Back in Wonderland

di LadyMaria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** "Quel matto sono io . . ." ***
Capitolo 2: *** "Sei tu . . .tu?" ***



Capitolo 1
*** "Quel matto sono io . . ." ***


*** " Ho sentito dire che c'e'
un matto in giro con le tasche
piene di parole
e sogni che nessuno ha realizzato
e non sa coltivare
se non dentro la sua testa vuota
e dentro le speranze di chi
non ha mai deciso niente
sono ancora avvolti in cellophane
carta d'alluminio
e pesano di tutti quei rimpianti
che ogni uomo ha dentro
e pensano che siano ottimi rimedi contro il tempo
perche' possa un giorno muoversi
in un altro senso

ho sentito dire che quel matto
e' ancora in giro
adesso e vomita parole
da un megafono che resta spento
e non si dà mai pace
fino a quando ogni sguardo e' appeso
alle sue tasche ancora troppo piene
di conigli e fiori
e solo adesso me ne rendo conto
che non c'e' nessuno in giro
e che e' soltanto quel che penso
mentre poi mi guardo intorno
cio' che vedo e' il mio riflesso
su uno specchio troppo stanco di morirmi sempre addosso,

quel matto son io
che vorrebbe un cappello piu' grande
ed un paio di mani piu' attente
che nascondan bene perfino alla gente il segreto
di quel che son io
che se avessi un cappello piu' grande
ti terrei da quel mondo distante
tra fiori e conigli
non pesa alla gente il segreto di te
tra fiori e conigli
perfino la gente ha paura di me,

ho sentito ridere dell'uomo delle debolezze
ogni volta che per ogni sbaglio ha perso le certezze
dentro a quel cilindro nero
non nasconde piu' sorprese
solo quello che rimane
senza trucco e senza attese
sembra un pozzo senza fine e senza fiori da mostrare
i conigli tremano non sanno piu' scappare
poi mi guardo intorno
e' sbiadito il mio riflesso
su uno specchio troppo stanco di morirmi sempre addosso,
quel matto son io
che vorrebbe un cappello piu' grande
ed un paio di mani piu' attente
che nascondan bene perfino alla gente il segreto
di quel che son io
che se avessi un cappello piu' grande ti terrei
da quel mondo distante
tra fiori e conigli
non pesa alla gente il segreto di quel che son io
tu sai chi son io
che se avessi un cappello piu' grande ti terrei
da quel mondo distante
tra fiori e conigli
non pesa alla gente il segreto di te tra fiori e conigli
non pesa alla gente il segreto di me tra fiori e conigli
perfino la gente ha paura di me". ***

[Quel matto sono io, Negramaro]

-"Chi stabilisce cosa è, e cosa non è? . . ."-.

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Capitolo 2
*** "Sei tu . . .tu?" ***


