Memories... Just another old story...

di Lilith_and_Adam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Un giorno come tanti... ***
Capitolo 2: *** 2. Memorie di un'altra vita ***
Capitolo 3: *** 3. Un posto lontano da casa. ***
Capitolo 4: *** 4. Quando ancora eri qui. ***
Capitolo 5: *** 5. Quella luna di sangue. ***
Capitolo 6: *** 6. Non odiarmi. ***
Capitolo 7: *** 7-8 Giorni lontani. ***
Capitolo 8: *** 9. Sensei. ***
Capitolo 9: *** 10. Ancora tu ***
Capitolo 10: *** 11. Giorni pesanti. ***
Capitolo 11: *** 12. Quello scontro tanto atteso. ***
Capitolo 12: *** 13: La sua rabbia. ***
Capitolo 13: *** 14. Casa era dove c'eri tu. ***
Capitolo 14: *** 15. Non mentire/Addio ***
Capitolo 15: *** 16. Saluti. ***
Capitolo 16: *** 17. Giorni grigi... giorni felici. ***
Capitolo 17: *** 18. Mei si intromette... come al solito! ***
Capitolo 18: *** 19. Quei giorni passati come spiriti felici. ***



Capitolo 1
*** 1. Un giorno come tanti... ***


Capitolo 1: Un giorno come tanti...
 
La capitale era tutta in fermento, i mercanti si erano accalcati da giorni ai bordi delle strade principali e le guardie all’entrata del paese facevano fatica a gestire il flusso di gente che entrava e usciva, eppure, all’interno della cittadella c’era un silenzio tombale.
Rei quella notte aveva fatto fatica a dormire, da sola in un palazzo che non conosceva, in una camera che non era la sua, non era riuscita a rilassarsi a sufficienza. Quando tutte le luci furono spente, lei uscì sul piccolo balcone e con un balzo arrivò sul tetto. Le stelle erano poche, quasi tutte coperte dalle nuvole e la luna aveva un alone rossastro; era tutto troppo diverso dalle campagne di Konoha dove aveva sempre vissuto.

Una delle domestiche entrò nella camera non appena si fece l’alba e aprì le tende leggere di seta che coprivano la finestra del secondo piano. Rei rimase in attesa nel grande futon sotto la tenda bianca che le avevano allestito. Se quella era la sua stanza non immaginava quanto potesse essere elaborata quella del Daimyo nell’edificio di fronte. Le domestiche in quel palazzo non avevano il permesso di parlare, avevano sempre lo sguardo basso e un sorriso sulle labbra ma a volte sembravano avere un’aria piuttosto scortese, probabilmente la giudicavano come una sempliciotta o qualcuno che non era degno di stare al suo posto, o forse era solo ciò che Rei pensava di sé stessa.  
La vestirono di tutto punto, Rei pensò che dovesse essere illegale indossare dieci kimono uno sull’altro, per fortuna era abituata a portare i pesi alle caviglie, così la cosa non le impedì del tutto di camminare. Fecero una gran fatica ad acconciarle i capelli corti, quella, per le giovani ancelle, fu una vera sfida e la donna acida e anziana che stava coordinando tutto sudava freddo, mentre Rei rideva sotto i baffi; alla fine decisero di lasciarle i capelli acconciati come al solito, le misero solo le due campanelle cerimoniali ai lati che lei non avrebbe più tolto. Il fiocco azzurro che portava sempre al collo, un po’ logoro e scolorito, venne ben nascosto sotto il collo degli abiti.
Quando ebbero finito qualcuno bussò alla porta e, dopo che tutte le domestiche si furono inginocchiate e abbassarono lo sguardo, il Daimyo entrò nella stanza e armato del suo fedele ventaglio prese la mano di Rei e la portò di fronte una piccola porta scorrevole. Per tutto il corridoio e il giardino che aveva attraversato Rei non aveva proferito parola, non perché non potesse, anzi lei era ormai una delle poche persone che poteva parlare al Daimyo liberamente; semplicemente in quel momento voleva solo ascoltare. Lui la rassicurò dicendo che quello sarebbe stato l’unico giorno della sua vita che avrebbe dovuto fare tutte quelle cerimonie.
Appena entrata nella stanza buia Rei fece un piccolo inchino, fino a che una mano non le diede una forte pacca sulla spalla.
«Non essere così rigida, su!» Un uomo alto dai capelli rosso scuro le sorrise gentilmente.
«Kise-san, per favore non spaventarla!» Una donna anziana dalla pelle scura barcollò fino a lei con il suo bastone, le pose la mano e la fece accomodare sulla sedia al centro del tavolo.
Mormorii del tipo «Ecco la carne fresca» o «Non sarà un po’ troppo giovane?» la accompagnarono mentre si sedeva.
I sei erano seduti tutti intorno a lei.
Kise era il comandante del Vento. Era seduto proprio alla sua destra, aveva una personalità esuberante e non stava mai zitto.
Akane era la donna che la aveva accolta così gentilmente, era il comandante del Paese della Nuvola, era la più anziana i tutti e quando parlava aveva un tono quasi materno.
Daisuke era un tipo piuttosto calmo e riservato, per tutto il tempo rimase in silenzio. Era il Comandante del Paese dell’ Erba, non aveva molta influenza ultimamente, ma era pur sempre uno dei nove.
Ayako era una donna dal grande fascino, aveva fatto della sua bellezza la sua arma più letale, era il comandante della Roccia, girava voce che era la figlia illegittima dello Tsuchikage, ma per Rei erano solo inutili pettegolezzi.
Isao era il comandante del Paese della Neve, aveva una carnagione così chiara da riflettere quasi la luce e i capelli completamente bianchi nonostante avesse poco più di trent’anni.
Jin sembrava avere solo qualche anno in più di Rei, sembrava sempre allegro e spensierato, era tutto ciò che Rei voleva essere da anni. Era il comandante del Paese delle Cascate.
Mancava all’appello solo il comandante dell’acqua, si diceva che da tempo fosse malato, ma tutti sapevano che il Mitsukage lo aveva completamente soggiogato; il paese dell’acqua non era più avvicinabile da tempo, gli altri comandanti non avevano nemmeno il permesso di entrarci.
Una sedia vuota era posta a capotavola. Quella doveva essere la sedia del comandante del Paese del Vortice, era rimasta sempre vuota da quando Mito-Sama era morta e, dato che il villaggio era stato raso al suolo tempo prima, sarebbe rimasta vuota per sempre, ma, in sua memoria, quegli otto strani personaggi erano ancora chiamati “I Nove”.
Rei rimase sorpresa quando scoprì che in quelle ore non avrebbero parlato per niente di diplomazie o cose del genere; nonostante tutti quei paesi si erano fatti la guerra per così tanti anni e le tensioni continuavano ancora, erano come una grande famiglia, Kise disse che quelle erano occasioni in cui un comandante deve essere spensierato e sereno perché erano momenti rari. L’unico discorso serio lo fece Akane-Sama.
«Un comandante non ha un cognome.» iniziò Akane,« Non ha un clan né una famiglia. Il suo unico dovere è accudire il suo paese, dare fiducia al popolo e consigliare il Daimyo. Un comandante deve dare la propria vita per proteggere la pace. In passato tutti noi eravamo l’unica linea che separava gli shinobi dal farsi la guerra, non sempre siamo riusciti a mantenere l’ordine tra di noi. È passato del tempo da quando ci siamo riuniti in questo modo, ed è sempre stata un’occasione per rinsaldare i nostri rapporti di pace. Rei, cara, questi saranno i tuoi doveri ufficiali, ma tutti noi sappiamo che il nostro unico compito è quello di proteggere la forza portante che è stata assegnata al nostro paese, e tu più di tutti dovresti capire quanto è essenziale in questi momenti di stallo.» per tutto il tempo in cui Akane parlò, gli altri pendevano dalle sue labbra e il suo tono fu sempre quello di una madre che parla ai propri figli, o forse le veniva naturale data la giovane età di Rei. Le venne un po’ di tristezza quando pensò a Naruto e il panico pensando a Gaara.

Ma tutto quello doveva aspettare, le campane iniziarono a suonare in modo molto rumoroso quando arrivò mezzogiorno e il chiasso della folla che sia accalcava iniziò a sentirsi ben distinto anche nella cittadella quando furono aperte le porte. La grande scalinata era gremita di gente.
Rei venne accompagnata da Tsunade fino in cima e si sentì sollevata quando tra tutta quella gente intravide Naruto che nel vederla quasi gridò.
Non ci furono grandi discorsi, l’unico a parlare fu il Daimyo che elencò i doveri che un comandante doveva avere di fronte al popolo, l’unica cosa che però aspettavano tutti era che Rei rinforzasse la cupola di protezione che ricopriva il Paese. Si diceva che il colore del raggio di chakra che si sarebbe unito alla cupola era in grado di indicare il futuro del Paese.
Rei si posizionò di fronte la piccola colonna al centro del patio, prima dell’inizio delle scale, e mentre intorno calò il silenzio, concentrò le sue forze sulle sfera di vetro che le era stata porta dall’Hokage.
Quando le sue mani la poggiarono sulla colonna di marmo, un raggio di luce bianco puro partì alla volta del cielo e si separò in nove piccoli raggi che si sparsero in tutte le direzioni non appena toccò la cupola.
Le urla di giubilo della gente le fecero sentire che il suo sogno ormai si era realizzato. Mentre sorrideva a tutta quella gente, ai suoi amici, ai suoi maestri e ai suoi compagni, una sola persona le venne in mente...
Onii-Sama spero tu sia fiero di me...
L’ombra di suo fratello era lì a guardarla e, quando lei lo vide, lo guardò con un’aria fiera e serena per la prima volta in vita sua.

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Capitolo 2
*** 2. Memorie di un'altra vita ***


Capitolo 2: Memorie di un’altra vita.


Sapete, personalmente non ho mai creduto in nessun dio ma non mi sono nemmeno mai definito un amante del destino, sono sempre stato dell’idea che l’universo sapesse cosa fare per mantenersi in equilibrio e che non c’era bisogno che noi andassimo a disturbarlo.
«Aspettami, Mei! Hai idea di quanto pesa questa dannata spada?»
«Sbrigati e non ti lamentare! L’ho dovuta portare io per tutto il giorno, quindi ora te la becchi tu! Ah, Saika-san, guarda quel medico, è così giovane, carino...»
«Mei! Concentrati!»
«L’ho trovata, è da questa parte.»
I due fuochi fatui svolazzavano indisturbati per i corridoi dell’ospedale, attraversando i petti della gente, consci del fatto che nessuno potesse vederli. Bhè, tutti tranne lui...
A quei tempi non era poi così abile con le tecniche ninja, infondo era solo un bambino, ma riusciva a controllare un po’ lo sharingan e quando quelle due gli sfrecciarono davanti non poté ignorarle. Aveva visto già altre volte degli spiritelli simili, di solito si trattava di parenti con questioni in sospeso o bambini che avevano voglia di giocare e fare scherzi anche dopo la morte; tuttavia, una delle due si portava dietro una specie di grossa katana fantasma tutta incisa con ideogrammi antichi, anche volendo era impossibile ignorarle.
«Sicura che siamo in tempo? L’ultima volta eravamo in ritardo di giorni...»
«Sono sicura! Questa è la volta buona, dobbiamo solo aspettare che la temperatura scenda abbastanza e poi possiamo procedere...»
Discorsi strani persino per due spiriti, pensò. Le due fiamme bianche scomparvero dietro la porta della sala parto e lui tornò a sedersi al fianco di suo padre.
Fugaku era un uomo sempre molto pacato, impossibile da scomporre e con uno sguardo a metà tra il severo e la noia sempre stampato sul volto; eppure, quel pomeriggio d’estate era palese che fosse nervoso, aveva il copri fronte tra le mani e lo torturava picchiettandoci sopra con le dita, e torturando anche le sue povere piccole orecchie.
Trascorsero due ore e finalmente padre e figlio poterono entrare nella stanza dove riposava Mikoto.
In una piccola culla, sotto lo stanco e sereno sguardo dei suoi genitori, si trovavano le due persone che avrebbero cambiato la vita del piccolo Itachi per sempre. A destra riposava Sasuke, avvolto ben stretto nella sua copertina azzurra; a sinistra, invece, Rei era vigile e fissa a guardare il fratello dormire.
Una brezza leggera entrò dalla finestra e Rei sembrò restare ipnotizzata dal vento che le accarezzava la pelle. Rei era una di quei pochi bambini che venendo al mondo acquisivano una particolare abilità, una di quelle che noi chiamiamo “abilità innate”, solo che la sua era rara e... diversa.
Rei era nata alle ore 18.27, appena tre minuti dopo il fratello, ed era biologicamente deceduta alle ore 18.32, la sua temperatura corporea era scesa ben sotto i 35°, arrivando a -5°C. La sua struttura molecolare era stata totalmente distrutta e ricostruita dopo che i canali del chakra erano entrati in contatto con i vasi sanguigni; all’esterno sembrava una normale neonata, all’interno era capace di far arrivare il suo corpo a temperature molto vicine lo zero assoluto; nonostante tutto, il suo cuore batteva, i polmoni si contraevano facendola respirare e i suoi occhi neri lo fissavano e scrutavano cercando di capire qualcosa della sua anima.
«Alcune cose non possiamo spiegarle», gli spiegò Mikoto, «sono solo doni del cielo e dobbiamo accettarli così come ci vengono dati.» Lei era estremamente  devota alla Dea, ma i due spiritelli che se ne stavano appoggiati al lato della culla gli facevano pensare che magari i doni vengono fatti per un motivo...
«Ehi Mei, lo senti?»
«Si. Ci spia da ieri, non pensavo che qualche umano potesse riuscire a vederci.»
«Bhè, io riuscivo a vederti da piccola...»
«È diverso!»
«Adesso basta!» Lo spiritello seccato si avvicinò velocemente alla porta, la fece scorrere e si rivolse al bambino. «Entra!»
«Con permesso...» disse Itachi quasi imbarazzato.
I due spiriti brillarono per un po’ poi uno si trasformò in una ragazza alta con i capelli lunghi e un lungo kimono antico, l’altro in una bambina che poteva avere una decina di anni, con i capelli legati in una lunga treccia e quella grossa katana sulle spalle. Avevano entrambe uno strano simbolo sulla tempia sinistra, sembrava uno di quei vecchi sigilli che si mettevano ai criminali di guerra.
«Io sono Mei» disse la ragazza a destra portandosi una mano sul cuore, «e questa è Saika-chan!» terminò tirando le guance alla bambina.
«Su, dicci perché ci segui sempre.» disse Saika.
Mei, sembrava gentile, forse solo un po’ esuberante ma quasi materna con la piccola Saika che sembrava essere più riservata e fredda.
«Voi siete spiriti guardiani?»
Ne aveva sentito parlare spesso dai sacerdoti al tempio, sono spiriti che ci guidano segretamente nelle scelte della vita.
«No! Ti sembriamo per caso quegli antipatici? Noi, mio caro, siamo spiriti della morte!» Mei sembrava offesa.
«Siamo legati alla tua sorellina.» Saika si avvicinò alla culla di Rei. «Lei è morta e tornata in vita appena dopo la sua nascita, è un evento raro e vogliamo scoprire perché Lui ha graziato questa bambina.»
Mei apparve dietro a Itachi e si mise ad accarezzargli le spalle. «Tranquillo, non le faremo del male, siamo qui solo per capire cosa può fare Rei per Lui... però, gradiremmo che tu non dicessi nulla riguardo tutto ciò, nemmeno ai tuoi genitori.»
Annuì, forse voleva anche lui restare a vedere cosa sarebbe successo...
 
* * *
 
Molte volte, durante quell’anno, Fugaku e Mikoto avevano discusso delle sorti di Rei. Il clan era stato sempre molto rigido riguardo ai figli che avrebbero avuto parte attiva nelle “questioni del clan”, chi non era ritenuto adatto doveva essere tenuto al di fuori da qualsiasi evento, comprese le riunioni segrete che si tenevano tra gli shinobi del clan. Rei non avrebbe mai potuto manipolare il fuoco come ogni altro Uchiha e, probabilmente, non avrebbe avuto mai la possibilità di risvegliare lo sharingan, agli occhi degli anziani non era un’ Uchiha e, agli occhi di suo padre, era solo uno scherzo della natura.
Quando erano piccoli, i tre fratelli, non si separavano mai, anche quando Itachi era occupato con l’accademia Gli altri due andavano a regalargli i loro sorrisi. Sasuke era sempre attento, maniaco del perfezionismo fin da piccolo, ogni cosa doveva essere fatta secondo un suo criterio; Rei, invece, era sempre in disparte, non gli andava di giocare con gli altri bambini e, a volte, nemmeno con il suo gemello, vantava la percentuale di sorrisi e parole dette più bassa nella storia dell’umanità, Itachi, d’altro canto, vantava di aver ricevuto la maggior parte di quelle parole e sorrisi.
Mei e Saika erano sempre dietro di lei, la seguivano perennemente, a volte sedute sulle sue spalle, a volte le entravano nello spirito, a loro dire, per stare più comode, eppure Rei sembrava non curarsene, raramente dava loro retta, sembrava sempre che le ignorasse, ma forse semplicemente non voleva che qualcuno le scoprisse, quelle due erano il suo segreto più grande.

Credo di non essere mai riuscito a proteggerla come si deve, nonostante fossi il suo “fratellone” e lei cercava costantemente la mia approvazione su tutto, credo che più che come suo fratello, lei mi vedesse come la sua figura paterna, nostro padre la ignorava e la bistrattava ogni volta che se la trovava davanti, per lui Rei era la vergogna della famiglia, ma a lei non importava cercava di fare di tutto pur di essere accettata da lui, andava sempre in giro dicendo che lei sarebbe diventata il nuovo comandante, direi che puntava molto più in alto dell’hokage.
Mi piaceva insegnare a quei due, anche se ancora erano troppo piccoli per eseguire delle tecniche, mi chiedevano sempre di insegnargli a usare i kunai. A Sasuke piaceva guardarmi, per lui era come se stessi danzando ogni volta, invece Rei riusciva sempre, anche se era come se non volesse prendere in mano un’arma, credevo che avesse paura di ferirsi, era molto spesso distratta.
 
