Mortal Kombat: Ascendancy

di Dark Tranquillity
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bound By The Moon ***
Capitolo 2: *** [Kung Lao, Kintaro] Burning Sermon ***
Capitolo 3: *** [Kung Lao, Sub-Zero] Horn Of Betrayal ***
Capitolo 4: *** [Sub-Zero] Not All Who Wander Are Lost ***
Capitolo 5: *** [Kintaro, Kung Lao] March To The Shore ***
Capitolo 6: *** [Kung Lao] Delight And Angers ***
Capitolo 7: *** [Kung Lao, Sub-Zero] Punish My Heaven ***
Capitolo 8: *** [Kitana] Perfection Or Vanity ***
Capitolo 9: *** [Sub-Zero] Teach Me To Whisper ***
Capitolo 10: *** [Kung Lao] This Is War ***
Capitolo 11: *** Intermission: MK lore, organizzazioni, politica ***
Capitolo 12: *** [Kintaro] Damage Done ***
Capitolo 13: *** [Sub-Zero] In Waves ***
Capitolo 14: *** [Kitana] 5 Minutes Alone ***
Capitolo 15: *** [Frost] This Fire Burns ***
Capitolo 16: *** [Kung Lao] The Quiet Place ***
Capitolo 17: *** [Kintaro] These Fighting Words ***
Capitolo 18: *** [Sub-Zero] Cryoshock ***
Capitolo 19: *** [Kitana, Sub-Zero] The Horizon Effect ***



Capitolo 1
*** Bound By The Moon ***


Bound By The Moon.mp3 - DevilDriver

When they ask you about this
Tell them I was...
Running in the company of wolves
It's the company we keep
Brotherhood
Bound by the moon!


Luogo e data sconosciuti

Urla nella notte.
La voce della donna sovrastava perfino il vento che fischiava con prepotenza fra quelle fosche formazioni rocciose che si innalzavano dalla terra come artigli neri.
Nell'umida caverna, al riparo dallo sguardo del mondo, la donna sentì le contrazioni del parto farsi dolorose e violente. Al suo fianco un uomo, la mano stretta nella sua.

«Devi essere forte, ora. Io sono qui con te.» mormorò la figura maschile, mentre la donna inarcava la schiena urlando nuovamente.
«...Salva... Il bambino... Se non riuscissi a ... A sopravvivere...» rispose la donna, con le lacrime che le rigavano il volto «Portalo... Al sicuro...»
«Tu sei forte. Non succederà nulla...»
«...Io.... Ah!...» un urlo soffocò la risposta di lei.
«Non succederà nulla.» Ripetè lui, fermamente.

L'uomo le teneva la nuca con una mano, l'altra in quella di lei a stringerla, come a volerle infondere quanta più forza potesse. La voce dell'uomo era bassa e calma, ma il tremolio nelle sue parole ne tradivano l'ansia.
Era accaduto tutto troppo in fretta.
Nessuno meritava di mettere alla luce un bambino in una squallida caverna come quella, in un luogo dimenticato dagli dei.
Eppure non avevano avuto scelta, nè lui nè lei.
Ridestatosi dai propri pensieri, riprese ad accudire la donna, invitandola a spingere, ad ignorare il dolore per quanto potesse.

«...Sento... La testa... Uscire...» gridò lei, alzando istintivamente il capo per vedere.
«Continua, spingi!» L'uomo si sposto fra le gambe di lei, con un balzo agile e sinuoso. «Sì... La vedo... Spingi con tutta la tua forza!» l'esortò.

Un ultimo rauco grido e il bimbo venne alla luce. Esalando un profondo respiro e rilassando infine i muscoli ben modellati del suo corpo, aprì gli occhi osservando la piccola creatura che vagiva fra le braccia dell'uomo, fra le cui labbra si era dipinto un sorriso di pura gioia. Le preoccupazioni, i timori e le angosce degli ultimi mesi erano di colpo sparite.

«E'... E' una bambina...» mormorò l'uomo.
«Lascia... Che la veda....» le rispose, alzando le mani per accogliere la neonata fra le braccia «...E'... Bellissima... Mia figlia... Mia figlia...» circondandola delicatamente con le braccia, la madre chiuse gli occhi e chinò il capo sulla testolina della bambina per posarvi le labbra mentre calde lacrime le rigavano il volto, sgorgando copiose. Piangeva, ma non di gioia. 
«...Ora prendila... E va'...»
«...Io...» cominciò lui «...Non credo di aver la forza, ora... Non...» esitò.
«Devi farlo. Non pensare a me. Pensa a lei... »
«...» 
«Devi portarla via, lo sai.»

L'uomo scosse il capo con forza, poi cercò di ricomporsi, prendendo delicatamente la piccola dalle braccia della madre ed avvolgendola in un drappo per ripararla
.
«...Farò quello che devo. Mi... Mi dispiace.» lo sguardo negli occhi dell'uomo lasciava trasparire la sincerità delle proprie parole.

Senza attendere altro, incapace di sostenere ancora lo sguardo addolorato della donna, si girò e sparì nella notte, un'ombra fra le ombre, portando fra le braccia il frutto del suo seme, i pallidi raggi delle Tre Lune come unici testimoni del suo passaggio.

 
 
† † † †


Outworld
Fortezza del Sangue
Data sconosciuta


«Spero tu interrompa la mia meditazione per un valido motivo.»

La voce dell'Imperatore risuonava cavernosa e riempiva la sala gettando sconforto nell'animo di chiunque fosse al suo cospetto. Sedeva su un ampio trono modellato in forme crudeli, caratterizzato da punte ed incisioni di antiche creature demoniache impegnate in un'infinita lotta fra loro. La grande sala del Trono era opprimente con le sue arcate nere e le grosse colonne in marmo che l'adornavano, decorata con oscuri arazzi raffiguranti forme bizzarre e rune dall'aspetto malvagio. Eppure niente di tutto ciò era come stare al cospetto di Shao Kahn, l'Imperatore. Aveva le sembianze di un uomo dalla stazza imponente, dominatore di una terra popolata da creatura bizzarre e terribili, dai mastodontici Shokan a quattro braccia, ai Centauri, o i selvaggi Tarkata dai denti a lama. Poteva sembrare un semplice uomo, ma l'aura di terrore che l'avvolgeva, gli occhi scarlatti che parevano in grado di frugare fino all'anima, lasciavano presagire che di umano non avesse nulla.
La creatura che aveva interpellato, invece, era palesemente inumana.
Delle vesti nere e verdi gli coprivano gran parte del corpo, si poteva facilmente indovinare la natura dell'essere inchinato: il muso allungato sotto alla benda che gli mascherava il viso e la grande coda a scaglie che si protendeva dai lombi fino a toccare terra lo facevano somigliare ad un grosso rettile.

«...Sssì, Nobile SSShao Kahn...»
«Allora, Reptile?»
«Ho ssseguito il Diacono Sssind al Monassstero dell'Ombra come tu hai richiesssto, Imperatore.»

Il rettile osò alzare lo sguardo per incontrare la fredda maschera che coprira il volto di Shao Kahn, una sorta di teschio senza mascella che lasciava scoperte le labbra dell'Imperatore. Abbassando subito lo sguardo Reptile proseguì «...Nesssuno sssente l'odore del tradimento nell'aria come Reptile, mio sssignore...» gorgogliò compiaciuto «...Sssind ti ha fatto credere di esssere in pericolo, mio Imperatore, purtroppo non sssapeva che il nobile Shao Kahn avrebbe mandato il fido Reptile a vegliare sssu di lui...»
«Vieni al dunque.»
«SSSì... Il Diacono sssi comportava in modo asssai ssstrano, per uno che teme per la propria incolumità, mio Sssignore. Usssciva alla notte da sssolo, cercando di non farsssi vedere... Cosssì il fido Reptile una notte l'ha ssseguito. Ho visssto che consssegnava pergamene a gente ssstrana. Gente sssconosciuta. Gente priva di permessso di entrare al Monassstero dell'Ombra.»
«Interessante. Continua.»
«...Cosssì quella notte ho ssseguito la gente ssstrana. Erano due. Della Città Imperiale, forssse. Sssono ssstati una facile preda per Reptile. Purtroppo erano sssolo messsaggeri pagati per portare la pergamena...»
«Dammi quella pergamena.» l'interruppe l'Imperatore, facendo scattare il rettile ai piedi del trono, il capo chino ed entrambe le mani innalzate con la pergamena sui palmi. L'Imperatore la srototò e cominciò ad osservarla, mentre Reptile faceva un paio di passi indietro, tornando con il ginocchio a terra. 
«Continua.»
«...Erano sssolo galoppini pagati da qualcuno a loro sssconosciuto per ricevere e consssegnare la pergamena. Sssembravano totalmente essstranei a qualsiasi cosa ssstia architettando il Diacono Sssind.»

L'Imperatore attese qualche attimo prima di prendere parola, soffermandosi sulla pergamena. La maschera in osso teneva ben celata qualsiasi emozione gli si dipingesse in volto.

«Oh sssì, mio sssignore.» rispose con una vena di divertimento nelle parole «Non avrebbero osssato mentirmi, te l'asssicuro Nobile Ssshao Kahn.»
«Spero sia così.» Ovviamente l'Imperatore era a conoscenza dei metodi di "persuasione" di Reptile e della loro efficacia. «I due messaggeri, dunque?»
«Disssonoravano la terra che calpessstavano, la terra di Ssshao Kahn. Li ho giussstiziati.»
«Bene. Ora va', torna dal Diacono e cerca di scoprire cosa sta orchestrando. Dopodichè ... Che venga giustiziato. Con discrezione, Reptile. Sia fatto Kraoleth il nuovo Diacono, quando tutto sarà finito.» 
Shao Kahn amministrava la giustizia in modo molto spiccio, nel suo impero.
«Sssì, Sssire.» rispose deferente la creatura, allontanandosi. 

Immerso nei propri pensieri, l'Imperatore si alzò dal trono, stringendo nella destra la pergamena. Osservava dritto dinnanzi a sè, immerso nei propri pensieri, mentre rifletteva su ciò che aveva appena letto. Nella vita millenaria trascorsa, aveva imparato a non sottovalutare mai i segni e le premonizioni, sebbene il contenuto della pergamena fosse a tratti delirante. Dopotutto il suo più grande nemico era già morto. Chi altri rimaneva ad ostacolarlo? Inutile preoccuparsi per una sciocca pergamena. Eppure si trovò ad augurarsi che Reptile scoprisse il prima possibile ciò che il Diacono Sind stava orchestrando.
Si voltò, incamminandosi lentamente verso le profondità della Fortezza.

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Capitolo 2
*** [Kung Lao, Kintaro] Burning Sermon ***


Burning Sermon.mp3 - DevilDriver
Oh the webs you've woven, the lies you've chosen
The love in ruins, this fucking betrayal will bring the truth out
Out on the table for all to see

This burning heart is a burning sermon!
 




Kung Lao
Terra
Porto di Hong Kong, Cina
13 Dicembre 2011


La luna risplendeva alta nel cielo di Hong Kong, riflettendo i raggi sul mare lievemente increspato dalla brezza. L'odore salmastro misto a nafta permeava il molo su cui Kung Lao si muoveva con circospezione mentre pensava all'ultima settimana di indagini ed appostamenti: oramai era sicuro che uno dei magazzini in cui scaricavano le navi era il covo del Drago Nero. O quantomeno un luogo di ritrovo. Le informazioni del Loto Bianco, unite a quelle ricavate da teppistelli e criminali di bassa lega con cui aveva avuto a che fare ad Hong Kong, l'avevano messo sulla pista giusta. Grazie agli appostamenti era riuscito ad individuare delle persone sospette nel Molo 66, riconoscendo i volti grazie ai dossier del Loto Bianco che aveva studiato a lungo prima di intraprendere la missione.
Era notte fonda, ma il porto non dormiva mai. Un polo commerciale come Hong Kong teneva occupati i lavoratori portuali giorno e notte. E sebbene Kung Lao doveva passare inosservato le arti Shaolin in cui era addestrato fin da bambino gli permettevano di sfruttare qualsiasi zona d'ombra il porto offrisse, per cui non era realmente un problema nascondersi alla vista dei portuali. La tuta aderente nera - all'ultimo grido per i novelli incursori notturni, come diceva il buon Maggiore Jackson Briggs - era un aiuto in più, ed il materiale sintetico di cui era composta manteneva caldo il suo corpo anche nel freddo invernale.
Ad una ventina di metri dall'hangar si fermò, chinandosi sui talloni e sbirciando oltre l'angolo del grosso container dietro cui si nascondeva.

Tutto taceva. 
Studiò per l'ennesima volta i possibili ingressi e le vie di fuga poi si voltò per dare le spalle al container e fece mente locale. Il Loto Bianco, l'organizzazione segreta per cui lavorava da parecchi anni, aveva intercettato delle voci sulla possibile rinascita del Drago Nero, l'organizzazione criminale più pericolosa al mondo, che si credeva estinta da qualche anno. Il Drago Nero non era una comune organizzazione criminale, perchè esso operava anche al di fuori del mondo conosciuto. Kung Lao diede un languido sguardo a qualche occasionale lavoratore che passava nei pressi, ignaro della sua presenza. Uomini che vivevano le loro vite, nel loro mondo. Non sapevano che esistessero altri mondi al di fuori della Terra. Outworld, Edenia... Perfino l'Inferno come descritto nelle varie religioni esisteva, si chiamava Abisso ed era un luogo da incubo. C'erano poche persone al mondo che sapevano di questo e Kung Lao - in quanto uno di essi - si sentiva spesso e volentieri un emarginato. Le poche organizzazioni segrete che si adoperavano per mantenere pace ed ordine fra i reami, come il Loto Bianco o le Forze Speciali, dovevano fronteggiare medesime organizzazioni dagli scopi criminali: il Drago Nero era stata la più grossa e potente di quest'ultime. Kung Lao non credeva che si fosse riformato, non comunque il vecchio Drago Nero. Forse era solo qualcuno che ne sfruttava il nome.
Forse.

Levandosi il copricapo simile ad un passamontagna Kung Lao sospirò, passandosi una mano sui lunghi capelli neri, tenuti ordinatamente a coda. Le Forze Speciali - l'equivalente occidentale del Loto Bianco - avevano fatto pressioni sulla sua organizzazione per avere una parte diretta ed attiva nella missione. Come biasimarli, pensò, dopotutto furono loro i primi a scoprire il Drago Nero, e furono loro a distruggerlo... O almeno così credevano. E conoscendo il Generale delle Forze Speciali sapeva che avrebbe agito impulsivamente. Così lui aveva fatto pressioni sul Loto Bianco per condurre l'operazione personalmente... Forse si era bevuto il cervello, perché se le informazioni erano giuste si sarebbe infilato dritto dritto nella tana del lupo.
Una missione suicida? Si rinfilò il copricapo, preparandosi ad entrare in azione. Era certo che il suo vecchio amico Liu Kang avrebbe fatto esattamente la stessa cosa, se fosse stato lì. Sì, Liu Kang avrebbe operato la medesima scelta.
Con grazie felina, danzando fra le ombre, si portò sul retro dell'hangar.

 

 
† † † †


Kintaro
Outworld
Città Imperiale
13 Dicembre 2011


Kintaro la vide. Sebbene fosse ad una cinquantina di chilometri ancora, la Città dominava l'orizzonte come una cupa macchia nera sullo sfondo rossastro del cielo malato di Outworld. Il simbolo del potere di Shao Kahn, l'immenso palazzo era una linea scura che tagliava verticalmente le grosse nubi verdastre come una lama. Sviluppatasi a ridosso di una grande formazione di pinnacoli neri, la Città imperiale era cresciuta a dismisura, millenni dopo millenni, come un cancro nello sterile terreno di Outworld, scavando quei monti neri fino ad inglobarli totalmente: al centro - dove un tempo c'era il pinnacolo più imponente - ora si ergeva il Palazzo Imperiale.

Kintaro grugnì sommessamente, rimettendosi a correre. Aveva percorso le strade più impervie di Outworld per un mese, scegliendo le vie meno praticate e più pericolose. Da solo, appiedato. Per un comune uomo sarebbe stato un suicidio... Ma lui non era un uomo. Era uno Shokan, ed il desertico terreno di Outworld tremava ad ogni sua falcata. Alto tre metri, munito di quattro braccia, il gigante aveva poco di cui temere. Il sole - troppo grande sullo sfondo, di un rosso opprimente - rifletteva i suoi raggi sulla sua pelle bronzea che aderiva su quel corpo scolpito di muscoli che sembravano voler scoppiare fuori.

Kintaro impiegò molto poco ad arrivare davanti ai cancelli della Città, perché era sorprendentemente veloce nonostante la mole. Calò il cappuccio sul capo e strinse a sé le falde dell'ampio mantello nero, varcando i cancelli ed entrando nella città.
Era incredibilmente viva e nutrita di persone, nonostante ciò Kintaro provò disgusto per quella gente: dopotutto erano - dal mendicante al nobilotto - solo anime alla mercé dell'Imperatore. 
Più di qualcuno si soffermava ad osservarlo, perché era molto raro vedere uno Shokan nella Città Imperiale, popolata per lo più da umani e sub-mutanti.
"Raro, almeno, dai tempi di Goro." Pensò, rispondendo alle fugaci occhiate dei passati con uno sguardo torvo.

Finalmente giunse ai piedi dell'enorme Palazzo Imperiale, una torre larga quasi quanto il grande quartiere dei Mercanti che aveva oltrepassato prima, a cui si poteva accedere tramite una gigantesca scalinata larga una cinquantina di metri e costellata di enormi bracieri nei parapetti in pietra ai lati, che bruciavano giorno e notte. Quella costruzione, un trionfo dell'ingegneria, faceva sentire minuscolo addirittura lui. L'architettura era gotica e malvagia, la struttura pareva rivestita di una corazza in pietra nera levigata da cui emergevano punte e lame di proporzioni colossali.
"Rispecchia l'anima di Shao Kahn." pensò fra sé Kintaro, cupamente.

«Identificati!» la voce risuonò metallica, ovattata dall'elmo appuntito che la guardia armata di lancia indossava.

Immerso nei propri pensieri, Kintaro aveva raggiunto la sommità della grande scalinata raggiungendo i cancelli del Palazzo opportunamente piantonati da quattro guardie. Kintaro li osservò, torreggiando su di loro.

«Non è chiaro chi sono? Non sei stato informato del mio arrivo?» ammonì il colosso, incrociando le quattro braccia al petto. Udì il deglutire della guardia, dopo un breve silenzio imbarazzato.
«Il capitano ci ha informato dell'arrivo di uno Shokan, ma abbiamo comunque i nostri ordini.» La guardia tentava di tenere un atteggiamento composto, tuttavia Kintaro avvertì distintamene l'odore della paura.
«Hai visto per caso altri Shokan nella Città Imperiale, ultimamente?»
«Ma...»
«Shao Kahn mi attende, verme! Vuoi forse incorrere nella sua ira per avermi fatto tardare? Sono sicuro che mi ordinerebbe di spezzarti la schiena.» minacciò Kintaro, innalzando una mano dalle tre dita con il palmo verso l'alto, per dare enfasi alle parole. Era infuriato. Odiava i soldati dell'Imperatore. Erano solamente cani senza onore, arruolatisi solo per avere un tetto dove dormire ed un pasto caldo al giorno. Parassiti che disonoravano l'arte della guerra, la maggior parte indossava l'uniforme per abusare dei poteri che essa conferiva. "Nessuna sorpresa che Shao Kahn permetta tutto ciò." pensò.
Le guardie lo lasciarono passare senza rispondere.

Dovette attendere più di un'ora, nella grande Sala della Cenere - un'ala del Palazzo riservata alle discussioni importanti ed alle visite di dignitari dei feudi dell'Impero - prima che l'Imperatore comparisse.
"Un mese di viaggio. Un dannato mese e Kahn non viene nemmeno di persona." pensò rabbioso lo Shokan, osservando il viso dell'Imperatore inconsistente come la nebbia emergere dalle acque del Divinatore - una grande coppa di pietra contenente del liquido viscoso, pregna della stregoneria praticata dai Monaci dell'Ombra dell'Imperatore.

«Lord Kahn.» Kintaro piegò un ginocchio a terra, di fronte al Divinatore posto a ridosso di una grande parete della Sala.
«Ah, il grande Kintaro, finalmente ci incontriamo. Sento che il viaggio del Campione di Kuatan è andato bene. Dieci Centauri ed innumerevoli Tarkata morti sotto i tuoi colpi. Sono impressionato, Kintaro.»

Era raro per uno Shokan provare ansia o paura, ma Kintaro sentì uno brivido freddo scorrere lungo la possente schiena. Il viaggio tra il Reame Sotterraneo di Kuatan - la patria degli Shokan - e la Città Imperiale fu effettivamente costellato da episodi di battaglia contro Centauri, Tarkata ed altre creature. Viaggiava da solo, e nessuno poteva sapere delle sue vicissitudini. Significava solo una cosa: avrebbe dovuto stare attento anche ai propri pensieri più intimi al cospetto dell'Imperatore.

«Grazie, Lord Kahn.» rispose semplicemente.
«Ti ho chiamato perché ho un compito per te, Kintaro.»
Il gigante non rispose, attendendo.
«Ad ovest di qui c'è un villaggio» cominciò l'Imperatore «e sono stato informato che nascondono una spia Edeniana.»
A Kintaro non piacque affatto la piega che stavano prendendo gli eventi. Ma evitò qualsiasi pensiero al riguardo.
«Ho motivo di credere che stia custodendo 'qualcosa' di vitale importanza per la sua missione. Voglio che tu la scopra e la uccida, Kintaro.»
Lo Shokan espirò in maniera ferale, prima di rispondere «...Come desideri, Lord Kahn. Come scopro questa spia?»
«Questo è il problema, ed è per questo che ho chiamato te. Sappiamo solamente che si tratta di un giovane dai venti ai venticinque anni. Comanderai una squadra di venti Tarkata.»

Il piano di Shao Kahn stava lentamente prendendo forma nella mente di Kintaro. Venti Tarkata, gli orribili mutanti selvaggi dai denti a lama. Macellai nati. Era una squadra di sterminio. Niente Guerra, niente Onore, niente Gloria. Solo un barbaro massacro di gente indifesa.

«...Lord Kahn...» Kintaro alzò lo sguardo sull'evanescente volto dell'Imperatore sopra alle acque del Divinatore «...Perché non mandi qualcuno dei tuoi assassini? Sono certamente più indicati per guidare un'operazione del genere, e...»
«...E i miei... Assassini, come tu li definisci, sono tutti impegnati in altre importanti mansioni. Se non ti senti all'altezza manderò Motaro a guidare i Tarkata...»
«NO!» ruggì lo Shokan, sfidando l'etichetta ed ergendosi in tutta la sua statura.

Era un colpo all'orgoglio, e Shao Kahn aveva colpito in maniera estremamente precisa. Motaro era un Centauro, la razza nemica per eccellenza degli Shokan. La sanguinosa faida fra le crudeli tribù dei Centauri ed il reame di Kuatan andava avanti dagli albori di Outworld.

«...Farò ciò che chiedi, Lord Kahn.» aggiunse, smorzando subito il livore.
«Bene. Molto bene.» un sorriso affiorò sulle labbra dell'Imperatore, carico di malizia «Recati nel quartiere della Milizia, avrai tutti i dettagli.»
Il volto di Shao Kahn svanì dal Divinatore, come se una impercettibile brezza l'avesse portato via.
Kintaro era ancora con un ginocchio piegato a terra, a ribollire di rabbia.

 

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Capitolo 3
*** [Kung Lao, Sub-Zero] Horn Of Betrayal ***


Horn Of Betrayal.mp3 - DevilDriver

Silence takes courage
The horn of betrayal
Sounds loudly for the fallen
While mine eyes are world away
Watch cowards as they bend the knee



Kung Lao
Terra
Porto di Hong Kong, Cina
13 Dicembre 2011


Kung Lao era dentro all'hangar.
Era entrato dal retro, attaverso un grosso condotto d'areazione e, senza produrre il minimo rumore, lo aveva percorso fino a portarsi all'interno del vecchio edificio.
"Fosse un po' meno stretto." pensò, mentre oltrepassava l'ennesima grata adibita al circolo dell'aria nel magazzino muovendosi come una specie di ragno, lento ma silenzioso. Attraverso la grata poté vedere due uomini armati di mitra automatici piantonare una porta. Il condotto d'aerazione la sorpassava.
"Bene." pensò proseguendo "Sembra più facile del previsto."

La stanza successiva conduceva al suo obiettivo. Kung Lao sentì del vociare sommesso mentre si avvicinava molto lentamente verso la grata che gli avrebbe permesso di spiare la stanza. La fronte sotto al passamontagna cominciò ad imperlarsi di sudore ed un senso di disagio lo colse improvvisamente. Un paio di voci gli erano familiari. La voce di un uomo - roca e permeata di sarcasmo - e quella di una donna. Trattenendo il fiato si portò sopra alla grata e ci mancò poco che non esclamasse di stupore.

"Kano?!"

Quell'uomo doveva essere morto, eppure il tizio che vide nella stanza, seduto su una cassa ed accerchiato da degli sgherri armati fino ai denti, pareva proprio lui. La placca metallica che copriva l'area fra la tempia, lo zigomo e l'occhio destro era inconfondibile. Di fronte a lui c'era una donna che gli stava parlando, avvolta da un ampio mantello, ma Kung Lao non riuscì a riconoscerla perchè gli dava le spalle. Non c'era tempo per pensare, doveva agire. Prese la microcamera dal taschino pettorale, sfilandola con delicatezza: era un oggetto estremamente costoso, di fabbricazione israeliana, che sembrava una specie di pennino snodabile. Kung Lao la modellò in modo che passasse per la grata e l'obiettivo fosse rivolto verso Kano e la donna. Una pressione sul retro del piccolo congegno, e cominciò a registrare.


### inizio registrazione - 13/12/2011

Kano «...Sei sempre freddina eh? Siamo sulla Terra, dovresti rilassarti un po'.»
Donna «Non ho tempo per queste stupidaggini. Allora, sai dove si trova?» 
Kano «Potrei anche saperlo, però... Visto che sei stata così maleducata da non aver accettato il mio invito a cena, potrei anche fare a meno di dirtelo.» 
Donna «...Non capisco cosa ci trovi l'Imperatore di così utile in un verme come te, Kano.» 
Kano «Te lo spiego subito: il tuo fottuto Imperatore non ha nessuno qui sulla Terra con cui fare affari, mi spiego? Del vecchio Drago Nero rimango solo IO. Questo significa che deve contare su di ME per i suoi progetti qui. Ficcatelo bene in quella tua testa di cazzo.»
Donna «Quando l'Imperatore marcerà sulla Terra...»
Kano «Sì, sì, sì... Mi strapperai il cuore e blah blah blah. Me ne fotto.»
Donna «Basta così. Devo ricordarti del tuo debito, Kano?»
Kano «...»
Donna «Allora dimmi dov'è il Kamidogu e facciamola finita!»
Kano «Non mi piace il tuo tono, Mileena.» 
Mileena «E a me non piace il tuo alito, Kano. Allora vogliamo continuare con questo giochetto, o mi dai l'informazione che cerco?»
Kano «Va bene, facciamola finita, il gingillo si trova... MERDA! Lassù, fate fuoco!»