Si trattava di una festa molto affollata. Alice Kingsleigh camminava in mezzo ai molteplici ospiti nella speranza di riuscire a non intrattenere con nessuno di essi alcun tipo di discorso. Procedeva per passi lunghi e cadenzati, con un'aria alquanto vaga dipinta sul volto. E per un po' riuscì nel suo intento, sembravano tutti talmente occupati ad ostentare i propri successi gli uni altri altri, informare gli amici invidiosi delle prodezze dei propri figli oppure dei matrimoni più vantaggiosi e rinomati che avessero contratto che nessuno badò alla esile figura della ragazza che camminava evitando quanti più contatti umani possibili. 
No, Alice non era proprio dell'umore per poter tollerare tutto ciò. Avrebbe cercato di avvicinarsi il più possibile al grande labirinto fatto di edera e folti arbusti che troneggiava al limitare del giardino.
Era abbastanza vicina quando sentì qualcuno afferrarla bruscamente per un braccio e una voce stridula esclamare: -"Alice, cara!"-.
Appena Alice si voltò non poté fare a meno di socchiudere, in maniera impercettibile, gli occhi e celare un lungo, profondo, infinito sospiro. 
Si trattava di una vecchia, vecchissima amica di famiglia, Mrs. Harrish, la più pettegola delle pettegole, capace di attaccar bottone parlando esclusivamente lei stessa per una gran quantità di tempo, se non per ore.
-"No"-, pensò Alice tra sé e sé, -"questa non ci voleva"-.
Più la donna la tratteneva e più Alice trotterellava sul posto impaziente facendo perfino tremare il lungo vestito di satin azzurro che indossava.
Aveva sempre amato quel colore, fin da piccola, e lo indossava più volte che poteva su qualsiasi abito possibile.
Alice stava per perdere le speranze abbandonandosi all'idea di rimanere bloccata in quell'empasse dove non le era consentito nemmeno replicare quando arrivò qualcun'altro a catturare l'attenzione di Mrs. Harrish. Non appena la vide voltarsi ne approfittò per scappare dalle sue grinfie e procedette con un passo, assai più celere del precedente, in direzione del labirinto.
Oltrepassò la soglia di entrata e rallentò appena vi si ritrovò all'interno. 
Si sentì immediatamente sollevata, pervasa da una pace totale e rassicurante. Era il posto nel quale si rifugiava sempre, non ve n'erano di migliori al mondo. Era tutto suo. Nessuno osava addentrarsi nel labirinto, mentre lei ci si divertiva un sacco e più si perdeva e più impazziva di gioia.
Fissò a lungo la vegetazione che la circondava e dovette ammettere che in quell'ultimo mese in cui non era riuscita ad infiltrarsi nel suo posto segreto l'erba era cresciuta assai notevolmente.
La qual cosa la stupì fino ad un certo punto dato i numerosi temporali avvenuti nelle ultime settimane.
Era immersa in questi pensieri quando dovette fermarsi all'improvviso. Avvertì un lungo, intenso ed assordante fischio nell'orecchio destro. Istintivamente sollevò il braccio per poggiar contro l'orecchio la sua mano, ma il rumore non cessava, anzi . . . peggiorava di secondo in secondo. Si ritrovò a strizzare perfino gli occhi tanto ormai era divenuto insostenibile quell'assordante fischio, quando . . . . sentì una sensazione di vuoto sotto alle proprie scarpe e il cuore le salì fino in gola mentre si rendeva conto di star precipitando giù. Ma com'era possibile?
Quando riaprì gli occhi si ritrovò sdraiata per terra, tutta dolorante soprattutto al livello della schiena, ma perlomeno il fischio era cessato.
Riuscì a mettere a fuoco solo pochi istanti dopo aver ripreso conoscenza e . . . si guardò attorno incredula. Non aveva la più pallida idea di dove fosse finita. 
Era tutto così strano, perfino l'aria circostante aveva un profumo particolare, insolito. Eppure, quell'odore le era molto familiare. Non sapeva cosa fosse, ma era sicura di averlo già sentito prima di quel momento.
Con le dita della mano si massaggiò la tempia dolorante mentre le gambe la riportavano quasi automaticamente alla postura eretta. Notò un enorme strappo proprio sul davanti del suo vestito blu e le scappò detto un: -"Accidenti . . ."-.
-"Queste non son parole . . ."- disse una voce vicina alla quale ne seguì subito una seconda che terminò la frase appena cominciata: 
-". . . di una signorina . . . ."-; Alice inclinò leggermente il capo, sollevando un sopracciglio quando si ritrovò davanti, o per meglio dire dabbasso, due ometti piccoli piccoli, ma estremamente robusti, decisamente l'uno la copia dell'altro. Erano strani, molto strani, ma avevano un'espressione decisamente buffa. Istintivamente Alice si ritrovò a sorridere.
I due ometti saltellavano l'uno restando al fianco dell'altro e quando le si presentarono come: -"Io sono Pinco Panco . . ."- urlò il primo lasciando  la mano del secondo che aggiunse solamente -"E io Panco Pinco . . ."-.
-"Pinco Panco . . . e Panco Pinco . . . ."-, borbottò Alice quasi in automatico. Era una cosa insolita, ma nemmeno quei nomi alla sua memoria le erano indifferenti.
La situazione era sempre più surreale che mai. Stava per domandare a quei simpatici ometti dove si trovasse quando avvertì una sensazione di calore a livello dell'avambraccio. Come se qualcuno l'avesse appena toccata o sfiorata. 
Si voltò assai rapidamente e rimase di stucco nel ritrovarsi davanti un uomo dall'aria ancora più stravagante dei due omuncoli appena conosciuti. 
Indossava una lunga giacca color porpora leggermente trasandata, dei pantaloni con enormi buchi e toppe che campeggiavano per la totalità della stoffa di cui eran fatti, scarpe ancor più stravaganti dell'abbigliamento soprastante e un ampio, coloratissimo, cappello che primeggiava sopra la testa.
Il signore la stava fissando con insistenza, con aria da attento scrutatore, e ancora non sembrava aver intenzione di lasciarle libero il braccio. Le labbra dell'uomo si aprivano e dischiudevano mentre quei profondi occhi color dell'ebano indagavano ogni minimo tratto del volto di Alice. 
Dopo un lasso di tempo che le sembrò infinito, finalmente, ecco che quell'uomo le chiese quasi con un filo di voce: -"Ma . . . sei tu, tu?"-.
Le sopracciglia della giovane si sollevarono quasi all'unisono lasciando trasparire sul suo volto un'espressione a metà tra il confuso e l'attonita meraviglia. -"Sono io, io?"-, ripeté senza ben capire ancora dove si trovasse, come fosse finita in quel posto dalle lussureggianti e prepotenti tinte variopinte, e soprattutto chi erano quegli strani personaggi che sembravano tenerla quasi in ostaggio.
-"Sì, tu . . . tu?"-, insistette l'uomo sollevando la mano destra con l'intenzione di avvicinare le dita per metà fasciate da un fine guanto in corrispondenza della guancia di Alice.
-"io, io?"-, ripeté di nuovo lei. Per quanto assurdo potesse sembrare non avvertiva la benché minima sensazione né di pericolo né tantomeno di paura. Era piuttosto divertita e le sembrò di trovarsi nel bel mezzo di una specie di gioco infantile, e per qualche ragione lo stava assecondando.
Solo nel momento in cui quelle dita calde e rassicuranti le sfiorarono la guancia e vide ancor più da vicino gli occhi dello sconosciuto mentre quest'ultimo le mormorava quasi con un tono di voce che mal celava un profondo affetto : -"Certo che sei tu, tu . . .", l'espressione dell'uomo si fece infinitamente dolce, ma la parte che seguì fece tremare la ragazza quasi fin nelle vene: ". . . Alice"-, fu allora ch'ella trasalì e indietreggiò di un passo mentre i due ometti esclamarono in coro stupiti oltre ogni immaginzione: -"Alice??!!"-. 
L'uomo dallo strano ed egocentrico cappello si voltò verso di loro annunendo con un ampio sorriso stampato sul volto domandando loro: -"Non l'avevate riconosciuta?"-.
Alice stava per dare a tutti le spalle,  puntando la punta della scarpetta sinistra sull'erba sottostante con la chiara volontà di slanciarsi e cominciare a correre quando qualcosa andò storto ed avvertì nuovamente quel prolungato fischio che aveva sentito nel labirinto e stavolta tutto fu buio.

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