The Passing of Days di Selhin (/viewuser.php?uid=47753)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
A
Cinzia e Carolina, ancora <3
( e come regalo di compleanno a Cinzia anche se in anticipo :/ )
Vi voglio bene!
Fandom: Final
Fantasy XIII
Pairing:
Hope/Lightning
Personaggi:
Lightning Farron, Hope Estheim, Un po’ tutti, Rika ( nuovo
personaggio )
Tipologia: One
Shot ( 3469 parole )
Genere: Sentimentale,
Malinconico
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da
cui ho elaborato
la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà
di Square-Enix che
ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata
scritta a scopo di lucro
e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in "Final
Fantasy XIII", appartengono solo a me.
1°
Argomento: Momenti della Giornata
1. Alba
The
Passing of Days
Capitolo
1
“I
won’t abandon you,
I won’t.”
L’estate era
finita lasciando il posto ad un
autunno piovoso.
Il
suo ventesimo compleanno passò e arrivò
l’inverno. Nessuna notizia.
Per
un po’ aveva continuato a chiamare Serah nella speranza che
sapesse qualcosa,
che Lightning l’avesse contattata. Niente. Non sapevano dove
si trovasse né se
stesse bene. Lei aveva deciso di non farsi trovare e la cosa le stava
riuscendo
magnificamente bene. Il ragazzo si ritrovò quasi ad odiarla.
Poteva accettare
che lei scappasse da lui, che volesse tagliarlo fuori dalla sua vita,
ma perché
mettere in mezzo anche sua sorella e Snow? Loro si meritavano di sapere
almeno
che fosse viva, ovunque si trovasse, non c’era alcun motivo
per farli
preoccupare in quel modo.
Poi,
semplicemente, smise di chiamare.
Non
accadde da un giorno all’altro, fu una cosa graduale, ma ad
un certo punto Hope
non li chiamò più. Dava la colpa al poco tempo a
disposizione, al troppo
studio, alle ricerche e al nuovo lavoro che lo teneva occupato fino a
tarda
notte. La realtà era che aveva paura, era un vigliacco. E se
avesse chiamato e
Serah gli avesse dato brutte notizie? O peggio, se Lightning non si
fosse
ancora fatta viva? Non avrebbe potuto sopportarlo, sarebbe finito con
l’odiarla
ancora di più e dopotutto era certo che se le fosse successo
qualcosa la stessa
Serah l’avrebbe avvertito immediatamente. Forse anche lei
aveva capito che era
meglio andare avanti nonostante tutto.
E
così, senza che se ne accorgesse, erano passati altri due
anni.
Hope
sospirò al suo riflesso nel vetro della finestra.
Sull’orizzonte il sole stava
tramontando dietro ad alcune nuvole scure tingendo il cielo di un cupo
color
arancio. Per l’ennesima volta avrebbe passato la notte in
quella stanza chino
sul suo computer e sui suoi appunti. Erano quattro giorni che non
rientrava a
casa e l’ultima volta era stata solo per un paio
d’ore, giusto il tempo per una
doccia e farsi rimproverare dal padre del fatto che non si facesse
più vedere.
Forse poteva prendere in considerazione l’idea di stabilirsi
definitivamente in
quell’ufficio.
Si
voltò e guardò la sua scrivania che nonostante
tutto riusciva a mantenere
discretamente ordinata.
Non
aveva affatto voglia di rimettersi al lavoro ma, dopotutto, non aveva
nessun
altro posto dove andare o qualcos’altro da fare.
Un
lieve bussare interruppe i suoi pensieri. La porta si aprì
ed entrò una ragazza
dai biondi capelli corti, una cartelletta fra le braccia. Gli sorrise
facendo
un cenno del capo.
- Hai intenzione
di startene qui anche
stanotte? -
Il
ragazzo alzò le spalle. - Sono i dati che aspettavamo? -
Lei
inclinò il capo da un lato. - Rispondi alle domande con
altre domande? -
Hope
restò in silenzio per un momento. - A volte…
allora, sono i dati? -
La
ragazza guardò la cartellina. - No, mi spiace sono solo
alcuni miei appunti. I
risultati che aspettiamo arriveranno solo domattina. Sicuro di non
voler
tornare a casa? Dovresti riposare. -
- Non importa. -
Lei
lo accompagnò con lo sguardo mentre andava a sedersi alla
scrivania. Seguì un
breve momento di silenzio.
- Estheim, serve
che rimanga anche io? -
chiese infine la ragazza titubante mentre afferrava alcuni fogli dal
tavolo e
li confrontava con i suoi. Hope scosse la testa senza guardarla.
- No Alyssa, va
pure a riposarti, grazie. -
La
giovane annuì finendo di scrivere qualcosa su un foglio, poi
si concesse un
momento per guardarlo prima di uscire dall’ufficio in
silenzio. Un po’ le
dispiaceva lasciarlo completamente da solo, ma sapeva che si sarebbe
beccata
una sfuriata se fosse rimasta a non far niente.
Passarono
le ore ed Hope non si accorse dell’arrivo della notte
né dei suoi colleghi che
via a via se n’erano andati lasciandolo solo. Si sentiva
stanco mentre digitava
al computer dati su dati che dopo un po’ perdevano quasi di
significato ed era
quasi tentato di andarsene davvero a casa quando un sussurro lontano
gli arrivò
alle orecchie.
Si
voltò preso alla sprovvista ed ebbe quasi un mancamento
quando la vide.
Se
ne stava immobile a pochi passi da lui, lo sguardo distante,
inespressiva. Hope
la fissò incredulo.
Quando
era arrivata?
Deglutì,
la gola improvvisamente secca, avrebbe voluto chiamarla ma era
paralizzato.
Lei
lo osservò per un tempo interminabile poi, senza dire una
parola, si voltò
allontanandosi lentamente. Hope voleva gridare, voleva dirle di
fermarsi ma una
forza invisibile continuava a tenerlo inchiodato a quella scrivania,
muto.
Improvvisamente riuscì a liberarsi, si alzò e
corse verso di lei, ma era già
lontana e sembrava irraggiungibile.
Allungò
una mano per cercare di afferrarla.
Il
beep della segreteria lo svegliò di colpo. Tirò
su la testa e si guardò attorno
stranito, il sole faceva di nuovo capolino oltre l’orizzonte.
Cos’era successo?
Un
sogno, certo, non poteva essere altrimenti.
Sospirò
e, mentre si passava una mano sugli occhi stanchi, spinse il tasto per
ascoltare il messaggio.
Non
avrebbe mai immaginato che proprio quello potesse essere il giorno in
cui il
passato tornava a bussare alla sua porta.
*~*~*~*~*
Essere nuovamente in quel
luogo lo rendeva
nervoso.
Da
quando era arrivato non aveva fatto altro che starsene seduto in un
angolo a
guardare freneticamente fuori dalla finestra, in attesa. Si sentiva
quasi
paranoico ma non poteva fare a meno di pensare a lei. Ancora pochi
minuti e
l’avrebbe rivista.
“Hope,
sono io. Non è facile per me
perciò sarò breve e diretta. E’ tornata
a casa.”
Serah
gli era sembrata quasi turbata in quel messaggio telefonico, forse era
dato dal
fatto che l’ultima chiamata risaliva a molti mesi prima.
Effettivamente si
trovava al centro tra due fuochi.
“Ho
organizzato una festa di
bentornato. Capisco che sarà difficile ma sarebbe davvero
importante se tu
venissi. So che vuoi vederla e… sono sicura che anche lei
voglia incontrarti.
Per favore pensaci bene e vieni.”
Quando
era arrivato e lei gli aveva aperto la porta era quasi scoppiata a
piangere.
Aveva sorriso attraverso occhi lucidi e poi lo aveva abbracciato
ringraziandolo
per essersi presentato. E lui si era sentito tremendamente in colpa
mentre
rispondeva all’abbraccio. Nonostante tutto Serah era una
parte importante della
sua vita, lei e Snow erano la sua famiglia. Si era arrabbiato con
Lightning per
essere sparita e poi lui si era comportato allo stesso modo. Ma
all’epoca
vederli, gli procurava solo rancore e tristezza e loro
l’avevano capito. Quietamente,
l’avevano lasciato solo nelle sue decisioni perché
sapevano che insistere
avrebbe peggiorato le cose.
E
forse avevano avuto ragione, forse adesso poteva lasciarsi tutto alle
spalle e
andare avanti. Tutto dipendeva da Lightning.
- Tieni, ti ho
portato qualcosa da bere. -
Il
ragazzo spostò lo sguardo dalla finestra che dava sulla
spiaggia di Nuova
Bodhum alla ragazza che si stava sedendo al suo fianco.
Afferrò il bicchiere ma
non bevve il contenuto, si sentiva lo stomaco stretto in una morsa.
- Va tutto bene? -
Hope
la guardò annuendo appena. - Non proprio. -
Lei
inclinò la testa, i lunghi capelli scuri si mossero sulle
sue spalle. - Sei
sicuro che sia stata una buona idea far venire anche me? Forse sarebbe
stato
meglio rimanessi a casa, dopotutto non faccio parte del vostro gruppo
e… -
Lui
sorrise appena. - Non ce l’avrei fatta da solo, ho bisogno
del tuo sostegno
Rika. -
La
ragazza rispose al sorriso annuendo. - Va bene. -
Hope
spostò lo sguardo sui presenti, la casa di Snow e Serah
sembrava più piccola di
come la ricordasse ma forse dipendeva dalla presenza di quasi tutto il
gruppo
al completo. Non si sarebbe mai abituato all’assenza di Fang
e Vanille,
nonostante fossero ormai passati così tanti anni sentiva
molto la loro
mancanza. Ma sapeva anche che, in qualche modo, loro erano
lì presenti.
Sazh
non sembrava particolarmente invecchiato ma con Dajh al suo fianco si
capiva
quanto tempo fosse passato. Adesso aveva all’incirca la sua
età di allora e,
guardandolo, provò un sentimento nostalgico.
Snow
era rimasto praticamente lo stesso, nemmeno la paternità lo
aveva cambiato.
Notò poi la piccola Claire che giocava allegra sulle
ginocchia del padre,
sempre più simile alla zia da cui aveva ereditato il nome.
C’erano tutti, anche
i componenti del NORA e sorrise guardandoli, per un istante si
sentì felice di
aver partecipato.
Poi
qualcuno urlò che la festeggiata stava arrivando e allora
ogni suo buon
proposito di restarsene calmo e tranquillo andò
giù per la finestra. Abbassò lo
sguardo sulle proprie mani intrecciate mentre sentiva che il cuore
accellerava
i battiti.
Era
cambiata?
Come
avrebbe reagito nel vederlo?
Sentì
appena la mano di Rika posarsi sulle sue, incoraggiante, mentre nello
stesso
istante Serah apriva la porta e assieme al gruppo annunciava la
sorpresa alla
sorella. Seguì un breve attimo di silenzio durante il quale
Hope rimase
immobile, pietrificato. Poi sentì la sua voce.
Era
come la ricordava, leggermente sospirata e con un tono vagamente
sorpreso.
Non
riuscì più a trattenersi e, finalmente,
alzò lo sguardo nella sua direzione.
Doveva vederla, doveva assicurarsi che fosse davvero lì.
Proprio in quel
momento anche lei volgeva gli occhi percorrendo la stanza e tutti i
presenti.
Il loro azzurro si fermò su di lui, indugiando sui suoi
occhi un po’ troppo a
lungo. Il tempo sembrò fermarsi, nella stanza non
c’era più nessuno insieme a
loro. Hope non seppe definire i sentimenti che provava, nostalgia,
gioia… forse
non provava più niente. Gli sembrava soltanto di aver
finalmente ritrovato
qualcosa che aveva perduto e che aveva a lungo cercato. Non riusciva a
scorgere
niente dentro gli occhi azzurri di lei, cosa stava provando?
Lo
odiava?
Si
sentiva come lui?
Ma
prima che lui potesse anche solo dare forma a questi pensieri il
momento finì e
lei si tirò indietro, sottraendosi dal suo sguardo.
Lightning non aveva mai
amato le feste ma
soprattutto odiava le sorprese.
E
questo sua sorella lo sapeva fin troppo bene, non poteva certo
esserselo
dimenticato, eppure eccola lì ad una festa di bentornato
organizzata alle sue
spalle. Era appena rientrata a casa, avrebbe solo voluto starsene
tranquilla
per qualche giorno. Ma la cosa che più odiava di tutta
quella situazione,
escludendo lo stare a stretto contatto con Snow e compagnia, era che
Serah
aveva permesso che partecipasse proprio la persona che non aveva
affatto voglia
di incontrare, non subito. Non con tutta quella gente che la osservava
e
studiava ogni sua mossa.
Era
già abbastanza difficile per lei riuscire a gestire delle
relazioni sociali, se
poi tutti si mettevano a giudicarla e a dirle cosa secondo loro sarebbe
meglio
fare - come se potessero anche solo capire quello che aveva passato e
che
passava tutt’ora - la situazione non poteva certo migliorare.
Non era certo
così che aveva immaginato il suo rientro a casa.
- Credi che
riuscirai a rivolgergli la parola
entro la fine della giornata? -
- Non sono affari
tuoi Snow, lasciami in
pace. -
L’uomo
si sistemò sulla poltrona accanto a lei stiracchiandosi.
- Sai, questa
è casa mia perciò sì, sono
anche affari miei. -
Lightning
decise d’ignorarlo sperando che se ne andasse.
- Non essere
così arrabbiata, se Serah l’ha
chiamato è stato non solo per te o per lui. Ma anche per
noi. - continuò
abbassando la voce. - Sai, da quando sei andata via non si è
fatto vedere molto
da queste parti. Era parecchio che non lo vedevamo. -
Lei
si voltò a guardarlo stupita da
quell’atteggiamento diretto.
Stava
forse dicendo che era colpa sua?
- Sì,
credo sia stato a causa tua. - disse
lui rispondendo ai suoi pensieri. - E’ come se ci avessi
privato non solo della
tua presenza ma anche della sua, la nostra famiglia è
rimasta separata per
questo. Non voglio che succeda più. -
La
donna alzò le spalle. - Forse aveva altro da fare. - disse
volgendo veloce uno
sguardo al ragazzo seduto dall’altra parte della stanza.
Snow
la seguì con gli occhi e vide Hope intendo a chiacchierare
con la ragazza dai
capelli scuri.
- Si, la persona
che vedi è Rika la sua
ragazza. E’ quasi un anno che si frequentano.
Perciò no, non è stata colpa di quella
ragazza… -
Lightning
ebbe un fremito ma riuscì a reprimere l’improvviso
sentimento di sconforto che
le era piombato addosso. Non poteva certo dire di essere sorpresa, era
una cosa
a cui si era preparata.
- Sis, lui ci sta
provando. E’ venuto qui
oggi… il prossimo passo sta a te. -
L’uomo
si alzò compiaciuto del suo discorso. - Oppure vuoi evitarlo
per sempre? Io non
credo, giusto? -
Si
voltò per lanciarle un’ultima occhiata. Un lieve
rossore le colorava il viso e
quella fu la prova di aver centrato il bersaglio. Ogni tanto riusciva
anche lui
ad essere un bravo fratello maggiore.
Era passata
un’altra ora e non si erano
rivolti nemmeno una parola.
Se
ne stavano distanti e non facevano altro che cercarsi con lo sguardo
per poi
voltarsi dalla parte opposta non appena i loro occhi
s’incontravano o si
accorgevano che qualcuno li stava osservando. Serah iniziava a non
sopportare
più quella tensione, sapeva che era meglio non
intromettersi, sua sorella era
già abbastanza arrabbiata con lei, eppure non poteva proprio
lasciare che le
cose rimanessero così. Doveva fare qualcosa, assolutamente.
Così,
mentre accarezzava la guancia della figlia addormentata nella sua
stanza, le
venne l’idea. Forse dopo le avrebbero fatto una sfuriata ma
non importava,
quella situazione andava sistemata. In qualche modo sarebbe riuscita a
farli
parlare.
Uscì
dalla camera e si preparò mentalmente ad attuare la sua
idea. Arrivò nel salone
e si accorse che quasi tutti si erano spostati all’esterno,
sulla spiaggia.
Snow era sulla porta che la stava aspettando.
- Dorme? - chiese
riferito ovviamente alla
bambina.
Serah
prese un bel respiro e parlò sottovoce. - Reggimi il gioco,
ok? -
Dopodiché
fece qualche passo avanti, gli occhi improvvisamente impauriti.
- Claire!?
Qualcuno ha visto Claire? -
Snow
la fissò sconvolto ma non disse una parola mentre Lebreau si
avvicinava
all’amica chiedendole cosa stesse succedendo.
- Non è
più nella sua stanza, credo sia
scappata di nuovo. -
A
queste parole Lightning accorse veloce dalla sorella. - Sei sicura che
non sia
in casa? -
A
Serah fece male il cuore a vederla così inquieta,
improvvisamente era tornata
ad essere un soldato. - Si. Ogni tanto si allontana, non è
la prima volta che
succede. -
Hope,
che stava passeggiando non lontano con Rika, udì le urla
della ragazza e corse
da loro preoccupato capendo immediatamente la situazione.
- Sai dove
può essere andata? - chiese ancora
Lightning già pronta a partire.
- Forse lo so io.
- intervenne Hope. Erano le
prime parole che le rivolgeva e le aveva dette senza pensare. -
Seguimi. -
Si
voltò in fretta e, senza nemmeno assicurarsi che lei gli
fosse dietro, si
allontanò dal gruppo. Lightning non rispose, ma lo
seguì. Era troppo
preoccupata per la bambina per pensare anche a lui.
Quando
si furono allontanati tutti i presenti rimasti si voltarono verso la
ragazza
che, nel frattempo, aveva iniziato a sorridere.
- Scusatemi, ma
gli serviva una spinta e non
mi è venuto in mente altro. -
Snow
le diede una pacca sulla testa. - Non farmi mai più
preoccupare in questa
maniera. - poi si voltò entrando in casa, probabilmente ad
assicurarsi che la
figlia fosse davvero nel suo letto.
- Sei tremenda
Serah, non oso immaginare come
reagiranno quando lo scopriranno. -
Lebreau
aveva ragione, gliel’avrebbero fatta pagare.
Ma nel frattempo dovevano prima vedersela fra di loro.
*~*~*~*~*
Stavano camminando da
ormai parecchi minuti,
in silenzio.
Nessuno
dei due osava parlare, continuavano a vagare nei dintorni della
cittadina. Poi,
inaspettatamente fu lei la prima a parlare.
- Dove stiamo
andando? -
Hope
si sorprese quando sentì la sua voce dopo tanto silenzio.
Non era cambiata.
- Claire ha la
brutta abitudine di andarsene
in giro per i promontori di Nuova Bodhum. Forse è qui
intorno. -
Calò
nuovamente il silenzio. Il tempo sembrava dilatarsi e i secondi non
passare
mai.
Lightning
aveva notato che, sebbene sembrasse gentile, nel tono della voce del
ragazzo
c’era anche qualcos’altro. Astio forse.
Non
poteva certo biasimarlo, non si era comportata bene con lui e non gli
aveva
detto tutta la verità.
Giunsero
in cima ad una collina e, guardando il paesaggio, Lightning si rese
conto di
dove si trovassero. Anni prima era scappata a nascondersi proprio
lì, il giorno
del suo compleanno. Ripensò
con
nostalgia a quel giorno, a quando lui le aveva fatto
quell’improvvisata
cercandola, chiedendosi se le cose si sarebbero mai sistemate fra loro.
Era
colpa sua, lo sapeva, eppure non sapeva proprio come porvi rimedio.
Dopo
diversi minuti Hope si sedette sul prato, proprio vicino allo
strapiombo, in
silenzio.
-
Perché ti sei seduto? Dobbiamo cercare
Claire, lo hai dimenticato? -
Non
voleva essere così scontrosa ma era difficile cancellare i
vecchi
atteggiamenti.
- Claire sta
benissimo, starà dormendo beata
nel suo letto. -
Lightning
sgranò gli occhi e Hope, notando il suo silenzio,
proseguì.
- Non ti sembra
strano che Serah abbia
mandato solo noi a cercarla? Credimi, quando quella bambina scappa tua
sorella
inizia a cercarla ovunque, non starebbe mai così tranquilla.
-
- Ma
perché allora mettere su quella scenata?
-
Il
ragazzo la guardò. - Per costringerci a parlare, mi pare
ovvio. -
La
donna si diede della stupida, come poteva non aver capito niente?
Sospirò.
- Ha esagerato. -
- Forse, ma sta
funzionando. Finalmente ti
sei decisa a parlarmi. -
Lei
si sentì punta sul vivo. - Guarda che anche tu mi stavi
evitando. -
- Puoi biasimarmi?
-
No,
non poteva. E lui lo sapeva, aveva tutte le ragioni per essere
arrabbiato con
lei. La donna si sedette al suo fianco, né troppo lontana e
né troppo vicina. La giusta
distanza per due persone che non
hanno niente da dirsi pensò Hope.
- Cosa vuoi che ti
dica? - disse lei
all’improvviso, lo sguardo fisso ad osservare la piccola
città illuminata
sottostante.
Hope
la guardò, questa volta senza nascondersi o voltarsi
altrove. - Voglio sapere
perché. Mi va bene anche una bugia, una qualsiasi. Non te lo
chiederò più. -
Lightning
sospirò. - Lo sai il perché, te l’ho
già detto. Dovevi imparare ad andare
avanti anche senza di me. Ti stavo trattenendo e questo non andava
bene. -
Per
la prima volta, Hope riuscì quasi a capire quel che lei
stava dicendo, quello
che, malamente, aveva cercato di spiegargli anni prima quando se
n’era andata. Pensò
che forse anche lei aveva sofferto da quella separazione, forse anche
più di
lui.
- E
l’hai fatto. -
Il
ragazzo scosse la testa senza capire. - Parlo della tua ragazza. -
insistette
la donna.
- Lei è
solo… - disse
subito guardandola senza riuscire a
finire la frase.
Cosa
stava per dire? Lei è solo un inganno, una bugia che si
raccontava per
sforzarsi e far pensare che fosse andato avanti.
Lei
è solo un ripiego.
Lei
non è te…
Improvvisamente
tornò in superficie una rabbia che aveva cercato di
sopprimere.
Lei
gli
aveva detto di andare avanti, lei
gli
aveva detto di trovarsi una ragazza.
Era
stata lei ad andarsene non appena lui aveva manifestato i suoi
sentimenti. E
ora cosa voleva dire quel tono?
- E’
andato tutto come volevi, no? Anche non
dare più tue notizie per tre anni faceva parte del piano? -
Lightning
si accorse del cambio di tono nella voce del ragazzo. Di cosa stava
parlando?
- Tre anni
Lightning, tre anni! Senza sapere
se fossi viva, hai idea di come ci siamo sentiti tutti? Hai idea di
quanto
potessi essere preoccupato? -
L’accusa
le arrivò implacabile come uno schiaffo.
- Avevi promesso
che non mi avresti mai
abbandonato. Lo avevi promesso! -
Lightning
si sentì quasi mancare, era preparata a tutto ma non a
quello.
Era
vero, lo aveva promesso e invece se n’era andata. Il senso di
colpa la
schiacciò.
- Dimmi,
perché sei tornata? Perché proprio
adesso? -
Il
tono accusatorio del ragazzo non la lasciava quasi respirare, si
sentiva
confusa e atterrita dallo sguardo freddo che le lanciava.
- Mi hanno
obbligata a prendermi una licenza.
- rispose senza pensare.
Obbligata.
Non
era stata una gran risposta.
Hope
continuava a guardarla infuriato, poi nei suoi occhi passò
un lampo di
lucidità. Sembrò capire qualcosa e i suoi occhi
divennero improvvisamente
tristi, spenti.
- Tu non volevi
tornare. - disse, e questa
era un’altra accusa scaturita da un’improvvisa
comprensione. - Non saresti mai
tornata, non è vero? -
Ma
Lightning non aveva la forza di rispondere, oramai era chiaro che,
qualsiasi
possibilità ci fosse mai stata per chiarirsi, era svanita.
Di
fronte al suo silenzio Hope si sentì svuotato.
- Non hai idea di
quanto tu mi abbia deluso.
-
Si
alzò e si allontanò senza dire più una
parola mentre all’orizzonte faceva
capolino la debole luce del sole.
Note
Autrice: Eccoci qua.
Infine il sequel è giunto! Dunque che dirvi, ci
ho riflettuto tanto ( fin troppo ) e alla fine anche qui ho cambiato
mille
volte idea. Ovviamente era partito tutto in altra maniera, ma come al
solito
non mi tornava qualcosa così pensa e ripensa, alla fine
è uscita così. Al
contrario della precedente questa è una vera e propria long,
perciò i capitoli
vanno letti a capitoli e non a One Shot singole. Dire che tengo a
questa fic è
dire davvero poco, ci sto mettendo davvero tanto impegno a scriverla (
mah
vabbè ) ci sono dietro da quando ho finito l’altra
in realtà solo che sono una
polla e ho preferito aspettare prima di pubblicare che fosse almeno
quasi
finita ( sono a quota 4 capitoli e mezzo quindi ci sono quasi ) E
niente, spero
vi sia piaciuta, e che mi seguirete di nuovo.
Se aveste tempo da sprecare a lasciarmi una recensione vi lovverei
tantissimo,
ho davvero bisogno di sapere se sto pubblicando una schifezza oppure
no. Detto
ciò vi lascio, grazie ancora per essere arrivati fino a qui.
A presto!
Selhin <3
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Buon compleanno Cinzia <3
Fandom: Final
Fantasy XIII
Pairing:
Hope/Lightning
Personaggi:
Lightning Farron, Hope Estheim, Serah Farron, Claire ( nuovo personaggio ),
Rika (nuovo personaggio )
Tipologia: One
Shot ( 3135 parole )
Genere: Sentimentale,
Romantico, Fluff
Disclaimer: Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato
la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Square-Enix che
ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro
e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in "Final
Fantasy XIII", appartengono solo a me.
1° Argomento: Momenti della Giornata
2. Pomeriggio
The
Passing of Days
Capitolo
2
“Knowing
you'll always be welcomed,
no
matter how much has changed...
That's
what having a home
is
all about.”
Il giovane si fermò e trasse un profondo
respiro non appena giunse in prossimità della cittadina.
Era
primo pomeriggio e un bel sole caldo splendeva nel cielo di Gran Pulse. Un
leggero e fresco venticello gli scompigliava i capelli chiari spettinandolo.
Aveva ormai rinunciato a prestare attenzione a queste cose eppure non poteva
fare a meno di chiedersi che aspetto avesse, come apparisse agli altri. Non gli
era mai importato veramente di cosa pensasse la gente tuttavia qualche volta si
ritrovava a porsi quelle domande, soprattutto quando lei era nei paraggi.
Cosa
avrebbe pensato vedendolo?
Si
sarebbe voltata dall’altra parte oppure gli avrebbe detto quanto lo odiava?
Erano
passate quasi due settimane dal loro primo ed ultimo incontro, e non era stato
affatto piacevole. Soprattutto per colpa sua, lo sapeva bene. Aveva detto delle
cose di cui si era pentito poco dopo, era stato così arrabbiato con lei e
l’aveva accusata quasi senza lasciarle possibilità di spiegarsi. Per lei era
difficile parlare, esprimere quel che provava e confidarsi dei suoi problemi,
non c’era persona al mondo che lo sapesse meglio di lui. Eppure non era
riuscito proprio a trattenersi.
Forse
dopotutto, più era grande la rabbia e la delusione che provava, più era
evidente che i sentimenti che aveva provato per lei non si erano spenti. Ci
aveva provato, ma non ci era riuscito. Si era sforzato di dimenticarla e aveva
fatto il possibile per innamorarsi della sua ragazza.
Rika...
Se
adesso si trovava lì era anche per lei.
- Credo dovresti provare a parlarle ancora. -
Hope alzò lo sguardo da una pila di
fogli che stava compilando. Rika era ferma davanti alla sua scrivania e lo
guardava decisa.
- Come? -
La ragazza inclinò lievemente la
testa arricciando le labbra, era un gesto che faceva spesso quando era nervosa.
Poi fece il giro del tavolo per andargli più vicino.
- Devi chiarire questa cosa altrimenti non sarai mai in grado di andare
avanti. -
Lui si voltò riportando l’attenzione
sul suo lavoro. - Non ho più niente da dirle. -
La giovane sospirò rumorosamente. -
Hope, non mi hai mai voluto dire cosa fosse successo ed io ho sempre rispettato
questa tua decisione. Ma è evidente che, qualsiasi cosa sia accaduta fra voi,
non sia ancora risolta. -
Il ragazzo si rifiutò di rispondere
così lei continuò. Sapeva essere tenace e ostinata se voleva.
- Credi che non sappia quello che provi per lei? -
Hope si immobilizzò.
Come poteva lei conoscere i suoi
sentimenti se nemmeno lui ne era sicuro?
- Va da lei, ascoltala. Se non vuoi farlo per te, o per lei, fallo
almeno per me. Non credi possa ferirmi questa situazione? Non mi piace essere
il ripiego di nessuno, specialmente suo. -
Ci aveva pensato per un’intera notte
lasciando del tutto perdere il lavoro. E poi si era deciso a seguire quel
consiglio inaspettato dalla persona più imprevedibile che conoscesse. Rika
aveva ragione. Non poteva continuare così, non era giusto per nessuno. Non
riusciva a lasciarla andare così, a costo di sembrare ossessionato, doveva
provarci un’ultima volta.
Quando
arrivò sulla spiaggia, in prossimità della casa di Serah e Snow, si ritrovò a
pochi passi da una scena che non si sarebbe mai aspettato di vedere.
Lightning
era intenta a giocare con la sabbia assieme a Claire.
Aveva
la pelle leggermente arrossata dal sole, indossava una semplice canottiera rosa
e dei pantaloncini scuri e sembrava divertirsi davvero. Cercava di costruire
qualcosa mentre la bambina la osservava incantata come se fosse la persona più
meravigliosa che avesse mai visto. Anche lui aveva avuto quell’espressione un
tempo.
La
donna si concedeva a brevi sorrisi ma sembravano così sinceri, così genuini.
Hope non l’aveva mai vista ridere così, improvvisamente tutte le sue certezze
vennero meno. Gli sembrava di non conoscerla più come aveva creduto fino a quel
momento. Provò l’impulso di unirsi a loro, la sua mente vagò alla ricerca di
un’immagine in cui Lightning non fosse semplicemente una zia che giocava con la
nipote, ma una madre. Sarebbe stata perfetta in quel ruolo, lui l’aveva sempre
sospettato ma adesso gli sembrava quasi di averne conferma.