Un giorno, tornando a casa, Itachi trovò suo padre che lo aspettava seduto al tavolo da pranzo, pronto a rimproverarlo, a lui non piaceva che portasse Rei al campo di addestramento, lo aveva severamente proibito. Al figlio non piaceva disobbedirgli ma non poteva nemmeno resistere alle richieste della sua sorellina.
«F-fermo, non rimproverare Onii-sama, ti prego.» balbettò Rei dall’altro lato della stanza, appoggiata allo stipite della porta. «Gli ho chiesto io di portarmi.»
«Tu sta’ zitta!» era molto più che duro con lei. «Un buon soldato rispetta sempre gli ordini!»
«Onii-sama non è un soldato!» aveva gli occhi strizzati e la coda tra le gambe, «Devi smetterla di trattarlo così, lui non è un soldato, non è il tuo burattino, lui è il MIO Nii-san!»
«Rei-chan ora basta...» Le sussurrò Mei, ma le sue suppliche non ebbero effetto. In teoria a quattro anni non avrebbe dovuto avere il chakra necessario per tirare nemmeno un pugno, tuttavia si vide chiaramente che si stava caricando e face apparire spuntoni di ghiaccio dal pavimento che intrappolarono Fugaku e lo trapassarono all’altezza della spalla destra. Sui suoi piccoli occhi le tre inconfondibili tomoe dello sharingan si tingevano di bianco sul nero dei suoi occhi. Rei aveva conosciuto l’odio già in tenera età e il rimorso per non averglielo impedito avrebbe accompagnato il fratello maggiore per tutta la vita, specialmente per le ore successive.
Itachi si gettò su di lei cercando di calmarla «Rei basta ora!», lei lo abbracciò forte e lasciò andare il padre.
«N-nii-san...», fu l’ultima cosa che riuscì a dire prima di svenire tra le sue braccia.
Quando l’uomo la prese a sé sembrava quasi affranto.
«Cosa hai intenzione di fare padre?»
«Quello che avrei dovuto fare molto tempo fa...»
Lui la portò in giardino e la posò sull’erba mentre iniziava a disegnarle intorno un sigillo circolare, quando ebbe terminato si inginocchiò e iniziò una nenia incomprensibile. Le stava sigillando il chakra.
Le urla laceravano l’aria e frammentavano il cuore del povero Itachi mentre delle scosse ricoprivano il suo corpo. Pian piano vedeva comparire lo stesso segno che vedeva ogni giorno sul volto di Mei e Saika.
Ancora oggi mi chiedo perché non feci niente, rimasi bloccato in piedi dietro mio padre, credo che fu quello il momento in cui giurai che avrei fatto di tutto pur di non farla soffrire mai più.
 
* * *

Quando entrò nella stanza vide Mei e Saika che accarezzavano dolcemente una Rei addormentata.
«È questo il destino che spetta a quelli come noi.» Iniziò Saika «Prima o poi perdiamo il controllo e facciamo del male a qualcuno, le nostre abilità non sono altro che la punizione per la nostra ostinazione a rimanere in vita. Quel sigillo le impedirà di invecchiare troppo, ad un certo punto della sua vita smetterà di crescere e sarà condannata a vagare per la terra anche dopo che sarà uccisa, è la nostra maledizione. Io uccisi mio fratello il giorno in cui me lo fecero e Mei... suo figlio.»
«Basta adesso... Itachi-kun, c’è una cosa che voglio chiederti. Ama tua sorella, non farla soffrire, resta per lei l’idolo che crede.»
Annuì.
Ognuno ha le proprie maledizioni, Itachi avrebbe scoperto le sue solo qualche tempo dopo, ma giurò che il mondo sarebbe stato diverso per lei, sarebbe stato migliore...
 

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Capitolo 3
*** 3. Un posto lontano da casa. ***


Capitolo 3: Un posto lontano da casa.


La prima volta che uscì dal villaggio fu per seguire Itachi. Lui doveva eseguire una missione, all’epoca era solo un genin, era solo un ragazzo desideroso di diventare grande troppo in fretta.
Lo tartassò per tutto il giorno, fin da quando lo aveva visto sistemare lo zaino, infondo era una cosa da niente, doveva solo consegnare un documento, continuava a ripetergli che non sarebbe successo nulla.
Alla fine cedette, lo faceva sempre.
I suoi genitori erano abituati a vederla sparire per tutto il giorno a quei tempi, non dicevano nulla, l’importante era che tornasse a casa per cena, possibilmente prima che suo padre tornasse dal lavoro.
Itachi con lei rideva. Non era come con Sasuke, su loro due, essendo maschi, gravava il peso della famiglia e Itachi aveva sempre fatto in modo di lasciare il futuro nelle sue mani, lui si limitava a conoscere il passato, e Rei, a quei tempi, bhè, si godeva il presente. Da piccoli le piaceva giocare a scacchi “versione sharingan” con Itachi, e non le importava molto se poteva vederlo solo di rado per via delle missioni, le piaceva stare con lui era l’unica persona che poteva capire, tutto.
Mei aveva il vizio di girargli intorno, era sempre lì a dire quanto fosse carino e quanto rivolesse il suo corpo solo per “poterlo apprezzare da vicino!”, Saika si infastidiva sempre e Rei si divertiva con loro.
Quella mattina Itachi la caricò sulle sue spalle e partì deciso fuori dal villaggio, dopo dieci minuti già non si vedeva la montagna degli Hokage. Parlarono per tutto il tragitto, Rei tendeva a meravigliarsi di ogni più piccola cosa, quel mondo pieno di avventure era un sogno irrealizzabile.
Quando arrivarono al confine sentì il caldo soffocarla, aveva la sensazione di sciogliersi. Era divertente vedere Itachi voler mantenere la sua aria stoica mentre la sua fronte grondava sudore. Poco prima di arrivare a Suna si alzò una brezza piacevole, rivelando quello che per la piccola sembrò un enorme castello di sabbia.
Proseguirono a piedi dopo essere entrati, la via principale era affollata e piena di negozi, non era poi così diversa da Konoha ma Rei restò comunque dietro la gamba di Itachi per tutto il tempo. Mei e Saika sembravano essere a loro agio, per niente intimorite del fatto che qualcuno potesse vederle, svolazzavano spensierate esplorando tra la gente che tanto la spaventava.
Arrivarono di fronte il grande palazzo del Kazekage e Itachi le mostrò una pergamena. «Devo consegnare solo questa, tornerò subito, ma tu devi aspettarmi qui. Va bene?»
Annuì, lui le accarezzò la spalla ed entrò.
Rei si appoggiò allo stipite della porta di ingresso cercando un po’ d’ombra, era intimorita ma le persone che passavano sembravano non curarsi di lei.
Ad un certo punto un uomo alto dai capelli biondi in compagnia di un bambino si avvicinò alla porta, l’uomo gli disse di aspettare, gli stropicciò i capelli ed entrò. Il bambino dai capelli rosso fuoco si mise ad aspettare appoggiato all’altro lato dell’ingresso.
Rei si mise ad osservarlo, rimase lì immobile con lo sguardo perso nel vuoto. Lui si girò verso di lei e Rei distolse lo sguardo, non voleva sembrare scortese ma lui sembrò un po’ infastidito.
Pregò la Dea di far tornare Itachi il più presto possibile, il rosso si mise a fissarle il sigillo e non sapeva cosa fare, strizzò gli occhi per trattenere le lacrime e iniziò a giocare con i capelli cercando di nasconderlo in modo discreto ma beccò il nastro sciogliendolo. Rossa in viso cercò di legarlo di nuovo in modo un po’ impacciato. Lui in tutto questo sembrava divertito.
La cosa iniziava ad infastidirla, odiava che qualcuno la fissasse in quel modo. Seccata gli disse: «Mi... mi trovi buffa?»
Lui fece una faccia strana, poi rispose: «Un po’ si!»
Visibilmente alterata si ricompose cercando di trattenere la voglia di tirargli un pugno, se lui non si fosse messo a fissarla in quel modo inquietante non si sarebbe mai messa in ridicolo. In tutto questo Mei che rideva a crepapelle non aiutava!
Dopo poco Itachi uscì dall’edificio, nel vederlo Rei fece un enorme sorriso. Quello arrossì e finalmente smise di fissarla.
Stavano andando via e Rei si girò verso di lui ancora una volta. Era tornato a fissare il vuoto, sembrava piuttosto che guardasse oltre tutta quella gente, un posto così lontano da non poter essere raggiunto; nonostante fossero spenti da chissà quanto, i suoi occhi avevano uno strano luccichio. Ne era sicura, era lo stesso sguardo che aveva Itachi quando guardava il cielo...
 
                A quei tempi, nonostante tutto, la mia mente non era ancora del tutto corrosa, avevo ancora un posto dove tornare e qualcuno ad aspettarmi con il sorriso gentile.
Aspettavo sempre mio zio di fronte la porta di ingresso del palazzo, non mi andava a genio l’idea di entrare in quel posto e poi non volevo rischiare di incontrare mio padre. Quel giorno di fianco a me c’era una bambina dal viso pallido e i capelli neri lunghissimi. Mi fissava incuriosita, quasi come un fenomeno da baraccone, non mi piaceva che la gente mi guardasse in quel modo, così le lanciai uno sguardo truce per intimidirla. Lei si girò di scatto e notai il segno che aveva in viso, era qualcosa che non avevo mai visto, sembrava una fiamma a testa in giù con dei vortici all’interno; partiva dalla tempia con la parte più arrotondata fino a terminare con la punta vicino l’angolo della bocca. I suoi occhi neri non lasciavano trasparire niente della sua anima si limitavano a sembrare due specchi sotto quel sole accecante.
Si, la trovavo estremamente buffa, sembrava così apatica, seria e fredda, eppure aveva una grande energia vitale. Quando mi rivolse la parola fui sorpreso, nessuno mi parlava, e lei non sembrava per niente spaventata da me. Quella risposta forse fu un po’ scortese ma volevo vedere la sua reazione, mi divertii nel vedere come si irrigidì, a stento si tratteneva con i pugni chiusi.
Un ragazzo che le somigliava uscì dall’edificio e le si avvicinò, aveva il copri fronte della Foglia. Non credevo possibile che una persona potesse fare un sorriso del genere, sembrò riacquistare vita e i suoi occhi si accesero.
A quei tempi il mondo mi sembrava sempre troppo cupo, anche lei lo guardava con quel senso di incompletezza, ma mi mostrò che c’era una luce che poteva illuminare quel buio.
 
                                                                              Gaara.

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Capitolo 4
*** 4. Quando ancora eri qui. ***


Capitolo 4: Quando ancora eri qui.


Mei e Saika le dicevano spesso di non seguire Itachi, ma la sua testardaggine faceva venire il mal di testa, così dopo un po’ ci rinunciarono.
Itachi aveva appena finito l’accademia, era un giovane promettente e ben presto si ritrovò a dover scegliere tra il suo clan e il suo villaggio, si rifiutò di entrare nel corpo di polizia interno e accettò la richiesta del corpo speciale. Quando Rei lo venne a sapere, segretamente, fece i salti di gioia, sapeva che il suo caro fratello era dalla parte dei “buoni” e, per lei, i “buoni” erano tutti coloro che non avevano a che fare con suo padre.

Una notte la porta principale di casa si aprì rumorosamente, erano tutti nelle loro stanze e sapevano che Itachi era fuori per una missione ma non sarebbe tornato prima di un paio di giorni, quindi Rei si spaventò un po’, ma decise lo stesso di scendere a controllare.
Itachi era seduto accanto alla porta di ingresso visibilmente ferito ad un braccio.
«Nii-san!» Rei si avvicinò lentamente al fratello, che nel frattempo si stava togliendo la maschera.
«Ah, scusa Rei, non dovrei farmi vedere così... Tranquilla sto bene, sono solo stanco, volevo tornare in tempo.»
L’orologio nell’atrio suonò allo scoccare della mezzanotte, Itachi tirò fuori da una delle tasche del gilet un piccolo pacchettino.
«Buon compleanno Rei! Ho quasi litigato con il mio capitano per poterlo avere.»
Rei con gli occhi umidi posò il suo regalo e andò a prendere la cassetta del pronto soccorso, sembrava arrabbiata. «Che fai non lo apri?»
«Stupido di un fratello! Non mi importa se mi fai gli auguri con una settimana o un anno di ritardo!»
Itachi le asciugò le lacrime e le sorrise. Era una loro tradizione, ogni anno Itachi allo scoccare della mezzanotte svegliava Sasuke e Rei e gli faceva i suoi auguri, nel buio della loro stanza i sussurri e le risatine trattenute erano la cosa più dolce che potesse desiderare.
Rei strinse bene le bende e accarezzò leggermente il simbolo del fuoco sul braccio del fratello, prese il suo regalo e lo scartò con cura.
«È un dispositivo di correzione del chakra, lo usiamo quando dobbiamo controllare il chakra di alcuni prigionieri, ma funziona anche al contrario. Qui sotto c’è un piccolo ago che va ad infilarsi in uno dei condotti del polso, poi una parte di energia viene fatta entrare nel dispositivo. Ha dieci sezioni, così puoi anche vedere quanto chakra stai effettivamente consumando, l’importante è che non arrivi a spegnere le ultime tre sezioni.» Rei ascoltava la spiegazione incuriosita.
«Ehi, Rei, con questo potrai usare anche i ninjutsu, e, probabilmente, potrai persino diplomarti un giorno.» A quelle parole Rei sfoggiò il sorriso più grande che avesse mai fatto, sicuramente quello fu il primo vero momento di felicità che avesse mai provato. Avrebbe finito l’accademia, sarebbe diventata un vero ninja e suo padre non avrebbe più potuto dire nulla contro di lei. Un giorno, si disse, avrebbe combattuto al fianco di Itachi.
Nel momento in cui Itachi chiuse il bracciale Rei avvertì un breve pizzico, poi una strana sensazione di risucchio, le sezioni si riempirono di un luminoso chakra bianco e una leggera brina si formò sulla parte di vetro del dispositivo, lampeggiò un paio di volte e poi si bloccò in modo permanente al suo braccio. Saika, curiosa, uscì allo scoperto per esaminare il nuovo “giocattolo”, picchiettò un po’ di volte sul vetro con un dito prima di accorgersi che Itachi la stava fissando, arrossì e volò a nascondersi dietro Rei che, nel frattempo, esaminava il braccio ancora un po’ incredula.
Itachi si alzò poco dopo. «Ora devo tornare alla base, devo fare rapporto e beccarmi qualche strigliata.» Rei vide il suo sorridente fratello chiudere la porta e sparire nel buio della notte.

La piccola esitò un po’ di fronte la porta di ingresso, poi la spalancò ed iniziò a correre lungo il viale, doveva ringraziare Itachi, doveva digli quanto gli voleva bene, doveva vederlo ancora una volta per essere sicura che quello non fosse stato solo un sogno. Si sarebbe messa nei guai per essere uscita di notte, l’avrebbero rimproverata per aver seguito un AMBU, ma non importava, doveva farlo, era l’universo ad obbligarla.
Anche quella notte c’era la luna piena.
Ora che aveva riacquistato la sensibilità del suo chakra, Rei riusciva a sentire la scia di energia che aveva lasciato il fratello. Lo trovò vicino le cascate a est della foresta degli Uchiha, seduto su un masso stava parlando con Shisui. Rei si nascose per un po’ dietro un albero.
«Sei andato alla riunione di Sabato, Itachi?»
Itachi annuì. «Le cose iniziano a farsi complicate, non pensavo che avrebbero reagito in quel modo.»
«L’odio porta le persone a fare i gesti più impensabili.»
«Ma arriveranno davvero ad una guerra, a questo punto...»
La conversazione andò avanti ancora per un po’. Sono solo parole, si disse Rei, solo “discorsi da grandi”.
Quando finirono di parlare Shisui evaporò in una nuvola di fumo.
Itachi alzò la testa verso la luna, lo faceva sempre quando era sovrappensiero, quasi come se cercasse delle risposte lassù.
«Alla fine, credo che tu si l’unica persona a cui avrei voluto far sapere tutto questo...»
Rei andò a sedersi di fianco al fratello e iniziò a far scorrere l’acqua del ruscello tra le dita. «Nii-san. Faranno davvero quello cose, faranno davvero male al villaggio?»
Itachi annuì.
«Allora devi dirlo all’Hokage, ci parlerà lui...» Rei si alzò in piedi quasi determinata a farlo lei stessa.
«Lo sa già.» Rei si sedette delusa e un po’ imbarazzata.
«Nii-san, papà non è un uomo cattivo, vero?»
«Tu credi sia cattivo?»
Rei scosse la testa. «Una volta mi hai detto che anche se si fanno cose cattive non si deve per forza essere cattivi...»
Itachi stropicciò i capelli di Rei, poi tornò a fissare la luna.

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Capitolo 5
*** 5. Quella luna di sangue. ***


Capitolo 5: Quella luna di sangue.


Dopo la morte di Shisui, Itachi era diventato più cupo del solito, stava sempre attento a non essere seguito e quasi non parlava più con i suoi familiari.

Rei quel giorno era uscita dall’accademia poco prima del tramonto, aveva salutato Hinata e lasciato Sasuke al campo di addestramento; nell’aria c’era una strana elettricità, come se il vento stesse cercando di metterla in guardia da qualcosa. Quella mattina aveva visto Itachi preparare l’equipaggiamento e uscire presto, ma Rei era riuscita a sentirlo per tutto il giorno e non si era mai spostato. L’istinto è una cosa strana, ti fa fare cose che mai avresti pensato, ti fa muovere senza il bisogno di pensarci.

Il sotterraneo era come sempre umido e buio, era lì che di solito Itachi si allenava, ma quel pomeriggio non era da solo. Hiruzen e Danzo stavano discutendo tra loro mentre Itachi attendeva l’ordine in ginocchio. Rei trattenne rumorosamente il respiro quando la decisione fu presa, da lontano dietro quel pilastro dove era ben nascosta poteva vedere la distruzione che si impossessava degli occhi del suo caro fratello. Credo che fu quello il momento in cui nella mente di Rei si ruppe qualcosa, non so dire bene cosa, ma la sua reazione fu così forte da farle dimenticare che doveva rimanere nascosta e si mise ad urlare contro i due boia che avevano segnato il destino della sua famiglia.

«Come potete fare una cosa del genere a Itachi? Come potete chiedergli di uccidere la sua stessa famiglia?» Rei in lacrime scappò via.

Era diretta verso casa, il rosso del tramonto era quasi sparito e faceva già capolino la luna. Rei si fermò a fissarla, poi si rivolse a Saika.
«Saika-san, potresti darmi Enma solo per questa volta?»
Enma era la loro spada. Era una spada particolare forgiata secoli prima che si tramandava nella famiglia della piccola Saika, essendo stata l’ultima del suo clan la spada l’aveva seguita anche dopo la morte. Quella spada ha la particolarità di assumere una forma diversa in base alla persone che la impugna.