### registrazione interrotta


Terra
Shanghai, Cina
Due giorni dopo


Kung Lao era piuttosto stanco. Era la terza volta che esponeva il rapporto sulla missione al Consiglio del Loto Bianco, per non parlare delle volte in cui aveva dovuto sorbirsi la registrazione di Kano e Mileena. Sedeva in un tavolo ovale, ascoltando distrattamente le congetture del Consiglio.
La sala riunioni della sede a Shangai del Loto Bianco era spaziosa ed odorava di incensi al limone e la sedia foderata in pelle era un vero invito a schiacciare un pisolino.

Wu-Shen, un anziano di oltre settantanni, lo interpellò nuovamente: «Sei assolutamente sicuro che quello fosse Kano, Kung Lao? La registrazione è piuttosto sfuocata.»  I rimanenti membri del Consiglio, altri tre uomini dai vestiti eleganti, lo osservarono in silenzio. Kung Lao allacciò le mani e le posò sul grembo, oramai esasperato da quella domanda.

«Ne sono sicuro, Venerabile Wu-Shen.»
«Ma dovrebbe essere morto! Non può essere che quello sia uno che ne abbia assunto appositamente l'identità?» protestò il vecchio.
«Questo è vero, Kung Lao.» aggiunse un altro dei quattro, un uomo sulla cinquantina, brizzolato e dallo sguardo severo.

Kung Lao si massaggiò le tempie, poi si alzò improvvisamente in piedi. Ne aveva abbastanza.

«Signori, vi sembra che avrei interrotto la missione così bruscamente per riportare informazioni che non corrispondono a verità? Quello è Kano, il Drago Nero è risorto... E quel che è peggio, sembra abbia dei progetti con Outworld!» indicò il fermo immagine del filmato, su uno schermo al plasma appeso alla parete, puntando il dito sulla figura ammantata di Mileena. 
«Venerabili» prosegui' «Ascoltatemi bene: mentre noi siamo qui a discutere là fuori si sta preparando qualcosa di grosso. Il Loto Bianco deve condividere subito la registrazione con le Forze Speciali. Questo e' quanto, aspetterò qui fuori la vostra delibera.»

Uscì dalla stanza senza attendere risposta, richiudendo la porta dietro di sé e accomodandosi in una delle comode poltrone dell'anticamera. Sospirò pesantemente, massaggiandosi gli occhi con medio e pollice.
Aveva assolutamente bisogno di dormire, era da due giorni che non toccava il letto. La fuga da Hong Kong l'aveva provato, ma almeno era vivo: dopo che l'avevano scoperto era riuscito a ripercorrere il condotto d'areazione fino alla stanza adiacente a quella di Kano, sfondando la grata e cadendo davanti alle due guardie alla porta. Fu costretto ad ucciderle entrambe, con dei letali e fulminei colpi alla gola. Il resto fu solamente corsa, sudore e tante pallottole.

"Wu-Shen su una cosa ha ragione... Kano dovrebbe essere morto." pensò, seduto sulla poltrona "Mileena aveva menzionato un debito... Che significa?" La domanda rimbombava nella sua mente.
Generalmente Kano saldava i suoi debiti con una coltellata fra le scapole "Che genere di debito sarà per garantire la sua fedeltà?" «Devo parlare con Sonya, assolutamente.» si disse ad alta voce.

Sospirò ancora, attendendo il verdetto dei Venerabili. Purtroppo nessuno di loro era mai stato ad Outworld, ed aveva toccato con mano la crudeltà e la feroce determinazione di Shao Kahn, come invece avevano fatto lui... Ed il suo amico Liu Kang. I Venerabili erano saggi e davano tutto per il bene della Terra, ma rimanevano pur sempre dei burocrati che necessitavano di discutere su ogni singola cosa. La politica non cambiava mai, nemmeno nel contesto quasi surreale in cui operava il Loto Bianco...

Quando rientrò nella sala riunioni, trovò i quattro Venerabili tutti in piedi. L'anziano Wu-Shen prese parola: «Kung Lao, abbiamo deciso di passare la registrazione alle Forze Speciali. E' la soluzione più logica.»
Kung Lao annuì con un sospiro di sollievo: «Benissimo. Cominciamo subito?»

I Venerabili annuirono, riprendendo i loro posti. Uno di loro premette un pulsante sul touch screen dello schermo inglobato con il tavolo, chiedendo un video-collegamento satellitare con la base operativa delle Forze Speciali in California, Stati Uniti.
Kung Lao dovette attendere un paio di minuti, prima di vedere il familiare volto del Generale Sonya Blade comparire sullo schermo alla parete. Era bionda e portava un basco militare, due occhi verdi su un volto dagli zigomi alti, poco più che trentenne, Sonya era bellissima come sempre.

«Venerabili. Kung Lao... Già di ritorno?»
Kung Lao chinò il capo in risposta, sorridendo lievemente ma senza rispondere, portando poi lo sguardo sui Venerabili.
Wu-Shen prese parola per primo: «Generale Blade, l'abbiamo contattata per informarla degli importanti sviluppi riguardo all'operazione DG/HK06.» Era il nome in codice della missione ad Hong Kong.
«Sono tutt'orecchi, Venerabile... Sono curiosa di sapere come mai Kung Lao sia già tornato. Immagino tu non abbia trovato traccia del Drago Nero?» la voce di Sonya era piuttosto divertita.
Kung Lao, invece, non rise affatto perchè sapeva bene che quanto stava per dirle non le sarebbe per niente piaciuto... «Ti stiamo inviando una registrazione, Sonya.» rispose piuttosto cupamente.
Il Generale annuì, abbassando lo sguardo, probabilmente su un secondo display. Kung Lao l'osservò, incrociando le braccia al petto ed attendendo. Vide dapprima lo stupore nel volto di Sonya, poi un'espressione di furia crescente.

«Non è possibile!» urlò.


Kung Lao si aspettava una simile reazione: se c'era una persona al mondo che poteva odiare Kano più di chiunque altro, quella era Sonya Blade. Kano aveva rapito lei e la sua famiglia anni addietro, ammazzandole il compagno sotto ai suoi occhi, poi le aveva fatto perdere il figlio che aveva in grembo a pugni. Lo stato d'animo di Sonya era perfettamente comprensibile, tuttavia sapeva che era necessario farle vedere la registrazione.

«Ho ammazzato personalmente questo brutto figlio di puttana! L'ho spinto giù da un dirupo da cui nessuno si sarebbe salvato! Com'è possibile?!»
Sonya pareva aver perso il controllo, tenendosi la testa davanti al display e in procinto di artigliarsi il volto con le unghie. 

«Sonya, ascoltami» cominciò Kung Lao, alzandosi in piedi dalla sedia «sta succedendo qualcosa di grosso, ed abbiamo bisogno che tu sia lucida. Nessuno conosce meglio di te Kano ed il Drago Nero. E se Outworld sta architettando qualcosa assieme a lui sai bene quali saranno le conseguenze. Dobbiamo scendere in campo nuovamente, Sonya, e dobbiamo farlo subito.» cercò di essere il più convincente possibile. Uno sguardo ai quattro Venerabili, che gli risposero con un cenno di approvazione.

Sul display, Sonya era in silenzio - lo sguardo basso, un'espressione di rabbia mista a disperazione e confusione. La vide sospirare, poi disse: «...Va...va bene, Kung. Posso essere da te in meno di un giorno. Ora... Che diavolo è il "Kamidogu"?» Sembrava essersi ripresa, ed era ammirevole... Vedere la sua peggiore nemesi viva e vegeta doveva essere stato uno smacco terribile.

Fece per rispondere, quando vide Wu-Shen alzarsi in piedi e prendere parola «Dovremmo stare qui delle ore a parlare del Kamidogu, Generale, perché la sua storia è lunga e complessa. Ma di certo non abbiamo tempo per tutto ciò, per cui mi limiterò a farle un quadro generale.»

Kung Lao tornò a sedere, ascoltando con interesse le parole dell'anziano Venerabile perchè nonostante lui conoscesse gran parte delle leggende che circolavano attorno al Kamidogu, Wu-Shen era sicuramente più preparato in materia.

«Le sue radici affondano fino all'alba dei tempi, e la sua creazione è opera degli Dei Antichi. Lo scopo del Kamidogu ci è tuttora ignoto nonostante circolino delle teorie... Alcuni affermano che possa dare la vita eterna, altri che è uno strumento per comunicare con gli Dei. Altri ancora credono che funga da tramite fra... Mondi. Durante la storia ha avuto molti nomi... Santo Graal, Scudo di Atena, Martello di Odino. Come ben sa nessuno di questi oggetti e' mai stato trovato, e la maggior parte della gente dubita della loro esistenza... Eppure, qualsiasi nome abbia avuto il Kamidogu, esso esiste davvero.»
«Mh, ok, e come fa uno come Kano a conoscere l'ubicazione del... Santo Graal?» Sonya era scettica.
«La domanda giusta è: perché Shao Khan vuole impossessarsi del Kamidogu?» rispose Wu-Shen.
«Ma se non sappiamo nemmeno dove andare a cercarlo?» la discussione stava prendendo una piega nervosa, tanto che Kung Lao decise di intervenire anticipando il vecchio Wu-Shen «Questo non è del tutto corretto, Sonya... Noi sappiamo benissimo dov'è il Kamidogu.» disse con pacatezza.
«E va bene, Kung Lao, vuota il sacco. Tanto ho smesso di stupirmi da parecchi anni ormai.» la risposta era piuttosto acida.
«Raiden l'ha custodito per migliaia di anni, Sonya» iniziò «poco prima della fine dell'ultimo Grande Torneo, il Dio del Tuono presagì la sua fine e sapendo che il Kamidogu non doveva cadere nelle mani sbagliate decise di darlo in custodia a qualcuno di fiducia.»
«Vai avanti.»
«
Raiden scelse qualcuno al di fuori da qualsiasi schema, al di sopra delle righe...»
«Il Loto Bianco o noi delle Forze Speciali saremmo stati degni di fiducia.» protestò Sonya.
«Le nostre organizzazioni sono legate ai rispettivi governi, Sonya... Sai meglio di me quanto sia difficile mascherare il nostro lavoro con i politici, il Kamidogu sarebbe passato per troppe mani, osservato da troppe persone. Per riassumere, sarebbe stato più a rischio. No, Raiden fece la scelta più giusta.»
«Suppongo Raiden avrà avuto i suoi buoni motivi...»
Dopo una breve pausa, Kung Lao rivelò:
 «Diede il Kamidogu ai Lin Kuei, Sonya.»
«Dannazione! Dobbiamo avvertire subito...

† † † †

Sub-Zero
Terra
Oslo, Norvegia
15 Dicembre 2011


Marshall Winter sedeva nello spazioso ufficio all'ultimo piano della grande sede norvegese della Winter Enterprise, una delle più grandi aziende di refrigeratori mondiale - dal semplice frigorifero agli impianti di raffreddamento degli shuttle spaziali - la quale aveva filiali in tutto il mondo e vantava una delle fette di mercato più grosse del settore. Mr. Winter era il CEO ed aveva la fama di essere un uomo eccentrico e molto riservato, spesso in giro per il mondo, che evitava accuratamente di comparire in pubblico. Ci fu grande stupore nella filiale di Oslo, due giorni addietro, quando fece improvvisamente visita. Siemen Gudjhonsen - il direttore generale della sede - fu eccessivamente prolisso ed ansioso di mostrargli gli ottimi risultati del mercato norvegese dell'ultimo paio d'anni.

Mr. Winter era fin troppo contento di potersi rilassare per qualche ora nel suo ufficio, al riparo dalla logorrea di Gudjhonsen. Chiuse il laptop su cui stava controllando i bilanci della filiale, per girarsi verso la grande vetrata alle sue spalle, ruotando sulla grande sedia girevole. Da lì poteva godere di una vista mozzafiato su Oslo. Si trovò a pensare a quanto aveva creato, un impero totalmente autosufficiente, ai cui vertici aveva messo fra i migliori dirigenti che la Terra poteva offrire.

Dopotutto, per gestire un clan di assassini servivano soldi, un sacco di soldi.

La mano di mr. Winter andò alla vita, ad accarezzare il medaglione che portava sotto alle vesti, assicurato con una cintura. La mente vagò al giorno in cui trovò il medaglione, in una zona dimenticata di Outworld, fra le rovine di un popolo estinto... La vibrazione del cellulare nella sua tasca lo riportò alla realtà.

«Sì?»
«Qui Fang. Missione compiuta.»

Un lieve sorriso affiorò sulle labbra di mr. Winter, alla notizia. Un'altra minaccia eliminata. Perchè laddove non arrivava la giustizia, arrivavano loro.

«Ottimo, Fang. Prenditi una settimana di riposo poi mettiti a disposizione del Maestro Smoke.»
«Sì, Gran Maestro.» 

Mr. Winter rimise il cellulare in tasca, tornando ad osservare oltre la grande vetrata dell'ufficio. Scrutò per un attimo la sua immagine riflessa sul vetro: dimostrava sui trenta - trentacinque anni, sebbene ne avesse molti di più. Pensava che fosse per via del medaglione, che avesse in qualche modo interrotto l'avanzare del tempo sul suo corpo. I capelli erano lisci e ricadevano lievemente ondulati sulla nuca, di un innaturale bianco con riflessi azzurri, lo stesso colore dei suoi occhi. Faceva un certo effetto... Ma andava bene così, perché il personaggio di Marshall Winter era eccentrico e lui non aveva problemi ad interpretarlo. Erano un gruppo di assassini, ma uccidevano solamente coloro che meritavano di scomparire dalla faccia della terra. Terroristi, signori della guerra, politici corrotti, narcotrafficanti... Le sue mani erano oltremodo sporche di sangue. Un lavoro sporco, ma qualcuno doveva pur farlo.

Lui era Sub-Zero, il Gran Maestro del clan dei Lin Kuei.

Tornò con la sedia sulla scrivania, mettendo mano al telefono sul tavolo e componendo un numero.

«Sì, mr. Winter?» la voce della segretaria.
«Signorina, mi porterebbe un elenco dei ristoranti di Oslo, per cortesia?» Sub-Zero aveva intenzione di viziarsi, questa sera.
«Subito, signore.»
«Grazie.»

Mise giù la cornetta, distendendo la schiena sulla sedia ed osservando il soffitto, distrattamente.
Sembrava andare tutto bene, l'operazione nel sud-est asiatico diretta da Fang ed i suoi era andata a meraviglia. Dodici uomini morti, tutto l'alto comando militare che aveva organizzato il sanguinoso golpe nel paese. Il numero di criminali che cadevano sotto i colpi dei Lin Kuei cresceva di anno in anno, al punto che talvolta pensava che non ci sarebbe più stato bisogno di loro in un futuro non troppo lontano... Ma naturalmente erano solo sciocche fantasie. Aveva combattuto per la Terra durante l'ultimo Grande Torneo, era uno dei prescelti di Raiden, il Dio del Tuono e Protettore della Terra, e sapeva bene quali erano i veri pericoli che minacciavano il mondo: Outworld, Shao Kahn... I veri obiettivi dei Lin Kuei, e finchè sarebbero esistiti ci sarebbe sempre stato bisogno di loro.
Il fatto che Raiden fosse stato distrutto, lasciandoli alla mercè di un simile potere, era sconfortante. Un senso di disagio lo colse improvvisamente quando il telefonino vibrò di nuovo.

«Sì?»
«Sono Smoke. Il Tempio è stato violato...»

Rimase impietrito, senza parole, dinnanzi alla notizia. Il luogo più sacro e segreto dei Lin Kuei, il Tempio del Ghiaccio, era stato violato. Con la gola improvvisamente arida, pensò a tutti gli anni passati in quel luogo, l'addestramento, l'intima amicizia con i fratelli, le serate dove - dopo mesi passati lontano dal Tempio per delle missioni - poteva finalmente essere sè stesso al sicuro fra le mura del Tempio, spogliandosi delle innumerevoli identità assunte ed assaporando la sincerità con la quale poteva esprimere il suo pensiero ai compagni di clan, e la successiva ribellione che lo portò ad opporsi al vecchio Gran Maestro ed i suoi discepoli, conclusasi con una nuova elezione - la sua - e le successive ed entusiasmanti serate passate a rifondare e riplasmare i Lin Kuei secondo nuovi dogmi di onore, fedeltà ed implacabile determinazione... Nessun posto al mondo poteva definirsi casa sua come il Tempio del Ghiaccio. E Sub-Zero sapeva che anche per il più giovane dei suoi discepoli il sentimento verso l'antico santuario del clan era il medesimo. I Lin Kuei avrebbero urlato alla vendetta, e lui, promise, gliela avrebbe data.

«Ci sei ancora? Devi venire qui subito, Sub-Zero.»
«Io... Sì. I guardiani?»
«Uccisi.» gli rispose con una vena di rabbia.
«Richiama tutti i Lin Kuei in licenza, ci troviamo al Tempio domani sera.» 
«Dovremmo richiamare anche quelli in missione.»
«Calma amico mio, le missioni hanno la priorità. Raduna quelli che puoi, ci vediamo al Tempio.»

Chiuse la conversazione, rimanendo ad osservare dinnanzi a sé, con le mani sui braccioli della sedia con una gelida rabbia che infuriava dentro: una delle sue maggiori convinzioni - ovvero che il Tempio del Ghiaccio fosse inviolabile, tenuto segreto perfino agli alleati che i Lin Kuei avevano nel Loto Bianco e nelle Forze Speciali - era appena crollata. Solo Raiden sapeva del Tempio, ma Raiden oltre ad essere uno degli Dei Antichi era anche morto. Raramente in vita sua si faceva prendere dalle emozioni, ma ora la rabbia stava minacciando di farlo esplodere.
Non si accorse neppure che il suo corpo aveva istantaneamente richiamato il Kori, tanto che la sedia dove sedeva era un blocco di ghiaccio, la pelle gli era divenuta bianca e la sua figura era circondata da un'aura di condensa ghiacciata.
Prese la cornetta del telefono, ghiacciandola, mentre componeva il numero della segretaria.

«Signorina, annulli ogni appuntamento. Prepari un volo per Shanghai, il primo che riesce a trovare.» la voce era fredda, distante.
«Sì, mr. Winter... Ma... Si sente bene?» azzardò la voce dall'altra parte del telefono.
«Non si preoccupi, faccia solo quanto ho detto. Mandi anche una sedia nuova ed un telefono, ho provato un congegno sperimentale nel mio ufficio e temo di aver combinato un pasticcio. Grazie.» terminò la chiamata, senza attendere una risposta.

Si alzò, inspirando a fondo e comandando al Kori di tornare a riposo. Qualcosa stava per accadere, Sub-Zero lo percepiva chiaramente. 

 

 
† † † †

 

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Capitolo 4
*** [Sub-Zero] Not All Who Wander Are Lost ***


Not All Who Wander Are Lost.mp3 - DevilDriver

All of your hopes and dreams - don't mean shit!
All that's left is, now to nowhere
I believe do anything at all costs
You must believe
Not all who wander are lost







Sub-Zero
Terra
Tempio del Ghiaccio, monte Makalu (Himalaya)
16 Dicembre 2011


Sub-Zero stava salendo con il grande montacarichi da una decina di minuti buoni ormai, attendendo a braccia conserte che il meccanismo lo portasse attraverso la montagna in cui era stato scavato. Il Tempio vero e proprio, edificato in una rientranza del colossale Makalu, era molto più in alto ed avrebbe dovuto attendere almeno altri cinque minuti per arrivare a destinazione.
Portava la divisa Lin Kuei da Gran Maestro, nera ed azzurra, munita di bracciali e schinieri in metallo ultraleggero brunito, su cui erano incise delle figure demoniache fra degli alberi. Il Medaglione era in vista, incassato al centro della grossa fibbia rotonda che assicurava la cintura alla vista. Il volto era coperto dalla maschera azzurra, perché i Lin Kuei erano dei ninja in antichità, e tutt'ora si consideravano tali.

"Nessun segno di intrusione." pensò per l'ennesima volta, dopo essere passato per l'entrata segreta alla base del monte che portava al montacarichi "Che abbiano scalato la montagna? Sembra follia..."
Era dal giorno prima che si stava arrovellando il cervello, non smetteva di formulare ipotesi e presto gli sarebbe venuto un gran mal di testa.

Attese che il montacarichi arrivasse a destinazione, poi uscì all'esterno. Una volta chiuse le porte del meccanismo - mimetizzate con delle rocce appositamente fabbricate per confonderle con l'ambiente circostante - avanzò lungo un sentiero che fiancheggiava il Makalu per poi scendere nell'enorme rientranza del monte dov'era nascosto il Tempio del Ghiaccio.
Sub-Zero rimase per qualche attimo ad osservarlo nel suo antico splendore, e si sentì subito a casa.
Più in basso, ai cancelli del santuario, vide due figure. Scese e riconobbe due giovani Lin Kuei di guardia, che lo omaggiarono chinando il capo al suo passaggio. Sub-Zero notò come le loro uniformi, aderenti al corpo, color nero e rigate di azzurro su spalle e gambe, erano cristallizzate. Ma non temeva per loro, dato che le uniformi erano di uno speciale tessuto adatto a resistere a temperature estreme. Procurarsi la tecnologia per quelle uniformi, infatti, gli era costato un occhio della testa.

«Il Maestro Smoke ti aspetta nel piazzale, Gran Maestro.» disse uno dei due.
«Bene.» rispose, varcando i cancelli e dirigendosi verso il grande piazzale circolare adibito originariamente agli addestramenti, completamente innevato e dominato da una fila di grandi statue che sorgevano sul perimetro di esso, raffiguranti ninja e guerrieri ammantati di epoche passate.

Vide Smoke venirgli incontro. Il vecchio amico portava un'uniforme simile alla sua, e grigia laddove la sua era azzurra. Non lo diede a vedere per via della maschera, ma sorrise nell'incontrare Smoke. Nella vita solitaria ed isolata che conduceva, lui era l'unico che potesse considerare un vero amico, forse l'unico amico che aveva mai avuto.

«Gran Maestro. Due guardiani in attività uccisi, i rimanenti freddati nel sonno.» Smoke era insolitamente formale. Evidentemente la profanazione del Tempio e l'uccisione dei guardiani l'avevano scosso «Ti ho aspettato per controllare le registrazioni del circuito chiuso.» aggiunse poi.
«Andiamo subito a vederle, Smoke.» rispose. Il Tempio era antico e di origini ignote, tuttavia Sub-Zero l'aveva ammodernato, dotandolo della migliore tecnologia per la sicurezza disponibile sul mercato.
Si allontanò con Smoke al fianco, diretto verso i portici che davano agli edifici laterali del Tempio.

«Allora, che ne pensi, fratello?» era curioso di sentire l'opinione di Smoke.
«Voglio scovare ed uccidere i responsabili.»
«Capisco, ma dobbiamo rimanere lucidi in questo momento.»
«Chi poteva sapere del nostro Tempio, Sub-Zero? In tutti questi anni, da quando sei diventato Gran Maestro, nessuno ci ha mai traditi.»

Il Gran Maestro svoltò per un'imboccatura fra due edifici, che formava una specie di vicolo, con Smoke al fianco.

«E se fosse qualcuno della 'vecchia gestione' del clan? Hai considerato questa ipotesi?»
«Lo escludo. Li abbiamo uccisi tutti, lo sai bene. Non ne resta più nessuno.»
"Vero." «A questo punto non escludo nulla.» replicò Sub-Zero, scendendo delle scale e posando gli occhi sul dispositivo di scansione della retina per far aprire la spessa porta blindata che portava alla centro di sicurezza del Tempio, una stanza piena di macchinari elettronici, computer e schermi che trasmettevano le immagini catturate dalle telecamere sparse per il Tempio e l'accesso segreto alla base della montagna.

«E se... No, non ha importanza.» accenno' Smoke.
Sub-Zero si fermò davanti agli schermi, incrociando le braccia al petto e portando lo sguardo su Smoke. Sapeva cosa voleva chiedere, ed era la prima cosa che si era chiesto lui ad Oslo, l'attimo dopo di ricevere la notizia.
«No, Smoke. Lei è morta.» gli rispose, notando un lieve moto di stupore negli occhi dell'amico «...Almeno le registrazioni sono salve. Chiunque sia stato doveva avere molta fretta...»

Fece partire le registrazioni, ma la sua mente era distratta, come succedeva ogni volta che si trovata a pensare alla sua defunta discepola, l'unica che possedesse il Kori come lui - ovvero l'innato potere di evocare e comandare il ghiaccio. L'aveva allevata fin da bambina, era la sua più grande promessa... E divenne il suo più grande fallimento.

«Devo riordinare le idee. Vai avanti con la registrazione, io aspetto fuori.» si trovò a dire, uscendo dalla stanza.

Il freddo intenso esterno, che lui percepiva come un velo protettivo, l'aiutò a scacciare gli spiacevoli ricordi. Osservando il Tempio, si chiese chi potesse averlo costruito. Non sembrava l'opera di un essere umano... Forse qualcuno che veniva prima. Forse qualcuno che era come lui, che possedeva il Kori...

"...Ed infinità di dubbi e domande, infinità di 'forse'. Concentrati." si costrinse, accingendosi a rientrare nella sala controllo.

«Un commando di quattro persone, Sub-Zero. Con vesti pesanti, a volto coperto ed armati fino ai denti. Sembravano ben addestrati e... Una delle telecamere esterne ha intercettato dei paracaduti. Una volta dentro al Tempio hanno neutralizzato rapidamente i guardiani e sono andati al Mausoleo.» 
Sub-Zero realizzò immediatamente: c'era una sola cosa di valore, al Mausoleo. "Ed è ben nascosta..."
«Vado al Mausoleo, tu dì a Fang di setacciare tutte le registrazioni. Raggiungimi appena puoi.»

Uscì di fretta, con un senso di inquietudine sempre maggiore. 
"Se dovessero aver
 rubato..." si mise a correre. Era rapido, rapidissimo, e impiegò meno di un minuto a raggiungere il lato posteriore del Tempio, una grande alcova scavata nella montagna e lasciata grezza.
Il Mausoleo custodiva i corpi e le ossa dei Lin Kuei caduti, fungeva da cimitero per i defunti del Clan. C'era una grande lastra al centro della grezza e spettrale sala, la tomba riservata al Gran Maestro. La sua tomba.
Era aperta, ed il Kamidogu che aveva nascosto al suo interno era sparito.

Piegò un ginocchio a terra, cercando di dare ordine alla gran confusione che aveva in testa. Chi poteva sapere? Chi poteva essere stato? A chi serviva il Kamidogu? A cosa serviva il Kamidogu? Si sentiva quasi travolto dal turbine di eventi che avevano preso piede... Aveva tenuto segreto il Kamidogu persino ai suoi fratelli e discepoli Lin Kuei, l'aveva custodito nel luogo più sicuro che la Terra potesse offrire... Eppure era sparito. Rubato.

