Un amico in affitto

di _MartyK_
(/viewuser.php?uid=825215)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Extra ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10/Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Mark Tuan sapeva di non essere un ragazzo normale.
Sì, insomma, chi è il folle che decide di sprecare gli anni più belli autosegregandosi in una minuscola camera da letto?
In effetti, se ci pensava, pareva strano anche a lui.
Ma la verità è che la situazione era diventata insostenibile, suo padre Raymond non faceva altro che inculcargli nella mente l'idea di completare gli studi, di diventare un medico o un avvocato, di fare carriera eccetera. Per carità, era un buon augurio, ma la sua era un'ossessione: al mattino, prima di andare a lavoro, leggeva un quotidiano a caso, beveva caffè e incominciava ad esprimere le proprie opinioni a riguardo.
Mark non ne poteva più, e sua madre Simone non era di certo d'aiuto. La sua paura più grande, essendo poco loquace e insicuro di per sè, era proprio di non riuscire a raggiungere gli obbiettivi fissati dal padre.
La realtà era un posto brutto, la scuola era noiosa e i compagni erano malefici e spietati con quelli come lui. Sempre se esisteva qualcuno come lui. Anche i suoi gusti erano strani: adorava i programmi scientifici, detestava la musica pop, preferiva un bel maglione caldo ad una T-shirt firmata e aveva la camera piena zeppa di peluche.
Ultimamente gli capitava spesso di scambiare la notte per il giorno e viceversa, in quanto passava la maggior parte del tempo su internet e su Facebook. Lì aveva un sacco di amici, chattava con tre-quattro persone contemporaneamente e i like per i suoi stati in stile emo depresso andavano a go go.



Aveva ancora gli occhi incollati al computer, quando sua madre bussò alla porta.

- Che vuoi ma'?!- borbottò lasciandosi sfuggire uno sbuffo.

- Tesoro è pronto il pranzo, te lo lascio qui come al solito?- chiese dolcemente la donna. Mark alzò gli occhi al cielo.

- Come al solito-
Il ragazzo si alzò dalla sedia e andò ad aprire la porta, prendendo il vassoio con il cibo e 'ringraziando' la madre con un'occhiata infuocata.
Guardò il cibo che aveva preparato e quasi gli venne la nausea: odiava il pollo fritto con le patate al forno.
Mangiò il pranzo con disgusto e subito dopo si fiondò al computer, controllando la home di Facebook. Il social aveva pure il coraggio di mostrargli 'persone che avrebbe potuto conoscere'. Gli veniva da ridere al solo pensiero.
Scrutò annoiato i profili, fino a quando non gliene comparve uno piuttosto interessante.
Jackson Wang.
Capelli folti e neri come la pece, un paio di occhi a mandorla incorniciati da un visino dolce, i lineamenti erano fini e deliziosi. Il sorriso era a dir poco ammaliante e lo sguardo era di chi la sapeva lunga. In braccio a lui c'era un gattino così carino che il cuore di Mark si riempì di tenerezza.
Non seppe per quanto tempo fissava l'immagine del profilo del ragazzo, probabilmente aveva una faccia da ebete.
Alla fine decise di informarsi un po' di più su di lui.
Bene, veniva da Hong Kong, praticava lo scherma e il suo sogno era quello di diventare un body builder. Scosse la testa e se la resse con la mano sinistra, appoggiando il gomito sulla scrivania.

''Body builder, pff sai che roba.. e scommetto che ha una marea di ragazze che gli muore dietro'' pensò scocciato. La voglia di chiedergli l'amicizia era calata a picco.

- Maaark, Sun Hi è arrivata!- urlò quella che doveva essere la voce di Simone dal piano di sotto.
Il ragazzo congiunse le mani e pregò che fosse tutto un incubo. Sun Hi era la ragazza in affitto per lui.
In passato ne aveva avute due o tre, ma le aveva malamente rifiutate perchè o si comportavano da psicologhe con lui, oppure si annoiavano e iniziavano ad elencargli i suoi tanti difetti. Sapeva che i genitori erano preoccupati per lui, ma in fondo era proprio per colpa loro che si ritrovava in quelle condizioni. Le loro pretese avevano fatto sì che si richiudesse ancor di più in se stesso.
D'un tratto la porta si spalancò e sull'uscio comparve la figura della ragazza. Mark si chiese come mai non avesse ancora obbligato i suoi a mandarla via.

- Ciao Mark- lo salutò lei tutta sorridente. Il ragazzo si limitò ad un cenno del capo e chiuse il computer, sistemandosi meglio sul letto. Sun Hi chiuse la porta e si sedette accanto a lui.

- Com'è andata la giornata?-

- Il solito, una noia totale- rispose come un'automa l'altro.
Prese un coniglietto di peluche e lo strinse a sè, accarezzandogli le guance e sussurrando qualcosa di troppo basso per arrivare alle orecchie della ragazza.

- Lo sai che non puoi andare avanti così, vero?- chiese ancora Sun Hi. Mark le rivolse un'occhiataccia e la ragazza abbassò lo sguardo imbarazzata.

- Oh giusto, che stupida, i tuoi te l'avranno già detto un milione di volte- borbottò grattandosi la nuca.

- Esattamente, me l'hanno già detto-
Perfetto, Mark era più scontroso e asociale del solito e la cosa non prometteva nulla di buono.

- Quindi... che ti va di fare?-
Nel suo repertorio erano terminate le domande di emergenza, per cui o rispondeva o la mandava gentilmente a quel paese.

- Vorrei che te ne andassi- ammise apertamente l'altro. Sun Hi serrò la mascella e sospirò. Prima o poi sarebbe successo.
Gli accarezzò la schiena e poi si alzò, biascicando un flebile 'stammi bene' e abbandonandolo per sempre.
Un po' si era affezionata a lui, aveva capito che era un tipo che non aveva mai molto da dire, ma tenere una conversazione con Mark era più difficile di quanto potesse immaginare.
La sera qualcuno irruppe senza permesso nel suo rifugio.

- Mark, voglio parlarti un attimo- era Simone. Il ragazzo fece no con la testa.

- Voglio stare da solo- borbottò con la faccia spiaccicata sul cuscino. La madre tirò un sospiro e si sedette accanto a lui, accarezzandogli apprensiva i capelli biondo cenere.

- Stiamo solo cercando di aiutarti, vogliamo che ritorni il Mark di una volta, però anche tu devi venirci incontro o non funzionerà mai- spiegò la donna.

- E' colpa vostra se sono così- la voce del ragazzo si incrinò un poco.
Gli venne un magone in gola e la sensazione di stare per scoppiare a piangere, era orribile.

- Vogliamo solo il tuo bene Mark, solo questo- replicò Simone, asciugandosi una lacrima col dorso della mano.
Mark si tirò su a sedere e la fissò con gli occhi arrossati.

- Davvero?- domandò con lo sguardo curioso. Sembrava un cane bastonato.

- Amore, certo che sì!- il cuore di Simone cedette e allacciò le braccia al collo del figlio, abbracciandolo.
Mark fu preso in contropiede e sgranò gli occhi. Non riceveva un abbraccio materno da una vita, era decisamente poco abituato.
Ricambiò la stretta in modo impacciato, accarezzando la schiena della madre. Stettero in quel modo per un po', assaporando appieno quel momento. Quando la madre sciolse l'abbraccio, gli diede un bacio in fronte e gli augurò la buonanotte.

- Prometti di cambiare?- chiese speranzosa.

- Non lo so-

- Ah...-

- Cioè, ci proverò- la risposta di Mark era incerta, ma Simone non sembrò farci caso più di tanto.

- Fa' sogni d'oro- disse e chiuse la porta.
Il ragazzo poggiò i suoi occhiali sul comodino e si tirò le coperte, coricandosi circondato dai suoi amici pelosi. Fissò il soffitto per una manciata di minuti, ripensando alla richiesta della madre.

Prometti di cambiare?

A Mark sembrò di sentire ancora la voce della madre, come un eco lontano che si espandeva nella stanza e ritornava rimbombando nelle sue orecchie. Il fatto era che voleva cambiare, lo voleva davvero. Perchè odiava il suo carattere bipolare, odiava il non riuscire ad esprimersi completamente, odiava la sua diffidenza, ma soprattutto odiava se stesso.
Il magone gli stava distruggendo la gola e gli occhi pizzicavano da morire, stava per piangere se solo Morfeo non l'avesse accolto prontamente fra le sue braccia.
I sogni erano troppo belli per far parte della realtà.






* * *







Il mattino dopo Mark si svegliò verso le nove di mattina, strofinandosi gli occhi con le mani e sbadigliando nel modo più rozzo che esista. Mise gli occhiali e andò direttamente verso la scrivania, con l'intenzione di passare le ore mattutine giocando a qualche videogame per idioti come lui. Aveva già in mente tutto, si era programmato l'intera giornata ma come al solito sua madre adorava incasinargli la vita.

- Maaark, vieni a salutare una persona che è qui per te!- urlò con quella sua voce stridula e acuta. Il ragazzo strizzò gli occhi e imprecò in tutte le lingue che conosceva.

- Falla salire su- disse in risposta.
Si alzò dalla sedia e nel frattempo mise a posto il letto, non curandosi del fatto che fosse praticamente in mutande. Sicuramente era un'altra cretina che veniva pagata profumatamente ogni settimana per ribadirgli di farsi una vita sociale e di svegliarsi.
La porta della sua stanza si spalancò per l'ennesima volta, rivelando una figura... diversa.
Era un ragazzo.
Ed era alto, con i capelli neri, una T-shirt bianca e i pantaloncini blu. Mark sgranò gli occhi e aggrottò le sopracciglia non appena si rese conto di averlo già visto da qualche parte. Poi una lampadina si accese nel suo cervello e capì che era la fine.


Jackson Wang, il suo nuovo amico in affitto.



***
ehm... saaalve! Finalmente anch'io pubblico qualcosa nel fandom XD premetto che non conosco bene la vita degli hikikomori, i cosiddetti 'nuovi eremiti', per cui posso solo immaginare. Diciamo che la loro situazione mi ha ispirata guardando il programma Le Iene e... eccomi qua. Poi per i personaggi beh, non conosco il nome della madre di Mark e ho messo un nome scelto a caso -.-'' detto questo boh... spero vi piaccia :)
baciiii _MartyK_ <3 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Mark non riusciva ancora a credere che quello che stava con le spalle appoggiate allo stipite della porta fosse Jackson, il tizio di Facebook.
Insomma, cosa c'entrava lui col suo mondo? Non era in palestra a fare pesi, addominali e roba del genere?
Dietro di lui comparve Simone con un sorrisetto furbo sul volto.

- Mi raccomando Mark, fa' il bravo e sii gentile con lui- disse, per poi lasciarli soli e scendere al piano di sotto.
A pensarci bene, Mark manco se lo ricordava com'era fatto il piano di sotto, nè sapeva se nel corso di quei due anni i suoi avessero fatto ristrutturazioni.
Usciva dalla sua camera solo per andare in bagno.
Una volta rimasti soli, Jackson si mise a camminare nella sua direzione e osservò con curiosità tutto ciò che c'era nella sua microscopica camera da letto.
Gonfiò le guance e tirò un calcio all'aria, segno che era piuttosto imbarazzato. Ma questo gesto Mark non sapeva interpretarlo.

- Quindi tu sei Jackson- fu tutto quello che gli venne in mente.
Inizio grandioso, pensò.

- Già- annuì l'altro, continuando a gironzolare a vuoto.
Si fermò non appena vide una foto incorniciata al muro: ritraeva un piccolo Mark, felice con i suoi genitori e... un cagnolino.

- E lui chi è?- chiese il moro indicando l'animale. Mark si sporse e subito s'incupì.
Perchè era andato a pigiare quel tasto dolente?!

- Era il mio cane Timmy. L'abbiamo perso qualche anno fa, non è mai ritornato- rispose abbassando lo sguardo.
Anche la sua voce era diversa, più roca. Jackson si accorse del cambiamento di umore dell'altro e prontamente si scusò.

- Mi dispiace, io non lo sapevo-

- Non lo sapevi? Per caso hai visto un cane scodinzolare tutto contento in casa?!- quasi urlò il biondo, alterando di poco il tono di voce.

- Ho detto che mi dispiace- ribadì Jackson.
Mark a quel punto si calmò, ricordandosi delle parole della madre.

''Okay Mark, stai calmo. Se fai scappare anche lui rimarrai chiuso qui dentro per sempre'' si ritrovò a pensare. Poi il per sempre gli faceva talmente tanta paura che un brivido percorse tutta la spina dorsale.
Nel frattempo Jackson si sedette con nonchalance sul letto, accanto a Mark. Guardandolo con la coda dell'occhio, si accorse che si irrigidì.
Spostò una mano nella sua direzione e si avvicinò a lui. Mark si allontanò fino a sbattere la schiena contro il cuscino.
E fu a quel punto che gli occhi nocciola dell'altro incrociarono i suoi, paurosi e altrettanto scuri.

- Si può sapere che vuoi?- sbottò il biondo, stringendosi al petto il coniglietto peluche.

- Tirarti fuori da questo buco- disse l'altro scrollando le spalle.

- Non mi hai chiesto neanche se mi trovo bene qui!- protestò Mark. Jackson sbuffò in una risata.

- Oh scusa, ti piace startene rinchiuso nella tua stanza, mentre gli anni più belli della tua vita vanno in fumo?- domandò in tono sarcastico.
Non se n'era nemmeno accorto, nel domandarglielo il suo viso si era inaspettatamente avvicinato a quello di Mark. Lo vide arrossire lievemente.

- Sì, penso che se una persona crede che una cosa sia giusta da fare deve farla e basta- bofonchiò, nascondendo il viso dietro il peluche.
Il moro abbassò la testa del coniglietto, incontrando ancora una volta gli occhi del biondo. Il suo sguardo era corrucciato e le sue labbra erano serrate in una smorfia di disappunto.

- E se per te è giusto io che ci sto a fare qua?-

- Chiedilo ai miei, io non ho chiesto nulla-

- Quindi a te sta bene se me ne vado- e non era una domanda. Mark scrollò le spalle, sinceramente era arrivato a un punto che non gliene fregava un cavolo.

- Bene! Addio Mark- concluse con un'alzata di mano. Aprì quella dannata porta e la richiuse.
No, non aveva intenzione di andarsene. Piuttosto, voleva conoscere la reazione del biondo.
Poggiò la schiena contro la porta e si lasciò andare, portandosi le ginocchia al petto e aspettando un segno divino dal cielo. Era disposto a stare lì tutta la notte, pur di vedere Mark Tuan arreso.
La reazione, per sua fortuna, non tardò ad arrivare e sentì il ragazzo sbuffare e lamentarsi.

- Se n'è andato davvero, incredibile! Che razza di idiota! Giuro che io..- il monologo venne interrotto dalla brusca entrata di Jackson.

- Ah-aaah! Allora vedi che non è la cosa giusta?!- esclamò puntandogli un dito accusatorio.
Il ragazzo sgranò gli occhi e dischiuse la bocca, facendo per dire qualcosa ma bloccandosi subito. Quello stronzetto lo aveva fregato.

- Non è una delle cose più belle del mondo stare da solo- ammise, non togliendosi mai dalla faccia quell'espressione imbronciata e allo stesso tempo seria.
Sentiva di nuovo quella sensazione di vuoto allo stomaco e il magone che torturava la sua povera gola. Al contrario, il volto di Jackson si dipinse di un sorriso sincero e genuino.
Per un istante il cuore di Mark fece una capovolta, diamine quel sorriso era a dir poco fantastico! Le labbra erano rosee e carnose al punto giusto, e distese in quel modo, mostrando denti perfettamente bianchi, era qualcosa di... magico.
Oh che andava pensando! Non era mica gay!
Cioè, era strano che uno a diciott'anni non avesse mai avuto una ragazza, però restava il fatto che gli piacessero le femmine. Su questo poteva metterci la mano sul fuoco.

- Ci sono io con te- gli disse dolcemente. Si mise per terra, incrociando le gambe. Inaspettatamente Mark lo raggiunse, così senza dir nulla.
Non era passata neanche mezz'oretta e già quel ragazzo faceva progressi.
Far sorridere la gente era un bel passatempo, pensò Jackson.



I due restarono in religioso silenzio per un po': Mark era perso nei suoi strani e cupi pensieri, chiedendosi se fosse il caso di fidarsi del ragazzo che aveva accanto oppure no, mentre l'altro osservava incessantemente ogni piccolo movimento del biondo. Non era maniaco, semplicemente voleva capire cosa lo innervosisse tanto.

- Di' qualcosa- d'un tratto sibilò tra i denti. Jackson alzò un sopracciglio, interrogativo.

- Va bene. Qual è il tuo cibo preferito?- chiese tamburellando l'indice sul mento, con fare pensieroso. Mark non ci mise molto a rispondere.

- Lasagne al forno, e il tuo?-

- La carbonara- Mark storse il naso.

- Davvero? Mi stai dicendo che non sei vegetariano?- chiese.
Cavolo, la sua prima domanda ad un semi-sconosciuto! Se avesse potuto si sarebbe battuto le mani da solo, con tanto di standing ovation.

- Cosa ti fa pensare che sia vegetariano?- rispose con un'altra domanda Jackson, divertito.
Colpito e affondato.
Aveva ragione, lui non poteva saperlo dato che non lo conosceva. Mannaggia a Zuckerberg e le sue 'persone da conoscere'.
Doveva dirgli la verità e fare la figura dello stalker asociale? Di certo non voleva avere pesi sulla coscienza, seppur microscopici.

- Ho visto il tuo profilo Facebook- borbottò velocemente, voltandosi dall'altro lato e strizzando gli occhi.

 - Che?-

- Ho visto il tuo profilo e diceva che fai scherma e che vorresti fare il body builder, per cui ho collegato le cose e...- Mark si bloccò non appena si accorse di essere fissato in modo perplesso.