Quella notte, nelle mani della piccola Rei, Enma, prese la forma di un’enorme falce bianca.

Rei camminava lentamente nel viale del distretto del clan, il vento in faccia le bruciava gli occhi come mai prima. Avevano iniziato a cambiare forma non appena prese in mano Enma, la metamorfosi era iniziata e non poteva essere fermata.
«Non posso lasciare che Itachi faccia questo.»
Lacrime di sangue le rigavano il viso. L’aria era gelida.
«Nii-san resterà con me, non dovrà andare via.»
Le luci si spegnevano una dopo l’altra in un silenzio tombale.
«È la cosa giusta. È la cosa giusta da fare.»
Un altro spirito della morte era nato, era solo questione di tempo prima che la maledizione affliggesse anche lei.

Itachi la raggiunse quando ormai era troppo tardi. Rei era in piedi dietro i suoi genitori, si mordeva il labbro e Itachi riuscì a fermarle la mano appena in tempo.
«Rei» La prese a sé e lei iniziò a singhiozzare tra le sue braccia.
«Avanti Itachi, questo è compito tuo...» Fugaku e Mikoto fissarono il vuoto e Rei vide suo fratello mietere la madre che aveva tanto amato e l’uomo che più odiava al mondo.

I piccoli passi di Sasuke si facevano sempre più vicini.
«Nii-san, ora tocca a me vero?» Rei gli sorrise come sempre.
«No! Rei! Aspetta!»
Rei prese la spada di Itachi ancora intrisa del sangue di sua madre e se la conficcò nell’addome.
Itachi posò Rei sul tatami e cercò di proteggere lei e Sasuke nel solo modo che la sua famiglia gli aveva insegnato: mentendo.

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Capitolo 6
*** 6. Non odiarmi. ***



Capitolo 6: Non odiarmi...



Fin da quando eravamo piccolissimi, Rei ed io non ci siamo mai separati, lei era la mia altra metà. Mia sorella aveva il vizio, anche se avevamo camere separate, di intrufolarsi nel mio letto nel cuore della notte, era un suo rito. Le ho sempre voluto bene.
Ricordo una volta, credo che avevamo sui cinque anni, avevamo preso l’influenza insieme, forse da qualche bambino al parco, e lei non voleva ammettere di stare male, continuava a insistere che voleva essere lei ad assistermi. È sempre stata così, testarda, piagnucolona e insicura.
Quando abbiamo cominciato l’accademia mi sono accorto che eravamo davvero diversi, io facevo di tutto per farmi notare, avevo buoni voti e provavo quasi piacere ad essere un gradino sopra gli altri; Rei, invece, sembrava non prendere sul serio gli studi, prendeva voti più alti di tutti senza il minimo sforzo, inoltre prendeva le distanze da me quando eravamo a scuola, non che mi ignorasse, semplicemente sembrava farmi capire che non gli servivo. Era molto più forte di me e io ne ero consapevole, l’unica persona che la sottovalutava era lei stessa.
 
Non la potei vedere per cinque giorni.
La operarono con successo e tutto quello che rimase della sua ferita fu solo un’enorme cicatrice all’altezza dello stomaco, ma aveva perso una gran quantità di sangue e chakra.
Quando si svegliò io mi trovavo a scuola. L’Hokage si era occupato dei funerali e insistette che tornassi al più presto a seguire le lezioni, la mia rabbia era l’unica cosa che riusciva a superare l’angoscia di quei giorni; quella mattina entrò nella classe e disse a tutti che Rei aveva ripreso conoscenza ma che probabilmente ci avrebbe messo un po’ prima di tornare, vidi Hinata e Naruto sorridere per la gioia poi mi disse che potevo andare con lui. Durante il tragitto, l’Hokage, si mise a parlare di come adesso sarei dovuto rimanere al fianco di mia sorella, di come ora lei sarebbe stata fisicamente debole, ma io riuscivo a pensare solo a come si fosse sentita quella sera, mi chiedevo se avesse visto Itachi che la attaccava, o se avesse lottato contro di lui, e del perché lui l’avesse lasciata a metà tra la vita e la morte...
Entrai nella stanza poco dopo che i medici ci aggiornarono della situazione, l’Hokage sembrava sollevato e mi lasciò solo con lei.
Rei era sdraiata e fissava il soffitto, girò la testa verso di me nel momento in cui chiusi la porta, poi si portò la coperta a coprire il viso. La sentii piangere.
«Rei come ti senti?» Con il senno di poi quella fu una domanda stupida, ma non sapevo proprio come iniziare o cosa dire. Lei si raggomitolò in posizione fetale sempre tutta coperta continuando a piangere, tirò fuori solo la mano e io la tenni sempre vicino a me.
In quel periodo fu sempre così, anche quando la fecero tornare a casa, non parlava mai. La mattina le cambiavo le bende, la aiutavo a sistemarsi, le lasciavo la colazione e uscivo; andavamo avanti così, la maggior parte delle volte, quando tornavo a casa, la trovavo nella stessa posizione, con gli occhi gonfi e il pasto ancora intatto, era diventata solo un guscio vuoto, nonostante fosse fisicamente lì mi era stata portata via anche mia sorella.
Cercavo di essere sempre gentile e paziente, ma ero arrabbiato, volevo dirle di reagire e che la sua vita non sarebbe finita in quel modo. La sua mente non era mai stata completamente sana, probabilmente nel corso della sua vita avrà pensato più volte di fare del male a nostro padre, avrà pensato di essere inutile e che senza di lei nulla sarebbe cambiato; io odiavo mio fratello per quello che aveva tolto a me, ma soprattutto lo odiavo per quello che aveva portato via a lei, Rei, d’altro canto, portava dentro un odio ancora più profondo, un odio verso sé stessa che non poteva essere attenuato e che io ancora non conoscevo.
Un giorno, mentre stavamo facendo il bagno, Rei si raccolse i capelli in una coda. Li aveva sempre portati lunghi e sciolti, portava solo un semplice nastro blu per evitare che le finissero sul viso, credo che non li avesse mai tagliati perché le arrivavano alle ginocchia ormai. In quel momento devo aver fatto proprio uno sguardo orrendo, ma in quel modo era davvero identica ad Itachi e credo che se ne rese conto anche lei. Durò tutto un secondo, produsse una lama di ghiaccio e li tagliò poco prima della radice lasciando solo le due ciocche sciolte ai lati. All’inizio credevo lo avesse fatto per me, ma poi capii che voleva allontanarsi dall’immagine ideale che aveva di suo fratello, qualunque cosa fosse successa ormai Itachi non era più lì con lei e penso che in quel modo iniziò a rassegnarsi a quell’idea.
I giorni successivi le cose iniziarono un po’ a migliorare, riprese a mangiare e a volte usciva anche in giardino, un giorno tornato a casa la trovai perfino a cucinare, ma ancora non mi parlava.
Qualche settimana dopo le dissi che avremmo avuto un importante test pratico a scuola e che il maestro Iruka aveva deciso di venire a casa e darle l’opportunità di mettersi in pari con gli altri, infondo mancava dalle lezioni da mesi.
«No. Nessuno metterà piede in questa casa.» mi rispose così, freddamente.
Non so se fu la frase che mi disse o il suo tono di voce, o il fatto che finalmente mi stava parlando, ma ebbi un deciso scatto di rabbia.
«Adesso smettila! Ho sopportato tutto questo per tutto questo tempo, ma non ti permetto di buttare tutto all’aria! Dov’è finita la Rei che aspirava a diventare grande, quella che voleva dimostrare a tutti quanto valeva!»
«Ormai non c’è più nessuno da impressionare...» la sua voce era calma e cupa, mi dava le spalle ma potevo sentire i suoi occhi perdersi nel vuoto.
Mi avvicinai a lei, la presi per le spalle e la girai in modo che mi guardasse dritta negli occhi. «Smettila di farti rovinare da lui. Smettila di voler trattenere la rabbia!»
Fu un momento, mi buttò a terra e iniziò a strangolarmi lentamente.
«Tu mi odi, vero Sasuke?» le sue lacrime bagnavano anche il mio viso.
«No, non è te che odio...»
«Non posso farlo. Non posso odiare Itachi, non posso pensare a lui come fai tu!»
«Rei... perché?»
«Non posso e basta. Ci ho anche provato a essere arrabbiata, ma non ho nulla contro cui esserlo. Però... però se a te serve, se ti serve davvero avere tutto questo odio dentro, allora non ti fermerò. Quando sarà il momento non ti dirò di non ucciderlo.»
«Se io uccidessi Itachi saresti tu ad odiare me.»
Rei si calmò e mi abbracciò all’improvviso, poi mi sussurrò all’orecchio: «Non potrei mai odiarti, Nii.»
Il giorno dopo tornò a scuola.
 
                                               Sasuke




 

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Capitolo 7
*** 7-8 Giorni lontani. ***


Capitolo 7: Quei giorni lontani.


Nonostante fossi sempre così indaffarato e preoccupato per mille cose, mi ritagliavo ogni sera un po’ di tempo per una piccola passeggiata in solitaria. Le dolci gioie della vecchiaia sono proprio queste, perdersi nei ricordi della gioventù e gioire del fatto che, anche se piena di sofferenze, non saresti la stessa persona senza. Una sera mi allontanai giusto un po’ dal solito tragitto arrivando ai confini a est, lì trovai una bambina con i capelli corti e l’immancabile nastro blu legato al collo con un fiocco al lato. La piccola Rei si stava esercitando con gli shuriken. A quei tempi doveva avere nove anni, forse, i suoi movimenti erano precisi ma impacciati, lanciava le lame quasi come se non volesse far del male all’albero che aveva di fronte
Quando mi schiarii la voce lei si girò velocemente e fece un inchino educato.
«Hokage-sama!» Mi ricordava Orochimaru da bambino, aveva lo stesso vizio di allenarsi da solo...
«Se li lanci in quel modo non colpirai mai il bersaglio.»
«Lo so. Sasuke è più bravo di me in queste cose, io proprio non riesco a capire a cosa possano servire, ci sono un milione di altri modi per colpire quel bersaglio, perché proprio con gli shuriken!» Sembrava affranta, ma io scoppiai in una grassa risata.
«Allora come lo vorresti colpire?»
«Così!» Rei fece apparire nella mano un ago di ghiaccio e lo lanciò con forza verso l’ostacolo di legno appeso al tronco. Trapassò l’albero da parte a parte, poi l’ago si sciolse appena uscito. Restai esterrefatto per un momento, la tecnica di lancio le veniva naturale e aveva una leggera ossessione per la “massima efficacia”, come la chiamava lei. In quel momento capii il perché Itachi voleva proteggerla a tutti i costi, quella bambina aveva un enorme potenziale e il suo potere nelle mani sbagliate poteva essere davvero distruttivo.
«Prova a dargli un po’ di spinta con il chakra...» Misi la mia mano sotto la sua e le piccole lame dello shuriken si impregnarono di energia.
«Ah! È più leggero!» Per la prima volta quella sera riuscì ad avvicinarsi al centro del bersaglio, quella fu anche la prima volta che le insegnai qualcosa.
Le mie passeggiate serali pian piano si trasformarono in veri e propri allenamenti, Rei era felice e per qualche strana ragione la cosa rendeva felice anche me, mi sembrava di essere tornato ad accudire una figlia.
La allenai per quasi un anno, poi un giorno riuscì a superare anche me e seppi che ormai non avevo più nulla da insegnarle, doveva andare per la sua strada.
Il suo potere era illimitato. Il suo ghiaccio, seppur gelido e pensante, era in grado di prendere mille forme. Poteva accendere un fuoco bianco che era anche caldo e poteva evaporare all’istante e riprendere la sua forma originale a decine di metri di distanza. Le insegnai a controllarlo e a non sprecare troppa energia, infondo il suo chakra era anche il suo sangue.
Rei diceva che, nonostante tutto, avrebbe reso Itachi fiero di lei.
 

                                               Hiruzen.





Capitolo 8: Solo un giorno normale...


Io e Sakura, a quei tempi, avevamo tagliato ogni contatto anche se eravamo comunque rimaste amiche, eravamo rivali. Ricordo che all’accademia rompevamo sempre le scatole a Rei per farci dire qualche dettaglio su Sasuke, ma lui non aveva occhi che per lei. Eravamo un po’ tutte gelose nella classe ma Rei era una di quelle persone che si fanno amare anche se vorresti disprezzarle. Dopo quello che successe al loro clan Rei era come se si fosse aperta di più con tutti, iniziò a parlare con noi un giorno a pranzo. Ricordo che io e Sakura stavamo discutendo e Rei, che si portava sempre dietro Hinata, si avvicinò a noi.
«Ti dico che a lui piacciono i capelli corti!» Continuava a ripetermi Sakura
«Rei-chan! Tu cosa dici, a Sasuke piacciono le ragazze con i capelli corti o lunghi?» Presi io l’iniziativa di chiederglielo, ma Rei sembrava imbarazzata e indecisa se rispondere o no.
«è importante?» disse Hinata
«Certo che si!» le rispondemmo in coro noi due. Rei scoppiò a ridere.
«Non lo, credo i capelli corti, mi dice sempre che sto meglio da quando li ho tagliati.» Rei continuava a ridere e non riuscimmo a prenderla sul serio.
«Ehi, Hinata-chan, c’è qualcuno che ti piace?» Sakura cercò di cambiare discorso, ma Hinata quasi svenne al pensiero di dover rispondere.
«E tu, Rei-chan?» chiesi io.
«Mhm, nessuno, credo.»
«Sicura? Proprio nessuno?» chiese Sakura
«Bhè l’unico ragazzo carino è suo fratello!» La provocai io, Rei arrossì un po’.
«Credo che mi piacciano i ragazzi con i capelli rossi...»
«Rossi?» Tutte e tre cercammo in vano di pensare a qualche conoscente che avesse i capelli di quel colore.
***
Il giorno dell’assegnazione delle squadre Rei era più pimpante del solito, probabilmente non si aspettava nemmeno di essere promossa, ma i suoi voti erano così alti che non potevano lasciarsela sfuggire. Entrò in classa vestita come al solito, un kimono corto di colore verde acceso con una grande fenice rossa disegnata sopra e, sulla schiena, lo stemma del clan, un paio di geta e l’immancabile fiocco blu legato al collo che, quella volta, era quasi nascosto dal copri fronte che portava sul collo. Molte volte avevamo provato ad insegnarle ad allacciare per bene l’obi, ma la maldestra Rei non ci riusciva quasi mai, il più delle volte il nodo si scioglieva lasciando solo il primo nodo principale, così la stoffa in eccesso scendeva sempre facendola assomigliare quasi ad una coda.
Rei finì nella squadra sette.
Dopo che Naruto ebbe finito di attaccare briga come al solito, Rei chiese il perché di una squadra di quattro membri. Il maestro Iruka rispose che non erano soliti separare i gemelli per non alimentare inutili rivalità all’interno della famiglia. Rei sembrò quasi delusa, in effetti molti si chiedevano chi tra i due era più forte e non si poteva certo valutare se dovevano lavorare assieme.
 
                                               Ino

 

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Capitolo 8
*** 9. Sensei. ***



Capitolo 9: Sensei...


Avevo conosciuto bene Itachi, ero il suo capitano nelle forze speciali, ma, forse, non abbastanza.

Non sapevo se quei quattro sarebbero diventati una squadra, sapevo solo che camminavo sul ghiaccio sottile con quei tre.
La prima volta che vidi Rei sembrava quasi volersi nascondere da me, continuava a stare dietro gli altri (rumorosi) tre. Era la prima volta che vedevo quegli occhi, tre tomoe bianchissime dentro delle iridi nere come la notte, erano vitrei e quasi inquietanti, le davano un espressione di perenne disprezzo. Quel giorno si limitò a dire il suo nome. Non vedevo l’ora di sapere cosa sapesse fare.
 
***
 
Noiosi... Terribilmente impreparati alla vita da ninja, tremendamente distratti dai loro “problemi” da bambini. Sasuke orribilmente presuntuoso, Naruto impulsivo e avventato, Sakura, bhè meglio non parlarne... Per questo li legai tutti e tre.
Cercai dappertutto ma non riuscii a trovare Rei.
«Sensei, non è difficile, sono qui!» Iniziai a sentire una risata sadica rimbombarmi nella mente. All’inizio credetti di essere in un’ illusione, ma il flusso del mio chakra era stabile e nemmeno lo sharingan riusciva vedere nulla.
Gli alberi intorno iniziarono come a sciogliersi e il cielo si tinse di rosso.
Delle copie di Rei apparvero tutte intorno chiudendomi in un cerchio. «Sensei, non è difficile!» Dissero in coro.
Le copie scomparvero all’improvviso e Rei mi attaccò dall’alto con dei kunai avvelenati. Li scansai ma mi ritrovai immobile dentro una prigione glaciale.
Rei si avvicinò camminando lentamente e mise la sua mano intorno al mio collo.
Mi svegliai qualche secondo dopo. Di fronte a me Rei aveva attivato il suo sharingan, un fiocco di neve bianco era apparso nei suoi occhi, solo in seguito capii che lei era in grado di far diventare le immagini illusorie reali. Eravamo rimasti entrambi lì immobili, non mi ero mosso di un millimetro da quando avevo visto il cielo rosso. Rei mi sfilò i campanelli e mi fece un sorriso un po’ inquietante, poi scomparve. Dietro di me Rei aveva liberato i suoi compagni, fu così che decisi di promuoverli!
 