«Sono venuti qui per aprire la tomba del Gran Maestro?» la voce di Smoke, alle sue spalle, che lo riportò alla realtà.
«C'era qualcosa nella mia tomba.» 
«Che cosa? Non ne sapevo nulla.» rispose Smoke, e Sub-Zero lo sentì affiancarsi ed accucciarsi sui talloni per osservare assieme a lui la tomba vuota.
«Un oggetto che Raiden mi ordinò di custodire prima di morire. Non ho mai saputo cosa fosse. Era una specie di... Pietra? Minerale? Era... Strana. Sembrava un sasso fatto di vetro, con le forme irregolari di un sasso ma trasparente come il vetro... E con qualcosa all'interno, come una luce vorticosa. Raiden lo chiamava "Kamidogu".» Sub-Zero si rialzò.
«Capisco. Quindi qual'è la prossima mossa?»
«Abbiamo bisogno di risposte.» rispose «Sta accadendo nuovamente, Smoke...» osservò un punto imprecisato del Mausoleo, incrociando le braccia al petto «...E questa volta non c'è Raiden a guidarci.»
«Vorrà dire che combatteremo da soli.»
«Andrò ad incontrare delle vecchie conoscenze. Ho bisogno che tu guidi i Lin Kuei in mia assenza, Smoke.»

Sub-Zero sapeva che Smoke sarebbe venuto volentieri assieme a lui, ma era qualcosa che doveva fare da solo. Posò la mano sulla spalla del ninja grigio, che annuì. Si salutarono così, senza ulteriori parole, poi Sub-Zero sgattaiolò via dal Tempio, senza essere visto dai suoi discepoli Lin Kuei.
Doveva fare in fretta.


Terra
Tempio della Luce, Cina
17 Dicembre 2011


Erano bastate un paio di telefonate per trovare Kung Lao.
Sub-Zero poteva vantare di un'estesa rete di informatori con i quali teneva d'occhio il Loto Bianco, che gli serviva a rintracciare rapidamente i superstiti dell'ultimo Grande Torneo senza compromettere la sua identità pubblica di Marshall Winter.
Lo stupì il fatto che Kung Lao si fosse recato al Tempio della Luce, un antico monastero cinese Shaolin - ed il posto in cui Raiden convocava abitualmente i suoi campioni - perché non credeva affatto che fosse una coincidenza o una semplice visita di piacere ai monaci.

Il Gran Maestro dei Lin Kuei attendeva accucciato sui talloni in un punto in ombra della grande statua del Buddha all'interno del Tempio, invisibile e paziente. Aveva spiato i monaci, ed aveva sentito che Kung Lao era al Tempio da un paio di giorni assieme ad una donna ed un uomo americani. Poteva immaginare chi fossero i suoi compagni, teoria che venne confermata quando, all'entrata del Tempio, rimbombò un vocione:

«...Mi sembra una perdita di tempo, cristo santo! Sono due giorni che stiamo facendo la muffa qui, ed intanto il Kamakù si allontana ogni giorno di più!»
«Avanti Jax, portiamo pazienza ancora fino a stasera, poi ce ne andremo. "Kamidogu", in ogni caso.»

Sub-Zero riconobbe subito le due voci, accompagnate dai passi di tre persone che si avvicinavano: Jackson "Jax" Briggs e Kung Lao. Ad un paio di passi dietro i due veniva, naturalmente, Sonya Blade, che stava parlando con un cellulare «...Preparate la nave per questa sera, doppio check-up dell'equipaggiamento.» captò Sub-Zero, prima che chiudesse la chiamata.
Vide quindi Sonya dare un buffetto alla spalla di Jax - un afroamericano sui due metri, un fascio di muscoli, con la mascella squadrata e la testa rasata a pelle tanto che brillava.

«Finiscila Jax, è da stamattina che ti lamenti.»
«Di certo non a torto, Sonya!» Jax allargò le braccia muscolose come per giustificarsi e Sonya sospirò, spostando lo sguardo su Kung Lao «...Jax ha ragione, Kung Lao. Più aspettiamo e peggio è. Non sappiamo nemmeno che fine abbia fatto da allora...» 
«Lo so, ma preferirei attendere ancora.»
«E poi, Kung, mi spieghi come farebbe Subby a trovarci qui? Voglio dire, cos'è, usa la sfera magica?» s'intromise Jax.

Dunque lo stavano aspettando.

«Qualcosa di simile, Maggiore.» rispose Sub-Zero alzandosi in piedi sopra la testa del Buddha, rivelandosi ai tre che si voltarono sorpresi ad osservarlo. Scese dalla statua con un balzo, atterrando senza provocare il minimo rumore.
«Finalmente.» disse Kung Lao con un lieve sorriso.

Osservando il monaco guerriero, Sub-Zero vide che il tempo l'aveva cambiato molto poco, ed era strano vederlo vestito in abiti civili. Di Kung Lao ricordava la particolare uniforme Shaolin arricchita dalla pettorina nera su cui era inciso un ideogramma cinese rosso ed il cappello metallico tagliente, un'arma decisamente bizzarra ma mortale nelle sue mani...

«Da quant'è che ci spiavi, Sub-Zero?» gli chiese un attimo dopo Sonya, piuttosto accigliata.
«Ultimamente sono sospettoso, chiedo scusa.» giustificò «Allora, saltiamo i convenevoli. Il Tempio del Ghiaccio è stato violato, come - mi sembra di capire - gia' sapete. Quattro uomini, ed hanno rubato il Kamidogu. Voi avete altre informazioni al riguardo?» incrociò le braccia al petto, attendendo una risposta.

Kung Lao fu il primo a parlare e raccontare della sua missione ad Hong Kong. Non si stupì del coinvolgimento di Outworld, era abbastanza scontato, tuttavia una domanda rieccheggiava nella sua mente:

«Come faceva Kano a sapere del Kamidogu e della sua ubicazione?» chiese.
«Per conto mio qualcuno dei tuoi ragazzi ha fatto il salto Subby... Si è venduto al Drago Nero.» intervenne Jax.
«Altamente improbabile, Maggiore.» 
«Non è più importante, ormai.» disse Kung Lao «Shao Kahn vuole il Kamidogu, ed ora qualcuno glielo sta portando. Dobbiamo inseguirli subito, se stanno tornando ad Outworld useranno il portale dell'Isola di Tsung. Dobbiamo andare lì subito.»

Sub-Zero annuì. C'erano troppi "dobbiamo" nella frase di Kung Lao per i suoi gusti, ma sapeva che non era un viaggio da poter compiere da soli.


Terra
Isola di Shang Tsung
La sera stessa


Il fuoribordo nero dotato di tecnologia stealth era l'ultimo arrivato della ricerca militare, Sub-Zero pensò di doversene procurare uno... Sempre che le Forze Speciali fossero disposte a vendergli i progetti.

"Che idiozia."

il pensiero lo riportò alla realtà dei fatti: stava tornando ad Outworld e questo era sufficiente per farlo adombrare. Non che si notasse, certo, visto che si teneva in disparte dagli altri. Seduto nel suo sedile, a braccia conserte e gli occhi socchiusi, ascoltava distrattamente i discorsi di Kung Lao, Sonya e Jax. Parole irrilevanti, atte a spezzare la tensione.
L'Isola di Shang Tsung era un luogo maledetto e stregato, la magia di Shang Tsung, l'infame Stregone di Shao Kahn, permeava ancora quel luogo. Tsung aveva la fama di poter strappare le anime degli uomini e farle sue, così l'Isola era diventata - dopo la sua scomparsa - un posto pericoloso.

"...Morti che camminano..." il pensiero non era certo confortante.

Al suo arrivo l'isola era circondata da una foschia che tendeva al verde, inquietanti suoni accompagnavano lui ed i tre compagni al vecchio molo in legno rinsecchito che sembrava voler cedere sotto al loro peso.

«State attenti: la stregoneria di Tsung e' ancora viva in questo posto.» ammonì Kung Lao sottovoce.
«Sembrava quasi bello al tempo del Torneo, confronto ad ora...» borbottò Jax.

Sub-Zero rimase in silenzio, proseguendo.
Avanzarono a piedi per una mezzora abbondante nell'isola morta, fra le rovine delle costruzioni dall'aspetto fatiscente che si arrampicavano per un promontorio dominato dall'antico palazzo di Shang Tsung. C'era qualcosa nell'aria che disturbava profondamente Sub-Zero, gli sembrava di captare la sofferenza delle anime torturate dalla stregoneria di Tsung, o forse erano semplicemente le remote grida che aveva l'impressione di sentire di tanto in tanto...

Era profondamente immerso nei suoi pensieri, quando Jax esclamò: «Ricordate questo posto, gente?»

Sub-Zero alzò lo sguardo e vide che erano arrivati davanti ad uno stretto ponte in pietra senza parapetti o ringhiere, sostenuto da delle colonne piantate sul fondo, che attraversava una grande depressione profonda almeno una trentina di metri. Nel fondo di essa, e sulle colonne, delle grosse punte metalliche completamente arrugginite la costellavano come se fossero sul dorso di un gigantesco riccio.


«Il Ponte. E laggiù c'era quel rettile... Come si chiamava?» chiese Sonya, guardando in basso.
«Reptile.» mormorò in risposta lui, senza particolare interesse. Erano ricordi che preferiva non far venire a galla, aveva bisogno di tutta la sua concentrazione per resistere al tormento dell'Isola. Si girò ad osservare Sonya per un attimo, poi avanzò per il Ponte «Il portale è dall'altra parte, andiamo.».

Proseguirono in fila, Sub-Zero in testa.
Arrivati a metà di esso una scia rossa, innaturale, attraversò l'aria e vorticò a dieci passi da loro. Il mulinello, che urlava con voce umana, generò una creatura vagamente antropomorfa, la grottesca parodia di un uomo, con la carne viva esposta ed una testa enorme e pulsante. Grondava sangue e non aveva occhi, naso o orecchie, solo una enorme bocca costellata di zanne.

«Cosa cazzo è quella cosa?!» esclamò Sonya dietro di lui.

Non potevano combattere assieme, perché sul Ponte si poteva procedere solo in fila indiana. Sub-Zero osservò la creatura avvicinarsi goffamente, gorgogliando, con le lunghe e rinsecchite braccia che quasi toccavano terra.
Sub-Zero non rispose, preparandosi: toccava a lui combattere, perché apriva la fila.

Il Lin Kuei aprì il palmo della mano, richiamando a sè il Kori. Il ghiaccio, così vivo e puro nella sua mano, levitò dal palmo e si modellò a cono, per poi seguire il movimento della mano del Lin Kuei mentre la posizionava verso la creatura. Comandò al Kori di far partire il dardo, che sfrecciò nell'aria come un proiettile ed andò a piantarsi nel testone rigonfio dell'essere, il quale emise un urlo mostruoso ed inumano, inarcando la schiena ed arretrando di un paio di passi. Il dardo ghiacciato gli aveva spaccato il cranio da cui fuoriusciva del liquido nerastro e viscoso.
L'abominio fece per mettere le mani rinsecchite in testa, ma Sub-Zero gli era già sotto, azzerando le distanze in un battito di ciglia. Sferrò un preciso e potente calcio circolare ad altezza media, che fece barcollare l'essere fino a farlo scivolare giù dal Ponte.

«Andiamo.» disse agli altri, scoccando un'occhiata giù dal Ponte: non c'era traccia della creatura fra le punte arrugginite di sotto, come se si fosse dissolto nel nulla.

Sub-Zero si mise a correre, seguito a ruota dai suoi compagni. Oltrepassò le mura del palazzo, gli edifici interni in rovina, finchè - dopo la sala cerimoniale - non raggiunse una piccola stanza ovale con una struttura circolare al centro di essa. In quel cerchio la realtà sembrava distorcersi ed alterarsi, come osservare qualcosa attraverso un velo di acqua corrente. Non era mai piacevole passare attraverso i portali, sapeva benissimo cosa comportava - così come i suoi compagni che lo seguirono mentre si tuffava in esso.


 

† † † †

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Capitolo 5
*** [Kintaro, Kung Lao] March To The Shore ***


March To The Shore.mp3 - In Flames

Falling ideals
Broken seals
March to the shore
You are a killer!





Kintaro
Outworld
Palazzo Imperiale
17 Dicembre 2011


Kintaro stava avanzando per gli oscuri corridoi dell'immenso Palazzo, con il pavimento che rimbombava ad ogni passo, mentre pensava che stanare la spia di Edenia fosse stato più complicato del previsto, ma almeno era riuscito ad evitare un disonorevole massacro al villaggio, com'era nei piani originali di Shao Kahn. La squadra di selvaggi Tarkata era rimasta piuttosto delusa, e sulla via del ritorno Kintaro fu costretto a strappare la testa dal collo ad uno di loro per far rimanere tranquilli gli altri.
Giunse dinnanzi ad un grosso portone che dava alla sala del Trono e fece per aprire quando le poderose ante si schiusero da sole. Sul fondo della sala Shao Kahn sembrava aspettarlo, seduto sul suo trono, come se sapesse del suo arrivo. Si avvicinò e piegò un ginocchio a terra, abbassando il capo.

«Lord Kahn.»

Non era certamente come parlargli tramite il Divinatore.
L'Imperatore emanava un'aura di opprimente potere che lo faceva sentire piccolo, insignificante al suo cospetto. La sua voce avvolgente e baritonale emanava un concreto potere che atterriva e piegava anche gli animi più forti al suo volere.

«Sei in ritardo, Kintaro.»
«Ho avuto delle complicazioni. La missione è stata comunque completata con successo.»
«Ti ascolto.»
«Al mio arrivo al villaggio feci radunare tutti quelli che corrispondevano alla descrizione che mi hai fornito, Lord Kahn, ovvero tutti i giovani dai venti ai venticinque inverni. Spiegai loro del mio compito, facendo capire che se la spia di Edenia non si fosse rivelata avrei fatto uccidere tutti dai Tarkata.»
«Perchè non hai dato semplicemente l'ordine, Kintaro?»
«...Perchè sarebbe stata un'azione disonorevole.» rispose Kintaro a denti stretti, incapace di trattenersi.

Passò un attimo di silenzio, udì Kahn emettere un lieve sospiro gutturale e percepì una fitta dolorosa al petto ed alla testa, come se qualcuno gli avesse infilato un ago nel cuore e nel cervello. Emise un verso soffocato, ma rimase stoicamente piegato sul ginocchio con il capo chino, dinnanzi a Shao Kahn. Un ammonimento, lo sapeva. Un infinitesimale assaggio del suo potere.

«...Ma certo, Kintaro. Va' avanti.»
«...La... La spia si rivelò alla fine, ed io gli proposi di battersi con me per la sua vita. Non avrebbe avuto speranze contro di me, lo sapevo io come lo sapeva lui. E così fuggì, riuscendo a eludere i Tarkata a cui avevo ordinato di accerchiarlo. Era giovane, veloce e ben addestrato. Dovetti inseguirlo per due giorni, Lord Kahn, quando finalmente decise di fermarsi e combattere. Lo sconfissi, ma prima di poterlo interrogare si tolse la vita ingerendo una fialetta di veleno che teneva nascosta... Perquisendolo, ho trovato solo questo.» porse a Shao Kahn una sacca in cuoio, che egli prese ed aprì, scrutando al suo interno.
«Missive?»
«Sembra di sì.»

L'Imperatore estrasse un rotolo di pergamena, spezzandone il sigillo ed immergendosi nella lettura.

«Bene, Kintaro. Hai fatto un buon lavoro, ma ora desidero che ti dedichi ad altre faccende. La tua prossima missione è piuttosto... Delicata. Vai al Monastero degli Angeli, lì incontrerai una persona che ti spiegherà tutto.»
«Sì, Lord Kahn.»

Kintaro si alzò, osservando per un momento la figura dell'Imperatore sul trono, impegnato a leggere le missive contenute nella sacca della spia. Si voltò ed uscì dalla sala del trono, scuro in volto. Non gli aveva riferito delle parole che la spia edeniana gli disse durante il combattimento. Una profezia, il tiranno sconfitto... Sciocche credenze popolari edeniane.
Scuotè il capo, uscendo dal Palazzo e dirigendosi verso il Monastero degli Angeli, una setta di guerriere che si definivano "Angeli", al diretto servizio dell'Imperatore.

"Cagne assassine." pensò Kintaro con disgusto.

 
** Perchè lo servi, Shokan? La gente di Kuatan dovrebbe ribellarsi contro il Tiranno! Perchè continui ad essere il suo schiavo? **

Le ultime frasi della spia Edeniana lo tormentavano da due giorni ormai.
veva provato a rispondere a quella domanda, a dirsi che per uno Shokan la Fedeltà veniva prima di ogni cosa e che un Giuramento andava onorato fino alla morte, eppure... Quella domanda continuava a tormentarlo, ad insinuargli il dubbio.

"Sei il Campione di Kuatan. Rappresenti Re Gorbak e gli Shokan alla corte dell'Imperatore. Non scordarlo mai." riflettè, cercando di scacciare i dubbi.

Camminava per i mercati, avvolto dal grande mantello e con il cappuccio calato in testa, quando si sentì strattonare un angolo, nei pressi di una bancarella.
«Tu sei uno Shokan!»
Kintaro abbassò lo sguardo, osservando un ragazzino dalla pelle azzurra e gli occhi neri che lo stava osservando meravigliato. Era magro e smunto.
«E tu hai del fegato, ragazzino, a strattonare il mantello di uno Shokan.» ribattè il colosso, facendosi minaccioso.
«Gli Shokan sono i migliori guerrieri di Outworld! Nessuno riesce a battere gli Shokan. Come ti chiami?» Il ragazzino non sembrava affatto intimorito, ed era preda della parlantina tipica di quelli della sua età.
«Kintaro, e non ho tempo da perdere con i mocciosi. Che vuoi?» ringhiò lo Shokan, indurendo il tono appositamente per far desistere il ragazzo, che tuttavia era ben lungi dallo smettere.
«Io sono un guerriero! Un giorno ti sfiderò Kintaro e ti batterò! Chi riesce a battere uno Shokan diventerà il più forte di Outworld!»

Kintaro ridacchiò: dopotutto aveva veramente del fegato, quel ragazzino. Decise di accontentarlo, per il semplice fatto che un domani avrebbe potuto rivelarsi una buona sfida... Si chinò, afferrando dalla bancarella un grosso frutto rotondo, delle dimensioni di un'anguria, dalla scorza dura quanto una noce di cocco. Richiuse le tre grosse dita della mano, spappolando il frutto.

«Prendi quello... Quello piccolo.» vide che faceva quanto ordinato, osservando la noce sulla mano del ragazzino almeno dieci volte più piccola della sua «Rompilo!» disse, vedendo il ragazzino grugnire per lo sforzo, tentare con una mano, poi con entrambe... Ma inutilmente.
«Quando riuscirai a romperlo, torna da me. Ti darò il combattimento che cerchi.» disse, rialzandosi e voltandosi per riprendere la marcia verso il Monastero. «Tornerò presto, te lo giuro Kintaro!» promise il ragazzino, alle sue spalle.

Il Monastero degli Angeli occupava una grossa fetta del quartiere imperiale adibito ai culti di Outworld, comprendeva una costruzione suddivisa in tre ali che terminavano minacciosamente a punta verso i cieli. Ai cancelli c'erano di guardia due donne - armate di due spade che tenevano a tracolla sulla schiena. Kintaro sapeva che nessuno poteva accedere al Monastero senza permesso, pena la morte. Il colosso puntò dritto verso il cancello, espirando pesantemente, senza accennare a fermarsi quando le due donne misero le mani alle spade, minacciosamente.

«Quale sciocco ha voglia di gettare la sua vita sfidando due Angeli a guardia del loro Monastero?» ammonì beffarda una delle due, dalla pelle più scura ed i capelli mossi, che ricadevano fluenti sulla schiena. Kintaro si fermò a pochi passi dal loro, che avevano già estratto le armi: due spade corte dalla lama stretta. Pregò che fossero tanto sciocche da attaccarlo, desiderava ardentemente spezzarle e ricacciare loro in gola la boria con la quale osavano trattarlo. Aprì il mantello e si rivelò, alzando la grossa testa al cielo e ruggendo come una fiera, aprendo le quattro braccia

«Kintaro osa!»

Tuonò il colosso, curvandosi su di loro. Vide negli occhi della donna che aveva parlato il dubbio «Volete forse sfidare la possente Tigre di Kuatan? Non esitero' ad ammazzarvi se sarete così sciocche da farmi perdere ulteriormente tempo.»
«...Puoi entrare.» rispose la donna dalla pelle scura, rinfoderando le armi e facendosi da parte, imitata dalla sua consorella.

Kintaro varcò i cancelli, rabbiosamente: non erano cadute nella provocazione, non avevano saziato la sua fame di combattere, e d'altronde non si aspettava altro da una setta di assassine senza onore.
Dentro il grande Monastero non c'era nessuno ad attenderlo, nessun segno della persona con cui doveva incontrarsi. Proseguì nell'ala centrale della costruzione, entrando in una grande sala illuminata solamente dalle tremule luci dei bracieri posti agli angoli di essa.
Kintaro si guardò attorno "...Tutto tace." pensò fra sè, quando captò un lieve fruscio alle spalle che mise tutti i suoi sensi all'erta. Non era facile cogliere di sorpresa uno Shokan, soprattutto se quello Shokan era lui.

Udi' un fruscio e istintivamente scartò di lato ruotando su se stesso, per vedere due coltelli sibilare nell'aria dov'era la sua schiena l'attimo prima. Due donne, Angeli, dal volto mascherato e la divisa monastica che lasciava coperto ben poco del corpo.
Kintaro ruggì, furioso

«Vigliacche!» urlò con voce possente, muovendo all'attacco. Era inarrestabile.

Tracciò nell'aria un arco con il suo enorme pugno, che si schiantò verso gli Angeli - i quali furono abbastanza pronti per balzare via. Nel pavimento della grande sala si era creato un piccolo cratere, tanta era la sua forza.
Una delle due gli scagliò contro il pugnale mentre balzava via, ma la distanza era troppo poca e Kintaro riuscì ad intercettarlo con la grande mano del braccio inferiore. L'altra donna non fu altrettanto rapida, perchè venne agguantata per l'esile vita dalla grande mano del gigante il quale, ruggendo, cominciò ad esercitare una pressione tale da farla gemere di dolore. Ancora poco, e l'avrebbe spezzata come un bastoncino rinsecchito.

«Non aiuti la tua consorella, ora?» tuonò verso l'altra donna, ritiratasi nell'ombra.

Vedeva il profilo nell'oscurità ad una decina di passi, mentre continuava a stringere la vita di quella che aveva preso, che scalciava e graffiava inutilmente, e sempre più debolmente.

«Basta così!» risuonò una voce femminile, autoritaria.

Alle spalle dell'Angelo battuto in ritirata comparve una sagoma dalle forme sinuose e perfette. La donna vestiva di viola ed era bellissima, dotata di un fascino sovrannaturale.
Kintaro aguzzò la vista, e nel riconoscerla fece una smorfia di disgusto.

«Mileena.»

Gettò a terra il corpo dell'Angelo oramai svenuto, improvvisamente insoddisfatto della lotta, tenendo d'occhio Mileena. La Sacerdotessa degli Angeli era pericolosa, una dei migliori assassini dell'Imperatore.

«Allora sei venuta di persona per uccidere il Campione di Kuatan? Povera sciocca. Ma innanzitutto, dimmi! Perchè Kahn mi vuole morto?»

Mileena rise di gusto, sotto al velo che le copriva la parte inferiore del volto, del medesimo colore della veste in seta viola.

«Temo tu sia in errore, Tigre di Kuatan. L'Imperatore non ti vuole morto. Ho chiesto io alle mie sorelle di tenderti un agguato. Volevo, diciamo... Metterti alla prova.»
Kintaro azzerò le distanze fra loro in meno di un secondo, infuriato.
«Come osi? Non esiste Shokan che non possa distruggere qualsiasi di voialtre vigliacche. Ed io sono il Campione degli Shokan!» ruggì, torreggiando su di lei.

Non poteva sopportare che un miserabile e disonorevole essere come Mileena mettesse alla prova uno come lui. Era inaccettabile per la sua natura. Desiderava così ardentemente che la donna gli desse il minimo pretesto per poterla stritolare...

«Non lo metto in dubbio, ed hai dimostrato di esserlo, Kintaro.» la voce di Mileena risuonava tranquilla e pacata, cosa che fece infuriare ulteriormente Kintaro «Vedi...»
Il gigante l'ascoltò mentre lei lo aggirava, rimanendo con lo sguardo fisso dinnanzi a sbollire la rabbia. Sentì l'unghia di Mileena sfiorargli i lombi, maliziosamente. Strinse i denti, ringhiando sommessamente.
«...Il Nobile Shao Kahn ci ha scelti per una missione delicatissima, Kintaro...» la voce di lei era come aceto versato su una ferita aperta, era difficile trattenere la furia.

Mantenendo lo sguardo dinnanzi a sè, il viso contorto in un'espressione d'ira, la percepì al suo fianco.

«...E visto che non abbiamo mai lavorato assieme dovevo semplicemente valutare le tue abilità. Non ho dubbi che qualsiasi altro sarebbe morto sotto gli attacchi dei miei Angeli... Ma tu ti sei dimostrato estremamente bravo. Superiore.»

L'aveva dinnanzi quando Mileena smise di parlare, e si chiese quanto piacere avrebbe provato a spappolarle il cranio con la sua mano.

«...Sapevo che gli Shokan erano guerrieri formidabili. Nessuno può scordare le gesta del Principe Goro...»
«Non pronunciare quel nome.» sibilò, trovando inaccettabile che una come Mileena infangasse il nome del più grande eroe Shokan di tutti i tempi, il Principe Goro.
«Come desideri. Allora, non sei curioso di sentire cosa c'è in programma?» replicò serafica, incrociando le braccia al petto.

Kintaro espirò pesantemente, sbollendo la rabbia e incrociando le quattro braccia al petto a sua volta. Non poteva andare peggio di così, tanto valeva farla finire in fretta.

«Ti ascolto.»
«C'è qualcosa che dobbiamo trovare. Hai mai sentito parlare dei Kamidogu?»


 
† † † †


Kung Lao
Edenia
Luogo sconosciuto
17 Dicembre 2011


Passare attraverso i portali era un'esperienza piuttosto strana e difficile da descrivere, e sebbene per Kung Lao non fosse certo la prima volta, non riusciva mai a togliersi di dosso quella spiacevole sensazione di leggerezza e di vuoto. Se avesse avuto parole per descrivere quegli attimi in cui la realtà veniva meno per poi riformarsi dinnanzi ai suoi occhi, avrebbe detto che ad ogni salto un pezzo della sua anima se ne andava, si affievoliva. E sapeva che non esistevano cure per questo genere di male.
Lo splendido panorama che aveva davanti, su quella prateria vergine dominata dal verde che si contrapponeva all'azzurro cristallino del cielo, i canti spensierati degli uccelli sugli alberi che germogliavano, la primavera infinita del luogo, era inconfondibile.
La prima volta che vide questo luogo si commosse dalla bellezza, dalla serenità e pace che esso infondeva, era il paradiso perduto che ogni uomo agognava, era magico e vibrante, così vivo e limpido.

