare, non si ricordi il
mio nome.» commentò Monsieur Blanchet, accomodandosi, senza essere
invitato, su una delle due poltroncine poste davanti alla scrivania e
accavallando le gambe.
Giusto.
Blanchet.
Un cognome che ricordava i completi candidi che l’uomo indossava sempre.
«Ho visto il tenente Raincomprix scortare via da qui alcune persone…»
spiegò Blanchet, sorridendo affabile: «Sono per caso i tre…mh. Terroristi?
Che stavano portando il panico per Parigi ultimamente?»
«Proprio loro.»
«Interessante. Dovreste fare un encomio alle nostre forze dell’ordine per
aver preso così celermente i…»
«In verità sono stati gli eroi di Parigi.»
«Oh.» Blanchet si fermò, annuendo con la testa e facendo ondeggiare le
ciocche bionde, che gli carezzavano il collo: «I nostri protettori.
Dovremmo fare qualcosa per ringraziarli: da quanto combattono per noi,
ormai? Ladybug e Chat Noir direi che sono quattro anni, più o meno, eppure
mai una volta che le autorità abbiano dimostrato la propria gratitudine.»
«Ci fu…»
«La statua in quel misero parchetto di quartiere? Ma per favore, dovremmo
fare loro qualcosa in grande stile.»
«Non credo che loro apprezzerebbero…» mormorò André, rimediando un sorriso
accondiscente dall’altro: «Qualche tempo fa, quando Papillon scomparve
avevo…»
«Sono eroi, è normale che non vogliano attenzioni su di loro ma come
cittadini di Parigi glielo dobbiamo.» sentenziò Blanchet, alzandosi dalla
sedia e dirigendosi sicuro verso la porta dell’ufficio, poggiando la mano
sulla maniglia e sorridendo tristemente: «E’ nella natura dell’eroe
sacrificarsi senza ottenere niente in cambio.»
«Cosa?»
«No, niente.» dichiarò Blanchet, voltandosi e sorridendo al sindaco: «Ci
vediamo, Bourgeois.»
Lila sbuffò, poggiando i gomiti contro le ginocchia, lasciate nude dalla
gonna corta, e osservò alcuni ragazzini camminare lungo il marciapiede: le
voci allegre che risuonavano nell’aria, assieme ai rumori della mattinata
parigina componevano una sinfonia che le piaceva: «Non avevi lezione
stamattina?» le domandò Wei, sedendosi accanto a lei sulla panchina e
passandole un bicchiere da asporto: «Oppure…»
«Stavo osservando.»
«Cosa?»
«Quello che proteggiamo.»
Wei spostò lo sguardo davanti a sé e sorrise, mentre la ragazza gli
toglieva dalla mano il bicchiere e lo apriva, inspirando il profumo del
contenuto: «Non è come quello di casa, ma è passabile.»
«Mi chiedo se ci sarà mai un caffè che ti va bene al 100%.»
«Quello italiano.»
«Ehi voi!» la voce maschile e giovane li fece voltare entrambi: magro e
fin troppo alto per la sua età, un ragazzino con la pelle scura li fissava
quasi con rabbia: «Chi siete?»
«Chi sei tu?»
«Lila…» mormorò Wei, posandole una mano sul braccio e osservandola
mettersi subito sul piede di guerra; sorrise, guardando la ragazza
imbronciarsi e appoggiarsi allo schienale della panchina: «Io mi chiamo
Wei Xu, mentre lei è…»
«Lila. Lila Rossi.» dichiarò l’italiana, fissando male il ragazzino: «E tu
chi sei?»
«Thomas Lapierre.» si presentò il giovane, osservandoli guardingo: «Siete
dei rapitori?»
«Cosa?» strillò Lila, balzando in piedi e venendo immediatamente imitata
da Wei, che le posò una mano sulla spalla, cercando di calmarla con quel
gesto.
«In verità, sto aspettando il mio datore di lavoro e Lila è la mia
fidanzata.» spiegò tranquillo il cinese, sorridendo affabile: «Ci siamo
fermati qui…beh, perché questo parco è carino e Lila voleva il suo caffè.»
Thomas annuì con la testa, inspirando profondamente: «Tu non hai l’aria da
rapitore.» dichiarò, indicando con un cenno del mento Wei: «Puoi garantire
anche per lei?»
«Posso.»
«Cosa? Wei non dargli corda!» sbottò Lila, facendo alternare lo sguardo
dal giovane uomo al moccioso: «Cosa ti fa credere che io…»
«Fissavi troppo interessata i bambini, ecco.»
«Cosa? Vuoi morire, moccioso?»
«Mh. Forse non sei una rapitrice, sei solo pazza.»
«Wei!»
«Scusa se ti abbiamo messo in allarme, piccolo eroe.» sentenziò Wei,
posando le mani sulle spalle della ragazza e spintonandola verso l’uscita:
«Sono certo che i tuoi compagni più giovani sono orgogliosi di essere
protetti da un tipo come te.»
«Ma non sarò mai come gli eroi di Parigi…»
Wei e Lila si fermarono, osservando il ragazzino abbassare lo sguardo e
scuotere il capo: «Ehi, moccioso.» mormorò Lila, liberandosi dalla stretta
del suo fidanzato e avvicinandosi a Thomas: «Lascia che ti dica una cosa:
gli eroi di Parigi sono persone come te e me, sai?»
«E quindi?»
«Beh, non è detto che un giorno tu non sarai come loro, no?»
Thomas la osservò, annuendo con la testa e sorridendole: «Penso di essermi
sbagliato su di te, signorina rapitrice.»
«Chiamami ancora così e non vedrai la luce di domani, moccioso.»
«Lila…»
Gabriel inspirò profondamente, mentre una fitta di dolore gli sconquassava
il petto e l’aria gli mancava dai polmoni: strinse forte la mano della
donna al suo fianco, trovando un po’ di conforto in quel semplice gesto:
«Sta peggiorando.» mormorò la voce di Nooroo da qualche parte nella
stanza: «Gabriel, se continui…»
«Non posso. Non ora.»
«Ma se continui così…»
«E’ ciò che mi merito per i miei errori.»
«Gabriel, tu non…»
«Tu non c’eri, Sophie. Non sai cosa ho fatto, cosa ho costretto Nooroo a
fare.»
«Questo non significa che tu…» la donna si fermò, ascoltando i rumori che
provenivano dall’altra parte della pesante porta della camera da letto di
Gabriel: «Deve essere tornato Adrien.»
«Non dirgli nulla.»
«Gabriel!»
«Non dirgli nulla, Sophie. Lui non deve preoccuparsi per me.» dichiarò
l’uomo, appoggiandosi ai cuscini con un sospiro stanco, chiudendo le
palpebre: «Deve rimanere concentrato su Parigi e sulla minaccia di Maus.»
«E cosa dirà domani, quando ti vedrà con l’aria stravolta?»
«Che ho lavorato troppo?» mormorò Gabriel, accennando un lieve sorriso e
aprendo gli occhi, fissando la figura della moglie: «Te ne prego, Sophie.»
La donna sbuffò, scuotendo il capo e avviandosi verso il portone: «Sempre
il solito testardo…» borbottò, uscendo dalla stanza e notando la figura di
Adrien che saliva la rampa opposta delle scale, diretto alla propria
camera da letto: «Ciao, tesoro.»
«Oh, mamma.» esclamò il ragazzo, sorridendole: «Pensavo non ci fosse
nessuno in casa…»
«Stavo facendo un pisolino.»
«Mh.»
«Com’è andata a lezione, oggi?»
«Tutto a posto, come al solito.»
«E adesso che fai?»
«Mi cambio e vado da Marinette, mi aveva mandato un messaggio quando ero a
lezione, chiedendomi di andare da lei.»
«Capito.»
«Va tutto bene?»
«Sì, sì. Perché?»
«Sei…» Adrien si fermò, portandosi una mano alla nuca e massaggiandosela,
mentre una smorfia pensierosa gli torceva il volto: «Sei strana, ecco.»
«Tutto ok, tesoro. Ho solo fatto un brutto sogno di quando ero ancora
prigioniera e….»
«Capisco.»
«Per cena ci sarai o rimani da Marinette?»
«Conoscendo Sabine…»
«Resterai a cena da loro.»
«Un ottimo motivo per fare una cenetta a lume di candela, tu e papà, eh?»
Sophie annuì, stringendosi spasmodica le mani e cercando di sorridere,
impedendosi di voltarsi verso la porta oltre la quale si trovava quel
testone di suo marito, dolorante: «Già. Un’ottima occasione…»
Sarah osservò il proprio riflesso nella porta del palazzo ove abitava
Rafael, inspirando profondamente: «Qualcosa non va, Sarah?» le domandò
Mikko, facendo capolino dal cardigan che la ragazza indossava e
studiandola con lo sguardo scuro: «Sembri nervosa…»
«Lo sono.»
«E perché? Stiamo andando da Rafael…»
«Beh, ecco…» la ragazza sospirò, sorridendo alla kwami: «Mi ero ripromessa
che, se fossimo riusciti a battere gli scagnozzi di Maus, io…ecco…io…»
«Tu…»
«Avrei chiesto a Rafael di…beh…di…»
Mikko inspirò profondamente, volando davanti al viso della ragazza e
osservandola seria: «Di fare quel passo?» chiese tutto d’un fiato, mentre
l’umana annuiva con la testa, mentre le guance le diventavano
scarlatte.
«Oh, Sarah!»
«E’ un’idea stupida, lo so. Forse dovrei…»
«Rafael è quello giusto?»
«Cosa?»
«Ascolta il tuo cuore: cosa dice? Che fare questo passo con Rafael è
sbagliato oppure…»
Sarah si portò una mano al cuore, ascoltando i battiti lievemente
accelerati e socchiudendo gli occhi: «Ho paura, ma penso sia normale e…»
«E…»
«E non riesco a pensare a nessun altro se non a lui.»
Mikko annuì, avvicinandosi alla ragazza e strusciandosi contro la guancia
di questo: «E’ quello giusto, allora.» dichiarò, tornando nel suo
nascondiglio.
Sara sorrise, spingendo la porta ed entrando nell’androne del piccolo
condominio: l’aria fresca e leggermente umida l’avvolse immediatamente,
facendola rabbrividire un poco mentre si avviava per la stretta scala che
portava ai piani superiori; quasi volò i gradini, raggiungendo velocemente
la porta dell’appartamento del ragazzo e si dette una veloce sistemata,
prima di premere il campanello.
Rimase in ascoltò dei movimenti all’interno della casa e un sorriso
caloroso quando la porta si aprì per spegnersi immediatamente subito alla
vista della persona che aveva aperto: la cavernicola, nota anche come
Blanche e collega di lavoro di Rafael e Adrien: «Sì?» le domandò la
modella, inclinando il capo e studiandola come se fosse un qualcosa di
raro.
Perché era lì?
E perché era più svestita che vestita? Notando solo in quel momento
l’abito sottoveste scuro che la ragazza indossava.
«Blanche! Maledizione! Ti ho detto mille volte di non fare come se fosse
casa tua!» ringhiò la voce di Rafael, mentre il ragazzo compariva alle
spalle della modella e si fermava impietrito: «Sarah…»
«Io…»
«La conosci, Raf?»
Raf?
«Lei…»
«Qualcuno che non doveva venire.» mormorò Sarah, chinando la testa e
facendo un passo indietro, mentre lo sguardo si focalizzava sui due:
entrambi belli, entrambi perfetti.
Una coppia bella e perfetta.
Stupida. Era stata una stupida per tutto quel tempo.
Era ovvio che un tipo come Rafael non si sarebbe mai accontentato di una
come lei.
«Io non volevo…» bisbigliò, voltandosi e correndo via, scendendo
velocemente i gradini che alla stessa velocità aveva salito.
Stupida. Era stata davvero una stupida.
«Sarah! Aspetta!» la voce di Rafael tuonò alle sue spalle, costringendola
a fermarsi nell’androne freddo: non si voltò, mentre sentiva il ragazzo
fermarsi a pochi passi da lei con il fiato ansante: «Non è quello che
pensi, ok? L’ha mollata il fidanzato – di nuovo – e quindi…»
«Quindi è venuta da te per farsi consolare un po’?»
«Cosa?»
«Lei è una di quelle…»
«Sì. Ma non centra…»
«Volevo che fossi tu.» mormorò la ragazza, scuotendo il capo e voltandosi,
mentre un sorriso mesto le compariva sulle labbra: «Ma, seriamente, come
potrei anche solo paragonarmi a lei?»
«Ma che stai dicendo?»
«Scusa. Io me ne vado.» bisbigliò l’americana, indietreggiando e
raggiungendo il portone: «Non volevo rovinarvi la serata, davvero.»
«Sarah, aspetta.»
«Ciao, Rafael.»
«Sai, mi piace come hai sistemato questo posto.» dichiarò Adrien,
affacciandosi dalla botola e indicando con un cenno del capo le piccole
lanterne, con cui Marinette aveva adornato il terrazzino, e che donavano
una luce calda e accogliente: «Molto intimo. E poi il plaid…insomma, uno
arriva qui – dopo una tua chiamata dove sembrava stesse succedendo
l’apocalisse – e si trova un bel plaid steso per terra, un’atmosfera
romantica e intima…» il biondo si fermò, salendo velocemente gli ultimi
scalini: «My lady, devi dirmi qualcosa per caso?»
La ragazza ridacchiò, stringendosi nell’enorme scialle che si era gettata
sulle spalle e avvicinandosi al fidanzato, circondandogli la vita con le
braccia e stringendosi a lui: «Mh. Vediamo: dirti quanto ti amo?»
«Lo so già.»
«Mh. Quanto sei splendido…beh, presumo che anche questo tu lo sappia.»
«Sono incredibilmente bello, meraviglioso, simpatico…»
«Vanitoso.» continuò Marinette, poggiando la guancia contro il petto del
ragazzo e ascoltando il battito lento e regolare del suo cuore: «Testardo,
incosciente…»
«Mi fai trovare tutto questo per insultarmi?»
«No, in verità ti ho fatto trovare tutto questo per…beh…uhm…ecco…»
«Beh…uhm…ecco…»
«Adrien!»
«Ok. La smetto.» sentenziò il biondo, facendo un passo indietro e
sgusciando via dall’abbraccio della giovane, avvicinandosi al plaid e
allungando una mano verso di lei: «Vediamo se indovino: seratina romantica
per solo noi due?»
«Più o meno.»
«Come più o meno?»
«Senti, bello. Ci saremmo anche noi. Eccotelo, il tuo più o meno.»
sentenziò Plagg, rimasto in silenzio fino a quel momento e iniziando a
fluttuare per il terrazzo, sistemandosi poi sul tavolino e venendo subito
raggiunto da Tikki, iniziando a confabulare fra loro, ignorandoli del
tutto.
«Poi sarei io quello che si dimentica della sua presenza.» dichiarò
Adrien, sistemandosi a sedere sulla coperta e osservando Marinette fare
altrettanto; le sorrise, passandole un braccio attorno alle spalle e
stringendola a sé: «Allora?»
«Cosa?»
«A parte i nostri kwami, ci ho preso? Seratina romantica per noi due?»
Marinette annuì, poggiandosi contro la spalla del ragazzo e sospirando:
«Ti ricordi quando eravamo solo noi due?»
«Sì. C’era una cosa chiamata pace all’epoca.»
«Adrien…»
«Davvero, dico sul serio.»
«Sei tremendo.»
«Non è vero, my lady.»
Marinette sorrise, scuotendo il capo scuro: «My lady…» mormorò,
assaporando le due parole sulla sua lingua: «Ti ricordi la prima volta che
mi ha chiamata così?»
