One Shots - Clintasha & Steggy

di Sandra Prensky
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One Dance ***
Capitolo 2: *** If I Could Go Back ***
Capitolo 3: *** Long Forgotten ***



Capitolo 1
*** One Dance ***


  • Titolo: One Dance

  • Coppia: Steggy

  • Rating: verde

  • Genere: triste

  • Parole: 1130

 

One Dance

 

Margaret Elizabeth Carter non perdeva mai il controllo. Si era ubriacata solo due volte nella sua vita. La prima a sedici anni, per pura trasgressione. Sua madre le aveva detto di non sfiorare le bottiglie di brandy che tenevano in soffitta e ovviamente la prima cosa che la ragazzina aveva fatto era stata andare a cercarle per bere quanto più brandy potesse. Quella notte se n'era pentita amaramente. La seconda, quando era morto suo fratello. Aveva passato la serata che sarebbe dovuta essere la sua prima notte di nozze in un pub, da sola con l'alcool. Se non fosse arrivata la sua collega dell'ufficio Shelly a fermarla probabilmente sarebbe svenuta. Fu quella notte, tra un bicchiere e l'altro, che decise di accettare la proposta di diventare un'agente operativo. Avrebbe continuato il lavoro di suo fratello, avrebbe combattuto in guerra. Avrebbe onorato la sua memoria.
Quella sera, aveva tutta l'intenzione di ubriacarsi una terza volta. Intorno a lei, i clienti dello Stork Club ballavano felici, si divertivano, si godevano quel poco di frivolezza che era loro concessa in un tempo in cui la frivolezza pareva un miraggio di decenni addietro. L'eco delle loro chiacchiere e risate risuonava nella testa di Peggy, così come l'allegra musica. Avrebbe pagato per far tacere tutto e ubriacarsi nel silenzio più totale. Non sapeva nemmeno perché si trovasse lì in quel momento. Forse c'era una piccola parte di lei, ben nascosta, che infantilmente credeva ancora che Captain America, il suo Steve, si sarebbe presentato alle otto in punto per il loro ballo. Ora le sembrava tutto ridicolo, di colpo il bell'abito turchese che indossava le parve troppo stretto e soprattutto sbagliato. La sua stessa presenza lì era sbagliata. Prese un altro sorso di vodka, che scese bruciando la gola già in fiamme, e controllò il suo orologio da polso, eredità della nonna. Segnava le otto e mezza. Una lacrima, silenziosa e bollente, le scivolò sulla guancia. Steve era morto. Lo sapeva, l'aveva saputo da quando la radio dell'aereo dove si trovava aveva smesso di trasmettere la sua voce, ma era come se l'avesse realizzato solo in quel momento, allo Stork Club, rimasta con nessun altro che non il fantasma di lui a farle compagnia. Steve era morto, e non ci sarebbe stato nessun ballo, nessun appuntamento, nessun modo di abbandonarsi alla frivolezza, nessun futuro per loro due insieme. Steve era morto. Presto alla prima lacrima se ne unirono altre, così come man mano aumentò il numero di bicchieri vuoti sul bancone davanti a lei.
-Perché una ragazza tanto affascinante dovrebbe passare la serata a piangere al bancone invece di ballare come tutti gli altri?
Peggy si immobilizzò all'istante. Doveva essere frutto della sua immaginazione, uno scherzo dell'alcool. Quella voce, non poteva essere... Si girò, lentamente. Davanti a lei si trovava un uomo alto e vestito elegantemente. Era biondo, aveva gli occhi celesti e un sorriso gentile. Nonostante l'aspetto ovviamente affascinante, gli si leggeva in viso un imbarazzo quasi puerile. Avrebbe dovuto essere morto. Peggy si alzò in piedi, senza parole e con le lacrime che ancora le scivolavano sulle guance, credendo di aver alzato troppo il gomito. Non era possibile. Annaspò qualche secondo, incapace di produrre suoni di senso compiuto. Lo osservò guardare l’orologio.

-Scusami, ho fatto tardi.- Disse con un sorriso pentito e lei per un attimo credette che le sue gambe si sarebbero sciolte. Si avvicinò piano a Steve, che aprì le braccia come se si stesse aspettando un abbraccio. Forse fu proprio per questo che quando gli arrivò uno schiaffo a tutta velocità sulla guancia, sonoro e doloroso, rimase così stupito.

-Non ti azzardare a farlo mai più!- Abbaiò Peggy tra le lacrime e i singhiozzi. Steve non riuscì a trattenere un sorriso. Conoscendola, non avrebbe dovuto aspettarsi niente di meno. -Oddio, Steve, sei qui...- Mormorò lei, la voce spezzata e le guance rosse per l’alcool e la rabbia di pochi secondi prima, che stava già scemando. Lui sorrise di nuovo, gentile.