«Non siamo ad Outworld.» annunciò.
«...Che cosa?» la voce del Generale Blade, alle sue spalle. Kung Lao si girò ad osservarla, pareva stanca e stranita.
«Siamo ad Edenia, Sonya.»
«Cosa? Non è possibile, quel maledetto portale conduceva ad Outworld un tempo!»
«Siamo... *yawn*...» Jax cacciò un gran sbadiglio «...Siamo nella merda, credo.»
«Non so spiegarmelo... Probabilmente il portale dell'Isola e' diventato instabile, il che mi porta a pensare che i ladri del Kamidogu ne abbiano usato un altro... Ma dove? Sub-Zero, forse tu conosci qualche altro portale...» Kung Lao cercò il Lin Kuei con lo sguardo, ma non lo trovò da nessuna parte. Osservò i compagni rimasti, Sonya e Jax che ricambiarono lo sguardo, interdetti «E' sparito...»
«Merda!» lamentò Sonya.
«Chissa'... Magari Sub e' finito nel posto giusto al contrario nostro.» rincarò Jax.
Kung Lao sospirò, non si faceva le stesse illusioni di Jax. Scosse appena il capo, rispondendo: «...*Se* è finito ad Outworld, Jax. Per quanto mi riguarda quel portale potrebbe averlo portato da qualsiasi parte. E ci sono posti peggiori di Outworld...» visualizzò l'immagine dell'Abisso, l'infernale reame patria dei demoni Oni e delle anime malvagie, un mondo caotico e terribile.
«Che facciamo, ora? Io e Jax non siamo mai stati qui, ma tu Kung dovresti conosce Edenia piuttosto bene... Dove lo troviamo un portale qui?» Sonya gli si era avvicinata, ai bordi di quel terrazzo naturale che cadeva a picco su una valle verde e rigogliosa, attraversata da un grande fiume dalle acque vivaci.
«Non so in che zona di Edenia siamo. Gran parte di questo mondo è stato lasciato vergine ed intoccato dagli edeniani, che si sono radunati in poche e grandi città. Dobbiamo cercare di raggiungere la capitale, lì sicuramente troveremo aiuto.»
«Potrebbe essere troppo tardi, Kung. Anche se raggiungessimo la capitale e trovassimo un portale, quei bastardi avranno troppo vantaggio su di noi. E poi, cristo santo, come la troviamo la capitale?»
Kung Lao si voltò lentamente verso Jax «Ricordo un fiume simile a questo che percorreva le vicinanze della capitale. E comunque non abbiamo niente da perdere, ormai. Forza!»

Si misero a correre, a ridosso del fiume.
La sciabola cinese che Kung Lao portava al fianco batteva ritmicamente sulla gamba ad ogni falcata. Non si voltò mai indietro perchè sapeva che Jax e Sonya erano in grado di sostenere il suo passo.
La corsa era un ottimo metodo di meditazione, come gli avevano insegnato i vecchi maestri Shaolin del Tempio della Luce: le ansie della mente si scaricavano sul movimento del corpo e permettevano di isolarla e lasciare che i pensieri scorressero puri. Quando la mente era così lucida, la fatica fisica veniva semplicemente messa da parte, e Kung Lao vide oltrepassare le praterie di Edenia su cui correva come se fosse uno spettatore esterno, il suono ovattato del suo respiro regolare era rilassante e pareva che non esistesse ostacolo che non potesse superare. Non aveva una direzione precisa, seguiva semplicemente il corso del grande fiume ricordando che la capitale edeniana si ergeva a ridosso di un fiume simile e sperava in cuor suo di trovare qualche edeniano per la sua strada, qualcuno di quei pochi che avevano deciso di abbandonare le città per vivere nelle parti più selvagge di Edenia. Almeno nella capitale avrebbe avuto qualche risposta, perchè la Regina di Edenia una maestra nelle arti della divinazione e forse avrebbe potuto svelargli qualcosa delle trame ordite dall'Imperatore di Outworld. Forse avrebbe potuto dirgli dov'era finito Sub-Zero.
Il Gran Maestro Lin Kuei era sempre stato un enigma per Kung Lao. Era loro alleato da sempre, Raiden lo teneva in altissima considerazione, eppure lui si era sempre comportato come un lupo solitario. Non aveva mai lasciato avvicinare nessuno... E dire che sentiva delle affinità con Sub-Zero, perchè percepiva nel Gran Maestro il medesimo senso di solitudine che spesso attanagliava anche lui. Tempo addietro tentò di parlargliene, di spezzare quel muro di ghiaccio che Sub-Zero aveva elevato fra sè ed il mondo intero, ma senza risultato. Non poteva considerarlo un amico - come lo potevano essere Sonya o Jax - ma al tempo stesso non poteva fare a meno di preoccuparsene, ora che era misteriosamente sparito.
Stava passando vicino ad un bosco che estendeva i confini fino al bordo del fiume, quando i suoi sensi captarono un movimento fra le fronde. Il corpo reagì quasi subito al comando della mente, compiendo una capriola in avanti mentre delle fauci mordevano l'aria nel punto esatto in cui stazionava l'attimo prima.

«Attenti!» esclamo', atterrando sui talloni con la mano posata a terra, verso Sonya e Jax che rapidamente si staccarono dal limitare del bosco, arretrando verso il fiume.

La creatura che Kung Lao vide aveva forme antropomorfe, si reggeva sulle zampe posteriori ed aveva la pelle composta da delle dure scaglie color panna. La testa richiamava vagamente quella di un coccodrillo... O di un preistorico dinosauro. Alle spalle dell'essere, altre due creature sbucarono dalle fronde, gorgogliando fameliche verso Sonya e Jax. Kung Lao estrasse la sciabola, indirizzando un affondo verso la gola della creatura che non ebbe il tempo di reagire. Cadde carponi, sibilando, mentre sentì la Desert Eagle di Sonya - una grossissima calibro 50 - esplodere un colpo e far saltare la testa del secondo essere. Jax, notò, aveva optato per una via più diretta: grazie alla sua mole stava semplicemente stritolando la sua creatura uncinandole il tozzo collo con il braccio. Kung Lao rinfoderò la sciabola.

«Ma che... Ah, vuoi morire schifezza? ...Che diavolo sono questi affari? Ugh..» Jax diede un ultimo, prepotente strattone che fece capitolare le ultime resistenze della bestia che si afflosciò sul suo braccio, priva di vita.
«Non lo so, Jax. Qui a Edenia i coccodrilli sembrano andare a spasso per i boschi su due zampe...» rispose Sonya, riponendo la grossa pistola nella fondina.
«Dobbiamo fare attenzione. Andia...» le parole morirono in gola a Kung Lao quando vide una quarta creatura saettare fuori dalla boscaglia e scagliarsi verso Jax.

l Maggiore non avrebbe mai potuto evitarlo, nè Kung Lao avrebbe potuto fare qualcosa per impedire che le grosse fauci si serrassero attorno al suo collo, uccidendolo all'istante...
 
† † † †

 

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Capitolo 6
*** [Kung Lao] Delight And Angers ***


Delight And Angers.mp3 - In Flames

Everyday takes figuring out how to live,
Sometimes it feels like a mistake,
Sometimes it's a winner's parade,
Delight and angers,
I guess that's the way it's supposed to be...





Kung Lao
Edenia
Luogo Sconosciuto
17 Dicembre 2011


Poteva quasi sentire il rumore del collo di Jax che si spezzava sotto alle grosse mandibole della creatura lucertoloide, quando percepì una vibrazione sopra il suo capo, come di qualcosa che sfrecciava a grande velocità. Un bagliore metallico, poi il sangue zampillante e le urla di Sonya e Jax. E vide la creatura riversa a terra, con un pugnale ricurvo - simile al kukri nepalese - conficcato in profondità nel collo.

«Dannazione, Jax! Stavi per lasciarci la pelle!»

Sonya si era avvicinata al Maggiore, furente: non l'avrebbe mai ammesso, ma Kung Lao sapeva che era arrabbiata per lo spavento. I suoi uomini delle Forze Speciali, Jax in primis, le erano molto cari.

«Ehi, Generale, mi dispiace! Bel tiro Kung, comunque...» il grosso afroamericano si chinò a togliere il kukri dal collo della creatura «... Ma da dove arriva questo pugnale? Non mi pare di avertelo visto addosso.»
Kung Lao annuì «Non è mio, Jax. L'ha tirato qualcun altro. Non siamo soli, qui.» si voltò e scrutò fra le fronde della boscaglia, guardingo; aveva una spiacevole - ed inspiegabile - sensazione di deja-vu, perchè quel kukri gli sembrava familiare.

Sonya gli si era portata al fianco, ed osservava fra le fronde a sua volta, a braccia conserte.

«Non so con chi abbiamo a che fare, ma chiunque sia ha salvato Jax da morte certa.» sussurro' la donna, mantenendo lo sguardo sulle fronde.
«O forse ha semplicemente sbagliato il tiro.» le rispose Kung Lao «Meglio non abbassare la guardia. Cercherò di stanare il proprietario di quel pugnale. Lo costringerò ad uscire dalla boscaglia, tu e Jax state pronti a prenderlo.»
«Va bene, Kung. Sta' attento.» la mano le era andata nuovamente alla fondina della Desert Eagle.

Chiuse gli occhi, entrando in quello stato di meditazione che gli permetteva di sgomberare la mente da tutto quello che era irrilevante per il suo obiettivo, una pratica imparata dopo numerosi anni di duro addestramento Shaolin.
Respira. Focalizza. Percepisci l'ambiente e divieni parte di esso. Gli insegnamenti dei vecchi monaci erano indelebili nella sua mente.
Quando riaprì gli occhi, Kung Lao era cosciente di tutto ciò che gli stava attorno. Percepiva i battiti del cuore di Jax e Sonya, poteva enumerare quanti dei variopinti pesci stavano passando in quell'esatto momento nel fondale del grande fiume, conosceva esattamente le traiettorie che gli aggraziati uccelli edeniani avrebbero preso. E percepì una imperfezione nella boscaglia, qualcosa di estraneo rispetto ai secolari alberi. Lo vide appollaiato in cima ad un albero ad una decina di metri di distanza, ed era ben mimetizzato con quelle vesti verdi. Mosse con tranquillità i primi passi in sua direzione, sentendolo irrigidirsi. Paura? Ansia? No, si sentiva sufficientemente nascosto. Kung Lao lo sentì rimanere immobile anche quando arrivò sotto al suo albero. Si fermò, senza alzare lo sguardo. Poi compì un agile balzo verso lo sconosciuto, calcolando le distanze per arrivargli ad almeno mezzo metro, così da poterlo afferrare in volo. Un'azione impensabile per un comune essere umano, ma lui era stato addestrato dai monaci Shaolin che rendevano possibile l'impossibile.
Sentì un'esclamazione di stupore quando gli fu sotto e gli afferrò la parte anteriore delle vesti con le mani, puntando un piede sullo stomaco e proiettandolo all'indietro per farlo volare giù dall'albero. Kung Lao gli era dietro nella caduta, compiendo una piroetta ad un metro da terra che gli permise di atterrare in piedi. In quell'istante si trovò stupidamente a pensare che il petto dello sconosciuto, quando l'afferrò per le vesti, era stranamente morbido e decisamente piacevole al tatto.
Jax stava arrivando di corsa e stava per avventarsi sullo sconosciuto.
Kung Lao si girò per vedere, finalmente, chi aveva preso: la caduta doveva avergli come minimo spezzato il fiato e con il poderoso Jax alle sue spalle non avrebbe avuto vie di fuga... Invece vide che lo sconosciuto era in piedi, pronto. O, per meglio dire, pronta.

«Non ti facevo così... Focoso, Kung Lao.» la voce di Jade era volutamente sensuale.

Le gote del monaco guerriero si tinsero improvvisamente di rosso nel riconoscere una delle più belle creature su cui avesse mai posato gli occhi. Jade era un'edeniana alta e dalla carnagione bronzea, dal fisico mozzafiato ed i capelli castano scuro, lunghi oltre il fondoschiena e lievemente ondulati. Come tutte le edeniane, vestiva poco e lasciava scoperto molto, come voleva il costume edeniano secondo cui la bellezza doveva venire esaltata in ogni sua forma... e le donne edeniane erano tutte bellissime. Jade era una delle consiglieri della Regina di Edenia, il suo araldo nonchè la migliore amica della figlia della Regina, la Principessa Kitana.
Kung Lao la conobbe in circostanze avverse, quando - durante la guerra scatenatasi nel Grande Torneo - trovò Jade in fin di vita dopo un assalto da parte di Baraka, un feroce e sanguinario capotribù Tarkata. Le arti curative Shaolin con cui la medico' le salvarono la vita. Si separarono poco dopo, entrambi risucchiati dalla tempesta che si scatenò alla fine del Grande Torneo, in cui morì il Dio del Tuono e Shao Kahn fu respinto ad Outworld. Jade gli promise che si sarebbe sdebitata, ed il pensiero turbò non poco le notti di Kung Lao, negli anni successivi.

«Ehi, ma è una donna!» esclamò Jax, dietro a Jade.
«Sì...» Kung Lao era ancora confuso dall'incontro e faticava a staccare gli occhi dalle grandi iridi nocciola di Jade che lo fissavano.
«Una nativa di Edenia, visto come è... Vestita.» Sonya gli si affiancò, con la grossa pistola in mano e lo sguardo piuttosto truce.
Kung Lao si schiarì la voce, con un lieve moto di imbarazzo «Allora... Sonya, Jax, lei non ci è nemica... Si chiama Jade, ed è molto vicina alla Regina di Edenia. Un colpo di fortuna, davvero.»

Osservando nuovamente Jade, la vide sorridere. Porse la mano ad un Jax piuttosto estasiato, e lui le rese il kukri che gli aveva salvato la vita.

«Credo impazzirei anche se fosse una nemica, eh Kung?» Jax era un vero buontempone, anche se Sonya non era dello stesso avviso.
«Che direbbe tua moglie se ti vedesse ora, Maggiore?»
«Fortuna che non mi vede!» Jax scoppiò in una gran risata, mentre Sonya continuava a fargli la predica. Kung Lao scosse il capo, lasciandoli ai loro discorsi: dopotutto ognuno spezzava la tensione a modo suo. Tornò su Jade, sospirando.
«Mi dispiace averti assalita, ma siamo in una brutta situazione e...»

Jade alzò una mano portando l'indice all'altezza delle labbra carnose, chiedendo il silenzio, cosa a cui lui obbedì repentinamente.

«Non scusarti, Kung Lao, non ha importanza. Cosa vi porta ad Edenia? Sono tempi bui anche per noi, la Regina mi ha ordinato di pattugliare i confini. Abbiamo ricevuto notizie di estranei indesiderati, un giorno fa. Poco lontano da qui c'è una delle molte zone sensibili ai salti dimensionali...»
«Che intendi?»
«Una zona dove è probabile arrivare quando si passa per un portale. Solitamente un portale conduce ad un altro portale, ma se è danneggiato è possibile arrivare in una di queste zone.»
«E' esattamente quello che è successo a noi. Abbiamo varcato il portale dell'Isola di Tsung, ma dev'essere danneggiato... Un tempo conduceva ad Outworld, Jade.» Si fece silenzioso, poi riflettè su un particolare sfuggitogli... "Estranei indesiderati?" «Jade, riguardo gli estranei che stai cercando: sei riuscita a vederli? Cosa ne sai al riguardo? E' molto importante.»
«No, non ho avuto fortuna. Ho trovato voi invece, e sembra che sia arrivata giusto in tempo... In questa stagione Bosco Addash è popolato dai Voivòd, le creature che vi hanno attaccato. Ora, Kung Lao... Devo chiedervi cosa vi porta ad Edenia.»
«Ascolta, Jade, è importantissimo che tu ci conduca dalla Regina. Dobbiamo sapere di questi estranei, assolutamente... Non ho tempo di spiegarti il motivo per cui siamo qui, ti chiedo solo di fidarti di me, e di portarci dalla Regina il prima possibile.» rispose Kung Lao, rinfrancato dal fatto che forse non tutto era perduto. Probabilmente gli "estranei" erano Kano ed i suoi, che avevano avuto i loro stessi problemi con il portale dell'Isola.
«Ma certo... Mi spiegherai strada facendo.»

S'incamminarono, e Kung Lao le racconto' delle loro burrascose vicissitudini.

«A proposito, come mai non ci hai attaccato? Dalla tua posizione non potevi averci riconosciuto.»
La vide sorridere «Non ero sicura delle vostre intenzioni, e foste anche stati quelli che cercavo, non era comunque mia intenzione uccidervi. Sai una cosa? Sei... Particolare senza quel tuo cappello tagliente. Stai meglio senza, effettivamente.»
Kung Lao tossicchiò «Beh, grazie. Tu invece sembri sempre la stessa, Jade.»
«Il popolo di Edenia non sente il peso degli anni come il popolo della Terra.»


Edenia
Palazzo Reale
Qualche ora più tardi


La marcia fino alla capitale di Edenia fortunatamente durò meno del previsto.
Un crescente senso di inquietudine tormentava Kung Lao, alimentato dai dubbi che erano sorti durante la marcia verso la capitale. A rigor di logica, Kano e i suoi avrebbero dovuto cercare un portale per Outworld. E dovevano farlo in un luogo a loro potenzialmente ostile. Però avevano molte ore di vantaggio e la crudeltà necessaria per eliminare chiunque sbarrasse loro la strada, inoltre se avessero tenuto un basso profilo sarebbe stato molto difficile prenderli. Ma forse la guardia Edeniana li avevano già catturati. Forse il Kamidogu era già al sicuro nelle mani amiche della Regina.

"Tanti, troppi 'forse'."

Si disse, seguendo Jade per la magnifica città che rifletteva la luce del grande sole, accentuando quella tonalità perlata di cui sembravano essere composta. Fontane e splendidi giardini non si contavano, l'aria era fresca e genuina, gli Edeniani - un popolo vivace e curioso, molto aperto e di aspetto magnifico - li salutavano cordialmente come se lui ed i suoi compagni fossero dei vecchi amici tornati a far visita mentre attraversavano le ampie e ridenti piazze, guidati da Jade verso il Palazzo Reale. 
Kung Lao era già stato nella capitale e rispetto ad un tempo vi era un insolita presenza di soldati edeniani, con le loro uniformi eleganti e mascherati, che pattugliavano il perimetro della città. Evidentemente doveva essere giunta voce anche in Edenia che Shao Kahn aveva ricominciato a tramare per la conquista totale, dopotutto Edenia era sempre stato il primo obiettivo del terribile Imperatore e nonostante non ci fosse mai stata una guerra aperta con Outworld nessuno poteva scordare le vittime delle malefiche macchinazioni di Kahn, il quale si servì di raggiro, assassinio, cercò persino di controllare la mente della Regina per destabilizzare Edenia e farla diventare una colonia di Outworld.

«Siamo arrivati.» disse Jade, mentre Kung Lao ammirava le forme del grande Palazzo Reale, costruito in marmo bianco.

Era come lo ricordava, nè più nè meno: un enorme giardino su cui sorgeva il sentiero che l'attraversava, per arrivare sino all'entrata della grande costruzione bianca. Percepì una fitta di dolore, nel ricordare come l'ultima volta che vide il Palazzo fu per portare il corpo del suo migliore amico, caduto per mano dello stesso Shao Kahn durante il drammatico epilogo del Grande Torneo: Liu Kang si era sacrificato immolandosi in un attacco suicida contro l'Imperatore, per permettere al Dio del Tuono di raccogliere abbastanza potere onde distruggere definitivamente Shao Kahn. Tutti sapevano com'era finita.

«Sembri triste, Kung Lao: lo leggo nel tuo volto. Pensi a Liu Kang, non è vero?» sussurro' Jade, dopo essersi portata silenziosamente al suo fianco.
Kung Lao ruotò il capo per osservarla «Gia'. Spesso mi chiedo perchè lui. Potevo essere io, poteva essere qualcun altro...»
«Sii felice, Kung Lao, perchè dolersi della sua morte significherebbe denigrare il suo sacrificio.»
Kung Lao sospirò, scuotendo appena il capo, mentre oramai i cancelli del Palazzo erano vicini «Ha sacrificato la sua vita... Ma per quale ragione? Shao Kahn vive ancora, e trama ancora...» era un pensiero a cui Kung Lao non aveva mai dato voce con nessuno, perchè covava un sentimento di rabbia nel riconoscere che Shao Kahn, dopotutto, aveva vinto e si era portato via il suo migliore amico.
«Se non avesse compiuto quel gesto saremmo tutti morti ora, Kung Lao, e Shao Kahn dominerebbe su tutto ciò che ha vita.»
«Forse ha solo ritardato il destino che ci attende, Jade. Rimaniamo solo noi... Solo noi, contro il mastodontico potere che viene da Outworld. Dalla morte di Liu Kang e Lord Raiden abbiamo goduto di qualche anno di pace... Eppure, come pensare che Shao Kahn si sarebbe accontentato di rimanere sul suo trono nero? La sua sete di potere è troppo grande, ed infatti...»
«...E infatti rimane ancora confinato in Outworld. Perchè disperi così, Kung Lao?»
«Perchè sento lo scatenarsi della tempesta in lontananza, Jade, e questa volta non so se saremo abbastanza forti da resistergli. Non sono disperato, sono semplicemente realista.»
«Allora attendi pure l'arrivo di Kahn seduto comodamente a terra. Quanto a me, preferisco combattere.» replico' piccata, accelerare il passo per oltrepassare le guardie e sparendo oltre la grande soglia del palazzo. Sembrava essersi offesa, e Kung Lao sospirando si promise di riparlarle.

Si voltò, vedendo Sonya e Jax silenziosi, impegnati ad osservare i dettagli del luogo.

«Ci siamo. La Regina ci attende, Jade è... Andata ad annunciarci.» disse loro, attendendo che l'affiancassero.
«Bene. Ma dobbiamo fare in fretta... Più tempo perdiamo qui, e più Kano si allontana.» gli rispose Sonya.
«La Regina potrebbe darci molte delle risposte che cerchiamo per fare luce sulla situazione, Sonya... E' molto antica e saggia.»
«Uhm... Dici che è una vecchiaccia? Peccato, mi stavo abituando alle bellezze locali...» gli borbottò Jax di rimando.
«Non credo rimarrai deluso, Jax.» rispose, piuttosto divertito.

Nessuno sbarrò loro la strada nonostante il Palazzo fosse pesantemente sorvegliato dalla guardia e Kung Lao guidò i compagni verso la sala del trono, dove li attendeva Sindel, la Regina di Edenia. Kung Lao la trovò proprio come la ricordava, dalle forme perfette e quel volto senza età che trasmetteva una bellezza spettrale, mistica; la carnagione era pallida, quasi marmorea e le sue pupille erano velate di bianco, mentre una cascata di fulvi capelli le ricadeva oltre le spalle, bianchi salvo una grossa ciocca al centro di un nero perlaceo. Emanava carisma e saggezza, la sua vicinanza donava conforto e pochi riuscivano a sostenere il suo sguardo senza provare l'impulso di amarla - come si amerebbe una madre o un'amica di vecchia data. Com'era nei costumi edeniani, la Regina portava poche vesti a nascondere le sue nudità, eppure non scatenava il desiderio nell'osservarla, era più come contemplare una squisita statua - scolpita come se fosse vera, ma pur sempre fatta di marmo.
Jade era in piedi a fianco della Regina, Kung Lao le diede un'occhiata di sfuggita prima di posare un ginocchio a terra, seguito a ruota da Sonya e Jax. 

«Amici miei, vi prego, alzatevi. Kung Lao, è un piacere ed un onore averti nuovamente alla corte di Edenia. Non conosco i tuoi compagni, ma sento che il loro cuore e i loro intenti sono nobili come i tuoi, amico mio.» 
Kung Lao si rialzò, dando un'altra occhiata a Jade che era rimasta silenziosa, poi rispose «L'onore è mio, nobile Sindel. Loro sono Sonya Blade e Jackson Briggs, sono amici e fidati compagni di battaglia.»
«Maestà.»

Udì Sonya salutare in modo marziale, seguita da Jax mentre sul viso di Sindel si dipingeva un pallido sorriso dando così una muta approvazione della loro presenza nel suo regno, per poi volgersi verso Jade, che rimaneva silenziosa e fosca. L'aveva colpita così duramente la sua risposta di prima? Continuava a fissarlo così intensamente che quasi si sentiva trafiggere l'anima stessa: capiva poco le donne, ancora meno le edeniane.

«Bambina mia, vuoi accompagnare Sonya Blade e Jackson Briggs a visitare il Palazzo? Conduci loro alle cucine poi, sento che il nostro poderoso amico Briggs è molto affamato.»
«Mia Regina, ma non c'è tempo per questo...»
«Ti prego, Jade.»
«Sì...»

Kung Lao sentì nuovamente lo sguardo di Jade addosso mentre usciva con gli altri due, decisamente poco amichevole... Sospirando tornò su Sindel, chiedendosi come mai avesse voluto escludere i suoi amici e Jade dai loro discorsi. Forse non si fidava di Sonya e Jax?

«Ora possiamo parlare in pace, Kung Lao. Sentivo che avevi un peso nel cuore che turbava la tua mente. Ora dimmi: chi sono gli stranieri che inseguivi? Prima che tu lo chieda, ho già provveduto a mandare una grossa falange di soldati al Deserto di Edenia.»

Era evidente che Jade le aveva fatto un rapido rapporto sulla sua missione quando li aveva preceduti, o forse Sindel glielo aveva semplicemente letto nell'anima, così come aveva fatto centro sul suo turbamento riguardo a Jade tanto da indurla a lasciare la stanza onde poter parlare liberamente...

«Sono ladri, Regina.»
«Cos'hanno rubato?»
«Il Kamidogu, nobile Sindel. Il Kamidogu che era custodito dal Gran Maestro dei Lin Kuei, sulla Terra...»

Kung Lao si fece silenzioso nuovamente, attendendo una reazione da parte della Regina che pareva come immobilizzata in una sorta di trance dopo la sua ultima frase. Era sicuro che lei ne sapesse qualcosa, e qualsiasi cosa fosse aveva comunque un brutto presentimento.

Sindel riaprì gli occhi, emanando un profondo sospiro «Questo è... Alquanto grave, amico mio. Dovete partire subito per il Deserto di Edenia, immediatamente. I ladri vanno fermati ad ogni costo, e temo che una sola falange di soldati non sia sufficiente per fermare chi ha violato il Tempio dei Demoni della Foresta.»
Demoni della Foresta. Kung Lao ripensò al significato che il termine 'Lin Kuei' aveva nel linguaggio comune «...Un'ultima cosa, prima che io vada... Riesci a percepire Sub-Zero, mia Regina? Oltrepassammo il portale assieme, ma lui non era con noi al nostro arrivo.»
«No. Non è nel mio regno, non lo percepisco... Innalzerò una preghiera al sommo Fujin per lui. Ora va', amico mio, perchè il tempo ci è nemico.»
«Grazie, nobile Sindel.»

