La discendenza dei prediletti

di Melody086
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1: Una strana conoscenza ***
Capitolo 3: *** Lo strano uomo ***
Capitolo 4: *** Il colloquio ***
Capitolo 5: *** Vita stravolta... di nuovo ***
Capitolo 6: *** Nuova casa ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo  Di nuovo. È successo di nuovo. Ancora seduta su quella sedia grigio opaco triste, come i colori che la circondavano in quell'ufficio. Quando entrava lì era come se si sentisse in trappolata dalla poca luce che c'era lì dentro, dall'aria fredda che usciva dalla piccola finestrella anche se fuori era estate, dalla lunga attesa che doveva subire ogni santa volta che entrava in quell'inferno buio e freddo per poi sentirsi dire che il suo comportamento era "al quanto meno deludente". Di nuovo. Finalmente la lunga attesa era finita, adesso veniva la parte più noiosa... La romanzina. - Non posso credere che non si siano verificati ancora dei miglioramenti!- Disse con voce delusa e allo stesso tempo arrabbiata la signorina Mireni, la direttrice dell' orfanatrofio in qui vive Sarah, una ragazza di 13 anni con lunghi capelli corvini e alcune ciocche viola che tendevano quasi al blu notte vestita con una felpa nera con una scritta argentata sul petto, dei jeans grigio-neri e delle scarpe che sembravano All-star ma in realtà un imitazione, per il semplice fatto che l' orfanatrofio non aveva così tanti soldi da spendere per una sola ragazzina che come se non bastasse causa anche  problemi; l'unica cosa che dava colore a quella ragazza erano i suoi occhi verde intenso che ravvivano tutta la sua figura nera e cupa. La Mireni le pareva ogni volta così arrabbiata con lei che se la legge lo avrebbe permesso l'avrebbe sbattuta fuori in men che non si dica e a Sarah non gli sarebbe dispiaciuto affatto anzi ne sarebbe stata felice. -Allora Sarah, perché hai risposto così male all'insegnante di Matematica che se ne andata sighiozzando e dicendo le rispettive parole "Non chiamatemi più mi licenzio, non voglio più vedere quel mostro in vita mia"- dicendo la Mireni impassibile leggendo le così dette parole da un foglio di carta sulla scrivania. -Io non voglio imparare da un insegnante che da per scontato che "1+1=2"-Disse Sarah così impassibile che per un secondo la direttrice rabrividì. -Lo sai che dovrò prendere provvedimenti visto che è la terza insegnante che fai scappare quest'anno, vero?- Disse la Mireni seria guardando Sarah come se non gli importasse. Sarah annui indifferente che fece scattare un occhiataccia dalla donna ormai furiosa ma si trattenne benissimo per non far cantar vittoria a Sarah. -Credo che un mese in punizione mangiando in classe da sola basterà, vero Sarah?- Aspettando la risposta dalla fanciulla che le rispose con un'alzata di spalle indifferente. -Puoi andare adesso- le disse mentre annotava qualcosa al PC che aveva a destra della scrivania. Sarah si alzò elegantemente e uscì dalla porta. Ormai andare dalla preside era diventato come un' appuntamento quotidiano per lei e pensandoci fece un sorriso beffardo.

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Capitolo 2
*** 1: Una strana conoscenza ***