Desiderò
essere lì, far parte di quel momento anche lui ma forse aveva perso quel
diritto ormai, temeva che sarebbe stato di troppo. Avrebbe spezzato la loro
serenità.
Stava
quasi per voltarsi e tornarsene indietro, sebbene non riuscisse a non osservare
con malcelata meraviglia la scena, quando la piccola Claire venne distratta da
alcuni bambini proprio dietro di lui. Ci mise nemmeno un secondo a riconoscerlo
e fu altrettanto breve il lasso di tempo che passò perché si buttasse a
capofitto su di lui saltandogli fra le braccia. Il ragazzo venne letteralmente
investito da quel piccolo uragano e mentre teneva la bambina fra le braccia si
voltò verso di lei, il punto di suo massimo interesse.
Ovviamente
si era voltata stupita nel veder correre via la nipote ma restò quasi
imbambolata quando vide che quello che aveva fatto tanto agitare la bambina era
lo stesso ragazzo che, chissà come, riusciva a farle accelerare i battiti del
cuore. Improvvisamente si rese conto di come apparisse ai suoi occhi,
trasandata, con i capelli mezzi bagnati raccolti in una crocchia spettinata che
le lasciava ricadere molte ciocche rosate sul viso. La pelle rossa e le labbra
screpolate dal sole. Arrossì imbarazzata ma non si mosse dalla sua posizione.
Hope
non riuscì a formulare nemmeno una frase decente, era bellissima.
- Giochi con noi, fratellino? -
Claire,
con la sua innocenza, gli aveva dato modo di iniziare una qualsiasi
conversazione.
Le
sorrise gentile. - Se posso, volentieri. -
La
bambina lo abbracciò poi volle scendere, lo prese per mano e lo guidò verso la
donna. - Stiamo costruendo un castello che sarà grandissimo! - esclamò enfatizzando l’ultima parola.
- Sarà già molto se riusciremo anche solo a
fare una torre, Claire. -
La
risposta ironica di Lightning lo sorprese, forse voleva far finta di niente per
via della bambina?
La
piccola lo fece sedere non troppo distante dalla donna, per poi sistemarsi in
mezzo a loro, felice. Lui mormorò un breve saluto che lei ricambiò allo stesso
modo. Si sentiva impacciata e nervosa ogni volta che lo aveva vicino.
Presero
a trafficare entrambi con la sabbia mentre Claire si era di nuovo alzata per
andare a riempire il secchiello con dell’acqua.
Hope
sorrise guardandola. - Non sta ferma un secondo, vero? -
- Qualcosa dal padre doveva pur prenderla,
sfortunatamente. -
A
lui scappò una breve risatina guardandola in viso, aveva la classica
espressione da “ma chi me l’ha fatto fare?” che le veniva quando pensava o
aveva a che fare con Snow. Quella era una cosa che non sarebbe mai cambiata.
- Serah e Snow? - chiese lui cercando
d’iniziare una conversazione.
- Sono entrambi al lavoro, da quando sono qui
bado io a Claire. -
Il
ragazzo sorrise. - Sei brava con lei. -
Lightning
non rispose ed evitò di guardarlo per un’infinità di secondi. Così Hope ci
riprovò nonostante si sentisse terribilmente agitato. - Ti trovo bene. - frasi
di circostanza che poteva evitare ma in quel momento si sentiva un vero
moccioso alle prime armi.
Lei
arrossì violentemente e si portò una mano ai capelli in un gesto difensivo. -
Non è vero, sono imbarazzante. -
Lui
si lasciò sfuggire un sospiro divertito. - Da quando ti interessa il tuo
aspetto? - ma si pentì subito di averlo detto. Lei lo fissò, le guance rosse.
- Non mi interessa. Non sempre ma, adesso è…
- era estremamente raro vederla così in imbarazzo. Lui si ritrovò ad arrossire
assieme a lei. Cos’era quell’atmosfera?
Poi,
Lightning, azzardò una domanda che le martellava nella testa da quando era
arrivato. - Perché sei qui? -
Hope
si nascose dietro un goffo sorriso. - Volevo vederti. - disse senza riflettere,
e poi continuò. - E vorrei parlarti, se ti va. -
Ma
il cuore di lei aveva già accelerato nuovamente i battiti.
- Non adesso. - si affrettò ad aggiungere
lui. - Ora finiamo questo castello altrimenti Claire non ci lascerà in pace. -
La
donna annuì concordando che quello non fosse il momento migliore per affrontare
l’argomento, qualsiasi esso fosse. E fu lieta di evitarlo ancora per un po’.
Dopo un paio d’ore il castello di sabbia era
stato completato, distrutto dalle onde ed infine abbandonato.
Sulla
riva Claire si divertiva a scappare dall’acqua quando si avvicinava mentre Hope
la teneva d’occhio da poco distante. Sorrideva e si sentiva in pace con se
stesso finalmente dopo tanto, troppo tempo.
Si
voltò alla ricerca di Lightning che si era allontanata da un paio di minuti, la
vide accucciata vicino ad alcuni scogli, a pochi metri di distanza, intenta a
scavare nella sabbia. Si chiese cosa stesse facendo ma prima di avvicinarsi si
concesse qualche secondo per guardarla. A stento era riuscito a mantenere il
controllo ma non riusciva quasi a staccarle gli occhi di dosso. Era talmente bella. Lo era sempre stata ma
forse quella lunga separazione adesso gliela faceva vedere sotto una luce
diversa. O forse era solo una sua idea perché finalmente gli sembrava di averla
raggiunta, la differenza d’età non si notava più adesso.
Prese
un respiro e le si avvicinò.
- Lightning, inizi a preoccuparmi. Cosa stai
facendo? -
Lei
lo guardò come se fosse stata scoperta a fare qualcosa di sbagliato, come
rubare dei biscotti o qualcosa del genere.
- Stavo cercando una conchiglia per Claire. -
balbettò mostrando qualcosa nel palmo della mano.
Hope
le si accucciò vicino osservando il piccolo oggetto, poi si lasciò sfuggire una
risatina.
- Ma questa non è una conchiglia, è il guscio
di una chiocciola. -
La
donna arrossì presa in contropiede e non seppe dirsi se era per la sua risata o
per la semplice vicinanza. Poteva quasi avvertire il calore del suo respiro, i
suoi occhi sembravano scrutarla con attenzione, in attesa. Rispose stizzita
voltando lo sguardo. - Fa lo stesso, non se ne accorgerà nemmeno. -
Non
si erano minimamente accorti che Serah era rientrata dal lavoro e li stava
osservando da ormai parecchi minuti. Pensò che era così bello vederli parlare
in allegria come un tempo che non se la sentiva di disturbarli, ma forse
sarebbe stato meglio recuperare la figlia - che nel frattempo aveva spostato le
sue attenzioni su una palla - e lasciarli da soli.
Si
avvicinò alla bambina e poi lanciò un urlo nella loro direzione.
- Ehi voi due, vi tolgo dalle scatole questa
piccola peste ok? -
Era
ovvio dalle loro espressioni che non avessero fatto caso al suo arrivo.
Lightning era rossa in viso e forse non era tutta colpa del sole ed anche Hope,
anche se riusciva a nasconderlo molto meglio, sembrava imbarazzato.
Li
salutò con la mano mentre prendeva in braccio Claire, sotto molteplici
proteste, e la portava in casa a fare un riposino. Intanto che si allontanava
lanciò uno sguardo alla sorella che le scagliava chiari segnali con gli occhi
pregandola di non andarsene. Ma Serah non era certo così buona da aiutarla in
ogni occasione, doveva imparare ad arrangiarsi da sola in certe situazioni.
Così
fece finta di non aver capito le occhiatacce dell’altra, sorrise, e sparì in
casa.
*~*~*~*~*
Dacché Serah era apparsa e subito se n’era
andata, l’atmosfera serena che si era creata in quel pomeriggio era svanita nel
nulla. Lightning si fece un promemoria mentale: vendicarsi della sorella, con
qualsiasi mezzo.
Dal
canto suo anche Hope, che era rimasto tranquillo in apparenza, adesso dava
chiari segnali di nervosismo. Continuava a passarsi una mano fra i capelli
lanciandole brevi occhiate. Decise di affrontare la situazione con calma, un
passo alla volta. Si alzò e andò a sedersi sulla riva del mare, poco distante,
sperando che lei cogliesse il gesto come un segnale per seguirlo.
La
donna gli si sedette accanto pochi secondi dopo, un po’ più vicina di quanto lo
fosse stata quel pomeriggio, di quanto lo
fosse stata da anni. Si rannicchiò su sé stessa abbracciandosi le
ginocchia, lo sguardo fisso sull’orizzonte marino.
Passarono
così alcuni minuti semplicemente ascoltando il suono delle onde, nessuno dei
due aveva il coraggio d’iniziare quella conversazione. E se avessero litigato
ancora rovinando così quel bel pomeriggio d’intesa che si era ricreato? Forse
non erano destinati ad essere amici se ogni volta finivano per discutere fra
loro. Forse quella sarebbe stata l’ultima occasione.
No,
a Lightning non piaceva quell’idea, quella piega che stavano prendendo i suoi
pensieri. Forse poteva fare qualcosa, essere sincera e dire tutto quello che
aveva cercato di nascondere. Bè, forse non proprio tutto. Ma lui l’avrebbe
capita?
- Mi hai chiesto se ho mai avuto intenzione
di tornare. - iniziò senza però osare guardarlo.
Hope
fu sorpreso che fosse lei la prima a parlare. La guardò e notò qualcosa che gli
diede la speranza di cui portava il nome: al polso portava il braccialetto che
le aveva regalato tre anni prima. L’argento dei piccoli ciondoli rifletteva la
luce del sole creando dei minuscoli raggi sulla sua pelle. Da quanto tempo lo
indossava? Lo aveva anche l’ultima volta, durante il loro litigio?
Decise
di non interromperla limitandosi ad annuire. Glielo doveva dopotutto.
- La risposta non è una sola. Una parte di me
non sarebbe mai nemmeno partita. Se non ho mai chiamato in questi anni era
perché… - esitò, ma poi si ricordò una cosa. Non c’era nulla di male nel
mostrarsi spaventata, nel dire quello che la preoccupava. -… avevo paura. -
Si
fermò quasi incapace ad andare avanti da sola.
- Perché? - le chiese semplicemente il
ragazzo. Avrebbe potuto prenderla in giro e ridere di lei ma lui si limitò a
farle una semplice domanda per spingerla a proseguire.
Lightning
si sentì improvvisamente fragile e la sensazione non le piacque ma pensò che
per una volta poteva farlo, poteva mostrarsi debole, solo per un momento.
- Temevo che anche solo una singola
telefonata potesse farmi dubitare della decisione che avevo preso. Se chiamando
avessi scoperto che ti era capitato qualcosa, o che ti tormentavi per causa mia
sarei tornata immediatamente ma… non potevo proprio permettermelo. Starti
lontana era la cosa migliore per te. Ma così facendo, forse, ho finito per
coinvolgere anche altre persone. -
Aveva
parlato in modo sconnesso senza quasi prendere fiato e adesso si sentiva come svuotata.
Quel peso che le gravava addosso da anni le era stato tolto con una tale
semplicità, com’era possibile? Era questo che si provava quando si confidavano
le proprie paure a qualcun altro?
Non
aveva il coraggio di voltarsi e guardarlo così se ne rimase con gli occhi fissi
sul mare davanti a sé. Cosa avrebbe pensato adesso di lei?
L’avrebbe
ritenuta debole?
E
poi, senza alcun segnale, Hope l’attirò a sé in un abbraccio. Lei si ritrovò
rannicchiata contro di lui, tremante, e poteva ascoltare il battito veloce del
suo cuore. Il ragazzo le accarezzò i capelli dolcemente.
- Perdonami… - disse quasi in un sussurro, la
voce rotta per l’emozione. -… sono stato troppo severo. Ti ho detto delle cose
molto cattive e altrettante le ho credute in questi anni. Non le pensavo
davvero. -
Anche
lei aveva sofferto, in fondo ci aveva sempre sperato che alla fine sarebbe
tornata. Si era detto che la odiava ma non esisteva una bugia più grande di
quella.
Lightning
scosse la testa, il volto nascosto nel suo petto. Era così caldo, così
confortante. Le era mancato terribilmente, si era sentita talmente sola ma quel
sentimento quasi la soffocava al solo ricordo. Avrebbe voluto dirglielo,
sentiva di doverlo fare ma quelle parole le vennero meno. - Va bene così, mi
sono meritata ogni parola. -
- No, e mi dispiace davvero. Credi di potermi
perdonare? Ero così arrabbiato con te... -
Hope
la strinse più forte, aveva un disperato bisogno di sapere che era davvero lì
con lui, che non si stava immaginando tutto.
- Tu non hai nulla da farti perdonare. -
Quelle
parole appena bisbigliate furono la conferma che forse, potevano davvero
recuperare la loro amicizia. Dovevano solo mettere da parte l’orgoglio e la
testardaggine. Avevano bisogno l’uno dell’altra, anche se non c’erano più i
pericoli che li avevano inseguiti anni prima, lo sapevano entrambi. Lightning
poteva avergli salvato la vita in passato ma adesso spettava a lui, l’avrebbe
sostenuta e l’avrebbe aiutata a fare i conti con se stessa. Doveva solo imparare
a fidarsi di lui, non come compagno di battaglia ma semplicemente come amico.
Rimasero
così per qualche minuto, in silenzio, il rumore del mare come unico sottofondo.
- Forse è stato un bene. - disse lui
all’improvviso. - Forse da questa separazione ne siamo usciti più forti. -
La
donna non rispose ma pensò che potesse essere vero, che potesse aver ragione e
che alla fine, la sua si sarebbe rivelata davvero la decisione giusta.
- Hope? - lo chiamò lei poco dopo, piano.
Quanto era bello poter sentire di nuovo il proprio nome pronunciato dalla sua
voce. - Credi che riusciremo mai a tornare amici? - gli chiese infine in un
soffio.
Era
imbarazzata e si sentiva confusa da quell’abbraccio ma non aveva affatto voglia
di separarsene, voleva rimanere lì ancora per un po’. Questa cosa la sorprese.
Era un sentimento nuovo ma allo stesso tempo familiare, era un attaccamento che
aveva già provato per Serah in passato.
No,
non era lo stesso, andava oltre.
Perché
si sentiva così?
Cosa
la spingeva a rimanere avvolta dalle sue braccia?
Sentiva
che il battito del suo cuore viaggiava all’unisono con quello di lui. Era
stranamente calma rispetto a pochi minuti prima, cos’era cambiato?
Poi
Hope la sorprese ancora con una risata appena accennata.
- Sai, Light? - le disse chiamandola
finalmente come lei gli aveva detto anni prima, quasi una vita fa. - Sono
convinto che non abbiamo mai smesso di esserlo. -
Poi
l’allontanò da sé e la guardò intensamente. La donna si ritrovò spiazzata da
quello sguardo verde così ipnotico. Non riusciva ad abbassare gli occhi.
- Scusami. - aggiunse lui completamente
serio.
Lightning
non capì. - Per cosa? -
Ed
Hope a stento trattenne un sorriso mentre, con una prontezza di riflessi che
non credeva di possedere, lasciava cadere una manciata di sabbia umida proprio
sopra i capelli di lei. - Per questo! -
La
donna non capì immediatamente cosa fosse successo ma quando lo vide ridere di
gusto la voglia di strozzarlo divenne implacabile. Avvertì la sensazione della
sabbia fredda sulla testa, scenderle lungo la schiena. Improvvisamente tutto
l’odio che solitamente conservava per Snow si era riversato sul ragazzo.
Eppure, si sentiva anche felice, era possibile?
- Hope, cosa accidenti… torna qui! -
E
mentre lui sfuggiva dalla sua letale e furibonda amica ridendo come non faceva
da tanto, capì che quella era di nuovo casa sua.
E
che lo sarebbe sempre stata, nonostante tutto.
Note Autrice : Questi capitoli sono sempre più lunghi mi spiace ç_ç di solito
non sono così chiacchierona…
Btw questa scena, questo capitolo, sulla spiaggia è stata presente
da subito nella mia testa, si può dire che ho iniziato il sequel pensando a
questo. Volevo una riconciliazione sulla spiaggia, volevo del fluff ( forse di
più ma mi pareva esagerato ) volevo della ship. E l’ho ottenuta!
Adoro Claire - la bambina - nella sua ingenuità fa miracoli, nel
suo essere bambina riesce a far trapelare una parte di Lightning completamente
diversa ma che, secondo me, le si addice. Basta vedere come si era presa cura
di Serah o dello stesso Hope ( o dei vari bambini in LR, massì buttiamoci anche
Snow e Vanille perché alla fine son bambini anche loro XD ) per capire che
nonostante il suo carattere le piacciono e che si troverebbe bene a doversene
prendere cura.
E mi piace Rika, è davvero un bel personaggio che si muove bene
nella trama.
Pensavo mi sarebbe uscita più stronza e invece è stata una
piacevole sorpresa vederla così buona, così comprensiva.
E niente, vi lascio nella speranza che il capitolo vi sia piaciuto
( a detta mia uno dei più riusciti fino ad ora ) che vi abbia fatto un po’ salire
la ship per questa OTP meravigliosa <3
Fatemi sapere!
Selhin <3
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Fandom: Final
Fantasy XIII
Pairing:
Hope/Lightning
Personaggi:
Lightning Farron, Hope Estheim, Rika Lennet ( nuovo personaggio ), Serah Farron
Tipologia: One
Shot ( 5250 parole )
Genere: Sentimentale,
Romantico, Fluff
Disclaimer: Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato
la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Square-Enix che
ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro
e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in "Final
Fantasy XIII", appartengono solo a me.
1° Argomento: Momenti della Giornata
3. Tramonto
The
Passing of Days
Capitolo
3
“It's not a question of can or can't.
There
are some things in life you just do.”
Non c’era una nuvola in cielo e il sole
splendeva caldo su Cocoon.
Lightning
si voltò appena per vedere la propria immagine riflessa nella vetrata
dell’edificio. Si sentiva abbastanza impacciata dentro quei jeans stretti e con
quella camicetta leggera però doveva ammettere a se stessa che sua sorella
aveva avuto ragione. Quei pochi centimetri di tacco le donavano, allungando la
sua figura già discretamente alta.
Si
aggiustò un ciuffo di capelli sulla fronte poi entrò nel palazzo attraverso la
grande porta d’ingresso.
Venne
investita da una ventata d’aria fresca e si sentì subito a disagio mentre si
avvicinava ad una ragazza in completo azzurro dietro il banco della reception.
Questa
la osservò incuriosita per poi aprirsi in un caloroso sorriso di benvenuto.
Perché tutte le addette alla reception dovevano essere sempre così
maledettamente allegre?
- Posso fare qualcosa per lei? -
Lightning
biascicò qualcosa ritrovandosi senza il coraggio di parlare chiaramente.
Abbassò lo sguardo quasi decisa ad andarsene e scappare via quando una voce la
chiamò da dietro le sue spalle.
- Tu sei Lightning, vero? -
La
donna si voltò ritrovandosi ad osservare una ragazza più giovane di lei. Come
la signorina della reception era vestita in modo formale, in un tailleur
chiaro, i lunghi capelli scuri intrecciati e portati su una spalla. Le
sorrideva gentile e Lightning notò i suoi occhi castani, chiarissimi tendenti
quasi all’oro. Aveva un’aria familiare ed improvvisamente, mentre questa le si
avvicinava, si ricordò di chi fosse.
- Sono Rika Lennet, forse non ti ricordi di
me perché non ci siamo parlate quella sera. Ero alla tua festa, qualche
settimana fa. -
Purtroppo mi ricordo fin
troppo bene.
Lightning
scosse la testa aggrottando la fronte come se stesse cercando di ricordare
mentre la ragazza allungava una mano per stringere la sua. Era minuta e
delicata, completamente diversa dalla sua indurita dai combattimenti e con una
stretta fin troppo decisa per la situazione.
- Sei qui per vedere Hope? - chiese
genuinamente Rika ritraendo la mano ma senza smettere di sorridere.
Lei
annuì senza aggiungere altro.
- Ti accompagno allora. - esordì la ragazza
guardandola - Questo posto è un labirinto, seguimi. -
Si
voltò diretta ad un grande ascensore e Lightning non poté fare a meno di
accodarsi a lei, pentendosi di non aver chiesto informazioni alla giovane della
reception.
Il
viaggio in ascensore fu lungo e silenzioso. La donna non sapeva cosa dire, non
era il suo forte fare conversazione con le persone e lo aveva dimostrato in più
occasioni, mentre Rika si ritrovava quasi intimidita da lei. Aveva cercato di
dimostrarsi carina e gentile ma la verità era che la metteva enormemente a
disagio. Era alta, molto più di lei, il fisico slanciato e tonificato dalle
continue battaglie. Quando l’aveva immaginata, in passato, l’idea che si era
fatta era quella di una donna muscolosa e per nulla graziosa e invece i
lineamenti delicati del viso, i capelli rosei e un corpo ben proporzionato la
rendevano assai femminile e molto più bella di quel che ci si potesse
aspettare. Gli occhi severi erano per nulla amichevoli. Eppure era questa sua
quasi arroganza nello sguardo a renderla infinitamente bella. Determinata,
coraggiosa e indifferente ai commenti della gente.
Era
più che naturale innamorarsi di una donna così. Rika si sentì una ragazzina al
suo confronto e per un istante il sorriso le sparì dal volto.
Ma
quando le porte si aprirono era tornata quella di prima, affabile, graziosa.
Si
assicurò che Lightning la seguisse poi imboccò uno dei tanti corridoi che la
donna trovava simili fra loro nonostante il suo ottimo senso dell’orientamento.
Lungo il percorso una giovane con i capelli biondi fermò Rika porgendole una
cartelletta piena di documenti.
- Puoi portarla ad Estheim? Dovevo
consegnargliela questa mattina ma me ne sono completamente dimenticata e adesso
devo finire un lavoro al piano amministrativo. -
Sembrava
agitata mentre aggiungeva un “ti prego o
mi ucciderà” alla fine, sottovoce.
Rika
le sorrise annuendo. - Ma certo, sto giusto andando da lui adesso. Ci penso io,
Alyssa. -
La
bionda la ringraziò e si allontanò verso l’ascensore mentre loro riprendevano a
camminare. Rika era affabile con tutti, salutava cordialmente chiunque
incontrassero nel corridoio. Lightning pensò a quanto fosse graziosa, così
tranquilla e femminile, tutto il contrario di lei.
Una
rabbia lieve l’assalì all’improvviso. Perché doveva paragonarsi a quella
ragazzina? Non aveva mai dato troppa importanza al suo lato femminile, come mai
doveva preoccuparsene adesso? Per quale ragione se la prendeva in quel modo?
Poi
la ragazza, all’improvviso, si voltò a guardarla e sorridendole disse qualcosa
che la sorprese.
- Sta’ tranquilla. -
Lightning
non capì dove volesse andare a parare ma non rispose. Ripresero a camminare.
- Non devi più preoccuparti di me. - continuò
Rika poco dopo, un sorriso tranquillo sulle labbra.
- Non capisco. - la donna ruppe finalmente
quel silenzio nel quale si era rifugiata.
L’altra
continuò a guardare davanti a sé, sempre sorridente. - Hope mi ha scaricata
qualche giorno fa. -
Lightning
non riuscì a nascondere la sorpresa nei suoi occhi, Rika la notò ma riprese a
parlare fingendo di non essersi accorta di niente. - Sai, conosco Hope fin dai
tempi della scuola, eravamo entrambi nel comitato organizzativo… -
Fece
una pausa come per essere sicura che l’altra la ascoltasse, forse non era
giusto quello che stava facendo però sentiva di volersi vendicare almeno un
po’, anche se sapeva che prendersela con la donna non era giusto. Lei non aveva
colpa.
Lightning
improvvisamente venne come colta da una folgorazione. Quel giorno, in
primavera, lei aveva sentito una voce femminile attraverso il telefono, si era
ingelosita di un nome che non conosceva… quella voce, quel nome erano proprio
Rika!
Si
sentì terribilmente sciocca però, in fin dei conti, non aveva avuto tutti i
torti. Forse era stato il famoso intuito femminile a mandarle un avvertimento
su quella voce sconosciuta.
Rika,
ignara dei pensieri della donna, continuò a parlare. - … era sempre così gentile,
così affabile e tranquillo. Aveva un bel sorriso, spontaneo, sincero. Mi
piaceva molto quel sorriso ma poi, una volta entrati in accademia, è cambiato.
-
Si
fermò un istante quasi persa nei suoi ricordi. - Voglio dire, caratterialmente
e nei modi di fare era sempre lo stesso, non mancava mai di essere gentile e
sorridente, ma quel sorriso era diverso. Era affabile certo, ma non trasmetteva
più niente. Era come se, d’improvviso, Hope non fosse più lui. -
Lightning
avvertì una fitta al cuore, Rika stava forse cercando di darle la colpa?
Forse
non aveva tutti i torti a pensarlo.
E’ stata colpa mia.
- Non sapevo cosa gli fosse successo ma
volevo aiutarlo. Volevo rivedere quel sorriso che mi piaceva tanto, così un
giorno mi sono fatta avanti e gli ho chiesto di uscire. Credevo che sarei
riuscita a farlo tornare quello di prima, che avrei potuto aiutarlo se solo mi
avesse accettata. Inaspettatamente disse di sì. -
Rika
si fermò davanti ad una porta scura, erano arrivate a destinazione. Si voltò a
guardare quella donna che, nonostante tutto avrebbe dovuto odiare ma proprio
non le riusciva di farlo, c’era qualcosa nei suoi occhi azzurri che la spingeva
a fidarsi di lei. - Non avevo più visto il suo vero sorriso fino a due
settimane fa, quando l’ho spinto a parlarti ancora una volta. -
Lightning
le restituì lo sguardo consapevole di cosa le stesse dicendo. Se Hope era
tornato da lei quel giorno il merito era solo ed esclusivamente di quella
ragazza. Probabilmente, se non fosse stato per lei, non si sarebbero mai
riavvicinati. Questo pensiero la spinse a provare sentimenti contrastanti verso
la giovane, un po’ di risentimento e un vago rispetto.
Si
era fatta da parte consapevole che le cose sarebbero potute rivoltarglisi
contro.
- Perciò, non preoccuparti più di me. Non mi
pento di quello che ho fatto, ho agito seguendo i miei sentimenti per lui.
Volevo solo che tornasse a sorridere come una volta. -
La
ragazza puntò i suoi occhi dorati in quelli azzurri di Lightning, un leggero
velo di lacrime le offuscava la vista. - Non ferirlo di nuovo. D’accordo? -
La
donna annuì seria poi Rika si lasciò andare ad un sospiro.
- Ora che ti ho vista e ti ho parlato, mi
sento molto meglio. -
Lightning
non seppe spiegarsene la ragione ma improvvisamente non provò più alcun astio
nei confronti di quella giovane. - Anche se tu non sei una di molte parole,
vero? -
- Mi dispiace. -
Rika
scosse la testa. - Non importa, i tuoi occhi parlano al posto tuo. -
Poi
le sorrise di nuovo e aggiunse seria - E’ innamorato di te. -
La
donna si ritrovò ad arrossire sorpresa.
Rika
notò la sua espressione e capì la situazione. Sogghignò appena.
- Non te lo ha mai detto? - le domandò mentre
Lightning si limitava ad arrossire sempre di più. - Forse non si sente alla tua
altezza - ipotizzò allora la giovane. Si allontanò dalla donna riprendendo a
camminare mentre quella rimaneva poco distante, immobile.
- Spero di non averti rovinato la giornata
mettendoti in testa queste cose. Sarebbe terribile.
-
Lightning
la guardò e capì che quella ragazza alla fine, era davvero riuscita a
vendicarsi di lei. Adesso come avrebbe dovuto comportarsi? Era la verità oppure
no?
E
se lo era, perché Hope non era mai stato chiaro e non glielo aveva detto?
La
giovane si voltò un ultima volta a guardarla.
- E’ stato un piacere conoscerti, Lightning.
-
Rika
si fermò e tornò indietro di un paio di passi, le porse la mano come aveva
fatto solo pochi minuti prima. La donna gliela prese e la strinse nella sua
convinta di trovare odio nel suo tocco. Ma la ragazza era rimasta gentile e
sembrava solo molto divertita, come se avesse voluto prenderla in giro. Le si
accostò e le bisbigliò qualcosa vicino al volto.
Poi
con un sorriso sereno si voltò e, mentre si allontanava, Lightning rimase
immobile a guardarla, indecisa se odiarla oppure rispettarla. Si era fatta da
parte e le aveva detto quelle cose per spingerla ad essere più sincera con sé
stessa oppure solo per divertimento? Era più confusa di quanto non lo fosse mai
stata. Bussò alla porta e quando Hope arrivò ad aprirle, sorpreso ma sorridente
di vederla in anticipo, ogni suo dubbio svanì.
“Prenditi cura di lui. ”
*~*~*~*~*
Avevano pranzato in un locale non troppo
distante dal centro della città, tra chiacchiere e sorrisi, poi Hope aveva
deciso che non sarebbe tornato al lavoro e che invece si sarebbe preso il resto
della giornata per stare con lei. Lightning si era opposta ma lui era
irremovibile; era talmente raro saltasse il lavoro che nessuno avrebbe avuto
nulla da obbiettare.
Così
avevano deciso di passare il pomeriggio in città e il resto delle ore passò
molto in fretta. Ma Lightning era strana, decisamente più silenziosa del
normale e sembrava avere la testa da un’altra parte. Hope si rese conto che
qualcosa non andava quando le prese la mano e non la vide reagire in alcun
modo. Le poche altre volte che ci aveva provato l’aveva vista arrossire oppure
evitare quel contatto e voltare lo sguardo. Adesso sembrava persa in mille
pensieri.
- Light, cos’hai? -
Erano
rimasti in silenzio per parecchi minuti e la donna era così assorta che al
sentire la voce del ragazzo si ritrovò ad arrossire. Guardò i suoi occhi verdì,
sembrava preoccupato. Rimase in silenzio preda della confusione mentre il cuore
le batteva così forte come se dovesse esploderle nel petto. Deglutì cercando di
riprendere il controllo di sé ma si trovava in difficoltà, le parole di Rika le
risuonavano ancora in testa. Era tutto il giorno che non pensava ad altro.