-Certo, non potevo lasciare la mia ragazza. Lei mi deve ancora un ballo...- A Peggy dovette trattenere una risata, mentre si asciugava le lacrime. Era ancora difficile credere che stesse accadendo.

-Allora?- Incalzò lui, porgendole la mano. -Sono sopravvissuto a uno schianto nel Polo Nord perché l’agente Carter mi insegnasse a ballare, avanti.- Ridacchiò, arrossendo lievemente.

-Beh, le promesse sono promesse.- Replicò lei, afferrando la mano di Steve. Prese anche l’altra e gli mostrò la posizione in cui doveva metterla sul suo fianco. Si mossero lentamente verso la pista, nel mezzo di un lento, e iniziarono a muoversi piano, Peggy che sussurrava istruzioni all’orecchio di Steve e lui che la ascoltava rapito, seguendole meticolosamente.

-Niente male, Capitano.- Sussurrò Peggy, appoggiando la testa al suo petto e lasciandosi inebriare dal suo profumo, lasciandosi rassicurare dal suo calore, lasciandosi trasportare dalle sue mani. La musica li avvolgeva, e di colpo la stanza era vuota e c’erano solo loro due che ballavano, insieme e contenti come se le ultime settimane non fossero mai esistite. Peggy si sentiva davvero felice, per la prima volta dopo anni. Steve la fece ruotare, e lasciò un attimo la sua mano. Lei piroettò, lasciando che la sua risata cristallina riempisse l’aria, la prima che faceva da quando era iniziata la guerra. Si rigirò verso di lui, avvicinandosi per riprendere la sua mano. Le loro dita stavano per toccarsi...

 

 

 

-Peg? Tutto bene? Stai piangendo.

Le ci vollero diversi secondi per capire cosa stesse succedendo, perché si trovasse in un letto dentro a una stanza buia, a chi appartenesse quella voce insonnolita. Sentì un braccio fare pressione sulla sua vita in modo da farla girare, e si ritrovò a fronteggiare suo marito Daniel, che la stava guardando con un’espressione a metà tra il preoccupato e l’addormentato. Peggy sentiva la musica nella sua testa scivolare via, la pressione e il calore del corpo di Steve contro il suo svanire con la stessa rapidità del suo sogno. Cercò di abbozzare un sorriso e annuì.

-Deve essere stato un incubo. Non ricordo.- Rispose lei sbrigativa, asciugandosi in fretta e furia le lacrime.

-Sicura?

Lei annuì.

-Non preoccuparti, torna pure a dormire.- Mormorò, e si girò nuovamente a dargli le spalle, mentre avvertiva il peso del braccio di Sousa tornare nuovamente sulla sua vita per abbracciarla. Lo ascoltò addormentarsi, mentre la sua mente non voleva saperne di scollarsi dal sogno. Odiava mentire a Daniel, ma c’erano cose di cui non poteva parlare, nemmeno con lui. Lo amava, certo, ma Steve avrebbe sempre occupato un posto enorme nel suo cuore. Chiuse gli occhi, e cercò con la mente di riportare a sé almeno stralci della musica e del profumo di Steve, cercando di finire, almeno nella sua mente, quel ballo che aspettava ancora anche dopo tutti quegli anni. Quel ballo che lei non avrebbe mai avuto.

 

 

 

Angolo autrice

Salve a tutti!

Ho deciso di creare una raccolta di one shot su queste due coppie, in modo da poter sfogare i miei feels mentre vado avanti col mio libro della Vedova Nera (se vi va di leggerlo si chiama “Black Widow: Forever Red” e no, non è la traduzione del libro americano).

Non so quanto spesso aggiornerò, credo che sarà un po’ una scappatoia per quando non ho idee per l’altra storia o quando mi vengono in mente prompt decenti. Intanto spero che questa vi sia piaciuta, erano secoli che volevo scriverla!

Se volete suggerire dei prompt saranno benaccetti, sia nelle recensioni sia per messaggio!

A presto!

