The love that I didn't expect

di Rumenna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pioggia fredda ***
Capitolo 2: *** A notte fonda ***
Capitolo 3: *** Rosso lacrima ***
Capitolo 4: *** In tutta onestà ***
Capitolo 5: *** Come schiuma di cappuccino ***
Capitolo 6: *** L'eroina sui tacchi a spillo ***
Capitolo 7: *** Quello di te che non sapevo ***
Capitolo 8: *** Quando la serranda è chiusa ***
Capitolo 9: *** Un uomo elegante veste un abito viola ***
Capitolo 10: *** Dopo il lavoro noi due ***
Capitolo 11: *** La gazza e la volpe ***
Capitolo 12: *** Non sempre tutto è quel che sembra ***
Capitolo 13: *** Aspro come un'arancia, dolce come il miele, amaro come il brandy ***
Capitolo 14: *** Il mio corpo è tuo ***
Capitolo 15: *** Confronto diretto ***
Capitolo 16: *** Distaccarsi dall'idea generale è difficile, ma non impossibile ***
Capitolo 17: *** Ce la posso fare ***
Capitolo 18: *** In questa fredda sera d'inverno ***
Capitolo 19: *** Sotterfugi ***
Capitolo 20: *** Divisi da una porta, connessi dall’anima ***
Capitolo 21: *** Soli nella mia camera buia ***
Capitolo 22: *** Mani congiunte ***
Capitolo 23: *** Trappola per topi ***
Capitolo 24: *** Liberiamo le nostre incertezze ***
Capitolo 25: *** Le nostre ombre insieme ***
Capitolo 26: *** La bellezza degli angeli ***
Capitolo 27: *** Siamo tutti unici e speciali ***
Capitolo 28: *** Realismo e pop art ***
Capitolo 29: *** Qualcosa di unico ***
Capitolo 30: *** Il calore che solo tu riesci a donarmi ***
Capitolo 31: *** Tu fermi il mio tempo ***
Capitolo 32: *** Il colpo di fulmine di Rosemund ***
Capitolo 33: *** Le mie labbra non conoscono l’inverno ***
Capitolo 34: *** Come una morsa al cuore ***
Capitolo 35: *** Rose, devo baciarti ***
Capitolo 36: *** Dire “ti amo” ***
Capitolo 37: *** Amore e gelosia ***
Capitolo 38: *** Essere ubriachi agevola il contatto fisico ***
Capitolo 39: *** Sì, sono geloso ***
Capitolo 40: *** Il peggior amore della storia contemporanea ***
Capitolo 41: *** Ricominciare da zero ***
Capitolo 42: *** La forza di Ashley ***
Capitolo 43: *** Custodito in fondo al mio cuore ***
Capitolo 44: *** La verità sul nostro primo bacio ***
Capitolo 45: *** Grazie… ma adesso sparisci per sempre ***
Capitolo 46: *** Emozioni notturne ***
Capitolo 47: *** Irresistibile ***



Capitolo 1
*** Pioggia fredda ***


Fuori sta piovendo. Piove da ore ormai. Ma non importa. Ciò che desidero è qui, non mi fermerà nessuno. L'odore del carboncino, il tocco con la ruvidità della carta, l'odore di pittura. Tina è dentro di me. Se Tina è tra la mia testa e tra le mie mani, presto si mostrerà davanti, bellissima, con delle amabili gradazioni di nero, grigio e bianco latte.

Tina ha le labbra carnose, devo aumentare la curva in questo punto. non importa. Ciò che desidero è qui, non mi fermerà nessuno.

«Etciù!»

Mi è caduto il fermaglio mentre starnutivo. Dov'è finito..? Ah, eccolo lì.

Questi capelli mi arrivano già alle spalle, ma non ho tempo per andare a tagliarli, né tantomeno voglia. E' già un miracolo se riesco a radermi una volta ogni due o tre settimane, lo considero un extra dopo essermi lavato: ci perdo troppo tempo, quindi la lascio crescere finché non sembro una specie di Cristo in croce.

Chissà che ore saranno..?

Mi alzo dallo sgabello in legno e a piedi scalzi mi avvicino alla porta dell'aula, la apro e vedo molta gente che lascia l'istituto.

«Ehi, Ivan! Non vai a comprarti un pezzo di pizza?»

Marcello, uno dei miei compagni di corso. Compagno di corso, non amico.

«No.»

«Fa come ti pare, ci vediamo!»

Faccio un cenno con il capo e richiudo la porta. Quindi è ora di pranzo. Mi avvicino agli armadietti e mi accovaccio sul pavimento, verso la mia borsa. Prendo il mio panino e me ne ritorno seduto sullo sgabello, guardando dalla finestra.

Sembra che fuori ci sia della brezza piacevole. Aprirò leggermente la finestra mentre pranzo. Ho tirato un grande morso al panino, rimanendo con del prosciutto penzolante dalla bocca, seduto al davanzale della grande finestra. Le punte dei piedi scalzi sfiorano le matite colorate, facendole tintinnare di un piacevole suono legnoso.

Ecco Tina, con la sua borsetta rossa. Ha i capelli sciolti, quanto mi piace quell'ondulare sui fianchi...

«Tina!» Ecco che arriva la sua amica, Maria.

Si è voltata da questa parte.

La chioma castana con riflessi rossicci si è mossa scostata dal suo movimento... è più sexy di una pubblicità di balsamo per capelli. Ha messo il rossetto rosso oggi. Quelle labbra sono divine: non possono essere di un essere umano.

Sta guardando da questa parte!

Mi sta salutando!

Mi sta salutando, con quella manina sottile e aggraziata...

*Splash!*

Panino nel secchio di pittura.

Sospiro. Tina è già sparita alla mia vista. Però almeno mi ha salutato! Devo essere positivo!

...Però ci diamo a malapena il buongiorno quando ci vediamo. E per vederla devo aspettare l'unica lezione della settimana che abbiamo in comune. Che triste gioventù sto vivendo. La gente alla mia età ha già avuto tre o quattro relazioni importanti o una sfilza di conquiste alle spalle...che racconterò un domani ai miei figli? Che l'unico amore di gioventù di loro padre era per una ragazza che appena lo salutava?

...Rimarrò a digiuno per oggi. Vorrà dire che basterà il mio amore per Tina a saziarmi.

*

«Allora, avete capito? Peperone, laggiù! Stai ascoltando o paghi le tasse universitarie per sport?»

L'ho ripetuto centinaia di volte ai miei genitori durante la crescita di cambiarmi il cognome, ma non hanno voluto. E le pratiche per farlo sarebbero troppo lunghe, mi toglierebbero tempo che posso dedicare al disegno.

«...S-sì.»

Che strano, la mia mente si è svuotata senza che me ne rendessi conto. Anche una decina di minuti fa mi è successo. Sarei dovuto uscire a prendermi un panino.

«Peperone, vai a prenderti un caffé alla macchinetta in corridoio, prima di svenire durante la mia lezione! Non voglio che uno studente svenga durante le mie ore, troppe rogne! Allora, con voi altri stavamo dicendo...»

Questo tizio è sempre di una gentilezza senza pari. La cosa triste è che ha la faccia tosta di non smentirlo in pubblico.

Mi sono alzato piano dalla sedia e sono uscito dall'aula, trovandomi nel bel mezzo di un via vai di studenti in tutte le direzioni. Mi gira la testa, devo fermarmi. Qui, qui. Appoggiato alla parete. Chiudo gli occhi. Respiro. Ora va bene.

Mi dirigo alla macchinetta. Una folla inferocita di gente si accalca come se non bevesse da secoli. E' ingiusto, al massimo questo è il loro dopo-pasto, io sono in piedi con appena un morso di panino... E ci avevo impiegato anche mezz'ora per prepararmelo.

Mi sono avvicinato ad uno degli ultimi, un tipo basso con dei ricci castani.

«S-Scusa, è rimasto del cappuccino, del latte o una cioccolata?»

Il tizio si è voltato ed ha alzato la testa, guardandomi con dei grandi occhi a palla: «No, c'è sholo cafféh!» Apparecchio e dentone sono la prima cosa che ti salta all'occhio guardando questo ragazzo. Non sono un criticante, non l'ho criticato o preso in giro: osservare è quello che io definisco "difetto professionale". E non credo neanche di essere l'unico nel settore.

«Ah...Grazie.» Che sfortuna, a me neanche piace il caffé. Lo bevo solamente con il latte al mattino. Mi toccherà andare al locale più vicino...Dovrò prendere il bus. Questa scuola sembra che l'abbiano costruita su Marte! Sembra una presa in giro che sia così lontana, se si prende in considerazione che in centro ci sono un sacco di strutture in buono stato abbandonate per anni ed anni dopo aver soltanto affisso il cartello "lavori in corso". Per fortuna ho un paio di euro in tasca, dovrei farcela per un'andata e ritorno.

Esco dall'edificio tra spintoni, capogiri e piedi calpestati (i miei).

Il cielo sta gocciolando ancora, anche se in maniera leggera. Devo percorrere un po' di strada prima di arrivare alla fermata dell'autobus. Tiro su il cappuccio dell'enorme felpa e mi incammino.

Trascino i piedi per la fame, credevo che scene del genere si potessero vedere soltanto nei cartoni animati, eppure sta accadendo a me.

Ho fame...quanto manca alla fermata..? Ecco, vedo l'angolo della strada. Devo svoltare a sinistra e fare qualche passo prima di trovare la fermata. Almeno potrò star seduto e al riparo sotto al tettuccio della panca.

Eccola, la panca! Con tanto di tettuccio! Mi gira la testa, devo sbrigarmi a sedermi prima che mi si offuschi la vista.

*Splat!*

Ah...Si sta offuscando tutto...Sono caduto con il ginocchio sul bagnato e le braccia sulla panca...Sembrerò un'idiota.

Sospiro. Mi basterà tenere gli occhi chiusi per qualche secondo per riacquistare la vista.

«Si sente bene?»

Ho attirato l'attenzione, che figuraccia... Deve essere quel tizio che era seduto sulla panca.

«Si è fatto male?»

Lentamente gli occhi si sono aperti, con delle ombre scure che si fanno pian piano più vivide. Quell'uomo ha appoggiato una mano sulla mia schiena.

«Mi sente? Ha male da qualche parte?»

Sembra giovane.

Ho aperto completamente gli occhi.

Un azzurro intenso come l'oceano in alto mare, sfumature chiare, vi sono almeno tre tonalità diverse di blu. Giovani occhi dalle ciglia lunghe custodiscono queste pietre preziose al posto delle iridi. Non ho mai visto degli occhi simili nemmeno negli sguardi degli attori di film americani con i più famosi sex symbol. E' anche vero che guardo pochissimi film, ma conosco i volti degli attori famosi.

Questo azzurro è quasi ipnotico.

«Riesce ad alzarsi?»

Mi sta parlando, dovrei sbrigarmi a rispondergli.

«...S-sì.»

Con forza ho spinto il peso sulle braccia e mi sono tirato su. Per fortuna sono grasso quanto un grissino.

Mi sono voltato verso l'uomo con il cappotto marrone e il pellicciotto.

E' biondo, dev'essere straniero. Nulla di cui stupirsi allora.

«Mi scusi...»

«Si appoggi qui, è meglio che si sieda.»

Mi sono seduto alla panca. Che figura pietosa.

«...Grazie.»

«Non sia sciocco, non ho fatto nulla. Si sente davvero bene?»

«Sì, grazie.»

Dovrei dirglielo per tranquillizzarlo, mi sembra preoccupato. Ma cosa gli dico, che sono quasi svenuto per la fame? Mi prenderà in giro, sono già pelle ed ossa...

«...Scusi, è solo che non ho mangiato molto.»

Si è alzato velocemente e ha guardato la strada.

«E' fortunato, proprio adesso sta arrivando il bus!»

Il modo in cui ha pronunciato la parola "bus"... Deve essere inglese.

L'autobus si è fermato e siamo entrati. Non c'è quasi nessuno a bordo. Mi sono seduto nel mezzo, appoggiandomi allo schienale.

«Mi scusi, dov'è diretto?»

Perché si è seduto proprio dietro di me? C'è così tanto posto per sedersi, e se anche fosse preoccupazione ormai sono seduto al sicuro.

«Al primo snack bar in centro. Andavo a farmi un panino...Come può dedurre.» Secco come sempre. Non mi riesce proprio di dare confidenza alla gente.

Non parla più. Per fortuna. Domani ho una lezione importante nel pomeriggio, non posso permettermi di farmi cadere un'altra volta il panino nella pittura: è il giorno in cui parteciperò alla lezione insieme a Tina. Chissà dove si siederà. Spero di prendere un buon posto stavolta: la settimana scorsa si è seduta dietro di me e non l'ho potuta vedere neanche un po'.

«Mi scusi, non vorrei darle troppo fastidio...»

Ancora lui... Che seccatura.

«..Si?»

«Le darebbe fastidio se le offrissi un panino? Mi farebbe sentire meglio.»

Ah, è per pulirsi la coscienza. Oppure per comportarsi in maniera impeccabile e fare bella figura agli occhi della gente. Sempre più fastidioso.

«Grazie, ma non si disturbi. Sto bene.»

«Come vuole.»

...

Finalmente.

Sono sceso dal bus e ho attraversato la strada, trovandomi proprio davanti ad un bar che vende pizze e snack da rosticceria. C'è gente. Ne approfitterò per dare un'occhiata ai prezzi... Abbordabili per chi ha un portafogli nella media. Peccato che con me abbia ben pochi spiccioli. Forse ce la faccio a prendere un panino al prosciutto o una vaschetta di patatine: sempre meglio la vaschetta di patatine fritte e farcite di salsa appiccicosa, che mezza bustina (per l'altra metà piena di aria) di patate secche che costa molto di più.

«Cosa desidera?»

«Ehm...Allora...»

Ho tirato fuori il portafoglio contando gli spiccioli rimasti. Cinquanta, settanta, uno e dieci, uno e... tredici centesimi? Mi mancano almeno sette centesimi per poter acquistare il panino più economico del negozio.

«Allora? Si da una mossa? Ci sono altri clienti in fila!»

«S-sì!»

Ma perché ce l'hanno tutti con me oggi? Se solo ci fosse stata Tina al bancone...

«Due Cesar Salad e due tranci di pizza farcita tipo B!»

È il tizio di prima! Che fa mi ruba il posto alla fila?

«Subito!»

Va bene la timidezza e la chiusura di carattere, ma qui si tratta di rispetto verso gli altri.

«Scusi, potrebbe almeno rispettare la fila?»

«Lo sto facendo.»

«Ecco a lei!»

«Grazie! Andiamo a sederci laggiù!»

Dice a me?

«Non viene?»

«Prego..?»

«Venga a sedersi, è il minimo che io possa fare per lei.»

«...Perché?»

«Non ho la coscienza a posto altrimenti. Non faccia complimenti! O forse desiderava qualcos'altro?»

...Avevo ragione. Mah, in fondo non ho soldi per pagare nulla e non è che io lo debba incontrare ancora. Quindi perché non approfittarsene? Dopo tutto anche lui lo fa per motivi poco puliti.

«Se proprio insiste...Ma non l'ho obbligata io.» Meglio precisare prima che mi chieda di pagare la mia parte di conto.

«Che buffo, stiamo per pranzare insieme ma non sappiamo nemmeno i nostri nomi! Come si chiama? Io sono Rosemund Smith, sono un commerciante!»

Che sorriso luminoso. Dal modo in cui ha sorriso sembra che sia abituato ad esibirlo. Ha detto che è commerciante, potrebbe essere uno di quei lavori dove devi fare buon viso a cattivo gioco tutto il tempo, come il salumiere.

Uno che vuole avere sempre la faccia lavata, insomma. Un falso.

«Ehm...Ivan. Studio disegno.»

«Disegno? Che coincidenza, anche io amo disegnare!»

Gli si sono illuminati gli occhi, sembra che dica la verità. E' davvero una coincidenza.

«Cosa le piace disegnare?»

«Nudo femminile. Lei?» A proposito, devo finire il disegno di Tina dopo pranzo.

«Anche a me piace disegnare donne, però vestite!»

«Lo fa come hobby immagino.»

«Oh, beh...Diciamo che un po' lo faccio per hobby e un po' no. Ho un negozio di vestiti. Se vuole venire a dare un'occhiata, mi farebbe un enorme piacere.»

Mi ha passato un biglietto da visita.

Negozio di vestiti? Mah. E' un buon mestiere...Se i prezzi sono abbastanza convenienti. Al giorno d'oggi serve la clientela, alla gente piace vestirsi: non importa quanto sia buono il tessuto dei vestiti, devi saperli tenere stretti i tuoi clienti. Tranne che a me, io vado al mercato a comprarli. Quattro felpe al prezzo di tre, prezzi ottimi e convenienti. Chi se ne importa se sono tutte uguali.

*

Il pranzo più noioso della storia. Abbiamo parlato di economia. Perché uno studente di disegno dovrebbe parlare e discutere di economia durante il pasto? Se avessi voluto parlare tutto il giorno delle tasse sull'insegna e delle bollette dell'affitto del locale mi sarei iscritto ad un'altra università. Quel tipo sarà anche amichevole, ma i suoi discorsi sono così noiosi che farebbero appisolare un giaguaro pronto all'attacco.

Ho finito di mettere a posto il materiale. Adesso posso portare tutto a casa e finire tutto quanto nella mia stanza. Questo bidone di pittura non so se si potrà utilizzare, ci è caduto dentro il prosciutto, che è unto e grasso...Chiederò a qualcuno di più esperto prima di rientrare.

*

Oggi non posso sbagliare. Sono il primo della classe. Mi siedo qui in fondo così potrò osservare Tina da qualunque angolazione.

Eccola, eccola!

Camicia bianca, pantaloni alti e capelli raccolti con una matita. Quanto vorrei vederla da vicino mentre se la sfila...

«Buongiorno.»

Mi ha salutato! Non c'è ancora nessuno, forse faccio in tempo a parlarle oggi...

«B-Buongior-»

Un'orda di persone improvvisamente piomba nella stanza, professore dietro tutti e tipetto riccioluto in testa. Un'altra occasione buttata nel cesso. Perché sono così? Perché? Dannazione!

Come se non bastasse quel tipo si è seduto tra me e Tina, anche se è basso, con quei capelli mi occupa tutta la sfera visiva!

«...Per questo vi consiglio di andare a dare un'occhiata ai ragazzi nelle discoteche per esempio, sarebbe un buon aiuto per aiutarvi nella rappresentazione!»

Tina ha alzato la mano. La sua mano fine e aggraziata. Oggi indossa un braccialetto di catene dorato e ha uno smalto lucido e trasparente.

«Potremmo andare stasera in quel nuovo locale "Upload" che si è aperto da poco in centro! Ci va parecchia gente e hanno anche il piano bar!»

Tutti in coro sono entusiasti della sua idea. Naturalmente anch'io, anche senza scodinzolare come un cane, non vedo l'ora di vederla sulla pista da ballo! Quanto mi piacerebbe invitarla per uno, mi basta davvero anche un ballo soltanto...Vorrei ballare con Tina. Almeno una volta. La prima e l'ultima.

...

Ma cosa potrei mettermi? Una ragazza giovane, aggraziata e bella come lei non può accettare un ballo da uno sfigato come me! Cioè, potrebbe, ma cosa ne sarà di lei dopo? Farà cattiva figura! Soprattutto, mi toccherà andare in quel locale alla moda con le mie felpe prendi-quattro-paghi-tre del mercato?? Scusate felpe mie, non vorrei mai parlare male di voi, né mai avrei creduto possibile che un giorno nefasto come questo sarebbe mai arrivato, ma...Mi ci lavo i vetri con quelle felpe da due soldi!! Devo pensare, devo pensare a cosa posso mettermi! L'ultimo completo elegante che ho indossato è stato quando ho fatto la Prima Comunione a nove anni! Per quanto sia magro non mi entrerà mai una roba del genere!

«Ehi, Peperone.»

È Tina!

«...S-sì?»

«Naturalmente ci sarai anche tu, vero?»

Non ci posso credere!!! Mi ha invitato personalmente!!!Sto sognando!!Posso morire in pace adesso!!

«C-Certo!»

«Ci vediamo là stasera, allora.»

«Sì!»

Che felicità...che estasi...al diavolo i vestiti, mi ha invitato!!! E tra tutti quelli che le fanno il filo, proprio me, che sono uno sgorbio, lo sfigato di turno di tutti i turni!!

*

Mi giro. Mi rigiro accucciato sul mio letto. Che scena pietosa starsene qui in mutande a crogiolarsi. Non mi sarei mai sognato che il giorno in cui mi sarei preoccupato del mio aspetto esteriore, arrivasse. Così improvviso...Ma soltanto per stasera. La verità è che non mi sono mai preoccupato di comprarmi abiti da festa. Che bisogno c'era di procurarsene uno? Sono sempre chiuso in camera a disegnare.

Ecco perché serviva procurarsene uno. Per il giorno in cui Tina mi avrebbe invitato personalmente! Sono stato poco speranzoso, ecco qual è la pecca della questione!

...Forse Tina mi ha invitato solo perché voleva che partecipassimo tutti. O perché gli faccio pena. Devo essere realista, con tanti bei giovanotti che possono esserci di sera in un locale alla moda, chi è quell'imbecille che baderebbe a me? Nemmeno il barista mi noterà, figuriamoci Tina.

Ci sono.

CI SONO!!!

Quel tizio mi ha dato il biglietto da visita del suo negozio di vestiti! Sono proprio fortunato! Dov'è? Dove l'ho messo? Forse nella tasca posteriore...O nel portafogli...Eccolo, eccolo!

"L'Alta Moda Di Rosemund Smith". E' dall'altra parte della città, è distante sia da casa mia, sia dalla scuola, sia dal locale. Chi avrebbe mai il negozio in un posto come quello? Non è una zona molto frequentata, forse è perché l'ha pagato poco, questo spiegherebbe la noiosa lezione di economia di ieri a pranzo.

Prenderò l'autobus.

Sono sceso dalle scale e ho salutato Anna, la donna che si occupa della casa.

«Ah, Anna! Stasera non preparare la cena anche per me!»

«Oh, davvero...? E' successo qualcosa di interessante?»

«Ancora no...Dammi la buona fortuna!»

«Buona fortuna figliolo!»

Sono uscito fischiettando notando le chiavi della macchina di mio padre sul piattino di un mobile all'ingresso. Forse se arriverò in macchina, riuscirò a fare colpo su Tina. Prenderò la macchina.

«Anna, prendo la macchina!»

«Eh, come?»

Mi sono chiuso la porta d'ingresso alle spalle e sono entrato in macchina. Ho acceso la radio e ho messo in moto.

La musica aiuta a rilassarmi e a darmi la carica. Non potrei vivere senza la musica. Se non ascolto musica per troppo tempo divento stupido.

Ma dov'è che dovrei girare esattamente? Qui? No, era all'altro incrocio. Devo fare tutto il giro di nuovo. Ecco cosa significa essere asociale.

Dopo molti giri arrivo in "strada dei mercanti". Si chiama proprio così la via. Me lo ricordo perché è insolito. Oh, eccolo lì, con quell'insegna in legno sgargiante. Perché usare lo stile da spiaggia dei surfisti in un'insegna per un negozio di vestiti? In pieno centro anche...Per fortuna che dice "Alta Moda". Forse è proprio vero che gli inglesi e gli americani non hanno gusto per i vestiti. Beh, non dovrei proprio parlarne io, meglio non fare commenti, sono anche in torto.

Ho parcheggiato l'auto e mi avvicino al negozio. Spero di trovare roba decente...

C'è un'entrata in vetro scorrevole. La musica di sottofondo mi mette subito in soggezione...

C'è già una cliente, spero di non attirare cattivi sguardi entrando in un posto del genere così conciato...

«...B-Buonasera.»

«Buonasera! Ah, è venuto a trovarmi sul serio!»

Da dietro al bancone, quel tipo è apparso a passi svelti davanti a me. Indossa un completo con gilet e pantaloni marroni, come un gentiluomo. C'è anche il fiocco nero al collo, come si vede nelle fiction della TV.

A poca distanza l'un l'altro mi rendo conto che è davvero un uomo alto. Alto. E' molto più alto di me, che sono già un metro e settantadue o settantatre. Adesso non ricordo bene. Mi porge una mano velata da guanti per stringermi la mano.

La stringo per cortesia.

«Mr. Ivan, stasera cerca qualcosa di particolare?»

Si ricorda il mio nome. Però io non ricordo il suo. Reginald, Richard...Sono una frana con i nomi.

«Ehm...Devo andare al locale "Upload" stasera e non so cosa mettermi.»

«Uhm...Capisco. Venga davanti allo specchio, diamo un'occhiata insieme.»

E' molto gentile e confidente. Come se io stessi disegnando il manichino a matita.

Mi ha portato davanti allo specchio. La mia autostima non aumenterà di certo guadando quanto sono diverso da lui. L'esatto opposto, la brutta copia dell'essere umano. Sono in imbarazzo. Adesso ricordo perché vado al mercato, lì basta pagare senza troppe moine.

«La base è ottima. E' soltanto trascurata. Adesso voglio sapere da lei: vuole un outfit per fare conquiste o vuole semplicemente qualcosa per una serata più tranquilla?»

Base ottima? Che stronzate. Certo sa come conquistare i clienti. Ma questo non è il mio caso. Sono ventidue anni che mi guardo ogni giorno allo specchio, e non sarà il commesso di un negozio per una mezz'oretta al massimo a farmi cambiare opinione su di me.

«Ehm...Conquiste..No, tranquilla. No , ehm...»

«La vedo in difficoltà. Vuole dare un'occhiata da solo per prima cosa?»

«Uhn...No, non sono capace.»

Faccio schifo nel settore abbigliamento, meglio lasciar fare a chi ha gli occhi esperti.

«Forse vuole fare colpo su una ragazza in particolare.»

Mi sono voltato: la voce chiara e femminile proviene dalla graziosa cliente sulla sedia a rotelle. I suoi lineamenti sono sottili e bellissimi. I corti capelli sottili e castani le abbracciano dolcemente il viso delicato, labbra naturalmente colorite, ciglia lunghe... Sembra un'attrice.

E ci ha preso in pieno. Ah, ho caldo! Non voglio guardarmi allo specchio, sarò rosso... Bingo. Che figuraccia...!!

La ragazza si avvicina incuriosita.

«Rose ha ragione, sei davvero carino.»

Rose..?Ah, Rose da Rosemund.

«Che tipo è lei? Un'intellettuale? Una snob? Si possono capire molte cose basandosi sulla persona che vogliamo affascinare!»

Questa ragazza è socievole e ha un sorriso molto bello, come quello di Julia Roberts.

«Ashley, lascia che me ne occupi io!»

«Molto piacere, mi chiamo Ashley!»

Mi tende la mano.

«Oh...Ivan.»

«Quanti anni hai?»

«Ventidue.»

«Io ne ho ventitre! Tu e Rose siete quasi coetanei, non datevi del lei!»

Squilla un cellulare e la ragazza chiamata Ashley risponde alla chiamata.

Rivolgo uno sguardo al proprietario. Perché mi dava del lei se siamo coetanei? È un tipo strambo.

«Allora, che si fa noi due?»

«..Ehm..»

«Dopo aver afferrato l'obiettivo, vuole uno stile affascinante, da monello, da secchione, da intellettuale?»

«Uhm...Non saprei...Non sono molto aperto.»

«Okay, allora optiamo per uno stile affascinante? Mi segua, le mostro alcuni completi che possono fare al caso suo.»

Ci siamo mossi un po'. Rosemund tira fuori un completo da sera semplicissimo, nero con camicia bianca.

«Se non vuole sembrare troppo formale può tenere la giacca comodamente libera e la camicia sbottonata, non più di tre bottoni o si rischia di sembrare dei gangster! Per questo qui io sconsiglio la cravatta, ma se preferisce possiamo abbinarne benissimo una.»

Che parlantina. Io non riuscirei mai a fare un mestiere del genere.

«Ehm...Va bene questo. Senza troppo impegno. Non voglio sembrare rigido.»

«Perfetto, vuole provarlo adesso?»

Provarlo??No, assolutamente no! Non se ne parla proprio!

«No, grazie. Quanto costa...?» Meglio arrivare al sodo senza troppi giri di parole.

«Venga alla cassa, le faccio uno sconto, dato che è la prima volta che viene qui.»

Sconto? Grandioso!

«Okay.»

«Questo è il prezzo completo e questo è il prezzo scontato.»

Non è molto a confronto dei prezzi nella media. E' economico!

«Lo prendo.»

«Per gli accessori? Vuole qualcosa?»

«Accessori...?»

«Gioielli, foulard, portachiavi...Abbiamo di tutto qui.»

«Ehm...No grazie.»

«Allora ecco a lei lo scontrino! Grazie mille per aver fatto acquisti da noi!»

«Grazie.»

Mi sono voltato con la busta pronto ad andarmene.

«Ah, Mr. Ivan, se posso permettermi...»

«Mh?»

«Quando la vede arrivare, si assicuri di essere al bancone, e di fissarla con il capo rivolto in questa direzione e il dorso della mano sotto il mento, in questa maniera...Alle donne piace molto.»

Ha mimato quello che sta dicendo. Secondo me ha qualche rotella fuori posto.

«I capelli...Si assicuri di raccoglierli in maniera elegante.»

Si è passato una mano inguantata tra i capelli, facendo giocare le ciocche bionde dei capelli che sembrano morbidi. L'ho guardato come se fosse impazzito.

«Può darmi del "tu", quando viene a raccontarmi com'è andata a finire!»

«...Eh?»

Il tipo ridacchia.

«Non vorrà lasciarmi con la storia a metà? Venga a fare due chiacchiere, questo quartiere è noioso!»

In un certo senso mi ha fatto da consulente.

«...Okay.»

«Arrivederci!»

Sono uscito e mi sono messo in macchina, pronto a seguire i consigli che ho ricevuto.

*

Barba regolata, fa molto maschio.

Orologio al polso. Chi se ne frega se l'ho pagato 5 euro alla bancarella, è luminoso e con le luci del locale non se ne accorgerà nessuno.

Chignon in testa.

Bottoni slacciati.

Scarpe lucide rubate a mio padre. È vantaggioso avere lo stesso numero di scarpe.

Sono pronto.

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Capitolo 2
*** A notte fonda ***


Che diavolo ci faccio al parcheggio del locale chiuso in macchina? Devo essere stupido, Rosemund mi ha detto di farmi trovare al bancone del bar! AAAAwwwww, sono nervoso. Sono così nervoso...Dai, posso farcela! Per prima cosa cerchiamo di scendere dalla macchina con stile. Se solo riuscissi a slacciare la cintura di sicurezza. Che tristezza, mi faccio mettere K.O. da una cintura di sicurezza.

Apro la portiera della macchina come se ci fosse una fuga di gas all'interno, mi rimetto in posizione eretta, ERETTA, possibilmente. Mi fa male la schiena, è colpa del troppo disegno...No, devo sembrare affascinante! Devo farcela! Stasera o mai più! Tutto dipende da come si svolgerà la serata! Sono entrato nel locale, dove c'è già la musica ad alto volume e la gente in pista. Mi avvicino al bancone del bar e faccio la mia ordinazione.

«Del succo di frutta all'amarena, per favore.»

Di solito non bevo alcolici, almeno sembrerà vino. Ho preso il mio bicchiere e mi sono seduto allo sgabello, aspettando di vedere Tina entrare.

Ecco il solito gruppo di scimmioni che si atteggiano a gente intelligente. Che pena la società di oggi.

Il gruppetto di ragazzine con su un chilo di trucco per sembrare più grandi...che nemmeno sanno portare i tacchi.

Il riccioluto vestito alla Elvis Preasley...

E finalmente eccola lì, in compagnia di Maria, ma la presenza di Maria è del tutto insignificante. Stasera è lei la regina, Tina. Indossa un vestitino turchese, i capelli sono liscissimi, il rossetto è rosso fuoco. Arriva da questa parte, sta arrivando.

«Ivan, sei venuto! Mi fa molto piacere, divertiti!»

«Ah...Grazie.»

Tina è stata trascinata al centro della pista da altra gente.

Come si può avere una conversazione così breve?

Ed io ero qui che mi reggevo il bicchierone che sembra il contenitore di un biberon con la cannuccia...Che perdente. E' naturale che non mi degni di un solo sguardo.

Questa canzone mi piace un sacco. Tina che balla al centro della pista sembra una dea. È fantastica, ha tutte le curve al posto giusto in maniera proporzionata... E che sguardo... Incredibile. Quanto vorrei avvicinarmi e ballare con lei... Nessuno ci sta provando con lei, quasi quasi mi avvicino io!

Dai, si parte!

Eccola, eccola...Mi sto avvicinando...Quanto è sexy...

«Ehi bambola, ti va di ballare?»

«Ballare? Sì!»

Deviazione istantanea verso i bagni. Ero ad un paio di passi da lei, la gente lo fa di proposito!! Mi tocca anche entrarci nei bagni, che tristezza.

Ne approfitterò per sciacquarmi la faccia come un indemoniato. Fa davvero caldo e la serata è appena incominciata.

Mi sono calmato.

Rientro in sala.

Tina è lì che balla insieme a Maria. Sembro davvero così sfigato? Andrò a prendere da bere.

«Della cola, per favore.»

Sorseggio mentre osservo la gente ballare. "La gente", che paroloni...Tina, semmai.

Spero almeno di sognarla, stanotte. Se penso che dopo questa sera potrò vederla di nuovo soltanto fra una settimana, impazzisco.

Chissà, forse si ubriacherà talmente tanto che magari mi inviterà a ballare. Che scena pietosa, meglio di no.

E se invece mi ubriacassi io? Almeno così riuscirei a trovare l'audacia giusta per invitarla!

No, meglio non rischiare, non so cosa potrebbe accadere. Potrei vomitarle addosso o comportarmi da depravato.

Che palle, dovrei stramene tutta la sera ad ingozzarmi di cola? Ci sarà pur qualcosa che possa fare in una serata come questa...Però io non ho nessuno con cui parlare. Non ho amici che mi facciano compagnia, non ho neanche le attenzioni di Tina...Che ci sto a fare qui? Questo non è un posto per gli asociali come me. E chissà quanto durerà. Mi annoierò. Mi sto già annoiando. E' iniziata una canzone lenta con il pianista in arrivo: così mi addormenterò, non se ne può più...

Gli occhi mi si chiudono...No...Non devo...NO! DEVO BERE QUALCOSA CHE MI TIRI SU!

«Barista, qualcosa di forte!»

«Subito!»

Ho sorseggiato tutto d'un colpo. Magari è così forte da farmi restare sveglio...C'è una possibilità al 50 e 50: rimanere arzillo o crollare sul bancone.

Questa canzone l'hanno messa anche alla festa per la mia Prima Comunione...Lalala...♪

*

«Ivan, per favore...Ivan!»

Qualcosa mi ha colpito le spalle. Cosa sarà?

«Ivan!!»

Oh, è Tina...Sto sognando.

«Eheheh...»

«Ivan, svegliati! Devi andare a casa!»

A casa...? Perchè? Le cose si fanno interessanti con Tina? Sono pronto, Tina, sono tutto tuo!!

«Eh??Cosa??»

«Ivan, finalmente ti sei svegliato!»

«Tina...! Che bello che sei qui!»

«Il locale sta chiudendo Ivan, dobbiamo uscire!»

«Oh...di già? E che ore sono?»

«Le due e mezza di notte.»

«E gli altri??»

«Sono andati via tutti. Devono chiudere.»

«Ooooh, siamo soli soletti finalmente!Eh eh...»

«Dove sono le chiavi della tua auto? Ti riaccompagno!»

E' un sogno!!Un sogno che si avvera!!

«Sì, lo voglio!!»

*

Fa freddo stasera. Fa tanto freddo. Dove siamo?

«Ivan, ci siamo quasi. Sfilati la giacca adesso, ho bisogno di scaldarmi anche io...»

Ah, Tina...Vuole che mi spoglio, vuole che la riscaldi...Non c'è problema!

«Tina, davvero, se me lo chiedi con questa voce...»

«...Per favore, Ivan! Sii serio!»

«Sì, non ti preoccupare!! Non sono mai stato così serio!»

L'ho afferrata per le guance rosee e l'ho baciata. Ah, che bello...Queste labbra, quanto le ho sognate...quanto le ho desiderate...

Carnose e calde...

Oh. Mi viene da vomitare.

Cado a terra e vomito.

«Ecco dell'acqua.»

Ahh, mi sento male...Che diavolo...Siamo per strada?

Mi guardo intorno. C'è Tina con una bottiglia d'acqua in mano e a sinistra Rosemund, il tipo del negozio. Che strano, che ci fanno insieme?

Oh, no. Non può essere che questi due stiano insieme. Dovrei avere proprio una sfiga fuori dal comune perché accada una cosa del genere.

«...Grazie...Che ci fate insieme?»

«Ho trovato questo indirizzo e numero di telefono nella tasca della tua giacca, e così ho fatto una telefonata. Non sapevo a chi rivolgermi.»

«Oh.»

Quindi abbiamo disturbato questo poveraccio nel bel mezzo della notte? Per la mia prima, la più squallida sbronza del secolo?? Che figuraccia!!!

Un momento!! Io mi ricordo che l'ho persino baciata...

Ho guardato Tina come se fossi impazzito di vergogna.

«...T-Tina...Il bacio...Mi dispiace tanto!! Non ero in me! Perdonami, per favore!! In realtà sono un bravo ragazzo, te lo assicuro!!»

Tina è arrossita, portandosi una mano davanti alle labbra.

«Oh...Non preoccuparti. Facciamo come se non fosse mai accaduto.»

Questa ragazza...È una santa!! Non so chi me l'abbia mandata, ma chiunque fosse stato, deve avermi voluto molto bene!! Grazie, salvatore ignoto!

«Non sai quanto mi faccia felice questo!! Davvero!! Grazie! Grazie!»

«Figurati. E' arrivato il mio taxi...Ivan, andiamo a letto adesso e non pensiamoci più, d'accordo?»

Ha il sorriso degli angeli...Tina è davvero una creatura scesa dal cielo!

«S-sì!!!»

Mi ha salutato con la mano e il taxi è partito.

Bene, adesso? Io come faccio a tornare a casa? Ho bevuto troppo, se mi fermano i vigili mi levano la macchina...

«Lei è molto carina.»

Fa commenti?

«Certo che è carina, basta guardarla per capirlo!»

«Com'è andata la serata?»

Tasto dolente.

«Bene.»

Ho dormito sul bancone e in auto tutto il tempo.

«Ti sei dichiarato?»

«Dichiarato?No!» Ho fatto una smorfia.

«Allora vi siete baciati?»

«Senza dichiarazione? No, non è possibile! Non sembra, ma sono un gentiluomo, io!»

«Anche i gentiluomini hanno dei desideri carnali.»

«Sì, ma non è il mio caso! Tina non la tocco nemmeno con un fiore!»

Perché sto parlando troppo con un tizio che conosco appena?

Si è portato una mano davanti alla bocca nascondendo un sorriso, gli occhi blu si sono assottigliati.

«Se lo dici tu...»

Allude al bacio di prima??Ero completamente fuori di me!!

«N-Non ridere!!»

«Stai davvero bene vestito così. Ho proprio un buon gusto.»

Vuole fare lo spiritoso...Beh, almeno non si è arrabbiato per essere stato svegliato nel cuore della notte...Spero.

«Vuoi che ti chiami un taxi? La ragazza ha detto che non hai il cellulare con te.»

...Che figura da pezzente. La verità è che non ce l'ho proprio un cellulare. A chi diavolo dovrei chiamare se non ho amici? Alla segreteria della scuola? Mi basta il telefono di casa per cose del genere, davvero non sento la necessità di possederne uno.

«Ehm...E la mia auto?»

«Oh. Ehm...»

Sembra che si sia intimidito.

«..Vuoi che ti riaccompagni a casa?»

«Sì, se è possibile. Non mi piacerebbe una multa.»

Sembrerò sfacciato, ma sono una persona che ama essere schietta.

«Okay. Saliamo allora.»

Siamo saliti nell'auto. Sembra nervoso.

«Scusa, Ivan...Già che siamo svegli, che ne dici di starcene un po' qui a chiacchierare ed ascoltare musica?»

A quest'ora? È anche vero che ormai il sonno mi è passato... Ma sì, in fondo chi se ne frega, sono giovane e non sono mai stato a parlare con un ragazzo in macchina a notte fonda! Può essere un'occasione per socializzare e fare cose adatte alla mia età, per una volta.

«Certo.»

Ho acceso la radio.

«Metti pure la musica che ti piace, questo è il pulsante per mandare avanti e questo per andare indietro.»

Chissà di cos'altro sarà capace di parlare oltre all'economia?

«Grazie. Mi godrò la musica allora.»

Ha regolato la frequenza sul canale della musica classica. Di solito non mi dispiace ascoltarla, ma a quest'ora della notte...

«Che bella radio, Ivan.»

Vuole parlare di questo?

«Oh. Non so di che marca sia, l'ha comprata mio padre perché la macchina è sua.»

«Ah...Beh, da piccolo avevo anche io una radio. Ma una radio davvero enorme...Adoravo andarci al mare.»

Sorride, dev'essere un ricordo piacevole della sua infanzia.

«La trovammo in offerta speciale all'ipermercato, mi ricordo che costava 23 dollari! La diffusione era spettacolare, era davvero un buon affare per un prezzo del genere! Io trovo che ultimamente gli sterei moderni siano davvero a buon mercato, se si pensa che con quel prezzo la gente va a farci un weekend in montagna. Beh, naturalmente dipende da quanto la montagna è lontana da casa tua! In questo caso i prezzi possono variare dai...»

Mamma quanto parla...E per giunta parla ancora di economia...Che ragazzo noioso...Perché prima mi è sembrata una buona idea parlargli? Che diavolo mi è saltato per la mente? Non mi è bastata la volta scorsa? Sono proprio un idiota...

...Quasi quasi mi addormento: l'orario, la musica, la sua voce, l'argomento...sono talmente stimolanti che mi fanno cadere le palpebre come se pesassero tonnellate...

...

Il mio cervello è spento a metà. Sono in quello stato di semi-coscienza causato dal sonno. Non riesco ad aprire gli occhi, sto per addormentarmi.

«...Stai dormendo?»

«...Mmmmmh.» Lasciami dormire.

«...Perfetto.»

...Perfetto? Cosa è perfetto...?

*

I raggi del sole sono così abbaglianti questa mattina. Ho aperto con calma gli occhi, riconoscendo gli interni scuri.

Sono in macchina? Mi sono appisolato come un idiota. Però sono giustificato, quel tipo si è messo a parlare dei prezzi delle radio a notte fonda...

Però, che cosa strana. Perché il sedile è reclinato?

Mi sono voltato lentamente.

Un viso dai lineamenti dolci, capelli biondi e finissimi scivolano sul naso dritto, coprono in parte le ciglia lunghe, labbra rosee e carnose. Non credevo potessero esistere degli uomini con un viso del genere. Di solito gli uomini sono mascelloni, barbuti e pieni di muscoli, con due spallacce enormi. Rosemund ha la pelle molto liscia, non ha un filo di barba. La mascella è molto delicata, ed ha un collo molto sottile. Le spalle sembrano muscolose, anche se non in maniera eccessiva. Le braccia non sono gonfie come salsicciotti, hanno le curve giuste, senza esagerare.

...

Ho spalancato gli occhi. Non posso crederci. Non voglio crederci.

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Capitolo 3
*** Rosso lacrima ***


Sto dormendo in macchina con Rosemund quando mi aveva detto che mi avrebbe riaccompagnato. Tra l'altro ha le spalle scoperte. È un maniaco? Siamo coperti dai cappotti, ma potrebbe essere successo qualcosa. In fondo chi mi assicura che dopo non mi abbia rivestito?

Rosemund ha improvvisamente aperto gli occhi blu e di scatto si è alzato a sedere prima che avessi il tempo di farlo io.

Le sue spalle sono scoperte, ma indossa una camicia, anche se è sbottonata per metà.

«Che succede?»

«Dovrei essere io a chiederlo! Perché non mi hai riaccompagnato a casa come mi avevi detto?»

Mi guarda stranito, eppure sono assolutamente sicuro che sta pensando a cosa rispondere.

«Mi è venuto sonno, scusa.» Ha fatto un sorrisino. Dovrei credergli?

«Scusa, avresti preferito che ti riaccompagnassi rischiando un colpo di sonno? Avremmo potuto avere un incidente!»

Sta fingendo.

«Non sei convincente.»

«M-Ma...Uff!»

Si è voltato dall'altra parte sbuffando. Certo che ci ho preso. Chi credeva di imbrogliare?

Si è voltato verso di me, guardandomi in maniera profonda.

«Non guido le automobili.»

Silenzio.

È tutto qui? E io che credevo chissà cos'avrebbe inventato.

«...Scusa, forse avrei dovuto avvisarti prima.»

Che non ne abbia avuto voglia, o avesse i propri motivi, sarebbe stato decisamente opportuno, sì.

«Capisco che tu ce l'abbia con me, e visto che non ci conosciamo, puoi chiedermi un favore per il torto subito.»

«Ehm...Okay.»

Che tipo strambo. Il mio istinto lo sapeva fin dal primo momento, che dovevo sbarazzarmi di lui. Adesso farò anche tardi a lezione per colpa sua.

Ho guardato l'orologio. È ancora presto. Per fortuna. Per SUA fortuna.

«Adesso non mi viene ancora niente in mente, sono troppo frastornato dal sonno.»

Tra l'altro questo qui mi ha fatto innervosire già di prima mattina.

«Ti chiedo davvero di perdonarmi, Ivan!»

Che persona fastidiosa.

«Sì, si.»

«Grazie! Grazie!»

Devo avvisare mio padre di venire a riprendersi l'auto. Ma sono un'asociale di merda, quindi non ho nemmeno un telefono cellulare. Ho guardato Rosemund, che si sta infilando il cappotto.

«Ho pensato al favore. Prestami un telefono.»

Ha sbattuto le palpebre.

«Non mi dire che non ne hai uno ai tempi d'oggi?»

Perché parlo proprio io?

«Certo, prendilo pure.»

Mi ha porto il moderno cellulare. Non ho la benché minima idea di come si usi. So usare il computer, ma di certo non questo aggeggio infernale.

«...Come si fa?»

Che figuraccia. Ultimamente ne faccio a valanghe. Con un paio di manate, è apparso il tastierino numerico sullo schermo ed ho composto il numero. Sta squillando.

«E tu perché non ne hai uno ai tempi d'oggi?»

Preso in contropiede.

«Pronto, papà? Sono Ivan! Ascolta, mi servirebbe un favore...»

Mentre parlo al telefono, Rosemund ha aggiustato lo schienale del sedile sul quale era appoggiato, uscendo silenziosamente dall'auto.

Almeno ha rispetto dell'altrui privacy.

Mio padre si è arrabbiato molto, per aver preso la macchina senza permesso e per la richiesta che gli ho fatto. Mi ha obbligato a tornare a casa a restituirgli l'auto. Il tutto il prima possibile, e se aggiungo la sfuriata mattutina, non credo che avrò il tempo di fare colazione oggi. Ho guardato fuori dal finestrino: Rosemund sta aprendo la serranda del negozio, strofinandosi le mani cercando di scaldarsi. Il vento freddo di questa mattina gli scompiglia i capelli.

Un po' mi spiace per come ho dubitato di lui, in fondo è stato chiamato da degli estranei in piena notte per soccorrere un ubriaco che nemmeno conosce. Ci sta che avesse sonno e ne ha approfittato per farsi una dormita in macchina.

Ho messo in moto l'auto e ho svoltato senza nemmeno salutarlo. Ho raggiunto un bar (affollatissimo tra l'altro) e ho ordinato due cappuccini e un paio di brioche alla frutta.

Ho parcheggiato l'auto davanti all'entrata del negozio di vestiti e sono entrato.

Rosemund al bancone mi ha guardato senza dire una parola.

«Grazie per il cellulare.» Ho appoggiato il cellulare sul bancone.

«Prego.»

«E...Ehm...Grazie per ieri sera.»

Ho appoggiato di scatto la busta sul bancone e sono uscito di corsa, mi sono lanciato in auto e ho messo in moto, infilando la mia brioche tra i denti.

*

Dopo la paternale infinita, sono arrivato a scuola in ritardo. Adesso sono libero di gironzolare per i corridoi come mi pare e piace, visto che ho da finire il mio compito (il nudo di Tina). Tina sta parlando con la sua amica Maria, gli occhi scuri concentrati sul disegno. Chissà se dopo ieri sera mi rivolgerà la parola o tornerà ad ignorarmi... Ho quasi paura di scoprirlo.

Le si è avvicinato un ragazzone alto e robusto, che intimidito le ha chiesto di parlare in privato. Si starà per confessare? Tina gli dirà di si? Lo rifiuterà?

Di solito Tina non parla molto, è un po' chiusa. Non so molto di lei.

Se però li seguissi...Riuscirei a scoprire se a Tina piace già qualcuno!

Dovrei essere silenzioso come un moscerino per riuscirci.

Mi sono avvicinato quel tanto che mi basta per ascoltare, fingendo indifferenza.

«Andrà bene l'aula per la posa dei modelli?»

«Sì, non c'è nessuno dentro.»

Stanno andando verso le aule dove ci si raccoglie per disegnare i nudi.

Sono silenzioso, silenziosissimo. Non mi hanno scoperto. Hanno svoltato. Ho sentito una porta chiudersi.

Ecco il corridoio, ed ecco le aule. Spero solo di non trovarli in atteggiamenti amorosi! Sarei spacciato se quel tizio fosse il suo fidanzato segreto!

Mi sono accostato alla porta socchiusa. C'è un silenzio quasi inquietante.

Sbircio.

 

Un gruppo di studenti seduti in cerchio è concentrato a disegnare un ragazzo alto, molto muscoloso, mascellone e ciuffo biondo da ribelle. Nudo frontale alla vista, il modello si accorge di me e mi fa l'occhiolino.

Sono rabbrividito. Uuuugh. Brr...Che impressione. Ma allora dov'è Tina?

Ho cambiato porta e ho sentito delle voci.

«Scusa, non ce l'ho con te.»

 

«È perché sono grasso, vero...?»

«Assolutamente no. Non ho quel genere di pregiudizi io.»

«Facile parlare, quando scarichi qualcuno.»

«Se è per questo, ieri ho visto due uomini baciarsi, e sono rimasta impassibile come una roccia, se proprio ci tieni a saperlo.»

Mi è venuta l'immagine in mente. Ho fatto una smorfia.

«Allora perché non provi a conoscermi, invece di rifiutarmi senza motivazioni?»

«Proprio perché non ti conosco! Mi sei venuto a dire che sei innamorato di me e mi hai chiesto di essere la tua ragazza, quando non so nemmeno chi sei! Io ho bisogno di conoscere qualcuno, di parlargli, prima di farmi un'idea generale. Di mangiare insieme, di ridere insieme. Per certe cose c'è bisogno anche di romanticismo, che viene molto dopo un'amicizia, io sono una ragazza, non un animale. Mi dispiace che tu mi abbia presa per una facile.»

Ho corso il più in fretta possibile, finendo in cortile.

Mi si è gelato il sangue nelle vene. Avrei fatto lo stesso errore anche io un giorno. Quel che mi fa male è che Tina ha pienamente ragione. Con quale criterio contavo di dichiararmi? Chi diavolo sono io? È già un miracolo se ci scambiamo i saluti. 

Devo pensare molto attentamente a questo.

Con un peso nel cuore, mi sono messo a tratteggiare le curve sinuose delle gambe di Tina sulla tela.

Le parole gelide di Tina mi trapassano la mente come un proiettile.

Un'intensa amarezza si sta facendo largo nella mia mente, una stretta morsa sta stritolando il mio cuore, ed un grosso macigno sta affondando nel mio stomaco.

Ho intinto il pennello nel colore rosso acceso.

Ho poggiato la punta sulle labbra carnose e sinuose di Tina. Ho fatto una breve linea.

Poi tutto il disegno è diventato rosso: con rabbia ho tracciato una pesante linea a zigzag su tutta la superficie, sbattendo il pennello sul pavimento e lanciando per aria la tela.

Mi sono seduto sul grande davanzale, e, accucciato in posizione chiusa, ho appoggiato la testa sulle ginocchia, cercando di mandare via la rabbia.

Ho caldo.

Ho aperto la finestra mettendomi a sedere come una persona normale. Mi sono passato la mano scheletrica sui capelli, cacciandoli indietro. La goccia di una lacrima si è mescolata con la pittura color rosso passione.

Mi sento triste. Tanto triste. Forse quel ragazzo come me sognava Tina tutte le notti, la desiderava e la ammirava disperatamente come faccio io.

Tina non si è smentita. È anche per quel suo carattere forte che ne sono rimasto affascinato. Cosa potrebbe dire lei di me? Che abito ancora con mamma e papà, che mi pagano le tasse di scuola, che vengo quasi imboccato dalla governante che mi lava i panni? Che vado in giro a montarmi la testa con la macchina di mio padre come uno sfigato? Uno si fa due domande se viene a sapere che non ho uno straccio di amico... E se pure cercassi di farmene uno, non ho nemmeno un cellulare per chiamarlo, come se fossi un pezzente! Sono magrissimo, ho la barba incolta, vedo il marcio dovunque, sono sospettoso e taccagno, parlo poco e in maniera sgarbata... Ci sarà davvero qualcosa di buono in una persona come me...?

*

Ho pianto silenziosamente per tutta la mattinata, compresa l'ora del pranzo. Sono rimasto seduto sul davanzale a rimuginare come un bambino capriccioso per almeno due ore.

Sono le tre del pomeriggio, solitamente lascio la scuola molto più tardi, ma non ho proprio voglia di restare qui dentro un minuto di più. Mi sento le palpebre pesanti, ho perso la forza nelle braccia... Ah, già, quella non l'ho mai avuta. Ho perso il mio compito e le mie speranze. Andrò a passeggio, magari vagando per la città riesco a trovare un senso a questa vita piatta e fredda come il marmo.

Forse dovrei mettermi a scrivere poesie su un amore struggente. Meglio di no.

Ho camminato a lungo. Continuo a camminare.

Sono in un parco, molto distante da casa. Sono stanco, non ho nemmeno pranzato. Andrò in un ristorante economico nei paraggi.

Sono entrato e mi sono avvicinato al bancone trascinando i piedi. Oltre che avere la schiena perennemente ricurva adesso trascino anche i piedi, perfetto.

Mi sono fatto accompagnare ad un tavolo davanti alla finestra. L'attesa pare che sia lunga. Chissà se mi decomporrò nel frattempo.

Mi sento così stanco...Mi si chiudono gli occhi...Ho sonno.

Ho chiuso gli occhi ed ho iniziato a sognare. Delle immagini forti misono arrivate alla mente, abbandonata all'oblio.   

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Capitolo 4
*** In tutta onestà ***


Sento un bussare insistente. È il rumore di colpi sul vetro.

Ho aperto gli occhi lentamente.

Dall'altra parte del vetro la faccia sorridente di Rosemund mi saluta, agitando la mano inguantata.

Ho affondato la testa tra le braccia incrociate sul tavolo.

Ho sentito il tintinnio del campanello del negozio, e dei passi avvicinarsi.

Dal rumore, deduco che si è messo a sedere davanti a me. Perché quando sei da solo e vai al ristorante, non ti levano la sedia davanti? Non potrebbero far esistere un tavolo da una sedia sola addossato al muro? Sarebbe molto adatto a dei perdenti come me.

«Ciao, Ivan!»

«...Ciao.»

Mi sono sforzato di mettermi a sedere in modo corretto. Rosemund indossa una camicia ed un maglione con cravatta. È sempre molto elegante...lui.

«Sembri un po' giù di morale...Tutto bene?»

L'ho guardato negli occhi. Quel blu è così intenso che fa quasi impressione, sembra un buco nero pronto a risucchiarti dall'interno.

«...Insomma. Ho perso il mio compito e...Beh, niente.» Visto che non ho proprio nulla da perdere. Un perdente non ha nulla fin dall'inizio.

«Problemi di cuore?»

Ho spalancato gli occhi. Si vede così tanto?

«Tina si è comportata male?»

«...No. Si è comportata bene. Sono io che sono sbagliato. Sbagliato per questo mondo.»

Rosemund mi ha guardato pieno di preoccupazione.

*Splash!*

Qualcosa di bollente mi si è appena rovesciato addosso!

«Ehi!!»

«Oh, shcusha! Non l'ho fattho apposhta!»

E' ancora quel tipetto basso e riccioluto col dente di fuori! Ma è una calamità naturale questo ragazzo!

Beh...questa è la dimostrazione suprema che se sei un perdente, un perdente rimani.

«...Visto? Persino la zuppa ce l'ha con me. Forse è un segnale. I segnali non vanno ignorati a lungo.»

Brucia. Ho le lacrime agli occhi, ma non so se è per il dolore fisico.

«Ti fa tanto male?»

Rosemund si è alzato e si è avvicinato, appoggiando la mano sulla mia schiena. Ha le mani grandi, me n'ero accorto anche quella mattina alla fermata dell'autobus.

Ho scosso la testa.

La cameriera si è avvicinata scusandosi e ci ha offerto il pranzo gratis. Faccio pena persino ai camerieri, che si occupano di cose molto più stancanti delle mie.

«Potrebbe essere un'ustione! Devi andare in bagno a sciacquarti subito!»

«Non è nulla.»

La gente ci guarda incuriosita da quello che è successo. Mi sento così imbarazzato in questo momento...

«Ti va di parlarne?»

«...»

Vorrei solo scomparire in uno stanzino piccolo al chiuso per un po'.

«Vuoi andare in un posto più tranquillo?»

Ho annuito silenziosamente. Rosemund ha preso le buste che la cameriera gli ha teso e siamo usciti, diretti al suo negozio, poco lontano.

Siamo entrati nell'ambiente tutto sommato gradevole del negozio d'abbigliamento e, poggiate le buste sul bancone, mi sono guardato la felpa tutta impregnata di zuppa appiccicosa e ancora calda.

«Devi andare subito in bagno!»

Ha appoggiato le mani sulle mie spalle e mi ha portato in uno stanzino adibito a piccola toilette.

«Devi sciacquarti subito e toglierti la felpa, averla ancora appiccicata addosso potrebbe causarti dei problemi!»

Mi sono guardato la felpa.

«Sto bene così, non ho niente da mettermi.»

Ha fatto una smorfia.

«Stai scherzando??Ti ricordo che vendo indumenti!»

«...Non voglio nulla che mi ricordi questo giorno pietoso.»

«E io non voglio sentire scuse! Spogliati prima che mi arrabbi! Ti prendo un cambio d'abiti nel frattempo!»

Se n'è andato.

Mi sono sfilato la felpa e mi sono guardato la pancia: è un po' arrossata, ma non è nulla di serio o vagamente preoccupante. Alzando il capo verso lo specchio, la visione non è delle migliori. Corpo scheletrico, bianco, capelli lunghi incolti, barba orrenda e occhi arrossati e cerchiati di violaceo. La brutta copia di un vichingo.

Rosemund ha bussato alla porta. Ho tirato fuori la testa e ho preso la camicia bianca.

...La taglia è giusta, ma sembra vuota perché sono pelle e ossa. Le maniche sono troppo larghe.

Sono uscito dal bagno con passo incerto. Rosemund mi ha sorriso.

«Mi piace il bianco sulla tua pelle. Ti sta davvero bene. Vieni, vieni qui. Pranziamo.»

Ci siamo seduti al bancone abbiamo aperto le buste che contengono il nostro pranzo.

Rosemund sorride mentre curiosa nelle buste che ci hanno regalato.

«Fish and chips, Ceasar salad, hamburger, milkshake e per dessert...cupcake. Non è il massimo dell'originalità per il mio palato, ma non si rifiuta mai un buon pasto.»

È piacevole il suo accento inglese. Anche se sembra un italiano quando parla, nelle parole come "bus" o "fish and chips" si sente molto distintamente.

«Problemi con la scuola?»

«Uhm...no. Non principalmente. Anche se ho buttato per aria il compito da consegnare.»

«Male, molto male. Non si buttano per aria i compiti.»

Mi prende in giro o cosa?

«Qual è il problema vero e proprio?»

«Tina.»

«Tina e poi...?»

«...Sono troppo fallito per Tina, e stavo per cacciarmi nei guai!»

Ho raccontato a Rosemund quello che è accaduto tra Tina e quel ragazzo.

«Qual è il problema? Se Tina è così poco schizzinosa come dice, tu andrai più che bene per lei!»

«Sì, ma...Questa faccenda mi ha fatto riflettere molto. Non mi merito una singola cosa di quelle che ho, sono un ragazzo che vive sulle spalle dei genitori. Tu per esempio, vivi da solo?»

«Sì.»

«Hai pagato con le tue fatiche questo negozio, no?»

«Abbastanza... Ho dei piccoli debiti con la mia famiglia, ma si tratta di duemila euro al massimo. Sto ripagando tutto centesimo per centesimo.»

«Sì, ma i panni sporchi te li lavi da solo, no?»

«Sì, certo.»

«Io invece tutto questo non ce l'ho! Vivo con mamma e papà, non ho un lavoro, mi pagano loro le tasse e Anna la governante mi lava persino la biancheria! La gente dice sempre "mammone" o "ti fa comodo startene sotto la gonnella di tua madre", ma non sa quanto può essere demotivante per un giovane! Soprattutto per la gente asociale come me!»

«Non hai nemmeno un amico?»

«...»

«...Allora ti sarai annoiato molto in quel locale. E dire che non vedevi l'ora di andare.»

«E tu che ne sai se mi sono annoiato o se non vedevo l'ora di andare?»

«Te lo si leggeva sul viso.»

«Siamo obiettivi. Nemmeno una zanzara per succhiarmi il sangue mi guarderebbe mai. Figuriamoci Tina, che è così bella.»

«Beh, ma se ti fai dei problemi per il tuo aspetto, significa che questa Tina così imparziale non lo è.»

«Al locale un tipo affascinante si è messo a ballare insieme a lei e Tina ha accettato. Sembrava che si divertisse. Effettivamente attorno a lei gironzolano sempre ragazzi belli e molto atletici...»

Ho tirato un sorso al milkshake.

«Forse dovrei mettere su un po' di muscoli.»

«Muscoli? Ti basterebbe mangiare un po'di più, da quello che vedo.»

«Non mi basta. Voglio che Tina si accorga di me. E non per essere lo sfigato astemio che si è ubriacato in quel locale.»

«Capisco.»

Dopo aver parlato del più e del meno ma di nulla di concreto o particolarmente rilevante, mi accingo a lasciare il negozio. Oh, dovrei restituirgli la camicia prima.

«Grazie per la camicia.»

«Ehi, ehi, che stai facendo?»

«Me la tolgo. Ridammi la mia felpa, sarà asciutta ormai.»

«Non se ne parla proprio! Te la regalo!»

«Te lo ripeto ancora una volta, non voglio nulla che mi ricordi questo giorno pietoso, in cui ho commiserato me stesso.»

«Perché invece non fai in modo che questa camicia diventi il modo per ricordarsi di una nuova amicizia?»

Nuova amicizia? Io e lui? Beh...Rosemund è stato gentile ad ascoltare i miei piagnistei.

«Possiamo provare. Ad essere amici.»

«Okay, così va molto meglio!» Mi ha sorriso.

«Ehm...Allora...ci si rivede in giro per la città?»

«Cosa? No, no! Anche se non hai un telefono possiamo tenerci in contatto! Come sarebbe a dire "ci si rivede in giro per la città"? E che amicizia sarebbe altrimenti?»

«Ma io non posso darti il mio numero di cellulare, non ne ho uno.»

«Hai un telefono fisso?»

«Sì.»

«Andrà bene quello.»

«Oh. Okay.»

Ci siamo scambiati i numeri di telefono.

«Ivan, che ne dici se ti facessi da consulente?»

«Consulente di che cosa?»

«Consulente su vestiti, cibo e cuore afflitto, sono davvero esperto.»

Esperto di cuore afflitto lui? Non sembra proprio il tipo.

«Che hai da guardare così?»

«Non sembri uno che ha spesso il cuore afflitto.»

Mi ha sorriso. «Impareremo a conoscerci meglio con il tempo.»

«Oh...Sì.»

A quanto pare Rosemund Smith non è capace di parlare soltanto di economia. In tutta onestà credo di essermi fatto un'idea sbagliata su di lui. Forse è il caso di farsi la barba domani.

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Capitolo 5
*** Come schiuma di cappuccino ***


Ecco, ci siamo quasi...Ho quasi finito, sono nel punto più delicato, quello della curva...È sempre un problema cercare di non tagliarsi il mento, adesso ricordo perché non mi rado mai la barba.

«Ivan, ti cercano al telefono!»

Oh! Mi telefona già di primo mattino?

«Ahi!» Mi sono tagliato. Rosso sulla pelle bianca...come contrasto di colori non è male, ma nell'insieme è un po' pietoso.

Avrà bisogno di qualcosa? Per chiamare così all'improvviso...

Sono sceso per parlare al telefono e nel tragitto Anna mi guarda sorridente, con il telefono tra le mani.

«Ti sei fatto un amico, come sono contenta!»

I suoi occhi sono sempre pieni di amore, proprio come quelli di una mamma. Senza dubbio sento più madre lei della vera mamma, che è fuori tutto il giorno. È vero, lo fa per sfamarmi, ma il nostro rapporto ne ha risentito a livello affettivo. Bah, che importa adesso.

«P-Pronto?»

«Good morning, Ivan!»

«Ciao..Hai bisogno di qualcosa..?»

Perché mi batte il cuore? Sono così sempliciotto, che mi emoziono a ventidue anni per il primo amichetto?...Che pena.

«No, mi chiedevo se fossi già sveglio e ho fatto un tentativo di chiamata. Troppo brutale a quest'ora del mattino?»

Mi sono svegliato presto perché ero preso dalla rasatura, ma che ore saranno?

«Che ore sono?»

«Sono le sei e mezza del mattino! Se ti va possiamo mangiare insieme!»

«Mangiare...?Ah, okay. Dove possiamo incontrarci?»

«Sono davanti casa tua.»

«Eh??»

Davanti casa mia?? Ma non ha un accidenti da fare a casa sua per venire a rompere le scatole agli altri a quest'ora? Chissà che bella figura avrebbe fatto se me ne fossi rimasto a dormire fino a tardi oggi.

«Come hai avuto il mio indirizzo?»

«Con l'elenco telefonico! È molto utile.»

«Forse sei l'unico che al giorno d'oggi usa ancora gli elenchi telefonici...»

«Beh, in compenso tu non hai un cellulare. Siamo simili.»

«I-Io non ne ho uno perché sarebbe uno spreco di denaro!»

«Anche io bado molto a come spendo i miei soldi, dovresti saperlo ormai, no?»

Effettivamente, dopo tutte quelle chiacchierate sull'economia...Che sia di abiti, di tasse, di cellulari, di stereo, di prestiti, alla fine con Rosemund si finisce sempre a parlare di soldi. Per quel poco che lo conosco, naturalmente.

«Ehm...Aspetta in linea.» Ho cercato Anna con lo sguardo. Sta affettando le cipolle. Mi avvicino e le chiedo consigli.

«Anna, ieri io e questo ragazzo, abbiamo deciso di diventare amici...secondo te è prematuro invitarlo ad entrare in casa?»

«Perché me lo chiedi come se parlassi di una proposta di matrimonio? Non essere nervoso, Ivan! Fallo venire pure, tanto non c'è nessuno in casa oggi! Naturalmente deve mantenere le buone maniere qui dentro.»

«Oh, sì. È un ragazzo molto educato, per l'educazione garantisco io.»

Anna ha riso divertita, con le guanciotte arrossate. Le ho dato un bacio sulla guancia e sono ritornato al telefono. Invitare un amico a casa e fare colazione insieme...Mi sento improvvisamente giovane. Mi dimentico troppo spesso che ho solo ventidue anni, faccio una vita troppo abitudinaria e piatta.

«Ehm...Ci sei ancora? Puoi entrare.»

*DRIIN!*

È il campanello. Aspettava il mio okay?

Ho aperto la porta, trovandomi davanti Rosemund, con indosso il suo solito cappotto marrone con pellicciotto, i guanti, e gli occhi molto blu. Anche stavolta sorride, con una busta di plastica in mano. Sorride sempre. Bah, significa che non ha problemi.

«Good morning! Ho portato dei pancakes per scusarmi dell'improvvisata!»

 La sua voce è così allegra e alta fin dal primo mattino?

«Grazie, ma non alzare la voce, sveglierai i vicini!»

«I vicini, eh? Non è che nascondi una donna in camicia da notte in giro per casa? Tina, o magari la mamma con le ciabattine?»

 Sono arrossito violentemente. Vuole davvero mettermi in imbarazzo in questo modo?

«Non c'è nessuno, siamo solo io ed Anna, che mi fa da tata e governante!»

«La donna di casa! Che piacere incontrarla, dov'è?»

Di solito non è così vivace, che gli prende stamattina?

«Sei chiassoso oggi. Per di qua, vieni.»

«Con permesso. Buongiorno!»

«Anna, questo qui è il mio nuovo amico, Rosemund. È un commerciante.»

«Molto lieto, madame.» Ha preso la mano di Anna, facendole il baciamano. Gli occhi di Anna si sono illuminati all'improvviso, come se fosse rimasta incantata. A quanto pare è proprio vero che alle donne di tutte le età piacciono i ragazzi biondi con gli occhi azzurri.

«Oh, il piacere è tutto mio~! Gradisci qualcosa da bere, caro?»

 "CARO"? E cos'è quella voce smielata tutto d'un tratto?

«Volentieri.»

«Prepara del latte, Anna. Per favore. Ti va bene del latte?»

«Ma quale latte e latte! Per Rosemund andrà bene un bel cappuccino, vero?»

«Oh, non vorrei disturbare. Vi chiedo scusa per l'improvvisa visita.»

«Figurati, per una volta che questo testone porta a casa un amico!»

Che figuraccia...!

«Scusala.»

«Figurati, Anna sembra una signora davvero amorevole. Deve averti cresciuto con molto amore.»

«Oh...Ehm...S-sì.» Meglio cambiare discorso.

«Scusa Ivan, avete un vampiro in giro per casa?»

«Un vampiro? Che stai dicendo? Hai fumato qualcosa di strano prima di venire qui oggi?»

« È che c'è del sangue sul tuo collo.»

«Ah. Mi sono tagliato prima. Lascia perdere, passerà.»

Improvvisamente mi sono ritrovato il viso di Rosemund a pochi millimetri. La mano delicata sul mento, le ciglia lunghe sbattendo mi sfiorano la pelle.

«Lascia perdere, lascia perdere...Tu ragioni sempre così. Non si fa.»

Mi ha tamponato il collo con il suo fazzoletto di stoffa. Riesco a vedergli le palpebre da questa posizione. Sono carine.

«Cosa vuoi fare quando il danno è stato già fatto? Lasciami.»

«Aspetta.» 

Il suo sguardo blu si è focalizzato sul punto in cui c'è il taglio.

« È profondo. Questo succede quando usi una lametta per raderti. E non hai usato nemmeno un dopobarba.»

Il dopobarba è una voce inesistente nel mio vocabolario, come molte altre.

«E cos'altro dovrei usare? Una spada-laser?»

«Puoi usare una crema. La prossima volta te ne porterò una.» 

Mi ha mollato, finalmente. Mi sento un po' in imbarazzo, sembrava una di quelle scene nei teleromanzi per ragazzine. Brr.

«Il cappuccino è pronto! Rosemund, caro, ti va bene se ci spruzzo un po' di polvere di cacao sopra?»

«Certo.»

«Ivan, tieni un cerotto!» 

Anna mi ha messo il cerotto. Devo sembrare davvero un mammone in questo momento.

«Ehm...Qual buon vento ti porta qui?»

«Il tuo buon vento. Ci eravamo messi d'accordo perché ti facessi da consulente. Oggi ti ho portato un pensierino.» 

Ha tirato fuori una busta.

«Per me?»

«È una sciocchezza. Ma può tornarti utile.»

È una tuta.

«Adesso che hai una tuta nuova, possiamo andare a correre insieme al mattino!»

Correre? Non mi è mai neanche passata per la testa un'ipotesi del genere. La verità è che sono molto pigro.

«Non fare quella faccia, ti tornerà utile irrobustirti. A questo proposito, mangia un po' di pancake, ho portato anche lo sciroppo al miele.»

«...Una cosa leggera.»

«"Sostanziosa", grazie. Chi se ne importa quanto è calorico, ti da le forze necessarie per correre!»

 Mi ha sorriso.

L'ho guardato senza preoccuparmi di nascondere una smorfia.

«Ivan, va' a correre insieme a lui, tanto oggi non hai nemmeno scuola!»

«No?»

«No.»

Ah, è vero. Che sbadato. Mi sono svegliato presto per niente.

«Anna, il suo cappuccino è ottimo.»

«Oh, grazie caro! Adesso però scusatemi tanto, ma devo lasciarvi, devo andare ad innaffiare le piante!» 

Anna ha lasciato la stanza.

Abbiamo sorseggiato il nostro cappuccino in silenzio.

Oh. Gli è rimasta tutta la schiuma sulle labbra.

«Stai davvero bene senza la barba, Ivan.»

 Mi ha sorriso. È buffo, ma non riesco a ridere.

«... È solo per oggi, mi ricrescerà presto.»

«La lascerai crescere?»

Abbiamo fatto un altro sorso.

«Forse sì. Troppe rogne al mattino.»

«Perché aspetti troppo prima di raderla. Con la coda di cavallo ti esce tutto il viso, saresti più bello con un po' più di carne addosso.»

«Sono troppo magro, eppure mangio.»

Mi sono voltato a guardarlo. Sorride, con gli occhi brillanti, e il suono della schiuma che scoppietta su tutto il labbro superiore.

«Hai della schiuma, lì.»

«Oh. Scusa.»

«...»

Silenzio. Cosa dovrei dire adesso?

«Per fortuna oggi non ho scuola, ho un problema con il mio compito. Devo rifarlo tutto daccapo ma non so cosa disegnare. Tina era perfetta per quel ruolo, ma starmene lì a disegnarla alimenta solo le mie false speranze.»

«Cosa devi disegnare?»

«Devo rappresentare la sensualità.»

«Tina è davvero carina, in effetti le calzava a pennello. Com'era il disegno?»

«Era un nudo. Un nudo di Tina. Era stesa su un telo bianco.»

Ha trattenuto una risata.

«Guarda che "sensualità" non significa esattamente "nudo", così come "Tina" non significa esattamente "la sensualità". C'è sensualità persino nel ritrarre la camminata di un gatto.»

Sono rimasto rapito dalle sue parole, anche se è uno che parla sempre di economia, sa il fatto suo, probabilmente anche per via del mestiere che fa.

«Ci sono un sacco di ragazze carine che potresti disegnare.»

«Tipo?» Non conosco nessuno.

«Beh, ce ne sarà qualcuna che conosci...o forse no.»

Ho scosso la testa. "No" significa NO.

«In alternativa?»

«Anche gli uomini possono essere sensuali!» La voce di Anna echeggia dal balcone.

«Uomini...?» NO, GRAZIE.

«Ma sono bravo a disegnare le donne, quindi devo disegnare le donne! DONNE! Capisci? D-O-N-N-E!»

«Puoi disegnare una donna incinta. Le donne incinte sono molto sexy.»

«Non sono abituato a disegnare un "ventre ripieno", avrei bisogno di un modello. Sia mia madre che Anna hanno passato da un pezzo l'età per la maternità, ti pare che conosca qualche donna incinta??»

«Beh, se non ti offendi, posso proporti le mie ragazze.»

"Le sue ragazze"?? Ma quante fidanzate ha?? Ecco cosa intendeva con l'esperienza di cuore afflitto, parlava dei cuori che lui ha fatto affliggere!

«Cos'è quella faccia? Se non ti fidi, non se ne fa niente. Peccato, erano dei soggetti davvero ottimi.»

«Allora accetto! Mostrami queste ragazze!» Non ho materiale su cui lavorare. Lui è la mia ancora di salvezza.

Rosemund ha fatto una telefonata, prendendo appuntamento tra una mezz'ora e dopo una colazione tranquilla, siamo usciti.

Abbiamo camminato fino alla strada sempre soleggiata dove di solito si svolge il mercato settimanale. Ma perché il mercato si trova sempre in una strada molto soleggiata? Sembra un sabotaggio per far sentire male la gente. Oggi non ci sono bancarelle, ma nonostante l'ora c'è qualcuno che passeggia.

«Dobbiamo suonare al primo piano.»

«Ok.»

Mentre Rosemund si accinge a suonare il campanello, una voce poco amichevole echeggia lungo la via, e, la sagoma di un ragazzo-scimmione (che cammina come una scimmia), si avvicina diretta verso di noi con aria abbastanza minacciosa.

«EHI, VOI DUE!»

Guardandolo più da vicino, il ragazzone con gomma da masticare è davvero brutto quando digrigna i denti.

«Vi divertite a fare i piccioncini, eh?»

Questo tizio sta spalleggiando mostrando il petto con aria minacciosa rivolto a noi due.

«Cosa vuoi?»

Rosemund ha allargato il braccio davanti a me, e mi ha fatto indietreggiare. I suoi occhi sono blu scuro, molto diversi dai suoi soliti gioielli preziosi.

«Cosa c'è, vuoi batterti? Potresti, ma non credo ci riusciresti, femminuccia che non sei altro!»

«Vattene, prima che mi arrabbi.»

Rosemund ha uno sguardo spaventoso addosso. Come quello di una pantera, pronto, con gli artigli di fuori, a balzare sulla sua preda. Non so cosa voglia, ma se questo tizio cercherà uno scontro fisico contro di lui, Rosemund sarà capace di vincere, o è fiero solo a parole?

«Siete voi che siete di troppo, qui! Siete un disturbo per gli occhi della gente normale! Non ci sei ancora andato da uno psichiatra, ma da uno proprio bravo?»

Rosemund ha fatto una risatina.

«Ci sono andato ieri per prenderci un caffé insieme, ma mi ha dato buca perché aveva un appuntamento con te. A quanto pare non ti sei presentato.»

«Vuoi fare lo spiritoso..?? È con queste battutine che vai in giro nei locali la sera a fare la sgualdrinella? Eh? Ma non ti vergogni quando cammini per strada?? Quale disonore hai dato ai tuoi genitori venendo su COSI'...Sempre che tu non sia un figlio di puttana, naturalmente! Oh, mi spiace, ho toccato un tasto dolente?»

Pugno. Un pugno così forte da produrre eco nella strada deserta. Un suono simile allo scoppiettio della schiuma del cappuccino di questa mattina.

Che diavolo sta succedendo??

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Capitolo 6
*** L'eroina sui tacchi a spillo ***


Il ragazzone è caduto sull'asfalto con un tonfo molto forte. Rosemund gli si è seduto sopra a cavalcioni, prendendolo per il colletto della giacca in pelle, con gli occhi fuori dalle orbite per la rabbia. Cosa succede?? Che vuole quel tizio? Soprattutto, c'è qualcosa che io possa fare in una situazione del genere??

Mi avvicino ai due, e li vedo sfidarsi con lo sguardo.

«Chiedi immediatamente scusa.»

Il ragazzone se la ride.

«E se non volessi farlo?»

«Te ne farò pentire amaramente.»

Rosemund sembra così serio... Non credevo potesse essere così manesco... È anche vero che si sta soltanto difendendo, ma... Uffa, che faccio??

Rosemund è stato spinto da quell'omaccione.

«Levati di dosso, feccia umana! Non osare toccarmi, mi fai schifo! E vuoi sapere un'altra cosa? Non ritiro proprio un bel niente, anzi, ci aggiungo persino quella grande vacca di tua sorella!»

Ho fatto appena in tempo ad intravedere un lampo di furia nel suo sguardo, nel tempo in cui Rosemund si è gettato letteralmente addosso a quel tizio. Lo picchia, lo picchia con forza. Anche l'altro risponde, ma Rosemund restituisce il colpo con gli interessi. È raccapricciante da vedere, si colpiscono in pieno viso con dei tonfi assurdi...

Devo fare qualcosa! Citofono! Suonerò a tutti i campanelli! Ah, no! C'è una voce che fa "Smith"! Suonerò proprio qui!!

«Chi è?»

Non conosco questa voce femminile, ma ho bisogno di aiuto!

«Rissa, rissa! Rosemund si sta picchiando con qualcuno!! Aiuto!»

«Cerca di dividerli, arrivo subito!»

Cercare di dividerli...? Dai, Ivan, sii un vero uomo, per una volta nella vita!

«Basta!!»

Ho afferrato il braccio di Rosemund, che si è voltato a guardarmi, con lo sguardo completamente accecato dalla rabbia.

*THUD!*

Il ragazzone ci ha presi per i capelli e ci ha scontrati violentemente. Che male!! Vedo le stelle!!

Ci siamo accasciati frastornati sul pavimento, tenendoci le teste doloranti. Tra noi due è Rosemund a scattare in piedi come una molla, lanciandosi nuovamente all'attacco.

Si sente una voce soffocata, che si è liberata con l'aprirsi del portone della casa a cui ho citofonato.

«Piantatela, non siete più dei bambini dell'asilo!»

Una ragazza molto alta e bella è uscita con una grande bacinella d'acqua, che ha rovesciato su i due litiganti, lasciandoli per un attimo senza parole. Per la verità senza parole ci sono rimasto anche io.

Ha afferrato Rosemund per un braccio, trascinandolo letteralmente sull'asfalto, con il tipico rumore graffiato di qualcosa strofinato sulla superficie del terreno.

«Rose, non ne hai avute abbastanza a Pensacola?? E tu levati di torno, zotico cialtrone!»

Si è sfilata la scarpa dal tacco molto vertiginoso e appuntito e l'ha lanciata addosso allo scimmione, che se n'è andato a gambe levate, mormorando qualcosa in un dialetto incomprensibile.

Ho guardato la ragazza saltellare sul tacco dodici per recuperare l'altra scarpa con estrema facilità. Si è voltata verso di noi, e noto che ha dei bellissimi occhi celesti, è ben truccata con delle sfumature scure, e ha delle ciglia assurdamente lunghe. Sulla pelle bianchissima ha un neo, sul sottile labbro superiore dalle curve decise. La vedo indietreggiare sull'opposto marciapiede ed iniziare a gridare come una pazza, rivolta verso il palazzo.

«TUTTO OKAY! STIAMO SALENDO!»

Intanto Rosemund è seduto sull'asfalto, immobile, imbambolato, con gli occhi che mostrano rabbia mista a confusione. Mi sarei arrabbiato anche io se mi avessero toccato la mamma e la sorella. Ma continuo a non capire cosa avesse contro di lui quel tipo, per inveire in quella maniera.

«State bene?»

Questa ragazza ha una voce sicura e decisa. Avvicinandosi a me, noto una lunga coda di cavallo castana arrivarle all'altezza del sedere.

«Uh.. i-io sì.»

«Io e te faremo più tardi le presentazioni. Rose, alza le chiappe e vieni di sopra!»

Ci ha preceduti nel palazzo con una camminata molto sensuale e sicura di sé. Mentre guardo la figura dell'eroina misteriosa allontanarsi, sento le mani grandi di Rosemund afferrarmi la testa, rivolgendola verso il suo viso, davanti al mio.

«Ti sei fatto male?»

Perché mi chiede se mi sono fatto male con una voce così preoccupata, se è il suo viso ad essere pieno di segni di pugni e sanguinante...? Il suo viso sempre sorridente e delicato, adesso si è macchiato di sangue.

Ho ignorato la sua presa e ho frugato nelle tasche, riuscendo a tirar fuori un fazzolettino di carta. Non è granché, ma è tutto quello che posso fare per lui in questo momento.

Gli ho tamponato il sangue che continua a colargli giù dal naso, proprio come ha fatto lui con me questa mattina, anche se le ferite non sono nemmeno lontanamente paragonabili.

«...Ivan...Lascia stare, non è niente, davvero.»

«Il mio taglio non era niente, non questo!»

Mi preoccupo se qualcuno picchia il mio amico, anche se siamo amici da poco!

«Ti sei sporcato la giacca...»

«Grazie. Non mi conosci bene, eppure ti preoccupi così tanto per me.»

«B-Beh, perché siamo amici! Sono sempre stato da solo, ma so che se ho un amico, devo prendermene cura come con un fratello!»

«Quindi siamo fratelli adesso?»

«Beh...S-Se ti piace pensarla così...Perché no?»

«Andiamo, fratello. Ti presento il resto della famiglia.»

Ci siamo alzati e abbiamo preso l'ascensore.

Mi sono voltato verso i pulsanti. Però non so cosa devo premere.

«A che piano andiamo?»

«Al primo.»

Al primo??? Sul serio prenderemo l'ascensore per un piano soltanto??

«...Okay.»

Ho premuto sul tasto "1" e l'ascensore ha chiuso gli sportelli automatici.

«Ti starai facendo delle domande su quello che è appena successo, suppongo.»

L'ascensore ha iniziato a muoversi. Che io sia curioso non lo nego assolutamente.

«C'è qualcosa che devo dirti.»

L'ho guardato nel suo aspetto malconcio mentre si appoggia, con le braccia incrociate, allo specchio dell'ascensore.

Ha poggiato il capo sullo specchio, che al movimento ha fatto oscillare la frangia bionda sui suoi profondi occhi blu.

«Io...»

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Capitolo 7
*** Quello di te che non sapevo ***


«Io...Sono gay.»

...Oh.

......Quindi Rosemund va a letto con gli uomini??

Non posso fare a meno di nascondere lo stupore. Non l'avrei mai detto, onestamente. Insomma, ha un viso carino, ma quella è una questione di fisionomia! Ha dei movimenti eleganti, ma credevo si trattasse di eleganza! Questo vuol dire che a lui piace vestirsi di rosa? Anche il suo mestiere in effetti era un indizio... ma perché i gay hanno tutti a che fare con il mondo della moda?? Non capisco proprio!

... Ivan, stop per un momento.

Quindi quando mi fa i complimenti lo fa con interesse?? Con QUEL TIPO di interesse???

Allora anche quella notte in macchina... che si sia approfittato di me?

L'ho fissato sospettoso.

Lui sembra tranquillo, e mi parla sorridendo.

«Hai cambiato espressione.»

Non me ne sono accorto. Vorrei saperne di più, ma non voglio ferirlo. Io non ho mai avuto nulla contro i gay... certo non sono mai stato un accanito sostenitore, ho sempre ignorato la cosa, ma l'idea di strofinarmi contro un altro petto maschile mi fa un po' senso.

Ma questo non significa che adesso lui mi faccia schifo o qualcosa del genere. È solo che vorrei sapere se si è avvicinato a me con uno scopo, tutto qui.

É anche vero che chi mai mi si avvicinerebbe? Mi scansano persino i gatti neri, figuriamoci le persone. Anche se Rosemund è finocchio, avrà pur sempre i suoi gusti, no?

Le porte dell'ascensore si sono aperte, e Rosemund si allontana, rivolgendomi uno sguardo sereno, anche se un po' strano.

«Non hai mai visto un ragazzo etero avere una migliore amica donna o viceversa? É la stessa cosa. Non ho alcuna intenzione di saltarti addosso, non sono una bestia in calore, stai tranquillo.»

Ah...Non volevo ferirlo.

Sembra esserci rimasto male.

Non volevo.

Mi sento come se un grande macigno mi fosse piombato all'improvviso nello stomaco.

Sono entrato nel rustico, grazioso appartamentino arredato in maniera molto femminile. Le pareti hanno colori caldi, c'è persino un caminetto.

A capotavola, nello spazioso tavolo davanti la grande finestra luminosa, vi è seduta la ragazza con la coda di poco fa. All'altra estremità c'è la cliente del negozio di Rosemund con i capelli corti e il bel viso snello...Qual'era il suo nome? L'ho dimenticato. Rosemund si è avvicinato e si è piegato su di lei, baciandola dolcemente sulle labbra. Sono abbastanza confuso.

«Ciao, io sono Giulia Torvi! Ho ventiquattro anni e sono un'indossatrice!»

La ragazza con la lunga coda di cavallo mi ha stretto la mano ben curata, quindi mi sono presentato anch'io.

«Ivan, mi fa piacere rivederti. Mi chiamo Ashley, non so se ti ricordi di me...»

«Ah, certo. É il nome che non ricordavo, ma sì, certo che mi ricordo di te.» Non è che così rischio di far sembrare di ricordarmi di lei per la sedia a rotelle? Non posso rischiare di venire frainteso ancora!

«Insomma...Ehm...Per il tuo sorriso alla Julia Roberts, naturalmente.»

Ashley ha sorriso.

«Scusate, vi spiace se io e Rose andiamo a parlare in privato? Non vorrei sembrare una maleducata, quindi vi chiedo scusa. Però sono in casa mia e devo parlare con mio fratello, quindi cortesemente capitemi.»

E così quei due sono fratelli.

«Allora, Ivan! Rose mi ha detto che hai bisogno di un favore! Parlami pure!»

I suoi occhi sono brillanti e luminosi, mettono davvero in soggezione.

«Ehm...» Deglutisco, raccontandole del mio compito.

«Mi piace questo lavoro! Non ho mai posato per un pittore, sarà interessante!»

«Q-Quindi accetti?»

«Sì, ma a condizione di non essere timido, sei tu il capo adesso. Tuo è il disegno, tua è l'immagine: io sono solo uno strumento.»

Uno strumento... É triste pensarla così. Anche se in realtà mi serve proprio a questo scopo.

«Allora, conosciamoci un po': hai una fidanzata?»

Perché mi fa una domanda del genere?

«...N-no.»

«Mi piacciono un sacco i ragazzi con i capelli lunghi. Sei proprio il mio tipo.»

... Eh??? Deve avere qualche problema, poverina.

«Ti sei tagliato la barba oggi, vero?»

Come lo sa...?

«Lo capisco dal tuo odore. Profumi di schiuma da barba.»

«Ehm...Okay.» Cosa dovrei rispondere ad una che mi dice così?

«Quando si incomincia?»

«Beh...quando vuoi.»

«Allora andiamo subito al tuo studio!»

Al mio studio? Sta per avere una grossa delusione. Addio, dignità mia.

«Il mio studio è la mia stanza. Andremo a casa mia allora.»

«Vivi lontano da qui?»

«Ehm...un po'.»

«Prendo la macchina allora! ASHLEY, ROSE! IO E IVAN ABBIAMO DEL LAVORO DA SBRIGARE, STIAMO ANDANDO AVANTI!»

Senza nemmeno lasciarmi il tempo per dire una sola parola, Giulia mi ha afferrato e siamo usciti insieme. Abbiamo parlato di sciocchezze sulla via lungo casa, e infine siamo arrivati.

Per fortuna Anna è andata a fare la spesa. Entrando nella mia stanza, che è un po' piccola per mettersi in posa, Giulia si è guardata intorno.

«Scusami, ma hai il cavalletto accanto al letto? Non c'è abbastanza spazio per mettersi in posa, qui.»

«Ehm...» Ha dannatamente ragione.

«Mi metterò sul letto, allora! Capo, quale posizione preferisci? Devo sedermi così...o così...oppure qualcos'altro?»

«Uhm...Fammi pensare.» Ha un bellissimo viso, sarebbe sprecato coprirlo con i capelli sciolti. Però i capelli davanti sono sensuali. Potrebbe stendersi nel letto mentre legge un libro, facendo cadere i capelli lunghi di lato. Sì, faremo così. Ho delineato l'immagine insieme a Giulia e ci siamo ritrovati immediatamente d'accordo.

«Allora, facciamo un nudo?»

«Sì.»

«Okay.» Senza aggiungere altro, Giulia si è sfilata la maglietta davanti a me, silenziosamente, con lo sguardo concentrato. Mentre Giulia termina di prepararsi, anche io tiro fuori il mio materiale da disegno.

Ho appoggiato la matita sul bianco, completamente assorto e rapito dalla sua bellezza: si vede chiaramente quando una persona è professionista, c'è poco da aggiungere. Mi auguro solo di riuscire a catturare al meglio i suoi occhi.

*

«Scusa, possiamo fare una pausa dieci minuti?»

«Oh. C-certo!» Ero completamente assorto, non ho preso in considerazione che la mano davanti alle labbra potesse stancarsi.

Giulia si è sistemata i capelli di lato e si è seduta sul letto, senza preoccuparsi di indossare la maglietta.

«Scusa Ivan, posso farti una domanda?»

«...Sì.»

É seria. Cosa vorrà chiedermi?

«Perché non hai pensato a Rosemund per il tuo disegno?»

Rosemund? Perché avrei dovuto pensare a lui? È il mio buon amico, è molto elegante, ma di certo non rispecchia la mia idea di sensualità. L'ho guardata perplesso.

«Quindi non lo sai.»

«Cosa?»

«Rosemund è un ex modello.»

Un ex modello?? Ecco perché l'ho trovato elegante e perché mi sono piaciuti subito i suoi occhi...

«...Non lo sapevo. Come molte altre cose. Non so niente di lui. Ho saputo della sua...dei suoi gusti, solo dopo la rissa.»

Chissà perché un ex modello si è ritrovato ad aprire un negozio di vestiti. Rosemund è ancora giovane, come modello avrebbe potuto lavorare ancora per almeno una quindicina di anni.

«Quindi è da poco che vi frequentate.»

«...Sì.»

«Però, che strano, se si fosse trovato un nuovo ragazzo sarebbe corso a dircelo... non capisco!»

"Nuovo ragazzo"??? Lei intendeva QUEL tipo di frequentazione???

«No! No! Non QUEL tipo di frequentazione!! Siamo amici! Amici!»

«Mi incuriosisci, Ivan. Rosemund non ha mai avuto degli amici maschi.»

Non ha mai avuto degli amici maschi? Non la capisco, questa ragazza. E poi, cosa intende con "mi incuriosisci"?

«Non guardarmi così, te lo si legge in faccia che non capisci quello che ti sto dicendo.»

...Rosemund è un grande punto interrogativo in questo momento.

«Bah, lasciamo perdere, sembri un ragazzo poco sveglio. Con il tempo necessario arriverai anche tu a capire molte cose della sua vita. Sempre se dopo oggi non gli volti le spalle.»

Mi ha guardato male. Non l'avrei mai fatto in ogni caso. C'è stato un malinteso. Adesso Rosemund crede chissà cos'ho pensato di lui... voglio chiarire l'equivoco. È vero, sono rimasto un po' scioccato all'inizio, ma Rosemund si è sempre comportato bene con me, è stato sempre gentile.

«Capo, sono pronta.»

«Oh...Sì.»

Abbiamo ripreso a lavorare per tutto il giorno. Per fortuna è arrivata Anna ad avvisarci che i miei stavano per rientrare, quindi ho salutato Giulia e ci siamo dati appuntamento per domani, a scuola.

*

É sera tarda ormai. Rosemund non si è fatto sentire per niente. Chissà se domani verrà a trovarmi per correre insieme. Lo spero davvero. Ho chiuso gli occhi, lasciando che la brezza fredda della notte trapassi la stanza, anche se non riesce a distogliermi dai mille pensieri che continuo a farmi su di lui. Chissà cos'ha provato quando ha scoperto di essere così, come si sarà sentito venendo insultato per strada da un estraneo pur non avendo fatto nulla di male. Per esperienza personale so bene che, per quanto si è abituati a venire insultati, ogni volta che accade fa sempre male, quasi come se fosse la prima volta. Spero per lui che l'abbia scoperto dopo gli anni della scuola, perché quando sei a scuola, provi davvero quel cattivissimo sapore amaro. Io ancora ne sento il retrogusto sgradevole... non credo passerà mai. Le questioni irrisolte dei ragazzi che come me sono stati presi di mira, ti lasciano solamente una grande rabbia repressa dentro.

Ma cosa si proverà quando si scopre di essere diventati gay? Cioè, ti svegli da un giorno all'altro e lo capisci? O forse dentro di te ti sei sempre sentito una Britney Spears? Come funziona...?

*

É passata una settimana, nel quale non ho visto né Rosemund e né Tina. Le mie giornate si sono limite a disegnare e dipingere insieme a Giulia che mi fa da modella, quindi siamo rimasti in silenzio per la maggior parte delle ore, e quando parlavamo, lo facevamo su argomenti futili o molto quotidiani.