***
 
Le missioni non erano poi così difficile, i primi tempi si trattava solo di imparare e seguire gli schemi di attacco e difesa, non mi sorprese quando iniziarono a mostrare noia. Quando ci affidarono quella missione non mi sentii molto preoccupato, infondo era solo una missione di scorta, e credo che non lo divenni nemmeno quando la cosa iniziò a farsi difficile. Sasuke e Naruto mi sorpresero con il loro lavoro di squadra e Rei e Sakura avevano un gran controllo della loro energia.
Quel giorno sul ponte Sakura si dimenava da una parte all’altra cercando di rendersi utile, Sasuke la guardava annoiato e Rei era stata a fissare nel vuoto tutto il tempo.
«Tutto bene?» le chiesi.
«S-si, sensei...» sussultò per un attimo e tornò a mordersi il labbro. Anche io sentivo una strana presenza dal giorno prima, solo che non si trattava di Zabuza.
Quando la nebbia iniziò a coprire con un velo i nostri piedi mi preparai e dissi loro di proteggere il signor Tazuna. Iniziai a combattere contro Zabuza, poi Haku prese di mira Sasuke, Rei sembrava impietrita. Quando arrivò Naruto, Zabuza fece un velocissimo scatto liberandosi dalle mie tecniche e fiondandosi verso il ragazzo. Il rumore che produsse la falce nel fermare la Taglia Teste rimbombò tutto intorno, lasciandolo impietrito. Rei guardò Zabuza con uno sguardo truce e rividi quel sorriso sadico sul suo volto. La falce e la spada si scontravano in continuazione, nessuno dei due voleva dare tregua all’altro. Quando Zabuza cercò di creare un drago d’acqua Rei lo congelò e quando lei cercò di accecarlo evocando un corvo lui la scaraventò a metri di distanza, quel momento mi diede l’opportunità di bloccarlo con i miei cani. Preparai il chidori e riuscii a fermarmi giusto in tempo, Haku si era intromesso tra noi due e anche Rei si mosse velocemente e falciò via la testa di Haku quasi come uno shinigami. Rei tornò in sé poco dopo, rimase bloccata lì a fissare il sangue colare dalla lama. Entrambi gli allievi avevano cercato di proteggere il proprio mentore consci che uno dei due sarebbe caduto inevitabilmente. Credo che Rei quasi sperò di fallire in quel momento...
Rei rimase in silenzio per tutto il tempo mentre seppellivamo i due corpi, rifletteva in silenzio. Ricordo che anch’io mi sentii in quel modo la prima volta che uccisi qualcuno in battaglia, all’inizio pensi solo che lo hai fatto perché era la cosa giusta in quella determinata situazione, poi riesci solo a pensare che per colpa tua una vita ha lasciato questo mondo ed è lì che ti senti un assassino.
Stavamo andando via quando Rei si girò di colpo, e io con lei. La sagoma alta con il mantello nero ci guardava con la luce del tramonto a nasconderle il viso. Io pensai di essere solo sopraffatto dai ricordi, ma Rei guardava l’uomo come se fosse delusa di sé stessa. Scomparve insieme al sole.
 
                                               Kakashi.
 
 
 

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Capitolo 9
*** 10. Ancora tu ***


Capitolo 10: Ancora tu...

Quei due stranieri ci bloccarono la strada all’improvviso, non mi piaceva quando la gente iniziava ad essere prepotente. Quando la situazione iniziò a farsi pesante Sasuke si intromise, mi dava fastidio che fosse stato lui, ma fu efficace.

Sul ramo, a testa in giù, apparve Gaara di fianco a Sasuke. Nessuno si accorse di lui, era stato velocissimo, ma ancor più veloce fu Rei che, in una nuvola di neve, apparve al fianco di Gaara.
«Ti prego di non arrivare così all’improvviso di fianco a mio fratello!» Fece uno strano sorriso, quasi come se fosse pronta per attaccare, prese Gaara per la maglia ed evaporarono insieme per poi ritrovarsi ai piedi dell’albero.
Era sempre stata veloce, persino più veloce del maestro Kakashi.
                                               Naruto.
***
 
Il mondo era ancora contornato da mille bolle di sapone. Era sempre stata la più piccola della famiglia e quando Konohamaru la chiamo “Onee-chan” finì in trans. Tralasciò Sakura che litigava per l’ennesima volta con Naruto e crogiolò ancora un po’ nel suo stato di grazia!
Quando quei due si pararono di fronte a loro, li ignorò semplicemente, la loro energia era nella media e non facevano nemmeno lo sforzo di celarla e poi Naruto era partito in modo così impulsivo che Rei fece fatica a pensare come intervenire.
Quando il sasso colpì il braccio di Kankuro sentì un’aura strana avvicinarsi velocemente, si preparò e appena lui apparve lei era già lì. Sasuke sicuramente non se ne sarebbe accorto, lui non riusciva ancora a percepire le persone a quella velocità, Rei pensò che lo avrebbe attaccato per questo decise di allontanarli.
Quei capelli e quello sguardo le sembravano familiari, ma non riusciva a capire dove li avesse già visti e i suoi occhi così spenti e arrabbiati non la aiutavano a capire. Eppure la sua energia era spaventosa, il solo stargli vicino le faceva girare la testa, sentiva la sua rabbia contagiarla.
Una parte di Rei decise che doveva lasciar perdere, ma l’altra parte bramava la battaglia, ardeva dalla voglia di confrontarsi con un avversario così forte.

 
***
 
Mi dava fastidio che Kankuro fosse stato così impulsivo.
Mi dava fastidio il fatto che tre mocciosi si erano messi in mezzo al nostro cammino.
Mi dava fastidio soprattutto il fatto che mio fratello si fosse riferito a me come “il rompiscatole”.
Avrei voluto ucciderli tutti, qualcosa me lo impedì, e per una volta non era l’ultimo barlume di buon senso che mi era rimasto. Il solo stare vicino a quella ragazza mi faceva gelare il sangue, i suoi occhi sembravano guardare nella mia anima e assorbirla, sembrava lo sguardo di Shukaku. Quel segno sulla sua faccia lo avevo già visto, solo che questa volta sembrava scavato nella pelle, sembrava aver corroso il suo viso.
Quegli occhi pieni di odio erano come un invito a sfidarla. Volevo combattere con lei, ad ogni costo.
                                                               Gaara.
 

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Capitolo 10
*** 11. Giorni pesanti. ***




Capitolo 11: Giorni pesanti.

Quel posto brulicava di mostri, si sentiva l’energia di ognuno di loro che tagliava l’aria pronta ad infestare la foresta.
Non erano entrati da molto quando furono attaccati la prima volta, Sasuke se la cavò egregiamente, Rei era fiera del mio fratello, di come si stesse impegnando per raggiungere il suo obbiettivo, il suo scopo era l’unica cosa che ancora lo ancorava ad una vita normale.
Poco dopo una strana energia le spaccò la testa in due, viscida e fredda si insinuava nella mente prima di attaccare. Fu scaraventata contro un albero e, senza riuscire a rialzarsi, un centinaio di serpenti iniziarono a strisciarle addosso e a stritolarla. Le mancava l’aria, non riusciva a formare nessun sigillo e poco più avanti Sasuke stava subendo la stessa sorte, stretto nella morsa di Orochimaru che lo aveva preso di mira. Persa la testa quando vide Naruto essere inghiottito intero da quell’enorme viscido serpente.
Di solito, quando combatteva, lasciava il comando del suo corpo a Mei, Hiruzen non voleva che lo facesse, diceva che il corpo era suo e non doveva avere paura di usarlo e poi Mei era un tipo sadico, non importava cosa avesse di fronte, l’unica cosa che voleva fare era farlo a pezzi.
Senza accorgersi, Rei, stava lentamente congelando i serpenti che poco dopo andarono in pezzi. Quando Sasuke cadde svenuto tolse ogni inibizione. Un’aura nera come la rabbia che provava iniziò a circondarla e la falce apparve da sola, non riusciva a pensare ad altro che a uccidere Orochimaru, non importava se stava consumando velocemente tutto il chakra.
Si fiondò su Orochimaru a tutta velocità, non faceva altro che attaccare senza pensarci, aveva perso ogni controllo. Lui continuava a dimenarsi, a schivare e a giocare con Rei.
Orochimaru rise in modo sadico, «Che potenza, proprio come Itachi. Chissà se proverò lo stesso piacere nel ferirla!»
Quelle parole la fecero infuriare più della sua faccia. Nessuno, proprio nessuno doveva nominare Itachi in quel modo! Gridò prima che tutta l’area fosse congelata, sembrava un tenero paesaggio natalizio, almeno fino a quando Enma non colpì il suo braccio. L’odore del sangue la riportò alla calma.
Orochimaru si ritirò appena dopo.
Naruto e Sasuke erano privi di conoscenza e Rei si muoveva a fatica, si rifugiarono in un albero cavo. Sakura cercò di medicarli tutti, Rei, senza darlo a vedere, controllò il dispositivo sul braccio, mancava davvero poco alla zona critica, ma lei se ne accorse lo stesso.
«Rei-chan, va tutto bene’» chiese lei.
«No!». Rei si alzò di scatto, stava arrivando qualcuno. Cercò di creare uno scudo ma ad ogni movimento il corpo le faceva male. Sakura fu attaccata e Rei si sentì completamente impotente.
Zaku con un semplice calcio la buttò a terra. Non voleva, ma fu trascinata a forza nella battaglia. Sentiva il corpo intorpidito, non riusciva a sentire nemmeno i colpi che subiva, tantomeno riusciva a contrattaccare.
Le cose si erano messe davvero male. All’improvviso vide Sasuke avvicinarsi. I segni che aveva sul corpo davano un senso di dolore ma lui sembrava quasi soddisfatto di quel potere sconosciuto.
Quando tornò in sé, Rei era distesa a terra quasi incapace di respirare, vide Sasuke essere preoccupato per lei per la prima volta dopo tanto tempo. Delle scosse elettriche le attraversarono il corpo, segno che aveva finito l’energia concessale. Chiuse gli occhi senza accorgersene, solo dopo scoprì che Sasuke mi portò sulle sue spalle fino alla fine della prova.
***
Arrivati alla pagoda centrale Sasuke la poggiò vicino a una delle colonne interne, sembrava affaticato e Rei si sentì in colpa, però riuscì a riposare un altro po’ prima che iniziassero le eliminatorie. Ogni tanto lui veniva a controllarle il braccio, quando si svegliò aveva recuperato una buona parte di chakra e riuscì finalmente ad alzarsi.
Gli scontri iniziarono e fu davvero felice quando Sasuke passò il turno, ma quei segni mi preoccupavano. Per fortuna Kakashi era lì e potè dirgli ogni cosa, lo portò via per un po’ e gli applicò un sigillo simile a quello di Rei sul morso, le disse che non doveva preoccuparsi, ma non ne era capace.
Ad un certo punto arrivò il suo turno.
Guardò il suo avversario negli occhi ancora una volta, sorrise.
«Saika-chan, Mei-chan, solo per questa volta, non mettetevi in mezzo.» Mei e Saika le fecero un cenno e andarono a mettersi vicino la ringhiera della balconata facendo il tifo per lei. Quella era una situazione che doveva affrontare da sola, quello era il momento in cui doveva sapere fino a che punto poteva arrivare.
Gaara la guardò allo stesso modo, era arrivato il momento di capire chi avevano davanti.
Si sentiva per la prima volta piena di energie, nonostante quello che era successo nella foresta.
Evocò Enma senza nemmeno pensarci e lui fece un tonfo metallico quando toccò terra.
Partì all’attacco, schivando la sabbia che cominciava ad intralciarla. Pensò che la sua idea di non portare il combattimento a livello ravvicinato fu saggia, ma stupida. Iniziò ad attaccare con uno schema, così come aveva visto fare ad Itachi tempo prima. In poco tempo aveva posizionato tutti i kunai fino a formare i vertici di un esagono. Gaara continuava ad attaccare con tutte le sue forze e Rei cercava a fatica di difendersi, era davvero forte. Finalmente Rei riuscì a fare un salto abbastanza alto da poter completare il cerchio con un kunai al centro, non restava che concentrare l’energia sui coltelli. Ci riuscì, Gaara rimase intrappolato in una bolla di ghiaccio che pian piano stava abbassando la temperatura del suo corpo. Gaara riuscì a liberarsi facendo esplodere la sabbia, ma rimase comunque intorpidito per un po’. Attaccò con una pioggia di proiettili di sabbia, la maggior parte la colpì ferendola all’addome. Si concentrò e iniziò il suo rituale. La sabbia iniziava a scorrerle sotto i piedi e a rinchiuderla lentamente, sapeva cosa stava per fare, quella tecnica era davvero simile a una di quelle che le aveva insegnato il maestro Sarutobi. Era quasi totalmente rinchiusa quando le scosse ripresero, ma quello non era davvero il momento di arrendersi, se era arrivata al limite allora era il momento di provarle tutte.
Fissai Gaara dall’unica apertura che le era concessa e le mani iniziarono di istinto a produrre sigilli. Nella stanza iniziò lentamente a nevicare e un vortice di ghiaccio si produsse intorno a Gaara immobilizzandolo. Ormai Rei era totalmente risucchiata dalla sabbia e lui era fermo in un diamante di ghiaccio che fluttuava in aria. Un cenno e sarebbe esplosa assieme alla sabbia, un solo cenno e Gaara sarebbe esploso assieme al ghiaccio, entrambi respiravamo a malapena.
Stavano per muoversi entrambi nello stesso istante quando l’esaminatore inibì i chakra di entrambi decretando la conclusione dell’incontro. Quella era una sensazione che proprio non le piaceva, non aveva mai amato lasciare le cose a metà.
Però la fece piacere tornare a respirare.
Fu un pareggio e superarono tutti e due la prova, la cosa sarebbe stata risolta nel terzo esame e io non vedevo l’ora.
***
Erano giorni che la mia sabbia non assaggiava il dolce sapore del sangue e quell’incontro mi sembrò la giusta occasione. Mi ricordavo di Rei, il nostro primo incontro era stato davvero breve, però lei mi mostrò che c’è luce infondo al tunnel. Quando ero bambino quel pensiero mi dava forza, almeno fino a quando non ho scoperto fino a che punto le persone possano essere crudeli. I suoi occhi però erano cambiati, avevano cambiato forma e lasciavano trasparire pensieri cupi, quasi più dei miei. Quando la guardavo era come guardarmi allo specchio, un guscio vuoto capace solo di contenere un mostro, lo capii davvero quando vidi che era disposta quanto me a lasciare andare la sua vita in ogni momento.
Fui sorpreso nel vedere quanta energia poteva sfruttare, continuava ad attaccarmi senza respiro e sembrò divertirsi per la prima volta da tempo.
Ero consapevole del fatto che la mia prigione di sabbia fosse letale e quanto potesse bloccare una persona, quindi non mi aspettavo di certo di ritrovarmi nella stessa situazione in quel momento. Ho sempre pensato che il mio potere potesse distruggere ogni cosa, fino a quando non ho visto cosa può fare un cubetto di ghiaccio, un pesante, freddo, calcolatore e distruttivo cubetto di ghiaccio!
Quando gli esaminatori ci fermarono io volevo continuare, volevo finire quello che avevo iniziato, e anche Rei, dovettero trattenerci con la forza.
Rei era visibilmente ferita, sanguinava dall’addome e il braccio destro continuava a essere attraversato da degli strani fulmini, così venne portata in infermeria.
Lì per terra c’era il suo nastro blu, lo raccolsi. Sembrava vecchio e logoro, probabilmente si era strappato nello scontro. Gli incontri conti-nuavano e io decisi di gironzolare per l’edificio, anche perché non mi andava di vedere quei due fare le loro patetiche figure. Mi ritrovai di fronte la medicheria, la porta era aperta e Rei era rannicchiata con il lenzuolo a coprirle anche parte del viso. Bussai vicino lo stipite della porta, non ebbi risposta così decisi di andare via.
«Chi c’è?» La risposta arrivò un po’ in ritardo.
«Hai perso questo...»
Lei uscì da lì sotto e nel vedere il nastro si controllò il collo nel panico, poi me lo strappò dalle mani e se lo legò sotto il copri fronte, sembrò sollevata dopo.
Ero confuso, vederla annullava completamente i miei istinti, come se guardarla negli occhi mi impediva di essere arrabbiato con lei e il mondo.
«Grazie.» mi rispose arrossendo un po’.
«Deve essere una cosa importante...» inconsciamente mi toccai la fronte.
Rei annuì «è il regalo di una persona a cui voglio bene...», nel dirlo ci giocava tra le dita con uno sguardo sereno. Ecco era proprio quello lo sguardo che fece quella volta, come se al’improvviso iniziava a vivere di nuovo. Pensando a lei avevo voglia di abbandonare la missione...
                                               Gaara.
 
 

 

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Capitolo 11
*** 12. Quello scontro tanto atteso. ***


Capitolo 12: Quello scontro tanto atteso.


Durante quel mese di attesa mi ero allenata duramente assieme al mio maestro. Hiruzen sapeva bene che Orochimaru avrebbe potuto attaccare da un momento all’altro, mi spiegò tutto di lui, anche i piccoli dettagli che nessuno conosceva. Non so perché ma mi sentivo affine ad Orochimaru, aveva avuto una vita difficile e alla fine tutto ciò che voleva fare era riportare in vita la sua famiglia, aggiustare le cose...
Più l’allenamento andava avanti, più prendevo coscienza di ciò che potevo fare e, forse per la prima volta, riuscii a capire il perché delle azioni di mio padre. Ho sempre pensato che il potere del fuoco del mio clan potesse essere estremamente distruttivo, infondo il fuoco era sempre quello che faceva a pezzi tutto, eppure poteva sempre essere spento. L’acqua, invece, è una forza della natura, nulla può contrastarla, nessuno può prevedere quanto forte sarà una tempesta o uno tsunami e non c’è via d’uscita.

Il giorno del torneo stavo aspettando di fronte l’entrata che arrivasse qualche viso amico. Vidi Naruto correre verso l’arena con Jiraya che quasi non riusciva a stargli dietro.
«Rei-chan!» iniziò a salutarmi a metri di distanza. È incredibile come mi sembrasse cresciuto eppure era passato solo un mese, chissà se gli sembravo cambiata...
Sembrava guardarsi intorno. «Tutto bene Naruto-kun?»
Deluso mi rispose: «Speravo che Sasuke fosse già arrivato!»
«Ah, eccolo!» in lontananza vidi Sasuke avvicinarsi lentamente, sembrava un po’ stanco. Sorrise in maniera di sfida ad entrambi ed entrò.
«Maleducato! Saluta almeno!» Naruto era sempre così esuberante, mi succhiava via le energie il solo guardarlo.
Salimmo nella galleria d’attesa, sembravano tutti così motivati che mi contagiarono con il loro entusiasmo, erano tutti pronti a dimostrare quanto potevano valere sia come combattenti che come persone. Poco dopo il tabellone indicò l’ordine degli scontri.
Non potevo credere ai miei occhi, avrei dovuto affrontare Sasuke.
Fino ad allora credo non avessi realizzato che ci potesse essere un’eventualità simile. Rimasi impietrita, Sasuke sembrò non importarsene, rimase appoggiato al muro con le mani in tasca per tutto il tempo, mentre io ero nel panico. Non volevo scontrarmi contro mio fratello, se avessi vinto mi sarei sentita in colpa e probabilmente lui si sarebbe sentito inferiore, se avessi perso mi sarei sentita come se avessi buttato via tutto il mio tempo e se lo avessi fatto vincere di proposito si sarebbe arrabbiato come mai. Ero confusa ma avevo solo una scelta, vincere, vincere per dimostrargli che potevo essere alla sua altezza, che potevo aiutarlo e mantenere la nostra promessa.