- Oh insomma! Credevo che i palestrati fossero vegetariani, ecco- sbottò.
Il moro sghignazzò, prima piano e poi sempre più forte, fino a scoppiare in un grassa risata. Rise parecchio, al punto che rotolò a terra e si massaggiò la pancia.
Mark non seppe con precisione se lo stava prendendo per il culo o se era stato divertente e basta.

- Mi fai morire così. E comunque no, mangio di tutto e adoro in particolare la carne- gli sorrise, asciugandosi una lacrima dagli occhi.

- Ah bene. E uhm... prima, quando ti sei messo a ridere, mi stavi prendendo per i fondelli o cosa?- decise di chiedergli l'altro.

- Assolutamente no, mi hai semplicemente fatto ridere-

- Oh... okay-
Mark sentiva che quella pseudo-conversazione sarebbe finita lì. A meno che Jackson non avesse tirato fuori un altro argomento.
Ma poi, perchè dovevano per forza parlare? Non potevano leggersi nella mente e scoprire tutto l'uno dell'altro?
Dio, doveva smetterla con la fantascienza e cose simili.

- Ho l'mp3, ti va se ascoltiamo un po' di musica?- propose il moro. Il volto di Mark assunse un'espressione indecifrabile persino per lui, un mix tra delusione e scocciatura.

- Va bene-
Jackson tirò fuori dalle tasche del pantaloncino le cuffie e ne passò una al ragazzo. Selezionò la playlist e partì una canzone. Il ritmo era regolare e abbastanza rock.

- Do you ever feel like breakin' down? Do you ever feel other places? Like somehow you just don't belong, and no one understands you- prese a canticchiare Jackson.

- Voglio il titolo e il nome del cantante!- esordì presuntuoso l'altro. Il moro sorrise.

- Welcome to my life dei Simple Plan-
Quella canzone era troppo azzeccata per essere partita a cavolo da una playlist di duecento canzoni e più. Mark si chiese se il ragazzo non l'avesse fatto apposta.
Il diretto interessato continuò a cantare stonato, gesticolando con la convinzione di essere una super star in un palco con milioni di fans.
Chiuse gli occhi, la voce si fece sempre più bassa e roca, diventando quasi un sussurro. Pian piano la testa di Jackson andò a poggiarsi alla spalla di Mark.
Il biondo sussultò al contatto, trattenendo il respiro per un attimo. Non sapeva che fare, di certo non voleva disturbarlo, sebbene stesse praticamente sonnecchiando sulla sua spalla. O forse no.

- Scusami, non me n'ero accorto- bofonchiò il moro allontanandosi bruscamente da lui.
Ci mancava solo che l'avesse terrorizzato a causa dei suoi modi fin troppo amichevoli, e quello era l'ultimo dei suoi pensieri.

- Non fa niente, tranquillo- rispose miracolosamente.
Mark Tuan che risponde così, senza un lamento in stile balenottera azzurra? Mark Tuan è tranquillo?
Forse quell'incontro stava durando troppo, di solito congedava Sun Hi dopo neanche quindici minuti che stava in camera sua.
Perchè con Jackson non era la stessa cosa?
Erano queste le domande che torturavano la sua povera testolina bacata e il moro se ne accorse.

- Penso che per oggi tu abbia fatto parecchi progressi, visti i trascorsi- disse grattandosi la nuca. Mark annuì in automatico.
L'altro si alzò da terra e stese la mano al ragazzo per aiutarlo. Rimase meravigliato della forza che Jackson aveva nelle braccia, mancava poco e gli andava addosso.

- Racconterò ai tuoi quello che abbiamo fatto, sempre se ti va- continuò. Il biondo non fece altro che annuire, impassibile.
Jackson raggiunse la porta della stanza e si voltò un'ultima volta verso Mark.

- Ci rivedremo?- domandò speranzoso, gli occhi brillavano di felicità.

- Sì- rispose l'altro, aveva il tono deciso e sincero. Il moro sorrise e lo salutò con un gesto della mano.
Gesto che Mark non potè ricambiare in quanto l'altro era già andato via. Riuscì a sentire i suoi passi percorrere le scale e sospirò.
In qualche modo sentiva uno strano vuoto farsi spazio nel suo stomaco, aveva come la voglia di rimanere ancora un po' con lui.
Magari non per forza discutendo, però... gli mancava.
Che parola grossa era per Mark! Se spesso gli capitava di non dormire la notte, beh, quella sarebbe stata inclusa.


***
Salveeee!! Rieccomi col secondo capitolo, spero vi sia piaciuto l'incontro. So che non è un granchè ma, oh, è pur sempre un Mark Tuan a cort di parole, anche nella realtà non è che sia poi così logorroico ahaha XD voi che dite, Jackson riuscirà nell'impresa del secolo? Spero come al solito che vi piaccia ^^ baciiii _MartyK_ <3

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Come previsto, Mark quella notte non riuscì a prendere sonno.
Si rotolò tra le coperte e strinse più a sè il suo coniglietto peluche, viaggiando con la mente all'indietro di qualche oretta fa.
Davvero, non riusciva a credere di aver detto a quello che gli sarebbe piaciuto se si fosse ripresentato. Insomma, da quando in qua era così spavaldo e sicuro di sè?
Lui che non riusciva a prendere una decisione neanche sulla più piccola ed insignificante questione... ad esempio il cibo. Ecco. Cosa mangiare a pranzo? Zuppa di kimchi o pibimbap?
Sospirò e ficcò la testa sotto le coperte, sperando di entrare nelle grazie di Morfeo.
Per fortuna, dopo un paio d'ore che si stava girando e rigirando nel letto fissando intensamente il soffitto, riuscì a chiudere gli occhi e ad entrare nel favoloso mondo dei sogni, dove ogni cosa è possibile.



Il mattino non fu tragico come pensava, ancora peggio. Si risvegliò mugugnando qualcosa di incomprensibile agli esseri umani e guardò dalla finestra: aveva dimenticato di abbassare la serranda, per cui quel poco di luce solare in una giornata piovosa entrava dentro e si scontrava con il suo volto assonnato.
Controvoglia si stiracchiò e si alzò, prese il cellulare e controllò l'ora, per poi chiamare la madre.
Odiava urlare fino a sgolarsi e in più era l'unico modo, dato che era terrorizzato all'idea di uscire dalla sua stanza.

- Tesoro, ti sei svegliato!- esordì questa tutta pimpante. Mark si chiese mentalmente se c'era qualcosa per cui essere felice e sorridente alle otto e mezza del mattino.

- Ho fame, mi porti la colazione... per favore?- chiese. Una nota di imbarazzo si poteva scorgere nella sua voce.
Simone per un attimo rimase interdetta, il figlio non le diceva un 'per favore' da una vita ormai, che stava succedendo così all'improvviso?

- Certo arrivo subito- disse e chiuse la chiamata. Il ragazzo sospirò e indossò gli occhiali.
Era così miope che non riusciva a vedere una persona manco ad un metro di distanza. E a peggiorare le cose ci si metteva l'astigmatismo, che rendeva tutto sfocato e confuso.
Sapeva che era colpa del computer e dei videogiochi, ma non ci poteva fare nulla. D'altronde, cos'altro doveva fare per tutto il giorno rinchiuso in quattro metri quadrati? Dopo poco tempo la madre bussò alla porta ed entrò con un vassoio colmo di cibo.

- Ti piace? Stamattina ho fatto i cornetti alla crema e poi ti ho preparato un cappuccino, dato che lo adori- gli sorrise. Mark annuì e cominciò a divorare il cornetto.

- Sbrigati, tra meno di mezz'ora viene Jackson- lo avvisò, posando una mano sulla sua testa e scompigliandogli i capelli.
Il biondo soltanto a sentir pronunciare il nome del ragazzo trasalì, rischiando di affogarsi. Deglutì l'enorme boccone e annuì, con fare più disinvolto possibile.
Una volta finito di fare colazione, Mark aprì l'armadio, scelse una maglietta e un jeans a caso e poi corse subito in bagno a lavarsi i denti e prepararsi.
Di certo non si sarebbe presentato in mutande come la scorsa volta.
Ritornò in camera giusto in tempo per mettersi comodo da qualche parte. D'un tratto si sentì bussare, la porta si aprì e comparì Jackson con in braccio un... gatto.

- Ciao- sorrise. Mark rispose al saluto con un cenno del capo, non molto educato da parte sua, poteva fare di meglio.
Il moro richiuse la porta dietro di sè e lasciò andare a terra il micino. Questo corse tutto curioso per la stanza e si avvicinò all'altro.
Mark era un pochino agitato, aveva un'insolita fobia dei gatti quando nemmeno lui sapeva il perchè.
E' solo che lo irritava parecchio quando questi diventavano aggressivi e cacciavano fuori gli artigli.

- Chi è?- si ritrovò a chiedere. Jackson si sedette accanto a lui e portò le gambe al petto.

- Il mio micio, Luna. Se te lo stai chiedendo, non è un siamese, o meglio, lo è per metà. E' anche mezzo norvegese- spiegò.

- Non dirmi che ha anche origini cinesi- fece Mark, sbuffando in una risata. Poi si accorse che Jackson non rideva affatto e allora si scusò.

- Oh.. io non volevo... cioè, credevo fosse divertente- bofonchiò grattandosi la nuca. L'altro rispose con un sorriso smagliante che andava da guancia a guancia.
Doveva smetterla di fare 'sti sorrisi da star da quattro soldi, o Mark gli avrebbe fatto cadere tutti i denti, uno ad uno.

- Tranquillo, sei simpatico- scrollò le spalle.
Intanto il micino si accoccolò all'addome del biondo e cominciò a fare le fusa, borbottando flebili miagolii e strusciandogli la testa addosso.
Il ragazzo si morse il labbro inferiore, esitante.

- Vuole le coccole, tu le piaci- disse l'altro. Mark si voltò verso il moro e alzò un sopracciglio, come se avesse detto la cosa più stupida e ovvia del mondo.
Allungò una mano verso il cucciolo e con cautela la poggiò sulla testa, sfiorando e accarezzandogli le orecchie, per poi passare al dorso, fino alla coda.

- Non è terribile come pensavo- ammise.

- Non ti piacciono i gatti?- chiese l'altro. Mark inclinò la testa ad un lato.

- Beh sono carini... a patto che non graffiano e che non mordano come se non vedessero cibo da anni-
Poi si voltò verso Jackson.

- E a te piacciono?-
Subito dopo si pentì di averglielo chiesto, sentendosi un idiota totale. Gli piacevano, altrimenti non ne avrebbe uno.

- Certo-

- E... come mai lo hai portato qui con questo tempaccio? Non si è bagnato?-

- Esistono i cappotti- ridacchiò Jackson.

- Ah..- il biondo si schiacciò una mano in fronte e arrossì lievemente.
Anche quella sottospecie di conversazione normale finì lì, Mark accarezzava costantemente il micio e Jackson si guardava intorno, tirando un sospiro e sbuffando di tanto in tanto.

- Senti, ti va se andiamo in salotto a guardare un po' di Tv?- propose come se nulla fosse. Il biondo gli lanciò un'occhiata scettica.

- Stai scherzando vero? Non-non voglio... non mi sento pronto- borbottò incrociando le braccia al petto.
Luna percepì i movimenti bruschi e si allontanò da lui, saltando e andando ad implorare coccole al suo padrone.
Usava sempre la scusa del non sentirsi pronto per deviare quella domanda. Il fatto è che non gli andava di abbandonare la sua camera e allo stesso tempo aveva una fottuta paura di rimanerci fino alla fine dei suoi giorni.
Era come se fosse tra due fuochi, da una parte non gli dispiaceva ma dall'altra voleva che Jackson insistesse.
Per fortuna il moro non era uno che si lasciava condizionare così facilmente, così lo prese per il polso e lo aiutò ad alzarsi da terra.
Mark era così mingherlino che si tirò su in meno di un nanosecondo e quasi andò addosso a Jackson.
I loro visi erano vicini, troppo per i gusti del biondo.
Poteva sentire il profumo intenso e dolce al tempo stesso dell'altro e in più i suoi occhi erano qualcosa di... meraviglioso.
Due diamanti grezzi incorniciati da un taglio a mandorla troppo perfetto per essere cinese. Il setto nasale era stretto, carino e alla francese.
Fissò quelle pupille per un paio di minuti, cercando di staccarsi ma non riuscendoci. Era come ipnotizzato.
Jackson dal canto suo fissava ripetutamente i suoi occhi e le sue labbra, deglutendo a vuoto e leccandosi nervosamente il labbro inferiore.
Che cavolo stava prendendo a quei due?
Inoltre sembrava che Mark lo stesse abbracciando, in quanto le sue braccia gli circondavano la vita.

- Andiamo dai- Jackson riuscì miracolosamente a spiccicare parola e si schiarì la voce. Il biondo strizzò gli occhi e annuì, seguendolo.
La porta della sua stanza si aprì, mosse un piede fuori dalla sua stanza e poi anche l'altro. Il moro lo prese per il polso e lo costrinse a scendere le scale.
Un gradino dopo l'altro e Mark si ritrovò diretto in salotto, il nuovo salotto.
Come aveva previsto, i suoi in quegli anni avevano fatto varie ristrutturazioni: avevano eliminato la porta scorrevole che separava quella stanza dalla cucina, la carta da parati era a fiori e al centro troneggiava un grazioso divanetto in pelle rosa antico. La televisione era a dir poco enorme e curva e davanti ad essa vi era un tavolino di cristallo con sotto un tappeto violetto.

- Wow è... bellissimo qui- si lasciò sfuggire, osservando estasiato ogni cosa.

- Cos'è, hai deciso di trasferirti qui?- domandò sarcastico l'altro.
In quel paio di minuti non aveva mai smesso di tenergli il polso, anche se si sentì incolpa per aver detto una cosa del genere. Mark era suscettibile e sensibile al tempo stesso, fece per scusarsi ma il biondo lo bloccò con una risata sorniona.

- In effetti questo posto è più bello e più grande. Quasi quasi... hey, un momento! Ma i miei dove sono?-

- A lavoro, penso-
Il biondo annuì e si accomodò sul divano, prendendo il telecomando e facendo zapping tra i canali. Intanto Jackson andò in cucina a prendere qualcosa da sgranocchiare e ritornò da Mark con un sacchetto di patatine.
Si buttò letteralmente a peso morto sul divano.

- Non ti fa male quella roba?- chiese Mark, continuando a giocherellare col telecomando e non degnando l'altro di uno sguardo.

- No... adoro le patatine... soprattutto queste qui con la paprika- biascicò tra un boccone e l'altro. Il biondo allungò una mano verso il sacchetto e ne prese un pugno.
Il moro lo guardò basito e un po' storto.

- Guarda che potevi anche chiedere- lo rimproverò.

- Non mi andava- scrollò le spalle l'altro. Dopo aver ingoiato si decise a parlare.

- Sai, è la prima volta che vengo qui. Di solito esco dalla mia stanza solo per andare in bagno- sorrise amaro.
Jackson abbassò lo sguardo e gli mise una mano sulla spalla.

- Io sono qui per aiutarti- disse soltanto.

- Come pensi di riuscire ad aiutarmi se non sei mai stato nelle mie condizioni? Nessuno vorrebbe mettersi nei miei panni, tutti mi evitano, persino le ragazze che i miei mi affidano. A volte mi chiedo perchè mai non ti sei lamentato come fanno tutti e hai deciso di compiere l'impresa del secolo-

- Credi che sia nato sicuro di me forse? Secondo te non mi sono mai guardato allo specchio e arreso al primo problema, alla prima difficoltà che avevo di fronte? Non sei l'unico, tienilo bene a mente. Tutti noi abbiamo momenti di debolezza, ma la forza sta nel superarli. Perchè i veri ostacoli sono proprio loro-
Jackson si avvicinò pericolosamente al volto impassibile di Mark. Più parlava, più si avvicinava, come se le cose che diceva lo attraessero.
E in fondo era così. Ogni fottuta volta che si mostrava debole ai suoi occhi gli veniva l'irrefrenabile impulso di consolarlo, abbracciarlo e magari sussurrargli parole di conforto. Parole che gli avrebbero fatto solo bene.

- Okay- disse con voce flebile l'altro.
Continuarono a guardare la televisione ancora per un po', indicando lo schermo e ridendo ai programmi-spazzatura che erano soliti trasmettere e facendo gli occhi a cuore davanti ai documentari di natura.
Luna era salita in braccio a Jackson, si stava sorbendo le carezze ininterrotte del padrone, quando anche Mark prese ad accarezzarla.
Nel farlo si avvicinò inevitabilmente al moro, ma non ci fece caso più di tanto. Le loro spalle si sfioravano e a volte anche le loro mani.
Al minimo contatto Mark allontanava la sua da quella di Jackson e voltava la testa dall'altro lato, visibilmente imbarazzato. Neanche lui si spiegava il motivo per cui si comportava in quel modo e se ne andava di testa soltanto a pensarci.
Intanto il tempo era migliorato, il sole compariva tra le nuvole, sbirciando il mondo e illuminandolo con i suoi caldi raggi. Il temporale era finito e al suo posto c'era solo quel piacevole odore di terra bagnata. Mark lo adorava.

- Posso chiederti una cosa?- fece ad un tratto Jackson. Il biondo annuì.

- Anche se non vai a scuola, tu continui a studiare no?-
Il biondo annuì nuovamente.

- Quindi... sei al passo con me- affermò l'altro.

- Ti va di venire a scuola con me?- domandò così, a bruciapelo. La richiesta spiazzò Mark, che gli lanciò un'occhiata accigliata e sorpresa.
Lo sguardo del moro era esitante, le labbra incurvate in un sorriso rassicurante e a renderlo schifosamente adorabile c'era Luna che si arrampicava cocciuta sulla sua felpa, ambendo alla spalla.
E ora che doveva rispondere? Si sentiva impreparato anche in questo?

- I-io...- fece insicuro. Jackson gli prese il braccio.