È arrivato il momento di consegnare il compito.

«Profhesshoreh! Il Ecco il mio compitho!»

Non credevo che quel nanerottolo dentone fosse in classe con me. Bah.

«Peperone, e tu?»

«Eccomi.»

Ho consegnato il dipinto completato al professore, che l'ha guardato con aria critica. Però non parla. Odio quando fanno così. Esprimiti, cavolo! Dillo che fa schifo! Dillo se sono stato bravo, ma fai uscire quelle parole da quella fogna di bocca che ti ritrovi!

« È davvero un buon lavoro. Ho saputo che hai avuto una modella professionista, devi esserti impegnato molto. Bravo Peperone, bravo. Il prossimo.»

Evviva!!!

La felicità viene a galla insieme ad un senso di vuoto. Sono ritornato al punto di partenza. Sono rimasto di nuovo senza qualcuno con cui parlare. Perché le cose sono finite in questo modo? Eppure io e Rosemund non abbiamo nemmeno litigato...

Sono uscito da scuola stanco e con gli occhi tristi, più o meno dopo l'ora di pranzo. Ho attraversato il cancelletto d'ingresso, noncurante del chiassoso flusso di gente attorno a me. Perché i giovani sono tanto molesti? Che fastidio.

Oggi prenderò l'autobus, mi sento sfinito perché sto scaricando lo stress del lavoro consegnato.

Arrivato alla fermata dell'autobus, noto una figura familiare.

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Capitolo 8
*** Quando la serranda è chiusa ***


La figura familiare mi nota e mi fa un cenno di saluto: è Tina. Chissà perché, ma non era proprio la persona che mi aspettavo di incontrare.

Ma a che diavolo sto pensando? È Tina, Ivan, T-I-N-A! L'ho salutata, comunque felice che qualcuno si degni di salutarmi.

«Come stai? È da un po' che non ci incrociamo!»

«Oh...B-Beh... tutto bene..»

«Non sembra. Di solito sei molto più vitale!»

Vitale io? Forse mi confonde con qualcun altro.

«Non guardarmi così! Di solito hai uno sguardo più sveglio addosso! Il bus è arrivato, ti va di sederti accanto a me?»

È l'occasione che aspetto da una vita!! Che bello, Tina allora si è accorta di me quella sera alla festa!! Anche se non proprio nel modo in cui speravo, naturalmente... ma chi se ne frega!

«...Sì.»

Ci siamo seduti uno accanto all'altra, rimanendo in silenzio per qualche istante.

«Ivan, com'è andata dopo quella sbronza? Tutto okay?»

Che figuraccia!! Ma almeno si preoccupa per me.

«Oh... ehm... bene, tutto alla grande. Sono un ragazzo sano e forte.» Anche se non ne sono minimamente convinto. Dovrei essere più fiducioso quando dico affermazioni del genere, altrimenti sembrerò sempre uno sfigato.

«Problemi con la scuola?»

«Uhm... no.»

«Allora è l'amore! Ti sei innamorato?»

Perché, dai per scontato che non abbia nessuna?? ... CHE PENA. Mi faccio pena da solo.

«N-No! Si tratta del mio amico!» Meglio essere chiari.

«Ti va di parlarne?»

Ma sì, magari parlarne con qualcuno di mente aperta come Tina, potrà aiutarmi a chiarire il malinteso. Che cosa curiosa che sia lei a mediare tra me e Rosemund, che è colui che mi avrebbe dovuto fare da consulente per conquistarla.

«È che ho scoperto che a lui piacciono gli uomini, e lui ha frainteso la mia reazione stupita. Non si è fatto più sentire, temo che non voglia più vedermi.»

Tina mi scruta attentamente con i suoi stupendi occhi scuri.

«Uhm... Dici che al tuo amico piacciono gli uomini... Beh, ognuno fa quello che vuole nella vita, non credo che il suo piacere verso gli uomini ne influenzi la tua. Però, mi chiedo perchè reagire in quella maniera al giorno d'oggi, Ivan. Comunque se il tuo amico si è offeso per questo, probabilmente è il caso che vada tu a parlarci. Altrimenti sono problemi suoi, voglio dire, se fosse stato amico mio, l'avrei già piantato in asso. Se qualcuno ha torto deve chiedere scusa, e se c'è un malinteso va chiarito. Siete due idioti, per come la vedo io.»

Tina ha ragione... forse dovrei andare a parlargli io per primo. In fondo se è abituato ad essere allontanato dagli altri per la sua vera natura, non credo che sarà lui a cercarmi.

«Allora andrò a trovarlo, più tardi.»

«Bravo.»

Mi ha sorriso... oh, che emozione! Il suo sorriso così da vicino è mille volte più fulminante!

L'autobus si è fermato, e Tina si è avvicinata alle porte.

«Scendo qui Ivan, devo andare a trovare mia nonna! Mi ha fatto davvero piacere parlare con te, sei una persona interessante!»

Oh!! Tina mi ha detto che sono interessante!!!

«Stai meglio con la barba più corta!»

La barba corta...!! È corta perché sta ricrescendo... woah! Quante belle parole, questo è un sogno! UN SOGNO!!

«Ah, e comunque... non è facile essere gay in una società come la nostra. Io faccio il tifo per il "TUO AMICO".»

Tina mi ha sorriso strizzando gli occhi, e le portiere si sono chiuse, riprendendo la corsa dell'autobus. Porca miseria, quanto è bella. Però c'è qualcosa che non mi torna nelle sue parole. Mi sono seduto sulla poltroncina grigio scuro, cercando di riflettere che cosa esattamente mi è sfuggito in quelle parole.

Mi ha dato dell'idiota.

Però ha avuto perfettamente ragione su tutto.

Perché mi sono stupito tanto? Insomma, non è che se Rosemund si imbosca sotto le coperte con un tipo virile e muscoloso, la mia vita subirà delle influenze negative di qualche tipo. Gli sarò sembrato davvero un vichingo reagendo così. Però, tra tutte le cose che poteva dirmi, mai mi sarei aspettato un "sono gay"! Un po' di comprensione, che diamine! Io sono un ragazzo normale, non sono abituato all'idea di due uomini insieme, soprattutto non nella gente che conosco, un po' di logica! Rosemund, fai tanto l'intellettuale e poi non ci arrivi da solo? Mi deludi!

...Sbaglio, o Tina uscendo ha calcato le parole "il tuo amico"...?

...EHI! Non avrà mica pensato che "IL MIO AMICO" fosse solo la solita, noiosa, monotona, banale, scontata, maniera per dire "IO"? Quindi Tina adesso pensa che quello gay sia IO?? Ho sbuffato pesantemente, sbattendo la testa contro il finestrino quando l'autobus si è fermato nuovamente.

Questa fermata è proprio nelle vicinanze della strada dei mercanti. Dovrei scendere qui...?

Dovrei? O non dovrei? Perché non dovrei? Voglio o non voglio chiarire questo equivoco?

Dai Ivan, fatti forza e scendi da questo cavolo di pullman, vai da Rosemund e digli "sono un cretino"!

E se poi lui non ha voglia di vedermi e fa l'offeso con la voce stridula di una zitella acida? ...E se fosse troppo impegnato con il lavoro? Tra poco ci saranno i saldi di fine stagione...

E se trovandomelo davanti avessi un blocco e non riuscissi a parlare?

E se il negozio fosse chiuso oggi?

E se avesse deciso di farla finita per l'offesa subita? Me lo terrei sulla coscienza per tutta la vita!

No, no! Perché perdo tempo a pensare a queste stupidaggini, quando avrei potuto scusarmi? E sono sicuro che mi sarebbe avanzato anche il tempo per un giro al parco! Si, sì! Devo scendere, devo scendere qui!

...Troppo tardi. Il pullman è già ripartito. Premo il pulsante per scendere e lentamente l'autista accosta il mezzo pubblico. Scenda a passo svelto dal pullman, mi guardo in giro, e velocemente attraverso la strada, con un'andatura molto svelta.

Voglio scusarmi con Rosemund! Non posso sopportare l'idea di averlo offeso fino a tal punto! Voglio tenermi stretto questo unico amico che il cielo mi ha mandato!

Ho percorso la strada a tutta velocità, prendendo una storta incredibile, ma questo non ha fermato la mia avanzata.

Eccolo, ecco il negozio!

Ma... Ha la serranda mezza chiusa. Però all'interno la radio è accesa, si sente un leggero sottofondo musicale. Forse si è assentato un attimo. Però l'altra volta che abbiamo pranzato insieme non ha mai abbassato la serranda.

Sento una voce.

Una voce molto debole.

Che siano entrati i ladri?

Mi avvicino per ascoltare meglio.

«Di più...»

É la voce di Rosemund.

«Di più...Alzalo di più... Così..»

"Di più"?

«Uhm...»

«...Dobbiamo toglierli... Non possiamo con i pantaloni...Togliamoli.»

Che diavolo...?

«...Sì... sì... ottimo...»

Che cacchio, per caso si sta dilettando nell'imitazione di film porno???

Direi che non è il momento migliore per entrare...!

«...C'è qualcuno...SIAMO CHIUSI ADESSO!»

Da quello che ho sentito mi sembravano piuttosto "aperti", comunque è meglio andarsene... mamma mia, che momento imbarazzante, mi sento le guance andare a fuoco per la vergogna!!

Improvvisamente la serranda si è alzata, rivelando l'interno del negozio. Rosemund che è seduto su una sedia dandomi le spalle, si è lentamente voltato verso di me, rivelando i suoi occhi blu intenso. La camicia che indossa è tutta sbottonata, il viso è accaldato e i suoi capelli sono tutti scompigliati. Dal modo in cui mi guarda non sembra che si aspettasse di vedermi.

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Capitolo 9
*** Un uomo elegante veste un abito viola ***


«Ivan, guarda chi si vede! Buon pomeriggio, ti serve qualcosa?»

A parlarmi davanti al naso è Giulia, che ha sollevato la serranda e mi guarda in attesa di una risposta. Io...sono uno stupido. Come ho fatto a farmi venire in mente un film mentale tanto assurdo come quello?? Cretino Ivan, cretino!

«Ehm...Siete occupati? P-posso ripassare un'altra volta...» Sono intimidito: che perdente.

«Ivan, non andare. Aspetta un attimo.»

Rosemund pronuncia questa frase con una voce bassa e stanca, mentre lentamente si alza dalla sedia sulla quale era accomodato. Si avvicina a lenti passi, con il suo aspetto trasandato non sembra nemmeno lui. Mamma che addominali... Molto "simili" ai miei...

Si è fermato proprio davanti a me a pochi centimetri di distanza dal mio esile corpo, analizzandomi con quello sguardo blu intenso. I suoi capelli scompigliati e l'espressione seria mi fanno davvero realizzare che è un ex-modello.

«Hai tempo da sprecare in una buona azione?»

Ho sbattuto le palpebre degli occhi.

«Ehm...Sì.»

Improvvisamente il viso di Rosemund si illumina del suo solito sorriso disarmante:

«Perfetto, sei il benvenuto! Mi hai davvero salvato! Per prima cosa buon pomeriggio, prego accomodati e sii vigile come un avvoltoio! Ti va una caramellina al miele?»

«Uhm... sì, grazie..»

Rosemund prende una manciata di caramelline dal portaoggetti sul bancone e me la porge amichevolmente. Faccio un cenno di ringraziamento e saluto Ashley, che è all'interno del negozio, davanti ad un cumulo di vestiti. Non so cosa pensare: credevo che ce l'avesse con me... sta fingendo o non si è mai arrabbiato? Non accadrà come in quelle fiction in cui davanti agli altri fa l'amichevole per poi schiavizzarmi e mi trattarmi male alla prima occasione da soli? No, no! Sto lavorando troppo di fantasia! È anche vero che io e lui ci stiamo ancora conoscendo, chi può sapere come reagirà più tardi... Non mi resta altro da fare che aspettare e vedere cosa succede. Intanto mi mangio la caramella.

«Ti chiedo scusa se non mi sono fatto più sentire, sono stato davvero impegnato con il lavoro... E ad essere onesti, lo sono ancora. Sto andando nel caos e tutte le certezze che avevo stanno venendo meno, ti va di dare un parere come "occhio esterno"? Te ne sarei davvero grato!»

«Oh... sì, certo. Volentieri. Scusami anche tu, ho avuto un po' da fare con la scuola, ad essere sincero...»

«Siediti, siediti qui.»

Mi ha condotto ad una sedia e mi ci ha fatto sedere un po' forzatamente.

«La prossima settimana c'è una sfilata provinciale in città, dove si vincerà un premio e molta notorietà! Giulia è la mia modella personale, sta provando tutti gli abiti che ho creato per la nuova stagione, ma c'è ancora qualcosa che non mi convince... Visto che hai un occhio esperto, per favore dacci un aiuto!»

Una sfilata provinciale? Non sapevo che i vestiti venduti qui fossero opera sua. Mi aveva detto che gli piace disegnare abiti, ma non credevo che fosse uno stilista. È una buona occasione per aumentare il flusso di clienti, sarebbe davvero ottimo riuscire a sgraffignare il premio! Mi guardo intorno notando vestiti ammucchiati sparsi dovunque: non credo che questo pomeriggio Rosemund aprirà le porte ai clienti.

«Questi mucchi qui... Sono tutti abiti che hai fatto tu?» Incredibile.

Rosemund mi risponde distratto, mentre è intento a parlare con Giulia di cose che non riesco ad origliare:

«Sì.»

Ashley mi si avvicina e poggia la mano sottile sulla mia spalla: noto che ha un anello molto luccicante alla mano sinistra, che la scorsa settimana non aveva: chissà se è sposata.

«Questi sono soltanto quelli dell'ultimo trimestre! Rose è così modesto!»

«Davvero??» Sono davvero impressionato! Sono tantissimi!

«Smettetela di dire idiozie, o quanto meno fatelo a voce bassa, mi distraete.»

Si è arrabbiato.

Ashley inizia a sussurrarmi:

«Modesto quanto suscettibile...»

«Perde le staffe così in fretta?» Vorrei saperne di più, l'altra volta non ha perso tempo prima di azzuffarsi con quel vandalo.

«Soltanto se gli tocchi famiglia e lavoro, ma stai attento: non puoi premetterti nemmeno di fare delle osservazioni che non gli vanno a genio, si irrita immediatamente. Se io dovessi dire: "sto male con questo taglio di capelli", lui si arrabbierà e litigheremo. È un po' particolare, ma è un bravo ragazzo.»

...Spero solo di non discuterci mai allora. Ma no, che motivo avrei per insultare la sua famiglia o il suo lavoro? Non accadrà mai... se la nostra amicizia dovesse protrarsi nel tempo, naturalmente. Ma è cosa decisamente prematura da stabilire. Stiamo a guardare.

Giulia ha richiamato la nostra attenzione con un battito di mani, mentre sfila per noi: indossa un completo da ufficio, con giacca e pantaloni in tinta viola, tendente al nero a seconda dell'esposizione alla luce. I tacchi a spillo sono molto vertiginosi, posso vederle tutti i muscoli dei piedi tirati...brr.

Ashley vuole esprimere il suo parere per prima, alzando la mano come una scolaretta:

«Dieci punti! Mi piace un sacco! Dovresti usare questo abito per il cartellone pubblicitario!»

Lo sguardo di Rosemund si è spostato severo da Giulia a noi: sembra arrabbiato, ma sicuramente è soltanto molto concentrato e un po' stanco.

«Ivan?»

Mi guarda come se fosse pronto a pugnalarmi con gli occhi. Mi intimorisce, ma devo essere obiettivo, altrimenti la mia presenza non servirà ad un emerito cavolo bollito!

«Sono... Senza parole.» Ho fatto una smorfia per esaltare le mie parole.

«Per lo schifo?»

«N-no! È l'esatto contrario! Mi piace troppo! È da mozzare il fiato! Io non parlerei mai ad una ragazza conciata così, è così attraente da far paura, sono serio!»

Rosemund libera una risatina palesemente divertito:

«Beh, non ne avevo dubbi in ogni caso!»

Tina... che brutta impressione ti ho fatto! Oh, no! Adesso Tina pensa che IO sia... sia "IN QUEL MODO"! Devo chiarire quest'equivoco, e alla svelta! Altrimenti qualcuno potrebbe soffiarmela! Per non parlare se la voce dovesse diffondersi! No, non adesso, Ivan! Hai promesso di aiutare Rosemund adesso. E poi non credo che Tina, sempre riservata, vada dalla nonna a raccontarle quello che ha sentito, che poi la nonna dirà alle sua amiche, che poi lo diranno ai loro commercianti di fiducia, che poi lo diranno alle altre clienti, che poi lo saprà tutto il paese! No, no!

Dopo aver dato un'ulteriore occhiata, Ashley ha assunto un'espressione poco convinta: «Potremmo anche usare l'immagine di Giulia con questo completo come pubblicità, ma... non so, credo che manchi qualcosa, Rose.»

«Qualcosa come cosa?»

«Uhm...»

Mi da una leggera gomitata senza che Rosemund se ne renda conto: cosa vuole che dica?

«Uhmmm...» Prendo tempo, infilandomi un'altra caramellina al miele in bocca, poi immagino a qualcosa con questo completo, che possa attirare la mia attenzione. Giulia è fantastica, ma sarebbe troppo scontata l'immagine di una ragazza sensuale in un completo del genere: ammettendo che sia un completo da ufficio, una bomba sexy del genere, possibile che non sia circondata nemmeno da un impiegato del sesso opposto?

Ho guardato Rosemund, cercando di non urtare il suo senso estetico: «Rosemund... ehm... questa segretaria, possibile che nessuno la corteggi? C-cioè, voglio dire... ehm...» Lo sguardo di Rosemund si assottiglia, sento come se tra poco potesse tirarmi fuori il fegato con quella specie di scanner che si ritrova! Dai, un bel respiro e prosegui!

«... A me catturerebbe di più un'immagine di coppia, piuttosto che la solita modella in posa. Ecco.» Ho sospirato rumorosamente, ma ho sputato per sbaglio la caramella. Bene. Che bello fare queste figure ogni volta. Per fortuna che nessuno si è messo a ridere: sono delle persone molto educate. Ho sollevato il capo: Giulia ha un'espressione strana in volto, contrariata. Ashley sembra concentrata, come si trattenesse dal prendere la parola. Rosemund è di spalle, sbuffa, e si passa una mano tra i capelli.

«Ho il gemello maschile dell'abito, ma mi manca il modello.»

Gli manca il modello...? Non potrebbe farlo lui?

«Ehm... Rosemund, passami il completo maschile, voglio vederlo.»

Rosemund mi passa l'abito.

«Ho un'idea!» Illuminazione!

«Quale?»

Rosemund mi guardo come se gli mancasse il pane da giorni.

«Potresti usare un concetto come: "anche se sei brutto, con i vestiti di alta moda di Rosemund Smith, attirerai le donne ai tuoi piedi"! E poi ci metti un ragazzo bruttarello, di quelli che si incontrano per strada, come modello? Sarebbe perfetto, no?» L'ho guardato entusiasta della mia brillante idea. Rosemund mi guarda fisso negli occhi, con il suo blu profondo e penetrante. Si avvicina a me, e posa una mano sulla mia, che sta reggendo la gruccia.

«Un ragazzo di quelli che si incontrano per strada... Ivan.»

«Si?» Perché mi sto agitando??

«Ivan, sii il mio modello. Per favore.»

Cosa...? IO il suo modello?? Ma io sono... sono... sono "bruttarello, di quelli che si incontrano per strada". Obiettivamente parlando, in effetti sarei perfetto... M-ma essere io il modello... Non se ne parla proprio!! Non è adatto a me, io sono abituato a stare dall'altra parte, e poi la gente che mi conosce avrà soltanto da farsi due risate, pensando che uno che indossa le felpe "prendi tre paghi una" del mercato tutte uguali, si metta a fare le promozioni per un negozio di alta moda! No, non fa per me!

Ho voltato il mio capo dritto verso il suo, per rifiutarlo decisamente.

Gli occhi di Rosemund sono così intensi... il blu misto a celeste, con tutte le relative sfumature... E la potenza di questo sguardo, la sua intensità... in qualche modo mi incatenano, non riesco a parlare nonostante sia così nervoso che potrei esplodere.

Rosemund si è inginocchiato davanti a me come farebbe un principe con la sua madamigella, tenendo la mia mano ben stretta nella sua, continuando a fissarmi con quegli occhi che sembrano pietre preziose:

«Prestami il tuo corpo. Ti imploro.»

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Capitolo 10
*** Dopo il lavoro noi due ***


Prestargli il mio corpo per fini commerciali? Mai! Ho scosso la testa violentemente, intimorito all'idea di finire su un cartellone che sarà visto da centinaia di passanti.

«Neanche se te lo chiede il tuo amico?»

Ho scosso ancora la testa. Tanto non mi faccio imbrogliare da quello sguardo supplichevole!

«Avrai un buon compenso. Pensa a quanta bella impressione farai su Tina apparendo in una pubblicità.»

Bella impressione con Tina??? Mi servirebbe proprio!!

«NO!» Sono un uomo tutto d'un pezzo, sarò irremovibile.

«Ti faccio rifare il guardaroba gratis.»

«No!»

«Ti offro del sushi!»

«No!»

«Ti compro un gattino!»

Un gattino??? Ma magari!

«No, sono contro la commercializzazione sugli animali!»

«Ti regalo una gigantografia di Tina!»

«No!»

«Ti regalo dei colori nuovi per i tuoi disegni!»

«IDEA!!!STOP!! SO CHI PUOI USARE!!» Lampo di genio.

Tutti mi guardano incuriositi, Rosemund si rimette in piedi, ma non perde il contatto visivo con i miei occhi.

«È affidabile?»

Mi guarda con sospetto.

«É perfetto!»

«Quando me lo porti?»

«Fammici parlare prima. Ti prometto che farò di tutto per convincerlo, e te lo porterò qui.»

«Uhm...»

Sembra titubante. «Abbi fiducia in me! So quello che dico!»

Rosemund improvvisamente mi sorride: «Raccontami come va con Tina!»

Vuole sapere come va con Tina adesso? Qui, davanti a tutti?

Giulia si volta, diretta verso il bagno: «Io vado a cambiarmi, parlate pure!»

Ashley fa il giro della stanza con la sua sedia a rotelle, lasciando i corti capelli muoversi durante lo spostamento: «Io invece non ho ancora fatto la spesa! Giulia, cosa vuoi mangiare per cena?»

Giulia tira fuori dalla camera appena la testa: «Bocconcini di pollo impanato e bello piccante!»

«Ricevuto! A più tardi! Ciao Rose!»

Ashley e Rosemund si sono salutati baciandosi sulle labbra, poi Ashley è sparita dalla nostra visuale, uscendo dal negozio. Io sono figlio unico, quindi non capirò mai perché questi due si bacino sulle labbra.

«Allora? Tina?»

Insiste?! «Con Tina c'è stato un enorme equivoco!»

«Perfetto.»

Rosemund mi guarda con un ghigno di soddisfazione che mai gli avevo visto in volto.

«Allora, se non mi porti il modello entro l'orario di chiusura del negozio domani, io non ti aiuterò più con Tina.»

«Eh?? Alternative??»

«O il corpo del tipo che raccomandi, o il tuo.»

Rosemund mi tende la mano. Il mio spirito di competizione la afferra con decisione.

«Bene! Allora ci vediamo domani!» Lo saluto di sfuggita ed esco dal negozio come un razzo. Per la miseria, sono nei guai! Non so nemmeno se il mio uomo accetterà! Ma farò un tentativo!

*

Sono arrivato presto. L'ultima volta era a quest'ora che l'ho visto prendere il caffé alla macchinetta.

Mentre osservo i pochissimi studenti già nell'istituto, incrocio Marcello, il compagno di corso: «Mattiniero, Ivan! Hai intenzione di graziarti il professore anche stavolta impegnandoti al massimo?»

Forse è geloso del mio ottimo voto. Poteva disegnare meglio, chiudersi in una stanza ed assumere un modello come ho fatto io.

«No. Sto cercando una persona.»

«Beh, buona fortuna!»

«Sì, sì.» Ma dove sarà finito? Sento un fischio. Sento qualcuno che fischia. E a giudicare dal fischio, direi proprio che si tratta di lui. ECCOLO! Riccioli ribelli, occhi a palla, nasone e dentone di fuori! È il mio uomo! È lui! È prefetto!

«Ehi, tu! Scusami, avrei una richiesta da farti!»

«Shi, cosha vuoi?»

Ha una parlata singolare con quell'apparecchio. Non potrebbe farlo nessun'altro sulla faccia della Terra se non lui.

«S-scusami, com'è che ti chiami? L'ho dimenticato...»

«Lapoh! Lapoh Shtellah!»

Lapo Stella, okay.

«Ivan Peperone. Ascolta, ti piacerebbe posare per un cartellone pubblicitario di alta moda in compagnia di una bella modella?»

Mi sta guardando male. Spero che non sospetti una presa in giro.

«Ma certoh!»

I suoi occhi sono brillati di gioia. Deve essere un tipo ingenuo e spensierato. Meglio così, mi faciliterà le cose.

«Vorresti incontrarmi oggi dopo la scuola, così ti presento il mio amico? Si chiama Rosemund Smith, ha un negozio in via dei mercanti!»

«Oh, shì, certoh! Io abitho alle shpalleh di quella shradah! Sho bene dov'èh!»

«Ah, sì? Bravo! Grazie! Grazie mille!»

«Grazhie a teh!»

Ho salutato Lapo e sono andato nella mia aula vuota a prendere armi e bagagli, pronto per disegnare in cortile come ha chiesto l'insegnante. Questa volta il tema è "la natura", ed io non voglio disegnare una donna nuda, per quanto una donna nuda natura possa essere, ma vorrei cimentarmi in qualcosa di diverso. Per esempio adoro gli uccellini. Non i piccioni che ti cagano addosso, gli uccellini in generale. Non è che odio i piccioni, i piccioni mi piacciono finché sono sul suolo, ma non quando sono ad altezza superiore alla mia, o peggio ancora parallela. Ho dei brutti ricordi.

Mi sono guardato intorno per un po', alla ricerca di un buon angolino. Oh, c'è Tina!

Tina mi ha salutato con un cenno della mano, ed è rientrata. Tina, Tina... A te penserò più tardi. Adesso con permesso, angolo di verde, appari dinnanzi al mio cospetto! Non credo che così possa funzionare.

Ci ho girato intorno per almeno una mezz'oretta, ma alla fine ho optato per un'edera rampicante su un muretto: un'edera è pur sempre una pianta, e trovo carino il movimento che lo stelo percorre aggrappandosi su tutta la superficie. Sarà un lavoraccio da disegnare, ma adoro mettermi alla prova, quindi disegnerò questo punto e basta.

*

«Ivaaaaanh! Hai finitho? Dobbiamo andhareh!»

Lapo è venuto a cercarmi personalmente. Non credevo lo facesse. L'ho salutato e insieme ci siamo diretti alla fermata dell'autobus, in silenzio. Durante la corsa nessuno dei due ha detto qualcosa, lui aspettava semplicemente che io gli indicassi la fermata a cui scendere.

Eccoci al negozio. Oggi la serranda è completamente alzata, e non ci sono clienti per via dell'orario: è ancora presto per lo shopping qui.

Io e Lapo siamo entrati nel negozio spazioso, anche se composto da una singola stanza, tappezzato per la metà superiore, con una fantasia a scacchiera panna e viola chiaro. La musica è sempre piacevole. Rosemund è chino sul bancone a leggere una rivista: appena ci ha notati, l'ha chiusa e riposta velocemente, venendoci incontro.

«Good afternoon!»

«Shalveh! Moltho piacereh, mi chiamo Lapoh Shtellah!»

«Ivan Smith, molto lieto! Ivan, sei una sorpresa. Non avevo pensato a lui.»

Lo osserva soddisfatto: ho fatto una buona impressione anche su Rosemund, salvando la faccia! Eh, eh.

«Aspettate un attimo, chiamo Giulia!»

Rosemund ha chiamato Giulia, mentre io e Lapo facciamo un giro tra gli articoli. C'è un sacco di roba carina, anche se non è adatta a me.

«Shcushi, già che ci shonoh vorrei farhe degli acquishtih!»

«Certo! Naturalmente avrà un trattamento di favore dato che è il nuovo volto del negozio!»

«Oh, davveroh? Grazhie milleh!»

Mentre quei due parlano di vestiti, mi siedo dietro al bancone.

«Ivan, se apri il primo cassetto troverai delle riviste, dagli pure uno sguardo mentre sono con Lapo!»

«Sì.»

Ho aperto il cassetto e vi ho trovato una barretta di cioccolata fondente ancora sigillata, una rivista di abiti da sposa e un mensile di ricette crude, fredde, fritte o cotte al forno. Non credevo di trovare della roba del genere. Mi aspettavo più delle riviste di moda.

Oh. Non mi dire che Rosemund sogna di diventare "una mogliettina casalinga perfetta"! Però qui ci sono tutti gli indizi! Gli abiti da sposa, le ricette...ehi! Questo è una guida all'uso dell'uncinetto?? Che diavolo...?!? Ho scosso la testa, riponendo tutto esattamente dov'era, ad eccezione del giornaletto con le ricette: mi rifarò un po' gli occhi su queste belle leccornie. Che Anna mi perdoni per questo.

Un rumore assordante di motorino mi sfonda i timpani, quando mi rendo conto che parcheggia proprio a pochi passi dal negozio: spero che non sia quel vandalo tornato alla carica.

Togliendosi il casco, noto il viso luminoso e sicuro di Giulia, il che mi fa tirare un bel sospiro di sollievo. No, stavolta non ho una caramellina al miele pronta al rimbalzo, per fortuna.

Giulia ha salutato energicamente tutti: il viso di Lapo ha cambiato colore almeno cinque volte, prima di sembrare quasi normale.

Incredibilmente (con qualche taglia in meno) l'abito viola veste bene su Lapo. Sembra perfetto su di lui. Rosemund li ha ringraziati, indicandoci di seguirlo nell'area riservata, aprendo quella porta con la magica scritta "vietato l'accesso ai non autorizzati".

«P-permesso...»

«Venite, venite!»

Dall'altra parte della porta, ecco il magazzino. Una grande e spaziosa camera spoglia, carica di scaffali e appendiabiti. In un angolo in disuso, vi è un pannello, un telo, delle lampade evidentemente professionali ed una macchina fotografica con tanto di cavalletto: è davvero incantevole. Chissà quanto costerà un'attrezzatura del genere. Ah, è vero, lui era nel settore, forse qualcosa l'ha sgraffignata dal luogo in cui lavorava prima.

«Prego, mettetevi pure in posa!»

Rosemund è molto concentrato, ed io osservo affascinato il loro lavoro: mi sento un po' emozionato, è la prima volta che assisto ad una sessione fotografica professionale dal vivo. Naturalmente parlo di Giulia, Lapo è un ciocco di legno e continua a fare mosse strane.

«Perfetto! Ivan, vieni qui, avvicinati!»

Rosemund mi invita ad avvicinarmi con uno sguardo decisamente soddisfatto: «Guarda qui Ivan, guarda com'è venuta bene! Direi che possiamo procedere con il trucco adesso.»

Ho guardato la foto con attenzione: Giulia ha uno sguardo intrigante, i capelli sciolti, occhiali sul naso, addossata al povero Lapo, che si lascia accarezzare la chioma riccioluta con una faccia che definire imbarazzatissima è poco.

Ho osservato Rosemund applicare il trucco sul viso di entrambi: si muove con velocità e non fa un solo errore, sembra un professionista. Gli occhi blu fissi sul suo lavoro, le mani occupate a lavorare, le maniche della camicia bianca sollevate. Non credevo che fosse capace di fare tutte queste cose. Il trucco è diverso dalla pittura, essere così veloci è qualcosa che solo una persona che è già stata nell'ambiente può fare.

Hanno infine scattato le fotografie definitive e provato tutti gli abiti che verranno presentati alla sfilata, impiegandoci l'intero pomeriggio.

«Grazie a tutti voi! Davvero!»

Rosemund sembra davvero grato e soddisfatto del lavoro di oggi.

«Se non fosse stato per voi, non avrei mai potuto presentare degli abiti da uomo. Davvero, grazie mille! Ecco un pensierino in segno di gratitudine!»

Ci ha porto delle buste.

«G-Grazie... non dovevi!»

«Grazhie!»

«Grazie Rose!»

«Apritele con calma una volta a casa.»

Naturalmente conterranno vestiti. Deduco.

Giulia si guarda l'orologio frettolosa:

«Ragazzi, scusate ma devo scappare adesso! Ho una cenetta in forno che mi aspetta!»

Facendoci l'occhiolino, è risalita sul motorino, andandosene.

«Anche io devo shcappareh! É shtatho un piacereh!»

«Ciao, Lapo!» Lapo è un ragazzo simpatico, dopotutto.

Squilla un cellulare. Il mio non può essere, non ne ho uno.

«Pronto? Oh, buonasera signora Anna, come sta?»

Do un'occhiata anche io all'orologio. É ora di cena, ho fame.

«Certo, è con me! Sicuro, riferirò! Grazie mille per la sua premura! Va bene, arrivederci! Buona serata anche a lei!»

"É con me"? "Riferirò"? Anna?? Non sarà QUELLA Anna??

«Era la signora Anna!»

«La mia tat- ehm, la governante?»

«Sì. Mi ha detto di riferirti che i tuoi genitori hanno ospiti importanti stasera, e che tu gli fai fare brutta figura, quindi mi ha chiesto per favore di non farti tornare a casa stasera.»

«Eh??»

Genitori ingrati. Invece di essere orgogliosi di un figlio come me che non fuma, non si droga, non va sulle statali, non mette incinta le ragazzine, non gioca d'azzardo... Mi chiedono di non presentarmi a casa perché si vergognano di me! Loro! Dovrei vergognarmi io di avere dei genitori che si vergognano del figlio onesto ed educato!

«Ti va di passare la serata in mia compagnia?»

«...Sì. Tanto non ho un posto dove andare. E per fortuna che ci sei tu, se fosse stato il mese scorso mi sarebbe toccato prenotare una camera in hotel.»

Che imbarazzo. Ecco un lato della mia famiglia che non avrei mai voluto mostrare a nessuno.

«Pizza o spaghetti?»

«Uhm... sai è davvero difficile scegliere. La pizza solitamente non è un cibo che mangio spesso, quindi dovrei preferire quello per logica deduzione, mentre la pasta... una buona pasta, batte tutte quelle che mangi quotidianamente, quindi è difficile per me!»

«Ah, così mi metti sotto pressione! Non so se sarò in grado di cucinare degli spaghetti all'altezza della cucina di Anna! Il suo cappuccino era davvero buono.»

Cosa, cucina lui? Allora non andremo a mangiare fuori, ma a casa sua?

«B-beh, piombarti a casa così, all'improvviso... non credo che sia molto cortese da parte mia, ecco.»

«Sciocchezze! Tra amici è così che ci si comporta! Allora, pizza o spaghetti?»

«Spaghetti!»

Sono curioso degli spaghetti di uno straniero: anche se farà schifo, è comunque un'esperienza di gioventù che va fatta!

Siamo usciti dal negozio, quando improvvisamente ci ha braccati il freddo gelido, e siamo rientrati dentro.

«Dimenticavamo i cappotti! Ecco.»

Rosemund ha appoggiato un cappotto scuro di velluto, con del pelo soffice all'interno (lana o robe simili), sulle mie spalle.

«Pronto ad andare, Ivan?»

Me lo chiedo anch'io.

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Capitolo 11
*** La gazza e la volpe ***


Io e Rosemund passeggiamo lungo il corso illuminato e pieno di gente a passeggio. Non ho idea di quanto dovremo camminare, per prima cosa. Sono grato a Rosemund per il cappotto, è davvero molto caldo, oltre che ad avere un buon odore. È un peccato che sia molto lungo e nero, mi fa sembrare ancora più stecco. Al nostro passare sento un vociare che vuole sembrare discreto, ma che non lo è affatto. Mi sono guardo intorno piuttosto a disagio: una donna che sembra un maiale insaccato, con addosso un "vestito" rosso acceso all'altezza dei cosciotti, sta indicando da questa parte con scherno. Mi avvicino a Rosemund ed inizio a sussurrargli: «Cos'hanno da guardare?»

«Sono curiosi su noi due. Lasciali perdere, parla con me.»

Mi dice queste parole tristi con un sorriso abitudinario in volto: devono davvero avergliene dette di tutti i colori. Eppure questa non è una piccola città, la gente non dovrebbe reagire in questa maniera al suo modo di essere. No, non è una questione di numero, ma di buon senso. Qualcosa che la gente non sa nemmeno cos'è. Ormai sono passati degli anni, eppure, nonostante ricordi appena le prepotenze subite a scuola, dentro di me vi è una profonda ferita. Sentire queste risatine e vedere queste dita puntate contro, mi sembra di essere tornato a quei tempi bui. Ero un ragazzino innocente ed educato, ma hanno piacevolmente inveito contro di me per puro divertimento. No, non voglio ricordare queste brutte cose adesso, quando finalmente ho una vita migliore. Devo pensare alla cena, alla cena che aspetta solo di venire divorata, agli spaghetti.

«Ivan, tutto okay?»

Ho alzato il capo verso di lui, fermandomi: gli occhi blu allarmati, il vento freddo che gli scompiglia tutti i capelli, trascinandoli da un lato.

«S-sì! Certo!» Si è preoccupato per me, chissà che faccia avevo. Non ho proprio nessun filtro tra pensiero ed espressività.

«Ti danno fastidio?»

«...No, non proprio.»

«Sicuro?»

«Sì.»

Abbiamo ripreso a camminare.

«La conosci quella storia della volpe e della gazza?»

«La volpe e la gazza? No.» Che collegamento potrebbe esserci tra due animali così simili? Ladri e furbacchioni entrambi, non ricordo esista una fiaba su questi due.

«La gazza e la volpe si conoscevano di vista, perché frequentavano le stesse campagne. Un giorno la gazza svolazzando in giro per conto proprio alla ricerca di qualcosa da mangiare, trovò una bella vite, che aveva dei grappoli enormi, con degli acini molto grandi e lisci. La volpe, abituata a ficcare il muso dovunque, andò ad osservare la gazza che picchiava il becco in tutta tranquillità. Alla gazza sembrava piacere molto quel frutto dolce e succoso, quindi la volpe provò con un balzo ad afferrare un acino, senza riuscirci. Provò ancora e ancora, ma era tutto inutile: allora presa dalla rabbia guardò la gazza e le disse: "che gusto ci provi a mangiare una cosa così acerba e aspra? Magari è anche marcia!" Senza lasciare alla gazza il tempo di replicare, la volpe semplicemente andò via. Da quel giorno però, ogni volta che incontrava la gazza era sempre pronto ad attaccarla. Non potendone più, la gazza fuggì in un'altra zona di campagna, magari ricca di uva ancora migliore.»

Oh. Ricordo la storia della volpe che non riesce ad arrivare all'acino d'uva e si lamenta, ma non sono sicuro che il pennuto fosse una gazza. Bah. Non ricordo nemmeno come finisce il racconto, la versione di Rosemund mi sembra davvero triste però. Svoltiamo l'angolo insieme, ma ripensando alla storia, rimango a fissare il marciapiede.

«Chissà, magari quella gazza gli avrebbe volentieri staccato un piccolo grappolo, per far assaggiare l'uva anche alla volpe.»

«Ivan, sei altruista.»

«Altruista io? Per niente... sono persino egoista e materialista. É solo che magari la gazza avrebbe voluto fare amicizia, tutto qui.»

Rosemund ridacchia divertito:

«Che carino.»

Carino??? Ha osato darmi del "carino"?? La mia virilità ha subito una dura offesa!

«Dobbiamo attraversare il parco.»

Ma quanto è lontana casa sua??

«Potevamo prendere l'autobus... ah già, l'orario per gli autobus è più corto in inverno.»

«Sì.»

Siamo entrati nel parco semi-deserto. "Semi" perché mi pare di vedere un'ombra in quella direzione, ma nei dintorni pare che non ci sia proprio anima viva.

«Mi piacciono i parchi, quando non c'è molta gente.» Inspiro a pieni polmoni l'aria fredda ma intrisa dell'odore delle piante.

«Hai ragione, sono davvero belli. Guarda, dei fiori dall'aspetto carino!»

Rosemund si è avvicinato ad un cespuglio con dei fiori color fucsia acceso: sono carini. Il viso di Rosemund, illuminato parzialmente dai lampioni del viale, sembra completamente rilassato. Il suo caldo sorriso si intona bene con la scena.

Improvvisamente strappa tre fiori.

«Ehi, non deturpare la vegetazione comune!»

«Ne prendo solo tre! »

Rosemund è corso verso di me con i fiori tra le mani grandi.

«Prendine uno.»

Per farci cosa? Che spreco. Sono rimasto immobile con le mani infilate nelle tasche del cappotto. Rosemund prende un fiore e lo appoggia sul mio orecchio, con un sorriso da bambino.

«Ti sta bene, il tuo viso si intona bene con questo tipo di fiore! Se solo permettessi agli altri di vederlo meglio... hai i capelli tutti in faccia a qualsiasi ora del giorno!»

Non mi piace per niente l'idea di stare bene con un fiore fucsia sull'orecchio!

«Mettilo anche tu, mi fai sembrare stupido!» Almeno ci imbarazziamo in due. O forse no.

Rosemund si è messo silenziosamente il fiore sgargiante sull'orecchio destro, che stando davanti a me, sarebbe alla mia sinistra.

«Come sto?»

«Uhm...»

Rosemund ha un viso carino: ciglia lunghe, niente peli, capelli liscissimi e biondi, ad uno così starebbe bene persino una cagata di piccione sulla testa! Non c'è discorso, no. Ho alzato il pollice in segno positivo.

Ci siamo guardati ridendo come due imbecilli, proprio come fanno degli amici.

«Ciao, Ivan! Buonasera!»

Una voce da lontano cattura la nostra attenzione: voltandomi, noto che dall'altra parte del vialetto, c'è una ragazza che porta a passeggio il cane. Continua a passeggiare salutando con il braccio teso, ma non la vedo bene in viso. Quando la figura si avvicina ad un lampione, la riconosco: È TINA!!!

No!!! Tina mi ha visto indossare un fiore rosa tra i capelli!! Sciagura!! Sventura!! Scarogna!! Sì, sono un pochino superstizioso: ma non abbastanza da rovinarmi le giornate con riti o procedure assurde. Saluto svogliatamente e amareggiato, forzando un sorriso. Quando poi finalmente è sparita dalla mia vista, mi volto verso Rosemund:

«É fatta! Adesso ho combinato proprio una grande frittata! Già lo pensava, figuriamoci adesso!»

«Cosa?» Mi domanda Rosemund incuriosito, non capendo a cosa mi riferisco, ancora con il fiore tra i capelli.

«Io credevo che non volessi parlarmi più perché sono rimasto stupito del tuo essere gay! Per caso ho incrociato Tina e mi sono confidato con lei perché ero giù di morale, perché non volevo che tu fraintendessi, e Tina ha pensato che con "il mio amico" mi riferissi a me! Quindi Tina pensa che io sia gay! Figuriamoci adesso che ci ha visti con due fiori in testa!»

«Basta raccontargli che è un malinteso nel malinteso, Ivan. Niente di più semplice.»

Come fa a sorridere quando gli ho detto che pensavo ce l'avesse con me?

«Comunque, perché pensavi ce l'avessi con me?»

Ah, ecco. Mi pareva strano.

«Pensavo che siccome ero stupito, tu potessi pensare che io non volessi più essere tuo amico! E invece ho avuto molto da fare con il mio compito! Come sai, Giulia mi ha aiutato, puoi chiedere a lei se non mi credi!»

Rosemund rilascia un sospiro che sembra una risata.

«Parli davvero in fretta quando sei sotto pressione.»

Lo faccio? Beh, sì.

Sorridendomi, Rosemund appoggia una mano sulla mia spalla, mentre con l'altra mi sfila il fiore dalla testa: «Anche io ho avuto da fare con il lavoro. Inoltre credevo che ti saresti allontanato da me dopo quel giorno. Direi che siamo pari.»

Lo so che spesso le persone sorridono per finta, ma il sorriso di Rosemund sembra caldo e luminoso tutte le volte. Sembra sincero, ed io voglio credergli: «Siamo amici, ricordi?»

«Sì.»

«E ricordi anche che è ora di cena?» Ho guardato l'orologio, affamato.

«Sì, andiamo.»

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Capitolo 12
*** Non sempre tutto è quel che sembra ***


Io e Rosemund siamo arrivati davanti ad un condominio completamente bianco, colore ben visibile data l'abbondante illuminazione della strada... e poi ci sono altre stradine che hanno certi lampioncini, uno ogni trecento metri, che sembra di essere in un videogioco dell'orrore pur trovandosi nella medesima città, bah. Rosemund mi fa cenno gentilmente di entrare, poi insieme ci dirigiamo verso la moderna cabina dell'ascensore: sembra un condominio abbastanza recente.

Le porte dell'ascensore si sono chiuse e Rosemund ha schiacciato il bottone del quinto piano. Nessuno dei due parla. Improvvisamente mi viene in mente quella volta, quando ci siamo parlati in ascensore... quando Rosemund mi ha confessato la sua natura. Sarei curioso di saperne di più.

«Rosemund, vivi da solo?»

Rosemund mi guarda incuriosito, come se stesse cercando di entrare nei miei pensieri, assottigliando le palpebre dalle ciglia lunghe.

«No, ma non preoccuparti, ti troverai completamente a tuo agio con Piero. É un tipo molto simpatico.»

Convive con un uomo?? Oddio che imbarazzo!! B-beh, certo che convive con un uomo, è gay! Ma se Rosemund è così, vuol dire che il "suo ragazzo" sarà effeminato e parlerà con una vocina stridula? Magari ci aprirà persino la porta d'ingresso con un grembiule rosa addosso... caspita, non sono abituato a questo genere di cose.

Rosemund ha aperto la porta, invitandomi ad entrare: «Piero, sono tornato con un amico!»

Allungando una mano accende l'interruttore della luce, che con una bagliore potente e bianchissimo, mi mostra cosa vi è all'interno.

Entrando, vi è un'ampia camera ad ambiente unico: c'è un muretto a mezza altezza a pochi centimetri dalla porta d'ingresso, sulla sinistra, al di là del quale si riesce ad intravedere il piccolo cucinino, accostato al muretto vi è un piccolo tavolo in legno con un paio di sedie coordinate. Poco più a destra del tavolo vi è un piccolo divano, un mobile su cui è poggiata una TV ed una libreria: un piccolo angolo di salottino, insomma. Tra le due aree vi è una porta-finestra che dà sul balcone. Un'altra porta aperta accanto al mobile della TV si affaccia in un altro ambiente, nel quale non si riesce a vedere nulla per via delle luci spente.

«Vieni, ti mostro la casa! Qui come puoi vedere c'è la mia cucina ed il soggiorno! Da questa parte invece ci sono il bagno e la camera da letto, vieni, non stare sulla porta!»

Rosemund mi fa strada, ma sinceramente mi imbarazza oltrepassare quella porta, si sentono dei rumori di fondo, provocati dalla presenza di qualcuno, probabilmente da questo Piero. Ma se Piero è in camera da letto e non viene a salutare Rosemund, non è perché gli sta preparando una sorpresa piccante??? No, non voglio vedere il resto di casa sua, mi vergogno!

«Perché quella faccia rossa? Vieni, non fare lo stupido!»

Rosemund mi dice tutto questo sorridendo, ma non si rende conto che per me è una cosa nuova ed imbarazzante.

«Dai Ivan, abbiamo quasi finito!»

Rosemund mi costringe ad attraversare la soglia della porta ed accende le luci della camera da letto: vi è un letto con spalliera in legno con un piumone color panna e dei disegni floreali beige. Sulla parete vi è un grande specchio con cornice, che probabilmente, servirà a dare l'impressione che la camera sia più grande. Accanto al letto ci sono due comodini, una finestra ed una scrivania. Dall'altra parte della camera, l'intera parete è occupata da un grande armadio in stile antico.

«Questa è la mia camera da letto! L'armadio è un regalo di mia madre, è bello grande, vero? E poi qui c'è il bagno!»

Rosemund ha aperto distrattamente la porta del bagno, per poi dirigersi in cucina: «Piero, arrivo!»

La casa è tutto qui? Credevo che vivesse in un appartamento super lussuoso visto com'è ben arredata la boutique e visti gli abiti eleganti che indossa abitualmente. Invece la sua casa è un bilocale abbastanza arrangiato. Tipico per un uomo, ma credevo se la passasse meglio di così, credevo che avesse abbastanza clienti da poter vivere in maniera adagiata.

«My darling, Piero! Ivan, vieni qui! Ti presento Piero!»

Oh, no... ecco il tanto atteso Piero. Ce la posso fare, ce la faccio!

Entrando in cucina, noto Rosemund alle prese con una gabbia sostenuta ad altezza d'uomo da un'asta in ferro battuto: all'interno, un pappagallino verde picchietta il becco contro le sbarre saltellando di qua e di là. Non l'avevo notata quando siamo entrati.

«Ivan, questo qui è Piero! Piero, saluta!»

QUELLO SAREBBE PIERO??? Ma che diavolo...?!

Mi sono avvicinato per osservarlo meglio. Il piumaggio è verde limone, con piccole striature gialle sulle ali, sul petto e sulla coda: non ha molti colori per essere un pappagallino da compagnia.

«Ciao! Darling! Darling!»

«Ehi, parla! Credevo potessero farlo solo quei grandi pennuti maestosi! Chi se lo sarebbe mai aspettato da quest'essere così piccolo...Ahi!» Piero mi ha beccato il dito che avevo avvicinato per interagire con lui attraverso le sbarre, come se avesse capito quello che ho detto! Pizzica.

«Piero è un po' suscettibile!»

Come il padrone insomma... meglio non dirglielo.

«Allora Ivan, stasera ti farò assaggiare gli spaghetti speciali della mia famiglia!»

Rosemund mi parla dall'altra parte del muretto, mentre estrae padelle e pentole dallo scompartimento.

«Vuoi che ti dia una mano? Sono bravino a cucinare!»

«Assolutamente no! Sei mio ospite!»

«Oh... okay.»

«Ivan, raccontami un po' di te mentre cucino!»

Che bello... credo che si annoierà a morte. Comunque, se l'ha chiesto lui va bene. Dopo tutto lui mi annoia con i discorsi sull'economia, quindi siamo pari.

Ho abbassato la testa guardandomi imbarazzato in giro. Non oso immaginare l'espressione della mia faccia in questo momento. «Immagino che dovrei spiegarti perché hai ricevuto quella telefonata bizzarra...»

«No, non devi. Non se non vuoi.»

Le spalle di Rosemund sono abbastanza grandi... naturalmente perché le paragono alle mie.

«Loro sono dei tipi molto snob. Mia madre è architetto, e mio padre lavora per un'azienda molto importante. Ogni tanto gli capita di avere degli ospiti a cena, ma si vergognano di me... q-quindi faccio sempre finta di non essere in casa, oppure vado a dormire in un albergo...»

Ho sentito una padella sbattere sul fornello: mi sono voltato, e Rosemund è piegato sul muretto a fissarmi quasi incredulo:

«Perché dovrebbero vergognarsi di te?»

Cerco di mantenere il contatto con i suoi occhi blu profondo, ma è difficile quando sto ammettendo i miei difetti, di cui sono ben conscio: «Perché sono trasandato, antipatico con gli estranei e disegno. A loro non va a genio il fatto che io studi disegno... dicono che disegnare non ti dà da mangiare, per loro è una perdita di tempo. E poi insomma, basta guardarmi... capelli lunghi e incolti, barba da radere, magro come un palo della luce... non sembro certo il figlio di un avvocatessa ed un uomo d'affari.»

«Non hai niente che non vada bene, Ivan. Lasciali parlare, un giorno capiranno.»

«Come fai a dirlo?»

«Perché intanto ti ci hanno mandato, a quella scuola d'arte.»

«Probabilmente credevano che mi sarei stancato in fretta.»

«Questo è quello che credono loro, ma tu? Sei stanco di disegnare?»

«Non potrei mai stancarmi. Anche se ci sono giorni in cui non mi va di stringere la matita tra le dita, so che non potrei vivere tranquillamente pensando di non poterlo più fare.»

«Allora hai scelto la strada giusta, Ivan. Lasciali perdere! E poi... si sa che noi artisti siamo gente un po' stravagante!»

Mi ha sorriso con calore. In effetti è una cosa che si dice spesso in giro.

«Ho quasi finito di preparare la pasta, vedrai, ti leccherai i baffi!»

Sono rimasto in silenzio, guardandomi un po' in giro. Ci sono un paio di fotografie affisse una accanto all'altra sulla parete, raffiguranti un primo piano di Ashley e Rosemund da piccoli e adesso. Ashley e Rosemund bambini sembrano felici di essere al mare insieme: lei con lunghe treccine castane, lui con i capelli corti e pieni di sabbia. Sono uno accanto all'altra, sorridendo felici. Anche nella fotografia a destra sono felici di stare insieme.

«Deve essere bello avere dei fratelli... Ashley è la tua unica sorella?»

«Sì! Ecco qui, spaghetti in arrivo!»

Rosemund appoggia un paio di piatti fumanti sul tavolo: «È molto buona, ma è anche una gran furbacchiona! È molto sveglia! È davvero portata per il suo lavoro!»

«Che lavoro fa?»

«Lavora per un'azienda di giocattoli, non ha un titolo di studio adeguato, ma per l'azienda è come se fosse un'ingegnere! Inventa e costruisce giocattoli telecomandati: automobili, camion, moto, elicotteri, aeroplani, cose così.»

«Forte! Mi piacerebbe vederla all'opera!»

«È davvero in gamba! Nostro padre stravede per lei, fa la collezione di tutti i modellini che inventa, e se ne va in giro per il cortile facendoli svolazzare dappertutto! Mangia, mangia pure, Ivan!»

Ho fissato il mio piatto, dal quale proviene un odorino davvero delizioso di zucchine. Nel piatto ci sono spaghetti, zucchine, panna e gamberetti: un vero sogno per un buongustaio come me. Ho deglutito famelico e ho impugnato la forchetta con decisione. È davvero ottimo! Piacerebbe senza dubbio anche ad Anna!

«È buonissimo! Dove hai imparato a cucinare così bene gli spaghetti se sei uno straniero?»

«Mia madre è italiana, ci ha fatto mangiare sempre tante bontà che gli abitanti di Pensacola non sognerebbero mai nemmeno di notte!»

«Da quanto sei in Italia?»

«Io e la mia famiglia ci siamo trasferiti in Italia quando avevo diciannove anni, poi io e Ashley ci siamo spostati in questa città più o meno sei mesi dopo. Preferivamo vivere in una grande città come questa, piuttosto che restare in un paesino di campagna.»

«Uhm... Capisco. Ma perché non ti sei trovato anche tu un coinquilino come Ashley? Mi è parso di capire che lei e Giulia abitino insieme... può essere conveniente, visto il tirchio che sei!»

Rosemund ride, facendo ballare gli spaghetti attorcigliati alla sua forchetta: «Mi stai dando del tirchio?»

Forse ho osato troppo.

«Non preoccuparti, pago comunque poco per questo appartamentino! Sempre di meno di quanto mi hanno offerto gli altri affittuari per coabitare con altri tre sconosciuti!»

«Ti piace proprio parlare di soldi, eh?»

«Perché?»

Non se ne rende conto?

«B-beh, l'avevo notato, diciamo così. Parliamo di altro!»

«Giusto, parliamo di Tina.»

Mi ero dimenticato di lei. E forse sarebbe stato meglio. Che figura...

«Ascolta, sembra che alla festa sia riuscito a catturare la sua attenzione, ma comunque non è cambiato niente da allora! È vero, ci siamo parlati un'altra volta, ma è stato solo perché gli facevo pena! Io faccio sempre pena a tutti alla fine, nessuno vuole avermi tra i piedi!»

«Cosa ti ha detto esattamente?»

Ho raccontato a Rosemund parola per parola quello che Tina mi ha detto sull'autobus.

«Schizzinosa questa Tina, eh?»

«Schizzinosa?»

Come potrebbe? Tina è giusta e perfetta!

«Insomma, mi sembra una tipa difficile! Come dire... prima liquida quel ragazzo senza dargli nemmeno una possibilità, poi ti dice che lei avrebbe lasciato perdere un amico solo per un fraintendimento... Non diresti proprio che è così semplice da conquistare!»

«Ma... È proprio per questa forza di carattere che mi piace! Aiutami, Rosemund!»

Lo so che può sembrare pietoso chiedere consigli ad un gay, ma proprio perché è così, saprà molte cose del mondo delle donne!

«Uhm... Credo che ci sia solo una cosa che puoi fare arrivati a questo punto.»

Cioè dopo che Tina mi crede un gay convinto c'è solo una cosa da fare? Solo una? Sono così mal messo allora??

«Non puoi far altro che proseguire dritto verso questa strada, Ivan.»

«Eh? Aspetta, credo di non aver capito bene. Cosa dovrei fare esattamente?»

«Mi pare di essere stato abbastanza chiaro, Ivan. Se Tina crede che tu sia gay, basta fare in modo che si avvicini incuriosita di sua spontanea volontà. E fidati, che facendo in questo modo, stuzzicherai sicuramente il suo interesse: alle ragazze questo piace molto.»

Un momento, preso dalle sue parole e dal suo sguardo intenso, non mi sono reso conto di quanto vicino a me sia... Aspetta, aspetta, aspetta! Questo significa che per avvicinare Tina a me devo fare la commediola di essere un gay e di stare insieme a Rosemund??? Ho capito che alle ragazze piace, però ci sono di mezzo un sacco di cose che vanno prese in considerazione, come IL MIO ESSERE FELICEMENTE ETERO, per esempio!! Perché si avvicina così tanto? E perché tutto d'un tratto mi è venuta l'ansia? 

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Capitolo 13
*** Aspro come un'arancia, dolce come il miele, amaro come il brandy ***


Mentre il suo sguardo si avvicina pericolosamente al mio, non posso fare a meno di notare quanto mi stia agitando. Non vorrà baciarmi, vero? Le mie labbra hanno ancora il ricordo del contatto con quelle sensuali di Tina addosso, non è sano! Ciò nonostante, non posso fare a meno di notare quei suoi occhi blu che, come al solito, non riesco a smettere di ammirare ogni volta che me ne capita l'occasione. Si è fermato.

«Continuare a migliorarti, Ivan. Avevamo dei progetti insieme, ricordi?»

Di che progetti parla? L'ho guardato senza capire: ma allora ho frainteso? Meno male!

«Parlo del jogging, per irrobustirti! Hai già dimenticato?»

«Ahh... no! No! Ricordo, ricordo bene!» Ho sorriso con sollievo.

«Vedrai, Tina che ha l'occhio lungo, appena vedrà il tuo nuovo fisico correrà a parlarti!»

«Ma Tina non è una ragazza che bada all'aspetto fisico! Anche se, effettivamente, solo i bei ragazzi le si avvicinano.»

«Visto?»

«Ma anche se mi alleno un po', per prima cosa il mio fisico non cambierà di certo in due giorni, e poi... insomma, sono brutto, lo sai!»

Rosemund si è messo a sedere incrociando le braccia scrutandomi attentamente, assottigliando lo sguardo: «Io non l'ho mai detto. Anzi, ho sempre detto che sei soltanto trascurato. La parola "brutto" non è mai uscita dalle mie labbra, Ivan.»

Adesso che ci penso, è vero, non l'ha mai detto. «Ma l'hai detto solo per comprarti il cliente, cioè io!»

«Io dico sempre quello che penso ai miei clienti: posso dirlo facendo giri di parole, ma sono sempre molto serio. E tu non sei stato di certo un'eccezione, fidati.»

«Stronzate!»

«Ti dimostrerò che quello che dico è vero: per esempio parlando dei tuoi occhi, che ne dici?»

«E che avrebbero di speciale i miei occhi?»

«Sono grandi e verde oliva. Con una camicia blu notte ed un gioiello al collo dello stesso colore, faresti di sicuro colpo.»

«Sei bravo a parole... vuoi scommettere?»

«Non più di dieci euro, questo mese ho un sacco di spese.»

Ci siamo scrutati con aria di sfida per gioco: «Rosemund, sei proprio un tirchio.»

«Preferisco "ponderato", grazie.»

«Bene, qui la mano!»

Rosemund mi stringe la mano con sicurezza, posso sentire la forza del suo palmo anche con un gesto così piccolo.

«Hai una mano davvero piccola, Ivan.»

«Sei tu che ce l'hai enorme!»

«No, non è vero: sei proprio tu che sei tutto delicato.»

«Delicato...? Ma per favore, ha parlato quello con le ciglia lunghe.»

«Anche le tue sono lunghe.»

«Oh, insomma! Diamoci un taglio!» Mi sono svincolato dalla stretta di mano, guardando altrove. Una fotografia su una piccola mensola in legno, cattura la mia attenzione: c'è un primo piano di Rosemund con un foglio di carta tra le mani, mentre fa la linguaccia in segno di sfida, con lo sguardo fiero ed il dito medio alzato: i suoi capelli sono tutti fuori posto.

«Sembra che tu abbia vinto un premio, sembri davvero soddisfatto!» Gli dico indicando la fotografia.

«Ah, sì. Era la consegna del mio diploma.»

Diploma? Lo sfondo sembra quello di un salotto, in casa.

«Ti va del melone?»

«Sì, grazie!»

Rosemund si allontana, andando verso il cucinino dall'altra parte del muro a mezza altezza, continuando a parlarmi: «Mi sono diplomato a casa, per questo non indossavo una tunica da cerimonia.»

«Che diploma hai?»

«Un diploma commerciale: perfetto per un commesso, no? Sono stato fortunato a poter aprire un negozio tutto mio così giovane, anche se sono stato aiutato molto dalla mia famiglia.»

«Sembra che tu sia in buoni rapporti con i tuoi, sono invidioso.»

Rosemund posa a centro tavola un enorme piatto contenete delle invitanti fette di melone bianco, con i filamenti arancio.

«Già. Mi dispiace avere questo sorriso ebete parlando di loro, mentre tu non vivi i conflitti con così tanta serenità...»

«No, sciocchezze! Anzi, sai una cosa? Probabilmente a loro piaceresti anche! Magari posso farvi conoscere, così avrei dei punti in più ai loro occhi...»

«Davvero? Io avrei i miei timori a farmi conoscere da un'avvocatessa.»

Il suo sguardo è diventato buio per un solo attimo.

«Ivan, mangia! É davvero ottimo, e l'ho anche pagato poco al mercato!»

Forse mi sono sbagliato. In effetti è davvero buono.

«Qui ci vuole un amaro! Ne vuoi un po'?»

«Ehm... in realtà non so se dovrei... e-ecco, non vorrei degenerare come l'altra volta, sai com'è...»

«Sei astemio?»

«Sì, decisamente!»

Ha preso la bottiglia della cola che era sul tavolo, versandola nel mio bicchiere, poi ha aggiunto un po' di liquore.

«Prova adesso.»

Quel sorriso ingannatore... mi ha convinto. Bevo. È strano, sento la cola, e poi l'amaro tutto insieme... bleah!

«Cos'è quella faccia? Non ti piace? Sei divertente!»

«Non ridere di me! Non hai qualcosa di meno amaro? Questa cosa fa schifo!» Ho tossito disgustato.

«Sì, sì, ecco.»

Ha preso qualcosa di ambrato e me ne ha versato un po' in un bicchierino. Ho annusato poco convinto: si sente l'odore dell'alcol.

«Cos'è?»

«Brandy.»

Ho sorseggiato con cautela, pentendomi. È orribile!

«Bleah! Ma non hai qualcosa di meno alcolico?? Tipo liquore al cioccolato o simile?»

«Sì, ma è l'ultima opzione, poi ho finito gli alcolici!»

«Ma quanti ne hai in casa? Finirai per sembrare un ubriacone!»

«Ne ho pochi, gli alcolici costano! Questi me li regala mio padre!»

Che tirchio. Adesso capisco perché è single.

«Vodka al melone: dovrebbe andare bene per te.»

«Melone, sì! Mi piace tanto! L'odore è davvero buono!»

Ho bevuto con piacere, è davvero dolce, nonostante il retrogusto alcolico.

*

«Ammettilo che non hai nessuno perché sei troppo tirchio! Sasso! Ho vinto!»

«Ti sbagli!»

«Tutto d'un colpo Rosemund, altrimenti non vale!»

Rosemund sbatte il bicchierino sul tavolo, facendo una smorfia.

«Ah! Ah! Ah! Bravoo~! Dai, facciamolo ancora, ancora!»

«Basta, mi sento un po' frastornato...»

«Dai, un'altro! L'ultimo e poi basta! Sto vincendo, sto vincendo!»

«Ma che "sto vincendo"?! Sono già sei bicchierini e sei pure astemio!»

«Dai! Sasso, carta, forbici!»

Forbici! Ho perso!!

«Nooooo~! Ho perso, non è giusto!»

«Hai perso, quindi devi bere.»

Rosemund mi ha versato l'ultimo bicchierino di penitenza, mentre la mia vista si sdoppia vedendo il liquido riempire il piccolo recipiente cilindrico. "Recipiente cilindrico", che parolone!

«Tutto d'un colpo!»

«Aawww, bevuto!! Adesso facciamo un brindisi!! Un bel brindisi! Con il brandy, così è più ufficiale!»

«A cosa brindiamo?»

«Alla nostra amicizia! A te e a me! Non mi interessa se sei gay, effeminato, checca, alieno, cyborg, yeti o chissà cos'altro, tu sei il mio primo, unico e prezioso amico! Sei il mio amico speciale!»

Gli occhi di Rosemund si sono illuminati, sorridendo gentilmente: non so se è per via dell'alcol o perché è felice di sentirselo dire, ma io preferisco credere che sia la seconda. Abbiamo scontrato i bicchieri l'un l'altro, rompendo il mio: siamo scoppiati a ridere come imbecilli.

«Non importa! Bevo dalla bottiglia!»

«No, fermo!»

Ho bevuto qualche sorso pieno, lasciando che mi colasse addosso.

«Ivan, smettila! Basta adesso!»

Mi ha strappato la bottiglia di mano.

«Ah, sono stancoo~!!» Mi sono buttato sul divano con un salto liberatorio. «Bevi pure, io aspetto qui, sono stanco!» Mi sono messo a sedere e ho sbirciato Rosemund bere il suo bicchierino di brindisi: «A me hai detto basta, ma tu ci dai dentro forte, eh?» Ho sospirato e mi sono lasciato cadere sul divano.

*

Chi è che mi accarezza? Tina? Tina è vicina di casa di Rosemund per caso?

«Dai, andiamo a dormire.»

«Lasciami dormire.»

«Ti lascio dormire, ma non sul divano.»

Mi schiaffeggia. Ma come osa?

«Lasciami! Ma quanto tempo è passato da quando sono qui? Mi pare di essermi addormentato come un sasso, ma non sono sicuro di aver fatto un sonno lungo!»

«Infatti sono passati appena due minuti.»

Soltanto due minuti?

«Vieni, vieni qui.»

Rosemund ha poggiato un ginocchio sul divano ed ha aperto le sue braccia. Chissà perché, in questo momento mi sento davvero triste. È come se la mia vita fosse tutta in questo suo piccolo gesto: c'è solo lui, con quel sorriso stupidamente sempre caldo e sincero, che mi ascolta e mi vuole bene davvero. È vero, c'è Anna, e anche i miei genitori sono sicuro che mi vogliano bene a modo loro, ma lui è l'unico vero amico che ho. È l'amico coetaneo che non ho mai avuto. Rosemund, se solo ti avessi conosciuto qualche anno fa... la mia vita adesso sarebbe più luminosa. Da quando ti ho incontrato, la mia vita è sempre luminosa: sono andato a ballare, abbiamo mangiato insieme a pranzo, a colazione, a cena, abbiamo dormito insieme, ci siamo confrontati sul lavoro e sulla scuola, e mi dai consigli per conquistare Tina. Chissà perché quando sono con te mi sembra persino di dimenticarmi di lei. Se non fosse per te che inizi a parlarne, non ci penserei minimamente a Tina. Chissà perché, prima mi è sembrato che tu mi stessi nascondendo qualcosa... questo vuol dire che la nostra amicizia non è solida abbastanza da non farti sentire pronto per confidarti con me? É vero, siamo amici da poco, ma abbiamo mangiato insieme un sacco di volte. O forse più realisticamente questo sta a significare che la nostra amicizia non durerà abbastanza? Queste domande sono così irritanti... mi viene da piangere.

«Perché piangi, Ivan? É per colpa della sbronza? Te l'avevo detto di non bere troppo!»

Queste tue spalle, che hanno visto troppe volte dita puntate addosso come le mie, sembrano così grandi ed accoglienti... forse è per il colore della camicia. Dev'essere quel bianco puro che mi piace tanto... pensandoci bene si intona perfettamente con il tuo viso: caldo e luminoso, ma che a volte sembra troppo vuoto, come una stanza che è stata sgomberata in tutta fretta, proprio come le ferite che nascondi. Quelle ferite che sembrano così simili alle mie...

Mi avvicino a Rosemund e lo abbraccio, lasciandomi inebriare da una fragranza aspra all'arancia, ma che è anche dolce come il miele, ed amara come il brandy. Il mio rapporto con Rosemund potrà anche essere una cosa passeggera, ma per me sarà questo l'odore dell'amicizia d'ora in avanti.

Sento le braccia di Rosemund accogliermi, stringendomi le spalle e la testa. Le sue mani grandi mi accarezzano i capelli scombinati legati male. Chissà perché, sentendo questo calore, mi sento sempre più triste... mi vengono alla gola sentimenti contrastanti: felicità per il presente, per la mia amicizia con lui... ma anche tristezza per il passato trascorso sotto gli scherni della gente. È come se riuscissimo a capirci, senza stare a raccontare le nostre vicende: come se le nostre anime si capissero a vicenda, avvicinandosi da sole.

«Dai Ivan non fare così, la sbronza ti passerà presto, vedrai.»

Non riesco a fermare queste lacrime...

«Rosemund... la verità è che da quando ti ho incontrato, non voglio restare più da solo.»

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Capitolo 14
*** Il mio corpo è tuo ***


«Pancakes! Pancakes! Pancakes! Pancakes! Brr, pancakes!»

Quell'uccellaccio... Che ore sono? Sento un profumo dolce... tiro su la schiena e mi guardo intorno: è la camera da letto di Rosemund, tutta in ordine... fuori dalla finestra il cielo non è abbastanza luminoso, credo sia l'alba. Mi stropiccio pigramente gli occhi, ricordando la scena pietosa di ieri sera: devo essere impazzito, reagendo così. Deve essere colpa dell'alcol se i miei sentimenti si sono amplificati in quella maniera, che figuraccia!! Ho pianto come un bambino dell'asilo che non vuole andare a scuola... che scena pietosa. Sì, ma dopo cos'è successo? Boh. Che strano, non mi preoccupa saperlo. Devo trovarmi molto a mio agio con Rosemund, più di quanto credessi, per arrivare a pensare ad una notte da ubriachi abbracciati senza preoccupazione. Beh, in fondo... anche se lui è gay, avrà pur i suoi gusti... e poi, non mi sembra proprio un approfittatore.

Scendo dal letto con gli occhi ancora semi-chiusi, trascinando i piedi con indosso dei calzini neri a pois celesti che mi fanno sembrare ancora più sfigato.

Rosemund è preso dalla cucina, mentre Piero picchietta qui e lì tutto contento.

«Ciao.»

«Good morning! Vai a lavarti, la colazione sarà in tavola a minuti!»

«...Okay.»

Rosemund è sempre così vitale... vestito impeccabilmente fin dal primo mattino, mi chiedo come sia il suo pigiama allora... per fortuna il suo grembiule da cucina è nero, e non rosa come pensavo. E anche se fosse stato rosa cosa me ne sarebbe importato?

Entrando nel piccolo bagno, mi rendo conto che ci sono più mensole e mobiletti qui che in un ipermercato d'arredamento. Il bagno è ricoperto di piastrelle color sabbia, decorate qui e lì con dei ghirigori casalinghi a fiori. Qui dentro si riesce a malapena a girarsi, eppure le pareti sembrano quelle di una cantina. Adesso capisco perché è così tirchio, evidentemente non può permettersi di meglio... credo che abbia preferito investire tutto sulla sua attività commerciale, piuttosto che sul vivere comodamente. Non che questo mini-appartamentino sia malaccio per una persona sola.

Ho scostato la tendina rossa con fiori hawaiani bianchi della doccia e sono entrato: non ci posso credere, c'è un mobiletto persino qui! Come diavolo farà a lavarsi, questo povero cristo? E il bagnoschiuma? Dov'è? Non c'è sapone, né saponetta... non mi dire che devo aprire il mobiletto... infatti. Ecco dove sono gli "arnesi da restauro mattutino". Ma quanta roba c'è? E di tutte le fragranze...

Dopo una quarantina di minuti in bagno, alla problematica ricerca di bagnoschiuma e shampoo, finalmente mi sono mostrato in cucina.

«Ciao!» Rosemund mi saluta allegramente agitando la mano grande.

«Ciao... scusa se ci ho messo tanto, non trovavo il sapone...»

«Scusa tu per il disordine! Purtroppo lo spazio è quello che è, ed io devo escogitare i miei stratagemmi per ricavarne il meglio!»

Sì, ma il mobiletto nel piatto doccia non si può vedere...

«Cos'è quella faccia...? Non mi dire che è per i mobiletti in bagno...»

«Beh...»

«Anche Giulia è impazzita quando li ha visti, ma è il mio modo per organizzare i prodotti, e poi sono comodi, non ingombrano il passaggio, che come ben sai è già abbastanza ridotto...»

«Ma ti saranno costati di più i mobiletti che non una ristrutturazione di tutta la stanza...»

«No, li ho avuti completamente gratis! Mio padre è falegname!»

É contento così. Lasciamo perdere i commenti sulla casa.

«Dopo la colazione andiamo a correre, e dopo ti mostro come liberarsi della barba senza lametta! Ti ho preparato una tuta e dei vestiti!»

«G-grazie... è fin troppo, per essere uno che ti è piombato a casa all'improvviso...»

«Mi fa soltanto piacere! Di solito non permetto mai a nessuno di entrare in casa mia, quindi vederti gironzolare in giro mi rende abbastanza contento: direi che la tua presenza vivacizza l'ambiente, Ivan.»

«Iiiivan! Iiiiivan! Iiiivan!»

«Visto che stai simpatico anche a Piero? Te l'avevo detto!»

«Scusa, ma cosa intendi per "non faccio entrare mai nessuno in casa mia"? Nemmeno gli addetti alla lettura del contatore dell'acqua?» Visto che siamo amici, chiedo liberamente. Almeno credo che significhi questo... mi sembrerebbe strano non comportarsi naturalmente con un amico, altrimenti che amico sarebbe?

«No, l'acqua me la controllo da solo, non vorrei che mi truffassero!»

Sorride senza paura di sembrare spilorcio: beato lui che non si fa problemi. E poi ci sono io, che mi vergogno per i calzini a pois celesti da bambino delle elementari.

Abbiamo mangiato i pancakes con lo sciroppo ai frutti di bosco: Rosemund ha detto che gliel'ha regalato sua madre, era davvero delizioso: magari mia madre mi regalasse uno sciroppo preparato a mano... anzi, preferirei di no: la sua cucina fa davvero schifo.

Dopo esserci cambiati, siamo usciti e abbiamo corso un po' nel parco: l'aria pura e il poco afflusso di gente mi fa sentire libero. Rosemund è davvero veloce, anche se si vede lontano un miglio che si sta sforzando per permettermi di stargli al passo: mi sento davvero stanco, eppure ho ventidue anni, dov'è la tanto decantata "agilità giovanile" di cui tutti parlano in TV? La TV serve solo a riempirti il cervello di baggianate, faccio bene io a non guardarla mai. Ci siamo fermati davanti ad una fontanella, dove molti passerotti si sono raggruppati per beccare dalle pozzanghere.

«Ascolta Ivan, per la sfilata della prossima settimana, ce la fa a venire Lapo, vero?»

«Lapo? Che ne so. Perché, deve venire a sfilare anche lui?»

«Ma... lo davo per scontato, Ivan! È grazie al tuo slogan se ho usato lui come volto maschile della collezione, è il volto di tutta la mia proposta, dovrebbe esserci! Aspetta, lo chiamo sul cellulare, per fortuna mi sono fatto dare il numero.»

Speriamo bene. Un bidone del genere dal tizio sul cartellone pubblicitario, sarebbe una grande perdita di punti per lui.

«Pronto, Lapo? Sono Rosemund Smith, mi chiedevo se ti fosse chiaro che la tua partecipazione per la sfilata è davvero necessaria. Sì.»

Sembra preoccupato: lo sarei anche io al suo posto se mi toccasse fare una telefonata del genere. Improvvisamente il viso di Rosemund si contorce in un'espressione di incredulità e rabbia insieme:

«Cosa...? Stai scherzando, vero...? No, adesso mi spieghi cosa del discorso che abbiamo fatto ieri non ti è stato chiaro! Non puoi abbandonarmi così, la sfilata è tra cinque giorni, tra cinque! Mi dici come faccio senza di te? Cosa? Hai una bella faccia tosta a-- EHI! PRONTO? LAPO!»

Ha spento il cellulare con rabbia, infilandolo nella tasca dei pantaloni con un gesto frenetico. Deduco sia andata male...

«Che ha detto...?» Ho quasi paura a chiederglielo conoscendo i suoi scatti d'ira...

«Quell'infame ha detto che è in treno, sta andando a farsi una villeggiatura in montagna!! Si sta prendendo una vacanza da quindici giorni a cinque giorni dall'evento, CINQUE, ti rendi conto?? Ho già consegnato la mia locandina, è un disastro!! Lo sapevo che non dovevo proporre gli abiti maschili, guarda che è successo!»

«S-scusa, tu non hai mai proposto abiti maschili?»

«No, non ho un modello! Giulia è già una campionessa, per quanto è veloce a cambiarsi e a fare tutto il lavoro da sola! E mi sta già facendo un favore di amicizia lavorando per me quasi gratis... sono rovinato! Lo sai quanto questa poca serietà danneggerà l'immagine del mio negozio, vero?»

Mi guarda come una furia, sembra lo scienziato che si sta per trasformare in Hulk...

Vorrei poter fare qualcosa per aiutarlo, ma... Un momento.

Rosemund sta bevendo dalla fontanella con un viso abbastanza scosso.

«Rosemund, ascoltami. Non è finita qui. C'è qualcosa che possiamo fare per rimediare.»

Rosemund si è voltato di scatto, gli occhi blu che brillano di disperazione, immobile, in allerta, pendendo nervosamente dalle mie labbra.

«Ricordi il nostro patto...? Era "o il corpo del modello, o il mio". Credo che posso farlo... N-naturalmente non sarò perfetto, ma per un amico in difficoltà si fa questo ed altro...»

Rosemund mi guarda completamente rapito, senza parlarmi.

«A-avevi detto che ero perfetto per lo slogan... c-cioè, ehm... n-non vuoi...?»

«...Ripetilo, forse ho capito male.»

«Usa pure il mio corpo. Sarò felice, se questo potrà aiutarti.»

So che per un passante può sembrare ambiguo, ma è tutto ciò che sono riuscito a dire.

«Davvero?»

«Sì.»

«Grazie!»

Rosemund mi ha abbracciato energicamente, visibilmente grato per la mia proposta. Con questo suo gesto ho realizzato di essere in ballo, mi sta venendo un po' d'ansia per questo evento.

«G-giulia mi ha accennato vagamente che tu sei un ex-modello, Rosemund. Spero di non fare cattiva figura e di non disonorare la categoria... non sono portato per queste cose, capiscimi, vienimi incontro...» Spero che non si arrabbi per la soffiata di Giulia. Rosemund ha mollato la presa, mettendo le sue grandi mani sulle mie piccole spalle.

«Se te l'ha accennato vagamente, cosa in cui credo fortemente, non è un male. Forse ti starai chiedendo: "perché non lo fa lui se è un ex-modello?" Ivan, ci sono cose del mio passato che non ti ho detto, ma che farò più in avanti, quando me la sentirò: una di queste è il mio trascorso come modello e il perché ho smesso. Non me la sento di rimettermi in gioco, per questo ti chiedo di perdonare la mia arroganza e codardia.»

«Ognuno ha i propri motivi, non devi temere la codardia.» Io sono estremamente codardo, ma non penso che sia un peccato imperdonabile: è vero, ti privi certe esperienze, ma so che non devo provare vergogna di questa mia debolezza, perché essere umani significa avere delle debolezze. «Non esiste un essere umano che non abbia paure o debolezze, Rosemund. Non è qualcosa di cui vergognarsi.»

Rosemund mi ha sorriso, un sorriso caldo e confortato, un sorriso che gli illumina il volto, con gli occhi blu rimpiccioliti di contentezza sincera. Il lato migliore di lui, a mio parere. Il suo sorriso mi da forza, mi fa sentire come se anche io valessi qualcosa, come se riuscissi a trarne le energie necessarie per affrontare le mie insicurezze.

«Facciamo questa sfilata e portiamoci a casa il premio! Il tuo duro lavoro merita riconoscimenti!»

«Ti insegnerò io come comportarti. Vedrai, sarai impeccabile.»

«Okay, maestro!»

Ci siamo sorrisi pieni di nuove energie.

Ma non dovrò studiare oltre che fare le prove per la sfilata?

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Capitolo 15
*** Confronto diretto ***


«Sì, basta così, così è sufficiente: adesso sfrega bene.»

«Fatto. Adesso posso andare?»

«Sì, distribuiscila bene, lasciala assorbire.»

«Dovrò farlo tutte le mattine? Che rogna...»

«Vuoi una pelle liscia e delicata?»

«Sì.»

«Allora sopporta in silenzio. Ti ci abituerai. Vedrai, è molto meno fastidioso di una lametta.»

In effetti, se mi tocca solo spalmare delle creme, sarà molto meno faticoso di contorcersi il viso a destra e a sinistra, con la lampadina dello specchio che ti cieca un occhio. Per non parlare del torcicollo... ecco perché ho sempre odiato radermi. «Cos'è quello?»

Rosemund ha un grande pennello da barbiere inzuppato di qualcosa che sembra una schiuma da barba.

«Il prodotto segreto di Rosemund.»

«Non sarà uno dei tuoi metodi da taccagno? Come il riciclare la cacca di Piero?»

Mi ha guardato male. Stavo solo scherzando! Meglio stare zitto.

«Adesso aspetta dieci minuti e poi risciacquati.»

«E nell'attesa che faccio?»

«Nell'attesa vieni con me in camera, così ci divertiamo.»

Mi ha sorriso amichevolmente, lasciando la stanza mentre continua a fissarmi con la coda dell'occhio, come se volesse essere seguito. Ma a che tipo di divertimento alluderà? Non vorrà mica intendere... "quello"? Siamo entrati nella camera da letto (in realtà non ci abbiamo impiegato molto, la casa è minuscola), e Rosemund ha iniziato a trafficare nel suo enorme armadio.

«Provati questo. Questo. Questo. E questo. Ah, anche questo è bello. E anche questo.»

Ad ogni gesto di Rosemund, una moltitudine di camicie di ogni genere si ammucchia velocemente in pila sul letto: non vorrà mica che le provi tutte?

«R-rosemund, dovrei davvero provarle tutte...?»

«Sì.»

Che occhiata perforante. Non credo di avere altra scelta.

«Spogliati, forza.»

«N-no! Aspetta! Ho la tuta, mi si sporcherà di crema!» La verità è che sono intimidito all'idea di spogliarmi davanti a lui. Forse perché so che la differenza tra i nostri fisici è enorme, o forse ho solo paura di quello sguardo pretenzioso.

«Allora voltati, controllo la misura delle spalle. Dovrei aver preso camicie della taglia esatta.»

Mi ha fatto voltare e ha poggiato una per una tutte le camicie sulle mie spalle. Credo che le stia provando davvero tutte.

«Perfetto, abbiamo finito. Adesso vai a sciacquarti e mettiti il gel dopobarba, quello che ti ho lasciato sul lavandino, ti aspetto qui!»

Mi sono sciacquato come ordinato: i peli sono spariti tutti in un lampo. Ma perché quando ha iniziato a crescermi la barba, mio padre non mi ha mai spiegato che non esiste solo la lametta? Mi ha fatto davvero odiare la rasatura, e dire che con questo prodotto la mia barba incolta è venuta via senza che avessi una crisi isterica. Dopo aver spalmato il gel dal un buon profumo aspro, la mia pelle è diventata liscia come quella di un neonato. Addio mascella tagliata, irritata e ruvida da vichingo, non mi mancherai per niente! Penso che dovrò mantenere questa mascella ben pulita fino alla fine della sfilata, altrimenti farò fare una brutta figura a Rosemund.

Sono uscito dal bagno, notando che Piero mi sta fissando in maniera preoccupante.

«Cos'hai Piero, sei geloso della mia nuova rasatura? Che ne dici di provarla anche tu?» L'ho fissato divertito mentre con lo sguardo vigile passa da una parte all'altra della gabbietta.

«Iiiivan! Iiiivan!»

«Sto scherzando, stupido pappagallino!»

Dall'altra stanza, mi raggiunge la voce di Rosemund: «Ivan, non insultare il povero Piero!»

«Ci stavo solo giocando!» Non gli si può dire niente sul pappagallino. Adesso che ci penso, ho sempre desiderato disegnare un pappagallino. Oltre ai nudi femminili, mi piacerebbe molto specializzarmi nei volatili. Ma chissà perché, non sono mai riuscito a farcela. Per l'ultimo compito mi è toccato disegnare dell'edera attaccata al muro... e faceva pure schifo.

«Rosemund, qualche giorno mi permetterai di disegnare Piero?»

«Dopo la sfilata, certamente!»

«Sì, lo so! Non c'è bisogno di ripeterlo ogni minuto!» L'ho raggiunto sbuffando.

«Scusami, è che voglio assicurarmi che vada tutto bene...»

Si è zittito di colpo. Che gli prende adesso? Che ragazzo problematico.

«Cosa sono quei capelli? Vedi di aggiustarteli come si deve prima di uscire!»

«Oh, insomma! Non ti facevo così pignolo!»

«Sei il volto del mio negozio adesso, e lo sarai per almeno le prossime tre settimane: quindi, ti consiglio di iniziare a vestirti un po' più decentemente.»

«Sì, lo farò, lo farò. Devi tenerci davvero tanto al tuo lavoro.»

«Certo che ci tengo. Quando sono scappato dalle macchine fotografiche, mi ci sono aggrappato con le unghie e con i denti. L'abbigliamento era l'unico settore su cui potevo sperare di avere ancora un buon futuro.»

Il suo sguardo si è incupito di colpo, il blu dei suoi occhi si è oscurato: forse ho parlato troppo. «S-scusa, non volevo toccare un tasto dolente.»

«Non importa, in fondo la mia fuga dai riflettori è un dato di fatto.» Mi ha sorriso per rincuorarmi, ma non credo affatto sia stata una bella vicenda per lui.

«Non riesco a crederci, hai davvero tirato fuori una camicia blu scuro!»

«Sì. Non parlo mai per caso.»

Beato lui. Per quanto ci provi a non farlo, spesso parlo per dare aria alla bocca.

«Questi sono i pantaloni, e qui ci sono le scarpe. Su, avanti. Io vado a chiamare Giulia nel frattempo.»

I pantaloni sono color panna e le scarpe sono scure. Incredibile, c'è persino la collana e l'orologio! Facciamolo contento. In fondo anche io cercavo di migliorare il mio aspetto per fare colpo su Tina, per far ricredere i miei e i loro colleghi, e per aumentare la mia autostima, che praticamente mi arriva sotto i piedi.

Mi sono cambiato e sono andato in cucina: Rosemund sta posizionando il cilindro d'acqua per Piero.

«Ho finito.» A queste parole si è voltato subito.

«I capelli, Ivan... i capelli.»

«Iiiivan! Capelli! Capelli!»

«Non guardarmi così, ora li aggiusto!»

«Siediti, ci penso io.»

«N-non è necessario!»

«Seduto ho detto.»

Mamma che sguardo... meglio non contraddirlo: stamattina sembra un po' nervosetto. Probabilmente per colpa di Lapo. Non lo facevo così lavamani, quel tappetto! Aveva l'aria da innocente imbecille, ma alla fine ci ha sganciato una bella rogna! Per fortuna per lui, ci sono io a salvarlo.

Mi vergogno un po' nel farmi pettinare da qualcuno: l'ultima volta che è successo era il giorno della mia comunione, e non era stata nemmeno mia madre a farlo, ma Anna. Faccio bene a considerarla una madre, ha più cuore di quella megera che mi ha partorito. Scusa mamma, lo so che mi vuoi bene, ma quel giorno invece di essere orgogliosa per tuo figlio, sei stata tutto il tempo a parlare di futilità con i giudici da due soldi che frequenti, che sono vuoti dentro proprio come te. Ma perché devo stare a pensarci adesso? È perché ieri mi ha scaricato senza preavviso, ecco perché! Per fortuna che c'era Rosemund, altrimenti non so che fine avrei fatto! In un certo senso Rosemund mi fa fuggire dalla mia realtà monotona e noiosa: l'ha fatto sin dal primo giorno, quando sono stato catturato da quegli occhi, che non sono neri o castani come tutte le persone che sono abituato a vedere ogni giorno. Rosemund ha uno sguardo limpido e trasparente, mi piace molto perché se è arrabbiato riesco ad accorgermene: non è falso come tutti gli altri, che magari prima si chiamano "tesoro", "fratello", e poi si sparlano da dietro. È diretto, come me. Ecco perché mi ci trovo bene insieme.

Certo che Rosemund anche se ha delle mani grandi, non si può certo definirle tozze o indelicate, per quando in realtà forti siano. Mi accarezza i capelli come se fossero dei capelli: è una bella sensazione, perchè l'ultima volta che sono stato dal parrucchiere (quattro o cinque anni fa), mi ha sballottato la testa come una palla da bowling e me l'ha strattonata a destra e sinistra, mi guardava male solo perché avevo i capelli in disordine. Ma dico io, se non si va dal parrucchiere per farseli sistemare, perché andarci? E ti permetti persino di guardare male il cliente, quello che sgancia i soldi per farmi mandare avanti la baracca! Bah.

«Finito.»

«Grazie!»

«Adesso si che sei perfetto. Sei la mia creatura.»

Non mi piace come mi guarda... sembra uno scienziato pazzo che elogia il suo nuovo cyborg. Dopo aver salutato Piero, ebbene sì, siamo usciti e abbiamo iniziato a fare la strada al contrario per arrivare in negozio, passando nuovamente dal parco.

Quest'aria pura che mi accarezza il mento... da quanto tempo il mio mento non si sentiva così? Probabilmente dai miei dodici anni.

Rosemund si avvicina a me, sussurrando: «Guarda chi c'è a portare a spasso il cane.»

Chi? É TINA!

«Tina! Che faccio? Che le dico?»

«Comportati naturalmente.»

«Se dovessi comportarmi come al solito, la ignorerei! Non posso ignorarla, devo chiarire il malinteso!»

«E allora prego, chiarisci. Io non muoverò un dito per aiutarti. Vediamo se con questo outfit attiri la sua attenzione.»

«Ciao, Ivan! Oddio, non ti avevo riconosciuto vestito così!»

Tina si sta avvicinando da questa parte, ma Rosemund non smette di ridacchiare:

«Smettila di ridere, se ne accorgerà!» Gli dico stringendo i denti.

«Tina... come stai?»

«Bene, bene! Ma pensa tu! Stavo portando a passeggio Briciola e mi sono detta: "che bel ragazzo, ma non assomiglia a qualcuno?" e poi ho visto che eri tu! Stai davvero bene vestito così!»

«Ah...eh eh eh. Sì...» Che faccio? Che facciooo? Si è accorta di me, la tattica funziona! Ma che le dico adesso?

«Tina, ti presento "IL MIO AMICO", Rosemund!» Vediamo se marcando le parole riesco a farmi capire senza spiegarmi. Rosemund le stringe la mano con un'aria perplessa:

«Piacere, Rosemund Smith. Mi pare di averti già vista da qualche parte, ma non ricordo dove, onestamente...»

«Ci siamo visti quella sera in cui ti ho chiamato per soccorrere Ivan ubriaco! Hai dimenticato?»

«Ah, sì... Scusa, è che ho molto da lavorare, io sono molto impegnato... allora, tu sei un'amica di Ivan?»

«Sì, più o meno!»

"PIU' O MENO"? Che significa?

«Più... o meno?»

Che sorriso finto da bastardo che ha. Ma cosa vorrà da Tina?

«Ah! Ah! Ah! Che significa?»

«Non lo so, dimmelo tu! Siete amici o no? Decidetevi!»

«Certo, lo siamo! Vero, Ivan?»

Ah, sì? Lo siamo?? Che bello!!

«Sì, sì!»

«Ascolta, visto che sei sua amica, vorresti venire a vederlo ad un evento? Si tratta di una sfilata di moda, e Ivan sarà il mio modello, ecco l'invito.»

«Grazie! Mi farebbe molto piacere venire! Ma Ivan, non avrei mai creduto che tu facessi il modello... sembri un tipo... introverso, ecco!»

«Non lo è affatto, anzi Ivan è un gran burlone! Ma che te lo dico a fare, se sei amica sua, dovresti saperlo meglio di me!»

Tina ha guardato la locandina pubblicitaria della sfilata: «Ma questa è una gara tra gli stilisti della città, significa che sei stilista, Rosemund?»

«Sì, ma non preoccuparti! Il corpo nudo di Ivan tornerà ad essere di tua proprietà molto presto!»

Cosa? COSA DICE? È IMPAZZITO!! Anche Tina lo guarda in maniera stramba!

«...Come, scusa?»

Che stai dicendo, Rosemund?

«Ah, non è così? Scusami, ho frainteso! É che prima mi sembravate imbarazzati, poi non si è capito se siete amici o no, quindi ho pensato: "questi due devono essere amici di letto", allora!»

Rosemund le ha fatto l'occhiolino. Non ci credo. Voglio sotterrarmi.

«N-no, assolutamente! Per chi mi hai presa? Sono una ragazza seria, mi dispiace contraddire i pensieri generali di voi uomini, ma ho un'anima e un cuore, non sono una pecorella da sbranare!»

«Allora ho frainteso, scusami! Ma dopo tutto capita a tutti di fraintendere, vero?»

«Sì...»

«Pensa te, che la prima volta che ho visto Ivan ho pensato: "sarà gay"? E invece no! Ce l'ha la faccia, eh? Inoltre viene spesso frainteso, è normale per uno che come lui parla poco e in maniera confusa, quindi bisogna starci attenti.»

 

«...Ho capito. Ci starò attenta. Mi ha fatto piacere incontrarti, Ivan! Adesso devo andare, scusami, ma Briciola sta tirando un po' troppo il guinzaglio! Ciao!»

«Anche lei sta tirando troppo la corda.» mi sussurra Rosemund mentre osservo Tina andarsene, completamente perplesso su quello che è appena accaduto.

«Si può sapere cosa diavolo dici? Mi hai fatto fare una figura di merda!»

Rosemund continua a scrutare le figura di Tina, con uno sguardo strano: come quello da pantera che aveva quando si stava menando con il vandalo:

«Stavo esaminando l'esemplare. Non ho mai visto un cane portare a spasso un altro cane.»

Cosa??

«Che vuoi dire?» Mi ha dato fastidio questa sua osservazione.

«Per prima cosa non è stata in grado di dirmi se è amica tua o no, poi dopo aver farfugliato un po', finalmente si è decisa rispondendo di sì: una palese risposta di circostanza per salvare le apparenze!»

«Non è vero, Tina l'ha detto solo perché ci siamo parlati poco! Lei non è una ragazza come tutte le altre!»

«Ah, no? Seconda cosa, dopo ti ha dato dello sfigato, se non te ne sei reso conto!»