Il momento arrivò prima del previsto, credo che tutti aspettassero quell’incontro per vedere chi, tra gli ultimi Uchiha, avrebbe portato avanti l’onore del clan.
Era di fronte a me, con la sua espressione di rabbia, probabilmente nemmeno lui voleva essere lì, solo in seguito capii che aveva, per la prima volta, paura di scontrarsi contro qualcuno più forte di lui.
«Rei, non credere che ti lascerò vincere tanto facilmente!»
"Grazie, Sasuke..."
Lui fu il primo ad attaccare, io formavo scudi guidata dall’istinto, non potevo credere che i suoi riflessi fossero migliorati in così poco tempo. Non mi dava respiro, non ebbi altra scelta che formare un campo di forza, Sasuke fu scaraventato contro la parete.
Attivai il mio sharingan ipnotico, non era il momento di trattenersi, lui sembrò un po’ sorpreso.
Già, non era il momento di trattenersi...
Una sola goccia di sangue e intorno a noi i corvi invasero l’arena. Sasuke era impegnato a evitarli e farne scomparire qualcuno, io presi la rincorsa, salii sul più grande, Raven, e salii il più in alto possibile.
Sasuke continuava a lanciare gli shuriken, colpendomi un po’ di volte, e a sfruttare gli alberi per salire verso di me. Mi sorprese da dietro con un calcio spedendomi quasi sulle gradinate. Feci un leggero sorriso quando vidi che Sasuke era andato a finire proprio al centro dell’arena.
«Ma questa è la tecnica di Haku!» Sembrava sicuro di sé quando i vari specchi di ghiaccio iniziarono a circondarlo.
«No. Questa è una cosa un po’ diversa.» Dissero in coro le mie copie negli specchi mentre io rimanevo appollaiata su un ramo a tenere il sigillo con le mani. «Diciamo che è una sua versione migliorata, Sa-su-ke-kun!», odiavo che Mei sillabasse i nomi in quel modo mi inquietava. Apparì sullo specchio più in alto e le copie, insieme, iniziarono ad attaccarlo di continuo. Era abile, era dannatamente irritante il modo in cui lo faceva, ma alla fine servì al mio scopo. Era stanco, quasi senza respiro quando iniziai a sciogliere gli specchi, allagando un po’ il campo.
«Tutto qui? Hai già finito?» Riprese fiato e iniziò a concentrare il chakra. Quando vidi il chidori ebbi solo pochi istanti per formare uno scudo abbastanza spesso, ma la forza con cui si lanciò verso di me mi fece cadere comunque a terra.
«Kakashi ti ha davvero insegnato quella tecnica?»
Non so perché ma mi misi a ridere, mi stavo davvero divertendo...
«Nii-san, allora credo che dovremmo fare sul serio!»
In quel periodo non ero stata con le mani in mano, avevo imparato alla perfezione a controllare le mie illusioni ed era arrivato il momento di dimostrare al mio maestro che potevo farcela.
Probabilmente avrei coinvolto anche le altre persone presenti, ma non mi importò. Feci girare lo sharingan giusto un po’, quel tanto che bastava per rendere il cielo rosso sangue, Sasuke come uno stupido lo guardò.
Ridevo ancora, «Nii-san, non avresti dovuto farlo!»
Una grande croce apparve dietro mio fratello e i corvi si conficcarono nelle sue mani, crocifiggendolo.
# Fantastico! Voglio quel potere! #
Quella voce mi entrò in testa proprio come l’ultima volta, ma la ignorai.
Sasuke si dimenava lì sopra, evocai Enma e gli falciai parte del chakra. Non volevo fargli davvero male, volevo solo indebolirlo quanto bastava per proseguire tranquillamente. Sciolsi l’illusione ed entrambi riprendemmo fiato, le illusioni mi consumavano comunque un sacco di energia.
Sasuke si riprese prima di me e ricominciò ad attaccarmi, non potevo molto contro il suo fuoco ma riuscii a proteggermi fino a che la grande sfera che creò dopo non mi colpì in pieno. Continuavamo a muoverci in continuazione, era instancabile e mi irritava davvero molto.
# Fantastico! #
Mi distrassi di nuovo e non vidi Sasuke che alle mie spalle mi stava attaccando con un altro chidori, mi colpì alla spalla sinistra.
Il mio sangue scorreva sulla sua mano, non credevo che avrei mai visto una scena simile.
«Mi dispiace Sasuke!» Non riuscivo a parlare bene, ma avevo ancora abbastanza forze per trasformare quel sangue in ghiaccio e congelargli la mano.
Stavano continuando da troppo e io non riuscivo a vedere la fine dell’incontro. Non mi piaceva essere ferita, mi dava uno strano senso di debolezza e la cosa mi faceva arrabbiare, ma non ebbi il tempo di prendere coscienza della situazione.
Quella grande aura viscida si avvicinò velocemente verso di me e mi stritolò il corpo, mentre un’altra enorme stava scatenandosi tra gli spalti per poi attaccare velocemente Sasuke. Mentre Orochimaru mi stringeva nel suo collo mostruosamente allungato, potevo vedere Gaara che si era fiondato su Sasuke mentre lui cercava di liberarsi per venire a proteggermi. Il terzo Hokage era sceso nell’arena per combattere.
È incredibile come in un singolo momento il mondo può andare a rotoli.
 
                                               Rei.
 
 

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Capitolo 12
*** 13: La sua rabbia. ***


Capitolo 13: La sua rabbia...


Hiruzen aveva fatto in modo di allontanare la battaglia ma Orochimaru aveva bloccato sia lui che Rei sul tetto dell’arena, mentre intorno si stava scatenando il caos. I ninja della Sabbia avevano davvero deciso di iniziare l’attacco e Orochimaru era davvero coinvolto come aveva detto il maestro. Il recinto di energia impediva l’uscita e Rei non riusciva a respirare stretta com’era sotto il braccio di Orochimaru, Saika sembrava terrorizzata anche all’idea di muoversi, Mei non l’aveva mai vista così. Decise di evocare Enma da sola, le consumò un bel po’ di energia e rimase visibile solo per poco, ma bastò per far distrarre Orochimaru e permettere all’Hokage di attaccarlo per liberare Rei.
Rei e Hiruzen erano pronti alla battaglia, non si poteva tornare indietro.
«Konoha soccomberà sotto il mio potere!» Orochimaru rideva come un pazzo mostrando la sua vera natura ai suoi avversari.
«Il tuo viso mi infastidisce, piccola. Mi ricorda quello di una persona che disprezzo molto, però il tuo corpo trabocca di potere, sei quasi più potente dei tuoi fratelli! Magari ho preso il gemello sbagliato!» La sua risata era come un trapano nelle nostre teste.
«Tu non prenderai mai il nostro corpo!» Rei partì alla carica con la sua falce tra le mani, ma era tutto inutile, proprio come l’ultima volta, Orochimaru stava solo giocando, stuzzicandola per farle perdere la ragione. Nel frattempo l’Hokage era impegnato con i suoi predecessori che non gli davano un secondo di respiro.
Ad un certo punto i due si ritrovarono a combattere schiena a schiena.
«Rei, ti ricordi la tecnica di cui ti avevo parlato?»
Rei annuì.
«Bhè, credo sia arrivato il momento di usarla!»
«No! Sensei, non posso!»
«È l’unico modo! Devo sigillare i due Hokage o non potrò nemmeno avvicinarmi a lui!»
«No...»
«REI! È un ordine di un tuo superiore!»
Hiruzen partì all’attacco cercando di tenere impegnati i tre avversari. Rei iniziò a piangere mentre concentrava le sue energie.
Mi dispiace maestro...
Rei era circondata da un’aura terrificante che nemmeno il sigillo avrebbe potuto contenere, era nera come la morte. I tre shinigami fecero il loro ingresso e Hiruzen ne prese il controllo. L’Hokage combatteva con tutti e tre contemporaneamente mentre Rei cercava di mantenere quella tecnica attiva.
«Rei-chan smettila ti prego! Morirete entrambi se continui così!» Saika era davvero preoccupata.
«Posso farcela!» ma Rei aveva delle fitte terribili agli occhi e la spalla le faceva male, resisteva a malapena.
«Saika NO!» Mei gridò con tutto il fiato che aveva in corpo ma lei non si fermò, prese una forma quasi umana per un istante.
Orochimaru rimase impietrito quando si trovò di fronte sua sorella maggiore.
«No, non è possibile! Tu... tu dovresti essere morta!»
«Lo sono. E non ti permetterò di fare loro del male!»
«Parli proprio tu!» Orochimaru rise «Proprio tu che mi hai ridotto così! Se non fosse stato per te e il tuo stupido potere il mio corpo sarebbe rimasto normale, non avrei mai dovuto ricorrere a tutto questo!»
«Ero una bambina, non sapevo cosa stavo facendo, non provare a dare la colpa a me se i nostri genitori sono morti.»
«E a chi allora? Sono morti per proteggere te! Tutto era per te, sempre...»
Orochimaru scattò verso Saika che non si mosse nemmeno di un millimetro, senza battere ciglio svanì e prese possesso del corpo di Rei.
«Loro ci volevano bene, avrebbero fatto di tutto per noi, anche morire.» Una colonna di luce scese dal cielo e illuminò il corpo di Rei, «Mi spiace Rei-chan, ma questa è la mia battaglia.»
Enma nelle mani di Saika si trasformò in due ventagli con le lame ricoperte di chakra. Né Rei ne Mei avevano mai visto combattere Saika, volteggiava in aria schivando ogni attacco della spada di Orochimaru.
L’hokage aveva sigillato Hashirama e Tobirama e, ancora una volta, i due si trovarono schiena a schiena.
«Rei stai bene?»
«Scusi maestro, ma Rei non è qui al momento!»
Hiruzen annuì ed entrambi partirono all’attacco insieme.
Il grosso bastone dell’hokage colpì Orochimaru e Saika lo aggredì da dietro facendogli perdere la spada. Orochimaru si ritrovò per terra, per la prima volta la situazione sembrava essersi messa per il verso giusto.
Orochimaru si arrabbiò un po’ troppo per quella piccola sconfitta. I serpenti invasero il terreno e immobilizzarono Saika, lui si avvicinò al maestro.
«Sei sempre stata pessima a proteggere gli altri!» Rise, poi trafisse Hiruzen dritto nel petto.
Rei si infuriò e riprese il controllo del suo corpo. Era arrivata al suo limite già da tempo, non era possibile che riuscisse a rimare ancora in piedi. Il dispositivo esplose insieme a tutto il suo chakra, gli occhi le sanguinavano mentre si iniettavano di odio e si coloravano di rosso, il fuoco nero invase l’area e un Susan’o d’oro la ricoprì, la sua fedele falce era tra le sue mani. Un urlo spezzò la risata insana di Orochimaru e la lama attraversò il suo petto, con le poche energie che gli rimanevano lo bloccò in una sfera di fuoco mentre l’hokage gli sigillò le braccia con il suo ultimo respiro.
I due caddero esanime e Orochimaru batté in ritirata visibilmente sconfitto.

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Capitolo 13
*** 14. Casa era dove c'eri tu. ***


Capitolo 14: Casa era dove c’eri tu...


Tanto tempo fa, in un posto non tanto lontano, c’era un bambino dai capelli neri, dallo sguardo sereno e gli occhi colorati d’oro. Il suo nome era solo Orochimaru ed era solo un bambino, aveva un padre e una madre che lo amavano e aveva una sorella di tre anni più grande, il suo nome era Saika.
Saika aveva l’abilità del vento, poteva manipolarlo a suo piacimento, era il suo amico più grande, dopo suo fratello.
A Orochimaru piaceva passare del tempo con la sua sorellona, con lei rideva e riusciva a parlare liberamente, fu lei a farle conoscere quali magnifiche creature erano i serpenti. I giorni passavo sempre felici, come in una favola, a entrambi bastava stare insieme per essere felici.
Ben presto Orochimaru iniziò l’accademia. Conobbe nuovi compagni e persone gentili, ma altri che non capivano la sua natura troppo docile, ma lei era sempre lì a difenderlo, sempre a proteggerlo. Non le importava se veniva chiamata “strana” o “mostro”, non le importava non avere amici, lui era la sua piccola luce. Orochimaru voleva diventare forte per difenderla, voleva essere come lei e anche di più, voleva guadagnarsi quel’affetto incondizionato che lei già gli dava.
Tutto era davvero un idillio, finché qualcuno non decise che avevano giocato alla famigliola felice per troppo tempo...

Era Aprile e Saika non disse nulla, continuava a sorridere a occhi chiusi a suo fratello, continuava a giocare e scherzare.

Era Maggio e Saika compì nove anni, mangiò la torta, fu felice, rise e nascose ogni cosa...

Era Giugno e Saika una mattina semplicemente non si svegliò.

Quel giorno c’era così tanto vento, continuava a soffiare fortissimo e sbatteva contro le finestre, sembrava dovesse arrivare un uragano.
Orochimaru quella mattina, come ogni mattina, andò a svegliare sua sorella con il sorriso sulle labbra.
«Onee-chan! Svegliati, è tardi!» Saika non rispose. Orochimaru la scosse più volte ma non si svegliò. Nel panico andò a chiamare sua madre.
Lei le toccò la fronte, era bollente. «Và a chiamare tuo padre, per favore.» Il suo tono di voce fu un po’ spezzato all’inizio.
«Mamma, Onee-chan sta bene vero?»
«Si, è solo un po’ di febbre.» Aveva lo stesso sguardo di sua sorella, gli stessi occhi di quando mentiva e lo stesso sorriso falso.
I suoi genitori lo chiusero fuori dalla stanza, li poteva sentire bisbigliare ma non capiva cosa stessero dicendo, riusciva a sentire solo il rumore del vento.
Almeno fino a quando suo padre non urlò...
Orochimaru aprì la porta spaventato.
Sua sorella, la sua cara sorella maggiore, era in piedi avvolta da uno strano fumo nero, per terra sua madre e suo padre giacevano in una pozza di sangue. Le ultime parole di sua madre furono: «Và via... scappa...»
Non lo fece. Forse era troppo spaventato, o forse solo confuso, o speranzoso che quello fosse solo un brutto, bruttissimo, sogno.
«Già, dovresti scappare ora caro fratellino!»
«Saika, perché? Perché hai fatto male a mamma e papà?» Orochimaru era nel panico.
«Per proteggerti, non è ovvio?» Saika rise in modo inquietante. «Loro ti avrebbero ucciso.»
«Non è vero!» Orochimaru le urlò contro e scosse la testa come se volesse far andare via quel pensiero.
Saika si avvicinò a lui e gli accarezzò i capelli. Fu strano, non era come al solito, sembrava che potesse strangolarlo da un momento all’altro. Traboccava d’odio.
«È la verità. Io sto morendo, questo mio potere corrode il suo possessore. Volevano metterne metà dentro di te.»
«È una bugia, loro... loro non lo avrebbero mai fatto!»
«Non sto mentendo, lo avrebbero fatto... stavano per farlo...» Saika indicò i sigilli disegnati per terra.
«Smettila! È tutto falso! Sei stata tu! Tu li hai uccisi!» in lacrime Orochimaru sfoderò la spada dal fianco di suo padre e la conficcò nel petto di sua sorella. Lei lo accolse a braccia aperte.
Per colpa dei sigilli già posti, una parte, seppur piccola, dell’anima di Saika si spezzò e andò verso suo fratello, fu quello che lo rese in grado di cambiare corpo.
Mei la rimproverò sempre per quello che aveva fatto, ma non c’era bisogno, infondo, lei stessa si odiava per quello che gli aveva fatto. L’unico modo che aveva per morire senza nessun danno collaterale era essere uccisa e non avrebbe mai permesso che nessuno, neanche il suo amato potere, facesse del male al suo caro fratellino.
Per anni la sua anima lo aveva seguito, lo aveva visto crescere e deviare, sentiva i suoi conflitti interiori. Iniziò tutto perché voleva scoprire di più su quel dono maledetto che sua sorella gli aveva lasciato.
Lui voleva solo riportarla in vita, all’inizio...
 


 

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Capitolo 14
*** 15. Non mentire/Addio ***


 
Capitolo 15
  • Non mentire!
Rei si svegliò in ospedale il giorno dopo. Quando aprì gli occhi trovò Kakashi di fianco al suo letto che le spiegò cosa era successo agli altri e sulla soglia della porta ad aspettare il suo risveglio c’erano Sakura e Naruto felici di vedere che stava bene. Bhè, più o meno. Il bracciale era esploso, il sigillo era diventato instabile e i condotti del chakra erano stati quasi totalmente bruciati dalla vita in giù, per non parlare del fatto che aveva perso il suo caro maestro. Orochimaru aveva ragione, non erano mai state in grado di proteggere nessuno, per questo la vita le aveva maledette.

Si vestì di nero ancora una volta, si sedette sulla sedia a rotelle e il maestro Kakashi la portò al funerale insieme agli altri. Fu una cerimonia semplice, sotto la pioggia a ricordare un grande ninja, che portava via con sé ogni suo segreto.