Era
possibile che Hope provasse qualcosa di più della semplice amicizia per lei?
Certo
le era capitato di pensarlo tre anni prima ed era uno dei motivi che l’aveva
spinta ad andarsene. Ma era convinta che fosse stata solo una cotta passeggera,
una sua idealizzazione, per questo aveva cercato di fermarla sul nascere…
Era
mai possibile che si fosse sbagliata?
Di
fronte al suo tentennamento Hope la chiamò ancora, inquieto. - E’ tutto il
giorno che sei strana, cosa ti è successo? -
Lightning
scosse la testa. - S-Sto bene, non è niente. -
Cercò
di fargli un breve sorriso a cui il ragazzo rispose incerto. Si sentiva
avvilito perché lei non voleva parlargli dei suoi problemi, non lo reputava
ancora adatto per ascoltarla, non si fidava di lui.
Ripresero
a camminare l’uno di fianco all’altra, entrambi silenziosi. Poi Lightning notò
la sua mano stretta in quella di lui, le dita intrecciate. Quando era successo?
Avvampò
e il primo istinto fu quello di sottrarsi a quel contatto ma, dopo qualche
attimo di esitazione, questa volta non si tirò indietro.
La
mano di Hope era calda, la sua stretta era forte e le donava una piacevole
sensazione di benessere. La stessa mano che lei aveva addestrato a combattere
adesso avrebbe saputo proteggerla davvero, poteva tenerla al sicuro. Si sentì
improvvisamente tranquilla e quella calma la spinse a dire qualcosa che non
avrebbe mai pensato di poter pronunciare.
- Hope, cosa stiamo facendo? -
Il
ragazzo si voltò a guardarla sorpreso di sentire la sua voce.
- Stiamo passeggiando. -
Ma
lei scosse la testa. - Non intendevo questo. -
Si
fermò un istante e lo guardò negli occhi seria. - Noi, cosa stiamo facendo? - gli chiese ancora mentre spostava gli
occhi dai suoi alle loro mani strette l’una nell’altra.
Ed
Hope si sentì quasi mancare il respiro. Gli stava davvero chiedendo quello che
credeva?
Perché
ora, perché lì?
Non
era pronto, nonostante si preparasse da quasi una vita non era pronto, non in
quel momento, non in pieno centro circondati dalla gente. Esitò cercando di
trovare lo stesso coraggio che aveva avuto tre anni prima ma che poi gli era
venuto meno. Lightning lo guardava seria, sembrava non accorgersi di nessuno.
Voleva sapere la verità, non le importava di chi potesse ascoltarli o vederli.
E
all’improvviso, quasi il cielo volesse donare al ragazzo ancora un po’ di
tempo, iniziò a piovere. Una scrosciante, torrenziale pioggia estiva.
Rimasero
immobili, gli occhi negli occhi, mentre le persone attorno a loro correvano a
cercare un riparo.
- Non dovremmo stare qui, ci ammaleremo. -
Hope
dovette quasi urlare per farsi sentire attraverso la fitta pioggia, vide
Lightning annuire quindi si voltò e, sempre tenendole la mano, iniziò a
correre.
*~*~*~*~*
Era calata la notte e lei se ne stava immobile a fissare le stelle
brillare accanto alla sua vecchia casa, Cocoon.
Serah le si accostò piano, temendo
quasi di disturbarla, ma la sorella si voltò tranquilla. Per la prima volta
dopo anni i suoi occhi apparivano sereni, liberi da ogni pensiero negativo. Le
sorrise appena, felice di averla accanto, poi il suo sguardo tornò rivolto al firmamento.
- Vi siete chiariti? - chiese la minore piano, quasi sottovoce. Sapeva
che forse sarebbe entrata in un campo minato, ma doveva sapere.
Lightning annuì dopo qualche istante.
- Direi di sì. -
Serah sospirò di gioia sorridendo
felice. Era così sollevata di sapere che le cose si erano sistemate.
- Non potrà mai tornare tutto come prima, ma è un inizio. - aggiunse la
maggiore smorzando un po’ il suo entusiasmo.
- In fin dei conti eri andata via perché non sopportavi l’idea di
tenerlo legato a te. Temevi che non sarebbe mai cresciuto per causa tua così
hai voluto lasciarlo a cavarsela da solo. E lo ha fatto, è cresciuto ed è
andato avanti, ma ti vuole ancora bene. -
Lightning guardò la sorella stupita,
come aveva fatto a capire tutto questo?
- Per di più, non accettavi quel che provavi per lui, ti eri convinta
che non fosse giusto, te ne incolpavi. E pensavi che, andandotene, saresti
riuscita a sopprimere ogni sentimento. - la più giovane si fermò un istante per
restituire lo sguardo alla sorella maggiore. - Giusto? -
- Come l’hai capito? -
Serah sorrise. - Sono tua sorella, ti
conosco meglio di quanto tu creda. -
Lightning sospirò incredula e la
ragazza continuò. - Ci sei riuscita? Sei riuscita a soffocare quel che provavi?
-
La donna la guardò fisso per qualche
istante non sapendo cosa rispondere.
- Sei innamorata di lui? - chiese ancora la più giovane.
Lightning rivolse lo sguardo
nuovamente alle stelle e per Serah, quel silenzio, significò molto di più di qualsiasi
risposta che avrebbe mai potuto darle.
*~*~*~*~*
Arrivarono a casa di Hope una decina di
minuti dopo, completamente inzuppati dalla pioggia che, nel frattempo, si era
trasformata in un vero e proprio temporale.
Lightning
guardò per un istante il suo riflesso nello specchio del bagno dove si era
rintanata ormai da parecchi minuti. I capelli bagnati le ricadevano sul viso e
quel leggero trucco che Serah le aveva applicato le aveva lasciato macchie
scure sotto gli occhi. Arrossì nello scoprire che la camicetta, completamente
zuppa, era diventata trasparente lasciando intravedere la biancheria
sottostante. Fortunatamente il ragazzo aveva avuto l’accortezza di darle alcuni
indumenti che erano appartenuti alla madre e forse il motivo non era stato solo
la preoccupazione che lei potesse ammalarsi.
Si
asciugò in fretta, pulendosi via il trucco dal viso, ed indossò un paio di
pantaloncini scuri e una camicia leggermente larga. Mentre allacciava i bottoni
si chiese se fosse giusto indossare cose appartenute ad una persona che non
esisteva più, ma era stato Hope a dargliele, e se lui era d’accordo perché lei
doveva farsi qualche problema?
Dopo
essersi asciugata alla buona i capelli si guardò nuovamente allo specchio
sentendosi nervosa. Perché all’improvviso non riusciva ad uscire da quella
stanza? Fissò gli occhi azzurri riflessi che la guardavano quasi impauriti. Lei,
un ex soldatessa del Sanctum, una l’Cie che era riuscita a liberarsi della
propria maledizione, abituata a combattere mostri feroci, era intimorita da un
ragazzo. No, non era nemmeno quello, era di se stessa che aveva paura, non
sapeva come comportarsi. Prima, per strada, era stata così decisa, era stata sicura
di voler sentire la verità ma adesso iniziava a pentirsi di aver fatto quella
domanda. Adesso aveva paura di quella risposta.
Hope
bussò piano alla porta. - Light, va tutto bene? -
Lei
sobbalzò nel sentire la sua voce guardando la porta allarmata. Da quanto tempo
era rinchiusa in quel bagno?
- S-Si, ho quasi finito. - balbettò mentre la
voce la tradì tremando appena.
Sentì
i passi del ragazzo mentre si allontanava nel corridoio lasciandola di nuovo
sola con i propri pensieri. Lightning rivolse ancora il proprio sguardo nel
riflesso di se stessa.
Va tutto bene, stai calma.
Hai affrontato cose ben peggiori di
questa.
Se dovesse mettersi male, puoi sempre
scappare dalla finestra.
No,
quella era veramente un’idea stupida. Come poteva esserle venuto in mente?
Forse la troppa vicinanza con il cognato stava iniziando ad influire anche su
di lei.
Sospirò
cercando di liberarsi della tensione, poi uscì aprendo piano la porta. Dei
rumori provenivano dalla sua destra, alla fine del corridoio, in cucina. Cercò
di mantenere un’espressione indifferente mentre, in silenzio, raggiungeva il
soggiorno. Dopo svariati istanti di tentennamento decise di sedersi sul
tappeto, le gambe incrociate e lo sguardo fisso sulle gocce d’acqua che
sbattevano contro il vetro della finestra. Il cielo, nonostante fosse appena
tardo pomeriggio, si era scurito a causa del temporale che faceva illuminare le
nuvole di lampi e fulmini quasi come una lampadina rotta.
Era
talmente assorta che non si rese subito conto del ragazzo che si era seduto
dall’altra parte del tappeto. La guardava fisso e le porgeva una tazza piena di
un liquido fumante.
Lightning
arrossì non appena si accorse della sua presenza e il battito del suo cuore le
sembrò impazzito quando sfiorò le sue dita nel tentativo di afferrare l’oggetto
con disinvoltura.
- Ho pensato che fossi infreddolita e che un
the bollente potesse farti bene. -
Le
sorrise e lei si ritrovò a fissarlo per più tempo del dovuto. Lui se ne accorse
chiedendosi cosa le prendesse e alla fine di quello scambio di sguardi
silenzioso la donna si ritrovò a guardare intensamente il liquido nella tazza
fra le sue mani, imbarazzata. Finse di trovare interessante osservare il vapore
che creava delle spirali impalpabili ma, di tanto in tanto, non poteva evitare
di alzare lo sguardo come per assicurarsi che il ragazzo fosse ancora lì. Mandò
giù un sorso mentre continuava a ripetersi di stare calma, che era soltanto
Hope e non c’era alcun motivo per essere così agitata, che gli sarebbe sembrata
una svitata se avesse continuato a comportarsi così.
Da
una parte voleva riprendere il discorso di prima ma, dall’altra, si sentiva
troppo nervosa per farlo. Però doveva assolutamente dire qualcosa, non poteva
restare in silenzio per sempre.
- Tuo padre dov’è? -
Perfetto,
adesso sembrava volesse fargli il terzo grado come il soldato che era.
Il
ragazzo la guardò stupito di sentirla spezzare il silenzio per prima. - E’
fuori per lavoro, tornerà fra un paio di giorni… o almeno così dice un
biglietto sulla cucina. -
Lightning
lo guardò senza capire.
- Non torno spesso a casa. - aggiunse lui
sperando che potesse bastare. Non aveva affatto voglia di sentire una delle sue
ramanzine su quanto fosse importante che avesse una vita al di fuori del
lavoro. Era una storia che aveva già sentito da tutti, persino da Serah.
Ma
la donna non sembrava intenzionata a fargliene una e ripiombò nel suo
solidissimo silenzio. Hope la guardò mentre sorseggiava il the troppo caldo
intenta a guardare fuori dalla finestra, il temporale che illuminava il suo
viso di tanto in tanto, i capelli ancora umidi di pioggia. E per l’ennesima
volta si ritrovò a pensare a quanto fosse bella, a quanto lo fosse sempre
stata, così inconsapevole di esserlo, di suscitare in lui pensieri che andavano
ben oltre il puro sentimento di amicizia. La consapevolezza arrivò chiara e
veloce come il fulmine di cui lei portava il nome.
La
desiderava ed era questa l’unica realtà che conoscesse, nemmeno la lontananza
era riuscita a cambiarlo.
Voleva
abbracciarla, stringerla, sentire il calore del suo corpo.
E
durante quelle settimane passate quasi sempre insieme, come per recuperare il
tempo perduto, quel desiderio era aumentato. Si era detto che forse, forse
anche lei poteva riuscire a provare qualcosa. Per questo, qualche giorno prima,
aveva detto chiaramente a Rika che non poteva più stare con lei. Non era giusto
e avrebbe solo continuato a farle del male, non se lo meritava. Rika lo aveva
aiutato ad uscire dal suo torpore, lo aveva amato nonostante sapesse di non
essere ricambiata eppure era rimasta in silenzio, quieta aspettava. E alla fine
l’aveva ferita ancora, per l’ultima volta, non voleva più farlo.
Il
luccichio di un lampo rifletté l’argento del braccialetto che Lightning portava
al polso, gli sembrò quasi di sentire i ciondoli tintinnare fra loro. Il suo regalo.
- Da quanto tempo lo indossi? - chiese
curioso. Era stato non appena si erano chiariti? Ma no, lo portava già quel
giorno, sulla spiaggia…
Lei
fu presa alla sprovvista, poi capì ciò a cui si stava riferendo il ragazzo.
Sfiorò uno dei pendenti mentre, arrossendo ancora, lo guardava fisso negli
occhi.
- L’ho messo appena partita e da allora non
l’ho più tolto. -
Il
cuore di Hope mancò un battito.
Aveva
pensato di lei così tante cose cattive nel corso di quei tre anni, ci aveva
provato ad odiarla, per assurdo l’aveva incolpata di essere la causa del suo
malumore costante. L’aveva accusata di averlo abbandonato senza una ragione, di
non riuscire a provare nessun tipo di sentimento, di essere fredda e immune
alle emozioni. L’aveva odiata, solo Etro sapeva quanto ci avesse provato e se
ne fosse convinto ed aveva accettato Rika nella sua vita solo per dispetto, per
una sorta di vendetta personale, per ripicca a dimostrazione del fatto che a
lei non ci pensava più. E adesso si sentì sommerso da innumerevoli sensi di
colpa, era evidente che avesse pensato a lui, forse con sofferenza, mentre si
obbligava a stare lontana da casa. Come al solito lui non aveva capito niente,
proprio niente.
- Perché? -
Gli
occhi di lei indugiarono sul suo viso confusi, quasi tristi.
- Perché sei andata via, Light? - specificò
il ragazzo guardandola intensamente. - Ho bisogno di sapere la verità, ti
prego. E’ stato a causa mia, di come mi sono comportato… quel giorno? - esitò
sulle ultime parole non troppo sicuro che fosse stato davvero quello il
problema, anche se ci aveva pensato e, inizialmente, se n’era incolpato.
Alla
donna mancò quasi il respiro, gli occhi verdi di lui brillavano quasi lucidi,
la stava implorando di dirgli la verità, quella verità che aveva celato persino
a se stessa. E d’improvviso una cascata di sentimenti le esplose nella mente,
quelle emozioni che aveva cercato per così tanto tempo di soffocare, perché la
rendevano fragile, debole, e lei non poteva, non doveva. Si era trattenuta così tanto, per quasi tutta la sua vita,
per il bene di Serah, per il bene di Cocoon, per lo stesso bene di Hope. Ma
adesso non voleva più farlo, cosa c’era di male nel mostrarsi fragile davanti a
lui? Come poteva farla soffrire più di quanto non facesse lei stessa?
Non
spostò lo sguardo dai suoi occhi mentre, in un sussurro lieve appena udibile,
per la prima volta gli dava la possibilità di accedere al suo cuore, alla sua
mente, alle sue emozioni da sempre celate dietro una finta maschera fredda e
indifferente, forte e combattiva.
- E’ stato per colpa mia, per quello che
provavo e che non potevo, non dovevo
provare. -
La
voce le tremava e sembrava sul punto di piangere. Hope non l’aveva mai vista
così, mai, in tanti anni che la conosceva, persino nelle situazioni più
disperate, persino quando credeva che Serah fosse perduta. D’improvviso
sembrava giovane e indifesa, non era la donna forte su cui tutti facevano
affidamento. Non era un soldato, un l’Cie, una ricercata, un’assassina. Era
semplicemente una ragazza impaurita da se stessa. Voleva correre da lei,
stringerla e confortarla ma si trattenne, doveva lasciarla libera di spiegarsi,
doveva concederle un po’ di tempo in più. Capì lo sforzo che stava facendo nel
cercare di aprirsi accontentando la sua richiesta egoista di conoscere la
verità. Perciò non rispose, rimase in silenzio ma non smise mai di guardarla
cercando di leggerle dentro, attraverso gli occhi chiari. Lightning si sentì
confortata da quella sua discrezione a non interromperla, a darle lo spazio di
cui aveva bisogno. E ora più che mai sentiva che poteva davvero dirgli ogni
cosa.
- Mi sono sempre comportata come una madre o
una sorella maggiore ma io, non riuscivo più a sentirmi tale. Non ci riuscivo
più e quando ho realizzato verso cosa stavano andando a trasformarsi questi
sentimenti, ne ho avuto paura. Perché era sbagliato,
non era giusto. - fece una pausa, la voce le tremava, troppo. - Non potevo
coinvolgerti di più, non potevo permettere che sapessi, che gli altri
sapessero. Cosa avreste pensato di me? Perché provavo quel tipo di sentimenti
per un ragazzo così tanto più giovane? Mi sentivo un mostro, così… così me ne
sono andata. -
Non
si accorse di non avere più fiato in corpo, aveva parlato in fretta e in modo
sconnesso, la voce appena udibile. Hope continuava a guardarla e adesso sapeva,
sapeva, e l’avrebbe giudicata e
disprezzata, ed era questo che non riusciva a sopportare. Si nascose il viso
fra le mani cercando conforto in un’oscurità illusoria. Avrebbe voluto portarsi
quel segreto per sempre nascosto dentro di sé, avrebbe preferito che lui non
glielo avesse mai chiesto eppure era egoista perché sapeva che avrebbe potuto
mentirgli, una bugia credibile, una qualunque. Invece gli aveva detto tutto
perché una piccola parte di lei sperava che capisse, che la perdonasse.
Trattenne
il respiro quando sentì le braccia del ragazzo stringerla, attirarla a sé,
dolci, leggere. La cullò appena mentre le accarezzava i capelli rosati e la
schiena, Lightning sentì il battito del suo cuore, calmo, rilassato.
Quell’abbraccio era così rassicurante.
- Non sei un mostro. -
Lei
parlò contro di lui quasi soffocando le parole. - Lo sono invece. Puoi
disprezzarmi se vuoi. -
- Perché dovrei? - disse lui con una
semplicità tale da lasciarla in silenzio per qualche istante. Perché non la
odiava?
- Ti sei tenuta dentro tutto questo, hai
cercato di agire nel giusto e sei rimasta in silenzio mentre soffrivi. Sei così
forte. -
La
donna scosse la testa e si allontanò per guardarlo. - No, non capisci. Io sono
debole, sono così lontana da quello che tu credi. Non sono forte, non sono
coraggiosa, non sono perfetta. -
Hope
sgranò gli occhi. - Ma non capisci, Light? E’ proprio perché non lo sei che ti amo. -
Quelle
parole restarono sospese fra di loro, sembrava che risuonassero nel silenzio
della stanza in penombra. Lightning non riuscì a rispondere, rimase silenziosa
cercando di afferrare il vero significato di ciò che lui le aveva appena detto.
La amava? No, non era possibile che la amasse, lui non sapeva cosa si celasse
dentro di lei. Non lo capiva e, non appena se ne fosse reso contro, l’avrebbe
disprezzata, l’avrebbe allontanata, lo sapeva ne era certa.
- Ascoltami. - continuò lui cercando la sua
attenzione. - Forse un tempo c’era un ragazzino che, preda di una folle idea di
vendetta, seguì una donna perché lo rendesse forte. E lei era davvero unica perché
era combattiva, tenace, fredda. Non si faceva mai sopraffare dai sentimenti,
non aveva legami. Non era fragile e non si guardava mai indietro. Lui la
ammirava, da lontano, in silenzio. Poi capì che lei si nascondeva dietro una
maschera, che sapeva essere gentile, che era la sua fragilità inespressa a renderla
forte. Non era perfetta come l’aveva idealizzata inizialmente, e l’ammirazione
si trasformò in qualcos’altro, qualcosa di più forte. -
Hope
aveva parlato lentamente, cercando di soppesare ogni parola, provando a farle
capire cosa provasse ma gli sembrava che le parole non bastassero mai. Gli
pareva persa e confusa, come se si fosse preparata per anni a qualcos’altro, ad
altre parole. - Light, tu non sei perfetta è vero, ma chi lo è? Non devi
esserlo per forza, non più. - le alzò il mento costringendola a guardarlo,
occhi azzurri riflessi in occhi verdi. - Non devi vergognarti di questo, o di
quello che provi o del solo fatto che lo provi. Non devi fingerti quella che
non sei perché credi di non essere mai abbastanza. Ho visto la tua forza, la
tua gentilezza, il meglio e il peggio di te. E quando dico che ti amo non è
perché io credo tu sia perfetta, o perché lo pensano gli altri, non dipende da
me. Io amo quello che sei e devi solo imparare a vederlo anche tu. -
Le
scostò i capelli dalla fronte e la baciò. La sua pelle era fresca, morbida,
dolce.
- Ma Hope, io non ne sono capace… - iniziò
lei incapace di continuare.
Allora
lui la guardò ancora, fragile e bellissima.
- Non si tratta di essere capaci o no. -
Glielo
disse a un soffio dalle sue labbra, deciso, dandole quasi il tempo di sottrarsi
se avesse voluto. Ma lei non si mosse.
Si
baciarono piano, senza incertezze, con le lacrime di lei ancora intrappolate
nelle sue ciglia scure. Il temporale aveva smesso d’infuriare e nemmeno si
accorsero delle tinte color arancio che sfumavano il cielo mentre il sole,
lentamente, tramontava.
Note Autrice:
Ebbene sì, sono ancora viva.
Mi
dispiace di averci messo un po’ di più ad aggiornare, sono stata presa da un
mare di cose personali, e insieme mi è totalmente calata la voglia di scrivere.
Perciò vi do un’altra brutta notizia… non so quando aggiornerò il prossimo
capitolo. Spero entro breve visto che comunque è praticamente finito, ma non ne
ho idea.
Detto
questo passo a farvi il mio commentino su questo capitolo.
Ragazzi,
RAGAZZI… questo è IL CAPITOLO.
Punto,
ciao ciao.
Finalmente,
come si dice a Zena da me… ghe l’emmu faeta! ( trad. ce l’abbiamo fatta! )
Ci è
voluto un po’, forse un po’ tanto per chi mi segue dall’inizio, ma eccoli lì.
Guardateli ( immaginateli ) quanto sono belli, implodo d’ammore.
Ho
controllato e modificato questo capitolo così tante volte che se lo tenevo nel
pc ancora un po’ cambiava direzione. Forse è il capitolo nella quale mi sono
impegnata di più fino ad ora, perché volevo uscisse tanto di loro, soprattutto
volevo che fosse Lightning finalmente a uscire fuori e a dire tutto quanto.
E
Rika, vabbè che le voglio bene lo sapete e sono davvero felice che vi ci siate
affezionati anche voi ( lo spin-off si farà vi avverto ) perché è così buona,
forse troppo in effetti, ma credo sia proprio per questo che ci piace.
E
devo parlarvi di Hope oppure avete capito quanto sia affezionata a lui? La sua
dichiarazione è così bella, così, così… waaaa ç_ç non posso credere mi sia
uscita così bene.
Adesso
basta parlare, lascio la tastiera a voi.
E’ un
momento molto delicato perciò davvero, se passate di qui, impiegate un minuto
per scrivermi cosa ne pensate, ci tengo davvero tantissimo ç___ç
Grazie
e ci leggiamo al prossimo aggiornamento.
KEEP
CALM and SHIP HOPERAI <3
Selhin
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Fandom: Final
Fantasy XIII
Pairing:
Hope/Lightning
Personaggi:
Lightning Farron, Hope Estheim, Rika Lennet ( nuovo personaggio )
Tipologia: One
Shot ( 5249 parole )
Genere: Romantico,
Introspettivo, Sentimentale
Disclaimer: Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato
la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Square-Enix che
ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro
e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in "Final
Fantasy XIII", appartengono solo a me.
20° Argomento: Tema Libero
96. Tema Libero - Imbrunire
The
Passing of Days
Capitolo
4
“ Wishes can come true.
But not if you just wait for
miracles.
Miracles are things we make for
ourselves.
Here and now.”
Labbra contro labbra. Respiri caldi, veloci,
ansimanti.
Le
dita si sfiorarono, s’intrecciarono, accarezzarono la pelle accaldata,
s’insinuarono fra i soffici capelli. Lei si ritrasse un istante, aveva
dimenticato di respirare. Lui si concesse quel momento per guardarla ed era
così bella con le guance arrossate che non resistette all’impulso di attirarla
nuovamente a sé. E la baciò, ancora e ancora, come aveva sognato in quelle
lunghissime notti di solitudine, quando si era permesso di concedersi
all’illusione di averla dimenticata. E lei rispose, si lasciò baciare. Sapeva
che se si fosse fermata i dubbi e le insicurezze avrebbero preso nuovamente il
sopravvento ed era stanca di aver paura, era stanca di vergognarsi di ciò che
provava, era stanca di temere il giudizio della gente. Le labbra di lui erano
calde, morbide, rassicuranti, il mondo sarebbe potuto finire là fuori e a lei
non sarebbe importato.
I
baci si fecero più appassionati, più voraci quasi come se lui fosse sul punto
di divorarla. Spostò le labbra da quelle di lei e, senza smettere di assaporarla,
proseguì la sua corsa lungo il collo, la sua pelle era così dolce, avrebbe
vissuto solo di lei. Brividi di piacere la invasero non appena il suo respiro
caldo la toccò, lui le scostò la camicetta e le baciò la spalla, gemiti fuoriuscirono
dalle labbra semi dischiuse della donna. Inarcò il collo per dargli più accesso
ma lui, come fosse un dispetto, tornò sulle sue labbra.
Voleva
cullarla, proteggerla, amarla per sempre.
Giocò
con la sua lingua distraendola mentre allentava i bottoni della camicia che in
un attimo finì sul tappeto dietro di loro. Lei si sorprese della rapidità con
cui lui aveva agito e sorridendo appena lo allontanò, infilò le mani sul bordo
della maglietta scura e gliela sfilò da sopra le spalle. I suoi capelli chiari
si arruffarono un poco e lei vi passò una mano sentendone la consistenza
morbida. Si guardarono per un istante lunghissimo, lui non riusciva a credere
di averla finalmente fra le braccia. L’aveva sognata così tanto, l’aveva
desiderata così a lungo, da quasi tutta una vita ed ora eccola lì a pochi
centimetri da lui, fragile e bellissima. Lei considerava quella sua fragilità
una debolezza, per lui era uno dei suoi aspetti migliori, forse proprio quello
che l’aveva fatto innamorare di lei. Le sorrise e lei si ritrovò a rispondere arrossendo
leggermente quando abbassò lo sguardo sulla sua pelle chiara. Le spalle larghe
e il fisico asciutto, non quello allenato di un soldato ma comunque tonico e
ben proporzionato, si sentiva così minuta fra le sue braccia.
Lui
le alzò il mento, posò un dito sulle sue labbra umide, le accarezzò per
sentirne la morbidezza. Si accorse che fremevano impazienti, volevano essere
baciate ancora. Con una lentezza quasi esasperante le accontentò e si chinò a
baciarla piano, gustando il suo sapore sapendo che non sarebbe più riuscito a
farne a meno. Le loro lingue danzarono all’unisono mentre a poco a poco lui
l’adagiò sul tappeto rimanendole sopra con leggerezza. I suoi capelli scivolarono
verso il basso e lei li sentì solleticarle la pelle della fronte. Le appoggiò
una mano sul ventre, poi risalì sul seno accorgendosi solo in quel momento che era
ancora costretto dalla biancheria. Spostò la mano sulla schiena per cercare di
liberarla da quell’impiccio ma in quella posizione gli risultava più difficile
del previsto. Aprì gli occhi e vide quelli azzurri di lei, sorrideva divertita ed
inarcò la schiena per aiutarlo. Lui arrossì un po’, riusciva sempre con
poco a farlo sentire come un ragazzino alle prime armi, poi accettò il suo
aiuto e in un gesto la liberò dall’indumento. Non poté trattenersi e la guardò quasi spudoratamente. Era magnifica, più di quanto avesse mai potuto immaginare, ma non aveva mai avuto
alcun dubbio su questo. Il ventre era piatto, gli addominali scolpiti ma non
troppo evidenti, i seni rotondi e perfetti. Si accorse di averla messa a
disagio, di averla guardata forse troppo a lungo, lei non riusciva a
restituirgli lo sguardo rossa per l’imbarazzo. Così la baciò di nuovo
mentre con la mano libera risaliva lungo la coscia, sul fianco, fin dentro ai
pantaloncini. La desiderava così tanto e non aveva timore di dimostrarglielo.
Improvvisamente
fu lei a prendere il comando spingendolo appena, facendolo rotolare sulla
schiena ed in un attimo gli fu sopra. Poteva sentire la sua eccitazione
attraverso il tessuto fremere per lei. Lo baciò sul collo cercando d’imprimersi
il suo sapore, il suo profumo di giovane uomo ancora legato all’adolescenza. Avrebbe
voluto dirgli tante cose ma si limitò a cercare soltanto i suoi occhi verdi,
non voleva rovinare tutto con parole inutili.
Con
pochi gesti si liberarono degli ultimi indumenti rimasti stringendosi poi l’una
contro l’altro, tacendo, ascoltando solo i loro respiri affannati. In un lampo
lei era di nuovo schiena a terra mentre il ragazzo si puntellava con i gomiti
continuando a guardarla. Le baciò nuovamente il collo, poi scese su un seno
soffermandovisi per qualche istante solleticandole la pelle rosea, la sentì
gemere e si ritrovò a sorridere felice che fosse lui a farla tremare dal
piacere. Scese ancora a baciarle l’ombelico, il ventre caldo e di nuovo come un
dispetto ritornò sulle sue labbra divertito dalla reazione vagamente delusa che
lesse nel suo sguardo velato.
Aderì
ancora di più al suo corpo nudo quando la vide sorridere timidamente, quando
capì che era pronta. Le sue dita salirono ad arruffargli i capelli argentei quando
lui scivolò piano sopra e dentro di lei, sollevandole appena il bacino con le
mani. Respiri affannati, simultanei, ritmati. Il battito dei loro cuori
all’unisono, stessa pelle, stesso desiderio l’una dell’altro. Lui si mosse con
decisione, con dolcezza, percorrendo con le labbra la pelle del viso, del collo
mentre lei lottava per non gemere troppo forte. Le unghie s’insinuarono nelle
sue spalle, graffiandole un poco.