Sandra Prensky

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Capitolo 2
*** If I Could Go Back ***


  • Titolo: If I could go back

  • Coppia: Clintasha

  • Rating: verde

  • Genere: angst, introspettivo

  • Parole: 932


 

If I could go back


 

-Parto domani, dovrei stare via per più di un mese.- Disse Natasha, probabilmente in risposta a una domanda che lui non aveva sentito. Clint continuò a far finta di essere indifferente mentre giocava con Nathaniel, ma rimase attento a tutto ciò che le due donne dicevano nella stanza affianco.
-Che peccato, non potrai esserci per il compleanno di Cooper...- Udì sua moglie replicare, con voce sinceramente dispiaciuta. -Dove si dovrebbe svolgere questa missione?- Seguì Laura. Probabilmente stava cucinando, sentiva il rumore del coltello sul legno.
-Parigi.- Rispose Natasha. A giudicare dal rumore, stava aiutando Laura a preparare tavola. Lui si stranì, non sapeva di nessuna missione a Parigi in programma. Si era perso un sacco di cose, di recente.
-Un mese a Parigi da sola, non mi sembra niente male.- Commentò Laura.
-Non sarò da sola, ci sarà anche Steve. È una missione piuttosto basica, la solita copertura da marito e moglie, ma è essenziale che tutto vada bene, allora mi devo trascinare dietro il supersoldato.- Clint si accorse solo pochi secondi di aver serrato la mascella al nome di Steve. Udì Laura ridacchiare.
-Beh, un mese a Parigi nella stessa stanza con Steve Rogers? Se Clint mi avesse detto di queste missioni, mi sarei unita anche io allo SHIELD. Che ne dici, tesoro, è troppo tardi?- Chiese sua moglie alzando la voce per farsi sentire meglio da lui. Clint la prese come giustificazione per alzarsi e unirsi alla conversazione nell’altra stanza.
-Attenzione a ciò che chiedi, potrebbero assegnarti Nat come addestratrice. Ha avuto pochi allievi, ma ben pochi di loro ne sono usciti interi.- Le rispose con un sorriso tirato. Si girò poi verso la rossa. -Un mese a Parigi con Cap? Non credevo che voi due foste partners adesso.- Cercò di tenere il tono più disinteressato possibile.
-Beh, da quando tu hai deciso di lavorare part-time per dedicare più tempo alla tua famiglia hanno dovuto assegnarmi un altro compagno e visto che abbiamo lavorato più volte insieme Steve sembrava una buona scelta.- Rispose lei semplicemente.
-E Steve è d’accordo? Pensavo fosse impegnato nella ricerca del suo amico fantasma.- Si informò lui, il tono forse un po’ troppo piccato. Natasha gli lanciò uno sguardo interrogativo, che poi si trasformò in un sorrisetto malizioso. Clint avvertì il solito peso all’altezza del petto, come sempre quando gli rivolgeva quel sorriso. Cercò di non darlo a vedere.
-Non sarai mica geloso, Barton? Attento a come parli, tua moglie ha un coltello in mano.- Lo punzecchiò lei, provocando la risata di Laura. Lui arrossì lievemente e sperò vivamente che nessuna delle due lo notasse.
-Era solo per informarmi.- Bofonchiò, suscitando ancora di più l’ilarità di entrambe. Si sedette sulla sedia dal lato opposto del tavolo rispetto a Natasha, e la guardò mentre ricominciava a parlare del più e del meno con sua moglie. Si chiese se se ne fosse accorta. Era troppo intelligente per non sospettare niente, probabilmente stava solo fingendo per il bene della sua famiglia. Ancora una volta, svolgeva il lavoro che dovrebbe essere stato suo. Si chiese se sapesse anche che aveva richiesto il part-time per non rimanere in squadra con lei. Non era più in grado di affrontare il “Barton-Romanoff”, non senza tradire i propri sentimenti. Rimase insolitamente silenzioso per tutta la durata della cena, giustificandosi con una finta emicrania. Laura ci cascò in pieno e anche se Nat si fosse accorta della bugia lo nascose molto bene. Osservò in silenzio la Vedova Nera salutare i suoi figli e promettere a Cooper che si sarebbe fatta perdonare per l’assenza al suo compleanno. Clint non riuscì a evitare di pensare al fatto che, checché ne dica lei, sarebbe una madre fantastica. Rimase muto anche quando la vide allontanarsi e salire sulla sua macchina, diretta verso casa per finire di preparare le valigie per la partenza. Si ricordava perfettamente quanto fosse metodica e precisa nel preparare l’occorrente alle missioni. Ritornò dentro casa, portò i bambini a dormire. Non riusciva a pensare ad altro che alla rossa, non che fosse una novità. Andò a coricarsi sul suo letto, di fianco a Laura. Ascoltò il suo respiro diventare lento e regolare mentre si addormentava. Tutto quello gli sembrava terribilmente sbagliato. Aveva sempre creduto di amare Laura, non aveva mai avuto dubbi. Si erano sposati giovani, ma erano sempre stati la coppia perfetta. Aveva creduto di essere profondamente e perdutamente innamorato di lei. Eppure era bastata una ragazza, un’assassina russa che lui avrebbe dovuto uccidere, a fargli crollare tutto il mondo di certezze che si era costruito nel tempo. Sapeva solo ora di aver commesso un errore ad averla fatta entrare nella sua vita, e ora non sapeva più come liberarsene. Ormai Natasha era una parte di lui, una parte senza la quale, ne era sicuro ormai, non sarebbe riuscito a sopravvivere. Non era certo di aver mai potuto dire lo stesso per la donna che aveva sposato. Guardò Laura, e si chiese se fosse così che ci si sentiva a non amare più qualcuno. Era possibile che semplicemente da un giorno all’altro si potesse smettere di provare quei sentimenti per un’altra persona? Che ogni parola detta, ogni bacio lasciassero quel retrogusto amaro in gola? Eppure, non vi era via d’uscita. Non aveva intenzione di tradire Laura, non era quel tipo di persona. Aveva una famiglia, per l’amor del cielo, tre figli. Tutto ciò che poteva sperare era che un giorno, presto, i suoi sentimenti per Natasha sarebbero scomparsi così come quelli per Laura. Eppure, persino in quel momento, immerso nel silenzio che faceva da padrone nella sua fattoria, sapeva che non sarebbe mai stato così.

