USSA, la scuola dei misteri

di LeInvisibiliGemelle
(/viewuser.php?uid=967007)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


USSA, la scuola dei misteri







Sofia:
Oggi sono emozionantissima. È il mio primo giorno alla USSA, l’Università degli Studi di Scrittura Applicata, un’università di fama internazionale con rigorosissimi test per il numero chiuso. Sto per arrivare alla scuola, insieme agli altri del primo anno, in un aereo che atterrerà a breve sull’isola. Seduta accanto a me c’è Iris, la mia migliore amica. Fin da piccole sognavamo di frequentare quella scuola, così avvolta in un alone di misteri e leggende; nessuno sa quante di esse siano vere, ma di certo non è un’università come le altre. Anche il fatto che sia su un’isola sperduta in mezzo all’Oceano Pacifico non rientra esattamente nella norma. Girano strane voci riguardo la sua dislocazione: dicono che una delle due fondatrici l’abbia vista spuntare dal mare passando in barca lì vicino e che, secondo una strana legge locale, avendoci messo piede per prima era diventata automaticamente di sua proprietà.
Oh cavolo, com’è bella! Devo assolutamente fare un disegno della stupenda isola che vedo dal finestrino.
In fretta e furia tiro fuori l’album e la matita e comincio a disegnare.
Iris mi guarda e dice rassegnata: «Sei sempre la solita, Sofia! Non appena posi lo sguardo su qualcosa che ti piace, corri subito a disegnarlo!»
Beh, non posso darle torto, è la verità; comunque chiedo, ignorando la sua affermazione: «Pensi che ci saranno molti altri italiani oltre a noi due?» Lei risponde: «Boh, chi lo sa. Per ora non ho sentito parlare nessuno come noi». Entrambe tacciamo e tendiamo l’orecchio in cerca di qualche parola nella nostra lingua. Niente.
Sobbalziamo quando una voce femminile annuncia in inglese che stiamo iniziando l’atterraggio e raccomanda di allacciare le cinture. Mentre eseguiamo ci guardiamo raggianti: stiamo arrivando!
 

Aisha:
Comincia un altro anno, il terzo.
L’aereo dei primini sta per atterrare, e, come al solito, nessuno si è offerto volontario per fare da accompagnatore nel il giro turistico della scuola. Tocca a quelli di terza accompagnare i piccoli di prima in giro per la facoltà e, quando lo sono venuta a sapere, mi sono subito proposta.
Due donne, le fondatrici della scuola, mi si stanno avvicinando. Probabilmente hanno notato che sono l’unica che aspetta l’aereo.
La più alta e stravagante delle due mi appoggia una mano sulla spalla e chiede: «Come mai sei qui da sola?» io divento rossa per l’imbarazzo e rispondo con un filo di voce: «Beh, ecco, io credo che, insomma, non ci siano molti altri volontari». Quelle si guardano intorno stupefatte e preoccupate allo stesso tempo.
Quella che si veste sempre di nero inizia a fare avanti e indietro nervosamente mentre l’altra si strofina il mento pensierosa.
Ad un certo punto la dark si blocca girandosi verso di noi e guardandoci con uno strano bagliore negli occhi. «Perché non promettiamo agli alunni che si offriranno come volontari un centodieci e lode nella tua materia?» chiede fissando intensamente l’altra fondatrice. Quella scuote la testa sghignazzando e risponde: «Basta promettere un credito extra».
Dopo poco l’aeroporto è gremito di gente, almeno metà di quelli del terzo anno sono qui. A quanto pare il piano delle fondatrici ha avuto successo.
 

Sofia:
Una volta atterrati vediamo venirci incontro le due fondatrici, che ci sorridono benevole. Sono seguite da una folla di studenti, più o meno la metà di noi; badate bene, questo vuol dire davvero tanti, noi siamo in almeno trecento!!!
Le due donne ci spiegano che i ragazzi ci mostreranno la scuola e ci accompagneranno alle nostre camere per depositarvi i bagagli.
Con un po’ di ritardo noto che gli altri se ne stanno andando: mi ero persa a guardarmi intorno, anche se questo mi sembra un normale aeroporto, per quanto grande possa essere.
Iris si gira e mi sibila irritata: «Andiamo Sofia, vuoi rimanere senza accompagnatore?» Io mi precipito verso di loro scusandomi.
Una delle fondatrici ha iniziato a leggere un lungo elenco di nomi, mettendo assieme due di noi con uno di quelli più grandi. I primi trii se ne sono già andati. Noi posiamo le valigie e vi ci mettiamo a sedere sopra: ci vorrà sicuramente un’eternità a chiamare tutti. Ma siamo fortunate, poiché veniamo chiamate dopo soli venti minuti; in seguito ci conducono da una ragazza di poco più di vent’anni un po’ più bassa di noi, con una corporatura forte e i capelli che le arrivano poco più su delle spalle. Sono tinti di rosso da una parte, che figata!
Ci aspetta con un largo sorriso stampato faccia e ci saluta cordialmente presentandosi. Si chiama Aisha. Noi ci presentiamo a nostra volta.
Vedendo le sei valigie che ci siamo portate dietro consiglia di passare prima da camera nostra per depositarle e poi iniziare la visita della scuola. Noi acconsentiamo e, precedute da lei, ci avviamo fuori dall’aeroporto.
La vista che si offre ai nostri occhi è a dir poco mozzafiato: l’aeroporto è sull’unica montagna dell’isola, che da quassù è interamente visibile, si vede anche l’edificio scolastico, è immenso, l’ala che credo sia dedicata ai dormitori è alla mia destra, il plesso scolastico risulta estremamente amalgamato con il resto dell’isola grazie ai giardini pensili che lo ricoprono.
È veramente splendida!!!
Tutto intorno si estende un immenso parco verde, dove si trovano tutti gli altri studenti arrivati pochi giorni prima di noi.
Noto che sulla mia sinistra c’è un grande bosco formato da una moltitudine di alberi diversi, accanto ad esso è situato un lago di un azzurro un po’ più chiaro di quello del mare. Più vicino alla scuola c’è un intrico di siepi ben tagliate che lì per lì non identifico per ciò che è realmente: un labirinto!!! Proprio accanto c’è una grande cupola di vetro che sembra una serra. Più a sinistra, invece, si estende, in tutto il suo splendore, la costa rocciosa in cui sembrano esserci delle grotte, all’estrema destra c’è una lunga spiaggia bianca, dove alcuni degli studenti stanno allegramente facendo il bagno.
Mi volto verso Iris: sul suo volto è presente un’espressione di estatico stupore che credo si rifletta perfettamente sul mio. Aisha ci guarda e sorride, poi ci fa strada verso una funivia che porta a valle.
Una volta seduta, estraggo nuovamente l’album e comincio a disegnare a più non posso ogni singola cosa che vedo, sotto lo sguardo a metà fra l’incuriosito e il divertito di Aisha.
Mentre disegno lei ci parla dei vari ambienti della scuola e di come funzionano le cose: «Allora, durante i giorni di lezione la mattina si seguono quattro ore e il pomeriggio due. Ogni corso dura due ore. C’è un’aula per ogni corso, perché i prof sono abitudinari e hanno tutte le loro cose in classe. I corsi obbligatori sono quattro: letteratura, poesia, scrittura creativa e scrittura di informazione. In più dovete anche sceglierne almeno quattro di quelli facoltativi, che in tutto sono tredici. Si mangia nella mensa alla fine dei corsi della mattina, che iniziano alle 10, quindi ci si può anche alzare tardi. Le lezioni non ci sono sempre, quindi abbiamo un bel po’ di tempo libero. In quei momenti possiamo fare quello che ci pare, ma ci sono, volendo, anche delle attività extrascolastiche, come il giornalino, il teatro, l’arrampicata, il nuoto, la botanica, la danza, il disegno (credo che questo ti interessi) e molte altre. Altrimenti si può andare nel labirinto, nel parco o in biblioteca; è quell’ala grande quasi quanto i dormitori che vedete là davanti: è veramente enorme, appena avrete posato le valigie vi ci porterò.»
Arrivate in fondo ci dirigiamo verso la segreteria, una specie di scatola di vetro nell’angolo in fondo a destra della sala d’ingresso: non sembra neanche di essere entrati al chiuso, pare un giardino.
La piccola donna dai capelli castani e dall’aria gentile seduta dietro una scrivania là dentro alza lo sguardo al nostro arrivo e ci sorride. «Buongiorno, vorremmo sapere qual è la camera di…» «Iris Boschi e Sofia Corradi» completa Iris. La segretaria controlla e risponde: «Oh, ma guarda, siete tutte e tre in stanza insieme!» La notizia ci rende tutte contente. Aisha chiede: «Chi c’è in stanza con noi?» Dallo sguardo della segretaria capiamo che quelle che sta per dire non sono buone notizie. «Leonore – Aisha geme di sorpresa – e…» la segretaria fa un gesto come per spostarsi i capelli dal viso e ammicca verso Aisha, che esclama: «No, la Reginetta no!» La segretaria annuisce con fare lugubre: «Mi dispiace».
Io e Iris ci guardiamo senza capire. Aisha ringrazia e saluta con aria depressa.
Decidiamo di dirigerci insieme verso i dormitori. La nostra accompagnatrice evita di rispondere alle nostre domande sbiascicando solo dei: “Capirete quando le vedrete”.
Comunque ogni preoccupazione per le compagne di stanza se ne va quando entriamo nel corridoio del dormitorio femminile. Sembra di essere nel più lussuoso degli alberghi a cinque stelle.
Arriviamo alla porta della nostra camera, la 186, fatta da un bel legno scuro con il numero inciso su una targhetta dorata. La stanza è piccola con due letti a castello e uno normale, di legno chiaro, ognuno con una cassapanca di lato per metterci le proprie cose. Le lenzuola sono bianche e le coperte rosso bordeaux, come le federe dei cuscini. Le cose di Aisha sono sul letto alto di uno di quelli a castello. Iris si sistema in quello normale e io in quello sotto Aisha.
Dopo aver riposto le nostre cose e aver visitato il bagno in fondo al corridoio, ci dirigiamo tutte insieme allegramente verso la biblioteca.
 