Gambe
legate, intrecciate fino all’ultimo istante. Nomi singhiozzati appena nelle
labbra dell’altro, solo due nomi, solo loro. E quando infine il piacere arrivò
e finì se ne restarono immobili, silenziosi, stanchi. Lui le scivolò accanto e
la strinse a sé senza dire una parola, entrambi ascoltavano i loro respiri che andavano
via a via a calmarsi. Lei appoggiò il capo sul suo petto avvertendo attraverso il
corpo il battito del cuore ancora ansante, lo ascoltò fino a che non lo sentì
calmarsi. Gli accarezzò la pelle mentre lui le passava la mano fra i capelli
rosei, cullandola. E prima che lei si addormentasse riuscì a sentirlo
pronunciare due parole ben distinte, la voce bassa, dolce, leggermente roca,
una voce che era cambiata nel tempo ma che era sempre la stessa.
- Ti amo. -
*~*~*~*~*
Fu un tintinnio di stoviglie a svegliarla.
Prima di aprire gli occhi sbatté le palpebre parecchie volte poiché un
piccolissimo raggio di luce le arrivata dritto sul viso. Sospirò concentrandosi
sul rumore in lontananza cercando di ricordare dove si trovasse infine aprì gli
occhi facendo spuntare le iridi azzurre da sotto le ciglia scure. Si stiracchiò
appena poi si avvolse ancora di più nella coperta leggera nascondendo il viso a
quel fastidioso raggio di sole. Rimase immobile per qualche secondo fino a che
tutto le tornò in mente all’improvviso. Avvampò al solo ricordo della giornata
precedente, era stato tutto così surreale, possibile che se lo fosse sognato?
Scostò il tessuto per guardare la stanza in cui si trovava e non c’erano dubbi,
quella non era la sua camera. Si tirò su a sedere non sapendo cosa fare e si
accorse di essere completamente nuda ma non c’era traccia dei suoi vestiti da
nessuna parte. L’ultima cosa che ricordava era Hope che la svegliava e la
portava in quella camera per non farle prendere troppo freddo. Poi c’erano solo
le sue mani, le sue carezze, i suoi baci ancora e ancora.
Lightning
nascose il viso nella coperta come se qualcuno la stesse osservando e potesse
capire i suoi pensieri ma non c’era nessuno accanto a lei. Il rumore di
stoviglie non poteva che essere lui. Si alzò e, avvolta nella coperta, raggiunse
con passi leggeri e silenziosi la cucina. Quando lo vide il suo cuore mancò un
battito un po’ per l’imbarazzo un po’ perché non si aspettava di trovarlo a
torso nudo, era affascinante anche mentre era intento a lavare i piatti.
Avrebbe voluto toccarlo, raggiungerlo e abbracciarlo ma si trattenne, deglutì e
raschiò poco con la gola per farsi notare. Lui si voltò in fretta, la guardò e
le sorrise. Quello sguardo, se possibile, la fece arrossire ancora di più.
Accennò un gesto di saluto chinando la testa e quando la rialzò se lo ritrovò
davanti. Le scostò una ciocca dalla fronte e poi la baciò, piano, con dolcezza.
Lei rimase immobile catturata dalle sue labbra morbide, dal suo respiro caldo.
Si sentiva la testa leggera, come se fosse sotto l’effetto di qualche droga e,
in effetti, poteva lui essere diventato questo per lei?
- Buongiorno. - le disse appoggiando la
fronte contro la sua. La voce era bassa e leggermente roca e la donna pensò che
lo rendesse terribilmente attraente.
- ‘Giorno. - rispose lei con la voce più
sottile del solito.
Rimasero
a guardarsi per qualche istante, poi lui iniziò a sistemarle i capelli
arruffati. - Preferisci fare una doccia prima di colazione? -
Lei
annuì grata che le avesse dato una scusa per sottrarsi momentaneamente ai suoi
occhi. Ancora intorpidita da quella strana sensazione di benessere che provava
da quando si era svegliata, si diresse verso il bagno, i suoi vestiti erano
asciutti e piegati, pronti per essere indossati. Si guardò per un istante allo
specchio, riluttante a togliersi la coperta, come se quel gesto potesse porre
fine a quell’atmosfera. Guardò il riflesso dei suoi occhi pensando che avrebbe
colto qualche differenza dal giorno prima, ma niente, tutto in lei sembrava
essere come al solito.
Dopo
qualche istante di esitazione s’infilò nella doccia sotto il getto d’acqua
calda cercando di fare mente locale ma si sentiva totalmente confusa. Ogni
volta che pensava a loro, a cosa fosse successo, si ritrovava a sorridere
appena e non riusciva a restare totalmente lucida sulla questione.
Doveva
riflettere.
Cosa
sarebbe accaduto adesso?
Come
doveva comportarsi?
E
a Serah avrebbe dovuto dire qualcosa?
Si
lavò in fretta, si asciugò e vestì con altrettanta rapidità.
Doveva
riflettere, forse doveva parlarne con lui. Non si sentiva ancora pronta a dirlo
a tutti, non che se ne vergognasse anche se è difficile annientare i propri
nemici interiori così in fretta, solo non era pronta. Sperava che lui avrebbe
capito.
Quando
raggiunse nuovamente la cucina lo trovò sul divano del soggiorno intento a
sorseggiare del caffè mentre batteva qualcosa al computer, sembrava molto
concentrato. Lightning prese una tazza e vi versò il caffè appena fatto poi si
sedette di fronte a lui, su quel tappeto che il giorno prima li aveva accolti e
si permise di osservarlo con più attenzione del solito. Notò come la pelle
della fronte si contraesse leggermente sotto i capelli argentei quando era
assorbito nei suoi pensieri, di come i suoi occhi verdi nascondessero sfumature
azzurre, di quanto in realtà fossero lunghe le sue ciglia chiare. Le labbra si
arricciavano appena come leggermente infastidite da quello che gli occhi
vedevano, Lightning provò l’impulso di allungarsi e catturargliele con le
proprie per cercare di alleviare quel malessere dal suo volto ma riuscì
nuovamente a trattenersi. Anche se la tentazione era tanta, forse troppa mentre
fissava la mascella contratta.
Forse
in risposta ai suoi pensieri Hope alzò lo sguardo su di lei e sembrò tornare
alla magia che li aveva avvinti dal giorno precedente perché non appena
incrociò i suoi occhi cambiò completamente espressione, il viso si distese in
un sorriso.
Lei
si morse il labbro inferiore per trattenersi di nuovo.
- Scusami. - disse lui inclinando appena la
testa.
La
donna sorseggiò il caffè. - Lavoro? - replicò indicando il computer con lo
sguardo.
Lui
annuì sospirando. - Sembra che la mia assenza per un pomeriggio abbia mandato
tutti in tilt. -
Lightning
sorrise appena. Quante volte aveva sorriso quella mattina?
- Fanno affidamento su di te perché sei il
loro capo, sei molto importante. -
- Forse… - confermò guardandola fisso. -… ma
io ho altre priorità al momento. -
Lei
abbassò lo sguardo imbarazzata e non disse niente, dopo qualche istante di
silenzio il ragazzo parlò di nuovo. - Dovremmo parlare. Di quello che è
successo intendo. -
Fu
come un fulmine, la donna non si sarebbe aspettata che lui potesse essere così
diretto sulla questione. Restò in silenzio non sapendo cosa dire.
- Light, ho bisogno di sapere una cosa. -
Lo
guardò attenta e non c’era traccia di esitazione in lui.
- Sei pentita? - lo disse piano ma con
decisione, come se volesse scandire bene quelle parole. - Dimmi la verità,
voglio sapere a cosa stai pensando. -
Lei
si prese un istante per riflettere, bevve l’ultimo sorso di caffè, poi appoggiò
la tazza sul tavolo come a prendere tempo. Ma la risposta la sapeva già, non
aveva bisogno di rimuginarci ancora.
- Credevo che lo sarei stata. - rispose
decisa, poi lo guardò. - Ci ho pensato tante volte, dicendomi che non sarebbe
stato giusto, convincendomene. Ero certa che se in qualche modo fosse accaduto
poi me ne sarei pentita, che lo avrei reputato uno sbaglio. E forse lo è. -
Fissò
lo sguardo su di lui, nei suoi occhi. - Ero davvero convinta che lo sarei stata
ma… non è così. -
- Davvero, ne sei sicura? -
Lei
sorrise ancora, brevemente. - Ne sono sicura. -
Il
ragazzo sembrò distendere finalmente il volto, sollevato, dopo che lo aveva
tenuto contratto per quei secondi che gli erano parsi durare ore. Sospirò di
sollievo, le sorrise in risposta.
- Ho solo bisogno del tuo aiuto adesso e
della tua comprensione. - aggiunse però lei senza smettere di guardarlo.
Ti prego fa che capisca.
- Dimmi. - disse lui sorpreso.
Lightning
prese un profondo respiro. - Per il momento, possiamo tenere la cosa per noi? -
Negli
occhi del ragazzo passò un piccolo e veloce lampo di delusione, ma durò meno di
un istante, c’era una domanda che gli sfiorava le labbra ma lei fu più svelta a
coglierla.
- Non me ne vergogno, non si tratta di
questo. -
Hope
non capiva ma sembrava intenzionato ad ascoltarla e ad aiutarla se possibile. -
Non so nemmeno io cosa sia ma, semplicemente, non sono pronta. Non ancora. Ho
bisogno di tempo per capire cosa sia questa sensazione che mi frena. Potrebbe
solo essere paura oppure potrebbe essere che sotto sotto, in un piccolissimo
angolo dentro di me, sento che c’è ancora qualcosa di sbagliato. E non si
tratta di te ma di me, e devo capire cosa sia prima che il mondo sappia di noi.
Ti chiedo di aspettare un po’, pensi di poterlo fare? -
Lui
sospirò e invece di risponderle si alzò per andare a sedersi accanto a lei.
Allungò una mano e lei si raggomitolò fra le sue braccia, l’aveva capita. Come
poteva aver avuto dubbi che non l’avrebbe fatto? Si sentì in colpa per aver
diffidato di lui, non l’aveva mai delusa, mai in tutti quegli anni. Non avrebbe
iniziato a farlo adesso. Rimasero in silenzio ascoltando solo il rumore dei
loro respiri e il battito dei loro cuori.
Poi
al ragazzo sfuggì una piccola risatina. - Così ci hai pensato tante volte, eh? - le chiese in tono
canzonatorio sottolineando con cura la parola. Allora anche lei aveva pensato a
lui in tutti quegli anni.
Lightning
avvampò capendo le sue allusioni, nascose un po’ il viso nel suo abbraccio.
- Abbastanza.
- replicò con una punta di malizia cercando di non dare a vedere quanto fosse
imbarazzata. Lui rise e la strinse di più, poi la baciò di nuovo. Un bacio
lungo e carico di tanti significati. Quando si staccarono lui rise ancora, la
guardò e disse.
- Allora diamoci da fare. -
*~*~*~*~*
Ancora
prima di aprire gli occhi avverte la consistenza morbida e granulosa della
sabbia sotto ai piedi nudi. Le iridi azzurre si rivelano puntando lo sguardo
davanti a sé, verso la vastità dell’oceano. Ma è un mare completamente diverso
da quello che è abituata a vedere a Bodhum. Davanti a lei si estende
un’infinita distesa di sabbia bianchissima.
Oerba.
Sono tanti anni che non visita quel
luogo, la casa di due preziose amiche.
Non troppo lontano da sé si staglia
la figura di un giovane ragazzo. La guarda, immobile, sorridente. Lei allunga
la mano e inizia a correre verso di lui ma quando lo raggiunge questo si volta
e si allontana velocemente fermandosi qualche metro più avanti, poi torna a
guardarla sempre sorridente. Vuole essere seguito. E lei lo rincorre, ancora e
ancora, lui è sempre a un metro di distanza.
Poi un urlo spaventato spezza quel
silenzio surreale, Lightning si guarda intorno confusa ma non c’è nessuno oltre
a loro due. Il ragazzo la raggiunge e le prende la mano, la costringe a
camminare ancora e lei non si ribella, lo seguirebbe ovunque.
Un altro urlo squarcia il silenzio,
le orecchie le fanno male, poi un lampo e le sue mani sono sporche di sangue.
E’ sola, circondata unicamente da sabbia bianca.
E’ in quell’istante che inizia a
urlare.
*~*~*~*~*
Riuscire a vedersi non fu un problema nelle settimane seguenti,
mantenerlo segreto fu tutt’altro discorso. Per la maggior parte s’incontravano
la sera tardi, quando lui finiva di lavorare oppure in momenti rubati dai turni
d’ispezione di lei. Qualche volta era Hope a raggiungerla fino a casa, le
lanciava sassolini sulla finestra come nei vecchi film e Lightning si ritrovava
a inventare scuse su scuse del perché aveva un’improvvisa voglia di fare una
passeggiata notturna. Serah e Snow non sembravano sospettare niente, la
trovavano semplicemente più strana del solito ma erano troppo occupati dietro
alla loro quotidianità per badare a lei.
Quel
giorno Lightning si era fatta coraggio e aveva deciso di approfittare del suo
giorno libero per raggiungerlo in ufficio. Erano due giorni che non lo vedeva
e, stentava a crederlo ma soprattutto ad ammetterlo ad alta voce, quel ragazzo le
mancava terribilmente. Sapeva che l’aspettava solo per quella sera eppure non
aveva resistito ben consapevole di star agendo come una ragazzina alla sua
prima cotta. Hope aveva il potere di farle dimenticare ogni cosa, ogni dovere,
ogni responsabilità. Non appena varcò la soglia del portone d’ingresso si sentì
in imbarazzo per l’ennesima volta, quel posto non riusciva proprio a metterla a
suo agio e non se ne spiegava la ragione. Ignorò alla svelta Coco, la ragazza
della reception, e si diresse verso le scale. Aveva imparato in fretta a
muoversi per quei corridoi e lì era più facile che non incontrasse nessuno. Quando
raggiunse la porta del suo ufficio, riuscendo ad evitare con tempestività una
delle sue assistenti, esitò per qualche istante. Forse non era stata una buona
idea, magari era troppo impegnato per stare con lei. All’improvviso si sentì
molto sciocca e fu tentata di voltarsi e andarsene. Alcune voci nel corridoio
la riportarono alla realtà costringendola finalmente a bussare e, non appena
sentì la voce del ragazzo, aprì la porta ed entrò nella stanza.
Lo
vide come sempre seduto alla scrivania, una mano sulla tastiera del computer
l’altra con una penna, scrivendo su un foglio quelli che sembravano calcoli
indecifrabili. Lei non ci avrebbe mai capito niente, nemmeno se avesse studiato
per anni. Non che fosse stupida, certo, ma era l’azione il suo punto di forza.
Hope
alzò lo sguardo e si sorprese nel vederla.
- Come mai sei qui? - le chiese dopo qualche
attimo di esitazione, Lightning non era solita fare improvvisate senza un
motivo e lui non poteva fare a meno di pensare che non portasse buone notizie.
L’amava ma il non poterlo dire apertamente lo stava schiacciando.
Lei
sorrise imbarazzata mentre un lieve rossore le colorava le guance. - Ho pensato
che potevamo pranzare insieme e… avevo voglia di vederti. - disse piano
abbassando lo sguardo, era strano per lei esprimere così apertamente i suoi
sentimenti. Si sentì a disagio e si affrettò a parlare ancora. - Ma se sei
occupato non importa, posso andarmene. -
Hope
scosse la testa e si alzò per raggiungerla, le cinse la vita con un braccio
mentre le sistemava alcune ciocche dalla fronte. Era un gesto che faceva
spesso, amava accarezzarle i capelli.
Senza
dire niente si chinò a baciarla, assaporò con delicata lentezza le sue labbra
morbide e calde. La donna lo lasciò fare rispondendo con velata passione al suo
abbraccio. Spostò le mani dietro al collo, sull’attaccatura dei capelli e lo
attirò di più a sé. Non le importava più di niente, né di dove si trovasse né
che qualcuno avrebbe potuto vederli. In quel momento l’unica cosa che contava
era il suo bacio, il suo respiro, le sue carezze. Forse era davvero come una
ragazzina innamorata.
Sentì
le sue mani alzarle di poco la maglietta, le dita insinuarsi sulla sua schiena,
il contatto la fece rabbrividire mentre s’inarcava appena per dargli accesso al
suo collo. Lui in risposta scese a baciarla sulla gola e la sentì ansimare
appena con le labbra semichiuse.
Non
si erano minimamente accorti del vociare nel corridoio e quando la porta si
aprì di scattò voltarono lo sguardo in simultanea, immobili.
- Sono certa che… - Rika si zittì
immediatamente nel vederli, il sorriso abbandonò il suo volto lasciandole solo
un’espressione sgomenta. Sbatté le palpebre un paio di volte poi fece per
richiudere la porta. I due non riuscivano a staccarle gli occhi di dosso,
sconvolti.
- No… - iniziò a dire la ragazza rivolta ad
alcune persone poco dietro la porta. -… devo essermi sbagliata. Forse è già
andato a pranzo, possiamo raggiungerlo al piano di sotto. -
Detto
questo chiuse definitivamente la porta, qualcuno le rispose ma qualsiasi cosa
avesse detto era ormai incomprensibile, il vociare si allontanò lentamente e
solo allora Lightning riprese a respirare. Hope deglutì e la guardò. Sorrise
appena, imbarazzato.
- Credo che abbiamo un grosso debito nei
confronti di quella ragazza. -
*~*~*~*~*
Lightning bevve un lungo sorso di vino prima di tornare a rivolgere lo
sguardo sulla sorella. Si sentiva ancora come una mamma il cui unico dovere
fosse quello di proteggere la figlia, solo che Serah non era una bambina né tantomeno
era sua. Durante quel lungo viaggio aveva imparato a conoscere meglio Snow,
aveva capito che nonostante l’apparenza fosse quella di un bamboccione, se c’era
da combattere e proteggere chi amava era il primo della fila. Però c’era ancora
qualcosa che non le piaceva e l’idea che adesso era infine diventato davvero
parte della famiglia la irritava. Ma adesso erano ufficialmente sposati e lei
non avrebbe più potuto fare niente.
Si chiese che cosa avesse spinto
Serah ad amare un uomo tanto ingenuo, tanto immaturo e dopo svariate
riflessioni - e qualche sorso più tardi - giunse alla conclusione che non
doveva esserci un unico motivo. L’amore veniva così, all’improvviso, per la
persona più inaspettata. Era fortunata, si diceva, a non provare quel
sentimento per nessuno. Non le interessava e non aveva il tempo nemmeno per
pensarci.
Hope le si avvicinò cauto notando gli
sguardi di fuoco che stava lanciando ai neo sposi, sorrise e le porse un
salatino. Lo sguardo della donna si ammorbidì nel vederlo ed accettò di buon
grado il dono dicendosi che stava bevendo un po’ troppo per quella sera.
- Non sei ancora convinta, vero? -
Lightning arricciò appena le labbra e
tornò a guardare nuovamente il suo nuovo parente. - Non è che Snow non vada
bene… - disse senza farsi sentire troppo.
- Ma? -
Esitò. - Ma… non mi piace il modo in
cui Serah si comporta. Insomma, guardala, è così sciocca. -
Il ragazzino sollevò un sopracciglio.
- Bè è innamorata. -
- Già, fortunatamente so che a me non accadrà mai. -
- E perché? - chiese lui sorpreso da quell’ostilità nella voce della
donna. - Non devi più occuparti di Serah, non come prima. Puoi farle da sorella
adesso, puoi pensare a te stessa. Sei libera di farlo se vuoi. -
Lei non rispose, non sapeva cosa dire.
Effettivamente Hope aveva ragione, non doveva più fare da madre a Serah, se avesse voluto. Ma sapeva che non lo avrebbe fatto.
- E ridurmi in quello stato confusionale? No grazie, non sono
interessata. -
Hope rise appena divertito da quella
sua decisione. - Chissà, staremo a vedere. -
*~*~*~*~*
Più i giorni passavano più Lightning iniziava
a sentirsi inquieta. Provava un enorme senso di colpa verso la sorella che
l’aveva sempre sostenuta, tenerla all’oscuro la stava tormentando. Non le
sembrava giusto ma allo stesso tempo nemmeno l’idea che tutti venissero a
conoscenza del suo segreto le piaceva. Si sentiva confusa e nervosa al solo
pensiero. E se avessero riso di lei? Si diceva che non doveva preoccuparsene,
che se era felice andava bene comunque, eppure quel piccolo sassolino non ne
voleva proprio sapere di andar via. E lei era felice quando era con Hope,
sapeva di esserlo perché ogni cosa a parte lui perdeva d’importanza. Questa
cosa l’appagava e la spaventava al tempo stesso. Se si fosse distratta al
lavoro - spesso si ritrovava immersa nei suoi pensieri persa a fantasticare -
qualcuno avrebbe potuto pagarne le conseguenze. Era quello il suo più grande
timore.
Cercò
di calmarsi, ogni volta che pensava a quella possibilità il suo cuore accelerava
come impazzito. Espirò e poi bevve un sorso dalla tazza fumante colma di un infuso
alle spezie che si era fatta preparare nel bar in cui si trovava. Era
relativamente vicina all’abitazione di Hope e stava aspettando che arrivasse l’ora
di cena, momento in cui lui sarebbe rientrato dal lavoro.
Tolto
quel piccolo incidente a pranzo la giornata era filata liscia, per non correre
altri rischi era sgusciata via dal suo ufficio dopo una decina di minuti, e poi
aveva passato il resto della giornata lungo le vie della città.
Il
sole era tramontato da poco, il cielo si stava scurendo e Lightning pensò che
quello era il momento della giornata che preferiva in assoluto.
Una
ragazza le passò davanti in fretta, poi si voltò e dopo averla guardata le
sorrise. Lightning si sorprese nel vederla e quando questa entrò nel bar non
riuscì a trattenere uno sguardo sgomento. Voleva forse urlarle quanto la
odiasse o qualcosa del genere?
Dopo
l’episodio in ufficio aveva ancor meno voglia di vederla, il essere così
perfetta e dolce la rendeva nervosa, forse se avessero iniziato a
schiaffeggiarsi avrebbe perlomeno apprezzato la sua motivazione. Rika ordinò un
caffè e si sedette al suo tavolo, sempre carina, sempre sorridente.
Dopo
un piccolo cenno di saluto le due rimasero in silenzio non sapendo come
relazionarsi, da una parte c’era Lightning che si sentiva in imbarazzo dall’altra
Rika che con il suo modo di fare cercava sempre di piacere a tutti.
- Perché sei qui? -
La
più giovane la guardò confusa. - Ti ho vista e ho pensato di salutarti. -
- Ma dovresti odiarmi, non dovresti voler
parlare con me… -
Lightning
non capiva, che la sua fosse una finta?
- E perché dovrei? Sono una ragazza
abbastanza furba da capire che non ci guadagnerei niente ad essere tua nemica.
-
Rika
iniziò a ridere divertita poi la guardò. - Vorrei provare ad esserti amica, se
a te va naturalmente. Sento che potremmo andare d’accordo. -
La
donna le restituì lo sguardo appoggiando la sua tazza bollente. - Non è
qualcosa che mi dicono spesso. -
- Non hai amiche? -
- Solo mia sorella. -
Rika
sembrò sinceramente dispiaciuta. - E confidi a lei tutte le tue preoccupazioni,
o i tuoi dubbi e le paure? -
La
donna scosse la testa. - No, solitamente tengo tutto per me. -
Per
un istante Rika non disse niente mentre Lightning si limitava ad osservare
passiva fuori dalla finestra. - Bè, lo so che forse è un po’ prematuro ma se
vuoi puoi parlarne con me. Cosa c’è che ti preoccupa? -
La
più grande la guardò di nuovo sorpresa. - Perché credi che mi preoccupi
qualcosa? -
- E’ vero, non ti conosco molto, ma sembri turbata.
Ha a che fare con Hope? State insieme vero? Perché non avete detto nulla? -
Com’era
possibile che una sconosciuta avesse capito perfettamente il suo stato d’animo?
Forse non era più capace di nascondere quello che provava, forse anche Serah se
n’era accorta.
- Se non vuoi dirmelo va bene, non
preoccuparti. -
Lightning
si lasciò sfuggire un sospiro. - Non lo so, temo solo di non essere ancora
pronta per dirlo a tutti. -
Rika
si sorprese della facilità con cui la donna le aveva parlato. - Non sei sicura?
-
- Non si tratta di questo… -
Si
zittì non sapendo come continuare. Era assurdo persino per lei il solo pensiero
che un brutto sogno la impensierisse in quel modo, anche se era lo stesso da
giorni.
- Perché non ne parli con lui? - esordì la più
giovane ma l’altra scosse la testa decisa.
- Non
posso farlo preoccupare. -
Fu
allora che Rika si spazientì, appoggiò forte la mano sul tavolo quasi
spaventandola. - Ti rendi conto che lui non è tuo fratello, non è vero? Non ha
bisogno della tua protezione, non è un fratellino che ha bisogno d’aiuto. Se c’è
un problema tu glielo devi dire, è così che si fa in una coppia, ci si confida
i propri problemi, le proprie paure. -
Per
Lightning fu quasi una folgorazione, quella ragazza aveva ragione, aveva capito
perfettamente il problema. Lei continuava a pensare ad Hope come un fratellino,
era per questo che continuava a sembrarle sbagliato. Ma non era suo fratello,
non lo era mai stato. Si alzò in piedi e Rika temette di ricevere uno schiaffo
per essere stata troppo diretta.
Ma
Lightning le sorrise. - Hai ragione, grazie! -
La
ragazza la guardò sorpresa poi le sorrise in risposta. - Forza, vai da lui
adesso. -
E
la donna non se lo fece ripetere, fece un profondo inchino e uscì dal bar
diretta verso l’appartamento di Hope. Sorrideva e si sentiva come se fosse
riuscita finalmente a togliersi quel sassolino che non le dava pace. Forse l’incubo
non sarebbe più arrivato.
Forse
aveva infine trovato un’amica in quella ragazza.
Ci
sperava.
*~*~*~*~*
Ancora sabbia sotto ai piedi, ancora un’infinita distesa perlacea.
Ancora Hope che le chiede con lo
sguardo di seguirla e allunga la mano verso la sua, gliela stringe e lei riesce
ad avvertirne il calore e la morbidezza. Iniziano a correre insieme, mano nella
mano, sembra quasi stiano giocando a un gioco di cui solo lui conosce le
regole.
Poi una voce acuta irrompe nel
silenzio, lei si volta confusa, cerca di capire a chi appartenga quella voce
familiare.
Hope le afferra il meno e la bacia e
lei si abbandona alle sue braccia. Poi nuovamente un urlo, e un altro ancora,
lei apre gli occhi e Hope la sta guardando fissa. E’ spaventato, è confuso.
Lightning abbassa lo sguardo e scopre
con orrore una ferita all’altezza dello stomaco, le mani rosse di sangue.
Una vocina urla e la chiama per nome
e lei è sconvolta, non sa cosa fare. Vorrebbe chiamare aiuto ma non c’è
nessuno. Hope si accascia al suolo tingendo la sabbia di uno scuro color
carminio, la guarda e sembra volerle dire qualcosa. Poi la voce la chiama
nuovamente ed è in quel momento che la riconosce.
- Claire! -
Note Autrice: Lo so, sono in un tremendo ritardo!
Mi
ero ripromessa di aggiornare più velocemente ma proprio non ci sono riuscita.
Domani inizio a lavorare e fino a gennaio non avrò nemmeno il tempo per
respirare, così in questi due giorni mi sono messa d’impegno e nonostante il
raffreddore e il pc che non ne voleva sapere di collaborare, CI SONO RIUSCITA!
Mi
merito un biscotto!!!
Detto
questo, aiuto.
Voi
non avete idea di quanto io mi stia vergognando in questo momento… insomma siate
clementi se la scena ehm, QUELLA non è delle migliori. E’ una delle prime che
provo a scrivere, e la prima che pubblico! >///<
Avrei
voluto addentrarmi di più ma non volevo alzare il rating solo per quella perciò
sono stata molto contenuta… insomma spero almeno sia leggibile ç___ç
Per
la verità questo è un capitolo aggiunto, inizialmente tutto ciò che avete letto
non doveva esserci, poi pensandoci mi sono resa conto che le cose così non
avevano senso, che mancava qualcosa. Così ho aggiunto un capitolo prendendo uno
dei prompt a tema libero. Spero vi sia piaciuto!
E
niente, vi saluto ma non vi prometto che riuscirò ad aggiornare entro la fine
dell’anno ( il capitolo 5 è già mezzo pronto ma con i miei tempi non garantisco
più niente )
Se vi
va, come sempre, di lasciarmi un commentino anche solo per farmi sapere che
apprezzate questa storia, mi farebbe tanto piacere. Il mio livello d’insicurezza
è ai massimi storici!
A
presto!!
Selhin
<3
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Fandom: Final Fantasy XIII
Pairing: Hope/Lightning
Personaggi: Lightning Farron, Hope Estheim, Snow Villiers, Claire ( nuovo personaggio )
Tipologia: One Shot ( 7.476 parole )
Genere: Sentimentale, Romantico, Fluff
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Square-Enix che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in "Final Fantasy XIII", appartengono solo a me.
1° Argomento: Momenti della Giornata
4. Sera
The Passing of Days
Capitolo 5
“This the kind of power you've got inside.
And it's telling you not to give up.
Trust me.”
Si svegliò dal dormiveglia spalancando gli occhi azzurri con una spiacevole sensazione di mancanza.
Focalizzò lo sguardo sul soffitto sopra di sé facendo fatica a distinguere le ombre a causa della semioscurità nella stanza. Un sospiro leggero le sfuggì dalle labbra quando ricordò il sogno appena terminato. Aveva perduto qualcosa d’importante, qualcosa che aveva a lungo cercato, e non era stata in grado di ritrovarlo. L’ultima immagine nella sua mente era una corsa disperata nell’oscurità cercando di rimediare al suo errore. Un respiro che non le apparteneva la distolse dai suoi pensieri e voltò leggermente la testa ritrovandosi il viso del ragazzo a pochi centimetri dal suo. Arrossì appena quando si rese conto che il suo braccio le cingeva dolcemente la vita, quasi a proteggerla, mentre la mano restava abbandonata sul fianco. Erano trascorse quasi due settimane e ancora non si era del tutto abituata a quel contatto, all’averlo vicino, il cuore le batteva sempre come impazzito, eppure sentiva già che non sarebbe più riuscita a farne a meno. Il modo in cui la stringeva, la guardava, scherzava con lei - e di lei, del suo essere così timida ed inibita - mentre facevano l’amore. Era ancora restia a capacitarsene, a credere che stesse accadendo davvero. Eppure lui era lì, era rimasto nonostante gli avesse esternato le sue paure e le sue debolezze.