 

Angolo autrice

Hola :)
Chiedo infinitamente scusa. Avevo in progetto un sacco di fluff Clintasha e invece ho scelto di scrivere questa di getto, non so nemmeno io il perché. Sarà colpa del caldo (non so dove siate voi, ma dove abito io si muore) So che non è una gran roba, ma è colpa della mia ossessione per i personaggi tormentati e le introspezioni, dovete capirmi... Vi prometto che scriverò anche qualcosa di allegro.
Forse
Prima o poi
Non saprei.
Come sempre, ringrazio anche solo chi legge (anche se le recensioni, critiche comprese, sono sempre benaccette.) e in un momento di estrema self promotion, se vi va di controllare anche la mia storia Black Widow: Forever Red...

Grazie ancora a tutti u.u

Un gelato a tutti (troppo caldo per gli abbracci)

Sandra Prensky

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Capitolo 3
*** Long Forgotten ***


  • Titolo: Long Forgotten

  • Coppia: Clintasha

  • Rating: verde

  • Genere: Movieverse, missing moments, triste

  • Parole: 826

 

Long Forgotten


 

Il rombo del tuono risuonò tutto intorno a lei, vigoroso. Le prime gocce seguirono piano l’eco del suo rimbombo. Cadevano sulla dura pietra delle tombe che la circondavano, producendo un suono che pareva quasi una melodia. Cadevano sulla terra, tra i fili d’erba. Cadevano pesanti sul suo cappotto nero come la pece e scivolavano tra i suoi capelli fulvi. Cadevano sul suo viso, e andavano a sostituire le lacrime che non aveva per chi non aveva mai conosciuto. Passarono diversi minuti e la ragazza non pareva ancora fare caso alla pioggia, né al fatto che stesse tremando per il freddo, bagnata com’era in balia del vento freddo di Volgograd. La sua mente vagava da altre parti, i suoi occhi erano fissi sulle scritte ormai sbiadite incise nella pietra scura della lapide. “Alian Romanov e moglie. Stalingrado, 1899 – Stalingrado, 1936”. La tomba era piccola, vicino alla rete di metallo che delineava il contorno del piccolo cimitero. Non vi erano decorazioni, abbellimenti, effigi di alcun genere. Il ricordo quasi anonimo di qualcuno morto in disgrazia, lontano dagli occhi del mondo e presto dimenticato. Ci si aspetterebbe che i parenti più prossimi agli ultimi zar avessero almeno una degna sepoltura. Invece giacevano lì, la loro scomparsa taciuta e ignorata quasi quanto l’esistenza della ragazza sola nel cimitero. Si chiese perché si trovasse lì. Aveva forse sperato di trovare qualche risposta recandosi alla tomba dei suoi genitori? Aveva creduto potesse cambiare qualcosa? Aveva immaginato sensato recarsi dove tutto era crollato intorno a lei per la prima volta ora che era successo di nuovo? Aveva detto a Steve di avere bisogno di sparire per un po’, e quello era il posto dove era sicura che nessuno l’avrebbe cercata. L’ultimo luogo che avrebbe voluto rivedere, il primo dove si era recata. Avrebbe potuto chiamarla strategia, ma la pura realtà era che si era ritrovata persa e, suo malgrado, tutto ciò che il suo istinto era stato capace di fare era stato riportarla in un posto che, per quanto odiasse, le fosse familiare. Per lo più, non aveva mai visitato le tombe dei suoi genitori. Le era sembrato importante, fino a poco prima. Ora le sembrava solo l’ennesima azione vuota che compieva. In quel momento, sotto la pioggia, immersa nella foschia della giornata, avrebbe potuto essere davvero il fantasma che tutti credevano lei fosse. Persa nei suoi pensieri, quasi non si accorse quando la pioggia smise di cadere sopra di lei. Sussultò quando avvertì qualcosa sulle proprie spalle. Si girò, e vide l’uomo che l’aveva seguita fino in Russia senza fare domande. Le stava tenendo un ombrello sopra il capo e si era liberato della propria giacca per appoggiargliela sulle spalle. Lei fece per sussurrare qualcosa come protesta, ma lui la fermò.