- E dai, starai nella mia stessa classe. Ci siederemo assieme e ti farò conoscere alcuni miei amici- partì a raffica.
Poi fece qualcosa che lasciò Mark ancora più interdetto: il classico aegyo. Aveva sentito che lo facevano i membri delle boyband.

- Ti preeego!- alterò il tono di voce e sfarfallò le ciglia. Il biondo strizzò gli occhi.

- Aaah e va bene, basta che la smetti!- borbottò, aprendo prima un occhio e poi l'altro.
Il moro urlettò eccitato e prese a saltellare per tutto il salotto, coinvolgendo Mark e risvegliando in lui la sua idiozia.
Nello stesso momento sua madre irruppe in casa, tornando evidentemente da lavoro. Rimase scioccata nel vedere il figlio lì, felice in un posto che non era il suo buco di stanza.

- Oh Dio Mark- disse con un filo di voce, per poi correre verso il ragazzo e stritolandolo in un abbraccio. Jackson guardava la scena felice ed era sempre più fiero di se stesso.

- Ehm io dovrei andare- annunciò super imbarazzato.

- Mark, ti aspetto a scuola- fu l'ultima cosa che gli disse, prima di fare un inchino e abbandonare l'abitazione.



***
annyeong! Ed eccomi qui con un altro capitolo (yeee *finto entusiasmo*). Per la razza del micio mi sono ispirata al mio, che è tanto tenerello u.u e uhm... spero che vi piaccia il modo in cui prosegue la storia :) baciiiiii _MartyK_ <3

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Aveva una settimana di tempo.
Una settimana per chiamare Jackson e dire che no, non se la sentiva proprio di stare improvvisamente a contatto con tipo cinquecento ragazzi della sua età; una settimana per metabolizzare la risposta positiva che aveva dato al ragazzo; una settimana per prepararsi al grande giorno.
Perchè alla fine in sette giorni non fece (con sua grande sorpresa, tra l'altro) nulla di tutto questo: aspettò e basta.
Riguardo ai progressi, beh era migliorato molto, questo è certo: non se ne stava più così tanto tempo rinchiuso in camera, guardava la Tv, studiava e chiacchierava di più in famiglia.
Non se lo spiegava come avesse fatto a cambiare in poco tempo, soprattutto non si spiegava come mai lui lo avesse aiutato tanto.
Era pur vero che se una persona gli stava antipatica a pelle la congedava senza fare troppe storie, eppure un po' si sentiva... incolpa.
Forse aveva capito male, forse anche le altre ragazze volevano aiutarlo e non ha dato loro il tempo di dimostrarglielo.



Sospirò e scosse la testa, non ce la faceva più a pensare, aveva la mente in panne e di certo non aveva intenzione di rovinarsela prima della scuola. Il giorno dopo Jackson sarebbe passato da casa sua per accompagnarlo, era un tantino nervoso.
A cena mangiò molto lentamente, giocherellava con la forchetta e sbuffava di tanto in tanto. Sia chiaro, per 'chiacchiere in famiglia' si intende dire che Mark chiacchierava con la madre e non degnava di uno sguardo il padre.
Lo odiava ancora, d'altronde è stata colpa sua se era finito in condizioni pietose. E la cosa che più gli faceva male era vedere che l'uomo stava a testa bassa, in segno di colpevolezza. Per una volta avrebbe voluto sbagliarsi, avrebbe voluto sentire le sue urla e magari ricevere anche un ceffone, ma non successe.
Raymond sapeva di aver sbagliato con il figlio, non l'avrebbe mai ammesso ma i fatti parlavano chiaro.

- Tesoro cosa c'è? Non hai toccato cibo, il polpettone non ti piace?- chiese apprensiva Simone, posando una mano su quella del figlio.
Mark prontamente si scostò da lei, facendo una smorfia e portandosi la forchetta alla bocca.

- Tranquilla cara, è buonissimo come al tuo solito- rispose il padre. Il biondo gli lanciò un'occhiata gelida: come cavolo si era permesso a rispondere al posto suo?!
La domanda non era rivolta a lui, lo stava facendo apposta?

- Sono un po' in ansia, tutto qui- disse soltanto.

- Ah non devi! Sei così bravo, e poi adori le materie scientifiche, perchè dovresti preoccuparti?- sorrise la donna. C
ome non detto, sua mamma ancora non lo capiva.
Ovvio che non poteva leggergli nel pensiero, però cavolo, il problema non era lo studio o i compiti, erano gli esseri umani!
Si alzò da tavola, sibilando con un filo di voce 'con permesso' e filò dritto in camera sua. Più che fame aveva sonno.
Prese l'uniforme poggiata graziosamente sul suo letto e la fissò per un paio di minuti: il giacchino era giallo e coi bordi neri, la camicia ovviamente bianca, la cravatta rosso porpora e il pantalone era del medesimo colore dei bordi. Scrollò le spalle e ripose l'indumento nell'armadio, per poi buttarsi a peso morto sul materasso e dormire a sogni tranquilli...






* * *






La mattina si svegliò di buon umore, dalla finestra entravano i raggi solari che riscaldavano la stanza e coccolavano il suo corpo ancora rotolato tra le coperte.
Mise i suoi inseparabili occhiali e andò in bagno a prepararsi, per poi scendere di corsa le scale e fare una veloce colazione. Non voleva essere in ritardo pure il primo giorno di scuola.
La madre lo avvisò dicendogli che Jackson si sarebbe presentato a casa alle otto in punto e Mark ebbe la voglia di urlare forte 'vaffanculo'.
Insomma, erano le sette e mezza e lui stava ancora lì, a chiacchierare e sgranocchiare qualcosa in cucina...
Bevve un bicchiere di latte freddo tutto d'un sorso, e con un biscotto al cioccolato tra i denti prese la cartella e biascicò alla madre un 'ci vediamo più tardi'.
Simone dal canto suo era felice come mai prima d'ora, non sentiva quelle parole da quasi una vita e beh... avrebbe ringraziato Jackson per tutto il resto dei suoi giorni.






- Buongiorno!- esclamò il moro tirando fuori un sorrisone che andava da una guancia all'altra. Mark richiuse la porta d'ingresso dietro di sè e abbozzò un mezzo sorriso. Poi il panico.
Sbiancò, non usciva da casa da... non se lo ricordava, o meglio, ricordava che un paio di anni fa fosse successa una certa cosa brutta al suo cagnolino Timmy, di conseguenza non è che avesse tutta 'sta voglia di uscire all'aria aperta.

- So che non esci spesso...- esordì sarcastico l'altro, porgendogli la mano. Mark guardò prima essa e poi la faccia da culo che si ritrovava.
Mise il broncio e afferrò la sua mano, standogli a distanza ravvicinata. Anche lui portava l'uniforme e dire che stesse benissimo era pure poco.
Deglutì a vuoto, fissandosi le scarpe.

- Che aspetti? L'autobus non resterà fermo qui per tutto il giorno, andiamo!- esclamò Jackson trascinandolo dentro il mezzo.
L'autobus pullulava di ragazzetti euforici e i due, tra spintoni e gomitate, andarono ad occupare i posti all'ultima fila.

- Non ci sono i tuoi amici?- fu la prima cosa che domandò Mark. Jackson scosse la testa.

- Hanno preferito andare a piedi- rispose vago. Troppo vago per i gusti del biondo.

- Com'è?-

- Cosa?- il moro si era distratto un attimo con cuffie e mp3.

- La scuola, insomma com'è? I prof sono bravi? I compagni sono gentili?-
Mark non sapeva cos'altro chiedergli. Era una sua impressione o Jackson era più freddo del solito? Sì, stava impazzendo.

- Come vuoi che sia? Un po' noiosa, i prof se la cavano e uhm... sì, sono tutti abbastanza carini. Sta' tranquillo ti piacerà- gli sorrise rassicurante.
Il biondo annuì e voltò lo sguardo verso il finestrino, pensieroso ed incredibilmente serio.



Evidentemente si era fatto troppi filmini mentali, perchè quella scuola non era un granchè. Appena mise piede dentro, sentì addosso lo sguardo di tutti.
Sì, forse lo fissavano perchè era una faccia nuova, però restava il fatto che a lui desse un madornale fastidio.
Ripose i libri nel suo armadietto e poi seguì Jackson, dato che avevano tutti i corsi in comune.
Attraversato un lungo corridoio, arrivarono in classe. Il moro aprì la porta e s'inchinò in segno di rispetto, presentando a tutti il nuovo alunno.

- Lui è Mark, un mio caro amico- disse tirando un sorriso forzato. Le ragazze aggrottarono le sopracciglia, lo squadrarono velocemente da capo a piedi e ritornarono a ciò che stavano facendo in precedenza. Stessa cosa per i ragazzi.
Qualcuno sussurrò all'orecchio del compagno di banco qualcosa e scoppiò a ridere.
Mark non ci fece molto caso, se la cavò con una scrollata di spalle e si sedette accanto al moro.
Quel giorno era più misantropo del solito, su una scala da uno a dieci... venti.







* * *







Le lezioni procedevano lentamente, c'erano alcuni prof che parlavano in modo così calmo e pacato che Mark per poco non si mise a dormire con la testa sul banco. Oddio, biologia era una delle sue materie preferite, ma quel tizio rendeva tutto un inferno. Il cambio dell'ora non durava manco due minuti, come se il prof dell'ora successiva si appostasse di proposito davanti alla porta.
Dopo tre ore estenuanti suonò la campanella della ricreazione. Sia lodato chiunque l'abbia inventata, la ricreazione.
Jackson scattò in piedi come una molla e si diresse assieme a Mark verso il cortile. Quest'ultimo era grande, l'erba era ben curata e c'erano delle panchine su cui sedersi e godersi quello scorcio di tempo che si aveva a disposizione, prima di riprendere con le lezioni.

- Non mi presenti i tuoi amici?- domandò ancora una volta Mark.
Jackson, che stava per sedersi, si tirò su e annuì grattandosi la nuca.

- Se non vuoi che li conosca dimmelo prima. So di essere un peso- precisò il biondo.

- N-no, non è questo.. vabbè andiamo dai-
Jackson scosse bruscamente la testa e andò in palestra, dove c'erano alcuni tizi che giocavano con non molto interesse a basket.
Il moro si avvicinò a loro e li salutò con il classico pugno, come gli americani.

- Ehm ragazzi lui è Mark, un mio amico- esordì.

- Mark, lui è Jaebum. Noi lo chiamiamo JB perchè fa più figo- ridacchiò. Il ragazzo in questione era alto, con delle spalle enormi e un visino dolce.
Il biondo gli porse la mano, ma lui non l'accettò.

- Ah, il pugno è meglio- sorrise l'altro. Dopo essersi salutati, Jackson continuò con le presentazioni.

- Il piccoletto è Bambam- disse indicando il ragazzo mingherlino che tentava disperatamente di fare canestro, fallendo ogni volta.

- Esiste davvero il nome Bambam?- domandò Mark storcendo il naso. Jackson e Jaebum si guardarono e sghignazzarono.

- Certo che no, è un altro soprannome. Il suo vero nome beh... non ce lo ricordiamo. Sai, lui è thailandese e ha un nome a dir poco impronunciabile- spiegò Jackson.
Poi si rivolse a Jaebum.

- Yugyeom dov'è? Sabato dobbiamo allenarci per la partita di pallavolo- disse. Mark si grattò il braccio imbarazzato.
Non seppe il perchè, ma si sentiva di troppo. Insomma, lì erano tutti amici, si conoscevano e lui... beh lui era arrivato in ritardo.

- Chi è Yugyeom?- provò ad intromettersi nella conversazione, anche se avrebbe desiderato non farlo. Non gli piaceva interrompere qualcuno mentre parlava.

- Vedi, noi siamo nella squadra di pallavolo e Yugyeom è il caposquadra, nonchè quello più forte-
Jackson si voltò verso Mark e rispose alla sua domanda con una breve occhiata di sufficienza. Quel giorno era strano, c'era qualcosa che non andava e glielo si leggeva in faccia. Persino Jaebum, o JB, come cavolo si chiamava lui, era più amichevole.

- Merito del suo metro e ottantadue e della sua voglia irrefrenabile di vittoria. Il tizio più competitivo che abbia mai conosciuto, credimi. E' disposto a picchiarti a sangue pur di non perdere manco una partita- scherzò. Mark sembrò pensarci un po' su alle parole del moro e poi scrollò le spalle, indifferente.
Le chiacchiere proseguirono ancora per un po', con Bambam che si unì al gruppetto.
In seguito il biondo scoprì dal diretto interessato che si chiamava Kunpimook e gli altri scoppiarono a ridere come due cretini non appena lo disse.

- Yah! Avevate promesso di non prendermi più in giro! Uffa, dovrò dire ai miei di farmi cambiare nome- sospirò imbronciato il più piccolo.
Le risate vennero interrotte dalla campanella, puntuale e imperterrita come sempre. Jackson mugolò qualcosa di incomprensibile e gli altri due si coprirono il volto con le mani.

- Che palle! Abbiamo matematica- sbuffò annoiato il moro.

- Noi invece abbiamo religione- risposero all'unisono gli altri due.

- E vi lamentate? Che coraggio, che barbaro coraggio!- esclamò Jackson con fare melodrammatico.
Dopo essersi salutati, lui e Mark entrarono nell'istituto, diretti in classe.
Prima però si fiondarono agli armadietti per prendere i libri della lezione. Quello di Jackson era una decina di armadietti più distante dal suo.
Fece per aprirlo, quando trovò un foglio di carta spiaccicato su di esso. Lo prese e lo lesse.


Mark Tuan è un coglione di merda.


Sgranò gli occhi come un cerbiatto impaurito e dischiuse la bocca. Stette immobile con quel foglio, fino a quando Jackson non gli si avvicinò curioso.

- Che succede?- domandò.
Il biondo nascose velocemente il foglio dietro la schiena e tirò un sorriso talmente forzato che sembrava una smorfia.

- Niente, tutto a posto-



***
oh ehm... annyeong! Chiedo solennemente scusa per il tremendo ritardo, tipo che non posto da una vita .-. ..... maaaaa ero troppo impegnata a guardare drama del cavolo che non avevo mai visto xD (okay, adoro Jang Keun Seok *_* ma dettagli. Dettagli inutili u.u). Qui iniziano i guai e questo è solo l'inizio ;) dite che Jackson lo aiuterà? (ovvio che s... spoiler XD) BAAAASTA MI DILEGUO, ADDIO E BACI A TUTTI _MartyK_ <3

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Erano passati due giorni da quando Mark aveva ricevuto quell'anonimo messaggio.
Due giorni di totale confusione e indecisione. Insomma, dirlo a Jackson oppure no?
Non voleva insospettirlo inutilmente, e se magari fosse stato qualche idiota che si divertiva a fare cazzate agli armadietti degli altri?
Anche se, a pensarci bene, non si era accorto di aver visto cose del genere sugli altri armadietti, solo il suo accoglieva puntualmente scritte poco educate.
La storia stava diventando sempre la stessa, finiva la ricreazione (o la pausa pranzo, a seconda degli intervalli) e c'erano i messaggini.
Si guardava intorno e alcuni ragazzi lo guardavano e ridevano. All'inizio credeva di essere pazzo, mica l'intera scuola poteva averla con lui, eppure la situazione stava andando avanti già da quarantotto ore.



Aveva appena varcato la soglia dell'ingresso scolastico, si strinse nel suo zaino e proseguì a passo svelto, aggiustandosi gli occhiali sul naso di tanto in tanto.
Era un gesto che faceva quando era nervoso o imbarazzato.
Quel giorno aveva detto a Jackson di voler andare a scuola da solo, senza che dovesse essere accompagnato per forza da lui. Un miracolo, può pensare chiunque conoscesse almeno un po' la sua storia. E invece no.
Fece per aprire il suo dannato armadietto, quando lo trovò tapezzato di fogli e pezzi di chewing-gum masticate.
Doveva ammetterlo, c'era scritto di tutto lì.

Frocio. Emo. Depresso. Ammazzati. Fai schifo. Secchione di merda. Tagliati. Muori.

La lista era così lunga che avrebbe continuato fino alla mattina del giorno dopo. Seriamente, quel coso era irriconoscibile: da rosso che era si ritrovava bianco candido. Non erano le solite scritte, i soliti insulti, era peggio. Forse quel giorno avevano superato il limite.
Strinse le mani in pugni fino a sbiancare le nocche e abbassò il capo. Le lacrime minacciavano di scendere e solcare il suo pallido viso, fece di tutto per trattenerle.
Non voleva dar loro anche questa soddisfazione.
Strappò via tutte le carte e tutte le chewing-gum spiaccicate sulla superficie liscia dell'armadietto. Le buttò a terra, le pestò e ci sputò sopra, imprecando in qualche lingua sconosciuta e lasciandosi scappare qualche ringhio di rabbia. Era incazzato nero.
In corridoio c'era un silenzio tombale anche se pullulava di gente. Sapeva di essere osservato.
D'un tratto si sentì prendere per i capelli e gemette per il dolore.
Provò ad urlare e chiedere aiuto, ci provò davvero, ma qualcuno glielo impedì tappandogli la bocca con una mano.

- Quindi ti credi così importante da ignorare le mie opinioni su di te, eh- esordì una voce chiaramente sarcastica. Delle risate fastidiosissime rimbombarono nelle orecchie di Mark.

- Tuan, permettiti un'altra volta di fare 'ste scenate davanti a tutti e me la pagherai cara!- esclamò la stessa voce.
Il ragazzo lo prese per le spalle e lo fece voltare verso di lui. Finalmente il biondo ebbe il piacere di vedere la faccia dello stronzo che gli dava tanta noia.
Alto, molto alto, i capelli mossi e arruffati si avvicinavano ad un colore simile al biondo scuro, lo sguardo malvagio e perennemente incazzato, le spalle grandi due volte quelle di Jaebum e una canottiera con su scritto il numero 10.
Era circondato da altri tre ragazzi, tutti della stessa altezza. Sembravano i Men in Black.
Mark gli lanciò un'occhiataccia delle sue, con tanto di 'non rompermi le palle'. Beh, molto coraggioso da parte sua, il problema è che ciò scatenò la furia terribile di quei quattro idioti.
Il ragazzo che aveva di fronte spostò le mani dalle spalle al colletto della camicia, lo tirò su e quasi lo sollevò da terra. Gli si avvicinò pericolosamente e ringhiò.