«Sì, ho iniziato a chiamarti così dal nostro secondo incontro. Come
Ladybug e Chat Noir, intendo.» sentenziò Adrien, sorridendo al ricordo:
«Penso di aver collezionato parecchi rifiuti da te, eppure ero determinato
a conquistarti…»
«Conquistarmi? Facendo il galletto con le altre?»
«Non è vero.»
«Oh sì! Ci provavi sia con me che con Ladybug.»
«Ma questo perché, nel mio cuore, sapevo che eri la stessa persona.»
«Bella scusa.»
Adrien sorrise, chinandosi e sfiorandole le labbra con le proprie: «Anche
tu morivi per Adrien ma non calcolavi Chat Noir, per quanto io ci
provassi. Mh, devo dire che sei stata brava, mi sei rimasta fedele
nonostante quel concentrato di sensualità che…»
«Adrien?»
«Sì, my lady?»
La ragazza gli poggiò una mano sulla guancia, voltandolo verso di lei e
avvicinandosi il viso al proprio: «Piantala di adularti e baciami.»
sentenziò con il sorriso sulle labbra.
«Come la mia signora comanda.»
Il tenente Raincomprix odiava essere chiamato quando aveva finito il
turno, ma la chiamata che era giunta da La Santé non poteva essere
ignorata: «Come è potuto succedere?» domandò, entrando nella cella che
doveva ospitare i tre criminali che avevano terrorizzato Parigi negli
ultimi giorni ma trovando solo tre cadaveri: nessuna ferita, nessun segno
di lotta.
Semplicemente i tre erano morti.
«Non lo so, tenente.» mormorò la guardia, entrando nell’androne della
cella e fissando anche lui i tre cadaveri: «Li ho controllati poco prima
di staccare per la cena e, quando dopo dieci minuti sono tornato, li ho
trovati così.»
Roger annuì, massaggiandosi il mente e inspirando profondamente: «Bisogna
avvertire il sindaco. E anche gli eroi di Parigi, in qualche modo. Questa
non è una cosa che va ignorata.»
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Capitolo 33 *** Capitolo 33 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.229 (Fidipù)
Note: Ultimo aggiornamento della settimana e dell'anno! Incredibile
come il tempo sia volato via! E mi viene da ridere se penso che, un anno
fa, la mia mente iniziava a buttare giù le prime cose riguardanti
Miraculous Heroes: poco prima di Capodanno avevo pensato al primo abbozzo
di trama (molto, ma molto distante da quella che poi è stata
effettivamente) e alla prima caratterizzazione di alcuni personaggi
(all'epoca Wei non c'era ancora, Lila era molto differente e si chiama in
altro modo, Sarah era...beh, anche lei ha subito un bel cambiamento,
mentre Rafael è rimasto più o meno simile).
E' così strano, soprattutto se penso a ciò che è diventato ora Miraculous
Heroes e a quanto si è espanso il suo universo...
Vabbè, vabbè. Mi blocco, prima di iniziare a fare un discorso lunghissimo
(mai darmi la parola, soprattutto quando posso parlare delle mie storie) e
vi lascio subito al nuovo capitolo (Allora: in quanti sono preoccupati per
Sarah e Rafael?).
Ovviamente, come sempre, voglio ringraziarvi tutti: grazie a chi legge,
grazie a chi commenta, grazie a chi inserisce questa storia in una delle
sue liste, grazie a tutti voi!
Grazie davvero di cuore!
E ci vediamo nel nuovo anno con i nuovi aggiornamenti e...chissà, magari
anche qualcosa di nuovo!
Buon anno!
Rafael osservò l’edificio davanti a sé,
indeciso se attraversare o meno la strada: dopo che Sarah era fuggita via,
lui era tornato di corsa in casa e, scacciata velocemente Blanche dalla
sua abitazione, era corso in Rue Bezout dove abitava la sua fidanzata.
Solo che adesso…
Adesso non sapeva assolutamente cosa fare.
Sinceramente non aveva capito niente di quello che Sarah aveva blaterato,
poco prima di fuggire via da lui e quindi non aveva la più pallida idea di
come muoversi: ok, Blanche aveva aperto la porta con quella mise
leggermente provocante ma Sarah…beh, Sarah lo conosceva e sapeva…
Sapeva…
«Sarah sa perfettamente l’idiota che sono.» bofonchiò Rafael, incassando
la testa nelle spalle, e affondò le mani nelle tasche dei jeans: «Sono un
deficiente!»
«Rafael?» Flaffy fece capolino dalla felpa, osservandolo con i grandi
occhioni e abbozzando un sorriso: «Perché non provi a parlarle? Sarah sa
che eri un idiota, ma è una ragazza sveglia ed è stata la seconda – il
primo sono stato io, ovviamente – ad accorgersi del tuo valore. Forse
dovete solo chiarirvi…»
«Flaffy, giusto per sapere, qual era la tua esperienza con le donne quando
eri ancora umano?»
«Uno zero assoluto.» dichiarò orgoglioso il kwami, assentendo con la
testa: «Quando ho deciso di dare il mio contributo per la mia nazione…beh,
possiamo dire che ero appena entrato nella pubertà.»
«Quanti anni avevi?»
«Dodici? Forse tredici? Non ho mai saputo esattamente quanti cicli avessi
sulle spalle. Mia zia diceva che ero un bambino per ogni cosa: “Flaffy,
non puoi! Sei troppo piccolo!”, “Flaffy, non è roba da bambini!” e cose
così.»
«Eri giovanissimo.»
«Ma avevo già capito che il mio viaggio come hobbit doveva iniziare.»
«Sì. D’accordo.» sbuffò Rafael, scuotendo la testa e posando l’indice sul
capino: «Beh, ti posso dire che, dalla mia esperienza con le donne, ho
capito solo una cosa: non c’è bisogno di chiarirsi. Tu sei in torto e loro
hanno ragione. Fine.»
«Questa cosa non ha senso…» mormorò Flaffy, mentre Rafael trovava il
coraggio e attraversava la strada, fermandosi davanti al portone di Sarah:
doveva suonare ma lei gli avrebbe aperto? La soluzione migliore,
soprattutto per coglierla di sorpresa, era quella di trovare un modo di
presentarsi davanti alla porta dell’appartamento della ragazza e…
Rafael sorrise, osservando un uomo uscire dal condominio dell’americana:
si fece da parte e lasciò che l’altro uscisse, bloccando la porta e
sgusciando velocemente all’interno: «Grazie. Grazie. Grazie. In qualunque
modo ti chiami, grazie.»
«Ma cosa…?»
«Flaffy, puoi rimanere nascosto finché non riesco a farmi perdonare –
qualsiasi cosa ho fatto – da Sarah?»
Il kwami annuì e sorrise gioioso: «Dacci dentro, re degli uomini.»
dichiarò sicuro, prima di nascondersi all’interno della felpa del ragazzo.
Rafael sorrise, osservando poi la rampa di scale che lo separava
dalla ragazza: «A noi due, apetta.»
«Sono un’idiota.» borbottò Sarah, infilando il cucchiaio nella vasca di
gelato e osservandolo mentre, tristemente, iniziava a pendere leggermente:
«Non so neanche cosa gli ho detto…»
«Mh. Qualcosa sul fatto che quella tipa era una di quelle e che non potevi
paragonarti a lei.» le rispose Mikko, posando il cucchiaio di miele e
avvicinandosi alla sua umana, posandole una zampina sulla mano.
«Sono un’idiota.»
«Beh, non è bello quando una, mezza nuda fra l’altro, apre la porta della
casa del tuo fidanzato. No, per niente bello. Quindi non sei un’idiota.»
«Lo sono. Conosco Rafael, so com’è fatto ed io…»
«Beh, ti sei lasciata prendere un po’ la mano.» mormorò la kwami,
abbozzando un sorriso: «E non si può dire che il passato di Rafael giochi
a suo favore.»
«Non sei di aiuto, Mikko.»
«Scusa.» dichiarò lo spiritello, inspirando profondamente: «Forse dovresti
chiamare Lila o Marinette, hanno sicuramente più esperienza di me in
queste cose.»
«Tu non eri promessa?»
«Sì. E sono diventata un kwami per sfuggire a quel matrimonio combinato.
Sinceramente, non sono la persona – o la kwami – più preparata su questo:
Tikki sicuramente ha più esperienza di me, in questioni amorose.»
L’americana sbuffò, prendendosi il viso fra le mani e osservando la kwami:
«Perché non può essere come in uno dei drama coreani che guardiamo? Lui
che va a casa di lei e…» il suono del campanello la fermò e Sarah si voltò
in direzione della porta, tornando poi a guardare Mikko: «Aspetti
qualcuno?»
«Sì. Il mio amante segreto. Sarah, seriamente…»
«Non pensi che…»
«Forse è la signora che sta accanto? Quella che ogni tanto ti porta quelle
meraviglie di dolci che prepara.»
«Può darsi. Aveva detto che, in questi giorni, avrebbe provato la ricetta
di quella torta che aveva visto fare in tv.» mormorò Sarah, alzandosi e
guardando il suo abbigliamento: pantaloni del pigiama con tanti simpatici
orsacchiotti, una maglietta che aveva visto giorni migliori e, ai piedi,
le ciabatte a forma d’ape che Mikko l’aveva costretta a comprare tempo
addietro.
Poteva aprire così?
Se era la vicina, sì.
Se era…
«No, non è lui.» si disse, andando alla porta e inspirando profondamente:
sicuramente dietro la porta ci sarebbe stata l’amabile signora che viveva
di fianco a lei, con un piatto fra le mani e quel sorriso da nonna sul
volto.
Sì, avrebbe trovato lei.
Aprì la porta, sbarrando gli occhi nocciola alla vista della figura di
Rafael: «Ciao, Sar…» iniziò lui, non riuscendo a finire il saluto dato che
lei gli aveva sbattuto violentemente la porta in faccia: «Sarah!»
«Non ci sono!»
«Sarah, mi hai appena aperto.»
«E’ un’illusione di Volpina.»
«Sarah!» sbottò Rafael, dall’altro lato del portone: «Apri la porta.»
La ragazza si guardò attorno, cercando aiuto nella kwami che stava
fluttuando a mezz’aria: «Ma cosa…?»
«E’ Rafael!» squittì la ragazza, indicando l’ingresso di casa a Mikko:
«Cosa devo fare?»
«Aprirgli?»
«Mikko, gli ho appena sbattuto la porta in faccia.»
«E perché?»
«Beh…»
Un sospiro pesante si levò dall’altro lato della porta: «Ok, Sarah. L’hai
voluto tu.» dichiarò minaccioso Rafael e l’americana indietreggiò:
«Flaffy, trasformami.»
«Cosa ha in mente di fare da Peacock? Vedere il futuro?»
«Da Peacock può saltare…» mormorò la bionda, voltandosi verso le finestre
della casa: «Ed entrare. Sono tutte chiuse?»
«Cosa?»
«Le finestre.»
«Sì?» mormorò la kwami, portandosi poi le zampette al volto: «Quella di
camera tua: l’hai aperta quando siamo tornate e…»
Sarah sgranò gli occhi, correndo veloce verso la propria stanza da letto e
fermandosi quando vide la figura blu saltare all’interno: troppo tardi.
Peacock era in casa sua e, sicuramente, avrebbe voluto chiarire ciò che
era successo.
Peccato che lei non era pronta ad affrontare la sua idiozia.
«Non ci provare, Sarah.» la intimò l’eroe, additandola e fissandola serio,
mentre lei si fermava: a quanto pareva si era accorto che si stava
avvicinando alla porta, decisa a scappare nuovamente.
«Ehm…Ciao.»
«Ciao.»
«Che fai qua?»
«Che faccio qua? Ma sei seria?» sbottò il ragazzo, togliendosi il
Miraculous del Pavone e ritornando a essere semplicemente Rafael: «Sei
scappata da casa mia oggi e ora mi chiedi che faccio qua? Seriamente?»
sbuffò, passandosi le mani nei capelli scuri e guardandola male: «Ti posso
assicurare che con Blanche non è successo nulla: è arrivata poco prima di
te, ha iniziato a inveire contro il suo ex e poi miss ‘ogni casa è casa
mia’ è venuta ad aprire quando hai suonato.»
«Lo so, davvero io…»
«No, non lo sai. Altrimenti non saresti fuggita via e non mi avresti detto
quello che mi hai detto.» dichiarò il ragazzo, fissandola arrabbiato: sì,
a Flaffy aveva detto che voleva scusarsi ma l’atteggiamento di Sarah
l’aveva talmente esasperato che ormai aveva perso il controllo: «Hai una
minima idea da quanto io…da quanto…da quanto non faccio quello che il
micio fa tutte le sere con il boss? Beh, ti rispondo subito: da quando ti
ho conosciuta.»
«Co-cosa?»
«Anche se ci ho provato con il boss – e lei mi ha quasi reso Rafaella – da
quel giorno in cui ti ho conosciuto in mensa, sei stata l’unica che ho
voluto davvero mettere su un letto e…» Sarah attraversò velocemente la
stanza, mettendo entrambe le mani sopra la bocca di Rafael e impedendogli
di continuare quel discorso che, sicuramente, l’avrebbe messa mortalmente
in imbarazzo; l’osservò mentre riprendeva un po’ del controllo che aveva
perso e, solo allora, lei tolse le mani: «Sei l’unica, Sarah. E aspetterò,
davvero. Non voglio metterti fretta o altro, attenderò ma, ti prego, non
pensare più che io…»
«Fallo.»
«Cosa?»
La bionda sorrise, spingendolo indietro e Rafael si sentì cadere,
trovandosi a sobbalzare sul materasso del letto di Sarah: rimase basito,
mentre la ragazza saliva a cavalcioni sopra di lui e, con il volto in
fiamme, si chinava in avanti, sfiorandogli le labbra con le proprie mentre
le mani, timidamente, si facevano strada sotto la felpa del ragazzo: «Non
pensi che abbiamo aspettato abbastanza?»
La vibrazione del cellulare, lo risvegliò e Adrien fissò confuso la botola
sul soffitto: «Ma che…?» mormorò, mettendosi seduto e voltandosi verso la
ragazza che, ancora sprofondata nel sonno, aveva mugugnato qualcosa.
«Il tuo cellulare sta vibrando.» biascicò Plagg, dando un colpetto con una
delle zampette posteriori all’apparecchio: «Spegnilo. E’ presto. Voglio
dormire ancora un po’.» sentenziò il kwami, facendo ridacchiare il biondo.
Adrien allungò una mano e recuperando il proprio telefono, notando chi lo
stava chiamando a quell’ora: «Alex?» bisbigliò, allungando il collo e
notando il telefono di Marinette in silenzio: perché l’amico aveva
chiamato solo lui?
«In persona, micio.»
«Ma tu non dormi mai?»
«Sì, ogni tanto ho quel vizio ma avevo finito di studiare, mi sono messo a
cercare qualcosa da vedere e ho incontrato Xanadu. Voi francesi avete
delle idee veramente grandiose in fatto di serie tv.»
«Xanadu?»
«Sì, è un telefilm di qualche anno fa, praticamente c’è questa famiglia, i
Vanadine, che gestiscono una casa cinematografica che fa film porno e ci
sta…»
«Mi hai chiamato per raccontarmi la trama?»
«No, in verità ti ho chiamato perché è successa una cosetta…»
«Cosa?»
«Senti, so che dovrei fare una chiamata collettiva, ma ho pensato di
sentire prima te perché…beh, sei il secondo boss di questo gruppo e non
volevo dire a Marinette che cosa è successo, non senza averne parlato
prima con te. Anche perché non è bella, quindi volevo evitare di metterla
in agitazione senza il tuo volere e…»
«Alex. Cosa è successo?» dichiarò con voce ferma Adrien, alzando
leggermente il tono: si voltò, osservando Marinette svegliarsi e guardarsi
attorno confusa, prima che l’attenzione della ragazza si focalizzasse su
di lui; le fece segno di rimanere in silenzio e la giovane annuì,
recuperando la maglia che lui aveva addosso fino a poche ore fa e
mettendosela.