-Nat, stai tremando.- Disse, con un tono che non ammetteva repliche. Lei non aveva la forza di ribattere, si limitò ad accennare l’ombra di un sorriso per ringraziarlo. Sentì il braccio dell’uomo scivolarle lento a cingerle le spalle, il suo corpo contro al proprio. Appoggiò il capo sul suo petto e lasciò che il suo calore la irradiasse, mentre ascoltava il cuore dell’uomo che batteva ritmicamente. Delle poche cose che si aspettava di meritare dalla vita, Clint Barton non era certo una di quelle. Non aveva avuto dubbi né tentennamenti nel fare la sua valigia e seguirla dopo la caduta dello SHIELD. Le era rimasto accanto come aveva sempre fatto, sebbene lei sapesse perfettamente di non esserne degna. Non aveva criticato la sua idea di andare in Russia, non aveva voluto sentire scuse quando lei gli aveva detto che non era obbligato a seguirla. Si era limitato a chiederle a che ora partisse il volo, e ora eccolo qui. Gli aveva detto di rimanere nella camera d’albergo dove alloggiavano mentre lei faceva una passeggiata. Ovviamente non se l’era bevuta. Era grata, anche se non l’avrebbe mai ammesso, che l’avesse seguita comunque e che ora fosse lì con lei. Per quanto odiasse dipendere da qualcuno, non riusciva a impedirselo con lui e si detestava per questo. Rimasero diversi istanti abbracciati sotto la pioggia, a fissare la piccola lapide. Passato qualche minuto, Natasha alzò lo sguardo verso il suo viso e incrociò i suoi occhi grigioazzurri.

-Trovato quello che ti serviva?- Le chiese lui.

-Quello ce lo avevo già.- Replicò lei sottovoce con mezzo sorriso, sostenendo il suo sguardo.

-Come sei sdolcinata oggi. Dovrei portarti più spesso nei cimiteri, se è questo il risultato.- Rispose con un ghigno, abbassandosi verso di lei e lasciando un bacio sulle sue labbra ancora umide. Lei riaprì gli occhi e ricambiò il suo sorrisetto.

-Carpe diem, Barton. Sono ancora perfettamente in grado di spezzarti l’osso del collo.- Mormorò in un falso tono minaccioso. Lui le offrì la mano, che lei strinse all’istante.

-Non ne dubito, Romanoff.

Si girarono e si incamminarono verso l’uscita, facendosi strada tra le tombe, stringendosi l’uno all’altra sotto l’ombrello, dando le spalle ad Alianov Romanov e sua moglie, lasciandoli al loro riposo eterno.






Angolo autrice

Soooo l’idea per questa mi è venuta guardando le scene eliminate di Civil War, ce n’è una in cui Nat dice che dopo CATWS è andata in Russia a vedere le tombe dei suoi genitori e beh, that’s it. All’inizio volevo farla simile alla scena di Harry Potter e I Doni Della Morte dove Harry e Hermione sono a Godric’s Hollow e vanno a visitare la tomba dei genitori di Harry. Alla fine non credo che ci assomigli molto, ma forse è meglio così hehe.
Bene, detto ciò volevo aggiungere che questo è stato scritto come “intermezzo”, vista la mia assenza di quasi due settimane (sono stata in vacanza in Francia e Spagna, perdonatemi). Sto lavorando sia sul capitolo XV di Forever Red sia su una OS Steggy che pubblicherò in questa raccolta, ma siccome verrà veramente lunga ho deciso di scrivere qualcosa di corto che a. vi ricordasse che sono ancora viva e b. vi facesse soffrire un po’ perché non si sa mai.
Detto ciò, spero che vi sia piaciuta hehe. Fatemi sapere se vi avanza tempo, altrimenti grazie anche solo per la lettura :)

Sayonara
Sandra Prensky

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