- Che cazzo hai detto?- sibilò a denti stretti.

- Non devi rompermi le palle- ripetè freddo il biondo.
E fu a quel punto che ricevette un pugno in pieno viso. Mark urlò dal dolore e portò automaticamente le mani sul viso.
Un altro tizio gli tirò due pugni alle tempie, stordendolo. Cadde a terra come una pera cotta, in ginocchio.
Tutti e quattro iniziarono col tirargli calci ovunque, chi alle costole, chi all'addome e chi addirittura alla nuca. Dove cazzo era Jackson quando serviva?!
Continuarono così per cinque minuti buoni, i più orrendi della sua vita. Intanto si era pure formato un capannello di persone alle loro spalle, tutti a guardare in silenzio la scena.
Non volava una mosca e anzi, qualcuno faceva il video per poi postarlo sui social. Evidentemente non avevano ancora l'intenzione di commettere un omicidio in un luogo pubblico, perchè appena si resero conto di averlo massacrato abbastanza, si allontanarono come se niente fosse, sebbene le loro maglie fossero sporche di sangue. Mark tenne spalancate le palpebre ancora per poco, giusto il tempo necessario per vedere chi erano. I loro nomi erano scritti dietro le canottiere che indossavano.
La vista era confusa e appannata, nella rissa aveva perso gli occhiali, ma un nome riuscì a leggerlo perfettamente: Yugyeom.






* * *







Quando riaprì gli occhi si trovava in infermeria, disteso su un minuscolo letto. Sbattè velocemente le palpebre e guardò a destra e a sinistra.
Si tirò su ma cadde all'indietro con la testa sul cuscino. Era troppo debole e tutto intorno a lui girava.

- Rilassati, sei ancora sotto shock- disse quella che avrebbe dovuto essere la voce dell'infermiera. In effetti la sua voce era melodiosa e rilassante, adorava le donne così. Sbuffò e sospirò, coricandosi su di un fianco.

- Come sono finito qui?- domandò, più a se stesso che all'unica persona presente in quella stanza.

- Un ragazzo ti ha trovato svenuto per terra e ti ha portato qui da me- rispose come un'automa l'altra. Mark sgranò gli occhi all'inverosimile.

- Un ragazzo? Chi? Sa per caso il suo nome?-
Il suo pensiero andò direttamente a Jackson.

- Uhm non mi ricordo... Jay, Jack, qualcosa del genere. Sai, ogni giorno vengono un sacco di ragazzi qui. Chi per saltare le lezioni, chi per la febbre eccetera- ridacchiò la donna.

- E' Jackson?- provò il biondo.

- Sì esatto! Jackson!-
Si mise una mano in fronte e borbottò qualcosa di incomprensibile, di sicuro non complimenti. Nello sfiorare il naso si lasciò sfuggire un gemito di dolore.
L'infermiera si voltò verso di lui.

- Oh non toccare, è rotto! Dopo i tuoi genitori dovranno portarti all'ospedale- spiegò.
Perfetto, un barlume di speranza si era fatto strada nel suo cuore, fino a ricoprirlo e cancellare tutto ciò che di sbagliato c'era in lui, e un'altra volta si ritrovava al punto di partenza. Il mondo non era un bel posto, in quei due anni era rimasto il solito schifo galattico.
I sogni erano più belli, la fantascienza era più bella, peccato che non esistevano. Di conseguenza la felicità non esisteva.
Voleva andarsene, un magone salì e torturò la sua gola. Aveva l'irrefrenabile voglia di chiudersi in camera sua e non uscire mai più.
Poteva pure morirci, a lui non avrebbe fregato un cavolo.





Non seppe da quante ore stava in camera sua, sotto il piumone. Verso le undici era andato con i suoi in ospedale a farsi medicare per bene, Simone gli aveva chiesto cosa fosse successo e se l'era cavata con un 'sono inciampato e sono caduto dalle scale'.
Per fortuna o sfortuna i suoi se la bevvero, eppure in quella scuola all'ingresso non c'erano scale, nè doveva farle per andare in classe.
Si era rifiutato di pranzare ed era filato direttamente in quel buco di stanza. Di Jackson nessuna traccia.
Stava accarezzando il pelo morbido del suo peluche preferito, quando sentì bussare alla porta.
Sbuffò, di sicuro era sua madre che voleva sapere come mai fosse cambiato di punto in bianco.

- Non voglio parlare con nessuno!- urlò da sotto le coperte, la voce era ovattata e dall'altra parte della porta si poteva capire poco e niente.

- Mark, sono Jackson. Apri per favore-
Soltanto a sentire il nome di quello gli salì la bile in gola. Dio, se lo odiava.
Com'è che si faceva vivo sempre nei momenti più inopportuni?!

- Vaffanculo!- esclamò, questa volta facendo sì che la voce si sentisse forte e chiara.

- E dai muoviti ad aprirmi. Devo parlarti- provò il moro, senza ottenere risultati soddisfacenti.

- Devo sfondare la porta? Apri-
Il biondo scese dal letto e mise un orecchio attaccato alla porta, mordendosi esitante il labbro inferiore.

- Te ne puoi anche andare, non ho bisogno di te e ah, dimenticavo... in quella scuola di merda non ci metterò più piede!- disse.
Jackson stette zitto, ascoltando attentamente le parole del ragazzo. La voce era molto vicina, segno che stava a pochi centimetri di distanza da lui.
Sospirò e si accasciò a terra, portando le gambe al petto e circondandole con le braccia. Mark fece inconsapevolmente la stessa cosa.
La porta era davvero l'unico ostacolo che li divideva, altrimenti era come se stessero schiena contro schiena.

- Sei ancora qui, vero?- chiese il moro a bassa voce, quasi in un sussurro. Mark non rispose. Poggiò la testa sulle ginocchia e chiuse gli occhi.

- Se non mi apri aspetterò qui tutto il giorno, anche a costo di dormire seduto- affermò imbronciato. Dall'altra parte non si sentì ancora nulla.
Jackson cominciò ad innervosirsi.

- Mark Yien Tuan, prova a tenermi il muso ancora per molto e ti...- venne interrotto dalla porta spalancata e si ritrovò immediatamente sdraiato a terra, con il volto di Mark che l'osservava curioso.
Sgranò gli occhi e dischiuse la bocca, cercando le parole giuste per formulare una frase di senso compiuto.

- Che hai fatto al naso?- domandò indicandoglielo col braccio alzato verso di lui. In risposta ricevette una scrollata di spalle.

- Non te lo ricordi? Eppure mi hanno detto che sei stato tu a portarmi in infermeria- borbottò roteando gli occhi al cielo.
Jackson tirò un sorriso imbarazzato, per poi tirarsi su e incrociare il suo sguardo.

- Già. Devo ammetterlo sei pesante pur dimostrando di pesare trenta chili scarsi- ridacchiò.
Mark invece non rideva, se ne stava a braccia conserte con una smorfia di disappunto.

- Mi hai preso in braccio?- chiese assottigliando gli occhi. Jackson annuì come se fosse ovvio.
Fece per entrare in camera ma il biondo glielo impedì pestandogli un piede. I loro visi erano vicinissimi, gli aliti si mischiavano e gli occhi si scrutavano a vicenda.
In un altro momento Mark sarebbe sicuramente arrossito, ma in quello se ne stava impassibile.

- M-mi fai entrare?- ora era Jackson quello in imbarazzo. La mente di Mark stava facendo i salti di gioia senza un vero perchè.
Tolse il piede da quello del ragazzo e lasciò libero il passaggio. Mark andò a buttarsi a peso morto sul letto e si rotolò tra le coperte, standosene a pancia in giù.
Jackson si sedette sul materasso, in cerca di spiegazioni.

- Puoi prendere per il culo i tuoi genitori quanto vuoi, ma a me no, quindi dimmi chi ti ha fatto quella cosa sul volto- esordì indicando il livido violaceo che si era andato a formare intorno all'occhio destro.
Il biondo abbassò lo sguardo e ritornò con la testa sul cuscino.

- No no no, tu mi rispondi e basta- continuò cocciuto l'altro, stavolta prendendolo per le spalle e passando un pollice sulla sua guancia.
Mark deglutì a vuoto, fissando i suoi occhi nocciola. Il fatto è che non voleva fissarli, voleva distogliere il suo sguardo ma non ci riuscì.
Il viso del moro era troppo vicino al suo.

- Non me lo ricordo... erano quattro persone e mi stavano ammazzando- bofonchiò. Jackson alzò un sopracciglio.

- Quindi mi stai dicendo che hai altri lividi?-
Mark fece per rispondere ma venne preceduto.

- Levati il pigiama-

- Eh?!-

- Levati il pigiama. Voglio vedere dove ti hanno fatto male- precisò l'altro.
Con uno sbuffo, il biondo cedette e si levò la parte superiore del pigiama, mostrando un petto glabro e poco scolpito.
Solo in quel momento si rese conto di essere troppo magro.
Aveva lividi e taglietti ovunque: al petto, alle costole, all'addome. Perfino al basso ventre.
Jackson passò l'indice su un livido all'altezza del petto, sfiorandoglielo lentamente. Mark sussultò al contatto e gli venne la pelle d'oca, la mano di Jackson era ghiacciata. Si morse il labbro inferiore, trattenendo il respiro.
Il moro alzò lo sguardo.

- Ti fa male?- chiese. Mark annuì.
Jackson si avvicinò al petto del ragazzo, fin troppo per i gusti dell'altro e poggiò le labbra proprio dov'era il livido.

- Che stai facendo?- il viso di Mark era bordeaux.

- Così ti passa la bua- fece l'altro.

- Ma sei scemo? Non ho tre anni!-

- Smettila...- il moro continuò, baciando e sfiorando tutti i lembi di pelle con lividi. A Mark quasi piacque, si stava rilassando.
E le labbra di Jackson erano morbide e umide.

- Fai così con tutti quelli che si rinchiudono in camera per anni?- domandò sarcastico. Jackson posò l'ennesima volta gli occhi su quelli dell'altro.

- No, questo trattamento è riservato solo a te- sghignazzò.

Dopo aver medicato le ferite di Mark, il moro disse che poteva tranquillamente rivestirsi. Stettero senza dire una parola per un po', imbarazzati.

- Senti... ti va di venire in discoteca domani sera?-



***
annyeong! Marty ritorna di nuovo xD ed ecco che ora si sa chi è il bulletto che massacra Mark, ma credetemi che sotto sotto ha un motivo - un po' infantile, ma c'è -. Se dovessi dare un titolo al capitolo probabilmente sarebbe 'Le richieste idiote di Jackson Wang' solo per l'ultima parte XD cooomunque spero che anche questo coso vi piaccia e uhm... credo che scomparirò come al mio solito, quindi adiosssss baci _MartyK_ <3

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


- Senti... ti va di venire in discoteca con me domani sera?-
Mark sgranò gli occhi e aggrottò le sopracciglia, cosa avevano appena sentito le sue orecchie?! Discoteca? No, neanche per sogno.
Era misantropo fino al midollo e in più, dopo l'episodio della mattina, si era rifiutato categoricamente di incontrare altra gente all'infuori di Jackson.

- I-io non so se sia il caso...- borbottò grattandosi la nuca, imbarazzato. Il moro gli prese le mani e gliele strinse, come a voler infondergli fiducia.

- Porto solo qualche conoscente, niente di che- insistette. Mark scosse la testa e abbassò lo sguardo. Jackson sbuffò.

- Oh e allora... saremo solo io e te, promesso-
Il biondo alzò gli occhi e incrociò quelli del moro. Stava parlando sul serio?

- Me lo prometti?-

- Parola d'onore- Jackson rise e mostrò il mignolo. Mark guardò prima il suo viso e poi il dito. Si arrese.

- E va bene- abbozzò un sorriso e intrecciò il suo mignolo con quello del ragazzo, proprio come facevano i bambini.
Jackson sospirò e gonfiò le guance, agitando le gambe. Il biondo dal canto suo intuì che l'ennesima conversazione era terminata così, senza un motivo ben preciso. Eppure sentiva come se mancasse qualcosa...

- Davvero non ti ricordi chi ti ha fatto quelle cose?- il moro lo prese in contropiede. Mark sussultò leggermente a quella domanda, trattenendo il respiro per un secondo. Se non sapeva come rispondergli riguardo la discoteca, di sicuro questo era un dilemma.
Doveva trovare una via d'uscita e alla svelta, perchè 1) non voleva farlo preoccupare;
2) se avesse detto che era stato Yugyeom e la sua banda la situazione sarebbe peggiorata di gran lunga e 3) Sabato doveva allenarsi per la partita di pallavolo, anche se non ci capiva un tubo di sport sapeva quanto fosse importante il gioco di squadra, non voleva mettergli i bastoni tra le ruote.

- Perchè dovrei ricordarmi? Nemmeno li conosco- cercò di essere più vago e disinvolto possibile.
Jackson assottigliò gli occhi e storse il naso, avvicinandosi impercettibilmente al suo viso. Mark invece indietreggiò.

- Okay- il moro scrollò le spalle e si alzò dal letto, facendo per uscire dalla camera.

- Jackson aspetta!- Mark lo bloccò prendendolo per il polso. Il ragazzo si voltò verso di lui con un'espressione interrogativa.

- Io volevo... ecco, volevo ringraziarti. Per tutto quello che stai facendo per me- bofonchiò l'altro strizzando gli occhi e parlando velocemente.

- Tranquillo, non faccio nu...- Jackson venne nuovamente bloccato, stavolta con più dolcezza.
Il biondo gli si fiondò addosso, allacciando le braccia al suo collo e stringendolo forte a sè.
Jackson si sentì preso alla sprovvista, insomma, non è che si aspettasse così presto un abbraccio da parte di Mark. Secondo i suoi calcoli ci sarebbero voluti almeno tre mesi, e invece eccolo lì, avvinghiato al suo collo a mo' di koala con l'intenzione di non lasciarlo andare.
La matematica si sbagliava, ed era felice.
Pian piano ricambiò l'abbraccio, posando delicatamente le mani sulla sua schiena e massaggiandogliela. Mark aveva un'espressione triste in volto.
Non l'aveva fatto perchè si sentiva di farlo o cose del genere, il fatto è che non voleva perderlo.
Si stava affezionando a lui in un modo incredibile, forse perchè era la prima persona a prendersi cura di lui e a farlo entrare nel suo mondo.
In qualche modo doveva pur ricambiare. Doveva soffrire altri due o tre giorni, almeno fino a sabato e poi gli avrebbe detto la verità.

- Devo andare- annunciò il moro sciogliendo l'abbraccio. Mark annuì.

- Allora a domani-
Il biondo alzò la mano in segno di saluto e guardò Jackson allontanarsi sempre di più da lui, fino a quando non chiuse la porta.
I passi che percorrevano le scale furono l'ultima cosa che sentì di Jackson.







* * *








La fatidica sera non tardò ad arrivare, Mark era impegnato a scegliere l'outfit per la grande occasione.
Com'è che ci si vestiva per andare in un luogo chiuso dove si ballava e ci si ubriacava fino a vomitare?
Passò una mano sui suoi capelli, scompigliandoli leggermente.
Aprì l'armadio e cominciò a tirar fuori alcune T-shirt e dei jeans. Fece una smorfia: odiava le magliette. I maglioni erano caldi, morbidi e coccolosi, perchè non erano adatti?!
A malincuore scelse di indossare un jeans strappato e una maglietta col teschio, il tutto abbinato a delle sneakers che gli avevano regalato per il compleanno.
La madre gli aveva detto che Jackson si sarebbe presentato a casa loro a momenti, per cui doveva sbrigarsi.

- Mark posso entrare?- riconobbe la voce del ragazzo, non fece neanche in tempo a rispondere che l'altro spalancò la porta ed entrò in camera sua con assoluta nonchalance.
Il biondo deglutì alla vista di Jackson, cioè, era a dir poco bellissimo. Così bello che non esistevano parole per descriverlo.
La maglietta nera era larga e arrivava fino alle ginocchia, mostrando dei jeans in pelle attillati.
Lui invece non era messo bene: aveva appena messo i pantaloni e stava quasi per mettersi la maglia.

- Non vergognarti, siamo tra maschi- ridacchiò l'altro. Mark sbuffò e cercò di non pensarci, facendo come se non ci fosse nessuno.

- Vieni con quello?- Jackson indicò il livido all'occhio. Il biondo scrollò le spalle.

- Se fossi venuto in tempo non mi sarebbe successo nulla- borbottò imbronciato. Jackson roteò gli occhi al cielo.

- Metti un po' di fondotinta-

- Che?! Ma è roba per femmine!-

- Come sei pesante... vieni qui- il moro lo prese per il braccio e lo trascinò in bagno.
Frugò nella cesta dei cosmetici, alla ricerca di quell'aggeggio che faceva sembrare la faccia delle ragazze uguale a quella delle Barbie.
Quando lo trovò, ne mise un po' su una mano e cominciò a spalmarla attorno all'occhio di Mark.

- So fare anche da solo, grazie- fece sarcastico.

- Sta' un po' zitto, sto lavorando- rispose a tono l'altro. Il suo viso era talmente vicino a quello di Mark che inevitabilmente si leccò le labbra.
Non era soltanto un gesto che faceva quando era imbarazzato, quel ragazzo lo tentava e non poco. Qualsiasi cosa era bella in Mark, e non riusciva a spiegarsi come mai l'unico a non crederci fosse proprio il diretto interessato.
Ma lasciando stare l'aspetto fisico, era lui a piacergli. Da un po' di tempo si era accorto che ogni cosa era più bella e più divertente assieme a Mark.