«Non mi ha dato dello sfigato, mi ha solo detto che le sono sembrato introverso!»

Rosemund continua ad inveire arrabbiato elencando le frasi di Tina una per una, accentuando il tutto contando con le mani che mantiene bene in vista:«Troppo comodo pensarla così, Ivan! Terza cosa, ha detto: "ma questa è una gara tra gli stilisti della città, significa che sei stilista, Rosemund?", praticamente con quella frase mi ha detto che ho la faccia da rincoglionito!»

«No, questo no, Rosemund! L'ha detto solo perché non sapeva che lavoro facessi!»

«Ah, no? E cosa pensi ci sia scritto sul mio biglietto da visita, "ROSEMUND L'ARROTINO"? Inoltre, quella sera in cui eri ubriaco fradicio, da dove pensi che ti sia arrivata la bottiglia d'acqua, dalla luna? L'ho presa dal negozio, ovvero ho usato le chiavi per tirare su la serranda, e sono entrato all'interno! E pensi che lei non abbia capito che cosa faccio di mestiere?»

«O forse, più realisticamente e logicamente, non si ricordava! Lei non è come te che ti soffermi su ogni piccolo sbattere di ciglia della gente! Avrà avuto anche lei le sue cose per la testa, no? Secondo te deve starsi a ricordare che tu hai un negozio di vestiti? Lei non ha la coda di paglia come un certo biondino che conosco!»

«Va bene essere ingenui Ivan, ma qui si sfiora il ridicolo! Svegliati, la cretina è lei, perché bisogna essere proprio degli stupidi per non rendersi conto che stavo facendo battute per farle capire di essersi sbagliata sul tuo conto, ma lei senza motivo, ha iniziato ad auto-proclamarsi "ragazza seria, con un cuore ed un'anima" e bla, bla, bla!»

«Lo sai che ti riescono proprio bene le imitazioni? Bravo, proprio bravo! Tu neanche la conosci Tina, io la osservo da molto tempo tutti i giorni e ti posso dire che è davvero una brava persona! Non capisco perché ti stia arrabbiando tanto!»

«LA OSSERVI?? Ma se ho capito tutto di lei con soli tre minuti scarsi di conversazione!»

«Ah, già, dimenticavo che tu sei il so-tutto-io di ogni situazione! Perché non ammetti semplicemente di aver sbagliato, invece di fare la vittima?»

«Perché non ho sbagliato!!»

«Ma perché l'hai presa così sul personale?? In fondo Tina non ha fatto niente di sbagliato, sei tu che ti immagini le cose!!»

« PERCHÉ L'HO PRESA SUL PERSONALE?? PERCHÉ HO FATTO TUTTO QUESTO PROPRIO PERCHÉ CI TENGO A TE, RAZZA DI CRETINO!!»

Non so spiegare il perché, ma improvvisamente nel parco è calato il silenzio. Entrambi ci stiamo fissando negli occhi, silenziosamente. Gli occhi blu e intensi di Rosemund non nascondono la rabbia. Non posso vedere i miei occhi, ma sono sicuro che in questo momento stanno rispecchiando perfettamente i miei pensieri e le mie emozioni: sono confuso e smarrito dalle ultime parole di Rosemund.

Ma la rabbia per il mio orgoglio ferito mi da la forza per rompere questo silenzio: «Rosemund, ci tieni a me... in quale senso?»

Senza parlare, con quei suoi occhi blu penetranti, le palpebre socchiuse per focalizzarmi meglio, Rosemund si avvicina a me a passi lenti, rimanendo nel suo misterioso silenzio.

Io sono intimorito, e indietreggio. Le mie spalle hanno toccato un tronco d'albero, sono in trappola: sono costretto a dover reggere il confronto con quegli occhi dalle tonalità di una burrasca in mare aperto.

Con la sua muta e fiera arroganza, tende una mano sul tronco, ancora umido per via della rugiada mattutina.

«Se ti dicessi che mi sono innamorato di te...?»

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Capitolo 16
*** Distaccarsi dall'idea generale è difficile, ma non impossibile ***


Davvero è innamorato di me, o mi sta solo mettendo alla prova...?

«Sarebbe un problema, vero? Per uno che si definisce "normale"... che poi mi devi spiegare chi è che ha stabilito cos'è normale e cosa non lo è. Per uno innamorato di QUELLA, non ci sarà mai posto per me. Siamo di due specie diverse: o se ne va lei, o me ne vado io.»

Non capisco dove vuole arrivare... mettersi a parlare di punto in bianco di queste cose... vaneggia, deve essere proprio fuori di sé. Però devo rispondergli.

«Soffrirei per te, che saresti triste per il rifiuto di una nullità come me.»

Mi sta fissando, annuendo in silenzio: non riesco a leggergli nulla di preciso in viso in questo momento.

«Appunto. Pensa a come mi sento io, vederti scodinzolare dietro ad una ragazza del genere.»

Ha scostato lo sguardo, poi si è voltato silenziosamente, iniziando a camminare per conto proprio, voltandomi le spalle grandi. Mi sento sofferente, come se fossi stato appena ferito al petto.

«EHI, UN MOMENTO!! TI STAVI PRENDENDO GIOCO DI ME??»

Rosemund si è voltato a guardarmi, con un'espressione serena e rassegnata allo stesso tempo: un forte vento gelido mi permette di vedergli la fronte.

«Perché, pensavi davvero che mi fossi innamorato di te? Sarò anche gay, ma non ho l'innamoramento facile, né tantomeno mi sarei mai innamorato di te solo perché abbiamo passato molto tempo insieme. Dovresti riconsiderare le tue idee sull'argomento, Ivan: scoprirai che non tutti i gay sono eccentrici, amano vestirsi di rosa e si comportano come delle stupide ragazze da discoteca alla ricerca di attenzioni.»

Se n'è andato senza aggiungere altro.

In me sta crescendo una forte frustrazione... Rosemund, perché hai reagito in quel modo? Cos'ho sbagliato? Sono io che sono sbagliato? Mi hai accusato di non capirti abbastanza, cosa vuoi esattamente che io capisca di questo tuo modo di essere? Se ti arrabbi e te ne vai, se non me lo spieghi, non riuscirò mai a capirlo da solo... Non andartene. Non te ne sei andato per sempre, vero? Non lasciarmi da solo...

Mi sono accucciato a piangere silenziosamente sotto il tronco dell'albero, una scena pietosa. Davvero non voglio perdere la sua amicizia... adesso che avevamo iniziato a capirci... mi fa male lo stomaco.

Dovrei andare al negozio? O forse è meglio tornare a casa per oggi? Non capisco, non ci capisco niente. Prima Tina che fa la scema, poi Rosemund che dice cose confuse e mi prende in giro... mi sento come un pezzo di carta velina trascinato dalle freddi correnti invernali. Senza contare quell'idiota di Lapo. Alla fine è tutta colpa sua se oggi Rosemund si è arrabbiato con me... può dire quello che vuole, ma si è avventato su di me per il nervoso che ha avuto per colpa di Tina! E questo da di lui una vecchia zitella acida! Altro che le sue baggianate.

*

Ho acceso il computer sulle ginocchia, chiuso in camera mia, sotto le coperte. Ho noleggiato dei film che parlano di storie di omosessuali, spero che mi illuminino. Se non riesco a comprendere Rosemund guardando questa roba, non credo riuscirò mai a farlo.

Ne ho noleggiati diciassette, dovrebbero bastare.

Bussano alla porta. «Chi è?»

«Sono Anna! Posso?»

«Sì.»

Sento la porta aprirsi e richiudersi, e i passi di Anna avvicinarsi al mio letto.

«Cosa succede, caro? Sei arrabbiato con i tuoi genitori?»

Ho annuito, ricordarmi il loro comportamento di ieri sera, mi fa rincarare la dose di rabbia nello stomaco. Anna ha scostato le coperte e si è seduta accanto a me.

«Hai noleggiato dei film? Che cosa strana da parte tua, Ivan.»

«Già. Ma ne ho bisogno per risolvere dei conflitti con Rosemund, ci ho appena finito di litigare.»

«Oh. "La vita difficile di un amore tra uomini", "Il re e il cavaliere", "Amare un uomo oggi"... stai guardando questo? Il film è già iniziato.»

Oh. Non me n'ero accorto. Ho messo la pausa e ho guardato Anna nei suoi occhi dolci color castagna: l'ho abbracciata e le ho raccontato tutto.

«Beh, figliolo, anche tu hai i tuoi limiti. Tu e Rosemund dovete trovare un punto di incontro, altrimenti non si va avanti. Dai, guardiamo il film insieme.»

«Mamma non ti ha affidato del lavoro?»

«Sì, ma è uscita e tornerà solo stasera tardi, come al solito. Noi nel frattempo divertiamoci.»

Il suo sorriso amorevole è un'arma potente contro di me, che riesce solo lei ad eseguire con così tanta efficacia, riuscendo sempre a farmi tornare il buon umore.

«Per favore Anna, non parlare a loro di Rosemund, finirebbero con il fraintendere.»

«Ma io non racconto mai niente a loro delle nostre scappatelle segrete! Sappi però che stamattina mi hanno chiesto dove te ne sei andato ieri, e quando gli ho detto che ho chiamato il tuo amico per avvisarti, loro hanno cambiato espressione: hanno iniziato a chiedere chi fosse questo qui, da quanto tempo siete amici, e varie stupidaggini. Io ho detto poco e niente, ho detto che è una brava persona, ma loro hanno avuto la faccia tosta di arricciare il naso. Credono che sia finito in un brutto giro o ti sia messo con una ragazza poco di buono, secondo me. Ma allora mi sono detta: "ma magari", quel povero ragazzo ha proprio bisogno di fare le stupidaggini che fanno tutti i ragazzi della sua età!»

«Rosemund ha detto che avrebbe paura a presentarsi a mamma perché è avvocatessa, secondo te ha combinato qualche pasticcio in passato?»

«Se anche fosse, fidati che un ragazzo con un sorriso e degli occhi così belli, è bello che pentito, credimi! L'avessi incontrato io un uomo così...»

Povera Anna. Ha perso il marito soldato un paio d'anni dopo il matrimonio, e non si è più concessa il lusso di conoscere qualcuno, rimanendo in casa nostra a fare le pulizie per tutto questo tempo.

«Potresti! C'è il signor Gennaro che quando ti vede gli si gonfiano gli occhi di orgoglio!»

«Ma smettila! Il signor Gennaro è contento di avere una cliente fissa!»

«Sicuramente i tuoi occhi brillano, quando parli di lui. Penso davvero che stai sbagliando a non farti avanti, Anna.»

«Quando ti farai avanti tu, mi farò avanti anche io.»

«Ma non è giusto, Tina non mi calcola nemmeno, e Rosemund si arrabbierà con me se ci parlo... È stato così infantile e dittatore, Anna! Avresti dovuto vederlo, sembrava che sputasse lame di ghiaccio dagli occhi e fiamme dalla bocca! Mi sono sentito un'idiota, e adesso l'unica cosa che mi rimane in mano sono questi stupidi film!»

«Ma se ti ha detto di documentarti, è perché vuole farti capire che lui è una persona che si distacca dalla massa, per fare sì che tu gli voglia bene così com'è, come persona.»

«Ma a me va già bene così com'è. É che non capisco perché debba guardare questi cosi, perché devo aver bisogno di documentarmi sui gay!»

«Beh, evidentemente perché hai fatto di tutta l'erba un fascio... un ragazzo gay non deve per forza vestirsi di rosa, travestirsi o sculettare in giro!»

«Ah, davvero? Io credevo che fossero tutti così.»

Anna è scoppiata a ridere: «Guardiamo questo film, prima che faccia notte, e speriamo che illumini la tua testona ottusa!»

*

«Tieni caro, prendine un altro...»

«...G-grazie...»

Che idioti, stiamo piangendo come delle fontane. Ma la colpa non è mia, è dell'autore che ha fatto morire Timmy dopo essere finito in coma dopo un atto di vandalismo! Come può la gente essere così cattiva? Timmy non stava facendo nulla di male!

Improvvisamente mi torna alla mente quel cafone davanti a casa di Giulia e Ashley. Stava cercando di attacar briga, senza nessun motivo apparente: io mi sono spaventato, non sapevo cosa stava succedendo fin quando non è stato Rosemund stesso a parlarmene. Chissà se anche lui ha subito dei maltrattamenti di questo tipo in passato...? Sembrava abituato a fare a botte, o forse è solo un ex-vandalo. In effetti, riflettendoci, io non mi sono sforzato minimamente di capire il suo lato fragile: è vero che mi ha detto espressamente di non voler parlare di certe cose del suo passato, ma è anche vero che io stesso non gli ho fatto nessuna domanda. In più, calcolando la mia espressione di stupore quando mi ha rivelato la sua omosessualità, dovrei essergli sembrato davvero uno di quei trogloditi ignoranti.

«Anna, secondo te dovrei chiedergli scusa per primo?»

«Se ti senti di aver sbagliato, sì.»

«Secondo te ho sbagliato?»

«Sì, un po'.»

«Avevo anche promesso di aiutarlo con il lavoro, mancano appena cinque giorni, gli sarò sembrato un pessimo elemento.»

«Probabilmente è così, ti avrei preso anche io in antipatia. Guarda ancora qualche altro film, schiarisciti le idee, io vado a stirare adesso. Vuoi che ti prepari la merenda?»

«Sì.»

*

Alla fine Rosemund, pur avendo il mio numero di casa, non ha telefonato, e così è passato un altro giorno. Ormai sono tre i giorni che mancano prima della gara provinciale. Avrei potuto benissimo chiamarlo io, ma ero impegnato a guardare tutti quei film. Credo che sia ora di smetterla di oziare, non sono nemmeno andato a scuola per quanto avessi il morale a pezzi. Credo proprio che mostrerò la mia faccia al negozio di abiti, questa mattina. Ho mangiato la colazione che Anna mi ha preparato con tanto, troppo amore, e sono uscito con i vestiti che mi ha prestato Rosemund l'altro giorno e la busta contenente il regalo che ha fatto a me, Giulia e Lapo, ovvero una copia del costume viola in locandina. Ho rubato la macchina di papà e sono andato al negozio, carico di fiducia e buon spirito di riappacificazione.

La serranda è di nuovo abbassata per metà, ma stavolta non si sentono delle voci provenire dall'interno. Dovrei bussare? Ho un po' di ansia, ma devo farlo! Ho preso un accordo da vero uomo, e devo rispettarlo!

Ho bussato con decisione alla serranda, facendo un baccano tale da attirare l'attenzione dei passanti.

«Rosemund!! Apri! Sono Ivan, sono venuto a trovarti!! Eeeehiiii!!»

Qualcuno apre la porta, abbassandosi per parlare con me:

un ragazzone alto, abbronzato, con dei capelli neri e gli occhi scuri, orecchini a cerchio ai lobi, è in mutande, ma non si preoccupa minimamente di questo:

«Chi cerchi?»

E questo chi sarebbe adesso?

«Ehm... Rosemund, il proprietario.»

«Sta dormendo, non può venire adesso. Gli lascio detto qualcosa?»

Non è che questo qui è un malintenzionato, e che in realtà "sta dormendo" sta per "è svenuto"? No, non potrebbe, questo tizio è in mutande.

«Ehm... digli solo che è passato Ivan.»

«Okay. Ciao.»

Mentre questo ragazzo che non conosco chiude la porta, si sente una voce dall'interno:

«Amore, chi è?»

Forse mi stavo semplicemente preoccupando troppo di affari che non mi riguardano, credendo che magari Rosemund potesse sentirsi solo senza un amico, dato che a quanto pare, ha già la sua bella compagnia.

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Capitolo 17
*** Ce la posso fare ***


Mi sento davvero giù. Credevo di mancargli almeno un po' di quanto sia mancato lui a me, in questi due giorni, invece così non è stato. Andrò a mangiare una brioche in caffetteria, un po' di zuccheri mi risolleveranno il morale, chi se ne importa se ho appena finito di abbuffarmi come un maiale.

Sono entrato nel bar, notando sconfortato che è affollatissimo. Quasi quasi me ne ritorno a casa. Ho varcato la soglia della porta, pensando a cosa fare: non posso tornarmene a casa dopo aver fatto il recluso per due giorni, senza tra l'altro essermi nemmeno messo a disegnare un po'...

«Ivan! Ivan!»

Chiamano me? Chi sarà? Ho alzato il capo verso la terrazza del primo piano del bar con edere finte e gazebo, notando Ashley agitare la mano con il suo solito sorriso brillante: l'ho salutata e mi sono voltato per andarmene.

«Ivan, dove vai? Ti va di raggiungerci? Offro io!»

Ho alzato il capo, notando il viso dolce di Ashley che aspetta con euforia la mia risposta, seduta al piccolo tavolino rotondo in ferro battuto. Non riesco a capire chi è con lei, dato che una colonna di legno del gazebo mi offusca la visuale: potrebbe essere suo marito, non ho alcuna voglia di fare da terzo incomodo, ho una dignità ed una coscienza, io.

«Dai, non fare il bambino!»

Ashley ha tirato a sé un braccio maschile, mettendomi in vista un volto dai lineamenti dolci: la pelle chiara colpita dai raggi solari mattutini, i capelli biondi e gli occhi di un colore blu intenso. Vedendolo, mi si gonfiano gli occhi di sollievo, quindi, senza mostrare troppa contentezza, rientro a passi svelti nel bar.

«B-buongiorno...»

«Buongiorno, Ivan!»

I miei occhi si sono incontrati con quelli imbronciati di Rosemund.

«Buongiorno.»

Mi ha salutato! Per fortuna.

«Rose, smettila di tenere il broncio, comportati da persona matura!»

Rosemund mi lancia un' occhiata seria e analitica: «Hai pensato a quello che ti ho detto?»

«S-sì, ci ho riflettuto molto... d-diciamo che mi sono documentato, per così dire...»

Non capisco perché mi metta tutta questa pressione addosso davanti a tutta questa gente, mi sento le guance in fiamme. Sento i suoi occhi fissi su di me, ma io non ho la forza per ricambiare lo sguardo: l'unico suono è quello fastidioso delle chiacchiere degli altri clienti.

«Ehm... io direi che è ora di andare a fare la spesa, a questo punto! Vi precedo! Ciao!»

«C-ciao, Ashley!»

Non dice ancora nulla...?

«Perché non mi guardi negli occhi? Sono stato troppo cattivo o spaventoso con te?»

Ho alzato il capo. Il suo viso è serio, gli occhi sono fissi su di me, più ricchi di sfumature tendenti al blu rispetto al solito, coperti in parte dai capelli biondi, che stanno crescendo superando il confine con le palpebre dalle ciglia lunghe. Ha uno sguardo attento e vigile, come quello usato dai modelli per una pubblicità di un profumo: è proprio perfetto.

«No.»

Invece ci sono rimasto davvero male.

«Ero venuto al negozio perché volevo che tornassimo ad essere amici... e per chiederti scusa per l'altro giorno.»

Meglio essere sinceri quando ci si scusa, altrimenti non si verrà mai perdonati.

Alle mie parole, Rosemund ha liberato una risatina, nascondendola con le lunghe dita delle sue mani, facendo muovere le spalle sotto il cappotto marrone: «E scommetto che l'hai trovato occupato, vero?» la sua risatina scoppia in una risata vera e propria, appoggiandosi allo schienale e reggendosi l'addome con le mani. Non capisco che cosa stia succedendo, ma sono felice di sapere che non ce l'ha più con me... credo. Sarebbe da pazzi se ritornasse in sé e mi mandasse a quel paese. Mentre lascio Rosemund scomporsi come gli pare e piace, con i capelli chiari che si muovono da una parte all'altra del viso, noto di aver iniziato a strappare un fazzolettino in mille pezzi piccolissimi, senza rendermene conto: lo faccio spesso quando sono nervoso, è l'alternativa al mio straparlare. Meglio buttarli via, prima che qualcuno si accorga del macello che sto combinando! Ma dove sarà il portacenere?

Una calda mano si appoggia sul dorso della mia: mi volto di scatto, notando che si tratta di Rosemund.

«Scusa. E grazie.»

«...Abbiamo sbagliato tutti e due.»

«Amici come prima?»

«Amici, va bene.»

Ci siamo sorrisi in maniera colpevole, ammettendo le nostre colpe con l'espressione del volto. Ma adesso che ci siamo chiariti, mi sto giusto chiedendo: «Come facciamo per la sfilata? Non siamo in ritardo?»

Mi sorride sicuro di sé, nel suo modo caldo e accogliente: «Non preoccuparti, ci pensiamo io e Giulia ad ammaestrarti.»

"Ammaestrarmi"?

«Ma non credo che prima delle due si farà viva! Dovremo arrangiarci a modo nostro, Ivan!»

«Che intendi dire?»

«Che se la sta spassando con un ammiratore nel mio negozio: ieri pomeriggio è venuta da me supplicandomi di farla restare lì, perché non aveva un posto dove appartarsi... robe da matti!»

«Che c'è di male? V-voglio dire, in fondo di notte non c'è mai nessuno al negozio.»

«Il mio negozio è sacro. S-A-C-R-O, capito? Quando saranno andati via aprirò tutte le finestre e disinfetterò tutto quanto!»

«Che esagerato... Giulia è giovane, deve fare le sue esperienze come tutti! Scommetto che anche tu le hai fatte!»

«Non nel mio negozio. Cambiando discorso: il negozio è occupato, a casa di Ashley c'è il suo fidanzato arrivato da Torino – e come minimo ci resterà tre o quattro giorni –, casa mia è troppo stretta per esercitarci a passeggiare. Dove si va?»

«Non in luoghi pubblici, mi vergogno!»

«Sono pienamente d'accordo con te.»

«Vuoi venire a casa mia? I miei sono usciti molto presto oggi, tipo alle sei e mezza, e non torneranno prima delle dieci di stasera! Salvo ospiti da me indesiderati, naturalmente.»

«Sì, casa tua è grande, andrà benissimo! Andiamo!»

«Sono venuto con l'auto.»

La faccia di Rosemund ha cambiato espressione. Deve davvero odiare le automobili.

«Giurami che sarai prudente.»

«Io sono sempre prudente!»

«Giurami che andrai piano.»

«Dai Rosemund, a che velocità vuoi che vada in città?»

«Okay... ma ne sei proprio sicuro? Fammi vedere la patente, voglio controllare che tu abbia ancora tutti i punti al loro posto!»

«Cosa? No! Sono a posto!»

«Allora vai avanti! Prenderò l'autobus!»

«Ma ci metterai almeno quindici minuti prima del prossimo autobus! Vieni con me!»

«...Va bene, vengo.»

Siamo saliti in auto, allacciato le cinture, ma Rosemund non contento si è aggrappato alle maniglie di sicurezza, con una faccia pallida, borbottando qualcosa con gli occhi chiusi.

«Cosa borbotti?»

«L'Ave Maria.»

«Ah.»

Ho girato la chiave mettendo in moto, ma Rosemund ha afferrato la mia mano in preda all'ansia: «Aspetta, aspetta! Apriamo i finestrini! Per sicurezza! Okay, adesso puoi andare... PIANO, ma puoi andare.»

«...Agli ordini.» Mah.

Siamo partiti, e finalmente si è calmato un po', si fa per dire: comunque è più tranquillo adesso. Oh, ecco l'incrocio. C'è una ragazzina che vuole attraversare, ma tanto devo fermarmi comunque, dato che sta scattando il rosso sul semaforo.

«FRENA!! FRENA SUBITO!! »

Ho frenato di colpo per lo spavento delle sue urla improvvise: «Cosa c'è??»

«C' È UNA BAMBINA!»

«L'ho vista, Rosemund!! Stavo rallentando per farla attraversare, e come puoi vedere, il semaforo è rosso! Non far prendere colpi al cuore alla gente!»

Ha sospirato affannosamente, lasciandosi cadere sullo schienale.

«Non me n'ero accorto... che spavento.»

«Tutto bene?»

«Sì, sì.»

Dal suo respiro sembra davvero essersi agitato molto, e il suo viso è pallido.

«Accosto un attimo in questa stradina, così prendiamo un po' d'acqua in questo bar. Per fortuna c'è ne uno qui davanti.» Come ogni dieci passi in centro, ma lasciamo perdere, adesso non è il momento per le prediche alla società.

Abbiamo preso da bere, Rosemund mi ha fatto dei cenni per tutto il tempo, facendomi capire di stare bene, così siamo usciti.

«Passeggiatina?» Propongo.

Rosemund annuisce, impensierito e un po' in colpa. Siamo rimasti in silenzio a lungo, osservando le nostre ombre riflesse sui palazzi.

«Scusami, ti sarò sembrato un'idiota.»

«No. Te l'ho già spiegato, ognuno di noi ha le proprie paure. Io ad esempio ho paura del buio, non riesco a dormire se non ho una luce accesa! Buffo, vero?»

«È successa una cosa spiacevole. E Ashley ha perso l'uso delle gambe.»

La sua voce è bassa e spenta. Non dovrebbe parlarne se non ne ha voglia.

«Non voglio saperlo, non voglio che ne parli! Se sono cose brutte da ricordare, perché farlo? Pensiamo alla sfilata! Alla sfilata, d'accordo? Possiamo fare avanti e indietro per il terrazzo quanto ci pare e piace!»

«Grazie, Ivan.»

«Va bene il terrazzo, vero?»

«...Ma fa freddo.»

«Non è che seduto a quel tavolino del bar fossi al coperto... Vorrà dire che faremo una "rimodernata" alla sala da pranzo!» Ho sorriso in preda al desiderio di spostare quel tanto odiato tavolo, che di solito usiamo solo per gli ospiti... che USANO solo per gli ospiti, a cui tra l'altro non sono gradito.

Siamo arrivati a casa, e mentre Anna è stata impegnata a fare le sue moine a Rosemund, a me è toccato spostare il tavolo in legno e tutte le sedie accostate alla parete, per rendere gradevole il passeggio.

«Spostato tutto... puff!»

«Ivan, che uomo sei, senza un briciolo di muscoli?» Mi dice in modo "molto confortante" Anna, per poi riprendere con un sorriso amorevole: «Ma chi se ne importa, se compensi tutto con la tua dolcezza!»

Che figuracce...

«Andiamo, ti mostro quello che devi fare.»

Rosemund ha iniziato a darmi indicazioni sul come muovermi, su come aggiustare la mia postura rimanendo con un'espressione decente, prima di mostrarmi come si cammina in modo corretto sulla passerella. Inutile precisare che sono letteralmente colpito: sembra non essere mai uscito da quell'ambiente, cammina con quella fierezza negli occhi che riesce a trascinare su di sé gli sguardi di tutti. Rimango a fissarlo completamente rapito, mentre Anna gli manda baci e cuoricini volanti.

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Capitolo 18
*** In questa fredda sera d'inverno ***


Rosemund è un vero mastino, anche oggi sono sfinito. L'unica cosa che ho imparato è la mimica dello sguardo, avere una postura corretta per me sembra impossibile... dovrei essere felice che sia arrivata finalmente l'ora di pranzo, eppure non riesco a mangiare felicemente...

«Anna, perché mi leghi alla sedia con un lenzuolo?»

«Perché serve per la tua postura! Dico bene, Rosemund caro?»

«Sì! Anna è sempre la migliore!»

«Lo dici solo perché in questi ultimi giorni stai mangiando da re!»

«Sì!»

Dovrebbe guardarsi allo specchio com'è felice in questo momento... la faccia completamente illuminata, gli occhi tagliati per il grande sorriso che gli riempie il volto, le guance strapiene di riso e piselli tanto da farlo sembrare un bambino: ha persino un chicco sulla guancia. In questo momento non mi risulta affatto difficile immaginarlo durante gli anni dell'infanzia. Io invece da bambino ero una specie di sgorbio, assomigliavo ad una ranocchia.

«Anna, la tua cucina mi ricorda quella di mia mamma! Appena finisco con questa sfilata dovrei andarla a trovare!»

«Oh caro, come sei gentile e carino! Tua mamma vive lontano da qui?»

«Ad un paio di ore di treno, ma sai com'è, il negozio mi tiene molto impegnato...»

«Quindi non hai nemmeno tempo per trovarti un fidanzatino? Non ci credo, sei così bello!»

Anna, cosa dici? Rosemund non sa che ti ho parlato di lui! Che figuraaa!

«No! E francamente mi sento meglio così!»

Non gli è sparito il sorriso, per fortuna! Credevo mi avrebbe linciato con lo sguardo...

«Caro, scusa la domanda, ma... i tuoi genitori come l'hanno presa? Voglio dire, l'hanno accettato subito? Sei un ragazzo così caro, mi dispiacerebbe molto se avessi passato un momento difficile...»

Anna, no! Perché? Perché?! Però sono curioso anch'io. Almeno posso usare il suo essere ficcanaso per saperne di più, da solo non mi sarei mai permesso di entrare nei suoi affari privati.

«Sì, non è stato affatto un problema! Mi sono sentito molto più a disagio io di quanto non lo fossero loro!»

Cucchiaiata potente per Rosemund, sempre allegro: forse davvero non è stato un problema... in fondo in America esistono i matrimoni gay. A suo contrario mi sto ingozzando come un maiale per l'imbarazzo... mi sarò ficcato in bocca almeno tre cucchiaiate colme... finirò per straripare!

«Ma Ivan, guardati come sei maldestro! Stai sbavando l'olio, che schifo in presenza di Rosemund!»

NOOO!!! AIUTO!! TOVAGLIOLO, TOVAGLIOLO!! Mi sono asciugato con la testa in fumo.

«Anna, non infierire! Io lo trovo carino così! Non deve sentirsi a disagio in presenza di un amico, vero?»

Oggi Rosemund sembra carino... sarà per via del maglione a fasce colorate che indossa sopra la camicia? Ride di me, ma intanto anche lui è sporco, non è giusto!

Finalmente mi sono liberato del boccone e gli ho parlato chiaramente: «Anche tu hai un chicco di riso sul viso!»

«Oh! Scusa!»

«Oh Ivan, perché gliel'hai detto? Era così carino con quel chicco di riso sulla guancia~♥!»

«A me non dici mai che sono carino!»

«Perché sbrodoli troppo sulla barba! Per fortuna adesso c'è il caro Rosemund che ti ha regalato quella crema, che ti farà sembrare sempre pulito e liscio come la seta appena comprata!»

«Sì, sì. Come no...»

«Non vedo l'ora che sia stasera!»

Non vede l'ora? L'ho sempre creduto in ansia.

«Per farti due risate su di me?»

«No, per essere fiero di te! Sono sempre contento quando vedo Giulia sfilare, mi riempie il cuore di gioia! Mi passi l'acqua, per favore?»

«Sì!» Secondo me gli si riempie il cuore di gioia perché è quello il suo mondo. Secondo me nel suo inconscio non ha mai smesso di amare questo mestiere. Per di più è anche un talento sprecato... mi piange il cuore vederlo lì a coordinare con gli occhi contenti, si vede lontano un miglio che è qualcosa che adora. Ma non sarò di certo io a spingerlo verso i riflettori, da cui a suo dire "è fuggito".

«Rosemund, devo provare ancora fino a stasera? Sono tre giorni che mi esercito per tutto il giorno!»

«La postura. Migliora quella e sarai libero.»

«Ma non posso fare il miracolo in tre giorni! Sono uno sfigato asociale con la schiena ricurva!»

«Non mi importa che cosa sei, stasera devi essere perfetto come un principe!»

«Che barba!»

«Niente barba.»

Mi irrita.

*

«Che ore sono?»

«Sono le sette e quarantatre minuti, Rosemund! Me l'hai chiesto appena quattro minuti fa, anzi, è scattata la lancetta, quindi cinque minuti fa! Sei stressante, ma non avevi detto che non vedevi l'ora tutto contento?»

«Sì, ma adesso mi sto innervosendo, guarda là davanti quanta gente!»

Là davanti? Ho tirato la testa fuori dal grande tendone montato dietro al palco in piazza, usata come camerino, notando una consistente folla di gente, tutta ansiosa che cominci la sfilata. Ansia.

«No, non ce la faccio! Acqua, acqua!»

Giulia mi si avvicina passandomi una bottiglietta d'acqua, tutta intenerita, come se stesse osservando un koala durante il risveglio allo zoo: «Povero Ivan.»

«Povero un corno! Sono un uomo, io! Ti farò vedere di che pasta sono fatto!»

«Sì, certo! Cammina su tacchi di diciassette centimetri, poi torna a parlarmi!»

«Quella è roba da femmine, che vuoi che ne sappia io?»

«Visto che fai tanto lo spavaldo, perché non provi ad indossarle tu?»

«Io? E che c'entro io?»

«Visto che fai lo sbruffone, indossale, avanti! Tanto abbiamo lo stesso numero di scarpe!»

«Non ci penso nemmeno!»

«Ivan? Si può?»

È la voce di Tina!

«Tina?»

Tina è entrata nella tenda, con un cappotto in penne d'oca color verde mela, i capelli lisci, e un cappellino di lana in testa, con le alette per le orecchie ed il pompon color panna.

«Buonasera Ivan. Sei davvero bello stasera.»

Oh mammina!! Mi ha fatto un complimento! E non uno qualunque, mi ha detto che sono bello! SONO BELLO!!! SE LO DICE TINA CI CREDO!

«Chi è, la tua ragazza?»

«Oh. Giulia, lei è Tina, una mia amica di corso.» Avrei preferito introdurla come la mia musa ispiratrice, come la mia dea, come la mia Vergine Maria per i fedeli, ma non ho potuto. A Rosemund non piace Tina, chissà cosa ne pensa quella volpona di Giulia.

«Giulia, tanto piacere!»

«Tina.»

«Sei qui per il nostro Ivan, vero?»

«Sì, sono venuta a vederlo!»

«Allora tu sei quella che ha una cotta per lui? Brava! Ottima scelta! Io l'ho detto fin dalla prima volta in cui l'ho visto,che era il mio tipo ideale, ma sembra che nessuno mi abbia prestato la giusta attenzione.»

Che dice quest'altra?

«Lo so, Ivan ha molte doti nascoste.»

Tina mi ha fatto un complimento, mi sta guardando con quegli occhi da gatta, quanto è sexy...

Rosemund mi passa distrattamente accanto, accennando sottovoce delle parole a denti stretti: «Controllati, sembra che le sbavi addosso. Devi invogliarla verso il bocconcino selvatico, non offrirti come un pasto in scatoletta qualunque offerto dal padrone.»

Che vuol dire "pasto in scatoletta"? Che la considera ancora un cane? O forse ho pensato a voce alta? NO, SAREBBE TERRIBILE!!

«Giulia? Sei qui?»

Un momento, questa voce maschile la conosco.

Giulia ha fatto una smorfia seccata, parlando a voce bassa: «No, Fernando no! Ditegli che sono in bagno!»

«Ma chi è Fernando?» Chiedo a Rosemund senza farmi sentire.

«Quello del negozio...» Mi risponde lui facendo l'occhiolino. Non sbagliavo, è proprio quel tipo abbronzato con i capelli neri.

Rosemund è riuscito a liberarsi di questo Fernando, mentre Tina mi ha salutato con un sorriso molto dolce, al quale ho risposto cordialmente (spero), quando improvvisamente qualcuno annuncia dal palco: «Che la sfilata abbia inizio!»

Cosa? Sta iniziando? Non mi ero nemmeno reso conto che fosse già iniziata la presentazione! Ansia! Panico! Aiuto! Che faccio?

La musica ha iniziato a rimbombare per tutta la piazza, ed il pubblico ha risposto entusiasta con un grande applauso. L'annunciatore ha fatto il nome del primo stilista: mentre Rosemund si precipita a controllare Giulia, io ne approfitto per dare un'occhiata alla passerella. Dietro al palco c'è già una fila di modelli, probabilmente dello stesso negozio, che non aspetta altro che il proprio turno: la ragazza vestita con un vestito elegante a sirena turchese, che intanto è arrivata ancheggiando alla punta del palco, ottiene appieno l'approvazione della gente. Spero di essere all'altezza, mi si sta rivoltando lo stomaco dall'ansia. Improvvisamente sento qualcuno darmi una pacca sulla spalla, facendomi saltare sul posto.

«Ivan, come ti senti?»

È Rosemund, per fortuna.

«Insomma... m-mi sta venendo un po' d'ansia...»

Rosemund, nel suo abito gessato elegante e cravatta bordeaux, mi sorride dolcemente, mentre le luci del palco si riflettono nei suoi occhi oltremare dai lineamenti gentili, che sorridono insieme alle sue labbra. Lentamente alza il suo braccio verso di me, accarezzandomi la grande ciocca di capelli che fuoriesce dallo chignon:

«Non preoccuparti, sei perfetto.»

Scosto lo sguardo, agitato, provando a focalizzare un punto indefinito del pavimento, cercando di calmarmi: «L-lo so che lo dici soltanto per farmi stare tranquillo...»

«Non è vero. Ci ho messo l'anima nella tua istruzione, e so che farai un ottimo lavoro.»

Ci hai messo troppa anima, stupido... come se non me ne fossi accorto.

«Adesso è il turno de "L'Alta Moda Di Rosemund Smith", il cui slogan cita: "Non importa quanto sei brutto, con indosso gli abiti di Alta Moda di Rosemund Smith avrai tutte le donne ai tuoi piedi"! Facciamogli un applauso di incoraggiamento, gente!»

Mi sono voltato di scatto verso il palco, con le orecchie intontite dal caotico battito di mani del pubblico.

«É... è ora... t-t-tocca a noi...»

Il mio battito è accelerato, il mio corpo è irrigidito.

«...Ivan?»

Lo sguardo è fisso sul palco vuoto, mentre le mie gambe sono bloccate dall'agitazione. Mi tremano le mani.

Nella confusione più completa, sento una mano grande, calda, e salda, afferrare la mia tremolante. La osservo riaccendendo il cervello: seguo con lo sguardo la manica dell'abito gessato, arrivo sul petto, fin ad arrivare al viso di Rosemund.

«C-c-che... che fai..?»

«Ti do la forza per andare avanti.»

«M-ma siamo appena dietro al palco all'aperto...s-se passasse un omofobo s-si farà un'idea sbagl––»

Una forza dietro la schiena, che non proviene dalla mano con la quale Rosemund mi sta stringendo, mi spinge verso di lui con vigore, togliendomi la parola, soffocandola con un gesto che non mi sarei aspettato. Dal tatto posso dire con certezza che ciò che mi sta spingendo verso di lui, è la sua stessa mano, tanto grande e calda. L'odore piacevole del suo bagnoschiuma al muschio mi inebria le narici, gli applausi e la musica mi rimbombano nelle orecchie, e il calore umano di Rosemund mi ha privato della parola, in questa fredda sera d'inverno.

 

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Capitolo 19
*** Sotterfugi ***


Il suo abbraccio è forte e caloroso, mi fa davvero sentire meglio, anche se non riesco a respirare bene per via della sua stretta. La sua voce, bassa, mi arriva dritta nelle orecchie, sormontando tutti i rumori circostanti: «Adesso vai.»

Mi ha spinto in avanti, proprio mentre Giulia sta uscendo dalla tenda con indosso il completo viola: sempre impeccabile, mi lancia un'occhiata complice, indicandomi percorrere i pochi gradini che ci faranno salire sul palco, completamente soggetti agli sguardi altrui. Non c'è più tempo per l'ansia, più in ritardo arriveremo sul palco, più negativa sarà l'impressione che Rosemund farà agli occhi della gente! Devo sembrare convincente... mi basterà imitare l'espressione che aveva Rosemund quando mi ha mostrato come comportarmi.

A passi decisi e con un'espressione seria e convinta, che non mi si addice affatto, ho percorso la passerella in compagnia di Giulia guardando davanti a me, non guardando il pubblico, ma un punto indefinito dinanzi ai miei occhi.

Siamo tornati indietro insieme, nel punto in cui devo fermarmi per aspettare il mio turno per sfilare completamente solo. Mentre piuttosto divertito fingo superiorità ed indifferenza, non posso fare a meno di notare quanto sia bella e sensuale Giulia: è sicuramente la più bella tra tutte le modelle che ho visto in giro stasera. Dopo un generosissimo applauso (soprattutto dal lato maschile degli spettatori), Giulia avanza verso di me strizzando l'occhio. È il mio turno. Ce la posso fare. Ce la posso fare. Credici ed andrà tutto bene, Ivan! La fortuna va aiutata, alza la testa, fai il figo e cammina dritto!

Con passo sicuro ho guardato davanti a me, come se mi stessi avvicinando ai miei buoni obiettivi per il futuro, ostentando fierezza e serietà. Il pubblico sta applaudendo. Ho voltato il bacino dall'altra parte, riconoscendo Tina tra il pubblico, che mi guarda divertita. Ti diverti, eh? Ti farò cambiare quello sguardo, lo trasformerò in un'occhiata completamente rapita ed affascinata. Stai a vedere. Ho sfilato la giacca, completamente fuori programma, poggiandola sulla spalla, inclinando leggermente il mento verso l'alto. Il pubblico sembra estasiato. Mi sono voltato e ho percorso la passerella tornando da Giulia, poi sono sceso dalla piccola scalinata sul retro del palco, dal quale Giulia è schizzata via alla velocità della luce per cambiarsi nuovamente d'abito. Mi spiace un po' per lei, dal momento in cui io ho già terminato la mia parte di lavoro.

«Woah! Grandissimo! Sei stato spettacolare!» mi dice Rosemund applaudendo con un sorriso bellissimo.

«Mi hanno applaudito, Rosemund! Sono un attore nato!»

«Sì, potresti esserlo!»

«Grazie per avermi incoraggiato! Mi è stato davvero utile!»

«É una forza che avevi già dentro, io volevo soltanto confortarti un po'!»

«Sciocchezze! Sei stato davvero utile! E anche molto ispirante! Ho fatto la tua imitazione prima, l'hai vista bene?»

«La mia imitazione? Non è vero, io non sono così!»

«Sì invece! Avevi quella faccia quando mi hai insegnato a camminare!»

«No, assolutamente!»

Invece sì.

Abbiamo appoggiato Giulia, che si è comportata letteralmente come un'eroina, sfilava e re-infilava abiti alla velocità della luce, senza nemmeno mostrarsi sconvolta. Alla fine si è dilettata in una posa accattivante quando si è sfilata la giacca mostrando la schiena nuda, è stata davvero eccezionale.

«Santo cielo, Ivan! Sei stato spassosissimo!» Mi urla Giulia appena scesa dal palco, abbracciandomi e ridendo insieme. Ha un profumo molto dolce.

«Perché? Stavo imitando Rosemund!»

«E ci sei uscito a malapena, te lo garantisco! Sei troppo simpatico, sei come un pupazzetto tenero!»

É ubriaca?

«Giulia, sei stata fantastica!» la voce di Fernando spezza gli entusiasmi di Giulia.

«Grazie...»

«Davvero, sei stata straordinaria! Beh, lo sei sempre...»

«Arriva al sodo Fernando, cosa vuoi?»

La vedo male, poverino...

«Voglio uscire a cena con te!»

«Non se ne parla proprio, io ho altri impegni per stasera, devo festeggiare la vittoria in pizzeria con i miei amici!»

«Posso venire anch'io?»

«E chi ti ha invitato? No, assolutamente!»

Fernando, nel suo fisico massiccio e nei suoi occhi scuri da duro, ha fatto un'espressione da cerbiatto ferito: mai avrei creduto di vederlo così, mi fa pena... che strano, eppure credevo che andassero bene le cose tra lui e Giulia, ma a quanto pare sembra che dopo quella scappatella al negozio, lei non ne voglia più sapere.

«Non è sicuro che vinceremo, Giulia.» il tono funebre di Rosemund irrompe questa scena comica, seppure triste per Fernando. È di nuovo in ansia? Che ragazzo strano, prima mi da le forze per farmi vedere da tutti quegli sconosciuti e poi è lui che ha bisogno di conforto.

«Se non vinciamo è senza dubbio per colpa mia, ho fatto un pastrocchio.»

«Non è vero, tu sei stato bravo! Se non vinciamo è perché il concorso è truccato, e se è così, stai certo che prendo l'organizzatore a scarpate!»

Come se l'organizzatore venisse a dirtelo...

«Ragazzi!» Anche Ashley si unisce alla conversazione, nel suo cappotto di panno bianco come la neve. Accidenti, a questa ragazza sta bene tutto, è sempre bella, ad ogni ora del giorno.

«Ashley!!» Giulia è saltata sulle gambe di Ashley, abbracciandola e comportandosi da ragazzina di tredici anni.

«Liberami da Fernando, ti prego!»

«Ehi, ti ho sentito...» Fernando sussurra seccato. Mi chiedo quanta pazienza abbia per correre dietro ad una ragazza esuberante come Giulia.

Abbiamo chiacchierato di idiozie nell'attesa della fine della gara, senza che Tina si facesse vedere.

Il presentatore improvvisato è salito sul palco e si è schiarito la voce: «Adesso è il momento di annunciare il vincitore della gara di miglior stilista provinciale, gente! Invito innanzi tutto tutti gli stilisti a salire sul palco!» il tipo con la zucca calva ha iniziato ad annunciare tutti i partecipanti che poco a poco sono saliti sul palco: non più di una quindicina. Quando è stato fatto il nome di Rosemund, non ho potuto fare a meno di stringere i pugni, sentendo qualcuno dal pubblico fischiare.

«Il vincitore è... La boutique di vestiti "Da Carrasio"!»

Cosa...? COSA??

Incredulo ascolto il pubblico applaudire gioioso.

«STAI SCHERZANDO, PELATO?» Giulia si dimena, trattenuta da Fernando, che si è beccato gomitate e tra un po' anche un bello schiaffone.

Mentre vengono chiamate le modelle sul palco per ritirare il premio e festeggiare, mi sento come se avessi ingoiato un nido di tagliatelle ancora crude. Sono sicuro che quelle sottospecie di modelle non arrivano nemmeno all'alluce di Giulia a confronto. È ingiusto. O più umanamente, è la sconfitta ad essere bruciante: per quanto non sia mio il negozio, mi sento davvero irritato.

Rosemund ci ha raggiunti con un'espressione molto seria in volto. Dev'essere davvero distrutto, ci teneva così tanto.

«Giulia, vai a cambiarti che prendi freddo.»

«Sì.»

Devo andare a cambiarmi anche io. Mi sono voltato, ma la mano minuta di Ashley mi ha trattenuto per la giacca.

«Gli passerà presto, non preoccuparti.» Il suo dolce sorriso le torna sul viso, seppure con una nota amara ben visibile. Dovrei crederle? Beh, se l'ha detto lei, probabilmente dovrei.

Sono rientrato nella tenda, affollata da altri modelli, ma non vedo Rosemund. Dove sarà? Forse starà piangendo in un angolino solo soletto? No, non potrebbe. O forse si? Ci teneva così tanto, quindi è probabile... devo uscire a cercarlo.

Ho visto una figura alta allontanarsi dalla piazza, dalla camminata sembra lui. E anche dal cappotto. Mi avvicino. Sembra che stia tentando di fare una telefonata, meglio far finta di niente.

«Lorenzo, ho letto il messaggio. Perché avvisi me di una cosa che non mi riguarda? Si è assentato, certo... Ascoltami, ascoltami bene: se vengo a sapere che hai il piede in due staffe, giuro che ti verrò in sogno pur di strangolarti. Sto soltanto prendendo in considerazione più vie. Lorenzo, hai fatto delle promesse molto importanti, non fare lo stronzo con me, perchè sai bene che non ti conviene. Vai, vai a lavorare... e anche al diavolo, già che ci sei.»

Ha chiuso la chiamata: deve essere qualcosa di importante, perché si sta stropicciando i capelli in maniera nervosa. Lorenzo... e chi sarà questo adesso? Rosemund ha detto di non avere nessuno... forse un "amico di letto", come dice lui? Oh, mi ha visto! Spero che non si sfoghi su di me!

«Hai ascoltato?»

«Ehm... s-sì.»

Adesso mi mena.

«Scaramucce di coppia, non farci caso.»

Sta sorridendo: sono confuso.

«Devo assolutamente andare da Ashley ad avvisarla adesso.»

Quindi questi Lorenzo sarebbe il fidanzato torinese di Ashley... capito.

Quando Rosemund ha detto ad Ashley che Lorenzo era bloccato in ufficio per una riunione di lavoro urgente, le è sparito il sorriso.

«NON VIENE NEANCHE STASERA?» urla improvvisamente Giulia. Ashley scuote la testa. Ed interviene Rosemund:

«Che significa "neanche stasera"?»

«Rose, lui è venuto in città per lavoro, non posso pretendere che stia tutto il tempo con me.»

Due fidanzati che abitano distanti che non cenano insieme? Che fidanzamento del cavolo è? Guardo Rosemund stranito, che rimane in silenzio a massaggiarsi la fronte:

«Ho capito, vedetevela tra di voi.»

«Ashley, Rose, stasera andiamo a mangiare la pizza come premio di consolazione, dai!» propone Giulia per alleggerire l'atmosfera.

«Andate voi, io non vengo.»

Categorico. Deve essere parecchio nervoso, come quando abbiamo litigato per colpa di Tina.

«Telefonatemi per qualunque cosa.»

Ehi, va via così? Si è voltato di spalle e se ne sta andando! Bella considerazione dei suoi amici!

«Ehm... R-rosemund, andiamo via insieme!» Meglio tenerlo d'occhio.

«Perché non vai con gli altri a divertirti?»

«Perché non voglio.»

«Perché?»

«Perché no.»

«Hai intenzione di seguirmi persino se dovessi andare da qualche gigolò?»

«Sì.» Dicendo "sì" mi assicuro che, per sua nobile coscienza, non ci vada sul serio.

«Fai come ti pare.»

Ehi! Ci va sul serio?

«Grazie Vincenzo, grazie! Sei il mio salvatore!»

Io e Rosemund ci guardiamo senza capire da dove sia spuntata la voce, visto che ormai si sono dileguati tutti quanti.

«Lo so, ma vedi di chiudere subito con i tuoi spacciatori!»

«Grazie a te adesso nel mio negozio tornerà la folla come un tempo!»

Rosemund mi ha segnalato con il dito indice di fare silenzio, ed entrambi ci siamo affacciati in un vicolo deserto, riuscendo a vedere l'organizzatore pelato parlare con il vincitore della sfilata.

«É colpa tua se i clienti erano spariti, vendevi robaccia per tenerti i soldi per la droga! Ma mi chiedo poi, quanto altro potrai durare dopo aver vinto questo concorso? Due mesi al massimo?»

«Due mesi saranno abbastanza per ripagare i miei debiti!»

«Lo sai che per colpa del tuo egoismo e del mio buon cuore ho tolto la vittoria a quel ragazzo biondino molto talentuoso, vero?»

«Sì, ma cosa vuoi che sia la vittoria di un ragazzino a confronto dei debiti di un uomo povero ed indebitato come me? Cosa vuoi che se ne faccia un ventenne dei soldi ricavati dalla popolarità del negozio? Se li sarebbe mangiati tutti in prostitute, e nemmeno quello, perché tutti in città sanno che è ricchione! Quindi mettiti la coscienza a posto, e grazie ancora!»

Sono scattato in avanti per dare una lezione ai due truffatori, ma le braccia forti di Rosemund mi stanno trattenendo. Perché? Non è furioso? Non gli bolle il sangue nelle vene? Non gli si contorcono le viscere dello stomaco?

«Lasciam–»

Con la sua forza, mi ha scontrato contro la parete in bugnato rustico della cattedrale adiacente, e ha premuto la sua mano sulla mia bocca. Continuo a dimenarmi, ma non riesco a liberarmi. L'ho guardato in viso con gli occhi pieni di rabbia. Le sue pepite blu intenso si muovono lentamente da una parte all'altra, insieme ai capelli biondi che gli vanno sugli occhi, in segno di negazione, con un'espressione tranquilla, che non mi sarei mai aspettato. Aprendo le labbra, mi ha sussurrato: «Lasciali perdere, quello lì è un povero disgraziato. Andrà meglio la prossima volta.» poi ha liberato un piccolo sorriso a mo' di scusa: se lui non si oppone, non ha senso che lo faccia io. Per quanto mi dia fastidio, devo rispettare la sua scelta. Scelta che non condivido affatto, quel tizio l'ha insultato e si è fatto persino la risatina!

Siamo andati via in silenzio, percorrendo una strada deserta, andando verso una direzione a me ignota.

«Andiamo a mangiare, ti va?»

Mi sono fermato, guardando verso il cielo: la luna è piena questa sera. «Sì.»

Anche Rosemund si è fermato a guardarla. «Fa freddo stasera.»

«Sì.»

«Ti andrebbe andare in un ristorante cinese qui vicino?»

Ristorante cinese? Io adoro mangiare al ristorante cinese!! Purtroppo ci sono andato pochissime volte in vita mia, ma ho sempre sperato di tornare a mangiare quelle prelibatezze! Ho la bava alla bocca solo al pensiero...

«Sì!» Ho l'entusiasmo di un bambino di cinque anni alla fiera degli animali.

Mentre ci guardiamo sorridendo con gli occhi brillare di desiderio di mangiare, sentiamo la presenza di una coppietta in amore poco più avanti. Ci siamo guardati negli occhi, sbattendoli con le palpebre spalancate. Eccoli lì, imboscati sul marciapiede ben nascosti delle grandi auto parcheggiate, i due sbaciucchioni. Non ho mai sopportato la gente che si sbaciucchia per la strada, come se non avesse una casa propria dove andare a strofinarsi. E che bisogno c'è di fare tutti quei versi di bocca aspiranti e ansimare in quella maniera per due baci sul collo? Mi vergogno per loro.

«Andiamo via.» Sussurro a Rosemund.

«Ma da qui facciamo prima.» Replica con una smorfia dispiaciuta, voglioso quanto me di riempirsi le gote di involtini primavera. L'ho guardato pensieroso, senza sapere cosa fare, sotto ad un sottofondo che sembra un porno.

«Ivan, dopotutto non credo che quei due, impegnati come sono, si accorgano di noi.»

«Hai ragione.»

Abbiamo camminato facendo finta di niente, io rigido come un bastoncino di ghiacciolo, fino ad arrivargli davanti, dove i "suoni molesti" sono diventati più forti. Da quando ho Rosemund, ovvero da quando finalmente ho una vita sociale, iniziano ad accadermi cose strane, cose bizzarre che accadono a tutti i ragazzi della mia età. Dovrei essergli grato. Mi sono voltato verso Rosemund, che a sua volta era voltato verso i piccioncini. Non credevo fosse così ficcanaso, soprattutto non dopo avermi detto di ignorarli.

La coppia si contorce abbastanza, la donna sembra molto più vecchia dell'uomo. Ho rivolto lo sguardo al viso di Rosemund, molto contorto: posso leggergli in viso disgusto e stupore. Allora abbasso la voce e glielo chiedo: «Li conosci?»

«Lorenzo... che bastardo.»

Rosemund stringe i pugni con forza, mentre i suoi occhi si riempiono di rabbia.

Lorenzo il fidanzato di Ashley? Porca vacca, in che situazione scomoda siamo finiti...

Con un gesto incontrollato, la donna sporge il viso al di là delle spalle del ragazzo, rendendolo visibile alla luce dei lampioni: quegli occhi, quei lineamenti...

«Cazzo...»

Per un lunghissimo secondo mi si è fermato il respiro. Prendo il braccio di Rosemund e lo trascino verso il basso, finendo accucciati dietro le portiere dell'auto, con gli occhi di fuori. Sconvolti, ci siamo guardati in viso, consapevoli entrambi di conoscere i traditori. Non riusciamo a parlare, ma riusciamo a capirci: seppur sconvolti, siamo curiosi della reazione dell'altro. Facendo un respiro e prendendoci per mano così da non perdere l'equilibrio, ma anche per farci forza, con una debole frase abbiamo rivelato le identità della coppia.

«Lorenzo, il fidanzato di Ashley... le ha persino chiesto di sposarlo...»

Gli ho stretto la mano d'istinto, per l'ansia, per il nervoso e per la preoccupazione che dentro di me traboccano:

«...Rosemund, quella è mia madre, cazzo! Che facciamo?»

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Capitolo 20
*** Divisi da una porta, connessi dall’anima ***


In uno stato di caos mentale, Rosemund mi ha afferrato le mani e mi ha guardato con degli occhi che provano troppe emozioni tutte insieme: mi ha aiutato ad alzarmi ed insieme abbiamo iniziato ad allontanarci a passi incerti, sembrando due ubriachi. Nessuno dei due proferisce parola, almeno fin quando non svoltiamo l'angolo.

«R-rosemund, io non... non so cosa dire in una situazione del genere...» mi vergogno così tanto...

«Non lo sapevi, è comprensibile.»

Non ho il coraggio di guardarlo in faccia, sento un gran peso nello stomaco, mi sento sporco e colpevole, anche se in questa storia la mia unica disgrazia è quella di essere figlio di quella donna. Mi sento male per Ashley, per Rosemund... Mi chiedo se papà ne è al corrente... ma chi se ne frega dei miei genitori, questa brutta situazione ferirà sicuramente Ashley, e l'ultima cosa che vorrei è vederle spegnersi il sorriso.

Rosemund non dice una parola. Dev'essere davvero arrabbiato... Per lui la famiglia è sacra, nessuno può toccargliela... chissà cosa starà provando, forse sta piangendo in silenzio... non che io non mi senta sul punto di piangere...

Ho alzato il capo, ma Rosemund non c'è più. Dov'è? Se n'è andato? Qui c'è un gruppo di ragazzi fuori da questo bar con delle birre in mano, potrei chiedere a loro:

«S-scusate, avete visto il ragazzo che era con me poco fa?»

Un ragazzo basso, con dei rasta e una faccia da lottatore dopo aver perso un incontro, mi guarda, solleva le sopracciglia e mi risponde con una vocina roca: «Ma non l'hai visto? È corso da quella parte! Guarda, sta attraversando la strada laggiù!»

Mi sono voltato di scatto, vedendo Rosemund attraversare pericolosamente la strada, molto più lontano di quanto credessi: ma quanto è veloce?

Corro il più in fretta possibile per raggiungerlo, attendendo che passino le auto in corsa. Si è fermato ad osservare quell'auto sportiva rossa con un'espressione che non mi piace per niente. Liberato il passaggio, ho attraversato la strada, raggiungendolo.

«Rosemund, perché sei corso via?»

Rosemund non mi risponde, con uno sguardo da pazzo che passa velocemente da una parte all'altra dell'auto, mentre fruga nelle tasche interne del cappotto.

«Ehi, che vuoi fare? C'è gente!»

«Che si godano lo spettacolo.» Rosemund si è passato velocemente una mano tra i capelli, che sono rimasti scompigliati all'insù, mostrando completamente la luce vendicativa nei suoi occhi blu, mentre con la lingua si inumidisce il lato sinistro delle labbra, sembrando uno psicopatico. Ha estratto la sua scatola porta spilli dalla tasca interna del cappotto, aprendola ed esaminandone il contenuto con meticolosità.

«Non puoi farlo in pubblico, Rosemund!» lo rimprovero con un sussurro.

«Non riuscirai a fermarmi, Ivan.» un sorriso gli si è dipinto sul volto, un sorriso carico di rabbia e soddisfazione al solo pensiero di quello che si appresta a fare, tenendo ben saldo tra le dita della mano un grande e spesso spillo.

«Non ne ho la minima idea! Solo non voglio che tu passi dei guai per questo!»

«Sono sopravvissuto a ben peggio, credimi. Vuoi unirti a me?»

«Non ci penso proprio! Tutto tuo! Al massimo posso coprirti!»

«Sì, così mi piaci di più.»

Si è accucciato sferrando un colpo con potenza alla prima gomma dell'auto. Il suono dell'aria che fuoriesce arriva fino alle orecchie dei ragazzi davanti al bar:

«Oooh! Vai, vai! Distruggila!»

Dal momento che sembrano divertiti, non credo faranno la spia.

Frenesia e rabbia, mista ad eccitazione riempiono il mio stomaco, mentre osservo Rosemund forare tutte le ruote dell'auto. Deve sentirsi almeno un po' meglio, beato lui. Mi ha guardato con un'espressione strana, sorridente ma non ancora soddisfatto:

«Lo sai che le righe stanno tornando di moda, Ivan?»

«Allora direi che quest'auto non è al passo con i tempi.»

«Esatto. Bravo Ivan.»

Con lo spillo ben saldo, ha iniziato a rigare la macchina: lo spillo durante lo sfregamento con la vernice produce un sibilo che mi fa venire la pelle d'oca, ma non ne sono affatto disturbato. Rosemund traccia delle line diritte e regolari, ma ben spesse, lasciando al suo passaggio la vernice cadere sul marciapiede. I ragazzi continuano ad osservarci divertiti.

«Ed ora il colpo finale, per adesso.»

Rosemund accarezzando la superficie completamente rigata dell'auto striscia al mio fianco, poi si volta verso lo specchietto e gli assesta un colpo deciso e diretto, facendolo cadere a terra con un tonfo.

I suoi occhi sono soddisfatti, ma ancora assetati di vendetta, quasi quanto i miei. Guardandolo ho anche io la voglia di vendicarmi in qualche maniera, ma tutto ciò che posso fare adesso è stringere i pugni. Voltandomi, noto una paperella rosa di peluche. Bingo! Adagiata al cruscotto dell'auto nera, ecco la papera che mio padre le ha regalato per San Valentino: parcheggiata proprio di fianco all'auto di Lorenzo, c'è quella di mia madre! Finalmente è arrivato il mio turno!

«Rosemund, spillo, spillo!»

Gli ho strappato di mano lo spillo e mi sono mosso a passi euforici verso la macchina. Cosa potrei fare a parte forare le ruote? Ci penserò dopo, per ora facciamo scoppiare i fuochi d'artificio! Ho bucato la ruota, che rompendosi ha fatto un rumore molto più forte di quando l'ha fatto Rosemund.

«L'ho tagliata! Guarda che roba!»

«Bravo, davvero bravo.»

Ho fatto scoppiare anche le altre, mentre un uomo alla guida passando mi ha lanciato un'occhiata di sdegno.

«È il momento dell'opera d'arte!»

Ho impugnato meglio lo spillo e mi sono appoggiato al cofano anteriore, pronto per dare dimostrazione della mia bravura. Ho fatto un abbozzo di due corpi addossati ad un muro, con l'espressione contorta, mentre si sbaciucchiano come se dovessero morire stanotte, poi mi sono allontanato per osservare il lavoro.

«Spettacolare Ivan! Sei bravo nel tuo campo!»

Pensandoci è la prima volta che Rosemund guarda un mio disegno, e pensare che mi è venuto persino storto e sproporzionato per via della superficie inadatta.

«Mai quanto tu nel tuo! Un attimo, firmo e andiamo!»

Ho scritto a caratteri maiuscoli, accanto al disegno "VACCA BALDRACCA", e poi mi sono fatto indietro, mentre Rosemund è piegato in due dalle risate.

«Adesso possiamo andare.» Abbiamo guardato il nostro lavoro distruttivo compiaciuti.

«Sì. Il ristorante è in fondo alla strada. Dobbiamo rifocillarci, ci aspetta una buona spremuta di meningi.»

«Sì!»

Passando davanti al rottame di mia madre, ho tirato un calcio alla portiera, ammaccandola un po'.

«No, se devi ammaccarla devi fare più forza! Così!»

La pedata pesante di Rosemund ha fatto un eco assordante, facendo uscire dal balcone una donna con in testa dei bigodini.

«Andiamo, ho fame!» Mi ha sorriso soddisfatto, appoggiando il braccio sulle mie spalle e insieme ci siamo allontanati, contenti come dei bambini al parco giochi.

Il ristorante in cui siamo entrati è molto caratteristico: ci sono grandi acquari e dipinti originali di panda che mangiano bambù, i paravento in legno ricoperti di edera, (seppur finta) sono molto caratteristici e danno ai clienti la giusta riservatezza: stasera non c'è molta gente. Ci siamo seduti ad un tavolino abbastanza nascosto, così da poterci sfogare liberamente: la cameriera, bassa con degli enormi e spessi occhiali rotondi è venuta per prendere le nostre ordinazioni.

«Rosemund, penso che per stasera la cena la offre mia madre.» Ho tirato fuori dal portafogli la carta di credito che mia madre mi ha lasciato stamattina, e che io ho preso solo nell'eventualità di uscire a festeggiare per la vittoria.

«Come si chiama tua madre?»

«Clarissa.»

«Allora godiamoci un pasto abbondante e prendiamo un bel po' di alcolici, alla faccia di Clarissa!»

«Sì!» Chi se ne frega se non li reggo, stasera sono troppo arrabbiato, devo ripulirle il conto.

I primi piatti sono arrivati abbondanti, fumanti, invitanti, velocemente, ma non abbastanza da averci impedito di bere i primi tre bicchieri di vino rosso a stomaco vuoto.

«Fammi assaggiare un po' dei tuoi spaghetti alla piastra, Rosemund!»

«Tieni.»

Rosemund ha diviso l'abbondante porzione e l'ha posata sul mio piatto, con gesti molto eleganti:

«Sto cercando di rilassarmi, perché la vendetta è un piatto che va consumato freddo. Gli insulti, le accuse, i gesti, possono essere puniti con la violenza, ma non i tradimenti.»

«Lorenzo e Ashley erano insieme da molto tempo?»

«Un paio di anni. Abbastanza da far sì che conosca tutto della famiglia, e questo mi fa infuriare. É passata a malapena una settimana da quando ha chiesto ad Ashley di sposarla, che verme. Ultimamente era sempre più distante, e la cosa mi ha fatto innervosire non poco, per questo hai sentito quelle parole dure al telefono... infatti non mi stavo sbagliando.»

«Sei stato bravo ad intuire puzza di tradimento... io mai in vita mia avrei creduto che mia madre potesse avesse un amante, figuriamoci un ragazzo così giovane.»

«Beh...»

Ho addentato lentamente la forchettata di spaghetti alla piastra, ascoltando Rosemund con attenzione:

«...Diciamo che ci sono abituato.»

Sono rimasto a fissarlo con gli spaghetti che mi penzolano dalla bocca. Non credevo che qualcuno potesse mai avere il coraggio di tradire Rosemund, che è sempre così gentile ed amichevole.

«Mi dispiace. Non volevo farti dire qualcosa di spiacevole.» Che bocca larga.

«Mi hai fatto una domanda ed io ho risposto, tutto qui. Adesso, cosa conti di fare? Io posso adeguarmi ai miei mezzi, ma tu vivi ancora con tua madre.»

Che bella domanda. Non so proprio cosa potrei fare. Il problema è che nonostante tutto io voglio bene a mia madre, anche se questa non posso proprio perdonargliela. Voglio fargliela pagare, ma quanto dovrei andarci pesante esattamente? Dovrei umiliarla davanti a papà? Dovrei fare finta di niente? O dovrei mandarle semplicemente dei segnali per farle capire di aver capito? Non sapevo nemmeno che le cose non andavano bene con papà, per quanto non li veda spesso. E se le cose tra loro non andassero male? Se avesse semplicemente il piede in due staffe per il puro gusto di farlo? E se si trattasse di qualcosa di passeggero, davvero dovrei far scoppiare una bomba così grande dentro le mura domestiche? E Ashley, la povera Ashley... aaah, come sono confuso!

«Passami il vino!»

Ho bevuto a grandi sorsi il bicchierone appena versato.

«Tu cosa farai?» Meglio mettersi d'accordo.

«Io lo prenderò da parte e lo sbatterò contro un muro, poi aspetterò che confessi senza troppa pazienza, facendo allusioni di ogni genere in ogni ora, punto e momento.»

«Uhmmm...» Mi sono versato ancora da bere. «Forse dovrei fare anche io delle battute di cattivo gusto, giusto per smuoverle la coscienza, anche se non credo che ne abbia una arrivata a questo punto. Si stavano strusciando per strada, ti rendi conto?»

«C'è gente a cui piace farlo in pubblico, meglio ancora se davanti ad una telecamera.» Mentre pronuncia questa frase, Rosemund osserva il suo bicchiere pensieroso, posandolo sul tavolo con un piccolo tonfo. Non so perché, ma non riesco a fare a meno di pensare che probabilmente questa sua ultima frase non sia stata pronunciata per semplice conversazione.

«... È qualcosa che successivamente ti si è rivolto contro?»

Ma che diavolo dico? Dev'essere colpa dell'alcool! Non voglio dire stupidaggini, o fargli tornare in mente cose spiacevoli! Sarà meglio per me restarmene in silenzio per questa sera, o finirò per fare ancora più danni!

«Ci sono stato malissimo.»

Ho poggiato il mento sul tavolo, triste e crucciato, capace soltanto di ascoltare, mentre mi si forma un magone in gola.

«La cosa peggiore è che ho fatto soffrire tutti quanti. E adesso ad Ashley toccherà soffrire ancora, e chi le darà questa notizia, questo dispiacere... sarò io, come sempre.»

Senza parlare, rimango in silenzio ad osservarlo, incapace di rispondergli in qualunque maniera, mentre nei miei occhi si formano pesanti gocce che cadranno molto presto. Nonostante stia cercando di trattenermi, continuo a fissare il blu intenso degli occhi di Rosemund, la cui luce triste riflessa è simile a quella presente nei miei.

«S-scusami...»

Rosemund si è alzato di scatto, dirigendosi verso i bagni. Senza pensarci l'ho seguito, preoccupato, con ancora la morsa nello stomaco, anche se non riesco a capire se si tratti del troppo vino o della tristezza che sto provando in questo momento.

Ho varcato la porta dei bagni, in cui gli scompartimenti sono tutti vuoti, eccetto uno: sono sicuro che Rosemund sia entrato qui.

Socchiudo le labbra per chiamarlo, ma rimango bloccato nell'udire i deboli gemiti del suo pianto. Sentendolo così fragile per la prima volta, sento una stretta al petto, e le lacrime fuoriuscirmi calde e inarrestabili, cadermi dritte tracciando la linea dei miei zigomi, delle guance e del mento, finendo infine sul pavimento. Sembra che l'ansia accumulata stia venendo fuori tutta insieme... ho appoggiato la mia schiena alla porta chiusa, strofinandomi gli occhi con le mani. Dalle vibrazioni dietro le mie piccole spalle mi rendo conto che al di là di questa lastra di legno che ci divide, anche la schiena di Rosemund sia appoggiata a questa porta.

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Capitolo 21
*** Soli nella mia camera buia ***



Ho aperto gli occhi, trovandomi nella mia stanza, con la tenda sulla finestra e la tapparella abbassata, che copre ogni possibilità di intravedere il minimo fascio di luce. Ma che ore sono? Ho guardato l'orologio a muro: segna quasi le sei.

Ieri sera dopo aver sentito Rosemund piangere, sono crollato anche io, poi sono tornato a sedere per non farmi accorgere di averlo seguito, e quando è tornato ha fatto finta di niente. Poi abbiamo bevuto e mangiato ancora, e poi... poi non ricordo bene. Ricordo Anna e il suo cappotto nero al ristorante, null'altro. Devo essermi ubriacato.

È ancora presto, posso uscire a correre stamattina, prima di andare a scuola. Ho un po' di compiti arretrati dopo le assenze per prepararmi alla sfilata. Devo sbrigarmi a collegare il cervello, ho ancora in testa il casino di ieri sera.

Infilo le ciabattone con peluche di Hulk e apro la porta lentamente. Di solito tra poco si alzano mamma e papà per andare a lavoro, spero davvero di non incontrarli, non ne ho la benché minima voglia. Bene, non c'è nessuno in piedi, posso andare a lavarmi.

Apro la porta del bagno rimanendo in piedi come un salame, non aspettandomi di incontrarlo in casa mia a quest'ora del mattino: Rosemund è davanti alla vasca da bagno, con indosso solo le mutande, chino per afferrare l'asciugamano. Mi risalta alla vista la sua schiena non troppo ampia, ma abbastanza da esserne invidioso. Beh, non che per me ci sia un fisico che non possa invidiare data la mia stazza.

Lo vedo con espressione seria ed assorta asciugarsi i capelli biondi, che gli finiscono completamente sugli occhi da bagnati. Chissà a cosa sta pensando.

«WOAH!!»

«AARGH!!»

Ci siamo spaventati entrambi: lui vedendomi sulla porta come un idiota, io per la sua reazione. Ha un neo sul fianco sinistro.

«Che diavolo, mi hai spaventato!» Mi rimprovera, continuando ad asciugarsi i capelli chiarissimi.

«S-scusa! Non credevo fossi a casa mia!»

«È successo.»

"È successo" cosa? Che vorrà dire? Che è capitato di trovarsi qui o che è successo qualcosa tra noi due in preda all'ubriacatura? Oddio, e se fosse successo qualcosa tra me e lui? Io non sono gay, non posso averlo fatto! Non con lui! Né con nessun altro! L'unica cosa trasgressiva fatta in tutta la mia vita a parte ammaccare la macchina di mia madre e del suo amante ieri sera, è stata baciare Tina quando ero ubriaco! Mai avrei creduto di finire a letto con il mio migliore amico! Ma nemmeno per opera dell'inconscio! No, no! Però potrebbe essere che non sia accaduto nulla: mai fasciarsi la testa prima di rompersela. Giusto. Adesso glielo chiedo.

«Dove hai dormito?»

«Nella camera degli ospiti. È davvero comoda!» Mi ha sorriso soddisfatto del bel pisolino.

«Non ricordo cos'è successo ieri sera...»

«Nemmeno io ricordo bene, anche se sono altri i pensieri riguardante ieri che vorrei rimuovere. La nostra sbronza è l'ultimo dei nostri problemi in questo momento.»

«E lo credo bene.»

Una voce alle mie spalle mi fa sobbalzare: mi volto lentamente scorgendo il viso sveglissimo di mio padre. Nonostante il pigiama a fiori, i suoi occhi verdastri dietro gli occhiali sono vispi e a quanto pare molto arrabbiati.

«Ivan, mi devi qualche spiegazione.»

Cosa vorrà? Non credo che mamma gliel'abbia detto, sarebbe una stupida altrimenti. O è perché sono in bagno con un ragazzo in mutande? Omofobo com'è potrebbe essere per questo...Ivan, inizia a pensare a cosa potrebbero ricordarsi di te gli altri una volta che sarai morto, ovvero tra pochi minuti.

Papà mi ha afferrato per l'orecchio, alzando la voce e trascinandomi in corridoio: «Che fine ha fatto la mia macchina? Dove l'hai parcheggiata per far sì che ricevessi una lettera dai vigili? Quante volte ti ho detto di comprarti una macchina invece di usare le nostre, eh? Ah, ma tu non puoi permettertelo, perché sei un MANTENUTO PERDITEMPO BUONO A NULLA!»

«Ahi! Ahii!» Ho guardato supplichevole Rosemund, sperando che mi perdoni l'ennesima figuraccia.

«Ma a che vi servono due macchine a testa se non posso prenderne una in prestito per pochi minuti?» Controbatto chino per il dolore della stretta, che si fa sempre più forte, credo di non sentirmi più l'orecchio ormai.

«L'hai presa per due minuti e te la sei fatta rimuovere come un imbecille!! Ma chi è il ladro che ti ha dato la patente?? Figlio buono a nulla! Non so cosa farai, e non mi importa, ma pagami subito la multa, capito??»

«S-sì! La pagherò! La pagherò!»

Papà continua ad urlarmi nelle orecchie, trascinandomi in giro per tutta casa, scendendo le scale che portano al pian terreno fino ad arrivare in cucina, dove Anna sta già preparando la colazione.

«TI DO TEMPO FINO A DOMANI PER DARMI I SOLDI!»

«A quanto ammonterebbe...?» ho paura di saperlo.

«Centocinquanta: e li voglio entro le sette di domani sera, capito? Altrimenti dovrai darmene duecento!»

«V-va bene, va bene! Lasciami però! Mi fai male!» Vuole anche i soldi per la mora?

«E tagliati questi capelli, che sembri un barbone!»

Dice così solo perché è geloso, visto che ha una bella luna in testa. Pensando alla luna, mi è tornata in mente la scena disgustosa di ieri tra mia madre e il fidanzato di Ashley.

«Siediti qui, devi raccontarmi un po' di cose.»

Lo guardo infastidito toccandomi l'orecchio indolenzito, pronto per la seconda parte della paternale. Dovevo fare la pipì...

«Da quando porti in casa gli amici?»

«Da un po'.»

«E chi è questo qui?»

«Un amico.»

«Come si chiama? Di chi è figlio? È una persona raccomandabile? Cosa fanno i suoi genitori? Soprattutto, lui è un mantenuto buono a nulla come te? Sai, non vorrei che ti facessi amici che ti portino su una cattiva strada! È un drogato? Hai iniziato a drogarti anche tu? Fammi vedere le pupille!»

«No, lasciami!» Ho scostato la testa per non farmi braccare dalle sue mani grandi e tozze. Mi fa tutte queste domande solo perché ha visto Rosemund in bagno, dov'era nell'ultimo mese? Non si è accorto nemmeno che mi sono rasato la barba. A lui non interessa nulla di me, vuole solo un figlio perfetto per vantarsene con i colleghi.

«Allora? Rispondimi, prima che ti lanci una mela sulla fronte!»

«...Si chiama Rosemund Smith, ed è una brava persona. Siamo amici da un po'.»

«E? Continua! È uno svitato? Si droga? Ti porta in posti strani? Quanti anni ha?»

Anna spegne la caffettiera e si avvicina alzando lo sguardo al cielo, intromettendosi:

«Mi scusi signor Francesco, Rosemund è un bravo ragazzo, garantisco io! È stato qui negli ultimi tre giorni, ed è davvero gentile!»

«È stato in casa per tre giorni senza avere il mio permesso? È un barbone? Non ha un posto dove stare? Anna, controlla che non manchi qualcosa!»

Mi guardo ansioso alle spalle, col terrore che Rosemund possa ascoltare le sue cattive parole.

«E che c'è stato a fare qui tre giorni?»

Ho lanciato un'occhiata ad Anna. «L'ho invitato io, perché gli avevo promesso di aiutarlo a fare una cosa che ci ha impiegato un po' di tempo.»

«E cos'è questa cosa?»

«Buongiorno.»

Ci siamo tutti voltati verso le scale, dove Rosemund le sta percorrendo con le sue solite movenze eleganti, con i capelli ancora bagnati e lo stesso maglione indossato ieri sera.

Mio padre lo squadra da capo a piedi, senza preoccuparsi di sembrare discreto:

«Buongiorno.»

Io sollevo timidamente il polso salutandolo debolmente con la mano quasi completamente avvolta dalla manica del mio pigiama, guardandolo imbarazzato, senza avere il coraggio di salutarlo festosamente.

«Prego, siediti pure.»

Rosemund si è seduto educatamente allo sgabello dell'isola: uno di fronte all'altro sembra evidente l'enorme differenza di altezza tra i due.

Mio padre ha iniziato a tempestarlo di domande, al quale Rosemund pazientemente ha risposto, seppur in maniera molto vaga. Il suo sorriso di circostanza non ha inibito le osservazioni di cattivo gusto di mio padre sugli immigrati che vengono per rubare il lavoro agli italiani.

«Non vorrei sminuire lei e le sue convinzioni, ma io non ci vedo nulla di male nel trasferirsi all'estero: soprattutto quando hai una madre italiana che ha nostalgia della sua amata terra. Ci ha raccontato un sacco di belle storie su questo paese, ci resterà male quando le racconterò che non è il bel posto che ricordava...»

Rosemund, che diavolo stai dicendo? Vuoi assicurarti la sua antipatia a vita? No, perché sei già sulla buona strada amico mio!

«Oh, no, non c'è n'è bisogno. Ragazzo, temo di essermi espresso male: parlavo degli immigrati stranieri, non degli italiani che rientrano dall'estero! A tua madre deve essere mancata terribilmente l'Italia, con tutte quelle schifezze che si mangiano altrove, no? A proposito, di dove sei?»

«Sono Americano.»

«E di dove precisamente?»

«Pensacola.»

«Ah, l'America... beh, all'epoca molti italiani si trasferirono per seguire il sogno...»

Ecco che cerca di pararsi il culo da bravo italiano... puah. Mi dissocio completamente da questa famiglia: è possibile che mi abbiano adottato ed io non lo sappia? Spero proprio che sia così.

«Mi scusi, io dovrei proprio andare adesso.»

Cosa? Se ne va?

«A-aspetta, dove vai? E la colazione?»

«Veramente io...»

Mi sono avvicinato a Rosemund e gli ho sussurrato: «Ti prego non andartene, tra poco se ne andranno tutti dalle scatole e potremo parlare in pace! E poi non dobbiamo andare a correre oggi?» Tra l'altro non ho ancora fatto pipì.

«Ti porto a far vedere quel bel materiale che mi ha prestato il mio professore! Vieni a vedere! Anna, noi andiamo di sopra!»

Ho trascinato Rosemund al piano di sopra, arrivando in camera mia.

«Ti prego, scusami! I-io non so perché sono nato in questa famiglia, mi sento così in imbarazzo...»

«Non preoccuparti, è comprensibile dato che sei figlio unico.»

«Appunto, non è che mi hanno adottato ed io non lo so?»

«Sognare è bello, non smettere Ivan.»

Mi ha sorriso gentilmente, ma mi sento preso in giro in questo momento.

«Ficca il naso dove ti pare, ma resta qui per dieci minuti soltanto! Il tempo di andare in bagno!»

«Okay. Posso accendere il computer?»

«Sì! Fai come se fossi a casa tua! Anzi, peggio, ma non andartene in giro!»

«Great! Allora aspetto qui!»

Dopo essermi vergognato come non mai, sono uscito dal bagno trascinando i piedi in accappatoio, dato che nella fretta e nell'imbarazzo generale, ho dimenticato di prendere i miei vestiti. Mi vergogno ad entrare in camera mia in questo stato, con Rosemund che mi aspetta dentro.

Ho aperto la porta quel filo che mi basta per spiare all'interno: Rosemund è seduto alla scrivania e sta fissando lo schermo del portatile. Chissà cosa starà guardando.

«Uhnn... Ahhh... Ah...»

Cos'è questo lamento?

«Uuhnn...Ah...Ahhhh...»

PORCA VACCA, I FILM GAY CHE HO NOLEGGIATO L'ALTRA VOLTA!! Mi sono dimenticato di restituirli! E adesso?

«Oh! Ivan, entra! Non sbirciare dalla porta, è la tua stanza dopotutto!»

Sono entrato a piccoli passi, paonazzo per l'imbarazzo. Rosemund si è voltato verso il video, continuando a guardarlo come se sullo schermo vi fosse proiettato un documentario sui panda. È vero che li ho noleggiati io stesso per documentarmi e per abbattere la montagna di ignoranza che mi sotterrava, ma non mi sono mai abituato a vedere le scene di sesso tra i protagonisti, che tra l'altro erano tutte ben censurate. Questo dev'essere uno degli ultimi film che non ho fatto in tempo a guardare... mi sento parecchio a disagio in questo momento.

Ho fatto piccoli passi, sperando che la scena finisca presto.

«...Ti piace...? Aspetta, sfiliamo questo...sono pronto.»

«Uhhn...no, aspetta...un momento, non... non...»

«Non ce la faccio più ad aspettare, non posso!»

«Aaaahhh!! Ahhh! Uhnnn... ahhh!»

Ed io dovrei cambiarmi con questo sottofondo canarino alle mie spalle? Come se non mi fosse bastata mia madre con Lorenzo ieri sera?

Rosemund ha messo in pausa il filmato e si è voltato a guardarmi, con un'espressione del tutto naturale: «Cambiati pure, io intanto finisco di vedere questa scena!»

«O-okay...»

Si è voltato innocentemente ed ha ripreso a guardare la scena del film. Spero solo che non entri papà.

«Aaahh! Ahh!»

«É da un sacco che non faccio sesso.»

Sta parlando da solo, focalizzato dalla scena.

Ho aperto l'armadio alla ricerca di qualcosa di vagamente decente, peccato che qui abbia soltanto pantaloni in offerta del mercato a dieci euro e le tanto amate ed odiate felpe tutte uguali prendi-quattro-paghi-tre. Ho preso un pantalone della tuta che mi ha regalato Rosemund ed un maglione verde dollaro che mi è sembrato più decente degli altri.

«Ahhh!Ahh... ah... ah! Aaahh!»

Cercando di ignorare il sottofondo, mi libero dell'accappatoio e cerco di infilarmi i pantaloni senza inciamparci dentro per via dell'oscurità che ancora regna nella camera.

Mentre tento invano di infilare il bottone dei pantaloni nella sua asola, improvvisamente le voci si fermano. Le rotelle della sedia della scrivania si muovono, il cigolio dei braccioli mi indica che Rosemund si sta alzando dalla sedia.

Con la coda dell'occhio intravedo la sua figura scura al mio fianco.

Mentre la mia mano è intenta a tirare su la cerniera, sento i suoi capelli per metà bagnati sfiorarmi l'orecchio ed il suo respiro caldo sulla mia mascella.

«Ivan, da quanto tempo non fai sesso?»

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Capitolo 22
*** Mani congiunte ***


“Da quanto tempo non fai sesso”? Ma sono domande da fare ad uno sfigato come me? Non è ovvia la risposta? Ma dico io, che cacchio gli rispondo adesso? Per fortuna che non riesco a vederlo bene in faccia, mi vergognerei troppo.
«Non ti va di rispondermi? Forse è presto per noi farci certe confidenze.»
«N-Non si tratta di questo…»
«Mh?»
«É che… n-non c’è un… n-non…» Perché non riesco a dirlo? Credevo di essere una persona schietta, ma a quanto pare non riesco a parlare delle mie intimità apertamente.
«Dev’essere stata una brutta esperienza. Mi dispiace, so che non te lo meriti.»
«No, porca vacca! É CHE SONO BIANCO PURO COME IL LATTE, IO!!» La tipica figura di merda giornaliera di Ivan. Iniziamo bene la giornata, vedo.
«Oh… Capisco. E che mi dici delle fidanzate?»
«ZERO! NADA! NOTHING! Capito adesso?? L’unica cosa buona della mia vita è stata quella figura orribile da ubriaco con Tina quella notte! Mi spiace non avere racconti piccanti da condividere con te, ma io sono questo!»
«Scusa. Non volevo farti sentire in imbarazzo Ivan.»
«N-non fa niente… ormai sono abituato alle situazioni imbarazzanti, ci convivo da ventidue anni.» Mi dispiace un po’ per averlo aggredito in quel modo. «Scusami tu, non volevo essere antipatico. Solo… solo mi vergogno.»
«Che carino.»
Anche se il mio viso è rivolto altrove, sono sicuro che sta sorridendo in questo momento. Forse sarebbe il caso di aprire le tende.
«Ti spiace aprire le tende mentre finisco di vestirmi?»
«Sì!»
Mentre Rosemund ha sollevato la tapparella e scostato le tende, mi sono infilato velocemente il maglione, litigando per capire da quale verso si indossa questa cosa senza alcun valore, proprio come me.
«Ehi, ho trovato un giornaletto porno!»
«DOVE???»
Cavolo, come ha fatto a vederli??
«Sto scherzando! Ah! Ah! Ah! Adesso so per certo che li hai da qualche parte in questa stanza!»
Se fossi uno struzzo la mia testa sarebbe già sottoterra in questo momento: mi sento le guance andare a fuoco, eppure non riesco a distogliere lo sguardo dalla sua risata luminosa.
«C-come se tu non li avessi!»
«Certo che li ho avuti… prima che mia madre li facesse volare dalla finestra: è stata una scena tristissima, te lo assicuro! Avevo speso la paghetta per una bella collezione, ma è andato tutto perduto! Però ti posso garantire che quelle immagini non svaniranno più dalla mia memoria!»
Com’è spensierato. Beato lui.
«Mi è venuta un’idea! Non è che potresti farmi un disegno in ricordo di Eva?»
«Eva?»
«Eva era la modella più famosa e più bella di tutta la rivista! Se ti mostro una foto puoi riprodurla sulla tela? Naturalmente ti pagherò per questo!»
Cosa? Rosemund comprava giornaletti su cui erano raffigurate delle donne? Non me lo sarei mai aspettato.
«Certo ci posso provare, ma non ti garantisco niente… c-comunque non intendo ricevere dei pagamenti da te, sei il mio amico! E poi mi hai regalato già un po’ di cose!»
«Sciocchezze! Questa è una commissione!»
É vero che mi servono centocinquanta euro, ma non mi permetterei mai di chiedere dei soldi a Rosemund, che vive in un buco di bilocale.
«Per favore Rosemund, concedimi un prestito!» Mi sono inginocchiato stringendo i palmi delle mani: addio dignità mia… ah è vero, sei andata via già da parecchio tempo.
«Cosa? Un prestito? Beh… ehm… sì, certo! Te lo faccio volentieri!»
Ha esitato! Ma davvero me lo concederà? L’ho guardato senza aggiungere altro.
«Conosco qualcuno che sicuramente potrà comprarti qualche quadro! Va bene se risolviamo così?»
Qualche anima pia sarebbe disposta a comprare le mie schifezze di disegni? Ma davvero? Sarebbe fantastico, un sogno che diventa realtà!
«S-sì!»
«Potresti aspettare una settimana più o meno? Il cliente sarà in città non prima di mercoledì prossimo.»
Oh, la mia mora… beh, non importa. Vorrà dire che pagherò la mora. Così dimostrerò a mio padre di avere soldi abbastanza per permettermi il lusso di pagargli persino la mora!
«Sì, va benissimo. Solo che, Rosemund… per la verità io dovrei impegnarmi con la scuola adesso… sono un po’ indietro ad essere sincero, quindi non credo che riusciremo a vederci molto spesso.»
Mi dispiace non poterlo vedere, ma mi sarebbe dispiaciuto ancora di più dirgli che sono rimasto indietro per colpa della sfilata.
«Sì, va bene. Non c’è alcun problema. Lo capisco perfettamente.»
«Però se ti va possiamo correre insieme tutti i giorni come promesso!»
Mi ha sorriso gentilmente, stringendo gli occhi, mentre con la sua mano grande mi ha dato una pacca sulla spalla:
«Concentrati pure sulla tua arte Ivan, avrai tanti pensieri per la testa che ti ostacolano la concentrazione, di certo non mi ci metto anche io.»
«… Scusa.»
«E poi anche io ho da regolare i conti con Lorenzo. Teniamoci aggiornati.»
«Okay.»
 
*
Durante la settimana appena trascorsa mia madre ha fatto finta di niente, senza accennare all’automobile. Mio padre ha continuato ad insultarmi per la mancanza di puntualità del debito e a demoralizzarmi con frasi poco carine. Tina non mi ha degnato di uno sguardo durante la lezione. Con Rosemund ho avuto delle brevissime telefonate a cui purtroppo sono stati presenti i miei genitori, quindi abbiamo parlato di argomenti ben poco interessanti come il clima, l’arrivo imminente delle feste natalizie, i pasti del giorno (come delle vecchie comare) e della famigerata economia.
É ancora presto anche se è già pomeriggio, ma finalmente ho finito il mio ultimo compito estremamente poco stimolante: “forme tridimensionali e la loro presenza nelle tele”… io disegno in maniera realista, ogni tanto mi piace variare con l’astratto, ma non sono portato per questo genere di cose geometriche. In più niente nudi questa settimana. Allora, questo nell’armadietto, questi colori è meglio metterli nel cassetto, e ... mi sembra di aver dimenticato qualcosa. La firma l’ho messa, anche se a volte è sconsigliato perché rovina il disegno: secondo me è solo una scusa per appropriarsene, comunque meglio lasciar perdere.
Anna ha bussato energicamente nella stanza:
«Ivan, emergenza! Tra pochi minuti arriveranno dei colleghi di tuo padre a casa e lui mi ha detto di farti uscire perché gli ha detto che “attualmente stai facendo una mostra in Spagna!”»
Una mostra in Spagna? Sarebbe davvero troppo bello per essere vero. Infatti è una bugia, inventata solo per fare bella figura. Ah, quanto mi piacerebbe rivelare le sue corna da cervo maschio alfa capo-branco davanti ai colleghi… ma poi sarebbero cavoli amari per me, quindi meglio lasciar perdere.
«Quanto tempo ho prima di uscire di casa?»
«Mi ha appena chiamato dicendo che è quasi arrivato! Hai tolto tutti i pennelli dal lavandino?»
«Ecco cos’avevo dimenticato! Vado a prenderli!»
«Sbrigati, Ivan! Accidenti a te, non farò in tempo a lavare il lavabo!»
«Scusa! Faccio subito!»
Sono corso in bagno, inciampando al tappeto, finendo ginocchia a terra: siccome sono tutto pelle e ossa mi sono fatto anche male. Tutta colpa di questi genitori schifosi chemi ritrovo!
«Sbrigati, Ivan!»
«Mi sto sbrigando, Anna!»
Squilla il telefono, mentre mi massaggio il ginocchio dolorante.
«Il telefono! Vado a rispondere, tu metti via tutto e sciacqua il lavello!»
Devo anche sciacquarlo? E da dove esco poi, dalla finestra?
«Ivan! Ivan! É Rosemund al telefono! Che gli dico?»
«Digli che ho mangiato bene!»
«Vuole te, cosa gli dico?»
Porca miseria, non ci voleva! Sono sceso a passi svelti per metà delle scale che portano al piano inferiore, l’altra metà me la sono fatta sulle chiappe.
«Rosemund! Che c’è?»
«Oh cielo Ivan, la macchina di tuo padre ha svoltato l’angolo!» Mi avvisa Anna allarmata.
«Volevo sapere se avevi finito i tuoi impegni! Il cliente è arrivato ieri in città, posso passare da casa tua o vieni a trovarmi tu con la macchina e i quadri? Preferirei passare io perché non credo che riuscirai a portarli tutti…»
«Non posso, Rosemund! Sto uscendo in emergenza!»
Suona il campanello: accidenti, non adesso!
«Vieni a prendermi, per mio padre qui sono di troppo adesso!»
Gli ho chiuso il telefono in faccia, ma non posso permettermi di essere visto in giro dai colleghi di mio padre, altrimenti quel tiranno mi spezzerà le mani. Sono corso il più in fretta possibile nella mia stanza, chiudendomela alle spalle e rimanendo in silenzio. Ma perché ho detto a Rosemund di venirmi a prendere? Sono impazzito? Suonerà il campanello, che figura ci faccio adesso? Accidenti a me che non ho un cellulare! Sfigato di merda! E adesso che ci faccio qui solo soletto? Sono stanco di disegnare e non ho voglia di accendere il computer. Mi sono sdraiato sul letto con un libro tra le mani, percependo delle voci provenire dal piano di sotto. Sono stanco, i miei occhi si stanno lentamente chiudendo…
 
*
«Ivan, svegliati! Hai visite!»
É la voce di Anna.
«Ho freddo…» Mi sono addormentato senza coprirmi.
«Ivan, per l’amor del cielo!»
Non voglio alzarmi. Voglio solo un po’ di calduccio…
Una voce familiare mi sussurra all’orecchio:
«Ivan.»
Quel modo di pronunciare il mio nome… è Rosemund. Mi sono voltato e ho aperto gli occhi, trovandomi davanti due vivaci pupille blu intenso. Improvvisamente mi sento triste e felice allo stesso tempo.
«Ci hai messo tanto.»
«Scusa, ma non potevo irrompere sapendo chi circolava in casa.»
Mi sono sentito prigioniero in casa mia, anche se probabilmente questa è la prigionia più breve della storia, contando le due ore al massimo in cui non ero cosciente per via del pisolino.
Ho sollevato le mani e gli ho pizzicato le gote, assicurandomi della sua presenza e facendo un cenno amichevole per salutarlo.
«Ahi! Che fai?» Mi sorride nonostante si sia scomodato ad aspettare i comodi di questa famiglia mentalmente disagiata. È davvero un amico.
«Scusa per la mia famiglia molesta.»
«Scuse accettate. Ci alziamo adesso?»
Perché mi parla così? Non sono un bambino piccolo. Mi sono messo a sedere sul letto, quando ho ricevuto un colpetto sulla fronte con il suo indice:
«Hai ancora la barba, Ivan. Mi avevi detto che te la saresti fatta assiduamente.»
«Non ho avuto il tempo. Tu non ti dimentichi mai di farla?»
«No.» Mi sorride, contento della sua scrupolosità, sedendosi sul letto accanto a me, a proprio agio come se fosse la propria camera.
«Che buon odore di pittura, Ivan.»
Gli piace sul serio? É un odore molto forte, solitamente da fastidio a tutti. Beh, io lo amo invece. Per questo mi domando come mai il proprietario di una boutique apprezzi questo odore: mi chiedo, non si lamenterà di quanto questo impregni i miei vestiti?
«Anche a me piace.»
«A volte anche tu hai questo odore.»
«Ah… capisco.»
Continuiamo a rimanere seduti sul letto e senza esserci dati nemmeno un accordo, stiamo evitando di proposito che la conversazione cada sulla situazione poco piacevole tra mia madre e il fidanzato ufficiale di Ashley. Eppure è per questo che ci siamo chiamati tutta la settimana, seppur non riuscendo mai a parlare chiaramente dei fatti avvenuti.
Mi chiedo chi dei due avrà abbastanza coraggio per tirare fuori il discorso.
«Sai, non sono venuto da solo.»
No? Che strano. Anzi, che vergogna! Nessuno a parte Rosemund è mai entrato in casa mia, e il padrone di casa si è fatto trovare a dormire! Bella ospitalità del cavolo che ho!
«Potevi dirlo prima! Sto facendo la figura del maleducato!»
Sono sceso di scatto dal letto, quando Rosemund mi ha preso per mano, stringendola con calore.
«Lorenzo è ripartito subito dopo la scappatella, quindi non sono riuscito a parlargli faccia a faccia. L’ho chiamato al cellulare dicendogli che sapevo tutta la verità, chiedendogli di lasciare mia sorella in pace inventando una scusa. Ma quando l’ho fatto avevo Ashley alle mie spalle. Non è stata una bella serata.»
Questa non ci voleva… averlo saputo nel peggiore dei modi, povera Ashley… di istinto gli ho stretto la mano, che ancora tiene la mia, mentre la mia espressione diventa preoccupata e ansiosa.
«…Ashley è di sotto, vero?»
«Sì.»