Con un tocco lieve gli accarezzò una guancia, era profondamente addormentato, non aveva i sensi allenati come lei, non più. Si soffermò sulla sua pelle calda, avvertì la morbidezza delle sue labbra resistendo al desiderio di baciarlo. Si sentiva così sciocca - eppure amava esserlo - mentre lo osservava dopo essersi svegliata, era un rituale che ripeteva tutti i giorni. Le piaceva guardarlo mentre dormiva, era così sereno, il suo respiro calmo così rassicurante. Erano momenti solo per lei, momenti rubati alla notte. I capelli del ragazzo ricadevano sulla sua fronte come fili argentei, si mescolavano al rosa pallido dei suoi, soffici sotto al suo tocco.
Si allungò appena per sfiorargli le labbra con le sue cedendo infine a quell’impulso, gli sembrò quasi di poterlo vedere sorridere nel sonno. Poi leggera come l’aria, si liberò dalla sua stretta. Si alzò e s’infilò la sua camicia che le stava troppo grande, sorridendo al destino per quanto fosse assurdo. Solo qualche anno prima era lei a prestargli la giacca quando faceva troppo freddo, era lei a confortarlo e adesso le cose si erano totalmente invertite. Era cresciuto, era sempre lui eppure sembrava una persona totalmente diversa, come lei.
Sorrise nell’ombra lanciando un’ultima occhiata alla sua figura addormentata, poi uscì sul balcone. La brezza della notte era calda, la città sembrava addormentata sotto la luna estiva. Si soffermò ad osservare le luci del centro poi il suo sguardo azzurrò si sollevò verso l’altro, verso Gran Pulse. Chissà se Serah e Snow stavano già dormendo, chissà se avevano qualche sospetto su dove andasse quasi ogni sera ultimamente. Era più forte di lei, non riusciva a stare lontana da quel ragazzo, le sembrava gli mancasse il respiro quando gli era lontana. Forse era uno scompenso dovuto al tempo che le sembrava di aver gettato inutilmente, anni persi, anni in cui si era vergognata di sé ed incolpata per ciò che provava per lui. Anni in cui aveva cercato di soffocare ogni interesse che potesse darle. Ci aveva provato e non ci era riuscita e adesso non voleva rinunciare più a niente.
Di nuovo si sentì sciocca, una donna molto sciocca e molto egoista.
Hope aveva taciuto come lei gli aveva chiesto, si erano visti in segreto senza che nessuno sapesse. Lei non si sentiva pronta, non ancora - e non sapeva se mai lo sarebbe stata - eppure adesso provava un senso di colpa nei confronti della sorella. Serah si era sempre dimostrata la persona che più credesse in lei, quella che più desiderava che fosse felice e, adesso, Lightning lo era. Eppure non le aveva detto niente. Una parte di lei avrebbe voluto raccontarle ogni cosa, correrle incontro e urlarle quanto si sentisse felice ma l’altra sua metà era restia a farlo. E se si fosse sbagliata? Temeva il suo giudizio, forse era quello che le faceva più paura.
E poi Snow e Sazh, Lebreau e tutti gli altri, cosa avrebbero detto? Avrebbero riso di lei? Era una donna alla soglia dei trent’anni, infatuata di un ragazzo molto più giovane. A chiunque sarebbe sembrata ridicola.
Quando ci pensava la sua mente più logica le diceva che era ancora in tempo a lasciar perdere tutto, che quella fosse ancora la strada sbagliata da percorrere. E tremava. Lightning temeva il disprezzo della gente molto più di quanto credesse, più di quanto desse a vedere.
Le braccia ora forti di Hope le cinsero la vita attirandola a sé e lei quasi si spaventò a quel contatto improvviso, era così assorta che non aveva sentito la sua presenza.
Si voltò a guardarlo e incontrò il suo sorriso.
- Stai bene? - le chiese preoccupato.
Ma lui sapeva benissimo quali fossero i pensieri della donna, la tormentavano da sempre - avrebbero mai smesso? - e qualsiasi cosa lui facesse o dicesse non sembrava funzionare. Però non parlò preferendo che fosse lei a confidarsi per prima, senza costrizioni, senza forzature, perché lei era fatta così. Aveva bisogno di tempo.
Lightning si lasciò cullare dal suo abbraccio, lasciò che le baciasse piano l’incavo del collo, assaporò quella sensazione di conforto che prima di lui aveva provato solo da bambina, con i suoi genitori. Poi era stata lei a dover dare quel conforto alla sorella ed aveva impedito che chiunque potesse anche solo provare a sostenerla. Doveva farcela da sola.
- Credo di doverglielo dire. - disse all’improvviso mentre Hope rimaneva in silenzio, in attesa.
Lei capì che il suo silenzio era un incoraggiamento a continuare. Era stato lui a dirle che non le avrebbe mai chiesto niente perché doveva essere lei a sentirsi pronta a confidargli i suoi pensieri. - A Serah… - aggiunse alla fine.
Lui annuì. - Sai che qualsiasi decisione prenderai sarò dalla tua parte, sempre. -
- Lo so. -
Era così rassicurante saperlo al suo fianco, la visione del mondo era totalmente cambiata in quelle settimane, non si sentiva più sola a combattere contro tutti, stava iniziando a pensare che non fosse poi così male essere se stessa. - Ho solo paura di come reagirà, di quello che penserà di me. -
Hope la strinse di più, protettivo.
- E’ tua sorella, ti vuole bene, non ti giudicherebbe mai. -
Lei alzò le spalle. - Io l’ho giudicata una volta, cosa le impedirebbe di fare la stessa cosa? - al solo ricordo di come le avesse voltato le spalle, anni prima, quando Serah le disse di essere una l’Cie Lightning rabbrividì. Si sentiva ancora in colpa.
- Perché non è da Serah, semplicemente. -
Lightning ci pensò su. - Vuoi dire che invece era naturale io lo facessi? -
- Sì. - rispose lui quasi provocandola. Lo guardò con un misto di fastidio e delusione, pensava questo di lei?
Ma il ragazzo le sorrise gentile. - Ora però so che non lo faresti più, perché sei cambiata, non sei più quella persona adesso. -
Lei rispose al sorriso, aveva una così alta considerazione di lei eppure le sembrava continuamente che volesse quasi prenderla in giro. Aveva sempre avuto questo carattere leggermente enigmatico oppure era una conseguenza dell’essergli rimasta lontana per tre anni?
Lo colpì piano, scherzando. - Ti stai prendendo gioco di me o cosa? -
Hope alzò le sopracciglia. - Non lo farei mai. -
Il suo sorriso si allargò e in quel momento sembrava un bambino intento a farsi beffe della maestra. Poi si chinò a baciarla come se avesse improvvisamente necessità di quel contatto, o forse era semplicemente per distrarla e fare in modo che lei lasciasse perdere la questione. Qualsiasi cosa fosse funzionò, a Lightning passò ogni voglia di discutere che poteva esserle venuta. Era sempre così.
Sospirò tornando a guardare la città illuminata mentre una mano del ragazzo s’infilava sospetta sotto la camicia. Lei sorrise, un po’ perché adorava quel suo modo di fare, un po’ perché le faceva il solletico. La baciò nuovamente sul collo, poi dietro l’orecchio.
- Ci vediamo anche domani sera? -
Dalle labbra di lei sfuggì un gemito sottile quando lui le afferrò il lobo con la bocca. - Non posso, devo badare a Claire domani. -
- D’accordo… - iniziò lui, la mano che ormai era salita a sfiorarle il seno. - … allora vediamo di non perdere altro tempo. -
Lightning lo guardò ansiosa, quasi impaziente. Lo attirò a sé per baciarlo ancora, poi lui la strinse e, senza dire più una parola, rientrarono in casa approfittando della notte e del fatto che fosse appena iniziata.
*~*~*~*~*
Affonda la lama con un ultimo scatto, la creatura geme per il dolore, il sangue schizza macchiandole il viso.
Testa alta, sguardo fiero, indifferente. Con un gesto fulmineo estrae la sua arma dal ventre del mostro mentre questo smette di respirare e lentamente muore. Ha il respiro leggermente affannato quando osserva il risultato della sua furia, della sua crudeltà. Il corpo della creatura è dilaniato, quasi irriconoscibile. Si è scatenata su di lui come un animale lasciandosi andare ad una rabbia incontrollata. Si passa una mano sulla fronte ed avverte l’odore del sangue. Nausea. Guarda le sue mani rosse, sporche, macchiate dal peccato. Non ha mai ucciso per divertimento, non l’ha mai fatto per sfogare la sua frustrazione.
“Sii forte, ti copro le spalle.”
Si volta in fretta ma è sola, non c’è nessuno con lei, non c’è più nessuno che le copra le spalle. Ma può farcela, lei sa cavarsela anche da sola.
“Sto dietro di te.”
Si guarda ancora le mani intrise di sangue, sulla lama passa veloce il riflesso del suo volto. Altro sangue, cos’ha fatto? Senza pensarci inizia a correre lontano, vuole allontanarsi da tutto questo. Nausea. Arriva a un ruscello che è quasi più fango che acqua ma non le importa, qualsiasi cosa sarà meglio del sangue. Strappa un lembo di stoffa dalla sua giacca, la immerge, ed inizia a ripulirsi con impazienza, quasi con ferocia. Deve cancellare tutto, deve farlo in fretta. Mentre cerca di ripulirsi le mani lo vede, il braccialetto argentato che tiene al polso, l’unica cosa che le sia rimasta della sua vecchia vita. E’ pulito, nemmeno una goccia di sangue. Sfiora il ciondolo con la forma di un fulmine, lei, poi quello del fiore, lui. Il terzo, la serratura, ancora non ha capito che significato abbia, probabilmente non lo saprà mai. Non avrà più occasione di chiederglielo.
Se n’è andata via, è scappata.
Improvvisamente avverte un nodo alla gola, una morsa che le fa visita ogni sera. E poi eccole li, le lacrime, pronte a uscire dai suoi occhi, inesorabili. E lei si lascia andare ad un pianto silenzioso, perché nessuno la vedrà, nessuno la sentirà, nessuno saprà mai cosa fa tutte le sere quando si allontana dai suoi commilitoni inventandosi un giro di perlustrazione. E’ così arrabbiata con se stessa da volersi far del male ma non lo fa mai, così si sfoga con ferocia animale su qualsiasi creatura le si pari dinnanzi. Le manca il respiro, per un istante è sul punto di arrendersi.
“Quindi vai avanti e testa alta.”
Si sente soffocare ma riesce a riprendere il controllo di sé. Cerca di respirare con calma, poco alla volta e lentamente sente il cuore rallentare i battiti, le labbra e le mani smettono di tremarle incontrollate. Sospira. Prende la Gladius e inizia a ripulirla dal sangue ancora fresco, l’illuminazione è flebile, il cielo ha perso i colori del tramonto avviandosi verso l’oscurità della notte. Dovrebbe tornare al campo lo sa. Forse questa è stata l’ultima crisi, forse domani andrà meglio. Se lo dice ogni volta, ci spera sempre.
Speranza.
Sorride. Cosa c’è di più ironico di quel pensiero? Proprio lei che ha infranto una vecchia promessa, che ha fatto soffrire la persona che meno di tutte se lo meritava. Lei, che a quel nome si è tanto affezionata, come può sperare ancora?
Mi manca.
Questo pensiero le si forma talmente veloce nella mente che quando si permette di pensarci si ritrova in piedi, pronta a correre via. La sua voglia di vederlo è così forte? No, non può. E’ appena un ragazzo, cosa c’è di sbagliato in lei? Non può permettersi simili pensieri, deve restare calma. Respira.
Però vuole tornare, vuole vederlo.
Vuole sapere come sta, sentire la sua voce, vedere il suo sorriso.
Ma non può permetterselo, sono proprio questi pensieri che hanno il meglio su di lei corrodendola, costringendola ad uccidere. Questa sorta d’infatuazione deve riuscire a farsela passare o la consumerà fino a farla impazzire. Ad ogni costo. Si volta e lentamente torna al campo incurante del fango e dell’odore di sangue. Forse le faranno delle domande, come sempre, ma lei li ignorerà. Può farcela, può resistere.
Deve.
*~*~*~*~*
Se ne stava seduta intenta a leggere un libro mentre Claire, la sedia al suo fianco, disegnava canticchiando. Le dita completamente impiastricciate dai pastelli colorati, i fogli scarabocchiati e sparsi qua e là sul tavolo. Dondolava le gambette sospese nel vuoto, se si fosse sistemata sul tappeto sarebbe stata più comoda Lightning glielo aveva detto, ma la bambina aveva insistito per stare vicino a lei.
Improvvisamente Claire si fermò silenziosa, come se fosse stata colta da un pensiero fulmineo, voltò leggermente il capo a guardare la donna.
- Sia! -
La vocina squillante riecheggiò per tutta la casa mentre Lightning si voltava a guardarla colta di sorpresa. La chiamava così perché non riusciva ancora a pronunciare bene la parola zia, o forse semplicemente non le piaceva farlo. Gli occhi chiari della bambina la scrutavano attenti, quasi come se volesse parlarle con lo sguardo mentre arricciava appena le labbra arrabbiata che non ci riuscisse. C’era così tanto di Snow in quella bambina che Light ancora non si capacitava del perché le si fosse affezionata.
- Cosa succede, Claire? - chiese leggermente preoccupata.
Serah e Snow erano usciti quella sera perché era un qualche loro anniversario, se la bambina si fosse sentita male sarebbe stato un problema.
- Tu e il fratellino vi sposerete? -
Poco ci mancò che la donna cadesse dalla sedia per la sorpresa. Arrossì violentemente mentre balbettava confusa. - C-Cosa? Perché p-pensi questo? -
Claire piegò leggermente la testa da un lato, i codini biondi legati da nastri rosa seguirono il suo movimento. - La mamma dice che vi volete bene ma che siete, ehm… - ci pensò un attimo non ricordando le parole esatte. -… che siete due scemi dalla testa dura, ecco! -
Sorrise compiaciuta per essersi ricordata quella frase che sua madre le ripeteva fin troppo spesso ultimamente. Lightning restò in silenzio per qualche istante non sapendo cosa rispondere. Possibile che Serah avesse scoperto qualcosa?
- T-Tua madre dovrebbe imparare a pensare prima di parlare, una volta ne era capace. Temo che la brutta influenza di tuo padre stia avendo la meglio su di lei. -
Convinta che il discorso fosse chiuso riportò l’attenzione sul suo libro. Ma Claire era pur sempre la figlia di Snow, ed era una bambina di cinque anni, una bambina molto curiosa.
- Quindi non gli vuoi bene? -
Lightning sobbalzò stupita dall’insistenza della piccola. - Non è questo… -
Claire restò silenziosa, gli occhi puntati su di lei.
- Non basta questo per sposarsi, Claire. -
La bambina sospirò scontenta della sua risposta, non era quello che avrebbe voluto sentire. Riprese in mano un pastello giallo e si mise nuovamente a disegnare rassegnata. La donna capì la delusione della piccola ma si guardò bene dall’aggiungere altro, era un argomento fin troppo spinoso per affrontarlo con una persona così giovane.
Dopo qualche minuto passato in silenzio nei quali Lightning si permise di credere che la questione fosse finalmente risolta, Claire parlò nuovamente.
- Se non lo sposi tu allora lo farò io! -
Detto questo la bambina si rimise al lavoro sul suo disegno soddisfatta della sua decisione, canticchiando e facendo dondolare i piedi che non toccavano il pavimento. Lightning si ritrovò a guardarla e a sorridere divertita. Chissà che faccia avrebbe fatto Hope l’indomani quando glielo avrebbe raccontato.
Qualcuno bussò alla porta cogliendola di sorpresa. Era troppo presto perché i due sposini fossero già di ritorno, forse Lebreau aveva bisogno di qualcosa.
La donna si alzò e raggiunse l’ingresso sotto lo sguardo incuriosito della bambina, aprì e sgranò gli occhi azzurri quando lo vide. Hope le apparve preoccupato nonostante il sorriso, sembrava essere arrivato di corsa.
- Cosa ci fai qui? E’ successo qualcosa? -
Il ragazzo le sorrise cercando di tranquillizzarla. - Ho bisogno di parlarti. -
Lightning lo squadrò sorpresa. - Devo badare a Claire adesso. -
Lui scosse la testa. - Lo so, ma è importante. -
Sembrava così serio, così preoccupato e lei non poté fare a meno di chiedersi cosa stesse succedendo. Poi Claire si accorse dell’arrivo del ragazzo e lo raggiunse di corsa saltandogli fra le braccia. Hope la salutò ed iniziò a chiacchierare con lei mentre Lightning se ne restava immobile sulla soglia di casa tormentandosi preoccupata, quasi nervosa. Che lui volesse…?
- Mi fai entrare? - le chiese lui gentilmente riportandola alla realtà. Si accorse che stava stringendo così forte la porta da far sbiancare le nocche della mano. Scosse la testa e s’impose un leggero sorriso, non poteva permettersi di farsi sopraffare dall’ansia.
- Andiamo a fare una passeggiata. -
Hope la guardò sorpreso, solitamente era lei quella che non voleva uscire per evitare gli sguardi della gente. Ma forse avere Claire con loro sarebbe stato un ottima copertura. Nessuno avrebbe avuto nulla da dire nel vederli assieme alla bambina, era già capitato che facessero da “baby sitter” insieme.
Così annuì e con Claire entusiasta all’idea di prendere un dolce al bar di Lebreau, si avviarono fianco a fianco sulla spiaggia.
*~*~*~*~*
Camminavano in relativo silenzio da un paio di minuti sulla spiaggia affiancando la riva. Dopo svariati tentativi di mantenere asciutte le sue scarpe di cuoio Lightning aveva deciso di toglierle e proseguire a piedi nudi. Sentiva attraverso la pelle la consistenza della sabbia, ancora calda per via del sole cocente di quella giornata, venir spazzata via ad ogni nuova onda che s’infrangeva contro di lei, l’acqua piacevolmente fresca. Alzò lo sguardo per osservare i suoi due compagni di viaggio che la precedevano di qualche passo. Claire se ne stava comodamente sistemata sulle spalle del ragazzo mentre raccontava qualcosa che solo lei, tuttavia, sembrava comprendere, lui in risposta dava l'impressione di essere davvero interessato e annuiva sorridente ad ogni domanda della bambina. Insieme rendevano l’idea stessa della tenerezza e Light si ritrovò ad arrossire come una ragazzina, un sorriso appena accennato. Poi Hope si voltò leggermente verso di lei e, senza farsi notare dalla piccola, allungò una mano a sfiorare la sua. Lightning afferrò solo due dita in un gesto che esprimeva delicatezza e imbarazzo insieme e gli si affiancò concentrando tutti i suoi sensi sul calore di quelle dita morbide ed affusolate.
Claire, che nel frattempo aveva iniziato a cantare strane note di una melodia alquanto ripetitiva appresa probabilmente dal padre, aveva iniziato a intrecciare i capelli chiari del ragazzo. Da quando aveva imparato, ogni essere umano era una buona cavia da sottoporre alle sue creazioni e a Light scappò una risatina sommessa quando se ne accorse. Lui la guardò con aria interrogativa e lei scosse la testa in risposta alla sua muta domanda. Era un momento così perfetto che non voleva rovinarlo.
Dopo alcuni minuti arrivarono a destinazione trovando una Lebreau talmente indaffarata che erano intervenuti anche gli altri membri del NORA per darle una mano. Hope si stupì della quantità di persone stipate nel piccolo locale solitamente così tranquillo e silenzioso e Lightning gli spiegò che la sera quel posto si animava così tanto da renderlo quasi irriconoscibile. Musica alta, luci colorate e persone che si muovevano a ritmo ballando in ogni angolo. Lui la guardò preoccupato e si chiese come mai aveva deciso di andare in un posto tanto affollato sapendo quanto disagio potesse procurarle ma lei gli sorrise tranquilla, come aveva previsto Claire si rivelò un’ottima copertura per entrambi. La bimba volle salutare tutti - ma proprio tutti - prima di guidare il giovane verso Lebreau e il suo posto preferito : il reparto dei gelati!
Lightning, che aveva lasciato la mano del ragazzo non appena avevano varcato la soglia del bar, gli si accodò non perdendo d’occhio la bambina un attimo. Ovviamente si fidava di Hope ma Claire era pur sempre la figlia di Snow e ormai aveva imparato che era fin troppo simile a suo padre, non andava sottovalutata.
Per tutto il tragitto si era tormentata sul perché il ragazzo si trovasse lì e cosa lo preoccupasse tanto e adesso avrebbe di gran lunga preferito una bottiglia di vino al gelato. O un gelato al rum. In effetti gelato alcolico suonava magnificamente bene insieme nella stessa frase. Avrebbe potuto aprire un business e diventare miliardaria. Sarebbe stata una grassa, ubriaca, dirigente di una società gelato alcolica. Grassa, ubriaca ma felice.
- Light, tu cosa prendi? -
Alzò lo sguardo sorpresa e imbarazzata per essersi fatta cogliere in fragrante mentre era sovrappensiero, scosse la testa. - Sto bene così, grazie. Ho bisogno di aria, vi aspetto fuori. -
Hope alzò un sopracciglio mentre la osservava allontanarsi, era strana ma anche lui era parecchio nervoso per ciò che avrebbe dovuto dirle di lì a poco. Prese il suo gelato, ringraziò l’amica che gentilmente glielo aveva offerto perché altrimenti “chi lo sente poi Snow se vi faccio pagare il gelato?” e, Claire per mano, raggiunse Light fuori dal locale. Non la trovò subito, dovettero allontanarsi di qualche metro e poi eccola lì, seduta sopra ad alcuni scogli, lo sguardo lontano fisso sull’orizzonte dove alcune nuvole in lontananza sembravano avanzare minacciose verso la costa, il leggero vento serale che le muoveva sinuosamente i capelli rosati posati sulla spalla come piccole onde durante un tramonto estivo. Ad Hope il cuore mancò un battito, era talmente bella da togliere il respiro. Bella non era nemmeno la definizione esatta perché lei era qualcosa di più, qualcosa che andava oltre la mera bellezza terrena. Per lui era pura perfezione, lo era sempre stata e soprattutto per il suo esserne così dolcemente inconsapevole. Claire lo riportò alla realtà dal suo sogno ad occhi aperti tirandolo per la mano verso la donna che nel frattempo li aveva notati e fatto loro cenno per farsi trovare. La raggiunsero e la bambina volle a tutti i costi starle in braccio mentre si gustava il suo fin troppo enorme gelato al triplo cioccolato.
- Signorina, non è troppo questo gelato per te? - le disse mentre le sistemava i capelli biondi ribelli che erano sfuggiti dai codini. Claire la guardò con occhi furbi, gli stessi della madre e continuò a gustare il suo dolce come se niente fosse beccandosi così un buffetto sul viso da parte della giovane donna. Hope sorrise alla scena e si appoggiò a lei, schiena contro schiena, inebriandosi del suo profumo. Al contatto il cuore di Light prese a battere come impazzito e temette che tutti avrebbero potuto udirlo poi lui le allungò una vaschetta con del gelato che lei guardò sorpresa.
- E’ alla fragola, dovrebbe piacerti se non ricordo male. -
Voltò leggermente la testa nella sua direzione per fargli capire che lo stava guardando. - E tu come fai a saperlo? -
In verità adorava il gusto delle fragole in generale ma era sicura di non averlo mai detto a nessuno, forse nemmeno sua sorella se n’era mai accorta. Lui alzò le spalle come se fosse una cosa normalissima. - La torta del matrimonio di Snow e Serah era alle fragole e ricordo distintamente di averti vista mangiarne ben due fette… più una terza passata di soppiatto da Maqui che se non sbaglio invece ne è allergico. -
Lightning era allibita, come faceva lui a ricordarsi di una cosa del genere avvenuta tanti anni prima?
- Quindi mi hai vista. - pigolò piano imbarazzata - Ma come fai a ricordartene? Io a stento ricordo cosa ho mangiato ieri a pranzo… - ovviamente non era vero, lei aveva un’ottima memoria, ma volle provare a sdrammatizzare la situazione. E poi lui fermò il suo cuore per farlo ripartire nuovamente all’impazzata.
- Io ricordo ogni cosa che ti riguarda, non lo sai che passavo il tempo ad osservarti in silenzio? -
Imbarazzata non rispose, si limitò ad assaggiare quel dolce freddo che aveva fra le mani e lo trovò davvero delizioso. Hope alle sue spalle sorrise ma rimase in silenzio fino a che, dopo parecchi minuti in cui l’unico suono era quello delle onde del mare e la musica ed il vociare animato proveniente dal bar poco distante da loro, fu di nuovo Claire ad intervenire e togliere tutti dall’imbarazzo generale. Si alzò, le labbra leggermente sporche di cioccolato, e sorridendo chiese il permesso di andare a raccogliere conchiglie sulla riva. Lightning ci pensò su indecisa poi concluse che se fosse rimasta a vista non potevano esserci problemi ed inoltre lui doveva parlarle, era lì per quello.
Rimasero soli ma non troppo, la piccola rimaneva comunque a qualche metro di distanza, e dopo un paio di minuti Hope si separò controvoglia dalla schiena di lei per sedersi al suo fianco. Le prese una mano intrecciando le dita con le sue stando basso ben sicuro che nessuno potesse vederli. Sospirò nervoso, non sapeva come introdurre il discorso e lei avvertì la sua agitazione finendo per innervosirsi a sua volta. Perché lui, solitamente così deciso, temporeggiava? Era talmente esasperata dalla situazione che le uscì un - Insomma, è successo qualcosa di grave? - prima che potesse trattenerlo.
Lui non la guardò, si limitò a mantenere gli occhi fissi su Claire. - No, ma non so come reagirai e questo mi preoccupa. - disse infine, la voce bassa , apparentemente tranquilla ma una sfumatura della tonalità la fece quasi spaventare e diede voce al suo primo pensiero di quella sera, quando lo aveva visto all’improvviso sulla porta di casa.
- Vuoi finirla qui? - non riuscì a trattenerla, la voce leggermente soffiata a causa dei sentimenti contrastanti che provava. Era Rika? Forse aveva capito che era meglio stare con una normale ragazza della sua età - sempre carina, sempre sorridente, sempre dolce – piuttosto che con lei la quale lo obbligava a nascondersi come fossero due criminali. Voleva saperlo il prima possibile e allo stesso tempo ignorare il problema. Infine era successo anche a lei, aveva preso una sbandata colossale ed ora pagava le conseguenze dell’essere stata così incauta, no, ingenua era la parola giusta. Stupida, stupida, stupida.
Lui si voltò finalmente a guardarla, lei che teneva sempre testa a tutti semplicemente con gli occhi, adesso aveva lo sguardo fisso a terra, la mano libera che stringeva un mucchietto di sassolini colorati talmente forte da far sbiancare la pelle. - No, certo che no Light, non voglio lasciarti! - ed era stranissimo dire quelle parole visto che, effettivamente, non avevano nemmeno iniziato una vera relazione. Le strinse la mano cercando di attirare la sua attenzione. - Ci ho messo così tanto per farmi notare da te, non ci penso nemmeno a lasciarti andare adesso. -
Lightning finalmente alzò lo sguardo puntandolo nei suoi occhi verdi e ringraziò il cielo di essere seduta perché si sentiva le gambe deboli come gelatina in quel momento. Meno male! Osò solo pensarlo ma fu sicura che quel pensiero le passò anche sul volto rendendo il suo sollievo così dannatamente ovvio. Si stava trasformando veramente in una donna così tanto dipendente da un uomo? Ciò che aveva sempre detestato ed evitato per tutta la vita? - Allora… - tentennò osando sviare l’attenzione da sé -… si può sapere cosa è successo? -
Hope sospirò ancora poi finalmente si decise a dirle il motivo per il quale si era precipitato lì all’improvviso incasinandole la serata. - Si tratta di Snow… - iniziò piano mentre lei lo guardava ancora più confusa di prima.
- Cos’ha combinato Snow di tanto grave da farti agitare in questa maniera? -
Rimase in silenzio ancora qualche istante aumentando così quella maledetta suspense che aveva portato avanti da quando era arrivato. - Lui… lui lo sa. -
*~*~*~*~*
Stava inserendo alcuni noiosissimi dati nel suo computer quando un forte bussare ripetuto aveva interrotto il silenzio del suo ufficio. Rispose distrattamente di entrare convinto fosse qualche suo collega con “altro lavoro per lui” e non alzò gli occhi dallo schermo fino a che non sentì la voce di un suo vecchio amico irrompere nella stanza. Quando si voltò a guardarlo sorpreso di trovarselo lì gli sorrise poco convinto e vagamente preoccupato - Snow? -
L’uomo fece un cenno del capo nella sua direzione a mo di saluto - Ehilà fratellino!-
- Come mai da queste parti? - fece per alzarsi ma l’altro scosse la testa per farlo rimanere al suo posto.
- Tranquillo, va tutto bene. Ero in zona ed ho pensato di passare a farti un salutino, hai un momento?-
Hope lo guardò con aria interrogativa, in tanti anni Snow non si era mai presentato da lui solo per un salutino. Qualcosa non tornava.
Tornò a battere i suoi dati al computer - Ti ringrazio per il pensiero e ti offrirei un caffè ma purtroppo come vedi ho un sacco di lavoro arretrato al momento. Se mi allontano c’è il rischio che ai miei assistenti venga una crisi isterica. -
L’uomo dall’altra parte della scrivania fece una risatina all’idea. - Lo capisco. Ho però bisogno di parlarti. -
Hope si fermò di nuovo e gli offrì quanta più attenzione poté, sperando che facesse in fretta. - Va tutto bene? Mi sembri parecchio strano oggi. -
Snow si portò una mano fra i capelli biondi sprovvisti della solita bandana come per cercare di trovare le parole giuste. - Ecco, si tratta della sorellina. - chissà perché come la nominò Hope avvertì come una sorta di presentimento. - Ultimamente si comporta in modo strano. -
- Cioè? - chiese mentre tornava ad occuparsi dei suoi dati con finta nonchalance anche se troppo assorto per concludere qualcosa. Avrebbe dovuto rifare tutto dall’inizio dannazione.