Aisha:
Camminiamo per dieci minuti buoni per arrivare in biblioteca.
Nessuna di noi parla. A quanto pare queste primine non sono molto loquaci, o forse sono solo timide, o magari sono troppo prese da tutte le stranezze della scuola o… non mi viene in mente molto altro.
Mi volto un attimo per osservarle: una è abbastanza alta, di carnagione medio scura (a quanto pare non ha ancora smaltito l’abbronzatura estiva), i capelli marroni legati a coda da dei finti rasta colorati, gli occhi marroni leggermente a palla ed è completamente presa dal blocco per i disegni che ha in mano; l’altra è alta più o meno quanto la prima, è pallida come un cadavere, ha i capelli marrone scuro tagliati corti e gli occhi… ma che cavolo di colore è quello? Sono chiari, verdi, forse, o forse sono azzurri, o grigi, non lo so dire con precisione, lei invece si guarda semplicemente attorno un po’ spaesata. Mi ricordano tanto me il mio primo giorno di scuola… sorvolando il fatto che, non avendo un accompagnatore, mi sono persa ed ero completamente disperata.
La biblioteca è semplicemente enorme e super fornita. Accompagno le ragazze fra i vari settori mostrando loro cosa possono trovarvi. E ce ne sono davvero tanti: fantasy, fantascienza, horror, rosa (i romanzi d’amore), noir, nonsense, biologia (come se a qualcuno qui interessasse…), scienze, storia, chimica (sì, sono riusciti a riempire un’intera corsi con libri sulla chimica, incredibile no?), vocabolari (cosa insolitamente utile in questa scuola), sesso (non poteva mancare no?), enciclopedie, geografia/attualità (cioè, riempiono una corsia con libri sul sesso e non ci riescono con cose di geografia?), filosofia, psicologia, linguaggio dei segni (è materia scolastica, incredibile vero?), letteratura, poesia, economia, pedagogia, animali (no, non era compreso nella biologia), avventura, cinema, cucina, cyberpunk, esoterismo (non chiedetemi cosa sia, non ne ho la minima idea), mistero, musica, pulp (altra categoria che non conosco), teatro e umorismo. Bell’elenco eh? Alcuni dicono ci sia anche una sezione di magia ma io personalmente non la ho mai vista.
Dopo un altro bel pezzo di camminata arriviamo alla corsia più in fondo: mistero.

«
Chi è quella?» chiede Iris indicandomi una ragazza dai capelli neri e la pelle bianca sdraiata con le gambe distese sul muro, che sta leggendo un libro (mi sa che guarda solo le immagini visto che lo tiene al contrario).
La ragazza inclina la testa all’indietro rivelandoci un volto pallido in cui sono incastonate due pietre nere come la pece. Cavolo! Leonore. Ci squadra per un attimo prima di scomparire.
«Q-quella è u-una d-dei fa-fantasmi d-della scuola» rispondo con voce tremante.
«Ti trema la voce» osserva Sofia «Perché?» chiede poi.
La sua amica sghignazza e afferma: «È come se tu avessi appena visto un fantasma».
Mi giro furente verso le due ragazzine sghignazzanti dietro di me e sbraito: «Infatti HO appena visto un fantasma, e anche voi… quella non è umana. Appare e scompare come niente fosse, quella» continuo abbassando il tono della voce «È un fantasma!». Le primine, notando il mio viso serio, smettono subito di ridere e si guardano preoccupate.
Passano cinque minuti di silenzio in cui la tensione è palpabile prima che io mi decida ad aprire di nuovo bocca rossa come un peperone per la scenata fatta poco prima. «Andiamo a mangiare?» chiedo sorridendo appena. Le ragazze annuiscono così ci dirigiamo in mensa. 




****************************************************************************************************************************************
Angolo autrici: 
Speriamo che il primo capitolo vi sia piaciuto... noi ormai sono due anni che lo abbiamo scritto, quindi scusateci per eventuali errori di battitura o simili!!! 
Questa storia infatti la stiamo già pubblicando su neteditor. 
Sulla puntualità dei nostri aggiornamenti non ci sarà alcuna certezza... ci spiace... siamo davvero pigre ;) 
Siamo nuove quindi se voleste lasciarci il vostro parere ve ne saremmo grate! (Anche critiche che tanto servono per migliorarsi) 
A presto! 
LeInvisibiliGemelle

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo II ***


USSA, la scuola dei misteri
 








Iris:
Camminiamo per gli allegri corridoi della scuola per circa dieci minuti prima di fermarci dinnanzi ad una porta grigia in metallo.
Aisha si avvicina lentamente e spinge piano una delle due parti della porta per poi scostarsi e farci entrare.
Subito gli odori delle pietanze ci investono con la stessa potenza di una mandria di buoi terrorizzati; il pollo si mischia con le salse piccanti e l’odore della minestra di fagioli. La cosa che però mi lascia più spiazzata è l’enormità del posto, credo sia poco più piccola dei dormitori e mille volte più gremita di gente. Si vedono persone di tutti i tipi, da quelli più stravaganti, vestiti con pantaloni a zampa di elefante, magliette con le scritte più strane, borchie, piercing e tatuaggi, a quelli più professionali in giacca e cravatta.
Subito mi sento persa come una goccia d’acqua nel mare.
Mi volto verso la nostra accompagnatrice per capire se entrare o no, lei sorride benevola e ci indica un tavolo vuoto. Ci dirigiamo là sempre in silenzio. Oddio, silenzio, in questa confusione faccio fatica a sentire i miei pensieri, figuriamoci se una di loro parlasse.
Aisha prende il pranzo a tutte e tre: petto di pollo, tre confezioni monouso di salsa al peperoncino e un po’ di patate al forno.
Analizzo tutto una cosa per volta: il pollo è scadente, il piccante lo odio, le patate sembrano decenti. Decido di iniziare con quelle mentre le due ragazze di fronte a me si abbuffano con la stessa voracità di chi non mangia da secoli.
Finite le patate non mangio altro. Datemi pure della schizzinosa ma non ci tengo ad arrivare ai trent’anni con la mole di un elefante indiano!
Nel tavolo alla nostra destra sono seduti dei ragazzi strapieni di piercing, tatuaggi e borchie, tutti vestiti di colori scuri e hanno tutti almeno quattro o cinque orecchini. Ci scommetto, questi sono del genere: “noi non ci omologhiamo con la società!” quando poi diventano tutti copie sputate, odio chi fa così.
Le altre due finiscono di mangiare. La più grande fissa dispiaciuta il mio piatto. «Perché non hai mangiato niente?» chiede; io scuoto la testa e mormoro: «Non ho fame». Ovviamente nessuno si accorge che mento. Sono la migliore in questo.
«Oh guarda, si sono aggiunte gente al tavolo delle nullità!» ci grida derisoria una ragazza vestita davvero poco e con dei tacchi che sono quasi più alti di lei. Ha i capelli tinti di biondo ed è molto abbronzata, ha gli occhi marroni e le sopracciglia scure, sulle labbra sottili ha un quintale di rossetto rosso fuoco e ha un naso aquilino, i suoi tratti sono molto affilati e sono ancora più marcati vista la sua corporatura eccessivamente magra. Deduco inoltre che non sia troppo portata per la grammatica vista la frase che le è uscita da quella boccuccia iper truccata.
Aisha è avvampata per l’imbarazzo e cerca di non farsi notare troppo.
«Ho sentito che siamo in camera insieme tappetta, e, cioè, o mio Dio no! È un dramma! Rischio di essere contagiata…» finge di svenire e una delle sue ancelle la sorregge. Ah sì, avevo dimenticato che ha anche quattro amichette al seguito.
Credo che questa “adorabile” persona sia la cosiddetta Reginetta.
Il corteo ci passa davanti, non senza che io faccia cadere a terra due componenti con uno sgambetto, sghignazzando.
Mi giro verso la nostra nuova amica e chiedo: «Perché non ti sei difesa?» Non intendo proprio che doveva riempirle di pugni, ma almeno insultarle sì. «Avrei avuto tutta la scuola contro… lei è la regina qui» risponde lei rassegnata.
Bene, a quanto pare in questa scuola siamo tornati all’epoca della monarchia.
 