Si inchinò e corse fuori, provando un vago senso di irrequietezza. L'inevitabilità del suo fallimento era quasi logica vista la situazione: i ladri avevano troppo vantaggio, e l'unica speranza alla quale poteva aggrapparsi era che i guardiani del portale fossero riusciti a fermarli.
Jade, Sonya e Jax lo attendevano negli ampi giardini fuori dal Palazzo Reale, e Kung Lao non potè fare a meno di indugiare con lo sguardo su Jade, sperando intimamente che il livore le fosse passato.

«Dobbiamo...»
«Partire subito, sì. Sono già stata informata, Kung Lao, vi guiderò io al Deserto.» Jade l'aveva interrotto piuttosto bruscamente «E faremo più in fretta se cavalcheremo fino ad esso: il portale è situato in una zona piuttosto impervia. Seguitemi!»
«Peccato per quella succulenta carne che non ho fatto in tempo a mangiare...» lamentò Jax massaggiandosi lo stomaco.

Kung Lao seguì Jade per le vie cittadine, mentre correvano sfrecciando oltre le verdeggianti piazze percorse all'andata. Jade era estremamente veloce, e Kung Lao s'impegnava a tenerle il passo... Temeva tuttavia che avrebbero seminato presto Sonya e Jax.

«Jade! Rallenta! Jax e Sonya... Rimarranno indietro!» le urlò, affiancandosi a lei in quella corsa dove i dettagli dell'ambiente circostante volavano via.
«Non m'importa...! Decido io il ritmo di marcia, se rimarranno indietro sono affari loro! Se vuoi farmi rallentare... Prima devi prendermi!»

A che gioco voleva giocare? Fu costretto ad accelerare ulteriormente il passo senza avere il tempo di darsi una risposta in quanto l'edeniana era già ad almeno dieci passi più avanti di lui, ed era richiesta tutta la sua concentrazione per sfrecciare fra gli alberi, saltare via agilmente cose e persone, portando addirittura la corsa in cima ad una fila di tetti di alcune abitazioni. Fu lì che Kung Lao decise di farla finita, azzerando le distanze con un aggraziato balzo in avanti e prendendo Jade per un braccio, facendola voltare bruscamente, senza accorgersi che era a fine corsa sui tetti e la spinta data dal salto fece cadere entrambi di sotto. D'istinto, Kung Lao portò Jade a sè, ruotando in aria per far impattare la sua schiena sul terreno - fortunatamente solo qualche metro più sotto - e facendole da scudo con il suo corpo.
Il colpo gli portò via il fiato, eppure avere Jade sopra di lui, cinta per la vita, con il petto schiacciato sul suo, i capelli corvini che gli accarezzavano il volto...

«Che cosa... Che cosa credevi di fare?» le lasciò la vita ma lei non accennò a muoversi, rimanendogli sopra.
«Promettimi che non lo rifarai più, Kung Lao.»
«Fare che cosa?»
«Darti per vinto... Disperare. Sapevi della mia velocità, eppure non hai esitato ad inseguirmi.»
«E' stata solo una corsa, non puoi paragonarla a...»
«E' lo stesso! Hai combattuto, Kung Lao, hai combattuto e sei riuscito a vincere. Questo è l'uomo che mi ha salvato la vita. Ad Edenia esiste un detto, Kung Lao... 'Chi ti salva la vita ti strappa anche un pezzo di anima'.»

Era piuttosto confuso, quando sentì il vociare di Jax dietro l'angolo dell'abitazione dalla quale erano caduti. Jade si era già rialzata.

«Ma dove cazzo siete?! Ah, eccovi... Sono qui, Sonya.»

Il Maggiore spuntò assieme al Generale, piuttosto furente. Kung Lao non poteva darle torto, effettivamente...

«Vi pare il momento per rincorrervi come dei bambocci?» Sonya era minacciosa e Kung Lao sapeva che non era il caso di prenderla alla leggera.
«Colpa mia, Sonya. Non accadrà più, lo prometto. Ora seguitemi... Le scuderie sono qui vicino.» Jade si era già avviata, seguita da Jax. Sonya rimase per qualche attimo su di lui. Era la seconda volta che riceveva uno sguardo killer da una donna, quel giorno, e Kung Lao ne aveva abbastanza.
«Mi dispiace Sonya, non è il momento per mettersi a discutere.»
«Va bene, abbiamo perso fin troppo tempo. Andiamo.»

La seguì, accodandosi a Jax e Jade che erano prossimi alle scuderie della capitale.
Ci vollero un paio d'ore scarse per arrivare al Deserto di Edenia, a cavallo degli Scythe, grossi uccelli simili a struzzi dalle gambe lunghe e resistenti, il becco ricurvo come un'aquila e le penne dal colore variopinto. Erano delle cavalcature perfette per le sabbie del luogo, in quanto le grosse zampe palmate non sprofondavano sul manto dorato del deserto. Nonostante non sembrassero particolarmente minacciosi avevano un carattere molto orgoglioso e non tolleravano nessun tipo di sopruso da parte del padrone.
Kung Lao seguiva Jade che apriva la fila, seguito da Sonya ed un Jax estremamente divertito di essere a cavallo di un grosso pollastro, come lo definiva lui. La guerriera edeniana li stava conducendo verso una formazione rocciosa che spuntava dalle sabbie, proprio al centro del deserto. La roccia era nera e nel complesso vederla spuntare all'orizzonte - in mezzo al nulla - la faceva sembrare decisamente innaturale agli occhi di Kung Lao.
Poi comparvero i cadaveri.
I soldati della falange edeniana giacevano a ritmo di due, tre - talvolta persino quattro - a terra mentre si avvicinavano sempre più alla formazione rocciosa. Avevano orride ferite e squarci sui quali stavano facendo libagioni mosche ed altri parassiti, alcuni presentavano addirittura delle bruciature, solchi neri attraverso la carne viva... Chiunque fossero i macellai, dovevano aver combattuto furiosamente fino al portale. Kung Lao pregò che fossero ancora in tempo.
Seguirono semplicemente la scia di cadaveri, che si interrompeva bruscamente davanti ad un grande portale ad arco scavato nella pietra che dava accesso al picco roccioso. Scendendo dallo Scythe, Kung Lao notò delle scale nell'oscurità di quel portale, che probabilmente scendevano. Si chiese cosa stesse provando Jade nel vedere la sua gente massacrata in quel modo. Probabilmente conosceva ognuno di quei soldati...

«Entriamo, e speriamo che i guardiani siano ancora in vita.» annunciò freddamente.

Kung Lao annuì, apprestandosi ad entrare ma fu oltrepassato da Sonya che si getto' a capofitto verso l'ingresso.

«E' Kano! Quelle bruciature... Sono inconfondibili!»
«Aspetta, Sonya!»
«Non c'è niente da fare quand'è così, Kung! Forza, seguiamola!» Jax si mise a correre.

Non poteva fare altro che seguirli, anche se l'istinto gli suggeriva di tentare un approccio più meditato. L'aria dentro alla grande grotta era umida e fredda, in netto contrasto con il clima esterno. Seguì Jax giù per una grande scalinata che scendeva in profondità, sbucando in una grande sala che doveva fungere evidentemente da anticamera per i guardiani del portale, come testimoniavano le rastrelliere piene di armi e le grandi baliste puntate sul fondo della sala, dove si apriva una grande crepa sulla roccia dalla quale proveniva una luminescenza rossastra.
Sonya era già a metà sala, correndo a perdifiato verso la fenditura.

«Vedo del movimento!»

Kung Lao vide effettivamente una sagoma arrancare oltre la fenditura: era ingobbita e sembrava sorreggersi con la mano ai bordi della grande crepa che dava al portale. Aumentò le falcate fino a diventare veloce come il vento, oltrepassando Sonya, diretto verso la figura... Non poteva sfuggirgli. Non doveva sfuggirgli. Sentì Jade al suo fianco, veloce ed aggraziata come un felino. Compirono assieme un balzo per ricoprire l'ultimo tratto che mancava per oltrepassare la fenditura ed immergersi in quella luce rossa...
...Troppo tardi. La donna che li osservava era giovane ed avvenente, dai capelli rossi, e nonostante avesse una brutta ferita alla gamba coperta da un pantalone scarlatto aderente, sul volto aveva un'espressione beffarda. Era sul portale, che emanava una disturbante luce rossa.

«...Adios!»

E sparì, dissolvendosi in quella vorticosa nebbia scarlatta.
Fallimento.
Non riusciva a pensare ad altro Kung Lao, mentre osservava con sguardo assente il portale. Seguirli? Pura follia, perchè sicuramente i ladri del Kamidogu avevano qualcuno ad accoglierli al di là del portale, e seguirli sarebbe stato un inutile suicidio. E quella ragazza dai capelli rossi... Chi era? Non l'aveva mai vista prima, nemmeno nel covo del Drago Nero ad Hong Kong, da dove tutto cominciò.
Era così stufo di avere così tante domande e nessuna risposta... E di certo le urla isteriche di Sonya non l'aiutavano a concentrarsi: voleva seguire Kano e i suoi oltre il portale, tanto che Jax doveva tenerla ferma. Anteponeva la sua vendetta personale alla loro missione, eppure come biasimarla? Kano le aveva distrutto la vita.

«Ce n'è uno ancora vivo.»

La voce di Jade lo riportò alla realtà. Uno dei guardiani era posato con la schiena sulla parete dell'anticamera. La testa era china ed il rantolio sempre più pesante indicava che era prossimo alla morte. Jade era chinata su di lui: Kung Lao rimase impressionato di come rimanesse fredda e dura dinnanzi all'orribile spettacolo della sua gente massacrata.

«Dicci che cosa hai visto, amico mio...» l'edeniana le sussurrava con gentilezza mentre lui rimaneva ad un paio di passi di distanza, in ascolto. Era orribile: non poteva nemmeno morire in pace, doveva rievocare la scena finale dove lui veniva sconfitto ed ucciso. Forse desiderava solamente ricordare il volto della moglie, dei figli... Lo stomaco di Kung Lao si contrasse per la rabbia: Shao Kahn aveva molto di cui rispondere.
«...Quattro... Una... Donna... Tre uomini... L'occhio rosso... L'occhio ross...» l'uomo scivolò di fianco, privo di vita. All'altezza della vita c'era un profondo buco che lo trapassava parte a parte, le carni erano nere, cauterizzate.
Occhio rosso? Kano portava una placca metallica su un lato del volto, e l'occhio era sostituito da una lente rossa. Questo confermava la teoria di Sonya.
«Jade, dobbiamo tornare dalla Regina subito.»

Risposte, risposte, risposte. Doveva sapere tutto il possibile sul Kamidogu. Sul perchè Kahn lo voleva. Era dall'inizio della vicenda che era preda degli eventi ed era stato costretto a gettarvisi a capofitto, perchè non c'era tempo per soffermarsi a riflettere o chiedere a chi sapeva. Ora avevano perso il Kamidogu, almeno avrebbe avuto qualche risposta.
Jade era ancora inginocchiata davanti al cadavere, lo osservava placidamente.

«Raduna gli altri fuori, vi seguirò fra un attimo.»

Kung Lao fece come richiesto.


Edenia
Palazzo Reale
Qualche ora più tardi


«Mia Signora, sono fermamente convinta che avremmo dovuto inseguire i membri del Drago Nero attraverso quel portale!»
«Avreste solo gettato via la vostra vita, Generale. Ne abbiamo bisogno ora più che mai, invece.»
«Con tutto il rispetto, mia Signora, ma questo e' un errore grande come una casa. Avremmo eliminato ogni minaccia al di là del portale, ammazzato Kano e riportato a casa il Kamidogu! Uno di loro era ferito, erano stremati per aver dovuto combattere fino a quella caverna... Non condivido affatto questa strategia d'attesa, perchè la miglior difesa è l'attacco, come si dice a casa mia, sulla Terra.»
«Ci sono poteri ad Outworld che non si possono combattere con le vostre armi, Generale. Il tuo cuore è gonfio di rabbia perchè eri vicina a catturare la tua nemesi, e l'ira ti offusca i pensieri...»
«Al diavolo, mi sembra di parlare con un fottuto maestro Jedi. Vieni Jax, accompagna il Generale a prendere una boccata d'aria!»

Kung Lao si mise una mano sul volto. Sonya non si era trattenuta dall'esprimere tutta la sua rabbia davanti a Sindel, al loro ritorno. La Regina non sembrava minimamente turbata dall'atteggiamento irato del Generale e dal suo linguaggio colorito, anzi, il suo sorriso benevolo rimase disegnato sul volto. Di certo il fatto che le avesse letto cosi' facilmente nell'animo, l'aveva fatta doppiamente arrabbiare. Non aveva importanza, Sonya era una sanguigna e di scaldava facilmente, come altrettanto era rapida a calmarsi e scusarsi.

«Mi dispiace, nobile Sindel... Per lei la questione è personale.»
«Non occorrono scuse, Kung Lao. Aveva solo bisogno di sfogarsi, sono felice che l'abbia fatto.»
«Grazie, Regina. Ora che il Kamidogu è perso... Ho bisogno di sapere. Abbiamo» osservò Jade al fianco del trono «bisogno di sapere. Che cos'è? Quale utilizzo ne farà l'Imperatore di Outworld?»
«Allora mettiti comodo, amico mio, perchè è una storia molto lunga.»

La Regina incrociò le mani e le mise in grembo, sospirando sommessamente. Era giunto il momento, finalmente, e Kung Lao non attendeva altro.

«Sappi, innanzitutto, che il Kamidogu non è uno solo. Ne esistono tre.»
 
† † † †

 
Cit. "Because that's just ridiculous; no one beats Sub-Zero."

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Capitolo 7
*** [Kung Lao, Sub-Zero] Punish My Heaven ***


Punish My Heaven.mp3 - Dark Tranquillity

Bring me the light
In the darkness that never ends
The dawn will never come
Punish my heaven

 





Kung Lao
Edenia
Palazzo Reale
17 Dicembre 2011

«Sappi, innanzitutto, che il Kamidogu non è uno solo. Ne esistono tre.» rivelò Sindel.
«Tre?»
«Sì, Kung Lao, tre. Uno per la Terra, uno per Edenia ed uno per Outworld.»
«Suppongo non tutte le speranze siano vane allora, Regina. Immagino che Kahn abbia bisogno dei tre Kamidogu riuniti per... Scatenare il loro potere?»
«Non esattamente, amico mio. Di per sé non hanno alcun potere.»
«E dunque a cosa servono i Kamidogu? Chi li ha creati?»

Sindel lasciò trascorrere qualche attimo prima di rispondere, distogliendo lo sguardo da Kung Lao ed osservando un punto indefinito della Sala del Trono.

«La loro origine mi è del tutto ignota, anche se credo abbiano origine divina. Gli Dei Antichi li utilizzavano per viaggiare indisturbati da un Reame all'altro.»
«Delle chiavi? Ma perché non utilizzare i portali normali?»
Sindel sorrise «Una specie, Kung Lao. E per quanto riguarda la tua seconda domanda, la posi io stessa molto tempo fa a Lord Raiden, quando venne in visita ad Edenia. La sua risposta fu criptica e riuscii a capire soltanto che in qualche modo i portali indebolivano la sua essenza divina, la fiaccavano... Era vulnerabile, sostanzialmente.»
«Come se i portali fossero stati creati solamente... Per gli uomini.»
«Sì.»
«Sono confuso, nobile Sindel... Ad un Dio non è possibile ogni cosa? Senza portali, senza Kamidogu.»
«Anche gli Dei Antichi devono seguire delle precise regole. Dogmi che esistono da quando esistono loro, imperativi che se infranti porterebbero loro ad un destino molto peggiore della morte.»

Kung Lao rimase meditabondo per qualche tempo, riflettendo sulla situazione alla luce delle parole della Regina. I Kamidogu erano una specie di chiave che permetteva agli Dei di passare da un Mondo all'altro senza perdere il proprio potere. Shao Kahn li desiderava, ma perché? I Kamidogu non avevano alcun potere effettivamente utile all'Imperatore, contrariamente a quanto lui pensava all'inizio. A meno che...

«Regina... Chi è Shao Kahn, in realtà?»
«La domanda corretta è: cos'è Shao Kahn? Te lo sei mai chiesto, Kung Lao?»

Il monaco sapeva solamente che era da tempo immemore nemico della Terra, che era incredibilmente potente ed ambiva al dominio di tutto ciò che era possibile conquistare. Shao Kahn il Conquistatore, lo chiamavano. Eppure nonostante le passate vicende non si era mai soffermato a pensarci, effettivamente, non si era mai posto quella semplice domanda. Cos'era, Shao Kahn?

«Io... Non lo so, mia Regina.»
«Perché Shao Kahn, amico mio, è il frutto del tradimento più grave che gli Dei Antichi ricordino. C'era un tempo in cui Outworld era un Mondo meno caotico e spietato di adesso. Era ugualmente brutale e severo con i deboli, ma giusto e riconoscente con i meritevoli. Era il Reame di Shinnok, il Dio della Notte. Egli ne era il Protettore, amato dal popolo di Outworld per la spietata giustizia, il pugno di ferro e l'incorruttibilità.»

Kung Lao ascoltava in silenzio, mentre la Regina Sindel svelava dei fatti che mai nessuno gli aveva raccontato, episodi che avevano fatto la storia del Creato, cose che ad una comune persona suonavano come sciocche fantasie, ma non per lui che sapeva dell'esistenza degli Dei, dei Reami, e tutto ciò che ne conseguiva...

«Shinnok era anche un Dio capriccioso e superbo, desiderava per il suo popolo il meglio, desiderava vederlo evoluto in qualcosa di superiore, desiderava che fosse un autentico esempio per la gente degli altri Reami, la pietra di paragone. Voleva che la sua gente rispecchiasse il suo essere divino... Avesse dovuto impiegarci dei millenni, avrebbe riplasmato il suo popolo a sua immagine. Questa divenne, dopo un'eternità di annoiata esistenza, la sua più sacra missione. Cominci a capire, Kung Lao?»
«Doveva creare la sua stirpe. Ma procreare è vietato per gli Dei Antichi.» affermò in risposta il monaco guerriero.
Sindel annuì «Non solo è vietato... E' la più grave forma di tradimento per loro. Ma Shinnok era talmente accecato dal suo desiderio, la mente talmente obliata dal suo fine che era ben disposto ad accettare le conseguenze del tradimento, pur di portare a termine il suo obiettivo. Creò suo figlio, una creatura modellata a sua immagine e somiglianza, gli infuse tutto il suo divino potere e lo osservò muovere i primi passi verso un mondo destinato alla sua stirpe, a suo figlio ed ai figli dei suoi figli... Quella creatura, amico mio, era Shao Kahn.»

Kung Lao annuì, affascinato. 

«Per questo crimine, il Dio della Notte perse il suo potere divino e fu esiliato nell'Abisso. Mentre suo figlio, Shao Kahn, prese il dominio di Outworld e divenne il peggior tiranno che il Creato ricordi. Il mio cuore è triste, Kung Lao, nel pensare a come Shinnok - per quanto fosse in errore - creò non la sua opera più magnifica, ma il suo più grande fallimento: Shao Kahn non generò nessuno come lui, perché non desiderava spartire il suo potere con nessuno. E per questo fallimento patì un destino peggiore della morte stessa... L'agonia infinita nell'Abisso.»

"Dunque stiamo combattendo contro un Dio..." pensò sgomentato Kung Lao, alla luce delle rivelazioni della Regina "...E un Dio ha bisogno del suo Kamidogu per varcare la soglia del suo Mondo... Senza perdere il proprio potere." La sua gola si era fatta improvvisamente arida.

«Non... Non capisco perché abbia bisogno di tutti e tre i Kamidogu: non gli basta il suo per oltrepassare Outworld?»
«Si' a rigor di logica. Il perche' li voglia tutti e tre mi e' ignoto... »
«Dovra' avere un piano... »
«E' solo una supposizione, amico mio, ma credo che se riuniti assieme i tre Kamidogu diano la possibilità di manipolare la realtà, lo spazio ed il tempo... Se si possiede il potere necessario, un potere divino, cosa che Shao Kahn ha. Io sospetto che voglia imbrigliare il loro potere per creare un mastodontico portale dove far passare i suoi eserciti.»

Kung Lao pensò ai portali come quelli dell'Isola di Tsung o del Deserto di Edenia, erano piccoli, adatti al passaggio di una singola persona alla volta, senza contare che se non si era abbastanza forti psicologicamente il salto dimensionale portava alla follia. Per un esercito quei portali erano pressoché inutili, ne sarebbe passato uno sano su mille, senza contare il tempo impiegato per trasferire i singoli soldati uno ad uno.

«Regina, perché non dovrebbe venire di persona senza darsi la pena di scatenare una guerra con i suoi eserciti? E' abbastanza potente per fare tutto da solo... »
Sindel sorrise «Perché ha paura, Kung Lao. Ha paura di abbandonare la terra da cui trae tutti i suoi poteri. Ha visto cos'è accaduto ad un Dio che va a sfidarne un altro in casa sua, e non intende rischiare lo stesso destino.»

"Già... Raiden. Distrutto ad Outworld." ricordò il monaco. Se Kahn voleva scatenare una guerra di proporzioni colossali sul suo Reame natale e su Edenia, né le armi avanzate della Terra, né l'abilità dei guerrieri di Edenia sarebbero stati sufficienti a fermarlo.
Kung Lao fu colto da un'ansia improvvisa mentre formulava la domanda successiva.

«Il Kamidogu di Edenia dov'è?»
«Al sicuro, amico mio, al sicu...»

Le parole di Sindel le morirono in bocca. Kung Lao vide lo stupore in quel viso senza età, l'aura di tranquillità improvvisamente spezzata - sostituita dall'angoscia che distorceva i lineamenti del pallido volto. Appariva come un guscio vuoto, come una vecchia che sente tutto il peso dei suoi anni, la pallida ombra della Regina.

«...Non c'è... Non c'è... Non lo sento più...» cantilenò, annichilita sul trono dove l'attimo prima sedeva regalmente ed ammaliava Kung Lao con la sua voce gentile. Jade, la bellissima Jade che era rimasta per tutto il tempo a fianco della Regina come un silenzioso spettatore, si chinò immediatamente ad assisterla circondandole le spalle con il braccio.
«Dove lo tenete nascosto? Jade!» chiese concitato Kung Lao.
«Nell... Nell'Osservatorio... Si trova...»
«So dove si trova! Manda a chiamare Sonya e Jax appena puoi!»

E corse via, veloce come il vento.
La sua mente era fin troppo veloce ed aveva un fiuto particolare per gli intoppi: Le armi di Shao Khan non erano solo potere divino, forza bruta e miliardi di anime pronte a morire per lui, aveva dalla sua anche un'intelligenza mefistofelica.

"Mentre tutti guardano a destra, io vado a sinistra."

Penso' alle famose parole del più grande mago di tutti i tempi, il grande Houdini, mentre oltrepassava le ante del Palazzo Reale, schizzando all'esterno come una saetta dai turbinanti capelli neri e sfrecciando in direzione ovest senza mai deviare, eludendo ogni ostacolo gli si parasse davanti

"Non era un caso che Kano ed i suoi fossero arrivati ad Edenia." pensò, ormai prossimo ad una grande costruzione dall'aspetto leggermente più spartano rispetto allo standard edeniano, la grande caserma dell'esercito di Edenia.
"Il portale dell'Isola di Tsung era stato manomesso di proposito. Siamo andati esattamente dove voleva lui..." riflettè, mentre saltava da un tetto all'altro, troppo veloce per essere notato dai guerrieri edeniani che stavano velocemente rispondendo all'allarme generale appena risuonato nella Capitale.
"Sapeva che Sindel avrebbe focalizzato la sua arte divinatoria sul Deserto di Edenia, che il caos scatenato dal brutale passaggio di Kano avrebbe distratto noi tutti, che la nostra mente sarebbe stata confusa ed abilmente deviata dove lui desiderava... Mentre qualcun'altro rubava il Kamidogu di Edenia indisturbato" realizzò, mentre atterrava con l'ultimo salto sul davanzale di un grande edificio circolare, la cui sommità si chiudeva a sfera. L'Osservatorio non aveva nulla a che fare con telescopi e stelle, era semplicemente il quartier generale dell'Esercito, ed alla sua sommità - proprio stazionava in quel momento - c'era lo studio privato della Principessa Kitana.
Era un luogo molto ordinato e spazioso, che rispecchiava la marzialità della caserma: una semplice scrivania in noce dall'aspetto resistente, pochi e funzionali scaffali dov'erano contenuti libri ed altri tipi di documenti, qualche teca espositiva ai lati della stanza che conteveva armi di svariati tipi ed armature di molteplice fattura.
Kung Lao cominciò ad osservarsi attorno, cercando di scovare qualche disarmonia nell'ordine della stanza, i dettagli fuori posto e qualsiasi cosa destasse il suo sospetto.
"Niente guardie." pensò, sebbene ricordava che lo studio della Principessa era fortemente piantonato l'ultima volta che lo visitò, molto tempo prima. Probabilmente molte di quelle avevano risposto all'ordine della Regina di recarsi al Deserto.
Si recò alla porta d'ingresso della stanza, scoprendo che il meccanismo di apertura era stato scassinato, sebbene non alla maniera classica: pareva che qualcosa avesse fuso il metallo che componeva la serratura, lasciando al suo posto solo un piccolo foro nero.
"Hanno usato dell'acido." riflettè, mentre si portava alla scrivania di Kitana, riprendendo la ricerca dei dettagli fuori posto. Non sapeva con precisione dov'era il nascondiglio del Kamidogu, ma supponeva di trovare un qualche scrigno, una cassaforte o qualcosa di simile. Ma nello studio della Principessa non c'era nulla di tutto ciò.

"Dev'essere da qualche parte..."

Controllò accuratamente ogni teca, spostò tutti i libri presenti negli scaffali, infine si dedicò alla scrivania, sedendo sulla poltrona riservata alla Principessa mentre spulciava fra i cassetti. Quando aprì l'ultimo, vide il fondo lievemente sollevato e il nascondiglio del Kamidogu - un banale doppiofondo in una scrivania. Della pietra, nessuna traccia. Ora che aveva la conferma del furto, doveva agire.

"Al Deserto."

Compì un balzo felino tornando sul terrazzo, per poi saettare via.

Edenia
Deserto di Edenia 
Poco dopo

Kung Lao aveva il favore di Fujin quel giorno, perché pareva il Dio del Vento stesso sceso su Edenia cavalcando i suoi cicloni a scovare lo sciocco che aveva osato sfidarlo, e nessuno mai riuscì a percorrere la distanza che separava la Capitale dal portale nel Deserto tanto velocemente come fece lui. Fosse per il favore degli Dei, o per la semplice fortuna, riuscì a trovare quello che cercava prima che fosse troppo tardi.
La creatura che aveva davanti era una specie di rettile dalla pelle a scaglie verdi, una lunga coda e gli occhi di un giallo maligno. Emanava un senso di antico misto a orrido, ed era grottesco vederla avvolta in quelle vesti verdi e nere, così umane per una bestia disumana come quella. Stava su due zampe ed attendeva Kung Lao con la schiena curva e le mani artigliate rivolte lievemente in avanti, pronte a ferire, strappare, maciullare. L'aveva preso proprio fuori dall'entrata della conformazione rocciosa che ospitava il portale al suo interno.