- Esce ad orari strani, soprattutto la sera. Non dice mai dove va né con chi, è sempre distratta… -
- E’ una donna adulta, ne sei consapevole vero? Anche se abitate sotto lo stesso tetto credo che sia libera di poter fare quel che vuole, no? - lo interruppe un po' troppo velocemente. Sperò che l’altro non notasse l’agitazione che gli stava salendo fin alle tempie.
- Certo. - rispose Snow preso in contropiede dal tono dell’amico. - Solo che, insomma, io e Serah siamo preoccupati per lei. -
Proprio Hope non capiva dove l’amico volesse arrivare e non era nemmeno così sicuro di volerlo sapere. Aveva promesso a Light che non avrebbe detto niente, e non aveva intenzione d’infrangere quella promessa. Lei si fidava di lui ed inoltre era giusto che fosse lei a decidere quando e a chi dirlo. - Insomma, dove vuoi arrivare? Come ti ho detto non ho tempo al momento. Vedi questa piccola scatola di metallo che emette suoni e luci? E’ un computer e guarda caso lo uso per lavorare… -
- Qualche sera fa, era parecchio tardi… - continuò l’amico senza degnarlo di una risposta abbassando lo sguardo -… e lei è uscita per una “passeggiata”. Mi sono preoccupato, anche se lei è forte ed è un soldato e roba così è pur sempre una ragazza… ed era davvero tardi. -
Hope lo guardò immobile, un lampo di comprensione che iniziava ad emergere nei suoi occhi verdi. - Snow cosa stai… ? -
- So che non avrei dovuto ma... l’ho seguita. - continuava a tenere lo sguardo basso mentre si martoriava le dita nervosamente. - Ero preoccupato potesse accaderle qualcosa quindi mi tenevo a debita distanza ma non troppa nel caso avessi dovuto intervenire. Ed è così che ho scoperto con chi si vedeva. -
Il ragazzo aveva preso a schiacciare tasti completamente a caso sulla tastiera preda dell’agitazione più totale.
- Immagina la mia sorpresa quando ho visto che eri tu. -
Quella frase restò sospesa nell’aria, pesante, insopportabile. Alzò finalmente lo sguardo sentendosi quasi soffocare e i due si guardarono in silenzio per parecchi istanti.
- Senti amico, io non voglio farmi gli affari tuoi ma… -
- Ma è esattamente quello che stai per fare. - concluse il ragazzo, la voce tranquilla, gli occhi verdi seri ed immobili.
L’uomo sospirò come se si fosse finalmente liberato di un peso troppo grande per lui. - Ragazzo, io ti voglio bene lo sai. Anzi VI voglio bene, ad entrambi, siete la mia famiglia, io capisco che questa cotta che hai per lei sia forte e che te la porti dietro da tanto tempo però… -
- Snow, la mia non è una cotta. - insistette particolarmente su quella parola che lo faceva apparire ancora una volta come un ragazzino. Quando si sarebbero decisi a capire che non era più il piccolo del gruppo, che era cresciuto e che non andava protetto?
L’altro alzò le mani in segno di resa. - Ehi, io sono dalla tua parte, davvero! Ma questa cosa, con lei… - sospirò di nuovo. Nonostante si fosse preparato quel discorso per tutta la mattina non sapeva nemmeno più se era giusto proseguire su quel sentiero. - Quel che sto cercando di dirti è che Lightning non è la persona giusta per te. Non è cattiva, anzi, ma è una persona complessa e temo che ti farà soffrire e basta. -
Hope scosse la testa, non riusciva a credere a quello che sentiva. - Tu pensi veramente questo di lei? -
Snow lo guardò sorpreso. - Beh, non è esattamente la persona più stabile che ci sia e ce lo ha ben dimostrato. E’ sparita per tre anni. Tre anni, Hope. L’hai dimenticato?-
- Quello non c’entra, è stata colpa mia se… -
- Non m’importa di chi era la colpa ma l’ha fatto, facendoci preoccupare tutti per troppo tempo. Togliendo a Serah la possibilità di avere una sorella proprio quando aveva più bisogno di lei. Sai quante notti ha passato a piangere perché non aveva idea di dove fosse? Si è sentita abbandonata, tutti ci siamo sentiti così. -
Aveva ragione, Snow aveva maledettamente ragione lo sapeva, era stato arrabbiato anche lui ma era riuscito a perdonarla ed era certo che anche Serah si fosse lasciata tutto alle spalle. Perché Snow non voleva comprendere? Si sbagliava di grosso su di lei, era cambiata, stava provando a cambiare, aveva appena iniziato ad imparare ad essere se stessa.
- Ascolta, ti ringrazio Snow… - iniziò a dire mentre si alzava raggiungendo la finestra, era quasi il calar del sole e in strada era pieno di persone che si affrettavano per tornare a casa. -… so che ti stai solo preoccupando per me ma so quello che faccio. Ti prego solo di fare finta di niente per il momento. -
L’amico si alzò dalla sedia con un sospiro sfinito e si diresse alla porta. - Va bene fratello, solo... fai attenzione. - uscì dalla stanza facendolo piombare nuovamente nel silenzio interrotto solo dai beep del suo computer. Era tempo di rimettersi al lavoro e in qualche modo avrebbe trovato il coraggio di dirlo a Light quella sera stessa.
*~*~*~*~*
Hope prese coraggio e si decise infine a guardarla un po’ terrorizzato dall’idea di trovarla in condizioni esagerate. Eppure Light sembrava fin troppo tranquilla data la situazione, continuava a fissare l’oceano davanti a sé, il cielo che si era fatto improvvisamente più scuro e coperto da nuvoloni preoccupanti. Sudò freddo e si ricordò che, solitamente, prima di scoppiare in una qualche sfuriata delle sue lei stava sempre in silenzio. La classica calma prima della tempesta.
- Light? - azzardò piano, quasi stesse parlando ad un cerbiatto nella foresta - Tutto bene? -
Le sfiorò una guancia per attirarne l’attenzione e finalmente, a seguito di quel contatto, lei si voltò a guardarlo, gli occhi azzurri confusi e vagamente lucidi. Poi si portò entrambe le mani alle tempie accasciandosi su sé stessa, il viso nascosto fra le ginocchia, il respiro troppo veloce. Hope si accorse che tremava così le circondò le spalle con un braccio cercando di rassicurarla. Non disse niente, non c’era bisogno di farle sapere che era lì pronto a sostenerla e lasciò che fosse lei a prendere l’iniziativa. Dopo qualche istante la sentì borbottare qualcosa a voce bassissima così avvicinò il viso al suo ed improvvisamente lei tirò su la testa rischiando quasi di colpirlo. - E’ terribile. Terribile. Terribile! -
Lui la guardò confuso mentre la sentiva ripetere sempre la stessa parola scuotendo leggermente la testa. Ed eccola lì la tempesta.
Le sorrise dolcemente sperando di riuscire a calmarla in qualche modo. - Dai, poteva andare peggio. Non fare così… -
Ma Lightning sembrava non ascoltarlo nemmeno così lui continuò. - Mi ha promesso di non farne parola con nessuno e sai Snow com’è con le promesse. Morirebbe piuttosto che infrangerle. -
Le carezzò una guancia accorgendosi che una lacrima minuscola faceva capolino nell’angolo dell’occhio, era davvero così tremendo che qualcuno scoprisse di loro dopotutto? Non riusciva a capire fino in fondo, lui avrebbe voluto urlarlo al mondo intero mentre lei sembrava ancora vergognarsene, come se fosse sbagliato. Anche secondo Snow la cosa non poteva funzionare. Che fosse l’unico a non vedere le cose come stavano realmente?
Che fosse davvero solo tutto un grosso errore?
Come poteva una cosa così bella, che lo faceva sentire così vivo, essere anche sbagliata?
- Serah… - disse lei inaspettatamente ed Hope si ritrovò più confuso che mai. - … se venisse a saperlo da lui mi toglierebbe il saluto per sempre! -
- Cosa intendi dire? - chiese debolmente quasi temesse la risposta, gli occhi verdi che cercavano l’attenzione di quelli freddi ed azzurri di lei. - Ma non capisci? - rispose esasperata mentre si divincolava dal suo abbraccio quasi il contatto le scottasse la pelle.
“No, non capisco, spiegami!” avrebbe voluto urlare il ragazzo ormai completamente nel pallone più totale ma rimase in silenzio, aggredirla verbalmente non sarebbe servito a niente anzi, avrebbe ottenuto solo l’effetto contrario. Le afferrò i polsi con decisione ma senza farle male, voleva farle capire che quello era il momento giusto per mostrarsi vulnerabile ed esternare i suoi pensieri, che poteva farlo con lui.
- Le ho promesso che mi sarei confidata con lei per qualunque cosa, che sarebbe stata la prima… - iniziò Lightning finalmente guardandolo, una lacrima che era riuscita a sfuggire al suo controllo e scendeva inesorabile sulla sua guancia tracciandole una sottile linea argentea. Ma andava bene, poteva farlo, con lui poteva essere se stessa. Fragile, umana. - … quando scoprirà che non l’ho fatto ci resterà malissimo, mi odierà. -
Ed Hope quasi sorrise per il sollievo, dunque era questo a preoccuparla più di ogni cosa? Più dell’opinione della gente?
- Per questo devo dirglielo, devo essere io a farlo. - continuò lei risoluta nella sua decisione. Poi si accorse del sorriso di lui e si mostrò quasi risentita. Si stava prendendo gioco di lei? - Perché stai ridendo? -
Hope scosse leggermente la testa, i capelli chiarissimi che si muovevano fluidi sulla sua fronte, Light provò l’istinto di toccarli ma riuscì a trattenersi.
- Stai tranquilla. - le disse dolcemente con voce calda e rassicurante mentre le accarezzava la guancia asciugandola dalle lacrime che erano seguite incontrollate una dopo l’altra. - Snow non le dirà niente, te lo giuro. -
- Come fai ad esserne sicuro? - gli chiese arrossendo appena, la pelle del viso incredibilmente calda dove lui la stava toccando. - E perché continui a sorridere a quel modo? - gli chiese ancora scocciata. Se era uno scherzo non lo trovava affatto divertente.
Lui sorrise ancora, si sentiva felice. - Perché io so tutto, ricordi quanto sono intelligente? - si vantò avvicinando il viso al suo.
- Sbruffone… - disse lei a un soffio dalle sue labbra. Voleva prenderle, baciarle, morderle ma qualcosa la trattenne, forse il fatto che erano all’aperto troppo vicini al locale dei suoi amici.
- Light… - lui interruppe il filo dei suoi pensieri - … mi prometti di essere sincera alla domanda che sto per farti? -
Lei si allontanò leggermente per tornare a guardarlo fisso negli occhi, sembrava serio eppure continuava a sorriderle. Annuì piano, provò una leggera tensione.
- Il tuo primo pensiero è stata Serah, ma cosa mi dici di Snow? -
Lightning si morse il labbro inferiore pensierosa. - Cosa intendi? -
- Non t’importa di quello che pensa lui, adesso che lo sa? -
Non capiva dove lui volesse arrivare, perché avrebbe dovuto importarle di quel che pensava quell’idiota… e poi eccola lì, come una rivelazione, veloce e lampante come i lampi che illuminavano il cielo sopra di loro. Carichi di energia e pronti ad esplodere da un momento all’altro.
Si rese conto per la prima volta che non le importava più. Non le interessava affatto quello che poteva frullare nella mente di Snow o degli altri a proposito di lei e di Hope. Che la giudicassero pure, che pensassero di lei quel che volevano. Era malata, sbagliata, che avesse perso il definitivamente il senno. Non aveva alcuna rilevanza ormai.
- No… - si ritrovò a dire piano, la consapevolezza di quella verità che le esplodeva nel petto aumentandone i battiti del cuore.
Era solo una parola, breve, detta sottovoce, ma che fece quasi impazzire Hope dalla felicità. Era tutto ciò che voleva e che aveva bisogno di sentire. E poi lei lo sorprese ancora prendendogli il volto fra le mani e fissandolo intensamente negli occhi, i suoi capelli rosei ad invadergli la visuale.
- … Non ha nessuna importanza… -
Si avvicinò piano e lo baciò.
Le sue labbra erano dolci, morbide, ardenti come se volessero divorarlo. Un po' timida ed un po' audace, un mix letale che lo faceva impazzire. Approfondì il bacio quando la sentì dischiudere ulteriormente le labbra in un muto assenso e ne approfittò per solleticarle il palato con la lingua, la prese per le spalle e la attirò di più a sé giocando con le dita sui suoi capelli soffici e setosi. Lei si inarcò in avanti quando sentì la mano di lui venir meno sulla sua scapola e posarsi sul fianco per poi scendere a solleticarle la pelle della coscia lasciata scoperta dai pantaloncini. Con le dita disegnava piccoli arabeschi creandole infiniti brividi di piacere. Hope la vide flettersi verso di sé come un fiore che chiedeva solo di essere colto e non capì più niente. L’attirò ancora di più e le passo un braccio dietro la schiena lambendole le labbra, le guance, il mento, il collo e Lightning lo teneva per la camicia come ci si aggrappa all’unica cosa che ci impedisce di cadere nel vuoto. Si sentiva finalmente libera dai suoi stessi pensieri che la tormentavano da troppo tempo, libera di poter amare come non aveva mai fatto nella vita. L’aveva trovato, infine, il suo posto. La sensazione era quella di non essere davvero lì, come un sogno lontano era tutto appannato eppure tutto amplificato, sentiva il suo stesso respiro dentro le orecchie e le sembrava troppo forte così cercò di regolarizzarlo e fu allora che se ne accorse. Un urlo lontano che la chiamava.
Si staccò leggermente da lui, il respiro affannato, sciogliendone l’abbraccio e lasciandolo confuso da quel gesto improvviso. Ed il sogno finì rendendo nuovamente la realtà unica protagonista della loro vita. Sopra le loro teste infuriava l’inizio di un temporale, lampi e fulmini lambivano le nuvole scure e cariche di pioggia, il vento aizzava quella tempesta che dava l’idea di voler spazzare via tutto, le onde del mare alte e imponenti.
Lightning si guardò attorno stranita, quanto tempo era passato? Un minuto, un’ora?
Dietro di loro i clienti del bar si allontanavano a passo svelto per rientrare nelle proprie case mentre il gruppo del NORA si dava daffare alla svelta per sistemare sedie e tavolini prima che iniziasse a piovere troppo forte. Poi eccolo di nuovo, un grido sottile, soffocato.
Una consapevolezza mostruosa l’atterrò facendole quasi perdere i sensi, come preda di un incantesimo che le aveva rallentato i movimenti voltò il capo verso la spiaggia nel punto esatto in cui stava sua nipote solo pochi istanti prima.
Sparita.
Hope seguì il suo sguardo quando vide i suoi occhi azzurri spalancarsi di terrore e il sangue abbandonare le sue guance rosee ed anche lui impallidì a quella realtà spaventosa. Poi la sentì urlare con quanto più fiato avesse in corpo, come non l’aveva mai udita prima. Terrorizzata.
- Claire!-
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Nota Autrice: Purtroppo non posso veramente dire molto al riguardo, sono passati 4 anni dall'ultimo aggiornamento, ormai credo che più nessuno sarà qui a leggere ( giustamente ) Non starò qui a spiegare il perchè nè il come, ho avuto impegni su impegni, un lavoro che non mi dava tregua e mi aveva prosciugato ogni spiraglio di creatività. Arrivavo a casa la sera tardi e l'unica cosa che volevo era dormire ed ecco che si ricominciava. Un lavoro che mi ha fatto quasi avere un crollo nervoso fino a che ho infine deciso di andarmene per ricominciare una nuova vita, per tornare ad essere me stessa. E nel mentre cercavo di tornare quella che ero ho avuto un incidente, bloccata a letto con una gamba rotta mi sono messa a pensare. Ho pensato tantissimo e sono giunta alla conclusione che non potevo lasciare in sospeso alcune cose che avevo iniziato. Una era questa. Così ho ripreso in mano la tastiera e, spinta anche dalla voglia di fare una sorpresa, sono riuscita ad andare avanti ( stupendomi anche del fatto di quanto in realtà sia stato semplice alla fine dei conti )
Quindi niente, la finirò, il prossimo ed ultimo capitolo è praticamente concluso, e questa volta è veramente una promessa. E continuerò a scrivere perchè sì, è una delle poche cose che mi fa stare bene con me stessa. Come sempre se passate di qua ( cosa improbabile ) e notate errori, sviste o altro fatemelo pure presente, non mi offendo. Potete anche mandarmi a quel paese, me lo merito.
Dopo questo papiro voglio fare tantissimi auguri a Cinzia! E' una ragazza d'oro e sono tanto felice di averla conosciuta tramite questo sito. Spero tanto che ti sia piaciuto questo capitolo ( io sono proprio innamorata di Hope oh ahahah ) e ti prometto che arriverà anche il finale prestissimo. Non potevo proprio lasciarli così!!! ( e nel mentre ovviamente mi è tornata la ship pazzesca come al solito quindi chissà )
Si EFP, non ti abbandonerò più!
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 - Epilogo ***
Fandom: Final Fantasy XIII
Pairing: Hope/Lightning
Personaggi: Lightning Farron, Hope Estheim, Snow Villiers, Serah Farron, Claire ( nuovo personaggio ) Rika Lennet ( nuovo personaggio )
Tipologia: One Shot ( 11.163 parole )
Genere: Sentimentale, Romantico, Introspettivo
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Square-Enix che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in "Final Fantasy XIII", appartengono solo a me.
18° Argomento: Momenti della Giornata
5. Notte
The Passing of Days
Capitolo 6
* Epilogo *
“ You'll be okay.
I'll keep you safe.
I’ll try to watch out for you too ”
Riuscì appena a formularne il pensiero che subito era già pronta per tuffarsi in acqua sfidando la tempesta che incombeva sopra di lei. Ma prima che potesse farlo due mani che non si sarebbe mai aspettata potessero essere così forti la trattennero per le spalle. Claire che nel frattempo gridava spaventata, la corrente che la portava sempre più lontano dalla riva.
- Vado io, tu fai il giro. - le disse il ragazzo indicandole un gruppo di scogli più a destra. La loro formazione ricordava un molo e Light rammentò che aveva visto da sempre i ragazzi usarli come trampolino per innumerevoli tuffi. Il mare si era ingrossato e di quelle rocce emergeva solo la parte superiore rendendo il percorso impervio ma non impossibile, sicuramente semplice per lei ed effettivamente la corrente stava trascinando la bambina proprio in quella direzione. Ma la donna era più veloce e più resistente, lo sapevano entrambi che sarebbe stato meglio invertirsi i ruoli.
Guardò Hope. I suoi occhi decisi erano d’un verde intenso e risaltavano ancora di più nell’oscurità minacciosa della tormenta. Senza darle il tempo di rispondere su come la pensasse al riguardo di quell’idea completamente folle e pessima lo vide correre e tuffarsi in mare, scomparendo nell’acqua scura per alcuni secondi.
Trattenne il fiato fino a che non vide i suoi capelli chiari riemergere qualche metro più avanti ed iniziare la sua rapida ascesa verso Claire. Fu allora che si riscosse e, finalmente tornata padrona di sé, si voltò in direzione delle pietre qualche metro più avanti.
Mentre avanzava non perdeva d’occhio il ragazzo che si avvicinava, non senza difficoltà, alla piccola. Era veloce ma non abbastanza, lei si stava allontanando inesorabilmente e a breve sarebbe stato impossibile raggiungerla così. Poteva sentire il suo pianto disperato mescolato al fragore sordo dei tuoni nel cielo rimbombarle nelle orecchie mentre cercava con tutte le sue forze di resistere alla corrente.
Il vento aveva aumentato la sua potenza rendendo i suoi movimenti più difficoltosi, la pioggia si era fatta scrosciante e fitta, tanto che Lightning faceva fatica a distinguere le due figure in mare, e rendeva le rocce estremamente scivolose. Inciampò un paio di volte e si graffiò sia le gambe che le braccia, quelle pietre erano taglienti come rasoi affilati e l’acqua salata le bruciava con forza sulla pelle irritata. Ma non si fermò mai, nemmeno per un secondo, nemmeno per riprendere fiato. Quando fu quasi a metà del suo percorso vide in lontananza la piccola figura di Claire che, con una fatica estrema per una bambina così piccina, era riuscita ad afferrarsi ad uno degli ultimi scogli. Ma la pietra era scivolosa e ricoperta di muschio, non avrebbe resistito ancora a lungo.
Hope se ne accorse, nuotava più veloce di quanto avesse mai fatto in vita sua, persino più di quando era ragazzino e rischiava di morire ogni giorno a causa della maledizione dei l’Cie, del Sanctum o semplicemente per la paura. Ma non aveva tempo per pensarci adesso, non poteva permettersi distrazioni, doveva assolutamente raggiungere quella bambina e metterla in salvo. Era stata tutta colpa sua, era lui ad essere di troppo, non doveva nemmeno essere lì quella sera, se non fosse stato per lui a quest’ora Claire sarebbe stata al sicuro nel suo letto e anche Lightning.
Lightning… non l’aveva mai vista così terrorizzata, nemmeno per Serah.
Per la prima volta aveva temuto di vederla perdere il controllo.
Un’onda spaventosamente alta lo investì portandolo sotto la superficie, la corrente lo trascinò con sé e nell’agitazione mentre cercava disperatamente di risalire urtò qualcosa. Il dolore fu improvviso, una fitta agghiacciante al fianco lo paralizzò per qualche istante facendogli perdere un po' del fiato che stava disperatamente cercando di trattenere. Con una forza di volontà che non sapeva di possedere riuscì a riprendersi e a superare il dolore e, non senza fatica, finalmente riemerse inspirando quanta più aria potesse. Si guardò attorno cercando di capire dove fosse finito mentre le fitte di dolore aumentavano, si sfiorò la pelle e quando guardò la mano notò il sangue che sembrava fuoriuscire copioso dalla ferita. Il fianco gli bruciava terribilmente e ogni respiro era un’agonia ma fortunatamente, come avesse fatto non sapeva spiegarselo, era un po' più vicino a Claire di quanto non lo fosse prima.
Prese un ultimo grosso respiro mentre osservava con timore la tempesta che infuriava tutt’attorno a lui, lampi e fulmini illuminavano quasi a giorno l’oscurità della notte, rombi di tuoni echeggiavano nelle sue orecchie come il ringhio di un qualche mostro selvatico. Con la coda dell’occhio vide Lightning che avanzava rapidamente ma con difficoltà nonostante tutte le sue capacità di soldato super addestrato. Sembrava essere tornata in sé nonostante le si leggesse ancora il terrore negli occhi, ma era pur sempre una combattente ed in qualche modo riusciva ad estraniarsi abbastanza per concentrare tutte le sue energie sull’obiettivo. L’aveva sempre fatto al contrario di lui che si sentiva costantemente troppo coinvolto, che si faceva prendere dal panico sebbene non desse a vederlo e restasse tranquillo e riflessivo. Ma adesso non era il momento di farsi prendere dall’ansia, doveva riuscire a raggiungere quella bambina a qualsiasi costo. Se le fosse capitato qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato, non poteva permetterlo e Lightning, lei non avrebbe sopportato quel peso, sarebbe crollata definitivamente. E Snow e Serah? No, non poteva permettersi di avere certi pensieri, non era quello il momento. Adesso doveva agire e basta.
Con uno scatto dettato unicamente dalla sua forza di volontà si gettò in avanti con la pioggia mischiata all’acqua marina a sferzargli il viso oscurandogli quasi del tutto la vista, doveva affidarsi quasi unicamente al suo istinto ed all’urlo sempre più sottile di Claire. Un lampo illuminò la zona e per una frazione di secondo Hope la vide aggrappata ad una roccia a pochi metri di distanza. Un’altra onda lo investì, poi un’altra e un’altra ancora. Aveva perso il conto ormai di quanti minuti fossero passati in quella sua folle corsa disperata, gli sembrava di nuotare da tutta una vita, il dolore al fianco quasi non lo avvertiva più, solo un formicolio che si estendeva fino alla coscia. Con un ultimo sforzo sovrumano finalmente la raggiunse afferrandola proprio nell’istante in cui, stanca, lasciava la presa mentre con l’altra mano, adesso, era lui ad ancorarsi alla roccia tagliente. L’avvicinò al viso per controllare che non fosse ferita, gli occhioni azzurri erano pieni di lacrime, rossi e spaventati ma, escluso qualche graffio alle mani sembrava che stesse bene. La piccola si aggrappò a lui con forza, le braccia strette attorno al suo collo, mentre iniziava nuovamente a piangere per la paura ma felice di vederlo e sentendosi finalmente un po' più al sicuro. Hope le sorrise incoraggiante e le disse che sarebbe andato tutto bene, che presto sarebbe stata a casa dai suoi genitori. Claire sembrò rassicurata da quelle sue parole e finalmente smise di singhiozzare sebbene le lacrime continuassero ad uscirle impietose dagli occhi, lo strinse forte e si fidò di lui come avrebbe fatto solo con suo padre. Snow le ripeteva ogni giorno sin da quando era nata che l’avrebbe sempre tenuta al sicuro e salvata da qualsiasi pericolo, anche dai mostri che vivevano nell’oscurità dell’armadio nella sua cameretta e lei pendeva dalle sue labbra, il suo papà era il più forte al mondo, il più coraggioso. Ma adesso era Hope il suo eroe, era lui che era arrivato a salvarla come uno dei principi delle fiabe che le leggeva sua madre ogni sera.
L’ennesima onda li investì ma, fortunatamente, Lightning apparve come la salvatrice che era e afferrò al volo la mano del ragazzo. La stretta era salda, forte ma tremava anche un po' a causa dell’adrenalina che le circolava in corpo. Si guardarono solo per un breve momento in cui però si dissero tutto. Gli occhi verde brillante di lui rassicurarono quelli azzurro ghiaccio di lei, le confermarono che la bambina stava bene e che presto si sarebbe sistemata ogni cosa. Lightning gli sorrise brevemente grata che lui fosse lì, probabilmente sarebbe crollata se non l’avesse scossa sulla spiaggia. Questa volta, doveva ammetterlo, era stato lui a sostenerla in un momento di difficoltà e ciò la rendeva anche un po' orgogliosa.
Claire si mosse verso la zia desiderosa di uscire da quell’incubo impregnato di acqua e lacrime al più presto e nel farlo fece gemere leggermente il ragazzo di dolore. Lightning che si era allungata in avanti per prendere la piccola fra le braccia, si voltò a guardarlo nuovamente allarmata. Hope restò immobile ancorato con le braccia attorno alla roccia mentre la corrente cercava di trascinarlo via, la tempesta sembrava non avere la benché minima intenzione di diminuire la sua intensità in tempi brevi. Si guardarono di nuovo e poi lui le fece cenno di non preoccuparsi.
- Cos’hai? - gli chiese la donna urlando, cercando di sovrastare il rombo dei tuoni sopra di loro.
- Non è niente, devo solo prendere fiato. - la sua voce era effettivamente affaticata e lei fece quasi fatica a comprendere le sue parole. - Porta Claire al sicuro, fa presto! -
Qualcosa nel suo comportamento non la convinceva del tutto ed esitò mentre si voltava a guardare il tragitto insidioso che avrebbe dovuto ripercorrere con la bimba al seguito.
- Resto dietro di te, lo prometto. - aggiunse lui cercando d’imporsi la voce più solida e rassicurante che conoscesse. Le sorrise come se non stesse accadendo niente, come se loro non fossero nel bel mezzo del mare con onde alte più di un metro ed una corrente spaventosamente potente. Light guardò Claire che si aggrappava a lei, così piccola, così spaventata, e sapeva che doveva portarla sulla spiaggia al più presto, che ogni secondo in più che passava era un rischio inutile. Ma abbandonare così Hope in mezzo alla tempesta, non poteva, non poteva proprio. Lui la guardava implorandola con gli occhi di andare e lei si sentì come divisa a metà, doveva scegliere. Era a questo che il suo sogno aveva cercato di prepararla?
- Fidati di me. - aggiunse lui ancora una volta. Infine Lightning si concesse un sorriso in risposta, tremò un po' a causa del vento freddo e forse di qualcos’altro. Un presentimento? Non disse altro, non voleva pensare a niente e benché facesse fatica a staccare lo sguardo dal suo, infine riuscì a voltarsi, Claire stretta fra le braccia, diretta verso la spiaggia.
Il ragazzo la seguì con gli occhi e quando gli sembrò che si fosse allontanata a sufficienza provò a issarsi sulla roccia. Fece presa con le mani e mise quanta più forza possedesse per emergere dall’acqua ma il dolore al fianco, che non lo aveva abbandonato un attimo, gli procurò una fitta lancinante che si protese per tutto il corpo. Una scarica che gli mozzò il fiato e successivamente lo fece urlare obbligandolo ad abbandonare l’idea di proseguire nella sua impresa, fortunatamente un rombo di tuono in quell’esatto istante impedì alla sua voce di raggiungere la donna che altrimenti sarebbe sicuramente tornata indietro rischiando così di rendere vana tutta la sua fatica. Riprese fiato e si accorse che non riusciva più a muovere bene entrambe le gambe, si voltò nuovamente a guardare Lightning che avanzava rapida verso la sua destinazione, ormai le mancava davvero poco. Decise che sarebbe tornato indietro a nuoto, fiancheggiando gli scogli e cercando di usarli come appiglio in caso di necessità, la tempesta imperversava e l’idea di sfidare nuovamente la corrente non lo allietava ma non aveva altre alternative. Iniziò la sua ascesa una roccia dopo l’altra, fermandosi sempre per riprendere fiato, il dolore sempre più acuto. Esaminò velocemente le sue condizioni e notò di nuotare immerso nel suo stesso sangue, doveva averne perso parecchio, la ferita sembrava profonda. Avanzò ancora qualche metro, si sentiva tremendamente debole e la vista era annebbiata da un velo di oscurità come se dovesse svenire da un momento all’altro.
Poi un fulmine cadde vicino a lui illuminando la spiaggia come il sole a mezzodì, vide finalmente Lightning raggiungere la riva e... quelli erano Serah e Snow? Fu talmente breve che non seppe dire se fossero veri o un’allucinazione dettata dalla sua situazione ma si ritrovò a sorridere sollevato che finalmente Claire fosse salva e con lei Light. L’avrebbe perdonato per averla messa in quella situazione?