Aisha:
Dopo la disastrosa scenetta della mensa decidiamo di continuare il giro della scuola.
Prima tappa: serra.
Le fondatrici della nostra scuola per permettere il club di giardinaggio hanno fatto costruire una serra gigantesca, all’inizio si aspettavano che nessuno partecipasse ma poi non è stato così: molti studenti trovano rilassante occuparsi delle piante dopo un faticosa giornata di studi, anche io un anno lo ho fatto ma non sono esattamente portata. La serra è ben curata e la piante sono tutte rigogliose, in più è anche un ottimo posto dove incontrare gente simpatica ed è perfetto anche per passare delle salutari ore senza la Reginetta intorno poiché la signorina ha paura di sporcarsi le unghie.
Appena uscite dall’edificio alzo il viso verso il cielo ispirando l’aria pulita. È insolitamente cupo, mi sa che fra non molto pioverà. Che strano, su quest’isola non piove quasi mai.
La serra è poco distante dal plesso scolastico, basta attraversare la aiuole fiorite che lo circondano passando per le viottole di ciottoli e ti ritrovi quasi subito davanti alla grande cupola di vetro.
Entriamo.
All’interno c’è molto caldo, ma non è così sgradevole come si può pensare. I profumi dei fiori ci investono subito insieme ai loro meravigliosi colori.
Mi avvicino ad un gruppetto di piante che curavo io il primo anno, stanno decisamente meglio ora, prima erano quasi morte a causa mia. Sono davvero negata!
Le ragazze dietro di me si guardano in torno sempre più spaesate. Le capisco, anche io al mio primo anno mi sentivo persa nell’immensità di questa scuola ed ero terrorizzata da tutte le leggende che la riguardano. Il labirinto, le segrete, il bosco e il lago, tutti posti affascinanti e pericolosi. Ma questo lo scopriranno più in là.
 

Leonore:
Sto vagabondando per i passaggi segreti della scuola, pensando alle mie nuove compagne di stanza. Naturalmente non mi sono mai interessata di quelle che condividevano la mia camera, visto che io ci sto veramente poco di solito essendo un fantasma. In biblioteca mi hanno disturbata e, come al solito quando qualcuno mi dà fastidio, sono scomparsa e loro si sono terrorizzate. È divertente guardare le facce spaventate a morte della gente quando mi vede. Credo di fare ancora più paura dei bulli e della Reginetta.
Comunque, dopo quel brevissimo incontro le ho pedinate e ho ascoltato tutto ciò che dicevano. È così che ho scoperto di essere in camera con loro. La cosa non mi dispiace, sembrano simpatiche.
Eccomi arrivata nella serra. Toh, eccole, la stanno visitando. Che buffe sono le facce stupite delle due più piccole! La più grande mi sembra un po’ impensierita perché sta cominciando a piovere.
 

Aisha:
La pioggia inizia a ticchettare sul vetro della serra sempre più forte. Si sente anche la grandine. Che avvenimento strano. Da quando quest’isola è uscita dal mare non aveva mai grandinato.
Comunque non importa, noi ora siamo al chiuso quindi la cosa non ci riguarda, il problema verrà quando dovremo tornare dentro.
«Volete tornare a scuola?» ci chiede una voce spettrale alle nostre spalle. Noi ci giriamo e una figura in bianco e nero ci appare illuminata dai lampi. Due pietre nere ci scrutano attente da una superficie lattea.
Sofia annuisce lievemente e lo spettro preme una mattonella con il piede.
Precipitiamo per circa tre metri e atterriamo su dei morbidi materassi. Subito mi guardo intorno cercando con lo sguardo la figura, ma non ci ha seguite.
Percorriamo un lungo tunnel che ci fa sbucare, attraverso una porta nel muro, in uno dei corridoi della scuola. Siamo all’interno ora, lei qui non appare quasi mai, e neanche lui.
 

Sofia:
Aisha ha deciso che, visto che ci troviamo dentro e che fuori piove, ci farà visitare il plesso scolastico. Ci sono veramente tante aule, ognuna piena di oggetti diversi. Quelle che mi piacciono di più sono quella del Linguaggio dei Segni, piena di poster attaccati al muro, quella di Letteratura, accanto alla biblioteca e quella di filosofia antica, con tutti i busti in marmo di antichi filosofi. Al momento stiamo camminando in un corridoio vicino all’aula di Poesia, da cui siamo appena usciti; giriamo un angolo e…
 

Alex:
Sono in una situazione veramente brutta, di conseguenza tremo come una foglia e non riesco a pensare a un accidente. Faccio qualche altro passo indietro. Le quattro montagne di muscoli di fronte a me sghignazzano divertite, battendosi i pugni destri nelle mani sinistre, tutti a tempo, creando uno strano ritmo. «Allora, frocetto? Lo sai che sembri proprio una femminuccia? Ma guardati, se non sapessi che sei un maschio credo proprio che ti scoperei!» Gli altri approvano ridendo ancora più forte. «Hai paura, eh? Tremi come una foglia. Mi fai schifo!» Il capo sputa ai miei piedi. Io sento il muro dietro la schiena. Si fanno sempre più vicini. Ho una paura tremenda.
«Hey, ragazzi! Per piacere, mi sapreste indicare dov’è la mensa? Sapete, sono di prima, mi sono persa e non ho ancora mangiato!»
Gli scimmioni si voltano stolidamente tutti insieme verso la ragazza che mi ha salvato, poi io sento una mano che mi stringe il polso e mi trovo improvvisamente dall’altra parte del muro, credo in uno dei famigerati passaggi segreti della scuola.
Guardo le mie salvatrici una alla volta, sono tre ragazze. Due sembrano più piccole dell’altra. Una di loro è quella che ha distratto i bulli che mi stavano assalendo. Mormoro un flebilissimo “grazie”. Sto ancora tremando.
Una delle due più piccole mi sorride e chiede: «Come ti chiami?» La più grande risponde per me dicendo: «Luc, dico bene? Fai il secondo anno». Io la guardo e la contraddico: «No, mi chiamo Alex. Faccio il primo anno e non conosco nessun Luc». Anche la mia voce trema. Quella che credeva mi chiamassi Luc si corruccia: «Strano, eppure sei identico spiccicato. E anche lui è perseguitato dai bulli». La mia salvatrice esclama: «Beh, non è lui. Comunque piacere, Alex, io sono Iris, lei – indicando l’altra più piccola, che mi fa ciao con la mano – è Sofia e lei – indicando la più grande, che sorride – è Aisha. Io e Sofia siamo di prima come te, invece Aisha è di terza e ci stava facendo visitare la scuola. A proposito, dov’è il tuo accompagnatore?» Io rispondo: «Mi ha portato nell’ingresso e lì mi ha mollato. I bagagli me li ha portati in camera un ragazzo che sembrava un fantasma, ha detto che sapeva dov’era la mia stanza. Volevo chiedergli di farmi vedere la strada, ma lui è sparito…»
Alla fine decidono di accompagnarmi in segreteria per sapere qual è camera mia. Una volta arrivati lo chiede Aisha. La segretaria mi guarda con aria decisamente triste e dispiaciuta: «La 107». Io non capisco cosa ci sia di drammatico, ma so che qualcosa non va dalla faccia con cui mi guarda Aisha. Quest’ultima mormora, molto lentamente: «È la camera dei bulli». Mi sento morire.