Una strana conoscienza. Sarah,appena uscita dall'ufficio della direttrice, si stava dirigendo verso la sua stanza la numero 22, quasi una delle ultime, che condivideva con altre due ragazze più o meno della sua età: La prima Lucrezia, aveva 2 mesi in meno di lei, capelli bruni lunghissimi che gli arrivavano quasi ai fianchi che raccoglieva in una coda di cavallo tirata, era un po più abbronzata di lei che era praticamente bianca, aveva gli occhi di un marrone intenso e un piccolo naso all'insù ed era una delle ragazze più carine dell'orfanatrofio; La seconda, Elisa aveva i capelli a caschetto rossiccio con un grosso paio di occhiali con lenti spesse che si appoggiavano su un naso piccolo piccolo che sembrava quasi invisibile e a volte Sarah si chiedeva come respirasse, degli occhi neri quasi blu e nei capelli certe volte potevi scrutargli delle piccole treccioline che si faceva quando leggeva un libro, in classe oppure quando semplicemente era nervosa. Quando apri la porta della stanza si trovò subito davanti Lucrezia -Allora come è andata!?!-quasi strillò per quanto era preoccupata anche se non ne vedeva il motivo perché lei ci andava quasi ogni giorno dalla direttrice. - Bene, me la sono cavata con un mese di punizione ...niente di che- Disse Sarah staccandosi la compagna dalle braccia e dirigendosi sul suo letto. -Un mese!!!! - Disse lei sconcertata - Sai quanto è un mese, è tantissimo tempo- Adesso sembrava quasi che la stesse rimproverando. -Che ti interessa a te la punizione e mia mica tua- Rispose Sarah quasi un pò  irritata ma rimanendo sempre con il suo sguardo indifferente. - Oh, scusa se mi preoccupo per te- Disse lei girando la testa dall'altra parte per non guardare Sarah. Lucrezia voleva sempre bene a tutti, o almeno ci provava, e certe volte Sarah l' ammirava per questo ma altre gli dava un fastidio! Elisa stava leggendo un libro in silenzio seduta a gambe incrociate con la schiena appoggiata al muro sul suo letto a castello, lei stava al letto di sotto, Lucrezia a quello di sopra e lei aveva il singolo vicino alla finestra. Sarah si sedette sul letto si guardò allo specchio incuriosendo Elisa che finalmente alzò lo sguardo. - Perché ti sistemi? Non vorrai ancora uscire!? - Chiese Elisa preoccupata per la compagna, a quella domanda anche Lucrezia si giro a guardare Sarah ancora preoccupata. - Sì, esco - Rispose; a quelle parole è come se fosse eruttato un vulcano perché Lucrezia era diventata rossa per la rabbia. - MA SEI MATTA!!! - Disse Lucrezia ora urlando e facendo sobbalzare sia Sarah che Elisa -Un giorno ti scopriranno e ti faranno pulire i bagni "non femminili" e io non sarò lì per difenderti!!- Urlo infine. - Stai calma! Tornerò prima dell' ispezione delle dieci! Come sempre!- Disse Sarah per tranquillizarla Lucrezia sbuffo, si arrampicò sulla scala del letto ad ascoltare la musica dell' Mp3 che gli aveva procurato Sarah in una delle sue uscite notturne. Sarah si finì di preparare e si mise in tasca dieci euro - Io torno alle dieci meno venti e se qualcuno entra gli dite che sono in bagno ok? - Chiese Sarah alle due che annuirono all'unisono, il tempo di dirgli ciao e Sarah uscì dalla finestra che stava davanti al suo letto (per fortuna al piano terra), scavalcò il muro come aveva sempre fatto e finalmente poteva respirare. L'unico posto in cui si sentiva libera era fuori da quelle maledette mura che le avevano fatto da gabbia per 13 anni 2 mesi e 6 giorni esatti, per lei era impossibile non contare quei giorni che gli  sembravano tutti uguali ma le uniche ore che per lei non erano soffocanti erano quelle che passava fuori da lì. Si mise gli auricolari alle orecchie mise una musica a caso e si fece cullare dalle note dolci di quella melodia, camminò per un pezzo di strada e si sedette su una panchina sotto un albero. Passarono due ore buone ed era quasi il momento di andare quando una ragazza si sedette accanto a lei. Aveva i cappelli lunghi ma non troppo, castani ma non come quelli di Lucrezia, era un castano cioccolato bellissimi, era vestita con un giacchetto di jeans, una maglietta rosa paio di jeans che erano della stessa tonalità del giubbino e delle VERE scarpe All-star rosa acceso. Pensò che si era seduta accanto a lei per deridere di come fosse vestita malamente  come facevano alcune ragazze che incontrava per strada che sghignazavano quando gli passavano vicino, ma invece lei se ne stava per conto suo con lo sguardo al cielo, guardando le stelle. Poi si decise a parlare -Belle le stelle vero? - Gli domando con sguardo sognante ancora verso il cielo. Sarah un pò stranita dalla domanda rispose - Sì, molto bello- evasiva. -Io mi chiamo Ilenia - alzando la mano per porgerla all'altra ma Sarah come d'abitudine non gliela allungo e continuo a guardare le stelle -Io mi chiamo Sarah - Disse solo per essere educata. La strana ragazza comincio a fissarla intensamente da capo a piedi come se volesse analizzare, in quella ragazza trovava qualcosa di strano... Come se emanasse qualcosa di ...Familiare. Guardò l'orologio della piazza e vide le dieci meno cinque, si alzò velocemente e mise gli auricolari dentro la tasca della felpa con l'Mp3. - Scusa io devo proprio andare ci vediamo in giro - Disse Sarah un pò agitata e se ne andò in fretta e furia. Ilenia si giro dalla sua parte e quando si accertó che Sarah si allontanò i suoi occhi diventarono fessure - Allora ti abbiamo trovata ...-                         ************* Aprì velocemente la finestra e si mise sotto le coperte senza neanche togliersi i vestiti -Sono le dieci in punto e secondo i miei calcoli l'ispezione dovrebbe...- Non riuscì a finire il pensiero che la porta si aprì, la bidella fece un piccolo giro della stanza senza toccare niente e richiuse la porta uscendo, il tempo di sentire i passi che si allontanavano sempre di più dal loro udito che Lucrezia accese la luce dal suo letto e si mise seduta è fece così anche Elisa. Neanche il tempo che Lucrezia aprisse bocca e Sarah si affrettò a dire - Ti prego se vuoi farmi la solita romanzina allora aspetta domani, ho sonno - Disse secca Sarah accompagnando il cuscino alla guancia. Elisa si rimise sdraiata sbadigliando, e anche se con un po di esitazione, Lucrezia spense la luce e tutto tacque. Angolo Autrice: Ciao a tutti sono Melody086 e sono qui da pochissimo ma pensavo che sarebbe stato divertente provare a scrivere qui ed è venuto fuori questo, non aspettatevi granché sono una principiante ma accetterà ogni vostra critica vogliate farmi e per favore recensite così almeno potrò capire dove sto sbagliando. Arrivederci Melody086 ;)