Perse la presa dalla roccia a cui si stava aggrappando tagliandosi la mano per l’ennesima volta e finendo in balia della corrente, un’onda lo investì e infine perse i sensi.
Non emerse più.
*~*~*~*~*
Non si era guardata indietro mai, nemmeno una volta.
Come Orfeo che ritorna dagli inferi con l’obbligo di non voltarsi a guardare la sua Euridice si era ripromessa di non cedere alla tentazione e di fidarsi completamente di Hope. Era un modo per auto convincersi e per rassicurare Claire che tutto stesse andando bene, si era solo immaginata che ci fosse qualcosa che non andava in lui, stava benissimo ed era proprio qualche passo dietro di loro. Se si concentrava abbastanza poteva quasi avvertirne i passi anche in mezzo a tutto quel caos.
Dentro di sé però sapeva. Lo conosceva abbastanza bene da capire quando qualcosa lo preoccupava benché in quell’occasione fosse stato assai bravo a nasconderlo. Ma non poteva permettersi di pensarci adesso, per prima cosa avrebbe portato sua nipote al sicuro e poi… e poi cosa? Quella poteva essere stata la decisione più giusta o più sbagliata che avesse preso nell’arco della sua vita.
La pioggia era talmente fitta che a stento vedeva la costa ma per fortuna le luci delle abitazioni che si avvicinavano la rassicuravano che stava veramente arrivando a destinazione.
Dieci metri.
Sette.
Cinque.
Alzò lo sguardo e per un attimo intravide nell’oscurità due ombre dall’aspetto familiare. Serah e Snow? Si ritrovò a sorridere sorpresa e preoccupata al tempo stesso e quando infine riuscì a superare l’ultimo metro che la separava dalla terraferma provò anche un po' di paura al pensiero di cosa potessero pensare. L’uomo così tanto più alto di lei le si avvicinò e quasi le strappò la figlia dalle mani. - Cosa diavolo sta succedendo, Lightning? - il suo tono era furioso ma trattenuto.
La bambina si accoccolò fra le braccia del padre ricominciando a piangere e strillare, lui le accarezzò il viso e si assicurò delle sue condizioni cercando di rassicurarla. Il suo papà era finalmente arrivato e lei non doveva più temere nulla, era al sicuro adesso.
- A cosa diavolo stavi pensando per lasciare che accadesse questo a mia figlia? Io mi fidavo di te… - intervenne Serah, la voce tramante di rabbia e particolarmente incisiva. - Hai forse perso il senno? -
- Io… - riuscì appena a dire prima che la sorella la colpisse con forza sul viso.
Lightning rimase in silenzio ben conscia della situazione in cui si trovava, si sentiva stanca, infreddolita, e tremendamente in colpa, non osava nemmeno guardarla. La pelle della guancia le bruciava e sentì le lacrime pungerle gli occhi.
Serah si pentì immediatamente di quel gesto, era stato dettato unicamente dalla paura che aveva provato nel tornare a casa e non trovare sua figlia, nel cercarla come impazzita nei dintorni sotto una tempesta e nel trovarla praticamente in mezzo al mare. Cercò di calmarsi e pensare con raziocinio, sua sorella non era certo una sciocca anzi era la persona più responsabile che conoscesse quindi sicuramente c’era una spiegazione logica a tutto ma al momento non voleva ascoltarla. Si voltò verso la figlia che piangeva ancora e la prese tra le braccia. Poi la sentì dire qualcosa ma erano parole sconnesse dai singhiozzi e coperte dal rumore della pioggia. Claire alzò lo sguardo dapprima su di lei poi si voltò verso le onde. - Fratellino? -
Snow si avvicinò proprio nel momento esatto in cui Serah iniziava a capire che forse aveva tratto delle conclusioni un po' troppo affrettate. - Hope? Claire, di cosa stai parlando? -
La bambina si sciolse dalla presa della madre e allungò una mano verso la zia che aveva raggiunto nuovamente la riva e se ne stava immobile mentre le onde si infrangevano con violenza sul suo corpo. I due la raggiunsero e Snow fu svelto ad afferrarla proprio nel momento in cui lei stava per gettarsi in mare. - Che fai, sei impazzita sis? -
L’uomo la stringeva per le braccia mentre lei si divincolava con una foga che non avevano mai visto, era come se una forza soprannaturale avesse preso potere su di lei. - Lasciami! -
- Cosa vorresti fare? E’ pericoloso! -
Snow non capiva cosa le fosse preso poi vide che piangeva. Solo una volta aveva intravisto delle lacrime sul volto della donna ma mai si sarebbe immaginato di vederla così sconvolta. Serah intervenne e gli appoggiò una mano sul braccio, il tempo sembrò fermarsi per un momento, poi Lightning con un unico movimento si liberò della sua presa. - Hope non c’è più… - disse guardandolo e il cuore dell’uomo perse un battito. Serah si strinse alla figlia cercando un po' di conforto, non poteva essere vero.
La donna si voltò verso il mare, finalmente la pioggia sembrava aver rallentato la sua folle caduta ed i contorni erano tornati a distinguersi, guardò l’esatto punto in cui aveva visto Hope solo qualche minuto prima e lo trovò vuoto. Il cuore si fermò, non riusciva più a respirare ed improvvisamente si ritrovò paralizzata sul posto. Sentiva che se si fosse mossa sarebbe stato tutto reale.
Poi come in un sogno - un incubo - vide se stessa mentre, preda della follia, si gettava in acqua sfidando nuovamente la tempesta.
*~*~*~*~*
Stava lucidando il suo gunblade mentre, seduta sopra un gruppo di rocce, controllava con lo sguardo il gruppo a qualche metro da lei. Era almeno da una decina di minuti che Fang e Sazh provavano ad appiccare un fuoco, avevano sistemato parecchi rami secchi trovati nei dintorni al centro di un cerchio di pietruzze come consigliato da Vanille – a detta sua esperta massima di accensione di fuochi nei boschi – e, con l’aiuto di un bastoncino, stavano cercando di destare una piccola scintilla. Li aveva osservati per un po' fino a che, sopracciglio alzato, non aveva semplicemente detto qualcosa come “ Perché non usate la magia come sempre?” . Loro l’avevano guardata stupiti di sentirla intervenire, benché con il suo solito tono pungente, e avevano convenuto fosse un’ottima idea ma poi la donna di Pulse agitò una mano e disse - E la sfida dove sarebbe, Sunshine? -
Così erano passati altri minuti e, di quel passo, avrebbero cenato all’alba del giorno seguente. Poco male, Snow era andato a “procacciare” del cibo – da quando erano arrivati su Gran Pulse le sembrava quasi che si sentissero tutti come in un qualche gioco di ruolo – e ancora di lui non c’era traccia, fortunatamente. Dentro di sé ci sperò quasi di non vederlo arrivare poi le venne in mente che sua sorella, se mai si fosse risvegliata dal suo sonno di cristallo, probabilmente non sarebbe stata molto d’accordo sulla questione. Lanciò un’altra occhiata ai piromani della situazione, poi si alzò, rinfoderò la spada minuziosamente pulita da ogni traccia dei combattimenti avvenuti in giornata e se ne andò senza dire una parola. Quel baccano le stava facendo venire il mal di testa e aveva un bisogno disperato di restarsene immersa nel silenzio per qualche minuto. Inoltre non vedeva Hope da parecchi minuti e, anche se non l’avrebbe mai ammesso, iniziava ad essere sempre più apprensiva verso di lui. Quando, infine, le voci dei suoi compagni di viaggio vennero attutite dal fitto degli alberi, trovò una piccola insenatura che si apriva su un precipizio. Il panorama era mozzafiato e si spalancava sull’intera vallata al tramonto.
Neanche avesse seguito le sue tracce come un segugio ecco che trovò il giovane, seduto a godersi la tranquillità di quel luogo.
- Però, niente male qua. - disse lei interrompendo il silenzio per andare ad accomodarsi al suo fianco, le gambe a penzoloni nel vuoto. Lui si voltò stupito di trovarsela accanto all’improvviso ed arrossì un poco mentre incontrava il suo sguardo di ghiaccio. Cercò di sorriderle baldanzoso come se non si sentisse tremendamente agitato e il suo cuore non sembrasse impazzito quando gli era vicino. Non disse niente, non c’era bisogno di parlare perché sapeva che quel silenzio per lei significava qualcosa come “mi piace la tua compagnia” e si limitò a osservarla con la coda dell’occhio senza che lei se ne accorgesse.
Lightning si piegò verso di lui a guardarlo e lo sorprese sorridendogli. Era un sorriso tranquillo, rilassato e in qualche modo rassicurante: lo faceva sentire a casa, al sicuro. Era breve e svaniva in fretta quasi come se lo avesse soltanto immaginato perché lei restava comunque schiva e sfuggente, anche se Hope aveva la sensazione che in qualche modo lo reputasse speciale. Chissà perché si era affezionata a lui, forse lo considerava solo un fratellino, forse era la sua redenzione ma lui non si lamentava anzi, gli piaceva quel rapporto un po' strano e complicato che aveva creato con lei. Riusciva in qualche modo a farlo sentire importante nel gruppo, indispensabile.
Improvvisamente il volto della madre si sovrappose a quello di lei e non riuscì ad impedire alle lacrime di far capolino dai suoi occhi di giada. L’altra se ne accorse e, sempre senza dire una parola, tese le braccia nella sua direzione. Il ragazzino la guardò sorpreso e scelse di accettare alla svelta quell’invito, che gli sembrava quasi un miracolo, prima che lei si ritraesse. Si accoccolò nel suo abbraccio inspirando forte il profumo che emanava il suo corpo, cuoio e rose, e finalmente al sicuro, si lasciò andare al pianto. Non emise nemmeno un singhiozzo, né un lamento, solo lacrime.
Lei lo strinse con trasporto mentre gli sfiorava delicatamente i capelli chiari con dita sottili, cercando d’infondergli un po' della sua forza, provando a consolarlo. Ma sapeva bene che nulla al mondo avrebbe mai potuto addolcire quel dolore che stava provando, solo con il tempo avrebbe imparato a conviverci e al momento ne era trascorso ancora troppo poco, e troppe cose erano accadute. Era così giovane, com’era stata lei un tempo.
- Perdonami, è stato solo un momento… - disse il ragazzo asciugandosi gli occhi senza però sciogliere l’abbraccio, avrebbe voluto rimanere così per sempre. Rise sommessamente. - … credevo di essere diventato un po' più forte. Mi dispiace, sono ancora un peso… -
Fu lei ad allontanarlo per prima trattenendolo per le spalle ed obbligandolo a guardarla, i suoi occhi erano seri e non ammettevano repliche. - Non devi chiedere scusa per questo, mai. - fu particolarmente incisiva su quell’ultima parola. - Se inizi a farlo adesso perderai una parte di te ogni volta ed io… - si fermò per un momento mordendosi leggermente il labbro come se volesse trattenersi ma ci ripensò e proseguì. -… io non voglio perdere nemmeno il più piccolo pezzetto di ciò che sei. Capito? -
Lui avvertì il viso andargli in fiamme, si sentiva incatenato a quello sguardo ed era così vicino che poteva sentire il suo respiro, riusciva a distinguere la perfezione della sua pelle. Desiderò esserle vicino molto di più che in senso fisico, quasi spirituale, sapeva che i loro caratteri e le loro vite erano affini e che anche lei aveva passato lo stesso dolore che stava affrontando lui.
- E’ quello che è successo a te, Light? - le rispose infine sorprendendo se stesso per la sua audacia. Lei era sempre stata schiva e silenziosa sulla questione e forse proprio perché in quel particolare momento della sua vita era stata sola. Lui poteva contare su di lei, sul resto del gruppo ma Lightning aveva affrontato tutto facendo affidamento solo su se stessa.
La vide annuire piano con la testa rilasciando un leggero sospiro.
- Sì, è faticoso e non puoi più tornare indietro. -
Hope le restituì lo sguardo serio, il volto sempre arrossato dall’emozione dell’averla così vicina. Chissà cosa avrebbe pensato di lui se avesse saputo cosa stava iniziando a provare per lei, qualcosa che andava oltre alla pura e semplice ammirazione. - Sei così buona Light… - iniziò a dire cercando le parole adatte. Voleva essere incisivo, voleva che non pensasse a lui come ad un ragazzino impaurito almeno per una volta. - … sei una persona buona e gentile, io lo so. -
Lightning si ritrovò ad arrossire appena sotto quegli occhi verdi che la scrutavano con decisione, non disse niente e lui continuò coraggioso.
- A volte però mi capita di pensare che tu abbia nascosto una parte di te, come se non volessi che qualcuno sappia quanto puoi essere gentile. Come se l’avessi rinchiusa sottochiave. Mi chiedo solo se qualcuno, un giorno… riuscirà a farla uscire? - aveva parlato tutto d’un fiato senza mai abbassare lo sguardo dal suo, l’aveva vista arrossire leggermente ne era sicuro. Forse aveva esagerato e aveva detto troppo, probabilmente non avrebbe dovuto parlarle in modo così diretto.
Inaspettatamente lei annuì sorridendo un poco, sembrava leggermente a disagio. - E’ proprio così ed è per questo che non voglio accada anche a te. - gli toccò la fronte con l’indice spingendolo appena cercando di nascondere l’imbarazzo.
Rimasero immobili a fissarsi ancora per qualche istante poi la donna si alzò tendendogli una mano per aiutarlo intimandogli di fare altrettanto. - Forza, torniamo dagli altri prima che diano fuoco a tutta Gran Pulse. - Hope le strinse la mano come se fosse la cosa più naturale del mondo e insieme si avviarono verso l’accampamento.
Mentre camminava al suo fianco poteva sentire la morbidezza delle dita di lei, il loro calore e giurò a se stesso che l’avrebbe trovata lui, prima o poi, la chiave per aprire il suo cuore.
*~*~*~*~*
Acqua, fredda, profonda.
Sentiva il suo corpo sempre più leggero fluttuare nel blu scuro dell’oceano, era come cadere nel vuoto ma più dolcemente. La sensazione di addormentarsi e sognare profondamente, un’illusione appartenente ad un ricordo lontano della sua infanzia, mentre dita morbide e sottili gli accarezzavano i capelli. Una voce distante echeggiava nella sua mente, cantava una litania sussurrata e poi invocava il suo nome. Si sentiva finalmente al sicuro, protetto, amato.
Poi la percezione cambiò ed improvvisamente il suo corpo divenne freddo, rigido, pesante. Non riusciva a respirare, non poteva urlare, non vedeva niente, era immerso nell’oscurità più fitta. Muoversi era difficile, quasi impossibile, fino a che perse conoscenza ancora una volta.
Ricordi confusi di braccia forti che lo sollevavano, lo trascinavano, capelli d’un rosa pallido scendevano sul suo viso solleticandogli la pelle, voci confuse che lo chiamavano e lo imploravano. Qualcuno poco distante piangeva disperatamente e lui se ne dispiacque, non voleva che nessuno soffrisse, non per lui. E poi più niente.
Si svegliò lentamente aprendo piano gli occhi verdi per abituarli alla luce forte che filtrava dalla finestra semiaperta. Volse lo sguardo ed osservò la stanza nella quale si trovava e non la riconobbe, era troppo immacolata e vuota. Poi avvertì la sensazione di qualcosa di fresco e morbido sulla sua mano, mosse appena le dita ed afferrò le maglie di metallo di un braccialetto. D’istinto sorrise quando ruotò la testa a guardarla. Sembrava essersi assopita da poco, i capelli erano leggermente spettinati, le labbra dischiuse ed il respiro leggero. - Light? - disse piano con la voce roca. Si sentiva la gola riarsa e deglutì a fatica.
Subito come avvertì la sua voce lei si destò aprendo gli occhi azzurri di scatto. Lui vide in quello sguardo limpido i segni di una notte, o forse più, passata insonne. La donna gli sorrise non appena capì che era sveglio. - Ehi… - lo salutò sottovoce, come se non volesse spaventarlo. Avvicinò una mano ad accarezzargli il viso ad assicurarsi che fosse veramente sveglio, l’altra mano si strinse su quella di lui, non lo lasciò un momento.
Hope cercò di tirarsi a sedere e lei lo trattenne per le spalle. - Tranquillo. Stavi quasi per affogare… - la voce le si strozzò in gola e dovette prendere un secondo respiro per proseguire. -… ma stai bene adesso. Snow ti ha salvato. -
Dopo un sospiro rassegnato il ragazzo si rilassò sotto il tocco delicato di lei che continuava a passargli le dita fra i capelli, sulla fronte, sulla guancia. Non smisero di guardarsi un istante quasi potessero comunicare l’uno nella mente dell’altra senza bisogno di parlare e lui notò gli occhi gonfi e arrossati della donna. Aveva pianto, probabilmente da sola quando era certa che nessuno potesse vederla.
- Perché non me l’hai detto? - gli disse all’improvviso lei riferendosi alla sua brutta ferita al fianco, la voce ridotta ad un sospiro stanco. Nel suo tono autoritario poteva avvertire anche un leggero rimprovero ritrovato chissà dove nei meandri di una se stessa del passato.
- Claire era in pericolo. - rispose lui, e non c’era davvero bisogno di altra spiegazione. Lightning corrugò le sopracciglia nella sua tipica espressione che precedeva una ramanzina delle sue. Aveva visto quello sguardo così tante volte in passato che si sarebbe messo a ridere se il momento fosse stato diverso.
- Dovevi dirmelo, non ti avrei lasciato solo. -
- Questa volta eri tu ad aver bisogno di me, non volevo deluderti. Volevo essere forte. -
Lightning sospirò mentre avvicinava il viso al suo. - Non è agendo da stupido che dimostri di essere forte, credevo l’avessi imparato. - non voleva davvero sgridarlo, non in quel momento almeno, ma era così arrabbiata con lui. Aveva agito da irresponsabile e lei aveva davvero avuto paura di perderlo per sempre.
Hope annuì piano, lo sguardo serio e la fronte di lei premuta contro la sua. - Tu avresti fatto lo stesso al mio posto. -
Era vero, era dannatamente vero, la conosceva meglio di quanto immaginasse. Scosse la testa inalando il profumo della sua pelle, sfregando il naso contro il suo, constatando quanto fosse calda la sua guancia. Rimasero in silenzio qualche minuto, immobili, gli occhi chiusi e le dita delle mani intrecciate assaporando semplicemente la presenza l’uno dell’altra. Quando riaprì gli occhi Hope si accorse che quelli di lei erano lucidi. - Perdonami. - le disse mentre alzava una mano per sentire la consistenza morbida dei suoi capelli in un gesto rassicurante.
Lei nascose l’imbarazzo affondando il viso nell’incavo del suo collo mentre alcune lacrime silenziose le sfuggivano dalle ciglia. - Per colpa tua sarò in debito con quell’idiota per il resto della vita. Come intendi rimediare? -
Il ragazzo si lasciò sfuggire una risata divertita mentre la stringeva a sé giocando con alcune ciocche della sua chioma rosata. - Posso cucinarti una bistecca di Behemoth, so che l’adori. Anche se tu sei decisamente più brava di me in questo. -
Lei sorrise compiaciuta, il pericolo era passato, poteva rilassarsi. - Non mi sembra sufficiente. Dovrai fare molto di più per me Estheim. -
La costrinse a guardarlo e poi le disse sfiorandole le labbra. - Qualcosa m’inventerò. -
Si baciarono piano, con una lentezza quasi esasperante, assaporando il momento. Sapendolo vivo e al sicuro Lightning si permise di sorridere mentre lui giocava con la lingua sulle sue labbra. Le portò una mano dietro al collo, sull’attaccatura dei capelli e l’attirò a sé, più vicina, inspirando il suo profumo un po' di rose e un po' di cuoio a cui adesso si era aggiunto quello salato del mare. Sorrise mentre la lasciava mordergli il labbro inferiore, piano ma con voluttuosità. - Devi proprio farti una doccia, Light. -
Lei si scostò guardandolo sorpresa, negli occhi un luccichio divertito, afferrò un cuscino e glielo tirò addosso.
- Ehi, non puoi prendere a cuscinate un malato! - le disse coprendosi il viso appena in tempo per parare il colpo.
- Mi sembra che tu stia decisamente bene se hai trovato il coraggio di dirmi una cosa del genere. - rispose lei, un sopracciglio alzato mentre cercava qualcosa da utilizzare come secondo proiettile. La risata cristallina del ragazzo si levò forte nella stanza mentre la guardava con occhi maliziosi attraverso la fessura delle braccia.
Lightning sentì qualcosa in quel momento, una sensazione che le scaldava il petto, sotto la pelle e fin dentro lo stomaco. Puntò gli occhi in quelli verdi di lui improvvisamente seria mentre acquisiva una nuova consapevolezza, era questa la felicità di cui aveva sempre sentito parlare e alla quale era sempre sfuggita?
Quell’amore che sua sorella le aveva decantato così tante volte nel corso degli anni a cui lei aveva rinunciato. Poteva davvero sperare che durasse per sempre?
Speranza, che buffo gioco di parole era quel nome. Era stata proprio la speranza a salvarla così tante volte e alla fine le si era presentata sotto la forma di un ragazzo con occhi luminosi e un sorriso gentile.
- Light? -
Si riscosse al suono della sua voce, lo sguardo in un cipiglio confuso preoccupato per il suo silenzio improvviso. Lei sorrise mentre si chinava nuovamente su di lui, una mano posata delicatamente sulla sua guancia, l’altra sul petto e poteva sentire il battito rilassato del suo cuore sotto il suo tocco. Lo sguardo sereno, in pace. - Ti amo. -
Le uscì così, di getto, sussurrandolo leggermente. Non gliel’aveva ancora mai detto, anzi a dirla tutta era la prima volta che lo diceva a qualcuno nella sua vita escludendo Serah o i suoi genitori quando era bambina. Ma sapeva che l’affetto, l’amore che provava da sempre per quel ragazzo era diverso e simile allo stesso tempo. Lui era riuscito a scalfire il suo cuore indurito, come uno scalpello si era fatto strada dentro di lei, vi aveva trovato un angolino e lì era rimasto aspettando pazientemente che fosse pronta. Hope la guardò sorpreso quasi pietrificato, un lieve rossore salì a colorargli le guance fino alle orecchie e la donna trattenne una risatina nel vederlo così agitato. Se i suoi capelli argentei ne avessero avuto la capacità avrebbero raggiunto sfumature colorate anch’essi fino alle punte. - D-Davvero? -
Lightning sostenne il suo sguardo limpido e un leggero imbarazzo le colorò il viso. Era forse contagioso? Poi notò il lieve luccichio nei suoi occhi di giada dove un velo di lacrime si era accumulato agli angoli. L’assalì un ricordo improvviso laddove aveva visto quello stesso sguardo incredulo tanti anni prima, sulle cime di Cocoon, quando il lui ragazzino aveva deciso di seguirla e lei aveva acconsentito nonostante la sua determinazione nell’allontanare le persone. Era stato quello l’inizio di tutto?
Dannato scalpello.
Gli sorrise ancora avvicinandosi fino a poter sentire il suo respiro sulle labbra annuendo appena. - Ti amo, Hope. - ripeté ancora includendo il suo nome ed era quasi incredula lei stessa, perché non gliel’aveva ancora detto? Era così facile e lui sembrava così felice. - Perdonami se ci ho messo così tanto… -
Il ragazzo scosse la testa e si inarcò leggermente per baciarla ancora, avrebbe potuto farlo tutto il giorno e non se ne sarebbe mai stancato. - Dillo ancora. -
Fece roteare gli occhi rilasciando una risatina divertita, nascose l’imbarazzo nel suo collo sottraendosi ai suoi occhi verdi. - Adesso non ti ci abituare Estheim. - concluse lei mentre giocava con i suoi capelli, il suo respiro caldo sulla pelle che gli procurava brividi piacevoli. Le prese il viso per guardarla ancora completamente assuefatto dai suoi lineamenti perfetti e si allungò per un altro bacio. Purtroppo per lui, come nelle migliori commedie romantiche, qualcuno arrivò dal nulla a rovinare quel momento. O forse a migliorarlo?
- Fratellino! -
Una vocina sottile irruppe nella stanza e d’istinto Lightning si allontanò da lui appena in tempo prima che la bambina con i codini biondi trovasse il modo e si arrampicasse sul letto per abbracciarlo con tutta la sua esuberanza. Esuberanza ereditata ovviamente dal ramo paterno dei suoi geni. - Ehi piccola. -
La bimba si staccò da lui per guardarlo mentre sul viso le passavano una miriade di sentimenti diversi ed estremamente confusi. Felicità, tristezza, dolore, rabbia, gioia. - Come stai fratellino? -
Hope le sorrise. - Splendidamente, e tu? -
Claire aprì le braccia in un gesto plateale mentre Lightning si alzava dal suo posto e, premurosamente, la sistemava meglio sul letto in modo che non riaprisse i punti sul fianco del ragazzo. - Sto benissimo grazie a te! -
Hope le restituì uno sguardo dolce e carico di affetto poi i suoi occhi si spostarono sulla donna che gli sorrideva e lentamente lasciava la stanza, sulla soglia Serah e Snow li stavano osservando affettuosamente.
- Sembravi un principe delle favole! - continuò Claire mentre aggiungeva qualcosa sul fatto che nemmeno il suo adorato papà poteva raggiungere quel rango nobiliare. Lightning si voltò per incontrare lo sguardo di sua sorella mentre usciva dalla stanza, alle sue spalle Hope pazientemente rispondeva alla bambina. - Perché tu sei una principessa ed io ho giurato a tuo padre di prendermi cura di te. Ti terrò al sicuro, sempre. -
Serah restituì gli occhi alla maggiore, stesso colore solo leggermente più brillante, mentre un sorriso gentile le incurvava le labbra. I tre si allontanarono nel corridoio lasciando la piccola peste alle cure del ragazzo, si fidavano ciecamente ormai. Rimasero in silenzio mentre procedevano lentamente per il passaggio del piccolo ospedale, poi la voce di Snow gli uscì in fretta dalla bocca. - Come sta, sis? -
Lightning lo guardò per un momento notando il braccio che avvolgeva dolcemente la vita della sorella. - Un po' indolenzito ma starà bene… - poi abbassò gli occhi incapace di sostenere quelli blu dell’uomo. - … grazie, Snow. - aggiunse con la voce tremante mentre si stringeva nelle spalle. L’orgoglio le bloccava le parole in gola anche se sapeva avrebbe dovuto aggiungere qualcosa in più ma l’uomo al suo fianco capì nonostante tutto. Non disse niente, non c’era bisogno di aggiungere altro. Gentilmente s’invertì di posto con Serah avvicinandola alla sorella, si voltò e tornò nella stanza del ragazzo, probabilmente ad assicurarsi che sua figlia non stesse facendo stancare troppo l’amico convalescente. E poi le due donne avevano bisogno di un momento per loro, ne era sicuro.
Continuarono a camminare ancora per qualche minuto, nessuna che riusciva a trovare le parole giuste da dire. Lightning sapeva di aver sbagliato, aveva messo in pericolo la nipote, era stato un solo momento di distrazione ed aveva rischiato di perdere ogni cosa. - Mi disp… -
- Perdonami, Claire.- la interruppe Serah rievocando il suo vero nome attraverso una voce sottile ma determinata e con gli occhi lucidi.
La maggiore si fermò voltandosi a guardarla sorpresa.
- Ero così spaventata… - aggiunse la più giovane mentre giocherellava nervosamente con il ciondolo che Snow le aveva regalato tanti anni prima. Anche Lightning si ritrovò inconsciamente ad accarezzare il braccialetto che portava al polso, forse era più simile alla sorella di quanto immaginasse. - … non dovevo colpirti. Perdonami. -
Scosse la testa. - No Serah, è stata colpa mia, me lo sono meritato. -
- No io… - la più giovane le afferrò le mani e le strinse. -… non pensavo davvero quel che ho detto. Mi fido di te, lo giuro! -
Lightning le restituì lo sguardo e rispose alla sua stretta e seppe che non c’era da aggiungere altro sulla questione o sarebbero andate avanti tutto il giorno chiedendosi scusa a vicenda. Però…
- Ho un altro motivo per cui devo scusarmi con te… - aggiunse mentre la sorella inclinava il capo incuriosita dalla sua confessione improvvisa. -… c’è una cosa che non ti ho detto. - s’inumidì le labbra ed abbassò lo sguardo mentre cercava un coraggio che sembrava venirle meno. Stai tranquilla, Serah capirà, non ti criticherà.
Diglielo!
- Tu ed Hope, eh? -
Lightning la guardò negli occhi colta di sorpresa. Lo sapeva? - Te l’ha detto Snow? -
- Snow? - la giovane le restituì uno sguardo confuso, poi scosse la testa accompagnando una risatina. - No, lo sospettavo da un po'… chiamalo intuito femminile Farron se vuoi. -
- Ti avevo promesso che saresti stata la prima a sapere… questo genere di cose e invece non riuscivo a dirtelo. Avevo paura che… -
- Che ti giudicassi? Sorellina se tu sei felice, lo sono anche io. -
Le sorrise dolcemente mentre le accarezzava una guancia e poi i capelli, sistemandole le ciocche della frangia un po' troppo lunga e, con quei semplici gesti, Lightning notò l’enorme somiglianza che sua sorella aveva ereditato dalla loro madre. - Lo sei? - aggiunse guardandola dritto negli occhi.
- Cosa? -
- Felice. Lui... ti rende felice? - insistette Serah.
Lightning si bloccò, il tempo sospeso mentre nella sua mente passavano immagini della sua vita da quando lui era entrato a farne parte. C’era stato tutto, dalla tristezza all’incertezza, le insicurezze, la rabbia e la gelosia. E più di ogni cosa c’era stato l’amore.
- Sì… - annuì una volta, leggera, e sorrise. - Molto. - rispose infine mentre il suo viso si tingeva di un’adorabile tonalità rosata. Serah notò il luccichio negli occhi azzurri della sorella e capì che sì, stava dicendo la verità, era felice. L’abbracciò di slancio cingendola forte con le braccia e Lightning sentì esploderle il cuore mentre le restituiva la stretta. L’aveva capita, sua sorella l’aveva sempre compresa.