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Capitolo 23
*** Trappola per topi ***


Mi sono bloccato senza riuscire a reagire. Cosa dovrei dirle? Riuscirò a guardarla in viso? Che espressione farà quando mi vedrà? Cosa mi dirà? E io cosa le dirò? Riuscirò a parlarle? Se ci riuscirò, balbetterò sembrando uno che sapeva e non ha mai detto nulla? No, non potrebbe: se pur avessi saputo della relazione segreta di mia madre, non avrei potuto sapere che quel giovane fosse proprio il fidanzato di Ashley. Scuoto la testa cercando di controllarmi. Faccio un gran lento respiro e guardo Rosemund, mollando la presa e andando avanti per primo. È vero, io e Rosemund dovevamo comunque incontrarci per parlare della questione da sobri, ma mai avrei creduto di farlo davanti ad Ashley. Scorro lentamente la mano sulla ringhiera della scala che porta in cucina del piano inferiore, notando che Ashley non è sola, ma accompagnata da Giulia ed un uomo che non conosco: probabilmente sarà il cliente di cui mi ha parlato Rosemund.

«B-buon pomeriggio...» Devo cercare di mantenere la calma.

Ashley voltandosi rivela i suoi occhi dolci e color nocciola sempre molto attenti.

«Ivan, buon pomeriggio!»

Si è avvicinata e ci siamo salutati porgendoci le guance: il suo profumo è dolce. Da questa distanza minima posso notare che i suoi occhi sembrano stanchi: deve aver pianto davvero tanto.

L'uomo alto dal fisico solido alle spalle di Ashley si è presentato gentilmente: «Buon pomeriggio, io sono Simon!»

La sua stretta è ben salda, anche se la sua espressione facciale è completamente diversa dal suo aspetto molto mascolino: ha un sorriso gentile e gli occhi si assottigliano rivelando i primi segni dell'età: ha l'iride dello stesso identico colore di Ashley, anche se la forma è diversa, e bensì abbia un buon italiano, ha un forte accento Americano. Forse quest'uomo è loro padre?

«Grazie per essere amico dei miei figli, Ivan.»

Mi ringrazia? Ma come?

«N-non c'è bisogno di ringraziare!»

«Non è vero, tu sei molto vicino a Rose in un momento in cui la sua vita è particolarmente triste e monotona, e per questo ti ringrazio. Naturalmente parlo anche per Ashley, che ha molta simpatia per te.»

«E la mia simpatia per te chi ce la mette?» Giulia sempre frizzante e rumorosa, si fa notare scostando la lunga coda di cavallo dalla spalla, con un gesto altezzoso.

«Ciao, Giulia.»

«Ivan, offrici qualcosa da bere! Dobbiamo parlare a tavolino di cose molto serie!»

Giulia prende in mano la situazione, andandosi a sedere su uno sgabello dell'isola, mentre Anna frettolosa si avvia verso la cucina, tirando fuori bicchieri tazze e tazzine. Dopo essermi guardato intorno, noto anche Rosemund, che sta lentamente scendendo i gradini della scala con un'espressione seria. Ho guardato Ashley, che ha ricambiato lo sguardo: i suoi occhi sono lucidi e tristi, ma si sforza comunque di sorridermi.

«Grazie Ivan.»

Senza capire cosa intende, Ashley mi ha abbracciato senza lasciarmi il tempo di parlare. «Devi essere stato una benedizione che mamma Elaine ci ha mandato dal cielo.»

Continuo a non capire le sue parole, ma sento le piccole dita delle sue mani stringermi il maglione sulla schiena e tanto calore provenire dal suo viso. Nessuno mi aveva mai detto delle parole così belle. Sento una morsa alla gola, per via delle sue parole troppo gentili per uno come me, senso di colpa ed una forte vergogna scaturire fuori, riempiendomi gli occhi. Non voglio piangere davanti a loro padre. Mi asciugo rozzamente gli occhi sfregandoli con la manica consunta del mio maglione scadente, riuscendo goffamente a parlare: «S-scusa... M-Mi dispiace...»

Tutti gli altri sono impegnati in una conversazione al bancone, Ashley continua a muovere la sua esile testa da una parte all'altra, cercando di risollevarmi il morale:

«Non è colpa tua. Non è colpa tua.»

É vero, non è colpa mia... mi chiedo perché mi debba sentire così per le colpe dei miei genitori. Sono sempre lì a sminuirmi e a criticarmi, come se loro fossero gli esseri perfetti, e invece tocca a me piangere per i loro torti, per la vergogna di essere nato in questa famiglia, per avere la coscienza che a loro manca. Dopo tanto loro parlare, alla fine mi sono sentito per davvero un fallito buono a nulla.

Le mani sfuggenti di Ashley mi riportano alla realtà, svincolandosi dall'abbraccio, sorridendo con il naso tutto arrossato e gli occhi che nonostante siano arrossati, le abbiano schiarito il colore dell'iride:

«Basta adesso, dobbiamo essere delle persone forti! Nessuno merita le nostre lacrime, dico bene Ivan?»

La guardo come se fosse una specie di dea della bontà, mi chiedo come faccia a dire certe cose... io non ci riuscirei mai, sono una persona che tende a portare rancore.

Ho annuito e insieme ci siamo avviati al bancone insieme agli altri, che avevano già caffé, tè e succo di frutta.

«Certo che non le merita nessuno! Soprattutto non quell'infame bastardo di Lorenzo!» dice Giulia sbattendo un pugno sul bancone, facendo pericolosamente oscillare le bevande contenute da tazze e bicchieri.

Il padre di Rosemund, seduto accanto a me, poggia la mano grande sulla mia schiena in segno confidenziale: «Ivan, sei libero di venire a trovarci quando ti pare a casa, gli amici di Rose e Ashley sono parte della nostra famiglia.»

Il signor Simon sembra molto sicuro di sé e molto gentile, come i suoi figli. Si fida di me semplicemente perché sono amico di Rosemund e Ashley, nulla a che vedere con mio padre, che ha soltanto schernito Rosemund fin dalla prima occhiata.

«Anche io sono parte della famiglia!» Giulia mi ha fatto l'occhiolino tutta contenta ed orgogliosa del proprio titolo.

«Ma... mi conosce appena...»

«Conosco abbastanza i miei figli per potermi fidare dei loro amici. Dovresti accettare, non è una proposta che faccio a tutti.»

«L'ha fatta soltanto a me prima d'ora, quindi devi sentirti davvero onorato!»

«Uhm... V-va bene... come volete...» Se proprio insiste... io non me la sento di essere scortese rifiutando la sua gentile proposta.

Rosemund ha ridacchiato, portandosi alle labbra il bicchiere con il succo di frutta all'ananas.

«Allora, parliamo del piano! Del piano!» Giulia si agita sullo sgabello, vogliosa di architettare qualcosa di perfido.

«Ivan, gli ho raccontato tutto quello che è accaduto quella sera.» Rosemund mi fa il resoconto della situazione, per aiutarmi a capire la situazione.

«M-mia madre non è proprio quella che si definisce una bella donna... m-mi chiedo cosa ci avrà trovato Lorenzo di così attraente in lei... insomma, non ha nemmeno un bel carattere, intendo.» Sospiro, a quanto pare sto iniziando a rilassarmi.

«Non credo siano i soldi, Lorenzo non se la passava male...» Riflette il signor Simon, portandosi pensieroso una mano davanti alle labbra.

Ashley prende parola, attirando l'attenzione di tutti, anche quella di Anna, che finge di pulire qualcosa sui fornelli:

«Ivan, non ho ancora detto a Lorenzo di sapere tutta la verità. Voglio fare qualcosa di non troppo invasivo, ma che gli rimanga bene impresso nella mente, così da non farlo più con nessuna.»

Ashley, sei troppo buona.

«Rigargli la macchina è stato un bel gesto! Adesso sai cosa ci vorrebbe? Appendere tanti manifesti in città con delle fotografie che riprendono i due amanti in flagrante!»

Giulia è troppo energica ed invasiva, non posso permettergli di decidere senza riflettere:

«N-no! Io non ho ancora pensato a cosa fare con questi decelebrati dei miei genitori, e poi così ti sentiresti appagata soltanto tu!»

Ci siamo voltati tutti verso il signor Simon, che sembra aver smesso di riflettere:

«Ragazzi io non posso intromettermi, per quanto vi voglia bene, questa è una vostra decisione.»

Il signor Simon è davvero saggio. Ci siamo voltati di conseguenza verso Rosemund, che ha assunto un'espressione non molto amichevole sul viso, espressione che purtroppo ricordo molto bene:

«Io lo farei abboccare all'amo con una scusa a casa, poi una volta soli lo picchierei per bene, dopo averlo umiliato con i volantini per strada e le fotografie su internet.»

Il signor Simon lo guarda con gli occhi piccoli e scuri, molto arrabbiato: adesso capisco da chi abbia preso quell'espressione gelida Rosemund: «Rose, devi smetterla di ricorrere alla violenza. Quante volte ti ho detto di controllare il tuo temperamento? Non ti è bastata una sentenza del giudice e un avvertimento formale dai carabinieri?»

Quindi Rosemund è stato chiamato davanti ad un giudice? Ecco cosa intendeva quando diceva di non voler conoscere mia madre che è avvocato. Brutte storie, dovrebbe proprio contare fino a dieci quando si arrabbia. Chissà quanto ci sarà andato pesante per ricevere udienza dal giudice... sicuramente non voglio saperlo. Peccato, è davvero un bravo ragazzo se non perde le staffe così velocemente.

«La sentenza del giudice è stata ingiusta e lo sai bene, invece il pestaggio è stato meritato, tant'è vero che i carabinieri non hanno compilato i moduli per la denuncia.»

Meglio rimanere in silenzio.

«E invece è lì che hai sbagliato! Bastano foto e volantini quando si viene traditi, è la regola! Feriscono, fanno cadere la buona opinione pubblica del soggetto e ti soddisfano! Che c'è di meglio?» Giulia gli risponde sgridandolo, conoscendo per bene tutta la storia di Rosemund.

«Dobbiamo agire con il cervello.» Ashley rompe il suo silenzio mettendo fine ad un discorso troppo pesante. «Sicuramente voglio immortalarli nell'atto del tradimento, poi... per il seguito ho già una buona idea...»

Il suo sguardo sembra divertito, ma ha un che di malefico, non quanto lo sguardo di Rosemund, ma in una versione molto più leggera.

«Tesoro mio, mi fido solo di te, che agisci con il cervello e non con le mani.» il Signor Simon elogia sollevato le doti di Ashley, mandando una frecciata a Rosemund, che imbronciato svuota il bicchiere del succo di frutta.

«Ivan, ascoltami attentamente, perché ho bisogno del tuo aiuto.»

«Certo.» Mi sento abbastanza nervoso in questo momento. Sto per agire contro mia madre, la dittatrice malefica per cui provo un amore ed odio messi assieme, ma a cui sento di dover dare una lezione. Contemporaneamente so che andando avanti porterò il caos in questa casa.

«Ascoltate tutti quanti, il piano si divide in due atti che andranno in parallelo: Ivan, Rose e Giulia, se potreste aiutarmi a scattare delle fotografie ve ne sarei grata, non credo di avere la forza per riuscirci da sola. Ma state tranquilli perché non resterò con le mani in mano: sarò impegnata a programmare il mio matrimonio.»

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Capitolo 24
*** Liberiamo le nostre incertezze ***


«S-scusa, hai proprio detto "sarò impegnata a programmare il mio matrimonio"?» L'ho guardata con gli occhi di fuori alle orbite, come tutti.

«Sì. Organizzerò il nostro matrimonio, farò pagare tutto a lui e poi lo mollerò dopo il pagamento anticipato, naturalmente l'imbarazzo di giustificare tutto ad amici e parenti sarà solo il suo.»

Nessuno apre bocca per lo shock. Nessuno abbastanza sfacciato come Giulia, s'intende: «Ashley mi è venuta un'idea troppo geniale! Lascialo sull'altare!»

«Potrei, l'idea non è male.»

«Sì, sarebbe fantastico!»

«Hai ragione.»

«Siamo davvero grandi!»

«Hai ragione.»

E io che mi domandavo come potessero loro due, con dei caratteri completamente opposti andare d'accordo... adesso ne comprendo il motivo. Mi avvicino a Rosemund e gli sussurro in maniera confidenziale: «Gli uomini sanno essere maneschi, bruti, eccetera, ma le donne possono essere davvero perfide...»

«Sì. Ecco perché non mi fido di Tina, anche se ti aiuterò per amicizia.»

«A volte sei troppo schietto.»

«Anche tu sei schietto.»

«Mi sento pungolato quando parli male della mia Tina.»

«La TUA Tina? Mi sono perso qualcosa?»

«No, no. È mia nel mio cervello, è la mia musa ispiratrice.»

«Come fa ad ispirarti una così... molto meglio Eva.»

«Assicurati di farmela vedere questa Eva.»

«Lo farò, stanne certo.»

«Eva?» Lo sguardo esaminatore del signor Simon si è posato su di noi. «Non starà parlando di QUELLA Eva, mi auguro.»

«Eva quella del giornaletto. Papà non fare il duro, lo so che sbirciavi anche tu ogni tanto!»

«I-io? Ma quando mai? Forse te lo sei sognato di notte!»

É diventato tutto rosso. Sbirciava anche lui. Però... un momento.

«Signor Simon, lei che ha ascoltato i piani malefici di Ashley, perché non si oppone ai mezzi? Ogni buon genitore lo farebbe.»

«Perché ho sempre detestato i genitori di Lorenzo: snob calcolatori criticanti e perfidi. Lui era l'unico che si salvava lì in mezzo, fino alla settimana scorsa.»

Non credo proprio che al signor Simon piaceranno i miei genitori. Ecco perché Lorenzo si è trovato bene con mia madre... è uguale a lei. Ora combacia tutto.

«Papà, sei qui per l'arte di Ivan, dico bene?»

«Oh, si! Certo! Fammi vedere i tuoi disegni, ragazzo! Mi piace molto l'arte, volevo rimodernare un po' la nostra casa nel paese di campagna dove viviamo. In media compro quadri nuovi una volta al mese, ne ho il garage pieno.»

«Ah... ehm... certo.»

«Voi ragazzi rimanete pure qui a chiacchierare, sarà un discorso davvero noioso.»

Siamo saliti in camera e ho notato subito il signor Simon guardarsi attorno piuttosto interessato dalla mia inespressiva camera. Contento lui.

«Allora Ivan, fammi vedere qualcosa di buono... ah, vedo che qui ne hai uno ancora bello fresco.» Si è avvicinato al disegno che ho finito poco fa e l'ha osservato con attenzione. Perché tra tutti, il primo su cui doveva cadergli l'occhio dev'essere proprio il più brutto?

«Ha un che di strano.»

Lo sapevo.

«Ehm... s-se vuole le mostro i più decenti. P-per favore, smetta di guardarlo adesso.» Sono troppo imbarazzato, non voglio che lo guardi. Ah, ma così potrebbe fraintendere che non voglia che lo osservi... ma perché non so spiegare per bene le cose?

«Sì.»

Mi ha sorriso gentilmente. Il suo sorriso è diverso da quello di Rosemund, ed è diverso persino da quello di Ashley... però è ugualmente caloroso.

Ho aperto l'armadio e ho tirato fuori un po' di tutto, con il signor Simon che mostra i suoi occhi luccicanti come se fosse un bambino in un negozio di giocattoli.

«Questo! Questo è bellissimo!»

Ha puntato gli occhi su una grande tela rettangolare orizzontale, dove è raffigurata frontalmente una donna bruna del sud che prende il sole, con le onde del mare che si infrangono sui suoi piedi scalzi. In effetti questo è uno di quei dipinti che ritengo essere nella mia "fetta migliore". Mi sono dannato l'anima per farlo, mi dispiacerebbe darlo via dopo tutta quella fatica, ma sapere che è piaciuto tanto da poter ricevere un'offerta in denaro è più che ottimo, davvero non potrei desiderare di meglio.

«Il legno usato come sostegno è di ottima qualità. Ascolta ragazzo, quanto vuoi per questo qui? Starà benissimo nel mio soggiorno!»

«Ehm...» A dire il vero non ne ho la minima idea. Posso aver sognato questa scena un'infinità di volte nella mia testa, ma mai avrei creduto di doverci seriamente ragionare sopra.

«Che ne dici di milletrecento?»

COSA? MILLETRECENTO? Ma è un furto! Non potrei mai! Ho scosso la testa violentemente: «È troppo per un dilettante come me!»

«Dilettante? Impressionante, ti credevo laureato. Quanti anni hai?»

Già laureato? Ma magari... «V-veramente sono appena al secondo anno... ho ventidue anni.»

«Davvero? Come mai? Non ti sentivi sicuro? Hai una faccia davvero scoraggiata, ragazzo: non devi essere così, devi darci dentro, devi essere convinto. Se non lo sei tu, chi altri potrebbe esserlo per te?»

«... Ho perso due anni per colpa della mia debolezza di carattere.»

«Se mi avessero detto che tu fossi un debole non ci avrei mai creduto.»

La voce chiara e sicura di Rosemund cattura la nostra attenzione: è poggiato allo stipite della porta con le braccia conserte. La sua espressione è seria e attenta, il suo sguardo è intenso.

Sentendo squillare un cellulare, ci siamo distratti dalla figura del signor Simon, intento ad estrarre l'apparecchio telefonico dalla tasca dei pantaloni: «Scusate, è Miriam, mia moglie. Ivan, ragiona un po' sul prezzo con Rose, saprà fare bene le mie veci. Con permesso.»

«Prego.»

Il padre di Rosemund si è allontanato, lasciando nella stanza un pesante silenzio.

«Non dire sciocchezze, non sono mai stato coraggioso in vita mia. Se mi avessi visto negli anni della scuola saresti di sicuro d'accordo con me.»

«Non dire così. Secondo me hai un carattere molto forte invece.»

   

«Ti sbagli.» Ho stretto i pugni tremanti di rabbia, voltandomi turbato dall'altra parte: mi spiace non poterlo guardare in viso, ma se non faccio così non riuscirò più a parlare. «La verità è che sono davvero un codardo... ho... ho avuto una bocciatura in primo superiore perché non volevo andare più in quel postaccio, non volevo passare un'ora di più con quella gente cattiva... ragazzi che fanno i loro comodi e professori che fingono di non vedere... e quando lo vengono a sapere fingono di non essersene mai accorti...» Mi sono sfregato gli occhi nuovamente con la manica del maglione. «È... è per questo che sono diventato così rancoroso verso gli altri... e totalmente insicuro di me.» Continuo a tirare fuori tutto il marcio racchiuso nel mio cuore, eppure Rosemund rimane così gentile e premuroso da restare in silenzio in disparte, rispettando i miei sentimenti. Il suo conforto mi farebbe sentire ancora peggio, la verità è che ho solo voglia di sfogarmi, non di sentirmi dire che va tutto bene: riesco ad arrivarci da solo che ormai è tutto finito, che quei giorni fortunatamente non torneranno mai più. «...Vorrei semplicemente lasciarmi tutto alle spalle con un futuro migliore, m-ma guardami... non riesco a fare nulla da solo... i miei genitori ancora mi controllano e mi dicono cosa devo e non devo f-fare... i parenti pensano che io sia un idiota bamboccione buono a nulla ed hanno anche il cattivo gusto di dirmelo in faccia... non ho soldi miei per andare via da questa casa, per fuggire dai miei genitori, che sono i miei primi nemici... e di certo n-non gli darò la soddisfazione di andarmene usando il loro lurido denaro, sporco della loro presunzione, dei loro pregiudizi, della loro ipocrisia... Cosa devo fare...? Cosa posso fare...? C'è davvero un posto per me in questo mondo falso e spietato...?»

Improvvisamente sento i suoi lunghi passi incamminarsi nella mia direzione, seguita da una decisa collisione tra i nostri corpi. Le sue braccia lentamente scorrono sulle mie minute spalle... mi avvolgono calde e sicure, mentre il suo petto premuto contro la schiena mi da un senso di sicurezza. Percepisco il suo respiro farsi sempre più vicino a me, sento i fili dorati dei suoi capelli sfiorarmi l'orecchio sinistro arrossato dal pianto. Con una flebile voce inizia a sussurrarmi, solleticandomi l'orecchio: «So perfettamente cosa provi.»

Attraverso la mia schiena, sento il cuore nel suo petto battere forte, quasi come se avesse stretto un accordo con il mio. Mentre la sua fronte si poggia per un breve attimo sulla spalla, sento Rosemund emettere un sospiro tremulo e angosciato... lentamente socchiude le labbra, lentamente inizia a parlarmi:

«...Sono stato in carcere durante le scuole superiori. È stata la notte più buia di tutta la mia vita... Ashley era in ospedale ed io non sapevo cosa stava accadendo o quanto fossero gravi le sue condizioni... era tutta colpa della mia debolezza.»

Non riesco a parlare... continuo a mantenere il fiato sospeso, in attesa delle sue parole, che accarezzano dolorosamente le mie ferite.

«Quando le cose tornarono al loro posto credevo di essere diventato forte... che null'altro mi avrebbe scalfito... invece è ritornata inesorabile, quell'orrenda insicurezza, ripercuotendosi sul lavoro che amavo... alla fine ho costretto tutta la famiglia a trasferirsi in Italia per la mia vergogna.»

Le braccia con cui mi tiene si stringono su di me, premendo dolosamente sulle clavicole. «Milletrecento euro. Sono ragionevoli, accettali: sarà il tuo primo stipendio, mio padre sembra intenzionato a rifornirsi da te. Mese per mese, accetta i soldi di mio padre, e poi vai via da questa casa.» 

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Capitolo 25
*** Le nostre ombre insieme ***


«...Stringerò i denti, e ce la farò. Manderò tutti a quel paese prima o poi.»

Le sue labbra liberano un respiro simile ad un sorriso: «Ne sono sicuro. Non aspetterò altro che vederti brillare, Ivan.»

Lentamente sento la sua presa allentarsi, la sua presenza scostarsi da me. Non voglio che mi veda. Però dovrebbe essere reciproco, neanche lui vorrà che io lo veda... o almeno penserei questo se fossi in lui.

«Sta tornando mio padre. Posso usare il bagno?»

«Sì.»

Sento i suoi passi allontanarsi. Avrei voluto vederlo: sarebbe stato alla pari se ci fossimo guardati rispettivamente negli occhi. Sembra che Rosemund detesti farsi vedere nei momenti di debolezza, io invece ho consumato fin troppe lacrime alla luce del sole. Adesso, anche se solo un po'... riesco ad immaginare perché si nasconde dal mostrarsi fragile: non dev'essere per nulla semplice finire in carcere durante l'adolescenza, soprattutto mentre tua sorella è in ospedale in una situazione critica. É proprio vero quel che si dice in giro... le persone con il sorriso più bello sono quelle che hanno sofferto di più nella vita, e Rosemund ha appena ventiquattro anni. Per lo meno la sua vita da adesso in avanti può soltanto migliorare, è davvero un ragazzo forte: mai avrei creduto a quello che mi ha appena confidato, se non fosse uscito direttamente dalle sue labbra.

«Ivan, ti sei messo d'accordo con Rose per il prezzo?»

«Ehm...s-sì...» Spero che finga di non vedermi, devo sembrare così pietoso in questo momento... beh, più pietoso del solito intendo.

«Vorrei comprare molte opere da te, mi piace molto il tuo stile!»

Pover'uomo, non sa dove buttare i soldi. No, non devo ragionare così! Chi se ne frega, se a lui piacciono, buon per lui e – soprattutto – buon per me!

«Certo signor Simon, quando vuole.» Cerchiamo di sorridere al meglio.

«Oh, purtroppo non posso essere qui spesso, ma ti assicuro che ti telefonerò ogni tanto, e ti spedirò anche un regalino per Natale, naturalmente.»

«N-non si disturbi!» Addirittura un regalo di Natale?? Accidenti, devo stargli proprio simpatico allora! Chissà se anche lui diventa una brutta bestia quando si arrabbia: nel dubbio, meglio non sgarrare con lui.

«Sciocchezze! Dammi i tuoi dati, ti pagherò adesso stesso!»

Davvero? Ma... non ho un conto in banca, né tantomeno una carta paypal... e questo perché sono un grande sfigato. Sarà meglio aprirsela in segreto questa paypal e tenermela con cura in qualche angolino segreto.

Io e il signor Simon ci siamo accordati e abbiamo raggiunto gli altri, che discutevano animatamente di una fiction della TV.

«Che noia Fernando! Mi ha mandato un altro messaggio! Non ce la faccio più!»

Giulia sembra abbastanza seccata da lui: a me è sembrato un povero cristo, ma mai fidarsi delle apparenze.

«Non prendertela con lui, è innamorato.» Rosemund ha addentato un biscottino fatto a mano farcito con della marmellata di albicocche dal vassoio davanti, che Anna contenta e fiera gli ha porto.

«Ma che bella scusa! Se avessi saputo che si sarebbe accollato così tanto non ci uscivo nemmeno!»

Poveraccio.

Con tono pungente, Rosemund le risponde senza riserve: «Sapevi bene che era cotto di te, e te ne sei approfittata per divertirti.»

«A maggior ragione sapeva bene come la pensavo! Poteva farsi due domande, no? Invece di accettare come un imbecille!»

Mi sono seduto accanto a Rosemund, cercando di ignorare la scena pietosa di poco fa. Lui si è voltato verso di me e mi ha sussurrato: «Spero per te che Tina non sia come Giulia.»

Tina non è come Giulia. Quante volte devo ripeterglielo affinché capisca? Comunque lo spero anch'io, visto che Giulia dapprima sembra amichevole, spontanea e forte, rivelandosi poi estremamente capricciosa con gli uomini. Non mi piacerebbe affatto se Tina fosse come lei, per quanto mi piaccia Giulia come persona. Se non ricordo male mi ha anche detto che ero il suo tipo... brr.

«Ivan, invece di ingozzarti, cosa ne pensi?»

Giulia mi ha guardato per cercare parere da estraneo alla faccenda e rappresentante della categoria maschile. Non che Rosemund non sia un valido rappresentante della categoria maschile, ma lui ha già dato il suo parere. Piuttosto, cosa le importa se mi ingozzo di biscotti? Questo è il primo che ho preso e non gli ho ancora dato un morso... io non le capisco proprio le donne.

«Ehm... b-beh... ehm...» vorrei difenderlo, ma non trovo le parole giuste. «P-penso che sia normale da parte di qualcuno che è innamorato...» Se avessi il numero di Tina la chiamerei spesso anch'io.

«Innamorato? Quello là è ossessionato da me! Solo perché frequento il posto in cui lavora pensa di sapere tutto di me e mi venera come una dea!»

Mi sento leggermente colpito da questa frase. Leggermente. «E tu non pensi che possa nascere qualcosa tra di voi?» Ma che diavolo dico? Mi sento troppo tirato in causa, ma così farò la figura dello stupido davanti a tutti! Anna mi sta già guardando con gli occhi brillanti di curiosità... chissà, forse mi aspetto che Giulia possa illuminarmi, visto che è un po' simile a Tina.

«Mai! Assolutamente! Sarà anche carino e tutto quello che ti pare, ma mettermi con lui mai! É un'idiota! Un mammalucco! Non ha forza di carattere, pende dalle mie labbra come uno smidollato, capisci?»

Quindi Giulia vuole un ragazzo che sappia tenerle testa? Buona ricerca, la vedo dura. Ma allora anche Tina vorrà un ragazzo del genere? Mi pizzico la barba perplesso.

«A me piacerebbe davvero un ragazzo buono e gentile come Ivan la prossima volta.»

Con sorpresa di tutti, Ashley ha parlato. E non solo, ha proprio detto di volere un nuovo fidanzato. Chi diavolo è questa ragazza? Batman, che nonostante non abbia superpoteri rimane un eroe indiscusso?

«Chissà quando sarà la prossima volta... non credo di poter tornare ad amare ancora così presto.»

La luce triste nei suoi occhi mostra chiaramente quanto sia ancora attaccata ai falsi sentimenti di Lorenzo. Deve amarlo davvero. Chissà quando si è pronti per amare ancora? Io non posso saperlo, ma da quanto sto vedendo non sembra affatto essere facile: Rosemund è solo, adesso è sola anche Ashley, anche se non ufficialmente... io sono solo da sempre, quindi la mia presenza vale meno di zero.

Il signor Simon scuote la testa e con sguardo deciso cerca di dare forza ai suoi figli: «Figlioli, non demoralizzatevi. Ci sono riuscito io a risposarmi che sono uno sfigato, figuriamoci voi, che siete nel fiore della bellezza! Dico bene signora Anna?»

Oh. Anna ed io ci siamo guardati come se fossimo gli unici soli e senza pretendenti. Anche se Anna ha Gennaro il panettiere, non credo che abbia la forza mentale per farsi avanti, praticamente è al mio stesso livello con Tina.

«Sì. Certo.»

Conosco quello sguardo, si è messa a pensare a suo marito.

«E tu Ivan? Non hai una ragazza?»

Domanda a bruciapelo! Che dico? No, ovvio! Ma come lo dico? «No.» Semplice e diretto, anche se estremamente imbarazzante.

«Come mai? Sei piuttosto carino!»

"Carino"... non è proprio il massimo del complimento per un uomo. Parla come suo figlio, anzi, è Rosemund che usa gli stessi vocaboli del padre!

«"Carino" non è proprio il complimento adatto ad un ragazzo, Simon! Povero Ivan!» Giulia ridacchia sul posto, facendo sorridere anche Ashley.

«Perché? Io ogni tanto glielo dico ed Ivan non si arrabbia.» risponde spontaneamente Rosemund senza riflettere. Momento di silenzio.

Ma che diavolo dice?? CHE FIGURA!! Cosa penseranno di me adesso?? Ma perché?? Noooo! Adesso diventerò quello a cui sta bene essere chiamato "carino"! La mia virilità è andata in frantumi!

«Visto? Non c'è niente di male! Per esempio Miriam, mia moglie, mi chiama sempre "orsacchiotto" e io non mi lamento!» Il signor Simon è caduto nella stessa trappola, appena pochi istanti dopo suo figlio. Tutti ci guardano in maniera stramba. Che figura di merda.

«Beh, diciamo che voi tre avete una virilità molto singolare...» Giulia ci guarda trattenendo una risata, Ashley ci sorride affettuosamente. Il signor Simon ha guardato il suo orologio scuro da polso e si è alzato: «Ragazzi, io devo proprio andare adesso! Ashley, Giulia, volete un passaggio?»

Le ragazze si sono guardate in viso con aria complice e hanno confermato, dirigendosi poi verso l'ingresso, salutando animatamente e avviandosi verso casa.

Adesso siamo soltanto io, Rosemund ed Anna in casa, quindi posso dare di matto.

«Rosemund, Come avete fatto ad entrare?»

Rosemund guarda la sua immagine riflessa nello specchio sulla parete dell'ingresso, sistemandosi i capelli ancora troppo lunghi. Sorridendo mi risponde, del tutto rilassato come se fosse a casa sua: «Ho fatto dei segnali verso la finestra ad Anna, e lei ha fatto uscire tutti con una scusa! Semplice, no?»

«No. Come hai fatto a farti notare?»

«Con dei sassolini, in puro stile da film Americano!»

Mi è bastato chiedergli aiuto per vederlo arrivare per davvero. È davvero un amico speciale. Credo che sia uno di quei amici tanto decantati nei Talk Show, nei quali ripetono in continuazione di tenerseli stretti una volta trovati. Pensandoci, è proprio vero. Un amico è tanto raro quanto prezioso, e bisogna averne cura. Per questo quando si sbaglia si deve chiedere scusa e si deve ammettere di aver torto. Non vorrei mai che la mia amicizia con lui si trasformi in una di quelle frivole e false, nel quale si è sinceri solo nei primi mesi... siamo sempre stati sinceri l'un con l'altro... pensare a quest'eventualità mi rende triste.

«Ivan, tutto bene?»

«Eh? Si, stavo riflettendo.»

«Su cosa?»

Anche se i suoi occhi sono luminosi e curiosi come quelli di un ragazzino, se lo scorda che glielo dica. Non lo saprà mai, nel dubbio in cui le cose finissero male.

«Che facciamo adesso?» Meglio cambiare discorso.

«Non lo so. Facciamo un videogioco?»

«Non ho molti giochi... se ti accontenti del tetris per me va bene.»

«Tetris? Io adoro il Tetris! Ero un campione quando ero piccolo!»

I suoi occhi si sono illuminati di gioia.

«Allora andiamo in salotto, la TV è lì.»

Siamo arrivati in salotto, ed io ho aperto il mobile da dove ho estratto la console.

«Ivan, noi due andiamo proprio d'accordo! Io adoro i giochi retrò! Pensa che mio padre e mia madre si sono conosciuti in un bar mentre giocavano a flipper!»

«Ma dai?»

«Alla fine hanno comprato un flipper e l'abbiamo tenuto in garage per un sacco di tempo, prima che lo rompessi per sbaglio.»

Rosemund ha fatto una smorfia infastidita parlando di quel flipper. Gli sarà dispiaciuto non poterci giocare più.

«I miei invece si sono conosciuti in una maniera piuttosto pietosa... ad un congresso di avvocati. Molto pietosa. E continuano ad essere pietosi anche oggi.» E ovviamente da dei genitori così, non poteva che nascere la pietà in persona, ovvero io.

«Ivan! Ivan!»

Anna è arrivata a passi svelti nella stanza, con un bicchiere ed uno strofinaccio tra le mani: «Ivan, ha appena telefonato tua madre!»

«Che vuole?»

«Ha detto che ha un improvviso incontro con dei colleghi e che sarà qui a momenti, con la cena da asporto per tutti! Ha preteso espressamente che ce ne andassimo!»

Anche Anna? Che cosa strana. Di solito si vanta con tutti di avere una brava donna come lei per governante. A meno che... un brivido mi passa lungo la schiena, scuoto la testa cercando di non pensarci.

«Papà?»

«Lui è uscito a cena con i colleghi, ha detto che farà tardi.»

Non riesco a fare a meno di pensare che mamma probabilmente porterà qui Lorenzo. Proprio in casa nostra, nella casa dove abita con suo marito e suo figlio.

«Rosemund, andiamocene via di qui.» Non riesco a fare a meno di metterci tutto l'amaro possibile in queste parole. Per fortuna che c'è lui con me adesso.

«Perfetto, allora io posso andare al cinema! Danno un vecchio film in bianco e nero che voglio assolutamente vedere!»

Per fortuna Anna è sempre piena di energie. «Okay, divertiti».

Mi ha abbracciato forte, stringendomi con il calore di una vera madre: se solo fossi nato figlio suo... sarebbe il sogno di entrambi.

Siamo usciti tutti e tre da casa contemporaneamente, poi Anna si è diretta verso il cinema, salutando allegramente con il braccio teso, come se fosse una scolaretta. Che peccato che non possa andarci con Gennaro il panettiere, sono sicuro che avrebbe fatto i salti di gioia fino al soffitto.

Ho guardato Rosemund nel suo lungo cappotto marrone, con i capelli scompigliati dal vento gelido, mentre osserva le automobili percorrere la strada. Chissà dove andremo stasera. Ormai siamo a dicembre inoltrato, inizia a fare davvero freddo la sera. Mi chiedo per quanto ancora sarò costretto ad uscire di casa per i comodi dei miei egoisti genitori. Devo anche aggiustarmi i capelli, questo ventaccio me li sta scombinando ancora di più. Mi sono liberato dell'elastico per cercare di sistemare questa massa incolta che ho sulla testa, ma il vento forte continua a farmi finire le lunghe ciocche nere sulla faccia.

«Ivan, stai litigando con i capelli?»

Non riesco a vederlo. «Adesso sembro il protagonista una di quelle gag in cui il tizio va a rimorchiare convinto di adescare una bella donna, ma ritrovandosi davanti un uomo vichingo... pprft! Puah!» Ho i capelli in bocca.

Rosemund ride, avvicinandosi per godersi meglio la scena. «Beh, un po'!»

Sono riuscito a dominarli, risolvendo il mio problema con una crocchia molto orribile a vedersi, ma utile sul da farsi: «Questi capelli, inizio a non sopportarli più!»

«Anche io li ho un po' lunghi, dovrei dargli una sistemata.»

Il telefono di Rosemund squilla e, vedendo il numero sullo schermo mi sorride, rivolgendomi l'apparecchio telefonico su cui vi è il nome "Mommy" lampeggiare ad intermittenza in attesa di risposta: «Visto? Quando ho bisogno di lei, mi telefona come se fosse telepatica! Mia madre è parrucchiera.» Rispondendo allegro, Rosemund saluta sua madre: «Mommy! Stavo giusto parlando di te!» La sua espressione cambia appena sua madre inizia ad urlare al telefono: la sua voce è così alta che la sento persino io a qualche passo di distanza.

«No, n-... s-sì, si, va bene. Va bene.»

Siccome non mi va di farmi i fatti degli altri, ritenendomi un buon cittadino, gli do le spalle, osservando le automobili di passaggio, proprio come stava facendo lui poco fa. C'è un'auto che assomiglia a quella di mia madre, che coincidenza. Ehi, ma da quando credo alle coincidenze? Leggiamo un po' la targa... È lei! È la sua macchina! E per di più sta parcheggiando qui davanti! Sarà sola? Non riesco a vedere bene con i fari accesi negli occhi... dovrei farmi vedere? Che domande, lei mi avrà visto! Nel dubbio meglio nascondersi, in fondo per lei è come se non esisto, o quasi!

«Rosemund, c'è mia madre!»

«Invece no... cosa?»

L'ho spinto nell'angolo, riuscendo a nasconderci entrambi, tenendo la sua bocca in silenzio con il palmo della mano. Sento delle voci, mamma non sembra sola.

«Sì, sono sicurissima. Prego.»

Un'auto passa suonando senza motivo il clacson: non riesco a capire chi è l'altra persona, potrebbe essere un collega, o potrebbero essere due colleghi. Per colpa di quell'idiota al volante non riesco a capire con chi è, nemmeno se si tratta di un giovane uomo. Troppo tardi, si sono chiusi la porta alle spalle. Ho lasciato la presa sulle sue labbra, sbuffando insoddisfatto.

«Se ne sono andati?»

«Sì.»

«Erano loro?»

«E che ne so! È passato quel pazzo con il campanaccio! Cioè, col clacson!» Sbaglio sempre a parlare.

«Forse sì, forse no. Meglio non saperlo. Che facciamo adesso?»

La voce rabbiosa di "Mommy" continua ad infierire dal cellulare, catturando l'attenzione: mi ero dimenticato che era al telefono.

«Sì? Sì... Uhm... veramente non lo so...Ivan, vuoi fare qualcosa in particolare per stasera?»

«Qualcosa di particolare come cosa? Sono un sempliciotto, lo sai.»

«Allora sì. Okay! Sì! Ciao!»

Rosemund ha chiuso la telefonata, mettendosi le mani in tasca, avvicinandosi a me: «Vuoi cenare a casa di Ashley? Ci sono i miei genitori, a mia madre farebbe sicuramente piacere conoscerti!»

«Ehm... v-va bene...» Ormai abbiamo confidenza, conosco persino suo padre, e lui –purtroppo – conosce il mio. Ah, e anche mia madre... per essere una vacca. Che bello quando ti senti sulle spalle una famiglia sicura e felice, sulla quale sai di poter contare, soprattutto per fare delle insolite e rare belle figure del cavolo.

Abbiamo iniziato a passeggiare, percorrendo le fredde strade della città, ormai tutte adornate con delle luci natalizie, commentando la loro efficienza a livello estetico e –naturalmente – economico, fino ad arrivare nel parco, il solito parco che attraversiamo ormai da giorni, che ci ha visti litigare aspramente e ridere con un fiore rosa tra i capelli. Non c'è mai nessuno quando attraversiamo questo luogo, probabilmente perché è capitato sempre al mattino presto o alla sera.

«Questo parco mi ha visto sempre in momenti imbarazzanti.»

«A me piace proprio per questo.»

«Ti diverti pensando alla mia faccia da arrabbiato?»

«Sì. E mi diverto anche quando penso a te con un fiore rosa tra i capelli.»

Oh no, se l'è ricordato! Sciagura!

«R-Rimuovilo subito dalla tua memoria...!»

«Anche adesso mi diverto, quando hai la faccia rossa per l'imbarazzo.»

Ci siamo fermati. Sono imbarazzato dal commento sul mio imbarazzo. Non voglio guardarlo in faccia, fisserò il pavimento. Il lampione ci fa ombra, riflettendo le nostre sagome scure sul viale del parco: mi sta fissando... ma tanto rimarrò così finché non farà qualcos'altro, posso usare le ombre come uno specchio. Vedo la sua figura nera avvicinare il braccio, tendendolo verso di me, mentre raggiunge il mio viso. Le sue dita calde e sottili mi carezzano la guancia, intorpidita dal gelo. Che gli prende adesso?

«Sei tutto gelato. Ricordami di regalarti una sciarpa.»

«...non disturbarti. Ne ho già una.»

«Ti ricordi quando ti ho detto che sei carino?»

«...mi ricordo. È stato un momento pessimo.»

«Non ti piace il termine "carino"? Preferisci "adorabile"?»

«No! No! È come se io ti chiamassi "regina-elfo dei fiori"!» Ma perché devo rimanere coinvolto sempre in cose ambigue quando sono con lui?

«Scusa. Allora dirò che sei bello. Va bene così?»

Vuole fare lo spiritoso? Mi sono voltato per dirgliene quattro, ma sono rimasto incatenato da quei suoi intensi occhi blu, mentre le sue dita continuano ad infondermi calore sulla guancia.

«Mi piacciono i tuoi occhi, Ivan.»

Rosemund ha poggiato il palmo della mano sulla mia guancia, mantenendo uno sguardo profondo, assottigliandolo come se stesse guardando qualcosa di molto prezioso. Che diavolo è questa situazione da fiction rosa per ragazzini?

 

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Capitolo 26
*** La bellezza degli angeli ***


«Sarebbe bello valorizzarli ancora di più, magari dando una sistemata ai capelli. Che dici?»

Improvvisamente mi rendo conto che un mio scuro ciuffo di capelli gioca, libero e selvaggio, tra le dita della sua mano. Allora non mi stava accarezzando per chissà quale motivo.

«Ivan, che piacere vederti! Ci incontriamo spesso ultimamente!»

Con uno scatto animale mi sono allontanato da Rosemund, voltandomi verso Tina. Anche stasera porta a passeggio il suo cane. Spero che non si faccia idee strane dopo averci visto in questa maniera, che figuraccia!

«C-ciao...»

«Tina, mi stavo giusto domandando...»

Oh no! Rosemund, non rivolgerle la parola! Non voglio che parli con Tina, potrebbe finire molto male!

«...se fosse il caso per Ivan di tagliarsi i capelli! Sai, per rinfrescargli un po' l'aspetto! Che ne pensi?»

Non ci posso credere! Rosemund sta chiedendo a Tina cosa pensa dei miei capelli?? Che figura! Mi sono voltato in preda all'imbarazzo verso Rosemund: i suoi occhi sono attenti e vigili. Che stia testando Tina? O forse sta testando il terreno per darmi una mano? Davvero non riesco a capirlo, sembra che le sue emozioni siano in contrasto sull'argomento Tina.

«Sì, non sarebbe male un po' d'innovazione!»

DAVVERO??

«Per esempio, tu come li taglieresti?»

«Io? Io sono una ragazza, non puoi chiedermi una cosa del genere! I ragazzi hanno delle scelte diverse per quanto riguarda il taglio dei capelli! E in ogni caso io non li taglierei mai, sono davvero affezionata ai miei capelli, ci ho impiegato tanto per farli crescere!»

«Non hai risposto alla mia domanda.»

Pungente. Ma non gli riesce proprio a fingere d'essere cordiale con Tina ogni tanto?

«Io li taglierei a caschetto!»

Oh, che carina! Un caschetto le donerebbe davvero tanto pensandoci...

«Uhm... Sai qual è il problema vero e proprio? È che brancoliamo nel buio, non sappiamo davvero come migliorare la sua immagine, mi capisci? Non hai qualche suggerimento?»

Che furbo, come se uno stilista ed ex modello non sappia valorizzare un viso con il taglio giusto. Beh, almeno lo fa per tenermi contento, sentendo l'opinione della mia adorata Tina!

«Uhm... avvicinati un po' di più sotto il lampione, Ivan.»

Tina mi ha afferrato gentilmente la mano, accompagnandomi sotto la luce del lampione. Il contatto con le sue dita sottili e aggraziate mi rende nervoso e felice allo stesso tempo. È la prima volta (bacio da ubriaco a parte), che ho un contatto fisico con Tina. È diverso da come lo immaginavo, è molto più comune di quanto credessi, eppure mi rende più teso del previsto. Previsto nelle mie fantasie, s'intende.

«Non staresti male con un taglio rasato lateralmente e gonfio sulla sommità. Soprattutto con questa barbetta qui, non lasciare che rimanga incolta, aggiustala meglio e sarai perfetto!»

Quindi se mi tagliassi i capelli in questo modo, rispecchierei il tipo ideale di Tina?? Cavolo, che tensione! Mi sento tanto emozionato, finalmente sento come se poco alla volta, anche con questa ridicola informazione, io possa realmente avvicinarmi a lei.

«Hai un buon occhio Tina.»

«Grazie!»

Ma è ovvio che ha un buon occhio, altrimenti perché frequentare una scuola d'arte?

«P-posso muovermi adesso?» Sono rimasto con i muscoli in tensione per tutto il tempo.

«Perché, qualcuno ti ha detto di sembrare un ciocco di legno?»

...Sembra che Rosemund si sia irritato.

«Grazie mille Tina cara, adesso dobbiamo davvero andare! Ivan ed io abbiamo un appuntamento per cena!»

Tina cara??

«Okay, divertitevi! Ci vediamo a scuola, Ivan!»

«C-ciao! Buona serata, Tina!»

Abbiamo aspettato che Tina svoltasse l'angolo tirata dal suo cagnolino al guinzaglio, prima di sbuffare sincronizzati.

«Un momento. Rosemund.»

«Si?»

«Guardarmi con quel fare da "non ho fatto nulla di male" non ti renderà innocente, sappilo.»

«Perché? Cos'ho fatto stavolta di sbagliato alla tua Tina? Sentiamo.»

«Non hai fatto niente di sbagliato, ma--»

Senza lasciarmi finire di parlare, ecco che accorre a tirare l'acqua nel suo mulino: «Visto? Non ho fatto niente di male! Anzi, ti ho anche aiutato a scoprire i suoi gusti estetici in fatto di uomini!»

«Questo è vero, ma...» perché mi sento in difficoltà, quando cerco di rispondergli a tono? Mi mette così in soggezione questo ragazzo? Solitamente no, ma quando mi fissa con quel fare indispettito, mi urta un po' i nervi non riuscire a controbattere decentemente. «Ma insomma, che bisogno c'era di aggiungere "Ivan ed io abbiamo un appuntamento per cena"?? Chissà cos'avrà pensato adesso! Dopo tutta quella fatica per chiarire il malinteso!»

«Veramente sei tu il malpensante qui.»

Cosa?

«Ho semplicemente detto che avevamo un appuntamento a cena: non mi è sembrato appropriato dovergli spiegare con chi e con quanta gente abbiamo appuntamento attorno alla tavola, stasera.»

Effettivamente ha ragione. Sono davvero un malpensante... e non è la prima volta che succede. Ma perché sono così?

Rosemund si è piegato verso di me, sorridendomi gentilmente come suo solito: «Andiamo?»

«Sì.»

Abbiamo camminato lungo i viali alberati quasi del tutto deserti, ripensando in silenzio alla conversazione con Tina. «Rosemund, quindi non devo più radermi la barba?»

«Devi sbarazzartene, nel modo più assoluto.»

«Eh? M-ma allora la conversazione di poco fa a cos'è servita?»

«A sapere i giusti di Tina e a comportarci di conseguenza.»

«E allora?»

«Ma a me i suoi gusti non piacciono.»

«E chi se ne importa? Io voglio fare colpo su di lei!»

«Sì, ma sono io che dovrò vederti tutti i giorni con quella roba schifosa sulla testa, e il solo pensarci mi fa venire l'emicrania!»

E questa che razza di scusa sarebbe? «Rosemund, io voglio piacere a lei, non a te!» Ops. Ho parlato troppo. Dannazione a me.

«Se volessi piacere a me non sapresti mai come acconciarti, fidati.»

Sembra del tutto rilassato, per fortuna non se l'è presa. «Non hai un tipo ideale? Uno stile nel vestiario che preferisci o una pettinatura che ti piacerebbe vedere sul tuo fidanzato?»

«Se so che c'è una pettinatura che mi piace più delle altre, me la faccio sulla mia di testa, non ti pare? E poi no, non ho un tipo ideale. Ma ho tanti tipi non ideali, precisiamolo.»

«Per esempio?» Credo di avere abbastanza confidenza per chiederglielo ormai.

«Uhm...»

Si è fermato a guardare le stelle in cielo, contorcendo il viso per pensare a qualcosa, poi si è voltato verso di me sorridendo soddisfatto, come se avesse trovato una risposta alla mia domanda:

«Non te lo voglio dire. Il solo pensarci mi urta il sistema nervoso. Fingi di non avermelo chiesto, per favore.»

Sono sconcertato dal terribile contrasto tra le sue aspre e pungenti parole, ed il suo sorriso luminoso.

«O-okay.»

Siamo arrivati davanti a casa di Ashley, e suonando il campanello, la voce squillante di Giulia echeggia in tutta la strada desolata, aprendoci la porta contenta. Abbiamo chiamato l'ascensore e siamo entrati nell'ascensore.

Ho dei ricordi sull'ultima volta in cui ho usato questo ascensore. Quando Rosemund mi ha detto di essere gay... e adesso siamo migliori amici. O quasi.

Rosemund è appoggiato allo specchio nello stesso identico modo di quel giorno, con le braccia conserte: mi sta guardando sorridendo, senza dire nulla. Chissà se anche a lui è passata per la mente la stessa cosa.

«A cosa pensi?»

«A... a niente. Tu piuttosto, a cosa pensi tanto da sorridere?»

«A niente.»

A volte è un libro aperto, a volte diventa enigmatico. Che persona stramba. Però non mi dispiace... anche perché anche io sono un po' così, mi perdo in un bicchiere d'acqua e faccio il problematico per un nonnulla.

Le porte si sono aperte ed entrambi, chiedendo permesso e dicendo buonasera, siamo entrati nell'appartamento confortevole di Giulia ed Ashley. Ad aspettarci, a braccia aperte, vi è il signor Simon, che mi si avvicina e mi da un paio di baci sulla guancia, come se non ci vedessimo da mesi. È un po' strano anche lui.

Ashley percorre la stanza, chiamando sua madre: «Mamma! È arrivato Rose!»

Il signor Simon sembra gentile e amichevole, mi chiedo come sia "mamma Smith". Dalla voce al telefono sembrava una donna energica. Infatti, dalla cucina, la signora Smith si fa sentire forte e chiara, con irritata impazienza: «Rose! Dammi solo il tempo di mettere l'arrosto nel forno!»

Rosemund fa un passo laterale verso di me, e mi avverte abbassando la voce ad un sussurro: «Ti chiedo scusa per la scenata a cui stai per assistere.»

«Scenata?»

«Vedrai. Prima mi darà uno scappellotto sulla testa, poi tirerà fuori il battipanni.»

Il battipanni? Rosemund sembra abituato a questa prassi, non credo che sarà così dolorosa visto che ha quasi il sorriso sulle labbra.

La signora Smith finalmente si mostra, con addosso un grembiule verde con delle pecorelle ricamate sopra, media statura, capelli castani raccolti e sporchi di farina. Ha un fisico snello e sinuoso, anche se ha una camminata da sergente, con tanto di mestolo ben impugnato.

Avvicinandosi, mi rendo conto di quanto assomigli ad Ashley: se non fosse per dei piccoli dettagli negli occhi, avrei giurato di vedere lei da matura. Probabilmente le assomiglierà molto di più se non avesse quell'espressione tanto furiosa in viso...

«Disgraziato, vieni qui!»

La madre di Rosemund, come preannunciato, ha dato uno scappellotto sulla testa del figlio, facendo un tonfo che si è sentito rimbombare su tutte le superfici della casa.

«Ahi!»

«"Ahi" un corno!»

Oh mamma! Picchia la signora! Altro scappellotto.

Il signor Simon tenta invano di calmare le acque: «Miriam, tesoro...»

«Levati di torno, fammi passare!»

La signora Miriam ha spintonato via suo marito e ha iniziato a sculacciare Rosemund con il mestolo.

«Disgraziato che non sei altro! Vandalo! Dovresti essere il fratello maggiore, non il capobanda! Guarda che ti tengo d'occhio, sai? Se picchi qualcuno stai certo che lo verrò a sapere, capito? E allora sarà peggio per te! Non gettare benzina sul fuoco con questa storia ridicola della vendetta! La vendetta è per i mafiosi! Mi meraviglio perché credo di averti educato come si deve, non siamo nella preistoria, razza di cavernicolo!»

E io che mi sono imbarazzato per una tirata d'orecchi... caspita.

La signora si è ritratta e nervosamente ha iniziato a massaggiarsi le tempie, sbuffando. Rosemund quasi divertito, ha continuato a sussurrarmi: «Adesso vedrai che dirà "Elaine, dammi la forza" e queste cose così.»

Guardando suo padre, entrambi si sono scambiati uno sguardo complice e divertito, come se quelle scenate fossero la ramanzina per eccellenza, trita e ritrita della famiglia.

«Elaine, dammi la forza per mostrare la retta via al tuo bambino... lo sai, è tanto un bravo ragazzo, ma è troppo emozionale...»

«Che ti avevo detto? È la stessa scenata ogni volta!»

La signora ha parlato a questa Elaine, riferendosi a Rosemund come "il suo bambino". Ripensando al signor Simon, che questo pomeriggio ha parlato del suo risposarsi, allora devo dedurre che Rosemund è il figlio della prima moglie di Simon. Quindi in realtà Ashley è la sua sorellastra. Sto facendo delle deduzioni, potrebbe benissimo essere che sto montando castelli per aria come al solito. Però Rosemund è biondo e ha gli occhi azzurri, mentre il signor Simon e la signora Miriam non li hanno.

«La mia famiglia è un po' strana, scusa. Beh, me compreso, si intende.»

«Ehm... s-sì, solo un po. M-Ma non è una cosa negativa, anzi! La mia è un casino, la tua sembra molto vivace invece.»

«In quanto a casini, anche se in maniera differente, possiamo giocarcela bene: la famiglia Peperone contro gli Smith! Suona bene, no?» Rosemund si è messo a ridere, senza preoccuparsi di mostrarsi a sua madre, che ha iniziato a borbottare qualcos'altro di poco comprensibile.

«Sii serio... la tua famiglia è calda e amorevole, la mia fa schifo. Non abbiamo contatti umani, tranne quando mio padre mi sgrida e mi tira le orecchie. Mia madre è presuntuosa e fredda, ha anche un'amante, e per la miseria, era persino il fidanzato di Ashley.»

«Hai ragione, la mia famiglia è molto calorosa, Ivan. Ma se non fosse stato per questo calore, ci saremmo persi l'un l'altro molto tempo fa, ognuno per una ragione differente. Però posso dire con una certa fierezza di avere due mamme, da due matrimoni diversi, che vanno d'accordo tra di loro. Guarda.»

Rosemund ha tirato fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni il portafoglio e l'ha aperto, mostrandomi la fotografia di una donna bellissima.

Se non sapessi che questa è una fotografia, direi che potrebbe essere un dipinto della personificazione ideale della bellezza. Una ragazza giovane dalla pelle chiara, occhi dai lineamenti dolci con delle ciglia molto lunghe, uno sguardo blu intenso così limpido che sembra parlare. Un naso dritto e arrotondato allo stesso tempo, labbra rosee vivide e carnose. Il viso è adornato con dei capelli biondissimi, molto sottili e lisci. Il fisico perfetto è risaltato dal vestito bianco e dallo sfondo floreale. Sul grembo stringe un lungo mazzo di calle: riesco a riconoscere le dita lunghe e sottili.

«Lei è la mia mamma, Elaine. È la nostra guardiana e protettrice dal paradiso.»

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Capitolo 27
*** Siamo tutti unici e speciali ***


Ha detto “dal paradiso”, quindi la sua mamma è morta. «…» Non so cosa si dovrebbe dire in occasioni del genere, mi sento come bloccato. E io che mi lamentavo della mia famiglia, lui invece ha perso la mamma.
«Non fare quella faccia, io non ho dei personali ricordi con lei, quindi non è stato così triste! Lei ha lasciato la vita terrena molti anni fa, quattro giorni dopo la mia nascita. Mio papà ha incontrato mamma Miriam e si sono sposati molto in fretta, forse per il fatto che sono nato ad ottobre… il vento è freddo dopo qualche mese, quindi facendo un conto approssimativo, direi che i due si sono dati parecchio da fare per non soffrire il freddo invernale, così abbiamo vissuto felici tutti insieme! Ma mamma Elaine è sempre presente, in ogni momento della giornata.»
Paonazza, la signora Miriam si è avvicinata al figlio, dandogli un colpo di mestolo sulla spalla: «Ma sentitelo! Come se lui non abbia mai sofferto il freddo invernale!»
«M-Mamma, cosa dici?»
«Perché? Non è così? Sei venuto piagnucolando da me per avere la cr—»
«Mammaaaa!! Abbiamo ospiti, che cavolo dici!»
Non ho mai visto Rosemund imbarazzato. Ha la faccia completamente rossa, gli si sono arrossate persino le orecchie, mentre il suo sguardo non fa che passare da una parte all’altra incontrollato per la vergogna.
Chissà cosa voleva da sua madre piagnucolando… meglio non saperlo, ho paura persino chiedendomelo mentalmente.
«Ivan, penso proprio che ti divertirai stasera!»
Giulia con un vestitino succinto mi passa altissima accanto, con le sue solite movenze sensuali, seguita da Ashley, che indossa dei jeans sotto al cappotto bianco.
«V-Voi non cenate qui?»
«No, io e Ashley andiamo a spassarcela! Vero tesoro?»
«Sì!»
Il sorriso di Ashley non è completamente convinto. Chissà se per lei sarà okay uscire a divertirsi con Giulia. Beh, sempre meglio che restare chiusa in casa a deprimersi, quello direi piuttosto che è un tipico atteggiamento adatto a me.
«Copritevi bene!»
Dopo un saluto generale, la signora Smith mi si è avvicinata tutta contenta: «Scusami tanto caro, stavo insegnando un po’ di disciplina! Molto piacere di conoscerti, io sono Miriam!»
Ecco il sorriso alla Giulia Roberts! È identica ad Ashley!
«I-io sono Ivan, un recente amico di Rosemund.»
«Che bello conoscerti, finalmente! Rose non ha mai avuto amici maschi, quindi la tua presenza qui mi fa molto piacere!»
«N-non serve ringraziare… anzi, vi chiedo scusa per l’improvvisata, la verità è che io e i miei genitori non siamo in ottimi rapporti...»
«Oh, povero caro… non importa, adesso sei in famiglia! Siediti qui e raccontami tutto!»
Questa donna ha un’aura davvero amorevole e materna, mi ricorda Anna. Allora non mi sbagliavo, una mamma è così che si comporta con il proprio figlio. Mi sono seduto sul piccolo ma confortevole divano chiaro in pelle. La signora Miriam si è seduta accanto a me e si è liberata del grembiule, mostrando una maglia aderente nera che la snellisce ancora di più.
«Rose, apparecchia la tavola con tuo padre, io devo conversare profondamente!»
«Sì.»
«Allora caro, ho saputo che ti sei preso molta cura dei miei ragazzi. Te ne sono davvero grata, di cuore.»
Le sue parole non possono fare a meno di toccarmi… io sono un estraneo per loro, eppure i genitori di Rosemund si sono comportati in maniera amorevole e gentile con me, che non merito tutte queste premure.
«M-ma… non è vero. Io ho solo ferito i suoi figli.» Non sto mentendo. Ho fatto sentire Rosemund “una persona sbagliata”, mia madre ha fatto soffrire Ashley, che sognava tanto di sposarsi...
«Ma cosa dici? Se tu li hai fatti soffrire, cosa potrei dire di quelle carogne che non hanno fatto altro che farli piangere come dei bambini? Quei due hanno sofferto molto di più nella loro vita, credimi Ivan.»
«Ma… mia madre…» Ah, mi sta venendo un nodo alla gola. Vorrei sputare fuori tutto il veleno, ma con che coraggio posso farlo davanti alla mamma di Ashley?
La mano calda e gentile della signora Miriam mi sfiora dolcemente, stringendo il palmo della sua mano attorno al dorso della mia, avvolgendo le sue dita in maniera confortevole ed amorosa.
«Tu sei tu, tua madre è tua madre, Ivan. Non siete la stessa persona. Io capisco bene cosa stai cercando di dirmi, ma non sforzarti di farlo. Rose mi ha riempito la testa dicendomi di non farti sentire a disagio su questa storia, raccontandomi tutto per toglierti l’imbarazzo di doverlo fare da te. Per me conta che tu sia qui con noi a goderti la serata, per distrarti.»
Rosemund l’ha raccontato per non farmi sentire questo senso di vergogna addosso? Sapeva bene che mi sarei vergognato moltissimo… per fortuna c’è lui. Non avrei saputo come dirlo, mi tremava la voce. Adesso mi sento gli occhi lucidi per la gentilezza di questa famiglia… devo pensare al roastbeef, così non farò di nuovo il piagnucolone davanti a Rosemund. Ho annuito cordialmente.
«Ti piace la crostata alla marmellata di ciliegie? Ne ho fatta davvero tanta, e mi piacerebbe se ne portassi un po’ a casa, Ivan!»
«G-grazie, mi piace molto…» Qui sono tutti eccezionali. Sarebbe bello trascorrere con loro più tempo.
Il signor Simon si è avvicinato tutto contento, attirando l’attenzione con il suo solito accento marcato: «Abbiamo finito di apparecchiare, porto la carne in tavola! Ah, Ivan! Porta un po’ di crostata anche alla simpatica signora Anna!»
«Chi è Anna?»
«Anna è la mia tata… c-cioè lo è stata, adesso fa solo la governante a casa!» Che figura… ventidue anni e dire in giro di avere una tata. Che esempio di maturità eccelso…
«Ah, allora non devo preoccuparmi! Sai, mio marito è un uomo ancora molto piacente, quindi devo stare molto attenta!»
«Ma cara, io sono fedelissimo! Non potrei mai lasciarti per un’altra!»
«Oh, tesoro!»
«Ivan, vuoi accomodarti per primo? Ne avranno ancora per molto…»
Rosemund sta già facendo le porzioni sulla tavola, mi guarda divertito e imbarazzato allo stesso tempo. Mi sento più rilassato adesso, guardandolo in viso.
«Siediti pure accanto a me!»
Mi ha porto il piatto tutto sorridente, con gli occhi blu intenso che gli brillano: deve davvero amare mangiare con i suoi genitori, dal momento in cui abitano in un paesino vicino e non hanno la possibilità di vedersi tutti i giorni. Potrei dire di essere fortunato a partecipare ad un momento così importante per questa famiglia.
La cena è stata piacevole e calda, molto amorevole come mi aspettavo… non sono mancati i complessi ragionamenti sull’economia tra padre e figlio, naturalmente: in questo sono uguali. Il roastbeef era ottimo, le patate erano perfette, con un leggero strato di bruciacchiatura ai margini… c’era la cola e il vino rosso. Le arance erano mature e saporite, non erano troppo agre ed avevano un sapore dolcissimo: la signora Miriam dice che l’hanno raccolta dall’albero senza concime che hanno in cortile. Infine il dolce… quello si che è un signor dolce: era una banalissima crostata alla marmellata, ma cavolo quanto era buona! Rosemund si è occupato personalmente di incartarmi qualche fetta, da portare ad Anna.
Adesso il signor Simon mi ha proibito di aiutarlo a liberare la tavola, mentre la signora Miriam è andata a prendere qualcosa per me, ordinandomi di stare seduto e fermo.
«Eccomi, caro!»
La signora Miriam è tornata con un enorme album di fotografie tra le mani ed una borsa agganciata al braccio, saranno foto di famiglia? Voglio vedere Rosemund e Ashley da piccoli!
«Rose ha detto che volevi tagliarti i capelli, quindi eccomi qui con tutta l’attrezzatura!»
Tagliarmi i capelli qui e adesso? Non voglio disturbare. L’ho guardata incerto ed imbarazzato, ma Rosemund ha già capito che non voglio infastidire nessuno:
«Non preoccuparti, tagliare i capelli è la vocazione della sua vita, è un piacere che nessuno deve togliergli! Sfoglia pure il catalogo, Ivan.»
«Uhm…»
Ho sfogliato pagina per pagina, ma nessuno di questi tagli sembra perfetto per me. Con una faccia del genere non sarebbe meglio coprirsi con i capelli lunghi come faccio già? No, non devo cadere in questo circolo vizioso, o non ne uscirò più! Sembrano tutti tagli molto giovanili, ma non saprei proprio cosa scegliere… vorrei qualcosa che mi dia più carattere, che faccia dire a tutti: “Ivan è proprio un duro, un gran figo” o qualcosa del genere.
«Forse… un taglio alla moda? Magari rasati ai lati e gonfi sopra…» Come piacciono a Tina sarebbe meglio! Chi se ne frega se non piacciono a Rosemund, i capelli sono i miei e sua madre non andrebbe mai contro le richieste di un cliente… spero.
«Cosa? No, no, no! Scordatelo, Ivan!»
Eccolo con quella smorfia disgustata, come previsto.
«M-ma piacciono a Tina, e io voglio fare colpo…»
«Fanno schifo! No! Non mi piacciono, te l’ho già detto! E poi con quella faccia che ti ritrovi sembreresti stupido, come un troll!»
«Ma io sono stufo di essere sempre lo sfigato di turno, per una volta voglio avere dei capelli giovanili e freschi come quelli degli altri ragazzi!»
«Tu non hai una tua personalità? Devi seguire quello che fanno gli altri o peggio ancora i gusti di Tina? Ma per favore…!»
Ancora con questo attrito verso Tina? «E allora visto che sei tanto esperto, cosa proponi? Sentiamo! Tsé!»
«Un taglio semplice e modesto, come te: ti si addice, ti rinnova il look ed è confortevole. Con quel panettone sulla testa perderesti ore a sistemarlo al mattino, e tu non sei certo uno che ama perdere tempo davanti allo specchio. E soprattutto, via quella barba.»
«…»
Miriam si aggrega nel nostro battibecco, mentre è intenta a sfilare pettini e forbici con le sue belle e curate mani: «Rose ha ragione, Ivan! Un taglio che ti si addice è anche meglio di uno taglio con cui stai bene! In fondo i capelli parlano della persona, ti dicono chi hai davanti solo guardandoli. Se è una persona eccentrica li colorerà, se è meticolosa li pettinerà alla perfezione o all’indietro, se è sicuro e al passo con i tempi avrà un taglio rasato con rigonfio, se è insicuro e sfiduciato avrà i tuoi stessi capelli!»
Che bello sentire queste cose... davvero, mi da un conforto davvero impagabile… sono proprio un fallito, e lo dicono chiaramente i miei capelli.
«Allora mi affido a lei: li voglio alla moda, così potrò sentirmi sicuro di me!»
«Mamma, non starlo a sentire!»
«Rosemund, non intralciare i miei progetti! Io voglio davvero essere una persona migliore agli occhi di Tina, e farò di tutto per riuscirci!»
«E basta con questa Tina, nemmeno fosse la regina! Chi ti assicura che cadrà ai tuoi piedi con quel taglio uguale che vi fate tutti come se foste dei pecoroni?»
«Rose, smettila di rompere le scatole ad Ivan, lascia che ci pensi io! Vai a farti un giro con tuo padre!»
Miriam ha colpito la testa di Rosemund con uno scappellotto sonante ma indolore. Padre e figlio si sono guardati sollevando le sopracciglia e se ne sono andati sbuffando.
Una volta da soli, la donna mi rivolge il suo sorriso alla Julia Roberts, poggiando una mano sulla mia spalla: «Ivan, scegli comodo.»
Forse Rosemund ha ragione… io non posso essere come gli altri ragazzi della mia età, né ci tengo minimamente ad assomigliargli. Non voglio sembrare come quei ragazzoni che fanno gli amiconi in giro senza sale in zucca, alla ricerca del rimorchio facile che ronzano sempre attorno a Tina. Io voglio che lei mi guardi proprio perché sono diverso da loro. Se perderò la battaglia per conquistare il suo cuore, almeno sarò sicuro di essermi esposto al pieno delle mie possibilità, e non imitando il ragazzo tipo dei giorni nostri… voglio essere semplicemente io.
«Voglio qualcosa che mi rappresenti. Le lascio carta bianca.»
Le mani abili della signora Smith mi hanno pettinato i capelli neri, ispidi e lunghi, poi successivamente l’ho seguita in bagno.
Il bagno delle ragazze è piuttosto grande rispetto a come lo avevo immaginato, le pareti sono color pesca e ci sono molti specchi sulle pareti e tutti abbastanza grandi, probabilmente per scelta di Giulia, visto che è modella.
Il tocco della mamma di Rosemund è davvero molto delicato, e il suo profumo è davvero buono… credo che potrei addormentarmi soltanto con questo massaggino al cuoio capelluto.
«Ecco fatto. Adesso sediamoci qui.»
Mi sono seduto davanti allo specchio: l’immagine riflessa è davvero inquietante. Magro come uno stecco e con questi capelli senza piega lunghi sul davanti… sembro una mummia senza bende, ci credo che Tina non mi guardi nemmeno per errore. Di certo questa non è l’immagine di cui sono soddisfatto… vorrei essere davvero diverso: vorrei per prima cosa avere delle guance come le persone normali… non è che non ne abbia, non sembro ancora Gollum, ma non è che manchi molto... mi ci vorrebbe un po’ di carne in più sul viso e dei muscoli su questo corpo pelle e ossa.
La gente dice che per un nuovo inizio è meglio cambiare pettinatura: dal momento in cui mi sento parecchio esaltato, dev’essere proprio così. Non voglio essere più insicuro e impaurito, né fuori né dentro casa, riuscirò ad avere la forza per controbattere quegli stupidi e senza valori divieti imposti dai miei genitori.
Il suono delle forbici che tranciano i capelli mi fa realizzare che tutto questo sta accadendo per davvero. Addio, vecchio Ivan. Non mi mancherai per niente. 

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Capitolo 28
*** Realismo e pop art ***


«Abbiamo finito, caro: ti piace? Come ti trovi?»
Ho guardato la mia immagine riflessa incredulo. Non riesco a credere di essere io quello lì, sembro un’altro.
«Prova a scuotere la testa, dimmi come te li senti!»
Ho scosso la testa violentemente, sentendola incredibilmente leggera: i capelli sono finiti esattamente al loro posto, come se non mi fossi mosso affatto, adagiandosi perfettamente sulla fronte.
«È… è incredibile come un taglio di capelli può cambiare il viso di una persona…»
Ho rivolto il viso in diverse angolazioni, notando la nuca scoperta e il modo armonioso in cui la frangia si posa sulla fronte: senza i capelli legati mi sembra di essere ringiovanito... quella massa incolta che mi trascinavo dietro mi invecchiava davvero un sacco.
«G-grazie mille, davvero.»
«Ma figurati, non dire sciocchezze! Raggiungi gli altri, io intanto do una pulitina qui!»
Mi sono alzato lentamente, notando le scure ciocche accasciate al suolo: è strano vederle lì, però sento che è stata la cosa migliore da fare.
«TESORO, MI PORTI SCOPA E PALETTA PER FAVORE?»
La voce squillante di Miriam per poco non mi spacca un timpano: deve andare parecchio d’accordo con Giulia.
Il signor Simon è entrato e mi ha rivolto uno sguardo amorevole, distendendo le labbra e gli occhi segnati dall’età: «Oh, Ivan! Stai davvero bene! Sei proprio un figurino!»
«N-non esageriamo…»
«Ah! Ah! Ah! Sarà contento Rose di vedere che non hai un panettone sulla testa, aveva già cambiato colore tre volte per il nervoso soltanto a pensarci!»
Esagerato come al solito… beh, andiamo a vedere se semplice come diceva gli piace.
Sono entrato nel salotto a passi lenti ed incerti, trovando Rosemund sul divano con una rivista tra le mani.
«C-come sto…?»
Si è voltato di scatto verso di me, gettando la rivista sul posto accanto. La sua espressione è sorpresa, probabilmente non si aspettava che seguissi i suoi consigli. Gli occhi blu brillano di interesse, rapiti e analitici, facendomi sentire come se fossi davanti a dei raggi laser, o peggio ancora, nudo al centro di una tempesta di neve… il modo in cui mi guarda mi imbarazza, avrà da fissare ancora per molto?
«Very good.»
Il suo viso si è illuminato con un sorriso molto dolce, di quelli amichevoli e caldi che solo lui riesce a fare, e che riescono sempre a sollevare il mio morale ogni volta.
Si è alzato e si è avvicinato, lento ed elegante come al solito.
«Fai una giravolta, voglio vedere meglio.»
Ho iniziato a girare su me stesso come un idiota, aspettando il suo segnale di smetterla, dopo aver compiuto tre giri completi. Mi sta ancora fissando, giriamo ancora. Ma quanto ancora dovrò girare?
«Basta così? Non hai osservato abbastanza?»
«No, no, gira ancora.»
Mi prende in giro? Non sembra che stia scherzando, però. E rigiriamo, giriamo. Giriamo ancora. Eh no, lo sta facendo di proposito allora! E io come uno stupido che continuo a girare! Mi sono fermato di colpo, ma la stanza ha iniziato a roteare vorticosamente… anzi, è la mia testa a girare e a farmi barcollare.
«Ehi, perché ti fermi di colpo?»
Le forti e grandi mani di Rosemund riescono ad impedirmi la caduta, tenendomi strette le spalle. Ah, adesso sarebbe persino colpa mia per essermi fermato di colpo?
«Sei tu che non la smettevi di farmi girare come un cretino!»
Mi sono voltato di scatto, finendo intrappolato nei suoi occhi blu intenso, che continuano a muoversi incontrollati da ogni parte, probabilmente per la sua prontezza di riflessi. Sono davvero belli. Non hanno un colore preciso, ogni volta sono sempre di tonalità diverse di blu, sempre intense e perfettamente combinate tra di loro… ma ancora non c’è stata una volta in cui non mi abbiano affascinato.
Piuttosto, che posa equivoca è questa?? Potrebbero ritornare i suoi e farsi un’idea sbagliata!
«R-Rosemund, lasciami! È una posa equivoca, te ne rendi conto?»
«Ti da fastidio?»
Eh? Che risposta è questa?
«C-certo, non lo vedi che sono sbilanciato in avanti? E-e poi.. p-pensa a cosa diranno i tuoi se ci vedono così! Non vorrai mica illuderli su di noi? Sarebbe un peccato, sono delle brave persone, ci rimarranno male quando sapranno che siamo solo amici!»
«Oh, hai ragione! Non ci avevo pensato! Scusa, è che mi sono preoccupato tanto perché stavi perdendo equilibrio!»
Alla stessa velocità con cui mi ha afferrato, rapido Rosemund mi ha lasciato andare, scusandosi con la sua solita espressione rilassata e confidenziale.
«Eheh, non credevo che fosse una posa ambigua, scusami!»
Forse per lui è normale restare in quella posa con un ragazzo in quel modo, ma io non ci sono abituato, mi imbarazzo e mi dispiacerebbe molto se i suoi si facessero un’idea sbagliata.
Invece non c’è modo che io mi faccia un’idea sbagliata su mia madre, dal momento in cui le cose stanno proprio come sembrano: lei ha un amante più giovane e l’ha portato nella casa coniugale stasera. Quanto vorrei che fosse frutto della mia immaginazione, quella non mi è mai mancata... e invece non sarà così, perché è proprio vero. Dove dormirò stanotte? Forse potrei chiedere ad Anna di ospitarmi, ma non mi sembra giusto visto che si è finalmente concessa una serata libera… d’altra parte non posso importunare nessuno degli Smith, non mi sembrerebbe corretto approfittare della loro gentilezza.
«A cosa pensi? Sei diventato serio.»
Rosemund mi sta guardando con un’espressione incuriosita ed analitica allo stesso tempo: non voglio mentirgli, ma non voglio dirgli la verità e disturbarlo ancora.
«Pensavo ai due amanti. Ma non ho voglia di rovinarmi l’umore adesso, quindi penserò a qualcos’altro…» si, ma a cosa dovrei pensare? «…Rosemund, hai qualche suggerimento? Sono piuttosto stanco di mandarmi il cervello in pappa per le cavolate dei miei genitori, non ne posso più...»
«Che ne dici di Tina? Ad esempio, quando la vedrai?»
«Domani, spero che l’incontro abbia l’effetto sperato!»
«Tina è abbastanza per farti sorridere, quindi è okay se parliamo di lei per un po’.»
Ho sorriso? Davvero? Non me ne sono reso conto… sarà perché lei è la mia musa ispiratrice?
«Ehm… ecco, Rosemund… uhm… a proposito di Tina e della scuola, sarò impegnato con il disegno per un po’, quindi non so se potremmo andare a correre… è un problema, perché avevamo deciso di andarci insieme tutti i giorni, ma non credo di potercela fare fino alle vacanze di Natale… Potresti aspettare fino all’inizio delle vacanze?»
Mi ha sorriso dolcemente, mettendomi una mano sulla testa e scombinandomi i capelli.
«Certo, niente corsa con Ivan prima delle vacanze! Sai, sono carini i tuoi capelli da strapazzare!»
Il suo sorriso dolce è diventato un sorriso divertito, come quello di un bambino delle scuole elementari la mattina della gita.
«L-lasciali!»
«Ti va di dormire da me stasera?»
Questa domanda è improvvisa. Ma che gli prende con tutta quest’euforia stasera?
«No grazie, non voglio disturbare! Andrò da qualche altra parte…»
«Tipo dove?»
«Ehm…»
«Si?»
«Uuhmmm…»
«Che ne dici della piccola ed accogliente casa di Rosemund? Piero sente la tua mancanza!»
«Piero?… Beh, se è per Piero, allora va bene…»
Il Signor Simon è arrivato accompagnato da sua moglie, tenendo sotto braccio una cassa di bottiglie.
«Ragazzi, andate già via? Non bevete un goccino prima?»
L’ho guardato senza capire. Poi, ha poggiato la cassa sul tavolo e ha preso dei bicchieri da liquore per tutti, versandovi all’interno del liquido scuro, dal forte profumo al cioccolato.
«Liquore al cioccolato! Ne volete? Non è così forte!»
«G-grazie.»
Ho preso un bicchiere e lentamente assaggiato il liquore. Il sapore è un’esplosione armoniosa per le mie papille gustative: l’aspro e l’amarognolo del liquore vanno in perfetto contrasto con la dolcezza del cioccolato, una sintonia eccellente! È buonissimo!
«Prendine ancora, Ivan!»
«P-però solo un poco…»
Il Signor Simon mi ha riempito il bicchiere, vuole ubriacarmi?
«Siete giovani, bevete, bevete!»
«Che significa che siamo giovani, papà? Non ho dei ricordi piacevoli sull’ultima volta che sono uscito a bere…»
Anche io non ho dei ricordi felici sull’alcol… quella sera al ristorante cinese è stato un casino.
«E chi se ne frega! Sei con il tuo papà adesso, non ti succederà niente di male! E se anche dovesse succedere qualcosa, ci prenderemo cura dei tuoi resti! Ah! Ah! Ah! Ah!»
Ci siamo guardati sospettosi, poi abbiamo alzato le spalle e abbiamo bevuto.
 
 
*
«Iiivan! Iiivan! Iiivan!»
Il verso squillante di Piero mi desta dal mio sonno, facendomi realizzare di essere nella camera da letto di Rosemund, comodamente appisolato sul petto peloso di qualcuno… PETTO PELOSO?? Ho alzato la testa per vedere che diavolo succede, trovando il signor Simon appisolato che russa allegramente tenendomi stretto. Come diavolo sono finito nel letto di Rosemund tra le braccia di suo padre dopo che ci ha riaccompagnati con l’auto? Roba da uscir pazzi… Il problema è che ne capitano tutte a me…
Con fatica mi sono liberato dalla morbosa presa dell’uomo e mi sono diretto verso la cucina dalla quale viene un delizioso odore di caffé.
Rosemund sta davanti alla gabbia di Piero mentre gli lascia da mangiare, naturalmente si è accorto di me, salutandomi con il suo solito tono allegro e rilassato:
«Buongiorno, Ivan! Questa mattina ti accompagna mio padre a scuola, è okay per te o vuoi passare da casa tua prima?»
Da casa mia? Meglio di no…
«Va bene andare a scuola e basta.»
«L’importante è che prima ti sbarazzi di quella barba… invece io oggi devo fare l’inventario del negozio, sarò pieno di lavoro e sento che mi sta venendo già mal di testa...»
«Beh, devi.»
Dopo una colazione tranquilla, il signor Simon mi ha accompagnato a scuola con la sua auto, che andava ad una velocità talmente bassa che, al confronto, persino un gregge di pecore sarebbe stato più svelto: sono arrivato a scuola con quaranta minuti di ritardo, traffico compreso.
Appena arrivato, noto Tina davanti al cancello d’ingresso con il suo albo da disegno tra le mani, nell’atteggiamento tipico di chi sta cercando qualcuno. Oggi è più bella del solito, ha i capelli legati in maniera morbida ed indossa una camicetta bianca che la fa sembrare molto più seducente del consueto. Dovrei salutarla? Sì, perché no? Fiducia Ivan, fiducia!
«B-buongiorno…!»
«Ciao… Oh santo cielo, ma sei Ivan?»
I suoi occhi scuri brillano di incredulità e sul suo volto tondeggiante si mostra un sorriso di piacevole sorpresa.
«S-sì...»
«Sembri una persona completamente diversa con i capelli così corti! Stai benissimo!»
Il mio petto balza di gioia al solo udire queste parole… non mi sembra vero che siano fuoriuscite dalle labbra di Tina!! Ho fatto colpo? Chissà se il nostro rapporto potrà decollare adesso che gli sembro un essere umano!
«Ma sei in ritardo, il professore ha già assegnato il compito della settimana!»
«Oh… qual è?»
«Dobbiamo rappresentare l’unicità… è un’attività di coppia, dobbiamo scegliere qualcuno con cui lavorare! Per questo, se non chiedo troppo, ti andrebbe di essere il mio partner?»
Cosa? Io il partner di Tina… partner di disegno? Questo è molto di più di un semplice desiderio da innamorato, è l’incontro delle nostre anime, cariche di amore per il disegno! Sento il cuore che corre all’impazzata alla sola idea! Chissà cosa potrebbe scaturire dall’incontro di realismo e pop art!
«Sì! Per favore, facciamo coppia!»
«Allora è deciso! Da adesso in poi siamo partner!»
Il suo viso si irradia di una luce mistica, sorridente e limpida, Tina mi porge la minuta mano. Tremolante avvicino il mio palmo al suo, e poi l’incontro: la mia vita sta davvero volgendo verso un nuovo inizio.

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Capitolo 29
*** Qualcosa di unico ***


La situazione più imbarazzante che potesse capitarmi: restare chiuso nel mio stanzino da disegno con Tina al mio fianco e materiale ancora bianco davanti.
«Uffa, non riesco a pensare a qualcosa di concreto… anzi, di non concreto! Come diavolo si rappresenta l’unicità? Unicità intesa come rapporto? Come la bellezza delle arti?»
Tina continua a trepidare sulla sedia, bella come al solito. Ma effettivamente, ha ragione: cosa vorrà stavolta quel vecchio strampalato da noi? “Unicità”… è una cosa così rara, al giorno d’oggi la gente è tutta uguale, alle persone piace seguire le mode e imitare attori e cantanti…  
«Uhm…»
Mi stropiccio la faccia con tanta forza da sembrare “L’Urlo” di Munch o Scream, sbuffando ed innervosendomi. Odio creare silenzi imbarazzanti, ma allo stesso modo non riesco a fare a meno di imporli, non riesco a parlare di qualunque idiozia mi passi per la testa.
«Tina, per te cosa significa la parola “unico”?»
«Bella domanda… unico per me significa avere un rapporto con le persone amate, come può essere unico il legame amorevole che lega una madre al proprio figlio.»
Ha ragione, ognuno ha un rapporto unico con i propri genitori e con le persone amate, unico da tutti gli altri… certo, pensare a mia madre non è il pensiero più allegro che possa venirmi in mente in questo momento… ma ahimé, Tina non poteva saperlo.
Chissà se anche gli altri ragazzi della mia età, da qualche parte nel mondo, si sentono soggetti ai genitori, oppure è una cosa che accade soltanto in casa mia… non si sente comunque da nessuna parte, che un figlio a ventidue anni debba fingere di non essere in casa per far fare bella figura con i colleghi ai genitori.
«Hai una faccia triste, ho toccato un argomento troppo delicato? Se è così scusami…»
«Oh! N-no, non devi scusarti!» Non poteva saperlo, non deve scusarsi proprio di un bel niente! Devo farla sentire a suo agio! «È che ultimamente sto scoprendo cose che non mi piacciono dei miei genitori, se dovessi disegnarli romperei la tela per via delle corna da cervo… quindi preferirei ascoltare le tue idee!»
Tina si è messa a ridere di gusto: non l’avevo mai sentita ridere, la sua voce dolce e femminile echeggia in tutta la stanza quasi vuota… oh! Sulle guance si formano delle piccole fossette… dettaglio che posso aggiungere per i miei disegni che la riguardano!
«Sei davvero divertente, Ivan! Dovremmo frequentarci regolarmente, sei troppo simpatico!»
MI HA DETTO CHE SONO SIMPATICO! Tutti dicono che il primo passo per piacere ad una donna è riuscire a farla ridere! Ho colto il segno nel cuore misterioso di Tina! Tina è interessata a conoscermi meglio, non ci posso credere!
«T-Tu invece vai d’accordo con la tua famiglia?»
«Sì! Ho sempre vissuto da sola con mia madre, andiamo molto d’accordo! Mio padre non l’ho mai conosciuto, quindi è per questo che il mio rapporto con lei è tanto forte… ecco perché ho pensato al legame madre-figlia quando mi hai chiesto qualcosa di “unico”.»
Oh, non credevo che Tina avesse un vuoto così grande nella sua vita. Anche Rosemund ha perso sua madre, ma lui ha avuto una nuova mamma molto presto, a lei invece la figura paterna è mancata completamente…
«Ivan, e tu? Cosa significa “unico” per te?»
Cos’è unico… unico è il dolce sorriso di Rosemund, ed il colore intenso dei suoi occhi…
«È il mio migliore amico, Rosemund. Lui c’è sempre per me e mi aiuta nei momenti difficili.»
«Dovete essere molto vicini.»
«Sì.»
Penso che siamo davvero molto vicini adesso, se il mio primo pensiero va a lui quando penso a qualcosa di unico.
«Adesso che sappiamo che la nostra idea di “unico” è simile, come pensi di rappresentarla? Sotto forma di amore materno o sincera amicizia?»
«…Non lo so…»
Ho visto qualche disegno di Tina e so che il suo stile è la pop art, ma come potremmo unire la sua esplosione di colori al mio realismo in bianco e nero?
«Ivan, mi mostri qualche disegno? Sono davvero incuriosita sul nostro possibile punto di incontro!»
Tina è interessata alla mia arte? E adesso cosa diavolo potrei mostrarle tra tutte quelle schifezze che ho nell’armadietto?
«Ehm… s-sì, certo… fammi controllare se ho qualcosa di decente però...»
«Si, fai con comodo, io intanto vado a prendere le mie tele!»
Tina se n’è andata con la sua solita camminata sicura di sé: oggi indossa dei jeans davvero attillati, le movenze del suo sedere si vedono molto bene… no, non è il momento di pensare al culetto di Tina! Apriamo l’armadio… Qui c’è un po’ di tutto… Pensandoci meglio, come mai Tina avrà scelto proprio me come possibile compagno? Avrà avuto molte altre persone che si saranno offerte tra la quale scegliere… e poi, come avrà fatto a vedere il mio stile di disegno se abbiamo un solo corso in comune? La scelta del partner per un lavoro dev’essere accurata, non puoi scegliere un tipo qualunque… Oh, ecco qui il nudo di Giulia: potrei mostrarle questo! Di certo non le mostro i ritratti che le stavo facendo di nascosto! No! Proviamo con questo qui, e quest’altro nudo qui… e questo ritratto dal vero. Non credevo di aver disegnato così tante donne nude e così tante Tina fin’ora… forse dopo Piero dovrei provare a ritrarre Rosemund: i suoi occhi sarebbero perfetti per un pittore, non mi stupisce affatto che facesse il modello.
«Eccomi!»
Oh, è tornata.
«Qui ci sono i miei.»
«Oh! Questo volevo proprio osservarlo da vicino!»
Tina ha preso tra le mani la tela del nudo di Giulia.
«L’ho intravisto di sfuggita quando il professore ne stava parlando con un collega! Sai, sembrava davvero soddisfatto, continuava ad elogiarti tutto il tempo! Caspita, questa ragazza è davvero stupenda! Hai usato una modella, vero?»
«S-sì, è Giulia, una mia amica. Puoi chiamarla, è molto disponibile e alla mano… se ti va più tardi ti passo il suo numero di cellulare.»
«Lo terrò presente, grazie! Anche se non mi interesserebbe un nudo femminile…»
Ovvio che non le interessa il nudo femminile, che stupido! Sono proprio un cretino!
«Comunque davvero complimenti, Ivan! È davvero un lavoro bellissimo!»
A Tina piace il mio disegno! Come sono felice, mi sento di poter toccare il cielo con un dito…!
«Mi piace davvero tanto! Il mio intuito non sbagliava quando mi sei venuto immediatamente in mente mentre ascoltavo il professore!»
«Perché hai scelto proprio me?» Domanda diretta.
«Perché mi piace il tuo disegno, Ivan. Mi piace osservare la tua espressione quando sei concentrato su quello che fai, e una volta ti ho anche fatto una caricatura, guarda qui!»
Tina mi ha passato una tela quadrata con sopra un ometto gracile con un’espressione concentrata e buffa allo stesso tempo: sono io, Tina mi ha fatto una caricatura in segreto! Oh, per la miseria! Siamo simili! Non credevo che anche lei mi guardasse… anzi, credevo che per lei non esistessi affatto… ma naturalmente non le mostrerò i disegni che ritraggono le mie fantasie sul suo corpo nudo, no: rimarranno un segreto che mi porterò nella tomba. Però accidenti… mi sento le guance molto calde e ho il battito accelerato…
«Oh, sei arrossito?»
«N-n-no! No! F-fammi vedere quella statua della libertà hippie!»
«Eccola.»
I colori accesi e vivaci danno carattere a quel monumento: la statua al posto della corona ha una ghirlanda di fiori, degli occhiali da sole a forma di cuore mentre fa il segno della pace, è incredibile quanto un po’ di colore ed ironia possano cambiare l’immagine di un colosso della storia mondiale dell’arte come la statua della libertà.
«È pazzesco, è… incredibilmente contemporaneo e spiritoso! Ha carattere!»
«Vero? Secondo me una vera statua della libertà dovrebbe essere così!»
Ci siamo guardati divertiti, per la prima volta complici di interesse verso la nostra più grande passione.
Tina ha posato la tela e ha guardato l’enorme spazio bianco sul foglio da disegno:
«Non dev’essere così difficile incrociare gli stili, alla fine verrebbe fuori un’opera moderna ed originale!»
«Sì.»
«Però ritorniamo al problema iniziale: cosa disegnare?»
«…» Siamo ritornati al punto di partenza, senza concludere nulla di concreto.
«Fermiamoci a pensare un attimo.»
Ho annuito e mi sono seduto in silenzio sullo sgabello.
Dopo un lungo, lunghissimo tempo in silenzio a pensare, il mio cervello è andato in pappa: non riesce a produrre nulla di buono o originale, nulla dal contenuto abbastanza forte e convincente.
«Ivan, ho un’idea.»
L’ho guardato illuminato: forse quest’agonia è finita! «Quale?»
«Andiamo a casa e facciamo delle ricerche, poi incontriamoci per confrontare le idee! Che ne dici?»
«Sempre meglio di stare qui senza produrre niente. Va bene.»
«Mi daresti il tuo numero di cellulare?»
Tina mi ha chiesto il numero di cellulare, non ci posso credere! Peccato che non ne abbia uno. Che fallito che sono. Sto per fare una pessima figura… o forse no! Idea!
«Porca miseria! Il cellulare! L’ho lasciato sul tavolo della cucina stamattina…! Scusa, purtroppo non mi ricordo il numero a memoria…»
«Oh, non preoccuparti! Ti basterà prendere il mio! Tu chiamami, così potrò memorizzare il tuo numero senza problemi!»
«O-okay, scusa… scusami, sono davvero sbadato!» paraculata uscita alla perfezione.
Non ci posso credere, ho il numero di telefono di Tina! Questa nuova pettinatura fa davvero miracoli! Ho salutato Tina e sono uscito in corridoio per controllare l’orario dal bizzarro orologio a muro accanto alla macchinetta del caffé. È già ora di pranzo e per oggi non ho nulla in particolare da fare, penso di poter tornare a casa adesso. Anche perché devo fare le mie ricerche al computer.
Rientrato a casa trovo Anna nel salone, intenta a sistemare l’albero di Natale.
«Anna, ti aiuto io!»
«Oh, caro, ma non hai da studiare oggi o da uscire con Rosemund?»
«No, ti aiuterò! Quest’albero è enorme, non la finirai più da sola!»
«Oh… Allora grazie!»
«Dove sono mamma e papà?»
«Al lavoro, sono usciti tardi questa mattina, dopo aver discusso in maniera molto accesa in camera da letto… mi hanno ordinato di andare a cucinare e di iniziare a decorare la casa per le feste, quindi non ho potuto origliare, mi dispiace.»
Poveretta… l’hanno costretta a lavorare così tanto solo per non farle sentire i loro fatti di corna e bicorna, come se fosse una completa estranea, come se non fosse in questa casa da ventidue anni, che vergogna… «Ci sono io qui con te.»
Mi sono seduto sul sofà accanto ad Anna, aiutandola ad aprire i rami in ferro filato dell’albero di Natale finto, alto più di due metri e mezzo. Sono questi i momenti in cui detesto vivere in questa casa tanto grande. I miei genitori fanno tanto gli snob ma tengono la loro camera come se fosse un porcile, fanno ordinare e pulire in continuazione Anna per ogni sciocchezza, una volta ogni due settimane le chiedono di cambiare l’ordine delle piante sui balconi per rinfrescare l’ambiente, la fanno salire sulla scala anche se soffre di vertigini, le fanno pulire le scale una volta al giorno con la candeggina e lo spazzolone come se fossero passati un branco di elefanti dopo il rinfresco, senza curarsi dei suoi dolori alla schiena… per non parlare della cena, vogliono sempre qualcosa di nuovo e sofisticato, qualcosa che richieda non meno di mezza giornata di cottura e preparazione, addirittura spesso e volentieri improvvisano una cena di lavoro a casa rincarandole la mole di lavoro ai fornelli per poi, una volta si e due no, sbatterla fuori casa proprio come fanno con me.
Lo squillare del telefono mi fa tornare alla realtà. Ma Anna è già corsa a rispondere prima che riuscissi a sollevarmi dal mio posto a sedere.
«Ivan, è Rosemund al telefono!»
Sono andato a parlare al telefono trascinando i piedi, già stanco di aprire quegli odiati rami. Dopo aver fatto il resoconto della mia giornata scolastica, Rosemund, che dapprima pareva avere una voce stanca, sembra essersi rilassato:
«Visto che avevo ragione? Un buon look fa miracoli in amore! Il prossimo passo è sistemare il fisico: corsa tutte le mattine e abbigliamento decente! Per quello ci penso io naturalmente! Cosa stai facendo di bello?»
«Sto aiutando Anna a preparare la casa per le feste di Natale prima che le venga una crisi isterica... tu hai finito con l’inventario?»
«No… non ricordavo avere tanto ciarpame nascosto sotto gli scaffali… comunque, a questo proposito, hai dei piani per Natale?»
«Piani… chiamali piani… i miei genitori contradditori ogni anno danno una rigida e noiosissima festicciola in casa, soltanto per noi tre… non posso nemmeno oppormi perché, per qualche strano allineamento dei pianeti nella nostra galassia, pare che ci tengono molto. Una volta ricordo che volevo fare una cosa diversa e andare al veglione insieme a degli estranei per cercare di farmi una vita sociale, ma hanno fatto un putiferio per nulla, costringendomi a rimanere con loro.»
«Oh… mi dispiace. Volevo invitarti a passare le feste a casa mia o da Ashley, visto che ci saranno anche i nostri genitori… hai fatto davvero colpo su di loro, ti adorano! Comunque l’invito rimane aperto e valido, spero sempre che tu riesca a risolvere la questione festività!»
«Beh… com’è che si dice… “ A Natale con i tuoi, a Pasqua con chi vuoi”… ma per me è così tutto l’anno, non ci possiamo fare niente.»
«Uhm… okay, io allora ti lascio alla tua ricerca e al tuo albero di Natale! Vado a finire il mio lavoro! Ci risentiamo!»
Sono ritornato nel salone a riaprire i rami dell’albero… Che festività penose mi spettano.
Però devo pensare anche alle cose belle, come al panettone e al torrone! All’arrosto e alla frutta secca! Dovrei iniziare a cercare dei doni per Anna, i miei genitori (a loro basta una di quelle agende che regalano alla farmacia), quest’anno c’è anche Rosemund, la sua famiglia, un pensierino va anche a Giulia… e anche a Tina. Chissà cosa potrei regalarle.
Oh. Non ho chiesto a Rosemund cosa significa per lui la parola “unico”… mi avrebbe aiutato sicuramente. Ma per adesso meglio sbrigarsi a finire… sembra che quest’anno le feste saranno più rognose del solito in casa Peperone.  
 