«I nostri tre amici, Sith, Slimer e Scutum…» iniziò Alex con voce stanca e
grave, ben diversa dalla nota allegra che aveva sempre: «Beh, li hanno
trovati morti nella loro cella.»
«Cosa?»
«Non so ancora tutto di preciso, devo fare un piccolo lavoretto ed entrare
nel database della polizia per prendere i documenti che riguardano questa
cosa, comunque Raincomprix ha telefonato al sindaco, dicendo che i tre
erano stati ritrovati morti e non avevano nessun segno sul corpo.»
«Come è possibile?»
«Non lo so. Forse hanno fatto come nei telefilm e, prima di consegnarsi
vivi al nemico, hanno ingerito qualche veleno.» buttò lì l’americano:
«Senti, appena riesco a entrare nel database prendo tutto: documenti dei
nostri amici, autopsia, tutto…»
«Ok. Grazie, Alex.»
«Di niente, amico. E scusami per la chiamata.»
«No, tranquillo.» dichiarò Adrien, chiudendo la chiamata e abbassando il
cellulare, rimanendo a osservarlo e ignorando le altre presenze nella
stanza: quando? Quando tutto era diventato così complicato e pericoloso?
Quando la semplice battaglia con l’akumatizzato di turno aveva assunto
quelle tinte così scure?
Anche con Coeur Noir, per quanto pericolosa fosse stata la donna, nessuno
aveva perso la vita, mentre adesso…
Adesso…
«Adrien?» mormorò la voce di Marinette, mentre una mano piccola e calda
della ragazza si posava sulle sue: «Chi era?»
«Alex.» rispose meccanicamente il ragazzo, senza alzare lo sguardo.
«E cosa ti ha detto?»
«Sith, Slimer e Scutum sono stati trovati morti. Nella loro cella.» La
sentì trattenere il fiato e, solo allora, alzò la testa e incontrò lo
sguardo celeste e preoccupato della sua fidanzata: «Alex ha detto che
recupererà tutto dal database della polizia, così che potremmo sapere cosa
è successo, ma…»
«Maus è un uomo pericoloso.» sentenziò Marinette, stringendo la presa
sulla mano del giovane: «L’avevo capito quando abbiamo avuto a che fare
con quella finta bomba. Ha un obiettivo e non si fermerà…»
«Anche mio padre e Coeur Noir avevano degli obiettivi e non si fermavano,
ma non hanno mai ucciso.» dichiarò Adrien, scuotendo la testa bionda:
«Quest’uomo invece ha ucciso dei suoi sottoposti. Ha ucciso i suoi uomini
e chi ci dice che, per mettere le mani sui nostri Miaculous, non farà lo
stesso con noi?»
«Adrien…»
«Finché avete i Miraculous siete protetti, Adrien.» mormorò Tikki,
attirando l’attenzione dei due giovani su di sé: «I vostri poteri vi
proteggeranno.»
«Non farti prendere dal panico, moccioso.» bofonchiò Plagg, volandogli
davanti al viso: «Questo è proprio il momento in cui devi mantenere i
nervi saldi. Niente isterismi, non li ha Marinette che è una ragazza…»
«Cosa vorresti dire, Plagg?» domandò la mora, incrociando le braccia al
seno e scuotendo il capo, tornando poi a concentrarsi sul fidanzato:
«Prima di iniziare a preoccuparsi, aspettiamo cosa ci dice Alex, ok?»
propose, posando le mani sulle guance di Adrien e voltandolo verso di lei:
«Appena sapremo qualcosa di più, inizieremo a preoccuparci e potremmo
sentire tua madre. E’ stata molto tempo con Maus, no? Sicuramente lei
saprà dirci qualcosa.»
Il biondo assentì con la testa, alzando le mani e posandole su quelle
della ragazza: «Come farei senza di te, my lady?»
«Ti faresti prendere dall’isterismo e Plagg sarebbe impazzito per
calmarti.»
«Per fortuna esiste Marinette.» sentenziò il kwami, tornando sul suo
cuscino e osservando i due: «Non preoccupatevi, nessun Portatore è mai
morto mentre svolgeva la sua missione.» dichiarò, ripensando alle sue
parole: «A parte Felix.»
«E a parte quel giovane nobile che avevi sotto la tua protezione durante
il periodo dell’Inquisizione, Plagg.» aggiunse Tikki, scuotendo il capo:
«In quel caso, è morta anche la mia protetta.»
«Com’è che quelli di Plagg sono di più dei tuoi, Tikki?» domandò Adrien,
fissando i due kwami e cercando aiuto in Marinette che, con un’alzata di
spalle, gli fece sapere quanto lei ne sapeva della questione.
La kwami si picchiettò le zampette sul musetto, sorridendo poi all’umano:
«La sfortuna del gatto nero?»
«Come ti senti?» domandò Sophie, entrando nella camera e osservando l’uomo
che, faticosamente, si alzava dal letto: «Dovresti…»
«Dovrei iniziare a prepararmi.» dichiarò Gabriel, sorridendole e indicando
con un cenno del capo la sveglia sul comò: «Adrien è tornato?»
«Sì, l’ho sentito rientrare di nascosto poco fa.» mormorò la donna,
avvicinandosi e aiutandolo a indossare la giacca, carezzando poi la stoffa
sulle spalle: «Dovresti…»
«Devo riuscire a tener duro, finché non finirà questa storia di Maus.»
sentenziò l’uomo, voltandosi e poggiando le mani sulle spalle della
moglie, fissandola con amore: «Non intendo arrendermi, non ora che sei
tornata da me.» sentenziò, carezzandole la guancia e chinandosi
leggermente verso di lei: «Non ora che ti ho ritrovata...»
«Papà, senti, hai saputo di quello che…» la porta si aprì e Adrien rimase
fermo sulla porta, osservando i genitori molto vicini a baciarsi: «Oh.»
esclamò, sorridendo di fronte allo sguardo di puro odio del padre e alle
guance rosse della madre: «Bene, ora ti senti esattamente come mi sento io
quando tu entri e mi interrompi con Marinette.»
«Volevi qualcosa, Adrien?»
«Ripasso dopo.» dichiarò il ragazzo, facendo un passo indietro e
sorridendo ai genitori: «Dateci dentro, ok?»
Gabriel osservò la porta chiudersi e, scuotendo la testa, tornò a finire
di sistemarsi: «Ogni volta, mi domando da chi abbia preso quel ragazzo…»
borbottò, iniziando a sistemarsi la cravatta: «Non assomiglia per
nient…Sophie?»
«Ora come ora, vorrei solo che una voragine si aprisse ai miei piedi e mi
inghiottisse.»
«Sophie.»
«Gabriel! Nostro figlio ci ha beccato mentre noi…»
«Beh, pensa se eravamo…» l’uomo si fermò, indicando con un cenno del capo
il letto: «In quel caso sarebbe stato molto peggio.»
Sophie sbuffò esasperata, alzando gli occhi al cielo: «E ti chiedi anche
da chi ha preso?»
Sarah osservò il volto addormentato di Rafael, rimanendo immobile sotto le
coperte: aveva paura che, se si fosse mossa, tutto sarebbe svanito in un
sogno e la notte precedente non fosse mai avvenuta.
E invece era così.
Lo sentiva nel suo corpo, che gli appariva diverso.
Lo sentiva in alcuni punti che le dolevano leggermente.
Era successo: lei e Rafael avevano…
Il ragazzo si girò verso di lei, mugugnando qualcosa e, poi le iridi
grigie di Rafael erano fisse su di lei: «Ciao…» le mormorò, dopo qualche
secondo di silenzio, e allungò timidamente una mano verso il viso,
sistemandole una ciocca bionda: «Io…mh…ecco…»
«Ciao.» bisbigliò Sarah, stringendosi nella coperta e fissandolo, senza
sapere cosa dire.
Cosa si diceva in quelle situazioni? Come ci si comportava?
«Rafael!» l’urlo di Flaffy riscosse la casa e Sarah quasi balzò fuori dal
letto per lo spavento, mentre il kwami blu sfrecciò contro il suo umano,
schiantandosi contro il petto del ragazzo: «Rafael! Sto morendo! Sto
morendo!»
«Sei fin troppo vivo, Flaffy.»
«Non ho cioccolata. Non sto mangiando cioccolata da troppo tempo, ormai!»
dichiarò disperato l’esserino, buttandosi giù con fare teatrale: «La mia
vita sta velocemente andando via ed io sparirò se…»
«Hai per caso della cioccolata, Sarah?» domandò stancamente Rafael,
ignorando come il moribondo si era illuminato di gioia alla sua domanda.
«Sì, di là.» rispose immediatamente la ragazza, indicando la porta della
camera: «Ecco…io…»
«Mi volto.» dichiarò Rafael, girandosi sul fianco e dandole la schiena,
permettendole così di vestirsi, mentre Flaffy, dopo aver osservato il
comportamento del suo Portatore, decise di fare altrettanto.
Sarah sorrise, uscendo da letto e recuperando il pigiama, che aveva
indossato la sera prima, e rimettendolo velocemente; si voltò, osservando
Rafael girato ancora di schiena e, delicatamente, si avvicinò a lui:
«Grazie.» mormorò, chinandosi e baciandogli la guancia disponibile,
sorridendo allo sguardo grigio confuso del ragazzo.
«Sarah! Sto morendo!»
«Ho capito.»
Il campanello di casa di Fu suonò imperioso, tanto che Alex sobbalzò e il
caffè ondeggiò nella tazza, che teneva in mano, facendo si che una goccia
gli cadde sul piede: «Chi è a quest’ora?» domandò Fu, alzandosi e andando
ad aprire la porta, ritrovandosi davanti Lila e Wei.
«Dov’è?» sentenziò l’italiana, entrando nell’abitazione con Wei alle
calcagna: «Dove è, maestro?»
«Chi?»
«Alex!»
«Lila…» mormorò paziente Wei, posandole le mani sulle spalle e
sospingendola in avanti: «Mi avevi promesso che saresti stata carina.»
«Ma io sono carina.»
«Uno zuccherino, proprio.» sentenziò Fu, sorpassandola e facendo strada
verso la cucina: «Alex, ci sono Lila e Wei.»
«Qualcosa mi dice che avete saputo.»
«Un po’ difficile non saperlo, dato che è su tutti i notiziari!» sbottò
Lila, sedendosi al tavolo della cucina e fissando i tre uomini, finendo
per concentrare la sua attenzione su Alex: «Allora? Non hai nulla?»
«Sto recuperando i documenti dei rapporti e delle autopsie, ma non è una
cosa veloce.» le rispose l’americano, sedendosi e afferrando la confezione
di biscotti: «Non è che posso sfondare le loro protezioni come se nulla
fosse, ci vuole un po’ di tempo.»
«Quanto?»
«Un po’.»
«Un po’ quanto, Alex?»
«Il tempo necessario per permetterci di fare quello che facciamo sempre.»
sentenziò il ragazzo, sistemandosi gli occhiali: «Noi andiamo a lezione,
Wei a lavoro, il maestro Fu va a massaggiare qualche bella
fanciulla…Tranquilla, appena avrò tutto faremo una riunione strategica.»
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Capitolo 34 *** Capitolo 34 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.174 (Fidipù)
Note: Inizia il nuovo anno e quindi eccomi qua, puntuale come un
orologio svizzero - più o meno - a postare il primo aggiornamento
dell'anno, ovviamente con Miraculous Heroes 2. Ha un che di strano: ho
iniziato la mia avventura sul sito con questa storia (anche se è meglio
parlare di saga, ormai), ho concluso l'anno sempre con questa e ne inizio
uno nuovo sempre...beh, sempre con MH.
Ma bando alle ciance e ciancio alle bande, passiamo subito al capitolo:
ormai siamo alle battute finali e presto tutto si concluderà, almeno per
quanto riguarda la lotta con Maus, anche se molte domande non troveranno
risposta per ora.
Nel mentre, come sempre, voglio ringraziare tutti voi che mi seguite,
commentate e leggete le mie storie.
Grazie di tutto cuore!
Tutto era andato perduto.
Le sue creazioni erano in mano del nemico, i dati delle sue ricerche
andati, i suoi sottoposti erano stati catturati e poi uccisi, mentre il
resto del suo esercito se n’era andato, abbandonandolo.
Non aveva più nulla.
Maus alzò la testa, osservando il monitor spento, e allungò una mano verso
il tasto di accensione del pc, fermandosi a mezz’aria: perché accenderlo?
Lì dentro non c’era più niente, tutto era stato mangiato e distrutto.
La sua ricerca, il lavoro della sua vita, era andato perduto.
Strinse i pugni, picchiandoli sulla scrivania: tutto ciò che voleva erano
i Miraculous e mostrare al mondo che lui aveva ragione, che il Quantum
esisteva.
Ma adesso cosa poteva fare?
Reiniziare tutto da capo?
Il suo cellulare squillò e Maus si voltò, fissando il nome del mittente
della chiamata; stancamente afferrò l’apparecchio, osservandolo alcuni
secondi prima di rispondere: «Ja?»
«Mi sembra che ha dei problemi, dottor Maus.» dichiarò la voce tranquilla
del suo mecenate, dall’altro capo del telefono: «Stavo controllando le
ultime notizie parigine e…» Kwon si fermò e Maus quasi se lo immaginò con
quel sorriso tranquillo, che sempre aveva avuto nei loro incontri: «Prima
quegli eroi hanno sconfitto i suoi uomini e adesso questi sono morti.
Morti. E la polizia non sa neanche perché.»
«Lei come fare a sapere tutto?»
«Ho le mie fonti, dottore.» dichiarò calmo Kwon serafico e misterioso come
sempre, facendo indispettire il tedesco: ma, in fondo, il suo mecenate era
sempre stato così.
Aveva conosciuto herr Kwon, poco dopo aver lasciato la Francia, diretto
verso il Tibet: le sue ricerche sul Quantum riportava più e più volte il
nome della regione dell’Asia centrale, assieme a quello più mistico di
un’altra leggenda. Si era diretto là, seguito da Pavo e lì aveva
conosciuto il cinese: Kwon si era interessato subito alla sua ricerca e
aveva messo a sua disposizione fondi e territori.
Maus Temple, nonostante il nome che portava, era di proprietà del cinese.
Tutto apparteneva a Kwon.
«Allora, dottore, che cosa ha in mente di fare adesso?» la domanda,
riportò Maus al presente: lo sguardo dell’anziano vagò sui fogli sparsi
sul tavolo: il computer non era più sicuro e tutto ciò che aveva
costruito, fino a quel momento, era andato perduto.
Rispondere che non sapeva cosa fare avrebbe messo in allarme il suo
mecenate, tanto da fargli smettere di finanziare le sue ricerche? Oppure
Kwon capiva e…
«Immagino sia stato un duro colpo, tutto quello che è successo.» continuò
il cinese, con un sospiro esagerato: «Il frutto delle sue ricerche andato
perduto così.»
«Ja.»
«Forse se le sue ricerche, invece che di armi avessero creato un
super-soldato…» Kwon sospirò nuovamente: «Lasci perdere, stavo
fantasticando sul possibile utilizzo della sua invenzione.»
«Quantum non essere mia invenzione, herr Kwon.» mugugnò Maus, mentre la
sua mente si metteva in azione: poteva creare un super-soldato,
utilizzando il Quantum-β? Era possibile fare la stessa cosa fatta con le
armi: ovvero permettere a una persona di funzionare con quell’energia?
In fondo, cosa era un essere umano se non una perfetta macchina?