«Che ssseccatura! Non ossstacolarmi, umano.» gorgogliò Reptile.
«Dammi il Kamidogu, e ti permetterò di andartene sulle tue gambe, Reptile.» rispose Kung Lao duramente.

Si ricordava di Reptile, l'aveva intravisto al Grande Torneo. Anche se sembrava diverso allora, meno bestiale. Doveva stare in guardia.

«Mi sssottovaluti, umano. Tutti sssottovalutano il povero piccolo Reptile... Ed è il loro ultimo errore.» la maschera sul muso rettile era aperta per lasciar scoperta la bocca, da cui ora sibilaba nervosamente la sua lingua biforcuta. 
Kung Lao capì che Reptile non intendeva cedere, eppure insistette con la diplomazia «Il tuo Imperatore userà la cosa che hai rubato per conquistare tutta l'esistenza conosciuta. E quando non ci sarà più nulla da conquistare si rivolterà contro il suo stesso popolo. Pensaci, Reptile. Anche la tua gente...»
«SSSTAI ZITTO!» gracchiò la creatura improvvisamente infuriata, scagliandosi contro di lui rapidamente.

Kung Lao ebbe la prontezza di reagire in tempo, mettendosi di fianco e scartando di lato mentre Reptile fendeva l'aria in cerca della sua testa con un'artigliata. Quando combatteva Kung Lao si immergeva in uno stato primordiale, fatto di soli istinti. Non vide, bensì percepì il fianco di Reptile scoperto mentre lo stava oltrepassando ed il ginocchio si mosse immediatamente a colpirlo con una terribile ginocchiata semi circolare che interruppe brutalmente il movimento del rettile che gorgogliò per il dolore e fece un paio di passi indietro tenendosi il fianco, mentre sibilava qualcosa, curvo su se stesso.

«Dammi il Kamidogu, Reptile.» disse Kung Lao, muovendosi in avanti ed allungando la mano verso la creatura china sui talloni e piegata su se stessa, sibilante e sofferente: provò improvvisamente pietà «Dammi...» ripetè quando sentì il mondo vorticare e un sordo dolore a tutta la parte sinistra del viso, come se fosse stato colpito da un maglio. Barcollò all'indietro, maledicendosi per aver abbassato la guardia: Reptile si era solo finto sconfitto ed indifeso, e quando si era avvicinato per parlargli nuovamente aveva fatto saettare la sua grossa coda ruotando su se stesso, facendola impattare sul suo volto.

«Ssstupido!» sentì la sua voce canzonarlo mentre era ancora storidito, per sentire l'attimo dopo il peso della creatura su di sé, aggrappata come un ragno, braccia e gambe, perfino la coda attorcigliata alla sua vita.
«Malediz...!» imprecò cadendo all'indietro. Alzò un braccio da frapporre fra il suo viso e quello di Reptile, che cercava di azzannarlo con le fauci spalancate e sbavanti, mettendogli l'avambraccio sul collo squamoso. La bava che colava sul volto di Kung Lao lo ripugnava e cancellò qualsiasi tipo di remora potesse avere nei confronti del nemico.
«Fatti asssaggiare!»
«Fatti... Da parte!» rispose, facendo saettare una, due, tre precise gomitate con il braccio libero sulla tempia di Reptile, finchè la ferrea presa si allentò e Kung Lao ebbe la possibilità di scalciarlo via, rialzandosi in piedi con un colpo di reni. Osservò Reptile disteso supino a terra che sibilava dal dolore mentre si reggeva la tempia con la mano, ma lui non sentì più alcuna pietà, solo disgusto, desiderio di cancellare dalla faccia della terra una creatura così ignobile. La bava che gli inzaccherava il viso pizzicava leggermente, e gli faceva venire il vomito.

"Controlla l'ira. Dominala, non farti dominare da essa." scavò nei suoi ricordi, mentre si ripuliva dalla bava, avvicinandosi a Reptile che cercava penosamente di rialzarsi.

«Alzati e smettila con questa sceneggiata. Puoi fregarmi una volta, Reptile, non due.»

Si mise a due passi da lui, incrociando le braccia al petto ed attendendo. Reptile, che era sulle ginocchia e stava cercando di alzarsi, saltò improvvisamente verso di lui con gli artigli esposti e pronti a squarciarlo, ma questa volta Kung Lao era pronto: portò un perfetto calcio ad anticiparlo che si infranse sul muso sbavante del rettile, ricacciandolo indietro con un gorgoglìo di dolore.

«Non puoi sconfiggermi, Reptile. Dammi il Kamidogu.»

Per tutta risposta la creatura tornò all'attacco, zigzagando a quattro zampe per disorientarlo mentre si avvicinava, talmente veloce che fra uno spostamento all'altro si vedeva solamente la scia, troppo rapido per qualsiasi essere umano, ma non abbastanza per Kung Lao però, che fece un piccolo salto a pie pari quando la spazzata del rettile saettò sotto, nel tentativo di farlo finire nuovamente a terra. Lo stupore negli occhi gialli di Reptile venne sostituito dalla paura, quando l'attimo dopo Kung Lao scaricò una serie di teniche di pugno, palmo della mano e gomito sul suo muso, troppo veloci per essere evitate o parate.
Andarono avanti per una mezz'ora buona, finché Reptile - contuso e spezzato - aveva evidentemente capito. Il suo respiro era pesante e rauco, si reggeva malapena in piedi e le sue vesti erano in più punti strappate, il suo volto era tutto ammaccato e sporco di quel suo sangue verdastro, perché il suo viscido stile non aveva retto contro le arti Shaolin del monaco guerriero.

Kung Lao disse: «Mi stai stufando, Reptile. Se non mi dai il Kamidogu sarò costretto ad ucciderti.» ed estrasse la sua sciabola cinese che aveva tenuto infoderata fino ad allora, per dare un'ulteriore senso di minaccia alle parole.
Reptile aveva perso quella smania selvaggia di attaccarlo, curvo su se stesso con un braccio che cingeva la vita ed una gamba malridotta, sembrava una creatura misera ed infelice, per quanto disumana fosse, e Kung Lao faticò a non provare nuovamente quel moto di pietà che prima gli era quasi costato la sconfitta. Rimase comunque saldo, isolando la mente dalle emozioni inadatte a quella situazione - come gli avevano insegnato i monaci - e attendendo la reazione della povera creatura. Non voleva ucciderla, ma l'avrebbe fatto se avesse attaccato nuovamente.
Reptile portò una mano su una piccola sacca in cuoio che pendeva dal fianco, assicurata sul suo cinturone, afferrandola e strappandola dalla sede con un piccolo sibilo, come se gli comportasse dolore anche compiere quel piccolo gesto. La fece penzolare davanti a sé «...Tieni.» gorgogliò, gettandola ai piedi di Kung Lao, il quale abbassò subito lo sguardo su di essa.
Fu il suo più grande errore, perché dopotutto Reptile aveva ragione nel dire che l'aveva sottovalutato. Era bastato quell'attimo di distrazione, in cui focalizzava l'attenzione sulla sacca ai suoi piedi, che Reptile era sparito, letteralmente. Non servì a nulla alzare lo sguardo e con esso la sciabola, cercando con i suoi sensi sopraffini nell'ambiente circostante, fu inutile accorgersi delle venature trasparenti che formavano una vaga sagoma che si avvicinava, troppo veloce, al suo fianco.
Perché era troppo tardi.

"Si mimetizza..." pensò, mentre sentiva un remoto dolore alla spalla sinistra accompagnato ad un progressivo intorpidimento di tutto l'arto.

«Ti hanno mai detto che il morssso del ssserpente è velenossso?»

La sua voce era derisoria e gongolante, mentre Kung Lao crollava sulle ginocchia, con la vista annebbiata, la gola arida e il corpo che si stava lentamente intorpidendo, preda del veleno che Reptile gli aveva iniettato con quel morso sulla spalla. Farfugliò qualcosa in risposta, inutilmente.

«Sssono indecissso ssse mangiarti... O portare a Ssshao Kahn la tua tesssta. Egli ricompenssserebbe il fido Reptile con...»

Kung Lao cadde bocconi, la realtà che stava prendendo pieghe bizzarre, come se fosse dentro a un sogno grottesco. Sentiva le parole di Reptile farsi distanti ed ovattate, man mano perdevano di significato e osservando l'ambiente attorno a sé gli pareva di essere sottacqua e allo stesso tempo aveva la sensazione di andare a fuoco. Mani e braccia erano paralizzate, non poteva fare assolutamente nulla per evitare la sorte che Reptile aveva intenzione di destinargli, ma stupidamente si trovò a pensare che non gliene importava niente. Non gli importava niente di niente. Vedeva Liu Kang, il suo defunto amico, che gli puntava il dito contro, accusatore, e continuava a mimare delle parole con la bocca che non riusciva a capire.
Cosa stava dicendo?
Fallimento.

† † † †

Sub-Zero
Outworld 
Luogo sconosciuto 
17 Dicembre 2011


La notte su quelle montagne era cupa e stravolta di tanto in tanto da qualche fugace lampo che disegnava nei cieli pumblei arabeschi dall'aspetto sinistro, non nevicava ma il manto bianco sulle sue dure rocce lasciava presagire che fosse perenne, immortale a qualsiasi cosa, e nessuno, umano o meno, sarebbe sopravissuto in quell'inferno bianco, con quelle temperature che andavano sotto lo zero di molte cifre.
Ma lui si sentiva a casa.
Sub-Zero non aveva mai provato ad immergersi in un clima più freddo di quello, nemmeno nei luoghi più impervi della Terra, eppure qui si sentiva bene, si sentiva più vivo che mai, più forte che mai, sentiva il Kori in comunione con il suo essere ora più che mai, come se questo freddo estremo in qualche maniera amplificasse il suo potere, ma non solo, era come un toccasana per la sua stessa anima.
Erano parecchi anni che desiderava tornare in questo posto, e pensandoci la mano andò a carezzare distrattamente il Medaglione del Drago che portava alla vita, incassato nel cinturone dell'uniforme del Gran Maestro, perché era qui che l'aveva trovato, molti anni addietro. Non se ne era mai separato da allora, perché sentiva che era destinato a lui, qualsiasi cosa fosse o rappresentasse, chiunque fosse il suo precedente padrone.

"Ancora poco e sarò arrivato."

Il pensiero era da una parte confortante, dall'altra meno, perché le antiche rovine dove trovò il suo Medaglione erano anche la tomba della sua defunta discepola e la cosa gli faceva affiorare ricordi di fallimento e dolore. Sub-Zero non desiderava far tornare a galla quei ricordi, di quando ella gli si ribellò e gli strappò il Medaglione, di come esso reagì e lei fu distrutta dal suo stesso Kori, assiderata fino all'anima, congelata eternamente come una raffinata scultura di ghiaccio, morta. Lui la seppellì lì, fra le rovine di un antico tempio della città morta.

"Non importa, ormai."

Ma allora perché stava andando lì?
Proseguì per le montagne, camminando su neve e ghiaccio senza mai scivolare, scalando i picchi più alti per poter arrivare finalmente alla sommità della catena montuosa, oltre la quale, in una gigantesca valle circondata da quei funesti monti, sorgevano le rovine.

† † † †

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Capitolo 8
*** [Kitana] Perfection Or Vanity ***


Perfection Or Vanity.mp3 - Dimmu Borgir

 

 

Kitana
Outworld
Foresta Vivente
18 Dicembre 2011

La donna era china sui talloni e osservava il putrido stagno formatosi all'ombra delle oscure fronde della Foresta Vivente, uno dei luoghi più suggestivi e grotteschi di Outworld dove le querce che componevano quella sterminata foresta avevano un volto demoniaco inciso alla base del tronco e parevano vive, senzienti, con quelle bocche composte da schegge di legno aguzzo che si muovevano in continuazione, gli occhi crudeli scavati sulle cortecce antiche, disegnati da una mente maligna che si posavano bramosi su tutto ciò che aveva vita. Avevano fame e lei lo sapeva, anche se ormai era abituata al loro sguardo maligno e ai loro borbottii crudeli.
Kitana vide la sua immagine riflessa dalle acque torbide dello stagno, nella penombra che la Foresta Vivente offriva dal sole malato di Outworld, e vi scorse solo l'ombra della Principessa di Edenia: spettinata e sporca, le vesti edeniane color blu strappate in più punti e sgualcite, la faccia segnata dai combattimenti, le armoniose forme del suo corpo segnate da ferite ed ematomi... Sembrava una nativa di Outworld, una selvaggia cresciuta in un mondo violento dove vige la legge del più forte, una valchiria sanguinaria e crudele.
Sorrise compiaciuta: era esattamente quello che desiderava, perché era lì che voleva arrivare quando due anni fa decise di intraprendere la sua personale missione ad Outworld, cominciando a vivere fra i suoi abitanti, confondendosi fra essi, divenendone parte ed assimilandone totalmente la cultura e le consuetudini, compresa la spietatezza necessaria per sopravvivere in una crudele realtà come quella. Si sentiva una di loro ormai, non solo nel corpo ma anche nella mente: pensava, amava e odiava come un abitante di Outworld, gli schemi mentali che provenivano dal suo essere Edeniana erano stati del tutto rimpiazzati.

«Perché solo così potrò stare al cospetto di Shao Kahn.» disse ad alta voce, verso l'immagine di sé stessa riflessa sulle acque dello stagno.

La scelta di abbandonare Edenia in favore di "una follia" come diceva sua madre - la Regina Sindel - aveva destato clamore nel circolo interno della corte di Edenia (sua madre e i suoi Consiglieri) e sebbene più di qualcuno avesse cercato di fermarla da quella follia - tra cui la sua amica d'infazia Jade - lei non aveva voluto sentire ragioni: sarebbe andata ad Outworld, e avrebbe ucciso Shao Kahn.

«Madre... Sei una sciocca.» mormorò con rabbia, osservando la sua immagine sull'acqua che si increspava e si distorceva, stringendo la mano a pugno.

Non aveva mai accettato la passività con cui sua madre affrontava gli eventi nel suo regno, né tantomeno provava la stessa incrollabile fede in Fujin - il Dio del Vento - secondo cui ogni accadimento era l'espressione della sua volontà. Sapeva che Sindel desiderava solo il bene per la sua gente, ma non aveva mai fatto nulla di concreto per eliminare definitivamente le vere minacce che incombevano su Edenia, accontentandosi del fatto che se qualcosa di catastrofico fosse successo, era la Volontà di Fujin.

«Il tuo fatalismo mi inorridisce, madre. Raiden ha dato prova a tutti noi della fallibilità degli Dei.» sussurrò al suo distorto riflesso.

Quand'era più giovane e suo padre il Re era ancora vivo, le cose erano diverse: oltre che a difendere Edenia, suo padre si curava anche di attaccare il cuore di Outworld con i suoi agenti edeniani che spiavano, assassinavano, fomentavano rivolte e ribellioni e contribuivano a formare numerose crepe nella rigida struttura di potere di Shao Kahn. Solo gli Dei sapevano quante pressioni aveva dovuto fare, alla morte del Re, perché la rete di spie fosse mantenuta e gestita personalmente da lei, anche se divennero meri informatori e la loro utilità venne meno, negli anni.

*Non provocare la bestia nella sua stessa tana, figlia mia.*

E allora cosa avrebbero dovuto fare, mettersi in ginocchio e pregare, finché l'Imperatore non fosse giunto ad ucciderli tutti? Ci fu un tempo in cui Kitana le chiese se veramente stava aspettando che si compiesse il loro destino.

*Non attendo che la morte bussi alla nostra porta, Kitana. Attendo, e basta. Ciò che accade durante l'attesa... E' inevitabile.*
«Io non attendo.» artigliò con rabbia la sua immagine sulle torbide acque, cancellando quel simulacro di sé stessa.

Kitana non temeva Shao Kahn, nonostante sapesse che fosse alla stregua di un Dio Antico, creato dal leggendario Shinnok e pressoché immortale, onnipotente... Lei non lo temeva laddove tutti ne erano atterriti.
Arroganza? No, razionalità.
Lei era presente quando Shao Kahn distrusse il Dio del Tuono, e questo significava soltanto una cosa: che anche Shao Kahn poteva essere distrutto a sua volta, lei doveva capire solamente come. La morte di Raiden aveva dimostrato che anche gli Dei avevano dei punti deboli, e non credeva che Shao Kahn differisse di molto. Avrebbe scoperto il suo punto debole e l'avrebbe colpito a morte.
Si alzò, osservando distrattamente un punto indefinito della Foresta, accompagnata dai sinistri borbottii delle crudeli querce che la osservavano con quei demoniaci volti incisi sul legno, famelici, mentre un alito di vento le increspava i lunghi capelli neri come la notte, un tempo così belli e motivo di orgoglio.
Certo, forse per colpire il punto debole dell'Imperatore serviva il potere di un Dio, e in quel caso lei era morta.

"Niente gloria senza rischi." pensò, incamminandosi.

Outworld
Wastelands
19 Dicembre 2011


Il viola era il colore dominante del crepuscolo che avvolgeva la regione di Akarab - meglio conosciuta come le Wastelands - una delle zone più pericolose di Outworld, un'infinita pianura su cui sorgevano sterminati laghi dalle acque nere che spuntavano sulla terra pietrosa come degli orridi parassiti in una desolazione devastata dal sole, carbonizzata al punto che il terreno aveva assunto un colorito più scuro e brunito, che dava quell'idea di nauseante viola tutto attorno.
Kitana era grata che il sole morisse in favore dell'oscurità, perché aveva camminato per tutto il giorno dopo che - all'alba - era spuntata dal limitare della Foresta Vivente per immergersi in quella malata regione, e nonostante lo sgualcito mantello con cappuccio che indossava era stremata per i brucianti raggi solari che l'avevano sferzata per tutto il giorno. Stava seguendo la strada più pericolosa ma più breve per la Capitale Imperiale e si augurava di essere spuntata dalla parte delle Wastelands controllata da Outworld, dato che era riuscita a ricavare solo una mappa approssimativa dalle informazioni delle spie. I rapporti dicevano che l'orribile regione era tormentata da una guerra fra le truppe imperiali e i Tarkata, i selvaggi mutanti dalle zanne aguzze - un popolo antichissimo, noto per la crudeltà, la scarsa intelligenza e la propensione al massacro, più simili a bestie che a uomini, e mai piegati al dominio dell'Imperatore. Quest'ultimo li catturava e li utilizzava come carne da macello nel suo esercito, inserendoli nel sistema militare tramite una pratica di ammaestramento di cui lei non era mai riuscita a scoprire nulla.
Da ulteriori rapporti delle spie edeniane sapeva che l'esercito fungeva da cuscinetto fra i Tarkata nativi della regione e il resto di Outworld, circondandoli grazie ad una colossale barriera disposta in una gigantesca mezzaluna che bloccava i mutanti in un angolo della regione, fra loro e la sinistra Foresta Vivente. Da lì gli imperiali inviavano piccole squadre specializzate nel rapimento di quanti più esemplari Tarkata riuscissero a prelevare, il resto erano sanguinose schermaglie lungo le barricate - dove nessun Tarkata si faceva mai catturare vivo.
Percorse il sentiero finchè il sole non morì del tutto quando ad un tratto di strada avvertì del movimento dietro ad un pinnacolo alto qualche metro, figlio di quello colossale che terminava arcquato sul sentiero, ammonitore. La mano andò a serrarsi sulla rassicurante seta che componeva l'impugnatura di uno dei suoi due fidati Tessen, i ventagli metallici dal bordo affilato che sapeva utilizzare con mortale maestria. Non era nelle condizioni fisiche migliori e la sua gola era riarsa per la sete, tuttavia si fermò ed attese, con il vento notturno che le increspava le falde dello sgualcito mantello. La voce non tardò ad arrivare.

«Identificati, donna. Sei in una zona ad accesso limitato e sei circondata.»

Kitana inspirò a fondo, osservando la zona a sé circostante in cui vide delle sagome nella notte ad alcuni passi da lei, e non gli servì voltarsi perché sapeva che quella voce diceva la verità. Valutò rapidamente la situazione, con la fredda razionalità di chi ha vissuto simili situazioni altre volte: circondata, in cattive condizioni fisiche e in territorio ostile e sconosciuto.

«Mi chiamo Ofelia... Chi... Chi siete?» rispose, interpretando la tipica viandante smarrita.
«Faccio io le domande. Hai dieci secondi per dirmi cosa ci fai in questo settore, poi ti uccideremo. Dieci, nove...»

La voce della sagoma nera - che stava alla destra di Kitana - era tranquilla e decisamente professionale, il che la indusse a pensare che non fossero la brutale soldataglia che componeva gran parte dell'esercito di Kahn, bensì gente addestrata, disciplinata ed estremamente pericolosa. Mise l'altra mano sull'impugnatura del secondo Tessen. Che fosse stata trovata da una di quelle famigerate squadre addette al prelievo dei Tarkata? Un compito del genere doveva richiedere un duro addestramento, o una sana dose di follia...

«...Cinque, quattro...»

Fece vagare nuovamente lo sguardo attorno a sé, e sembrava che le ombre le si avvicinassero lentamente, lo spazio fra loro e lei che si riduceva scandito al ritmo della conta.

«...Tre, due...»

Poteva quasi sentire il respiro regolare e tranquillo degli aggressori, segno della spietata sicurezza tipica di un soldato d'elite.

«...Uno...»
«Sono Kitana, Principessa di Edenia.»

Le sue mani rimasero sulle impugnature dei Tessen, pronte. Il cerchio di aggressori pareva essersi fermato, la Voce era rimasta in silenzio e la situazione era caduta improvvisamente in stasi, come se il tempo si fosse fermato.
"Guadagnare tempo è fondamentale." lo ripeteva sempre alle sue reclute, quei pochi che possedevano le capacità necessarie per diventare una spia di Edenia sotto il suo comando. Lei ricevette un addestramento simile, e grazie a quello notò immediatamente l'anello debole della catena, uno degli aggressori dinnanzi a lei che aveva avuto un attimo di cedimento, il bastone corto che aveva in mano si era leggermente abbassato, a differenza dei suoi compagni. Questo le fu sufficiente.
Saettò in avanti estraendo uno dei Tessen, aggirando l'aggressore ed uncinandogli il collo con l'avambraccio, mentre l'altra mano portava il ventaglio metallico alla gola. Le era costato molto perché la sete e la fatica erano diventate insopportabili, ma rimase stoica, sotto lo sguardo stupito degli aggressori rimasti mentre il suo ostaggio s'irrigidiva sotto la sua presa.

«Fate un solo passo e lo uccido.» disse con calma, senza far trasparire le sue pietose condizioni fisiche.

L'uomo che teneva sotto la minaccia del Tessen era vestito interamente di nero, niente corazza, solo tessuto. Poteva sentire il suo respiro farsi più concitato, forse perché sapeva quanto concreta era la minaccia. I suoi compagni l'accerchiarono nuovamente, alzando le punte dei corti bastoni che portavano: poteva vederli piuttosto chiaramente ora, con le loro uniformi totalmente nere e le bende sul volto, parevano tutti uguali salvo un paio di elementi che erano addetti al trasporto di utensili tipici per la caccia quali corde, reti metalliche nonché altri strumenti come piccole vanghe e seghetti acuminati, ideali per fabbricare trappole. Il tutto era avvolto da dei particolari rivestimenti neri di gommapiuma, ideali come isolante acustico.

"...Con la differenza che vanno a caccia di Tarkata, non di selvaggina..." pensò, ormai sicura di chi fossero.

«Trattiamo.» chiese la Voce, l'uomo che aveva esattamente di fronte nel cerchio di aggressori, evidentemente il capo della squadra «Sappiamo chi sei, ma ignoriamo il motivo per cui sei qui. Se lo uccidi, sei comunque morta. Che intenzioni hai?»
«Shao Kahn mi attende.» mentì, giocandosi tutto.

L'uomo che teneva ostaggio del Tessen s'irrigidì ulteriormente quando pronunciò il nome dell'Imperatore. La Voce si fece silenziosa, e Kitana sperò di aver giocato la carta giusta perché era al tavolo con dei giocatori tutt'altro che sprovveduti.

«Seguici, ti scorteremo fino al Quartier Generale. Ti do la mia parola che non cercheremo di attaccarti.» rispose la Voce «Sappi che se ti avessimo voluta morta, avremmo sacrificato volentieri la vita di quell'uomo.»

Kitana doveva rischiare: non era nella condizione per poterli combattere, né di fuggire.

«Dieci passi davanti a me, farete strada. L'ostaggio lo tengo io. Lasciate una fiaschetta d'acqua qui per terra.»
La Voce annuì «D'accordo. Uomini, in marcia.»

Kitana venne oltrepassata dagli aggressori, che si disposero al comando della Voce senza aprire bocca, silenziosi ed efficienti. Uno di questi si fermò a due passi da lei, prendendo la fiaschetta avvolta nella gommapiuma che pendeva al suo fianco e portandola alla bocca, bevendo un sorso. Poi la lasciò a terra, accodandosi ai suoi compagni che si stavano allontanando.

Kitana avvicinò le labbra all'orecchio dell'uomo che minacciava con il Tessen, sussurrando: «Sappi che tutte le voci sul mio conto sono vere. Nel caso ne avessi sentite anche solo la metà, dovresti comunque sapere quanto sono pericolosa. Ti permetto di camminare davanti a me, non fare scherzi, non voltarti mai.» ordinò, lasciando la presa.

L'uomo mosse un paio di passi in avanti e attese in silenzio, mentre lei si chinava a raccogliere la fiaschetta d'acqua, stappandola e bevendo voracemente fino a sentire le forze progressivamente tornare.
Kitana diede una lieve spinta alla spalla dell'uomo, il quale cominciò ad avanzare ad alcuni metri dietro i suoi compagni che si stagliavano come sagome nere - più nere dell'arida notte delle Wastelands - sul sentiero violaceo. Notò come fossero assolutamente silenziosi, dei gatti dal passo felpato, non scambiavano parola fra loro ed erano disposti in un ordinato ventaglio lungo il sentiero, una disposizione tattica adottata per evitare agguati. Si muovevano quasi in sincronia, tenendo quei bizzarri bastoni corti lungo il fianco, pronti a un'estrazione rapida.

"Mi piacerebbe sapere chi ha addestrato questi uomini." pensò, rimuginando nuovamente sulle scelte di sua madre che portarono all'effettiva disfatta dell'efficiente sistema di spionaggio edeniano. Degli uomini così le avrebbero fatto molto comodo, anche se non aveva più importanza ormai.