- Fatto- si staccò dal biondo con un sorrisino soddisfatto a dipingergli il volto. Il ragazzo si avvicinò allo specchio, indossando gli occhiali.

- Wow è come nuovo!-

- Sì, però... levati questi- Jackson gli tolse gli occhiali e li posò sul lavandino.

- Sei più carino senza- abbozzò un sorriso.
Mark dal canto suo sentì le sue guance andare a fuoco.

- Non vedo nulla- si lamentò.

- Esistono le lenti a contatto- Il biondo sbuffò. Le aveva, solo che non se l'era mai messe prima.
Stava a posto con gli occhiali, certo, sembrava un po' secchione, ma si sentiva bene. Perchè era venuto fuori che stesse male con quelli?



Dopo essersi preparati, i due si diressero in salotto e salutarono i genitori di Mark, uscendo di casa.

- Hai una moto?- il biondo era basito. Jackson annuì.

- Non venivi a piedi?-

- La discoteca è troppo lontana- ridacchiò il moro. Mise il casco e porse l'altro al ragazzo.

- Salta su!-







* * *








Erano le undici e mezza di sera, lì dentro faceva un caldo bestiale e tutta quella gente che ballava a ritmo di musica come fosse ipnotizzata gli stava dando sui nervi. Jackson era andato un attimo a parlare con dei tizi, probabilmente conoscenti. Aveva dimenticato di avere la fortuna di conoscere il ragazzo più popolare del mondo. Perchè sì, ovunque andasse Jackson aveva sempre gente con cui scambiare quattro chiacchiere.
Si avvicinò al bancone dei drink e ordinò un alcolico. Era astemio, ma voleva fregarsene una volta per tutte.
Bevve la roba bluastra tutta d'un sorso, pentendosene l'attimo dopo. Il sapore era a dir poco disgustoso e in più la gola gli pizzicava da morire.
Il barista aveva appena tentato di ucciderlo o cosa?!
Bevve altri due bicchieri di quella roba, il risultato era sempre lo stesso. Jackson non si faceva ancora vivo, aveva voglia di prenderlo a pugni.
Il sapore del drink divenne più piacevole, anzi, sapeva quasi di acqua.
Vide una testa nera farsi spazio tra gli zombie e avvicinarsi a lui. Tirò un sorriso da ebete.

- Mark che stai combinando?- lo ammonì quella che sembrò essere la voce di Jackson.

- Cos'è, ti ricordi di me dopo mezz'ora?- il biondo mantenne quel suo sorriso inquietante.

- Vedo che sei già brillo, andiamo- Jackson lo prese per il braccio e lo trascinò fino alla pista. Mark tentò di dimenarsi come poteva, senza grandi risultati.
La musica era alta e spaccava i timpani, i due ragazzi si ritrovarono immediatamente immersi nella folla, schiacciati l'uno contro l'altro.
Tra spintoni e gomitate, Mark prese a ballare sensualmente addosso al corpo di Jackson.
Rideva come un cretino e cantava a squarciagola le canzoni che mixava il DJ.
Posò il palmo della mano sul petto del moro, accarezzando la spalla e scendendo giù con estrema lentezza, percorrendo il pettorale e il fianco destro.
La maglietta era d'intralcio, aveva una voglia matta di togliergliela e sfiorare la sua pelle liscia.
Jackson era immobile, non sapeva che fare. E anzi, quel Mark così spavaldo e malizioso lo spaventava parecchio.
Sapeva che si stava comportando in quel modo solo perchè era ubriaco fradicio, però... era dannatamente sexy. Ed era proprio questo a spaventarlo.
D'un tratto il biondo si avvicinò pericolosamente alle sue labbra, osservandole con sguardo peccaminoso.
Con la mano risalì su, dal fianco fino al collo, che sfiorò delicatamente, come il fruscio del vento autunnale che accarezza la pelle. A Jackson stava venendo il solletico. Mark si morse a sangue il labbro inferiore e aderì perfettamente il suo bacino a quello del ragazzo, prendendogli una mano e posizionandola sul suo fianco sinistro. Inclinò a un lato la testa e chiuse gli occhi, stava quasi per baciarlo ma Jackson lo fermò allontanandosi bruscamente.

- Mark, andiamocene. Non sai quello che fai- e lo disse con la voce un po' incrinata. In realtà non era sua intenzione interrompere ciò che il biondo stava facendo, anzi, gli piaceva un casino.
Piuttosto, era la condizione in cui stava facendo quelle cose che lo rattristava.
A malincuore prese il braccio di Mark e lo trascinò con sè via dal locale, quasi strattonandolo a causa delle sue lamentele e dei suoi schiamazzi.
Una volta fuori di lì, dovette solo guardarsi intorno e ritrovare la sua moto parcheggiata.
Controllò a destra e a manca, tenendo ben salda la presa al braccio del biondo e facendo gli slalom tra le auto che sfrecciavano ad alta velocità.
Mark intanto parlottava e imprecava a bassa voce.

- Sei un idiota- si sentì dire. Puntò lo sguardo su quello del ragazzo e alzò un sopracciglio.

- Eh?-

- Che dico, non sei un idiota, sei un coglione completo! Non ti accorgi delle persone che ti vogliono bene? Dai retta solo a quei cretini della pallavolo?- il labbro di Mark tremolava e Jackson era sempre più confuso.

- Che stai dicendo?-

- Io mi sono affezionato un sacco a te, sei la prima persona a cui voglio davvero bene e per cui farei qualsiasi cosa. Però tu... tu non lo capisci!- urlò l'altro staccandosi dalla presa del moro.

- Stai delirando-

- Non sono pazzo! Perchè non mi hai baciato, eh?-

- Mark, io...- Il biondo sventolò una mano davanti ai suoi occhi, ridacchiando nervoso.

- Ah, ho capito. Non sei gay, ti piacciono quelle con tette e culo- ammiccò. Jackson dischiuse la bocca, facendo per parlare ma bloccandosi un secondo dopo.
Quella conversazione non aveva alcun senso.

- Sei ubriaco, potresti pentirti di quello che fai- disse e incrociò le braccia al petto. Mark assottigliò gli occhi.

- Jackson, tu mi piaci. E mi piaci davvero tanto, perchè dovrei pentirmi di questo?-
Abbassò lo sguardo e tirò su col naso, segno che aveva iniziato a piangere. Il moro provò ad avvicinarsi a lui, ma venne respinto.

- Io non ti piaccio?- domandò con voce piccola, il viso rigato dalle lacrime. Jackson serrò la mascella.

- Rispondi alla mia domanda: ti piaccio?- ripetè cocciuto l'altro. Jackson non rispose, si fece più vicino a lui e fissò le sue labbra con sguardo esitante.
Mark gli prese il viso, provò a baciarlo ma vedeva tutto sfocato: la zona in cui si erano fermati era poco illuminata.
Fissò un punto a caso del suo volto, sembrava la bocca, così gli si avvicinò e baciò quello che si rivelò essere il mento.
Jackson rimase impassibile, con le mani bloccate ai polsi del ragazzo. Egli fece per risalire verso le labbra, ma l'altro lo allontanò per l'ennesima volta.

- N-non posso. No, non posso. Ti accompagno a casa- disse soltanto e lo costrinse a salire sulla sua moto, sfrecciando verso la sua abitazione.


La madre di Mark era ancora sveglia, osservò confusa la scena e chiese cos'era successo. Jackson rispose che non doveva preoccuparsi e filò in camera da letto assieme al ragazzo. Era talmente sbronzo che si era messo a dormire, così lo spogliò e gli mise il pigiama, rimboccandogli le coperte.
Osservò un'ultima volta il suo viso assonnato, prima di andarsene.

- Mi dispiace, non posso farti questo. Non quando tu sei ubriaco- sussurrò al suo orecchio, baciandogli la guancia.


***
Oh ehm... annyeong gente! Allora, chiedo solennemente scusa per l'immenso ritardo (tipo una ventina di giorni... ma quando mai?!). Non preoccupatevi, queste assenze così lunghe non si ripeteranno più, posterò i prossimi capitoli in modo più regolare, state tranquilli (sì ma chi si preoccupa?). E boh, Jackie è un ragazzo responsabile, non si sognerebbe nemmeno di approfittare di Markie ubriaco u.u credo di dover andare, un bacio a tutti!! _MartyK_ <3

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Jackson non era il tipo che si preoccupava delle conseguenze di un'azione; gli piaceva agire d'impulso, lo faceva sentire più umano.
Eppure quella notte, appena tornato a casa, non fece altro che rimuginare su ciò che aveva detto a Mark e a pensare a come approcciarsi a lui il giorno seguente. Si sentiva tremendamente imbarazzato, pur non avendo combinato nulla infondo. Alla fine, era Mark quello ubriaco.
E allora perchè cavolo non riusciva a dormire?
Sbuffò irritato e si coricò su di un fianco. Allungò un braccio verso il comodino e prese il cellulare per controllare l'ora: le 2:07 del mattino. Perfetto.
E lui non aveva ancora chiuso occhio.
Si levò le coperte di dosso, sentiva caldo. Provò a chiudere gli occhi e a pensare al nulla, ma ciò non era possibile. La mente umana non può pensare a niente.
La prima immagine che attraversò il suo cervello fu il viso del biondo a due millimetri dal suo. Potè quasi sentire il corpo dell'altro spiaccicato volontariamente contro il suo, la mano posata delicatamente sul suo collo e le labbra sfiorare le sue. Spalancò gli occhi e si tirò su a sedere.
Stava decisamente impazzendo, quello non era un bacio, che gliene importava?!
Trattenne il respiro per una decina di secondi, senza accorgersene, e poi espirò pesantemente. Aveva bisogno di una camomilla o non si sarebbe più ripreso.







* * *









La notte di Mark non fu certo meglio. Passò gran parte del suo tempo con la testa nella tazza del cesso a vomitare litri e litri di alcolici e succhi gastrici del suo stomaco. Di lì a poco i suoi occhi sarebbero usciti fuori dalle orbite e avrebbe vomitato pure il cuore.
Quando riuscì a chiudere gli occhi erano le sei e il sole stava per sorgere. Non sognò nulla, o meglio, forse sognò qualcosa, ma era un qualcosa di molto lontano e sfocato; come un eco che si espande per tutta la foresta e poi scompare nel nulla, lasciando quello strano senso di vuoto. Lui il senso di vuoto se lo sentiva solo nello stomaco.
Si svegliò verso le dieci e mezza, la madre gli aveva lasciato il vassoio con la colazione sul comodino e c'era anche un bigliettino. Indossò gli occhiali, prese il foglietto e lesse il contenuto.

Mangia tutto e riprenditi presto. Ti voglio bene. Mamma.

Strizzò gli occhi e tirò la testa all'indietro, buttandosi a peso morto sul letto. Jackson non aveva avuto una bella idea e la sbornia non gli sarebbe passata di certo in fretta. Quantomeno era lucido.
Controvoglia prese una fetta biscottata alla marmellata e ne assaggiò un pezzo. Si leccò le labbra famelico: era alla fragola, la sua preferita.
Continuò a strafogarsi di dolci e bevve un sorso di succo di frutta di tanto in tanto, quando il suo cellulare vibrò. Era Jackson.

- Pronto?- biascicò con la bocca piena di cibo.

- Mark- Jackson esitò un attimo. Un attimo che a Mark parve un'ora.

- Come ti senti?- si decise a chiedere.

- Uhm non so... maluccio, tu?-

- Ah. Anch'io, stanotte ho dormito pochissimo-

- Io ho passato la notte a vomitare, pensa un po'. A proposito, come sta andando l'allenamento?-
Jackson si sentì preso in contropiede. Non che fosse una domanda inopportuna, solo che non se l'aspettava. Aspettò un po' prima di rispondere.

- Abbastanza bene- Mark annuì, come se l'altro potesse vederlo.

- Senti, so che non è proprio un buon momento, dato che stai a scuola, però potresti dirmi se ieri ho fatto qualcosa di imbarazzante o idiota?-
La fatidica domanda arrivò potente al suo orecchio come uno tsunami. Che gli doveva rispondere?
Il moro rimase con il cellulare a mezz'aria e lo sguardo perso nel vuoto. Mai era stato così codardo in tutta la sua vita, mai.
Aveva una voglia matta di chiudergli il telefono in faccia, troncare i ponti e scappare in Madagascar.

- Jackson ci sei? Se n'è andata la linea?- nel frattempo il biondo era impaziente dall'altro capo del telefono.

- Oh ehm no! Non hai fatto nulla, credimi. Eri solo un po' su di giri- ridacchiò nervoso lui.

- Sei sicuro? Guarda che semmai avessi fatto qualcosa me ne pento solennemente. Ero in uno stato pietoso- continuò l'altro.
Jackson serrò la mascella e chiuse gli occhi. Seriamente, non aveva più la forza di sentire un'altra parola pronunciata da Mark.
Perchè insisteva ancora? Perchè non lo lasciava in pace?
Doveva allenarsi per la partita e il fatto che avesse un paio di occhiaie così violacee da farlo sembrare un panda del WWF non è che aiutasse tanto.

- Ho detto che devi stare tranquillo, okay? Adesso devo tornare in palestra, gli altri mi stanno cercando- mentì.
Non lo stava cercando nessuno, i compagni erano ancora nello spogliatoio a prendersi un minuto di pausa.

- Va bene. Hey un'ultima cosa! Quand'è la partita? Sai, mi piacerebbe venire e fare il tifo per te-
Okay, questo era il colmo. Jackson deglutì rumorosamente, quasi si spaventò che Mark l'avesse sentito. C'era una via di scampo, vero?
Doveva trovare una scusa, e alla svelta. Voltò il capo a destra e a manca, come se il biondo fosse lì e lo stesse spiando. Si sentiva una lepre impaurita.

- N-non lo so, devo chiedere. Appena posso ti farò sapere. Stammi bene- disse velocemente e chiuse la chiamata.
Alzò gli occhi al cielo e sospirò, passandosi una mano in fronte. Nell'inventare tutte quelle balle era pure sudato.
Poggiò la schiena contro il muro e lasciò che cadesse a terra con le ginocchia al petto. Non era sua intenzione mentire a Mark, la situazione gli sembrava alquanto insolita e voleva prendersi del tempo per riflettere.
Sì, insomma, pareva un po' strano anche a lui che gli piacesse un ragazzo. Problematico e asociale per di più. Sebbene fosse molto popolare a scuola, non aveva avuto chissà quante ragazze. Eppure sentiva una morbosa attrazione per quel ragazzo, e la cosa peggiore era il non riuscire a spiegarselo.
Come mai così all'improvviso? Era scattato tutto l'altra notte o gli piaceva già da un po' e non se n'era accorto?
Di certo, ripensando alle giornate trascorse con lui, non è che avesse avuto un comportamento tanto normale. Anzi, era piuttosto ambiguo.
E se fosse stato Mark ad inventare tutto? Magari aveva pensato male, quei gesti li aveva interpretati come segnali.
Scosse bruscamente la testa. Stava impazzendo per davvero.
Non erano passati neanche cinque minuti da quando Mark gli aveva chiesto umilmente scusa e la sua mente malata pensava a tutto ciò.
Forse non era Mark ad aver capito male, forse l'unico ad aver capito male era proprio lui.

- Jackson! Non startene lì moscio moscio, vieni che tra un po' ricominciamo- lo avvisò Jaebum irrompendo nello spogliatoio. Il ragazzo alzò gli occhi verso di lui e annuì.

- Un attimo. Vado a sciacquarmi la faccia e ti raggiungo!- annunciò. Un po' d'acqua fresca gli avrebbe levato i dubbi.









* * *









Era da un paio di giorni che Jackson non si faceva sentire. A volte telefonava, gli chiedeva come stava e poi attaccava subito.
Il primo pensiero che gli venne in mente fu la partita. Evidentemente era così impegnato da non riuscire a trovare il tempo di andare a casa sua e passare il pomeriggio. Però era lievemente preoccupato.
Il secondo pensiero fu quello peggiore: le bugie.
Forse si era comportato male, magari lo aveva insultato pesantemente e lui si era offeso. Oppure gli aveva vomitato sulle scarpe nuove.
Che altro può fare uno da ubriaco?!

''Di certo non baciare il primo che pas...'' stava pensando divertito, mentre giocava a qualche videogame su internet. Si bloccò prima ancora di pensare.
E se avesse fatto proprio questo? E se avesse tentato di baciarlo?
Arrossì all'inverosimile e si coprì il viso con una mano. Aveva un certo interesse per lui, diciamo una cotta segreta. Segreta, appunto.
E il tentare di molestarlo in un locale pubblico non è sicuramente un buon modo per rivelare qualcosa del genere.
Si morse a sangue il labbro inferiore, non sapeva che pesci prendere.
Chiuse il computer, incurante del fatto che avrebbe dovuto prima spegnerlo, mise cappotto e sciarpa e uscì di casa, non prima di aver avvisato sua mamma.



Il vento a Novembre era piuttosto gelido, si infilava dentro ogni tipo di copertura e ti penetrava nelle ossa. Mark sospirò e osservò la sua alitata dissolversi nell'aria.
Aveva avuto la brillante idea di andare a casa di Jackson e magari parlargli, ma c'era giusto un piccolissimo ed insignificante problema: non sapeva dove abitasse.
Roteò gli occhi al cielo, ormai arreso alla triste realtà, e prese a camminare senza una meta ben precisa. Oltrepassò il vialetto di casa e proseguì sul marciapiede, guardandosi intorno. Non ci aveva mai fatto caso, però la zona in cui abitava era davvero carina e tranquilla.
C'erano un paio di casette separate o da alberi o da staccionate e si poteva sentire il canto degli uccellini. Dava molto l'idea di una zona di campagna, sebbene avesse la strada di fronte.
Mise le mani in tasca e nascose il viso nella sciarpa, quando qualcuno gli venne addosso. Per fortuna era soltanto una spallata.