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Capitolo 3
*** Lo strano uomo ***


Dopo due mesi dalla quasi catastrofe del ritardo, Sarah aveva rispettato il coprifuoco ogni volta dopo l'incidente anche se Lucrezia non se lo sarebbe scordato molto presto. Erano a cena quando qualcuno suonò al campanello dell'orfanatrofio, poche persone venivano lì e a quell'ora, quando aprirono si ritrovarono davanti un uomo vestito con una casacca estiva anche se era pieno inverno, quando se la tolse sembrava propio un magiordomo dell'ottocento. Questo entro nell'ufficio della Mireni, anche se Sarah non poteva sentire cosa si stavano dicendo pensò che volesse adottare un ragazzo e non si preoccupò più di tanto, finché la Mireni entro nella mensa gridando - Sarah Guerrieri! Nel mio ufficio.- Sarah era un po' spaesata, sì lei ci andava spesso nel suo ufficio, ma quella volta non aveva fatto niente. Si alzò dalla sua sedia e cominciò ad andare verso l'ufficio con il suo solito sguardo spento. Nell'ufficio, con sua grande sorpresa, non c'era solo la donna ma anche quello strano uomo che era entrato poco prima. E propio in quel momento Sarah realizzò cosa ci faceva lei lì. -Bene Sarah sono felice di comunicarti che questo signore vuole adottarti- Disse la Mireni indicando l'uomo che stava accanto a lei sfoggiando un sorriso bonario. Sarah rimase indifferente ma stava gridando dentro. "Perché a me!! perché!!!" Si continuava a ripetere nella sua mente, il suo peggior incubo si stava avverando... Stava per essere adottata! Doveva dire qualcosa, per evitarlo! - Vedo che è molto felice che me ne devo andare, signorina Mireni.- Disse inespressiva Sarah La Mireni ridiventò seria - Sai che non volevo dire questo- Disse riducendo i suoi occhi in fessure. - Sì lo so, vuole dire che non vede l'ora che la sua dolce spina nel fianco se ne vada - ora Sarah aveva  un piccolo ghigno stampato in faccia. La Mireni si stava accigliando ma sapeva che se avesse perso il controllo avrebbe fatto vincere la ragazza e si ricompose subito. - Il signore che vedi è l' uomo che ti ha scelta, ma non è chi ti adotta veramente, codesto invece e molto noto per la sua ricchezza e ovviamente quello che hai davanti è uno dei suoi tanti uomini che assume.- Disse la Mireni cambiando discorso è consultando un foglio sulla scrivania. Sarah si rabbuio, stava per diventare figlia di uno Snob. - Domani riverrà per fare un colloquio con te- Disse la Mireni digitando al computer. Gli occhi di Sarah si illuminarono di speranza, forse se non faceva una buona impressione al suo futuro patrigno forse c'era ancora un possibilità, una possibilità di restare lì, doveva tentare. -Ok - Disse Sarah con sguardo ancora spento anche se speranzosa - Posso andare? -Si puoi andare- Rispose la Mireni Sarah si avvicinò alla porta ma prima che agrappasse la maniglia si girò ancora una volta verso la Mireni e fece un inchino, come quello delle principesse. -Grazie per avermi congedato- Disse solenne e si sbrigò a girare la maniglia mentre la Mireni stava per ribattere, ma si fermò all'improvviso rossa in viso per la rabbia perché Sarah si era già dileguata sghignazzando, l'uomo accanto a lei rise in una piccola risata -Un bel caratterino!- Disse sempre l'uomo con un sorriso stampato in faccia, la Mireni lo guardo sconcertata -Ma è sicuro di volere lei?- Disse infine. - Ho fatto la mia scelta-  Disse ora serio.

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Capitolo 4
*** Il colloquio ***