*************************************************************************************
Okey, eccoci con il secondo capitolo! 
Speriamo da adesso in poi di riuscire a pubblicare una volta ogni settimana... o ogni due... 
Cooomunque, speriamo vivamente che vi piaccia! 
Come sempre qualsiasi critica o apprezzamento saranno ben graditi! 
A presto! 
LeInvisibiliGemelle

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo III ***


USSA, la scuola dei misteri








Alex:
Sono spacciato. Non potrò sopravvivere in camera con quei bulli. Sarò pestato a sangue quotidianamente e il mio nuovo mestiere sarà quello di fare il punching ball. Stare in camera con quei quattro energumeni sarà semplicemente un incubo.
Mi figuro la mia giornata: la mattina mi sveglierei e per colazione mi prenderei un paio di calci di riscaldamento da ciascuno; a metà fra le lezioni ci dovrebbe essere qualche spuntino di pugni; a pranzo avrei un pasto completo di ganci e assortimenti vari di calci e pugni, che si ripeterebbe a cena. Senza parlare della quotidiana razione di insulti e parolacce varie che mi rivolgerebbero ogni volta che mi vedono.
Non posso restare, sarebbe orribile.
Sto tremando ancora più di prima e il mio volto dev’essere pieno di terrore, lo capisco dalle facce con cui mi guardano le altre mentre girovaghiamo per i corridoi. Sono contento di averle conosciute, altrimenti adesso sarei da solo in preda al panico più totale. Invece è confortante il sottofondo di loro che cercano di trovare un sistema perché io non vada all’ospedale la sera del primo giorno di scuola.
Guardo l’orologio. Fra non molto dovremo andare a cena e poi a letto.
Mi fermo con la faccia nascosta fra le mani. Ho voglia di vomitare. Piango in silenzio.
Una mano mi accarezza dolcemente i capelli. I miei occhi verdi, lucidi per il pianto, incontrano quelli marroni di Sofia. Lei mi dice, con voce rassicurante: «Su, Alex, non fare così. Forse abbiamo trovato una soluzione». Stacco le mani dal viso e la guardo pieno di speranza: possibile che esista un sistema per tirarmi fuori da questa situazione?
«Potremmo chiedere alle fondatrici di scambiarti di stanza con la Reginetta. Così lei andrebbe dai bulli (sono amici, sai?) e tu verresti in camera con noi. Solo che non sappiamo se accetteranno di far dormire un maschio nel dormitorio femminile e viceversa. Però possiamo provare».
L’impeto è troppo forte, salto avanti e l’abbraccio. Lei sembra sorpresa e barcolla leggermente all’indietro, ma poi ricambia. Ci separiamo. Io taccio, ma sento il calore salire al viso e alle orecchie. Lei sembra piuttosto imbarazzata.
Ecco, io sbaglio sempre le misure. Il fatto è che non ho mai avuto dei veri amici, quindi non so bene come comportarmi. Adesso lei penserà che mi piace, ma non è affatto vero. Non mi sono mai innamorato finora. So che questo non è un buon motivo, ma sento che non è questa la volta buona.
«E-ehm». Sobbalzo a causa del suono improvviso. È stata Iris a tossire. Mi ero dimenticato che c’erano anche lei e Aisha. Un leggero ghigno le aleggia sul viso. «Mi dispiace interrompere questo momento idilliaco, ma allora andiamo o no?» Io annuisco così forte da farmi male al collo, poi parto spedito, come una molla compressa a lungo che scatta appena la lasci andare. Iris e Aisha ridacchiano, mentre Sofia è rossa e taciturna. Mi dispiace per lei, non avrei mai voluto questo.
Rallento: io non so la strada per la presidenza. Aisha mi supera facendomi strada attraverso vari corridoi.
Alla fine arriviamo di fronte a un’alta porta di legno con due batacchi di ottone. Aisha ne usa uno per bussare. Io tremo più forte, sia perché siamo davanti alla presidenza, sia per il pensiero dell’eventualità in cui le fondatrici dovessero rifiutare. Udiamo una voce gentile che dice “avanti”, così entriamo in un’ampia stanza dal soffitto alto gradevolmente arredata in stile vintage. Le due fondatrici sono sedute su due delle molte sedie di acciaio con imbottitura rossa presenti attorno ad un tavolo di metallo col piano dello stesso colore della fodera delle sedie. Evidentemente erano intente a chiacchierare tranquillamente, visto che è noto che sono ottime amiche. Ci invitano a prendere posto.
Sofia, che ha recuperato l’uso della parola ma non ha perso il rossore sulle guance, espone il mio problema mentre gli sguardi indagatori delle presidi scorrono sul mio tremante corpo rannicchiato sulla sedia. Sofia ha finito. Aspettiamo una risposta. Le due si gettano uno sguardo d’intesa, come se si aspettassero la nostra richiesta. Che strano.
Quella sempre vestita di nero dice, con aria sbrigativa: «Se gli altri sono d’accordo per noi va bene, ma non fatevi troppa pubblicità».
Sia io che le altre siamo raggianti. Buffo, ma io tremo ancora più di prima e non riesco ad esprimere la mia gratitudine come si conviene. Per fortuna ci sono le altre che lo fanno per me. Dopo aver augurato la buonanotte ci avviamo un po’ più spensierati a cena.
 

Aisha:
La mensa ci accoglie profumata e chiassosa come sempre.
Le varie categorie di persone si spartiscono i tavoli scarseggianti più vicini al bancone.
Con Alex non eravamo mai venute qui.
Ci avviciniamo con calma e serenità al nostro tavolo, dopo aver preso insalata, bistecche di pollo e succo di pomodoro. Io e Sofia ci gettiamo con voracità sul cibo come a pranzo mentre il nostro nuovo amico mangia con l’eleganza degna di un nobile dell’ottocento Iris mangiucchia un po’ di insalata e mezza bistecca lasciando lì tutto quel buonissimo succo che a me, non so perché, ricorda tanto il sangue. Se continua così diventerà anoressica…
Era da un bel po’ di tempo che non mangiavo e chiacchieravo con qualcuno, la mia migliore amica che doveva venire con me a questa scuola non è passata agli esami di selezione e, quando ha saputo che io ero passata, ci siamo perse di vista, lei era gelosa e io non ero disposta a perdere un’occasione del genere per i suoi capricci. Sono due anni che non mi parla né contatta più in alcun modo nonostante i miei innumerevoli tentativi di scuse dove le dicevo che la sua amicizia per me era la cosa più importante.
Sospiro. Quanto è brutto ricordare.
Guardo i miei nuovi amici, sono così diversi da lei. In questo momento Iris sta sgridando Sofia (e probabilmente anche me, ma non l’ho ascoltata…) per la sua mancanza di raffinatezza mentre Alex se la ride di gusto guardandole come si guardano i clown al circo.
«Oh guarda, il tavolo dei perdenti ha fatto un nuovo acquisto… ciao finocchio» saluta “amichevolmente” l’ormai famosa Reginetta della scuola.
Abbasso immediatamente lo sguardo cercando di scendere sotto il livello del tavolo per non essere vista, impresa alquanto ardua nonostante la mia bassezza.
«A chi hai dato del finocchio troia?!» chiede ironicamente Alex calcando in particolar modo l’ultima parola seguito a ruota dalla rumorosa risata derisoria della ragazzina dagli occhi strani. La reginetta passa da fare un’espressione modi “non ho capito”, ad una incredibilmente sorpresa per passare in fine all’essere scioccata e in collera.
Dopo qualche momento di furia muta grida un acutissimo “tu!” seguito da: «Come osi offendermi?! Come osi…» Si calma, o almeno finge di farlo e poi continua: «Non importa, non posso fare di queste brutte figure, la mia vena poetica rischia di uscirne alterata». Si gira facendo cenno alle sue ancelle di seguirla.
Iris scoppia in un’ancor più fragorosa risata a metà fra il derisorio e il seriamente divertito ed esclama: «Ed ecco signori e signore la tecnica segreta della Regina: la fuga a gambe levate da un nemico più forte di lei» e giù di nuovo a ridere. Seguono momenti di silenzio in cui l’unica cosa che si sente sono le sue risa e il digrignare di denti della Regina caduta, poi, uno dopo l’altro, tutti gli studenti della sala iniziano a ridere. La Reginetta stringe i pugni e scappa mormorando un “mi vendicherò” a denti stretti.
Sono allibita, mai in tre anni qualcuno aveva osato sfidarla così apertamente, e mai nessuno l’aveva avuta vinta a parole con lei.
I miei due nuovi amici si siedono soddisfatti al tavolo, la ragazza asciugandosi anche qualche lacrima venutale per il troppo ridere. Finalmente anch’io mi rilasso e sorrido, un sorriso sincero che non appariva sul mio volto da due anni.
 