Un sorriso storse le labbra dell’azione e la mano scattò verso uno dei
fogli abbandonati, si chinò e aprì uno dei cassetti della scrivania,
rovistando velocemente alla ricerca di una matita. La trovò, abbandonata
sul fondo e iniziò subito a tradurre la sua idea in numeri e sigle: non
era infattibile l’idea che Kwon, involontariamente, gli aveva suggerito.
E forse era l’unico modo per permettergli di avere nelle sue mani i
Miraculous.
Marinette sorrise, salutando una delle clienti abituali del padre e
passandole il sacchetto con gli acquisti, osservando poi la donna uscire
velocemente dal negozio e facendosi da parte, in modo che Willhelmina Hart
potesse entrare nel negozio: «Ciao, tesoro.» esclamò la donna, sorridendo
alla ragazza al di là del bancone: «Adrien decanta sempre i lavori di tuo
padre, che ho pensato di venire a fare una ricerca di mercato.»
«Dì piuttosto che sei golosa, Bridgette.» sentenziò Tikki, uscendo dal suo
nascondiglio e sorridendo alla sua ex-portatrice: «Sai, mi sembra di
ricordare di quando qualcuno si è mangiata da sola un’intera torta…»
«Erano solo tre fette.» sbottò la donna, scuotendo il capo biondo: «E
sottili sottili.»
«Certo. Ed io sono una scimmia.» ribatté prontamente Tikki, sospirando:
«Sai, Marinette, che la sua balia impazziva per stringerle il busto,
perché qualcuno mangiava troppi dolci.»
«Quegli affari infernali.» bofonchiò Willhelmina, avvicinandosi al bancone
e poggiandovicisi contro, sospirando rumorosamente: «Sempre detto che la
moda è sofferenza, ecco perché adesso sono diventata una stilista che…beh,
fa soffrire le giovani di quest’epoca.»
«Sei malvagia, Willie.» dichiarò Marinette, avvicinandosi alla teca dei
dolci e indicandoglieli: «Vuoi assaggiare qualcosa?»
«E tu sei una tentatrice, Marinette.» la riprese la donna, sorridendo e
adocchiando le paste esposte: «Penso che proverò solo i macarons.»
«Che gusto?»
«Che gusti ci sono?»
«Allora, quelli nei vassoi davanti sono ai gusti classici, quindi
cioccolato, caffè, fragola, lampone, burro salato – che è il preferito di
Adrien -, poi…banana, pistacchio, nocciola…»
«Mentre quelli dietro?»
«Questi sono quelli che papà fa ogni tanto, alle volte per qualche cliente
particolare: ad esempio, questi…» Marinette indicò dei macarons dalla
colorazione verde accesa, con la crema all’interno gialla: «Sono al
mojito.»
«Al mojito?»
«Sì, qualche tempo fa era un nostro cliente abituale un signore cubano e
chiese a papà di preparargli dei dolci con il sapore del suo coktail
preferito e…» Marinette sorrise, indicando con un cenno della mano i
dolcetti: «Sono nati loro. Ovviamente sono analcolici. Alla pasta dei
gusci è stato aggiunto lo sciroppo alla menta, mentre la crema di
guarnizione è al limone.»
«Sembrano buoni.»
«Lo sono.» dichiarò Marinette, prendendo le pinze e recuperando due
macarons, posandoli su un vassoio di carta: «Assaggiare per credere.»
Willhelmina sorrise, prendendo uno dei dolcetti e se lo portò alle labbra,
addentandolo: «E’ buonissimo.» sospirò, socchiudendo gli occhi e
gustandosi il sapore fresco del dolce: «Tuo padre ha veramente le mani
d’oro per fare certe meraviglie!»
«E’ vero.» mormorò la ragazza, chinando il capo e sorridendo lieve,
orgogliosa del padre.
Willhelmina divorò velocemente l’altro dolcetto, osservando poi la
giovane: sebbene fosse un sentimento flebile, aveva sentito una certa
affinità con Marinette fin dalla prima volta che l’aveva incontrata,
quando ancora era posseduta da Chiyou. Il fatto che, entrambe, erano state
– o erano ancora, nel caso della parigina – Portatrici del Miraculous
della Coccinella le aveva collegate.
Forse.
Doveva sentire Fu.
Chissà se anche lui avvertiva un simile legame con Wei…
E lui…
Lui l’avrebbe avvertito con Adrien?
Lui che era sempre stato così compassato e rigido nella vita di tutti i
giorni, come si sarebbe rapportato con quel ragazzo dalla battuta pronta e
dal sorriso allegro?
La donna socchiuse gli occhi, cercando di relegare gli ultimi pensieri:
cercava in ogni modo di non pensare a lui, di relegarlo nel passato ove
era rimasto, e ci riusciva discretamente. I giovani eroi le occupavano
gran parte della giornata e il resto del tempo era preso dal lavoro,
purtroppo però ogni tanto la sua guardia cedeva e i pensieri tornavano
prepotenti.
«Willhelmina?» la voce di Marinette la riportò alla realtà: la donna
sorrise dolcemente, osservando gli occhi azzurri fissarla indagatori:
«Scusa, mi ero persa nei ricordi…»
«Stavi pensando a…» mormorò Tikki, portandosi poi le zampette alla bocca,
osservandola colpevole: «Scusa, mi ero dimenticata di…»
«Sì, stavo pensando a lui.» dichiarò sicura Willhelmina, sorridendo alla
piccola kwami: «Sono passati quasi due secoli, ma il mio cuore non riesce
a dimenticarlo: amerò sempre Felix Norton e non potrò mai dimenticarlo. Ho
provato, cedendo all’oblio di Chiyou – e anche a quello dell’alcool, devo
dire – ma è impossibile.»
«Scusami, Bridgette, non volevo…»
«Tranquilla, Tikki.» sentenziò decisa la donna, sorridendole: «Sono venuta
a patti con quello che provo: non posso cancellarlo, tanto vale
conviverci.»
«Come era?» domandò Marinette, inclinando lievemente la testa, mentre
riponeva le pinze che aveva appena adoprato: «Il maestro Fu ci ha
raccontato qualcosa, ma…»
«Come Felix era molto ligio al suo dovere: era un militare e, oltre a ciò,
anche una persona molto seria e fredda.» iniziò Willhelmina, perdendosi
nei ricordi: «La prima volta che lo incontrai fu a un ballo indetto da mio
padre, poco prima di partire per Nanchino: avevo saputo che lui era di
istanza nella città in cui sarei andata ad abitare e volevo conoscerlo,
per informarmi. Volevo sapere dove sarei andata a vivere…» si fermò,
congiungendo le mani all’altezza della pancia e sorridendo: «Costrinsi
quasi mio padre a presentarmelo e me ne innamorai subito: era bellissimo e
così adulto, mentre io mi sentivo una ragazzina al confronto. Ballammo
assieme una sola volta, ma lo ricordo ancora adesso: il suo tocco, il
calore del suo corpo vicino al mio, il suono della sua voce che rispondeva
alla mie domande quasi forzatamente…»
«E poi?»
Willhelmina sorrise, posando lo sguardo sulle mani: «Andai a vivere a
Nanchino e lì continuai ad adorarlo in silenzio, poi arrivarono Tikki e i
doveri di Ladybug e fu allora che conobbi Black Cat.»
«Ovvero Felix Norton trasformato.»
«Esattamente.» assentì la donna, sorridendo: «Era così diverso da Felix
eppure così simile: attirava la mia attenzione come Felix, quel fascino
magnetico da cui non riuscivo a staccarmi, eppure era così diverso:
cialtrone, malizioso…come avrei mai fatto a capire che due personalità
così diverse appartenessero alla stessa persona?»
«Ti comprendo perfettamente.» dichiarò Marinette, mentre con la mente
andava a pochi anni prima, quando anche lei aveva a che fare con i due
lati di Adrien: quello dolce e gentile del modello e quello malizioso e
seducente dell’eroe.
«Black Cat mi diede letteralmente la caccia e più io mi negavo, più lui si
intestardiva.»
«E poi fece l’errore di…» s’intromise Tikki, agitando le zampette per
aria: «Beh, quella cosa che…beh…ecco…»
«Ok. Ho capito.» mormorò Marinette, mentre le guance le diventavano
leggermente rosate: «Ma è possibile mentre…»
«No, quei maledetti costumi erano incollati al corpo.» sentenziò
Willhelmina, scuotendo il capo: «E penso che anche le vostre tutine siano
molto simili. Non si toglievano neanche a pregarli in cinese.»
«E allora come…»
«Trasformandoci e con tanto buio che non ci permetteva di vedere niente
dell’altro.»
«Ah.»
Willhelmina aprì bocca per continuare il suo racconto, ma venne fermata
dalla campanella della porta del negozio, voltandosi e osservando Adrien
entrare nella boulangerie, con al seguito la madre: «Willie?» domandò il
ragazzo, notando la donna davanti al bancone e poi la ragazza con lei:
«Che ci fai qua?»
«Buongiorno anche a te, caro.» replicò la donna, fissandolo mentre si
avvicinava a Marinette e sorridendo poi alla nuova arrivata: «Sophie, devi
assaggiare i macarons al mojito. Sono fenomenali.»
«Macarons al mojito?» domandò Adrien, voltandosi verso la propria
fidanzata: «Mister Cuba è tornato?»
«No, papà aveva semplicemente voglia di farli.»
«Mister Cuba?»
«Il cliente di cui ti parlavo.» spiegò Marinette, andando a recuperare un
paio di croissant e passandoli al fidanzato: «Quando venne la prima volta
a Parigi…beh, venne akumatizzato e si faceva chiamare Mister Cuba.»
«Oh.»
«E da allora è Mister Cuba.» concluse Adrien, addentando soddisfatto una
delle brioche e sorridendo.
«Io vorrei sapere dove lo infili tutto quello che mangi, Adrien.» dichiarò
Willhelmina, osservando il modello mangiare con gusto i due croissant e
poi guardandosi attorno alla ricerca di altro: «Sophie, ma mangia così
tanto anche a casa?»
«Diciamo che apprezza il lavoro del nostro cuoco.» sentenziò la donna,
ridacchiando: «Apprezza molto il lavoro del nostro cuoco.»
«Ehi, sono un eroe! Aggirarsi per i tetti di Parigi richiede energia.»
replicò tranquillo Adrien, sorridendo e voltandosi poi verso Marinette:
«Anche soddisfare la mia lady richiede parecchia energia.»
«Adrien!»
Alex digitò velocemente sulla tastiera, sistemandosi poi gli occhiali sul
naso, scivolati mentre muoveva la testa a tempo con la canzone che aveva
messo di sottofondo, e ignorando la presenza del maestro Fu alle sue
spalle.
Ancora poco…
Ancora poco e avrebbe avuto ciò che desiderava.
«Io non capisco come fai a lavorare con questo chiasso.» sbottò l’ometto,
guardando le strisce di lettere e simboli che si susseguivano sullo
schermo.
«Jagged Stone non è chiasso.» sentenziò il ragazzo, premendo enter e
abbandonandosi contro lo schienale della poltrona: «Ce l’abbiamo fatta,
maestro.»
«Cosa?»
«Abbiamo le autopsie dei nostri amici.»
Fu annuì, battendo la mano sulla spalla dell’americano: «Bel lavoro,
ragazzo.» sentenziò, sorridendo orgoglioso: «Chiamiamo il resto della
banda?»
Blanchet sospirò, osservando la cella che aveva ospitato i tre uomini
uccisi: i secondini lo avevano guardato straniti, quando aveva chiesto di
poter controllare i locali ove erano avvenuti gli omicidi ma avevano
accolto di buon grado la sua richiesta.
In fondo era una persona abbastanza influente ed era in corsa per la
carica di sindaco di Parigi.
«Ombre.» mormorò, inspirando profondamente e socchiudendo gli occhi: «Quel
maledetto cinese ci ha azzeccato ancora.»
«Ha detto qualcosa, monsieur Blanchet?» domandò il tenente Raincomprix,
togliendosi il cappello e asciugandosi il sudore della fronte.
«Assolutamente nulla, tenente.» dichiarò l’uomo, rimanendo fermo al centro
della stanza e inspirando profondamente: «Potrei vedere le registrazioni?»
«Certamente.»
Blanchet sorrise, osservando il poliziotto anticiparlo fuori dalla cella:
«Se hai veramente visto tutto, caro il mio Kang, abbiamo un bel problemino
fra le mani.»
«Allora.» esclamò Alex, osservando la combriccola riunita nel salotto del
maestro Fu e sorridendo: «Chi di voi ha visto The Ring?»
«Facciamo una maratona horror?» domandò Lila, fissando il moro e
sorridendo: «Direi di andare sui grandi classici: L’esorcista, Non aprite
quella porta, Halloween…»
«Lila, sei ufficialmente diventata la mia seconda ragazza ideale.»
«Perché la prima chi sarebbe?»
«Marinette, ovviamente.»
«Alex, amico mio, ti devo ricordare che Marinette è impegnata?» domandò
Adrien, sorridendo affabile: «Con me.»
«Lo so, lo so.» dichiarò l’americano, liquidandolo con un gesto della
mano: «Spero ancora che abbia una sorella. O una cugina.»
«L’unico che conosco della sua famiglia è lo zio di sua madre.»
«Una parente lontana lontana?»
«Alex…» mormorò Sarah, scuotendo la testa e bloccando l’amico: «Perché ci
hai riunito qui?»
«Siamo qui riuniti per celebrare il matrimonio fra…»
«Alex!» fu l’urlo collettivo e il moro ridacchiò, sistemandosi gli
occhiali sul naso: si mise seduto e gettò sul tavolino un fascicolo pieno
di fogli, attirando l’attenzione di tutti su questi.
«Come ben sapete, i nostri amici Sith, Slimer e Scutum sono passati a
miglior vita.» iniziò a spiegare il ragazzo, alzandosi e avvicinandosi
alla tv del salotto: «Come e perché non ci è dato sapere. Ora, stando ai
rapporti delle autopsie – che è stata veramente una cosa macabra leggere –
i nostri amici non avevano nessun segno sul corpo. Nulla di nulla.» si
mise ad armeggiare sul retro dell’apparecchio, infilando poi una mano in
tasca e tirando fuori una pennetta USB: «Vi piace? In verità volevo Hulk,
che rende meglio il mio essere Mogui, ma ho trovato Thor e mi sono
accontentato.»
«Io ce l’ho di Spiderman.» esclamò Rafael, sorridendo: «Dove l’hai
pre…auch!» Il modello parigino si voltò verso la propria ragazza,
che gli aveva assestato una gomitata fra le costole: «Sarah!»
«Non dargli corda! Altrimenti finirà di spiegarci tutto domani. O
dopodomani.»
«Siete strani…» commentò Alex, osservandoli da dietro le lenti e scuotendo
il capo: «Davvero, ragazzi, voi due siete strani.»
«Strani?» domandò Rafael, voltandosi verso Sarah e scuotendo il capo: «Non
ho assolutamente…»
«Non abbiamo assolutamente niente di strano.» dichiarò frettolosamente la
ragazza, scambiandosi un’occhiata con il proprio compagno e poi portando
tutta l’attenzione sull’amico: «Assolutamente niente.»
«Avete un che di diverso.» spiegò l’americano, infilando la pennetta e
scuotendo il capo: «Vabbè. Dicevo? Ah sì, sui nostri amici non è stato
trovato nessun segno: niente ferite mortali, niente segni di
strangolamento, nulla di nulla. Sono semplicemente morti.»
«Ed è possibile?» domandò Willhelmina, rimasta in silenzio: «Sophie, per
caso il lavoro di Maus…»
«Non so che dire.» mormorò la donna, scuotendo il capo e facendo
ondeggiare la coda bionda: «Non penso che Maus abbia le capacità o gli
strumenti per fare qualcosa del genere.»