Kitana seguì il gruppo per un'ora abbondante, durante la quale cercò di isolare la mente per prepararsi ad affrontare la prova successiva, perché non sapeva dove la sua ardita affermazione (quella di essere attesa da Kahn) l'avrebbe portata: probabilmente gli alti ufficiali al quartier generale non le avrebbero creduto, e l'avrebbero uccisa seduta stante. O peggio. Ormai era in ballo e doveva ballare, anche se si trattava di una danza sul filo del rasoio...
Seppe di essere arrivata a destinazione quando vide profilarsi dinnanzi a sè l'immensa sagoma della barriera che pareva non finire mai, descrivendo una sorta di orizzonte nero nella notte delle Wastelands. Gli uomini davanti a lei proseguirono fino ai cancelli, una spessa inferriata di nero acciaio, impenetrabile e minacciosa.
Kitana studiò il luogo: la barriera dava l'idea di una sorta di diga per arginare gli orrori di quella regione dal mondo esterno. Lungo le pareti in pietra levigata, nera anch'essa, sorgevano degli spuntoni metallici su cui giacevano qua e là i resti di Tarkata e soldati, rimasti infilzati durante la foga delle sanguinose schermaglie sotto alle mura, mentre sulla sommità poteva notare le sagome di sentinelle con le loro lance. Ciò che disturbò maggiormente Kitana fu l'odore che si respirava ai piedi delle mura, l'inconfondibile puzzo dolciastro della morte: i cadaveri freschi si ammucchiavano a quelli già spolpati dai vermi e i corpi brutalmente impalati su delle larghe aste appuntite che spuntavano ordinatamente a destra e a sinistra del sentiero, alcuni abbattuti con i segni evidenti della battaglia sul legno. Ai comandanti oltre la barriera non interessava seppellire i morti, evidentemente.

"Non ci si abitua mai a questo odore." pensò, mentre il gruppo di uomini si fermava sotto ai cancelli che si stavano lentamente alzando. Loro parevano perfettamente a proprio agio. Quello al centro del gruppo, che riconobbe come la Voce, si voltò e le disse: «Ti porterò dal Generale. Lascia andare quell'uomo, tenerlo in ostaggio è perfettamente inutile una volta dentro.»

"Ha ragione. Non ho comunque scelta, devo andare avanti." pensò, mentre lasciava trascorrere attimi di silenzio per far sembrare che fosse combattuta sul da farsi.

«Come si chiama il tuo Generale?»
«Reiko.»
"Lui qui? Oh, no..." pensò Kitana trattenendo a stento un'imprecazione.

C'era un solo Generale fra gli uomini di Kahn che rispondeva al nome di Reiko. Lei li conosceva più o meno tutti grazie alla sua sottile rete di spie, e Reiko era quello più temibile. Di origini ignote, aveva fatto una rapida carriera militare ad Outworld grazie alla maestria in combattimento, l'astuzia tattica e la fine intelligenza, doti con le quali aveva condotto con successo svariate operazioni militari mirate reprimere tutti i focolai di ribellione sorti negli ultimi anni (molti dei quali fomentati proprio da lei) tanto che dove le sue spie costruivano lui metodicamente distruggeva. Tempo addietro era riuscita ad infiltrargli un informatore proprio nella sua ristretta cerchia di capitani ma il flusso di informazioni si interruppe misteriosamente dopo neanche un mese. Prima che decidesse di imbarcarsi nella sua missione personale ad Outworld, il Generale Reiko rappresentava il maggior pericolo per lei e le sue spie, secondo solamente a colui che sedeva sul trono nero nella Fortezza Imperiale.

Kitana diede un'altra occhiata ai corpi impalati, poi annuì verso la Voce «Va bene.».
«Uomini, rientrate alla base e attendete nuovi ordini.» ordinò l'uomo in nero.

Kitana attese che tutti gli uomini se ne andassero, per poi avvicinarsi alla Voce e seguirlo oltre i cancelli che si richiusero dietro di lei con un cigolìo di catene e metallo. Il paesaggio dopo la barriera cambiava radicalmente: era finita in una sorta di gigantesco fortino, che sorgeva delimitato da delle spesse mura in cui erano stati costruiti edifici, caserme e strutture militari su cui quella notte si riflettevano le tremule luci di torce e braceri ordinatamente sparsi per il piazzale. Il luogo emanava rigore e marzialità, e nulla sembrava essere lasciato al caso. Kitana ipotizzava che lungo tutta la barriera sorgessero fortini del genere, costruiti nei punti nevralgici di essa. Il suo silenzioso accompagnatore la stava conducendo verso il cuore del fortino, diretto verso un edificio che non aveva nulla in particolare rispetto ad altri, con l'unica differenza che era piantonato da molti soldati. Forse il Generale si spostava di fortino in fortino, periodicamente.
"Una fortuna sfacciata." pensò acidamente, mentre seguiva la Voce verso l'ingresso dell'edificio. I soldati di guardia al portone, armati fino ai denti e protetti da pesanti corazze, non batterono ciglio quando lei e la Voce li oltrepassarono, entrando all'interno. Probabilmente non avevano alcuna autorità su quelli come la Voce... E lei, con il vecchio mantello stracciato e il cappuccio calato sul volto, non era degna di nota. L'interno era un salone spartano, poco arredamento, pochi fronzoli, dei comodi accessi ad altre stanze o corridoi che Kitana non potè visitare perchè la Voce la condusse verso la rampa di scale che sorgeva sul fondo di esso, sorvegliata da due soldati che non li fermarono neanche questa volta. Kitana lo seguì sulle scale, salendo al secondo piano ed entrando in una spaziosa anticamera che dava accesso ad un'ulteriore stanza, chiusa da un pesante portone in legno nero.

«Aspetta qui.» disse la Voce, bussando con discrezione sul portone e aprendo un'anta del portone quel tanto che bastava per farlo passare di lato, per oltrepassarlo e richiudere la porta dietro di sé.

Kitana attese, posando le spalle al muro e tirando indietro il cappuccio della vecchia cappa. Aveva solo pochi minuti - forse solo pochi secondi - per fare mente locale e riflettere sulle prossime mosse. Incontrare Reiko avrebbe potuto portarle dei vantaggi, perché riponeva fiducia sul fatto che il Generale non avrebbe certamente sentenziato la sua morte così sommariamente, in quanto lei era la Principessa di Edenia e una decisione simile doveva essere portata all'attenzione dell'Imperatore stesso. Reiko era un soldato di razza, e non si sarebbe sottratto al suo dovere. Forse l'avrebbe trasferita alla Capitale, un passaggio sicuro e senza problemi, del tempo ulteriore per pensare alle mosse successive. Niente l'avrebbe fermata...

"E se Reiko decidesse di uccidermi semplicemente? Potrebbe decidere che la Principessa Kitana non è mai stata vista qui. Nessuno saprebbe niente..."

Si voltò di scatto, quando udì il lieve scricchiolìo del portone aprirsi, ed una morsa la colse allo stomaco. La Voce stava uscendo, era il tempo della verità.

"Niente gloria senza rischi." si ripeté, incrociando le braccia al petto e osservando con fierezza l'uomo dalle vesti nere, attendendo.
«Puoi entrare.» le disse tranquillamente la Voce, socchiudendo l'anta del portone dietro di sé, per poi avviarsi verso le scale senza aggiungere altro.

Kitana lo seguì con lo sguardo, finché la sagoma nera non uscì dal suo campo visivo. Poi andò davanti al portone, lo aprì ed entrò.
La stanza era spaziosa e dall'arredo minimalista, pochi ordinati scaffali, un armadio sul muro opposto a quello dove sorgeva una porta-finestra che dava accesso ad un terrazzino esterno. Al centro di essa una solida scrivania in ebano, dietro la quale sedeva un uomo.
Kitana lo studiò a fondo; sedeva con i gomiti posati sulla scrivania, i polpastrelli congiunti e posti dinnanzi alle labbra, lo sguardo fisso su di lei. Anche se portava delle comode vesti militari, di un rosso mattone, poteva intravedere il fisico atletico delinearsi sotto di esse, un fisico allenato da molte battaglie, agile e scattante. Il volto era senza età, portava i neri capelli in un taglio ordinato, occhi e guance erano solcati da delle striscie nere, come se fossero tatuate sulla pelle pallida. La cosa che la colpì maggiormente furono i suoi occhi: erano totalmente bianchi, niente iride e pupilla, solo la bianca sclera, degli occhi che impedivano di capire dove stesse guardando, occhi di chi era senz'anima. Sentiva il suo sguardo su di sé, e la sensazione era inquietante.

«Finalmente ci incontriamo.»

La sua voce era tranquilla e priva di particolare enfasi, quasi apatica, rispecchiava l'aura di innaturale calma che lo avvolgeva.

«Le tue guardie non mi hanno disarmata» rispose, schiudendo la cappa per rivelare le impugnature dei Tessen che spuntavano dalla zona lombare, dietro alla schiena «potrei ucciderti, Generale.»
«Sciocchezze.»

Kitana fece ricadere la cappa sulla parte anteriore del suo corpo, nascondendo i ventagli alla vista. Reiko non era caduto nella provocazione, gli era bastata una singola parola per bollare il suo intervento, senza esitazioni di sorta, perchè aveva pienamente ragione. Questo le diede una misura di quanto fosse scaltro.
Le indicò la sedia sul lato opposto alla scrivania dove sedeva lui.


 «Accomodati, abbiamo alcune cose di cui parlare.» l'invitò.
«Questi fortini sembrano molto ordinati» gli rispose Kitana, andando a prendere posto sulla sedia «un altro mondo rispetto all'orrore fuori dalla barriera. Questa contrapposizione mi ha... Stupito.»
«I miei uomini sarebbero bersagli troppo facili, se li facessi uscire a raccogliere i cadaveri. Se cerchi informazioni, Principessa, perché non me le chiedi direttamente?»
«I Tarkata non sono abbastanza intelligenti per impalare la gente in quel modo.»
«Gli impalati impauriscono i Tarkata. La loro mente semplice non concepisce certe brutalità, ed è un buon deterrente per farli desistere dall'attaccare la barriera.»

Kitana notò la metodica precisione con cui le rivelava alcune delle brutali tattiche adottate contro i mutanti, descriveva l'orrore ponendolo in termini puramente professionali e non sembrava avere remore di alcun tipo. Parlando, Reiko gesticolava lentamente per dare una minima enfasi alle parole.

«...Il paradosso di questa pratica è che funge da deterrente per soggetti che hanno il massacro nel sangue. Per un Tarkata selvaggio, non c'è nulla di meglio che uccidere. Però lo sa fare solo alla sua maniera, utilizzando le sue lame o occasionalmente le zanne. Tutto ciò che va fuori da questo semplice schema - 'lame, zanne, uccidere' - viene percepito con orrore. Se gli mostro un morto impalato hanno paura. Se gli mostro un morto impiccato, hanno paura. Un nemico impaurito è un nemico più facile da combattere.»
«Come li ammaestrate?»
«Perché sei venuta su Outworld?»

Kitana osservò Reiko dritto negli occhi, in quelle sfere bianche, assumendo la medesima espressione apatica che lui aveva perennemente stampata sul volto, perché non voleva far trasparire più emozioni del dovuto.

«Non sono affari tuoi, Generale. Avere fra le mani l'erede al trono del nemico ti impone di passare la questione di mano, vero?»

Le sue parole suonavano velenose e vide che avevano fatto centro: Reiko non rispose subito bensì rimase ad osservarla con le mani allacciate e posate sulla scrivania mentre l'apatia lasciava spazio a un'espressione meditabonda sul volto.

"Ti ho dato da pensare, non è vero Generale?" pensò trionfante Kitana.

«Sì.» rispose «Sai cos'è quello, Principessa?» aggiunse indicando una specie di grande coppa di pietra, contenente del liquido viscoso incolore, in un angolo della stanza.
«Un Divinatore.»
«Esattamente. Ho già parlato con l'Imperatore, prima che tu entrassi.»

Kitana lo osservò in tralice, sapendo che era arrivata ad un punto molto delicato della questione. Non lo diede a vedere, ma il senso di vittoria che l'animava qualche attimo prima l'abbandonò in favore di un vago senso di disagio.

«Ti ha ordinato di farmi portare alla Città Imperiale.» affermò facendo trasparire falsa sicurezza.
«Naturalmente.» Reiko annuì, tornando con i polpastrelli davanti alle labbra «Anche se lui non ti stava aspettando, contrariamente a quanto hai raccontato al mio capitano.» lasciò trascorrere qualche attimo di silenzio, per poi aggiungere «La verità non è chiara, e le menzogne sono generalmente il preludio della guerra. Non so cosa speri di ottenere presentandosi al cospetto dell'Imperatore... Ma sappi che nascondergli la verità è impossibile.»
«Sei prolisso di buoni consigli per un nemico. Perché mi dici tutto questo?»
«L'Imperatore mi ha ordinato di trattarti con tutti gli onori dovuti al tuo rango. Eseguo semplicemente gli ordini.»
«Stai mentendo.»
«Non ho il minimo interesse a farlo.»
«L'Imperatore conosce la mia piccola menzogna? Quanto gli hai riferito?»
«Ho omesso il dettaglio del mio capitano. Quando sarai al suo cospetto, verità o menzogna diventeranno irrilevanti. Puoi andare, Principessa, ho fatto preparare un alloggio.»

Kitana si alzò, rimanendo in piedi a fissare per lunghi attimi il Generale, che aveva già abbassato lo sguardo su dei documenti che necessitavano della sua attenzione, come se lei non esistesse più. Uscì dalla stanza, immergendosi nei suoi pensieri. Era riuscita a ribaltare gli eventi a suo favore, guadagnandosi un passaggio sicuro per la Città Imperiale, ma a che prezzo? Reiko le aveva instillato mille dubbi, che insinuavano la ferrea convinzione che riponeva nel successo della sua missione... Più si avvicinava a Shao Kahn, e più sentiva la concretezza del suo maligno potere prendere spessore, la disperazione divorare la speranza, i tentacoli del fallimento avvinghiarsi nel suo cuore. Eppure doveva andare avanti, fino alla fine.

"Niente gloria senza rischi, Kitana."

 

† † † †

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Capitolo 9
*** [Sub-Zero] Teach Me To Whisper ***


Teach Me To Whisper.mp3 - DevilDriver

This is your conscience speaking, spare your spirit
Trouble is on its way, it's on its way
Teach me to whisper
Cause I feel like screaming, teach me to whisper

 

 

 

Sub-Zero
Outworld
Rovine di Cryon
18 Dicembre 2011

Il freddo siderale era un cupo contorno fra quelle rovine dimenticate, il vento gelido che fischiava fra i resti di quelle costruzioni lascito di un'antica maestosità, retaggio di una civiltà perduta e finita nell'oblio di Outworld. La città morta si estendeva per alcuni chilometri lungo un avvallamento ricavato sulla roccia viva sulla sommità del colossale monte - facente parte di una catena montuosa nel remoto nord di Outworld.
Qualsiasi forma di vita era assente fra quelle rovine cristallizzate dall'intenso gelo che batteva costantemente il luogo, sarebbe stato impossibile sopravvivere per chiunque - a meno che non si avesse un dono speciale. Il Gran Maestro dei Lin Kuei - Sub-Zero - possedeva quel dono, il Kori, un mistico potere che lo rendeva in grado di entrare in comunione con il ghiaccio e farlo suo, come se fosse un tutt'uno con l'elemento naturale. Il gelo del luogo non faceva altro che alimentare questo potere, e la cosa singolare era che non aveva mai trovato una sintonia così forte con il Kori come in quel luogo dimenticato.
Per lui non era la prima volta fra quelle desolate rovine.
Camminava silenziosamente in quella che un tempo doveva essere stata una grande piazza, composta ora per lo più da profondi crepi che si aprivano su roccie gelate, dentro cui si poteva facilmente cadere ed essere inglobati per sempre nelle profondità della montagna. Alcune saette che scintillavano dai cieli neri in lontananza riflettevano la loro luce sulle placche di metallo brunito che formavano gli schinieri e i bracciali del Gran Maestro, ammaccate e graffiate in più punti per via di qualche sporadica lotta contro le creature native al suo arrivo ad Outworld, un giorno addietro.
Già, il Kamidogu, Kano e l'inseguimento attraverso il portale nell'isola di Shang Tsung... Qualcosa doveva essere andato storto, perchè era finito su Outworld e dei suoi compagni - Kung Lao, Jax e Sonya - nessuna traccia.
Non aveva idea del perchè fosse finito proprio lì, così vicino alla città morta dove...


"...L'ho seppellita." pensò.


Fosse stato un segno del destino? Sub-Zero era sempre stato piuttosto pragmatico e non aveva molta fede nel destino, nè nella divina provvidenza, però non poteva fare a meno di pensare che doveva esserci un motivo per essere finito proprio fra le rovine della città ghiacciata in cui seppellì la sua allieva. Il ricordo non era piacevole, era una macchia indelebile nella sua vita fatta di successi e obiettivi raggiunti. Aveva riposto così tanta fede in lei, l'aveva allevata ed addestrata, poi resa un guerriero Lin Kuei e portata con sè nel Grande Torneo. Lei era come lui, possedeva il Kori. Con la sufficiente dose di esperienza e meriti raggiunti sul campo, avrebbe potuto addirittura succederlo alla guida dei Lin Kuei.

"In cosa sono stato così cieco da non vedere...?" si chiese, mentre avanzava verso la zona occidentale della città - che dava verso la parete del monte e si apriva all'interno dello stesso, scavata dai suoi antichi abitanti. Il vento sferzava sollevando di tanto in tanto volute di neve che si distaccavano dalle rovine ammantate di bianco, mentre lui rifletteva su come non fosse mai riuscito ad intravedere la brama di potere nella sua apprendista, che era arrogante ed orgogliosa - si sentiva una predestinata - ma nonostante questo non aveva mai ricevuto nessun trattamento di favore e nel complesso lui credeva che la dura vita dei Lin Kuei ne avrebbe limato gli spigoli caratteriali.
Il Medaglione del Drago - che risaltava incastonato al centro della cintura della sua divisa - pareva avvolto da una remota luminescenza celeste mentre il Gran Maestro ne sfiorava distrattamente le forme del drago modellate in esso.

"E' stato a causa di questo." riflettè.

Il Medaglione oggetto della brama della sua apprendista, il simbolo del suo potere. Non se ne n'era mai separato da quando l'aveva trovato molti anni prima, proprio in questa città. Lei cercò di strapparglielo fra queste rovine, durante il Grande Torneo, pensando che se fosse tornata dai Lin Kuei con il suo medaglione sarebbe stata la prova della sua sconfitta e quindi lei per diritto avrebbe preso il suo posto alla guida del clan - secondo le antiche usanze in cui il Gran Maestro poteva venire sfidato per la leadership. Il Medaglione non aveva alcun potere di per sè sebbene Sub-Zero avesse la sensazione che nascondesse qualcosa, e ne ebbe la prova quando - l'attimo dopo in cui la sua apprendista lo prese in mano - provocò una violenta reazione nel Kori di lei che le si ribellò contro e la congelò a morte. Come se non fosse destinata o pronta per averlo.

Una vaga amarezza lo colse mentre s'immergeva nella desolazione che si apriva all'interno della montagna, recandosi in quello che un tempo doveva fungere da tempio o chiesa. Là aveva deposto il corpo congelato della sua defunta apprendista. In qualche maniera, sentiva di doverle fare una visita prima di riprendere il suo viaggio, ed anzi aveva la sensazione che le vicende accadute negli ultimi giorni con il Kamidogu rubato avessero un qualche collegamento...

"Chi poteva sapere dell'ubicazione segreta del Kamidogu? E addirittura l'ubicazione del Tempio del Ghiaccio? Nessuno dei miei avrebbe mai tradito, e nessuno dei nostri nemici poteva avere queste informazioni... Resta solo lei..."

L congetture prendevano forma nella mente del Lin Kuei mentre oltrepassava la costruzione diroccata - composta dal colonne spezzate e marmoree pareti crollate in più punti. In fondo all'antico santuario giacevano i resti di uno strano altare, dietro cui si ergeva una grande cripta totalmente congelata - ancora in buone condizioni - dove lui aveva deposto il corpo della discepola.

"Smoke ne è sicuro. Può essere stata solo lei. Questo significa che non è morta, ma questo non è possibile, l'ho vista con i miei occhi... Le condizioni in cui è stata assiderata... Impossibile che sia sopravvissuta... Anche se... Non l'ho appurato con certezza."

Ciò che vide oltre l'altare, tuttavia, rischiò di farlo rimanere senza fiato. Sub-Zero era un uomo con una ferrea forza di volontà ed un maestro a dominare le emozioni: tuttavia la vista del ghiaccio perenne disciolto attorno alla cripta - ed il pannello della stessa divelto che lasciava intravedere il vuoto in quell'oscurità dove avrebbe dovuto esserci il corpo congelato della sua discepola - lo fecero cedere.

«Non è possibile...!»

Volute di fiato caldo sbuffavano dalla maschera azzurra in metallo ultraleggero che gli coprivano il volto mentre posava entrambe le mani sui resti del pannello divelto, quasi a voler appurare che tutto fosse reale e non una bizzarra allucinazione partorita dalla sua mente. Il suo cuore batteva all'impazzata.

«Invece lo è.»

La roca voce in risposta alle sue spalle lo fecero riprendere nel giro di un attimo. Si voltò rapidamente, richiamando il Kori nella sua mano destra a formare una piccola sfera ghiacciata che levitava sul suo palmo oscillando placidamente - come se sospesa su un campo gravitazionale. Chiunque fosse, avrebbe dovuto rispondere a molte delle sue domande. La figura che aveva di fronte - per l'esattezza fra lui e l'altare - pareva un vecchio avvolto da una tunica stracciata e cristallizzata per una prolungata esposizione al freddo siderale del luogo. Non portava altro, era magro e smunto, con il viso avvizzito e gli occhi infossati. Aveva la mano destra chiusa su un bastone osseo - che aveva l'aspetto di un gigantesco femore animale - con il quale pareva sostenere il peso degli anni. Poteva essere benissimo un umano, ma la pelle di un colore bianco tendente all'azzurro e gli occhi privi di iride - del medesimo colore della pelle - suggerivano che non lo fosse affatto. Quegli occhi alieni lo stavano osservando con intensità, e sembravano voler carpire ogni dettaglio che il Gran Maestro offrisse alla vista.
Sub-Zero lo studiò, con la calma tipica di chi ha vissuto e superato molti pericoli. Il Kori faceva ondeggiare lentamente la sfera ghiacciata nel palmo della mano destra, che teneva sollevata all'altezza della coscia e pronta a rivolgerla verso il vecchio. Lo studiò a fondo prima di parlare. Quel vecchio sembrava non risentire del gelo mortale del luogo, visto che era vestito solo di stracci, e il suo istinto gli comunicava che non era una minaccia; anzi appariva debole. Il Lin Kuei tuttavia non abbassò la guardia.

«Chi sei? Perchè sei qui?» chiese con apparente calma, mentre il Kori serpeggiava lungo tutto l'avanbraccio destro mutando il colore della pelle in una tonalità simile a quella del vecchio.
«Mi chiamo Kura Neng... Sono qui perchè è qui che sono nato e ho vissuto.»
«Perchè dovrei crederti?»
«Ho aspettato così a lungo di vederti... Benvenuto a Cryon, mio signore. Bentornato a casa.»

Il ninja l'osservò in tralice. Il vecchio non aveva alcuna prova di quello che stava dicendo, eppure sentiva... Sentiva che aveva ragione. Perchè altrimenti si sentiva così rinfrancato ed in pace con sè stesso quando camminava fra quelle rovine? Perchè avvertiva il Kori così vivo e unito al suo essere come un perfetto simbionte? Una sensazione simile a quella che avvertiva al Tempio del Ghiaccio - sulla Terra - ma amplificata.
Sì, questa era casa sua.
La sfera di ghiaccio che ondeggiava placidamente nella sua mano - pronta ad essere utilizzata come un proiettile - si dissolse rapidamente, il braccio che riacquisiva una tonalità normale.

«Io sono nato e cresciuto sulla Terra. Sono un umano, e non ho nulla da spartire con te.» rispose.

La sua parte più razionale e pragmatica gli imponeva di dubitare, in ogni caso, il tono di voce senza particolare enfasi, ogni sensazione accuratamente mascherata. La mano sinistra andò a carezzare distrattamente il Medaglione alla cintura, mentre lo sguardo del vecchio - su cui ora si era dipinto un sorriso benevolo - ricadeva proprio su di esso.

«Lo senti, non è vero? Il Medaglione. Vedi... Quello è il simbolo del tuo retaggio, destinato alla famiglia reale di Cryon. Il tuo nome è Kuai Liang e sei il Principe dei Criomanti, il nostro popolo... O almeno ciò che ne rimane.» il vecchio allargò le braccia a circondare i fatiscenti resti del santuario in cui i due stazionavano.

Sub-Zero era colto da un turbine di dubbi, si sentiva confuso perchè una parte di lui non accettava i vaneggiamenti del vecchio. Il principe? Criomanti? Ma che diavolo stava blaterando? Lui non aveva ricordi dei suoi primi anni di vita, solamente la sua dura infanzia al Tempio del Ghiaccio come apprendista Lin Kuei, e nonostante non seppe mai spiegarsi del perchè aveva l'innato potere di comandare il ghiaccio credeva di essere semplicemente nato così, una sorta di bizzarro scherzo della natura. La sua vita era sempre stata piena di interrogativi riguardo le sue origini, ma non ci aveva mai dato molta importanza.

«Poniamo il caso che per un attimo creda alla tua storia. In quanti siamo rimasti?» rispose stoicamente Sub-Zero, scrutando il vecchio che a fatica stava aggirando i resti dell'altare per farsi più vicino. Aveva un'aura familiare e paterna, dopotutto...
«Sono passati almeno sessant'anni da quando ti ho portato via di qui, in fascie, mentre la nostra civiltà veniva annientata dal Conquistatore.»

"Già... Quale altro umano si apparirebbe così giovane alla mia età?" riflettè, uno dei tanti misteri irrisolti della sua esistenza. Il suo corpo scolpito ed agile, il suo viso, lo facevano sembrare ad un uomo sui trentacinque anni nonostante ne avesse più di sessanta.

«Immagino tu ti riferisca a Shao Kahn.»
«Sì, mio signore. Il mostro che ha estinto i Criomanti. Tuo padre, il precedente Principe, mi ordinò di portarti via - sulla Terra - dove avevamo un rifugio sicuro e lontano dal tiranno. Dovevo essere il tuo insegnante, ma gli eventi mi hanno riservato ben altro...» sorrise, con un velo di tristezza ad offuscare gli occhi bianchi.
«Continua.»
«Ti lasciai nel nostro rifugio, che scoprii essere abitato da una setta di guerrieri nativi della Terra... Pensai - pregai - che tu fossi al sicuro. Al mio ritorno qui trovai Cryon nello stato in cui vedi. Era come se una forza titanica si fosse abbattuta sulla città, distruggendo ogni cosa... I cadaveri non si contavano nemmeno. Non sopravvisse nessuno.»

Sub-Zero volse lo sguardo verso la cripta vuota, per qualche attimo, per poi riportarlo su Kura.

«Di questo non ne sarei così sicuro.» replicò placidamente.
«Già. Fui enormemente sopreso di trovare quella ragazza, poco tempo fa quando mi risvegliai dal torpore siderale. La liberai da quella prigione ghiacciata... Era viva. Cose che solo un Criomante esperto può permettersi... Mi pare evidente che abbia ricevuto un adeguato addestramento nei poteri della nostra razza. Dimmi Kuai Liang, mio signore, tu...»

«Il mio nome è Sub-Zero.» l'interruppe, piuttosto freddamente.