Iris:
La Reginetta, saputo che sarebbe stata in camera con me, ha accettato di buon grado lo scambio (non prima di essere stata abbondantemente minacciata e informata che i suoi vestiti non avrebbero retto per più di un giorno in camera con le mie forbici), e lo stesso hanno fatto i bulli pur di avere il loro “dio in terra” in camera. E così, fra firme di fogli per il cambio di camera, chiacchiere e trasporto bagagli è arrivata la nostra prima notte nella più ambita università del mondo.
Mi sdraio sul mio nuovo letto sprofondando in un morbido materasso e chiudendo gli occhi.
Dio, solo a pensare a tutte le fatiche che abbiamo fatto io e Sofia per arrivare qui insieme: le giornate di studio in preparazione all’esame di selezione, il terrore prima dei colloqui e le attese per le risposte… e infine eccoci qui, in questa scuola avvolta da un alone di mistero insieme a delle persone fantastiche e non, e, appena arrivate, come al solito, abbiamo fatto un gran casino!
Mi sono appena accorta che sia io che Alex siamo dei codardi, non facciamo niente se non siamo certi di avere la possibilità di vincere, lui contro i bulli non ha reagito e neanche io contro la reginetta la prima volta… Sofia e Aisha non sono certo meglio, però almeno sono costanti. Immagino che sia nella natura degli esseri umani questo modo di comportarsi.
Sbadiglio. È stata davvero una giornata lunga e piena di avvenimenti, speriamo domani di stare un po’ più tranquille.
Qualcuno urla. Corsa frenetica. Tutti lo guardano. È Alex, ne sono più che certa. Guardo la sua valigia, ma è vuota? Perché? Ora siamo in una grande sala piena di vestiti a guardar Alex vestito da donna e Aisha in frac che ballano. Mi stropiccio gli occhi, ma sono sveglia o sogno?
«Iris…» una voce leggera mi chiama da lontano.
«Iris…» ancora? Ma perché non mi lascia stare? Ho sonno! Voglio dormire!
«Iris svegliati!» scatto a sedere all’istante e mi giro spaesata. Dove sono? Ci metto un bel pezzo a capire che non sono stati gli alieni a modificare camera mia e che quella è la stanza dell’università. Sì, sono parecchio stupida appena sveglia.
Il problema per cui mi hanno svegliato così presto è che prima delle lezioni dobbiamo andare a prendere dei vestiti ad Alex che è senza, il problema però è: dove? Ma soprattutto, perché cazzo mi hanno svegliata se il problema è suo e non mio?!
«Potremmo prenderli nel ripostiglio del vestiario del club di teatro» propone con voce ancora impastata dal sonno Aisha. Noi annuiamo, anche se credo che nessuno di noi abbia capito cosa ha detto per quanto sonno abbiamo. Cavolo sono le sette di mattina! Chi vuoi che si svegli a quest’ora?
Usciamo in corridoio e subito gli schiamazzi dei ragazzi al piano di sopra ci raggiungono come un lungo e flebile ronzio, o forse è davvero un ronzio e io sto diventando pazza, chi lo sa…
Scendiamo le scale e, attraverso un lungo corridoio nel muro, arriviamo nel fantomatico magazzino del club di teatro.
Quando entriamo sento il fiato che mi si mozza in gola e il cuore che rallenta i suoi battiti. Ammassati meglio possibile in una stanza delle dimensioni di metà della mensa ci sono centinaia di vestiti di tutti i tipi e tutti i generi, da abiti del settecento a felpe dell’hard rock. La più grande di noi si avvia verso una porticina a destra facendoci segno di seguirla. Sulla piccola porta in legno verde che lei ci sta tenendo aperta c’è una targhetta dorata con scritto: “camerini, palco e ripostiglio del club di teatro”… strabuzzo gli occhi, e questo cos’era? Il magazzino dei vestiti non più in uso?
La stanza che ci si presenta davanti questa volta è il triplo della scorsa, davanti a noi c’è una distesa di sedie e un palco illuminato al centro. Dietro al palco vi sono i camerini, uno a destra e uno a sinistra, e il ripostiglio con i vestiti tutti belli in ordine disposti su file di attaccapanni. Non ho parole… è… è… bellissimo! Non ho mai visto niente di simile.
Mi guardo intorno meravigliata mentre gli altri iniziano a cercare dei vestiti per Alex.
Passiamo due buone ore a provargli vestiti e a indossarne noi, alla fine Aisha ha rimediato delle calze a righe colorate, una rossa e l’altra arancione e un semplice vestito rosso che le arriva alle caviglie; io invece ho trovato solo un vestito nero che dietro ha un’apertura lungo la schiena che termina con un gigantesco fiocco, Sofia si è presa qualche maglietta molto colorata e dei pantaloni arancioni a zampa di elefante. Ma ora arriviamo ad Alex, il vero motivo per cui siamo qui, a lui abbiamo provato un egual numero di vestiti da maschio e femmina: entrambi i tipi gli stanno alla meraviglia! Poi però (dopo che Aisha, così per fare, si era messa in frac) abbiamo trovato quell’abito…
Io e Sofia siamo andate sul palco, mentre gli altri due finivano di cambiarsi e abbiamo acceso un grammofono con la tromba in ottone da cui proviene un bellissimo valzer.
Appena esce Aisha in frak scoppiamo a ridere ma ammutoliamo subito appena fa la sua apparizione Alex.
Mai in vita mia avevo visto cosa più bella… e dire che sono lesbica.
Il piccoletto si copre il viso, sicuramente rosso per la vergogna, con le mani candide da bambino, molto femminili, il suo corpo è incredibilmente infantile, è facile confonderlo per una ragazza, ha i capelli biondi non molto lunghi e i suoi occhi verdi stanno bene con il lungo vestito in stile vittoriano. È semplicemente stupendo! L’abito azzurro chiaro che indossa è composto da una parte abbastanza larga sopra che va a stringersi in vita per poi allargarsi nuovamente a campana scendendo, ha le spalline a sbuffo e su tutta la sua superficie sono stati ricamati dei piccoli fiori blu scuri. È una visione incredibile!
Aisha e Alex iniziano a ballare al ritmo del valzer mentre io e Sofia ci scompisciamo. Tutto a un tratto sentiamo sbattere la porta: che strano, non c’era nessuno!
 

Tom:
Cammino speditamente per i corridoi, senza curarmi della folla mattiniera che si divide in due ali al mio passaggio, intimorita. È comodo essere il bullo della scuola. Sì, certo, è comodo, ma non senti neanche un briciolo di rimorso? Zitta, coscienza. Parli davvero troppo ultimamente.
Ah, finalmente un corridoio vuoto. Non mi va che tutta la scuola sappia che vado spesso a racimolare vestiti al vecchio Teatro. Rovinerebbe la mia immagine. Ah, l’immagine! Tu pensi troppo all’immagine! Fa’ ciò che ti viene e fregatene di questa benedetta immagine! Coscienza! Basta! Io faccio quello che mi pare e piace! Non mi sembra. Ah, no? No. E cos’è che non farei per mia volontà? Tutto ciò che rovina la tua IMMAGINE. Taci.
Eccomi arrivato al Teatro. Strano, la porta è socchiusa… inoltre sento una leggera musica provenire dall’interno… c’è qualcuno.
Apro di un briciolo la porta. Attraverso la fessura vedo che ci sono delle ragazze che si provano dei vestiti. Ridono molto, pare si divertano parecchio. Ma possibile siano tutte femmine? Ah, no, c’è anche un maschio, è appena uscito da uno dei camerini. Che buffo che è!
È vestito in modo elegante, con un frac, il farfallino nero, la camicia bianca, i pantaloni con la piega e le scarpe nere di vernice. L’unica cosa che stona un po’ sono i capelli, troppo lunghi per un gentiluomo e tinti di rosso da una parte. Probabilmente stanno solo facendo una pagliacciata, le altre stanno ridendo a crepapelle.
La musica che sentivo prima proviene da un antico grammofono con la tromba d’ottone. Credo sia suonata da un’orchestra d’archi.
Nel momento culminante della sinfonia, una ragazza splendida esce da un altro camerino. Credo di non aver mai visto qualcosa di più bello. Inoltre il vestito che indossa le dona molto, anche se è evidente che lei è imbarazzata e impacciata, soprattutto a causa dei tacchi alti.
Ti piace, eh? E con ciò? Penso solo che è carina. Diciamo piuttosto bella. Non mi piace! Suvvia, Tom, non negarlo a te stesso! Io non nego niente a nessuno! Allora ammetti che ti piace. Mai! Aaaaaaaah, Tommy si è innamorato! Smettila! A quando le nozze? Ti avverto! Oh, che paura! Sai, caro il mio giovanotto, io sono nella tua testa, non mi puoi fare niente!
Stupida coscienza, perché si deve intromettere in tutto?
Torno a guardare nella fessura, mi ero spostato per la battaglia interiore. Orrore! Il ragazzo in frac e la ragazza stanno ballando il valzer che viene dal grammofono!
Sei geloso, dì la verità! Oh, sta’ zitta una buona volta! La ragazza non mi piace e non sono geloso! Ah, d’accordo, negalo pure a te stesso, ma io resto della mia opinione.
Ma perché deve andare sempre tutto storto?