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Capitolo 30
*** Il calore che solo tu riesci a donarmi ***


La noia questa mattina riesce a raggiungere il sottosuolo. Non riesco a credere di non essere riuscito a trovare nulla di decente per colpa del poco tempo rimasto dopo aver badato alle decorazioni di Natale con Anna. Alla fine non ho visto nemmeno i miei genitori, e questa mattina erano già belli che andati. Nemmeno Tina si è vista.
Mi sono chiuso la porta alle spalle, entrando nello stanzino vuoto dove sono abituato a disegnare, ammobiliato solo con un armadio, una scrivania, uno sgabello ed un cavalletto per dipingere. Pigramente inizio a tracciare la sagoma imprecisata di una figura femminile. Che diavolo potrei disegnare? Qualcosa di unico come il mio migliore amico… disegnare Rosemund non basta, non ha nulla a che vedere con Tina, e nemmeno sua madre ha qualcosa a vedere con me, quindi non avrebbe senso. Voglio parlare con Rosemund, lui saprebbe come aiutarmi… ma non posso fare sempre affidamento su di lui, prima o poi arriverà la situazione in cui dovrò decidere da me: di questo passo finirà che chiederò a lui  il permesso di dire “sì” nel giorno del matrimonio.
Anche dopo aver appurato questo, non so comunque cosa fare. Andrò a documentarmi nella biblioteca della scuola.
La biblioteca è silenziosa e mediamente affollata, di solito non è mai troppo piena, anche perché puzza di polvere. Oh, laggiù c’è Maria, l’amica di Tina! Potrei chiedere a lei dov’è Tina, di solito gironzolano sempre insieme!
«C-ciao… ehm… s-sono il partner di lavoro di Tina, sai dov’è?»
«Ciao! Te lo direi anche, ma… prima di tutto chi sei?»
La gente non si ricorda di me: triste e dura realtà. «M-mi chiamo Ivan Peperone, frequento un corso in comune con Tina.»
Gli occhi scuri di Maria si sono illuminati:
«Ah! Adesso ho capito chi sei! Ti sei deciso a tagliarti quei capelli, eh? Scusa, ma eri proprio bruttarello! Adesso noto con piacere che sei davvero carino! Tina non è venuta oggi, ha l’influenza! Penso che rimarrà a casa per due o tre giorni!»
Oh… Tina è ammalata. Che peccato… beh, è comprensibile con questo freddo... lei che porta tutte le sere il cagnolino al parco, si sarà raffreddata. Non ci si può fare niente allora… quando ritorno a casa le telefonerò.
«G-grazie.»
«Figurati!»
Ho consultato qualche libro per avere anche una sola, vaga idea di cosa disegnare, ma non sono riuscito a trovare un buon argomento, l’unicità è una cosa troppo soggettiva. Pieno di rassegnazione, arrivata l’ora del pranzo, mi sono incamminato verso casa.
Le strade sono affollate, c’è parecchia gente a quest’ora, ed i negozi non sono ancora chiusi: potrei iniziare a comprare dei regalini di Natale. Nella farmacia, comprando delle pillole per il raffreddore, ho ricevuto in omaggio le agende che stavo cercando: queste medicine potrei darle a Tina. No, sarebbe poco carino, potrei passare per uno stupido che la tratta come se non avesse abbastanza soldi per comprarsele, direi che è decisamente meglio evitare… e poi non conosco nemmeno il suo indirizzo.
Per quanto riguarda gli altri cosa potrei prendere? Una sciarpa? Del profumo? Dei prodotti per la cura del corpo? Direi che i prodotti andranno bene per Anna e per i genitori di Rosemund. Sono andato al negozio all’angolo della farmacia e ho fatto gli acquisti successivi, per poi arrivare alla fermata dell’autobus, dove sono rimasto in piedi e spintonato tutto il tempo da delle signore poco garbate.
Arrivato davanti alla porta di casa, sento le urla dei miei genitori provenire dall’interno. Stanno ancora litigando? Forse papà ha scoperto il tradimento di mamma. Se è così, sarà il momento giusto per entrare? Però non dovrei sentirmi a disagio a stare in casa mia, e di certo non sono io quello con la coscienza sporca o il cornuto. Sì, devo ragionare così per tirare avanti rimanendo sano mentalmente! Ma con quale coraggio penso questo? Non ho proprio nessun affetto per loro? Certo che ne ho, ma le loro questioni amorose non dovrebbero riguardarmi… però sono così indeciso, non riesco a capire quali siano i miei sentimenti, mi sento confuso quando penso a loro... per adesso sarà meglio entrare, poi vedrò se sarà il caso di sparire dalla circolazione in fretta e furia o meno.
Ho aperto la porta e sembra che le urla siano cessate: mio padre sta salendo le scale che portano al piano superiore, senza nemmeno voltarsi per salutare, mentre mia madre mi saluta con un “ciao” amaro e svogliato, piuttosto irritata:
«Sei già qui oggi?»
Sembra davvero esausta e arrabbiata allo stesso tempo: non sarà riuscita a reggere lo stress delle due relazioni? O forse hanno litigato per tutt’altro motivo? In fondo è stata abile a non farsi scoprire per tutto questo tempo, continuando a fingere un comportamento disinvolto.
«Sì. Ho finito prima.»
«Io ho studiato come una matta per poter ricevere dei buoni voti e laurearmi, dovrei dedurre che hai scelto di studiare disegno solo per capriccio, come ho sospettato fin dall’inizio?»
Ho sentito una fitta al petto, odio e non riesco a tollerare che qualcuno sporca i miei sentimenti per il disegno. Mia madre ha sempre saputo che amo disegnare fin da piccolo, perché adesso deve sminuire tutto quanto, solo perché sono nell’età in cui è preferibile trovarsi un lavoro, o nell’epoca in cui va di moda una laurea più teorica? Valgono così poco i miei desideri in questa casa? Ah, che domande… naturalmente sì. Visto che si vergognano così tanto di me e mi tengono lontano come se fossi un loro errore di gioventù. Sono così egoisti e presi dai loro litigi, che non si sono nemmeno resi conto che ho tagliato i capelli, eppure non perdevano occasione per deridermi sull’argomento. Devo accettare la realtà: i giorni in cui riuscivo a vedere i sorrisi sui loro volti sono finiti, e non torneranno mai più.
L’ho guardata rabbioso, con uno sguardo velenoso, proprio come quello che mi ha fatto poco fa: «Anche io ho confermato i miei sospetti su di te.» Ci ho messo tutto lo sdegno possibile in questa frase.
«E cosa sospettavi?»
Mi sono avvicinato e le ho sussurrato con una voce severa ed accusatoria: «È inutile che mi guardi con quell’aria di superiorità, non riuscirai più a schiacciarmi.»
Il suo senso di superiorità ed il suo assolutismo non le permettono di farsi replicare in questa maniera, mi si è avvicinata con ancora più arroganza:
«Come osi parlarmi così? Non sai cos’è il rispetto verso i propri genitori? È buon senso comune per un figlio obbedire alla propria madre.»
«Io non sarò più il vostro fantoccio. Mi basta una parola per far scoppiare una bomba in questa casa.»
Ha liberato una risatina con fare di sfida, che alimenta il rivoltarsi dei liquidi contenuti nel mio stomaco.
«Ma se non sei nemmeno capace di parcheggiare un’auto, facendoci avere una multa... non farmi ridere, diventi ancor più patetico.»
Ogni sua parola è un colpo al petto, che alimenta la mia rabbia, la mia angoscia, la mia impotenza. Come ogni volta, è abile a scegliere i termini adatti per ferirmi… ma per quanto possa stare male per queste sue parole, stavolta le cose andranno diversamente.
«Io ho preso una multa per aiutare un amico in difficoltà… ma dimmi, come mai in questa casa non si fa che parlare del mio rapporto con le automobili, sorvolando il tuo come se niente fosse?»
«Perché non mi risulta di aver mai fatto un incidente, né tantomeno preso una multa per aver parcheggiato in un vicolo su cui era affisso un divieto grande come una casa.»
«Però non mi risulta che le tue spese dal carrozziere siano tanto irrilevanti… o forse mi sbaglio?»
«E quando ci sarei andata dal carrozziere? Quattro anni fa per la riverniciata? A me pare che restartene chiuso nella tua stanza tutto il giorno ti stia facendo diventare ritardato!»
«A me invece pare che tu sia già diventata una vera stronza.»
A queste parole la mano di mia madre ha colpito con violenza il mio viso, provocandomi una perdita d’equilibrio: sono caduto sul mobile dell’ingresso, su cui ho sbattuto, trascinandomi sul pavimento un soprammobile di ceramica finito in mille pezzi. Siamo arrivati a questo adesso?
Ho male al viso e alla testa, tuttavia sono riuscito a rialzarmi senza fatica, facendo segno ad Anna di stare bene, accorsa per vedere cos’è accaduto.
«A questo punto deduco che tu non abbia proprio più vergogna… sei caduta così in basso…»
Sono uscito, sbattendo la porta con rabbia, lasciandomi alle spalle il suo volto carico di disprezzo. Mi sono guardato intorno, intontito dal traffico, dalla forte luce del sole negli occhi e dal vento che, nonostante tutto, continua a trascinare con sé raffiche gelide.
Le mie gambe iniziano a muoversi, coinvolgendomi in una corsa affannata. Adesso che sono fuori, sento l’angoscia salire su per la gola, rovesciandosi dai miei occhi, scorrendo per le guance e dissolvendosi nel vento.
C’è solo una persona che voglio vedere adesso: l’unica capace di farmi sentire di avere un posto nel mondo. Voglio essere accolto in quelle braccia, voglio inebriarmi del suo odore dolce ed aspro.
Sono salito sul primo autobus, dove il conducente mi ha guardato stranito: non devo essere molto presentabile ma non m importa, l’ho pagato e mi sono seduto sul fondo, dove nessuno avrebbe avuto più importanza, lasciando andare le lacrime in un pianto silenzioso, asciugandomi gli occhi con la mano piena di tagli.
Non voglio ritornare mai più a casa, in quel posto ci sono più ricordi infelici che spensierati.
Sono arrivato davanti a casa di Rosemund stanco, con mal di testa e gli occhi gonfi di pianto. Ho suonato il citofono, sentendo finalmente una voce amica: alla mia risposta la voce non è uscita in maniera fluida, ma Rosemund non ha fatto domande. Nel portone vi è affisso un biglietto accanto all’ascensore su cui vi è scritto: “Fuori uso”… dovrò farmi anche cinque piani a piedi. Qui continua a piovere sul bagnato.
Pian piano ho percorso le scale, stringendo il palmo alla ringhiera, provocandomi dolore alla mano ad ogni rampa. Arrivato all’ultimo gradino, scorgo Rosemund che mi aspetta all’uscio della porta. Ad ogni passo, il suo viso diventa sempre più chiaro, riesco a vedergli sorpresa per la visita improvvisa e preoccupazione. Esposto alla luce di una finestrella nel portone, socchiudo gli occhi per l’abbaglio dei raggi del sole, mentre sento i suoi passi avvicinarsi a me ad un’andatura veloce.
«Cos’è successo??»
Le sue mani mi toccano rapide sulle spalle e sulle braccia, cercando impazienti una risposta tangibile.
«Sono caduto sul mobile dell’ingresso mentre litigavo con mia madre.»
«Che razza di caduta è questa?»
Il suo viso preoccupato e la sua espressione provata esaminano ogni centimetro del mio viso, continuando ad agitare le pupille da una parte all’altra. Poi ha afferrato saldamente la mia testa tra le mani, scostandomi i capelli:
«Ma guarda qui che gonfiore hai sulla testa…»
«N-non riesco a vederlo. Però non mi è sembrato di aver sbattuto così violentemente, nonostante l’intontimento iniziale... è molto grande?»
Ignorandomi, continua a guardarmi inquieto alla ricerca di qualcos’altro:
«Hai male da qualche altra parte?»
«…Solo un po’ di fastidio alla mano.»
«Fammi vedere!»
Esitante ho teso la mano verso di lui, lasciando che il suo tocco gentile la prendesse con sé per essere esaminata da quel suo sguardo concentrato e premuroso.
«Per fortuna non sembrano tagli profondi. L’altra mano è a posto?»
«Sì.»
«Vieni dentro.»
Allungando una mano verso di me, sento il calore delle sue dita avvolgere le mie, estendendosi alle nocche, al dorso e al palmo. Il suo tepore è altamente confortante, mentre ad ogni passo percorso verso l’interno di casa sua, sento riflettere ed agitarsi tante emozioni differenti dentro di me: imbarazzo, vergogna, tristezza, sottomissione, solitudine, conforto, tenerezza, affetto, il senso di sicurezza davanti a tutto.
Come immaginavo, la sua sola presenza è riuscita a rincuorarmi.
 

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Capitolo 31
*** Tu fermi il mio tempo ***


Chiusa la porta, Piero mi accoglie nel suo solito modo gioioso, mentre Rosemund mi fa sedere, correndo a prendere la cassetta del pronto soccorso. Mi sono guardato intorno sospirando: non credevo che la sua casa, così piccola e confusa, mi avrebbe dato un tale senso di quiete… mi sembra davvero di essere il benvenuto qui, come se fossi rientrato a casa mia.
Chissà, forse questo significa che davvero non c’è un posto per me in questo mondo… il fatto che io non mi senta a mio agio persino in camera mia, il fatto che trovi qualunque posto migliore di casa, nonostante sia consapevole di non poter dare fastidio agli altri… sono andato persino ad intrufolarmi in casa di Ashley mentre lei non era in casa, ho mangiato a sazietà e mi sono goduto il momento in un posto che non mi appartiene, continuo a venire qui e a mettermi a dormire dove capita… sono davvero un approfittatore senza vergogna… forse dovrei semplicemente iniziare a fare il senzatetto.
«Che dici Piero, è meglio per me essere un vagabondo?»
«Iiiivan!Iiivan!»
Piero saltella felice nella sua gabbietta. Ma sarà davvero felice di restare chiuso tutto il giorno?
«Non vuoi uscire anche tu?»
«Uscire! Uscire! Uscire!»
Rosemund è tornato con una cassetta del pronto soccorso tra le mani, bussando leggermente alla gabbia di Piero:
«Piero, stai zitto un attimo. Adesso non puoi uscire.»
«Quindi ogni tanto lo lasci uscire?» Poggiando la cassetta sul piccolo tavolo, Rosemund la apre alla ricerca di cerotti, frugando dovunque.
«Sì.»
«E non si perde mai?» Sto chiaramente evitando di parlare del litigio, ma non sembra che Rosemund sia intenzionato a farmi domande.
«No, vola soltanto in giro per casa, ha paura di uscire all’esterno.»
«Mh… capisco.»
«Dammi la mano.»
Silenziosamente seguo con lo sguardo le sue movenze premurose e precise, come se sapesse esattamente cosa fare e come farlo. Deve essersi fatto male molte volte con il taglio e cucito. «Va bene mettere del mercurio cromo…?»
«Fin da quando ero piccolo ho sempre usato questo… perché, non va bene?»
«Oh… è che si dice in giro abbia delle sostanze nocive.»
«Non potrà mai essere più nocivo della gente che ti costringe ad usarlo. Guardami, sto benissimo.»
Mi dice queste parole sicuro di sé, ma il suo sguardo è freddo e la presa alla mia mano si è fatta più stretta. Una goccia rosso cremisi sta oscillando sulla punta del dosatore, pronta a cadere da un momento all’altro, ma Rosemund sembra assorto nei suoi pensieri, con uno sguardo gelido come il marmo.
Nonostante le ciglia lunghe i suoi occhi blu rimangono persi nel vuoto, anche quando il mercurio tocca la superficie del tavolo.
«Rosemund.»
«Mh? Oh. Scusami.»
Lascio che continui la medicazione in silenzio, nonostante la mia testa sia piena di pensieri e di domande di ogni tipo: sul mio futuro, sulla mia famiglia, sulla mia stabilità, sul passato mio… ed anche il suo.
«Rosemund… posso farti una domanda delicata…?»
«I tagli si sono già rimarginati, guarda.»
Sposto il mio sguardo sulla mano macchiata di rosso imbarazzato, forse mi sono spinto troppo in là con la mia curiosità.
«Puoi chiedermi quello che vuoi, Ivan. Prova a fare questo movimento.»
Lentamente lo imito, chiudendo e riaprendo il pugno con la mano, con i nostri sguardi che rimangono fissi sui movimenti dell’altro, continuando a muoverci a specchio.
«Di che colore sono i tuoi ricordi?»
«Quelli belli o quelli brutti?»
«In generale.»
«Azzurri, come il cielo. Il cielo può diventare davvero scuro e minaccioso, può farti tremare di paura, ma prima o poi arriveranno i raggi del sole, così potrai uscire fuori a correre, lasciandoti tutto alle spalle.»
«…Il tuo cielo si è schiarito?»
«I giorni di pioggia torneranno sempre, anche in piena siccità. Non ci si può fare nulla, ma la prossima volta avrò una coperta calda dove nascondermi o un ombrello capiente dove ripararmi.»
«…»
«Il colore dei tuoi ricordi qual è?»
«…credo il bianco. Tutti guardandolo pensano immediatamente che rappresenti la luce, ma molti dimenticano che simboleggia anche un grande senso di vuoto.»
Rosemund si è alzato, avvicinandosi a per controllare la fronte.
«Basterà un po’ di ghiaccio. Se ti va puoi diventare la mia nuvola.»
«Perché la nuvola? Le nuvole coprono il cielo.»
«Ma lo vivacizzano e ci puoi fantasticare a lungo sopra.»
« …Tu sei davvero una persona che riesce ad adattarsi in fretta, ma io come posso fare per integrare il tuo azzurro al mio bianco?»
«Non lo so, sei tu l’artista qui. Se avessi tra le mani una tela bianca e dell’azzurro che ci faresti?»
«…Non lo so… devo pensarci. Prima devo analizzare tutte le possibilità.»
«Un giorno me lo dirai.»
«…Sì.»
«Vuoi una bistecca?»
«Eh?» In effetti non ho ancora mangiato nulla. Sorridendomi, Rosemund va verso il frigorifero. «Forse è meglio raccontarti cos’è successo oggi.»
Qualcosa di molto freddo e viscido si è spiaccicato improvvisamente sulla mia fronte. Rosemund trattiene facendo pressione sul mio bernoccolo quella che sembra una fetta di carne cruda, con il suo solito sorriso caldo dipinto sul volto. Era questa la bistecca a cui si riferiva?
«M-mi hai spiaccicato una bistecca sulla testa!»
«Sì, mi sono reso conto di aver finito il ghiaccio! Comunque dopo la mangiamo, stai tranquillo! Non andrà mica sprecata!»
Ho fame.
Mentre Rosemund prepara da mangiare, vietandomi di alzarmi dalla sedia, gli ho raccontato tutto quello che è accaduto oggi, dal litigio con mia madre al lavoro con Tina. Quando il racconto è finito, le bistecche erano belle fumanti nei nostri piatti, affiancate a delle patatine al forno.
«Questo è davvero inaspettato, Ivan. Non l’avrei mai creduto, sono serio.»
«Vero? Anche io sono rimasto sorpreso quando ho visto la mia caricatura!»
«Questo cambia tutte le carte in tavola. Ivan, vuol dire che le piaci!»
«D-davvero??»
Oh cavoli, non ci posso credere!! Se fosse così non saprei cosa fare!! Io che piaccio a Tina, è come la favola della bella e la bestia – ovviamente la bestia sono io – incredibile!
«O forse ti ha trovato semplicemente buffo e ne ha approfittato per disegnare.»
Fantasie andate in fumo. E io che già mi vedevo sulla spiaggia di una bella isola tropicale correndo verso di lei tutto felice.
«Rosemund, per te cos’è “unico”?»
«Unico? Tutti siamo unici sulla faccia della Terra, e anche in tutte le altre galassie.  Non troverai mai un individuo simile ad un altro al cento percento! Magari si assomiglieranno all’ottanta, al novanta, ma mai al cento percento! Capito? Pensaci a questa cosa. Ti do solo cose a cui pensare, vedi? Dovresti darmi qualcosa in ritorno per il merito!»
«Hai proprio ragione… è proprio così! Sei un genio! Grazie!»
«Se fossi stato un genio a quest’ora sarei presidente alla casa bianca, non dire idiozie.»
«M-ma è vero! Fidati che ci abbiamo pensato così tanto da spappolarci il cervello!»
«Questo perché non mi hai chiamato subito nel momento del bisogno.»
«Non ho ancora un cellulare… devo comprarne uno, altrimenti farò una pessima figura con Tina!»
«E a me non pensi? Ogni volta devo stare ad ascoltare il sottofondo di Anna che passa l’aspirapolvere o la segreteria perché non sei ancora rientrato da scuola!»
«Scusa! Quando ne avrò uno sarai il primo a cui darò il numero!»
«Certo che sarò il primo! E a Tina cosa dirai nel frattempo?»
«Ehm… dirò che ho fatto cadere il cellulare accidentalmente nella pittura. Va bene come scusa, no?»
Rosemund mi ha guardato ed ha sorriso, riprendendo a tagliare la sua fetta di carne:
«Tina deve piacerti davvero tanto.»
«L-lo sai che mi piace… te l’ho detto fin dal primo giorno, o quasi.»
«Sembri davvero molto attratto da lei, Ivan. Ne parli con un tale entusiasmo ogni volta… mi fai tenerezza, mi fai davvero desiderare di innamorarmi.»
È davvero così evidente?
«Scusa, ma perché tu non hai nessuno? Eppure non dovrebbe affatto essere difficile per te trovarti un bel giovanotto!»
Forse sono andato troppo oltre. Mordendosi il labbro, Rosemund sbatte le palpebre in cerca di una risposta da darmi. «S-scusa, non volevo essere invadente…»
«Non lo sei affatto, non essere sciocco. Solo che… è un argomento che mi imbarazza, dire apertamente di volere un ragazzo completamente diverso dal precedente, intendo.»
Il volto di Rosemund si è colorito di un dolce rossastro, il suo sguardo si è abbassato, posandosi su un punto indefinito del piatto. Solitamente è una persona abbastanza aperta e schietta, non credevo si sarebbe imbarazzato.
«Era una persona molto fredda, si potrebbe dire che fosse un amore a senso unico. Io voglio una persona dal cuore caldo, non un pezzo di marmo.»
«…Oh…» È la prima volta che mi apre il suo cuore in questa maniera…
«Sono comunque impegnato con il lavoro e se non fosse quello il problema, ci sarebbe ugualmente quel maiale di Lorenzo a mettermi i bastoni tra le ruote, quindi non avrei comunque la pazienza necessaria per la ricerca.»
«Io… io credevo che fosse l’amore a dover bussare alla tua porta, e non il contrario. O almeno questo è quello che ho provato io con Tina…»
«Dovrebbe essere come se si fermasse il tempo… è questo quello che mi hanno insegnato i miei genitori. Ma è un qualcosa che non ho mai provato guardando un’altra persona. È un’emozione che ho collaudato solo per le cose brutte, intendo.»
«Oh… come quando la vedi e BAM! Rimani completamente rapito…»
D’accordo con me, Rosemund rimane con lo sguardo fisso sulla forchetta, sorridendo mentre la fa roteare tra le lunghe dita della mano:
«Sì, e poi rimani in quell’odioso silenzio imbarazzante…»
«…Già.»
«…»
Con le palpebre ancora abbassate, volge il suo sguardo verso di me, senza riuscire a portare avanti il discorso, come se mi chiedesse aiuto per andare avanti. Ma non mi viene in mente niente, quindi resto a fissare il suo sguardo blu intenso che è sempre come un vortice burrascoso e carico di significati nascosti, tutti sempre molto affascinanti, continuando a riflettere sulle sue parole.
Un’emozione che ricorda l’arresto del tempo… come un’ipnosi…
L’ipnosi mi capita spesso con Tina, ma mai tanto spesso come quando mi soffermo sul suo sguardo… quest’informazione dev’essere un po’ taroccata.
«Vuoi fermarti qui per un po’?»
«Oh… è che… n-non vorrei disturbare…»
«Ma quale disturbo, magari i disturbi fossero tutti così.»
Mi sento davvero il cuore caldo e protetto stando con lui… ma non posso approfittarmi della sua infinita premura tutte le volte.
«…Ehm… Rosemund, io… preferirei andare a casa da Anna. Se è possibile. Voglio trovare la mia maniera di stare al mondo.»
Rosemund mi sorride, assottigliando i suoi occhi blu: «Mi fa davvero piacere vederti così attivo. Mi piaci quando fai così, è come se passassi a me questa forza. Grazie, Ivan. Credo davvero che tu sia molto importante per me.»
Queste parole sono così belle che mi fanno venire il batticuore… è così bello avere un amico che ti dica queste cose… conducevo davvero una vita triste e solitaria prima di conoscerlo. Sono così felice e mi sento così rassicurato quando sono con lui…
Lo squillo del cellulare di Rosemund mi fa tornare alla realtà.
«Sì, è con me. Certo. Ivan, è Anna e sembra anche molto preoccupata per te.»
«Oh… Pronto, Anna?»
Anna dall’altra parte del telefono è davvero preoccupata. Mi ha raccontato di avere avuto il resto della giornata libera e mi ha chiesto di tornare a casa sua con lei, se proprio non voglio rivedere mamma e papà. «Okay, finisco di pranzare e arrivo allora. Sì, ciao.»
«Anna ti vuole molto bene, Ivan. Non avresti dovuto farla preoccupare.»
«Resterò a casa di Anna per stasera.»
«Bravo.»
Dopo aver finito di pranzare, parlando di cose completamente futili –immancabile il discorso sull’economia –  siamo usciti dall’appartamento, diretti a casa di Anna.
È pomeriggio presto e nei dintorni non c’è nessuno, siamo solo io e Rosemund, accompagnati dalle nostre ombre sull’asfalto.
«Non vai in negozio oggi?»
«Ci vado più tardi, non è un problema.»
«Non dovevi accompagnarmi, farai tanta strada per niente…»
«Tu non sei “niente”. Tu sei Ivan.»
«Sono Ivan, e allora? È comunque uno spreco di tempo ed energie starmi dietro.»
Mi sono voltato verso Rosemund, che mi fissa dritto negli occhi con uno sguardo imbronciato, come un gattino in cerca dei croccantini.
«N-non guardarmi così, ho ragione!»
«Ti esce una nuvoletta di calore dalle labbra, fa freddo. Scommetto che hai le guance tutte ghiacciate.»
Lentamente, le nocche della sua mano si posano sulla mia guancia. Mi imbarazza che si comporti così, non sono mica il suo fratellino di tre anni! Ah, adesso mi sento le guance andare a fuoco… non dovrebbe comportarsi come se fossimo in una telenovela per ragazzine con me che sono un ragazzo… ma lui è gay… ah, perché mi sta guardando con quello sguardo così premuroso? Con quei riflessi azzurri nei suoi occhi blu profondo…
Mi sono scostato bruscamente, cercando di cacciare via la tensione. «S-sto bene…»
… Sbaglio o mi sono appena perso nel suo sguardo…? Devo finirla, Rosemund è un essere umano, non un dipinto con gambe e braccia!

………
Improvvisamente un brivido percorre la mia schiena, ma non si tratta di freddo…
Mi tornano a mente le parole che mi ha detto Rosemund a tavola.
Mi sono incantato e mi è persino venuto il batticuore… e non è la prima volta che mi succede… che diavolo mi prende? Agitarmi per ogni volta che mi sfiora o perdermi nei suoi occhi come se fossi una ragazzina… ma… è davvero così normale per due ragazzi sfiorarsi in questo modo come facciamo noi…?
O tenersi per mano come abbiamo già fatto…?
O abbracciarsi con tutto quel carico emotivo…?
I piedi mi si inchiodano a terra, io mio intero corpo si è irrigidito. La mia testa inizia leggermente a girare intorno, il mio cuore a sentirsi inspiegabilmente agitato e stretto.
È davvero così una normale amicizia tra due ragazzi…? O sono solo io che mi sto facendo castelli per aria perché so che Rosemund è gay?
«Ivan, sei diventato pallido… tutto bene?»
«S-sì… sì, sì, certo… certo!»
«Sei sicuro? Non sembra proprio…»
La sua mano si avvicina a me proprio come ha fatto poco fa… sono sicuro che è calda, ma non la voglio. Stavolta proprio non la voglio.
«L-lasciami!» È normale tutta questa agitazione?
«Ma…»
Mi sono scostato, facendo dei passi indietro. «Credo di aver bisogno di pensare… prenderò l’autobus!» Mi sono voltato per tornare indietro, ma ho sentito immediatamente la sua presa sul mio braccio.
«Ivan, che ti prende?»
«Non hai sentito? Ho bisogno di pensare ai fatti miei, Rosemund!»
Improvvisamente, un pianto piccolo ed indifeso, cattura la nostra attenzione, distogliendoci da tutto ciò che sta accadendo.
 

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Capitolo 32
*** Il colpo di fulmine di Rosemund ***


«Hai sentito?»
Cos’era quel lamento?
«Ivan, vieni qui, andiamo a vedere insieme.»
Mi sono voltato verso di lui, che ad ampi passi continua a guardarsi intorno preoccupato, per poi accucciarsi dietro un trio di bidoni dell’immondizia, lasciando che la coda del lungo cappotto marrone cada sull’asfalto gelido.
«Oh, Jesus… Ivan, vieni qui!»
Che cosa sarà?
Mi sono avvicinato ad osservare: una gatta maculata è sdraiata a terra con una cucciolata. Non ho idea di quanto tempo dev’essere passato dal parto, ma accanto a lei e ai gattini ci sono degli insetti che non promettono nulla di buono.
«Ivan, resta a controllarli per un attimo per favore.»
Con il viso provato, Rosemund chiama un veterinario, tornando poi ad accucciarsi verso i gattini, con il viso preoccupato, bisbigliando nel conteggio dei piccoli.
«Sono sette… ma non a tutti riesco a vedere il corpo muoversi per la respirazione...»
«Ci sono degli insetti qui intorno… credi che sia troppo tardi…?»
Uno dei cuccioli, dal manto completamente grigio, si è debolmente voltato verso di noi, miagolando in maniera stridula e dolce allo stesso tempo. Sembra ferito all’occhio sinistro. Vederlo mi fa stringere il cuore.
«Non toccarlo, Ivan. Aspettiamo il veterinario.»
«M-ma… che stai facendo?»
Rosemund si è sfilato la giacca, sistemandola accanto alla famigliola per tenerla al caldo. I suoi capelli volano via sotto le raffiche di questo vento gelido, le sue mani sfregano le braccia per darsi calore, ma nonostante questo, il suo sguardo è estremamente espressivo, emanando gentilezza, amore e calore, seppure sia preoccupato.
Probabilmente prima mi sono sbagliato riguardo all’ambiguità della nostra amicizia, lui è così dolce e premuroso con tutti... inoltre è la prima volta che ho un amico, quindi non sono abituato a fare certe cose con un coetaneo.
Anche io mi sono sfilato la giacca, imitando i gesti di Rosemund, rimanendo accucciato al suo fianco.
«Posso appoggiarmi? Così sentiamo meno freddo.»
«…S-sì, certo.»
Siamo rimasti in silenzio per un paio di minuti, finché non è arrivata sul posto Anna.
«Oh, cielo! Che ci fate qui con questa neve?»
Neve? Ho alzato gli occhi al cielo: sta iniziando a cadere qualche piccolo fiocco.
Mentre raccontavamo ad Anna della cucciolata, i soccorsi sono arrivati e usando i mezzi pubblici, insieme abbiamo raggiunto lo studio medico del veterinario, che ha immediatamente dato la precedenza alla gatta, lasciandoci attendere nella sala d’attesa, dov’è calato un silenzio imbarazzante.
La sala è intrisa dell’odore di medicinali e dell’odore della gomma dei giocattolini di gomma mista a croccantini.
«Ragazzi, con questo freddo starvene lì da soli… Ivan, come va? Quell’arpia di tua madre ti ha fatto tanto male, vero?»
«No, non così tanto. Sei troppo protettiva con me...ee…eeetctiù!» Credo di essermi raffreddato.
«Ivan!»
Anna posa amorevolmente le labbra sulla mia fronte per controllare la mia temperatura, ma non ho la febbre! Mi fa soltanto mettere in imbarazzo davanti a Rosemund…
«Sei un po’ caldo, per un paio di giorni resta a casa mia a riposarti sotto le coperte, va bene?»
«Sì.» Ormai sono come un vagabondo, dormo a casa di chiunque sia abbastanza affettuoso con me. Non che sia la prima volta che resto a casa di Anna.
Dopo aver parlato dell’accaduto e del tempo che continua a peggiorare, il dottore ci ha fatto passare.
Lo studio del veterinario bianco e pulito, e da quel che vedo sembra un uomo sulla trentina, è alto, moro e ha gli occhi scuri.
«Tre dei cuccioli erano già deceduti e la madre è troppo debole, non credo passerà la notte. Ma quattro di loro sono salvi, grazie all’assistenza termica che gli avete procurato, e per questo vi devo ringraziare. Poi ci sarebbe un'altra cosa da dirvi riguardo al piccolo con il manto grigio: il suo occhio sinistro non è stato recuperabile, gli insetti l’hanno danneggiato permanentemente.»
«Oh…»
«Adesso devo farvi una domanda: conoscete qualcuno che possa prendersi cura di loro o posso metterli in adozione?»
Ho guardato Rosemund con un fare molto perplesso: quell’arcigna di mia madre ha tutti i difetti di questo mondo, ha persino l’allergia al pelo e quindi non posso fare nulla in questa situazione. Al contrario di me, Rosemund sembra perso nei suoi pensieri.
«Posso fare qualche telefonata? Conosco qualcuno che potrà prendersi cura di almeno uno di loro… ma sia chiaro che il piccolino grigio è mio.»
Quindi Rosemund ha deciso di prendere con sé quel gattino…?  Chissà perché mi sento così emozionato per lui… credo che Rosemund sia piuttosto adatto per allevare un gattino: la sua immagine accanto ad una morbida e tenera palla di pelo sembra che gli calzi a pennello… ah, avrei tanto voluto anche io un micio, io adoro i gatti! «Anna, non puoi prenderne tu uno?»
«Non posso Ivan, sono tutto il giorno al lavoro, non saprei come occuparmi di lui e certamente non posso portarlo a casa Peperone!»
«…uffa…» E se chiedessi a Tina di prenderne uno? Credo di riuscire a ricordare il suo numero di cellulare, farò un tentativo! Chiedendo il telefono in prestito ad Anna, ho composto il numero ed ho aspettato pazientemente.
«Pronto?» È la voce di un uomo.
«P-pronto, sono Ivan Peperone, u-un amico di corso di Tina…»
«No, non voglio comprare nessun peperone, arrivederci!»
… Questa mi mancava. Ho riprovato a chiamare, sperando che sia la volta buona…
«Ho detto che non compro niente!»
«M-Ma non sono un venditore! Sono un compagno di corso di Tina, Tina Mancini!»
«Mancini? Hai sbagliato numero, qui è casa Ancona!»
«S-scusi…» Che figura… sono davvero pessimo a memorizzare nomi e numeri…. «Rosemund, a te com’è andata?»
«Stanno arrivando i miei genitori a prenderne un paio, a quanto pare vogliono approfittarne per fare un regalo di Natale ad Ashley...»
Quindi tre su quattro sono sistemati… porca vacca, anch’io voglio un gattino!!! «Anna, non posso provare a ricattare mia madre con la storia dell’amante per farmi tenere il gattino?»
«Oh! Ma non pensarci nemmeno! Che ragazzaccio! Non ti bastano i guai? Non voglio più sentire una cosa del genere, capito?»
«S-sì… Ehi! Io so a chi possiamo chiedere! Al signor Gennaro! Non ha il panificio proprio dietro l’angolo?» 
Il viso di Anna è diventato rosso all’improvviso:
«Oh... beh, possiamo provare a chiedere a lui, ma non so se possiamo disturbarlo, lui avrà le sue cose da fare, e poi ha il negozio, non può portare il gatto in negozio e non può nemmeno lasciarlo a casa da solo per tutte quelle ore…»
«Ma i fatti del signor Gennaro li sai così a memoria da sapere se può occuparsene oppure no?»
«Oh… n-no, certo che no! Figuriamoci! Facevo solo supposizioni!»
«Come no… comunque, se non vuoi andare tu a chiederglielo ci vado io!»
«No, no! Tu sei senza cappotto, ci andrò io!»
«Ah… adesso ho capito tutto… vuoi andare a trovarlo, vero? Vai, vai!»
«Ma no! È solo per necessità!»
«Va’ pure, Anna! Ad Ivan ci penso io, non preoccuparti!»
Rosemund posa amichevolmente la sua mano sulla mia spalla, poi guardando il dottore, chiede quando potrà portare via i gattini.
«Beh, ci vorranno due o tre giorni, ma l’ambulatorio è rimane aperto anche di notte, quindi non preoccuparti! Adesso potete aspettare in sala d’attesa? Ho un appuntamento adesso!» Il campanello è suonato proprio mentre terminava la frase.
Mentre ci siamo voltati per uscire dallo studio ed aspettare nella sala d’attesa, ci siamo trovati davanti ad un ragazzo con un’enorme teca tra le mani.
«Oh… chiedo scusa.»
«P-prego…»
Ha la voce sottile e non è molto alto, ha una pelle scura e dei capelli neri come l’inchiostro. Anche i suoi occhi sono scuri, ed il suo naso è abbastanza largo, come tipico dei ragazzi del sud. Dopo averlo lasciato passare, ci siamo seduti nella sala d’attesa, uno accanto all’altro.
Rosemund è rimasto a fantasticare per un po’ da solo con un piccolo sorriso sulle labbra, poi mi ha rivolto la parola:
«Era carino lui.»
«Uh?» “Era carino lui”?? È la prima volta che Rosemund fa apprezzamenti ad un altro ragazzo quando siamo insieme! Oh, finalmente si è aperto con me! Che bello! O forse più semplicemente non gli garbava nessuno dei visi incrociati per strada fino ad ora. Quando ci siamo visti al negozio le prime volte mi aveva detto che avevo un bel viso nascosto molto in fondo, non credevo che gli piacessero i ragazzi di colore.
«Oh… b-beh, sì, non era così male… era abbastanza proporzionato: spalle piccoline, viso abbastanza dolce… sì, era decisamente proporzionato.»
«Scusa, ma di chi stai parlando?»
«D-del ragazzo giovane che è appena entrato… n-non parlavi di lui…?»
Rosemund è scoppiato a ridere, facendo una delle sue espressioni calde e luminose che catturano sempre la mia attenzione.
«No, no! Io parlavo del veterinario!»
«DEL VETERINARIO??»
«Shhh! Abbassa la voce!»
«S-scusa, ma credevo che… i-insomma…ehm… ma non avrà trent’anni? Tu scusa,non mi ricordo, quanti anni hai?»
«Ventiquattro. Ma comunque perché fai quella faccia rossa ed imbarazzata? Nemmeno ti avessi detto che mi sposo…»
«Vuoi sposarti?? M-m-ma non sei troppo giovane?» Non devo dimenticare che dalle sue parti i matrimoni gay sono cosa comune da molti più anni che da noi in Italia.
«No, io non credo nel mio matrimonio.»
«Oh… credevo di sì. I tuoi genitori sembrano una coppia fantastica, credevo fossi cresciuto con questo genere di valori, e poi sembri credente.»
«Infatti sono credente. Credo anche nell’amore eterno, ma non credo nell’atto fisico del matrimonio. Troppe rogne da spartirsi, per non parlare dei beni… troppo faticoso.»
«…Sei davvero uno spilorcio, lo sai?»
«Sì, me lo dicono spesso! Ma sinceramente non mi importa!»
«Avevo notato anche questo…»
I genitori di Rosemund sono arrivati insieme ad Ashley, ma di Anna non ci sono tracce. Deve davvero piacerle tanto parlare con il signor Gennaro. Quasi quasi dopo vado a fare un’ispezione.
«Ivan, cos’hai fatto alla mano, tesoro?»
Miriam appena si è avvicinata per salutarmi mi ha preso la mano e l’ha accarezzata con premura.
«N-niente di particolare, davvero…»
«Ivan, non hai un bell’aspetto, stai davvero bene?»
Sentire la voce dolce di Ashley così premurosa e veder quanto i suoi occhi castani siano così in pena per i miei due graffietti, proprio lei che sta soffrendo per la fine di amore importante, mi fa sentire davvero in colpa in questo momento.
«E l’altra mano? Come sta?»
Ashley mi ha preso la mano illesa imitando le carezze di sua madre, che continua a massaggiarmi la mano fasciata. Mi sento leggermente un imbecille in questo momento. Ma giusto un po’. Proverò a cambiar argomento: «Rosemund, ma non ti daranno fastidio i peli di gatto sui vestiti?»
«Assolutamente no! Basta tenerli in ordine nell’armadio, no?»
«Caro, dimmi la verità! Com’è che ti sei fatto male?»
«È vero Ivan, queste non sembrano ferite da incidente comune, soprattutto quel bernoccolo...»
S-si vede?? Oh no, il vento mi ha spostato i capelli! E io che credevo di essere riuscito a coprirlo bene…
A salvarmi dall’imbarazzo arriva Anna, e la chiamata del dottore che ci invita ad entrare nello studio.
«Allora, avete preso una decisione, signori?»
Simon, con il suo aspetto da brav’uomo, si fa avanti mostrando la sua affidabilità:
«Ascolti dottore, io sono assolutamente pronto ad allevare una gatto randagio: ho allevato per un anno mio figlio da solo, gli ho dato il biberon, gli ho cambiato i pannolini e gli ho insegnato la buona educazione!»
Praticamente sta dicendo che suo figlio è come un gatto randagio, sciatto e che si ficca sempre nei casini…
«Ah! E gli ho anche insegnato a farla nel vasino!»
Che figura… mi sento imbarazzato al posto suo…! Mi sono voltato e la sua faccia ha cambiato colore almeno due volte… poveretto.
«Io posso prendermi cura di un cucciolo… ma in quel caso non rimarrebbe un trovatello?»
«Anna, e Gennaro che ha detto?»
«Oh, beh… il signor Gennaro è impegnato, non può tenerlo come ti avevo già spiegato…»
E ci ha impiegato tutto questo tempo per dirle di no?
«Adem, mi aiuti a portare i gattini? Il piccolo ferito dovrà restare da me per un po’, ma gli altri potete portarli via anche adesso se vi premunite di biberon.»
Simon con aria da saccente, inclina la testa imitando un presuntuoso nobiluomo d’altri tempi: «Lo allatterò con piacere, dottore.» Tutti abbiamo trattenuto una risata.
Il veterinario rientra con i due cuccioli, uno bianco con maculato marrone e l’altro bianco con qualche macchia nera sul muso e sulla spina dorsale: «Queste due sono femminucce… Adem, ti sbrighi?»
Il ragazzo più giovane, a passi lenti tiene tra le braccia un gattino dal pelo rossastro.
«E questo qui è l’altro maschietto.»
«Suvvia dottore, non siamo al mercato della frutta! I bambini- ehm… i gattini non si scelgono in base all’aspetto! Vero?»
«È assolutamente così, ma sa, siccome i gatti sono generalmente creature diffidenti che cercano le coccole quando gli pare e piace, a volte è meglio lasciarsi scegliere dal gatto.»
Il dottore ha detto una cosa risaputa, eppure sarò io l’unico scemo che crede che i gatti siano molto creature molto affettuose?
Un debole miagolio cattura l’attenzione di tutti: il gattino tra le braccia del ragazzo in disparte, agita la zampina nella nostra direzione.
«Adem, vieni avanti! Scusatelo, mio fratello non è molto socievole! Vieni, avanti!»
A passi lenti e pacati, il ragazzo di nome Adem si è avvicinato ad Ashely, e le ha porto il gattino, che si è lasciato poggiare sulle sue gambe, rilassandosi come se volesse dormire.
«Dovevi poggiarlo sul tavolo, non sulle gambe della signorina!»
«Ma è da lei che voleva andare…»
Ashley gli ha rivolto uno dei suoi sorrisi alla Julia Roberts:
«Non preoccuparti, anzi, grazie mille. Mi prenderò cura io di lui.»
«Signori, prego.»
Miriam decide di prendere la situazione in mano: «Ci dia quello che si muove di più, adoriamo i birbantelli!»
E così i genitori di Rosemund hanno preso il gattino pezzato marrone.
«Signori, se non avete già un veterinario di fiducia, mi occuperò io dei vostri piccoli amici, che ne dite?»
Salto sull’attenti e con decisione inizio ad esclamare come un soldatino: «Sì! Sì!» Voglio che Rosemund possa parlare più spesso con lui, ed incontrarlo molte volte d’ora in avanti.
«…Mio. Miao.»
Il ragazzo proporzionato ha preso tra le braccia l’ultimo gattino rimasto sul tavolo, quello bianco a macchie nere.
«Sei sicuro di quello che dici e che fai? I gatti non puoi tenerli semplicemente nei terrari!»
«Lo so.»
«Ah, se non hai paura che ti rovini i tuoi preziosi modellini portatelo pure a casa.»
«…Sì.»
Questo ragazzo sembra un po’ come un salame. Credo che un po’ mi somigli.
«Voi due di qua, prego. Vi faccio vedere il gattino che sta riposando dopo la medicazione.»
Dice a noi? Ma non è solo Rosemund l’interessato? Comunque, l’abbiamo seguito fino al luogo in cui la piccolissima palla di pelo è raggomitolata quasi mimetizzandosi tra le coperte, per via della pelliccia grigia. Rosemund sembra completamente rapito dal micio, continua a fissarlo senza nemmeno sbattere le palpebre.
«Prendersi cura di un animale non è un gioco, sei davvero sicuro di poterti prendere una tale responsabilità? Sembri con la testa tra le nuvole, sei ancora indeciso? Vuoi pensarci un altro po’?»
«Alastor.»
«Alastro? Rosemund, ti senti bene?»
«Non devo pensarci un attimo di più, è stato un colpo di fulmine fin dalla prima volta in cui i nostri sguardi si sono incontrati... il suo nome sarà Alastor.»

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Capitolo 33
*** Le mie labbra non conoscono l’inverno ***


«Alastor?»
«Sì! Come Alastor Moody, il mago di Harry Potter! Il suo occhio è ferito, proprio come il suo! Non hai letto i libri?»
«S-sì…» Insolito come nome, ma degno della sua fantasia, lo ammetto.
«Allora è deciso. Il vostro gatto arriverà a casa in tempo per la vigilia di Natale.»
Ma perché continua a ripetere “voi due”, “il vostro” e cose così? Non penserà mica che io e Rosemund siamo fidanzati? Ma quanto si è sparsa la voce del suo essere gay? Lo sa tutta la città? Puah! La gente non sa proprio farsi i fatti propri! Meglio chiarire le cose, o Rosemund non potrà nemmeno avvicinarsi a lui!
«Scusi, ma perché continua a parlare di noi due come se io fossi la sua balia? Questo ragazzo è abbastanza grande e vaccinato per badare a sé stesso da solo!» Facciamo finta di cadere dal pero, non vorrei fare figuracce inutili come al solito.
«Oh, scusate! Io credevo che voi due… lasciamo stare! Torniamo allo studio, prego!»
Il veterinario se né lavato le mani con una risatina di circostanza, ma io l’ho guardato un po’ male. Mi sono voltato verso Rosemund: sembra un po’ impacciato… deve sentirsi intimidito, o forse non sa cosa dire per rompere il ghiaccio? Che sia davvero così? Dopo tutte quelle storie su Tina e quegli slanci di fiducia che mi ha sempre mostrato? Forse sarebbe meglio aiutarlo ad attaccare bottone, lui è sempre così premuroso con me quando gli parlo di Tina.
«Scusi, ma lei come fa di nome?»
«Oh, Giulio! Giulio Lisbona!»
«Oh… e abita tanto lontano da qui?»
«No, non molto.»
Ignoro Rosemund che mi guarda stranito, ma non posso fermarmi adesso che ho preso la situazione tra le mani: «Certo che questo è davvero un bello studio… sua moglie dev’essere molto fiera di lei!»
«Oh, io non sono sposato!»
«Fidanzato?»
«Sì.»
«Oh, capisco! E come fa a non essere fidanzato, è così di bell’aspetto! Ah!Ah!Ah!» Sembro un’idiota dei telefilm Americani, ma ogni cosa ha il suo prezzo a questo mondo… ahimé, per una volta che Rosemund ha trovato qualcuno che gli interessa, è pure fidanzato.
«Perché sembri così dispiaciuto? Non credo di essere così di bell’aspetto! Ah! Ah! Ah!»
…Sta mentendo, ovvio. Sa perfettamente di essere un bel ragazzo, riesco a capirlo dal suo tono di voce tanto sicuro di sé. Meglio così, Rosemund non ha bisogno di interessarsi ad un tipo così presuntuoso!
…Ehi, ma… sbaglio o gli sono appena sembrato un po’ gay? Mi ha appena detto “sembri così dispiaciuto”… come si permette??? Questo qui fa troppo il saputello per i miei gusti… e se anche fossi stato il fidanzato di Rosemund, che c’entravo io con il suo gattino? Ci ha trattati come se fossimo una coppietta di sposini! E ha anche ripetuto “sei sicuro di quello che fai?” come se a ventiquattro anni Rosemund non sapesse cosa significhi occuparsi di un altro essere vivente! Questo idiota ci ha presi per due citrulli!?
Siamo ritornati dagli altri per gli ultimi accordi finali quando, rimasti solo noi due a lasciare la stanza, Rosemund si è fermato ad osservare il poster di un furetto appeso alla parete, sorridendo. Mi sono avvicinato per osservare meglio e gli ho sussurrato: «Cos’è che ti diverte tanto? È un furetto…»
«Scusa…è che ti assomiglia un po’.»
«Eh? D-dove? Ma perché? Non è vero! Sotto quale aspetto poi?»
«Una volta ho guardato ho guardato un documentario alla TV, in cui parlavano proprio del furetto… è una animale molto bizzarro ed affettuoso, ti assomiglia davvero!»
«Non credevo guardassi i documentari.»
«Oh, sì! Lo faccio! Tu non li guardi mai?»
«Ehm… s-sì, ogni tanto…» a dire il vero oltre a quelli animali guardo anche i documentari culturali, quelli su altre popolazioni e anche quegli sugli avvistamenti ufo… ma non c’entra niente adesso, dobbiamo andarcene.
«Grazie e buona giornata! Ci ha davvero aiutato molto!»
«Figuratevi! Venite spesso a trovarmi, sarà interessante conoscervi!»
Perché ha detto “sarà interessante conoscervi” con quel tono ambiguo e poco convinto? Ci ha presi per il frutto di un esperimento genetico mal riuscito? Ma che antipatico presuntuoso so-tutto-io! Insopportabile! Basta, ho cambiato idea! Farò di tutto perché Rosemund non si avvicini a quest’individuo!
Usciti dallo studio, Anna mi ha pregato di seguirla a casa sua e di mettermi sotto le coperte. Così ho salutato Rosemund e gli altri, e con lei mi sono allontanato.
La casa di Anna ha un arredamento antico, appena entrato ho sentito tutto il suo calore ed il suo amore penetrare da ogni singolo oggetto presente nell’appartamento. Anna mi stringe forte e mi coccola, mi tratta come il figlio che non ha mai avuto: per me lei è esattamente come una mamma. Da piccolo riuscivo ad avere un buon rapporto con i miei genitori, ma con il passare degli anni le cose sono andate sempre peggio.
Dopo aver misurato la temperatura, che segnava una cifra tale da permettere ad Anna di svuotare l’intero cassetto dei medicinali, abbiamo parlato per un po’ di quello che è accaduto, del litigio e dei prossimi giorni. A quanto pare mio padre non ha ancora scoperto le sue corna da cervo capo-branco.
«Tua madre mi ha chiesto di tenerti qui per un po’, ma ha anche precisato che ti avrebbe voluto a casa il giorno della vigilia di Natale.»
«…Avrei preferito non tornarci.» Non mi piacciono i cenoni a casa. Ogni anno mi costringono ad una noiosissima cena soltanto noi tre, in cui parlano per tutto il tempo del loro lavoro… ho provato spesso a svignarmela, ma per qualche motivo ignoto pare che ci tengono davvero tanto alla mia presenza, anche se poi mi snobbano alla grande.
«Ivan, riposati adesso, sembri davvero stanco.»
«Sì.»
 
*
Non mi sento affatto pronto a rientrare a casa. È il pomeriggio della vigilia, ma non credo che varcando la soglia di casa troverò atmosfera natalizia. Anna mi ha accompagnato e mi incoraggia ad entrare, per lei si prospetta una lunga preparazione davanti ai fornelli, quindi continua a sollecitarmi fiduciosa. Ho suonato svogliatamente il campanello. Mio padre ha aperto la porta: è vestito in maniera elegante, sembra che si stia scegliendo la cravatta… almeno è un buon segno. Credo.
«Oh, sei qui. Secondo te quale colore va meglio?»
Mi ha mostrato due cravatte: una bordeaux ed una blu: indossa un completo blu notte, quasi nero, quindi suggerirei quella blu. Se invece il completo fosse stato nero gli avrei suggerito l’altra. «Q-Quella blu.»
«Oh. Avevo comunque intenzione di prendere questa. Adesso ho da fare, aiuta Anna o va’ a perdere tempo come puoi finché non arriva l’ora di cena.»
«…» Iniziamo bene la serata. Mia madre dove sarà? Mi guardo intorno e la cerco per un po’, per poi trovarla a parlare al telefono con la sua collega e migliore amica. Che cosa interessante il giorno della vigilia di Natale. Non che mi interessi molto la festività in sé, ma l’occasione per stare un po’ insieme come una famiglia. Me ne andrò in camera.
Sullo schermo del computer c’è qualcosa che lampeggia… chissà cos’è. Oh! È una mail! Ed è da parte di Tina! Come avrà fatto a trovare il mio indirizzo di posta elettronica? Ma chi se ne frega, vediamo un po’ che dice:
Ciao Ivan! Come stai? Io ho un po’ di influenza! Mi spiace non poter finire il nostro compito prima della fine dell’anno… però ho una proposta da farti! Ti andrebbe di festeggiare insieme a me l’inizio dell’anno nuovo? Daranno un concerto in piazza il 31  dicembre, spero che accetterai il mio invito! Beh, so che naturalmente avrai da fare, ma se ti liberi e ti va di passare un po’ di tempo con me, che ne pensi di valutare l’idea? Potremo divertirci! Sarà pieno di giovani, pensa che ci verrà persino Lapo! Aspetto una risposta e ti auguro un felice Natale, Tina.”
Tina mi ha invitato!!! Non ci posso credere!! Forse ho davvero speranze con lei! Chissà se potrò andarci… ma sì, mi basterà chiedere! In fondo ai miei non è mai piaciuto aspettare la fine dell’anno nuovo… quando ero piccolo aspettavamo insieme la mezzanotte, però crescendo è tutto cambiato… loro vanno a letto alle dieci/dieci e mezza, e a me tocca vedere i fuochi da solo. È vero che Anna è sempre stata con me, ma il 31 dicembre l’hanno sempre mandata a casa in anticipo, com’è giusto che sia… Anna non è solo una mamma sostitutiva, è anche una collaboratrice di famiglia, quindi i miei genitori possono mandarla a casa quando ne hanno voglia.
Mentre fantastico sul concerto di fine anno, cosa potrei fare? Guarderò un film disney, è quello che ci vuole durante la vigilia.
Dove avrò messo le cuffie? Oh… qui dietro c’è qualcosa. Cos’è? Un film del videonoleggio? Oh caspita, da quanto tempo è qui? Chissà quanto pagherò alla restituzione… accidenti, credevo di averglieli portati indietro tutti! Come diavolo c’è finito questo qui?
Oh, no… e se qualcuno l’avesse visto…? Spero di no… in quel caso sarei fritto!! Però nessuno si è lamentato, se i miei genitori l’avessero trovato mi avrebbero già tirato le orecchie… letteralmente.
Ho aperto la custodia, ma all’interno non vi è il CD. Perché non è al suo posto? Forse è ancora nel lettore del computer… infatti eccolo qui. Già che ce l’ho a portata credo che guarderò questo film… in fondo sarebbe uno spreco visto il prezzo che mi toccherà pagarlo.
«…Ti piace…? Aspetta, sfiliamo questo…sono pronto.»
«Uhhn…no, aspetta…un momento, non… non…»
Questa scena mi pare di averla già vista… che strano, eppure la trama non la ricordavo affatto…
«Non ce la faccio più ad aspettare, non posso!»
«Aaaahhh!! Ahhh! Uhnnn… ahhh!»
Oh, no… è QUEL film! Ecco perché la scena mi era familiare anche se ero sicurissimo di non averlo visto!
«Aaahh! Ahh!»

Alla fine le cuffie non le ho più trovate, spero davvero che non entri nessuno… continuo a girarmi sospettoso e piuttosto in agitazione.
«Ahhh!Ahh… ah… ah! Aaahh!»
Poverino, sembra che stia davvero soffrendo… però non può stare così male come sembra, sta facendo sesso con il suo innamorato…. uhm… sono perplesso. Sono gli attori che fanno pena in questa scena oppure sarà davvero così?
«Aaaaaaahhhhhh!!!!»
«Ivan, ti vogliono al telefon–»
Ho spento il computer a tutta velocità e mi sono alzato dritto in piedi con il cuore in gola, che continua a pulsarmi come un martello, voltandomi agitatissimo.
Oh… era solo Anna, per fortuna… oh mamma, credo di aver perso almeno un dieci anni di vita…
«Dovresti abbassare il volume, Ivan…»
Ho sospirato tremolante. Se fosse entrato qualcun altro, in questo momento avrei avuto la faccia spiaccicata sul muro…
«Anna, mi è preso un colpo…»
«Ecco perché ti ho detto di abbassare il volume… comunque c’è Rosemund al telefono!»
«A quest’ora? Sono quasi le otto e mezza, non dovrebbe essere a casa di Ashley con i suoi genitori a godersi i festeggiamenti?»
«E credi che a casa di Ashley non prenda il telefono? Dai, ti sta aspettando!»
«S-sì, scendo subito…»
«E spegni quel computer, non si sa mai!»
«S-s-sì…» Che figuraaaa!! Va bene che era Anna, ma gli altri film non erano così espliciti come questo… ma perché devo sempre fare queste figure pietose? Con la testa bassa ho raggiunto il telefono, scansando mia madre alle prese con un discorso senza senso sullo spreco di carta negli uffici pubblici.
«P-pronto?»
«Ivan, buona sera! Usciamo?»
«Uscire…? Veramente non so se posso… sai com’è, i preparativi sono nel pieno svolgimento…»
«E non hai neanche una mezz’oretta per me?»
«Uh…s-sì, credo di potercela fare. È successo qualcosa?»
«Deve succedere per forza qualcosa per incontrare il mio migliore amico?»
“Il mio migliore amico”… queste parole mi riempiono di calore ogni volta che le ascolto.
«N-no. Vediamoci al più presto.» Così posso approfittarne per consegnargli il mio regalo di Natale, visto che con l’influenza degli ultimi giorni non sono riuscito ad uscire.
Dopo esserci messi d’accordo per vederci in centro, sono uscito senza essere nemmeno calcolato dai miei genitori.
Per le strade non c’è molta gente, sono per lo più automobili che si preparano a partire, il vento è gelido e la neve continua a cadere sulle strade, accompagnata da canti natalizi provenienti da qualche locale nelle vicinanze. C’è molta più atmosfera natalizia per le strade che dentro casa mia. Questo cappotto è troppo largo… l’aria fredda passa attraverso le maniche e non mi fa sentire per nulla confortevole… non ho preso nemmeno un cappellino uscendo e la mia sciarpa è tutta consumata, praticamente è da buttare… se non vado al mercato a comprarmi qualcosa per conto mio, col cavolo che i miei mi comprano qualcosa... io ho da studiare, sono loro che hanno più tempo libero durante il giorno, soprattutto mia madre, che ha abbastanza tempo da sprecare da avere addirittura un’amante… puah.
Dopo essermi guardato intorno, scorgo finalmente la sagoma di Rosemund in una stradina, intento a salutarmi con la mano a mezz’aria. Gli sono andato incontro facendo attenzione a non scivolare sul sottile strato di neve fresca.
«Merry Christmas!»
«Rosemund! Sei a piedi?»
«Sì! Sono andato a comprare una bottiglia di spumante in più per stasera al supermercato qui vicino! Com’è andato il rientro a casa?»
«Insomma… sono stato abbastanza ignorato, proprio come pensavo. E le cose andranno avanti per tutta la sera in questa maniera, che bello…»
«Oh… povero Ivan. Ma adesso ci sono io a rallegrarti la serata! TA-DAAN! Ecco qui un bel regalino per te!»
«Oh! Grazie! Non dovevi, davvero…»
«Certo che dovevo! Dai, facciamo due passi!»
Abbiamo iniziato a passeggiare per le strade deserte, fiancheggiate dagli alberi ricoperti di neve.
«Anche io ho qualcosa per te… e, ehm… Tina! Tina mi ha invitato al concerto di fine anno in piazza!»
«Oh, wow! Quello si che sarebbe divertente da vedere! Ottima idea! Io accetterei se fossi in te! Trascorrere la notte con Tina è davvero un’occasione che non puoi lasciarti sfuggire! Beato te!»
È bello vedere il suo viso prima della tristissima serata che mi aspetta. Sono davvero contento.
«Come sta Alastor?»
«Sembra che stia bene! Biberon, pisolino, poi biberon e pisolino… adesso l’ho portato a casa di Ashley, non potevo lasciarlo a casa da solo!»
«Hai ragione, è ancora molto piccolo e ha bisogno del latte…»
«Oh! Guarda, appesi agli alberi ci sono rametti di vischio! Non li avevo notati!»
«È vero… ma non credo che la gente si metta a baciarsi per strada… o almeno, io non lo farei mai…» mi è venuta in mente mia madre con Lorenzo, un lungo e crudele brivido mi ha attraversato la schiena.
«Sai Ivan, io voglio essere amico tuo anche l’anno prossimo.»
«Uh? Ma l’anno non è ancora finito, Rosemund…»
«Lo so, ma è durante le feste di Natale che prendi coscienza dello scorrere del tempo. O almeno per me è sempre stato così.»
Si è voltato verso di me con un sorriso molto dolce e caloroso. Anche i suoi occhi sorridono, anche se in penombra non riesco a vederli molto bene.
«Durante questo anno ti ho incontrato, nel prossimo voglio esserti vicino come adesso. Molto a lungo.»
Anche io voglio stargli accanto durante tutto il prossimo anno.
«…Non voglio litigare con te, sei spaventoso quando ti arrabbi.»
«Tu dammi un motivo per non litigare, ed io non diventerò spaventoso. Ma riusciamo ad andare molto d’accordo, non vedo cosa ci sia da preoccuparsi.»
Il cellulare di Rosemund squilla. Non posso fare a meno di notare le sue mani grandi.
«Sì, va bene, arrivo. È mia madre, vuole che non faccia tardi.»
«Oh… b-beh, ha ragione. Dovresti andare adesso…» Non voglio già separarmi da lui...  sarebbe bello passare il Natale insieme, ma non è possibile. «R-rosemund, questo è il mio regalo per te. Non è un granché, ma davvero non sapevo cosa prenderti all’ultimo minuto… sai, ho avuto l’influenza e…»
«Va bene così. Poterti vedere stasera è già abbastanza.»
Il suo sorriso è così caldo… grazie al suo affetto riesco a non sentire i fiocchi di neve posarsi sui miei capelli. Ha preso il mio sacchetto e con una faccia fanciullesca l’ha aperto, estraendo la confezione del profumo al muschio che gli ho comprato.
«Oh… grazie, Ivan! “Fragranza alla vaniglia”... sembra molto dolce, voglio sentirne l’odore!»
«V-vaniglia...??» Oh, no! Ho scambiato il suo regalo con quello per Ashely!! «Oh…S-s-scusami, ho confuso i regali! Q-q-questo era per Ashley…!»
«È buono! Non so esattamente quando adoperarlo, ma davvero ha un buon odore!»
«S-s-scusa…!»
«Non dire così! A me è piaciuto sul serio! Adesso me ne spruzzo un po’ addosso!»
«N-no, non devi!» Rosemund ha iniziato a spruzzarsi il profumo dovunque, inebriando l’aria di un dolcissimo profumo alla vaniglia.
«Questo è per te!»
Con un grande sorriso mi ha porto un pacco rettangolare con una carta da regalo con sopra disegnati dei pinguini. Incerto lo osservo per un po’, poi inizio a scartarlo.
…Non ci posso credere, è un cellulare. Un cellulare…!? «R-Rosemund! Perché hai sprecato tutti questi soldi per comprare un cellulare?? Sarebbe andato bene persino un gomitolo di lana di quelli che avevi in magazzino… perché arrivare a tanto…?»
Sono molto imbarazzato e contento allo stesso tempo.
«Adesso non esageriamo… non è che sia proprio l’ultimo modello… anzi, è molto modesto per essere un cellulare, ma va su internet e fa le chiamate, fa il minimo indispensabile per sopravvivere ai giorni nostri, un po’ come me e te!»
«G-grazie…» Non mi interessa che non sia l’ultimo modello, ci avrà speso comunque più soldi di quelli che ho investito io per il suo profumo… che è finito per essere scambiato con quello di Ashley.
«Prego! Ah, naturalmente il mio numero è il primo nelle chiamate d’emergenza!»
«Oh… grazie. Grazie, davvero…»
«Sono contento che ti sia piaciuto.»
Mi ha sorriso con gli occhi.
«…Dovrai andare adesso… sarà tardi…»
«Oh! È vero! Devo proprio scappare!»
«Sì… allora a più tardi! Mi assicurerò di mandarti un messaggio, va bene?»
«Ehi, dove vai? Facciamoci gli auguri prima, Ivan.»
«Oh… s-sì.»
Ci siamo avvicinati per farci gli auguri, accidenti, l’odore di quel profumo è davvero forte. Gli ho sfiorato appena la guancia, forse sono sembrato freddo, in fondo io e lui siamo intimi ormai… l’altra guancia la tratterò con più cura, non vorrei sembrare un pezzo di marmo.
Entrambi ci siamo scostati velocemente ed impacciati verso l’altra guancia, finendo in collisione. Le nostre labbra si sono toccate, affondando nel calore reciproco.
Mi sono scostato, rigido e brusco, finendo intrappolato dai suoi occhi: mi sento in agitazione, in estremo imbarazzo, come se avessi delle pentole sul fuoco al posto delle guance, eppure la sua espressione non mostra alcun turbamento…
Rosemund mi guarda con dolcezza, come se non fosse imbarazzato affatto da quello che è appena accaduto… i suoi occhi, scuri e profondi, riescono solo ad emettere emozioni positive e tanto calore… perché i miei invece sono così sconnessi, come se non sapessi dove guardare? Sento il calore diffondersi dallo stomaco e sboccando sul viso, mi sento inquieto e sento le mie labbra roventi…
Cos’è questa sensazione…? Nonostante il mio cuore continui a martellare, mi sento improvvisamente rincuorato, senza alcun motivo... come se avessi ritrovato qualcosa a me familiare… a cos’è riferita quest’emozione sconosciuta…? E cosa significa…? 

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Capitolo 34
*** Come una morsa al cuore ***


I suoi occhi si fanno piccoli e lucidi, il suo sorriso innocente e caldo, trasformando il suo viso in un’autentica calamita per i miei occhi:
«Scusa.»
«…»
Ha sorriso ancora, liberando una nuvoletta di vapore dalle sue labbra. Poi si è guardato intorno, tornando infine a rivolgere lo sguardo verso di me:
«Non preoccuparti, non ci ha visti nessuno.»
«…»
«Adesso devo andare. Merry Christmas.»
Con la sua mano grande e calda, ha spazzato via i fiocchi di neve che avevo sulla testa, poi si è lentamente allontanato, continuando a rimanere con quella sua espressione dolce sul viso, lasciando dietro di sé una profumata scia alla vaniglia.
Se ne sta andando. Si è appena voltato e mi sento già solo… non sono riuscito neanche ad augurargli buon Natale… la sua sagoma diventa sempre più piccola.
Non sono riuscito a dirgli niente… è stato un incidente, non dovrei sentirmi imbambolato come una tredicenne. Io sto qui a pensare, ma Rosemund intanto se ne và…!
«ROSEMUND!» Ho corso verso di lui più in fretta che ho potuto, scivolando sulla neve fresca a metà strada.
«Ivan!»
«NON C’È BISOGNO CHE TI AVVICINI, VOLEVO SOLTANTO AUGURARTI BUON NATALE!» Ho il naso congelato e la neve tra le ciglia. Credo che mi abbia sentito. Dovrebbe, non è così lontano e non è nemmeno sordo.
Mentre cerco di rimettermi in piedi, Rosemund con le sue lunghe gambe mi raggiunge in fretta, poggiando il palmo della mano sulla mia schiena.
«Hai male da qualche parte?»
…Che strano, mi sembra di essere tornato a quel giorno di pioggia, quando ci siamo incontrati… oh! Eccola di nuovo, quella strana sensazione… è come se il mio istinto stesse cercando di dirmi qualcosa, ma non ho idea di cosa sia…
«…N-no, sto bene. Anche il tuo regalo sta bene, è finito sulla neve fresca.»
«Ma cosa pensi che me ne importi adesso? Sei sicuro che va tutto bene?»
«S-sì…»
«Guardati, hai tutta la neve addosso…»
Ha iniziato a cacciare via la neve un po’ dovunque, poi mi ha aiutato ad alzarmi.
«Forse è meglio se cammini sotto i lampioni, Ivan.»
«Etciù!»
«Ti è rimasta della neve sull’orecchio, aspetta…»
Irrigidito ed intimidito, aspetto che Rosemund finisca di armeggiare sull’orecchio. Anche questa scena… mi pare di averla già vissuta quando mi mise un fiore tra i capelli: il mio cuore sta battendo forte, eppure si sente al sicuro... perché ho questa strana sensazione? Che cosa significa?
«Ivan, perché mi guardi in quel modo? È successo qualcosa? Sei arrabbiato?»
«No, non sono arrabbiato.» Non riesco davvero a capire.
«Davvero? A me sembra proprio di sì… è per quello che è successo?»
Mi sento così sotto pressione, come se mi stesse sfuggendo qualcosa che mi preme sapere… ma Rosemund sembra così tranquillo, credo che sia solo una mia sensazione.
“Stai bene?” Non posso chiedergli una cosa del genere dopo il bacio, sembrerei inopportuno e fuori luogo, sembrerei schifato… e non lo sono assolutamente. Rosemund è Rosemund, perché dovrei schifarmi di lui? È il mio migliore amico e stiamo molto bene insieme.
«Tu… tu come ti senti…?»
«Uh? Che vuoi dire?»
Quando ci siamo baciati stava sorridendo. È un modo per nascondere il suo imbarazzo o… o forse l’ha fatto apposta…?
Mi è lecito pensarlo, dopotutto mi ha chiesto scusa e mi ha chiesto persino se mi fossi arrabbiato per quello… ma se si fosse trattato di un semplice incidente non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di chiedere scusa, e nemmeno di domandarsi se l’altro si fosse arrabbiato! Un incidente resta un incidente, no? Che c’è da scusarsi? Allora non si è trattato di un semplice caso?
…No, Ivan, ragiona… devo ragionare… non può essere. Mi ha persino detto che gli piaceva Giulio il veterinario! Sono io che sono strano, ultimamente mi sento irrequieto! Perché devo pensare a queste cose senza senso? Rosemund ed io siamo amici, proprio come due persone normalissime! Che motivo avrebbe per fingere un errore nello scambio degli auguri? E poi… avevamo già chiarito questo punto tempo fa, quando abbiamo litigato: io non gli piaccio, e sicuramente lui a me non piace in QUELLA maniera. E poi io ho la mia Tina, lei si che mi piace in quel senso. Allora basta così. Punto. Fine della storia. Ma perché stavo pensando ad una cosa del genere?
«N-non hai freddo, Rosemund…? Dovresti sbrigarti, i tuoi ti stanno aspettando!»
«Non mi convinci… cos’è che non va?»
«N-niente… è che non ho voglia di stare con i miei...» Fingiamo che sia per questo, anche se davvero non ho voglia di starmene con i miei.
«Vuoi scappare con me stanotte?»
«Eh…?»
«Ti sto invitando a stravolgere i tuoi piani!»
«Oh… no, non posso. Ho già un cattivo rapporto con loro, ci manca solo fargli questo sgarro.»
«Come vuoi… però assicurati di chiamarmi più tardi, o se ti senti solo. Insomma, chiamami in qualsiasi momento tu voglia, ecco.»
«…Mh.»
«Adesso devo andare davvero. Mi dispiace per prima, non l’ho fatto apposta.»
Oh… l’ha detto… l’ha appena detto… MA ALLORA PERCHÉ DIAVOLO MI STAVO SCERVELLANDO IN QUELLA MANIERA??
«Oh… c-certo. Sicuro che non l’hai fatto apposta. Nemmeno io… si capiva.»
«Ah, Ivan, grazie a questo mi sono ricordato una cosa…»
“Grazie a questo”? Parla del bacio?
«Cosa?»
«Uh… no, niente, è una sciocchezza. Era davvero una sciocchezza.»
Ha voltato il viso dall’altra parte, imbarazzato. Che cosa strana.
«Cos’è che ti ha ricordato?»
«N-niente…!»
«Non è vero che non è niente, altrimenti non ti sarebbe venuto in mente!»
«D-davvero Ivan, non credo che ti interessi!»
«Invece sì! Siamo amici, no? Dimmelo!» Che sia la risposta a quella strana sensazione? Forse l’ha avuta anche lui? Che sia la chiave di tutto?
«D’accordo, te lo dico! Però dopo non lamentarti se non ti interessa!»
«Dimmelo!»
«Mi sono ricordato che nevicava anche il giorno in cui ho dato per la prima volta un bacio al mio ex. Ecco, l’ho detto, visto che era una stupidaggine?»
«…Oh.» Quindi gli ricordo un uomo freddo dal cuore di marmo? O forse gli ho solo ricordato quella scena in cui si sono baciati? Allora anche mister-pezzo-di-marmo aveva un cuore… o forse faceva finta perché gli conveniva… ma che importanza ha adesso? Ha ragione Rosemund, questa è una cretinata! Ma perché sono così stasera?
«…Ciao, Ivan. Buona serata.»
«Buona serata… auguri, Rosemund.»
«Ti voglio bene, a più tardi.»
«…»
Se n’è andato. Non riesco a credere di avere ancora le guance bollenti e quella sensazione addosso. È davvero seccante. Però adesso non mi resta che tornare a casa. Devo proprio adesso. Sono sicuro che qualunque cosa sia questo senso di mancato ritrovamento, lo scoprirò a tempo debito, è risaputo che quanto più si è alla ricerca di qualcosa, tanto più questa ti sfuggirà, per poi essere ritrovata in un secondo momento.
Rientrando a casa, Anna mi fa gli auguri e mi stringe forte, davvero forte a sé, riempiendomi di baci: lo fa tutti gli anni, è il suo modo di farmi gli auguri festivi… e a me piace, non mi importa a quanti anni possa arrivare. Il suo profumo alle rose è stomachevole… o forse sono io che, tra rose e vaniglia, ho il naso disturbato ormai?
«Anna, andiamo? Ti accompagno io.»
Mio padre si avvicina indossando il suo solito cappotto grigio ed un cappellino di pelo che assomiglia ad un topo che, aggiunti agli occhiali spessi, lo fa sembrare una specie di talpa. Papà sta accompagnando Anna al concerto di Natale, pare che il signor Gennaro l’abbia invitata il giorno in cui abbiamo trovato i gattini.
«Ciao, tesoro!»
«Ciao, Anna!»
La porta si è richiusa, lasciando spazio ad un sordo rumore di passi su tacco a spillo di mia madre in avvicinamento. Spero che non mi dia rogne, visto che siamo rimasti da soli in casa adesso.
«Ivan, te ne stai con il cappello in casa? Che maleducato.»
«Cappello? Non indosso nessun cappello.»
«Oh… è vero! Sono sorpresa, come ti è venuto in mente di tagliarti i capelli? È la scelta più sana che tu abbia mai messo in atto, figliolo!»
O forse sei solo troppo distratta dalla tua doppia vita per rendertene conto. Vorrei tanto dirgli questo, ma non posso rovinare la serata. Però dal suo tono sembrerebbe proprio che lei abbia in programma di smettere di infastidirmi… chissà da quanto tempo aspettava come un avvoltoio.
«Non rovinare la serata… almeno oggi.» Spero che abbia un po’ di buon gusto da non provocarmi per poi fare l’innocentina in presenza di papà.
«Perché? Ho solo detto la verità! Era davvero ora che ti tagliassi quello schifo di capelli che avevi sulla testa! E adesso ti radi anche la barba! Ma dimmi, come mai questo cambio di look così improvviso? Hai trovato una ragazza che ti piace?»
«…Non posso semplicemente cambiare ogni tanto?»
«Non saresti mai cambiato senza un motivo valido, sei troppo pigro.»
«Se anche avessi avuto un motivo, non te l’avrei detto comunque.»
«Sei tu che chiudi tutte le porte, non lamentarti se poi non c’è dialogo tra di noi. Piagnucolone e pappamolle che non sei altro, da questo si vede proprio che hai preso da tuo padre… puah!»
«... Che vuoi dire?»
«Cosa?»
«Che significa quel “puah”? Non ti va più bene papà? Ah no, ti andrà sempre bene finché avrà un conto in banca a cinque cifre…»
*Ciaff!*
«Ti ho già detto di non parlarmi in questo modo. Come se io non portassi un ricco stipendio a casa, che figlio ingrato.»
«Ingrato perché dico la verità? Ti fa troppo comodo startene in questa casa e salvare quella faccia di bronzo che ti ritrovi, vero? Sei tu che non hai un briciolo di rispetto per noi!»
«Che ne puoi sapere tu dei fatti miei? Parli come un moccioso viziato, pensi che sia così facile vivere una doppia vita?»
«Sei tu che l’hai scelto! Dillo a papà se ne hai il coraggio!»
«Non posso, cosa credi che penserebbe la gente della nostra famiglia? Come se non bastasse avere già un figlio da nascondere perché va in giro a disegnare come un bambino dell’asilo!»
«Le apparenze… è davvero questo tutto quello che ti importa…?» Le sue parole sono gelide e taglienti come una lama affilata, come sempre.
«E a cos’altro dovrei pensare quando tu e tuo padre non fate altro che farmi vergognare?»
«…Noi…? Hai mai avuto un briciolo di rispetto per lui? Per i sentimenti che ancora oggi lui prova per te? L’anno scorso ti ha regalato un peluche e dei cioccolatini per San Valentino e per il tuo compleanno ti ha portata a cena in uno dei posti più belli d’Europa! Ti ha persino comprato quell’anello costosissimo… anche se ha un carattere un po’ particolare, come puoi trattarlo così…?» Ah, le mie lacrime… scorrono senza freni, irritandomi le guance... come si può essere tanto crudele verso i sentimenti di suo marito…? È suo marito, non uno che ha trovato per caso alla stazione…!
«Credevo che fossi abbastanza sveglio da aver già capito che ormai di tuo padre
non mi interessa più niente.»
«…Eh?...L-l-lo dici così… come se… c-come se parlassi di una vecchia presina…?»
«E come dovrei dirtelo? Capita, che dopo tanti anni insieme l’amore iniziale svanisca… non che il mio per lui sia durato così tanto in ogni caso.»
«…Uhg… sniff…» Ah, non riesco a parlare… tutte queste brutte frasi insieme… pensa di star parlando ad uno qualsiasi? Sono il figlio nato da questo matrimonio… sono suo figlio…
«Comunque stasera cenerai da solo. Mi sono dimenticata di avvertirti prima, ma io e tuo padre parteciperemo ad una importante cena con i miei colleghi. Ho assolutamente bisogno di creare più rapporti con gente facoltosa ed importante per il mio lavoro. Puoi scaldarti tutto nel microonde se hai fame. Me ne sto andando.»
Ha chiuso la porta dietro di sé con un tonfo, scrollandosi tutto dalle spalle. Ha riversato su di me tutto il suo risentimento e tutti i suoi meschini segreti… con quale coraggio dire cose del genere al proprio figlio…? L’ha fatto di proposito…
Mi ha lasciato da solo... senza alcun scrupolo, la sera della vigilia di Natale… Sono scoppiato a piangere.
Non voglio chiamare Rosemund, non posso. Lui si sta divertendo con la sua famiglia, non posso intromettermi ogni volta, non sono nemmeno un familiare… mi sento così solo… non mi sarebbe importato sprofondare nella vergogna, sarei rimasto volentieri con Rosemund, se avessi potuto evitare una scena dal genere… il mio cuore sta soffrendo, non importa quanto i rapporti tra di noi si stessero incrinando, sentire quelle parole mi ha fatto davvero male.
C’è solo una cosa che posso fare adesso. Prenderò quella tanica e riempirò tutto di un vivido color fuoco. Sono andato nell’armadietto dei vini e con i denti ho tirato via il tappo in sughero. Bevendo a grandi sorsi, mi preparo per l’opera di fine anno, mentre il rossastro ricopre i miei indumenti ed un sorriso velato mi è comparso sul viso.
 

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Capitolo 35
*** Rose, devo baciarti ***


Un sorso di vino, sette pennellate, un sorso di vino. Non sono un esperto di nudo maschile, ma non sta venendo malaccio. Sarà un regalo di Natale perfetto per mia madre, non vedo l’ora di vedere la sua faccia. Non credevo che fosse tanto facile trovare il viso di una persona tramite i social su internet. L’ho trovato persino sul web, visto che per “motivi sconosciuti” Lorenzo sta facendo una rapida carriera come avvocato… cosa che non si vergogna a mettere in bella mostra, dev’essere proprio un tipo egocentrico... ma come si fa a diventare amanti di una che è più vecchia di più di vent’anni? Un bel ragazzo come lui… alto, moro, occhi scuri… bah. Un altro sorso. E che dire di Ashley… poveraccia, che duro colpo. Ma adesso il nostro passero solitario potrà uscire allo scoperto, ci sono delle corde che non vanno tirate, e quella vecchia arpia di mia madre ne ha proprio tirata una. E che dire di questo “passerotto”…? È così che me lo immagino, più piccolo degli artigli di Piero. Un altro sorso. Davvero davvero piccolo. «Ashley, ti sei accontentata di così poco… che brava ragazza che sei. Molto modesta e troppo gentile per gente come lui. Mh.» Un bel nudo di Lorenzo. “Bel” … dipende dai gusti. A me non piace. «Hic!» Chissà se a Rosemund piace un tipo così... no, Rosemund sembra più il tipo da “aquila rapace”… ma come gli sarà venuto in mente di pensare al suo ex dopo aver baciato me? Per errore, ma le nostre labbra si sono incontrate sul serio… mi sento offeso… «Yaaaaaawnnn…» Offeso e anche molto stanco… però ho fame. Ma che ore sono? Chi se ne frega, questa notte è da dimenticare, dormiamo. Dormiamoci su…«Hic!»
 
*
«Che stai facendo? Ehi! Ivan!»
«Mmmnnhh…» Voglio dormire, lasciami stare.
«Ivan, non lasciare la tua biancheria in giro!»
*sbam!*
Cosa sono tutti questi rumori?
«Dai, svegliati! Su, su!»
Sento delle voci… ma perché non mi lasciano in pace? Voglio dormire per dimenticare questa nottataccia…
«Rosemund, spostati!»
*Splash!*
«WAHI!» Mi sono messo a sedere stropicciandomi gli occhi zuppi di acqua. Davanti al mio letto ci sono Anna, Giulia, Rosemund e la sua famiglia. «Che ore sono…?»
«Oh, Ivan!»
Anna mi è saltata addosso con le braccia al collo, piangendo. Che altro è successo?
«Perché non mi hai chiamata subito quando ti hanno lasciato a casa da solo?»
«Oh… è per quello. Non volevo disturbare altra gente.»
«Perché, a chi è che daresti mai fastidio? Sei così buono ed educato!»
«Questo lo dici tu! Vai a chiederlo a mia madre!»
Giulia con un profumo stomachevole e con i lunghi capelli slegati così pieni di brillantini da far invidia ad un albero di Natale, mi si avvicina dandomi un gran pizzicotto alla guancia: «Ivan, lasci la tua biancheria in giro? Sei davvero un pessimo esemplare di maschio!»
«Che ore sono?» Ma Rosemund e compagnia che ci fanno qui?
Ridendo, Rosemund risponde dal fondo della mia stanza, con le braccia conserte: «È passata la mezzanotte.»
«Aspetta, che vuoi dire che lascio la biancheria in giro? Non è vero!»
«C-certo che è vero! L’ho nascosta qui dietro, voi non avvicinatevi, potreste rimanere sconvolti dalla fantasia dei mutandoni…»
Cos’hanno i miei boxer a tinta unita prendi-tre-paghi-uno che non va? «Asp…Aspettate, che ci fate qui a casa mia a quest’ora?»
«Ti ho chiamato al cellulare ma non rispondevi, così ho chiamato al telefono di casa, ma continuava a squillare a vuoto! Allora ho chiamato Anna, ma aveva il cellulare spento! Quindi sono venuto qui, ma sembrava che non ci fosse nessuno in casa e alla fine sono andato a prelevare Anna dal concerto di Natale per farmi aprire la porta!»
«Ehi, respira figlio mio, respira quando parli!» il signor Simon si è seduto sul letto mettendomi una mano sulla spalla, con la sua espressione affettuosa e paterna:
«Ivan, tu sei parte della famiglia ormai, quindi ci è sembrato naturale preoccuparci per te. Non dimenticare mai che sei parte di noi, che ti vogliamo bene.»
AL signor Simon basta davvero una sola cena insieme per provare tutto questo affetto per me…?
«Non fare quella faccia, dovresti sentirti onorato di entrare a far parte della nostra famiglia!» Con la sua mano grande e calda, ha iniziato a strofinarmi la guancia. «Stavi dipingendo? Sei tutto sporco!»
«…Io…»
«Cosa?»
Davvero queste persone pensano a me come ad un figlio…? Dopo quello che è successo stasera… ah, dannate lacrime, quanto sarebbe bello farvi scomparire per sempre… mi fate fare sempre una figura poco decorosa, e sempre in presenza di gente a cui non vorrei mostrare la mia debolezza.
«Oh! Fuori tutti, Ivan ha bisogno di piangere e nessuno deve vederlo!» Il signor Simon dice goffamente queste parole scherzose, ma si è reso conto di star piangendo anche lui?
«Uscite, forza! Andate a preparare il caffé!»
Quando la porta si è chiusa, il signor Simon mi ha stretto più forte, con tanto amore.
«Non preoccuparti, penseremo noi a te d’ora in poi.»
«M-ma i miei genitori non sono morti…»
«Scusa se parlo in questa maniera, ma come faccio a chiamare genitori gente così? Che lascia il proprio figlio da solo la notte di Natale?»
Continuo a lasciarmi coccolare, senza riuscire a capire cosa intenda dire.
«Vuoi andare via di casa, no?»
«…S-sì…» Voglio davvero uscire da queste mura, sono stufo di tutto. «M-ma… non ho i soldi…»
«Lascia che ci pensi papà Simon, d’accordo?» Papà Simon? «Parlerò io con i tuoi genitori, non preoccuparti di niente! Ti farò uscire il più presto possibile da questa casa!»
Ho sempre desiderato andare via da qui… timidamente ho abbracciato il signor Simon, la sua schiena è davvero enorme.
«Andiamo a lavarci la faccia, d’accordo?»
«M-mh.»
«Accompagnami al bagno.»
Siamo andati al bagno e ci siamo strofinati la faccia con forza: il signor Simon mi ha detto che avrebbe potuto farne una scusa perfetta per lo stato delle nostre facce. Sorridendomi con una tenerezza da oscar, mi ha preso per mano e insieme abbiamo raggiunto gli altri che si sono riuniti nella sala da pranzo.
«Allora Ivan, le regole per entrare a far parte di questa famiglia sono molto semplici: tanto amore e schiettezza! Sono le parole chiave per far funzionare bene un rapporto! Vero cara?»
«Verissimo!»
«Un’altra cosa: noi scherziamo su tutto e tutti, nomignoli e prese in giro sono nella norma! Il tutto sempre fatto con consapevolezza e amore, sia chiaro.»
Giulia ha alzato la mano con cui tiene un biscotto: «Simon ha ragione! È per questo che io lo amo e che andiamo d’amore e d’accordo! Sono la loro figlia acquisita!»
«Ashley sarà felice di avere un nomignolo! Da piccola la chiamavamo “presa elettrica”, non stava mai ferma… beh, non è che sia cambiata con il tempo!»
Ashley è davvero bellissima stasera. Non indossa nulla di particolare, un semplice maglione rosso a collo alto, ma sembra comunque fantastica… forse perché ha dei lineamenti sottili.
«Non sono cambiata, mi sono solo vergognata di avere un soprannome del genere! Per favore, non datemi nessun soprannome!»
«Ivan caro, a me puoi chiamarmi benissimo “mamma”!» La signora Miriam sembra contenta di avere un nuovo figlio adottivo.
«M-Miriam andrà bene…» Non ho mai chiamato nemmeno Anna “mamma”, non mi sembra giusto nei suoi confronti.
«Per quanto riguarda me, Ivan, puoi chiamarmi “Simon il macho”!»
«I-il macho…?»
«Macho? Io direi piuttosto “orsacchiotto”!» La risata della signora Miriam riempie la stanza di una piacevole sensazione, come se stesse cacciando via un po’ del mio stress mentale…
«B-beh, chiamami “papà”, “Simon”, quello che vuoi insomma!»
«S-sì…»
Ridendo in silenzio, Rosemund esprime la sua opinione: «Io non lo voglio il soprannome…»
Carica del suo solito egocentrismo, Giulia non perde occasione per dire la sua: «Il tuo soprannome? “Spilorcio” andrà benissimo!»
«E tu che soprannome hai? “Mangia-uomini”?»
«”Mangia-uomini”? Io gli uomini non li mangio mica! Chi te l’ha suggerito? Quello sfigato di Fernando?»
«Povero Fernando, ogni tanto lo incontro in caffetteria e si mette a piangere e lamentarsi di te! Dice che lo fai soffrire come un cane!»
«Esatto! È proprio come un cane! Mi scodinzola sempre dietro anche se gli ho detto un sacco di volte che non lo voglio!»
«Allora non avresti dovuto portartelo a letto, l’hai solo illuso!»
«Sciocchezze, si è illuso da solo! Io non gli ho mai detto che dopo quello mi ci sarei fidanzata!»
Il signor Simon, in maniera del tutto confidenziale, poggia un braccio sulle mie spalle:
«Ivan, c’è un motivo se Rose in famiglia lo chiamiamo così.»
«N-non sapevo ci fosse una storia dietro…»
«Oltre ad essere un comodo diminutivo, devi sapere che lui da piccolo ha sempre amato i fiori, nella nostra casa a Pensacola il nostro terrazzo era davvero pieno di fiori di ogni tipo, sempre profumato e colorato! E poi, da piccolo era davvero carino e delicato come una rosa, tutte le bambine gli sbavavano dietro! Pensa che a quattro anni ci ha persino presentato la sua prima fidanzatina!»
«…Davvero?» Quindi Rosemund non si è sentito gay da sempre? Aveva persino una fidanzatina… e poi c’era anche quella faccenda di Eva del giornaletto pornografico…mi chiedo se un giorno saprò mai la faccenda per intera.
«E questo è tutto!»
«P-papà, gli hai detto qualcosa di strano??»
Rosemund è diventato tutto rosso.
«No, gli ho solo detto che da piccolo avevi una fidanzatina!»
«M-m-ma perché gli racconti queste cose stupide e senza valore?? Io non me la ricordo nemmeno quella bambina…!»
«Ivan, tagliamo il panettone insieme?» Oh… Ashley, il suo sorriso è così bello e abbagliante… è davvero bellissima. Non ci metterà molto a trovare un pretendente, solo… spero davvero che non si abbatta troppo. Ma come fa a non abbattersi troppo? Quei due dovevano persino sposarsi… ma a me sembra che abbia un atteggiamento piuttosto positivo… forse è la presenza dei suoi genitori? Sicuramente dev’essere confortante averli al proprio fianco in momenti difficili.
«C-certo!»
Mentre stringo il panettone, Ashley affonda decisa il coltello nel soffice dolce natalizio, il cui profumo sprigionato è inebriante. Mentre passiamo ad ognuno la propria fetta di panettone, Anna stappa la bottiglia di spumante e ne distribuisce per tutti.
Non mi va di dirgli che non ho nemmeno cenato, mi farò bastare una fetta di dolce o due.
Fiero come una tigre dopo la caccia, il signor Simon solleva il suo calice tutto sorridente: «Adesso dobbiamo brindare al nostro indissolubile legame!»
Con una confusione generale di tintinnii di bicchieri, lo squillo del telefono di casa incombe come una maledizione, rovinando quel po’ di serenità che gli Smith sono riusciti a regalarmi. Anna si alza di scatto e va a rispondere, mentre avvicino il bicchiere alle labbra. Il sapore è così stomachevole stasera, prima ho decisamente bevuto troppo…
«Ivan, era tuo padre. Mi ha detto che torneranno domani verso l’ora di pranzo.»
«Oh… ho capito.» Peggio di così non può succedere più niente in questa famiglia.
Miriam tira fuori dalla borsa almeno tre mazzi diversi di carte, esultando felice: «Adesso facciamo un bello scopone! O una briscola! Oppure un sette e mezzo, che ne dite?»
Quelli sono giochi belli da fare quando si è in tanti… sarà divertente giocare, visto che con l’allegria dei miei non si è mai riuscito a combinare nulla… «Facciamoli tutti.» Ho debolmente sorriso, eppure questa reazione ha scatenato l’entusiasmo di tutti, anche se Rosemund ha iniziato perplesso a contare le monete nel portafoglio, temendo di perdere al gioco.
La serata è andata piuttosto bene: tra un sorso di spumante e i bicchierini del signor Simon, tutti abbiamo nel portafogli più o meno la stessa cifra con cui abbiamo iniziato a giocare… tutti tranne Ashley, super fortunata, e Rosemund, che ha perso tutti gli spiccioli che aveva. Un po’ brilli, chi steso sul divano a dormire o a fare zapping davanti alla tv, siamo arrivati al termine della serata… tranne me, che sono mezzo ubriaco steso sul tavolo con tutte le braccia e con la testa pesante come un macigno… Rosemund è al mio fianco che mi fa compagnia, parlando di come l’effetto serra e gli agenti chimici dei concimi abbiano influito sui prezzi delle verdure al mercato… sento che mi sto per addormentare, se non la finisce di parlare di certi argomenti lo lascio parlare da solo sul tavolo, davvero…
«Smettila, dai… parliamo di cose più interessanti…» L’ho guardato attentamente: mi ha sorriso, con gli occhi mezzi chiusi e le guance arrossate: dev’essere proprio ubriaco.
«E di cosa vuoi parlare…?»
C’è troppa gente per parlare in pace qui.«Vieni.» Mi sono alzato, seguito da Rosemund e, con le gambe molleggianti, siamo andati sul terrazzo, carico dell’odore di bruciato generato dai fuochi artificiali esplosi nel cielo notturno. Ci siamo seduti sulla panca a dondolo e abbiamo iniziato a guardare il cielo. Spero che questa sensazione di vuoto e pesantezza nella mia testa vada via presto… mi sento un po’ confuso, come se fossi in una bolla… Rosemund sta guardando da questa parte con gli occhi che gli brillano…
«Perché mi guardi così?»
Lo chiede a me? Dovrei essere io a dirglielo. «Sei tu che mi guardi in maniera strana!»
«Sono contento di essere qui con te, Ivan. Temevo di non riuscire a vederti stasera.»
«Oh… anche io sono contento.» Ho rivolto il mio sguardo verso il cielo, nel quale è appena esploso un fuoco d’artificio verde. «Comunque non ho lasciato le mie mutande in giro!»
«Lo so, stavo mentendo. Ma ho preferito nascondere quel dipinto… Ivan, perché stavi raffigurando una cosa del genere…?»
«Perché dovevo… sai, dopo quello che è successo… mi è venuto naturale.»
«Ti ha turbato così tanto…?»
«Sì… non so più cosa fare, né quale sia la cosa giusta in questo momento… Rosemund, aiutami a capire…» Ah, sembra che l’alcol mi stia facendo effetto sul lato emozionale… con il dorso ho iniziato a sfregarmi le guance, già solcate da enormi lacrime calde.
«Aiutarti…? Come faccio…?»
«N-non lo so… fa qualcosa… ma non lasciarmi da solo, ti prego…»
«…Che posso fare…?»
Almeno tu, ti prego… almeno tu… «…Non lasciarmi…» ho stretto il pugno sul suo maglione, cercando un appoggio con il corpo, protendendomi verso di lui.
«Sono qui, Ivan...»
La sua mano, così grande e calda, così accogliente… sfiorandomi l’orecchio sinistro, mi carezza con dolcezza. Ha ancora addosso l’odore di vaniglia…
«…resta con me…Rose…»
Un calore improvviso mi copre l’altra guancia, la sua figura profumata si avvicina a me… sento le sue ciglia che mi solleticano la punta del naso.
Le sue labbra… sono sulle mie… sono calde, proprio come il suo cuore… e umide…
Quella strana sensazione… è tornata, molto più forte di prima… come se mi stesse per tornare alla mente qualcosa che precedentemente mi è sfuggito…
Lentamente sento il tepore del suo viso allontanarsi, poco a poco…
Stavolta sono le mie mani a raggiungerlo: fredde come l’aria gelida di questa notte, senza dargli il tempo di allontanarsi, tirandolo verso di me… proseguendo ciò che lui ha iniziato.
«…Mh…»
Non ho idea di ciò che sto facendo, so solo che in questo momento è questo quello che devo fare… trattenendo ancora un po’ le sue labbra calde contro le mie.