Sarah si mise seduta di scatto sul letto. Di nuovo quell'incubo, lo stesso che faceva ultimamente, ogni sera: Sarah si trovava nel buio profondo come la notte senza stelle, dopo lunghi secondi di silenzio si vedevano cinque sfere luminose di vari colori, che non riusciva mai a distinguere bene ma uno l'ho vedeva bene: Il Blu. Il suo colore preferito, così scuro ma anche così puro,perché quello era un blu intenso, così denso che si poteva sentire il benessere che emanava. Le sfere luminose cominciano ad afievolirsi e una grande ombra nera le avvolge completamente, quasi risuchiandole nele tenebre, poi quando le sfere spariscono la nube viene verso di lei e comincia ad avvolgere anche Sarah mentre si dimena e urla inutilmente, per poi svegliarsi tutta sudata e col fiatone. Si alzò dal letto, si pettinò i capelli guardandosi nello specchio sul muro, poi si mise una maglietta viola scuro, dei pantaloni neri, le finte All-star nere e una felpa con la zip, sempre nera. Poi guardò Lucrezia sul suo letto addormentata, era bellissima anche quando dormiva, poi si girò di nuovo per vedersi allo specchio. "Perché me?"-pensò Sarah - "Perché non Lucrezia, Elisa o gli altri ragazzi dell'orfanatrofio, avevano più diritto di lei di andarsene da lì, Perché non loro? Perché propio me?" Si riscosse dai suoi pensieri e si girò di nuovo verso Lucrezia, erano diventate le otto in punto, senza esitazione prese il cuscino e lo tiro propio in faccia a Lucrezia che si sveglio di colpo. -È ora di alzarsi pigrone!- Disse Sarah cercando di rimanere seria ma divertita allo stesso tempo. Lucrezia guardò con la coda dell'occhio la sveglia e si mise il cuscino sulla testa. - Ooh, solo tu puoi svegliarti alle otto del mattino di Sabato! - Bofonchiò Lucrezia assonata. Elisa, anche lei svegliata da Sarah, sbadigliò, e senza troppi indugi si alzò per andare in bagno. Sarah senza aspettere le altre scese giù a mensa per fare colazione, prese un cappuccino, una brioche e un bicchiere d'acqua fresca, si trovò il posto più appartato di tutti e cominciò a mangiare la sua colazione. Dopo un po' la porta del corridoio si aprì ed entrò lo strano tizio dell'altro giorno, che la fissò intensamente sempre con il suo sorriso bonario e si avviò nell'ufficio della Mireni, Sarah prima di dormire aveva preparato i peggiori insulti che teneva riservati solo per le emergenze, non sarebbe andata con lui tanto facilmente, anzi non ci sarebbe andata propio! Quando finì la colazione, venne chiamata dalla bidella Giliana per andare in una piccola saletta con una scrivania con due sedie, una davanti alla scrivania e una dietro. Lei si sedette e propio davanti a lei c'era lo strano signore che sicuramente, come aveva detto la Mireni, era uno della servitù dell'uomo troppo ricco e occupato per conoscere la futura figlia! Era arrivato il momento, doveva tenersi pronta! Lo fissava con occhi infidi e vigili. Restarono in silenzio per minuti che a Sarah sembravano un'eternità, lui continuava a guardarla con il suo sorriso bonario che a Sarah già irritava. Poi lo strano signore si decise a parlare. - Io mi chiamo Jonathan, molto piacere di conoscerti!- e gli porse la mano ma ovviamente Sarah non gliela strinse. Il magiordomo la abbassò senza togliersi quel sorriso amichevole. -Sai, sono felice di conoscerti, ti ho osservata ieri e mi sembri adatta a venire con me nella villa del Signore - Rispose Jonathan sempre con tono amichevole che Sarah non ricambiava, visto che lo guardava sempre infida. Il magiordomo deve aver afferrato che a Sarah non piaceva molto l'idea, perché disse -Non mi sembra che tu sia molto contenta- senza togliere il sorriso a 32 denti. Sarah rispose seccata-Lei crede!- Disse ironica -Allora, mettiamo in chiaro una cosa, io non voglio essere la figliastara di un riccone snob, mi hanno parlato del suo "Signore" e per pensieri miei sarà uno dei soliti snob dei quartieri alti! -Lo disse quasi urlando e ritorno con il suo sguardo indifferente senza espressione, inarcando leggermente le soptracciglia arrabiata. Il magiordomo però non si scoraggiò dalle parole della ragazzina e sorrise ancora di più -Beh, gli assicuro che il Signore è la persona più brava del mondo, ma non mi sembra questo il problema che l'afligge, giusto?- Disse Jonathan paterno, e a Sarah, ovviamente, questo non piaceva e si limito a sbuffare. -Già, propio così, vero? Però che cosa gli piace di questo posto, non riesco a capire, io posso darle una famiglia.- Disse Jonathan. - Ed è proprio questo il problema, non voglio avere una famiglia!! Propio come non voglio avere una grande villa come la vostra, non voglio avere persone che fingono di amarmi e che poi mi riporterebbero qui...- Disse Sarah fingendosi triste, ma faceva parte della sua elaborata recita. Il magiordomo la guardava un po' pentito della domanda ma anche dispiaciuto per la ragazza che aveva davanti che stava fingendo esplicitamente ma non così tanto per far accorgere il magiordomo. Dopo le parole di Sarah ci fu un grande silenzio che alla fine interruppe Sarah. - E se adesso non le dispiace...- Facendo un piccolo inchino come il giorno precedente e se ne andò via lasciando l'uomo da solo. Era soddisfatta, chi voleva una ragazza con problemi del genere come figlia, l'unica cosa che si rimpiangeva era che avrebbe potuto usare un po' più insulti e se ne andò trotterellando verso la propio stanza.