«Magari qualcosa legato al Quantum-β?» azzardò Wei, osservando il resto
del gruppo: «Alla fine non sappiamo quanto pericolosa sia la creazione di
Maus.»
«Era quello che avevo pensato anch’io.» dichiarò Alex, annuendo con la
testa: «Dalle ricerche di Maus c’erano vari fattori di rischio sull’uso di
questa energia, ma erano più che altro legati al fatto che qualcuno fosse
tanto stupido e se lo sparasse in endovena.» spiegò, scuotendo poi il
capo: «E non penso che i nostri tre amici fossero così idioti, oltretutto
il Quantum-β consuma e loro tre avrebbero avuto un aspetto molto sciupato,
come se fossero stati mangiati dall’interno.»
Wei annuì con la testa, sospirando: «E allora cosa?»
«Mentre scaricavo le autopsie e tutta la documentazione sui nostri amici…»
Alex si fermò, aggiustandosi gli occhiali: «Ho trovato anche un filmato
del circuito interno della prigione e…» si fermò, scuotendo il capo:
«Vedete con i vostri occhi.» dichiarò, azionando la tv e facendo partire
il file video sulla pennetta.
Tutti osservarono lo schermo, notando i tre nemici che avevano affrontato:
erano tranquilli, all’interno della loro cella, uno seduto al tavolino
posto al centro della stanza e l’altro comodamente sdraiato sul lettino
adiacente al muro e il terzo in piedi, poggiato contro un muro. Passarono
alcuni minuti e la tranquillità della cella regnava, poi qualcosa si mosse
sullo sfondo e le ombre si staccarono dal muro, avventandosi sui tre
occupanti della stanza.
«Ombre?» domandò Willhelmina, osservando le figure nere che entravano
all’interno dei mercenari al soldo di Maus, i corpi degli uomini tremarono
e poi si accasciarono e, solo allora, le ombre uscirono dai loro corpi e
tornarono al loro posto nel muro: «Sono stati uccisi da ombre?»
Alex annuì, bloccando il filmato e voltandosi verso lo schermo: «Per un
certo verso mi ha ricordato molto The Ring, con lo spirito di Sadako che
fuoriesce dalla televisione e uccide chi ha visto la videocassetta...» si
fermò, scuotendo il capo: «So che non dovrei scherzarci e che ci hanno
rimesso la vita tre persone.»
«Maus non ha mai avuto un simile potere.» dichiarò Sophie, tenendo lo
sguardo fisso sulla televisione e sui corpi abbandonati al centro della
cella: «Lui non…»
«Un qualche effetto secondario del Quantum-β?» domandò Gabriel, rimasto in
silenzio fino a quel momento: «E’ un qualcosa di sconosciuto e non…»
«No, Gabriel.» lo fermò Nooroo, scuotendo il capino: «Il Quantum è
un’energia incontrollata e instabile, quello sì. Ma non…»
«Non avrebbe mai creato questo.» concluse per lui, Mikko: «Quello che ha
ucciso quei tre non ha niente a che fare con il Quantum.»
«Ci state dicendo che là fuori c’è qualcun altro oltre a Maus?» domandò
Adrien, allargando le braccia: «Non abbiamo un solo cattivo da
affrontare?»
«Calmo, ragazzo.» dichiarò Plagg, posando gli occhietti verdi su di lui:
«Non hanno detto questo. C’è sicuramente da pensare, perché quella roba lì
non è normale.»
«Mi dispiace non aver potuto fare di più.» dichiarò Alex, abbozzando un
sorriso e chinando lo sguardo: «Proverò a fare qualche ricerca ma, per
ora, è tutto quello che abbiamo.»
«Hai già fatto tantissimo, Alex.» sentenziò Marinette, sorridendo
all’americano: «Senza di te…beh, non avremmo così tante informazioni.
Grazie davvero.»
«Vorrei aiutarvi di più.»
«Ci stai già veramente aiutando molto, Alex.» dichiarò Adrien, posando una
mano sulla spalla dell’amico: «E saresti perfetto se non ci provassi con
la mia lady.»
«Adrien…»
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Capitolo 35 *** Capitolo 35 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.174 (Fidipù)
Note: Chiedo enormemente scusa per il ritardo: questi giorni di
festa mi hanno leggermente sfasata e...beh, mi ero totalmente dimenticata
che ieri fosse venerdì. Son geniale, vero? Ma eccomi qua a rimediare
subito, appena il mio cervello ha fatto: 'ok, oggi è sabato. Ieri era
venerdì...aspetta, ma ieri io non....'. E niente: ci siamo, con questo
capitolo iniziano le battute finalissime di Miraculous Heroes 2.
E come mi sembra strano che anche questa parte della storia sia quasi
conclusa, soprattutto se conto che un anno fa iniziai a buttare il primo
brainstorming (no, cioè, come son professionale. Brainstorming...) di
Miraculous Heroes, quando ancora doveva essere una storiellina così,
scritta perché sono innamorata del fandom e dei personaggi.
Ma bando alle ciance e ciancio alle bande, passiamo subito ai
ringraziamenti: grazie a chi legge, grazie a chi commenta, grazie a tutti
voi che mi supportate!
E buona lettura!
Alex addentò la brioche che Marinette gli
aveva passato, tenendo lo sguardo fisso su Sarah: era nervosa, lo vedeva
bene da come evitava accuratamente di guardare nella sua direzione e da
come si torceva le mani.
Ed era diversa.
Non sapeva come e cosa, ma qualcosa era differente nella sua amica.
«La pianti?» sbottò dopo poco Sarah, voltandosi verso di lui e fissandolo
a sua volta: «Sai che non lo sopporto quando fai così.»
«Sei diversa.» constatò Alex, dopo aver buttato giù il boccone, voltandosi
poi verso Lila – che ancora stava scegliendo cosa mangiare – e Marinette,
che si trovava dall’altra parte del bancone: «Vero che è diversa?»
L’italiana si voltò, studiando l’amica e scuotendo il capo: «Non direi. E’
la solita Sarah.»
«E tu saresti una donna?»
«Vuoi fare a botte, Alex?»
«Lila, hai deciso?» domandò Marinette, roteando gli occhi verso l’alto e
sospirando: «Le brioches stanno attendendo solo il tuo verdetto.»
«Ragazze!» esclamò Alex, agitando le mani e spargendo un po’ di briciole
per tutto il banco: «Vogliamo tornare al discorso principale. Sarah.
Cambiata.»
«Ma non sono cambiata!» sbottò la bionda, pestando stizzita un piede per
terra: «La vuoi smettere?»
«Alex, seriamente stai tirando fuori il peggio di lei.»
«E’ una mia dote naturale.» sentenziò il moro, sorridendo: «Far uscire il
peggio delle persone, intendo.» addentò nuovamente la brioche, pensieroso:
«E comunque è dall’altro giorno che mi sembri diversa, da quando abbiamo
fatto il meeting ‘i nostri tre amici sono stati uccisi dalle gemelle di
Sadako’.» spiegò, dopo aver buttato giù il nuovo boccone: «E anche Rafael.
Aveva un che di strano…»
«Tu hai il cervello, strano.» bofonchiò Sarah, sospirando e alzando lo
sguardo verso l’alto: «Davvero, non c’è…»
«Beh, sareste diversi se l’aveste fatto.» buttò lì il ragazzo, portandosi
alla bocca la brioche ma fermando a metà il gesto: si voltò verso l’amica,
osservandole le guance imporporarsi velocemente; aprì la bocca, pronto a
dire qualcosa ma, tutto ciò che fuoriuscì fu un verso gracchiante.
«L’avete fatto?» domandò per lui Lila, posando una mano sulla spalla del
moro e spintonandolo di lato: «Parla, Sarah.»
«Davvero?» si affrettò a domandare Marinette, scivolando dietro al banco
nel punto più vicino a loro: «Quando? Come? Perché? No, aspetta. Il perché
lo so. Quando? Come? Come è stato?»
«Io…io…» Sarah osservò i tre: Marinette la fissava con gli occhi colmi di
curiosità e felicità, Lila era quasi sul piede di guerra se non avesse
parlato alla svelta e Alex doveva ancora riprendersi, dato che l’additava
con la bocca aperta e guardando, alternativamente, le altre due ragazze.
«Sì.» bisbigliò l’americana, sentendo il volto andarle a fuoco: «Ma perché
ve l’ho detto?» piagnucolò poco dopo, portandosi le mani al volto così da
nascondersi alla vista dei tre.
«Perché siamo amici.» decretò Marinette, uscendo dal bancone e mettendole
una mano sulla spalla: «Mh. Non so cosa si dice in questi casi, ma sono
tanto contenta per te. E per Rafael.»
«Devo dirlo a Wei!» sentenziò Lila, mettendo mano alla borsetta e
recuperando il cellulare, sotto lo sguardo attonito di Sarah: «Wei?
Tesoro?» esclamò poco dopo: «Devo dirti una notizia fantastica: il pavone
ha impalmato l’ape.»
«Lila!» strillò Sarah, voltandosi verso Marinette in cerca di aiuto.
«Come non capisci, Wei. Andiamo. Non è difficile! Pavone. Ape.» Lila
sbuffò, pestando un piede per terra: «Seriamente, Wei, alle volte mi
chiedo cosa ci trovo in te. Pavone. Ape. Quanti pavoni e api conosci?»
«Voglio morire…»
«Mi sento graziata che…» Marinette si bloccò, arrossendo leggermente:
«Beh, che all’epoca non avevo un simile rapporto con Lila.»
«Ecco. Perché non sono saltata addosso a Rafael subito?»
«Gli sei saltata addosso?» strillò Alex che, fino a quel momento, era
rimasto in un ghiacciante silenzio.
«Aspetta, Wei. Qua sono iniziati i particolari. Vuoi che metto il
vivavoce?»
«Lei è un imbecille!» tuonò Gabriel, marciando nell’androne della casa con
il cellulare alla mano, raggiungendo veloce lo studio: «Le avevo detto
chiaramente che non volevo quella stoffa. Per quale arcano mistero mi
ritrovo un vestito fatto proprio con quella? Ha una motivazione valida
oppure devo additare il tutto alla sua completa idiozia?»
Sophie si affacciò nella stanza, osservando il marito scuotere il capo:
«No. Passo io dopo.» sentenziò alla fine Gabriel, chiudendo la chiamata,
mentre un lungo sospiro gli usciva dalle labbra: «Sophie?» domandò,
alzando la testa e notando la figura della donna ferma sulla soglia della
porta: «Qualche problema?»
«Volevo solo dirti che uscivo con Willhelmina ma…» la donna si fermò,
muovendo una mano per aria e avvicinandosi a lui: «Eri impegnato.»
«Lavoro.» liquidò il tutto Gabriel, sospirando: «Lavoro e idioti che
pensano di saper lavorare.»
«Problemi? Vuoi una mano?»
L’uomo sorrise, superando la scrivania e posandole le mani sulle spalle:
«Non avevi detto che uscivi con Willhelmina?»
«Sì, però…» Sophie voltò la testa verso il marito, mentre veniva sospinta
verso il portone della villa: «Seriamente, Gabriel. Hai bisogno di…»
«Di niente. Non preoccuparti, Sophie.» le rispose immediatamente l’uomo,
sorridendole dolcemente: «Vai e pensa a divertirti.»
«Signori.» sentenziò la voce di Adrien, portando l’attenzione della coppia
verso le scale, dove il figlio li fissava con un sorriso divertito in
volto e i due kwami svolazzavano attorno a lui: «Segnate: in data odierna
Gabriel Agreste ha sorriso.»
«Io sorrido sempre.»
«In quale universo parallelo, papà?» domandò il figlio, scuotendo il capo:
«Perché non mi sembra…»
«Stai uscendo?» tagliò corto Gabriel, mettendo fine a qualsiasi soliloquio
del figlio e scambiandosi un’occhiata con Sophie, che sorrideva divertita:
«Avevi detto…»
«Ero lì, che stavo facendo una partita con Nooroo e Plagg a quel gioco di
formula uno, quando mi arriva una chiamata di Wei, dove mi chiede di
andare a controllare la sua metà – mi rifiuto di definire Lila dolce –,
che si trova alla boulangerie di Marinette…»
«Quindi sì, stai uscendo.»
«Sì. Sto uscendo, papà.»
«Facciamo un pezzo di strada assieme, tesoro?» si intromise Sophie,
posando una mano sul braccio del marito: «Avevo già avvisato il Gorilla di
preparare l’auto e…»
«Sapete che, quel povero uomo, ha un nome, vero?»
«Sì, papà. E il suo nome è Gorilla.»
«Adrien…»
«Comunque pensavo di trasformarmi e saltare qua e là fra i tetti.» spiegò
Adrien, massaggiandosi la mano con l’anello: «Faccio sicuramente prima.»
«Sophie, portalo con te.» sbottò Gabriel, indicando il figlio: «Prima che
metta in allarme tutta Parigi per un’apparizione di Chat Noir.»
«Ehi, io non metto in allarme tutta Parigi.»
«Vorrei ricordarti di quando ti sei trasformato e sei fuggito di casa…»
«Quella volta hai messo tu tutti in allarme.»
«Adrien Agreste! Cos’è questa storia che sei fuggito di casa?»
«E’ una storia lunga, mamma.»
«Quando era piccolo, lo faceva spesso.»
«Papà, ti devo ricordare che il sequestro di persona è reato anche verso
tuo figlio.»
Sophie scosse il capo, raggiungendo il figlio e mettendoglisi alle spalle,
iniziando poi a spintonarlo: «Andiamo.» sentenziò, alzando gli occhi al
cielo: «Se iniziate a discutere non la finirete ed io non voglio far tardi
al mio appuntamento con Willhelmina.»
«Sì, mamma.»
Maus osservò l’auto argentata uscire dalla abitazione degli Agreste: era
stato solo per un momento, ma aveva intravisto la figura di Sophie sul
sedile posteriore.
Quella donna…
L’aveva vista, durante l’ultima battaglia contro i suoi sottoposti.
Era tornata a essere Pavo, eppure…
Eppure…
Peacock era nel gruppo, quindi Sophie Agreste non poteva aver avuto
nuovamente il suo Miraculous.
Dopo la chiamata con Kwon, aveva iniziato a pensare e pensare, elaborando
i dati che aveva a sua disposizione e arrivando a una possibile soluzione:
tutto aveva portato in un’unica direzione e il peso delle sue scelte –
passate e future – era nella tasca del suo soprabito.
Papillon.
Era tutta colpa di quell’uomo.
Papillon e il suo potere non catalogabile.
Papillon, a cui Sophie si era rivolta per chiedere aiuto e il potere di
combattere.
Quell’eroe, quel buono redento, era stata la causa di tutto.
Ma adesso avrebbe avuto la sua rivincita.
«Mi sento offesa.» decretò Lila, incrociando le braccia al seno e
osservando Sarah che, comodamente seduta sul divano del salotto dei
Dupain-Cheng, teneva la testa china: «Non ci hai detto niente. E siamo le
tue amiche!»
«Non sapevo come…non sapevo…»
«Sbaglio o anch’io sono stato incluso in ‘amiche’?» domandò Alex, mimando
le virgolette quando pronunciò l’ultima parola e chiedendo soccorso a
Marinette: «No, perché stamattina ero ancora…»
«Alex.» Lila lo fermò, sospirando: «Sinceramente non voglio sapere.»
Marinette sorrise, avvicinandosi a Sarah e sedendosi accanto a lei,
passandole un braccio attorno alle spalle: «Sai com’è fatta Lila, no?»
domandò all’amica: «Vuole solo…»
«Voglio sapere! Voglio sapere tutto!» la interruppe l’italiana,
saltellando sul posto.