*************************************************************************
Angolo autrici: 
Va beeeene, per ora stiamo riuscendo a mantenere il ritmo di publicazione di una volta a settimana! 
Speriamo di continuare così! 
Che ve ne pare fino ad ora? 
Speriamo vi piaccia! 
Alla prossima!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


USSA, la scuola dei misteri









Leonore:
Stamattina iniziano le lezioni. Le mie compagne di camera non mi hanno vista né ieri (sono arrivata quando già dormivano) né oggi (sono uscita quando dormivano ancora).
Ieri sera ho scoperto con sorpresa che la Reginetta non c’era ma il suo letto era comunque occupato da un ragazzo dall’aspetto femmineo. Evidentemente hanno fatto cambio; non ne ero stata informata, ovviamente, ieri sono stata tutto il giorno a leggere nel labirinto, era impossibile che qualcuno mi trovasse. Spero sia simpatico, anche se, come ho già detto, non mi interessa più di tanto. Ad ogni modo non può essere peggio della Reginetta.
Al momento sto camminando nel reparto della biblioteca dedicato alla filosofia, visto che sarà quella la prima materia che avrò in mattinata. È un lungo corridoio ben illuminato dalle alte finestre munite di davanzali imbottiti per potersi sedere che si alternano lungo il muro con delle grandi librerie piene di volumi di ogni forma e dimensione.
Estraggo il libro che stavo cercando dallo scaffale, mi siedo e comincio a leggere. La polvere nell’aria è visibile grazie alla luce che entra dalla finestra, con una splendida vista sul mare. Questo è il luogo perfetto per rilassarsi e leggere in santa pace.
Dopo un bel po’ guardo l’orologio e noto che dovrei già essere a lezione da un paio di minuti. Chiudo pigramente il libro, mi avvio con calma verso il reparto poesia e poi appaio esattamente dietro alla prof, che sta facendo l’appello, cosa che accade solo il primo giorno di scuola. Proprio in quel momento dice: «Leonore… ah, non c’è, per fortuna, è inquietante quella ragazza…»; io le tocco la spalla dicendo con la mia voce più spettrale: «Ma io sono qui…»; la professoressa fa un salto in avanti di tre metri e poi balbetta: «Ah. S-sì, c-certo… p-prego, vai al tuo p-posto».
Sghignazzando divertita scompaio per poi riapparire una frazione di secondo dopo seduta al mio posto intenta a leggere un libro preso in biblioteca, nel frattempo mi concedo di guardare di sottecchi gli altri: tutti tremano e cercano di scansarsi e stare il più possibile lontani da me. Sorrido: adoro terrorizzare la gente.
La lezione è piuttosto noiosa, soprattutto visto che avevo già letto tutto nel libro di prima. Lo finisco e comincio quello di poesia che ho preso venendo qui. Credo che durante la prossima lezione, poesia appunto, parleranno di quello che c’è scritto qui. Spesso leggo libri prima delle lezioni sapendo quindi in anticipo di cosa tratteranno. Dopo però starò attenta: a differenza di questa, quel professore mi piace molto.
Mi guardo attorno annoiata. Non avendo niente da fare qui, decido di andare a fare una passeggiata nel parco. Là incontro il mio apprendista, l’altro fantasma della scuola: ha un anno meno di me, fa terza. Questo rappresenta una vera svolta nella mia mattinata, decido di passarvici tutto il tempo, prima di pranzo perché poi ci separiamo.
 

Iris:
La prima lezione della mattinata è scrittura di informazione. Detto fra noi non ho ancora ben capito di cosa dovremmo parlare ma poco importa.
Entriamo in classe. È immensa e i banchi sono disposti a semicerchio su delle gradinate tutto intorno alla cattedra.
Per un bel pezzo rimango ferma sulla porta a fissare l’interno con dietro di me Alex che mi incita “educatamente” a muovere le chiappe e prendere posto poiché la lezione sta per cominciare.
Io non sono mai stata in un posto del genere, la scuola in cui andavo prima cadeva a pezzi, le aule erano microscopiche e… oh, al diavolo! Qui è uno spettacolo punto e basta!
Entro tirando un respiro liberatorio e mi accomodo in uno dei primi banchi, fra Alex e Sofia, la quale mi ha riferito di essere un tantino in imbarazzo quando c’è l’altro, dice che ha paura che lui si sia preso una cotta per lei. Non sono mai stata un granché brava a capire tutti i pensieri contorti delle ragazze innamorate, forse perché con la mia ex non ho mai avuto grandi problemi, ci siamo messe insieme subito e ci siamo lasciate rimanendo amiche, e poi non ho provato più niente per nessuno.
Entra un professore alto, pelato, pancione e con gli occhiali da talpa. Sembra proprio simpatico… (per chi non lo avesse capito, ero ironica).
Inizia a fare l’appello, manco fossimo alle elementari, squadrandoci via via tutti con sguardo inquieto, sembra voglia dirci: “vi prego, trattatemi bene, non ho la spina dorsale”. Ma che razza di professore ci è capitato? Alla prima ora poi! Anzi… alle prime due. Sì perché ogni lezione dura due ore.
Il prof inizia a parlare balbettando. Non si capisce niente di quello che dice.
La mia mente si mette a divagare, pur di non seguire quella noia: va all’ora di pranzo quando ci incontreremo con Aisha in mensa. Lei ci ha proposto di visitare il labirinto stamattina e noi abbiamo accettato senza esitare. Chissà se è stata una buona idea… ho sentito che là dentro si perde un sacco di gente, non voglio fare la loro fine. Gira voce che uno studente ci abbia messo tre giorni ad uscire. Bah, io non credo che il labirinto cambi come dicono, dai, ci vorrebbe la magia per fare una cosa del genere!
La lezione prosegue tranquilla, o almeno credo, io ero persa nel mondo dei sogni. Fortuna che ho registrato tutto, non avrei voluto dover usare gli appunti di Sofia, scrive malissimo quando deve andare veloce.
La lezione dopo è assolutamente fantastica! Abbiamo linguaggio del corpo; un corso facoltativo che abbiamo scelto tutti e tre. La professoressa che lo insegna è giovane e energica, riesce a coinvolgerti.
Non ho imparato un granché poiché era solo il primo giorno, però è stato divertente vederle dare delle dimostrazioni pratiche di quanto si possa essere più chiari a volte con il corpo che con la lingua o con la penna.
 

Aisha:
Aspetto i miei nuovi amici all’entrata della mensa. Ho usato un passaggio segreto, dunque sono arrivata prima di loro. Alla scorsa ora è stato annunciato che questo pomeriggio non ci saranno le lezioni per problemi interni all’apparato scolastico. Meglio così, non era detto che saremmo riusciti a tornare in tempo.
Finalmente i miei tre amici arrivano, pranziamo insieme e tutto si svolge come nei giorni precedenti, tranne per la Reginetta che, per oggi, ha deciso di starci il più lontano possibile.
Finiamo di mangiare in fretta e furia e subito ci precipitiamo fuori, verso il viale lastricato che ci porterà al labirinto.
Arrivati alla meta ciò che si apre alla nostra vista è una siepe di centinaia e centinaia di metri. Dobbiamo percorrerla tutta per trovare un cancello aperto. In tutto nel labirinto ci sono quattro cancelli, che però non stanno sempre aperti. Infatti quello da cui siamo entrati si richiude subito alle nostre spalle. I miei amici si girano a guardarlo spaventati. E come dar loro torto, anche io ho dei brividi gelidi che mi scendono lungo la spina dorsale.
Deglutisco rumorosamente per poi sfoggiare un sorriso incerto e indicare loro l’unica strada che si presenta dinnanzi a noi.
Camminiamo per un bel po’ prendendo strade a caso.
Iris esamina attenta ogni particolare per poi descriverlo a Sofia che lo porta su carta, il tutto mentre io e Alex ci stringiamo in un abbraccio di puro terrore. Com’è che quelle due sono rimaste così distaccate?
Ad un certo punto raggiungiamo il centro del labirinto. Saranno ormai due ore che camminiamo e io sono così stanca che mi lascio cadere a peso morto sulla soffice erba verde chiara da cui è composto questo posto. Gli altri provano ad parlarmi e urlarmi contro per farmi alzare ma io non voglio sentire ragioni. In fondo mica chiedo la luna… solo due minuti di riposo!
Dopo dieci minuti abbondanti che stiamo fermi io mi alzo di scatto sentendo una presenza dietro di noi. Mi volto piano e noto un grazioso volto pallido che ci fissa con gli occhi stralunati. Scuoto i miei amici di modo che si voltino verso di lei.
Rimaniamo così a fissarci, in una specie di stallo, per un tempo indefinito prima che il fantasma ci indichi una botola aperta nel centro del prato che noi, ovviamente, non avevamo notato. Dopo essermi voltata per guardare cosa indicava torno con lo sguardo su di lei che però ora è scomparsa.
Ho la pelle d’oca!
Entriamo nel passaggio quando ormai s’è fatto buio e decidiamo di tornarcene in camera.
 