Il giorno dopo Naruto partì in cerca del nuovo Hokage, sarebbe voluta andare con lui, un’ ultima avventura per ricordare il maestro, ma le sue condizioni di salute glielo impedivano. Passò la giornata a fissare fuori dalla finestra, riusciva a sentire il suo chakra troppo vicino, non sapeva se esserne felice o spaventata...
Quel pomeriggio qualcuno bussò alla sua porta socchiusa.
«Avanti.» quando si girò, Gaara arrossì, «Ciao Gaara-kun!», gli sorrise prima di tornare a fissare fuori.
«Mi dispiace per il tuo maestro...» Riuscì davvero a dire solo questo.
«A me per tuo padre... Gaara-kun, mi faresti un favore?»
Era un po’ confuso, ma accettò comunque.
«Mi faresti evadere da qui solo per un po’?» Rei rise nel dirlo.
«Non credo tu possa uscire ancora...»
«È per questo che ho detto “evadere”!»
Era sempre così quando la guardava, non poteva ribattere o essere arrabbiato, poteva solo sottostare alle sue richieste con il sorriso sulle labbra. Pensò sempre che lei sia stata l’unica persona a vedere la sua vera natura.
Gaara la fissò confuso, incapace di parlare. A Rei non piaceva quando le fissavano il viso, sentiva il volto andare a fuoco per l’imbarazzo. «Cioè... se vuoi... volevo solo andare in un posto...»
Gaara rise. «Va bene!»
La aiutò a sedersi sulla sedia e insieme partirono per l’ennesima avventura.
Un’infermiera quasi li beccò, ma riuscirono ad uscire da una porta di servizio.
Appena fuori, la sensazione di prima si fece un po’ più forte, riusciva a sentirlo davvero troppo vicino, e non era solo.
«Allora... ora dove si va?»
Rei lo guidò fino ad un tempio non troppo lontano dall’ospedale. Era circondato da delle alte mura che non permettevano di vedere all’interno, una pesante porta di ferro bloccava l’entrata, si vedeva che era stata aggiunta in seguito.
Rei porse a Gaara una grossa e pesante chiave e gli chiese se poteva aprire lui quella porta.
Una volta entrati la porta si chiuse da sola dietro le loro spalle.
Il viale era fatto di piastrelle in marmo e tutti intorno gli alberi di ciliegio e di pesco erano in fiore, anche se quello non era il periodo giusto, e il tempio era illuminato da una luce strana ma che ispirava serenità. La statua di una donna dallo sguardo materno faceva capolino dall’interno del tempio, le braccia sembravano voler accogliere i due visitatori in un caldo abbraccio.
Gaara si guardava intorno ammirando quel posto magico.
«Sai, in questo tempio è come se il tempo non passasse mai. Gli alberi sono sempre in fiore e il sole non tramonta mai, è come un’eterna primavera. Alla fine credo sia una cosa un po’ triste... non riuscire ad andare avanti, intendo...» Rei rimase per un po’ in silenzio, chiuse gli occhi e si godette la leggera brezza che li accolse. «Una volta una persona disse che un ninja deve avere una persona speciale da dover proteggere altrimenti non ha senso essere forte. Anche allora sembrava che il tempo fosse fermo, è davvero passato molto da quei giorni.» Gli sorrise gentilmente. «Gaara-kun, tu hai una persona che vorresti proteggere?»
Gaara arrossì nel rispondere. «Credo di si...»
Rei si girò un po’ verso di lui e pose la sua mano destra sulla sua. «Allora, spero che mi perdonerai più tardi...»
Lui la faceva sentire sempre ferma allo stesso momento, la sua vita era un eterno loop di eventi tragici e malinconici che non riusciva a fermare, ma era arrivato il momento di andare avanti, di spezzare quella catena.
Quella mano attivò una tecnica di trasporto con il chakra di Gaara.

Appena lui riuscì a riprendersi dalla confusione, vide che erano arrivati vicino al fiume. Rei stava cercando di camminare aggrappata ad una albero e non molto lontano si sentivano i rumori di una battaglia. Le orecchie gli fischiavano.
Rei barcollando e cadendo un paio di volte, riuscì ad arrivare di fronte l’uomo che stava cercando.
Kakashi era in ginocchio in preda a qualche tecnica e Kisame, lasciò la sua lotta con Gai e si fiondò verso il fragile obiettivo. Itachi fermò la sua spada con il kunai e fissò Rei dritto negli occhi.
Mei e Saika apparvero dietro Rei come per intimidirlo.
«Onii-sama... ne è passato di tempo dall’ultima volta...»
Gaara era rimasto nascosto, dopo quello che era successo non voleva provocare altri guai, ma anche da lì riusciva a vedere il suo sorriso raggiante.
Per Itachi il cielo si tinse di rosso, Rei lo aveva bloccato in una leggera illusione, tutto intorno rimase fermo. Lui si avvicinò alla sorella e la abbracciò finalmente dopo davvero troppo tempo. La salutò, le disse che era cresciuta, che ormai era diventata una donna... Rei in tutto questo tenne le braccia giù e ascoltò semplicemente il battito del suo cuore. Dopotutto era ancora vivo...
«Itachi...» Era da tanto che non pronunciava il suo nome.
Lui sciolse la presa e le mise le mani sulle spalle. «Rei, mi dispiace averti lasciata a sola. Saresti dovuta venire con me. Sono finalmente venuto a prenderti.»
Rei lo fissava con un’espressione affranta. «Non mentirmi in modo così spudorato. Non è da te.»
Itachi tornò alla sua normale indole. «Hai ragione. Mi dispiace, per favore vieni con me senza fare resistenza. È per il bene di tutti.»
«Avrai bisogno anche di Naruto dopo, vero?»
Itachi annuì
«Mi spiace. So che avete i vostri progetti, una volta mi dicesti che anche se si usano mezzi sbagliati, i motivi per cui si usano non lo sono quasi mai. Sono sicura che vorresti fare del bene con tutto questo o almeno lo spero... ma non posso permetterti di fare del male a Naruto.» Mei, Saika e Rei iniziarono a parlare in coro, i suoi occhi sembravano vuoti. «Abbiamo giurato che avremmo protetto sia lui che la volpe. Non possiamo lasciartelo fare...»
«Rei...»
«Inoltre... ho promesso a Sasuke che lo avrei aiutato, a lui serve ucciderti» Con quella parola Rei iniziò a piangere «Serve alla sua mente, per non andare in pezzi... Perciò non posso venire con te.»
«E alla tua, Rei? Come fai a rimare in piedi dopo tutto questo tempo? Come hai fatto a raccogliere i tuoi di pezzi?» Itachi era arrabbiato con lei per la prima volta. Davvero non riusciva a capire cosa rendesse sua sorella così determinata a soffrire così tanto.
Rei gli sorrise. «Non li ho mai raccolti. Ho solo lasciato che le cose seguissero il loro corso...» Per la prima volta Itachi vide quegli occhi su un viso diverso da quello del suo “leader”. «Mi dispiace... davvero... non avrei mai voluto mettermi contro di te...»
Non appena l’illusione fu sciolta, il campo di forza scaraventò Itachi e Kisame contro la dura roccia al fianco del fiume. I due scomparvero poco dopo in una nuvola di fumo
 
  • Addio...
 
Svegliarsi guardando quel soffitto bianco stava diventando una brutta abitudine.
Rei girò leggermente la testa verso la finestra, ma il collo le faceva male.
«Meglio se non ti muovi troppo...»
Una donna dai capelli biondi stava tenendo in mano una cartella, ma prima che Rei potesse chiedersi chi fosse, qualcuno bussò alla porta ed entrò.
Sakura aveva in mano un bel mazzo di fiori che, con delicatezza, pose nel vaso sul comodino lì di fianco.
Rei fissò i fiori, le facevano male gli occhi, era un dolore strano, per un attimo si chiese se avesse pianto, ma non riusciva a ricordare cose fosse successo dopo aver incontrato Itachi. Li chiuse, bruciavano troppo...
«Tsunade-Sama...»
«Sakura, potresti lasciarci sole?»
Sakura annuì e uscì dalla stanza, il suo tono di voce sembrava triste.
Tsunade si avvicinò a Rei e le tolse le bende dagli occhi.
«Scommetto che con quegli occhi riuscivi a vedere anche oltre le bende.»
Rei annuì leggermente. Chissà perché non riusciva a parlare...
La donna iniziò ad elencarle le sue ferite e quello le era stato fatto in ospedale e la rimproverò per essere uscita nelle sue condizioni, ma Tsunade si accorse che Rei nemmeno la stava ascoltando.
«Naruto-kun... sta bene?»
«Si, quel ragazzo è troppo testardo per morire.»
Rei rise. «Cos’è successo... dopo?»
«Un bel po’ di cose!» Tsunade sorrise un po’ poi qualcun altro bussò. «Ok, vi lascio...»
Rei non si girò nemmeno.
«Non sei stanca di finire sempre qui?»
«Forse non abbastanza!» Rei sorrise al fratello dallo sguardo affranto.
«Credo di aver perso una scommessa con Itachi... aveva ragione lui, sei più forte di me!» Sasuke fece un sorriso forzato e Rei se ne accorse perché gli lanciò un’occhiataccia gelida. «Non sono ancora pronto per affrontarlo, non credi?»
Rei tornò a fissare i fiori. «Che stai cercando di dirmi?»
«Niente...» Sasuke si girò e si diresse verso la porta.
«Sasuke...» lui si bloccò, era raro che lo chiamasse per nome, di solito lo chiamava semplicemente “Fratello”. «Se vuoi... puoi seguirlo... Orochimaru intendo... Non ti fermerò.»
Sasuke strinse i pugni, si girò e andò a prendere sua sorella per il colletto della vestaglia. La sollevò bruscamente incurante delle sue ferite, ma Rei rimase fissa con lo sguardo sul vaso. «Ogni volta che lui è qui ti distrugge in questo modo! Come fai a dirmi ancora che non lo odi? Come puoi dimenticarti semplicemente di quello che ha fatto?»
Quando Rei si girò verso di lui, Sasuke fu investito da uno sguardo gelido e infuriato, gli sembrava come se la morte stessa lo stesse guardando, non riusciva a respirare.
«Tu non puoi capire...» Solo quando si ritrovò contro il muro, Sasuke capì la gravità delle sue parole. Rei lentamente gli si avvicinò.
«Hai sempre creduto che il mondo ti girasse intorno... Hai sempre pensato che lui ti avesse lasciato in vita solo per ucciderti dopo.» Quando gli fu di fronte, Sasuke non riusciva ad alzarsi, sentiva la sua aura omicida schiacciarlo, ma Rei semplicemente lo abbracciò. «Tu hai il tuo scopo. Tu devi uccidere Itachi! Allontanati da Konoha, questo posto ti ha sempre prosciugato l’anima...»
«Lui... è un criminale... Se vado, probabilmente, non ci vedremo più...»
«Ti sono sempre stata di intralcio, credo sia meglio così... Fa’ quello che devi... Ricordati solo che lui farà di tutto per avere il tuo corpo... non glielo permettere...» Rei rimase per tutto il tempo con il viso nascosto nel suo collo.
Sasuke non capiva davvero perché lei volesse distruggere quel loro legame, ma decise che il suo futuro sarebbe stato lontano da lei.
Le baciò delicatamente la fronte e le accarezzò per l’ultima volta i capelli.
«Addio Rei...»
Rei sorrise mentre suo fratello le asciugava le lacrime con il dito. «Ti prometto che quando tornerai sarò diversa, non mi vedrai più piangere...»
«Non fare promesse che non puoi mantenere!» Entrambi risero. Sasuke la accarezzò ancora una volta, come se volesse memorizzare ogni suo lineamento, poi semplicemente andò via.
Rei rimase lì per terra per un po’ , non riusciva a muoversi, un altro pezzo della sua vita era andato via e, come sempre, era stata lei a cacciarlo...
 


 

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Capitolo 15
*** 16. Saluti. ***


Capitolo 16: Saluti.



Due giorni dopo Naruto andò a trovarla. Rei gli sembrò stranamente felice.
«Rei-chan!» Naruto entrò nella stanza con la sua solita esuberanza. «Come stai?» si sedette di fianco a lei.
«Bene! Guarda...» Rei mosse le braccia e riuscì perfino a mettersi seduta, quella sera aveva consumato davvero le sue ultime gocce d’energia. Continuava ad apparire felice.
«Ho deciso di partire! Ero-sennin ed io ci alleneremo tutto il tempo! Vedrai riporterò Sasuke al villaggio prima che tu possa uscire da qui!» Appena finita la frase, Naruto pensò che si sarebbe intristita, ma al contrario lei annuì e disse: «Metticela tutta Naruto-kun!»
Naruto annuì felice.
«Però non è giusto che ti abbiano fatta Jonin! Nemmeno tu avevi finito l’esame!»
«Cosa?» Rei gli sembrò confusa.
«Baa-chan non te lo ha detto?» Rei scosse la testa. «Shikamaru ora è chunin, invece a te hanno deciso di promuoverti Jonin già dopo lo scontro con Orochimaru, dicono che è perché avete doti tattiche o roba simile, non mi ricordo...» Naruto sembrava davvero contrariato dalla cosa.
«Davvero? Queste non sono cose da tenere nascoste! Perché nessuno me lo ha detto?» Rei sgranò gli occhi, era a metà tra la sorpresa e il panico. Naruto scoppiò a ridere, non la aveva mai vista in quel modo. Poco dopo anche Rei si mise a ridere. «Ma mi ci vedi al posto di Kakashi-sensei?» Entrambi risero più forte dopo che immaginarono Rei con la mascherina blu a coprirle mezza faccia e il copri fronte di sbieco.
Tsunade entrò nella stanza e fu investita da quell’insolita ondata di gioia. «Sapevo che Naruto sarebbe stato la migliore medicina!» Diede un colpo in testa al povero Naruto con la cartella che aveva in mano. «L’orario delle visite è finito un’ora fa. È l’ora del controllo!»
Naruto si alzò di scatto prima che Shizune potesse colpirlo a sua volta. «Ci vediamo dopo! Passerò a salutarti!»
Rei aveva ancora le lacrime agli occhi, questa volta per le risate.
«Come siamo pimpanti oggi!» Iniziò Tsunade. Le sollevò delicatamente le gambe, poi le visitò le braccia e l’addome. Infine controllò con cura gli occhi. «Credo che lo sharingan ci metterà un po’ a svanire, lo hai usato troppo. Per il resto sembra tutto a posto, una settimana o due e potrai tornare all’opera.» Si mise a scrivere mentre Rei si risistemava. «Sono sicura che Naruto ha già spifferato tutto, ma...» Rei non la fece finire.
«Perché avete deciso di alzare così tanto il grado? Insomma, l’esame era per diventare chunin...»
«Non è solo perché sei uscita viva dallo scontro con Orochimaru. Quel tuo potere potrebbe essere davvero utile, e, anche se l’ultima scelta sta a te, hanno deciso di inserirti nei corpi speciali. Giuro che però non è una mia decisione.»
«Capisco...»
«Dopotutto sembri stare bene... Ho letto il profilo psicologico che fecero dopo quella notte e, sinceramente, credevo avresti reagito peggio di così.»
«Naruto non me lo ha permesso!» Rei rise. «Era qui anche se dormivo, e continuava a dire che sarebbe andato a riprendersi Sasuke e lo avrebbe riportato a casa anche a calci se serviva. Magari vederlo così determinato mi ha tirato su...»
«Non possiamo farci nulla... Lui è fatto così!» Tsunade sorrise. «Bene! Allora è davvero tutto a posto!»
«Hokage-Sama...» Rei si accarezzò il polso destro coperto dalle bende. «Perché... riuscivo a usare il chakra se non avevo più il dispositivo?»
«Temevo questa domanda...» Tsunade si sedette sul letto al fianco di Rei, quasi come farebbe una madre. «Già durante la seconda prova dell’esame, il dispositivo non riusciva a trattenere tutta quell’energia, per questo in seguito è esploso e il sigillo non era stato creato per trattenerne così tanto. Il tuo chakra è praticamente alla pari con quello di Naruto, se non superiore, ormai il sigillo non riesce più a fare nulla, d’ora in poi credo sarà solo un segno sul tuo viso. Comunque, confido nel fatto che tu che riesca a controllarti. D’ora in poi niente più pazzie!»
«Capisco...» Rei sembrava un po’ intristita, guardare il suo braccio ogni volta le ricordava suo fratello, ma ora era ormai il tempo di lasciarsi quei giorni alle spalle.
 
Quel pomeriggio era davvero caldo, nonostante l’estate stesse finendo, c’era un uccellino azzurro che si era posato sul bordo della finestra e un’ape svolazzava sui fiori che Sakura e Hinata le avevano portato poco prima. Dal corridoio si sentivano le voci delle infermiere che sghignazzavano, Jiraya era lì vicino e Naruto gli urlava contro. Alla fine si arrese di rimproverare la condotta del maestro e andò nella stanza di Rei, la trovo ancora una volta a fissare la finestra.
«Credo che a giorni ti faranno uscire!» aveva un grosso zaino sulle spalle.
Rei si girò e gli sorrise. «Speriamo!»
«Stiamo partendo, sono venuto a salutarti. Te lo avevo promesso!» I sorrisi di Naruto e la sua spensieratezza riscaldavano anche il suo freddo cuore.
«Spero diventerai forte, Naruto-kun! Ti prometto che non starò con le mani in mano, aspetto ancora di poter combattere contro di te!»
«Hai del fegato nel voler affrontare il ninja più forte di sempre!»
Entrambi scoppiarono a ridere, ancora.
«Torna presto Naruto-kun, ti aspetterò...»
Naruto semplicemente annuì, poi corse fuori.
 
                Il cielo quella sera era veramente sereno, la luna piena sembrava più grande del solito e l’aria a Konoha era sempre calma, avevo sempre pensato che quel posto fosse completamente fuori dal mondo. Alla locanda non c’era molta gente, qualche viandante e qualche residuo degli esami si erano riuniti per la cena, tra loro c’eravamo anche noi. Era difficile pensare che potessi riallacciare i rapporti con quei due, sapevo solo che ormai non avevo più motivi per essere arrabbiato con il mondo, lì le persone che avevo conosciuto mi avevano insegnato che l’universo non è poi così malvagio, in più loro due avevano iniziato a fare come se niente fosse mai successo, avevano detto di voler resettare tutto. Dopotutto eravamo fratelli...
Quei due parlavano fra di loro, non ricordo di cosa, ricordo solo che io rimasi in silenzio a fissare il piatto in preda a milioni di pensieri. Kankuro, seduto di fianco a me, mi diede una forte pacca sulla spalla. «Su con la vita fratellino! Sei l’unico che non festeggia!»
«Io so a cosa sta pensando...» Temari mi fece un sorriso inquietante, sembrava volesse farmi intendere qualcosa, ma in quel momento non capii.
«E già. Il nostro piccolo fratellino sta crescendo!» Quei due si misero a ridere fissando il mio sguardo confuso, in effetti fu una serata fastidiosa.
Dopo cena decisero di fare un giro per le vie ancora affollate, li seguii solo per cortesia e non feci altro che andargli appresso mentre loro giocavano a fare la coppietta felice.
Camminai tutto il tempo con lo sguardo rivolto al cielo, pensavo che almeno lì i miei pensieri si potessero disperdere. Persi il filo dei discorsi quando vidi un corvo bianco volare sopra la mia testa.
 