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Capitolo 5
*** Vita stravolta... di nuovo ***


Vita stravolta… di nuovo
 
Finalmente Sarah poteva dormire tranquilla, nessuna preoccupazione, nessun impegno, nessuno che l’avrebbe adottata.
E si addormentò beata.
Si svegliò di soprassalto mettendosi seduta all’istante, aveva fatto un incubo, ma uno diverso non quello che faceva di solito di questi tempi:
C’era sempre quell’immenso buio che l’avvolgeva e che le dava sempre quel senso di angoscia, apparve questa volta solo la sfera bluastra, ma stavolta si senti una voce che sembrava venire dalla sfera stessa.
-Sarah, non nasconderti  dai tuoi problemi perché loro ti seguiranno, sempre, e non aver paura perché io ti aiuterò a superarli- e detto questo sparì nel buio; poi la stessa nube nera si attacca prima ai piedi della ragazza per poi espandersi a chiazza d’olio su tutto il suo corpo, pur dimenandosi e urlando Sarah non riusciva mai a liberarsi dall’entità e, dopo secondi interminabili di paura ed orrore si sveglia sconvolta.
Erano le quattro di notte, Lucrezia ed Elisa stavano dormendo ognuna nel proprio letto.
Sarah provava a riaddormentarsi ma non riusciva neanche a sedersi sul letto che brividi di adrenalina le attraversavano il corpo, non era la prima volta che succedeva, quando si risvegliava dal suo sonno non riusciva mai a riaddormentarsi, neanche come se avesse preso un caffè, i dottori che l’avevano visitata in orfanatrofio sostenevano che fosse solo insonnia.
“Ma l’insonnia non era quando non riuscivi proprio a dormire, o sbaglio?” Si chiedeva sempre Sarah guardando storto i dottori che, per lei nessuno faceva bene il proprio lavoro, chi fa per se fa per tre, giusto?
Si mise i vestiti che aveva usato il giorno prima e aprì la finestra davanti al suo letto, sgattaiolo fuori, si arrampicò sul muro che recintava l’edificio e fu fuori.
Non c’erano molte persone in giro per le strade a quell’ora e fece una lunga passeggiata fino ad arrivare ad un grosso parcheggio abbandonato, scavalcata la recensione si ritrovò dentro.
Andò fino all’ultimo piano per raggiungere una piccola terrazza dove si poteva vedere tutta la città, lei viveva in un piccolo paese in provincia di Torino e anche se è una città molto popolata, il paesino era un posto squallidissimo:
Non c’erano negozi, o se sene apriva uno durava per un tempo limitato per la mancanza di clienti, qualche tavola calda nei vicoletti, palazzi di tre o quattro appartamenti,  una scuola, un parchetto con uno scivolo e un’altalena rotta e l’orfanatrofio, una scuola e l’orfanatrofio, per l’appunto quando un bambino veniva adottato nell’edificio, quasi sicuramente la famiglia non è di quelle parti ma di città più conosciute  o, se si è fortunati  anche di  provincie.
 
Stava sorgendo l’alba, era stupenda.
 Sarah si mise seduta sul bordo del muretto che delimitava il vuoto e il vecchio parcheggio, una gamba a penzoloni e la schiena appoggiata su un lampione.
Contemplava silenziosamente quel breve momento che le dava forza per andare avanti con la sua problematica vita all’orfanatrofio. L’alba.
Quasi ogni giorno si chiedeva come sarebbe stata l’alba la mattina dopo, sfumata di rosso, nuvolosa, con colori tenui e spenti o luminosi e sgargianti…  pensava ogni notte nel suo letto con il beneficio del dubbio, che… sì, era un beneficio, un dubbio che le dava un motivo per continuare quella vita solitaria.
La sua alba preferita era l’alba sfumata di azzurro:
un sole arancione tenue che veniva oscurato da fili di nuvole bluastre, due colori completamente diversi diventano un tutt’uno
paradisiaco agli occhi di Sarah.
Come se madre natura gli avesse fatto un regalo l’alba era coperta da una nebbiolina bianca e blu pallido quasi azzurra, che dava un tocco di inverno a quel sole splendente di fine autunno.
Era quasi ammaliata da quello spettacolo naturale che non face caso al tempo che scorreva veloce, finche il sole non fu abbastanza alto da sentire i primi uccelli cantare  Sarah  non abbassò lo sguardo.
 