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Capitolo 36
*** Dire “ti amo” ***


Ah, adesso ricordo… è la stessa sensazione di quella notte davanti al suo negozio… quando ero ubriaco, ed ero con Tina… è Tina. Ho ricordato le sue labbra. Solo adesso capisco perché Rose mi ha detto che gli ricordavo il suo ex… perché era una scena già vissuta, seppure con un’altra persona… una similitudine. Mi sono velocemente allontanato ridendo, realizzato di essere finalmente riuscito a ricordare. «Mi sono ricordato cos’era quella sensazione familiare, Rose! Le tue labbra sono calde e morbide proprio come quelle di Tina!» «…Eh? Come scusa…?» « È da quando ci siamo scambiati gli auguri che mi sembrava di non riuscire a ricordare dove altro avevo sentito quella sensazione… e la risposta è semplice: sulle labbra di Tina!» Rose è scoppiato a ridere all’improvviso, rotolandosi su sé stesso. La sua risata è carina, ma in qualche modo mi mette in imbarazzo che rida così di quello che ho detto. Sì, ma… lui? «E tu perché mi hai baciato?» Con gli occhi luminosi e le guance arrossate per aver riso troppo, si rimette a sedere composto, rispondendomi trattenendo un sorriso: «Credevo che stessi affrontando un momento difficile… credevo che ti sentivi confuso sui tuoi gusti sessuali, e volevo aiutarti a capire, tutto qui.» «Eh…? Ma io stavo parlando della mia famiglia! T-tu davvero hai creduto che io…?» «Sì, che ne so io cosa ti frulla nella testa? Forse standomi sempre accanto…non so, poteva essere!» Stavolta siamo scoppiati a ridere insieme… era tutto un enorme fraintendimento? Da entrambe le parti? Come siamo stupidi! «Non è bello.» «Uh?» «Non è una cosa facile da accettare, anche per sé stessi.» «Hai sofferto molto…?» «Mi sono sentito sbagliato. Non ho voglia di parlarne, è tardi e siamo ubriachi… e poi fa freddo.» Io voglio sapere queste cose. Non è giusto che sia sempre lui a vedere i lati peggiori di me. «Io non penso che sia una cosa per cui sentirsi sbagliati.» «Sono contento che sia proprio tu a dirlo… ti ricordi quando abbiamo litigato?» «Sì… c-comunque quella volta… mi sarei sentito felice se qualcuno mi avesse detto di amarmi, anche solo un po’… non era un bel periodo nemmeno per me, soffrivo di solitudine.» Ad ogni mia parola emessa, l’espressione del suo viso è lentamente cambiata… è completamente assorto dalle mie parole, rimanendo in silenzio, con gli occhi scuri che gli brillano… «Anche adesso?» «…Mh?» «Anche adesso saresti felice se ti dicessi di amarti?» Oh, il mio cuore… perché dice certe cose all’improvviso?? «…» Deglutisco a fatica… perché mi ha fatto questa domanda? Soprattutto, perché non riesco a trovare nella mia mente delle parole per rispondergli? «Sto scherzando, è ovvio che ne saresti contento! Sei il mio migliore amico!» Mi ha sorriso come suo solito. Ma cos’è questo…? Mi sta testando…? Si prende gioco di me…? È ovvio che lo vedo solo come un amico! Ma perché il mio cuore non smette di martellare? È perché mi mette sotto pressione, ovvio! È normale rimanere sorpreso se il mio migliore amico viene a farmi una domanda del genere! «T-torniamo dentro, fa freddo!» * Ho fatto un sonno abbastanza confuso… mi svegliavo, mi addormentavo profondamente, mi svegliavo ancora… Naturalmente la prima cosa che doveva venirmi in mente questa mattina sono le parole che Rose mi ha detto ieri notte… nemmeno fossimo in una fiction per ragazzine, ma che cavolo! Era visibilmente ubriaco! Non ragionava più! Certo che anche io però quando bevo divento un po’ strano… ma come mi è venuto in mente di baciarlo? E per cosa poi? Ahh, sono un pazzo! Sono pazzo! È proprio vero che gli artisti sono gente fuori di testa... Oh mamma! Il dipinto di Lorenzo! Sono corso a recuperarlo dal suo nascondiglio e l’ho osservato per bene, con un nodo alla gola. Che sia il caso di buttarlo via? Non voglio essere così crudo con mio padre… però quella strega di mamma non merita tanta gentilezza! «Ivan, scendi per la colazione? Cosa stai guardando?» «A-anna!» Ho nascosto velocemente la tela dietro la schiena, ma non credo proprio che sia trasparente… ma perché si trova sempre lei davanti? Prima gli arrapati del film, poi il dipinto nudo di Lorenzo…! «…Pensi che non me ne sia accorta, Ivan?» «D-d-di co-cosa…?» Panico! No! Non fraintendere! «Ieri sera hai saltato la cena… nel frigorifero era tutto intatto.» Ah, meno male… oh, porca quella vacca di mia madre, mi sento meglio adesso…! Credevo che mi avesse frainteso! «Oh…Sì, non avevo fame. Mi si era chiuso lo stomaco.» Tristezza. «Però per gli alcolici non ti si era chiuso lo stomaco, eh? Hai bevuto davvero tanto, non sei abituato!» «…Beh… sì, devo smetterla di bere così tanto… lo dirò anche a Rose, anche lui beve molto quando è con me, sì!» «Ieri avete fatto un sacco di schiamazzi sul terrazzo, dovete fare attenzione prima che i vicini vengano a lamentarsi! Sempre sperando che vengano da me per le lamentele! Pensa se si trovassero i tuoi genitori…» «…Capito. Scusa.» «Quando metti via quell’affare vieni di sotto, ho preparato una colazione buonissima!» “Quell’affare”…? Ho abbassato lo sguardo: “passero solitario” il bella mostra, che bello… SI’, CHE BELLO. Bella figura di merda. Oh, no! E se con la storia delle “lamentele per gli schiamazzi” si riferisse ad “atti osceni in pubblico”? SE CI AVESSE VISTI NEL MOMENTO SBAGLIATO? O se peggio, ci avesse visto qualche vicino? Dopotutto stavano ancora esplodendo i fuochi d’artificio, potrebbe essere che qualche vicino fosse dietro le tende ad osservare il panorama… trovandosi poi davanti “un altro panorama”! Non voglio dare spettacolo! Soprattutto, non su una cosa che non c’è! Sarei potuto stare tranquillo se fossi stato per davvero il fidanzato di Rose –ma anche in quel caso sarei stato in casa mia, quindi si facessero i fatti loro – ma non sarei per niente felice se si diffondessero voci errate sul mio conto! Già su di me c’è poco da commentare, la gente pensa che sia all’estero, ma che dire di Rose? Poveretto, è single e non riesce a trovare uno straccio d’uomo con cui stare, figuriamoci se si diffondessero pettegolezzi su di noi! Beh, “straccio d’uomo”… effettivamente una pezza da pavimento l’avrebbe già adocchiata, c’è quel viscido veterinario che… brr, brivido di freddo, non voglio pensarci! Dopo aver occultato tutto quanto, sono sceso per la colazione: due enormi fette di ciambellone mi aspettano belle fumanti. «Anna, posso farti una domanda?» Devo sembrare il più discreto possibile. «Pensi qualcosa di particolare su di me ultimamente? Non so, dopo il film o dopo il dipinto…» gliel’ho buttata così… alla faccia della discretezza! «Beh… in effetti sì. Sediamoci con calma, Ivan.» Allora ha frainteso? La premessa non mi piace… ho addentato preoccupato la fetta di ciambellone ancora caldo e fumante. «Io penso che dovresti venire a stare da me. Non mi piace l’idea che tu resti qui. I tuoi genitori sono… beh, lo sai. Ti costringono a fingere di non esistere se ci sono ospiti, ti lasciano da solo a lungo, magari approfittando del fatto che sia finito il mio turno o che sia uscita a fare le commissioni... che ne dici di venire a vivere con me per un po’? Devi pensarci bene e con calma, naturalmente.» Oh… Davvero posso stare da Anna? Sarebbe fantastico… potremmo avere quel rapporto amorevole tutte le volte che vogliamo… «Ma scusa Anna, se anche io venissi da te, non saresti comunque costretta a stare in questa casa per fare le tue ore di lavoro?» «Oh, non preoccuparti! I tuoi genitori mi tengono in casa a fare la schiava solo per avere qualcuno che ti controlli, come se tu avessi ancora bisogno di una tata! È vero la casa è grande, ha due piani, un terrazzo, molti soprammobili, ma non sono cose che posso lucidare ogni giorno, non danno il tempo alla polvere di posarsi, cosa dovrei mai pulire da mattina fino a sera? E quando glielo faccio notare, decidono di tenermi impegnata facendomi preparare inutilmente un sacco di cibo buono che non verrà nemmeno consumato, così invece di buttarlo via, io lo porto alla mensa per i poveri!» «E fai bene! Ribellati, Anna! Vieni via! Andiamocene! Non c’è un’altra famiglia a cui puoi andare a fare le pulizie? Oppure puoi chiedere a mamma e papà di ridurti le ore!» «Preferirei la seconda opzione, ormai dopo tanti anni si è creata una certa fiducia tra noi, seppure siano delle persone un po’ particolari…» «Ah… okay. Ma non darò fastidio? Cioè… se un giorno dovessi sposarti con Gennaro…» «Gennaro? Ma scherzi? Siamo solo buoni amici, Ivan!» «No no no Anna, io e Rose siamo buoni amici, tu e Gennaro non siete buoni amici! Lui ti fa gli occhi dolci e quando vai a comprare il pane sembra che non voglia ritirarti più! A chi vuoi darla a bere? Suvvia, Anna… ormai sono grande e vaccinato, le capisco queste cose…» «Allora cosa dovrei dire io di te? Anche tu e Rose vi fate gli occhi dolci e quando vai a trovarlo non so mai a che ora ti vedrò tornare a casa!» Cosaaa?? Colpo basso! Colpo critico! Errore! No! Stop! «C-c-cosa?? No-non è vero! Se io sto da lui è perché qui non voglio tornarci! E poi quando mai ci siamo fatti gli occhi dolci?? Sciocchezze! Bufale! Idiozie! Corbellerie!» «Corbellerie…? Ivan, capisco che tu ti vergogni a parlare di certe cose con me, ma… insomma, ti ho cresciuto io, ti voglio bene! Non ti giudicherò se mi capitasse di trovarti a vedere CERTI FILM, o a SABACIUCCHIARTI SUL TERRAZZO… eh, eh.» ALLARME ROSSO! FACCIA ARCOBALENO! QUALCUNO MI AIUTI!!! «ANNA, POSSO RACCONTARTI TUTTO QUESTO ENOOOOORME EQUIVOCO DALL’INIZIO ALLA FINE, TE LO GIURO! Io voglio Tina! MiSognoTinaDiNotteERoseÈSoloUnAmicoECiSonoStatiDiversiEquivociTiPregoAscoltami!» «Ivan, respira… stavo solo scherzando! Lo so che ti piace quella ragazza, Tina. È che tu continuavi a beccarmi su Gennaro e volevo controbattere anch’io…» «…M-m-ma… ma… ma con Gennaro c’è del tenero! Sei tu che lo neghi!» «Anche tu tendi a negare le evidenze, comunque ti credo. Me lo diresti se ci fosse qualcosa?» Prima Rose che mi dice “saresti felice se ti dicessi di amarti?”, poi Anna se ne esce con “me lo diresti se ci fosse qualcosa?” PER FAVORE, DATEMI UNA TREGUA!!! Ho spiegato tutto quanto ad Anna, che si è finalmente convinta ad accettare il fatto che tra me e Rose non c’era, non c’è, e non ci sarà mai nulla. «Oh, ci speravo tanto… sai, vi avrei visti davvero bene insieme ~♥!» «……» Solo dopo aver impacchettato le mie cose mi rendo conto di non aver acceso il cellulare. Beh, sarà l’abitudine a non averne uno. Devo anche aggiungere il numero di Tina alla rubrica. Si è acceso! Ovvio che si accende se premo il pulsante… adesso che faccio? Beh, andrò ad intuito, in fondo questi aggeggi dovrebbero essere tutti uguali, mi basterà cercare l’immagine di un’agenda, di una rubrica, di una cornetta del telefono, no? Oh, ci sono delle chiamate perse da Rose. Quarantadue chiamate perse? Sarà successo qualcosa? Lo chiamo subito! «Hello, Ivan? Good Morning! Come mai chiami a quest’ora? Successo qualcosa?» «Veramente sei tu che mi hai chiamato… mi sono trovato quarantadue chiamate perse sul telefono!» «Ah si? Oh! Adesso ricordo! Scusami, ero davvero ubriaco ieri sera, temo di aver usato il tuo numero come conta-pecorelle!» «…Stai scherzando?» «No! Ti chiedo scusa ancora! Scusa!» «…Se è solo questo va bene. Sto per chiudere, quindi… devi dirmi qualcosa?» “saresti felice se ti dicessi di amarti?” Ma che diavolo mi viene in mente? Via, sparisci! «Qualcosa come che cosa? No! Tu hai da dirmi qualcosa?» «Ho già fatto i bagagli, mi trasferisco da Anna per qualche tempo.» «Oh, capisco. Allora tienimi aggiornato.» Dopo averlo salutato, con borse e valigie tra le mani mi volto indietro: non so come sarà l’atmosfera quando tornerò in questa casa… né quando ci tornerò. Però vorrei tornarci… mi piacerebbe davvero tornarci, nonostante tutto. Il rumore delle chiavi mi fa sussultare: mamma e papà stanno tornando. «Buongiorno!» Mentre mia madre, con il suo cappotto di pelliccia vera si guarda intorno con la puzza sotto il naso senza nemmeno salutare, papà sembra di buon umore: sembra soddisfatto della serata che ha trascorso. Devo dedurre che non sappia ancora nulla. «Ivan, vai da qualche parte?» «Oh…sì, mi sto trasferendo per un po’.» «E dove andrai a stare? In qualche bettola?» «N-no, ho trovato un posto accogliente e più adatto alle mie esigenze.» Si arrabbierà? Ho un nodo alla gola e mi viene da piangere, mentre stringo con forza la tela incartata ben salda nella mano. Devo farlo. Se fossi in lui finirei per arrabbiarmi con mio figlio per essere rimasto in silenzio. «P-papà… posso parlarti?» «Uh? Cosa c’è?» «Signora, mi stavo per dimenticare! È successo un casino ieri sera nella sala da pranzo, venga a vedere!» Anna ha trascinato mia madre in un’altra stanza, complice. «Che succede, Ivan? Perché te ne stai andando così all’improvviso senza nemmeno un lavoro? Sai come mantenerti?» Nonostante abbia un carattere particolare, nonostante stia usando un tono di voce altezzoso, so che in questo momento mio padre si sta preoccupando per me… così come sono sicuro del fatto che lui sia convinto che io sapessi della loro cena con i colleghi ieri. È sempre stata mia madre a tenere le redini della casa e a comandare su tutto. «…Mh…più o meno…» la voce mi trema… se mi avessero detto che mi sarei sentito così, non ci avrei mai creduto. Ho sempre odiato stare qui, questa casa, e il modo di comportarsi di entrambi… ma in qualche modo mi sento molto triste in questo momento. «Che è successo, Ivan?» Mi ha afferrato con le sue mani non molto grandi le guance, con un’espressione contrariata in viso, ma con un evidente, nonostante gli occhiali spessi, allarme riflesso negli occhi color verde oliva, proprio come i miei. Ho abbassato lo sguardo, lasciando cadere una lacrima. Decido finalmente di rompere il mio silenzio, tenendo basso il mio tono di voce: «…Mentre non ci sono… p-promettimi che starai bene.» «Oh…certo! Che domande!» Lo dice con quel tono perplesso, ma ha gli occhi che gli brillano. «Vieni qui.» Essendo più alto di lui, mi sono abbassato leggermente. Mi ha abbracciato. Non mi sarei aspettato una reazione del genere da parte sua… con il braccio sinistro sulla mia schiena, sento la sua mano destra infilarsi nella tasca del cappotto, mettendomi qualcosa all’interno. Si è allontanato, prendendo un fazzoletto e asciugandosi gli occhi dietro gli occhiali: «Vai adesso, vai.» Ho abbassato lo sguardo, voltando il capo dalla parte opposta. «Ivan, non vai a salutare tua madre?» «…Sì. P-però prima… ho una cosa da darti…oltre a questo, prendi.» Gli passo un bigliettino su cui ho scritto il mio numero di telefono. «Me ne sono accorto, sai… che hai cercato di diventare indipendente. Bravo. Anche i capelli ti stanno bene.» Mi ha sorriso. È da tanto che non lo vedevo rivolgermi un sorriso, gli si sono evidenziate persino le rughe vicino agli occhi. Perché doveva essere così affettuoso oggi…? Questo mi complica soltanto le cose… «Cos’è che devi darmi?» Mi sono irrigidito, sentendo il cuore il gola e sbattendo gli occhi velocemente per non piangere. Non voglio dargli questa tela, sarebbe come schiaffeggiarlo sul viso dopo le sue premure… non lo farò. «Oh, è… as-aspetta…sniff…» Mi sono abbassato ed ho aperto la valigia, cercando qualcosa di indefinito. Ho preso un vasetto trasparente su cui vi sono disegnate sopra delle stelle, contiene della sabbia colorata azzurra. Me l’aveva comprata papà quando ho compiuto sei anni e siamo andati in un paese vicino al mare a fare la nostra ultima vacanza insieme… a quei tempi eravamo ancora una famiglia felice. «Tienilo tu.» «Ma… è tuo!» «Tienilo al sicuro, finché non arriverà il giorno in cui torneremo su quella spiaggia insieme.» Ho richiuso velocemente la borsa, approfittandone per asciugarmi le lacrime senza essere visto. Poi mi sono avvicinato a lui, sussurrandogli all’orecchio: «Fai quadrare i conti per le spese dal carrozziere.» «Hai rotto di nuovo la macchina?» «Sono stato io… era un avvertimento.» «Di che stai parlando…?» «Di errori che non devono ripiegarsi sui figli...» Ho preso in tutta fretta le mie cose e ho aperto la porta di casa, per poi voltarmi un’ultima volta: «…scusa.» La mia sola colpa è stata quella di essere un indesiderato spettatore, ma in qualche modo mi sento in dovere di scusarmi, anche se non so per quale motivo. Sono arrivato al taxi per primo. Ho infilato la mano nella tasca e ne ho estratto una scatola dall’involucro in pelle: sul davanti c’è il logo di una famosa gioielleria. Aprendo la scatola, i miei occhi si trovano davanti ad un pendente in oro bianco a forma di sole. C’è anche un biglietto. Tremolante lo apro e leggo la breve frase scritta a mano: “A volte è difficile fermarsi e lasciar parlare il cuore. Così ho deciso di fermarmi un attimo e di fartelo sapere, anche se non sono stato in grado di dimostrartelo, e per questo mi dispiace… ti amo, Ivan.”

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Capitolo 37
*** Amore e gelosia ***


Il tassista mi ha passato un fazzolettino con aria preoccupata: «Hai rotto con la tua fidanzata? Dev’essere dura…»
Ho scosso la testa, non ho voglia di rispondergli in questo momento. Anna è entrata nel taxi e siamo partiti, senza farmi alcuna domanda.
Rose mi ha detto di tenerlo aggiornato, ma non ho voglia di chiamarlo… anche se lui potrebbe fare qualcosa per risollevarmi di morale, non posso disturbarlo per ogni cosa che mi succede. Arrivato a casa ho disfatto i bagagli nella camera che è sempre stata usata da me occasionalmente. L’arredamento è in stile antico, come il resto della casa... riesce comunque ad essere accogliente e caldo.
Rose ha già chiamato tre volte, ma non gli ho risposto. Sto aspettando notizie da casa.
Alla fine le temute notizie sono arrivate: sembra ci sia stata una violenta lite tra i miei genitori, a causa di quello che ho detto a mio padre… è riuscito a risalire al tradimento subito, e hanno discusso per ore. Non so se mia madre lascerà casa, o se sarà papà ad andarsene, so solo che per il momento lei è andata via, probabilmente sarà andata a frignare da Lorenzo. Una grande tristezza e senso di vuoto stanno prendendo il sopravvento su di me. Mi sembra di essere tornato improvvisamente solo. Eppure so che non è così, il mio cellulare non smette di squillare, ma non mi va di parlare con nessuno. Né di vedere qualcuno. Non ho voglia di affacciarmi alla finestra o di uscire di casa. Se ci penso è così strano… ho sempre saputo che questo sarebbe accaduto… che si sarebbe rotto tutto quanto prima o poi, sapevo che sarei andato via di casa per un motivo o l’altro, tuttavia… mi sento così vuoto dentro… come se la mia anima fosse stata risucchiata da tutta questa tristezza, e la mia mente riesca a riportarmi solo ai bei momenti trascorsi con i miei genitori, appositamente per farmi sentire peggio.
Sento Anna parlare al telefono… mi avvicino alla porta per capire con chi sta parlando: è Rose… se Rose sta parlando con Anna saprà che sto bene, quindi posso tornarmene sotto le coperte, al caldo.
 
*
«Ivan, che stai facendo?»
«Sto leggendo.»
«Rose è venuto a trovarti! Lo faccio venire in camera?»
«…Fai come ti pare, è casa tua.»
«Non è soltanto casa mia!»
Nessun posto sarà mai casa mia, per quanto possa sentirmi a mio agio standoci all’interno.
«Posso…?»
«…Sì.»
«Ehi, non mi guardi nemmeno in faccia? Stai così male?»
Mi sono voltato a guardarlo: indossa una camicia bianca e dei pantaloni blu scuro, i capelli sono pettinati leggermente all’indietro. Con un verso di sorpresa, riesce a farmi sobbalzare dal letto dove sono seduto:
«Oh, Ivan! Cos’è quella cosa? Cos’è?»
«Cosa…?»
«La barba! Hai la barba, Ivan!»
Non mi sono più raso la barba da quando sono qui… ovvero una settimana circa.
«Oh… capirai che tragedia.»
«Ivan, guarda cosa ti ho portato!»
Solleva una confezione colorata: sembrano delle tisane. «Tisane?»
«No, è cioccolata! Cioccolata, budino, preparato per torte, tè inglese, caffé al ginseng! È tutta roba buona che ti solleverà di morale!»
«…Non sarà d’aiuto se la mangio da solo.»
«E io che ci sto a fare? Ivan, sono il tuo migliore amico! Perché non mi hai chiamato per confidarti? O anche solo per mandarmi a quel paese, per picchiarmi, qualunque cosa! Ci sono rimasto male, sai?»
… È vero ho sbagliato, ci sarei rimasto male anche io se lui si fosse comportato così nei miei confronti.«S-scusa. Non volevo ferirti. È solo che non volevo vedere nessuno.»
«…Scuse accettate. Beh, dovremmo mangiarci un budino?»
«…Okay.»
Seduti sul letto, in silenzio, abbiamo iniziato ad affondare il cucchiaino nel budino.
«Preparati Ivan, dopo aver mangiato il budino e aver fatto la barba vieni con me in negozio!»
«Perché?»
«Perchè? E me lo chiedi con quella faccia mogia? Oggi è il giorno in cui il mondo sarà ai nostri piedi, Ivan! È l’ultimo giorno dell’anno, dobbiamo uscire a festeggiare!»
«Oh! È vero… io dovevo uscire con Tina!»
«Non “dovevo”! Devi ancora uscire con Tina!»
È vero, ero così contento di uscire con Tina…
«È il tuo primo appuntamento, devi essere bello. Lascia perdere i tuoi genitori, non immischiarti nelle loro questioni di coppia! Tuo padre ti ha telefonato?»
«Non ancora.»
«E allora chiamalo tu! Avanti! Chiama!»
«…Non lo so… forse non è il caso, forse vuole starsene da solo.»
«Tale padre tale figlio? E ci credo che il vostro rapporto non va avanti, dammi quel telefono, lo chiamerò io per te!»
«No, lascialo lì!»
«Sciocchezze! Passamelo!»
«Non ci penso proprio!»
«Allora me lo prendo da solo!»
Appoggiandosi con tutto il peso sulla coscia, Rose riesce ad afferrare il cellulare e a cercare il numero nella rubrica, rimanendo poi tranquillamente sdraiato sulle mie gambe con il cucchiaino tra i denti… io sono rimasto con il bicchiere sollevato e il cucchiaino che quasi mi scappa dalle labbra.
«Ivan, ma tu non rispondi proprio mai al telefono! Guarda quante chiamate perse che hai! Ti hanno chiamato tutti quanti! Giulia, Ashley, i miei genitori… persino il call center!»
Per qualche motivo inizio a sentirmi in imbarazzo nel restare così.
«S-scusa, potresti alzarti? Non è che sei leggero come una piuma…!»
«Scusa!»
Alzandosi c’è stata una collisione tra la sua testa ed il mio mento. «Ahi! Visto? Alzati subito da qui! » Possibilmente prima che entri Anna e si faccia di nuovo strane idee…!
«Sta squillando!»
«C-cosa?» Ho messo subito l’orecchio davanti al ricevitore. «P-pronto? Papà?»
«Ivan…! Come stai?»
Dal tono di voce sembra tranquillo anche se un po’ triste… «B-bene… tu?»
Tenendo ancora il cucchiaino tra i denti, Rose mi si è avvicinato con aria insistente: «SCIOCCHEZZE, IVAN SI SENTE TANTO SOLO!»
«Rose, non gridare! Ti sentirà!»
«È proprio quello che voglio! Devi avere un rapporto con tuo padre!»
«P-papà, ci sei?»
«Oh, sì… Sì, ci sono!»
Rose si è avvicinato al mio orecchio per origliare la telefonata. Questo odore alla vaniglia proviene dal budino o da lui?
«Ivan, stai mangiando come si deve?»
«S-sì! Tu stai mangiando?»
«Certo, mangio benone tutti i giorni… sto andando al ristorante di un mio amico.»
«Oh… capisco.» Perché evito di domandargli qualunque cosa di valore?
«Ivan, io stasera andrò a giocare a biliardo… tu hai degli impegni se non sbaglio, vero?»
«Uh…? C-come fai a saperlo…?»
«Hai lasciato il calendario affisso alla parete e il giorno di oggi è cerchiato… c’è anche un cuore disegnato sopra.»
Rose trattiene a stento una risata, così gli faccio segno di tacere.
«B-b-beh, sì, ho degli impegni con dei compagni di scuola…»
«Scommetto che c’è anche un’amichetta speciale, vero? Vai a divertirti, Ivan. L’importante è che tu mi chiami domani mattina, va bene?»
«Domani? È successo qualcosa?»
«No… niente. È per essere… per…per assicurarmi che tu non abbia bevuto troppo, insomma! Non mi piacciono i ragazzi alcolizzati! E assicurati di non metterti alla guida dopo i festeggiamenti, d’accordo?»
«V-va bene!» Forse papà vuole che io lo chiami per compagnia.. o semplicemente per fargli sapere che sto bene. È bello che si preoccupi per me.
«Hai bisogno di qualcosa? Di soldi? Della macchina?»
«Uhm… no, non credo.»
«Ehi, se tuo padre ha la macchinona dovresti proprio prenderla, faresti subito colpo!»
«Rose!»
«Ivan… sei con qualcuno?»
«Eeehm… sì, il mio amico è venuto a trovarmi…» e si è già adeguato perfettamente all’ambiente.
«Sei da Anna?»
«…Ehm…» Lo saprà? Se lo sa, gliel’ha detto sicuramente Anna… ma se lui sa che sono da Anna non vorrà che resti accanto a lui, piuttosto che vivere con la mia tata? «S-sì…»
«Allora passo a lasciarti automobile e soldi. Ci vediamo più tardi, va bene?»
«S-sì, va bene.» Ho terminato la telefonata. «Rose… sei stato un tantino appiccicoso, lo sai?»
«Ti ha dato fastidio?»
Cos’è quell’espressione triste all’improvviso? Si è sentito sgridato? Ma non lo stavo sgridando con cattive intenzioni... questo ragazzo a volte è proprio strano. «Perché hai quella faccia? Hai sempre detto e fatto quello che volevi!»
«S-scusa…»
È arrossito… si sentirà bene? «Lo sai che oggi sei davvero elettrizzato?» L’ho guardato perplesso.
«So che non erano fatti miei… scusa.»
«…No, non ti scuso. Piuttosto… ti ringrazio. Per aver chiamato.»
Il suo viso si è illuminato all’improvviso, infilandosi tutto contento un enorme boccone di budino tra le guance… è proprio elettrizzato oggi, mi chiedo perché.
«Sai Ivan, credevo che la serata sarebbe andata storta: temevo che non volessi vedermi, inoltre ho anche messo il profumo sbagliato.»
Era odore di vaniglia questo è certo… quindi sta insinuando che non vuole usare il profumo che gli ho regalato? È vero che gliel’ho dato per errore scambiando i pacchi, ma sembrava contento di averlo ricevuto…
«Oh, no! No, cos’hai capito? Non è che non mi piaccia, anzi lo uso tutti i giorni per andare al lavoro! Ma sai com’è, oggi è festa, i locali sono aperti fino a tardi e andare in giro con il profumo alla vaniglia non è proprio il massimo, dopo aver passato ore ed ore a scegliere il completo adatto…»
Quindi lo mette tutti i giorni? Anche per andare al lavoro? «Rose, ma come fai a metterlo…? Non ti rovina l’immagine? Mi vergogno per te… un ragazzo alto, bello e più muscoloso della media che poi ha un dolce odore alla vaniglia addosso…» mi sono imbarazzato al posto suo.
«P-perché, cos’ha che non va? È un buon odore!»
«Dì che lo usi solo per consumare il mio regalo sbagliato il più in fretta possibile, non mi offendo mica…»
«No, no! Solo che stasera proprio non dovevo metterlo, sarà stata la forza dell’abitudine! Accidenti!»
«Scusa se te lo chiedo… sai che non mi sono mai impicciato degli affari tuoi, ma… stasera devi andare a rimorchiare o hai appuntamento con qualcuno in particolare?»
Oh, è arrossito di nuovo.
«È che… insomma, sì! Sì! Devo uscire!»
«L’avevo capito… ma con chi?»
«…»
Non vuole dirmelo? Non vuole dirmelo! «Va bene, scusa per aver fatto domande sgradite…»
«…Con nessuno in particolare.»
Sta bluffando? O semplicemente si vergogna di dirmi che va a rimorchiare? Perché vergognarsi con uno che sta messo peggio di lui? L’ho sempre pensato che Rose fosse un tipo strano…!
«Ti fai la barba adesso? Ti aspetto in cucina con Anna!»
«Ehm…sì.» Bah. Sospetto. Che sia quell’ex di cui mi aveva parlato? Perché andarsi ad incasinare di nuovo con un ex? Se è diventato ex ci sarà un motivo.
Eliminata la barba, ho guardato l’immagine riflessa allo specchio: c’è proprio qualcosa che vorrei fare. Comunque per adesso è meglio raggiungere gli altri. Mi sono avvicinato alla cucina e, sentendo le voci di Anna e Rose, mi sono fermato per origliare: magari salta fuori qualche nome sull’appuntamento di Rose.
«Un bel color crema è l’ideale, Anna! Guarda, fidati di me e andrai sul sicuro! Gennaro avrà gli occhi di fuori e la mandibola sul pavimento!»
«M-ma quale Gennaro? Devo andare in chiesa con le mie amiche della parrocchia…!»
Anna non riesce ad ammettere che è stracotta di Gennaro.
«E tu? Per chi ti sei vestito così elegantemente?»
«…Per nessuno. È un salto nel buio il mio. Non mi guarderà mai nessuno nel modo in cui voglio io… quelli che mi piacciono o sono etero o sono aridi dentro.»
Oh… povero Rose. È un ragazzo bellissimo, perché non riesce a trovare una brava persona che lo ami? Eppure non dev’essere difficile amarlo, io gli ho voluto bene in poco tempo. O forse sta pensando ancora al suo ex? Quello arido e freddo come il marmo? Ma come si fa, dico io? Un ragazzo così allegro e luminoso a farsi piacere gente così vuota?
«E adesso non c’è nessuno…?»
«…Ci sarebbe qualcuno.»
C’è qualcuno? Oh, che novità…! Mi è venuto il batticuore. Non ho mai sentito le storie d’amore di Rose.
«È già fidanzato con una ragazza? O è gay?»
«… Non lo so… non si fa capire… è strano… dice delle cose, ma poi si comporta in maniera completamente differente…»
Di chi sta parlando? Non conosco nessuno così indeciso o così incoerente… piuttosto, credevo che fossimo migliori amici, perché non mi ha mai detto che gli piace qualcuno? Io gli rovescio addosso  tutte le mie preoccupazioni su Tina, eppure sembra che lui non mi consideri quando si tratta delle sue faccende amorose! Che sia perché non ho mai avuto nessuna? Questo però non fa di me uno sprovveduto!
«E Ivan lo sa?»
«…No, è una cosa recente… dell’ultima settimana.»
Ma chi è? Di chi sta parlando? Me lo direbbe se glielo chiedessi? Dovrei farmi vedere adesso? Sono stanco di restarmene in questa posa da idiota immobile, però voglio sapere cos’altro hanno da dirsi…!
«Ivan quanto ci mette per farsi la barba…?»
«Ah, non saprei… è davvero un pigrone…»
«Eccomi, ho fatto la barba!» Forse sono stato troppo tempestivo, sarò risultato sospetto?
«Ci hai messo così tanto che quasi quasi cresceva a me nell’attesa!»
«D-davvero? Scusa!» Ho guardato l’orologio. «S-senti Rose… ma tu conosci qualcuno che fa i buchi alle orecchie?»
«Vuoi farti i buchi alle orecchie?»
«S-solo uno… ne conosci?»
«…No.»
«Oh, io so chi può farteli! Il nostro vicino! È un così bravo ragazzo, mi aiuta sempre con le buste della spesa e ogni tanto mi aggiusta tubi, ripara le tapparelle, mi avvita le lampadine… è davvero un tesoro!»
«Oh… possiamo chiedere a lui allora.»
«È così urgente, Ivan?»
«Perché? Se è perché avevamo deciso di andare in negozio, posso sempre usare i vestiti della sfilata per fare bella figura, ricordi? Quelli che abbiamo pubblicizzato insieme!»
«Sì, certo che mi ricordo!»
«Allora andiamo dal nostro vicino! Sperando di trovarlo, visto che tra poco aprirà il suo locale!»
«Ha un locale di cosa?»
«Fa il barista!»
Abbiamo suonato al campanello del vicino, il cui nome sul campanello cita F. Torres.
Ci ha aperto la porta un ragazzo alto, molto muscoloso, dai capelli neri e occhi scuri, vestito da barista… ehi, è Fernando! «Fernando! Abiti qui?»
«Ciao, ragazzi! Come state? È da un po’ che non ci si vede!»
«Tu e Fernando vicini di casa… questo è il culmine dell’assurdo...!»
«Perché?»
«Fernando caro, puoi fare un orecchino a Ivan?»
«Oh… sì, certo! Vieni dentro! Ah, voi no! La casa è un casino e devo conferire con Ivan in privato!»
«Conferire…?» Sono entrato nel suo appartamento arredato in stile moderno… effettivamente è un po’ un porcile. Mi stupisce che un tipo così trasandato sia un barista.
«Scusa per la casa, è che stasera è una giornata molto impegnativa! Comunque, io ti faccio il buco all’orecchio e tu mi fai un altro favore, va bene?»
«Fammi indovinare… ancora Giulia?» Spero per lui che non sia così, davvero.
«Esatto, Giulia! Ti prego, combinaci un appuntamento, uno solo anche per caso, ti prego! Sono disperato, non so più che fare!» Si è messo in ginocchio a pregarmi. Ma cos’ha che non va quest’altro?
«Beh…n-non lo so… sarei impegnato…» non voglio che venga rifiutato in malo modo, Giulia è una brava ragazza ma fa soffrire inutilmente questo poveraccio…
«Ti prego! Giulia è tutto per me! Il mio sole, la fine del tunnel, l’arcobaleno dopo la pioggia!»
«…Ah…beh…» Accidenti, questo è proprio stracotto… e la cosa assurda è che la prima batosta non gli è servita da lezione… «Allora sì, posso provarci. Ma non ti garantisco niente.»
«Sì! Perfetto, prendo quello che mi serve!»
Con un piccolo pizzico innocuo, Fernando mi ha forato l’orecchio con una pistola per piercing, utilizzando il pendente a forma di sole che ho fatto adattare come orecchino. Ho mosso la testa per controllare la sensazione: è strano avere qualcosa che ti penzola dall’orecchio, dovrò abituarmi.
«Ti sta bene! Ad un viso carino come il tuo sta davvero bene un orecchino pendente!»
«Carino proprio non direi… comunque se lo dici tu…»
«Devi fidarti! Io sono un ragazzo molto onesto!»
Non ci avevo fatto caso precedentemente, ma adesso che lo ascolto con più attenzione sembra che Fernando abbia un accento spagnolo… probabilmente le poche volte in cui ci siamo visti ero troppo in ansia per rendermene conto.
«Adesso scusami se ti caccio, ma devo scappare al lavoro!»
«Oh! C-certo! S-scusami!»
«Ma figurati!»
Uscendo, ci siamo imbattuti nell’auto di mio padre, appena arrivata. Sembra stanco, eppure sembra che si stia facendo forza in qualche modo… o almeno sta provando a fingere. Mi saluta con la mano: mi sento in imbarazzo, mi volto verso gli altri, che mi intimano a raggiungerlo.
«Ivan.»
Mi ha sorriso e mi ha abbracciato per salutarmi. Ha un buon profumo… in questa settimana mi è mancato questo odore. Non penso che sia opportuno chiedergli come sta.
«Ti stai preparando la tisana prima di andare a letto?»
«Certo, certo.» Mi ha sorriso, ma non è stato molto convincente. Spero che non si ubriachi.
«Non ubriacarti.»
«Non preoccuparti, ho buttato tutti gli alcolici dalla finestra.»
«D-dalla finestra??»
«Sì, ma niente di cui preoccuparsi, cambiamo argomento.»
Sembra rilassato, ma… che diamine, chi è che butta le bottiglie dalla finestra? Che le abbia lanciate contro mamma mentre lasciava casa? Un brivido mi ha attraversato la schiena.
«Questi sono per te: dei soldi e le chiavi della macchina, che puoi tenere.»
«…Tenere?»
«Sì, tienila tu. Ho due automobili e non posso usarle contemporaneamente… e poi sei grande abbastanza per guidare… B-beh, naturalmente non ti pagherò le multe!»
Papà mi sta dando questo macchinone lussuoso in custodia? Ma è pazzo? «Oh…s-s-sì… g-grazie! Ma tu come tornerai indietro?»
Mi ha indicato l’altra auto, parcheggiata sul marciapiede davanti: «Sono venuto con Nicola, il mio amico del biliardo.» L’uomo chiamato Nicola è uscito dall’automobile, avvicinandosi. Nicola è un uomo molto alto dall’aspetto comune, dalla tipica faccia italiana con luna e barbetta: non ha nessun segno particolare.
«Nicola, questo qui è mio figlio Ivan. Finalmente te lo presento, sono davvero fiero di lui:  sta studiando molto per diventare un grande artista.» La sua amorevole pacca sulla spalla non evita alle mie lacrime di riempirmi gli occhi: ma non piangerò! Devo resistere! Ma sento il mio cuore piccolo piccolo… è la prima volta che mi dice queste belle parole…
«Oh, sembra un momento delicato. Prendi le chiavi dell’auto, io andrò a fumare una sigaretta laggiù… Francesco, parla con tuo figlio.»
Papà ha borbottato qualcosa di incomprensibile, rimanendo in silenzio. Uno di quei silenzi pesanti ed imbarazzanti, ma non me la sento di dire nulla in questo momento.
«Ho… ho fatto un errore, Ivan. Scusami per averti deluso.» Ho alzato il capo lasciando cadere i lacrimoni: papà mi porge qualcosa sul palmo della mano. «Non è la macchinona che dovevo lasciarti, queste sono le chiavi giuste.»
È davvero sbadato: ecco qualcosa che ci accomuna… ho lasciato andare una piccola risata.
«Divertiti stasera, mi raccomando!»
«S-sì…»
«Adesso devo andare, rischio di farti fare tardi! Chiamami presto!»
«S-sì!»
Mi ha dato una pacca amorevole sulla spalla e se n’è andato.
L’ho guardato andarsene in silenzio, poi sono tornato dagli altri, con i fazzoletti in mano.
«Anna, ho perso l’autobus.»
«Non preoccuparti caro, fatti accompagnare da Ivan…sniff!»
«Rose, dove devi andare? Ti accompagno io.»
Rose è balzato sul posto, visibilmente imbarazzato: «N-no, non serve… non preoccuparti, Ivan!»
Perché non vuole che lo accompagni? Allora è vera la storia che quando ci si innamora si lasciano perdere gli amici? Ma perché? Che gli ho fatto di sbagliato? Non ci siamo chiariti poco fa? Non capisco… forse l’ho trascurato troppo? Dev’essere così… prima ha detto ad Anna che era una cosa recente, quindi durante la settimana deve aver trovato qualcuno con cui rimpiazzarmi di cui è anche sentimentalmente interessato... ma io non voglio che la nostra amicizia finisca così… non voglio che si deteriori in maniera così squallida! Lo so, un giorno probabilmente ognuno farà la propria vita, forse uno dei due andrà via dal Paese, ma anche in quel caso non avrebbe senso troncare i rapporti!
Adesso ti faccio vedere io come ti faccio sputare il rospo. Ho fatto un sorriso smagliante e l’ho preso a braccetto: «E chi si preoccupa? È un piacere per me accompagnarti, dopo tutto quello che fai per me! Che vuoi che siano cinque minuti in auto con il mio migliore amico? Non ho ragione, Anna?»
«Ivan ha ragione, Rosemund caro! Vai pure con Ivan!»
Mantenendo un sorriso di circostanza, sta facendo resistenza alla mia presa, cercando di sfuggirmi: questo non fa altro che farmi dispiacere ed innervosire al contempo.
«M-ma non voglio disturbare…»
L’ho guardato con un leggero cenno di rabbia negli occhi: «Ma quale disturbo? Dobbiamo parlare di cose private da veri uomini, noi! E poi passa Gennaro a prendere Anna, non è così?»
«S-sì…»
«Allora io e Rose iniziamo ad andare, la strada sarà mooolto lunga, visto che dobbiamo andare piano per la sua paura delle automobili!»
«I-ivan, che cos’hai? Mi fai un po’ paura così…»
«Ahahahah! Paura io? Sono l’ultima persona sulla faccia della terra di cui preoccuparsi, di cui avere paura e con cui avere scrupolo di non confidarsi!» L’ho detto. Adesso non potrà ritirarsi indietro, se vuole rimanere una persona coerente.
«…Ho capito. Iniziamo ad andare allora.»
Abbiamo salutato Anna e siamo entrati in auto, in cui è caduto un silenzio piuttosto pesante. «Metto in moto.»
Abbiamo fatto un tragitto in silenzio per un po’, poi ho parcheggiato la macchina davanti al parco che attraversiamo di solito insieme. Ho lasciato andare la presa sul volante e piuttosto seccato ho vuotato il sacco: «Perché non vuoi dirmi con chi devi uscire?»
«… È  per questo che fai tutte queste storie?»
«Tutte queste storie…? Rose, mi avevi detto che eravamo migliori amici e non vuoi confidarti con me sui tuoi piani di stasera! Che bella amicizia del cavolo!»
Si è passato una mano tra i capelli sbuffando nervosamente, con l’aria accigliata di chi sta per dire qualcosa che non mi piacerà ascoltare.
«Ho incontrato una persona che mi ha fatto rivivere delle cose.»
Lo sapevo che era il suo ex. «Chi è? Quel cuore di pietra…? Come hai fatto a caderci di nuovo…?»
«No, non lui! È un’altra persona… c’è…»
Ha sbuffato per darsi la forza di continuare: sarà così difficile da comprendere quello che sta per dirmi?
«C’è una persona che mi piace, Ivan. Una persona che non mi sarei mai aspettato.»
È perché non se lo sarebbe mai aspettato che vuole concentrarsi per conquistarlo a tal punto da gettarmi via così? Senza nemmeno confidarsi? Ho già la famiglia in frantumi, non voglio che la prossima cosa a rompersi sia la mia amicizia con lui! Non posso accettarlo! Con rabbia gli ho urlato contro: «Rose, io non voglio dividermi da te solo perché ti sei trovato il giocattolino con cui sfogare le tue stupide fantasie sessuali!»
«C-che stai dicendo…?»
«Sto dicendo che tu non vuoi dirmi chi è questo tipo! Stai facendo un sacco di giri di parole! Dimmelo e basta, insomma! Dimmelo se sei una di quelle persone che getta via gli amici per la fidanzatina incontrata in vacanza! Così almeno mi metto l’anima in pace anche con te!»
«NON POSSO!!»
L’ho guardato con rabbia, mentre i suoi occhi blu intenso si riempiono di riflessi.
«Non… non posso gettarti via per una cosa così stupida come questa! Come ti è venuto in mente? Tu sei molto più prezioso di un piccolo sentimento di passaggio! Non te lo volevo dire perché non so come tu possa prenderla, solo per questo...»
«È qualcuno che sai non mi piacerà? Che vuoi che me ne importi? Tu mi aiuti anche se ti sta antipatica Tina! Perché pensi che per me sia diverso? Ti aiuterò, qualunque cosa deciderai di fare!»
Ho messo da parte la mia irritazione adesso che so che aveva solo paura che non potesse piacermi il tipo in questione… ma il fatto che lui pensi questo mi fa temere che sia una  persona di cui preoccuparmi… la rabbia ha lasciato il posto a impazienza ed agitazione.
«…A-allora te lo dirò...»
«Voglio nome e cognome, Rose.»
«…No, il cognome no… per favore…»
«Nome e cognome, Rose.»
Ha fatto un sospiro spezzato e si è rivolto lentamente verso di me, con gli occhi blu intenso come un mare in agitazione, come se bastasse un battito un po’ più forte delle sue lunghe ciglia  a far cadere delle pesanti lacrime da un momento all’altro. Il suo rossore arriva fino alle orecchie, la tensione sale sempre di più man mano che osservo le sue labbra dischiudersi, nel tentativo di pronunciare un nome. Il cuore mi batte forte nel petto, ho paura che mi pentirò di averlo costretto a rivelare ciò che sicuramente avrà avuto motivo di voler tenere per sé.
Con un solo respiro, il nome pronunciato da Rose arriva alle mie orecchie come un sussurro, alla mia consapevolezza come un fulmine a ciel sereno, al mio cuore come un fortissimo pugno allo stomaco.
 

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Capitolo 38
*** Essere ubriachi agevola il contatto fisico ***


«Giulio Lisbona.»
Giulio Lisbona? E chi è questo? Mai sentito… o forse sì.
«Il veterinario.»
«Eh?» Il veterinario?? Quello antipatico? Quel tipo altezzoso e sbruffone, che prende tutti per beoti solo perché non sono medici come lui? «M-m-ma aveva detto di avere una fidanzata!»
«Sì, l’ha detto… p-poi sai com’è, tra una chiacchiera e l’altra… ha buttato giù la maschera. Ha.. ha detto che la storia della fidanzata è tutta una copertura per la reputazione…»
«Per la reputazione…? Lo vedi? Lo vedi che è una persona falsa? Da uno così io me ne starei totalmente alla larga!» non posso crederci che stiamo parlando di quell’individuo! L’unico per cui avrei fatto carte false pur di vederlo lontano da Rose il più possibile! «E quand’è che avresti avuto il tempo di farci due chiacchiere?»
«È per Alastor... Alastor, naturalmente. Non sono così disperato da trovare ogni genere di scusa per parlare con qualcuno...»
«Appunto! Lascialo perdere uno così! Non hai visto com’è vanitoso? A quello basta uno schiocco di dita per avere tutta la gente che vuole ai suoi piedi: donne, uomini, madri, nonne e bambini! Che te ne fai di uno così?»
Ha scostato lo sguardo, imbarazzato ed imbronciato come un bambino che è stato appena sgridato. Forse sono stato troppo duro… anche se quel tipo non mi piace, non devo dimenticare che sono coinvolti i sentimenti del mio migliore amico... e lui ha sempre fatto tutto il possibile per aiutarmi con Tina… sarei davvero incorretto nei suoi confronti a mettergli i bastoni fra le ruote. Ho fatto un respiro profondo. Devo calmarmi adesso, devo pensare. Cosa posso fare per aiutarlo a fare bella figura? Non posso certo dare consigli sull’abbigliamento ad uno stilista… e nemmeno sull’atteggiamento, sono una persona così chiusa... non conosco nemmeno nessuna barzelletta da suggerirgli perché non ho proprio il senso dell’umorismo. «Sbottonati di più la camicia, se mostri la pelle sembrerai più accattivante, no?»
«…Eh?»
Mi ha guardato come se fossi impazzito. «T-ti sto dicendo che farò qualcosa per aiutarti, voglio darti anch’io dei consigli, proprio come fai tu con me tutte le volte!»
«M-mi stai dicendo che mi aiuterai?»
«Sì, sì! Certo! Quel Giulio non mi piace per niente, ma non posso non aiutarti!»
«G-grazie… »
«Facciamo una cosa, stasera teniamoci in contatto via messaggi sull’andamento della serata!»
«Sì.»
«Però sbottonati quella camicia, così sembrerai più figo!»
«Ho la cintura di sicurezza adesso, lo farò dopo.»
«Ma dopo potresti dimenticarti, fallo adesso!»
Mi sono tolto la cintura di sicurezza e avvicinato a lui.
«L-lascia stare, Ivan!»
Gli ho dato un colpo sul dorso della mano, facendogliela ritirare, poi ho liberato un’asola della camicia, sentendo il forte profumo alla vaniglia arrivarmi alle narici. Improvvisi colpi sulla portiera mi fanno sobbalzare: voltandomi a sinistra vedo un passante, un ragazzino idiota che mi sta fissando divertito con una faccia da ebete schiacciata sul finestrino. Oh, no! Chissà cos’avrà pensato di noi in questa posa equivoca!
«Spostati.» Con una manata, Rose mi fa balzare sul sedile del conducente, abbassando poi il finestrino.
«Ti servono indicazioni stradali o sei semplicemente un maleducato?»
Con un tono di voce minaccioso, Rose ha fatto scappare via quel ragazzino a gambe levate. Però, che colpo… ho avuto davvero il batticuore… temevo che qualcuno potesse pensare qualcosa di strano.
«Non mi sento molto a mio agio con questo bottone fuori posto...»
«Perché? Non è il momento di essere pignoli, serve per fare conquiste!»
Rose si è lasciato cadere sullo schienale sbuffando: «Speriamo.»
Quel suo “speriamo” mi ha rovinato l’umore. Rose è una persona così gentile, il pensiero che debba uscire con quel verme mi urta davvero… non poteva essere un allegro ragazzo  spontaneo? No, doveva essere il sapientino-reputazione-immacolata.
Lo squillo del telefono riesce a distrarmi: la chiamata in arrivo porta il nome “Tina”.
«È Tina! Che le dico?»
«Dille che stai arrivando, no?»
«S-sì! P-pronto? Tina?»
Rose mi segnala bisbigliando di mettere il vivavoce. «Ivan, buonasera! Ascolta, per quanto riguarda il nostro appuntamento di stasera…» «Un attimo!» Agitato provo a schiacciare il pulsante per il vivavoce, ma per errore chiudo la chiamata. Perfetto.
«Adesso cosa penserà di me? Che non voglio uscire con lei?? La mia Tina, no!»
«Richiamala, dai! Dev’essere proprio scema per non capire che hai sbagliato, no? O semplicemente deve avere l’agenda troppo piena…!»
«Oh insomma, vuoi proprio farmi passare una giornataccia oggi?»
«Okay, sto zitto…! Richiamala, su.»
L’ho richiamata, stavolta eseguendo i giusti passaggi per il vivavoce: «Tina! S-s-scusa per prima, mi è caduto il telefono di mano! Dimmi pure!»
«Volevo sapere se eri pronto a scatenarti al concerto!»
«Oh… ehm.. Sì! Certo! Naturalmente…Yeeey! S-senti, la bottiglia dello spumante devo portarla io?»
Rose si è messo una mano sulla fronte scuotendo la testa… Oh, no! Ovvio che dovevo portarla io, che domanda stupida!
«Ehm… veramente riguardo a questo… ma sì, portala pure! Però ti avverto che a me non piace molto bere… cioè, mi piace ma… tendo ad ubriacarmi in fretta e divento un’altra persona, quindi preferisco portare l’aranciata o qualcosa del genere!»
Il viso di Rose si è illuminato come un girasole, ma non riesco a capire cosa significhi.
«Oh… ehm…» Lo guardo incerto, mentre con il pollice e l’indice imita il gesto del bere, facendomi l’occhiolino e un okay. «…Certo! Non preoccuparti, porto io da bere per tutti e due! P-per tutti, volevo dire! Lapo e Maria sono già usciti?»
«Non lo so, l’incontro è in piazza, ma non ne so niente di quei due! Dici che dovrei cercare di farli mettere insieme?»
«Ehm… se ti va…» Non mi interessano per niente né Lapo e né Maria, ma se non le do corda la conversazione non prosegue. Rose intanto mi incita ad arrivare al nocciolo della questione: «Anche noi ci incontriamo in piazza?»
«Perché, vorresti incontrarmi un po’ prima da qualche altra parte?»
Rosemund mi segnala con vigore una risposta positiva: «S-sì, se non ti da fastidio… s-sai, potremmo non riuscire nemmeno ad incontrarci tra tanta gente…»
«Sei un po’ asociale, Ivan! Comunque mi sta bene, avevo giusto voglia di stare un po’ da sola con te senza Maria e Lapo tra i piedi!»
«A-allora siamo d’accordo...»
«E anche senza il tuo amico, Rosemund… ti sta sempre appiccicato come un’ombra! La scorsa volta volevo parlare un po’ di più con te alla sfilata, ma c’era sempre lui nei paraggi… »
Che momento imbarazzante… Ho finto una risatina al telefono, timoroso di scoprire che i miei sospetti sull’espressione di Rose in questo momento siano fondati: sta facendo dei gesti di sdegno litigando con il suo io interiore per non farsi sentire da Tina… che figuraccia.
«…Senti, non è che per caso Rosemund è innamorato di te?»
Ho avuto un tuffo al cuore, la mia faccia sta diventando caldissima e sono certo di aver cambiato colore almeno tre volte… ma che razza di situazione è mai questa? Perché capitano sempre a me? Perché? La mia esistenza ruota intorno ad una sola parola e domanda: “PERCHÉ” ?
«…N-n-no, che dici…?»
«No, eh? Scusa, è che mi è sembrato che fosse così… ogni volta che ci siamo incontrati, c’era sempre una strana atmosfera tra di voi e ogni volta sembrava guardarmi con fare minaccioso, come una gatta che vuole difendere i propri cuccioli… non so se hai capito cosa intendo… sembrava sempre come se volesse rispedirmi da dove ero arrivata!»
«Ah… N-n-no! M-ma che dici? Lui? No, sciocchezze! N-non lo farebbe mai…!» Davvero le è sembrato che l’atmosfera tra di noi fosse strana? Anche a lei? Prima ad Anna e adesso a Tina! Ma è assurdo! Sarà una cosa delle donne, che vedono cose che non stanno né in cielo né in terra, solo per poterci fantasticare sopra! Si sa che alle donne piace parlare di “amori proibiti” di tutti i generi!
«Perché no? Cosa ti dice che non lo farebbe mai? Si può benissimo fingere, per nascondere i propri sentimenti!»
“Anche adesso saresti felice se ti dicessi di amarti?”
“Sto scherzando, è ovvio che ne saresti contento! Sei il mio migliore amico!”
Perché mi vengono in mente tutte queste cose stupide adesso…? No, non è così! È tutto un grande malinteso! È un grande malinteso, eppure mi sento così agitato… non vorrei mai che fosse così, Rose è solo un amico per me.
«Tina, non esageriamo adesso! È tutta una nube senza fuoco! Solo perché è gay non significa che sia innamorato di me! Avrai anche tu degli amici maschi, o te li vuoi portare tutti a letto? Non credo, quindi non dire queste cose di lui!» Anche se è Tina, su cui ci ho sbavato su per mesi e mesi, anche se ho fatto di lei la mia musa ispiratrice, non permetterò a nessuno di parlare male di Rose o di fare allusioni di qualunque tipo su di lui.
«Ti chiedo scusa per aver parlato di lui in questo modo. Ma sappi anche, che non esiste fumo senza un fuoco, Ivan. Tu sei proprio sicuro di quello che dici? Sembri un po’ ingenuo…»
«Forse non lo sai ancora, ma Rose si è trovato un fidanzato, quindi quello che dici è infondato.»
«Oh… non lo sapevo, scusa. Allora questo cambia tutto, ho messo su dei ragionamenti senza motivo! Scusami ancora!»
«Va bene, non lo sapevi.»
«Già… ti sei arrabbiato con me?»
«…No, non sono arrabbiato, anche perché ci siamo chiariti. Per me le cose finiscono quando ci si chiarisce.»
«Lo sapevo che eri speciale, Ivan. Allora, ci vediamo più tardi al locale “Upload”, che ne dici?»
Oh… è lo stesso locale di quella volta… «Sì, va bene! Ci vediamo lì tra una ventina di minuti, d’accordo?»
«Certo! A dopo, Ivan!»
Che telefonata stancante… in tutti i sensi. Mi sono voltato verso Rose, che sta aprendo la portiera dell’auto. «D-dove vai?»
«Aspettami qui, arrivo subito!»
«…Okay.» Tina ha detto che sono speciale… eheh, vorrà dire che mentre aspetto che Rose ritorni fantasticherò su questa storia per un po’.
É ritornato dopo una decina di minuti con un paio di buste tra le mani, portando all’interno dell’auto una ventata d’aria fredda.
«Cos’hai comprato?»
«Equipaggiamento del campione! Ivan, questa è la tua grande serata!»
«Ehi, fino a poco fa era la “nostra”… mettiti anche tu in mezzo.»
«Va bene, la nostra! Allora, ecco tutto quello di cui hai bisogno!» Con un sorriso smagliante mi agita le buste davanti al viso. «Alcolici, preservativi… e i consigli di un buon amico!» Ha sbattuto gli occhi ripetutamente facendo un’espressione carina, nonostante tutto quello che ha detto mi lasci completamente esterrefatto.
«……»
«Perché quella faccia?»
«…Hai detto “preservativi”, Rose?»
«Certo, preservativi! Tina ha detto che non regge l’alcol, no? Allora devi sfruttare questa cosa a tuo vantaggio! I preservativi sono per evitare malattie e strani concepimenti!»
«…Ehm… “per evitare strane malattie e concepimenti”, vorrai dire…»
«No no, hai capito bene! Malattie e strani concepimenti! Non si può mai sapere cosa può venir fuori da una mantide ed un furetto!»
«…C-c-cioè, s-scusa… non puoi averlo detto davvero… tu vuoi che IO CON TINA…?»
«E con chi altro, con me? Non essere ridicolo!»
Ma perché dice queste cose equivoche? Come se non fossi già abbastanza stranito dalle cose che sta dicendo… oh, la mia faccia.. sembrerò un’aragosta vestita di viola! «S-scusa, ma… come potrei mai approfittarmi della situazione? E in maniera premeditata, per giunta!»
«Quella notte davanti al mio negozio eri bello che pronto a saltarle addosso, non vedo quale sia il problema adesso!»
«M-m-ma ero ubriaco anch’io!»
«Se pensi che ubriacarti ti aiuterà, fai pure! Mi ricordo che da ubriaco sei più da contatto fisico che da sobrio.»
Quando la smetterà di rivangare cose che mi fanno sentire in imbarazzo? Con quella sua faccia spontanea e tranquilla, mi fa irritare ancora di più!
«Se ti senti impacciato su come usarlo puoi leggere le istruzioni sul retro della confezione! E se non sai dove farlo, ti ricordo che hai sempre la macchina! Vedi? Hai tutto quello che ti serve: la donna, la protezione e il luogo! Facile, no?»
«S-s-sarà facile per te che sei esperto, ma non per me!»
«Esperto…? Beh, forse un po’… o forse no? Comunque è facile, dovrebbe essere la stessa cosa con le donne, no?»
Oh, quindi Rose non è mai stato con una donna… ma allora com’è possibile che da ragazzino sbavava sulla modella del giornaletto porno? Ci sono delle cose della sua vita che vorrei chiedergli, ma non so mai quando sia il momento migliore per farlo, così finisco sempre per rimandare. Ad oggi ancora non so come mai sia passato dalla modella al ragazzo freddo e insensibile, come mai si sia ritrovato a fare sesso davanti ad una telecamera, come mai sia finito in prigione durante gli anni della scuola, né perché ha smesso di fare il modello. Sono tutte cose che potrebbero metterlo in cattiva luce se le venissi a sapere, ma che non mi hanno impedito di volergli bene… non penso che sia un cattivo ragazzo nemmeno dopo averlo visto come picchia la gente. Forse sono io che sono sbagliato, che mi sono affezionato e che lo difendo a priori perché è mio amico, ma davvero non riesco a vederci del malvagio in lui, pur mettendomi d’impegno.
«S-scusa, non volevo ferirti nell’orgoglio, Ivan.»
«Eh?» Non sono stato attento.
«Tu non hai mai avuto nessuna, sono stato così indelicato… scusami.»
«Oh… n-non è che mi vergogni poi molto, ormai lo sai già… in-insomma! Cosa dovrei fare con Tina stasera? Dovrei? O non dovrei? Piuttosto… ci riuscirei?»
«Certo che ci riesci, alla sfilata hai tirato fuori le unghie, con tua madre hai tirato fuori le unghie, hai risposto a tono persino alla tua dea Tina! Non c’è niente che non puoi fare, Ivan: è tutto nella tua testa, devi solo trovare la spinta adatta a prendere l’iniziativa.»
«…S-se lo dici tu…»
«Tieni tutta la scatola, potresti essere imbranato e fare casini, meglio portare una scorta!»
«Ehi, Rose! Prendine un po’ anche per te, non mi fido di quello lì! Insisti per difendere me dalle malattie, ma quello che potrebbe averne è proprio quel cascamorto! Che ne sai con quante persone è stato? Gli ho già fatto il disegnino, quello è fin troppo cosciente di piacere alla gente!»
«Va bene, ne prendo uno. Lo metto qui, guarda.» Ha aperto la cerniera degli spiccioli, stracolma di centesimi… è proprio tirchio. «Troppo piena, lo metterò qui, dietro la foto di mamma Elaine!» Mi ha mostrato chiaramente dove e come ha riposto “lo scudo protettivo” con cura. «Sai, Ivan… c’è un favore che vorrei chiederti.»
Mi sta guardando con un’espressione seria. «D-dimmi.»
«Quando naturalmente ti sarai liberato di tutte le tue cose, dei tuoi impegni, del tuo tempo libero e tutto il resto… ehm… potresti fare un ritratto per me?»
«Vuoi che disegni te?» Sono stupito che voglia lasciarsi ritrarre… che sia per la fotografia o per la pittura, è pur sempre un compito da modello. Chissà se dentro di sé vuole tornare a farlo.
«N-no, non me. Mia madre. Mia madre Elaine.»
«Oh… certo. N-naturalmente non ti garantisco niente…!»
«Sciocchezze, sarai bravissimo come al solito.» mi ha sorriso, con gli occhi blu intenso che si ristringono, addolcendogli il viso dai lineamenti già delicati.
«Oh… faremo tardi, Ivan! Dobbiamo andare!»
«Oh… sì, hai ragione.»
«Però vai piano, mi raccomando!»
«…Sì vado piano, non preoccuparti.»
Con un ritardo di venti minuti, ho lasciato Rose davanti ad un locale che non ho mai visto prima: sembra che ci sia del movimento all’interno, si sente una musica assordante provenire dall’edificio.
«Non credevo frequentassi posti del genere…»
«Infatti questo posto non mi piace molto… ma è qui che ho appuntamento, non posso farci niente.» Rose dischiude la portiera, poi, mentre sta per scendere dall’auto, si volta nuovamente verso di me, con uno sguardo serio ed intenso, sorridendomi in maniera quasi malinconica:
«Comportati bene stasera. La prossima volta che ci vedremo sarà nell’anno nuovo, Ivan.»
«Hai ragione, sarà nell’anno nuovo…»
«Se questa serata darà i suoi frutti, l’anno prossimo saremo dei nuovi Ivan e Rosemund.»
«È vero...» Non capisco perché per fare un discorso stimolante debba farsi venire gli occhi lucidi in quella maniera… finirà per rattristare anche me.
«Buoni propositi per l’anno nuovo: diventare un amico migliore per te, Ivan.»
Un amico migliore di così… può esistere davvero? Io penso che Rose e la sua famiglia facciano già fin troppo per me. Ho scosso la testa, guardandolo negli occhi, cercando di rimanere concentrato su quello che devo dire senza venirne risucchiato: «S-spero… spero che ci avvicineremo ancora di più con il nuovo anno, Rose…» Vorrei che mi raccontasse di più della sua vita.
Improvvisamente mi tira verso di lui, abbracciandomi con affetto. Sento che le sue braccia sono forti, sento il calore provenire delle sue spalle, più larghe delle mie… e stavolta non odora di brandy, ma di vaniglia.
«Ivan, spero che la nostra amicizia duri per sempre. Lo voglio davvero con tutto me stesso…»
Anche io voglio che duri per sempre… so che può sembrare stupido pensare una cosa del genere, ma so che i veri amici, quelli che rimangono con te per tutta la vita, seppure siano un dono così raro e prezioso da essere destinati a poche persone sulla faccia della terra, esistono sul serio… e io voglio che Rose sia questo tipo di amico per me.
Si è allontanato velocemente, strofinandosi bruscamente l’occhio sinistro con il palmo della mano:
«Basta così, altrimenti sembrerò un po’ checca! Mandami tanti messaggi, mi raccomando!»
Checca lui? Se lui è checca c’è da capovolgere il mondo… perché si butta sempre giù in quella maniera quando si tratta di sé stesso? Basto già io per quella parte.
«S-sì, va bene! Divertiti e sii prudente!»
«Sarò prudente come un carro armato, te lo prometto!»
L’ho salutato energicamente con la mano mentre l’ho guardato allontanarsi, alto ed elegante come al solito, sparendo dalla mia vista entrando nel locale. Oggi è davvero emozionato, ha i nervi a fior di pelle. Oh, no! Sono in ritardo bestiale, accidenti! E già Rose era in ritardo, figuriamoci io! Tina mi darà buca stasera, lo sento!
Sono arrivato al locale Upload in estremo ritardo, la gente ha già iniziato a riempirlo e sarà un po’ difficile riuscire a trovare Tina qui in mezzo… oh, eccola!
É seduta al bancone con addosso un lungo vestito nero e i capelli raccolti: è davvero uno splendore, riconoscerei quella sagoma tra un milione di sagome. Dai Ivan, chi ben comincia è a metà dell’opera! Faccio un bel respiro e mi incammino verso di lei: «T-Tina, buonasera! S-scusa per il ritardo!»
Con le piccole spalle, mostrando il collo elegante, non riconosco il volte femminile che mi si è presentato davanti: il naso è aquilino, le labbra sottili, gli occhi chiari… non è Tina!
«Buonasera! Sei solo? Anch’io! Angelica, piacere!»
Ho sbagliato persona?! Che figura! Ma non devo dimenticare le buone maniere! «I-ivan…»
«Scusa, lui è con me!»
Una voce chiara e schietta mi arriva alle orecchie, una mano esile e gentile mi da una pacca sulla spalla: è Tina. I suoi lineamenti sono sensuali e la sua espressione è schietta e dominatrice: è davvero una fortuna poterla osservare da così vicino… stasera indossa una camicia a righe e dei jeans scuri, i lunghi capelli castani sono sciolti sulla schiena sensuale. Ha gli occhi che le brillano come al solito… deglutisco senza dare nell’occhio.
«Oh, scusa!»
«Ivan, non mi hai vista?»
Ho scosso la testa, imbarazzato. Ma com’è possibile che Tina si trovi sempre nei momenti meno opportuni? Chissà cosa pensa adesso di me, dopo che le ho risposto a tono e persino chiuso il telefono in faccia…
«Sei davvero elegantissimo, Ivan!»
«G-g-grazie…» Mi sento uno stupido vestito così, ho addosso un completo elegante, mentre lei è completamente casual… beh, avrei dovuto aspettarmelo, visto che andiamo ad un concerto in piazza e non ad un appuntamento galante come Rose e Mr. Reputazione immacolata… a proposito, chissà se si sono incontrati. Spero che si trovi a suo agio, Rose sembrava davvero teso, seppure con gli estranei sia solitamente spigliato e socievole.
«Sei arrivato in ritardo, c’era molto traffico, vero?»
«S-sì, davvero tanto…»
«Mi sa che non facciamo in tempo per il concerto se restiamo qui, dovremo parlare lungo la strada…»
«V-va bene.»
Abbiamo iniziato a passeggiare verso la piazza, stringo tra le mani la busta piena di spumante.
«Hai portato davvero un sacco di alcolici! Sei sicuro di riuscire a bere? L’ultima volta che ti ho visto bere non è andata proprio benissimo…»
Sono saltato sul posto, arrossendo violentemente, ricordando quella scena imbarazzante… ed il bacio: chissà se anche a Tina è venuto in mente… ho paura di saperlo, però devo farmi forza! Altrimenti non sarò in grado di andare fino in fondo se inizio a farmi problemi persino a guardarla in viso! Mi sono voltato verso il suo profilo dolce e femminile, che non sembra affatto turbato: Tina è davvero avanti rispetto a me, che mi vergogno persino per un bacio da ubriaco senza alcun valore. Quella fu davvero una notte da dimenticare… Tina vide solo il peggio di me, eppure restò a farmi compagnia fino alle tre del mattino. Dopo l’arrivo di Rose se ne andò a casa giustamente, aveva davvero freddo poverina… io invece passai la notte in macchina, con Rose... la prima di una lunga serie: è sempre stato molto gentile nell’ospitarmi a casa sua a qualunque orario. Ashley e Giulia mi dissero che lui non lasciava mai entrare nessuno in casa sua… mi chiedo se Mr. Responsabilità immacolata varcherà quella porta stanotte… spero che Alastor lo graffi dappertutto e che Piero non lo lasci dormire… anche se non credo dormiranno molto quei due… ho lasciato andare un pesante sospiro.
«Cos’hai?»
Distolto dai miei pensieri, mi volto verso Tina con un certo imbarazzo: ero così assorto nel mandare la malasorte a quel tipaccio che mi sono dimenticato di tutto ciò che mi è intorno! E per giunta ho pesino sbuffato come un toro! Oh, no! Adesso Tina penserà che la sua compagnia mi annoi! È sempre colpa di quel viscido lombricone mutaforma!
«N-niente, stavo pensando a… all’ultima volta che siamo stati qui insieme, Tina.»
«É stato divertente vederti sdraiato sul bancone a russare come un ghiro!» Tina ha rilasciato controvoglia la sua risata vivace e sonora. Ho russato…? Che figuraaa!! Va sempre peggio! «S-s-scusa! N-n-non ero in me, davvero! Anche per il bacio--» Oh no, mi è scappato! Non dovevo parlare di quel bacio maledetto!
«Bacio?» Mi ha guardato stranita, come se non sapesse a cosa mi sto riferendo. Ma come, non ricorda? Io che mi sono fatto tutti quei problemi e lei invece nemmeno si ricorda?
«Ah, sì! Adesso mi ricordo! Lascia perdere, quelle sono cose che succedono quando ci si ubriaca! Non ci avrai pensato su troppo, spero!»
Il mio appuntamento è appena iniziato eppure sento che finirà tra poco. «Eh… n-no, ovviamente… m-m-ma sai… ci tengo a scusarmi… anzi, scusa ancora!»
«Non dire idiozie, Ivan! A proposito di quella sera e di questa sera… non siamo davvero capaci di farci una serata tranquilla in quel locale! Che ne dici di riprovarci?»
«Eh?»
«Di ritornare un’altra volta, intendo! Il 4 di gennaio sarà il giorno del mio compleanno, che ne dici di incontrarci lì per bere qualcosa?»
«Oh…» Tina mi sta invitando alla sua festa di compleanno, è incredibile! «S-sì, v-va bene! Va bene, ci sto!»
«Allora è perfetto! Verrò vestita elegante, almeno non ti faccio fare la figura dello scemo come stasera! Scusa per non averti avvertito sull’abbigliamento, avrei dovuto immaginarmelo visto che sei un po’ fuori dal mondo…»
“Un po’ fuori dal mondo”? É un dispregiativo o cos’altro? L’ho guardata senza capire. Rendendosi conto di quello che ha detto, Tina ha fatto una smorfia stupita e colpevole con il viso.

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Capitolo 39
*** Sì, sono geloso ***


«Oh… scusa, hai pensato male. Volevo dire che è ogni volta che ci siamo salutati in giro per scuola eri sempre da solo, isolato dal mondo, con la tua espressione concentratissima… solo questo, non intendevo offenderti o qualcos’altro.»
«Mh…» Quindi Tina ha sempre fatto caso alle mie abitudini? Devo stargli davvero simpatico visto che mi ha fatto anche una caricatura… forse riuscirò ad avvicinarmi a lei stasera…! Devo assolutamente mandare un messaggio a Rose! O forse è meglio di no… meglio non disturbare… sarà troppo impegnato a trovare le parole adatte… o forse sarà troppo preso dalla conversazione e io lo interromperò soltanto... meglio aspettare che sia lui a contattarmi.
«Oh, guarda quanta gente, Ivan!»
Ho alzato lo sguardo: la piazza è completamente affollata di giovani, si sente un fastidiosissimo brusio in giro… l’idea di infilarmi là in mezzo non mi piace affatto. Improvvisamente mi sento sconfortato… mi sta lentamente passando la voglia di questo appuntamento giovanile. Io sono stato sempre da solo, quindi non ho l’abitudine di frequentare luoghi del genere e mi sento molto a disagio… le risate dei giovani mi ricordano i tempi delle scuole superiori, in cui erano usate principalmente come arma di scherno. É vero che i tempi sono cambiati, che io sono cambiato e che adesso mi sono un po’ aperto al punto da avere anche un migliore amico… ma anche in compagnia di Rose sono abituato a frequentare luoghi chiusi e “sicuri”, visto che siamo sempre a casa dell’uno o dell’atro.
«Ci sono Lapo e Maria! Ciao ragazzi!»
Che bello… «Ciao.»
«Chiao Ivan! Shembri in forma shtashera! Bravoh, ho proprio voglia di feshteggiareh! Yeeeh!»
Guardo Lapo allibito mentre inizia a saltellare in giro con la bottiglia di spumante tra le braccia… ha davvero una faccia tosta… si ripresenta così come se niente fosse in vena di far festa, come se sparendo non avesse procurato alcun danno alla sfilata di Rose.
Mi squilla il cellulare! Forse è Rose? L’ho sfilato velocemente dalla tasca della giacca e ho letto sullo schermo la voce “papà”. Spero che non sia successo niente di grave. «Voi andate avanti, vi raggiungo subito!» Mi sono allontanato per riuscire a sentire meglio ed avere un po’ di tranquillità: «Pronto? Papà?»
«Ivan, cosa c’è?»
«Mi hai chiamato! É successo qualcosa?»
«Oh… d-devo aver schiacciato qualcosa per sbaglio! Non ti ho chiamato di proposito! M-ma già che ci siamo… tutto bene?»
Sta mentendo, sa bene come usare un cellulare lui. Per questo mi fa ancora più piacere sentire la sua voce al telefono… non sono ancora abituato a questo nuovo rapporto che stiamo cercando di mettere su con molto imbarazzo, ma amo il fatto che mio padre, impacciato ed imbranato com’è, si stia impegnando con tutte le sue forze. Si sarà preoccupato per me.
«Sì, tutto bene. Sono appena arrivato in piazza, c’è un sacco di gente… a te come va la serata? T-ti sei trovato un buon posticino al bancone?»
«Certo, certo! Ho già bevuto un paio di drink e adesso sto per iniziare una partita a biliardo! Lo sai che sono molto bravo a biliardo!»
«S-sì, lo so.» Vuole fare sempre il forte, ma risulta ancora più vulnerabile con questo tono di voce a metà tra l’incertezza e la voglia di dimostrare a tutti i costi di star bene. Chissà se sta pensando alla mamma… che domande, certo che ci starà pensando.
«Come dici, domani? Va bene!»
«Eh? Cosa? Papà, non ho capito! Puoi ripetere quello che hai detto?» Forse perché c’è troppa gente qui.
«Cosa? Ti stavo rispondendo! Non mi hai chiesto di pranzare insieme domani?»
«Oh…» Mi si stringe il cuore pensare che è arrivato ad usare questi mezzucci per invitarmi a passare del tempo con lui… io e mio padre siamo simili sotto questo aspetto, quindi chissà per quanto ci avrà pensato su… «Sì! Domani!»
«A-adesso devo chiudere, sta per iniziare la partita! N-non bere troppo! Non mi piacciono i ragazzi sballati!»
«Va bene.» Parlare con lui mi ha smosso il cuore. Sento un misto di emozioni dentro di me: un po’ di amarezza per come sono andate le cose, ma felicità per la piega che stanno prendendo. Sono comunque degli ottimi segnali per un nuovo inizio, è davvero una coincidenza che capiti proprio nell’ultimo dell’anno.
Dal momento in cui mi sono allontanato per telefonare, manderò un messaggio a Rose. “Come va? Qui tutto bene per ora! Tu sei riuscito a calmarti un po’?” Così dovrebbe andare, sarà meglio raggiungere gli altri adesso.
A fatica ho visto Lapo, comodamente seduto sulle spalle di Tina a farmi dei segnali. Mentre con estrema difficoltà mi sono fatto largo tra la folla, rumorosa e carica di mille odori diversi, il concerto è iniziato. Le prime canzoni sono trascorse in fretta, tutti erano allegri, saltavano e cantavano insieme agli ospiti sul palco, che io non conosco minimamente. Sono rimasto come un beota con la busta degli alcolici tra le mani, spintonato da tutte le parti, aspettando il momento migliore per stappare la prima bottiglia… ma qui tutti saltano e cantano insieme senza fermarsi… e a me tocca anche far finta di divertirmi per non sembrare un asociale senza senso di aggregazione quale sono. Quando finalmente è terminata quella che questa gente chiama “canzone” e tutta la piazza ha smesso di saltare estasiata, ne approfitto per tirare fuori il cellulare e controllare se Rose mi ha risposto. Sì!
“Qui la tensione è molto palpabile! Riesco a tenere su un discorso, ma l’atmosfera è davvero elettrica! Se continuiamo a guardarci così tutta la sera il padrone del locale ci caccerà fuori a pedate per chiudere la serranda!
Quindi sta andando bene… sono contento per lui, anche se non riesco ad immaginare Mr. Responsabilità immacolata che fa gli occhi dolci a Rose… che diavolo di scena potrà mai essere? Che tipo di faccia disgustosa potrà fare quel Giulio? E Rose come lo guarderà?
Forse si aprirà una leggera fessura tra le sue labbra quasi impercettibile e avrà gli occhi scuri che gli brillano…
 “saresti felice se ti dicessi di amarti?”
… Ma cosa mi viene in mente adesso…? E soprattutto, cos’è questo batticuore? Ah, ho visto troppi film gay, ecco qual è la verità! Stappiamo la bottiglia!
«Lapo, vuoi bere?»
«Oh, shi! Ci pensho io!»
Come un castoro, Lapo ha liberato la sua bottiglia dall’involucro protettivo con i denti, e alla stessa maniera ha tirato via il tappo di sughero, che gli è finito incastrato negli enormi incisivi. «Eccoh!»
Maria ha preso i bicchieri e ne ha distribuito uno ciascuno. Tina non sembra molto contenta di bere il primo sorso.
«Dai Tina, oggi è festa! Dobbiamo bere!»
«Maria, lo sai che poi divento ingestibile… non farmi aggiungere altro!»
“Non farmi aggiungere altro”, eh? Quindi Tina se beve un po’ di più sarebbe capace di fare “questo e quello” con me? È un’ottima occasione per me allora. «Dai Tina, oggi è festa!» meglio insistere, se insisto anche io sarà costretta a cedere per non sembrare asociale come me.
«Uhm… va bene, ma solo un po’!»
Maria gli ha sorriso tutta felice, io non so se il mio viso sta rispecchiando le mie idee confuse: voglio davvero fare un passo avanti con Tina stasera, ma non sono davvero dell’umore oggi. No, non devo pensare così! È la mia grande occasione! Anche se poi Tina non si ricorderà niente, devo farlo per guadagnare punti ai suoi occhi! Com’è che ha detto Rose…? Se può servirmi, mi ubriacherò anch’io!
«Shcusha Thina! Possho farti una domandha pershonaleh?»
Tina con un visetto imbarazzato da cerbiatta abbassa il suo bicchiere: «Sì! Dimmi Lapo!»
«Ma il thuo verho nome è Thina?»
Lapo ha fatto una domanda intelligente, chissà qual è il nome completo di Tina.
Tina ha fatto una risata nervosa, i suoi occhi scuri si sono assottigliati brillanti come sempre: «Posso evitare di rispondere? Il mio nome non mi piace per niente!»
«I-intanto bevi un altro sorso!» ho approfittato del momento per riempire il suo bicchiere fino all’orlo.
«Ehi, ehi! Volete proprio mettermi alle strette stasera? Ivan, ti ho detto che non mi piace bere!»
«M-ma oggi è festa! Guarda, bevo anche io!» Mi sono versato in tutta fretta lo spumante nel bicchiere, facendomelo cadere addosso e risucchiando la schiuma bianca con ben poca grazia. Io e le mie magre figure...
«C-Costantina… mi chiamo Costantina! Va bene?»
Oh, Costantina… capisco.
«E tu? Sei Ivan Ivan o ti chiami Ivano?»
«I-Ivan all’anagrafe.»
«Che sfortuna, tu si che hai un bel nome! Ecco uno dei motivi per cui ti invidio!»
Mi invidia? Ma cosa c’è da essere invidiosi di me? Di avere una madre che va via di casa con uno molto più giovane di lei? Di essere sfigato? È vero che Tina mi ha confidato di non avere un padre… ma a me sembra cresciuta molto bene, è una ragazza solare e piena di vita… vorrei essere io come lei in verità.
Il terreno sotto di noi ha iniziato a tremare ai salti di tutti, al ritmo di una canzone molto famosa, la prima che riconosco. Tengo stretto il bicchiere per non far versare lo spumante, quando Tina poggia la sua mano fredda ed esile sulla mia, sfilandomelo di mano e porgendolo sulle sue labbra e bevendo a grandi sorsi mentre con le lunghe ciglia mi guarda in maniera curiosa. Che le prende? L’alcol le ha già fatto effetto…? Mi ha ridato il bicchiere e mettendomi una mano sulla schiena ha iniziato a saltare e cantare.
Forse dovrei soltanto lasciarmi andare e divertirmi anche io… se solo ci fosse più musica decente… anche Rose non è stato molto fortunato con la location di stasera, quello lì sembrava un locale con DJ, ed entrambi non impazziamo per la musica elettronica, house, che si chiami come la si chiami, la musica moderna da discoteca non rientra nei nostri gusti. Sarebbe così bello andare in un bel piano bar… a Rose farebbe senz’altro piacere… chissà se si sta divertendo. Secondo me tra un po’ si annoierà di certo… cos’avranno mai da dirsi un medico playboy vanitoso ed un ragazzo semplice commerciante? Non hanno interessi in comune...! Forse non c’è bisogno di avere interessi in comune quando ci si vuole semplicemente accoppiare… in fondo che bisogno c’è di parlare quando tra due persone c’è chimica a volontà? Però quest’idea non mi piace per niente… non voglio che Rose si fidanzi con quel verme… spero che l’appuntamento sia un fiasco, o se proprio debbano arrivare oltre… spero che ce l’abbia piccolo e moscio, così Rose non vorrà più vederlo se non per il gatto! Ma a Rose importerà davvero che il verme faccia schifo a letto? Lui che si è accontentato anche di una persona fredda ed insensibile… accidenti a lui, dovrebbe essere un po’ più esigente! Adesso gli mando un messaggio, così controllo la situazione! Oh, ne ho ricevuto io uno da parte sua! Dice: “Accidenti, qui l’atmosfera diventa sempre più delicataaaa!!! MI HA DETTO CHE GLI PIACCIO!!!
Oh merda, si piacciono. 
Ho appena sentito un colpo nello stomaco come se qualcuno mi avesse appena preso a pugni… non credo che sia lo spumante bevuto a digiuno… adesso che faccio? Io uno come quello non lo voglio per cognato… devo pensare… devo pensare! L’ultima buona idea mi è venuta quando mi sono ubriacato, quindi devo ubriacarmi! Ho tirato fuori con foga una bottiglia dalla busta di plastica e ho cercato di aprirla: non si apre, dannazione!
«Ivan, vuoi una mano ad aprirla?»
«Lascia perdere, Tina! Ce la faccio da solo!»
«Non scuoterla in quella maniera, finirai per fare la doccia a tutti e sprecare lo spumante!»
«Mettiti a ballare, stai tranquilla!» il tappo di sughero è schizzato via a tutta velocità colpendo i capelli ricci di Lapo, che sono così fitti che l’hanno fatto rimbalzare e mi è finito sul naso… no! Non devo sprecare questo liquido prezioso! È il mio liquido pensante, mi serve! Mi sono attaccato selvaggiamente alla bottiglia come un assetato, iniziando ad ingerire schiuma e tossendo in maniera ben poco aggraziata, poi ho iniziato a buttare giù grandi sorsi.
«Ivan, che ti è preso all’improvviso? Così finirai per star male!»
«Ivan ha ragione, Tina! Dovresti festeggiare anche tu con lo stesso vigore!»
«Ma lui dopo non deve guidare?»
«Non preoccuparthi, guidho ioh!»
«Guida Lapo, hai sentito? Lasciatemi in pace, devo pensare!»
«Pensare?»
«Sì! Devo riflettere sul nuovo anno che sta arrivando! E dovresti farlo anche tu!»
«Forse hai ragione, bere mi libererà la testa… passami l’altra bottiglia!»
*
«YEEEEEAAH!! YEH! YEH! YEH! YEH!» Restare in movimento mi concilia i pensieri, saltare e festeggiare con tutta la voce che ho mi aiuta a cacciare via rabbia e preoccupazione... IDEA!! É ARRIVATA, FINALMENTE! Bell’imbusto, ti farò vedere io se non riuscirò a renderti questa serata memorabile! Brutto serpente a sonagli,  adesso chiamerò alla tua clinica e ti farò tornare indietro a gambe levate, così metterai giù la tua pelle viscida dal mio Rose! Toh, ho ricevuto un messaggio: “A te come sta andando? Spero non abbia avuto il tempo per rispondere perché ti stai divertendo! Se leggi il messaggio rispondimi!” Vuole che gli risponda… e che dovrei rispondergli? Meglio fare l’indifferente, altrimenti potrebbe scoprire il mio piano! “Tutto bene! L’alcol scorre a fiumi come previsto, sono stracarico! Da te come procede?” Vediamo un po’ se adesso non mi dai una risposta negativa, Rose… rubrica, rubrica… eccolo qui: il numero della clinica del mio pesce all’amo. Giulio Lisbona, detto Mr. Reputazione immacolata: prevedo un bianco capodanno per te! Sta squillando, speriamo in bene…
«Pronto?»
«Pronto? Polizia? Carabinieri? Veterinario? É successa una tragedia!!»
Tina mi ha messo una mano sulla spalla, chiedendo cosa c’è che non va: non è il momento adesso, sono impegnato qui! L’ho rassicurata facendo un gesto amichevole ed è subito tornata a ballare insieme agli altri.
«Qui è la clinica veterinaria Lisbona, cosa è successo?» Che strano, questa non sembra la sua voce… questa voce è troppo sottile per essere quella del lumacone!
«Il mio pesce rosso sta male! É sdraiato a pancia all’aria e galleggia sul filo dell’acqua, che posso fare?? É davvero grave, signor Giulio Lisbona!»
«Il suo pesce sta galleggiando?... Allora è morto... mi dispiace, vi faccio le mie condoglianze... quando torna il dottore gli riferirò l’accaduto.»
Dalla voce sembra il fratello, quel ragazzo esile e intontito come un salame. «Non è lei il dottore? Sto parlando con un incompetente? MI CHIAMI SUBITO IL DOTTORE, HA CAPITO? IL MIO GREGORIO STA MOLTO MALE E HA BISOGNO DI URGENTI CURE, HA CAPITO??» Che mi tocca fare per salvare la serata… ma penso di stare andando bene, dai.
«Lo farò immediatamente, non si preoccupi… ma se lei è sicuro che stia proprio galleggiando non credo che ci sia molto da fare ormai…»
«Sta ancora perdendo tempo a parlare? Chiami subito il dottore ho detto, o la denuncio per omissione di soccorso!» Ho interrotto la chiamata violentemente, inizio a sentirmi lo stomaco sottosopra... ma chi diavolo di dottore lascia un ragazzo di guardia al posto suo, per andarsene tranquillamente in giro a fare il verme con gente ingenua ed indifesa? Bleah, inizio a non sentirmi troppo bene… tutta questa puzza nell’aria mi sta facendo sentir male… c’è gente che si è portata dietro la frittura mista e sta imbrattando di olio tutta la zona… che schifo, meglio uscire da questo casino, prima di fare un macello sui cappotti degli altri.
«N-non mi sento bene, vado a vomitare da quella parte… voi restate qui…»
Maria mi ha guardato con aria schifata: «Stai tranquillo, non ci tengo a vederti vomitare!»
L’ho guardata con molta rabbia, ma ancora poca rispetto a quella che sto covando dentro di me. A spintoni cerco di farmi largo tra la folla esultante, che mi sbatacchia dovunque peggiorando le cose, prendendomi anche delle sonore gomitate un po’ dovunque. Ad ogni passo verso la strada davanti sento un po’ più di pace per le mie orecchie, mentre lo squillo del cellulare diventa sempre più forte. Lo estraggo dalla tasca e leggendo sullo schermo il nome “Rose” sento il mio cuore battere e lo stomaco che continua a rivoltarsi, ma per altri motivi differenti... attraverserò la strada, giusto per avere un po’ di meritata privacy, se non per la chiamata almeno per il vomito imminente. Adesso che sono lontano dalla folla, sento le sferzate di gelo colpirmi la schiena ed il collo, l’orecchino pendente a forma di sole continua a battere incessante sul mio viso come un picchio sul tronco nodoso di un enorme albero secolare.
«Pronto?» Spero che non gli sia successo niente, che mi abbia chiamato solo per dirmi che l’appuntamento è andato male grazie alla mia telefonata strategica.
«Ivan? Sono io!»
Sembra che stia bene, nonostante il tono basso della sua voce: «Perché parli a bassa voce?»
«Sono nei bagni del locale e sai com’è… voglio mantenere una certa discrezione per i miei fatti personali.»
Vuole mantenere una certa discrezione per i suoi fatti personali? É con quel verme da poco più di un’ora e già inizia a ragionare nella sua stessa maniera? Brutto segno.
«Volevo avvisarti che le cose stanno andando davvero bene…!»
«Questo me l’hai già scritto via messaggio… c’è qualcos’altro che devi dirmi? Per nasconderti nei bagni e chiamarmi come una ragazzina dodicenne dev’essere successo qualcosa… forse non sei sicuro di quel tipo perché ha dei tic strani che non sopporti? Ad esempio si tocca sempre la mascella e ti da fastidio?» Ti prego, fa che si metta le dita nel naso e poi spezzi il pane anche per gli altri…
«N-no, non è per questo… ma perché mi parli in questa maniera così rude?»
«Perché? Perché mi sta antipatico e lo sai perfettamente! Ma sono tuo amico e ti voglio bene, quindi farò il tifo per te… adesso dimmi cos’è successo perchè mi stai mettendo solo ansia!»
«…M-mi ha invitato a lasciare il locale e ad andare in un posto più tranquillo… s-sai, per… per stare un po’ da soli, ecco…»
«…» Mi sento come se mi avesse appena investito un’automobile… deve starmi davvero antipatico quel tipo.
«Ah… b-bene…!» Bene un corno… non voglio che Rose si metta con un tipo così…
«…I-immagino ti sentirai nervoso…»
«Sì, ho un sorriso stampato in faccia che non vuole saperne di andarsene… spero davvero che le cose vadano bene stasera!»
Non voglio che Rose guardi quel verme viscido con quel suo sorriso brillante e tenero… con quello sguardo profondo che quando si assottiglia rende il suo viso una morsa per il cuore degli altri…
«…s-sono contento per te… davvero.» Quel tipo gli piace così tanto…?
«Grazie… si può dire che è fatta ormai…no?»
«…M-mh...» Mi sento male… come se un grande masso mi stesse schiacciando… il mio stomaco, il mio petto, la mia gola… sento un continuo martellare…
«A te come sta andando? State bevendo molto?»
«…Mh. Sì, tutto bene… certo! Manca poco alla mezzanotte, ormai! C’è solo da festeggiare d’ora in avanti!» Non so se sto cercando di dare forza a lui o a me stesso… non voglio perdere Rose per colpa di una persona qualsiasi, vuota ed insignificante come quella…
«Scusa adesso devo andare, Giulio è venuto a cercarmi!»
Andare dove…? È perché sei un gay del cavolo che quel Giulio è libero di entrare nel bagno degli uomini quando vuole! E tu non dovevi chiudere la telefonata! Volevo parlare ancora con te… anche di queste cose, ma… volevo sentire la tua voce ancora un po’…
L’agitazione non ha fatto altro che velocizzare la già precaria stabilità che vi era nel mio stomaco. Tossisco con forza, mi fa male la gola, lo stomaco, il petto e anche la testa. Mi sento davvero male, mi sento persino le gambe vacillare, eppure i miei pensieri sono tutti rivolti a Rose.
«Ivan! Ma guardati, sei uno straccio! Non dovevi bere così tanto!»
La voce di Tina mi chiama alle mie spalle… se solo non fossi uscito con Tina… se solo non avessi perso tempo con questa inutile uscita senza senso, avrei potuto fare qualcosa per impedire che le cose finissero in questa maniera!
Il vento è gelido, ma queste lacrime bollenti, che scendono veloci e profonde come enormi solchi roventi, che mi irritano la pelle e mi procurano un grande male alla testa… mi risucchiano le forze, ma rendono la mia lente più limpida, un po’ alla volta.
«Ivan! Perché piangi così tanto? É successo qualcosa?»
La voce chiara di Tina riesce a salvare la mia mente dall’annebbiamento… mi chiede se è successo qualcosa.
Da adesso in poi Rose passerà molto tempo con qualcun altro piuttosto che con me...
Non potrò più essere ospitato in quella casa… in quella casa in cui non faceva entrare nessuno…
Non potrò più osservarlo mangiare, perché ci sarà qualcun altro seduto su quella sedia al suo piccolo tavolino…
Non potrò più scocciarmi del suo continuo parlare d’economia…
Non curerà più le mie ferite con tanta dedizione…
 “saresti felice se ti dicessi di amarti?”  Rivolgerà quello sguardo a qualcun altro...
Le sue mani grandi ed accoglienti saranno per qualcun altro…
… Io… io sto per perderlo.
Mi sono alzato con decisione mentre con le mani intorpidite mi strofino il viso con il fazzoletto conservato finora nel taschino, barcollando.
Tina mi trattiene prendendomi per un braccio: «Stai attento, Ivan!»
Metto a fuoco la strada stringendo gli occhi, dal quale fuoriescono le ultime calde lacrime, pungenti come veleno. Inspiro l’aria gelata di questa notte a pieni polmoni.
«Ti richiamo, Tina. Me ne sto andando.»
«Stai andando già via? Dove vai? Non puoi metterti alla guida, sei ubriaco!»
«Domani vengo a riprenderla.» Le ho lanciato le chiavi della macchina e senza voltarmi mi sono messo a correre più velocemente che posso.
Forse sono ancora in tempo per cambiare le cose.