Alcuni bambini stavano giocando nella hall e il corridoio era ancora pieno di gente che si salutava. La camera in fondo sembrava essere immersa nel silenzio come se quei discorsi e quella gioia lì non potessero arrivare, si vedeva solo un po’ di luce uscire dalla porta chiusa.
A metà strada quasi ci ripensai, quasi...
Bussai e aspettai che la sua voce sottile arrivasse fino alle mie orecchie. Stava leggendo un libro dalla copertina arancione, lo posò non appena entrai. «Gaara-kun!» Sembrò sorpresa. «Credevo foste già tornati a casa. Sono felice di vederti.»
«Partiamo domani mattina, per questo sono venuto... a salutarti.» Quegli eventi dovevano davvero avermi sconvolto per non farmi quasi riuscire a parlare. Arrossì quando le dissi quelle parole. Solo che dopo non sapevo come continuare.
Vidi i fiori e la carta da regalo sul comodino, e un po’ impallidii pensando alla mia impulsività e scortesia. «Scusa. Forse avrei dovuto portarti un regalo.» Lei rise. «Non ce n’era di certo bisogno. Kakashi mi ha regalato un libro di Jiraya-sama ma non credo di capirlo bene.» Rigirò il libro tra le mani, quasi come se non sapesse nemmeno da che parte cominciare. «E poi credo di essere io a dovermi scusare con te, per averti usato in quel modo l’altro giorno.»
«Non fa niente, avevi dei validi motivi per farlo. Avrei fatto la stessa cosa se fossi stato al tuo posto...» All’improvviso un vecchio ricordo di mio zio si insinuò nella mia mente. Mi avvicinai a lei e le chiesi di porgermi la mano. «Ecco, questo è il mio regalo...» Quando tolsi la mano da sopra la sua e vide la rosa di sabbia mi fece il suo primo vero sorriso, poi arrossì e si girò verso il comodino tirando fuori qualcosa dal cassetto.
«N-non è giusto, mi hai fatto lo stesso regalo.» Rimase girata visibilmente in imbarazzo e mi porse una piccosa rosa di ghiaccio. «C-ci ho messo tutto oggi per farla bene. È ghiaccio magico quindi non si scioglierà mai...» Poi si girò di scatto ancora con gli occhi strizzati. «Però non sei costretto ad accettarla, voglio dire se ti è di ingombro o se non ti piace...» Continuava a parlare nervosamente.
Io dissi solo «Grazie, Rei-chan!» Quello fu il momento in cui davvero mi lasciai il passato alle spalle. Fui felice per la prima volta dopo davvero tanto tempo.
 
                                               Gaara.
 
 

 

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Capitolo 16
*** 17. Giorni grigi... giorni felici. ***


Capitolo 17: Giorni grigi... Giorni felici!




                Cara Rei,
avevo promesso che ti avrei scritto una volta partito, ho aspettato un po’ perché qui la situazione è caotica. Da quando siamo tornati non fanno altro che discutere su chi diventerà Kazekage.
Spero che a questo punto ti sarai rimessa completamente e che ti abbiano fatto uscire dall’ospedale, l’ultima volta che ti ho vista sembravi stare bene.
Scusa, credo di essere stato troppo breve, è la prima volta che scrivo a qualcuno... Sono felice che siamo diventati amici, spero che tu non ti senta troppo sola...
                Gaara.
                P.S. Ho messo la tua rosa sul comodino, non mi avevi detto che al buio si illuminava di bianco, è stata una felice sorpresa.
***
                Caro Gaara,
è ormai passata una settimana da quando mi hanno dimessa, mi sono ristabilita, ma non ho ancora iniziato le mie missioni. Ieri sono stata convocata da Tsunade, mi ha detto di pensare all’eventualità di entrare nelle Forze Speciali, ma a dire il vero sono un po’ confusa, mi ha dato qualche giorno per pensarci.
Anche qui è ancora c’è ancora un po’ di caos per quello che è successo, credo sia normale ma sembra che tutti stiano tornando alle loro vite.
Grazie per esserti preoccupato, ma non si sento poi così sola. È anche vero che non mi ero mai separata da mio fratello, ma credo di non aver ancora pensato del tutto al fatto che se ne sia andato, forse è solo passato troppo poco tempo... Sakura tende a venirmi a trovare spesso, è di gran compagnia e sono felice che anche lei abbia trovato qualcosa di interessante da fare. Al momento mi sembra tutto un po’ grigio per quanto riguarda il futuro, non so bene cosa fare...
Sono felice anche io del fatto che siamo diventati amici, aspetterò con ansia la tua prossima lettera.
Ancora una cosa, non era previsto che la rosa si illuminasse, credo dovresti stare attento anche se non penso succederà qualcosa.
                Rei.
***
                Cara Rei,
Volevo essere il primo a fartelo sapere, prima che la notizia diventasse ufficiale: presto diventerò il nuovo Kazekage.
Anche se ho il sentore che gli anziani mi abbiano eletto solo per tenermi sotto controllo, sono comunque nervoso e spero di fare del mio meglio, ci saranno moltissime faccende che mi occuperanno nei prossimi giorni e mesi, sono davvero nervoso...
Anche il mio futuro sembra essere poco chiaro e questo al momento fa paura. Non avrei mai pensato che cose del genere potessero accadere, mi sembra di aver vissuto decenni eppure ho appena quattordici anni... Mi si è tirato su il morale pensando alla faccia di Naruto se quando saprà la notizia, credo ne sarà completamente sconvolto!
Comunque aspetto ancora la resa dei conti, ci stavo pensando stamattina che il nostro incontro era finito in pareggio... Al momento avrei proprio voglia di divertirmi a quel modo.
Spero andrà tutto bene... E cerca di fare la scelta migliore per te...
                Gaara.
                P.S. Il ghiaccio non può esplodere... giusto?
 
 
                Caro Gaara,
fossi matta a voler combattere contro il Kazekage! È stata davvero una piacevole notizia, ho fatto i salti di gioia al posto tuo!
...Fino ad ora ho dovuto pensare solo a non essere di intralcio a mio fratello, non avevo mai pensato al fatto che anche io potessi avere un futuro, magari diverso dal suo. Quello che mi hai scritto mi ha fatto riflettere, la vita non sempre ti da quello che vorresti e molte volte ti sorprende in modo strano, così ho deciso di accettare la proposta dell’Hokage. Ieri è stato il mio primo giorno come AMBU, oggi inizierò l’addestramento speciale, dovrebbe durare circa un mese. All’inizio Kakashi non ne era molto felice, anzi credeva che fosse un errore, ma ho deciso lo stesso di non ascoltarlo, come hai detto tu dovevo decidere quello che era meglio per me e l’istinto mi dice che è quella la mia strada. L’unica cosa in cui sono stata sempre brava era fare le cose nell’ombra...
Ho fatto dei test in questi giorni, la rosa non dovrebbe esplodere o cose del genere, solo non sono riuscita a scoprire il motivo per cui si illumina, se ci pensi però significa che è unica nel suo genere.
Quasi dimenticavo, buon compleanno!
                Rei.
 
 
                Gaara,
questa non è una corrispondenza ufficiale tra Kage, ma ho bisogno di parlarti di Rei, sono molto preoccupata.
Già da tempo ha iniziato a mostrare strani comportamenti. Non torna a casa da tempo, rimane alla base anche nei giorni liberi e tende a svolgere sempre più missioni in solitaria tornando sempre gravemente ferita. La mia supposizione è che la situazione generale degli ultimi periodi lei l’abbia repressa a tal punto da diventare una specie di macchina da guerra. In più ho scoperto che durante le uscite raccoglieva in segreto informazioni sull’Akatsuki, non fraintendere, son state estremamente utili, ma credo stia diventando una specie di ossessione.
Oggi l’ho fatta trasferire alla mia scorta personale e ho intenzione di portarla con me durante il nostro prossimo incontro fra due settimane. So che avete intrapreso varie conversazioni informali e che siete diventati ottimi amici, magari a te darà ascolto...
                Tsunade.
 
Il gruppo arrivò a Suna verso le prime ore del pomeriggio, il caldo era davvero forte. Tsunade, Shizune e Sakura erano in prima fila a salutare Gaara e i suoi consiglieri, mentre Rei e gli altri due uomini della scorta erano immobili dietro di loro in alta uniforme. Da quando Gaara era diventato Kazekage, Tsunade aveva deciso di intraprendere la via dell’alleanza tra i due paesi, quello doveva essere l’ultimo incontro ufficiale prima dell’approvazione dai Daimyo.
Anche da sotto la spessa maschera, Gaara poteva vedere il suo sguardo vacuo.
I due Kage si chiusero nella sala riunioni per quasi quattro ore, Rei non pensava che ci sarebbe voluto così tanto, al termine aveva le gambe quasi atrofizzate per essere stata ferma dietro la porta tutto quel tempo. Quando uscirono stavano ancora conversando.
«Certo che lo avete proprio trasformato questo posto...»
«Già, ora all’ultimo piano ci sono i miei alloggi e quelli del mio staff, lo ritenevamo più comodo...»
«Ma così di certo non uscirai mai da qui!» Scherzò Sakura.
Gaara rise un po’, «In effetti...»
Tsunade tornò seria rivolgendosi a Sakura. «Domani incontreremo il Daimyo, sarà una giornata lunga.»
«È per questo che vi fermerete qui.» Si intromise una delle domestiche non appena finirono di salire le scale.
Era un semplice corridoio che portava ad una decina di stanze, aveva un che di tetro con quelle fiaccole appese ai muri, ma tutto sommato era accogliente. In fondo c’era una stretta scala che probabilmente portava al tetto.
Una volta che le tre donne entrarono nella grande stanza degli ospiti, Tenzo si posizionò di fronte la porta poi si rivolse a Rei e Yugao.
«Farò io il primo turno, voi controllate i dintorni.»
«Si, capitano!» Risposero in coro le due ragazze.
 
Sembrava tutto tranquillo, dopotutto erano lì proprio per evitare che i due paesi finissero in guerra.
Non appena finito il giro, si congedarono al terzo piano per il cambio del turno. Yugao prima di lasciarla mise una mano sulla spalla di Rei e concluse il discorso che stava facendo. «Cerca di non trascurare troppo le persone a cui vuoi bene e non aspettare troppo a dir loro il tuo affetto, a volte potrebbe essere troppo tardi.» Rei semplicemente annuì, poi si diresse verso il tetto per avere una visuale migliore.
 
La luna lì era diversa, contornata da un alone arancione e sembrava enorme rispetto a quando la guardava di solito. Rifletté su molte cose appoggiata a quella ringhiera di pietra. Rimanere da sola, reprimere le proprie emozioni, lasciarsi tutto alle spalle, erano concetti che aveva scoperto essere troppo astratti per essere messi in pratica. Un assassino deve avere sangue freddo, ma lei era stanca di uccidere, nonostante ogni volta si ripeteva che era quello che bisognava fare. Seguire gli ordini non era mai stato il suo forte...
«Rei...» Lei si girò di scatto un po’ spaventata. Vederlo vestito in quel modo faceva un po’ impressione, sembrava davvero cresciuto ed era davvero riuscito ad andare avanti. Si tolse la maschera, non valeva la pena tenerla se lui conosceva la sua vera identità.
«Ti sta bene l’uniforme, sembri più alta.» Gaara sorrise per un momento ma lei si rigirò a fissare il cielo toccandosi il segno sul braccio. Lui si avvicinò e si appoggiò lì di fianco. «Non mi hai scritto per un po’...»
«Avevo le missioni, non potevo.» Perché era così fredda?
Gaara sospirò. «Sai, stai facendo impazzire un po’ tutti. Non è carino farli preoccupare per te.»
Rei si girò e iniziò a rimettersi la maschera. «Non ho chiesto a nessuno di preoccuparsi per me.»
Gaara la afferrò per il braccio. «Questa non sei tu. Smettila di comportarti come se fossi contro il mondo. Come se fossi lui...» Pensarci lo faceva arrabbiare veramente.
La maschera cadde per terra spaccandosi in due e Rei lo guardò irritata. «Ci sono delle cose che non puoi sapere quindi smettila di parlarmi come se sapessi come mi sento!» Ritirò il suo braccio dalla presa del ragazzo che rimase leggermente sconvolto. «E allora dimmele, fammi sapere cosa succede altrimenti non potrò aiutarti!»
«Non ti ho chiesto di aiutarmi!» Gaara fece per riprenderla ma entrambi furono sbalzati via da uno strano campo di forza lasciando tracce di sabbia e ghiaccio.
 
I ricordi fluirono nella mente di entrambi sciogliendo qualsiasi barriera...
 
Le orecchie gli fischiarono per alcuni minuti, cercò di rimettersi in piedi ma tutto sembrava girare. Solo quando riuscì a riaprire gli occhi capì quello che era successo. Non era stato volontario ma entrambi avevano reagito a qualcosa. Sentiva la testa pulsare come se gli si era conficcato un pugnale.
Rei era con le spalle sulla parete opposta, per poco non aveva rischiato di cadere di sotto. La vide rannicchiata su sé stessa con la testa nascosta sotto le braccia. Gaara si avvicinò piano, probabilmente i suoi ricordi non potevano essere sopportati da chiunque. Per qualche strana ragione i ricordi di Rei gli sembrarono familiari come se fossero sempre stati i suoi, cercò di non pensarci troppo e le toccò ancora una volta la spalla. «Rei... stai bene?» non riusciva a parlare bene, la voce non gli sembrava nemmeno la sua.
Lei non rispose, riusciva a sentire solo che stava trattenendo le lacrime quasi come se non riuscisse a respirare. Una fitta gli spaccò la testa, i ricordi di Rei stavano lottando con i suoi e Shukaku si stava mettendo in mezzo.
La sentì sussurrare qualcosa che lo riportò alla ragione. «I... ta... chi» Come un fiume i ricordi di suo fratello stavano prendendo possesso della mente di Gaara. Capì che non erano i suoi ricordi a farle male...
«Avevi sigillato i ricordi di lui vero?» Rei annuì tra i singhiozzi. «Hai anche tu i miei vero?» Annuì ancora. Lui si sedette al suo fianco sospirando.
«Mi crederai un mostro ora...» Rei non riusciva a guardarlo in faccia. Gaara fece appello all’unica memoria che riusciva a farlo tornare sereno.
«Per favore, guarda tra i miei...» Rei scosse la testa, non riusciva a staccarsi dal suo passato. «Ti prego.» Lui si avvicinò all’orecchio e le sussurrò qualcosa di appena udibile: «Rei... non sei sola...»
Rei sbloccò la sua mente e in istante la serenità di Gaara la scosse. Arrossì di colpo quando capì il modo in cui la guardava. Lo prese per il colletto e lo baciò forte. Avevano sempre provato gli stessi sentimenti, ma ora non c’era neanche il bisogno di parlare.
La luna fu loro complice quella sera, lui non aveva mai capito perchè lei la guadasse in quel modo ma con i suoi occhi quel bianco puro e luminoso faceva scivolare via ogni pensiero.
 
«Per favore, non dire mai a nessuno quello che hai visto.»
Gaara annuì. «Sei al sicuro con me.» Si portò una mano al cuore, sicuramente non si sarebbe mai abituato a quella sensazione.
Rimasero abbracciati a lasciarsi trasportare dalle stelle fino all’inizio del turno di Rei. Gaara le aveva mostrato che in mezzo al buio poteva anche esserci una luce, era suo dovere aggrapparsi a qualcosa di diverso dall’odio.
 
 
 

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Capitolo 17
*** 18. Mei si intromette... come al solito! ***



Capitolo 18: Mei si intromette... Come al solito!



                Erano passate un paio di settimane (forse un po’ di più) da quando eravamo tornate al villaggio, ricordo che Rei era tornata quella di un tempo, quella ragazzina che noi due conoscevamo bene, dall’aria semplice, felice e fanciullesca. Mi divertivo a stuzzicarla ogni volta che pensava a Gaara, prima di partire, quasi non riuscivano a staccarsi l’uno dall’altra. Ah, la giovinezza...
Si videro solo un paio di volte dopo, un paio di venerdì in cui avevamo il giorno libero dalle missioni, erano così carini, lei arrossiva in ogni momento e lui le teneva sempre la mano, si vedeva che entrambi aveva trovato la loro anima gemella e credo che la “faccenda dei ricordi”, come la chiamavano loro, aveva influito un bel po’.
Continuavano a scriversi, anche se le conversazioni di Gaara venivano controllate, forse chiusero un occhio per loro due o forse si erano accorti che comunque non parlavano di affari ufficiali. Tutto quello le giovava, aveva smesso di pensare in quel modo così tetro a cui ormai si era abituata, tornò perfino a casa.
Ricordo che quando Itachi andò via, lei raccolse tutte le sue cose e le chiuse a chiave nella sua vecchia stanza, fece lo stesso per Sasuke. La casa ora sembrava così vuota, l’unica cosa che facesse capire che lì ci viveva ancora qualcuno era il mobile all’ingresso, con la foto di loro tre da bambini e la piccola rosa di sabbia. Salutava quei due oggetti ogni volta che usciva.
Io e Saika sapevamo che ancora non riusciva a sopportare il passato, probabilmente non lo avrebbe mai fatto, ma pian piano stava cercando di separare i momenti tristi e portarsi dietro solo quelli felici.
 