Erano le sei e mezza, anche se era Lunedì  non doveva andare a scuola, avevano sospeso le lezioni per via di un “allagamento improvviso” per colpa di qualcuno che ha “accidentalmente” rotto tutti i termosifoni delle aule, certe volte Sarah si chiedeva quanto fossero ingenui i professori.
Prese il suo Bloc-notes dalla tasca dei pantaloni, li ci disegnava il sole la mattina e certe volte ci scriveva come stava in quelle giornate di completa noia, l’ultima volta che ci aveva scritto  e non solo disegnato, aveva avuto sì o no sette anni, aveva scoperto che era una bambina… “speciale” e lo aveva appuntato, se scriveva sul Bloc-notes doveva essere una cosa abbastanza particolare.
Quel giorno Sarah ci scrisse davvero qualcosa:
-Ieri poteva avvenire una svolta che avrebbe cambiato radicalmente la mia vita, per fortuna che ho estirpato subito la radice prima che la malattia potesse espandersi su tutta la pianta ;) –
Adorava mettere le faccine alla fine di ogni tipo di frase e non scrivere direttamente me con delle metafore.
Sopra alla frase ci disegno la sua alba preferita che ancora poteva vedere anche se debolmente, tanto gli veniva naturale farlo, come allenamento aveva le ore di storia o di algebra, o scienze.
Erano le sette meno dieci, doveva ritornare il più presto possibile, anche se non lo stava a vedere, aveva paura che la Mireni la beccasse in fragrante, non voleva vederle quel sorrisetto soddisfatto che dice “Ora che ti ho beccata posso farti passare le pene dell’inferno”.
Ma c’era anche un altro motivo, non voleva che gli togliessero l’unico momento di svago della giornata o se no non sarebbe sopravvissuta un altro giorno in quell’edificio.
Scese le scale che portavano alla grande terrazza, scavalcò la recinsione che sarebbe dovuta essere elettrica e saltò fuori.
Per andare dal parcheggio all’orfanatrofio Sarah ci mise poco più di cinque minuti, si affrettò ad arrampicarsi  sul muro e ad infilarsi nella finestra sempre aperta, vide Lucrezia intenta a mettersi seduta, non l’aveva vista entrare  per fortuna.
-Buongiorno Dormigliona, dormito bene- e per una volta mentre pronunciava la frase fece un mezzo sorriso, Lucrezia se ne doveva essere accorsa perché ora la guardava incredula.
-Come mai oggi sorridi?!- Chiese Lucrezia visibilmente sorpresa.
-Non posso essere felice anche io per una volta?- Disse Sarah inarcando le sopracciglia.
-Scusa ma, sai, non capita tutti i giorni- Disse Lucrezia saltando giù dal letto a castello.
Sarah, tutta sodisfatta e con un ghigno stampato in faccia rispose - Ho risolto un problema- e andò verso la mensa per fare colazione.
Scese le scale tutta soddisfatta per il trionfo del giorno prima, poi però si accorse che la Mireni la stava aspettando alla fine della scalinata.
-Buongiorno Guerrieri- Disse con un sorriso a trentadue denti.
Non andava affatto bene quando sorrideva, accadeva poche volte ma quando accadeva non succedeva niente di buono.
-Sono felice di annunciarti ufficialmente che verrai adottata- Disse ora lei soddisfatta.
 
A Sarah mancava il respiro, era sicura che non poteva succedere, non era vero, non doveva essere vero!
Sarah rimase muta, cercando di rimanere imparziale.
-Il signor Jonathan verrà fra un ora precisa, hai sessanta minuti per preparare i tuoi affetti personali e scendere – Disse la donna guardando l’orologio da polso.
Sarah si sentiva svenire, gli formicolavano le dita, il senso di angoscia che le saliva dallo stomaco, la sensazione di non riuscire a sorreggersi sulle proprie gambe, Sarah conosceva troppo bene quei sintomi, erano proprio quelli che doveva evitare di farsi venire per una ragione ben precisa.
Si tirò le maniche per coprirsi i palmi delle mani e si strinse nelle spalle, dopo aver annuito alla Mireni e vederla andare verso il suo ufficio Sarah iniziò a salire le scale barcollando di qua e di la, si mise i guanti che teneva sempre nelle tasche e andò verso la sua camera.
Quando Sarah fece il suo ingresso nella stanza c’era solo Lucrezia che si stava vestendo per andare in sala comune ma smise di farlo quando vide l’amica tremare come una foglia.
-Sarah stai bene?- Chiese Lucrezia preoccupata.
Sarah neanche la ascoltò, si diresse verso il suo letto e si mise seduta guardando un punto impreciso della stanza, dopo un po’ prese un sacchetto di carta e cominciò a soffiarci dentro.
In quel momento Lucrezia scattò vicino a lei.
-Respira, espira, respira, espira…- Diceva a Sarah come se fosse la cosa più normale al mondo, a Sarah succedeva non poche volte e ora Lucrezia c’era quasi abituata.
Soltanto quando Sarah fu calma Lucrezia chiese cos’era sccesso.
-Sarah, mi vuoi spiegare che cos’è successo?- Disse Lucrezia preoccupata.
Sarah rimase un attimo interdetta sul dirglielo o no.
-Mi hanno adottata!- Disse quasi strillando.
 
Lucrezia fu combattuta sul cosa dire.
Non voleva far sentire ancora peggio Sarah dicendogliene di tutti i colori, ma non poteva dirgli anche che era la cosa più bella di questo mondo, conosceva Sarah, comprendeva che l’essere adottata per lei era il suo peggior incubo.
Allora fece la prima cosa che gli passò in testa.
Sarah si aspettava che Lucrezia si sarebbe arrabbiate gridandogli ipocrita mentre sbatteva la porta andandosene via, ma invece fece una cosa che non si sarebbe mai aspettata.
L’abbraccio di Lucrezia che venne dopo fu una stretta al cuore, non si sarebbe mai aspettata una reazione simile, ma ormai tutte le sue certezze svanivano ancor prima di supporle.
Ricambiò l’abbraccio e si godé gli ultimi momenti che avrebbe passato con una delle sue poche amiche.
 