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Capitolo 40
*** Il peggior amore della storia contemporanea ***


Ho iniziato a correre a perdifiato componendo il numero del servizio taxi.  Mi ha risposto la voce tranquilla di un uomo con l’accento napoletano, chiedendomi dove potesse venire a prendermi... come faccio a dirgli dove sono se mi sto muovendo attraverso la città? Cercherò di parlargli, seppure in maniera affannata… tra non molto dovrei arrivare davanti ad una fermata dell’autobus, gli dirò di incontrarci lì. Il tassista mi ha assicurato che arriverà in fretta, quindi meglio accelerare il passo.
Quando sono arrivato alla fermata, il taxi era lì che mi aspettava: ci sono salito e mi sono accasciato sul sedile, facendo dei profondi respiri affannati dalla corsa.
«Dove ti porto?»
Con il cuore in gola e la mente appannata dalla fatica, cerco di pensare a dove andare. Sarà ancora al locale? O avranno già preso il volo? Devo controllare subito al locale, non è tardi, posso fermarli in tempo…! Ho comunicato al tassista la destinazione,cercando nell’elenco delle chiamate Rose: lo chiamerò. Devo chiamarlo adesso, devo fermarlo o ritardare qualunque cosa… è irraggiungibile, dannazione! È irraggiungibile… forse perché è ancora in quel locale, non credo che il telefono prenda bene in un luogo in cui si va a ballare in un sotterraneo… forse ce la faccio. Mamma di Rose che sei in cielo, fai in modo che riesca a fermarli in tempo... per favore mamma di Rose, devo bloccarli a tutti i costi.
Arrivati davanti al locale ho pregato il tassista di non andarsene e sono uscito fuori, facendomi colpire da un gelida sferzata di vento, cercando Rose tra i numerosi gruppetti di ragazzi fermi davanti all’entrata a parlare. Dov’è… dove sono…? Rose? No… qui fuori non ci sono… li cercherò dentro, forse si sono imboscati in qualche angolino del locale o nei bagni come degli sporcaccioni! Sono entrato aprendo la porta con troppa energia, facendola finire addosso ad un gruppetto di zitelle ubriache, che mi hanno urlato contro in maniera poco civile… qui dentro c’è un odore nauseante di alcolici. I piccoli fasci di luce colorati si muovono con troppa velocità, non riesco a vedere bene… ci sono tante facce qui, mi faccio largo tra le persone, ascoltando distratto derisioni al mio aspetto malconcio. Non c’è… non lo vedo… chiederò al barista! «Ciao! Hai visto un ragazzo alto, molto bello, con i capelli biondi pettinati all’indietro? Era con un ragazzo bruttarello, con i capelli scuri, la mascella grande e un po’ storta… con uno che sembra un serpente, l’hai visto? Li hai visti o no?»
«Sì, li ho visti…  sono venuti qui al bancone e hanno bevuto due o tre drink molto lentamente… se ne sono appena andati! Dovresti averli incrociati fuori, se vieni dalla strada che porta alla cattedrale!»
Io vengo dalla parte opposta! Quindi se ne sono appena andati? Allora faccio in tempo! Mamma di Rose, stammi accanto ancora un po’, per favore! Ti prometto che dopo non ti darò più fastidio! Sono tornato al taxi come una furia, pensando a dove possano essere andati: a casa del verme? O a casa di Rose? Mi sono stretto una mano al petto, sono troppo teso ed agitato… ho cercato di fare un respiro profondo e ho chiesto al tassista di andare a casa di Rose, chiedendogli di fare presto.
Durante la corsa, il tassista continua a parlarmi, ma non riesco a sentirlo… riesco solo a pensare al peggio, l’unica cosa che sento sono i battiti del mio cuore che echeggiano dovunque.
Arrivati davanti al condominio, noto il portone socchiuso e la luce interna accesa: potrebbero essere appena entrati, se quello che ha detto il barista è vero! Consegno i soldi al tassista e corro a perdifiato sulle scale del portone, trascurando il fatto che è dotato di ascensore. Ad ogni rampa di scale le mie gambe si fanno sempre più deboli e tremolanti, cado, scivolo un paio di volte dalla cima della rampa, facendomi male alle ginocchia… stringo i denti e mi aggrappo con forza alla ringhiera, riuscendo infine a raggiungere il pianerottolo giusto.
Senza pensarci un momento inizio a suonare il campanello come un forsennato, richiamando l’attenzione di Piero che inizia a schiamazzare dall’interno del bilocale.
«Rose!! Rose, sono io! Sono Ivan, apri!» Perché non vuole rispondere? Non vuole essere disturbato? O non mi sente perché è troppo indaffarato? O forse lui vuole rispondermi, ma quel viscido non glielo lascia fare…?! «Rose, se ci sei batti un colpo!! Ma non quel senso, Rose! Fermati, fermati!! Non puoi farlo, Rose!» Inizio a sbattere i pugni sulla porta cercando di richiamare l’attenzione: «Cioè… tecnicamente puoi farlo, ma non puoi farlo! Hai capito? ROSE, APRI SUBITO QUESTA PORTA!! APRI! NON FARMI ARRABBIARE! SONO MOLTO ARRABBIATO, QUINDI APRIMI ADESSO FINCHÉ TE LO CHIEDO GENTILMENTE!»
Ma quale arrabbiato… sono così stanco… mi lascio scivolare sul pavimento, privo di energie, appoggiando la testa sulla porta, mentre la vista si offusca e la mente si appanna, come svuotata.
Probabilmente non sono ancora arrivati… visto che è sicuro che sono fuori dal locale, adesso proverò a chiamare Rose al telefono.
Il cellulare risulta spento. Sarà a casa di quello, immagino… e immagino il motivo per cui abbia spento il cellulare…
«Ah… sniff…» Sono arrivato tardi. «…gh…» Ormai è troppo tardi… per fermare le cose.
Queste lacrime sono bollenti e bruciano la mia pelle ad ogni millimetro che percorrono verso il basso… ma non faranno mai più male del mio cuore in questo momento.
 
*
Il cellulare sta squillando…
Con la testa che mi pulsa di dolore, ho faticamene aperto gli occhi stanchi, riscoprendomi ancora seduto sul pavimento davanti alla porta di casa di Rose. Ho brividi di freddo e ho male alla gola… ho pigramente preso il telefono tra le mani e ho risposto con un filo di voce, senza nemmeno leggere il breve nome apparso sullo schermo.
«Nh… p-pronto…?»
«Ivan, sono Anna! Come sta andando la serata?»
Ah, è Anna… la serata… «…Nh…uno schifo…»
«Uno schifo? Perché? Non ti stai divertendo? É successo qualcosa? Hai la voce strana… è successo qualcosa, vero? Oh Maria Vergine, non sei all’ospedale, vero? Dove sei adesso?»
Mi sono messo a piangere silenziosamente… non so perché… «…V-voglio tornare a casa… s-sono a casa di Rose… sniff… ngh…»
«Ah, sei con Rosemund? Ma allora perché stai piangendo?»
«…M-mi puoi venire a pr-prendere… p-per favore…?»
«É successo qualcosa? Mi spaventi…!»
«…S-sto bene… sto b… bene…» Sono scoppiato a piangere. Mi sento così solo… mi sento arrabbiato… deluso, ferito… voglio andare a casa! Ma non posso nemmeno lamentarmi di questo, perché non posso neanche tornarci in quella che era casa mia! E se anche ci tornassi sarebbe soltanto peggio, quella casa è così grande e non c’è nessuno… al massimo ci trovo mamma a letto con Lorenzo! Non mi va bene niente! Niente!
Sono rimasto a piangere, raggomitolato nel mio angolino tremante di freddo ad aspettare che questi infiniti minuti scorrano velocemente… finché non è arrivata Anna, accompagnata dalla figura alta del signor Gennaro. Non riesco a mettere bene a fuoco… i miei occhi sono troppo stanchi.
«Ivan, che ci fai seduto lì per terra??»
«Riesci ad alzarti?»
Il signor Gennaro ha una voce gentile. Appoggiandomi al muro mi do lo slancio per tirarmi su, ma le gambe hanno un cedimento. Il signor Gennaro mi ha afferrato prima che sbattessi il viso sul pavimento… faccio così pena da non riuscire nemmeno a reggermi in piedi… «C-ce la faccio…» ho teso la mano verso il braccio atletico di Gennaro, ma la mia presa non è ben salda.
«Non preoccuparti, ci penso io.»
Gennaro mi ha afferrato e preso in braccio, sorridendomi gentilmente con le sue labbra sottili. Ha gli occhi molto chiari. «Serataccia, eh? Andiamo adesso.»
Gennaro si è incamminato per le scale, mentre stringo al limite del possibile i pugni sul suo cappotto pesante e caldo. Mentre mi lascio trasportare sulle sue braccia vedo l’ascensore in funzione: chissà se è Rose che sta rientrando… ma se anche fosse lui, ormai è troppo tardi per fermare qualcosa che è già successo… e poi non voglio che mi veda in questo stato.
Mi sono sentito rincuorato sentendo con quanta cura il signor Gennaro mi ha disteso sui sedili posteriori della sua auto e ha usato il suo cappotto per tenermi al caldo… questo tepore profuma di forno a legna. Il dolce oscillare della vettura mi fa chiudere gli occhi, mi rilassa… vorrei dormire.
«Ivan, siamo arrivati!»
Ho aperto pigramente gli occhi. Ma non li avevo appena chiusi? Siamo già a casa? Ho alzato il busto mettendomi a sedere con un lampo di dolore alla testa.
«Ce la fai a camminare?»
Ho annuito intimidito, camminando a braccetto con Anna. Nonostante sia preoccupata, non mi ha ancora fatto nessuna domanda. Una volta rientrati, mi costringe ad infilarmi sotto le coperte e a misurare la temperatura.
«Dì la verità Ivan: tu non hai mangiato niente stasera, vero?»
«…No… ma non me la sento di mangiare.»
«Sciocchezze, adesso ti faccio un bel brodino caldo! Resta a letto, sarò da te tra cinque minuti!»
Anna ha lasciato la porta aperta ed è andata a passo svelto in cucina. Riesco a sentire la sua voce e quella di Gennaro mentre dialogano, e anche se non capisco le parole, so che lui sta cercando di rassicurare Anna, che si preoccupa sempre per me.
Dov’è l’orologio? Mi chiedo che ore siano… oh, sono le due e dieci… è già l’anno nuovo.
«Ivan, ecco il brodo caldo! Dammi quel termometro adesso…»
Anna ha appoggiato il vassoio con il piatto sulla scrivania e osservando il termometro ha fatto una smorfia seccata.
«Hai trentotto e mezzo di febbre… mangia tutto, così potrai prendere le medicine.»
Con dolcezza mi ha fatto una carezza sulla testa e ha poggiato il vassoio sulle mie ginocchia, porgendomi il cucchiaio: l’ho stretto ben saldo nella mano, ma proprio non me la sento di mangiare.
«Non so cosa sia successo con Tina e Rosemund, ma devi sforzarti di mangiare, altrimenti non potrai prendere la medicina.»
Ho cercato di dischiudere le labbra per sforzarmi di mangiare, ma queste, di ripicca hanno iniziato a tremare e i miei occhi hanno iniziato a riempirsi ancora una volta di lacrime: li ho strofinati con il dorso della mano, non riuscendo a placare questa improvvisa agitazione che provo.
«…I-io… io non… io non sono gay, Anna…»
«Mangia, su.»
Ho portato tremante il cucchiaio alle labbra, sentendo il caldo sapore del brodo.
«…Q-quando guardo Tina… io non capisco più niente…» mi sono voltato a guardarla, con il cuore in gola: Anna resta in silenzio e mi ascolta, con i suoi occhi gentili, concentrata sulle mie parole. «… Allora perché mi sento così…?» Vivaci, le lacrime hanno iniziato a rigarmi le guance senza tregua. «Mi sento il cuore andare in mille pezzi e ho i crampi allo stomaco! Allo stesso tempo penso che Tina sia sexy e bella… ma stasera sono diventato così geloso all’improvviso… è stato più forte di me, ho lasciato Tina da sola in mezzo alla strada e sono corso da lui… che mi sta succedendo? Cos’ho che non va??»
«Non hai niente che non va, Ivan. Ti sei semplicemente innamorato.» Mi dice questa frase sorridendo in maniera così amorevole, eppure mi sembra come se mi abbia appena lanciato contro una pietra.
«Non fare quell’espressione stupita… può accadere. Tina ti può piacere, ma è di Rosemund che sei innamorato... vino veritas, Ivan: non dimenticarlo. Adesso devi solo accettare che le cose stanno così.»
«……» Sento la mia testa girare vorticosamente in preda a mille domande, a mille punti interrogativi senza risposta. Continuo a non capire, non capisco. Se quello che dice Anna è vero, com’è successo che le cose siano andate a finire in questa maniera…?
«…N-n-non è possibile… io e Rose ci siamo appena promessi amicizia eterna… ero così sicuro di quello che dicevo…»
«Probabilmente la risposta a queste domande è solo dentro di te, Ivan. Io non posso fare molto altro a questo punto… certo, posso coccolarti, prepararti da mangiare… ma non posso dare delle risposte per te. Sei tu che devi accettare la realtà adesso.»
«Ma io e Rose siamo sempre stati migliori amici! NIENT’ALTRO!»
«…Io ho visto una luce nel tuo sguardo mentre eri con lui... che ho visto davvero poche volte nella vita. Ma è un tipo di luce che si riflette solo negli occhi della gente che ama.»
Anna si è alzata dalla sedia tra la scrivania ed il letto dandomi un bacio sulla fronte, accarezzandomi con amore: «Ti lascio riposare adesso. Prendi le tue medicine prima di dormire.» sorridendomi con affetto, mi ha lasciato solo nella stanza con una marea di pensieri confusi e poco chiari nella testa.
Anna mi ha detto “vino veritas”…
Adesso che ci penso, tutte le volte in cui ho bevuto, sono accadute delle cose strane tra me e Rose. Ogni volta in cui bevevo, il mio cuore si è spogliato di tutte le mie corazze, è diventato fragile e vulnerabile, e si è pian piano avvicinato a Rose. Sotto l’effetto di alcol l’ho sempre cercato… creando dei ricordi importanti, stringendolo tra le mie braccia… l’ho persino baciato.
E poi c’era sempre quella strana atmosfera tra di noi… è Rose che mi guardava sempre in maniera ambigua, tant’è che all’inizio credevo che si fosse innamorato di me. Intanto io come uno stupido mi sono lasciato completamente stregare dai suoi occhi profondi… occhi da cui non ho mai capito niente: non capisco… più cerco di rifletterci meno riesco a capire i suoi comportamenti. Mi ha sempre detto delle frasi o fatto gesti a doppio senso… ogni qualvolta è accaduto qualcosa di strano tra di noi, qualcosa che ci ha avvicinato sempre più… lui ha improvvisamente fatto un passo indietro, l’ha sempre fatto.
Adesso che sto con fatica cercando di farmene una ragione ad accettare questa cosa bizzarra… mi rendo conto che il problema qui sono soltanto io.
Mi imbarazza anche solo pensarlo, ma… sono io che mi sono lasciato catturare dal suo fascino… per lui io no sono mai contato nulla di più di un amico.
Il giorno della vigilia di Natale anche se per sbaglio, ci siamo baciati, ma lui dopo un primo momento di imbarazzo è rimasto quasi impassibile, è riuscito solo a pensare al suo ex dal cuore di pietra, ad un tipo che non potrebbe essere più diverso da come sono io.
“Anche adesso saresti felice se ti dicessi di amarti?”
“Sto scherzando, è ovvio che ne saresti contento! Sei il mio migliore amico!”
Perché mi ha fatto quella domanda? Quella domanda che ha buttato giù così, che ha ritirato subito lavandosene le mani con una risata… quella maledetta domanda che mi ha fatto pensare così tanto… quella domanda da quel giorno è diventata come un campanello d’allarme inconscio per me: ogni volta in una situazione ambigua, mi è ritornata in mente come se volesse farmi un dispetto, e che adesso risuona come una condanna.
Se questo è davvero amore… è sicuramente il peggior amore della storia contemporanea: pur non piacendomi i ragazzi, sono finito per innamorarmi del mio migliore amico gay, per il quale non sono nient’altro che un buon amico... e adesso mi toccherà persino essere il suo confidente nella sua storia con quel rompicoglioni di veterinario, che me lo metterà contro e che alla prima occasione lo tradirà senza pietà.
Che schifo… sono destinato a rimanere da solo… non mi ha mai voluto nessuno e nessuno mi vorrà mai… d’altronde potrei capirlo, come faccio a farmi accettare dagli altri se persino mia madre mi ha ripudiato?
Mi sento così solo e triste stasera… e l’unica che persona che potrebbe fare qualcosa al riguardo è l’ultima che starà pensando a me… sarà troppo impegnato a darsi da fare con quel schifoso maiale in calore.
Tra un singhiozzo e l’altro ho finito la minestra e mi sono infilato sotto le coperte, accompagnato da un fidato mal di testa, dai simpaticissimi brividi di freddo e dai generosi crampi allo stomaco.

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Capitolo 41
*** Ricominciare da zero ***


Sono andato a casa di Ashley per prendere del tè e per farmi raccontare le storie d’infanzia di Rose. Adesso lei è andata a preparare le cose in cucina, intanto continuo a guardarmi intorno incuriosito, osservando i quadri all’uncinetto appesi alla parete. Mentre sono concentrato ad osservare il ricamo fatto a mano sulla tenda che dolcemente si lascia cullare dal vento, sento il miagolio di un gatto: è il gattino dal pelo rosso di Ashley, mi guarda e  continua a miagolare, come se mi stesse chiedendo di seguirlo. Mi sono alzato dalla sedia e ho camminato a piccoli passi, seguendo la traiettoria ancora incerta del gattino, che mi conduce verso un’altra stanza socchiusa nel quale si infila scodinzolando, lasciando una piccola porzione di spazio che mi consente di guardare al suo interno.
Sul letto è seduto Rose, senza maglietta. La sua pelle è liscia e ha un bel colore caldo. I fili biondi dei suoi capelli sottili sono spettinati, cadono giocosi sulle ciglia lunghe, cornice perfetta per il blu dalle mille sfumature dei suoi occhi profondi. La linea del suo naso è armoniosa e le sue labbra hanno una forma molto dolce e definita allo stesso tempo, sono carnose e hanno una tonalità forte: sono davvero attraenti.
Rose ha voltato il viso verso un’altra direzione: il suo profilo è arte allo stato più puro, la linea della sua mascella ha uno schema perfetto.
C’è qualcuno? Sembra che ci sia qualcun altro in questa stanza.
L’altra figura si è avvicinata a portata d’occhio: quel viso… occhi scuri, capelli bruni… il classico belloccio all’italiana: Giulio Lisbona. Che diamine, quel verme ha un corpo di un gladiatore romano: è completamente ricoperto di muscoli, ha una vita stretta e ha dieci tasselli di addominali...! Si sta sfilando i pantaloni… ha delle gambe davvero muscolose e definite, non si direbbe che sia un veterinario. Assottigliando gli occhi scuri, si è avvicinato a Rose, cingendolo alla vita e baciandolo.
Ho sentito una fitta al petto.
Rose, tutto questo non può piacerti… vero? Anche la lingua, no, no!
NO!
Mi sono alzato di scatto dal letto, affannato. È stato solo un sogno… anzi, un incubo! Un lungo brivido mi ha percorso la schiena, mentre mi sfrego le braccia con le mani, lanciando un’occhiata all’orologio: segna le dieci. È già giorno… ed io ho passato una nottataccia terribile: ho avuto i crampi allo stomaco tutto il tempo, ho consumato tutte le mie lacrime, ho dormito pochissimo –e solo per merito dell’effetto delle medicine – e ho persino sognato quei due avvinghiati come delle anguille!
Non è davvero un bel modo per iniziare il nuovo anno… com’è che si dice…? Quello che vuoi fare tutto l’anno, fallo nel primo giorno dell’anno? Se è davvero così allora mi aspetta un anno fantastico. FANTASTICO, davvero!
Dovrei controllare il cellulare, ma… non so se sono sufficientemente pronto a farlo. Insomma, so perfettamente cosa aspettarmi, ma avere la conferma ufficiale da Rose mi preoccupa molto… per prima cosa farei bene a darmi una sistemata e a fare colazione.
Dopo aver passato molto tempo davanti allo specchio ad osservare le grandi fosse nere sotto i miei occhi sono andato in cucina, dove Anna mi ha baciato porgendomi un’enorme tazza da latte a forma di rana.
«Hai dormito bene?»
«…No.»
«Mangia tutto, io intanto vado a prendere il termometro! Ah, ha chiamato tuo padre al telefono prima! Non  mi avevi detto che avevate in programma di vedervi oggi per pranzo!»
«…Scusa, non ho fatto in tempo.» Piuttosto che non aver fatto in tempo, ero troppo preso da altro… ah, che vergogna! Mi sono piegato sul tavolo, nascondendo il viso rosso tra le braccia: devo ancora abituarmi a questa condizione.
«Mangia tutto, così puoi prendere le medicine!»
Ho aspettato di sentire i passi di Anna allontanarsi prima di sollevare la testa: forse farei meglio a controllare il cellulare mentre faccio colazione. Ma quanta roba da mangiare ha tirato fuori…? Devo davvero sembrarle pietoso… beh, direi che una volta tanto posso lasciarmi coccolare un po’, prenderò una brioche: mentre la immergo lentamente nel latte, do un’occhiata alle chiamate perse: ce ne sono due da mio padre, tre da Ashley, una da Giulia? Chissà che vorrà… poi ce ne sono un altro paio dal signor Simon e cinque da parte di Tina... e nessuna chiamata da Rose. Però ho ricevuto dei messaggi… il primo dice:
“Buon anno! Ho provato a chiamarti tante volte, ma non mi hai risposto, evidentemente stai ancora dormendo… siccome ho da fare più tardi ho deciso di lasciare la tua macchina parcheggiata davanti scuola! Non dimenticarti che dobbiamo finire il nostro compito insieme! Ne approfitto per rinnovare l’invito alla mia festa di compleanno! Tina ♥”
Mi ha lasciato la macchina davanti scuola… direi che va bene per il momento. Questo cuoricino qui mi fa davvero piacere. Leggiamo l’altro messaggio: è dal signor Simon!
“Buon anno nuovo Ivan! Mangiato bene? Digerito bene? Dormito bene? Io, mia moglie e Sophia Loren (la gattina) ci metteremo in viaggio per tornare al nostro paesino di campagna alle dieci di questa mattina! È stato davvero bello passare il Natale insieme e non vediamo l’ora di rivederti! Mi raccomando non litigare con nessuno e rimani sempre un buon amico per Ashley e Rose… a proposito, fai in modo che si trovino dei bravi ragazzi, non mi piace vederli soli e tristi! Ti vogliamo bene, Simon e Miriam!”
Oh… sono le dieci e mezza ormai, credo che siano già partiti… mi dispiace, avrei davvero voluto salutarli. Non posso certo garantire per quello che il signor Simon mi ha chiesto su Rose, ma potrei cercare di fare qualcosa per Ashley… anche se per Rose e Mr. Reputazione-immacolata potrei cercare di dividerli… no, non sarò così perfido… non voglio più essere una cattiva persona, ho già fatto abbastanza casini in famiglia, facendo andare via di casa mia madre… no, sarò un bravo ragazzo d’ora in poi. Per prima cosa niente più alcolici: da non berne affatto ho iniziato ad ubriacarmi un po’ troppo spesso ultimamente, e non va bene. No: niente più alcolici, mai più. L’ultimo messaggio è… di Rose! C’è anche un allegato immagine… ho paura ad aprirlo, non vorrei trovarmi davanti ad una fotografia di coppia, abbracciati come dei fidanzatini di dodicenni…! Ah, quel brutto sogno mi è tornato in mente… che schifo, no! Ma era solo un sogno… no? D’altronde a me non è sembrato che il veterinario fosse così ben messo a muscoli quando l’ho visto nell’ambulatorio l’altra volta… o forse lo era? Non ci ho fatto caso, ero così preso dalle sue parole di scherno che non gli ho guardato la muscolatura…
*Splash!*
La brioche mi è caduta nella tazza… che sfortuna. Ma che cavolo, quando sono nato in ospedale sul davanzale della finestra si è posato un avvoltoio o qualcosa del genere?
«Ivan, siccome non volevo svegliarti ho fatto a meno di usare l’aspirapolvere: lo accendo adesso, va bene? Qui ti lascio il termometro e le medicine… non hai bevuto ancora il latte? Mangia, su! O mi deperisci così! E non è che tu abbia su molta carne o muscoli…»
«Sì, mangio, mangio.» Ho dato un morso alla brioche: è senza farcitura, anche se sulla confezione c’è scritto che sono ripieni di marmellata alla ciliegia! Non ci posso credere! Ho beccato l’unica brioche senza il ripieno! Ma sono davvero così magro…? Sì che lo sono… e in più ho anche due enormi borse sotto gli occhi: sembro uno zombie. Forse è perché sono così brutto che Rose ha finito per innamorarsi di Mr. Reputazione-immacolata invece di innamorarsi di me… “invece di innamorarsi di me”? Sono impazzito del tutto? Aaaahh, sono completamente cotto di lui…! Come ho fatto a non rendermene conto prima d’ora? Sono stupido due volte! Anzi tre! Il rumore dell’aspirapolvere mi spaventa, facendomi sobbalzare dalla sedia. Oh, già… devo leggere il messaggio di Rose! Spero solo che invece della foto di coppia mi abbia mandato la foto di Piero da disegnare…
“Buongiorno! ♥”
Sembra contento… brutto segno. Scorro con l’indice per vedere l’allegato immagine. Un primo piano del viso di Rose affiancato dal piccolo Alastor mi si presenta davanti, luminoso e qualitativamente ottimo: ha il mento poggiato sul tavolo, in prospettiva all’obiettivo della camera. I suoi occhi sono grandi, pieni di armonia e luminosi, nel quale si vedono le tante sfumature di blu e dei piccoli raggi azzurri. Sta sorridendo sereno e felice, con gli angoli delle labbra rosee distesi. La guancia dalla pelle liscia e luminosa è accarezzata dalla coda del piccolo Alastor, grigio e in piedi sulle zampe.
É davvero molto bello…
Mi è scivolato il cellulare, finendo nella tazza ancora piena di latte.
«Ivan, vuoi finire quel latte si o no? Altrimenti conservalo!» Anna sembra un po’ irritata. Mi affretto a prendere il cellulare – o quello che ne rimane – dandogli uno sguardo per controllare che sia tutto al suo posto, finendo nuovamente con gli occhi sulla fotografia di Rose. Anche se ci sono altissime probabilità, probabilmente il 99,9% che abbia passato la notte a fare numeri da circo con quel viscido verme maniaco, questo cuoricino che mi ha inviato è tutto per me. Sorrido, portandomi la tazza alle labbra, sperando che la fotografia l’abbia scattata appositamente per mandarmi il buongiorno. O forse quel verme era dall’altra parte della camera? Però dall’inquadratura sembra che abbia poggiato la macchina fotografica sul tavolo, quindi dovrebbe essere rimasto solo in casa adesso… sempre che sia una foto appena scattata! Potrebbe avermi benissimo inviato una di quelle vecchie che aveva nell’archivio perché era troppo occupato a farsi le coccole mattutine post-circo! No, no, no! Non devo pensarci! Non devo, mi fa male! No! Ah, mi è tornato in mente il modo in cui si baciavano nel mio sogno… non devo pensarci, non devo pensarci… ho iniziato a darmi piccoli colpi sulla testa sbattendola sul tavolo di legno.
«Che stai facendo adesso…?»
«Eh? Cosa? N-niente!»
«Ti sei rimbambito del tutto?»
«Eh?» Cosa sono queste parole? Dov’è finito l’amore di ieri sera? Me lo sono sognato?
Anna si è messa a ridere di gusto: «Sì, sei proprio andato! Che carino, il mio Ivan sta crescendo così bene!»
Mi sta prendendo in giro!?
«Misurati la temperatura, scemo.»
Aspetterò un po’ prima, altrimenti rischia di arrivare a quaranta gradi. Per prima cosa meglio mettere via il cellulare, altrimenti rischio di fissarmi troppo su quella foto. Però dovrei rispondergli… “Buongiorno” andrà benissimo. Però non sembrerò troppo freddo? Ma se sembro troppo contento potrebbe pensare che me la sia spassata con Tina…
…Un momento.
LUI PENSA, che io me la sia spassata con Tina. Lui non sa niente di quello che provo. Come dovrei comportarmi adesso? Dovrei dirgli che è andato tutto bene? O che è andata bene, ma non benissimo come organizzato? Vorrei davvero dirgli che con Tina non è successo proprio un bel niente, ma… se poi glielo dico e lui mi risponde che invece si è divertito come un matto, che figura ci faccio? “Buongiorno a te! Com’è andata?” così andrà bene: non mi sbilancio e lascio iniziare lui… così posso regolarmi sulla risposta da dargli. Mi ha risposto, mi sta venendo la tachicardia…! Sarà un duro colpo, ma dovrò fare i conti con la realtà prima o poi.
“Caldo e passionale, ma anche molto dolce. È stato davvero fantastico.”
…Mi aspettavo un duro colpo, ma non che facesse così male... dannazione, è successo davvero, quei due sono finiti a letto… e non solo nei miei incubi.
“É stato fantastico”, dice lui… vorrei proprio sapere quanto! Rose ha degli standard davvero bassi, dovrei togliere un po’ di percentuale a tutte le sue affermazioni! Innanzi tutto quel Giulio Lisbona non è tutta questa bellezza, poi è presuntuoso e antipatico… come ha osato scrivere “ma anche molto dolce”? QUELLO LÌ? Ma dove?? Almeno non mi ha mentito quando mi ha detto di avere un pessimo gusto in fatto di uomini… ma come si fa dico io? Schifa tanto la barba e poi si va a mettere con un tizio che ce l’ha… ma la coerenza dov’è finita? È come quando fa le cose e poi si tira indietro all’improvviso… ci sono davvero delle cose di lui che non riesco ancora a capire. Ma con il nuovo anno dovrà mantenere le sue promesse: mi ha detto che voleva diventare un amico migliore ed io non perderò occasione per interrogarlo sul suo passato. Magari se riesco a scavare in fondo al suo animo riesco anche a convincerlo a lasciar perdere quel serpente a sonagli. A proposito, dovrei rispondergli…
“Tina ha davvero delle labbra fantastiche! Non ci sono andato a letto ma c’ero davvero vicinissimo… sembro un idiota stamattina, dovresti vedermi!”
Non ho mai detto bugie a Rose, ma ho sentito il bisogno di sopprimere la verità. Rose non deve sapere cosa mi sta succedendo, soprattutto non adesso che sta cercando di stabilizzare la sua vita sentimentale… per quanto non sopporti quell’individuo.
Però è vero che stamattina sembro un idiota… tra un paio d’ore devo pranzare e sono ancora in pigiama con la tazza di latte davanti.
Un brevissimo suono vivace proveniente dal cellulare mi segnala l’arrivo di un altro messaggio. Devo spegnere quest’affare infernale, portatore di cattive notizie! É un messaggio da Rose:
“Mi piacerebbe davvero tanto vederti, ma devo incontrarmi con Giulio per pranzo. Ci sentiamo presto!”
Ho lanciato il cellulare sul tavolo con ben poca grazia, preso da un isterismo momentaneo. Tra poco urlo, giuro. Ho fatto due grandi sospiri per cercare di calmarmi, prendendo il cellulare e rimuovendo la batteria: almeno non avrò più cattive notizie se lo lascio spento.
Ho misurato la temperatura e mi sono rifugiato sul sofà, con la coperta pesante addosso, a guardare dei documentari, di tanto in tanto ripensando a Rose e mandando giù pesanti ed indigesti bocconi amari. Verso l’ora di pranzo, Anna mi ha chiamato al telefono: «Ivan, è tuo padre! Dice che ha provato a rintracciarti al cellulare, ma senza risultato!»
Con la coperta avvolta sulle spalle ho raggiunto il telefono, provando felicità e dispiacere allo stesso tempo: avevamo promesso di incontrarci per pranzo, ma sono bloccato in casa con la febbre.
«Ivan, ti sei alzato dal letto a quest’ora? Vergognati! Cosa ti avevo detto ieri sera? Di stare attento!» La sua voce mi rimbomba nelle orecchie ripercuotendosi per tutta la testa, come se non fosse già abbastanza dolorante per conto suo.
«Sono sveglio da un po’, è che… n-non sto molto bene stamattina… ho un po’ di febbre…»
«Perché non sei stato attento come ti avevo detto! Insomma, cosa sei, un bambino delle scuole elementari? Ti ammali sempre per delle sciocchezze! Non ti muovere, ti raggiungo immediatamente!» Ha riattaccato. Non mi ha lasciato il tempo di replicare… ma sono davvero contento che si sia preoccupato: voglio davvero vederlo e passare un po’ di tempo con lui... però adesso sarà meglio vestirsi, se mi faccio trovare in pigiama non sarà più così bello vederlo…! Sono corso nella mia stanza iniziando a frugare in giro: sembra il guardaroba di Paperino… vorrei proprio sapere quanti maglioni tutti uguali ho! Sono davvero così spilorcio? E mi sono persino permesso di fare la critica a Rose, sono davvero una persona confusa dentro… prendo questo straccio color verdone, sembra abbastanza caldo: a guardarlo bene è davvero uno schifo di maglione, lo credo bene che me ne hanno venduti tre al prezzo di due!
Mio padre è arrivato presto, portando con sé tre buste della spesa abbastanza colme di roba da mangiare e di medicine, poggiandole sul tavolo con ben poca grazia.
«P-papà, che… q-quanta roba hai portato…?»
«Devi mangiare cibo sano e prendere le medicine! Fa’ vedere la fronte!»
Mi sono avvicinato incerto verso di lui, che con una manata mi ha coperto la fronte, cercando di capire in che condizioni sono: mi sento imbarazzato, non ho mai avuto momenti del genere con mio padre da quando ho superato la prima media.
Intanto Anna ha dato uno sguardo nelle buste, sbuffando irritata: «Mi scusi signor Francesco, io do solo cibo sano ad Ivan! Mi offende se porta qui tutta quella roba, sa?»
«Non è certo per offenderti! Sono le verdure per Ivan, per preparare un buon minestrone fresco fatto in casa! Ti ho portato anche le medicine!»
«P-papà… avevamo deciso che saremo usciti, invece sono bloccato a casa con la febbre… s-scusa…»
«Se vi fa piacere, restate qui a pranzo. Così Ivan si manterrà al caldo e potrete passare del tempo insieme.» Entrambi ci siamo voltati verso Anna: il suo sorriso è sempre pieno d’amore, non importa cosa succeda. «Io andrò al ristorante con le mie amiche.»
«Stai scherzando? Non mi permetterei mai di farti andare via dalla tua stessa casa! Questa è casa tua e ci rimani, non voglio sentire pretesti!»
«Papà ha ragione, Anna! Non voglio che ti metti sempre da parte!»
Papà ha poggiato una mano sulla spalla di Anna: «Anna, tu sei una di famiglia. Non voglio sentire queste brutte cose. Sarò anche un vecchio orso antipatico e altezzoso, ma non mi sono certo dimenticato di chi ha badato ad Ivan mentre ero preso dal lavoro tutto il giorno.»
A queste parole gli occhi castani di Anna si sono riempiti di luce: «Oh… ho fatto solo il mio dovere, io ero la sua tata…»
«Non sei stata solo una tata per me e dovresti saperlo.» Mi sono lasciato sfuggire quest’affermazione a doppio taglio preso dai profondi sentimenti d’amore che provo verso di lei. Allo stesso tempo mi è tornata alla mente la figura di mia madre, così altezzosa ed insopportabile, ma che nonostante tutto riesce a trascinare con sé un senso di vuoto e tristezza. L’atmosfera si è fatta pesante e silenziosa, probabilmente stiamo tutti pensando alla stessa cosa… ho davvero straparlato stavolta.
«Allora inizio a preparare il minestrone! Signor Francesco, si metta a suo agio!»
«Grazie.» Papà ha abbassato lo sguardo, sospirando deciso: ha un carattere molto chiuso e non esprime mai chiaramente i suoi sentimenti, quindi non riesco davvero a capire cosa gli frulli per la testa.
Anche io sono molto chiuso, ma quello che provo me lo si legge in faccia: è anche per questo che spesso risulto antipatico, perché rifiuto chiunque solo con lo sguardo, non lascio mai che la gente mi si avvicini. Anche se ultimamente le cose sono davvero cambiate: grazie all’amicizia con Rose mi sono aperto di più verso gli altri, adesso mi capita persino di incontrarmi con Tina, Lapo, addirittura con Fernando. Rose ha davvero smosso il mio mondo.
«Ivan, devo parlarti di qualcosa d’importante.»
L’ho guardato negli occhi olivastri dietro gli occhiali: ha una luce diversa oggi, sembra davvero che non sia lo stesso uomo di qualche tempo fa. É come se si fosse liberato di una pesante armatura: seduto in questa postura senza difese, senza la sua postura rigida e con le mani congiunte che si stressano l’un con l’altra sembra un uomo comune, completamente diverso da quel rigido elegant’uomo in giacca e cravatta con cui ho sempre avuto a che fare.
«Ieri sera ero al bar di Nicola e stavo bevendo qualche bicchierino prima di giocare a biliardo… e mentre mi guardavo intorno cercando altri giocatori, ecco che vedo entrare una coppia di gay che si viene a sedere proprio poco distante da dov’ero io: puoi immaginare come ho imprecato.» Ho trattenuto il respiro nervosamente: ho sempre saputo cosa papà pensa dei gay, eppure oggi sentirglielo dire ha su di me un effetto diverso… nonostante io non sia gay – Rose è una straordinaria eccezione – mi sento pungolato ed incredibilmente teso.
«A quel punto Nicola mi ha detto che erano dei clienti abituali e che sapevano giocare bene a biliardo. Ma io non volevo assolutamente averci a che fare, mi capisci?» Mi ha rivolto uno sguardo di intesa ma non riesco a rispondergli, non riesco a dirgli proprio niente in questo momento... respiro così piano dalla tensione che se dovessi aprire bocca rischierei di sembrare uno che ha appena corso i cento metri.
«Allora Nicola mi ha detto: “quei due sono esseri umani, persone come tutti noi, se loro vanno a letto insieme questo influisce in qualche maniera sulla tua vita privata?” É stato come se Nicola volesse darmi una sberla, mi ha messo a tacere…»
Bravo Nicola. «…E… d-dopo…?» Ho deglutito a fatica, riempiendomi un bicchiere d’acqua fino all’orlo.
«E dopo mi sono messo a fissarli. Avranno avuto la mia stessa età, ma sembravano sereni, come se non avessero mai avuto problemi nella vita. Io continuavo a fissarli e a fissarli, ma non riuscivo a capirci proprio niente. É stato in quel momento che Nicola mi ha dato il colpo di grazia: mi ha detto che quei due stavano insieme da ventisette anni!»
Continuo a bere a grandi sorsi completamente rapito, cercando inutilmente di portare avanti il suo discorso per capire dove vuole arrivare, ma senza riuscirci.
«La verità Ivan… è che quei due sembravano davvero uniti. Tra di loro si riusciva a percepire quanto fossero legati l’un l’altro… la fiducia, la serenità, l’intesa, gli sguardi che si scambiavano, il modo in cui ridevano…»
Ho stretto il bicchiere tra le mani, irrigidito in un silenzio tombale, in attesa che continui, inumidendomi le labbra nervosamente.
«Mi sono chiesto: com’è possibile due così siano tanto uniti, nonostante il giudizio e l’atteggiamento cattivo della gente nei loro confronti ed io non sono riuscito nemmeno a mantenere in piedi il mio matrimonio? Ho iniziato a pensare e a tormentarmi su quali cose posso aver mancato con Clarissa…»
I suoi occhi si sono riempiti di lacrime… ed anche i miei. A me non sembrava che le cose andassero così male tra di loro prima di scoprire il tradimento di mia madre... al contrario, papà si è sempre preoccupato di ricoprirla di attenzioni, di regali, di uscite in bei ristoranti, di portarla a fare dei weekend insieme…
«Sai… a lei piaceva l’idea di vivere in un bella città, in una bella casa, di avere una bella automobile… ed io ho fatto tutto quello che lei voleva, per amor suo. Non mi è mai dispiaciuto il fatto che lei avesse un carattere forte e deciso… ma poi ha iniziato a volere sempre più sfarzo, sempre di più, dando importanza a questo e a quest’altro… alle apparenze, voleva che tutti pensassero che fosse una regina: ed io la trattavo come tale.»
Papà viene da un paese di campagna e il suo sogno era quello di avere un agriturismo, coltivare la terra, amava fare lunghe passeggiate e andare a pesca… e quando ero piccolo mi ha portato con lui un paio di volte. Ha messo da parte i suoi desideri viziando a più non posso mia madre. Non ricordo esattamente quando… ma gradualmente lei ha iniziato a volere sempre di più: voleva più sfarzo, più cose costose, più regali, era diventata molto rigida sia con lui che con me: voleva che fossimo impeccabili e sempre all’altezza di ogni situazione, per lei la reputazione valeva più di ogni altra cosa. É diventata sempre più fredda e cinica, ha fatto di mio padre il suo burattino… so bene che era per colpa sua, se ogni volta che c’erano ospiti io dovevo rimanere chiuso in camera fingendo di essere altrove. Si vergognava di dire in giro che suo marito era un amante della pesca, e che suo figlio amava disegnare invece di andare in giro a fare il fighetto di turno nei locali costosi. «Noi… ma noi siamo così, e nessuno… n-nessuno deve più metterci i bastoni tra le ruote…! Nemmeno se si tratta di lei!» Mi sono messo a piangere, liberando la tensione, lasciandomi abbracciare da mio padre, che con amore mi stringe, baciandomi sulla testa.
«Non preoccuparti Ivan… io… io lo so che ti senti in colpa, che pensi di aver rovinato la famiglia… ma non è così! Tu sei stato l’unico abbastanza forte da far emergere i vecchi risentimenti che per troppo tempo sono rimasti chiusi e che tutti noi fingevamo di non vedere, facendocelo inutilmente bastare per forza!»
Papà ha capito tutto quello che provo… mi stringe e mi consola, e prova anche il mio stesso dolore… mi sento così felice di averlo al mio fianco.
«Non devi più preoccuparti di niente, questo sarà il nostro punto di inizio! Il punto di inizio… per diventare una famiglia felice. Ho già pensato a qualcosa…»
«S-s-scusate… eccovi i fazzolettini… sniff…» Anna si è avvicinata con il viso rosso e gli occhi gonfi di pianto: ci siamo guardati gli uni negli occhi degli altri e ne abbiamo sorriso tutti insieme.
«Adesso mangiamo. Si parla meglio davanti ad un pasto bello fumante! Sniff… oh, cielo, i miei occhi…sniff…»
Ci siamo messi a tavola con una strana atmosfera: pesante eppure liberatoria allo stesso tempo… un misto di sensazioni che ben si intonano all’inizio del nuovo anno. Dopo i dovuti complimenti alla sempre impeccabile cucina di Anna, papà si è schiarito la voce.
«Devo fare delle comunicazioni ufficiali.»
Mi sono bloccato di colpo, con il cucchiaio tra i denti.
«Ho lasciato il lavoro e ho intenzione di prendere in affitto un appartamento in uno dei palazzi qui accanto. Così Ivan se nei ha voglia… puoi venire a stare da me… naturalmente con tutti i ritmi necessari, è chiaro.»
«…Hai lasciato il lavoro…?»
«Sì. E non voglio più avere a che fare con quella casa, ci ha portato solo guai. Naturalmente Anna sarai tu l’addetta alle pulizie, non ti lascio di certo in mezzo alla strada!»
«Dica la verità, non ha ancora imparato a piegarsi il pigiama da solo, vero?»
«B-b-beh… ehm… insomma!»
«Hai intenzione di venderla…? Non è intestata ad entrambi?»
«Sì. E a proposito di Clarissa... voglio proporle di ricominciare una vita da zero, di essere finalmente una famiglia… con te e con me… e con Anna, ecco.»
Sarebbe davvero bello se riuscissimo a ritornare quella famiglia che si è smarrita molti anni fa… «M-ma… la mamma, l’hai più vista o sentita…?»
«No, sembra che abbia sempre la segreteria. E anche i vicini… dicono di non averla vista.»
«Beh, non è che i vicini possano sapere sempre tutti i nostri spostamenti… visto che credevano che io davvero fossi a studiare all’estero, no?»
«Macchè, Ivan… i nostri vicini sono dei pettegoli, ne sanno più di una telecamera di sorveglianza! Fingevano solo di non sapere che fossi in casa… a volte quando mi alzavo al mattino erano già con la tenda sollevata a spiare e ci davamo anche il buongiorno!»
Quindi… hanno visto anche me e Rose baciarci?
«Ivan, stai così male? Misurati immediatamente la febbre, sei tutto rosso!»
«N-n-non è niente papà, n-non preoccuparti! S-stavo solo… niente, lascia perdere! Allora, non si sa dov’è?»
«Io sapevo che era dopo aver litigato è andata in un hotel, ma il giorno quando sono andato a controllare, non era più lì… sarà andata a casa del suo… d-di quel tipo, immagino…»
Quindi è andato a cercarla nonostante tutto… dev’essere davvero molto innamorato di lei se è disposto a perdonarla.
«Ivan, tu come l’hai saputo?»
«Eh?»
«So che gli hai rigato tu la macchina, sono stato persino dal carrozziere.»
Forse non avrei dovuto disegnarci sopra, mi ha riconosciuto sicuramente dal disegno…
«Per me è stato un duro colpo senza che abbia assistito ad alcunché, ma tu? Come ti sei sentito quando l’hai vista?»
«…B-beh… ero… davvero senza parole…»
«Tu sai chi è?» Il suo sguardo è davvero attento come quello di un rapace pronto all’attacco… ho appena sentito una stretta allo stomaco. Come faccio a dirgli che l’amante di sua moglie è un ragazzo molto più giovane di lei? Teso ed esitante, ho mosso la testa verticalmente, stringendo il cucchiaio nella mano.
«Chi è, Ivan?»
«…N-n-non posso dirtelo… p-però posso dirti che lui stava per sposarsi…»
«É qualcuno che conosci?»
«P-più o meno… papà, non voglio dirti chi è.»
Mio padre ha liberato un sospiro e liberandosi degli occhiali, ha appoggiato gli occhi tra le mani, visibilmente stressato e provato. «…Allora è uno più giovane… se sai queste cose significa che ha la tua stessa età…»
«N-no, è molto più grande di me… ho solo ventidue anni…»
«Venti, trenta, sono comunque più di vent’anni di differenza con tua madre…»
«…M-ma tu sei giovane dentro…» La frase più sbagliata che potesse fuoriuscire dalla mia boccaccia.
Improvvisamente si è sistemato sulla sedia e ha ripreso a mangiare con il fare altezzoso. É incredibile come abbia cambiato atteggiamento così in fretta: «Non importa. Vorrà dire che dovrò impegnarmi di più e mostrarle il mio lato giovanile di un tempo. Che ne diresti se facessi un trapianto?»
Un trapianto?? «…Uhm… non credo che sia il caso…»
«Allora è una questione d’altezza? Io sono molto più basso di lei, ma per quella non posso farci niente…»
«Signor Francesco, si fidi di me: le basterà mostrarle il suo impegno e tutto il suo amore: nessuna donna resisterebbe ad un uomo pronto a cambiare tutta la sua vita per lei!»
«Anna ha ragione! L’hai già fatto una volta, pensa a come sarebbe contenta se lo facessi di nuovo! Io ritornerei subito da te!»
«Allora le dimostrerò come ho deciso di cambiare la mia vita: nuovo atteggiamento, nuova casa e nuovo lavoro!»
«Hai già dei contatti per un nuovo lavoro? Conosci così tanta gente…»
«Mi metterò in società con Nicola: amplieremo il locale e lo rimoderneremo. Sai, con quelle cose dei giovani, col barista che fa volare i bicchieri e cose così... però voglio che mantenga il biliardo ed il piano bar! Naturalmente essendo stato un impiegato per tanto tempo posso solo dare una mano con la contabilità, ma... Ivan, cosa ne pensi?»
Papà che amministra un locale con biliardo e piano bar… potrebbe essere una buona idea. «…Penso che sia un’idea fantastica.»
Un piccolo sorriso è finalmente apparso sul suo volto stanco e demoralizzato, segnato dalla sua mezza età.
«Ti sei divertito ieri?»
Il sorriso che stavo riflettendo è appena svanito nel nulla. «…uhm…»
«Pene d’amore anche tu, eh?»
«…Mh…»
«Siamo proprio padre e figlio.»
«…Mh.»
«Non preoccuparti, le cotte da ragazzi passano più in fretta di quel che credi, vedrai che presto troverai una ragazza migliore e più adatta a te… in fondo ti sei aggiustato parecchio, ti sei sistemato i capelli, hai l’orecchino che va di moda…»
Due sfigati in amore – tra l’altro padre e figlio – che cercano di consolarsi a vicenda… che pena. Ho sbuffato poggiando la testa sul tavolo, con un’aria molto triste: «…Dopo tutta quella serata noiosa ho anche capito di star uscendo con la persona sbagliata… la persona che desideravo l’ho mandata io stesso tra le braccia di un altro... »
«Ivan… tirati su, non sono modi, tuo padre ti ha dato un’educazione, alza la testa...» Anna mi scuote sollecitandomi, e solo adesso mi rendiconto di aver spiattellato troppo. Perché ho detto quelle cose così come se niente fosse?? Ah, che cretino… sarà stata per via dell’atmosfera… che cretino, sto iniziando appena stamattina ad accettare i miei sentimenti e ho già fatto il venditore ambulante con mio padre!
«Che brutta storia, Ivan… dai, mangiamo queste cose buone che Anna ci ha preparato per rimetterci in forze!»
Dopo pranzo papà ha cercato di insegnarmi a giocare a poker invano, poi ha deciso che era ora di andare via, dicendo che andava a fare altri tentativi di rintracciare mamma a casa per poi tornare al locale di Nicola per passare la serata. È stato davvero bello parlare con lui, è da così tanto tempo che non accadeva… mi piace il nostro nuovo rapporto, ho visto che davvero si sta impegnando molto per cambiare e questo gli fa molto onore. Vuole riconquistare la sua donna a tutti i costi e ricostruirsi una famiglia che è andata in pezzi con il giusto atteggiamento: vederlo così determinato mi ha dato tanta forza, mi ha davvero trasmesso coraggio, così tanto che non mi sono nemmeno agitato parlando della mia figura pietosa di ieri ed il pastrocchio amoroso che ho combinato con le mie stesse mani.
«Perché non fai come lui, Ivan?»
Mi sono voltato verso Anna, che mi sta fissando con uno sorrisino complice che un po’ mi inquieta e un po’ mi fa ridere: «C-che vuoi dire?»
«Cerca di conquistare Rosemund con la stessa energia con cui si sta impegnando tuo padre!»
Conquistare??? «M-m-ma che dici? E… e poi è troppo tardi, ti ricordo che nella tana del lupo ce l’ho mandato proprio io!» da vero coglione.
«E allora? Tuo padre vuole riconquistare la moglie che l’ha tradito e che in questo momento è a casa dell’amante giovane e fresco! Non credi di disonorare il suo coraggio con questo atteggiamento?»
«M-ma… ma ci hai visti bene tutti e due? Siamo due salami con braccia e gambe! Lui è basso, col la luna in testa e gli occhiali spessi tre centimetri perché da un occhio quasi non ci vede più e io… sono scheletrico, ricurvo su me stesso, con gli occhi a palla come un pesce, le labbra che se ne vanno per conto loro e non sono nemmeno tanto intelligente come mio padre! Come facciamo a competere con quei due fusti belli, giovani, mascelloni e pettinati come delle regine nel giorno del ringraziamento?»
«Intanto entrambi siete riusciti a far brillare gli occhi dell’altra persona. Dai, prova a chiamarlo Ivan!»
«Starà lavorando.»
«Il primo dell’anno? Non essere sciocco, chiamalo!»
«…» Ho preso il telefono cercando il suo numero e facendo partire la telefonata: «Vuoi sentire? Così da farti capire come sono messo male?»
«No, grazie! Non entrerò così a fondo nelle vostre questioni! Fa con comodo…»
«Pronto, Ivan?» È la sua voce… finalmente la sento, non mi piace molto mandare i messaggi.
«Che stai facendo?»
«Sto lavorando… o almeno ci provo! Smettila, dai!» È ancora con quello? Si trattiene  troppo a lungo per i miei gusti… fino alla fine sentirò che si sono messi a convivere, me lo sento.
«Com’è andato il pranzo con… con lui?»
«B-bene, davvero ottimo… a te piuttosto, com’è andata con tuo padre?»
«…Bene, davvero meglio di quel che credessi…» Si sentono dei rumori di fondo, che mi fanno pensare di tutto, non riesco a concentrarmi sul dialogo. Anna intanto mi incita a farmi avanti con qualche idea che non mi arriva alla testa: «Ci vediamo domani?» anche se sono ammalato potrei raggiungerlo o farmi raggiungere.
«D-domani…? Uhm… Vediam… mh… domani devo lavorare, non posso proprio!»
Mi sto davvero agitando ed irritando. «Dopodomani? Andiamo a cenare come facciamo sempre, dai!»
«Uhm…»
«Ti posso portare la pizza in negozio se hai da lavorare!»
«Assolutamente no! C-cioè… ecco… ho… ho davvero molto lavoro arretrato in questi giorni, capisci… e non posso proprio perdere tempo…»
Assolutamente no??
Non posso perdere tempo…? Ma fino a ieri eravamo pappa e ciccia… ha osato dirmi che io gli faccio perdere tempo…? Quindi io sono una perdita di tempo per lui?
Ah, è vero… adesso sarà più difficile per lui badare al lavoro e al fidanzato se ci sono io tra i piedi… Quindi è questo che vuole…
…Va bene, messaggio ricevuto.
«…Hai ragione… a-anche io ho davvero molti compiti in arretrato…» Non posso tentennare adesso, ma… ma come faccio a mantenere un tono tranquillo con l’esplosione che ho nello stomaco? «…M-ma per fortuna ho ancora il compito che devo fare insieme a Tina… a-almeno così possiamo anche stare un po’ insieme…» nonostante i rumori di fondo non si siano fermati, riesco a sentire il tonfo che fanno le mie lacrime schiantandosi sul pavimento.
«…Vedi? Anche tu sei molto impegnato… vorrà dire che ci sentiremo quando tutti e due riusciremo a liberarci… che ne dici?»
Mi fa male il petto. «Sì, facciamo così allora.»
«Allora ciao, ci si risente presto!» Ha riattaccato senza lasciarmi il tempo di rispondergli.
Mi ha chiaramente detto che vuole troncare i rapporti con me… quello che temevo si è realizzato. Io e Rose ci siamo appena detti addio, nella maniera più fredda e schifosa possibile, per telefono, mentre lui era così indaffarato con quel maiale da non riuscire nemmeno a parlare decentemente.
Vorrà dire che tornerò alle origini.
Tornerò alla mia vita da solo, in fondo non sarà la fine del mondo spostare le lancette indietro, come se tutto questo non fosse mai accaduto.
Farò finta di aver fatto un lungo sogno, da domani tornerò alla mia vita di prima.
Senza una vita sociale, senza una famiglia stabile, senza Tina, senza amici… senza Rosemund.

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Capitolo 42
*** La forza di Ashley ***


Il suono della pioggia batte violento sui vetri e si diffonde all’interno della stanza quasi completamente vuota facendo un prolungato eco, risaltandone il dolce e malinconico suono. Le mie dita si muovono decise seppur lentamente, lungo la tela bianca su cui ho precedentemente lasciato cadere una lattina di vernice azzurra come il cielo, creando l’effetto di un’esplosione. Con il fianco del polpastrello traccio con cura una curva, cercando di dare una tridimensionalità a questo cuore blu intenso, carico di sfumature azzurre, celesti, indaco, blu avio, al contempo ben cariche di un brillante blu scuro come la notte. Fuori piove ininterrottamente da ore, sono diversi giorni che questo maltempo si appresta a fare delle brevissime pause, per poi ricominciare come se non avesse mai piovuto: la città si è tinta di un pesante grigiore, rimarcando questa sensazione di vuoto che sento da troppo tempo ormai.

Quanto vociare dal corridoio… dev’essere ora della pausa. Mi stropiccio gli occhi con il dorso della mano, l’unica parte del mio corpo a non essere sporca di questo dannato blu intenso. Mi avvicino al piccolo lavello all’angolo della stanza, inumidendomi le mani: per quanto cerchi di sfregare con forza, non sembra che il colore andrà via semplicemente lasciandoci scorrere sopra dell’acqua.

Mi chino sulla borsa, facendo tintinnare l’orecchino a forma di sole, prendendo il panino e accovacciandomi sull’ampio davanzale della grande vetrata, fissando la pioggia battente.

Osservo i ragazzi uscire con il sorriso sui loro volti, scherzando e divertendosi tra loro, provando un amaro senso di vuoto e irritazione. Tra quell’espressioni spensierate ed inutilmente euforiche dei miei coetanei scorgo la figura piccola e minuta di Tina: voltandosi verso questa direzione e sorridendo agita la mano per aria, salutandomi con entusiasmo. La fisso senza salutarla, senza provare nessun sentimento particolare. Farebbe meglio ad andare a divertirsi con i suoi amici invece di salutarmi, sta persino piovendo e i locali della zona saranno strapieni a quest’ora. Mi sono sistemato dalla parte opposta, poggiando la schiena sulla vetrata: vorrei contemplare la pioggia, ma tutti questi giovani allegri mi fanno innervosire. Porto lo sguardo sul malandato calendario dall’altra parte della stanza: segna ancora il 4 gennaio, ma per me è come se fossero passate intere settimane da quella telefonata… le mie giornate sono diventate vuote e senza senso, mi annoiano... ma sono le giornate a cui sono stato abituato tutta una vita, quindi farei bene a non lamentarmene e a riadattarmi in fretta. Devo solo cercare di non cadere più in questi stupidi tranelli: cose come l’amicizia o l’amore, prima o poi finiscono sempre male… perché la verità è che l’amore passa o non è corrisposto e gli amici ti tradiscono.

Da quando Rosemund è sparito, “magicamente” anche tutti gli altri non si sono fatti più sentire… persino mia madre sembra essere sparita nel nulla… ma andassero al diavolo tutti quanti. Ormai nel mio mondo sono rimasti solo Anna e papà su cui poter contare.

Bussano alla porta dell’aula. Chi è che vuole darmi fastidio adesso? Sarà qualche impiccione a cui piace ficcare le teste in tutte le stanze che trova… cosa posso lanciargli contro? Forse la borsa... «Chi è?» Mi rivolgo al mio disturbatore minaccioso, in difesa di un posto che è sempre stato mio e in cui non voglio che qualcun’altro ci metta piede: questo posto non è mai piaciuto a nessuno, non vedo perché la gente adesso di punto in bianco voglia entrarci.

La porta si è lentamente aperta, facendo un sibilo sinistro.

«Permesso? Chiedo scusa, sto cercando… proprio te, Ivan!»

É Ashley… con in dosso il suo bel cappotto color panna zuppo e i capelli bagnati sulle punte, visivamente infreddolita sulla sua carrozzina che probabilmente è troppo grande per essere completamente coperta dall’ombrello. Chissà che vuole da me.

«Ivan, hai uno sguardo così duro in viso… come stai?»

«Ho avuto l’influenza, ma adesso sono in perfetta salute.»

«Mi aspettavo di trovarti in un’aula piena di altri ragazzi, come mai sei solo soletto in questa stanza grigia e vuota? Hai un posticino privilegiato? Però è davvero una stanza molto ampia e bellissima… è un ambiente rilassante considerando l’odore di pittura nell’aria…»

«Qui non ci vuole stare nessuno perché in passato in quest’aula si è suicidata una ragazza.»

«…Oh.»

Persino dopo la sua morte la gente continua ad evitare sia il suo ricordo e sia questo posto… lei era sola, emarginata e vittima del bullismo… era una ragazza estremamente fragile quanto talentuosa. Quando sono arrivato qui e ho sentito quelle voci mi sono sentito subito in empatia con lei, quindi decisi di entrare in questa stanza abbandonata e piena di polvere… volevo assolutamente incontrare la sua anima artistica, e ci riuscii. Qui vi erano ancora i suoi disegni e i suoi capolavori, mai abbastanza riconosciuti dagli altri… sentii immediatamente che questo sarebbe stato il posto fisso in cui mi sarei dedicato al mio disegno. In qualche maniera mi sento come accolto e protetto quando faccio qui le mie creazioni… disegno molto anche a casa per via dei compiti assegnati, ma è in questa stanza che escono i miei lavori migliori.

«Come mai da queste parti?»

«Oh… beh, è da un po’ che non ci sentiamo, volevo sapere come stavi… non rispondevi nemmeno al cellulare e mi sono preoccupata...»

Sembra preoccupata… possibile che non sappia che io e Rosemund abbiamo tagliato i ponti? «Tuo fratello non ti ha detto niente?»

«É successo qualcosa?»

«Non ci parliamo più da capodanno.»

I suoi occhi castani si sono distesi per la sorpresa: «Stai scherzando…?»

«No.»

«Ma… Quando ho chiesto a Rose di te mi ha sempre detto che stavi benissimo! Proprio ieri mi ha detto che vi eravate appena sentiti e mi ha persino raccontato una freddura che gli avresti detto tu via telefonata!»

«Io odio le freddure.» Si vede che a furia di stare con Lisbona sta iniziando a diventare pure bugiardo.

«Ma com’è possibile…?»

«Non lo sai quel detto…? Che “chi va con lo zoppo impara a zoppicare”?» Ho estratto dalla borsa un vecchio canovaccio che solitamente uso quando dipingo, porgendoglielo: «Lo so che non è un asciugamano, ma è asciutto… prendi.»

Ancora incredula, Ashley tende la mano esile verso di me, ringraziandomi con la sua dolce voce. Mi ero appena ripromesso di non cedere più a cose come l’amicizia e frivolezze, ma Ashley è l’unica in grado di inibire completamente le mie difese… è l’unica vera innocente in tutta questa grande faccenda. La osservo mentre si stropiccia i corti capelli bagnati: ha le ciglia molto lunghe, i suoi occhi sono grandi e limpidi come il cristallo… lei ha sempre quell’aria innocente ed indifesa… ho appena sentito il mio petto stringersi: questa ragazza mi scalda davvero il cuore… non importa in quale occasione io la incontri, è sempre molto gentile, affettuosa e premurosa.

«Che vuoi dire?»

«Che è diventato bugiardo, proprio come il suo fidanzato.»

«Il suo fidanzato??»

«Non dirmi che non lo sai…»

«Io non so niente! Cos’è questa storia del fidanzato? Da dove sbuca fuori?»

«Hai presente quando scarti l’uovo di cioccolata e dentro trovi una schifezza che non ha niente di gioioso e festoso? Ecco, le cose stanno proprio così.»

«…Non è possibile… e chi è questo adesso?»

«Giulio Lisbona, il veterinario. È parecchio bugiardo, sai?»

«Il veterinario? Ed è pure bugiardo? No, no… un'altra canaglia no...! Scusa se te lo dico, ma… io credevo che Rose fosse innamorato di te! Stavate sempre insieme, era sempre contento quando ci parlava di te e delle cose che avevate fatto… questo tizio adesso da dov’è uscito, da sotto un cavolo?»

«Se pensi questo, allora avresti davvero dovuto vederlo come si era scimunito per quello… sembrava una ragazzina di dodici anni.»

«Sembrava così?? Oh, no…»

«Io non posso farci proprio niente arrivati a questo punto e sinceramente tantomeno ne ho l’intenzione.»

«Immagino che tu l’abbia messo in guardia su questo ragazzo e lui si sia arrabbiato… davvero mio fratello non lo capisco quando fa così, ti chiedo scusa…»

«Non le voglio le tue scuse, non sei tu in torto. Comunque io con uno così, che lascia gli amici per il nuovo fidanzatino bastardo, non voglio averci più niente a che fare.»

«E hai ragione, Ivan… ma Rose è impazzito? Non è da lui trattare le persone così, né tantomeno dire le bugie!»

«Vuoi un panino?»

«Uh… no, grazie… anzi, scusami per averti disturbato durante la pausa! Adesso ti lascio pranzare in pace!»

«Aspetta, non andartene… fammi compagnia.» Non sarebbe male avvicinarsi di più ad Ashley… mi piacerebbe molto approfondire l’amicizia con lei.

«…Immagino ti sia sentito solo dopo essere stato pugnalato alle spalle in quella maniera…»

«…No.» Sono troppo rancoroso per provare tristezza dopo una pugnalata simile.

«La tua espressione dice proprio questo, eppure i tuoi occhi sembrano molto feriti...»

Come dovrei sentirmi dopo essere stato gettato via in quel modo? Come se tutto quello che c’è stato tra di noi non fosse mai contato nulla per lui…? Ho lasciato cadere un sospiro troppo pesante. «Hai già mangiato?»

«No, non ancora.»

«Dovresti prendere un panino.»

«No, mi preparerò qualcosa quando sarò a casa!»

«Insisto.»

«Non mi permetterei mai di togliere il cibo agli altri!»

Ashley è sempre stata così… si è sempre sentita colpevole, anche quando era lei a stare più male: stava per sposarsi con Lorenzo, eppure ha avuto la forza di venire a casa mia a chiedere scusa per le azioni commesse da colui che l’ha tradita a poco tempo dalle nozze.

«Per favore, fallo per me.» Mi ha guardato imbarazzata e contrariata al contempo, con i grandi occhi castani dispiaciuti. «Forse riesco a convincerti se ti dico quanta roba c’è dentro: due fette di cotoletta, insalata a foglie, pomodori, due strati di formaggio e zucchine grigliate!»

«C’è tutta quella roba?»

«Sì, fidati che uno mi basta e avanza, quando disegno non ho mai molto appetito: sono così concentrato che mi passa anche la fame.»

Mi ha rivolto uno dei suoi grandi e bellissimi sorrisi: «Grazie, Ivan! Succede anche a me quando lavoro!»

«Costruire giocattoli ti piace?»

«Sì! Adesso sto costruendo un giocattolo per bambini con difficoltà motorie, è davvero bello sentirsi utili, e poi è molto divertente!»

Ashley è davvero una ragazza da sposare.

«Sto costruendo un ufo telecomandato!»

Ufo telecomandato?? «Se hai bisogno di un collaudatore, sono a piena disposizione!»

«Ecco dov’era finito il tuo entusiasmo… ce l’avevi da parte per gli ufo!»

«Ehm… s-sì… credo...»

«Posso sedermi sul davanzale? Mi piace la pioggia!»

«Sì, certo.»

Rapida come un giocattolo appena caricato, con il panino tra i denti, Ashley si è diretta al all’ampio davanzale e dandosi una forte spinta con le braccia si è sistemata a sedere. Ha delle braccia davvero forti e flessibili, sembra che non abbia fatto nessuna fatica… se dovessi imitarla inizierei ad affannarmi sicuramente.

«Sono agile, vero?»

«…Uhm…s-sì…» Non volevo sembrare che la fissassi per chissà quale motivo… «c-cioè, voglio dire…il pavimento in pietra è sconnesso e ci sono dei dislivelli, mi stupisce la tua agilità su un terreno così a dislivello..!»

«Beh, dopo qualche anno ti abitui! Adoro questa finestra, è davvero bella grande! A Pensacola avevamo delle finestre così, mi mancano un po’… quando pioveva ci si poteva godere lo spettacolo e quando nevicava c’era una grande festa in casa, facevamo a gara per restare con il naso schiacciato sul vetro!»

«E chi vinceva?»

«Io, naturalmente! Rose non aveva molta forza per battersi per il territorio, non aveva per niente muscoli… quando dormivamo insieme gli davo certi calci da farlo volare via dal letto… beh, adesso posso spingerlo: anche se non sembra ho delle braccia molto allenate!»

Ashley ha un carattere così forte e solare… pensando a come invece io mi comporto, mi sembra davvero di darle uno schiaffo morale. Sembra che gli esseri umani non si rendano conto di quanto sia importante viversi i piccoli piaceri quotidiani finché non si confrontano con gente straordinaria come lei.

«Cos’è quello sguardo triste? Io ho perso solo l’uso delle gambe, c’è gente che sta molto peggio! Non mi sento diversa da un qualunque pedone quando attraverso una strada affollata!»

«Oh… stavo pensando al mondo, non ero triste per te.. . c-cioè, mi dispiace per quello che ti è successo, ma so che sei una ragazza forte e che non ti senti inferiore a nessuno! Anche se la società può fartelo pesare…»

«Ivan, voglio dirti un segreto che non ho mai detto a nessuno: a volte ho paura quando attraverso la strada se ci sono automobili che sfrecciano in giro.» Il suo viso delicato si è voltato verso di me, guardandomi con un’occhiata complice e nostalgica allo stesso tempo. «Mi fanno tornare in mente quel giorno…»

Le sue labbra si sono socchiuse per continuare il dialogo, ma l’ho interrotta immediatamente: «Non voglio saperlo. Non voglio essere colui che rimesta brutti ricordi.»

«Ivan, non esistono ricordi belli o ricordi brutti: sono solo ricordi… ricordi di fatti accaduti ed emozioni provate. Naturalmente ognuno di noi vi associa dei sentimenti buoni o cattivi, ma personalmente ho imparato a scindere questo pensiero, a scomporlo e ad esaminare il fatto accaduto da diverse prospettive. Se quel ragazzo non mi avesse investita, non avrei potuto godere di ogni piccola cosa che la vita mi riserva… non avrei vissuto di piccoli gesti, di sguardi… e lentamente sarei diventata arida dentro. Sono contenta della persona che sono adesso e sono consapevole del fatto che non lo sarei mai diventata se tutto ciò non mi fosse accaduto.»

Ashley ha proprio ragione… è perché la mia famiglia è sempre vissuta nell’agio che non abbiamo saputo apprezzare abbastanza i piccoli gesti quotidiani… di fatto mia madre si è inaridita, mio padre è diventato schiavo del lavoro ed io sono diventato un vigliacco buono a nulla… e la nostra famiglia si è sfaldata, come giusta conseguenza.

«Hai ragione… sei davvero una persona molto saggia per la tua età.»

«E tu cosa sei, un vecchio? Non essere sciocco!»

«Non dovremmo aspettare che accadano certe cose per pensare in questa maniera…»

«L’essere umano è fatto così, non lo fa neanche di proposito e quindi non ne ha colpe. Probabilmente sarei più egoista e materialista oggi, mi piangerei di più addosso per ogni sciocchezza se non mi fosse accaduto nulla.»

«Tuo fratello mi ha accennato molto vagamente di aver avuto un brutto periodo quando era alle superiori… che era preoccupato per te e che tutto andò in pezzi in poco tempo.»

«Non è stato chiaro nel raccontarti il nostro passato, vero?»

«No.»

«Lui se ne vergogna. Vergognarsi e nascondere le cose è il peggior comportamento da assumere secondo me: devi accettare la realtà e basta. La gente che ti vuole bene non ti giudicherà e non te ne farà una colpa, né tantomeno prenderà le distanze.»

«Si vede che non l’ha capito… visto che lui per primo ha preso le distanze da me.»

«Nascondere non significa cancellare, Ivan. È così sia per i ricordi che per i sentimenti.»

Ho appena sentito una fitta allo stomaco. Ashley è così dolce ed energica, ma quando apre bocca è davvero una maestra.

«Quando andavamo a scuola c’era un ragazzino che aveva preso di mira Rose, gli dava fastidio che facesse il modello, che piacesse alle ragazze più di lui e che iniziasse a diventare conosciuto… spesso facevano anche a botte, puoi immaginare chi prendeva le legnate. Il lavoro come modello permise a Rose di mettere soldi da parte per comprarsi la prima automobile e usavamo quella per andare a scuola: quel ragazzo diventò verde d’invidia, rosso di rabbia e grigio di vendetta. Decise che avrebbe giocato un brutto tiro a Rose: si vestì come lui per imbrogliare le telecamere di sicurezza della scuola e manomise l’automobile… la sua intenzione era metterla in moto e rovinare gli edifici scolastici, facendo ricadere la colpa su Rose che sarebbe stato severamente punito. Ma quel ragazzo non aveva la patente e perse il controllo dell’automobile, finendo nel campo sportivo dove mi stavo allenando per le competizioni…»

Ho deglutito a fatica, rapito e scosso da quello che Ashley mi sta raccontando.

«Feci un volo enorme e l’auto finì contro le mura scolastiche, fermando la sua corsa: per fortuna c’ero solo io, pensa a quante persone avrebbe potuto ferire…»

«…E dopo… cos’è successo…?»

«Non so se è stata una fortuna o una sfortuna che Rose non fosse presente al momento dell’incidente… perché si sarebbe preoccupato e avrebbe potuto fare qualunque cosa a quel ragazzo per la rabbia… sai come può essere violento quando gli toccano le persone a lui care… allo stesso tempo è stata una sfortuna, perché la colpa ricadde su di lui: fu espulso da scuola e finì in carcere per un una notte... riuscimmo a chiarire le cose con la legge, ma ormai il suo nome era già stato aggiunto ai documenti neri e la scuola non volle revocare la sua espulsione.»

«…»

«Quel ragazzo mi fece le sue scuse e ad oggi non sono arrabbiata con lui… da ragazzi può capitare di fare degli errori e pentirsene… ma le cose sono diverse quando capita agli adulti.»

Credo che con quest’ultima affermazione si stia riferendo a Lorenzo… «Devi essere stata davvero male…»

«Sì, perché non capivo… avevo quindici anni, il tempo mi ha aiutata a riflettere su molte cose… sai si matura, eccetera eccetera… accidenti, parlo proprio come una vecchia nonna! Devo finire il panino!»

Mi ha dato proprio una bella lezione di vita… mi ha detto che devo essere onesto con me stesso e non vergognarmi di fare o dire qualunque cosa… di approfittarne per vedere le cose da un altro punto di vista… ad esempio: se la mia famiglia non si fosse sgretolata, io non avrei mai più potuto parlare con tanta confidenza a mio padre.

«Sii onesto sempre, e se la gente ti respinge tu almeno ci hai provato e non hai nulla da perdere! Gnam!»

È vero…

«Anche con Rose per esempio, chiamalo e sputa il rospo! Digli che è stato ingiusto con te!»

«C’è una domanda che voglio farti, Ashley. Ma è delicata…»

A Rose penserò più tardi.

«Dimmi!»

«Mi dai il numero di Lorenzo? Io e mio padre non riusciamo a rintracciare mia madre per rimettere insieme i pezzi della nostra famiglia… pensavo che potesse essere lì.»

Ho visto i suoi occhi tremare per un istante, nonostante si rivolge a me con un sorriso: «Certo che te lo do! Prendi carta e penna!»

Mi ha dettato il numero telefonico che sa a memoria per ovvi e tristi motivi… mi sento un po’ a disagio nell’averle fatto rivangare certe cose e certe persone, ma devo assolutamente trovare mia madre. «G-Grazie per il numero.»

«Vieni qui, dammi un bacio!»

Ashley ha serenamente proteso le sue braccia verso di me, sorridendo bellissima e piena d’affetto: timidamente mi sono avvicinato, sentendo il suo calore ed il suo buon profumo al muschio… è quello che le ho regalato io quando ho confuso la sua busta regalo con quella di Rose. Delicatamente, sentendo le sue ciglia sul mio viso, mi da un bacio dolce sulla guancia: le sue labbra sono carnose e molto soffici.

La porta dell’aula si apre all’improvviso: «Ivan, ti ho portato da mangiare! Lascia perdere il tuo panino!» È Tina… chissà cos’avrà pensato!

«Ciao! Io sono Ashely, un’amica di Ivan!» Ashley le ha sorriso e rivolto un saluto con la più fanciullesca disinvoltura, come se farsi beccare a baciare un ragazzo in una situazione equivoca sia molto naturale per lei.

«…Tina! Non sapevo avessi così tanti amici Ivan, sei una continua sorpresa…» Per un istante mi è sembrato che lo sguardo da gatta di Tina sia diventato minaccioso… me lo sarò immaginato, in fondo Ashley sprizza armonia da tutti i pori.

«Io sono la sua sorellina acquisita! Vero, Ivan?»

«C-c-certo! Sì!»

«Credevo che fossi solo soletto e ho pensato di portarti del riso con le patate che vendono alla rosticceria qua nei dintorni!»

«Oh… g-grazie.»

«Ma sembri impegnato in una conversazione importante, quindi ti lascio il riso e torno nella mia aula con Maria!»

«Tina, aspetta!»

«Tina, io sono l’ultima persona di cui si può essere gelosi!»

Tina si è voltata a scrutarci con attenzione, in silenzio.

«Ivan, ti lascio da solo adesso! Fammi sapere cosa succede con tua madre, mi raccomando! E chiamami presto, non fare il fessacchiotto!»

Agile come poco fa, Ashley è ritornata seduta sulla sua carrozzina e mi ha salutato con la sua bellissima gioia ed allegria, prima di chiudersi la porta alle spalle, lasciando nella stanza solo il suono dell’insistente battere delle gocce di pioggia sui vetri. Ashely è come un vecchio saggio nei videogiochi, che aiuta l’eroe donandogli nuova forza.

«Ivan, forse è il caso che noi due parliamo un po’ da soli. »

Avevo dimenticato che oggi è il suo compleanno… e che avevamo un appuntamento.

«Mi arrendo, getto la maschera. È da troppo tempo che mi nascondo dietro ad un sorriso, Ivan… ma adesso ti dirò tutto quello che penso e ti mostrerò chi è davvero Tina, per cui mettiti comodo prima che ti faccia accomodare io in un’altra maniera.»

Tina getta la maschera?

Che vuole dire?

Che la Tina che ho sempre visto e ammirato in realtà è tutta una farsa…?

Se così fosse… significa che mi ha avvicinato con uno scopo… quali sono le sue reali intenzioni?

I suoi occhi sono tinti di una nuova ed insolita luce scura… sono davvero minacciosi…

Tina Mancini… chi sei davvero e cosa vuoi da me?

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Capitolo 43
*** Custodito in fondo al mio cuore ***


Perché Tina all’improvviso ha iniziato a parlarmi in questa maniera?

«Mettiti comodo, ci vorrà un po’.» Sbuffando, si è seduta accanto a me, nel posto che prima stava occupando Ashley: i suoi occhi fissano un punto indefinito del pavimento, molto pensierosi e limpidi, come se quel lampo di rabbia di poco fa fosse sparito nel nulla.

«Quella è la tua ragazza?»

«N-no… è la mia sorella acquisita.»

Tina sbuffa nuovamente, per poi mettersi ridere: scostandosi i capelli dal viso riesco a vedere la solita espressione allegra e vispa che l’ha sempre contraddistinta. Non ci capisco niente… allora cos’era tutto quello strano discorso di poco fa?

«Scusa, mi sono ingelosita! Credevo di essere io la tua unica amica, ma invece ho peccato di presunzione…»

Allora era tutto qui? Aveva fatto tutto quel discorso e io mi sono persino spaventato… «Oh… n-non importa… ti scuso.» Anch’io sono geloso, quindi riesco a capirla.

«Oggi è il mio compleanno! Non dimenticarti del nostro appuntamento!»

«S-sì, mi ricordo…»

«Hai promesso che ci saremmo incontrati stasera!»

«A quel locale “Upload”, vero?»

«Sì! E vieni vestito carino! É un giorno importante!»

«Farò del mio meglio… n-non ho molti bei vestiti, ma farò quel che posso per essere all’altezza della circostanza..!»

«Ci incontriamo alle nove, va bene?»

«Sì, certo…! Ah, e per il nostro compito… io stavo pensando… forse è meglio se io ritraggo te e tu ritrai me… perché ognuno è unico e diverso dall’altro, inoltre sarebbe carino mischiare i nostri stili.»

«É davvero una bella idea! Anche io ero giunta alla stessa conclusione, ma non sapevo assolutamente come applicarla ai fatti… sarò più che felice di ritrarti!»

Finalmente dopo tanto tempo avrò la gioia di ritrarre Tina dal vero…

«Hai degli occhi molto belli.»

I miei occhi belli…? Ma sono a palla e ho persino due solchi da panda alle palpebre inferiori…

La voce squillante ed insopportabile di Maria arriva dal corridoio, mentre continua a chiamare il nome di Tina incessantemente.

«Adesso visto che hai già mangiato con la tua amica, la mia parte di riso vado a mangiarmela con Maria! Ci vediamo stasera alle nove, va bene? Sii puntuale!»

«Io sono sempre puntuale…!» sempre se di mezzo non c’è qualcuno a rallentarmi.

Tina se n’è andata lasciandomi solo nella mia stanza, accompagnato soltanto dal suono della pioggia incessante. Devo trarre insegnamento ed azioni dalle belle parole di Ashley… non devo più pensare con il timore di perdere qualcosa o qualcuno… si, ma se poi rimango da solo? No, non potrà mai accadere… già con mio padre ho imparato che quando un rapporto si rompe… più avanti, se è davvero intenzionato a ricucirsi, diventa ancora più solido.

Forse dovrei andare ad acquistare un nuovo vestito per la cena di stasera… e quale posto migliore del negozio di Rose? Così forse riesco a parlargli e a capire cosa gli frulla in quella sua stupida testa vuota… a ricordargli che non deve buttare tutto all’aria solo per la sua nuova relazione…

Ma prima, telefoniamo a questo Lorenzo. Non ci ho mai parlato di persona… chissà che voce ha: forse una voce scura e autoritaria? O sottile e roca?

Irrigidito, intimidito, a disagio e completamente teso, compongo il suo numero.

«Studio dell’avvocato Colonna, buonasera!»

É la voce di una ragazza… sarà la sua segretaria? «B-b-buonasera… s-s-sto cercando Lorenzo p-per una chiacchierata amicale…» Che mi prende? Credevo che sarei riuscito ad affrontare questo imbecille a testa alta… Ivan, riprenditi! Solo perché ha qualche anno più di te non significa che meriti il tuo rispetto e soprattutto la tua ansia!

«Ha sbagliato, questo è lo studio di un avvocato, non il consultorio!»

«Gli dica che sono un parente di Clarissa Mondale! É davvero importante, signorina!»

«Va bene, vedrò cosa posso fare… resti in linea.»

Speriamo che sia la volta buona che riesco a trovare mia madre…

«Avvocato Colonna, buonasera.»

È lui! La sua voce è neutrale e il suo modo di parlare è davvero disponibile… molto simile a quello di Giulio Lisbona. Ecco perché li odio entrambi. «Sono il figlio di Clarissa, dimmi subito dov’è mia madre, prima che ti denunci per sequestro di persona.»

«Il figlio di Clarissa? Ascolta, per prima cosa non puoi denunciarmi di aver rapito una persona che ha lasciato il tetto coniugale con le proprie gambe… e poi, io quella donna non so nemmeno dove sia.»

Che modo di fare arrogante e pieno di sé… beh, è vero che l’ho minacciato di denunciarlo, ma il suo tono non mi piace, la sua voce non mi piace, nemmeno il suo atteggiamento… non c’è una sola cosa che mi piaccia di quest’individuo! «Bugiardo, voi due eravate amanti! Mi rifiuto di credere che dopo aver lasciato casa non si sia rifugiata da te, o per lo meno che tu non sappia dove sia finita!»

«É venuta da me a rompermi le scatole dicendo di essersi lasciata con il marito, ma di certo non me la sono messa in casa! Da quella volta non l’ho più rivista, devi credermi!»

Quindi mamma è andata da lui, ma questo cretino gli ha persino sbattuto la porta in faccia? «Sei… sei davvero l’essere più schifoso ed inutile che abbia mai conosciuto… e fidati che persone di merda ne ho conosciute tante.» Ho riattaccato, racchiudendomi tra mille pensieri e domande a cui non riesco a dare una risposta… riesco solo a farmi venire il nervoso allo stomaco…

Con questo nervoso non riesco a disegnare, devo calmarmi… devo uscire a passeggiare.

 

*

É incredibile come le mie gambe mi abbiano portato davanti al negozio di Rosemund senza che me ne rendessi conto. La serranda è abbassata… forse è andato a mangiare qualcosa per pranzo. É così buffo… nonostante la rabbia che provo per essere stato gettato via in quel modo ho davvero tanta voglia di vederlo… mi manca un po’. O forse un po’ di più di un po’… sono davvero uguale a mio padre. Andrò al parco e poi proverò di nuovo a bussare… lui non è il tipo da assentarsi per troppo tempo dal suo negozio, è così tirchio che non perderà neanche un’ora di lavoro.

Ho raggiunto il parco, che sembra così silenzioso e malinconico… con tutta questa pioggia pare che persino le foglie degli alberi si siano tinte di grigio.

Mi soffermo a guardare un’norme pozzanghera: a stento riesco a vedere la mia immagine, ma sono certo di essere io il ragazzo riflesso in questa figura indefinita, tormentata dalle pesanti gocce. É proprio così: io sono questo qui… e anche se sono diverso o irriconoscibile da com’ero qualche tempo fa… mi sento bene come sono oggi e nemmeno una forte pioggia riuscirà più a cambiarmi o a farmi scappare via. Sono stanco di scappare dai problemi e di fingere di non sentire, di non essere coinvolto o di non provare nulla verso tutto e tutti. Sono un essere umano anch’io e come tale ho il diritto di parlare, di lamentarmi, di arrabbiarmi, di essere felice e di sbagliare. Quindi anche se sbaglierò, voglio poter sbagliare al 100%... voglio poter dire, per almeno una volta nella mio vita, di aver provato con tutto me stesso a fare qualcosa… di averci provato per davvero, con tutte le mie forze. Sia Rosemund che mia madre… voglio che facciano parte della mia vita, che siano partecipi di tutte le volte che farò del mio meglio al 100%, senza tener conto del risultato finale. Dovrei cercare di tenermi stretto Rose, anche se soltanto come amico… sempre meglio di non averlo affatto al mio fianco. Ho volto il mio sguardo verso il cespuglio dei fiori rosa ormai spoglio, lasciandomi sfuggire un leggero sorriso. Iniziando a muovere lentamente i miei passi, continuo a guardarmi attorno affascinato dalla grigia atmosfera del parco, ben diversa dallo squallido scenario proposto dai palazzi in centro.

Svoltando l’angolo per rientrare nella strada dove si trova il negozio di Rose, i miei occhi si scontrano con quelli poco simpatici di Giulio Lisbona: sotto lo stesso ombrello scuro, è intento a parlare fittamente con Rose davanti alla sua attività commerciale, lanciandomi un’occhiata piuttosto glaciale. Perché mi guarda così? Non si aspettava che mi sarei fatto vedere dopo aver allontanato Rose con il plagio? Beh, ha fatto male i conti.

Giulio entra nel negozio, sfiorando la guancia di Rose con le dita della mano: mi ritrovo a stringere i pugni ben nascosti nelle tasche del cappotto… eppure mi sentivo così tranquillo prima di venire qui…

Finalmente lo sguardo di Rose si incrocia col mio: certo che quel suo blu non ha perso l’intensità… però sembra un po’ smarrito: forse non si aspettava che lo venissi a cercare?

Mi sono avvicinato a lui, passo su passo, mentre replicando i miei movimenti Rose mi raggiunge a metà percorso.

«Ciao. Come stai?» Deglutisco, completamente ignaro sui modi della risposta che potrei ricevere, ricordando quanto è stato freddo l’ultima volta nel voler interrompere i rapporti con me, ricordando che è in grado di non rivolgermi la parola se è arrabbiato con me.

I suoi occhi profondi riflettono raggi azzurri e blu scurissimi, alternati da un rapido battito di ciglia, lunghe ed eleganti, in perfetta armonia con tutto ciò che lo riguarda.

«…Bene.»

Ha esitato… forse si sta chiedendo come comportarsi? Sarei felice se maturasse un po’ su questo suo modo di fare… però sono sicuro che se gli dicessi che voglio comprare qualcosa cambierebbe di sicuro atteggiamento: so come prenderlo, ormai lo conosco abbastanza da poter usare mezzucci del genere.

«Sono qui perché voglio fare degli acquisti… e nonostante tutto, sei l’unico a cui possa rivolgermi.» Affermazione onesta e poco sbilanciata.

I suoi occhi si sono aperti di sorpresa, come se improvvisamente le nubi grigie di questo cielo lasciassero filtrare un piccolo raggio di sole: «Puoi aspettare qui un minuto?»

«Sì.»

A passi svelti si è avvicinato a me, porgendomi il suo ombrello, protendendo il suo viso vicino al mio: è da molto tempo che non lo osservavo da così vicino. I lineamenti del suo viso sono eleganti e bellissimi, i setosi capelli biondi che gli finiscono sulle palpebre sembrano siano stati creati appositamente per accostarsi alle sue ciglia lunghe... sembra che i miei occhi si siano messi d’accordo con il cuore: entrambi non riescono a fermarsi, freneticamente gioiscono alla vicinanza di Rose.

«Puoi tenerlo un attimo per favore?»

«…S-sì.»

Sotto le veloci e pesanti gocce di pioggia, è corso all’interno del negozio. Il vento mi porta alle narici l’odore dolce della vaniglia. Non pensavo che usasse ancora il profumo da donna che gli ho regalato per sbaglio… meglio pensare ad altro, non è il momento di sognare questo. Oh, l’ombrello di Rose è rotto: c’è una stecca di ferro fuori posto. Forse dovrei comprargliene uno nuovo mentre aspetto. Però ha detto che avrebbe fatto presto… però è con il suo fidanzato, forse faccio in tempo ad andare, qui vicino c’è giusto un negozietto che fa al caso mio. Ma che strano, Rose vende anche degli ombrelli, perché non si è ancora deciso a sostituire il suo? Ma che domande, perché è tirchio… e i suoi ombrelli non costano certo due euro come questa schifezza.

Sono andato a comprare un nuovo ombrello al negozietto nelle vicinanze, pagandolo ugualmente poco, anche se sembra un po’ migliore rispetto a quello che mi ha porto tra le mani. Ero sicuro di averne preso uno qualsiasi dalla catasta, ma senza rendermene conto ho comprato proprio quello color azzurro.

Mi sono avvicinato al negozio per capire se Giulio è ancora qui, ma non si sente nessun suono provenire dall’interno, come se non ci fosse nessuno.