Alex:
Dopo l’impegnativa giornata di oggi siamo tornati in camera. Devo dire che le mie compagne di stanza mi stanno proprio simpatiche, però vorrei conoscere meglio l’ultima, Leonore, che ho solo intravisto oggi nel labirinto.
Le altre stanno chiacchierando allegramente sul primo giorno di scuola, quando io sento il bisogno di andare al bagno. Lo annuncio e faccio per uscire, ma mi ritrovo la strada bloccata dalle tre amiche, che mi guardano con aria truce. «Che c’è? Devo solo andare in bagno. È permesso, no?» Aisha chiede: «In quale bagno andresti?» Che domanda stupida. «In quello in fondo al corridoio, no?» Io proprio non riesco a capire perché non mi fanno passare. Le tre si guardano con aria spazientita. «Ehi, che problemi ci sono? Ho bisogno di andare al bagno e ci vado!» mi stanno proprio facendo innervosire. «Che corridoio è quello là fuori?» Altra domanda stupida. «Quello del dormitorio femmini…» oh… ora ho capito… non posso andare a quel bagno, perché è quello delle femmine! «Vorrà dire che salirò al dormitorio dei maschi». Altra occhiata fra le tre.
Ma che hanno oggi le ragazze? Non mi potrebbero dire qual è il problema e basta?
Finalmente il mio desiderio viene esaudito da Iris: «Ma è ovvio, no? Di sopra ci sono i bulli che ti gonfierebbero di pugni e qui ci sono le ragazze che ti gonfierebbero di pugni ugualmente perché sei un maschio nel bagno delle femmine».
Resto a bocca aperta. Hanno ragione, non ci avevo pensato. Per fortuna mi hanno fermato! Piagnucolo: «Ma allora io come faccio ad andare al bagno?» le tre si siedono e cominciano a pensare.
Anch’io rifletto: dai maschi non posso andare, dalle femmine nemmeno, o almeno non così… giungo all’unica conclusione possibile, alla quale è arrivata anche Iris, a giudicare dal ghigno e dallo scintillio nel suo sguardo. Scuoto la testa implorante, ma non serve a nulla.
«Sofia, tu hai dei vestiti femminili, non è vero? Ah, e servono anche dei trucchi!».
Lei ha capito e, sghignazzando come l’amica, fornisce il necessario.
«No, ragazze, vi prego, io non…» Indietreggio, ma loro mi saltano addosso in tre. Senza poter fare niente mi trovo sul petto un reggiseno pieno di carta, due piccoli cuscini su fianchi e natiche, un abito a fiori con le maniche corte e lungo fino alle ginocchia, le gambe depilate, scarpe col tacco a spillo, le unghie tinte di rosso, i capelli acconciati in modo vaporoso, la faccia colma di fondotinta, rossetto scarlatto sulle labbra, ombretto e matita sugli occhi e orecchini con la clip.
Davanti a me le tre amiche si sbellicano dalle risate: «Ciao Alexia! – mi saluta Iris – Che bel pensiero, venire qui a trovarci!» Io sono quasi in lacrime, ma capisco che è necessario. Finalmente posso andare in bagno.
Evito di guardare in direzione dello specchio sopra i lavandini. Non voglio vedere come mi hanno conciato.

Sera: sono a letto.
A quanto pare mi avevano conciato decisamente bene, non c’era ragazzo che a cena non mi facesse gli occhi dolci. Un bel po’ si sono beccati uno schiaffo dalla fidanzata per questo.
Ora, io dico, posso sopportare di tutto, ma questo no! Già mi scambiano per una femmina normalmente, figuriamoci se vado a zonzo così! No, non può proprio andare. Perché queste cose devono capitare sempre a me?








**************************************************************************************************
Angolo autrici: 

Eccoci con il nuovo capitolo! 
Povero il nostro Alex! Costretto a vestirsi da donna per andare in bagno! Cosa gli succederà da adesso in poi? E alle altre?
Fateci sapere che ne pensate! ;)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo V ***


USSA, la scuola dei misteri









Tom:
Come faccio spesso la mattina presto, sto vagabondando per la scuola, senza una meta ben precisa. Sicuro di non averne una?
Uffa, ecco che ricomincia. Metto in atto la mia nuova tattica: ignorarla. Lo sai che non funziona, vero? Accidenti, mi ha già scoperto. Che barba, è difficile tenere segrete delle idee a qualcuno che ti legge nella mente.
Tanto io lo so dove vuoi andare… Canticchia dolcemente cercando di irritarmi. Mi impongo il silenzio, cosa che mi richiede non poco sforzo. Sono abituato a dire le cose in faccia alla gente. Inoltre è snervante non avere la possibilità di formulare minacce fisiche come faccio di solito.
Stai andando a cercare Alexia, la ragazza che ieri sera guardavano tutti e che tu hai visto al teatro. Come fai a saperlo?!? Accidenti! Mi sono tradito.
La mia coscienza ridacchia soddisfatta.
In ogni caso non era proprio una decisione, ma solo un’idea (insignificante) che mi vagava in testa… Continui a negare i fatti a te stesso. Quanto mi dà sui nervi quando usa quel tono da saputello! Ad ogni modo guarda caso sei arrivato nel dormitorio femminile proprio al piano dove c’è la sua camera.
Ringhio di rabbia mentre mi nascondo dietro un angolo per non farmi notare dal gruppetto di ragazze che sta passando qui davanti. La più vicina si volta spaventata e poi si affretta a raggiungere le altre.
Continuo ad aggirarmi di nascosto per i corridoi del dormitorio. Guai se si sapesse che sono stato qui. Dopo essermi sorbito un’altra paternale su questa storia dell’immagine, finalmente… Oh, Tom, guarda un po’ chi c’è là? La conosci? La voce della coscienza è squillante e canzonatoria; ringrazio di essere l’unico che la può sentire.
Seguo Alexia cercando contemporaneamente di avvicinarmi. Si sta dirigendo verso il bagno. Adesso sono proprio dietro di lei, davanti alla porta della toilette. La sento borbottare piano: «Questo reggiseno è scomodo!» porta le mani sotto le ascelle e lo gira, con esso si spostano anche le tette, una finisce nel centro del petto e l’altra sotto il suo braccio sinistro. Subito dopo lei entra in bagno e sparisce dalla mia vista.
Mi blocco, allibito, la bocca spalancata in un’espressione che credo sia decisamente da ebete. Anche la coscienza è rimasta a corto di battute.
Ci mette un po’ a riprendersi e a sussurrarmi, con un tono che lascia trapelare una leggera preoccupazione: Aspetta un po’… ma non ti pare di averla già vista? Ha una faccia familiare… Un dubbio tremendo mi assale. Però subito deglutisco scuotendo la testa: no, è impossibile!
 

Lee:
Sfreccio fra i passaggi segreti dirigendomi alla sala dove si terranno le votazioni per la ragazza più bella della scuola, cosa a parer mio alquanto ridicola. La più bella in assoluto è indubbiamente Leonore!
Entro nella stanza senza fare rumore e nessuno si accorge della mia presenza. Passo gli occhi su tutta la sala un paio di volte prima di individuare quello che stavo cercando, il mio migliore amico. È stato lui a convincermi a venire qua, se fosse stato per me sarei rimasto più che volentieri a studiare nel labirinto.
Chissà se vincerà la Reginetta anche quest’anno o se preferiranno la nuova arrivata, in fondo neanche lei era male, ma nessuna delle due è neanche lontanamente paragonabile alla mia maestra.
Appaio di fianco al mio amico sedendomi in una posizione leggermente scimmiesca sul sedile accanto al suo. Ha il viso concentrato e gli occhi distanti: qualcosa non va.
Lui si gira un attimo nella mia direzione e sobbalza appena quando mi nota rimproverandomi come al solito: «Smetti di apparire accanto alla gente così! C’è chi crede che tu sia un fantasma! E poi non sederti in quel modo… prima o poi qualcuno ti scambierà per una scimmia…». Sorrido a quella battuta squallida, il suo senso dell’umorismo non cambierà mai, neanche quando è depresso!
Giusto! Devo indagare su perché sia così giù oggi!
«Sei strano… che hai?» butto lì come se niente fosse nonostante io sia preoccupato a morte per lui. In fondo è stato il mio primo amore e siamo migliori amici, è difficile rimanere apatico con lui.
«Niente, discorso chiuso!» sbotta lui guardandomi torvo. Odia parlare di sé, ha un milione di conflitti interiori che non riesce a risolvere, povero piccolo… oppure la sua coscienza lo tartassa di nuovo?
Mi sbilancio un po’ troppo verso di lui perdendo il mio assai precario equilibrio e finendo col baciarlo. Il tutto dura una frazione di secondo, poi sono a terra con un bel po’ di risatine di scherno al seguito. Sospiro, perché la gente mi nota solo quando faccio figuracce?
Accetto di buon grado la mano che mi tende in aiuto il mio amico e lo ringrazio interiormente per le occhiate di fuoco che lancia a chiunque osi ridere.
«Dovresti smetterla di baciarmi sai? Ora che hai una ragazza puoi permetterti solo del sano sesso senza smancerie, sennò rischi proprio di far arrabbiare la fantasmina!» e si mette a ridere. Ma quanto è scemo? Rido con lui anche se non concordo minimamente con quello che ha detto.
«Sai che sei proprio un idiota Tom?» ribatto io continuando a sghignazzare.
Iniziano le elezioni e io, ovviamente, voto per Leonore. Sbircio nella scheda di Tom e… oh mio Dio! Ma ha votato per quella nuova? Non per la Reginetta come suo solito? Perché mai?
Non dirmi che lui… ma lo sa che quella nuova e il ragazzino che per poco menava il primo giorno sono la stessa persona? Cioè dai, non ci vuole un genio a capirlo, sono uguali se non si contano le tette… e la ragazza è apparsa proprio quando il piccoletto è scomparso… certo che deve essere proprio in una brutta situazione per travestirsi da donna…
Quindi, ricapitolando, mister “l’amore è una cosa futile” e “io non mi innamorerò mai” si è preso una gigantesca cotta per un ragazzo alquanto androgino… non male come situazione. Io però il piccolo segreto del suo amore non glielo dico, chissà come reagirà quando lo verrà a sapere…
Le votazioni si concludono con la vittoria di “Alexia” che ha ricevuto quasi il sessanta per cento dei voti della scuola (ah, se sapessero che in realtà è un maschio!), al secondo posto si piazza la Reginetta con il trenta per cento e poi ci sono voti sporadici ad altre ragazze, e uno a Luc, un ragazzo decisamente narcisista del secondo anno che come al solito si è autovotato… credo sia l’unico ad aver avuto una storia abbastanza seria con Tom senza essere preso a pugni (sì, io non sono stato risparmiato e sì, mi aspetto come minimo un coro di “povero cucciolo!!!” perché sennò mi offendo!). È un tipo particolare, gay dichiarato ma nessuno osa toccarlo. Io lo stimo, sa difendersi e non si vergogna di essere quel che è… al contrario di un certo bullo di mia conoscenza…
Sospiro fissando il ragazzo seduto al mio fianco. Non cambierà mai!
 