Insieme s’incamminarono nuovamente verso il resto del gruppo, mano nella mano, e Lightning si sentì quasi come se fosse lei la più piccola mentre Serah la precedeva di un passo all’interno della stanza. Tutte le emozioni che provava erano nuove per lei ed aveva bisogno della sua guida. Alzò lo sguardo sulla sua famiglia. La piccola Claire stringeva Hope in un abbraccio esuberante mentre Snow gli scompigliava i capelli chiari affettuosamente dicendo qualcosa sul fatto che il suo eroe lo aveva salvato. Serah li raggiunse trascinando dietro di sé la sorella senza mai lasciarle la mano e lei si ritrovò ad un passo dal ragazzo. Lui alzò lo sguardo ad incontrare i suoi occhi azzurri, sorrideva e rideva felice mentre la guardava.
Lightning dapprima gli spinse la fronte con l’indice della mano come faceva sempre quando era imbarazzata in seguito gli prese una mano intrecciando le dita alle sue. Poi si chinò sul suo viso e lo baciò sulle labbra sotto lo sguardo festante della sorella e quello incredulo di Snow. Fronte contro fronte continuarono a scambiarsi sguardi complici mentre ridevano compiaciuti delle espressioni assai divertenti che gli lanciavano gli altri occupanti della stanza.
Completi.
Erano insieme.
*~*~*~*~*
Due anni dopo
Il giovane uomo guardò l’orologio per la milionesima volta da quando era uscito dall’ufficio. Come al solito lo avevano trattenuto fino a tardi, oltre il suo orario di lavoro, nonostante i suoi buoni propositi di non fare tardi almeno quella sera. Invece si rese conto dell’ora solo quando, uscendo, aveva visto il sole tramontare oltre l’orizzonte. Lightning solitamente era comprensiva sulla questione sebbene continuasse a ripetergli che gli serviva davvero qualche ora di sonno in più, ma non insisteva mai troppo ben consapevole di essere lei stessa responsabile dello stesso problema alternando turni su turni come tenente – finalmente – responsabile della protezione di Nuova Bodhum. Ma forse questa volta si sarebbe arrabbiata anche lei vista l’occasione.
Finalmente erano riusciti a liberarsi tutti, era tempo di una riunione tra ex l’Cie come non ne facevano da parecchio, troppo tempo a dire il vero ed inoltre era anche il suo compleanno. Ormai era diventata una specie di tradizione festeggiarlo tutti insieme come una grande e felice famiglia, anche se lei non sapeva che ci sarebbe stata una festa anche questa volta. L’anno precedente gli aveva fatto promettere che non ne avrebbero più organizzate ed in effetti lui continuava a mantenere quella promessa, era Snow il colpevole questa volta.
- Ohi! - qualcuno lo spinse all’improvviso mentre se ne stava fermo come un baccalà a guardare l’orologio ancora una volta intanto che aspettava l’arrivo del treno. Si voltò in fretta per trovare una ragazza minuta e graziosa con lo sguardo caldo e vivace. Gli sorrise arricciando il naso ben proporzionato tirando poi fuori la lingua dalle labbra rosse facendogli una smorfia affettuosa. - Che stai combinando ancora qui? -
Lui alzò le spalle ed inclinò lo sguardo. - Potrei farti la stessa domanda, Rika. -
La ragazza gonfiò le guance in un broncio infantile. - Il mio capo è un tiranno e mi fa fare gli straordinari anche quando sa benissimo che ho una festa importante questa sera. -
- E’ proprio una carogna accidenti… - le disse alzando un sopracciglio - … perché non ti licenzi e la fai finita? Potresti andare a lavorare al bar sulla spiaggia del tuo ragazzo. -
Lei sorrise all’idea e per un attimo s’immaginò a vendere gelati e preparare drink perennemente in costume da bagno, la pelle abbronzata… fece una smorfia. - Nah, non fa per me… innanzitutto il bar è di Lebreau, non credo che lo lascerebbe mai gestire a Maqui. E poi credo che il suddetto tiranno sarebbe perso senza l’assistente migliore che possa esistere. - disse con un sorrisetto provocante mentre indicava se stessa con un gesto plateale.
- Effettivamente non credo che sarebbe un buon affare... soprattutto per Lebreau. - concordò Hope con lo sguardo un po' troppo serio mentre lei lo colpiva divertita sul braccio.
- Mi stai forse prendendo in giro, eh Direttore? -
Lui alzò le mani. - Non oserei mai! - rimase in silenzio per qualche secondo poi aggiunse cercando di nascondere una risatina. -… ammettilo però, non è che sei proprio portata a fare la barista. -
Rika assunse uno sguardo esageratamente sconvolto e lo colpì nuovamente. - Non me lo perdonerai mai quel cocktail vero? E’ successo secoli fa! -
Risero entrambi al ricordo fugace di uno dei peggiori esperimenti alcolici che la ragazza avesse mai eseguito durante una riunione fra vecchi compagni di scuola qualche anno prima, quando avevano appena iniziato ad uscire insieme. Tutti i partecipanti avevano finito per sentirsi male ed il ricordo non era proprio piacevole ma Hope provò la solita scossa di affetto per la ragazza. In quel periodo lui aveva costantemente un’aura scura di depressione addosso e lei era stata fondamentale per la sua ripresa. - Assolutamente, sarà una storia che mi sentirai ripetere fino alla vecchiaia. -
La giovane sbuffò fingendosi offesa mentre si sistemava una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio, adesso li portava più corti ed Hope constatò quando la facessero apparire ancora più giovane. Poi, come contagiata dai suoi movimenti, anche lei diede uno sguardo veloce all’orologio esposto sopra ai binari. - Sarà meglio che vada adesso, devo farmi bella per la festa! -
Hope alzò un sopracciglio perplesso. - Allora sei in ritardo, devi sbrigarti. -
Lei rise di gusto coprendosi la bocca con la mano. - Come ti permetti? Non sei per niente gentile, dovevi dirmi che sono bellissima anche così, dopo una luuunga giornata di lavoro! -
- Ah lo farei… ma non so come potrebbe prenderla Light. -
- Sarebbe così terribile? -
Lui alzò le spalle e Rika rimase in silenzio soffermandosi su quello che lui intendeva. In effetti, Lightning arrabbiata era davvero spaventosa, molto più di un Behemoth sulle zampe posteriori sottoposto a una Berserk. Convenne con lui e rise di nuovo. - In effetti hai ragione, sarà meglio che anche tu ti muova ad arrivare a casa. Non costringermi a chiamarla e dirle che ti ho trovato ancora qui a bighellonare. -
- Da quando siete diventate amiche, devo dire che insieme fate un po' paura. -
Alzò gli occhi al cielo sfoggiando un sorrisetto malefico. - Oh, non hai idea delle cattiverie che abbiamo in serbo per la serata. -
Un fischio alle loro spalle annunciò l’arrivo del treno ed entrambi si voltarono a guardare il veicolo mentre raggiungeva la stazione lentamente, le luci al neon che proiettavano ombre sul muro. Si sentì toccare il braccio e si voltò ad osservare nuovamente la sua compagna di attesa non appena la sentì parlare.
- Temo però di non potermi definire sua amica. Non ancora. -
- Certo che sì. - le rispose lui in fretta. - Light non parla molto di quello che prova per gli altri, credimi lo so bene. Ma so anche che ti considera un’amica preziosa. -
Rika alzò gli occhi dorati ad incontrare il suo sguardo, un lieve rossore le tinse il viso di rosa e sorrise impacciata. - Lo pensi sul serio? Perché io, in effetti, mi sono molto affezionata a lei. -
- Ne sono sicuro. - la rassicurò infine. Lei sembrò soddisfatta e fece un brevissimo saltello sul posto rimanendo in equilibrio sui tacchi alti mentre univa le mani come in una preghiera silenziosa.
Si salutarono con la promessa di vedersi solo qualche ora più tardi e lui salì sul treno trovando in fretta un posto accanto al finestrino. Lei era ancora lì e lo salutò di nuovo con un cenno della mano prima di voltarsi e iniziare a correre lontano dalla stazione. Hope sorrise mentre il treno finalmente lasciava i freni e iniziava ad allontanarsi, la stazione sempre più distante. Si appoggiò al sedile rilassato, prese in mano il telefono e compose un breve messaggio avvisando che, finalmente, era sulla via di casa. Chiuse gli occhi mentre nella sua mente visualizzava l’immagine di Lightning poi i suoi pensieri vagarono su Rika e rifletté sulle due donne che, lentamente, avevano stretto un’amicizia tanto profonda quanto bizzarra. La più giovane aveva iniziato piano piano, tempestandola di messaggi e chiamate, raccontandole ogni cosa le capitasse e sebbene all’inizio Lightning potesse essere sembrata infastidita alla fine aveva iniziato a risponderle sempre più spesso. Ormai, constatò lui, si sentivano tutti i giorni e avevano la loro serata settimanale fra donne alla quale spesso e volentieri si aggregavano anche Serah e Lebreau. A volte gli riusciva difficile credere che Light fosse cambiata così tanto, insomma era sempre lei e manteneva sempre quella sua aria scontrosa e fredda, soprattutto con Snow e compagnia a dirla tutta, ma adesso sorrideva spesso e aveva addirittura delle amiche. Hope si chiese se avesse dovuto sentirsi forse un po' geloso o solo triste all’idea che adesso tutti potevano vedere quanto fosse bella quando rideva davvero, e non quando si limitava ad un ghigno o una smorfia altezzosa, che non era più un qualcosa di intimo ed esclusivamente riservato a lui o a Serah. Aveva però imparato a convivere con quello stato d’animo, piano piano doveva condividerla anche con gli altri, un pezzetto alla volta. Le ultime parole della conversazione avuta con Rika poco prima gli passarono per la mente improvvise.
- Credi che avrebbe potuto funzionare fra noi, se lei non fosse mai tornata?- Aveva chiesto guardandola, non sapeva perché le aveva fatto quella domanda, forse era semplicemente un bisogno intrinseco in lui dato dal suo essere uno studioso, sempre curioso e sempre alla ricerca della verità. La ragazza gli aveva sorriso ancora e aveva scosso la testa. - Non lo sapremo mai, ma io adesso sono felice. Ho un ragazzo che adoro, un lavoro che mi piace e il mio capo è anche il mio migliore amico. Non posso pensare ad una vita migliore per me. E tu? - Aveva esitato prima di chiederglielo ancora - Tu sei felice? -
Hope si ritrovò a sorridere mentre il treno cullava il suo riposo, aprì gli occhi e vide Accademia illuminata che lentamente svaniva all’orizzonte per lasciare posto ad un paesaggio decisamente più selvaggio, presto sarebbe arrivato a casa. Poteva già sentire il profumo familiare del mare e le risate degli sconosciuti compagni di viaggio si trasformarono in quelle dei suoi migliori amici, della sua famiglia, poteva quasi sentire lei sgridarlo per essersi addormentato ed aver fatto tardi. E c’era una risata nascosta nella sua voce. Non vedeva l’ora di ascoltarla ancora e ancora.
*~*~
Era un anno che la sua società si era definitivamente trasferita su Pulse, nella città eretta attorno al pilastro di cristallo e da cui aveva preso il nome, Accademia. Distava solo ad un’ora e mezza di treno super veloce da New Bodhum il che era decisamente meglio rispetto al tempo che aveva impiegato e sprecato negli anni passati per raggiungerla. Inizialmente aveva preso un appartamento in città ma poi, senza che accadesse dall’oggi al domani, aveva iniziato a lasciare le sue cose da Lightning che nel frattempo aveva trovato una casa non lontana da quella di Serah e Snow. Era piccola e immersa nel verde, un po' difficile da raggiungere visto che era costruita sulla cima di una scogliera ma lui convenne quanto le assomigliasse e si adattasse a lei. Intima e solitaria che sovrastava e controllava la cittadina ma allo stesso tempo piccola e confortevole, certo Serah passava spesso a riordinarla e a dare una sistemata – stando con lei aveva scoperto che in realtà era una persona piuttosto disordinata e caotica ma la cosa non lo aveva sorpreso nemmeno troppo – mentre lei era impegnata in qualche missione lì nei dintorni.
Inevitabilmente aveva infine deciso di fermarsi in modo definitivo e che le ore di viaggio quotidiane passate sul treno valevano la pena dell’attesa se alla fine della giornata varcava la porta e la trovava ad accoglierlo in mille modi diversi; davanti al televisore avvolta in una coperta in pieno inverno con una tazza fumante fra le mani, ai fornelli sebbene cucinare non fosse proprio il suo talento principale e lui dovesse intervenire per prevenire qualche disastro o semplicemente addormentata sul tavolo distrutta dal lavoro quando faceva troppo tardi. Ma quando incontrava i suoi occhi azzurri e gli sorrideva sapeva di essere finalmente a casa, che era quello il suo posto.
E lui non desiderava altro.
Sospirò appena prendendo le chiavi dalla tasca ed inserendole nella serratura della porta in legno scuro, il sorriso che gli solleticava il volto solo all’idea di vederla. Quando l’aprì e fece un passo all’interno tutto si aspettava meno che trovare la piccola Claire intenta a scarabocchiare con pastelli colorati sul muro del suo soggiorno. Chiuse la porta dietro si sé, si tolse la giacca e si avvicinò alla bambina che adesso aveva sette anni e si stava sviluppando molto in altezza constatando la sua sempre più insistente somiglianza con il padre. Aveva i capelli pettinati in due trecce bionde decorate da perline colorate e un vestitino bianco che minacciava di macchiarsi di colore ad ogni movimento.
Incuriosito le si avvicinò appoggiandole una mano sui capelli. - Cosa stai combinando, Claire? -
Lei si voltò a guardarlo sorpresa, non sembrava averlo sentito rientrare. - Disegno. -
Hope alzò un sopracciglio mentre lei tornava a concentrarsi sui suoi disegni. - Tua zia lo sa di questa… nuova forma di passatempo che hai escogitato? -
La vide alzare le spalle. - Certo, ha detto che questo è il mio muro e posso disenarci quel che voglio purché io non mi sporchi il vestito! - ripeté con un tono inespressivo come se avesse dovuto imparare a memoria quella frase. Lui sorrise immaginando Lightning mentre le faceva ripetere quelle parole terrorizzata soprattutto all’idea di sporcare il vestito candido sicuramente confezionato da Serah. - Capisco… -
Le scompigliò leggermente la frangetta facendola ridere e cercando di attirare la sua attenzione convincendola infine a dedicargli almeno un abbraccio lasciando perdere la sua opera d’arte per qualche minuto. - Lightning dov’è? - le chiese alla fine mentre raccoglieva una sua camicia abbandonata sul divano dalla sera prima e gliela metteva per evitare il misfatto del vestito irrimediabilmente rovinato da pastelli arcobaleno.
Claire fece una piroetta per constatare quanto fosse grande su di lei poi gli sorrise ancora abbassando un po' il tono della voce, ricordandosi improvvisamente di qualcosa d’importante che doveva assolutamente eseguire. Lightning era una zia perfetta con lei ma restava pur sempre un soldato e quando diceva qualcosa era come se stesse dando un ordine ad un sottoposto e non a sua nipote di sette anni. - Hero piangeva e così mi ha detto di fare piano. Credo sia in camera con lui. -
Hope alzò lo sguardo cercando di captare qualsiasi rumore proveniente dal piano di sopra ma tutto sembrava tranquillo. Sorrise a Claire esortandola a riprendere il suo disegno fatto di fiori, arcobaleni e stelline dorate e salì le scale lentamente, il legno che scricchiolava sotto i suoi passi. Ecco un’altra cosa che Light gli aveva confidato di aver amato da subito in quella casa, gli scricchiolii. Li trovava rassicuranti perché le ricordavano la casa dei suoi genitori ed inoltre, aveva aggiunto dopo un istante tornando immediatamente la regina della praticità, era più facile individuare un intruso nel cuore della notte.
Una volta in cima si avvicinò con cautela alla porta della loro camera socchiusa e sentì la sua voce bassa e sospirata attraverso il legno sottile. Aprì appena rivelando uno spiraglio di luce soffusa proveniente dalla lampada accanto all’armadio e la vide in piedi davanti alla finestra, il suo profilo sinuoso in evidenza contro lo sfondo candido delle tende mentre, constatò, era calata la sera. Indossava dei pantaloni scuri, aderenti, abbastanza eleganti e decorati con un pizzo sobrio mentre sopra portava un suo vecchio maglione azzurro leggermente infeltrito e che le stava un po' troppo grande. Le aveva consigliato di buttarlo così tante volte che aveva perso il conto ma lei rispondeva sempre che le piaceva perché pratico e caldo, e gli ricordava lui. Era un look bizzarro persino per lei e dava l’impressione che fosse stata interrotta proprio nel mezzo della preparazione per la festa. I capelli più lunghi leggermente arricciati e acconciati in una treccia morbida posata sulla solita spalla sinistra, stretti in un nastro scuro decorato con le stesse perline che portava Claire. Infine l’attenzione di Hope si spostò sul bambino che teneva fra le braccia. Si agitava verso di lei allungando le piccole mani paffute per giocare con le perle nei suoi capelli rosa, lo sguardo affascinato sul suo viso ipnotizzato da quello che lei stava dicendo.
-… e così alla fine gli ho dato un pugno, dritto sul naso. Insomma, converrai con me che se lo è più che meritato, giusto? -
Gli arruffò i capelli corti di un colore così simile al suo, solo leggermente più chiaro e spostò il peso sull’altra spalla tentando di fargli dimenticare quelle maledette perline colorate. In quel momento alzò lo sguardo e lo vide fermo sulla porta intento ad osservarla, un sorriso dolce sul volto mentre incontrava i suoi occhi luminosi. - Hope, non ti ho sentito arrivare. -
Sorpreso le si avvicinò per circondarla con le braccia mentre si chinava per un bacio veloce ad entrambi. - Mi piace essere furtivo. -
- Ah-ha divertente. Sei in ritardo mister Furtivo… -
Si voltò e gli passò velocemente il bambino mettendoglielo fra le braccia allungandosi poi per stiracchiarsi la schiena. Il piccolo si agitò per l’improvviso cambio di gestione e lui iniziò a cullarlo un po'. - Scusa, straordinari. - non aggiunse altro, non ce n’era bisogno. Lightning lo guardò alzando un sopracciglio e lui si preparò alla ramanzina in arrivo, poi lei sospirò decidendo che non ne valeva la pena e scosse il capo mentre usciva dalla stanza per andare al bagno.
- Sono salvo per oggi. - disse sottovoce verso il bambino che lo stava osservando con i suoi occhi grandi e intensamente azzurri. La voce di Lightning arrivò forte e imperativa a contraddirlo. - Non sperarci! -
Rise e poi la raggiunse nella stanza accanto osservandola mentre finiva di stendere un sottile strato di trucco sul viso. Aveva iniziato a farlo ogni tanto, forse sotto il consiglio – no obbligo più probabilmente – di Rika o Serah, o entrambe.
- Mi stavo preparando quando Claire ha iniziato a fare i capricci e di conseguenza ha svegliato Hero che, per inciso, ero riuscita a far addormentare dopo due ore intense di sproloqui su Snow dato che è l’unica cosa che riesce a farlo addormentare. -
Ad Hope scappò una risatina mentre con la mano accarezzava dolcemente la testa del piccolo che teneva inquieto fra le braccia. - Sai non credo che a Snow farà piacere scoprire in che modo riesci a far addormentare suo figlio. -
Lei si voltò a guardarlo, un sorriso provocante sulle labbra, lo stesso che aveva prima di scagliarsi contro un nemico. - Non aspetto altro. -
Tornò a concentrarsi sullo specchio mentre lui continuava ad osservarla incantato attraverso il suo riflesso. - Come mai i bambini sono qui? -
Lei disfò la treccia ormai irrecuperabile guardandosi scocciata, tentò di ravvivare i riccioli usando l’acqua del rubinetto rimediando al danno ormai inevitabile. - Serah è stata trattenuta al lavoro, una qualche riunione fra insegnanti e Snow… non ho idea di cosa stia facendo ma spero per lui che sia qualcosa d’importante visto che non mi ha risposto alle prime due chiamate. -
Hope si morse l’interno della guancia per evitare di iniziare a ridere vista la comicità della scena, poiché probabilmente Snow stava sistemando il locale di Lebreau assieme ai ragazzi del NORA in perfetto tema festa a sorpresa. Rabbrividì al pensiero della serata che lo aspettava e pregò intensamente Etro che lei non decidesse di fare definitivamente una carneficina di massa.
Quando finì si voltò per riprendere il piccolo in braccio come fosse il gesto più naturale del mondo e tornò in camera per sistemarlo nel centro del loro letto mentre lei finiva di vestirsi. Si tolse il maglione e lo sostituì con una camicia chiara senza maniche e mentre si allacciava i bottoni notò che lui l’aveva seguita e non smetteva di fissarla. Arrossì leggermente. - Che cosa c’è? -
Scosse la testa e le si avvicinò posandole un delicato bacio sulle labbra poi le accarezzò la pelle del viso. - Sei bellissima. -
Le guance si tinsero di un rosso più intenso mentre abbassava lo sguardo. Le riusciva ancora difficile abituarsi alle sue dimostrazioni di affetto così intense e ai complimenti inaspettati. Non che non li apprezzasse, anzi, però non sapeva mai come avrebbe dovuto reagire inconsapevole che lui adorava proprio quel lato così timido e riservato del suo carattere. Quella parte di lei che non si era ancora convinta di essere una donna, una donna di una bellezza incredibile, sotto la divisa da soldato. Alzò nuovamente lo sguardo su di lui e si allungò sulle punte dei piedi per baciarlo di nuovo, delicatamente, le mani premute sul suo petto. Hope le circondò la vita con un braccio attirandola più vicina mentre con l’altra mano giocava con le ciocche di capelli attorno all’orecchio. Intensificò il bacio nel momento in cui lei spostò le braccia dietro al suo collo spingendolo verso il basso, le sue labbra erano morbide, calde e dal gusto leggermente fruttato per via del rossetto che aveva appena applicato e che sarebbe stata costretta a ritoccare. Non fece resistenza quando la sua lingua le leccò e rispose con un piccolo morso al labbro inferiore succhiandolo appena. Si sentiva il viso in fiamme e furono costretti a separarsi quando Hero protestò con un lamento perfettamente udibile da praticamente tutta la città per la mancanza di attenzione che stava ricevendo. Si scambiarono uno sguardo d’intesa prima che Lightning si voltasse per curvarsi sul bambino a controllarlo ancora. Iniziò a parlare con lui come se potesse capirla nonostante i suoi due brevi mesi d’età poi decise di passare ai versetti incomprensibili che Serah le aveva insegnato. Il bambino sembrò soddisfatto delle nuove attenzioni che la donna gli riservava ed iniziò a ridere gemendo allegro mentre agitava gambe e braccia avvolti in una tutina verde pallido.
Hope ebbe un fremito, un qualcosa di forte si mosse nel suo petto quando la vide chinarsi ancora per riempirlo di baci e pernacchie affettuose appoggiando la fronte contro la sua. Si sedette sul letto accanto a lei ipnotizzato dalla scena che si stava svolgendo sotto i suoi occhi increduli. Questa era la vera Lightning. Eccoti finalmente.
- Non mi hai mai detto cosa ne pensi. - disse lei all’improvviso. Lui la guardò sorpreso e vagamente confuso.
- A che proposito? -
Lightning alzò le spalle ed inclinò la testa. - Bambini. -
Il suo sorriso era disarmante e non disse altro aspettando che lui comprendesse ciò che quella semplice parola significasse, ciò che gli stava realmente chiedendo. Tornò a guardare Hero che nel frattempo aveva iniziato a sbadigliare e sembrava intenzionato a farsi un sonnellino. Gli accarezzò piano la pelle morbida e liscia delle guance paffute, sorrise. - Perché vuoi saperlo? -
- Curiosità. -
Hope le prese una mano intrecciando le dita con le sue. - Te lo dirò solo se mi prometti una cosa. -
- Ossia? - si allungò e la baciò di nuovo. Poi con il pollice le tracciò una linea invisibile sul sopracciglio, sul naso e sulla linea delle labbra. Guardò i suoi occhi azzurri con sfumature di un blu così intenso da far impallidire il cielo di Pulse. - Rispondi positivamente alla prossima domanda che ti farò e ti dirò tutto quello che vorrai. -
Lei sorrise guardinga. - E’ un ordine, Estheim? -
Scosse la testa mentre la baciava ancora. - Solo un suggerimento, Farron. -
- Lo prenderò in considerazione. -
Adorava questo di lei, amava la sua vita adesso e desiderava ardentemente che lei ne facesse parte per sempre. Erano passati dieci anni dal loro primo incontro e non si poteva certo dire che il caso li avesse uniti in circostanze fortuite. Ma lui non credeva più al destino, lei gli aveva insegnato che erano loro stessi i fautori della storia che vivevano. Qualsiasi cosa sarebbe accaduta.
Non era questione di potere o no.
Appoggiò la fronte alla sua senza mai staccare lo sguardo dai suoi occhi mentre un piccolo fremito d’inquietudine gli formicolò nel petto. In un lampo rivide ogni cosa dal loro incontro in avanti; la vide allontanarsi scocciata da lui lasciando indietro il ragazzino impaurito che era stato, la vide mentre si frapponeva fra lui e Odino per proteggerlo, la vide mentre gli porgeva il coltello regalatole da Serah. Poteva ancora sentire il suo abbraccio caldo e forte a Palumpolum, carico di affetto, quando gli aveva promesso di tenerlo al sicuro. Il suo sorriso rassicurante quando aveva perso la speranza arrivati su Pulse e la fiducia che gli aveva dimostrato in ogni combattimento, sempre, anche in quello finale. E poi tutti gli anni dopo quando lui misurava i centimetri che lo separavano dal superarla in altezza ogni volta che s’incontravano, lui che cercava di mantenersi in allenamento nonostante gli studi perché voleva apparire forte abbastanza. La felicità che gli aveva per poco fermato in cuore quando era quasi riuscito a baciarla e la disperazione in cui era sprofondato negli anni a seguire per tutta la durata della sua assenza.
Ma ora era lì con lui, ferma in attesa fra le sue braccia, i suoi occhi chiarissimi che iniziavano a spazientirsi incuriositi per l’attesa. Sapeva che era lei il suo destino, lo era sempre stata, ogni scelta che aveva fatto nella sua vita da quando l’aveva conosciuta era stata solo per potersi avvicinare di più a lei. Perché glielo aveva promesso. Le avrebbe guardato le spalle o, almeno, ci avrebbe provato. Sempre.
Certe cose si fanno e basta.
Sorrise.
- Light, vuoi sposarmi? -
Fine
Note ( saranno molto lunghe ): Non riesco ancora a credere di essere riuscita dopo così tanto tempo finalmente a dare una fine a questa storia. Mi sentivo come se avessi lasciato una scatola aperta sopra il mio armadio ma era troppo in alto per raggiungerla. Finalmente mi sono decisa a prendere la scala e dopo troppe ricerche ho trovato il coperchio giusto. E adesso è finita.
Che ci crediate o no ero in lacrime a conclusione effettuata perché per me, essere riuscita a concluderla dopo che avevo perso la speranza dopo così tanti anni, è stato anche una sorta di scacco matto con me stessa, con la me troppo pigra o svogliata o depressa o spaventata che prima non si azzardava nemmeno ad accendere il pc. In questi anni me ne sono successe tante, sono andata a vivere in un’altra casa con il mio ragazzo che amo tantissimo ( nonostante mi prenda sempre in giro fin troppo per il mio essere così innamorata di Hope… secondo me gli ho fatto salire un complesso poverino, forse è solo gelosia ) ho fatto cambiato due lavori, uno dei quali mi ha portato via letteralmente la vita. Quest’anno, pandemia a parte, per me è stato una svolta. Ho preso in mano la mia vita ed ho deciso che certe cose che mi facevano soffrire andavano tagliate via, così mi sono licenziata con il buon proposito di cambiare città per trovare un futuro migliore. Purtroppo appunto la pandemia ha bloccato ogni mio piano ed inoltre ho anche avuto un incidente ad inizio estate che mi ha bloccata all’immobilità per mesi. Così ho deciso di riprendere in mano almeno una delle cose che mi rendevano felice, la scrittura.
Questo pairing resta il mio preferito in assoluto e mi sentivo in obbligo a dargli un lieto fine, non poteva finire diversamente. Che poi, siamo davvero sicuri che Light gli abbia detto di sì? (< - < ) Soprattutto dopo la bellissima sorpresa della festa, immagino che forse ci sia passata sopra visto la lieta novella, o forse no. Ne sarebbe capace in effetti.
E il piccolo Hero? Lo so, sono stata un po' cattivella perché vi sarete tutti immaginati fosse figlio loro, e invece no! Perché insomma, non ce lo vedevo come finale visto tutte le paturnie mentali che si fa quella ragazza, sarebbe stato troppo presto. Non trovate inoltre il nome sia azzeccatissimo per il figlio di Snow? Oddio un piccolo Snow che si chiama Hero e urla in giro facendo impazzire la povera Lightning… in effetti è un’immagine piuttosto divertente.
Ed ho voluto dare un piccolo spazio anche a Rika, personaggio che sebbene appaia poco mi è sempre piaciuto molto ispirandomi tantissima simpatia e forza. E mi sono messa a ridere all’immaginarmi lei che corre dietro a Lightning urlando qualcosa come “siamo amiche siii!” mentre la soldatessa scappa imbarazzata. Alzi la mano chi vorrebbe una scena su di loro? Io sì… tra l’altro avevo già promesso una sorta di extra su Rika, chissà…
Meglio che mi fermo perché queste note stanno durando più della storia stessa e avrei ancora tante cose da dire ma… meglio di no, me le tengo per la prossima volta.
So solo che non voglio smettere di scrivere su di loro ( non si tratta di potere o no, giusto? Certe cose si fanno e basta ) anche se qui ormai è il deserto, ma se tu sei arrivato fino alla fine di questo mio sproloquio sappi che te ne sono davvero grata!
Domo arigatou!
E spero tanto che questa storia ti sia piaciuta, l’importante è questo alla fine e come mi sono sentita bene io nel raccontartela. Perché per rispondere alla domanda di Rika sì, adesso mi sento molto felice!
Quindi grazie, davvero grazie.
Un ringraziamento speciale va a Cinzia, perché mi è sempre stata vicina in questi anni, è un’amica preziosa che mi ha regalato EFP. Non hai mai smesso di credere in me ed io non smetterò mai di credere in te, sappilo!
GRAZIE!
GRAZIE!
GRAZIE!
Love, Selhin
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