- Attenta a dove metti i pie... oh- si bloccò all'istante, aggrottando le sopracciglia. E a quanto pare l'altra fece la stessa cosa.
Riconobbe subito i capelli rossi palesemente tinti e lisci fino al fondoschiena, in stile Rapunzel, gli occhi nocciola sgranati e la bocca dischiusa.
Potevano appartenere ad una sola persona sulla faccia della terra.

- Sun Hi!- esclamò con stupore. Non credeva che abitasse da quelle parti.

- Mark?! Che ci fai qui? Come... come- la ragazza si bloccò, cercando di formulare una domanda logica e che potesse avere risposta.
Il biondo la spiazzò con uno dei suoi sorrisoni smaglianti.

- Alla fine ci sono riuscito- ridacchiò.

- Buon per te, sono felice. Davvero- ricambiò il sorriso l'altra.
Lo sapeva che si era sempre sbagliato sul conto di Sun Hi, lo sapeva da sempre.
Lei ha cercato in tutti i modi di tirarlo fuori dal suo piccolo mondo, ha provato qualsiasi metodo ed è stata dolcissima con lui, ma evidentemente non era la persona giusta. E quando si è incompatibili l'unica cosa da fare è lasciar perdere.
Certo, avrebbe voluto rimanere in contatto con lei, non gli dispiaceva tanto la sua compagnia, ma mai si sarebbe immaginato di incontrarla proprio lì.

- Dove stai andando?- domandò curioso.

- Sono in ritardo per la partita di pallavolo, sai, gioca mio fratello- Mark rimase interdetto. La partita di pallavolo era quel giorno e Jackson non gliel'aveva detto?
C'era davvero qualcosa che non andava, doveva parlargli il più presto possibile.

- Hey anch'io sono diretto lì! Andiamo insieme?- propose cercando di sembrare tranquillo. Sun Hi scrollò le spalle e prese il ragazzo sotto braccio.

- Posso chiederti chi è tuo fratello?- fece ad un tratto.

- Sì, è più grande degli altri, lo scemo è stato bocciato. Yugyeom, lo conosci?-

La mente di Mark non elaborò più alcun pensiero. Il nome del ragazzo era l'unica cosa che gironzolava nel suo cervello.
Ora capiva il perchè di tutte quelle provocazioni, la rissa eccetera. Ce l'aveva con lui perchè aveva rifiutato la sorella, chiaro. Seppe con certezza di essere spacciato.



Avevano preso i posti migliori, quelli vicinissimi al campo e in più c'erano anche i popcorn e la Coca Cola a fargli compagnia.
Ovviamente faceva il tifo per Jackson e, anche se non ci capiva niente, appena sentiva urlare Sun Hi urlava pure lui.
Erano davvero bravi e dovette ammettere, a malincuore, che anche Yugyeom era bravo. Stava sempre a battere e tirava delle schiacciate così potenti che lui stesso si spaventava, come se potessero colpirlo.
Jackson faceva dei bagher pazzeschi, non ci pensava due volte a buttarsi a terra pur di non mancare la palla. In campo sembrava molto diverso da come era in realtà.
La squadra avversaria era altrettanto forte, quella di Jackson vinse all'ultimo set con quattro punti di vantaggio sull'altra squadra.
Appena finita la partita, Mark si alzò dal suo posto e andò verso gli scalini, con l'intenzione di andare nello spogliatoio dei ragazzi.

- Dove vai?- domandò curiosa Sun Hi.

- Da Jackson. Devo parlargli, è importante-

- Ma non si può entrare nello spogliatoio!- Mark scosse la testa.

- E io ci vado lo stesso, va bene?-
Abbandonò la ragazza e filò dritto verso il corridoio che portava davanti a quella dannata stanza.
Il tragitto era parecchio lungo, per un attimo ebbe paura di perdersi, fino a quando non notò una porta chiusa. Udì un miscuglio di voci, inclusa quella di Jackson.

- Sai Wang, ho visto il tuo amichetto tra il pubblico. Stava seduto verso i primi posti- fece un ragazzo.
Mark, che stava per bussare ed entrare, si bloccò col pugno a mezz'aria.

- Davvero? Oddio, ora ti segue pure. Cos'è, uno stalker?- fece un'altra voce. Si sentirono solo risate.

- Raga' mi state preoccupando. Vorrà dire che prenderò provvedimenti e lo farò rinchiudere in psichiatria- era di Jackson la voce che parlava.

Il biondo non seppe se il suo cuore era ancora con lui o se l'avesse lasciato per sempre, perchè i battiti erano rallentati in un modo pazzesco.
La porta si aprì e comparirono alcuni ragazzi, tra cui Jaebum, Bambam e Jackson. Il moro sussultò non appena si ritrovò a pochi centimetri di distanza da Mark.
Gli altri stettero in silenzio e parlottarono tra loro, bisbigliandosi nell'orecchio. Jackson deglutì a vuoto, la gola gli si era seccata in un attimo.

- Che-che ci fai qui?- si ritrovò a chiedere.

- Volevo farti una sorpresa, ma la sorpresa l'hai fatta tu a me- furono le uniche parole che fuoriuscirono dalla bocca di Mark, prima che fuggisse via.

Le lacrime solcarono l'ennesima volta il suo viso, se le asciugò prontamente.
Non avrebbe pianto. Non questa volta.


***
Annyeong gente! Mi dispiace tantissimo per aver aggiornato solo ora, avevo promesso di farlo prima ma non ci sono riuscita (sono una pessima persona T.T). anyway spero come al solito che il capitolo vi piaccia e sì, finalmente si è capito come mai Yugyeom si comporta da bullo nei confronti di Mark (so che è un motivo futile, ma d'altronde i bulli si incazzano per cose banali). Mi dileguo, bacioni a tutti <3 _MartyK_

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Erano passati all'incirca quindici minuti da quando Mark se n'era andato e Sun Hi era leggermente preoccupata per lui.
Lasciò i popcorn e il bicchiere mezzo pieno di Coca Cola e si avviò verso il corridoio. In lontananza si sentirono delle urla, in particolare qualcuno che gridava a gran voce il nome di Mark, e ciò la lasciò interdetta. Poi vide il biondo correre nella sua direzione.

- Mark? Che è successo?- provò a chiedere. Il ragazzo si passò il dorso della mano sul viso bagnato dalle lacrime e fuggì via. Nel farlo le dette una leggera spintarella. Jackson corse appresso al ragazzo e scansò la rossa come se non esistesse.

- Qualcuno può spiegarmi che sta succedendo qui?!- esclamò a quel punto. Jaebum e Bambam si avvicinarono alla ragazza e l'affiancarono.

- Abbiamo sbagliato. L'abbiamo fatta grossa con quel poveretto- il più piccolo incrociò le braccia al petto e si morse il labbro inferiore.
Jaebum fece sì con la testa.

- Che avete combinato?- Sun Hi assottigliò gli occhi e puntò l'indice accusatorio contro tutti e due.
Erano amici di vecchia data e compagni di scuola, poteva permetterselo.
I due ragazzi si lanciarono un'occhiata e sospirarono all'unisono, per poi raccontare com'era andata per filo e per segno.






* * *








Aveva fatto il tragitto scuola-casa correndo a perdifiato per la città, e ora era a dir poco stanco morto. Aprì la porta d'ingresso e si fiondò dentro, filando dritto verso la sua camera da letto.
La madre provò a chiedergli spiegazioni ma tagliò corto con un gesto disinvolto della mano. 'Chiunque bussi a quella dannata porta, voi non aprite!', si erano sentiti dire i suoi genitori.
Come previsto, dopo neanche due minuti si sentì bussare più e più volte, Simone andò a vedere chi fosse guardando dallo spioncino e notò che era Jackson.
Questo incominciò a suonare ripetutamente il campanello.

- Non aprire!- urlò Mark dal piano di sopra.
Il ragazzo si chiuse a chiave e si accasciò a terra, con la schiena appoggiata alla superficie liscia della porta.
Portò le gambe al petto e le circondò con le braccia, posando la fronte sulle ginocchia. Pianse silenziosamente, quasi in un sussurro.
Non avrebbe mai dovuto permettergli di entrare dentro di lui, perchè quella stanza, seppur piccola, era il suo mondo, tutto ciò che più lo caratterizzava.
Sapeva tutto di lui: della passione per i peluche, dei maglioni caldi, dei videogame, del computer.
E se n'era preso gioco sputtanandolo davanti a tutti i compagni e facendo loro credere che fosse un misero pazzoide bisognoso di qualcuno con cui passare del tempo. Come se lui fosse ritardato e avesse bisogno di un assistente sociale, o qualcosa del genere. Dio, se si sentiva una merda.
Aveva sbagliato tutto, dall'inizio alla fine. Non voleva più vedere nessuno, che si fottesse la razza umana, lui stava bene da solo.
Sentì strani rumori e un forte trambusto al piano di sotto, Simone molto probabilmente non aveva resistito a non farlo entrare.
Per sicurezza prese la sedia vicino alla scrivania e la posizionò sotto la maniglia della porta, bloccandola.

- Jackson non posso, mi dispiace- Simone era davvero imbarazzata, il moro le aveva appena chiesto se poteva rimanere con Mark.

- Perchè no? Devo chiarire questa storia- sbuffò il ragazzo.
In cucina Raymond osservava la scena impassibile, con gli occhiali calati sul naso e un'espressione corrucciata in volto.
Come al suo solito, una volta tornato dal lavoro, si trovava di fronte ad una tazza di caffè fumante e un quotidiano pronto da leggere.
Nonostante fossero le sei e mezza del pomeriggio, a lui piaceva prendersi questa pausa, dato che da un po' di tempo non poteva permetterselo la mattina.

- Jackson, io non so cosa sia successo, ma Mark mi ha detto chiaramente che non vorrebbe vederti per un po'. Magari deve prendersi tempo per pensare, sai, ha fatto molti progressi in così poco tempo... è strano anche per lui. Cerca di capirlo- la donna cercò di essere più calma e pacata possibile, rivolgendo un'occhiata bonaria al ragazzo.

- Okay. Allora io... vado- borbottò incerto. S'inchinò in segno di rispetto e salutò nel medesimo modo il padre del ragazzo, girando i tacchi e facendo per andarsene.
Si bloccò proprio davanti al portone di casa. Tempo per pensare? Ma che cavolo aveva detto Mark a sua madre?!
Certo, aveva fatto progressi, si era aperto di più con lui e aveva accettato persino di ricominciare ad andare a scuola, perchè avrebbe dovuto fermarsi e pensare ora? Non aveva senso.
Si voltò per l'ennesima volta e salì a grandi falcate le scale, chiedendo nel frattempo scusa ai genitori del ragazzo per il suo comportamento scortese.
Chiedergli di aprire la porta sarebbe stato inutile, così provò ad aprirla ma non ci riuscì.

- Mark, apri questa cazzo di porta!- urlò bussando così forte che sembrava stesse tirando pugni.

- Vattene via, stronzo di merda!- dall'altra parte della stanza si sentì la voce rotta del biondo.

- Devo spiegarti! Non puoi lasciarmi qui così! Non puoi, capito?!- continuò ad urlare l'altro.
Il biondo smise di rispondergli. Andò a frugare tra i cassetti della scrivania alla ricerca dei tappi per le orecchie, il rumore dei tonfi era davvero assordante.

- E rispondimi quando ti parlo, o la sfondo!-
Mark si infilò tra le coperte e prese a giocherellare sul suo cellulare, ignorando l'altro come meglio poteva.
Nonostante avesse i tappi, sentì tonfi ancora più forti provenire dall'altra parte della casa, segno che Jackson stava provando davvero a sfondare la porta.
Okay, perchè i suoi genitori glielo lasciavano fare?
Era un po' spaventato, sia dal rumore che dalla porta. Si stava scardinando e stava venendo giù.
Si scostò le coperte di dosso, levò i tappi e si avvicinò al ragazzo, strizzando gli occhi per il rumore.

- Finiscila, idiota!- urlò.

- E tu aprim..!- Jackson non finì nemmeno di parlare che la porta si spalancò.
Sull'uscio c'era un Mark decisamente diverso dal normale. I suoi occhi erano rossi e gonfi, i capelli arruffati e indosso aveva una felpa gialla a pois rosa.
Tirava su col naso e gli lanciava occhiate infuocate. Le labbra erano contorte in una smorfia.

- Non si gioca coi sentimenti delle persone- fu tutto quello che riuscì a dire, una volta che ebbe di fronte il moro.

- Non ho giocato con te- si difese prontamente l'altro. Mark sorrise in modo amaro, abbassando lo sguardo.

- Ho visto come sei con gli altri e come sei con me. Sei simpatico, chiacchierone, chiassoso e amichevole. Con me sei solo... tranquillo. Una pasqua. Tu mi chiedi cosa voglio fare, io rispondo e tu annuisci e basta. Nè fai battute, nè parli di scuola, amici e roba simile- disse con un filo di voce.
Jackson deglutì a vuoto, la gola gli si era seccata un'altra volta.

- Noi non abbiamo... amici in comune, ecco- fu la prima cosa che gli venne in mente.
Se fosse stata una situazione diversa, Mark avrebbe riso. E avrebbe riso a crepapelle, perchè sembrava avesse citato Facebook.
Solo ora si rendeva conto di quanto fosse simile la vita reale e quella virtuale.
E solo ora si rendeva conto di quanto fosse meglio postare e mettere 'mi piace' invece che parlare e spettegolare. La vita virtuale era meglio, non c'era nulla da fare.
Lì la gente fa di tutto per mostrarsi buona e cara, senza che venga a galla la vera facciata.
Quando conosci una persona dal vivo, invece, per quanto voglia mostrarsi gentile e carina prima o poi commetterà errori e si rivelerà per quello che è davvero.

- Perchè lo hai fatto?- gli domandò ad un tratto.

- Perchè ho fatto cosa?-

- Tutto. Perchè hai voluto essere mio amico?- e glielo chiese con gli occhi lucidi.

- Mi piace far sorridere la gente- rispose a bassa voce Jackson. A Mark tremò il labbro inferiore, sembrava un cane bastonato.

- Ti piace vedere falsi sorrisi per qualche spicciolo a settimana? Jackson... io non posso, davvero. Mi fai schifo- fece per chiudere la porta ma il ragazzo la bloccò con un piede, entrando dentro.
Si avvicinò pericolosamente al biondo e lo spinse indietro. Poteva accettare tutto essendo in torto marcio, però non gli stava bene che gli rinfacciasse una cosa non vera.

- Tu credi veramente che io abbia fatto tutto questo per soldi?!- alterò di poco il tono di voce senza accorgersene. Il volto di Mark assunse un'espressione interrogativa.

- Credi che i tuoi mi abbiano pagato perchè ti riportassi alla civiltà?- domandò ancora.

- E' quello che fai nel tempo libero- disse con freddezza il biondo, scrollando le spalle come se fosse ovvio.
Jackson lo spinse così forte che lo fece cadere a peso morto sul letto. Era ferito, tremendamente ferito. E mai avrebbe immaginato che a ferirlo fosse Mark.
Per cosa poi? Vendicarsi di ciò che aveva detto in tono sarcastico con alcuni idioti dei suoi amici.

- Bene. Sappi che i tuoi avevano l'intenzione di pagarmi ogni settimana come fanno con tutti i ragazzi e le ragazze in affitto, ma io ho rifiutato. E l'ho fatto solo con te, solo per te-
Mark sgranò gli occhi nel sentire quelle parole. Quindi quella di Jackson non era una grande bugia? Si era davvero mostrato per quel che era?

- I-io non lo...- il moro lo bloccò tirandogli un calcio alla gamba sinistra.

- E l'ho fatto perchè mi piaci. Mi sei piaciuto fin dal primo momento, scemo! Ho sempre pensato che avessi il sorriso più carino del mondo e che senza occhiali saresti stato perfetto. Mi piaceva alternare a quei momenti di piena conversazione quelli di vuoto totale, respirare la tua stessa aria e sfiorarti di tanto in tanto- si bloccò un secondo, riaprendo gli occhi e incrociando quelli sconvolti del biondo.

- Ma vedo che tu non sei del mio stesso avviso- concluse infine, asciugandosi una lacrima solitaria sulla guancia e abbandonando la stanza.

- A-aspetta!- biascicò Mark, la mano alzata a mezz'aria. Jackson aveva ormai chiuso la porta.
Non sentiva nemmeno i passi sulle scale, se n'era andato.
Simone nel frattempo bloccò il moro prendendolo per un braccio.

- Jackson! C'era un casino terribile, avete risolto la faccenda?- domandò tutta preoccupata. Il ragazzo si sforzò di sorridere.

- Tutto a posto- annuì e se ne andò. Forse per sempre.
Era incredibile come la situazione si fosse ribaltata. Prima era Mark quello triste e offeso ed ora lo era lui.
Si erano feriti a vicenda senza un vero perchè. Un coltello piazzato all'altezza del cuore avrebbe fatto meno male.




Mark non si dette pace per tutta la serata, provò a telefonargli ma non rispondeva, poi si ricordò di Facebook. Cercò il suo nome e comparì il suo profilo. Due click e invio.










* * *










Non aveva niente da fare, i compiti se li era sbrigati in pochi minuti e di voglia di girovagare per Facebook e Whatsapp ne aveva poca.
D'un tratto il suo cellulare vibrò, era una notifica da un qualche social. Sbuffò e sbloccò l'affare, controllando Facebook.

Mark Tuan ha chiesto di essere tuo amico su Facebook.

Aggrottò le sopracciglia e si lasciò scappare un mugolio annoiato. Ancora lo tormentava?
Credeva che il non rispondere alle telefonate lo avesse fatto rassegnare.
Non sapeva che fare, il suo pollice andava a destra e a sinistra, facendo per cliccare su accetta o rifiuta.
Alzò gli occhi al cielo, sapeva che se ne sarebbe pentito.
Non appena posò lo smartphone sul comodino, questo vibrò emettendo una breve suoneria, segno che era arrivato un messaggio.