Angolo autore:
Ciao a tutti, finalmente sono riuscita a mettere l’html… dopo la quarta-quinta crisi di nervi, ma l’importante è che alla fine ci sono riuscita.
Spero che il cap. vi piaccia, recensite a presto.

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Capitolo 6
*** Nuova casa ***


Non c’erano molte persone al cancello d’istituto: Si era presentata la Mireni con il suo falso sorriso che è costretta a sfoggiare per tutti gli orfanelli che se ne vanno dall’edificio ,la bidella che l’aveva scortata alla porta come se fosse una formalità, ma Sarah sapeva benissimo che l’aveva fatto solo con lei per paura che si dileguasse in tutt’altro posto, e poi non potevano mancare le sue uniche amiche, Lucrezia ed Elisa avevano pregato più volte la Mireni di lasciarle venire a salutarla in quel momento, che soltanto dopo la quarta volta ha ceduto.
La bidella aprì la porta a Sarah mentre la guardava con occhi vigili e sempre in allerta per ogni singolo movimento sospetto della ragazza.
Sarah scendeva gli scalini che dividevano la porta d’ingresso e il piazzale.
 Pensava a come sarebbe diventata la sua vita superato quel cancello arrugginito che delimitava l’orfanatrofio da una casa nuova con persone nuove e nuove abitudini, in poche parole? Cambiare radicalmente il suo modo di fare.
E poi non avrebbe più rivisto le sue amiche, non avrebbe più rivisto i suoi compagni d’istituto e poi non avrebbe rivisto più i suoi professori, poi chi li avrebbe fatti sclerare.
 
Gli scalini erano finiti, Sarah stava attraversando il piazzale.
 
Come si sarebbe dovuta comportare nella sua nuova casa? Sperava solo che non avrebbe dovuto prendere il tè alle cinque e non si sarebbe dovuta vestire con abiti rosa e merlettati che prudono un sacco dappertutto.
Anche se si sarebbe abituata, un giorno, non li avrebbe mai considerati mai “la sua famiglia”, quella se ne era andata troppo tempo fa e quella crepa nel suo cuore si era riempita con odio e disprezzo per quella parola, quelle otto lettere le avevano fatto troppo male nella sua vita e a sette anni si era già convinta che lei non ne avrebbe mai più avuta un’altra.
 
La bidella stava estraendo dalla tasca la chiave del cancello, la stava inserendo nella serratura.
 