«Ne sei sicura, Lila?» la riprese Marinette, fissandola negli occhi: «Vuoi
davvero sapere di Sarah. E Rafael. Sarah e Rafael…»
«Mh. Ora che mi ci fai pensare…» la castana si fermò, tamburellandosi le
dita sulla bocca e scuotendo la testa: «In effetti non è che muoio
di questa gran voglia di sapere.»
«Io non voglio proprio sapere.» sentenziò il moro, dalla sua postazione
vicino al banco della cucina.
«Ecco.» sentenziò Marinette, ridacchiando e poggiando la testa sulla
spalla dell’americana: «Allora, Sarah…» il campanello la fermò e tutti si
voltarono verso la porta d’ingresso: «Mamma?» domandò la ragazza,
alzandosi dalla sua postazione e raggiungendo velocemente la porta.
«Sì.» dichiarò una voce in falsetto dall’altra parte, che fece ridere la
mora.
«Ma quanto sarà scemo…» mormorò Lila, scuotendo il capo e accomodandosi
sul divano: «Seriamente.»
«Perché è qui?» chiese Sarah, voltandosi verso l’italiana e fissandola
male: «Lila.»
«Non centro! Io ho solo chiamato Wei…»
Marinette le ascoltò, aprendo poi la porta e trovandosi davanti il volto
sorridente di Adrien: «Ciao, mamma.» lo salutò, continuando il gioco messo
in atto, mentre il ragazzo si chinava e la salutava con un bacio: «Non
dovresti essere giù in boulangerie?»
«Tuo padre mi ha spedito quassù a vedere che fate.» dichiarò Adrien,
continuando a falsare la voce e facendo spaziare lo sguardo sugli altri
occupanti: «Lila, perché Wei mi ha chiamato disperato?» domandò
all’italiana con voce normale.
«Come Wei ti ha chiamato disperato?»
Adrien si chiuse la porta di casa dietro di sé, addossandosi a questa:
«Sì, mi ha chiesto di venire qua e di controllare se tutto andava bene,
dato che doveva ancora lavorare e non sapeva se…» il campanello suonò
nuovamente, fermandolo: «My lady, attendi visite?» domandò, posando lo
sguardo sulla fidanzata.
«Sì, l’amante.» sbottò Marinette, spintonandolo leggermente e liberando il
portone dell’abitazione: «Rafael?» esclamò, vedendo il moro davanti il suo
ingresso: «Che ci fai qua?»
«Mi ha chiamato Wei.»
«A quanto pare Wei chiama tutti oggi.» sbottò Lila, imbronciandosi:
«Tranne me.»
«Per quello non c’è problemi.» sentenziò la voce di Wei, mentre il cinese
compariva nell’adrone della porta: «Chiami tu per tutti e due.»
«Ogni tanto farebbe piacere che tu prendessi l’iniziativa, tesoro.» lo
rimbeccò l’italiana, mentre gli ultimi due arrivati entravano
nell’appartamento.
«Wei, amico mio.» s’intromise Adrien, sorridendo al compagno: «Perché ci
hai riuniti tutti qui?»
«Perché se ho capito bene la storia del pavone che impalpava…»
«Impalmava.»
«Impalmava, grazie Lila.» Wei si fermò, sorridendo alla ragazza: «Dicevo,
se ho capito bene la storia del pavone che impalmava l’ape, penso che…»
Adrien spalancò la bocca, iniziando poi a ridere di gusto: «Pennuto…»
gracchiò, appoggiandosi a Marinette al suo fianco: «Hai qualcosa da
dirmi?»
«No.» ringhiò il francese, fissandolo male e cercando poi con lo sguardo
Sarah: «Si può sapere come…»
«Ringrazia Alex.» decretò Lila, indicando l’americano: «Ha talmente
esasperato Sarah che alla fine è scoppiata.»
«Ehi! Così passo come da cattivo della situazione.»
«Voglio solo morire…» pigolò Sarah, dalla sua postazione sul divano,
stringendo forte contro di sé uno dei cuscini e nascondendo il volto:
«Dove sono le ombre killer quando servono?»
Il riferimento all’assassinio dei tre uomini di Maus congelò l’aria nella
stanza: «Hai avuto altre notizie, Alex?» domandò Adrien, voltandosi verso
il ragazzo e vedendolo negare con la testa: «E da Maus nessun movimento…»
continuò il biondo, sospirando poi pesantemente: «Non mi piace questa
calma.»
«Non piace a nessuno, Adrien.» dichiarò Wei, scuotendo la testa: «E’ quasi
come se tutto si preparasse alla tempesta imminente.»
Gabriel sospirò, sfogliando velocemente il catalogo di stoffe e cercando
qualcosa per rimediare all’errore fatto: non c’era il tempo materiale per
rifare il progetto da capo, quindi doveva assolutamente aggiustare
l’entità del danno.
Girò l’ennesimo scampolo, carezzando la stoffa argentata e valutandola con
occhio critico: poteva andare bene?
Non riuscì a trovare una risposta al suo quesito, perché venne interrotto
dal campanello dell’abitazione: Gabriel alzò la testa, ascoltando la casa
silenziosa e ricordandosi che era solo.
Nathalie era stata spedita alla maison.
Sophie era fuori.
Adrien uguale.
Sbuffò, marciando spedito verso l’ufficio della sua assistente e, dopo
aver girato attorno alla scrivania, azionò la telecamera dell’entrata:
«Sì?» domandò, voltandosi un attimo per osservare l’agenda lasciata aperta
e notando alcuni appuntamenti segnati.
«Guten Tag.» dichiarò la voce straniera, facendo voltare velocemente
Gabriel: il viso di Maus era sullo schermo del piccolo monitor e lo
fissava sorridente.
«Cosa vuole?»
«Parlare.» rispose il tedesco, sorridendo appena: «Con lei, Papillon.»
Il francese inspirò, osservando il nemico e poi premette l’interruttore
che azionava il meccanismo di apertura del cancello; osservò Maus voltarsi
verso di questi e poi sparire dalla telecamera, sicuramente diretto verso
l’abitazione. Gabriel chinò la testa, stringendo i pugni e inspirando
pesantemente: come aveva fatto a scoprirlo? Come aveva fatto a conoscere
la sua identità?
Alzò la testa, fissando la porta e si issò in tutta la sua statura: quelle
erano risposte alle quali molto presto avrebbe avuto risposta.
Sophie osservò inorridita Maus entrare nella sua casa: il cancello era
stato aperto, quindi qualcuno dentro la casa lo aveva fatto entrare.
Ma chi?
Nathalie era fuori, il Gorilla era con lei, Adrien era da Marinette.
Chi?
«Gabriel…» mormorò, portandosi le mani alle bocca e uscendo velocemente
dalla vettura, sotto gli sguardi del Gorilla e di Willhelmina.
«E’ una fortuna che ti eri dimenticata il cellulare.» dichiarò
quest’ultima, imitandola e uscendo dalla vettura: «Ehi, bestione. Fatti un
giro. Veloce.»
Sophie si voltò, osservando il Gorilla cercarla con lo sguardo in cerca di
ordini: «Puoi…puoi…puoi andare a prendermi quei dolci che mi piacciono
tanto? Li fa il papà di Marinette e poi puoi prenderti la giornata
libera.» mormorò velocemente, riportando poi l’attenzione sulla casa,
mentre l’auto argentata partiva velocemente.
«Chiamo i ragazzi.» decretò Willhelmina, armeggiando con la borsa e
prendendo velocemente il cellulare: Sophie la ignorò e corse verso la
propria abitazione.
Gabriel.
Gabriel.
Gabriel, doveva proteggerlo.
La suoneria di Alex risuonò nel salotto dei Dupain-Cheng, attirando
l’attenzione di tutti sull’americano: «E’ Willie.» dichiarò, osservando lo
schermo del cellulare e rispondendo alla chiamata: «Ehi, babbiona del mio
cuore! Come stai? Hai saputo la novità?»
«Poche chiacchiere, Alex.» decretò la donna dall’altro capo del telefono:
«Abbiamo un problema: Maus è dagli Agreste.»
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Capitolo 36 *** Capitolo 36 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.174 (Fidipù)
Note: Penultimo capitolo! E ultimo scontro con le forze di Maus e
un po' mi dispiace perché, come per tutti i miei personaggi, ho sempre
avuto un debole per il tedesco mezzo matto che parlava strano (ok,
quest'ultima caratteristica la odio ogni volta che lo faccio parlare e mi
devo ricordare di scrivere male quello che dice); fin dal primo capitolo
di Miraculous Heroes 2 ho sempre saputo che questa storia sarebbe stata
'di passaggio', un collegamento fra la prima e la terza parte di questa
storia. E spero di esserci riuscita: certo, molte domande non hanno ancora
avuto una risposta ma...beh, ancora un capitolo e poi inizierà Miraculous
Heroes 3, dove tirerò tutte le fila.
Beh, non sto qua ad annoiarvi più di tanto, i discorsi malinconici sono
rimandati al prossimo capitolo.
Come sempre, voglio ringraziarvi tutti quanti per aver continuato a
seguire la mia storia, per avermi commentato, per avermi contatta e...beh,
grazie davvero di tutto cuore! Sappiate che mi fa sempre piacere sapere
cosa pensate della storia, dei personaggi, di tutto il mondo che ho
creato.
Grazie tantissimo!
Quante volte aveva fatto quel tragitto?
Quante volte aveva corso su quei tetti, desideroso di raggiungere
velocemente la sua lady o ansioso di giungere a casa in tempo, per
prepararsi e uscire come un ragazzo comune?
Eppure mai, mai come quel giorno, quella strada gli era sembrata così
lunga.
Chat Noir si fermò al limitare di un tetto, riprendendo fiato e ascoltando
i suoni dei suoi compagni che, senza aprire bocca, lo raggiungevano:
nessuna battutina, nessun discorso stupido che accompagnava la loro corsa
verso il luogo ove era comparso il nemico.
Niente di niente.
Il biondo inspirò, saltando e atterrando sul tetto opposto, senza curarsi
di guardare se lo seguivano.
Lo avrebbero fatto.
Sempre e comunque.
Qualcosa di rosso comparve nella sinistra del suo campo visivo e Chat si
permise di voltarsi, osservando Ladybug correre al suo fianco con lo
sguardo azzurro e serio rivolto in avanti, sentendo un sorriso stendergli
appena le labbra.
Lei era al suo fianco.
Come sempre.
Gabriel osservò l’uomo che era entrato nella sua abitazione: così diverso
da lui, quando un tempo era stato il nemico di Parigi, e da Coeur Noir,
che aveva imperversato fino a poco tempo prima.
Maus non emanava quella aria che aveva avuto Coeur Noir e, sperava, anche
lui.
«Cosa vuole?» domandò, incrociando le mani dietro la schiena e fissandolo
dall’alto: dominare la scena, mettere subito in chiaro chi comandava lì.
Gabriel accennò un sorriso, sentendo Nooroo posarsi sulle sue mani, pronto
a entrare in azione e trasformarlo.
Maus inclinò la testa di lato, studiandolo: «Non chiedere come io sapere?»
domandò l’ometto, sorridendo apertamente: «Lei non essere curioso?»
«Sicuramente ha fatto ricerche.» buttò lì Gabriel, rimanendo al suo posto
e osservando l’altro muoversi nell’androne: «Ha studiato il mio aspetto…»
«Ja, ja. Tutto esatto.»
«E da uomo di scienza, quale spero che sia, ha trovato la soluzione al
quesito.»
«Esatto.» esclamò giulivo Maus, quasi saltellando sul posto e indicandolo:
«Ma fattore più importante essere stato Sophie.»
«Madame Agreste, per voi.» ringhiò Gabriel, assottigliando lo sguardo e
tenendolo sull’uomo: «Non osate chiamarla per nome. Non voi.»
Maus piegò le labbra in un sorriso entusiasta: «Oh. Liebe.» dichiarò,
inspirando profondamente: «Quel sentimento che smuovere mari e monti, eh?
Proprio grazie a liebe – grazie ad amore – che io capire che lei essere
Papillon: Sophie troppo orgogliosa per chiedere aiuto a chiunque. No, lei
avere chiesto a qualcuno che conoscere bene…» mormorò lo scienziato,
iniziando a camminare sul posto: «Lei avere chiesto potere di contrastare
me a qualcuno fidato, qualcuno amato. Marito. Chi più importante di
marito, ja?»
«Quindi poiché Sophie è tornata a essere Pavo…»
«Io avere capito chi essere Papillon, ja.» assentì Maus, annuendo con la
testa e allargando le braccia: «Aspetto combaciare. Potere di Papillon
permettere di creare eroi...» si fermò, lasciando andare le braccia contro
i fianchi: «Io avere semplicemente fatto due più due.»
«Vuole l’applauso?»
Il sorriso di Maus vacillò un attimo e Gabriel ebbe la conferma che l’uomo
sperava di avere avuto in mano un’ottima carta da giocare: rivelare che
sapeva la sua identità era un modo per spaventarlo, per fargli temere
qualcosa.
«Essere cyborg?» domandò il tedesco, inclinando la testa e studiandolo:
«Lei non avere emozioni…»
Gabriel sospirò, scrollando le spalle: «Potrebbe discutere per ore con mio
figlio, sulla mia mancanza di emozioni intendo.» borbottò, alzando gli
occhi al cielo e fissandolo poi nuovamente: «Bene. Adesso cosa vuole fare?
Mi vuole minacciare?»
«Io volere Miraculous.»
«Sì, questo è un classico, direi.» commentò Gabriel, sbuffando: «E
penso sappia la risposta, no?»
«Ja.» ringhiò Maus, incassando la testa nelle spalle e fissandolo male.
«E allora? Rimaniamo in questa situazione di stallo?»
Maus aprì bocca, ma il suo intervento fu fermato dal portone della villa
che si aprì, rivelando la donna bionda e ansante, ferma sulla soglia:
«Sophie!» esclamò il tedesco, sorridendo caloroso: «Riunione di famiglia?»
«Lascia in pace la mia famiglia, Maus.» ringhiò la donna, tirandosi su e
fissandolo male: «E’ sempre stata una lotta fra me e te.»
«No. Non più.» dichiarò Maus, sorridendole: «Tuo marito essere entrato:
lui possedere Miraculous.»
«Gabriel non è…»
«Gabriel essere.»
«E’ gentilmente pregato di non parlare di me come se non fossi nella
stanza, monsieur Maus.» dichiarò glaciale Gabriel, scendendo alcuni
scalini e facendo vagare lo sguardo dall’uomo alla moglie: «Com’è andata
la passeggiata, Sophie?»
«Male.» sbottò la donna, incrociando le braccia al seno: «Ho visto un topo
entrare in casa mia.»
«Tu non dire di me, vero?»
«Sì, io dire di te.» sbottò Sophie, fissando male l’antico rivale,
ignorando il fatto che Maus le aveva completamente rivolto l’attenzione:
le mani ben piantate in tasca, lo sguardo furioso verso di lei.
«Nooroo, trasformarmi.» ordinò Gabriel, sentendo il potere del Miraculous
avvolgerlo, donandogli la forza che da Gabriel Agreste non aveva; quando
la luce della trasformazione lo lasciò, notò come Maus aveva dimenticato
Sophie per rivolgere tutte le attenzioni a lui.
«Miraculous…» mormorò il tedesco, facendo un passo verso di lui e tendendo
la mano nella sua direzione: «Esistere. Io…io…»
Papillon l’osservò, colpendo il pavimento con il bastone e creando
farfalle candide come la neve: «Lei non farà più del male alla mia
famiglia.» decretò, venendo circondato dagli insetti: «Mai più.»
«Miraculous. Dare a me.»
«Mai.»
Di fronte alla negazione di Papillon, Maus sospirò e, dopo aver portato
una mano alla tasca del soprabito che indossava, tirò fuori una siringa:
«Mia ultima creazione.» dichiarò, agitando lievemente l’oggetto: «Molto
più complicato che creare armi, ammettere io. Ma non impossibile.»