Quel giorno Rei era nello spogliatoio, aveva appena finito di cambiarsi e stava chiudendo il suo armadietto, quando ad un certo punto Akihiko-Sama entrò nella stanza, armato del suo fedele bastone da passeggio, chiamando sia lei che il capitano Tenzo. Era raro che si facesse vedere in giro, di solito se ne stava rintanato nel suo ufficio a cercare di non entrare in guerra con nessuno, così entrambi furono sorpresi di quella chiamata. A dire vero pensavamo di aver fatto qualcosa di sbagliato nella missione, lo sguardo di quell’uomo faceva davvero paura, non me ne sono mai abituata.
Il comandante li fece scendere fino al piano più basso dell’edificio senza dire nemmeno una parola. Arrivati di fronte la grande porta, iniziò a blaterare qualcosa. «Come saprete, è da molto tempo che il mio corpo è gravemente malato. Fino ad ora sono riuscito a svolgere i miei doveri senza dover chiedere aiuto, tuttavia questo semplice bastone non riesce più a sorreggere le mie vecchie gambe. Per anni ho cercato il mio successore, ma non ho mai creduto di trovare la persona adatta. Anche adesso ho diversi dubbi...» Akihiko mise la sua mano tremolante sulla spalla del capitano. «Tenzo, vorrei che tu aiutassi questa piccola recluta a diventare la persona che prenderà il mio posto.»
Rei sussultò quando lui le rivolse lo sguardo. «Rei, vorresti farmi l’onore...» Rei lo fermò subito. «No! Non sarebbe giusto... Non sono la persona pacata che sembro e la mia mente non sarebbe in grado di sopportare quella pressione... Mi dispiace, ma potete chiedermi una cosa del genere così all’improvviso...» Rei semplicemente fece un inchino di cortesia e si allontanò. Durante tutto il discorso aveva gli occhi vuoti, come se fosse qualcun altro a controllare il suo corpo.
Akihiko urlò per farsi sentire da lei, sul viso aveva uno strano sorriso, come se sapesse che alla fine sarebbe tornata indietro. «Non te lo stavo chiedendo!»
Non potevo sopportare che lei si facesse del male in quel modo, un conto era reprimere i propri sentimenti o perfino i ricordi, ma non potevo permetterle di cancellare anche i suoi sogni, così uscii e mi misi sulla sua strada a braccia aperte. Per fortuna si fermò...
«Sei seria Mei? Lo sai che posso passarti attraverso, vero?»
«Bhè... si, ma preferirei che non lo facessi, è piuttosto inquietante perfino per me. Ti prego ascoltami un attimo...»
Lei abbassò lo sguardo come se sapesse già cosa volevo dire. Saika apparve di fianco a me per darmi sostegno. «Se vuoi davvero andare via, allora ti lasceremo fare, ma sappiamo bene che non vuoi farlo davvero. È quello che hai sempre desiderato, ancor prima che accadesse tutto, è il tuo sogno!»
Lei ci guardò in quel modo e riuscimmo a leggere nei suoi occhi. “Una come me ha il diritto di avere sogni?”
Si girò verso l’uomo che le stava scombussolando la vita. «Perché? Perché... io?»
Akihiko la guardava ancora sghignazzando, tirò fuori dalla giacca una vecchia pergamena, portava il sigillo del caro vecchio Hiruzen. Appena la vide, Rei impallidì. «Per questa. È da quella notte che ti tengo d’occhio. Ho bisogno di qualcuno che non abbia timore di uccidere perfino la propria famiglia per il villaggio, per il Paese anzi.»
«Quella notte, eh...» Aveva lo sguardo basso e i pugni chiusi, odiava quel ricordo. «Quella volto non lo feci certo per Konoha, volevo solo che mio fratello non portasse quel peso, l’unica cosa che sono riuscita a fare è stata peggiorare le cose... Lui è andato via lo stesso...»
Rei sentì la mano calma e saggia sulla sua spalla. «Puoi farcela.» Rei vide il sorriso paterno che non aveva mai conosciuto, credo fu quello a convincerla... o forse quello che disse dopo... «Prima credevo che il mio potere potesse solo portare del male, proprio come te, ma puoi usarlo anche per proteggere le persone se vuoi. Essere forte non vuol dire solo avere forza fisica, significa avere le capacità di proteggere chi ami, di proteggere la tua famiglia. La mia famiglia è il Paese del Fuoco e sto facendo questo perché la amo. La tua invece?»
“Sasuke... I-ta-chi...” Il fatto che non riuscisse nemmeno a pensare a quel nome le fece inorridire... «Ho lasciato che le persone a cui volevo davvero bene andassero per la loro strada... Non sono più qui con me e non lo saranno mai più... Ma posso ancora proteggerle, vero?»
Akihiko aprì la porta. «Conosci la risposta.»
La luce accecò anche gli occhi allenati di Rei, la colonna che illuminava la grande stanza sarebbe rimasta accesa ancora per poco...
Quel rosso fuoco era caldo e non incuteva timore, era come l’abbraccio di una madre. Rei si avvicinò cautamente alla colonna, mentre Tenzo posizionava i sigilli tutti intorno.
«Entrando nella colonna ti saranno rivelati enormi segreti... Sei pronta? Ma sappi che questo è solo il primo passo.»
“Segreti...” Rei passava le dita vicino la colonna di luce, appena la sfiorava quella diventava sempre un po’ più chiara. «è da tutta la vita che ci conviviamo...»
Entrò lì dentro senza di noi, calmò la mente e lasciò che il passato la inondasse.

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Capitolo 18
*** 19. Quei giorni passati come spiriti felici. ***


 Capitolo 19: Quei giorni passati come spiriti felici.



«Il solo fatto che ora sono un comandante non ci impedisce di incontrarci, giusto?»
«Non credo, ma è meglio se non pensino che i due paesi siano in combutta.» Le prese la mano per consolarla un po’, era stata una giornata lunga.
«Per un po’ mi costringeranno a rimanere qui e tu andrai via domani mattina, sono ore preziose...» Gli piaceva il fatto che Rei non guardasse più la luna con quello sguardo nostalgico, sembrava davvero cambiata. Tra loro non c’erano segreti, tuttavia ciò che aveva fatto negli ultimi tre mesi erano un mistero perfino per lui.
Fece una risatina continuando a fissarla, suscitando la sua curiosità. «Sei davvero cambiata.»
Rei arrossì tutta, le sue gote sembravano andare a fuoco. «Non poi così tanto... Sono sempre la stessa.»
«No, prima saresti voluta essere qui sopra da sola e non avresti mai sorriso a nessuno in quel modo.»
Continuava a diventare ancora più rossa. «Non sorriderei mai a nessun... altro... in quel modo...» Portò le mani a coprirsi il viso, ma le maniche estremamente lunghe del kimono la nascosero tutta. «Non farmi dire certe cose...»
Ora sembrava Gaara il nostalgico. La abbracciò, era semplicemente felice.
La cupola faceva risplendere la luna di un calmo bagliore bianco, le strade della capitale erano ormai deserte e il palazzo sotto i loro piedi era calmo e in silenzio. Il sonno degli altri era il loro nido d’amore.
 
Per sei settimane Rei rimase nella capitale, la cupola avrebbe dovuto stabilizzarsi prima che lei potesse lasciare l’epicentro. Poi tornò a Konoha.
Al suo ritorno la base delle forze speciali era stata rinnovata sotto sua richiesta, non c’erano stati grandi cambiamenti, solo una revisione della struttura sotterranea. Era stato installato un percorso di allenamento, uffici un po’ più moderni e una piccola miglioria nella gestione, per quanto avesse apprezzato il lavoro del suo predecessore doveva ammettere che i suoi tradizionalismi rallentavano un po’ le cose.
Appena entrata nel suo nuovo ufficio, nelle profondità di quell’edificio, si mise all’opera. Sul muro era appesa un’enorme carta geografica, aveva segnato ogni piccolo spostamento dell’Akatsuki, evidenziando quelli potenzialmente pericolosi. Nell’ultimo periodo avevano girato un po’ dappertutto raccogliendo criminali di alto rango e riscuotendo taglie elevate. Doveva dire che le cose si stavano facilitando per i suoi uomini, avevano eliminato diversi obiettivi sensibili, eppure qualcosa le diceva che sembra che volessero farle abbassare la guardia. C’era stato un preoccupante vuoto di eventi da quando era diventata comandante, che si stessero preparando a qualcosa?
Aveva passato giorni ad esaminare le pergamene lasciate dal primo hokage ma molte cose mancavano o non coincidevano con gli eventi accaduti, aveva provato anche a chiedere a Tsunade nel caso avesse lei le rimanenti, ma tutto ciò che ottenne fu una brutta strigliata. La donna credeva che stesse diventando una specie di ossessione, come se volesse prenderli a tutti i costi con le sue mani, un po’ era vero, il non sapere la stava facendo diventare matta, aveva una sensazione di inquietudine che non la lasciava. C’era qualcosa che non andava.
Quel giorno stava passeggiando per le strade commerciali, voleva schiarirsi le idee e perfino gli schiamazzi della gente che faceva compere le sembravano meno impetuosi delle grida di Tsunade. C’erano regole per un motivo, anche con tutto quel potere politico non poteva fare molto per adesso.
Il ragazzo dai capelli rossi le si presentò davanti un po’ sorpreso di vederla all’aria aperta, si tolse il cappello da Kage in un gesto istintivo. Alle sue spalle Temari e Shikamaru stavano discutendo animatamente guardando dei documenti e Kankuro li osservava annoiato, eppure entrambi sembrarono non curarsi dei due che si fissavano.
Se non fosse stato per le due campanelle cerimoniali ai lati della testa, Gaara non l’avrebbe mai riconosciuta. Tre mesi non erano poi così tanto tempo, ma il quel periodo Rei sembrava come esplosa di vita, o meglio, sbocciata come un fiore. Il kimono corto dalle lunghe maniche che portava sempre sembrava opprimere il suo povero petto e il fatto che fosse cresciuta in altezza aveva fatto diminuire la lunghezza dell’abito. Crescere non gli era mai sembrato così difficile quanto quel giorno.
La sorella si accorse di quello sguardo da pesce lesso, così gli cinse bruscamente le spalle con il braccio per farlo ritornare in sé. «Ciao Rei! O dovrei chiamarti Rei-Sama ora?»
Rei arrossì, non le piaceva quella forma nemmeno quando erano i soldati a usarla, figurarsi sentirselo dire da una persona così vicina. Gesticolò in modo nervoso, «No, no... Va bene solo “Rei”. Comunque è un piacere rivedervi.»
Shikamaru si intromise sbuffando. «Comunque ti cercavo da ore, ci sono da decidere un sacco di cose per... AHI!» Temari e Kankuro lo avevano colpito prima che potesse finire la frase e lo trascinarono via.
«Sempre esuberanti quei due...» Rei rise imbarazzata.
Gaara scrollò la testa esasperato. «Consumano ogni mia energia!»
«Comunque è davvero bello che tu sia qui, è da tanto che non ci vediamo.»
Gaara annuì. «Dalla sera... della... cerimonia.»
Entrambi distolsero lo sguardo e arrossirono pensando ai baci e alle brusche effusioni che si scambiarono su quel tetto.
Gaara si schiarì la voce, ma gli uscì stranamente acuta. «Ora meglio se ritorno o Tsunade inizierà a prendersela con me... e poi avrai sicuramente un sacco di cose da fare.»
Quella fu una delle poche volte in cui riuscì a farsi coraggio da sola, ma non le venne bene, strinse gli occhi e abbassò lo sguardo come se stesse guardando qualcosa di osceno. «I-in verità non ho molto da fare... Se vuoi... posso accompagnarti...»
Gaara le sorrise e ancora un po’ impacciato le sollevò la manica e la prese per mano. Il cuore di entrambi batteva all’impazzata, dopo tutto quel tempo, sembrava sempre la prima volta che si toccavano.
Quei repentini cambi di personalità da parte di entrambi era routine per la loro stramba relazione, a volte così intraprendenti da sembrare adulti e altre volte totalmente incapaci.
Camminando la gente si fermava a salutare Rei, facendo un piccolo inchino o semplicemente salutando in modo educato. Non erano né intimoriti né infastiditi, Gaara fu soddisfatto di vedere quella scena, Rei era raggiante.
«Sono felice che tu sia riuscita a riscattarti...»
Lei annuì. «Prima la gente vedeva solo il mio cognome o il fatto che i miei fratelli fossero... bhè, traditori...» Sollevò lo sguardo verso la montagna scolpita. «È come se il mio titolo gli facesse vedere tutta un’altra persona...»
Gaara le strinse la mano pensieroso. «Un giorno vorrei che anche la mia gente mi guardi allo stesso modo.»
Rei si fermò e lo guardò quasi infastidita. «Non dire così. Sei e sarai un grande Kazekage, ne sono sicura.»
«E come fai ad esserlo?» Ammetto che feci quella domanda solo per provocarla, ma lei si girò dall’altra parte con lo sguardo sereno e mi disse: «Perché io credo in te!» Riusciva sempre a stupirmi nei momenti giusti.
 
L’ufficio dell’Hokage era lì di fronte ma entrambi si fermarono prima di varcare la porta. La vena sulla fronte di Gaara si ingrossò e Rei assunse un atteggiamento decisamente infastidito.
«Gaara...»
Lui annuì.
«Sento una presenza fastidiosa...»
«Anch’io...»
Come in una scena di una commedia teatrale i due cercarono di allontanarsi in punta di piedi, ma la porta si aprì.
«Re-i-chan!» L’uomo le cinse il collo in un abbraccio e iniziò a strofinare la guancia vicino quella di Rei. «Che bello rivederti! Mi è mancata la tua pelle mo-r-bi-da!»
Kise si ritrovò addosso lo sguardo assassino e psicotico di Gaara, ma dovette fare i conti con quello più inquietante degli AMBU dietro di lui quando cercò di “abbracciarla” all’altezza del petto. I due uomini noncuranti di chi si trovavano di fronte sfoderarono le spade incrociandole ai lati del collo di Kise, ma Rei li fermò sollevando lievemente la mano. Sussurrò qualcosa al collega mentre l’aria diventava gelida. «Sei fortunato che non posso toccarti...»
«Oh, dai Rei-chan! Sii più gentile con il caro senpai!»
«Che ci fai qui?»
«C’è stato un piccolissimo problema.» Kise scomparve per poi riapparire al fianco di Tsunade. I due ragazzi entrarono nella stanza e Shizune chiuse la porta con cura. In un angolo Sakura aveva assistito alla scena con un’aria un po’ confusa.
«Sakura tutto bene?» le chiese Tsunade vedendo che la ragazza fissava il caotico comandante.
«Non vorrei essere scortese ma... è davvero un bene che sia il comandante che il Kazekage siano qui?»
Rei lanciò un kunai contro il collega sfogando la rabbia repressa prima, ma il coltello lo attraversò e andò a conficcarsi nel muro alle sue spalle. «Non è davvero qui, per fortuna!»
Gaara fece un mezzo sorriso prima di ripensare alle parole dette dal suo superiore. «Che tipo di problema c’è.»
«Girano voci che il Mizukage sia morto.» disse Tsunade con molta calma. Sakura trattenne un respiro.
«Credo sia il momento giusto per avere notizie del loro comandante.» Kise era visibilmente preoccupato e anche Rei, se il Mizukage era davvero morto era probabile che lui non avesse avuto una sorte migliore.
«Va bene, partirò domattina.»
«Sarò lì ad aspettarti.» Kise svanì in una nuvola di sabbia rossa.
Rei stava per uscire dall’ufficio ma Sakura chiese qualcosa. «Ma se è il paese dell’acqua non dovremmo metterci in mezzo.»
«È una questione delicata e il paese del fuoco è il più vicino.» Concluse in fretta Gaara.
«Tsunade, se per te va bene vorrei portare anche Sakura.» Rei rimase girata con lo sguardo pensieroso fisso sulla porta.
«Per me va bene.» La donna era preoccupata, quando voleva portarsi dietro l’amica, era perché pensava già di esagerare fino al punto di doverle servire un medico esperto.
 
Quella sera la luna piena brillava in tutto il suo splendore e le strade erano colme di gente che festeggiava al suono dei tamburi cerimoniali, era la sera del festival estivo.
Gaara passeggiando spensieratamente assieme ai suoi fratelli si guardava intorno sperando di vedere Rei ma non la percepì. Approfittando di un momento di calma decise di scandagliare il villaggio con la mente, solo un secondo non avrebbe avuto conseguenze, la percepì su un tetto non troppo lontano. Quella ragazza era come un gatto, perennemente seduta a fissare l’orizzonte da un tetto...
Appena Gaara varcò l’ingesso del distretto fu come se le musiche e le grida di gioia si fossero allontanate di molto. Tutte le case avevano le finestre chiuse e le luci spente, i lampioni non erano accesi da molto e i negozi avevano tutti le serrande abbassate, eppure non si avvertiva nessuna desolazione, sembrava semplicemente che tutti già dormissero. Su un tempio non molto lontano c’era Rei.
«Non dovresti essere qui, soprattutto oggi.»
«Non festeggi? Alla gente farebbe piacere vederti lì in mezzo.»
«In mezzo a quella bolgia? Troppe persone per i miei gusti.» Fece un grosso sorriso pensieroso alla luna. «Davvero, Gaara-kun, non dovresti rimanere qui...»
«Volevo solo chiederti se potevo accompagnarti domani.»
«Meglio di no, Kise sarà con me, sarebbe più saggio se tu tornassi al villaggio.»
Gaara con leggerezza si sdraiò sul tetto per ammirare meglio le stelle. «Perché non dovrei rimanere qui? Si sta così bene che vorrei non andare più via.»
«Attento a quello che desideri...»
Una folata di vento li colpì in viso facendo tintinnare le campanelle ai lati dei capelli di Rei, poco dopo un vento leggermente più forte colpì le campanelle nel tempio su cui erano seduti. Gaara si alzò per guardare le strade.
Iniziò con il suono dei tamburi e poi quello delle ocarine.
Figure simili a persone risplendenti di un tenue blu trasparente iniziarono ad uscire dalle abitazioni, sembravano tutti spensierati ed emettevano un aura di pace. C’erano madri che tenevano la mano ai bambini e anziani che lentamente passeggiavano per la strada principale, l’aria festosa contagiava ogni angolo del distretto. Poco più avanti, da una grande casa uscirono due figure familiari, Fugaku uscì di casa inciampando come al solito sul piccolo gradino, poi sia lui sia Mikoto si girarono a salutare verso il tetto del tempio.
Il vento faceva muovere gli alberi di ciliegio e di pesco perennemente in fiore facendo cadere i petali e formando un lungo tappeto rosa sotto quegli spiriti felici.
Rei si era alzata in piedi e salutava con la mano i genitori. Una leggera lacrima le rigava il sigillo sul viso che intanto si era illuminato dello stesso blu degli spiriti. Non appena i due volti sereni dei genitori le sorrisero e si voltarono, lei tornò seduta a fissare l’orizzonte battendo con il dito sulla gamba a ritmo dei tamburi.
Gaara si sforzò di fare la sua scomoda domanda. «Tutto questo... è come una sorta di punizione?»
«Un Uchiha... quando muore... non conserva nessun tipo di rabbia o rancore, si rimane nella serenità e nella pace in eterno a vegliare sulle generazioni successive. Non è una punizione né una maledizione, credo che sia la prova che si può essere liberati da tutto quell’odio che ci accompagna...» Sollevò la testa sorridente verso la luna. «Succede tutte le volte che c’è la luna piena, ma credo sia la prima volta che coincide con il festival estivo, sarebbe bello se facessero festa tutti insieme.»
La sua faccia sorridente lo rasserenava, eppure sembrava come se lei non vedesse l’ora di unirsi a quel circolo esclusivo.
«Quando eravamo piccoli, ci era proibito uscire nelle notti così, però Itachi riusciva a farci uscire di nascosto, diceva che l’importante era rimanere al tempio per non essere trascinati nel regno degli spiriti, così ci sedevamo qui sopra a guardare e a ballare al suono dei tamburi.»
Gaara si alzò di scatto e rivolgendosi al suo volto felice le porse la mano. «In effetti quel suono è proprio coinvolgente.»
Rei rise prima di alzarsi delicatamente aggrappata a quella mano sicura. Così, su quel bordo precario, con la leggera paura di cadere, aggrappati l’uno all’altro, la loro danza veniva illuminata da quel bagliore azzurro e accompagnata dalle danze degli spiriti felici.
 

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