Hey, lo so che se hai accettato l'amicizia è per non rispondere o bloccarmi. Volevo chiederti scusa!!!
(22:15)


Lo ignorò e buttò il cellulare sul letto, andandosene in salotto.

Sei offline apposta! Ma guarda te che..! Io sopravvivo ad una porta che sta per cadere a terra e tu non sopporti il telefono che squilla, esiste il silenzioso!! E comunque se non vuoi accettare le mie scuse non fa niente, so cavarmela benissimo da solo. Non mi serve uno che mi giudica alle spalle >.<
(22:23)


Ti sei offeso di nuovo?!?
(22:37)


Se proprio vuoi ignorarmi allora bloccami -.-
(22:51)


Perchè non mi blocchi?
(23:07)



Jackson visualizzò e non rispose a nessuno di questi messaggi, con un sorrisino compiaciuto a dipingergli il volto.
Dopo cena se ne andò a dormire. Avrebbe sognato i cloni di Mark tempestargli il cervello, ne era certo.








* * *









A scuola non andava tutto liscio, Mark si era ritrovato l'armadietto pieno delle solite parolacce e le chewing-gum che fungevano da scotch per i fogli.
Roteò gli occhi al cielo, era deciso ad ignorare quegli insulti proprio come faceva Jackson coi suoi messaggi. Ancora non si spiegava il motivo per cui non lo bloccava.
Si sentì prendere per i capelli e strattonato. Diamine, Yugyeom aveva una forza incredibile.

- Come andiamo? Cos'è, prima smerdi mia sorella e ora pure il mio migliore amico?!- esclamò con una vocina alquanto stridula per appartenere ad un ragazzo.
La presa sui suoi capelli divenne più salda, il biondo fu costretto a voltarsi verso di lui con un'espressione che chiedeva pietà.
Ormai quella vita era diventata così monotona che persino gli altri alunni evitavano di raggrupparsi in capannelli attorno alla scena.
Un film che andava in onda da troppo tempo.

- Mollami, coglione- sibilò a denti stretti l'altro, dimenandosi e cercando di levarsi le mani di Yugyeom di dosso.
Questo lo precedette con un calcio negli stinchi e una ginocchiata all'addome. I suoi amici risero alle sue spalle, era così divertente vederlo soffrire come un cretino?!

- Sentito? Ha detto di mollarlo-
Mark rimase sorpreso di sentire la voce di Jackson.
Aprì prima un occhio e poi l'altro, potè notare il suo sguardo inferocito.

- Chi si fa vedere! Sailor Moon, la paladina della giustizia!- scoppiò a ridere Yugyeom, seguito dai pappagalli dei suoi colleghi.
Jackson non ci pensò due volte a fiondarsi addosso al ragazzo e riempirlo di pugni e calci fino allo sfinimento.
Gli amici provarono a contrastarlo, ma fortunatamente era più forte di tutti loro messi insieme.
Dopo averlo sistemato, ergo avergli procurato un occhio nero e qualche costola rotta, trascinò con sè Mark in bagno.

- Perchè non mi hai detto che era Yugyeom il bullo?- gli domandò serio, mentre si sciacquava la faccia.

- Volevo dirtelo, ero venuto alla partita apposta e poi...- Mark si bloccò, massaggiandosi un braccio e scrollando le spalle.
Jackson annuì e gli si avvicinò, posando distrattamente il pollice sulle sue labbra.

- Le hai tutte spaccate, ti fa male?- chiese a pochi millimetri di distanza dal suo viso. Mark lo guardò negli occhi per secondi che parvero infiniti.

- Baciami e passerà tutto- e lo disse con più fermezza possibile. Jackson abbozzò un sorriso.

- Perchè non lo fai tu?-

- Perchè tu sei abituato a far scomparire la bua-
Il moro ridacchiò con quella sua risatina alterata e si fiondò sulle labbra di Mark.
Chiuse gli occhi e con una mano gli accarezzò una guancia, mordendogli piano il labbro inferiore e leccandoglielo.
Mark non poteva desiderare di meglio come primo bacio. E fu un dolcissimo scontro di labbra umide.
Un bacio che sapeva di sangue e limone.


***
Annyeong popolo di efp! Chiedo perdono come al mio solito per non essermi fatta viva per più di una ventina di giorni T.T vi spoilero una cosuccia: il capitolo nove sarà un extra ;) e niente... viva il fluff, sia benedetto u.u obv ringrazio tantissimo chi legge, segue e recensisce la storia, cioè, mi rendete davvero felice *-* (non credevo che questa 'cosa' potesse piacere a qualcuno pt. 9837563183). Mi dileguo, bacioni a tuttiiiiii e nel caso buone feste! XD _MartyK_

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Extra ***


Era mattina. Mancava una settimana alle vacanze natalizie e tutta la città si stava preparando per la festa.
Ovunque si potevano scorgere bancarelle, pini sintetici e pupazzetti di Babbo Natale belli esposti all'occhio del pubblico.
Jackson non amava marinare la scuola per bighellonare e fare cose simili, ma se a fargli compagnia era Mark poteva fare benissimo un'eccezione.

Si presentò a casa dei Tuan quando non erano neanche le dieci del mattino. Sapeva che Mark non sarebbe andato a scuola perchè si erano messi d'accordo il giorno prima. Certo, non è che fosse il massimo chiedere di uscire insieme via Internet, ma la risposta che aveva ricevuto era positiva, quindi non si preoccupava più di tanto. L'unico problema era la reazione dei suoi genitori, per questo motivo era andato presto a casa sua.
Suonò il campanello e aspettò che qualcuno aprisse. Di sicuro non sarebbe stato Mark. Conoscendolo, stava dormendo come un ghiro in letargo.

- Oh Jackson!- esclamò Simone non appena si ritrovò di fronte al ragazzo. Egli s'inchinò e tirò un sorriso di circostanza.

- Vieni, entra- la donna si fece da parte e Jackson entrò in casa.
Aveva una strana sensazione allo stomaco, si sentiva quasi a disagio, come se fosse la prima volta che entrasse in quella casa.
Eppure la conosceva più lui che Mark stesso.
Osservò il salotto roteando gli occhi di qua e di là, per poi raggiungere la cucina. E fu lì che trovò il signor Tuan a fare colazione come al suo solito, prima di andare in ufficio. Sulla tavola non c'era un granchè: la tovaglia a fiori, una pagina di quotidiano e la tazza di caffè.

- Come mai sei venuto a far visita così presto? E' successo qualcosa?- domandò Simone curiosa. Jackson scosse la testa.
Quasi non riusciva a parlare, la situazione si faceva imbarazzante ogni minuto che passava. Si schiarì la voce e parlò.

- Volevo chiedervi una cosa, sempre se non vi dispiace- disse e si morse il labbro inferiore. I due coniugi si lanciarono una breve occhiata e annuirono.

- Vedete, volevo sapere se... posso uscire con Mark-
Raymond lo scrutava da sopra gli occhiali, con un'espressione impassibile in volto.
Fece finta di nulla e continuò a sorseggiare il suo caffè, sfogliando svogliatamente il quotidiano che aveva in mano. Simone invece scrollò le spalle.
Sembrava l'unica che lo stesse ascoltando davvero.

- Non vedo dove sia il problema, siete amici- sorrise.

- Lo so, ecco io... questo è un appuntamento. Non da amici- precisò il moro torturandosi le mani.
In cucina calò un silenzio glaciale, Raymond quasi si strozzò con il caffè. Poggiò il quotidiano sul tavolo e si aggiustò gli occhiali sul naso, assottigliando gli occhi. Jackson abbassò lo sguardo, in attesa di una risposta.


Nel frattempo Mark si era svegliato.
Si prese tutto il tempo necessario per sbadigliare, stiracchiarsi e mettere bene a fuoco tutto ciò che aveva intorno.
La prima cosa che fece fu controllare il suo cellulare: la batteria era carica e soltanto a vedere l'ultimo messaggio di Jackson sorrise come un ebete.
Si alzò dal letto e abbandonò la stanza, scendendo silenziosamente le scale. Si bloccò quando vide Jackson discutere coi suoi genitori.
Trattenne il respiro, non voleva fare alcun rumore, e origliò la conversazione nella speranza di non essere colto in flagrante.

- Quindi... state insieme?- Raymond continuava senza sosta a squadrarlo dalla testa ai piedi, come fosse una pulce.
Simone gli mise una mano sulla spalla nel tentativo di tranquillizzarlo.

- Sì. Non mi azzarderei mai ad uscire con qualcuno a cui tengo senza prima aver consultato i genitori. Lo so che può sembrare strano, però...-

- Tesoro, non è assolutamente strano. Sappiamo quanto bene vuoi a Mark, e te ne siamo grati, davvero. I tuoi lo sanno che state insieme?-
Sia lodato il cielo, magari esistessero mamme dolci e comprensive come la signora Tuan. Il moro annuì.
Miracolosamente anche Raymond si mise a parlare, unendosi alla conversazione.

- Prenditi cura di lui e non fargli del male- borbottò gelido. Il ragazzo annuì e ringraziò inchinandosi, ma l'uomo lo fermò.

- Non ce n'è bisogno. Aspetta che quel pigrone si svegli e poi potete andare- disse e abbozzò un sorriso.
Jackson aggrottò le sopracciglia, si aspettava di tutto tranne che addirittura un suo sorriso.
Ma d'altronde i genitori di Mark non erano mica all'antica, forse si era fatto troppi problemi inutili.
Mark non stava origliando la conversazione già da un pezzo. Sapeva che se sua mamma diceva di sì, automaticamente anche papà era costretto a dir di sì, che lui lo volesse realmente o meno.
Ritornò in camera sua e aprì le ante dell'armadio, buttandosi a peso morto sul letto.
Non era mai stato un maniaco della moda, nè prima che diventasse estremamente misantropo e nemmeno dopo. Abolì i maglioni e tutto ciò che aveva di morbido e coccoloso. Se ne uscì con una maglia nera in cotone e una felpa enorme bianca sopra, dei jeans skinny strappati e le converse ai piedi.
Sospirò e si guardò allo specchio: poteva andare.
Si chiuse velocemente in bagno e lavò i denti e s'improfumò. Per l'occasione aveva pure messo le lenti a contatto.
Scese di corsa le scale e andò direttamente in cucina, fingendo di non sapere che ci fosse Jackson.

- Che ci fai qua?- chiese e si meravigliò di essere stato così bravo. Avrebbe fatto scuola di recitazione, ne era certo.

- Mark, non mangi nulla?- la solita Simone apprensiva.

- Scherzi? Mangeranno qualcosa per strada- scrollò le spalle il marito. Mark nel sentire quelle parole fuoriuscire dalla bocca del padre sgranò gli occhi.
O quello era un mondo parallelo, oppure Jackson faceva a tutti un'ottima impressione. Scartò la prima opzione, doveva smetterla con la fantascienza.

- Bene, allora noi andiamo- esordì Jackson e prese il biondo per il braccio, tirando un sorriso smagliante. Simone li accompagnò alla porta.

- Divertitevi e non combinate casini-

- Mamma aspetta!- Mark rientrò e andò in cucina, davanti al padre.
Si guardarono un paio di secondi. Secondi che parvero anni.
Il biondo si lanciò tra le braccia del padre, stringendolo forte a sè.

- Grazie- sussurrò al suo orecchio. Raymond rimase basito dal comportamento del figlio, non se lo sarebbe mai aspettato. Ricambiò la stretta in modo impacciato.

- Non è vero che ti odio- continuò il figlio.
Era una scena che poteva passare per la versione umana del film Alla ricerca di Nemo.
Quando sciolse l'abbraccio, alzò una mano in segno di saluto e uscì di casa.

I Tuan sapevano che Mark era felice con Jackson, e se la felicità era stare assieme a quel ragazzo allora perchè impedirglielo?









* * *












- Sai, non pensavo che i tuoi mi dicessero di sì- esordì Jackson, infilando le mani in tasca e rivolgendo lo sguardo al cielo.
Era da un po' che nessuno dei due apriva bocca, lui stesso si meravigliò di non averlo fatto prima.

- I miei non sono chiusi di mente. E poi come mai hai voluto la loro approvazione?- domandò il biondo, lanciando un'occhiata curiosa al compagno.
Jackson scrollò le spalle.

- I sani principi di un uomo- disse e gonfiò il petto, posando una mano su di esso. Mark scoppiò a ridere.

- Sì, certo. Non siamo nel seicento, puoi fare benissimo quello che ti pare e piace-
Il moro lo guardò male.

- Se ti faccio qualcosa tuo padre mi amputa mani e piedi- bofonchiò.
Mark scosse la testa affranto, il suo ragazzo era davvero idiota a volte. No, aspetta... il suo ragazzo?!
Gli pareva strano definirlo così.

- Non ci credi? Guarda!- Jackson tirò un leggero spintone alla spalla del biondo. Al contempo si sentì uno strano rumore provenire da dietro di loro.

- Oh mio Dio. Tuo padre sta venendo a prendermi!- esclamò abbracciando Mark e nasconendo il viso nell'incavo del suo collo.

- E' soltanto una coincidenza, scemo-
Ma Jackson non lo stava ascoltando, era troppo impegnato a farsi piccolo piccolo fra le sue braccia e ad inalare l'odore del biondo.
Era buono, sapeva di... pulito. Fresco e pulito, sì.

- Hai un buon profumo, che hai messo?- gli chiese senza smettere di stargli attaccato.

- Profumo. Non controllo le marche, quindi boh- ridacchiò l'altro. Il moro allontanò pian piano il viso dal suo collo e incrociò il suo sguardo.
Solo in quel momento si accorse di essere di qualche centimetro più basso di lui. E questa differenza di altezza gli piaceva.

- Hai messo le lentine- sorrise. Mark rispose al sorriso e annuì.

- Che ne dici di andare a fare colazione da qualche parte? Sto morendo di fame- propose.
A Jackson brillarono gli occhi, adorava mangiare. Anzi, adorava ingurgitare qualsiasi cosa commestibile esistente al mondo.
Prese il ragazzo per il polso e lo trascinò in un bar. Si accomodarono dentro e ordinarono cornetti al cioccolato e Nesquik.

- Potevi prendere il cappuccino- fece Mark addentando il suo cornetto. Jackson, che stava ingozzandosi, ci mise un po' a rispondere.

- Oggi faccio tutto a base di cioccolata- biascicò. Nonostante ciò, Mark finì il cornetto prima di Jackson. Il moro stava dando l'ultimo morso quando venne interrotto.

- Me lo fai assaggiare?- domandò con gli occhioni da cucciolo.

- Scherzi? E' uguale al tuo-

- Sì, ma io l'ho finito un secolo fa-

- Peggio per te- fece per addentarlo ma venne preceduto dal biondo. Glielo levò dalle mani e lo inghiottì. Jackson gli inviò un'occhiataccia.

- Ti sto odiando- disse incrociando le braccia al petto. Mark scrollò le spalle.

- Ormai il danno è fatto- continuò a masticare.

- E comunque era più buono il tuo-
Il moro alzò gli occhi al cielo. Dopo aver pagato, si diressero verso le bancarelle.
Si vendeva davvero di tutto lì, dal cibo ai giocattoli, dal dolce al salato. Per non parlare del buon odore di hamburger che arrivava da qualche bancarella più avanti.

- Che farai a Natale?- domandò Mark. Nel farlo prese sotto braccio il ragazzo, che non sembrò farci caso più di tanto.

- Non so. Festeggerò in famiglia, oppure con Jaebum, Bambam e qualche altro amico. Tu?-

- Non ne ho la più pallida idea. Sinceramente mi scoccia stare in famiglia- ammise il biondo.

- E se festeggiassi con me?- Jackson tirò uno dei suoi sorrisi da star.

- Wang, non farmi quel sorrisetto- lo ammonì l'altro.

- Perchè? E' il mio sorriso-

- No, il tuo vero sorriso è diverso. E' più bello, questo è il classico sorriso di circostanza che fai a tutti, non mi freghi-
Jackson lo guardò come se fosse un alieno. Stava parlando sul serio?

- Ora identifichi pure i miei sorrisi?- fece. Mark annuì come se fosse ovvio. Jackson ci mise un po' a controbattere, anche se non gli veniva in mente niente.
D'un tratto i suoi occhi si illuminarono e un sorriso malizioso comparve sul suo volto.

- Uuuh che dolce!- esclamò circondandogli i fianchi.

- Non ci provare!- Mark se lo tolse di dosso. Il moro fece finta di esserci rimasto male.

- Senti... è quasi mezzogiorno...- Jackson lo bloccò prima ancora che parlasse.

- Non dirmi che hai di nuovo fame o ti farò fare un controllo allo stomaco, magari hai il verme solitario!- gli puntò l'indice accusatorio e Mark ridacchiò con la sua risata nasale.

- Ma che! Ho solo bisogno di... un nuovo look- disse pensieroso, un dito poggiato sul suo mento e l'espressione indecifrabile.
Jackson era esitante, chissà che aveva in mente.

- Quindi?-

- Andiamo dal parrucchiere!- se ne uscì con un pugno all'aria e un sorriso che andava da guancia a guancia.

- In effetti anch'io voglio combinarmi qualcosa in testa, per cui andiamo- scrollò le spalle e si diressero in un minuscolo negozio.
Non c'era molta gente, il loro turno arrivò subito. Si accomodarono sulle poltrone e si rilassarono nelle mani degli esperti.
Mark disse che voleva la frangia blu, mentre Jackson decise di farsi biondo.
L'occhiata perplessa dell'altro non tardò ad arrivare, ma Jackson lo rassicurò.

- Mi sono fatto biondo un paio di volte, tranquillo- ammiccò.

- Oh scusa, non ho controllato bene sul tuo profilo Facebook- replicò sarcastico l'altro.
Un paio d'ore dopo furono belli e pronti, si guardarono allo specchio e rimasero meravigliati l'uno dell'altro.