«Cosa è?» domandò Sophie, osservando inorridita la siringa e il liquido
ocra che essa conteneva: «Cosa hai creato?»
«Potere?» fu la risposta di Maus, guardandola con fare innocente; si alzò
la manica del giaccone, scoprendo l’arto magro e, sorridendo, si iniettò
il liquido: «Mia invenzione dare me grande potere, ja!» esclamò, gettando
la siringa per terra: sorrise, osservando i propri vasi sanguigni
diventare luminosi e, come una mappa, descrivere l’intero sistema mentre
il prezioso elemento s’irradiava per tutto il suo corpo.
Sorrise, sentendo l’energia pervaderlo assieme al dolore: il suo corpo
cambiava, lo sentiva nelle ossa che scricchiolavano e nelle membra che si
tendevano fino a lacerarsi, ma lui aveva il potere.
«Quantum-β.» mormorò Papillon, osservando il piccolo omuncolo tedesco
trasformarsi sotto ai suoi occhi: la pelle riluceva di una tinta ocra e,
velocemente, le proporzioni dell’uomo aumentavano; quando, con le spalle,
raggiunse il lampione di cristallo, l’uomo si ridestò e con un gesto
imperioso della mano, spedì le farfalle candide contro di lui.
«Gabriel, akumatizzami.» ordinò Sophie, mentre il gigante si voltava verso
di lei e, inclinata la testa, allungò lentamente una mano.
Papillon afferrò velocemente una delle farfalle, impregnandola del suo
potere, e lasciandola poi volare in direzione di Sophie: la osservò
entrare nel medaglione che la donna teneva al collo e, una volta,
circondata dal potere la osservò saltare via nelle vesti di Pavo: «Come ti
senti?» gli domandò, balzando al fianco, tenendo lo sguardo su Maus.
«Bene.» dichiarò prontamente l’uomo, muovendo la mano e scagliando contro
il nemico una seconda ondata di farfalle: «Spero che qualcuno si accorga
del gigante qui e chiami la polizia.»
«Willhelmina è rimasta fuori.» gli rispose Pavo, tirando fuori due
ventagli e mettendosi in posa da combattimento: «Sono certa che li avrà
chiamati…»
«Willhelmina, eh?» mormorò Papillon, afferrando una nuova farfalla e
dandole il suo potere: avrebbe pagato per le sue azioni, lo sapeva bene,
ma in quel momento avevano bisogno di tutto l’aiuto possibile: «Vola, mia
piccola akuma. Vola.» mormorò, osservando l’insetto volare via e poi il
dolore lo colpì violentemente.
«Ragazzi!» Willhelmina alzò un braccio per aria, osservando i sei eroi
che, balzati a terra, stavano guardando in direzione della casa degli
Agreste.
Poco dopo, Alex comparì da una delle strade e si fermò a pochi passi
da lei, piegandosi in due e con il fiatone: «Non ho la forza per queste
maratone…» riuscì a gracchiare, inspirando profondamente e sentendo i
polmoni bruciare: «Seriamente, io…»
«Io vado dentro.» dichiarò Chat Noir, interrompendo l’americano e facendo
un passo verso la propria casa.
«Senza un piano, gattaccio?»
«Vado dentro, meno quel tipo e, se non lo ammazzo, lo consegno alle forze
dell’ordine.» decretò Chat Noir, voltandosi verso Peacock: «Eccotelo, il
piano.»
«Chat…»
«Ci sono i miei genitori là dentro.» sbottò il biondo, voltandosi verso
Ladybug che aveva cercato di interromperlo: «Non resterò qui…»
«Non ti sto dicendo questo, Chat Noir.» dichiarò l’eroina rossa,
fissandolo seria: «Posso capire ciò che provi, ma non ci aiuterà andare là
dentro a testa bassa.»
«E’ quello che faccio sempre, my lady.» decretò l’eroe, osservandola:
«Rischio la mia vita, puntando il nemico a testa bassa, no?»
«Calmati, Chat.» decretò Tortoise, posando una mano sul felino e facendo
vagare lo sguardo da lui a Ladybug: «Siamo tutti in pensiero per i tuoi
genitori, prendertela con Ladybug perché vuole fermarti il tempo
necessario per ideare un piano è…»
«Stupido.»
Tortoise sorrise, voltandosi verso la propria compagna: «Potevi essere
meno diretta, Volpina.»
«Girarci intorno, serve a poco.» dichiarò l’eroina, scuotendo il capo:
«Soprattutto con uno come lui.»
Chat Noir la fissò male, osservandoli poi tutti e inspirando
profondamente: «Scusate, io…»
«Scuse accettate, amico.» decretò Peacock, posandogli una mano sulla
spalla e sorridendogli: «Andiamo a salvare i tuoi genitori. Giusto, boss?»
Ladybug li osservò, annuendo con la testa e voltandosi poi verso
Willhelmina: «Che cosa sai?» domandò alla donna, girandosi poi in
direzione della villa.
«Sophie aveva dimenticato una cosa a casa, siamo giunte qua e abbiamo
visto quell’essere entrare in casa.» dichiarò spiccia la donna, alzando le
spalle: «Sophie è corsa in casa e fine di quello che so.» decretò,
aggrottando lo sguardo e notando una farfalla volare verso di lei: «Ma
cosa…?» mormorò, mentre l’insetto entrava nella pietra dell’anello che
portava al dito.
«Akumatizzazione…» bisbigliò Lila, osservando volute nere avvolgere il
corpo di Willhelmina e trasformarla in Coeur Noir: «Ok. La signora degli
specchi non avrei voluto rivederla, sinceramente.»
Coeur Noir girò su sé stessa, osservando il vestito nero e il corpetto di
cristallo scuro; si portò poi le mani al volto, sentendo sotto le dita la
fredda superficie dell’elmo, che aveva indossato quando era stata cattiva,
sorrise: «Secondo voi riesco a fare qualcosa così?»
«Mio padre ti ha akumatizzato, quindi direi di sì.»
Il sorriso di Coeur Noir si enfatizzò e, concentrando il rinato potere,
creò l’enorme gigante di ghiaccio che era stato il suo biglietto da visita
quando era comparsa a Parigi: «Ma sei fissata con Frozen…» dichiarò Chat
Noir, osservando il bestione avanzare verso il cancello degli Agreste.
«Mi sento molto Elsa. Ti va bene come risposta?» domandò divertita Coeur
Noir, seguendo la sua creazione con gli eroi al seguito: «Allora? Questo
piano, Ladybug?»
«Andiamo là e gli facciamo male, tanto male?»
«Mi piace.»
Alex rimase in disparte, osservando la sfilata di eroi, capeggiata dal
gigante di ghiaccio: «Ehi. Ed io?» domandò, scuotendo il capo e
seguendoli, pregando che il signor Agreste akumatizzasse anche lui.
Pavo boccheggiò, osservando Maus ringhiare rivolto verso l’alto: con una
manata aveva spedito entrambi contro il muro, distruggendo parte della
balaustra delle scale e una delle colonne di marmo: «Come stai?» mormorò,
allungando una mano verso Papillon e sentendolo gemere: «Gab…»
«Sto bene.» dichiarò l’uomo, poggiando il proprio bastone per terra e
gravando parte del peso del corpo su di questo: «Non mi lascio
sconfiggere…» si fermò, osservando Maus voltarsi verso di loro e quasi udì
la risata del tedesco risuonare nell’aria: rimasero fermi, mentre il
gigante luminoso apriva la bocca e un fascio di energia usciva da questa.
Li avrebbe colpiti, ma qualcosa di verde si parò davanti a loro:
«Tortoise.» mormorò Papillon, osservando l’eroe usare il proprio scudo per
proteggerli.
Il ragazzo si voltò appena, sorridendo a entrambi: «State bene?» domandò,
il volto contratto in una smorfia per lo sforzo che stava facendo.
Papillon assentì, osservando qualcosa di rosso e nero entrare nella sua
visuale: «Papà?» domandò Chat Noir, chinandosi davanti a lui, con lo
sguardo verde preoccupato: «Mamma?»
«Stiamo bene, tesoro.» dichiarò Pavo, sorridendo appena: «Siete arrivati
giusto in tempo per unirvi alla festa.»
«Ti sembra il momento, mamma?»
«Per un po’ di battute? Sì, tesoro.»
Ladybug sorrise, osservando i due Agreste: «Almeno qualcuno mantiene alto
il nome di famiglia.» decretò, sentendosi addosso lo sguardo di Chat Noir:
«Invece di prendersela con il mondo intero.»
«Qualcosa mi dice che devo scusarmi…»
«Oh.» mormorò Ladybug, voltandosi verso di lui: «Ma dai? Ne sei convinto?
Perché io non credo che tu debba scusarti per avermi rinfacciato ogni
volta che…» la ragazza si fermò, sbuffando: «Come se poi te l’avessi
chiesto io! Ogni volta devo sempre fermarti, per impedirti di fare qualche
cavolata!»
«Non stavo ragionando…»
«Però per fare le battutine con Coeur Noir ragionavi, eh?»
Tortoise ridacchiò, sistemando meglio lo scudo: «Non potete risolverla
dopo?» chiese divertito, facendo un cenno verso il nemico: «Abbiamo da
fare.»
«Quello cosa sarebbe?» domandò Chat Noir, indicando il gigante e
voltandosi poi verso il genitore: «A proposito, perché hai akumatizzato
mamma e Willhelmina?»
«Mai sentito dire che l’unione fa la forza?»
«Sì, è un bel detto.»
«Quello è Maus.» dichiarò Pavo, riportando l’attenzione di tutti sul
problema e osservando il resto del gruppo avvicinarsi: «Si è iniettato il
Quantum-β e…»
«Ma è deficiente?» sbottò Alex, alzando lo sguardo verso il nemico:
«Iniettarsi quella roba significa morte certa! Lo consumerà!»
«Per ora non mi pare che lo stia consumando.» sbottò Coeur Noir,
osservando l’americano con interesse: «A proposito…» mormorò, muovendo la
mano destra e creando una voluta di fumo nero: sorrise, voltandosi verso
Alex e, con un nuovo gesto, spedì l’esalazione scura verso il ragazzo,
avvolgendo per intero.
«Coeur Noir…» mormorò Bee, osservando l’amico venire inghiottito dal fumo
e poi un ringhio risuonò nell’aria: «Ma cosa…?»
«Mogui.» dichiarò la donna, mentre le volute scure rilasciavano andare il
guerriero: «E’ più utile così.» spiegò spiccia, mentre al suo fianco il
suo sottoposto urlava rabbioso: «Non meno silenzioso, però.»
«Bene. Siamo al completo.» sentenziò Volpina, roteando il bastone: «Che
facciamo? Perché dubito che Tortoise resista ancora per molto.»
«Qualcuno che pensa a me.» dichiarò Tortoise, sorridendo: «Vediamo di
mettere fine a questa storia? No, perché è bello ascoltarvi. Un po’ meno
bloccare il vomito di questo simpaticone.»
Ladybug annuì, osservando il gruppo riunito attorno a lei: «Bee, Coeur
Noir. Potete cercare di imprigionarlo in qualche modo?» domandò e sorrise
al cenno affermativo delle due: «Volpina, a te il compito di accecarlo.
Rendigli impossibile vedere.»
«Ok, LB.»
«Pavo, Papillon. Potete aiutarla?»
«Tutto quello che vuoi per batterlo.»
«Peacock, tu…»
«Faccio quello che faccio sempre.» dichiarò prontamente il ragazzo,
sorridendo: «E Tortoise mi proteggerà. Vero, amico mio?»
«Non aspettavo altro.»
«Una volta che avrai visto come sconfiggerlo, unisciti a Pavo e Papillon.»
«Ok, boss.»
«Chat Noir…»
«Tutto quello che vuoi, my lady.»
«Vedi di metterlo in ginocchio.» decretò spiccia la ragazza, sorridendo
all’espressione del biondo: «Colpiscilo alle gambe.»
«Come vuoi.»
«Mogui, tu darai una mano a Chat.» concluse Ladybug, voltandosi verso il
guerriero nero e ricevendo un urlo di rabbia in risposta, che la ragazza
prese per una risposta affermativa.
Ladybug osservò i propri compagni dividersi in gruppetti e poi puntare
tutti contro il nemico: Bee e Coeur Noir crearono due fruste, una di
energia luminosa e l’altra di fumo nero, schioccandole poi verso il
gigante e afferrandogli le braccia; Volpina balzò sulla balaustra del
piano superiore e, suonate alcune note, creò sfere di fuoco fatuo che
lanciò contro il nemico. Il gigante urlò, strattonando le due donne per le
fruste e spedendole contro il muro, allungando poi una mano verso Volpina
che, saltando, evitò l’assalto: Pavo approfittò della situazione, per
scagliare contro Maus i dardi dei suoi ventagli, e Papillon l’aiutò con un
nuovo assalto di farfalle candide.
Chat Noir e Mogui, invece, corsero fra le gambe del gigante e iniziarono a
sferrare colpi agli arti inferiori, mentre Peacock, in disparte,
socchiudeva gli occhi, protetto dal fido Tortoise.
Ladybug osservò lo yo-yo che teneva in mano e, dopo un momento, azionò il
proprio potere magico, ritrovandosi fra le mani una cartella, piena di
fogli: «Ma che cosa…?» mormorò, osservando lo strano Lucky Charm che era
apparso.
«My lady?» la voce di Chat le fece riportare l’attenzione sul gruppo: il
gigante di luce, o meglio Maus, era in ginocchio con le mani al volto:
«Che dobbiamo fare?»
La ragazza scosse il capo, osservando il nemico e notando che si era
rimpicciolito leggermente rispetto a poco prima: «Ma…» mormorò,
avvicinandosi velocemente a Chat Noir e notando come, velocemente, Maus
stesse diventando sempre più piccolo.
«E’ il Quantum-β.» dichiarò Peacock, affiancandoli: «Ha raggiunto il suo
apice quando ha scagliato il vomito contro Tortoise…cioè, era il suo
attacco quello. Adesso lo sta solo consumando, fino a…»
«Fino a ucciderlo.» concluse per lui Chat Noir, osservando il nemico e
notando che Ladybug si era mossa nella direzione di questo: «My lady?»
La ragazza lo ignorò, chinandosi davanti all’uomo: più scheletrico di
quanto ricordasse, la pelle grigia e gli occhi spenti, non le ricordava
l’uomo che li aveva sfidati poco tempo prima: «Questa è la sua ricerca,
vero?» mormorò, allungando il fascicolo di fogli all’uomo.
Maus sembrò scuotersi un poco e un sorriso nostalgico gli piegò le labbra:
«Ja. Mia ricerca.» bisbigliò con la voce roca: «Io avere sempre e solo
voluto dimostrare che Miraculous esistere. Solo questo.»
Ladybug annuì, abbassando la testa e portandosi una mano all’orecchio: «I
Miraculous sono oggetti potenti, creati molto, molto, molto tempo fa per
fermare una guerra.» bisbigliò, osservando Maus diventare sempre più
sciupato ma con lo sguardo un po’ più vivo di prima: «Cercarono di
imbrigliare il Quantum, ma questo…»
«Non funzionare, ja.» dichiarò Maus, con la voce quasi a un sussurro:
«Quantum non potere essere aggiogato. Quantum troppo instabile.»
«Perché lo ha fatto?»
Maus sorrise, osservando l’eroina in rosso: «Perché ricerca essere mia
vita. Tutta mia esistenza essere stata votata al Quantum.»
«Ma…»
«Io sapere che oggi essere mio ultimo giorno. Io avere tentato il tutto
per tutto.»
«Perché Maus?» domandò Pavo, affiancando Ladybug e osservando l’antico
nemico: «Se volevi solo dimostrare che il Quantum esisteva, perché abbiamo
sempre combattuto?»