In quel momento Sarah realizzò qual era la vera ed enorme difficoltà che doveva considerare all’istante… Come avrebbe fatto a nascondere il suo “problema”?
Nell’orfanotrofio era stato abbastanza semplice, qualche spolveratina qua e là, rimuovi il ghiaccio dalle pareti… Ma ora!
Sarebbe stata riempita d’attenzioni, controllata ventiquattrore su ventiquattro, non sarebbero stati ammessi errori stavolta.
In quel momento indossava i suoi fedelissimi guanti senza dita, l’unica cosa che gli avevano lasciato i suoi genitori quando l’hanno portata all’orfanatrofio, ma quando non si sarebbe controllata, quando lo stress avrebbe preso il sopravvento, se li sarebbe dovuti togliere prima o poi.
Il cancello si aprì cigolando, ora non si poteva più tirare indietro, aveva provato a non fare accadere tutto ciò ma non ci era riuscita, e ora doveva pagarne le conseguenze.
Il tempo di salutare le sue migliori amiche e salì in una macchina dell’ottocento completamente nera con giunture argentate.
“Sembra una macchina funebre” Pensò subito Sarah quando vide il veicolo che l’avrebbe scortata alla sua nuova casa.
Quando si mise comoda nel sedile posteriore prese il suo Mp3 che Lucrezia aveva insistito a cedergli, prese i suoi auricolari bianchi e lì collegò, mise una musica a caso, come le era solito fare e cominciò a guardare il finestrino.
Non aveva mai visto Torino, o qualsiasi altro posto all’infuori della sua misera cittadina.
Le strade erano molto più popolate, piena di turisti e li sembrava anche che splendesse il sole, invece all’orfanatrofio o pioveva o diluviava!
Una quarantina di minuti di viaggio e arrivarono a destinazione.
Quando scese dalla macchina si trovò davanti una villa all’antica fatta di marmo non proprio lucente ma sempre bellissimo, c’era una strana sensazione nell’aria, ma Sarah la ignorò perché era troppo impegnata ad osservare la sua nuova casa.
Sarah si immaginava che sarebbe stata una specie di villone moderno con quaranta pasti al giorno e giocare con dei cavalli da polo, ma… sembrava quasi mal ridotta: c’erano licheni dappertutto, l’erba non era tosata e c’erano pozze di fango sul vialetto.
L’unica cosa che Sarah apprezzava di quel nuovo posto era che non si trovava in città, confinava con una grande foresta di cui era vietato l’accesso con una grande rete di fili di ferro e, alla parte più in alto della recinzione c’erano grossi spilloni che rendevano difficile l’accesso dall’altra parte.
“Difficile, ma non impossibile” pensò Sarah osservando la recinsione quasi inespugnabile.
Il giardino non era molto curato, ma vi si trovavano delle statue da decorazione che raffiguravano dei guerrieri, erano in tutto cinque ed erano fatte di marmo molto più splendente se paragonato a quello della villa.
La porta era immensa e sempre dipinta di bianco come del resto quasi tutta la casa, in alcuni punti si potevano intravedere scritte in latino che Sarah non comprendeva, attraversandola  Sarah riuscì ad accedere all’interno della residenza, le pareti si tingevano di un giallo chiarissimo che si intonava col tappeto bianco che cominciava dalla porta d’ingresso, si estendeva sulle due scalinate che portavano entrambi al secondo piano che era un corridoio che conduceva ad un miliardo di porte.
Sarah era sbalordita ma continuo ad osservare il tutto inespressiva.
- La sua stanza è la terza porta a destra del corridoio a sinistra, del secondo piano-  Cominciò  Jonathan  -Vuole che l’accompagni?-
Sarah si riscosse da quell’enorme villa.
 -No- Disse fredda – riuscirò a trovarla da sola- e si incamminò verso la stanza predefinita.
Sarah si trovava davanti alla sua camera, con il borsone che l’orfanatrofio gli aveva dato preso con tutte e due le mani.
“Fai un respiro profondo ed aprì la porta Sarah” pensò Sarah facendo un respiro profondo.
Prese la maniglia della porta e la diresse verso il pavimento, la portò a se e aprì la porta di scatto.
La stanza era bellissima, le pareti erano di un blu notte che si abbinavano con il tappeto davanti al letto, il pavimento era di piastrelle lucenti bianche su cui ti ci potevi anche specchiare, c’era la scrivania bianca su cui c’erano appoggiati alcuni libri, poi la sedia era foderata di pelle ovviamente blu ed il resto infine era nera, il letto aveva le lenzuola bianche con il copriletto celestino, era a baldacchino e ai lati di quest’ultimo c’era un comodino bianco con sopra una lampada, dall’altra parte del letto a due piazze  c’era l’armadio grande quanto tutta la mia vecchia stanza d’orfanatrofio.
Sarah fece un passo avanti per entrare nella stanza.
“Cavoli se è bella” Pensò Sarah a bocca aperta.
Scosse la testa per ritornare alla sua espressione quotidiana, l’indifferente.
Non poteva permettersi di affezionarsi subito alla nuova casa… o famiglia, almeno finche non gli avrebbe dato un po’ di filo da torciere, lei era fatta così.
“Mi hai scelta, e ora però ne paghi le conseguenze”
Sarah cominciò a sistemare i suoi pochi vestiti nell’armadio, non passò nemmeno un minuto che Jonathan entrò in camera sua
-Vedo che sta già sistemando i suoi vestiti- Disse l’uomo rivolgendo un sorriso a Sarah, ma lei non lo degnò di nemmeno  uno sguardo e rispose con un generico -Già-.
- Noi mangiamo alle sette e mezza precise, le va bene se la vengo a prendere per quell’ora?- Disse l’uomo seguendo il movimento di Sarah di portare i vestiti nell’armadio.
-Potrò avere l’onore di conoscere il mio patrigno dopo?- Disse lei non rispondendo alla domanda del maggiordomo.
L’uomo portò il suo sguardo sul pavimento, imbarazzato.
Per la prima volta Sarah alzò lo sguardo- Come pensavo- Disse quasi come un sussurro poi ricominciò a rimettere i vestiti nell’armadio.
Ci fu un brevissimo silenzio, poi Jonathan, ritrovando le parole disse- Però potrà cenare con i figli adottivi del signore, hanno la sua stessa età- Disse con un pizzico di entusiasmo, ovviamente sempre più entusiasta di Sarah.
A lei, per l’appunto, non gli andava molto a genio l’idea di vivere con altri due ragazzi della sua stessa età, e se sarebbero stati snob e prepotenti come Sarah si era immaginata il padre adottivo?
Mentre Sarah rifletteva sistemando i suoi vestiti, Jonathan la fissava con sguardo serio e preoccupato rivolto alla ragazza che poi si ritrasformò immediatamente nel sorriso a trentadue denti quando Sarah rialzò lo sguardo verso di lui.
-Va bene, ci vediamo quando dovrà scortarmi alla sala da pranzo- Disse Sarah ironica accennando un minuscolo sorriso.
A quelle parole Jonathan se ne andò dalla stanza per così permettere a Sarah di buttarsi sul comodissimo letto.
A Sarah quell’uomo gli incuteva un briciolo di timore, ma scaccio subito quel pensiero e si rilassò per la prima volta in tutta la giornata.

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