- Ti stanno bene- bofonchiò Jackson, una volta usciti di lì. Mark abbassò lo sguardo, imbarazzato.

- Anche a te- rispose a bassa voce. Si chiese mentalmente se lo avesse sentito.



Il centro della città si era popolato, c'era gente di tutte le età. Alcuni bambini si rincorrevano e facevano le bolle di sapone.
Mark le adorava, erano una delle poche cose che ricordava della sua infanzia. Una bolla andò a scontrarsi con il suo naso e scoppiò.
Strizzò gli occhi e Jackson si mise a ridere.
Continuarono a passeggiare per strada, senza una meta precisa. L'importante era stare insieme.

- Dove andiamo?- chiese ad un tratto Mark.

- Al parco, ti va?-

- Va bene-

Il luogo in questione era immenso e non meno popolato della piazza. E in più era pieno di vegetazione, i due ragazzi si sedettero sotto una quercia, appartati.
Mark si portò le gambe al petto e le circondò con le braccia, aveva lo sguardo perso nel vuoto. Al contrario Jackson sembrava che stesse morendo di freddo.
Come biasimarlo, aveva indosso una misera T-shirt a maniche corte in pieno inverno.

- Che ti salta in mente io non lo so- esordì il biondo, sbottonandosi la felpa e intimandogli di avvicinarsi a lui.

- Dammela tutta- fece scettico l'altro.

- Sei impazzito? Anche io sono vestito come te sotto la felpa. Dividila con me e basta- ridacchiò.
Jackson sbuffò e si accoccolò al suo petto, dapprima un po' rigido, poi con più scioltezza nei movimenti.
Mark, dal canto suo, prese ad accarezzargli il braccio, sfiorandoglielo appena. A Jackson venne la pelle d'oca.
E stavolta non era per il freddo.

- Ti stai divertendo?- gli chiese.

- Dovrei essere io a domandartelo. Comunque sì- Jackson sospirò di piacere e chiuse gli occhi.
Mark era dannatamente rilassante in certi momenti.

- Non mi hai baciato neanche una volta finora- disse in un sussurro. Jackson alzò lo sguardo.

- Non vorrei sembrare troppo smielato- ammise imbarazzato. Mark assottigliò gli occhi.

- Hai chiesto ai miei se potevi uscire con me, esiste qualcosa di più smielato?- Mark e il sarcasmo erano intimi amici, Jackson ne sarebbe stato geloso.
Senza dire una parola, prese il viso del biondo con due dita e lo avvicinò al suo.
Tutti e due facevano fatica a sostenere lo sguardo, Jackson si leccò il labbro inferiore e lo baciò.
Inclinò di poco il capo, torturandogli le labbra e facendo di tutto per inserire anche la lingua. Mark sorrise contro la sua bocca e gli dette il consenso.
Affondò la mano nei suoi capelli, stringendo qualche ciocca di tanto in tanto e sdraiandosi sul prato.
Jackson andò quasi sopra di lui e proseguì con una scia di baci sul collo.

- Yah! Non ti ho chiesto di limonare in pubblico- esclamò visibilmente eccitato. L'altro si tirò indietro, grattandosi la nuca e sussurrando un flebile 'scusa'.

- Tranquillo-

Passarono il pomeriggio a sonnecchiare, a tenersi per mano e a guardare estasiati le vetrine dei negozi di abbigliamento.
Verso le dieci di sera Jackson lo riaccompagnò a casa.

- E' stato bello- ammise Mark. Jackson abbassò lo sguardo, mordendosi esitante il labbro inferiore. Ormai non poteva fare a meno di farlo quando era nervoso.

- Allora... ti aspetto per Natale- sorrise. Il biondo annuì. Si avvicinò al ragazzo e sussurrò qualcosa al suo orecchio.

- Era questo il sorriso di cui parlavo- bisbigliò.
Si allontanò giusto per guardarlo negli occhi e gli lasciò un bacio a fior di labbra, prima di entrare dentro.
Non spiegò molto ai suoi genitori, disse solo che si era divertito e che aveva fatto il ciuffo blu ai capelli, dopodichè filò a letto.
Non si tolse nemmeno i vestiti di dosso, aveva sonno ed era super felice allo stesso tempo. Agitò le gambe in aria, eccitato, e poggiò la testa sul cuscino.
Pensò a qualche tempo prima e si accorse di quanto fosse cambiato in meno di un mese.
Nessuno gli aveva chiesto niente, avrebbe potuto liquidare Jackson e non l'ha fatto.
Gli piaceva il suo nuovo mondo, la sua nuova vita.

Per la prima volta dopo due lunghi anni assaporò appieno il significato della felicità.


***
Annyeong gente (sempre in ritardo ovviamente :D)!! Tecnicamente questo non è un capitolo, è più una roba extra e fluff... una what if, se così la possiamo intendere (?) mi ci sono messa d'impegno per essere più smielata possibile a quanto vedo, lol. In ogni caso spero apprezziate ;) il prossimo sarà l'ultimo capitolo, io scappo. Bacioni a tutti e buone feste! _MartyK_ <3

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10/Epilogo ***


Natale.
Il gran giorno era arrivato.
Jackson gli aveva dato appuntamento per le dieci in punto, ed ora erano le nove e mezza. Mark si svegliò di soprassalto, come se avesse fatto un incubo, e si tirò su a sedere. Si stiracchiò e si alzò, posizionandosi direttamente davanti all'armadio per mettersi qualcosa di decente.
Intanto dal piano di sotto Simone lo stava già sgridando per il ritardo. Sbuffò e roteò gli occhi al cielo, prendendo una felpa verde e i pantaloni della tuta.
Aveva provato a fare domande a Jackson, ma questi gli aveva detto soltanto che c'era in programma una gita in montagna e un pic-nic.


Si vestì velocemente e filò in bagno a prepararsi, per poi scendere di corsa le scale e mangiare qualcosa al volo.

- Mark, prendi qualcos'altro- lo incitò la madre. Il biondo scosse la testa in segno di negazione.
La sua salute ne avrebbe risentito, mangiava poco e in modo irregolare.

- Che ore sono?- biascicò con un pugno di cereali in bocca.

- Tra dieci minuti Jackson arriva-

- Oh che palle!-
A quell'esclamazione Raymond storse il naso, come a ribadirgli di non fare il maleducato.
Mark sventolò una mano davanti agli occhi del padre e salutò tutti con un 'divertitevi, io vado'. Aprì la porta d'ingresso e la richiuse subito dopo.
Simone, sentendo le parole del figlio, stette quasi per piangere.
Da quanto non vedeva Mark così felice?
Era stato un brutto periodo, il suo. Tutti gli adolescenti si ribellano ai propri genitori, escono a qualsiasi ora del giorno e della notte e scorrazzano in piazza al posto di andare a scuola. Mark non era così.
Mark era troppo timido per dire no, troppo chiuso per uscire con degli amici e troppo intelligente per pensare a qualcosa non inerente alla scuola.
E poi è arrivato Jackson e Mark ha aperto gli occhi, per una volta.
Ora sapeva come funziona il mondo, aveva degli amici e si era accorto che i genitori lo amavano più di qualsiasi altra persona.
Questi erano i pensieri di Simone, mentre guardava il figlio allontanarsi dalla sala da pranzo, come se fosse un uccellino un po' troppo cresciuto per rimanere inchiodato al nido.
E Mark era pronto a spiccare il volo. Pronto ad abbandonare il nido per sempre.











* * *














Era in macchina, seduto fra Jackson e Bambam.
Jaebum era al volante e, con sua grande sorpresa, Sun Hi si era unita alla combriccola.
Data la sua sbadataggine, non si era mai accorto che la ragazza frequentava la sua stessa scuola, nè l'aveva vista gironzolare per i corridoi.

- Dove andiamo?- si azzardò a chiedere.

- In un bel posto- cantilenò Jaebum. Bambam giocherellava al cellulare e Sun Hi guardava annoiata dal finestrino dell'auto.

- Wowowoh alzate il volume!- esclamò Jackson all'improvviso. Mark gli lanciò un'occhiata curiosa.

- Che canzone è?-
Era da dieci minuti che stava in macchina ed era l'unico che faceva domande a raffica.
Immediatamente si ricordò di quando aveva implorato Jackson di dire qualcosa e sorrise.
Nel frattempo Bambam levò gli occhi dal cellulare e fissò la radio con un'espressione assorta nei propri pensieri.

- Oddio Jae! Fantastic Baby dei Big Bang!- si ritrovò ad urlare.
Sun Hi voltò il capo verso di lui e gli inviò un'occhiataccia.

- Ho passato una notte di merda e sto cercando di riposare- borbottò.

- Non siamo venuti qui per dormire, JB alzaaa!- Jackson incominciò a tirare deboli calci al sedile del moro, che con uno sbuffo li accontentò.

- Contenti ora? Lasciatemi guidare in pace-
Bambam circondò le spalle di Jackson con un braccio e insieme presero a cantare. Il biondo incitò Mark ad unirsi a loro.

- Geuneun goyaaaa-a-a-a-a-a! Wow, fantastic baby. Dance, ooooh, I wanna dance, dance, dance, da-dance- urlarono in coro.
Jaebum strizzava gli occhi ridendo e Sun Hi rinunciò al suo sonno ristoratore, canticchiando anche lei qualcosa.
Al 'boom shaka laka' Bambam e Jackson persero completamente il controllo, abbassando i finestrini e mettendosi ad urlare come pazzi.
Mark stava ridendo come un matto per le reazioni sconvolte della gente. Provò a fermare il suo ragazzo, ci provò davvero, ma i risultati non furono soddisfacenti.

- Jackson, ci prenderanno per malati di mente- ridacchiò. Il biondo gli lanciò un'occhiata scettica e inclinò la testa di lato. Sembrava un cagnolino.

- E noi che siamo?- domandò con un sorriso diagonale.

Il viaggio proseguì tranquillamente, tra canzoni hip hop, ballad strappalacrime e battute squallide di Bambam.
Arrivati a destinazione, Jaebum scese dalla macchina e aprì la portiera a Sun Hi, da vero gentiluomo.
La rossa se ne uscì con un sarcastico 'ma come sei gentile!', Bambam invece tesseva trame malefiche. Si mise in mezzo a Mark e Jackson e circondò le loro spalle.
Uno sguardo malvagio a dipingergli il volto.

- Fra quei due c'è del tenero- esordì tutto sorridente. Jackson scosse la testa affranto.

- E a me non interessa- rispose prontamente.

- Hey voi, venite a darci una mano con questi!- urlò Jaebum, aprendo il cofano della macchina.
Era stracolmo di roba: cestelli, tovaglie, panini, bibite... c'era davvero di tutto lì.

- Ora capisco perchè l'auto faceva fatica a salire su- s'intromise Mark. Si sistemarono sull'erba e cominciarono a pranzare.

- Questo coso è buonissimo- si complimentò Bambam, indicando il suo panino.

- Chi l'ha fatto?- domandò poi. Jaebum alzò la mano e sorrise. Jackson gli tirò una spallata.

- Non è possibile, rischi sempre di incendiare qualcosa!- obiettò.

- A me piace- Mark scrollò le spalle e tirò un morso al suo panino.

- Possiamo parlare di qualcosa che non riguardi il cibo?- fece Sun Hi esasperata.

- Tira fuori un argomento, bellezza- Bambam le tirò una leggera gomitata.

- Ad esempio... che facciamo dopo?- provò e volse lo sguardo al cielo, pensierosa.

- Oh uffa! Credevo volessi parlare di te e Jae...- Jackson gli impedì di terminare la frase fiondandosi addosso a lui e tappandogli la bocca.
Perchè doveva essere più irritante di un giornalista di gossip?!
Jaebum lanciò un'occhiata interrogativa ai due e Jackson si limitò a sorridere.

- Lo sapete com'è fatto questo nano. Sempre a blaterare sciocchezze...- disse vago.
Il moro assottigliò gli occhi, come a voler scavare all'interno dell'anima di quei due idioti, per poi scrollare le spalle e continuare a gustarsi il suo pranzo.

- E comunque non siete gli unici a stare insieme- biascicò indicando Jackson e Mark.
Sun Hi sgranò gli occhi e gli fece segno di non dire niente, non è che le piacesse tanto essere canzonata da Bambam e sorbirsi i suoi sguardi perversi.
Egli, dal canto suo, fece una smorfia indescrivibile e si coprì la bocca con la mano.

- Ecco bravo. Contieni i tuoi feels da fangirl- ridacchiò Jaebum.

- A parte che esistono i fanboys- lo corresse il più piccolo.

- Perchè, tu sei un ragazzo?-
Bambam gonfiò il petto e si scostò un ciuffo ribelle dagli occhi, sfarfallando le ciglia in un perfettissimo aegyo.

- Fashionista!- esclamò e tutti scoppiarono a ridere.

Verso le tre del pomeriggio i ragazzi si misero sotto un pino a sonnecchiare un po', il sole era alto nel cielo e la temperatura era un tantino alta per fare passeggiate e roba del genere. Jaebum si appisolò con Sun Hi mentre Bambam riprese a smanettare sul cellulare.
Mark si distese sull'erba e intimò a Jackson di affiancarlo.

- Devo... devo fare una cosa- bisbigliò al suo orecchio.
Non si curò dello sguardo perplesso dell'altro, si limitò a lasciargli un bacio sulla guancia e ad allontanarsi dal gruppo.













* * *















Non doveva fare chissà cosa, infondo. Jackson era stato in quella zona almeno un triliardo di volte, e giurò di averci visto un cane gironzolare.
Da quando si rese conto che la scomparsa di Timmy era uno dei motivi per cui Mark aveva preso la drastica decisione di diventare un hikikomori, il pensiero di ritrovare quel cagnolino gli stava attanagliando la mente.
Mise le mani in tasca e si inoltrò nella foresta. Cercava di invocare a bassa voce il nome della bestiola, gli altri stavano dormendo e non voleva rovinare la sorpresa a Mark.
Dannata foresta, era buia quasi quanto di notte. Ad ogni passo sentiva scricchiolii, rami spezzati e il gufare di qualche cicogna.
Poi lo vide. Se ne stava lì, rannicchiato in un angolo a leccarsi una zampa.
Poteva essere un cane qualunque, si disse all'inizio, ma sapeva che apparteneva a Mark perchè aveva il collare.
Si avvicinò con cautela all'animale e sfiorò piano la sua testa, lasciandosi scappare un sorrisetto soddisfatto.
La sua mano si spostò sulla medaglietta ed effettivamente era proprio ciò che stava cercando.
Scompigliò il pelo del cagnolino e lo prese in braccio, ripercorrendo al contrario tutto il tragitto e sperando di non perdersi.


Mark stava ancora dormendo quando si sentì leccare una guancia.
Storse la bocca in una smorfia, perchè Jackson si stava comportando da cane?
Pian piano aprì gli occhi, qualcuno stava torturando le sue povere guance. Mise a fuoco ciò che aveva davanti e quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
Che ci faceva lì Timmy?
Incerto, allungò una mano verso di lui e accarezzò il suo dolce musetto, passando per il dorso e infine la coda.

- Buon Natale- sussurrò Jackson al suo orecchio. Gli occhi stavano pizzicando da morire, cercò di ricacciare indietro le lacrime, ma senza successo.
Volse lo sguardo verso il biondo, il labbro inferiore tremolava.

- Come sapevi che era qui?- chiese, non sapendo cos'altro dire.

- Fin dall'inizio mi sono ripromesso di ritrovarlo, volevo farti una sorpresa- Jackson si fece più vicino al ragazzo e sorrise.

- I-io non ne ho fatto uno a te- bofonchiò Mark, asciugandosi il viso.

- Ce l'ho davanti il mio regalo- scrollò le spalle l'altro.

- Eh?-
Jackson si scompigliò i capelli e passò un pollice sulle labbra di Mark.
Inclinò leggermente la testa e annullò le distanze tra i due, posando con delicatezza le sue labbra su quelle del ragazzo.
Mark non se lo fece ripetere due volte e lo tirò a sè, stringendogli le spalle.
Alcuni fiocchi di neve caddero sui loro capelli, Jackson morse il labbro inferiore del compagno e fissò i suoi occhi nocciola.

- Dicono che se si bacia il proprio ragazzo sotto la neve, l'amore durerà per sempre- sussurrò a distanza ravvicinata dalle labbra di Mark.
Il ragazzo parve rifletterci un attimo, per poi sorridere beffardo.

- Pabo, l'hai inventata al momento. Io non l'ho mai sentita- ridacchiò.

- Cercavo di essere romantico- alzò gli occhi al cielo Jackson.

- Un mito giapponese dice che se due amanti commettono un suicidio si reincarneranno come gemelli- Mark si mise l'indice sul mento e sbattè le palpebre un paio di volte.

- Non voglio imitare Romeo e Giulietta-

- Già, hai ragione. Preferisco la neve-
Le loro labbra ritornarono unite in una cosa sola, le loro anime si fusero assieme.
E la neve ghiacciata congelò quell'istante, così che durasse per sempre.

Mark non aveva più paura di vivere.


***
Annyeong popolo! Finalmente ho aggiornato, e con questo la storia si conclude per sempre, lo giuro ahah xD Devo ringraziare davvero tutti per aver letto la storia, il primo capitolo ha superato di parecchio le 600 visualizzazioni e io sono davvero sconcertata, insomma, non mi aspettavo che piacesse così tanto!
Un grazie speciale va a 7jjjjhsrmv, lerychan, shadowlove e Shizuka 2_0 che hanno preferito la storia; a Giadamisaki10 e Yume_no_Hana che l'hanno ricordata; a BlueMew93, GiuliaGiuxi, LovelyMidnight, MagicaAli e nutellina95 che l'hanno seguita. Per ultima, ma non meno importante, jungkookiee16 che l'ha seguita e recensita, sostenendo come al solito tutti i miei scleri mentali. Davvero, io non so cosa dire, a parte grazie :')
Vi saluto e spero abbiate passato delle buone feste. Bacioni!! _MartyK_

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3534749