«Ehm… permesso?» Ho infilato una testa all’interno: non sembra ci sia qualcuno. Entrerò, almeno sarò al riparo dalla pioggia.

A parte la disposizione dei manichini e quello che indossano, non è cambiato nulla qui dentro. Guidato dalla musica soft della radio di sottofondo, rimasta accesa come al solito, curioso tra i vari capi d’abbigliamento, ricordando la prima volta che sono stato qui. Nei brevissimi istanti silenziosi che seguono l’intervallo tra una canzone e l’altra, sento dei rumori di fondo provenire dal bagno… lo scrosciare dell’acqua corrente per la precisione.

«Rosemund…?» Perché ho il batticuore? «Sei tu in bagno?» E se fossero dei ladri? «S-scusa se sono entrato, ma fuori stava piovendo e ho pensato di ripararmi per un po’…» Perché mi sto giustificando come se sapessi che da quella porta potrebbe uscire chiunque tranne che lui?

Improvvisamente la porta del piccolo bagno si è aperta con irruenza, mostrando la figura di Rose piuttosto sorpresa ed irritata. Ha un’espressione strana, ma che sicuramente non mi mette a mio agio: nel suo viso riesco a leggere sorpresa, irritazione, fastidio, ed una punta di imbarazzo nervoso.

«Sei qui… perché non sei venuto prima?! Ti stavo aspettando!»

Adesso si arrabbia con me? Ma che vuole? «Ti ho comprato un nuovo ombrello visto che il tuo era rotto.»

«Che t’importa dell’ombrello? Ti avevo detto che ci avrei messo un attimo, perché te ne sei andato?»

Ah, ho capito… ha litigato con Giulio e vuole sfogarsi su di me. «Forse perché non volevo fare la candela?»

«QUESTO PERCHÉ NON MI ASCOLTI MAI QUANDO PARLO!»

È fuori come un balcone… è proprio isterico. Ma di certo non lascerò che si sfoghi su di me… gli farò vedere che sono superiore a queste cose, così si sentirà l’unico bambino infantile. «Contrariamente a te, non sono venuto qui per litigare. Mi consigli un completo? Ho un appuntamento stasera.»

«…Sì.» Ha abbassato i toni, ma il suo viso si è svuotato, mostrando ancora quell’atteggiamento freddo e distaccato: «Vieni dietro, ho qualcosa di nuovo.»

Ho appoggiato l’ombrello su uno scaffale e l’ho seguito silenziosamente, osservando la sua figura nervosa davanti. Cos’ha sul collo? Ha un segno… prima non c’era…

Rosemund si è rapidamente voltato verso lo scaffale della stanza sul retro, allungando il braccio verso uno scompartimento in alto: «Che ne dici di un completo nero con brillantini? Si vedranno solo al riflesso, non andrai in giro ad illuminare le strade.»

Da questo lato non riesco a vedere bene il suo collo… «Oh… allora questo andrà bene.»

«Dovresti provarlo prima di decidere.» Ha ruotato la testa verso di me, lasciandomi una prospettiva di tre quarti, come se l’avesse fatto di proposito, come se stesse cercando di non farsi notare il collo… ma io ho già visto che c’è un segno sopra, quindi riesco a tener conto dei suoi movimenti mirati a nascondersi.

«Va bene, lo proverò.»

«Prego.»

Sono entrato nel camerino muovendo la tendina per simulare l’atto del cambio d’abito mentre delicatamente ho scostato la stoffa per lasciare uno spiraglio adatto a spiare. Eccolo. Si sta guardando il collo allo specchio, nervoso. Sembra anche arrossito... almeno posso dedurre che si tratti di ben altro che di percosse. Almeno so che sta bene e che quel tizio non gli sta facendo del male. Se lui è contento così…

Non riesco a terminare la frase, è un controsenso tra la mente ed il cuore. Vorrei che fosse felice, ma non con quel tizio. Sarebbe bello se fosse rimasto ancora un po’ single… ma che stia con Lisbona proprio non riesco a digerirlo.

Ho chiuso le tende, iniziando a cambiarmi d’abito.

Mentre cerco di abbottonarmi, sento un nodo alla gola anche se non sono ancora arrivato all’altezza del collo… ho anche caldo alle orecchie. Dev’essere la tensione.

Ma chi me lo fa fare? Devo solo andare avanti adesso, facendo pace con lui, ritrovando mia madre, diventando amico di Tina, continuando a studiare, andando a vivere con mio padre… ma per qualche ragione non riesco a fare a meno di voltarmi indietro.

Sono in quel momento in cui vedo la luce del futuro nel cambiamento, ma se provo a guardare indietro riesco solo a pensare a quante cose non ho detto, a quante cose non ho fatto… ho dei rimpianti verso il passato. Non aver espresso amore abbastanza, non essermi lamentato abbastanza, non essere stato amichevole quanto avrei voluto.

Il mio futuro prevede ugualmente la presenza di tutte queste persone, anche se in maniera diversa. Nel mio futuro ideale, nel futuro a cui mi sto avvicinando, ci sono i miei genitori, c’è Tina, Rosemund… saranno tutti rapporti piacevoli, a cui mancherà il pezzo del chiarimento. Voglio essere in buoni rapporti con tutti loro, ma so che non porterò a galla vecchie storie del passato… come insultare mia madre o dire a Tina e Rose che una volta ero innamorato di loro.

Con Tina non c’è mai stato un rapporto stretto, quindi credo che andrà tutto bene, ma… quanto riuscirò a fingere con Rosemund…? Sarò in grado di guardarlo negli occhi e riuscire a non pensare a questi sentimenti che saranno solo un lontano ricordo?

…Solo un lontano ricordo…

Come faccio a farlo diventare un ricordo? Se quando lo vedo alle prese con quel Giulio sento questa forte pressione al petto…?

«…Nh…»

Mi sono guardato allo specchio: l’abito è davvero bello e mi sta bene… dovrei essere contento di essere così bello per la mia serata galante con Tina… ma l’immagine riflessa non è affatto felice. L’immagine nello specchio vuole uscire, mandare il bambolotto a quel paese e scappare via da qualche parte portando Rosemund con sé, in un luogo deserto, dove non verranno giudicati da nessuno .

Ormai è da parecchio che sono dentro al camerino, ad aspettare che la mia faccia torni di un aspetto decente prima di poter uscire… perché Rose non mi chiama? Si è dimenticato che sono ancora qui?

Ho aperto lentamente uno spiraglio per osservare la situazione. Rose è accovacciato sul bancone, poggiando la testa sulle braccia conserte, con il viso rivolto verso l’ingresso. Non credo che stia dormendo…

Sono uscito cercando di non fare rumore. «E-ehi…» Non risponde. Forse è imbronciato? Mi sono avvicinato al bancone, inclinando la testa. Ha gli occhi chiusi. Sta dormendo sul serio o fa finta? Ho allungato una mano e l'ho mossa davanti al suo viso, senza alcuna reazione da parte sua.

Sta dormendo per davvero… se fosse stata una tattica per nascondere il segno sul collo avrebbe dovuto girarsi dall’altra parte… visto che da qui è bene in vista. Sembra il segno di un piccolo morso… è ancora arrossato e gonfio, significa che è successo mentre andavo a comprare l’ombrello. Fuori sta ancora piovendo. Dovrei andare adesso… ma non voglio svegliarlo… gli lascerò i soldi nella tasca del cappotto. Per fortuna c’era la targhetta con il prezzo… ecco fatto, adesso posso andarmene.

...

Mi sono fermato a contemplare il modo in cui si muove la schiena ad ogni suo respiro. Sembra così indifeso adesso…

Poggiando le mani sul bancone ho inclinato il viso, toccando dapprima il mento alla superficie, poi affondando la guancia nella mano, facendo tintinnare l’orecchino a forma di sole.

È davvero bello poterlo guardare da così vicino. A vederlo così, sembra proprio come un principe delle favole… ogni lineamento delicato del viso sembra concatenarsi perfettamente all’altro, non riesco a guardargli la linea della mascella senza passare al mento, alle labbra, al naso e alle ciglia… le sue ciglia…sembrano umide, come se avesse pianto nel sonno. Chissà che cos’avrà sognato… mi dispiace persino che faccia brutti sogni. Sollevando il capo, ritiro la mano destra per distenderla lentamente verso di lui. Facendo attenzione a non urtarlo in alcun modo, tendo l’indice sulle sue ciglia, accarezzandole dolcemente nel tentativo di asciugarle.

Sto sorridendo, mi domando perché.

Avvicino il mio viso al suo, per monitorare al meglio i movimenti dell’indice, per evitare di svegliarlo. Non avrei dovuto farlo, adesso sento quella famigerata fragranza alla vaniglia. Nonostante sia stato un errore, credo che la vaniglia gli stia bene… o forse mi sono solo abituato all’odore. Chissà se a Gilio Lisbona piace questo odore… non credo, è troppo dolce, forte e particolare, non piace ad un sacco di ragazze, figuriamoci agli uomini. Ma il fatto che Rosemund continui a metterselo mi fa sentire soddisfatto, come se avessi dei punti di vantaggio rispetto a quello là. Rose, Rose… ma che combini? Vai ad innamorarti di un tipo del genere? Sei proprio un pasticcione… è proprio vero che non c’è giustizia a questo mondo.

Senza rendermene conto ho iniziato ad accarezzargli i morbidi capelli sulla testa… da quanto lo sto accarezzando? Non ne ho proprio idea… ma dato che non c’è giustizia a questo mondo, mi accontenterò di questo piccolo momento da custodire come un segreto. Non lo verrà a sapere mai nessuno: in fin dei conti tu stai dormendo così beatamente, quindi neanche ti rendi conto della mia presenza.

Adesso è davvero ora che vada.

Rosemund, tu non lo saprai mai, ma custodirò questo momento con gelosia in fondo al mio cuore, e ti lascerò andare per la tua strada… ma solo per questa volta.

Chinandomi verso di lui, l’ho baciato dolcemente sulla testa, mentre continuo ad accarezzarlo e ad imprimere questo piacevole momento dentro di me, inebriato dall’odore della vaniglia.

Con delicatezza ed attenzione, ho preso le mie cose e sono uscito dal negozio, sentendo la dolce ed amara sensazione del voltare una pagina importante della mia vita. 

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Capitolo 44
*** La verità sul nostro primo bacio ***


Continuo a guardare la mia immagine riflessa nello specchio con sufficienza. Sono pettinato, sono profumato, ma sono anche molto stanco dentro: oggi sono successe così tante cose… ho parlato con Ashley, con Lorenzo, e poi sono passato da Rose… in questo momento vorrei solo affondare la testa nel cuscino e mettermi a dormire tranquillo.
Mi piacerebbe telefonare a Tina per darle buca, ma sicuramente ci resterebbe male… è il giorno del suo compleanno, avrà rinunciato ad una grande bella festa per uscire con me… non posso deluderla.
Sì, ma perché? Non riesco a capirla… Tina col passare del tempo è diventata sempre più enigmatica per me.
«Ivan, hai detto che eri pronto dieci minuti fa!»
«Scusa Anna, stavo controllando che tutto fosse al proprio posto!»
Anna si è affacciata alla porta del bagno, guardandomi con la sua solita aria amorevole: «Ed è così?»
Quando sono rientrato a casa ho raccontato tutto ad Anna, avevo bisogno di sfogarmi... «Sì… sì.»
«Hai telefonato a Rosemund dopo averlo lasciato lì come uno stupido a dormire?»
Naturalmente non le ho raccontato i dettagli sul pisolino di Rose e su quello che è successo. «Veramente no…»
«E che aspetti a farlo? Ti sei comportato davvero da maleducato!»
Ha ragione. «… Lo chiamerò adesso.»
«Dai, chiamalo! Non me ne vado finché non ti vedo al telefono!»
É davvero insistente… capisco che voglia fare il tifo per me, ma c’è ben poco da sostenere in una situazione del genere, dove ormai il dado è stato tratto. Ho raccolto il telefono dal bordo del lavandino – lo so che non dovrei metterlo lì, ma ero e sono tuttora di fretta –, facendo partire la chiamata.
«Pronto?»
«C-ciao… sono Ivan… s-scusa se non ti ho più chiamato dopo essermene andato via così…» Anna mi fissa curiosa, con gli occhi che le brillano come una bambina. Ma non aveva detto che se ne sarebbe andata all’inizio della conversazione?
«Mi sono addormentato io, non devi scusarti. So che sei molto impegnato ed io non ho svolto il mio lavoro diligentemente.» Il suo tono è ancora freddo… ma quando capirà che voglio riavvicinarmi a lui? L’improvvisata di oggi al suo posto di lavoro non è stata abbastanza? Avrebbe dovuto capirlo che volevo fare la pace… e avrebbe dovuto già cambiare modo di parlare, invece… «Ma non hai da fare stasera?»
«S-sì, infatti sto per uscire… tu che fai stasera?» Proviamo ad essere amichevoli, magari si rende conto delle mie buoni intenzioni e rinsavisce.
«Vado a cena fuori con Giulio. Anzi, sono in ritardo… scusa, chiudo il telefono per primo.»
Ma… non ci posso credere, ha riattaccato di nuovo…! Ma che antipatico…! Ma andasse a quel paese lui e quella merda di Giulio! Ah, quanto vorrei che mangiassero frutti di mare andati a male, almeno avrei una soddisfazione da questa giornata!
«Ivan, non dirmi che ha riattaccato…»
«Sì! Va bene adesso? O vuoi sapere altro?»
«Calmati, non volevo che ti arrabbiassi!»
«E invece mi sono arrabbiato! Come se non bastasse quello schifo di persona con cui ho parlato oggi al telefono! Senti, Anna… » non sono riuscito a telefonare papà per dirgli della conversazione poco piacevole che ho avuto con l’amante di sua moglie, purtroppo il suo numero era irraggiungibile… «Puoi dirglielo tu a mio padre? Che non so più come rintracciare la mamma?»
«Sì, non preoccuparti… adesso vai, sei già in ritardo.»
«Grazie per tutto quello che fai sempre per noi, Anna.»
«Muoviti, perditempo!»
Ho guardato l’orologio stupito dall’orario dichiarato da quelle lancette troppo crudeli con me, uscendo in tutta fretta per il mio appuntamento storico con Tina. Ho messo l’auto in moto, sentendo il mio cuore in completa lotta: non è a posto, sento come se stessi sporcando tutto quanto uscendo con Tina… eppure ho aspettato così tanto questo appuntamento, non dovrei sentirmi come un bambino costretto ad andare dal dentista! Insomma, che mi prende? È Tina, porca miseria, Tina! La mia musa ispiratrice di sempre, la mia dea, la ragazza che su cui ho fantasticato intere giornate e su cui ho sognato per molte notti…
Già, ma quel posto ormai se l’è occupato tutto Rose.
Non mi sento più così elettrizzato immaginando cosa potrebbe indossare… non mi tremano le mani al pensiero di averla davanti per una cena, dove tra l’altro saremo solo io e lei.
Rose, cos’hai combinato al mio equilibrio interiore? Brutto infame, tu e le tue stupide cotte da dodicenne! Guarda come mi hai ridotto, screanzato… no, ritiro tutto: non credo che possa vedermi e per fortuna, aggiungo. In questo momento vorrei solo che le lancette dell’orologio si muovessero un po’ più velocemente, solo per qualche settimana, il tempo di dimenticarmi per sempre questo amore inutile e nocivo.
Guardandomi intorno, rimango perplesso osservando le vetrine attorno a me: questa è la strada che porta alla clinica del dottorino, possibile che si trovi proprio sulla strada dove c’è il locale in cui ho appuntamento con Tina?
Dovrei appostarmi ad origliare?
Ma a che penso? Sono in ritardo, assolutamente no!
Svoltando l’angolo, scorgo due figure familiari parlare sulla strada verso la clinica veterinaria di Giulio Lisbona: sono Ashley e il ragazzo salame. Che strano vederli insieme… chissà di cosa staranno parlando.
Non posso origliare, farò finta di non averli visti e andrò avanti… magari abbassando il finestrino per riuscire ad ascoltare una parte della conversazione, forse parlano di Rose e Lisbona! Ho abbassato il finestrino e allentando la pressione sull’acceleratore dell’automobile, mi accingo a  tendere le orecchie nella speranza di captare qualche informazione importante.
«Hai detto stasera?!»
«Sì.»
«A rimorchiare rimorchiare?!»
«Sì, lui è un farfallone… purtroppo.»
Le auto dietro di me non gradiscono la mia sosta prolungata ed iniziano a suonare all’impazzata, facendo girare Ashley e quel ragazzo verso la mia direzione, costringendomi a voltarmi e ad accelerare per evitare l’evitabile.
«Ivan?»
Ashley ha l’occhio acuto, mi ha riconosciuto! Ma per fortuna sono sempre più distante… ed estremamente in ritardo! Merda, ho persino sbagliato strada per darmi alla fuga! E non solo, adesso ho anche questo tarlo a mangiarmi il cervello: stavano parlando di Giulio Lisbona? Mi sembra ovvio che stessero parlando di lui vista la faccia scioccata di Ashley, perché mi pare proprio assurdo che quel ragazzo si stesse riferendo al nonno latin lover! L’unico belloccio conscio del suo fascino qui è Giulio il verme viscido! Quindi Giulio stasera farà le corna a Rose? Ecco, lo sapevo io che era un’inaffidabile sporcaccione! Cosa faccio adesso? Come faccio?
Anzi, cosa me ne frega? Ho un appuntamento? Vado a questo dannato appuntamento! Punto! Stop! Fine della storia! Ho detto che avrei voltato pagina e lo farò! Sì, ma la mia vita è fatta solo di gente con le corna ultimamente, non è che porto sfiga io? Avevo detto che sarei stato alla larga da tutto ciò, che avrei voltato pagina, ma che sarei rimasto buon amico di Rose, quindi è mio dovere avvisarlo di fare attenzione… gli manderò un messaggio, accosto qui. Il locale è lì in fondo, sono arrivato… direi che posso trattenermi un minuto per mandare le avvisaglie, tanto ormai sono già in ritardo.
“Come sta andando l’appuntamento con Giulio? Da me va tutto bene!” Inviato.
NO!! Porca miseria, l’ho inviato a mio padre! Sciagura nera! Sventura! Cretino, sono un cretino! Per fortuna che non ho scritto cose come “amico mio, come va l’appuntamento romantico con Giulio?” ci sarebbe mancato solo questo, davvero! É tutta colpa di quell’avvoltoio di Lisbona, è lui che mi porta sfiga, lo sento! Mi ha lanciato una maledizione con gli occhi questo pomeriggio, lo so!
Messaggio ricevuto! È papà? No, è da Ashley… spero che siano buone notizie:
“Ho saputo che il nostro gallo nel pollaio ha molti pollai e molte galline. Stasera va a fare la danza dell’amore per mettersi in mostra, mentre ha appuntamento con quello struzzo di mio fratello.”
Perché mi ha scritto queste cose? Perché a me? Come se mi importasse…
“PS: Ti ho visto.”
Andiamo bene… colto a fare appostamenti a Lisbona. Bella cosa, davvero. La mia dignità è andata via molto tempo fa… non devo preoccuparmi di questo adesso… basta seguire i miei sentimenti, faccio solo casini… meglio che segua la testa, che ha già la soluzione perfetta per me: devo ignorare la cosa, così Rose si renderà conto da solo e faremo la pace, sì. Sì, farò così.
Un bussare insistente al finestrino mi fa sobbalzare: Tina, in un bellissimo abito blu avio tempestato di brillantini con decori in pizzo nero, mi guarda mimando con l’indice l’orologio sul polso, scuotendo la testa su cui ha delicatamente raccolto i capelli in una raffinata e morbida acconciatura.
Sono proprio il re delle figure di merda.
Ho aperto la portiera, cercando di sorridere: «Buonasera, Tina! Scusa, stavo mandando un messaggio a mio padre… scusa per il ritardo! Ah, e buon compleanno!» ho proprio una bella faccia tosta, mi chiedo se mi lancerà la borsetta contro.
«Sei davvero in ritardo, di solito sono le ragazze a perdere tempo con trucco e vestiti!»
«Ho sbagliato strada… scusa!» è tutto vero, non sto mentendo… anche se mi sento un po’ falso in questo momento.
«Fa freddo qui, andiamo dentro?»
«S-sì!» Mi ha aspettato fuori per tutto il tempo?
«Quello è il nostro tavolo, Ivan!»
Oh… è davvero un tavolo per due. C’è il piano bar e gli interni sono ben arredati con quadri ed edere, è tutto molto elegante e c’è un’atmosfera molto suggestiva.
«É bello qui… l’ultima volta non ho apprezzato… sai… ho bevuto troppo, ricordi?»
«Certo che mi ricordo! Hai anche iniziato a dire cose sdolcinate ad un certo punto… ricordo, ricordo.»
Cose sdolcinate?? Oh, no!! Lei ricorda!
«Hai quasi smesso del tutto di balbettare… significa che sei più a tuo agio con te stesso, la cosa mi fa molto piacere.»
Oh… ha ragione. Una volta balbettavo molto più spesso… cioè, mi capita ancora… ma solo quando sono particolarmente teso. Ha notato una cosa come questa…? Come avrà fatto a capirlo?
«Hai una faccia da cartone animato, sei molto espressivo Ivan.»
«Eh?»
Gli occhi morbidi, grandi e scuri di Tina mi osservano catturata, come una gatta selvatica sulla sua preda: affascinata e desiderosa allo stesso tempo. Mi mette a disagio il fatto che mi guardi in questo modo…
«Ti ho osservato molto a scuola, ma tu non te ne sei mai accorto. Fai delle espressioni davvero interessanti, per questo ti ho fatto quella caricatura!»
«D-davvero…?» Tina mi ha osservato molto…? Ma quando…? Non me ne sono mai accorto…
Il cameriere è arrivato prendendo i nostri ordini, mentre ho spostato imbarazzato la conversazione verso l’arte, tema su cui mi sento molto più tranquillo.
«Il nostro professore ci ha chiesto di comprare quel materiale dal suo conoscente che ha un negozio in città, ma è davvero carissimo… ho controllato i prezzi su internet e ci sono prezzi molto più convenienti ed adeguati e per la stessa identica marca, te l’assicuro! Ti danno una confezione intera per poco più del prezzo suggerito da quel truffatore!» Il professore vuole solo dar da mangiare al suo amico, ma non si rende conto che è irragionevole?
Tina ha iniziato a ridere di gusto, mentre il cameriere ci ha servito dei ravioli che hanno tutta l’aria di essere invitanti.
«Sai Ivan… non sembri il tipo che parla d’economia, eppure ci metti così tanta enfasi in quello che dici!»
Oh no… sto parlando di economia. Sarà stata la forza dell’abitudine.
«S-scusa, ti starò annoiando immagino…»
«Affatto, continua pure.» Delicatamente ha portato le labbra alla forchetta, addentando il suo boccone. Il rossetto rosso che ha messo questa sera sta davvero bene sulle sue labbra. Tina è davvero una bellissima ragazza, potrebbe essere benissimo una modella piuttosto che una pittrice. Il mio cuore può aver smesso di battere all’impazzata quando mi è così vicina, ma è indubbio il fatto che susciti in me ancora molto interesse… almeno dal punto di vista artistico. È una ragazza sensuale, ogni parte di lei esprime femminilità, in ogni sfaccettatura: quando è indispettita, quando è silenziosa, quando è sfuggente, quando mi sorride. È l’essenza pura della creatura chiamata donna, e sia come uomo che come disegnatore, ne sono davvero incuriosito ed attratto.
Sono rimasto in silenzio per un po’, non ho avuto il coraggio di riprendere a parlare d’economia.
«A casa va tutto bene?»
«Oh… sì. Mia madre è scappata di casa e non si riesce a trovarla, ma in compenso ho ritrovato mio padre. Il nostro rapporto sta rinascendo con delle solide basi, ci vogliamo molto più bene adesso.»
«Scusa, non volevo infierire su un argomento così delicato… volevo sapere come andavano le cose, ma di certo non immaginavo che andasse così male. Scusami per non avere avuto il giusto tatto, Ivan.»
«Io… io penso che sia stato molto meglio così. Era un rapporto malato dalle radici, eravamo una famiglia soltanto all’anagrafe ormai… almeno adesso sono felice quando scorrendo sulla rubrica del cellulare scorgo il numero di mio padre.»
«Quindi vivi da solo con lui adesso?»
«No, io sto vivendo con…» con la mia tata? No grazie, non lo dirò mai! A ventidue anni avere la tata che si occupa di te… che figura ci faccio? No, no!
«Con la ragazza che è venuta a trovarti a scuola, vero? Sembravate davvero in confidenza.»
«N-no, non è lei!»
«Un’altra? Accidenti, sei diventato un vero rubacuori!»
«No, no! Lei è la mia sorella acquisita! E poi ha già una coinquilina… è un’altra persona, ma niente di quello che pensi!»
«Una donna?»
«S-sì. Ma non è come credi, è una persona che non immagineresti mai, non pensare subito ad una fidanzata!»
«Qualcuno di insolito? La vicina di casa impicciona?»
«No!» I vicini di casa che ho io sono davvero degli impiccioni… ah, lasciamo perdere adesso. «Ma che importa, è una persona affidabile, gentile… basta sapere che si prende cura di me, no?»
«La nuova compagna di tuo padre?»
«No… lascia stare, è difficile da spiegare…»
«Ho capito! É la fidanzata lesbica di tua madre!»
«…No.»
«Tua moglie? Ti sei sposato in gran segreto?»
«É la mia tata! La mia tata, va bene? É anche la nostra governante, mi ha cresciuto da quando sono nato ed è la persona più adatta a starmi accanto in questo momento…!»
«Oh, la tata… e che c’è di così strano?»
Perché, la fidanzata lesbica di mia madre sarebbe stata una cosa strana…? Beh, trattandosi di mia madre… probabilmente sì.
Abbiamo parlato e scherzato per tutta la serata, siamo arrivati al dolce quando l’orologio del locale ha già segnato la mezzanotte.
«Ecco il dolce, sembra davvero delizioso!»
“Sorpresa alla crema del pasticcere Alex” con cioccolato bianco, limone e frutti di bosco freschi… onestamente non vedo l’ora di mangiarlo.
«Grazie per essere stato con me oggi, Ivan.»
«D-di niente… a proposito, buon compleanno!» Ho frugato all’interno della tasca della giacca alla ricerca del regalo. «N-non è nulla di eccezionale, è solo un braccialetto…»
«Grazie…» Gli occhi scuri di Tina riflettono le varie luci del locale, visibilmente emozionati. «A dire il vero… ah, per dirtelo ho bisogno di bere.»
«Cosa c’è?» Cosa vorrà dirmi?
«Dovresti bere anche tu, ecco.»
Ha riempito il mio calice largo fino all’orlo… è successo qualcosa di grave? Vuole che beva per reggere il colpo? Forse è incinta? Ma io non c’entro niente… se è così, forse vuole solo sfogarsi perché non sa a chi dirlo... sinceramente quella Maria mi sembra un po’ una voltabandiera.
Dopo aver insistito, entrambi abbiamo bevuto il primo calice… solo dopo aver terminato il secondo, Tina sembra stia cercando di dire qualcosa tentennante… sta da giudicare se è per via del vino rosso o per via di quello che ha da dirmi… per quanto riguarda me, io ho la sala che ogni tanto si diverte ad inclinarsi in giro, ma tutto sommato dovrei stare bene… anche se questo vino è davvero molto forte rispetto agli altri che ho bevuto in precedenza.
«A dire il vero, ti ho invitato qui per uno scopo.»
Uno scopo? Tina?
«Forse te ne sarai già accorto oggi, che ero davvero strana… ero fuori di me, scusa.»
Per la verità me ne sono accorto, ma… ancora non capisco. Si sta rimangiando la versione della gelosia sull’essere mia amica? Allora ha davvero qualcosa di losco?
«Io non ero affatto gelosa di non essere la tua migliore amica, Ivan… Ivan, di essere amica tua non mi interessa proprio.»
Ho appena sentito un peso sullo stomaco. Fa male quando lo fanno alle spalle, ti dici sempre che è meglio che te lo dicano in faccia, ma adesso sento che fa male ugualmente. Tina non vuole essere mia amica… è come tutti gli altri? Utili a ben poco se non a rovinarti il fegato…?
«Io voglio essere la tua ragazza.»

………
«…Eh…?»
«Vuoi diventare il mio ragazzo?»
……

«…C-c-c-come, s-scusa…?»
«É da un sacco di tempo che ti osservo da lontano, che mi piaci e che ti guardo a distanza. Adesso che siamo diventati più vicini volevo dirtelo, poi ti ho visto con quella ragazza oggi e mi sono ingelosita… ma non era affatto una gelosia di amicizia.»
I suoi occhi scuri sono determinati e profondi, seppur tremolanti, non cessano un solo istante di fissarmi: mi sento incatenato da questo sguardo, ma sono molto confuso… non capisco più niente…
«É una dichiarazione d’amore: io ti desidero come uomo, Ivan.»
Tina…
…Tina mi sta… mi sta facendo una dichiarazione d’amore…?
A me…? Proprio a me…?
Tina è la ragazza più carina dell’accademia… e… sta facendo una dichiarazione d’amore a me che ero sempre lo sfigato di turno, l’asociale, l’antipatico…
Che paradosso.
«I-i-io…» Ah, non riesco neanche a parlare decentemente… ho un nodo alla gola, ho gli occhi pieni di lacrime… ho desiderato così tanto questo momento, e proprio per questo… in questo momento nel mio cuore c’è una piena battaglia in corso: sentimenti di felicità vengono sporcati dalla tristezza e viceversa. «… É… è così assurdo, Tina…» Ho abbassato il capo, cercando dentro di me le parole adatte… anche se non ne esistono. «Io… io ti ho sempre amata… ti guardavo sempre, sempre… pensavo a te continuamente, eri il mio chiodo fisso, la mia musa ispiratrice…» trattengo a fatica le lacrime, che crudelmente segnano il punto principale del mio discorso. «Poi ho incontrato Rosemund… lui era esperto ed è diventato il mio consulente… chiedevo a lui dei consigli per conquistarti… ma il tempo passava, io continuavo a non riuscire a parlarti… lui…»
Freddamente e con la gentilezza più pura, Tina ha interrotto il mio discorso: «…Ho capito. Tu sei innamorato di Rosemund, adesso.»
Ha centrato il segno. Alle sue parole, sempre più velocemente, rigagnoli caldi hanno iniziato a riempirmi il viso, incrementando il carico sul cuore e sullo stomaco.
«S-s-se solo… se solo me l’avessi chiesto prima… anche solo un po’ prima… ti avrei risposto di sì, senza pensarci due volte. Tu…» Ho alzato il capo, trovandomi davanti Tina, con gli occhi lucidi, con un dolce sorriso sul viso ed una profonda tristezza nello sguardo, concentrata sulle mie parole.
«Tu sei stata il mio primo amore… e questo non lo dimenticherò mai.»
Asciugandosi gli occhi con il fazzoletto, Tina, con la voce roca e bassa, mi parla: «Più di una volta mi ero resa conto che attorno a voi c’era un’atmosfera strana… come dire, diversa… adesso mi è tutto chiaro… io… ho lasciato io che questo accadesse, è colpa mia.»
“É colpa mia”? Non si può certo parlare di colpe su questo fronte. «Pensi… p-pensi che a me abbia fatto così tanto piacere venire al corrente di questi miei sentimenti…? Lui era gay ed era il mio migliore amico… e alla fine si è messo con un’altra persona, ed io sono stato messo da parte, io che non c’entravo nulla con questi stupidi gusti diversi! Non c’entravo nulla con tutto questo e guardami adesso! Ci sono dentro fino al collo e non c’è nulla che io possa fare…»
«É buffo, siamo nella stessa situazione…»
«Tina… tu sei davvero importante per me. Non pensare che ti dimenticherò solo perché adesso ho questi sentimenti verso di lui… tu sei stata il mio primo amore e con te ho avuto anche il mio primo bacio, quindi resterai sempre una persona importante nel mio cuore.»
Gli ho confessato tutto… non riesco a credere che questa sia la realtà… è tutto così assurdo in questo momento...
La debole risata di Tina mi cattura le orecchie, costringendomi a guardarla in viso: sta ridendo, sta ridendo davvero… dev’essere la tensione.
«Parli del bacio davanti al negozio dei vestiti, quando hai vomitato?»
«Sì.»
«Ma allora non lo sai ancora…?»
«Cosa…?»
«Non è me che hai baciato, ma il tuo bel biondino! Eri così fuso dall’alcol che hai preso tra le mani il primo viso che ti è capitato davanti, ed era proprio il suo! Lui mi ha fatto segno di non dirtelo, ma visto che è passato del tempo pensavo che ormai l’avessi saputo… e invece no, non te l’ha mai voluto dire… che cosa assurda.»
«…C-c-che cosa…?»
«Hai capito bene, il primo bacio l’hai dato a lui, non a me.»
Quindi quella notte… quelle labbra calde e soffici erano quelle di Rose…?
… Allora…
Allora è per questo che quando ci siamo baciati per sbaglio a Natale avevo quella strana sensazione familiare… perché avevo già avuto a che fare con le sue labbra… e anche dopo… quella sensazione continuava ad assillarmi per tutto questo tempo… perché era diretta a lui! È sempre stato lui l’oggetto delle mie fantasie… ed io non lo sapevo…!
Quindi quella sera sotto la neve anche lui si è ricordato questo bacio, e non quello con il suo ex… ma perché non me l’ha detto in quel momento? Perché mi ha detto una bugia? Forse perché credeva che io amassi Tina… in fondo io stesso ne ero convinto.
«Sono rimasta davvero sorpresa quando mi hai detto che Rosemund si era fidanzato, perché sai… io credevo che lui fosse innamorato di te. Avevo notato che la tua reazione era piuttosto esagerata, ma credo che non volessi accettarlo. Sai, Ivan… credo di averti dato il buon esempio stasera.»
«…Eh?»
«Credo di averlo sempre saputo… ma ho fatto finta di non rendermene conto. Sapevo che probabilmente avrei ricevuto una risposta negativa, ma ho comunque voluto dirtelo. Adesso che te l’ho detto posso davvero sentirmi libera di lasciare andare questi sentimenti per sempre, perché non avrò rimpianti.»
«…»
«Ti sto dicendo di andare da lui a dirglielo, Ivan.»
Andare da lui…? Lasciare tutto così e andarmene…? «M-ma… lui adesso è a cena con un altro…»
«Se il loro amore è sincero non verrà messo al tappeto dalla tua confessione. Adesso va’ pure… va a liberarti del tuo grande peso: ti sentirai meglio, te l’assicuro.»
«M-ma…»
«Io in tutta onestà voglio restare un po’ da sola per digerire questo boccone amaro… ma sarò in completa forma domani, quindi chiamami al telefono. Vattene adesso, dai.»
«…Tina… scusami.»
«Cameriere! Può chiamare un taxi e portare il conto per favore?»
Tina ha allungato una mano verso di me, sfiorandomi le dita: «Vai in bagno a sciacquarti la faccia, così sei decisamente impresentabile.» velocemente, quasi impercettibili, sento le labbra di Tina sfiorarmi la guancia con un piccolo bacio.
Ho sentito tutto il calore di Tina… questo è stato il nostro bacio d’addio.
«Chiedo scusa signori, qui c’è il conto e il vostro taxi è già fuori che vi attende.»
«Buona fortuna Ivan, e non balbettare!»
Ho salutato con il capo, mentre lei ha ondeggiato la mano a mezz’aria, sorridendomi.
Entro nel taxi, con la mente annebbiata dall’alcol e dalla confusione, continuando a pensare.
Tina ha ragione, devo parlare con Rose.
Anche Ashley me l’ha detto, ma sono state le parole di Tina a fare la differenza…
“Anche adesso saresti felice se ti dicessi di amarti?”
Quelle parole di Rose… lui me le ha dette poco dopo che io gli dissi di aver capito che quella sensazione proveniva dalle labbra di Tina… ma lui sapeva bene che non erano le labbra di Tina, quindi perché non me l’ha detto? Anzi, prima me l’ha tenuto nascosto, poi si mi ha fatto questa domanda che ormai è come un’ossessione… da quella volta è sempre stato così: lui parlava, poi si rimangiava tutto quanto.
Ma stavolta sarò io a parlare, e non mi rimangerò proprio un bel niente… dirò a Rose con che tipo si è messo, se c’è Giulio Lisbona presente tanto meglio! E se non ci fosse… sarò io a prendermi cura di Rosemund.
Arrivato davanti al palazzo, trovo il portone aperto e mi infilo nell’ascensore, cercando di rilassare se non il mio cuore, almeno la mente: non so se è l’effetto dell’elevazione, ma ogni tanto i contorni della cabina iniziano ad inclinarsi.
Sono arrivato davanti alla porta di casa con il cuore martellante dall’ansia e le mani tutte sudate, facendo avanti e indietro sul pianerottolo.
Aveva detto che sarebbero usciti fuori a cena, ma dall’interno si sentono delle voci. Sta da stabilire che tipo di voci sono… meglio origliare. Ho affondato l’orecchio sulla porta, cercando di comprendere la conversazione: si sente la voce di un uomo che parla piano e poi un lamento… questa è la voce di Rose, ne sono sicuro!
Il lamento è il suo… ma data l’ora potrebbe essere un lamento di piacere per il sesso…
Oppure potrebbe essere il lamento del pianto per il tradimento appena confessato da quel maiale.
Che cosa dovrei fare…? Soffrire mentre ascolto i gemiti di piacere o fare irruzione durante la lite facendo soffrire Rose ancora di più?
Ma io non ce la faccio più, devo liberarmi di questo peso!!
Ho iniziato a picchiare con il pugno sulla porta in legno, gridando a voce alta: «ROSE, APRIMI! SONO IO! NON MI IMPORTA COSA STA SUCCEDENDO LI DENTRO, DEVI APRIRE QUESTA PORTA E SENTIRE QUELLO CHE HO DA DIRE!»
Il suono della fittissima pioggia inizia ad echeggiare nel portone: ha iniziato di nuovo a piovere. Il miagolio sinistro di Alastor provenire dall’interno mi fa sobbalzare, mentre lentamente e cigolando, la porta si apre davanti ai miei occhi, rivelando le luci insolitamente spente all’interno dell’appartamento, mostrando una figura che non riconosco.

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Capitolo 45
*** Grazie… ma adesso sparisci per sempre ***


La persona davanti ai miei occhi è Rose, con Alastor tra le braccia. Non riesco a vederlo bene in viso per via dell’oscurità, ma pare che i suoi capelli siano in disordine… è ancora vestito, quindi non credo di aver interrotto qualcosa. Ma ha un’aria strana, cupa… sarà successo qualcosa.
«Perché stai al buio? Che stai facendo da solo?» Scommetto che stava piangendo per il tradimento scoperto… che rabbia!
Esitante, mi risponde: «S-stavo… guardando un film…» dal tono basso e sofferente della voce sembra che stia ancora piangendo.
Rapidamente ho portato il palmo della mia mano destra sulla sua guancia, scoprendola completamente bagnata: a questo gesto, Rose si ritira immediatamente.
«Sei bagnato… dimmi che sta succedendo, Rose!»
«Te l’ho già detto, sto guardando un film… e adesso per favore… se non vuoi sapere altro, faresti meglio ad andartene.»
«Adesso basta, fammi entrare! Io e te dobbiamo proprio parlare!»
Mi sono fatto largo nella stanza dando una rapida occhiata allo schermo del televisore, unica fonte di luce in tutto questo buio: in piena trasmissione vi è la scena finale del film “Ghost”. «É davvero per questo che stai piangendo?»
«Te l’ho detto.»
«E Giulio dov’è?»
«Lo vedi da qualche parte?»
« Cacchio, lo sapevo! L’ho sempre saputo che non era un tipo affidabile! Che scusa si è inventato?»
«Insomma, basta! Non vuoi capire o lo fai di proposito?! Non ti voglio tra i piedi, Ivan!»
«Peccato per te, perché resterò qui quanto mi pare e piace!»
«Allora chiamo i carabinieri.»
Rose ha teso la mano per raccogliere il cellulare appoggiato sul tavolo, ma con una manata molto decisa e ben poco delicata l’ho fermato in tempo: «Ho detto che dobbiamo parlare!»
«Ma io non ho niente da dirti!»
Ero venuto qui con le migliori intenzioni, eppure mi sto soltanto arrabbiando… ma non riesco a non irritarmi con questo suo comportamento: «Ah, no? Peccato, perché ci sono un bel po’ di cose che hai lasciato poco chiare o addirittura tenuto nascoste! Vuoi che te le elenchi tutte insieme o ti va bene una per volta?»
Il riflesso della Tv mostra il suo sguardo turbato ed agitato, come se lo stessi prendendo alla sprovvista: atteggiamento tipico di chi non sa più che scusa inventare.
Tremante e scoppiando a piangere, Rosemund si lascia cadere appoggiando il peso sulle gambe.
«Ehi…» Questa reazione mi ha un po’ spiazzato… ma almeno adesso so che ha fatto crollare la sua maschera, che finalmente è tornato ad essere il vero sé stesso, tutt’altro che freddo ed indifferente. 
Continua a piangere, cercando inutilmente di asciugarsi le lacrime con il dorso della mano già completamente zuppo.
«R-Rose…» avrò esagerato con le parole? Forse sono stato troppo aggressivo. «Ehm… dai, tirati su…»
Scuote la testa, rifiutandosi di tirarsi su. Tutta la rabbia è svanita solo vedendolo in questo stato: mi si è stretto il cuore, sento una profonda tristezza… sta piangendo come un bambino, sta facendo sentire male anche me.
«Non fare così… s-so che stai male per questa storia.» Probabilmente in questo momento si sta arrendendo all’evidenza, dopo che l’ho costretto a guardare in faccia alla realtà. «Sai… anche io sto soffrendo per amore, non sei mica l’unico…»
Si è voltato di scatto a fissarmi, con gli occhi completamente rossi di pianto: ho appena sentito una morsa al petto.
Ho mollato la presa sul tavolo e mi sono accovacciato verso di lui, per dargli un po’ di conforto: «Secondo me ti sei concesso troppo presto. Quello là non valeva mica così tanto.»
«Bugie, bugie… erano tutte delle bugie, Ivan!»
«B-bugie?» L’ho guardato sorpreso: mi ha tenuto altre cose nascoste?
«Non è vero nulla, nulla! Nulla di ciò che ti dico è vero, sono un bugiardo!»
Sono sicuro che si sta riferendo al bacio davanti al suo negozio e, che quella fosse una bugia, ormai l’ho già saputo da Tina.
«…Puoi… p-puoi anche essere un bugiardo, Rosemund Smith…»
Ah… i miei occhi hanno ceduto…
«M-ma… m-m-ma io ti amo lo stesso.»
L’ho detto...
Gliel’ho detto…
Sento come se il mio cuore si fosse appena liberato di un enorme macigno…
«Che… che cazzo stai dicendo, sei impazzito?»
Con la forza di un solo braccio, mi ha colpito al petto, spingendomi via, facendomi cadere sul pavimento con un tonfo.
«Mi sta bene anche passare per pazzo… ma almeno sono riuscito a dirtelo!»
«Sei ubriaco…! Sei ubriaco!»
«Dovresti fare come me, dovresti liberarti di tutto quello che senti!»
Indietreggiando, Rose ha raccolto il cellulare, cercando di comporre un numero: «Devo chiamare l’ambulanza… non stai bene!»
«STO BENISSIMO!»
L’ho raggiunto a gattoni rapidamente, bloccando le sue mani, con cui stringe saldamente  il suo cellulare.
«Non sono mai stato meglio, puoi credermi.»
«Sei ubriaco…»
«Avevo un gran peso proprio qui, al petto… m-ma adesso che me lo sono tolto, puoi anche mandarmi a quel paese.»
«Sei fuori di testa…»
«Sei tu che ti sei comportato da fuori di testa in questo periodo.»
«Mi stai prendendo in giro! Lo stai facendo di proposito per vendicarti, dimmi la verità! Non dovevi uscire con Tina stasera?»
«L’ho fatto, ma non è andata come pensi tu!»
«E come la penso?»
«Non lo so, ma di certo non siamo finiti a scopare come te e Lisbona!» A queste mie dure parole, le dita di Rose, ancora ben strette, sussultano: riesco a percepire agitazione attraverso le sue mani, rigidissime per la tensione.
La mia vista si è ormai abituata alla penombra di questa stanza, così decido di fissarlo negli occhi: sembrano smarriti, completamente smarriti, continuando a fare su e giù lungo il mio viso… non mi dispiace affatto fargli questo effetto. Al contempo dentro di me provo una strana sensazione: sento crescere tanta tranquillità nel mio cuore per il peso appena liberato, tanto quanto sento l’agitazione salire sempre più.
Con questi anomali sentimenti cerco di arrivare al sodo, sperando che questo momento finisca presto: se deve scaricarmi, che lo faccia in fretta. «Tina mi ha confessato di essere innamorata di me e mi ha chiesto di diventare il suo ragazzo, ma io le ho detto di no perché è di te che sono innamorato!»
Da parte sua nessuna reazione, nessuna replica.
«Non hai ancora capito bene? Vuoi che lo dica in inglese? I LOVE YOU! YOU, NOT TINA! UNDERSTAND?» Ma che diamine sto dicendo?
Con un filo di voce, Rose, ignorando la nuova lacrima pronta a solcargli il viso, mi parla: «La scena si è ripetuta...»
«Eh…?» Non ho capito.
«Io… tu… a te, a te è successa la stessa cosa che è successa a me. Io… sniff… io quella sera di capodanno… sono uscito con Giulio e stava andando tutto bene…»
Continuo a fissarlo in silenzio a bocca aperta, facendo fatica a deglutire, senza nemmeno badare a chiudere le palpebre, ormai tremolanti.
«Ma poi lui si è avvicinato a me per baciarmi… era proprio quello che volevo, ma non ce l’ho fatta… non ci sono riuscito e l’ho rifiutato!»
Completamente assorto dalle sue parole rotte dal pianto, inizio a piangere anche io.
«Poi… p-poi ho iniziato a mentire, ad accatastare bugie su bugie, tutto per tagliare i ponti… non volevo più stare male, non volevo più soffrire per un amore non corrisposto! Non volevo più vederti, non potevo più farlo con la stessa spensieratezza! Non ci riuscivo… anzi, non riesco… non riesco a vederti solo come un amico, Ivan…!»

…………
Ho la mente annebbiata.
Non credo di riuscire a capire cosa sta succedendo…
«Ma… io ho visto lui al negozio… e quel segno sul tuo collo…»
«Lui ha continuato a provarci con me, non accettava di essere stato rifiutato… quello stupido presuntuoso! Ero contento di vederti al negozio questo pomeriggio, ci sono rimasto male quando non ti ho visto rientrare e sono andato nel panico quando sei ritornato, notando subito questo brutto segno sul collo!»
Quindi…
«Quel verme ti ha molestato…?» Ho appena sentito una fitta allo stomaco.
«Ha iniziato a baciarmi con avidità, ma l’ho respinto con violenza… credo che dopo quello abbia capito… ma… ma non erano quelle le labbra che volevo, non era quello l’approccio che desideravo! Io… v-volevo… io voglio te…»
Le mie braccia l’hanno raggiunto, circondandolo con estrema cautela. Ho lasciato che poggiasse il capo sul mio petto con dolcezza, stringendoci l’un l’altro con amore, sentendo il forte profumo della vaniglia provenire dal suo corpo inebriarmi le narici e la mente.
Sento il mio cuore martellare fortissimo… ma allo stesso tempo anche un senso di pace… sto morendo? É forse il paradiso questo…?
Forse questo è un sogno… forse sto sognando, forse mi sono addormentato sul tavolo ubriaco insieme a Tina, e presto qualcuno verrà a svegliarci.
«Ivan… non è un sogno, vero?»
Ha appena fatto la stessa domanda…
«Io… i-io non lo so… p-potrebbe… pizzicami.»
Ho sentito la pelle della mia schiena pressarsi e contorcersi in maniera innaturale: «Ahi, mi hai fatto male!»
«Adesso colpiscimi tu.»
Il forte ed assordante suono del campanello ci fa sobbalzare entrambi, facendomi sentire come se il cuore stesse per uscirmi dal petto. Ho premuto una mano sul mio cuore: con questo spavento sono sicuro di non star sognando… ma chi cavolo sarà a quest’ora?
«Sarà la pizza che ho ordinato due ore fa…»
«M-ma lo sai che ore sono?»
Ignorandomi, si è alzato velocemente accendendo la luce, abbagliandomi con infamia, mentre apre la porta al fattorino.
Abbiamo pianto molto entrambi, non voglio che quel tizio si faccia idee strane guardandoci… ho iniziato a correre verso il divano, lanciandomi a sedere con goffaggine, stringendo i palmi delle mani sulle orecchie, fingendo di guardare la tv, ripensando alla conversazione appena interrotta come un’idiota.
Le luci si sono spente una seconda volta, piuttosto velocemente, facendomi tornare alla realtà: sullo schermo della Tv è in corso la pubblicità di uno squallido deodorante per ambienti… il film che stava guardando Rose è già finito, si è perso la scena finale... è un peccato vista la durata del film. A distogliermi dai miei futili pensieri sulla Tv ci pensa il mio senso dell’equilibrio: sentendo improvvisamente il peso del divano sbilanciarsi, mi volto verso destra, finendo intrappolato nello sguardo blu intenso di Rose… con il riflesso ben chiaro delle luci provenienti dalle immagini nel televisore riesco a vedere molto nitidamente il suo viso, che lentamente si sta avvicinando al mio.
Starà per baciarmi…? Cavolo, a che scemenze sto pensando? E tu cuore, calmati… che diamine, sembro una ragazzina delle medie con il primo fidanzatino!
Ma… ma in un certo senso è così. Lui è così bello… questo ragazzo tanto bello quanto gentile è stato il mio primo bacio… e anche il secondo… e anche il terzo. È sempre stato lui… e una parte di me si sente sollevata da questo. Deglutisco a fatica, cercando con la mente vorticosa qualcosa di cui parlare: «Dov’è la pizza?»
«Sul tavolo.»
Molto, molto piano… piano come quando si incrocia per caso un animale selvatico per le strade… Rose si sta avvicinando sempre di più.
«N-non avevi ancora… cenato…?»
«Era la seconda, ma è sopraggiunta troppo tardi, ormai è arrivata qui completamente fredda. Dimmi un po’, Ivan… per noi non è troppo tardi, vero?»
Ho mosso debolmente il capo in segno di negazione, mentre sento il suo profumo sempre più vicino continuare ad ammaliarmi, annebbiando la mia mente, facendo rimbombare rumorosamente i battiti accelerati del mio cuore in ogni centimetro del mio corpo.
E questi suoi occhi stupendi… il pianto li ha resi di un azzurro brillante, con dei piccoli raggi scuri, sfumati di celeste di blu avio… le ciglia bagnate non fanno altro che risaltare la loro stessa lunghezza.
Quasi tremolante, la sua mano raggiunge la mia gota, rendendola immediatamente rovente.
«Da questo momento non saremo mai più migliori amici. Hai qualcosa da dirmi prima di lasciare andare tutto quanto?»
Rosemund… ti ho incontrato e sei diventato il mio consulente d’amore… ti ho conosciuto e sei diventato il mio migliore amico… adesso che ti amo e che so che ricambi i miei sentimenti…
«G-grazie…» Ti sono grato per avermi insegnato ad amare… ma nella situazione attuale, sinceramente, non potrei provare piacere più grande nel lasciarti andare via per sempre, aprendo il cammino verso queste nuove emozioni. «…ma adesso via dalle scatole.»
Il suo volto si distende in un sorriso luminoso e sincero, che gli assottiglia gli occhi e rende il viso una maschera di dolcezza.
Contraccambio, non riuscendo a fare nient’altro in questo momento.
La sua espressione è variata improvvisamente, trasformando il Rose tenero e dolce in un ragazzo incredibilmente affascinante, mentre mi si avvicina a tal punto da riuscire a sentire il suo respiro. Le mie mani stanno tremando, eppure sono incapace di muovermi, rimanendo completamente soggiogato dalla linea sensuale delle sue labbra.
Un momento interminabile, un’amara attesa.
Esita, come se avesse paura di rompermi o di ferirmi… riesco a sentire tutta la sua tensione: il mio cuore è riscaldato da queste premure, ma l’indole animale che ancora alberga nell’essere umano che è in me in questo momento si trova in completa ribellione.
É ora di rompere questi stupidi indugi.
Con uno scatto deciso, riesco a vincere le sue labbra.
Una nuova sensazione sta nascendo dentro di me… per certi aspetti mi ricorda quello che provavo quando ho cercato queste labbra con molte domande dentro di me, eppure riesce ad essere anche completamente differente: arrogante come la consapevolezza di ciò che desidero, piacevole come la conquista, intimorita come la purezza.
Questa volta le labbra di Rose non sono solo calorose e soffici… sono roventi e sensuali.
Ci baciamo ancora, ancora. Ogni bacio è come un marchio inferto da un ferro incandescente... non importa quante volte mi allontani da lui, sento incessantemente la sua presenza su di me.
Le sue mani cercano le mie… mi lascio catturare, in un piacevole intreccio delle nostre dita.
È molto tardi, ma non riesco proprio a smettere per primo. Anna sarà in pensiero per me a quest’ora… decido di allontanarmi lentamente, cercando di evitare il suo sguardo per l’imbarazzo. Cercando smarrito di puntare lo sguardo altrove, sento spingermi nuovamente verso di lui con una manata sulla nuca scoperta. Approfittando delle mie difese abbassate, ne approfitta per marcare un punto critico: sento la punta della sua lingua stuzzicare la mia, come una spada da duello: giocosa… provocante… e letale.
«…Mhhh…»
Non so se è per merito dell’alcol che ho bevuto prima… ma sento terribilmente caldo in tutto il corpo… non riesco a far funzionare il cervello, ho la mente completamente bloccata. Ho le vertigini e non so come far calmare il sangue nelle vene, mentre come un fiume in piena percorre tutto il mio corpo lasciandomi brividi caldi dovunque… Rose, è questo l’effetto che hai su di me…?
Quando l’ho incontrato non volevo averci nulla a che fare… eppure adesso, nonostante il mio bacio inesperto stia gravando su una corretta respirazione, sento come se stessi ricevendo ossigeno vitale, come se lui fosse tutto ciò di cui abbia bisogno per vivere.
Mi avvicino sempre di più a lui, lasciando i nostri corpi in balia delle leggi della fisica, facendoci cadere l’un sull’altro, con la schiena di Rose aderita sul soffice divano, senza rallentare i bollenti spiriti.
«…Ah…mhh…»
Non dovrei spingermi più lontano di così… malgrado ciò non voglio assolutamente lasciarlo andare… mai più.

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Capitolo 46
*** Emozioni notturne ***


Non mi sento più né le orecchie né le guance dal calore, la mia vista è provata dall’emozione eppure riesco a svincolarmi dalle sue labbra, capaci di inibire qualunque forma di resistenza, proprio come il cuore di un tornado, facendo cadere il mio sguardo sui suoi occhi blu intenso: sono carichi di luce e rigenerati di vita come non glieli avevo mai visti prima d’ora.
La sua mano si protende verso il mio viso, segnandolo con rinnovato calore, mentre i suoi occhi profondi mi stanno scrutando puri ed enigmatici allo stesso tempo: «Questa notte resta con me.»
Sono trasalito dalla trepidazione ascoltando la sua proposta, che non dovrebbe affatto sorprendermi così tanto all’età di ventidue anni… ma… ma invece sì, mi ha sopraffatto il cuore, facendomelo battere forte nel petto… perché lui è la prima e l’unica persona che ha saputo dare un senso all’esistenza del mio cuore, arido e non consapevole su come si ami nel modo corretto. Ho fatto un cenno con il capo, impaziente all’idea di passare la notte insieme.
Sorridendomi carinamente, illuminando il suo viso, mi stringe la guancia in un pizzicotto amorevole: «Lasciami tirare su, così ti prendo un pigiama.»

…… Un pigiama…?
L’ho guardato piuttosto confuso ed agitato, preoccupato e speranzoso di aver frainteso.
«Meglio fermarci qui, prima di combinare un casino… siamo entrambi molto agitati adesso.»
…Ma… ma come? L’ho guardato con tutto il dispiacere possibile, incredulo, mentre mi lascio mettere da parte lasciandogli spazio per tirarsi su, venendo raccolto nelle sue braccia forti ed accoglienti.
«Tu sei ubriaco, io sono completamente nel pallone… non ci capisco più niente, vorrei semplicemente potermi godere il nostro momento in condizioni migliori… e poi… io…»
Il suo tono si è fatto sempre più basso, fino ad interrompere la frase balbettando ed esitando: «…Non voglio… n-non… non voglio fare l’amore con te con il collo in queste condizioni... ecco.»
Mi è arrivato un colpo al cuore nell’udire queste parole. Riesco ad accettare il fatto che sono un po’ ubriaco e che siamo entrambi agitati, ma… che la causa sia di nuovo quel Giulio Lisbona, di cui mi ero finalmente convinto di essermene sbarazzato una volta per tutte… no, che cavolo!
Ma seppure mi senta arrabbiato per questo, non riesco a fare a meno di pensare a come Rose possa sentirsi in questo momento. Nemmeno io accetterei una cosa del genere se avessi in bella mostra il segno del morso di un’altra persona… non potrei permetterlo.
Socchiudendo gli occhi provando un misto tra rabbia e dispiacere, mi soffermo sul livido che quel pervertito gli ha lasciato sul collo. Chinando la testa sulla sua spalla, affondo il viso nelle curve armoniose del suo collo baciando l’area livida, nella speranza di coprire la sensazione di disgusto che sicuramente proverà guardandosi allo specchio, con qualcosa che spero possa essere un bel ricordo.
Sollevo le mie labbra per baciarlo nello stesso punto ancora e ancora...  aggrappandomi con le mani alla sua schiena traccio una piccola linea con la lingua, sentendo le sue braccia stringermi più forte.
«…P-per favore, Ivan… ti prometto che appena andrà via sarà tutto perfetto… ma adesso… non piacerebbe a nessuno dei due… scusa.»
Non devo essere avido… perché mentre mi dice queste parole, lui stesso si sta trattenendo in questo momento. Facendo diventare il suo abbraccio sempre più forte, il mio cuore si stringe, i miei occhi si chiudono, lasciati trasportare dal suo profumo e dal tono dolce e caldo della sua voce… mi piace il modo in cui mi stringe, vorrei restare così per molto tempo.
«Se proprio devo indossare il pigiama… allora dammi qualcosa di leggero, Rose.»
«Di leggero?»
«Sì, così posso restarti appiccicato per tutta la notte.» Voglio addormentarmi cullato nelle sue braccia e annegato dal suo calore.
«Va bene…» la sua voce si è abbassata di colpo, come se fosse commosso dalla mia affermazione… ma non ho detto niente di speciale… forse sta trattenendo una risata? Probabilmente gli sarò sembrato troppo appiccicoso…! Svincolandomi dall’abbraccio lo fisso dritto in viso: i suoi occhi si stanno sforzando di trattenere le lacrime.
«Ehi… c-che hai…?» Lo guardo confuso mentre una lacrima gli cade rapida sulla guancia.
«N-niente… niente, è che sono così felice… tu… non mi hai trattato male dopo averti rifiutato così…» lo ascolto con attenzione mentre lo guardo con apprensione singhiozzare come un bambino: «…al contrario, hai persino detto di volermi stare appiccicato… sono così contento…»
«M-ma… è naturale che io voglia stare con te…» Sento il mio cuore ansioso solo per averlo visto in questo stato, non voglio vederlo triste nemmeno per un momento.
Rose scuotendo la testa in silenzio di risposta, mi rende tristemente consapevole del peso delle sue parole: a questo punto non posso fare a meno di pensare che lui non abbia avuto un rapporto di coppia normale durante la sua precedente relazione con il ragazzo freddo ed insensibile… mi è tornata in mente quella volta in cui mi ha confidato di essere stato tradito.
Ma come si fa a trattare male una persona come lui? Se fossi io il suo fidanzato me lo coccolerei tutto il giorno…
…… Ma… io adesso in un certo senso lo sono.
Cioè… dovrei esserlo appena diventato.
…… È così, io e Rose adesso stiamo insieme… no?
…Stiamo insieme.
Io e lui adesso siamo fidanzati.
Con uno scatto mi sono alzato dal divano finendo con il sedere sul pavimento, con la testa vorticosa e il viso travolto dal calore. «V-v-vado in bagno… v-vado per primo, ti dispiace?»
«No… ma stai bene?»
«B-b-b-benissimo! Puoi lasciarmi il pigiama fuori alla porta!» Sono fuggito in bagno chiudendo rumorosamente la porta, facendo lamentare Piero dall’interno della sua gabbietta.
Con le spalle sulla porta, fisso un punto indefinito sul pavimento della piccola stanzina, trattenendomi il petto trepidante tenendo premuta la mia mano tremolante sul torace.
L’ho appena realizzato.
Ho timore a guardarmi allo specchio… mi vergogno solo all’idea di cosa potrebbe riflettere.
Mi accovaccio sul lavandino cercando di rinfrescarmi il viso, gettandoci acqua gelata più e più volte, facendola schizzare dovunque.
Seguito dal leggero bussare, la voce di Rose raggiunge le mie orecchie, appannate dal calore del mio corpo e dall’infiltrazione d’acqua, sentendolo parlare dall’altra parte della porta con un tono offuscato: «Lo lascio agganciato alla maniglia, ve bene…?»
Deglutisco immaginandolo ad un passo o due da me: «S-sì!» per fortuna che c’è la porta a dividerci, non voglio che mi veda in questo stato da rincretinito totale!
Ho aspettato un po’ prima di aprire la porta e fuoriuscirne a malapena il braccio, raccogliendo il pigiama grigio con una stampa che raffigura una fetta di formaggio: guardandolo mi lascio sfuggire un sorriso e mi dirigo verso la doccia, non prima di aver sbattuto la testa contro quei terribili armadietti nel tentativo di aprire la manopola dell’acqua.
L’acqua gelida mi schiarisce le idee, sento l’effetto del vino venire sempre meno, lasciando la mia mente libera di fare il bilancio della mia vita.
Mi rendo conto che molte cose sono diverse: ho annientato il marcio che albergava sovrano nella mia quotidianità e anche se tutto è andato perduto, è stato più che necessario per segnare un nuovo inizio.
Adesso sta cambiando tutto.
Tutto attorno a me ha una forma ed un significato completamente diverso.
Com’è quel detto…? “La ruota gira”? Ebbene, sono sicuro che se finora tutto è andato storto, presto le cose si sistemeranno in meglio. È proprio così, escludendo la salute, non può succedere null’altro di peggio nella mia vita.
Sono sicuro che presto troverò anche mia madre, per quanto sia orgogliosa, testarda e materialista, prima o poi dovrà fare i conti con il suo cuore e… se mai tornerà indietro, sono sicuro che sarà capace di mostrare la parte migliore di sé. Di base non è una cattiva persona, devo solo fare affidamento sulla sua parte più umana e sperare che torni con noi… in fondo che se ne fa una donna presuntuosa della sua reputazione andata in frantumi? Dovrà solo chinare la testa e smettere di farsi condizionare dal cervello, tornando a casa. E se in caso sperare non fosse abbastanza…
Mamma di Rose, lo so che mi ascolti. L’hai fatto anche quella sera, facendo finire male l’appuntamento di Rose con quel Lisbona… ti ringrazio per quella volta, ma adesso ho un altro favore da chiederti. Per favore fai stare bene mia madre, dovunque sia in questo momento.
Mi sono affrettato a finire la doccia, preoccupato da quanto tempo può essere trascorso da quando sono entrato in bagno, infilandomi il pigiama frettolosamente e asciugando i capelli superficialmente con l’asciugamano.
Quando ho aperto la porta, ho trovato Rose seduto al tavolo intento a giocare con il gattino.
«Il… il bagno è libero.» Sarò sembrato abbastanza naturale?
Sorridendomi dolcemente mi si avvicina, porgendomi Alastor tra le braccia: «Grazie.»
Il pelo soffice e caldo del gattino e la dolce sensazione di tenerlo tra le mani mi induce a scambiargli uno sguardo amorevole: nonostante abbia l’occhio malconcio riesce ad essere davvero molto carino, sembra che questo difetto lo renda ancora più adorabile.
Improvvise le labbra di Rose raggiungono le mie, in un bacio rapido: mi volto verso di lui, intercettando le sue spalle passare attraverso la soglia del bagno, chiudendosi poi la porta alle spalle.
É a questo tipo di atteggiamenti che devo iniziare ad abituarmi…? É una bella sensazione.
Tenendo Alastor tra le braccia sono andato in camera da letto e mi sono sdraiato sul morbido materasso, dove le lenzuola hanno il dolce profumo della vaniglia, iniziando a giocare con il socievole gattino con ancora il sorriso stampato sulle labbra.
Dopo pochi minuti, Rose è entrato nella stanza, trovandomi completamente assorto a fare vola-vola con Alastor.
«Vedo che andate d’accordo.» Ci sta guardando sorridendo dolcemente, facendomi sentire leggermente in imbarazzo.
Indossa un pigiama blu notte a quadri che mette in risalto il suo fisico curato… i suoi capelli sono tutti in disordine e sul collo c’è un cerotto per bambini con la forma ed il disegno di una tartaruga: non riesco a reprimere una risatina.
«Hai acceso il lume.»
«Oh… scusa… ti da fastidio?» L’ho fatto per abitudine… ho paura del buio.
«No, lascialo pure così.» Mi ha sorriso in maniera luminosa, persino i suoi occhi sembrano emettere una certa luce, avvicinandosi al letto e sedendosi in maniera elegante. «Mi incuriosisce vedervi giocare insieme, di solito non è per niente amichevole.»
«Davvero?»
«Credo che tu gli piaccia… beh, è il mio gatto dopotutto.»
A questa frase sento le guance arrossare, Alastor mi sfugge dalle mani, dirigendosi verso il suo padrone, che mi sorride con un leggero rossore sul viso. Sembriamo abbastanza due idioti in questo momento…
«Di solito Alastor è abituato a dormire con me, ma credo che starà comodo anche sul comodino per stanotte… lo poggerò sul cuscino.»
Rose ha spostato il piccolo lume in vecchio stile –sicuramente raccattato in qualche negozio dell’usato– prendendo uno dei due cuscini e mettendolo sul comodino, dando ad Alastor il bacio della buona notte e ponendolo con cura sulla superficie soffice.
Impacciato l’ho seguito infilandomi sotto le calde coperte, facendo vagare da una parte all’altra il pigiama troppo grande per il mio fisico minuto.
Adesso siamo entrambi nel letto, continuando a passare lo sguardo divertito ed incuriosito da noi stessi al solo cuscino rimasto.
«Non vieni?» I suoi occhi profondi mi scrutano con amore, invitandomi in un qualcosa che ha tutta l’aria di essere molto dolce.
Gli ho rivolto un sorriso di pura contentezza, mentre l’ho raggiunto a carponi goffo, facendomi spazio e avvicinandomi al suo corpo dall’odore aspro del bagnoschiuma e dolce del profumo alla vaniglia.
Cullato dal calore che emana il suo corpo, senza farmi troppi problemi ho avvolto il suo tronco tra le braccia, aggrappandomi a lui come se fosse un enorme orso di peluche.
«Ivan, sei così coccolone?»
«Sì, arrangiati!» L’ho stretto ancora più forte.
Senza rispondermi verbalmente, avvolge le mie spalle con il suo braccio, dandomi un bacio sulla testa, iniziando ad accarezzarla teneramente.
«Rose, non ti conviene accarezzarmi la testa… mi addormenterò troppo in fretta così.»
«Non vuoi dormire un po’?»
«Voglio raccontarti un po’ di cose.»
Ho raccontato a Rose come ho passato tristemente i miei giorni solitari senza di lui e spiegato nel dettaglio quello che mi è accaduto oggi: ho tentennato al racconto di Ashley, ma con fatica ho cercato di fargli capire quello che ci siamo detti.
«Come immaginerai… è a causa di quell’incidente che ho smesso di guidare.»
«Non voglio che mi racconti quello che hai provato, sarai stanco anche tu… facciamolo un’altra volta, con calma.» Non voglio forzarlo a ricordare brutte cose.
«Va bene.»
Non ricordo quando è accaduto, ma le carezze confortanti che Rose ha continuato a farmi nonostante il mio avvertimento mi hanno fatto addormentare.
Non ricordo quand’è stata l’ultima volta in cui ho dormito così bene… mi sono sentito così confortato ed al sicuro… sentire la sua presenza mi ha donato un sonno paragonabile all’incantesimo di una Dea.
 
*
Il picchiettare del becco sulla gabbietta di Piero mi risveglia dal bel sonno ristoratore, forzandomi ad aprire gli occhi: un piccolo raggio di luce raggiunge il mio viso costringendomi a guardarmi nell’ambiente circostante.
Sono da solo in questo letto e questa è ancora la camera di Rose… è così bello sapere che non è stato un sogno.
E se lo fosse stato? E se il fatto stesso di essermi svegliato in questa stanza fosse parte del sogno e in realtà stessi ancora dormendo? Mi sono pizzicato la guancia, constatando con piacere di essere sveglio e cosciente.
Il suono del cellulare richiama la mia attenzione: è il mio, poggiato sul comodino a segnalarmi l’arrivo di un messaggio. Che strano, non ricordo di averlo messo lì ieri. Deve averlo messo lì Rose… ma dove sarà adesso? Dall’altra camera non si sente alcun rumore. Conoscendolo è possibile che sia andato a correre…
Mi aspettavo un risveglio diverso, ad essere sincero.
A questo punto meglio controllare chi è, potrebbe essere Anna preoccupata.
Allungo il braccio afferrando l’aggeggio incomprensibile segnalare l’arrivo di 11 nuovi messaggi: ma che succede? Persino Rose me ne ha mandato uno, evidentemente è per avvisarmi di essere uscito… ma ce ne sono così tanti che sto iniziando a preoccuparmi. Meglio leggerli, così potrò capirci qualcosa.
Apriamo il primo messaggio che mi capita davanti.
Ho avuto un tuffo al cuore leggendo le brevi e confuse righe di testo, i miei occhi hanno iniziato ad oscillare ansiosi, le mie mani a fremere di impazienza: la mia testa combatte confusa cercando di mantenere la calma, mentre il mio cuore si agita in una marea di domande burrascose.

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Capitolo 47
*** Irresistibile ***


Pur non riconoscendo il numero del mittente, le mie mani hanno iniziato a tremare, la mia testa si è accesa all’improvviso con stupore, il cuore ha iniziato ad agitarsi sempre più man mano che i miei occhi increduli scorrono velocemente le frasi confuse appena ricevute:

Ivan, sono tua madre.”

So che non ho nessun diritto per mandarti questo messaggio, ma ho bisogno di un favore. Sono stata derubata e ho bisogno che qualcuno venga a darmi dei soldi e un passaggio dall’hotel in Spagna in cui mi trovo.”

Se potresti raggiungermi nel luogo dove sono ora e aiutarmi avresti la felicità di non dovermi rivedere mai più.”

Se la tua risposta sarà positiva, rispondi a questo messaggio e ti sarà mandato l’indirizzo. Ti prego di venire da solo e di fare in modo che nessuno lo venga a sapere.”

Mamma… mamma mi ha contattato, non ci posso credere…!

Grazie mamma di Rose, grazie! Lo so che è stato tutto merito tuo! Grazie di cuore!

Ho riletto attentamente la sua richiesta di aiuto: qui è scritto che è stata derubata… starà bene? Per avermi contattato in segreto, sicuramente non vorrà che papà sappia dove si è andata a nascondere… ma perché questo atteggiamento da bambina irresponsabile?

Devo rispondere, devo rispondere subito!

Cosa posso scriverle? “Vengo a prenderti”? “Torniamo a casa insieme”? Oppure “Dammi l’indirizzo”? Non so proprio come affrontarla… non ci vediamo da un po’ di tempo ormai e se ripenso al fatto che lei è andata via di casa senza nemmeno salutarmi… mi fa star male questo pensiero.

Dannazione, nonostante tutti i casini che ha combinato io le voglio bene comunque…

Credo che risponderò in maniera molto semplice: “Verrò.” Okay, ho inviato il messaggio.

Ho dato uno sguardo rapido agli altri messaggi: tutti mi hanno mandato il buongiorno in maniera molto allegra, persino la madre di Rose… mentre Anna e papà mi chiedono come ho passato la serata.

Trasalendo mi porto le mani sulle guance, calde e arrossate ricordando quello che è successo tra me e Rose questa notte.

Lasciando per ultimo il messaggio con allegato immagine di Rose, noto stupito che c’è persino un messaggio da parte di Tina:

Ho parcheggiato la tua automobile davanti scuola! Non dimenticarti di andare a prenderla! (Le chiavi le ho attaccate sul retro della ruota anteriore con il nastro adesivo) ♥”

Le ha appiccicate col nastro adesivo dietro il cerchione della ruota...? Devo andare assolutamente a riprendere quelle chiavi prima che si stacchino di lì! Ma sono posti in cui metterle? È anche vero che non può stare ai miei comodi… e poi non so nemmeno se dopo quello che è successo abbia voglia di vedermi. Mah, in fondo… credo che sia giusto così, io se fossi in lei non riuscirei a farmi vedere impassibile dopo aver subito un rifiuto del genere. Ripensandoci dev’essere stata proprio dura per lei… rifiutata dal ragazzo che ti piace per via di un altro uomo… forse la sua intimità si sente ferita in questo momento… scusami Tina, ma purtroppo per te è questa la verità, io sono stato semplicemente e correttamente onesto nell’esprimere i miei sentimenti: ero arrivato al punto in cui le scuse non servivano più.

Oh, a proposito… meglio dare un’occhiata all’allegato immagine ricevuto da Rose. Qui è segnato che me l’ha inviato all’alba… ieri sera era già tardi quando ci siamo messi a letto, possibile che non abbia dormito affatto?

Apro il messaggio, incuriosito dalla fotografia mostrata sullo schermo.

È una fotografia scattata dall’alto, Rose è in primo con il braccio teso per lo scatto: siamo noi due a letto, io sto ancora dormendo tra il suo torace e il suo braccio. Nonostante abbia i capelli tutti fuori posto, il suo sorriso è bellissimo e rilassato, non sembra che si sia appena svegliato… eppure sembra allo stesso tempo riposato. Con la mano libera forma un cuore con il pollice e l’indice. Questo cuore è tutto per me, è mio.

Nonostante la mia espressione da pesce mentre dormo, è una foto molto carina… almeno per quanto riguarda la parte di Rose.

Sono le nove passate, chissà dov’è andato... non era certo questo il risveglio che immaginavo, ma è stato bello vedere che si sia preso la premura di fare questo piccolo gesto per me. Questa foto la custodirò gelosamente insieme a quella con Alastor! Sarebbe bello collezionare sue fotografie…

Ma a che penso? Mi sono inebetito del tutto? Devo alzarmi in fretta, devo ragionare sulla questione di mia madre!

Mi sono alzato frettolosamente e ho raggiunto la cucina cercando il bagno a tutta velocità, ignorando le tende spiegate sul grigiore della città ancora infestata dalla pioggia.

Dopo essermi rinfrescato, sono uscito dalla piccola stanza chiedendomi che fine abbiano fatto i vestiti che indossavo ieri.

«Good morning!»

«Ah!» Sono saltato come un canguro con il cuore in gola… non mi aspettavo di trovarmelo davanti! Ma da dov’è saltato fuori?

«La colazione è pronta!»

Rose mi guarda tenendo il suo viso vicino al mio, con gli occhi vispi di un bambino in un negozio di giocattoli, riempiti di vitalità ed energia positiva. Indossa una camicia bianca e dei pantaloni neri, mentre i suoi capelli sono in perfetto ordine… anche se non si è abbottonato l’ultimo bottone e non indossa nessuna cravatta, lo trovo comunque molto elegante… in effetti è da un po’ che non lo vedevo vestito in questa maniera, ormai ero così abituato a vederlo in maglione che in questo momento mi sembra di guardare una rivista di classe: beh… non a caso faceva il modello.

«Eri… eri in casa?»

«Sì, stavo facendo pasticceria! Perché, avresti preferito essere da solo? Perché sei corso in bagno con tutta quella foga? É successo qualcosa?»

«Stanotte ho ricevuto un messaggio da mia madre!»

Il suo sguardo cambia improvvisamente, facendosi sorpreso e molto serio: «Oh…»

«Leggi cosa mi ha scritto!» Gli ho rivolto forsennatamente lo schermo del cellulare davanti al viso, ha dovuto fermare la mia mano tremolante con la sua per riuscire a leggere le righe di testo.

«Quindi tua madre si sta dando alla fuga… quando la raggiungerai?»

«Penso di partire appena ripresa l’automobile… ma non so cosa dirle! Non so come affrontarla, non so lei come affronterà me! Non so cosa dirle per trattenerla, né per farla tornare a casa… né per tornare ad essere una famiglia! E se lei non volesse più fare parte della nostra famiglia?»

Rose mi sorride dolcemente, prendendomi tra le braccia e stringendomi: «Non dire sciocchezze, è impossibile non voler essere parte della tua famiglia.»

«Forse per te… ma se lei avesse deciso di abbandonarci? A quel punto non basterebbe nemmeno sbattere i piedi a terra piangendo per pregarla di tornare indietro. Dopotutto sono pur sempre colui che ha rovinato la famiglia facendo la spia.»

«Anche le mamme sono esseri umani, Ivan. Solo perché sono le nostre madri, che vediamo sempre così forti, non significa che non siano fragili e che non abbiano bisogno anche loro di sentirsi appoggiate da noi figli.»

Rose ha perfettamente ragione. «Sai, io… ho fatto una richiesta a tua mamma che non c’è più riguardo alla mia, e lei ha fatto in modo che io ricevessi il messaggio stanotte… sembra che mi abbia ascoltato.»

«Mamma Elaine ascolta sempre se le parli.»

«Già… a dire il vero non era la prima volta che le facevo una richiesta.»

«E quando gliene avresti fatta un’altra?»

«B-beh… ehm…» perché gliel’ho detto? Che imbarazzo! «Q-quando… quando le ho chiesto di mandarti a monte l’appuntamento di fine anno con Lisbona!» Ho affondato il viso nella sua camicia per costringermi a non mostrare il rossore sulle guance.

«Davvero?»

Ho annuito dal fondo della sua camicia, tenendo le mani ben strette sul tessuto, affogando nel profumo alla vaniglia. Sento le sue mani percorrere le mie spalle e afferrarmi le braccia nel tentativo di sciogliere la mia stretta… cosa che non è così difficile data la mia fisicità magrolina.

«S-s-sì, davvero! Va bene adesso??»

Mi ha guardato divertito: non so se per via della mia confessione impacciata o per l’aspetto enormemente a disagio del mio viso. Alla fine ha liberato una risata con gli occhi blu stretti e brillanti, irradiando luce in tutta la stanza, nonostante fuori stia piovendo a dirotto. «Non scaldarti tanto!» Avvolgendo le sue braccia attorno a me con forza ed entusiasmo ha iniziato a sbaciucchiarmi la guancia ripetutamente, emettendo il tipico suono riprodotto dal far schioccare le labbra.

«Ahh! Mi fai male, mi fai il solletico!»

«Solletico? Subito!»

Con decisione ha afferrato la mia testa chinandola da un lato e ha affondato il suo viso sul mio collo, soffiando con forza, facendomi venire i brividi in tutto il corpo: «Aaaahhh! R-Rose, basta! Aaahhh, non sei la mia zietta venuta dalla campagna che non mi vede da mesi!!»

Finalmente ha deciso di fermarsi, lasciando il mio collo intorpidito e non proprio asciutto... lo stronfino esausto con la larga manica del pigiama che ho ancora addosso.

«Hai ragione, non sei il mio nipotino adorato: sei il mio ragazzo.»

Sentendo queste parole ho avuto un tuffo al cuore, rimanendo immobile nella mia posizione. Insomma… immaginavo di esserlo diventato, ma sentirmelo dire così all’improvviso e di persona proprio da lui la mattina dopo la nostra prima notte insieme… fa un certo effetto, mi scalda il cuore e lo rende piuttosto vivace.

Mi volto verso di lui per guardarlo negli occhi, ma ormai è troppo tardi: vengo catturato immediatamente dalle sue labbra e, prima ancora di riuscire ad ammirare il suo sguardo, mi lascio trascinare dalla situazione, stringendolo a me, mentre i nostri respiri diventano affannosi. «Mmh…» Non sono abituato alla sua lingua calda, né al suo modo di stringermi, completamente diverso da come è sempre stato…

«Oh, Ivan! Ivan, dimenticavo!» Si è svincolato da me improvviso e con agilità, lasciandomi un po’ insoddisfatto, rivolgendo il suo sguardo preoccupato verso la cucina: «Ah, ecco! La panna si è sciolta tutta! Ci avevo messo tre ore per prepararli!»

«Cosa?» Mi sono avvicinato alla cucina, notando sul ripiano un vassoio su cui sono poggiati un paio di quelli che avrebbero dovuto essere dei cupcake con panna decorati: la panna è colata dovunque, le decorazioni colorate sono cadute in seguito allo scioglimento e adesso i dolci poggiano su un delizioso letto liquido a base di panna sciolta.

«La mia mattinata è andata in pezzi! Ho visto persino sorgere il sole mentre li preparavo!»

«Ma… fuori piove a dirotto, come hai fatto a vedere il sole sorgere?» Ho guardato la forte pioggia battere sui vetri del piccolo appartamento.

«É vero, ma… insomma, mi sono alzato alle cinque per preparare la colazione perfetta e mi si è sciolta tutta!»

«Dai, sono sicuro che abbia un buon sapore lo stesso!»

«Sì, ma ci ho impiegato molto molto molto molto tempo per decorarli!»

«Non sarà piuttosto che la panna si è sciolta mentre ci impiegavi molto molto molto tempo per decorarli?»

«No, io li ho studiati, li ho abbinati e solo dopo aver montato la panna li ho assemblati nel minimo dettaglio!»

«Dai Rose non ti scoraggiare, sono sicuro che li hai fatti con tanto amore e questo è quello che conta.»

«Per lo meno dovrebbero essere commestibili... mi dispiace Ivan, volevo mostrarti un lavoro ben fatto, invece…» Mi ha porto il vassoio davanti agli occhi: la panna colata via ha colorato completamente di bianco il fondo e solo piccole estremità delle decorazioni sono visibili. Ma quanta panna ci avrà messo su?

«Ma invece così è più carino! É molto originale e innovativo, pensa: le decorazioni di due cupcake si rifiutano di essere separate e si uniscono insieme in un oceano di panna bianca dove potranno finalmente essere felici e contenti!» Ma che idiozie sto dicendo?

Rose ha appoggiato il vassoio per poi scoppiare a ridere, facendo ridere anche me: «Okay, è una schifezza totale, non c’è bisogno di aggiungere altro! Prendo le forchette, un attimo!»

Mi sono seduto molto sereno al piccolo tavolino da pranzo, rendendomi conto di essere molto a mio agio, come se questa fosse casa mia. È proprio così, mi sento sereno e a mio agio solo quando sono con lui.

«Ehm… senti, Rose… volevo parlarti di una cosa seria.»

Con aria seria si è seduto davanti a me porgendomi la posata. A dire il vero non so come dirglielo… beh, farò come al solito, la butterò così come mi viene: «Voglio dire… questa cosa di noi due… insomma…» Il suo viso diventa sempre più teso e serio ad ogni mia parola: ma perché non so fare un discorso di senso compiuto come si deve? «Non è che possiamo tenerla un po’ per noi due? Voglio dire, almeno per il momento… per ora… vorrei tenere la cosa un po’ per noi, ecco.»

L’ho visto letteralmente sbuffare liberato di un peso, lasciandosi sprofondare sulla sedia molto sollevato. Forse pensava che volessi dirgli qualcosa di negativo? «Troppo tardi.» Ha tagliato con la forchetta un pezzo di cupcake, portandoselo alle labbra.

«Eh? S-scusa, che intendi con… “troppo tardi”…?» A chi l’avrà raccontato??

«Dovevi dirmelo prima, ormai lo sanno già tutti.»

TUTTI? «T-t-tutti… chi?»

«Tutti quelli che conosciamo: mia madre, mio padre, Ashley, Giulia… naturalmente non mi sono permesso di dirlo ad Anna.» Lo osservo senza parole mentre continua a divorare il suo pasticcino come se nulla fosse. Adesso capisco perché ho ricevuto tutti quei messaggi allegri di buongiorno... «Scusa. Per me era una cosa bella e volevo condividerla con loro che mi sono sempre stati vicino, non l’ho fatto con cattive intenzioni.»

«Oh… beh, n-non importa… tanto prima o poi l’avrebbero saputo lo stesso… almeno mi hai tolto l’imbarazzo di doverglielo dire di persona.» Ho abbassato lo sguardo stringendo con forza la presa sulla forchetta: «D-dovrei dirlo anche ai miei… m-m-ma questo non è pr-propr… non è il momento migliore per farlo... come sai.»

Sentire la sua mano poggiarsi sulla mia mi costringe a guardarlo: «Lo so, non preoccuparti. Posso accompagnarti a riprendere l’auto?» Il suo viso è comprensivo e amorevole, mi fa sentire davvero come se non dovessi preoccuparmene per il momento.

«Sì, ma… non devi andare a tirare su la serranda del negozio oggi?»

«Oggi ho da fare delle commissioni, tra cui avere un vivo dibattito sugli sconti più sfacciati ed immaginabili che posso ottenere da un fornitore.»

«Oh… buona battaglia allora. Io… io prendo la macchina e faccio una ricerca su internet per gli stradari… dovrò farmi un bel tragitto in auto. Ma non darò nell’occhio usando l’auto? Dovrò viaggiare per ore ed ore, come faccio a mantenere il segreto con Anna e mio padre?»

«Puoi usare l’aereo…»

«Verresti con me in Spagna da mia madre? Mi piacerebbe molto se mi accompagnassi!»

Mi ha guardato fisso negli occhi in silenzio, evidentemente concentrato sui ragionamenti più reconditi. «Ho un’idea migliore: chiama tuo padre e raccontagli tutto: poi, senza che tua madre lo sappia, manda lui al tuo posto. In questo modo i coniugi si incontreranno e si metteranno d’accordo per la riunione o la separazione.»

«Hai proprio ragione… davvero, sei un genio!»

«Persino un bambino di otto anni potrebbe arrivarci giocando a fare il cupido: sei tu che sei nel pallone visto che è una faccenda che ti riguarda troppo da vicino e beh, come darti torto.»

Oggi sto proprio sragionando, mi sembra di vivere in un ingarbugliato ed incredibile sogno.

Sono così felice che ogni cosa stia tornando al proprio posto... É come un bellissimo miracolo, qualcosa di ultraterreno... o forse è solo la felicità.

«Chiamo mio padre allora! Chissà come sarà contento di sapere che ho ricevuto notizie di mamma!»

Mentre faccio partire la telefonata, gli sorrido complice, fissandolo negli occhi blu.

«Pronto? Ivan! Come stai? Ci hai messo un'eternità a telefonarmi, dove sei stato ieri? Pensi che solo perché stai da Anna io non riesca a controllare i tuoi orari?»

Come al solito in maniera del tutto personale, mio padre è impacciatamente preoccupato per me: «Io sto benissimo! S-scusa se ti ho fatto preoccupare... ascoltami attentamente, ho ricevuto un messaggio confuso da parte di mamma!»

«Da Clarissa? E che dice? Sta bene?? Sta bene, Ivan??»

«Sì, almeno credo... è scappata in Spagna, ma le hanno rubato soldi e documenti e non sa cosa fare. Mi ha chiesto di aiutarla ma di non dirti niente... ma io non me la sento di tenerti all'oscuro di questa cosa importante!»

«Hai fatto bene! Bravo ragazzo! Ma come si fa a farsi derubare come un'allocca? Doveva essere ubriaca!»

«Papà, vai tu a prenderla, raggiungila tu in Spagna! Solo tu puoi convincerla a restare!»

«Stai scherzando? É ovvio che ci andremo insieme!»

Eh? «...C-c-come insieme?» Non mi sento così sicuro su quest'improvvisa riunione di famiglia... in un contesto del genere, poi...

«Non capisci l'italiano? Insieme significa insieme!»

«M-m-ma dovete discutere di cose vostre private, io che c'entro?»

«Ma ti sei rincretinito?? Tu sei parte di cose nostre e private, sei nostro figlio! Verrai con me e basta!»

«M-m-ma...» Ma è vero che sarò d'intralcio... e poi non so in cosa potrebbe sfociare la “civile riunione” improvvisata che così civile mi sa tanto che non lo sarà... ho già l'ansia a pensarci... devo trovare una scusa per non andare... «MA FARÓ LA FIGURA DEL TERZO INCOMODO! NON VOGLIO FARE LA CANDELA, SCUSAMI!»

«...» Si è zittito: forse l'ho convinto a non venire coinvolto... davvero mi imbarazza l'idea di essere spettatore in una lite sui loro problemi di coppia, corna incluse! «Non hai quel tuo amico straniero, quello che veniva a casa nostra? Sembravate così tanto amici, puoi chiedere a lui di accompagnarti!»

«Eh? R-R-Rosemund, dici...?» L'ho guardato negli occhi allarmato e imbarazzatissimo, lui mi ha risposto con un tenero cenno interrogatorio.

«Sì, lui! Scommetto che siete abbastanza intimi per parlare di tutti i fatti di casa nostra! Figurati se non gli hai raccontato tutta la storia, andiamo! Non puoi chiedergli di accompagnarti? Pagherò io per tutti, naturalmente!»

«Ehm...» Adesso che gli dico? Che ce l'ho davanti perché abbiamo passato la notte insieme?? Sento tutto il calore accumulabile accumularsi sul mio viso, guardo Rose, guardo Piero, guardo la pioggia fuori e la mia testa continua a rimanere nel caos totale. Sento la mano grande e piena d'amore di Rose carezzarmi con dolcezza la guancia: mi sta rivolgendo un sorriso rassicurante, con i suoi occhi luminosi.

«A dire il vero, è con me adesso... ho dormito da lui!» Che dico? Che sto dicendo??

«Bene, allora chiediglielo! Anzi, passamelo al telefono!»

Senza sapere cosa fare, ho passato frettolosamente il cellulare a Rose: che cavolo sto combinando?? Lo faccio parlare al telefono con mio padre?

«Buongiorno! Sì, sono io! Come sta, tutto bene?» Completamente allegro e a proprio agio... in situazioni diplomatiche di questo genere si nota che è un commerciante. «Sì... sì... oh. A dire il vero questa mattina avevo un incontro con un fornitore, ma credo di riuscire a spostarlo.» Fa lo spilorcio persino con gente che non conosce bene? Che figura! «Verrò con immenso piacere, signore!» Il suo sorriso è così bello, illuminerebbe del tutto persino la sala buia di un enorme sala da cinema. Lo osservo cambiare l'espressione da spensierata a maliziosa: «Certo. Si fidi di me, suo figlio è in ottime mani.» raccogliendo la mia mano dalla superficie in legno del tavolo e catturandola, intrecciando le sue dita con le mie. «Si figuri, è un piacere del tutto mio, mi creda. Arrivederci.» Senza smettere di sorridere in quella maniera, mi porge il cellulare: cerco di svincolarmi dalla sua presa, ma stringendo le dita sul dorso mi intima di usare l'altra mano.

«Ivan, dì al tuo amico di avere pazienza, ma dobbiamo incontrarci e andare a comprare il nostro biglietto aereo immediatamente!»

Rose cambiando la posizione della sua mano sulla mia, ma continuando a tenerla per sé, alzandosi mi raggiunge alle spalle, probabilmente per poter ascoltare la telefonata. «Immediatamente? Non puoi darci il tempo per preparare i bagagli?» Improvvisamente sento le sue labbra sul mio collo, facendomi rabbrividire, sussultando sulla sedia: l'ho guardato in maniera severa, ma da quel sorrisino dipinto sul volto sembra che non abbia nessuna intenzione di lasciarmi in pace.

«Preparare i bagagli? E quanto ci impiegherete? Non è meglio comprare tutto una volta arrivati a destinazione?»

«Ma non è meglio se ci prepariamo i bagagli da cas-» Sento la punta della sua lingua divertita percorrere delle linee confuse sul mio collo, mandandomi in confusione: «...da casa? Ad esempio, se volessimo fare una doccia appena arrivati?» Sento il peso del suo corpo spostarsi sul lato destro, il suo respiro ancora sul collo, mentre lento percorre la salita fino all'orecchio, marcandolo prima con le sue labbra sensuali, successivamente con la lingua provocante. «Uhn...» Dannazione, cos'era quel suono che è appena uscito dalla mia bocca??

«Cosa c'è, Ivan?»

«N-n-niente, s-stavo... s-stavo sbadigliando!» Rose, completamente compiaciuto del dominio assunto, facendomi rabbrividire con il suo respiro nell'orecchio, mi sussurra con tono caldo: «La doccia la faremo insieme.»

«COS--» Mi sono voltato di scatto verso di lui, agitatissimo con il volto completamente in fiamme: senza preoccuparsi minimamente di poter essere stato sentito da mio padre, continua a guardarmi con quegli occhi, in quel modo intenso e seducente, come faceva ieri sera sul divano.

«Vi bastano un paio d'ore?»

«Ehm...» Non posso fare il suo gioco, devo cercare di restare concentrato sulla telefonata, sto parlando di una cosa seria con mio padre. «Rose, ti bastano un paio d'ore per preparare la valigia?»

Assottigliando -pericolosamente per me- i suoi divertiti occhi blu intenso, lo vedo avvicinarsi alla mia guancia schioccando lievemente un bacio: sento le sue ciglia lunghe sul mio viso e il suo profumo alla vaniglia molto più intensamente adesso... oltre che la sua mano muoversi lungo il mio bacino, scendendo nel basso ventre e risalendo sotto il tessuto della maglietta, cercando un contatto con la mia pelle. Dandomi un altro bacio, continuando a sussurrare: «Non preoccuparti per quelli, ci vorrà meno di un minuto per occuparci dei nostri vestiti.»

Sento come se l'animale dentro di me si stia dimenando come un pazzo in questo momento... Rose sta giocando sporco. Tu laggiù, stai buono... ieri sera abbiamo deciso di non bruciare le tappe, e dopo aver frenato i miei istinti non gli permetterò di certo di avere la meglio su di me: sarò io a tenere le redini del rapporto, quindi deciderò io se, dove, come e quando.

«Papà, adesso devo lasciarti! Devo tornare a casa a preparare le valigie!Ci vediamo tra due ore, va bene?»

«Allora passo a prenderti da Anna... Ah, Ivan?...»

Sembra imbarazzato, sta esitando... cosa vorrà domandarmi? «Sì? Cosa c'è?» Ho cacciato la mano di Rose dall'interno della mia maglietta mentre vagava alla ricerca di qualcosa di non definito, preoccupato per l'atteggiamento di mio padre.

«...N-no, lascia stare, te lo chiederò più tardi. Ci vediamo dopo.»

Ho chiuso la telefonata e poggiato il cellulare sul tavolo piuttosto perplesso: «Cosa voleva chiedermi...? Sembrava serio...»

«Forse si è accorto di qualcosa?»

Il mio viso si è colorito frettolosamente di un rosso vistoso, riesco a sentire un forte ardore sulle guance: «P-perché hai iniziato a provocarmi...?»

«Oh...» Le gote di Rose sono diventate improvvisamente rosse, sul suo viso è nata un'espressione molto intimidita e vispa allo stesso tempo, mentre si porta rapido una mano sul viso, cercando invano di mascherare lo stato d'animo ben visibile sulle guance. Com'è carino quando fa quell'espressione... «Ivan, sai... che sei molto carino in questo momento?»

Eh? ...Io? «C-c-che cavolate dici?! I maschi non possono essere...» ho deglutito ammirando la sua espressione fanciullesca dipinta in viso «...c-carini...» ma lui lo è... lui riesce ad avere tutte le espressioni più belle del mondo... io sono innamorato di questo ragazzo meraviglioso... voglio che sia mio, completamente. «Rose, io voglio fare l'amore con te.»

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