Alex:
Cammino a testa bassa dietro alle mie nuove amiche, diretto alle votazioni per il ragazzo più bello della scuola. Io non ci volevo neanche andare, cosa comprensibile visto che sono un maschio anche se, al momento, tutta la scuola pensa che io sia una ragazza e gira voce che io abbia vinto le votazioni come ragazza, ma ciò non toglie che io, in teoria, avrei dovuto parteciparci come votante e non come votato! Cavolo sono pur sempre un ragazzo!
Questa storia del travestirsi da donna non mi piace neanche un po’. Un sacco di ragazzi con gli ormoni che girano mi fanno il filo!
Come per confermare questo pensiero, uno particolarmente coraggioso mi chiama dal fondo del corridoio per chiedermi di uscire. Lo liquido con un’occhiataccia. Continuando a camminare sorrido al pensiero della faccia che farebbe se scoprisse il mio vero sesso.
Arriviamo in una sala enorme piena di ragazze sghignazzanti e ci mettiamo a sedere su delle sedie libere. Ci viene dato un piccolo pezzo di carta su cui dovremmo scrivere chi è più bello secondo noi. A questo punto un grande interrogativo si forma nella mia mente: chi votare? A dispetto di quel che sembra non sono gay. Ma quello che mi sgomenta di più è che il dubbio l’avrei anche se fossi andato all’altra assemblea. A me non piacciono né i maschi né le femmine!
Guardo ansioso le altre, che stanno discutendo su chi si meriterebbe il loro voto. Per noi di prima è difficile scegliere, visto che non conosciamo ancora molta gente.
Tutt’a un tratto una voce spettrale chiede da un punto dietro di noi: «Voi chi voterete?»
Noi sobbalziamo, poi voltandoci rispondiamo che ancora non lo sappiamo. Leonore afferma, con gli occhi che le brillano: «Io naturalmente voterò Lee. A voi concedo di votarlo, ma se c’è qualcun altro che lo farà questa sera verrà ucciso».
Un brivido mi percorre la schiena. Spero non dica sul serio, anche se dalla sua espressione sembrerebbe proprio di sì.
Lei si volta e mi dice: «Ah, Alex, non so se lo sai ma gira voce che tu sia molto gettonato anche come maschio. Ho pensato che la notizia ti potesse interessare». Detto questo, sparisce in uno svolazzo.
Io mi volto verso le altre e chiedo con un tremito: «Come fa a…» «…sapere che sei tu? Me lo chiedo anch’io, ma comincio a credere che lei sappia tutto ciò che accade in questa scuola. Vorrei proprio sapere qual è il suo segreto» risponde Iris.
Sofia domanda curiosa: «Chi è Lee?» questa volta a rispondere è Aisha che dice: «L’altro fantasma della scuola. Loro due stanno insieme, se non si era capito. Strano che ci permetta di votarlo, dobbiamo starle proprio simpatiche».
Io l’ho intravisto una volta, è quello che mi ha portato le valigie in camera il primo giorno. Comunque questi due non mi sembrano cattivi, anzi, mi stanno simpatici. Potremmo fare amicizia, se loro ne sono capaci.
Alla fine risolviamo il dilemma iniziale decidendo che io e Sofia voteremo Lee mentre Iris e Aisha me. Dicono che non si noterà fra tutti i voti che mi saranno indirizzati, inoltre, essendo lesbiche, votare uno che si finge ragazza sembra loro adeguato.
I risultati finali sono: 50% circa a Tom, il capo dei bulli della scuola, 40% a me e il resto ad altri.
Alla fine non posso non sentirmi orgoglioso: Leonore mi ha riferito che ho ricevuto quasi il sessanta per cento dei voti dai maschi. Insomma, faccio scintille fra entrambi i sessi!
Al contrario di quello che può sembrare però questa non è una buona notizia: io odio essere al centro dell’attenzione.
Per stanotte è stata organizzata un’escursione nel bosco. Sembra divertente, anche se dicono sia stregato. Io non lo ammetterei mai con nessuno, ma ho un po’ di fifa. Sono sicuro che mi perderò e impiegherò tutta la notte a tornare a scuola. Spero di no, ma credo sia inevitabile: ho un senso dell’orientamento che fa schifo!
 

Luc:
Cammino a testa bassa per la boscaglia.
Mi sono staccato dal gruppo perché mi annoiavo, tanto questo bosco lo conosco a memoria!
Mi guardo intorno con circospezione, tendendo le orecchie per cogliere qualsiasi rumore sospetto e mi nascondo nelle ombre più buie della notte. Se qualcuno mi vedesse ora mi scambierebbe per un vampiro, pallido come sono.
C’è una leggenda che gira in questa scuola riguardante il bosco: si dice che sia la dimora di spiriti tormentati che ogni notte si svegliano dal loro sonno e vagano fra questi alberi alla ricerca disperata di anime umane. Dicono inoltre che tre anni fa, mentre uno studente del terzo anno si era avventurato nella zona dove la boscaglia è più fitta, dal bosco si sia alzato un urlo. Lo studente è tornato portato dalle onde del mare, ma di lui erano rimasti solo pochi brandelli di carne dilaniata e senza più un’anima (da cosa avessero decretato che era senz’anima lo sanno solo loro…). Ce ne sono tante altre di storielle di questo genere, ma non sto a raccontarvele tutte. Una è divertente però, una ragazza tre anni fa ha raccontato di essere stata messa incinta da un fantasma del bosco: che aspettasse un bambino era vero, ma quale fantasma ce lo ha tangibile?
Io il bosco l’ho girato tutto, sia di notte che di giorno, e vi assicuro che le uniche cose che ci potete trovare sono gatti, animali dell’isola e primini terrorizzati.
Dopo un po’ che cammino sento qualcuno che brontola dietro a dei cespugli. Mi avvicino con cautela e noto che è un ragazzo con delle finte tette messe storte, il trucco sbavato e un vestito da donna tutto sgualcito. È identico spiccicato a me, dalla punta dei capelli biondi alle caviglie secche simili a quelle di una donna.
«Ehi ragazzino!» richiamo la sua attenzione. Quello sussulta e si gira verso di me tutto tremante. Quando mi vede mi squadra un poco dall’alto in basso prima di strabuzzare gli occhi. Quanto è tenero!
E riecco il mio narcisismo che sale a galla…
Mi avvicino a lui e gli stampo un bacio non esattamente casto in bocca (notare che non ho detto “sulla bocca”). Quello spalanca gli occhi e si allontana di scatto sbattendo contro l’albero dietro di lui.
«Ma chi cazzo sei?!» chiede molto garbatamente e con tono per niente isterico.
«Ti va se ti porto fuori dal bosco?» chiedo sorridendo e ignorando la sua domanda. È così carino che mi dispiacerebbe lasciarlo qui da solo.
«Oh no, no, no, io con te non vado proprio da nessuna parte! Preferisco restarmene qui che seguire un pervertito!» afferma con un tono di voce leggermente troppo acuto per appartenere ad un ragazzo. Io ridacchio guardandolo. Effettivamente non credo che questo tipo si possa completamente definire un “maschio”.
«Pervertito io?» chiedo piegando leggermente la testa verso destra e assumendo un’aria innocente. Quello mi fulmina per poi alzarsi, pulirsi la gonna e dirigersi puntualmente nella direzione sbagliata rispetto a quella che dovrebbe prendere per tornare a scuola. Scuoto la testa rassegnato, questo ragazzino è strano forte!
«Guarda che sbagli strada» lo avverto indicandogli con la mano la direzione giusta.
Lui sbuffa dirigendosi dove indicato e mormorando un “lo sapevo” poco convinto.
Qualcosa mi dice che il ritorno a scuola sarà molto divertente!








************************************************************************************************
Angolo autrici: 

E finalmente conosciamo gli ultimi due personaggi principali della storia: Lee e Luc! 
Che ve ne pare di loro? 
Qualsiasi commento è gradito!

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3529705