«Perché io volere testare forza di Quantum, semplice.» dichiarò l’uomo,
con un sorriso: «E tu, Pavo, non potere permettere che innocenti rimettere
in esperimenti di scienziato pazzo.»
«Sarebbe stato tutto più semplice se…»
Maus inspirò profondamente, chinando il capo: «Ja…» bisbigliò, trascinando
quell’ultima parola: Ladybug sgranò gli occhi, portandosi le mani alla
bocca e osservando il corpo minuto del nemico cadere a terra senza vita.
L’eroina allungò una mano tremante verso il cadavere, fermandosi a
mezz’aria: «Ladybug. No.» dichiarò la voce stanca di Pavo e la ragazza si
voltò, osservando la donna in piedi al suo fianco: «E’ finita.»
E’ finita…
Quelle due parole risuonarono dentro di lei: perché era dovuta finire in
quel modo? Perché Maus aveva…
«My lady?» la voce di Chat la chiamò e la ragazza si voltò nella sua
direzione, trovandolo inginocchiato al suo fianco, come sempre: «Alzati,
my lady.» le ordinò il giovane, aiutandola a rialzarsi mentre Coeur Noir
si avvicinava e raccoglieva il Lucky Charm, passandolo alla ragazza: «My
lady, devi…»
Ladybug annuì, stringendo le mani sul fascicolo di carta e, con un
sospiro, lo lanciò verso l’alto: «Miraculous Ladybug!» dichiarò a voce
alta, osservando la magia rigeneratrice risistemare la casa degli Agreste.
Come se non ci fosse stata nessuna battaglia.
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Capitolo 37 *** Capitolo 37 ***
Titolo:
Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 1.459 (Fidipù)
Note: E come l'ultima volta: ci vediamo a fine capitolo!
Gabriel inspirò profondamente,
storcendo la bocca quando il dolore gli attraversò il corpo; si portò
una mano al petto, stringendo la maglia del pigiama e cercando di
resistere. Sentì la porta aprirsi e non si degnò di alzare lo sguardo
per vedere chi fosse entrato, sicuramente era Sophie poiché le aveva
detto di non permettere a nessuno di accedere alla camera: «Da quanto va
avanti?» domandò una pacata voce maschile.
Gabriel alzò la testa, osservando la figura del figlio, fermo davanti la
porta chiusa della camera: «Tua…» iniziò a dire, fermandosi poiché una
nuova fitta lo attraversò: «Do-dove è Sophie?»
«In cucina.» decretò Adrien, avanzando verso il letto e fissando il
genitore: «Da quanto, papà?»
L’uomo si lasciò andare stremato contro i cuscini, osservando il figlio
torreggiare accanto a letto: «Dobbiamo affrontare il discorso ora?»
chiese, con l’ombra di un sorriso sulle labbra: «Sinceramente non sono
molto in vena di chiacchierare.»
«Immagino.» decretò Adrien, prendendo una poltroncina – quella dove
Sophie era stata tutta la notte per vegliarlo – e accomodandosi di
fianco al letto: «Perché non mi hai detto nulla?»
«Avevi altro a cui pensare.»
«Sei mio padre.»
Gabriel sorrise, voltandosi faticosamente verso di lui: «Non è che abbia
fatto tanto per prendere il premio di Padre dell’anno, no?»
«Già.» decretò Adrien, lasciandosi andare contro lo schienale della
sedia: «Ma sei sempre il mio papà.» dichiarò, posando lo sguardo verde
su di lui: «Da quanto?»
«Da dopo l’akumatizzazione di massa contro Coeur Noir.» rispose Gabriel,
inspirando profondamente: «Ogni volta che mi trasformavo, ogni volta che
usavo i miei poteri…beh, dopo era così.»
Adrien annuì, poggiando il gomito contro il bracciolo della sedia e il
viso sulla mano, massaggiandosi il labbro con il pollice: «Devi…»
«Riconsegnare il Miraculous a Fu. Lo so.» concluse per lui Gabriel,
voltandosi dalla parte opposta e osservando il kwami della Farfalla
dormire beato, dopo una notte passata a preoccuparsi: «Ne ho già parlato
anche con Nooroo: preferisce tornare a dormire, piuttosto che vedermi in
questo stato.»
«Maus è stato sconfitto, però c’è ancora la minaccia delle ombre che
hanno ucciso quei tre…» mormorò Adrien, inspirando profondamente: «Sono
certo che mister Miyagi troverà un nuovo Portatore. O una nuova
Portatrice.»
«Era tanto che non lo chiamavi così.»
Adrien annuì, alzandosi dalla poltroncina: «Devo andare a lezione.»
dichiarò, stirando le braccia verso l’alto: «Ti lascio alle amorevoli
cure della mamma.»
«Speriamo non abbia intenzione di cucinare un’altra volta.»
«Ah! Ecco perché l’altra volta…» Adrien sorrise, scuotendo la testa:
«Starai bene, vero papà?»
«Se non mi uccide prima la cucina di tua madre…»
«Dai, non è così male.»
«L’hai assaggiata?»
«Ovviamente no.»
«Ecco.»
Adrien sorrise, notando il lampo di vitalità negli occhi del genitore:
«Starai bene, papà?» domandò un’altra volta, osservandolo serio.
«Due o tre giorni e sarò come nuovo.» rispose Gabriel, fissandolo a suo
volta: «Non ti libererai tanto facilmente di me.»
«Lo spero bene. Mi mancherebbe il mio carceriere personale.» dichiarò il
ragazzo, raggiungendo velocemente la porta: «Insomma, quella cosa del
sequestro di persona e tutto il resto.»
«Potrei rifarlo. E potrei sottrarti l’anello.»
«Provaci finché puoi essere ancora Papillon.» dichiarò Adrien, uscendo
dalla stanza e ridacchiando, notando la madre salire le scale proprio in
quel momento: «Tutto tuo, mamma.»
«Esci?»
«Ho lezione.» le rispose il ragazzo, chinandosi e baciandola sulla
guancia: «Poi penso di incontrarmi con gli altri.»
«Ci vediamo stasera.»
«A stasera, mamma.»
Sophie l’osservò scendere velocemente le scale e, recuperati giaccone e
borsa, uscire dall’abitazione; sorrise, avvicinandosi alla porta e
aprendola, notando l’uomo seduto nel letto: «Come stai?»
«Meglio.» decretò Gabriel, inspirando profondamente: «Non dovevi…»
«Mi ha tormentato, finché non mi ha tirato tutto fuori.» dichiarò
Sophie, alzando gli occhi al cielo: «Altro che gli uomini di Maus! Se
fosse stato mio figlio a organizzare le mie torture a Maus Temple avrei
detto tutto poco tempo dopo essere giunta lì.»
Gabriel annuì, allungando una mano e stringendo quella della moglie
nella sua: «E’ tuo figlio.»
«Ed è anche tuo figlio, vorrei ricordarti.»
«E’ figlio di entrambi.»
Rafael sbuffò, entrando nel locale e togliendosi il berretto: «Fa un
freddo cane.» borbottò, sentendo il resto del gruppo dietro di sé: «Ma
come è possibile? Fino a qualche giorno fa si moriva di caldo!
Stamattina ho dovuto buttare all’aria mezzo armadio per recuperare il
giaccone!»
«Sai che potrei tirar su un discorso di non so quante ore sull’effetto
dell’inquinamento e sul fatto che non esistono più le mezze stagioni?»
dichiarò Lila, guardandolo seria: «Ma sono magnanima e ti lascio in
pace, in compenso fila a ordinarmi qualcosa.»
«Wei!» esclamò Rafael, voltandosi verso il cinese: «Come fai a
sopportarla?»
«Wei non mi sopporta, mi adora. E’ differente.» dichiarò l’italiana,
fissando male il modello e voltandosi poi verso gli schermi sopra le
casse dello Starbucks: «Ok, io prendo quell’affare con la panna e le
scaglie di cioccolata.»
«Penso abbia un nome quell’affare, Lila.» bofonchiò Rafael, al suo
fianco: «Ed è…»
«Zitto, essere inutile che non beve caffè.»
«Ti ho detto più volte che non posso berlo.»
«Sarah!» esclamò l’italiana, voltandosi verso l’amica: «Perché hai dato
la tua vergin…»
«Lila!» tuonò Rafael, zittendo la ragazza mentre la bionda diventava
paonazza: «Fra te e Alex non so chi è peggio.»
«Ehi! Io sono qui buono buono, perché dovete mettermi in mezzo?»
«Perché tu sei sempre in mezzo, Alex.» borbottò Sarah, fissando male
l’amico e Lila: «Io prendo una cioccolata calda con il caramello.»
dichiarò, voltandosi verso i tavoli e adocchiando uno abbastanza grande
per tutti loro: «Vi aspetto là.»
«Io vado con Sarah.» dichiarò Lila, voltandosi verso Marinette e
sorridendole: «Ti unisci a noi signore?»
«Ovviamente.» esclamò la ragazza, girandosi verso il proprio fidanzato:
«Io prendo…»
«Cioccolata, vero?»
Marinette annuì sorridente, venendo poi trascinata via da Lila, mentre
Adrien si metteva in fila assieme agli altri ragazzi: «Siete diabetici.»
decretò l’italiana, raggiungendo l’altra ragazza al tavolo: «Seriamente.
Poi ora ci sono messi anche Sarah e Rafael. Ah, dove andremo a finire.»
«Parli proprio tu, Lila?» domandò Alex, comparendole alle spalle: «Io
cosa dovrei dire? Sono l’unico single qua! E devo sopportarmi non una,
ma ben tre coppie cicci-cicci-love-love!»
«Cicci-cicci-love-love?»
«Sì.» assentì l’americano, sedendosi: «Siete disgustosi.»
Sarah sorrise, posando una mano sulla spalla dell’amico: «Scommetto che,
prima di quanto pensi, troverai qualcuno anche tu, Alex.»
«Già. Affidati al maestro Fu e fatti dare il Miraculous della Farfalla…»
«Il maestro ha detto che non sono adatto.» dichiarò Alex, abbozzando un
sorriso: «Sarà strano, non avere più Nooroo e il signor Gabriel con
noi.»
«Adrien ha detto che, una volta che suo padre avrà consegnato il
Miraculous, il maestro vorrà darlo quasi subito a un nuovo Portatore.»
dichiarò Marinette, sospirando: «Maus è…è…» si fermò, scuotendo il capo:
«La minaccia di Maus è andata, ma…»
«Quelle ombre…» mormorò Lila, portando il silenzio al tavolo.
«Di che state parlando?» domandò Rafael, giungendo con un vassoio e
osservando il quartetto: «Avete delle facce.»
«Delle dimensioni del tuo pavoncello.»
«Piantala, idiota.» sbottò il parigino guardando male la castana,
sistemandosi al tavolo e venendo imitato da Adrien e Wei: «Di che
parlavate?»
«Delle ombre.» rispose Marinette, scuotendo il capo: «Stavolta non è
finito nulla.»
«Beh, chiunque c’è là fuori, dovrà vedersela con gli eroi di Parigi.»
dichiarò Alex, allargando le braccia: «E con Mogui e Coeur Noir, se il
futuro Papillon ci akumatizzerà.»
«Povero nemico.» decretò Wei, sorridendo: «E’ un gruppo veramente
pericoloso quello con cui avrà a che fare.»
«Per il momento, dedichiamoci alle nostre cioccolate.» dichiarò Sarah,
allungandosi per prendere la sua: «Ah! Fra poco è il Ringraziamento! Che
fate?»
«Sarah.» mormorò Alex, chinandosi verso di lei: «Siamo a Parigi, qua non
festeggiano il Ringraziamento.»
«Ah. Vero.»
«Se volete farci un pranzo da perfetti americani che festeggiano il
Ringraziamento, noi non ci tiriamo indietro. Vero?» dichiarò Lila,
guardando gli altri quattro che annuivano con la testa: «Allora, che
facciamo per il Ringraziamento?»
Fu sospirò, sentendo la schiena a pezzi: era stato stupido a programmare
due massaggi uno dietro l’altro.
Veramente stupido.
Insomma, presto avrebbe compiuto centonovantuno anni, non era più un
giovincello.
Entrò nel salotto, ascoltando il silenzio della casa: Alex doveva essere
ancora fuori con il resto del gruppo, quindi poteva concedersi un lungo
bagno ristoratore e rivitalizzante. Batté le mani, di fronte a quel
pensiero e sgambettò veloce verso il bagno: si allungò sulla vasca, ma
il campanello lo fermò a pochi millimetri dal rubinetto.
«Chi è?» si domandò l’uomo, voltandosi e ripercorrendo il percorso fino
all’ingresso di casa.
Pregò che non fosse Alex.
Non poteva essere tornato così presto.
Insomma, dov’erano finiti gli adolescenti che stavano fuori fino a
tardi?
Inspirò aprendo la porta e rimanendo basito di fronte all’uomo davanti a
sé: «Buonasera, Fu.» dichiarò il nuovo arrivato, sorridendogli con fare
garbato: «Posso entrare?»
Fu conosceva quel sorriso, conosceva quello sguardo.
Conosceva quel fantasma del suo passato.
«Tu dovresti essere morto…»
Vorrei fare un bel discorso di commiato, vorrei davvero.
Spero di poterlo fare.
Anche Miraculous Heroes 2 è finito, sebbene la storia non sia conclusa.
E direi! C'è ancora un cattivo in circolazione, strani personaggi che
appaiono e fantasmi che tornano.
Ogni volta che concludo una storia c'è una strana soddisfazione, quella
di aver portato a termine un lavoro, e un po' di dolore perché sai che è
un nuovo tassello che ti avvicina alla vera fine.
Ed io sono talmente affezionata ai Portatori, ai personaggi ai quali ho
dato vita,che vorrei continuare a narrare in eterno le loro storie.
Ma passiamo oltre...
Ho iniziato a postare Miraculous Heroes 2 il primo di settembre (sebbene
fosse già in fase di scrittura da giugno, ma prima andava completata la
prima parte e serviva la storia di Tikki per capire un po' il tutto),
nuovi personaggi si sono affacciati in queste 'pagine' e vecchi sono
tornati dal capitolo precedente di questa trilogia.
Cosa nasconderà invece Miraculous Heroes 3?
Ai posteri l'ardua sentenza (e comunque non c'è tanto da attendere).
Vorrei ringraziare tutti voi, che mi avete fatto compagnia in questi
quattro mesi di pubblicazione, che avete apprezzato i miei personaggi e
la mia storia, che avete sopportato il mio essere una pessima autrice
che non risponde quasi mai ai commenti (Vorrei farlo, davvero ma sono
una procrastinatrice seriale: il 'lo faccio dopo' è diventato un po' la
mia filosofia di vita. E sono anche una pessima lettrice, dato che
applico il 'lo commento dopo' a ogni capitolo di altre fanfiction che
leggo.), ma nonostante tutto non vi siete arresi e avete continuato a
farmi sapere il vostro pensiero sui capitoli che si susseguivano.
Ed io ho letto, ogni volta, quei commenti con un sorriso sulle labbra e
il cuore gonfio di gioia, perché non c'è miglior cosa per uno
(pseudo)scrittore che sentire che la propria storia va e piace.
Quindi grazie davvero di tutto cuore: se il Quantum Universe si è
allargato così tanto, lo devo soprattutto a voi che mi avete sempre
spinto a fare.
Grazie grazie grazie grazie grazie. Grazie all'infinito.
Come sempre noi ci sentiremo (o meglio, voi mi leggerete) lunedì con
'Nelle pieghe del tempo', un capitolo autoconclusivo dedicato a...beh,
lo scoprirete. E poi, venerdì prossimo, inizierà la terza parte della
trilogia di Miraculous Heroes.
A presto!
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