Non voleva dare corda ai discorsi di Kura, anche se tutte quelle rivelazioni avevano più che senso. Il vecchio chinò il capo penosamente. Sembrava stanco e spossato, come se il peso di tutti gli anni che si portava addosso fosse opprimente.

«La tua diffidenza è comprensibile mio Principe... Ma ti prego di credere alle ultime parole di questo vecchio. Sono vissuto fino ad oggi solo per svelarti la verità sulle tue origini ed implorarti... Di raccogliere l'eredità della tua stirpe. Devi vendicarci, distruggere il mostro che ci ha estinti. La giovane che ho liberato...»
«Dov'è?»
«Se n'è andata. Dove non lo so.»

Sub-Zero rimase a meditare a lungo, mentre i suoi occhi arruzzini osservavano il vecchio Kura Neng affannarsi per fargli credere quella bizzarra storia. Tutto sommato, lui voleva crederci ed aveva tutto perfettamente senso. Lui, uno degli ultimi sopravvissuti di un'antica razza sterminata da Shao Kahn, progenie del monarca e destinato ad avere il Medaglione del Drago che amplificava il Kori - il mistico potere insito in ogni Criomante. Eppure non era nella sua natura mostrare segni di emozione e non avrebbe mostrato al vecchio nessun tipo di accondiscendenza.

«Devo trovarla. Se vuoi che vendichi il tuo popolo, devo trovarla.»
«Era in stato confusionale quando la liberai, non sapeva nemmeno il suo nome e il motivo per cui si fosse svegliata lì. Ogni tentativo di spiegazione fu inutile, e alla fine lei semplicemente se ne andò. Mi perdonerai, mio signore, ma non aveva la forza per trattenerla.»

Il Gran Maestro si voltò nuovamente ad osservare la cripta vuota, meditabondo.

«Dovrò usare un metodo alternativo per trovarla quindi.» affermò pacato.
«Quale?»

Sub-Zero non rispose al vecchio, ruotando il corpo così da dargli il fianco ed osservare le rovine di Cyon che si estendevano come una bianca desolazione di ghiaccio e roccia. La risposta aveva un vago sapore di sgomento mentre il nome lentamente prendeva forma nella sua mente.


"Scorpion."

   

 

† † † †

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Capitolo 10
*** [Kung Lao] This Is War ***


This Is War.mp3 - 30 Seconds To Mars
A warning to the people,
The good and the evil,
This is war.
To the soldier, the civilian,
The martyr, the victim,
This is war.


Kung Lao
Edenia
Capitale di Edenia 
19 Dicembre 2011


Kung Lao vagava per un limbo senza fine, un mondo piatto color panna, dove la realtà pareva bizzarramente distorcersi prendendo forme che sembravano partorite dai suoi incubi peggiori, le sue colpe, le sue sofferenze.
Correva senza fine cercando una via d'uscita in quel nulla sterile, urlando senza trovare voce nella sua gola, senza provare fatica alcuna ma percependo dolori brucianti ad ogni fibra del suo essere.
Doveva trovare una via d'uscita.
Liu Kang lo stava osservando. Kung Lao si sarebbe messo a ridere, se solo fosse stato in grado di farlo. Correva da quella evanescente figura eppure lui era lì, davanti a lui immobile, dietro che lo rincorreva, al suo fianco a sussurrargli nell'orecchio, era ovunque.

*Ehi Kung! Dove andiamo a mangiare stasera? Tutta quella corsa mi ha messo fame.*
*Avanti! Ce la faremo.*
*Sembra una pazzia, ma dobbiamo farlo.*
*Non abbatterti amico!*
*Io e lei, beh... E' sbagliato ma che ci posso fare?*
*Raiden! Vado io!*
*Mi hai colpito duro, non doveva essere un allenamento questo?*
*Fidati di me.*
*Alla prossima Kung!*

Se avesse avuto delle lacrime da versare sarebbero scese copiose, ma in quell'ovattato mondo in cui era intrappolato non poteva permettersi un simile lusso. Il continuo sussurrare di Liu Kang era croce e delizia, poteva rivivere gli attimi trascorsi assieme al suo amico e allo stesso tempo disperarsi per la sua fine, il ricordo della sua morte che gravava come un macigno su di lui, la nota di fondo onnipresente in quella cacofonia di sussurri.
Avrebbe voluto fermarsi ma invece continuava a correre, mentre gli occhi assenti di Liu Kang dinnanzi a lui non smettevano di osservarlo. Il suo bisbiglio continuava, prendendo una piega più crudele ora.

*Rimani solo tu, abbiamo poche speranze.*
*Ti sei fatto battere così facilmente?*
*Non ti riconosco più.*
*Fallisci in continuazione.*
*Fallimento.*
*Sono morto.*
*Tu mi hai ucciso.*

Un urlo muto si levò dalla bocca serrata di Kung Lao, incapace di sostenere quelle accuse che lo ferivano più di un rasoio. 
Il nulla che componeva il cielo di quella sterile realtà si tinse per un attimo di bianco, come una brillanza che stonava con la trama generale monocolore.
Gli occhi si aprirono per un attimo, le orecchie tornarono ad udire dei suoni reali, la bocca finalmente potè dar voce all'urlo dolente.
«Resta con noi, avanti!»
«Quel veleno...»
Due donne, un capezzale? Voci familiari.
Tutto tornò nuovamente color panna, un nauseante mondo pieno di nulla. La realtà riprese a dar forma agli spettri del suo passato che emersero dal terreno inesistente che stava calpestando - dai lati, dai cieli, ovunque.
Liu Kang, lo spettrale direttore di quella onirica orchestra composta da ricordi e sensi di colpa, gli era tutto attorno, lo avvertiva persino dentro di lui, in simbiosi con il suo corpo martoriato e la sua anima che stava per affievolirsi sempre più.

*Mi fidavo di te.*
*Hai rovinato tutto.*
*Mi hai ucciso.*

Avesse potuto togliersi la vita pur di sfuggire a quel tormento, l'avrebbe fatto. Ma ogni tentativo razionale in quel limbo era perfettamente inutile, tutto era istinto e sensazione, nulla era reale eppure tutto così concreto. Il suo defunto amico proseguiva quella tortura sibillina, accusandolo di colpe che in realtà non aveva ma che nel profondo dell'anima sentiva sue.

*Sei così debole?*
*Reagisci.*
*Sai cosa devi fare.*

 Al limite della pazzia, così vicino alle sue paure più recondite e le sue debolezze, Kung Lao decise di farla finita. Il suo corpo fermò quella corsa folle, sebbene l'istinto gli comandasse di continuare, le membra martoriate finalmente si fermarono.
"Basta così."
Fu il primo pensiero razionale che riuscì a formulare.
Quella realtà onirica si stabilizzò, o forse era semplicemente Kung Lao che riuscì a riallineare la sua mente con il suo corpo e la sua anima. I sussurri smisero di tormentare le sue orecchie sorde, e lo spettro del suo defunto amico cessò di far parte della realtà che lo circondava per focalizzarsi su un solo punto - dinnanzi a sè. Kung Lao sollevò lentamente il capo, osservandolo. Appariva come l'ultima volta che l'aveva visto, con i lunghi capelli che ricadevano sulla schiena. Lo stava osservando senza alcuna emozione dipinta sul viso spettrale - dalle fattezze asiatiche, simile al suo.

*Mi hai ucciso.*
"Non è vero."
*Allora sai cosa devi fare.*

Kung Lao lo avvertiva chiaramente. Aveva dinnanzi il suo più grande senso di colpa, lo spettro del defunto amico che viveva nella sua anima come una macchia nera, lo sconforto di non essere riuscito ad evitare la sua morte. Una colpa che lui non aveva, ma di cui si era sempre imputato.
In quel mondo sterile, monocolore, Kung Lao saettò in avanti azzerando le distanze con Liu Kang, portando la gamba destra a disegnare un semicerchio nell'aria, portando un micidiale calcio al viso dell'amico il quale prontamente sollevò il braccio sinistro - parandolo - e portando un calcio semicircolare a sua volta - mirando al busto di Kung Lao, colpendolo violentemente.
Il monaco arretrò di un paio di passi dopo aver incassato il colpo, focalizzandosi su Liu Kang ed assumendo una postura di combattimento delle arti Shaolin di cui era un maestro - esattamente come il suo avversario.

*Finalmente hai compreso. Ora finisci questa storia e distruggimi.*
"Conserverò solo il meglio di te, Liu."
*Vediamo se sei in grado di farlo* lo spettro di Liu Kang sorrise vagamente sarcastico.

Liu Kang saettò in avanti balzando con un calcio volante che sembrava sfidare le leggi della gravità, mirando con il piede destro verso al gola di Kung Lao - il quale si abbassò quel tanto da far sfilare la gamba di Liu Kang oltre il capo, ruotando il busto in senso antiorario e - dopo aver repentinamente agganciato la gamba destra dello spettro con la mano sinistra - portando l'avambraccio destro e la mano a posare sul busto dell'avversario per farlo ruotare assieme a lui e abbatterlo a terra. Non esitò neppure un attimo, avventandosi sull'amico che ora giaceva supino per abbattergli un calcio in pieno sterno con la suola dello stivale, sollevando nuovamente il piede per calarlo ancora ma colpendo solamente il terreno questa volta, visto che Liu Kang rotolò abilmente su sè stesso eseguendo una spazzata circolare con la gamba sinistra che lo colpì alle caviglie e lo fece rovinare a terra.
Entrambi si sollevarono con un agile colpo di reni. Si studiarono silenziosamente per alcuni attimi, mantenendo le posture di due diverse forme Shaolin, Kung Lao quella della tigre, Liu Kang quella del drago. Erano due maestri a confronto, l'elite di combattenti che la Terra potesse offrire.
I colpi che si scambiarono furono feroci e senza pietà, ma stranamente in quella bizzarra dimensione dov'era finito Kung Lao la fatica non sembrava esistere, ed il dolore per i colpi ricevuti era ignorabile.
Poteva finire in un solo modo: la morte dell'avversario.
Per quanto detestasse l'idea, Kung Lao era cosciente che era l'unica maniera per cancellare i suoi sensi di colpa e salvarsi da quel mondo sterile.
Fra lui e l'uscita, c'era solo Liu Kang.
L'occasione venne quando - parando un calcio alto dell'amico con l'avambraccio sinistro - Kung Lao fece saettare un terribile calcio basso con il piede a martello sulla gamba d'appoggio di Liu Kang, impattando sul ginocchio per spezzarlo e far cadere a terra l'avversario.
Kung Lao si avvicinò a Liu Kang - che stava in ginocchio a capo chino - sconfitto, la gamba spezzata posata in maniera innaturale sulla superficie color panna di quel mondo inesistente. Ad ogni passo di Kung Lao quella realtà sembrava venir meno, sgretolarsi, era il gran finale che si stava avvicinando - un epilogo drammatico ma necessario.
Liu Kang alzò il viso verso Kung Lao. Sorrideva.

*Fallo.* disse.
"Ti porterò sempre con me, amico." rispose Kung Lao.

Aggirandolo, posò il palmo della mano destra sotto la mascella dell'amico, mentre la sinistra si posava sulla sommità del capo, chiudendo le dita sul cranio per una salda presa.
Kung Lao chiuse gli occhi, cercando il coraggio per farlo.
Un secondo, due, tre... Il tempo sembrava rallentare, finchè - con uno strattone secco - ruotò il capo di Liu Kang spezzandogli l'osso del collo. Il corpo crollò a terra per poi dissolversi mentre il vuoto mondo da incubo si sgretolava furiosamente inglobando ogni cosa nella sua distruzione. Il monaco alzò gli occhi verso quello che doveva essere il cielo mentre le crepe nella realtà si avvicinavano sempre più verso di lui.
Urlò con quanto fiato aveva in corpo, la disperazione per un gesto così terribile che - seppur avvenuto in un mondo inesistente - l'avvertiva in modo così reale...
Il mondo vuoto si sgretolò del tutto ingoiandolo e dissolvendolo eppure quell'urlo terribile continuava a rieccheggiare, Kung Lao avvertì un forte bruciore agli occhi mentre un nuovo mondo composto di bianco assoluto si profilava dinnanzi a lui, la gola da cui proveniva quell'urlo infinito era arida ed in bocca aveva un orrendo gusto di bile. Si sentiva trattenuto per le braccia e - in panico - cercò di divincolarsi nonostante il suo corpo fosse debolissimo.

«Tienilo fermo!»
«Calmati, Kung! E' tutto finito.»

Voci familiari. Le braccia si rilassarono ed il corpo tornò sopito. Quel mondo bianco cominciò lentamente a prendere forma, intravide le sagome di una stanza, e delle figure sopra di lui. Una in particolare risaltava, era come un macigno nero che lo sovrastava.

«Kung, ci sei?»
«...Jax?»

La voce del monaco guerriero emerse rauca e debole, mentre metteva a fuoco la familiare figura del poderoso Maggiore delle Forze Speciali che - con un ampio sorriso - gli lasciò andare le braccia sollevando il busto e facendo spazio ad altre due figure che Kung Lao mise a fuoco stringendo gli occhi affaticati: Jade e Sonya, che si fecero avanti sorridendo.

«Come ti senti? Te la sei vista brutta stavolta.» affermò Sonya, posando una mano sulla sua.
«Sapevo che ce l'avresti fatta.» aggiunse Jade, protendendo una mano a carezzargli la fronte imperlata di sudore.

Kung Lao osservò i tre per alcuni attimi, notando delle occhiaie sotto agli occhi e in generale segni di affaticamento sul loro viso come se avessero riposato poco o nulla. Cercò di ergersi sulla schiena ma era ancora troppo debole, e le due donne lo costrinsero premurosamente a rimanere disteso sul letto. Aveva caldo e una sete terribile.

«Acqua...» biascicò, osservando Jax versare dell'acqua da una brocca su una coppa che gli portò alle labbra mentre Jade e Sonya lo issarono per fargli sollevare la schiena. Aiutandosi malamente con la destra posata sulla coppa, bevve avidamente fino a rifocillare il corpo disidratato. Esalando un profondo sospiro, tornò disteso, portando nuovamente l'attenzione sui tre.
«Che è successo?» chiese a bassa voce, frugando nella memoria ma trovando solo un buco nero. Osservò per brevi attimi il suo torso nudo, senza trovare segni di danni particolari, percorrendo con sguardo le cicatrici che si era guadagnato in una vita di combattimenti. Avvertiva un dolore sordo alla spalla destra, e - ruotando il capo - vide che era stata fasciata e vi erano stati applicati degli impiastri curativi. Kung Lao conosceva i principi della medicina ed era un bravo erborista. 
Dall'odore avvertì traccie di carbone e altri composti sull'impiastro applicato - un antidoto naturale ai più comuni veleni conosciuti.
«Poco dopo la tua partenza dalla capitale a seguito del furto del Kamidogu, ti seguimmo. Non sapevamo dove fossi diretto così ci dividemmo.» raccontò Jade.
«Fu Jax a trovarti, al Deserto.» aggiunse Sonya.
Il possente afroamericano incrociò le braccia muscolose al petto, ai piedi del letto dove giaceva Kung Lao.
«Già Kung, appena in tempo. Quel serpente schifoso ti aveva steso e stava per... Beh, non non ha importanza.»

"Già... Reptile." pensò Kung Lao mentre i ricordi lentamente tornavano a galla. Aveva intercettato il rettile poco prima del portale al Deserto di Edenia, intenzionato a recuperare il Kamidogu che aveva rubato. L'aveva sconfitto ma aveva commesso l'errore di abbassare la guardia per un attimo - un singolo attimo in cui Reptile ne approfittò per azzannarlo ad una spalla ed iniettargli quel tremendo veleno.

«Dovevo scegliere se salvare te o il Kamidogu» riprese Jax «Non ci ho pensato un solo attimo.»
«Ti devo la vita Jax... Ma il Kamidogu era più importante.» protestò debolmente Kung Lao.
«Al diavolo il Kamidogu, per quanto mi riguarda la tua vita è più importante di una pietra.» rispose Jax, accennando ad un sorriso.
«Sono d'accordo con Jax su tutta la linea, perderti sarebbe stato anche peggio.» aggiunse Sonya.
«Sì.» Jade gli carezzava delicatamente la fronte. Il suo tocco era confortante, e Kung Lao sorrise inconsciamente.
«Quanto ho dormito?»
«Sei stato in bilico fra la vita e la morte per due notti. I nostri migliori medici hanno provato qualsiasi cosa, ma purtroppo il veleno di Reptile non rientrava fra quelli conosciuti ad Edenia.» rispose Jade.
«E neanche di quelli sulla Terra credo... Non esiste nessuno come Reptile da noi.» aggiunse Sonya osservando Jade e scrollando le spalle.
«I medici hanno detto che dipendeva solo da te» riprese Jade «Siamo rimasti tutto il tempo a vegliare su di te, e alla fine... Eccoti qui, di ritorno dal mondo dei morti.»
Era quasi commovente vedere l'apprensione dei suoi compagni nei suoi confronti. Kung Lao sorrise di rimando ai tre in un muto ringraziamento per le parole spese.

«Amici miei... Abbiamo parlato anche abbastanza di me.» disse infine Kung Lao « Torniamo alla nostra missione. Kahn può avere anche il secondo Kamidogu per le mani ma rimane il terzo da trovare, e possiamo anticiparlo. Forse la Regina Sindel saprà dove indirizzarci per cominciare la ricerca.»

Si issò lentamente sulla schiena, puntando le mani sui lati del materasso, con un discreto sforzo ma spronato da una rinnovato senso di fiducia nei suoi mezzi ed in quelli dei suoi compagni. Lo spettro di Liu Kang - creato dalla sua stessa mente durante le tremende allucinazioni provocate dal veleno di Reptile - gli aveva insegnato la lezione.
Mai più avrebbe dubitato o disperato.

 

 
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Capitolo 11
*** Intermission: MK lore, organizzazioni, politica ***


Ho pensato di fare un piccolo quadro della situazione politica di questa fiction, un po' per staccare dalla narrazione continua - ho riletto tutti i capitoli ed effettivamente la lettura può risultare pesante - un po' perchè vorrei aiutare coloro che non conoscono l'ambientazione a carpirci qualcosina in più, un po' perchè anche per gli esperti di MK qualche tratto AU/OOC di questa fic potrebbe sembrare strano o non essere capito.
E' facile che con il trascorrere della fiction appaiano altri capitoli "intermission" tipo questo, tanto per tagliare l'aria, una specie di pausa sigaretta.
Ovviamente si può saltare a piè pari e passare ai capitoli successivi! :)


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Premessa 

L'ambientazione di Mortal Kombat si svolge su più realtà, o mondi: come da tradizione del più classico film di fantascienza, non siamo soli sulla Terra.
Esistono svariati piani d'esistenza, che noi chiameremo per comodità "mondi", per certi versi simili alla Terra mentre per altri completamente diversi. I grandi registi di tutti gli eventi che nel corso della storia sono avvenuti in questa moltitudine di mondi sono delle entità mistiche e superiori, definite "Dei Antichi", esseri di cui s'ignorano le origini, ma che è dato per assodato che muovano i fili della "trama" di ogni mondo. Sono esseri senzienti e senza età, per certi versi molti simili agli esseri umani (creati ad immagine e somiglianza), dai poteri strabilianti. Tutti loro hanno determinate regole che seguono alla lettera, più per istinto che per imposizione, una sorta di "legge universale e divina" la cui infrazione comporta pene terribili e senza fine (come ha raccontato Sindel riguardo Shinnok, capitolo 7 "Punish My Heaven").
E' assodato anche che queste entità superiori sono legate indissolubilmente al proprio mondo di appartenenza - o più specificatamente di creazione - mirando agli interessi del mondo stesso (spesso a discapito degli altri mondi protetti dagli altri Dei).
In alcuni mondi - vedi la Terra - la conoscenza degli Dei Antichi, degli altri mondi e tutto ciò che ne consegue è limitata a pochi: la massa vive le propria vita nella più completa ignoranza, e considererebbe follia sentire certi discorsi. 
Provate ad immaginare se uno sconosciuto oggi vi dicesse che esistono altri mondi là fuori, raggiungibili con dei portali magici... Gli dareste del pazzo, giustamente!
In altri mondi invece - come Edenia - la popolazione è ben cosciente della verità.
Il perchè in alcuni mondi sia di pubblico dominio mentre in altri è segreto, è dato sapere solo al Dio Antico in questione - suppongo che le razze di alcuni mondi siano più propense ad accettare questa realtà piuttosto che altri.. Ma sarei arrogante se vi dicessi che posso immaginare cosa passa per la testa di un Dio Antico!
Premesso questo, andiamo ad analizzare i mondi in gioco di questa FF: troverete spiegato l'ordinamento politico, le fazioni interne ed i personaggi di spicco di ognuno. Saranno spiegazioni parziali, perchè non voglio spoilerare nulla. In altri casi posso menzionare personaggi noti ma che non hanno ancora avuto nessun ruolo nella fic, ed è possibile che continueranno a non avere nessun ruolo.

 

MONDO: TERRA
 

Dio Antico e Protettore: Raiden, Dio del Tuono (deceduto).
Ordinamento politico: vario. Prevalentemente democrazia, in alcuni stati dittatura.
Razze: Umani.
Organizzazioni di spicco:

- Loto Bianco 

 

Società segreta che agisce per conto di Raiden a difesa della Terra contro minaccie esterne (vedi: Outworld). Nativa ed operativa in Cina, le sue operazioni coprono tutta la zona orientale della Terra. Ufficialmente un dipartimento sul controllo dei disastri naturali del governo Cinese. Sono la controparte asiatica delle Forze Speciali statunitensi. Sono di base a Shanghai.
- Struttura -
Concilio dei Venerabili: nel numero di 5, sono l'organo dirigente del Loto Bianco. Agiscono e dirigono l'organizzazione deliberando ordini previa discussione e votazione dei cinque Venerabili. Curano i rapporti con il governo cinese e gli altri asiatici/mediorientali - occupandosi di tenere segreto il vero scopo dell'organizzazione grazie alla loro grande abilità politica ed influenza. Nella fic se ne nomina solo uno, Wu-Sheng, un anziano cinese, storico membro dei Venerabili ed esperto della storia occulta della Terra (vedi il Kamidogu).
Operativi: sono gli agenti sul campo, addestrati nella lotta corpo a corpo e tecniche di guerriglia, rispondono direttamente ai Venerabili e sono in un numero esiguo viste le capacità sovrumane richieste per adempiere al ruolo. Spie, trasformisti, specialisti della sopravvivenza in scenari avversi. Gli operativi hanno facoltà di svolgere le missioni assegnate come meglio credono, fin tanto che riescono a raggiungere l'obiettivo. Possono avvalersi a loro discrezione di collaboratori esterni al Loto, fin tanto che possono mantenere la segretezza dell'organizzazione. Operativi di nota: Liu Kang (deceduto), Kung Lao.

- Forze Speciali

 

Organizzazione governativa statunitense, non è nata per volontà di Raiden ma grazie alla curiosità ed intraprendenza dei fondatori delle Forze Speciali che - 50 anni orsono - indagarono e scoprirono il Loto Bianco e i suoi reali scopi. 
Visti inizialmente come una minaccia, durante gli anni le due organizzazioni hanno cominciato a collaborare finchè le Forze Speciali sono diventate, attualmente, il referente occidentale del Loto Bianco. Ufficialmente sono una divisione speciale dell'esercito americano - per conto di cui svolgono qualche missione onde mantenere la segretezza sul suo reale scopo - e di cui mantengono le cariche militari. Sono di base a Los Angeles, California.
- Struttura -
Generale: è il capo assoluto dell'organizzazione, si prende la responsabilità di ogni scelta e cura i rapporti con i governi occidentali con cui le Forze Speciali hanno a che fare. Attualmente in carica, Sonya Blade. Si è distinta per svariate missioni di cui ha preso parte attivamente nonostante la carica di comando che non le richiederebbe partecipazioni attive.
Agenti: è la truppa d'elite che svolge le missioni delle Forze Speciali. Prevalentemente soldati reclutati dagli eserciti di tutto il mondo occidentale, sono il meglio del meglio che il mondo militare possa offrire. Parà, teste di cuoio, super-soldati addestrati a portare a termine le missioni più pericolose. In quanto membri di eserciti regolari, gli agenti sul campo mantengono le rispettive cariche che hanno anche valenza fra di loro come gerarchia interna. Rispondono direttamente al Generale. Agenti di nota: Maggiore Jackson "Jax" Briggs, Johnny Cage (membro onorario).

- Lin Kuei

 

Clan di assassini, discendenti di antichi ninja asiatici, sono stati a lungo tempo dei sicari al servizio del miglior offerente. Recentemente una rivolta ha cambiato completamente gli scopi e l'ordinamento del clan, che da assassini prezzolati sono diventati un ordine di giustizieri che colpiscono coloro che la giustizia ordinaria non riesce a raggiungere. Ufficialmente fuori legge, sono supportati tacitamente da Loto Bianco e Forze Speciali, arrivando là dove le due organizzazioni non riescono ad arrivare. Hanno un ruolo attivo nella protezione della Terra, e lo stesso Raiden li ha dichiarati alleati. La loro base è il Tempio del Ghiaccio, nell'Himalaya, luogo tenuto segreto.
- Struttura -
Gran Maestro: leader del clan, è la massima autorità che ha voce in capitolo su ogni cosa. Attualmente in carica, Sub-Zero, che è colui che ha dato il via alla ribellione anni addietro prendendo la leadership del clan.
Maestro: vice del Gran Maestro, esercita pieni poteri in caso di assenza del Gran Maestro, coordina tutte le missioni dei Lin Kuei mentre il Gran Maestro cura gli aspetti finanziari e politici del clan. Attualmente in carica, Smoke, amico di vecchia data di Sub-Zero e suo primo alleato durante la ribellione.
Lin Kuei: operativi a pieno titolo, sono coloro che hanno terminato l'addestramento e che sono impiegati nelle missioni. Esistono delle cariche interne che determinano una gerarchia fra i Lin Kuei, sovente in base all'anzianità. Agiscono in piccoli gruppi o - per i più esperti - da soli. I Lin Kuei vengono reclutati in giovane età, orfani, trovatelli, bambini di infima estrazione sociale. Terminato l'addestramento sono assassini, spie, trasformisti. Alcuni vengono selezionati per diventare istruttori degli apprendisti del clan. Lin Kuei di nota: Frost (apparentemente deceduta).

- Drago Nero

 

Organizzazione criminale, secondo i dossier del Loto Bianco è nata da un distaccamento deviato delle Forze Speciali. Dediti a qualsiasi tipo di attività criminale, quelli del Drago Nero sono alleati di vecchia data di Outworld, in cambio di pagamenti faraonici e promesse di potere nel caso di conquista della Terra. Terroristi a tutti gli effetti, sono ricercati a livello planetario sebbene le enormi risorse e una rete di politici ricattabili li hanno sempre fatti stare ad un passo avanti al Loto e alle Forze Speciali. In tempi recenti sono stati quasi totalmente distrutti, ma sembrano riusciti a riorganizzarsi e tornare operativi. Per ovvie ragioni di sicurezza non hanno una base fissa, sebbene pare prediligano la zona di Hong Kong.
- Struttura -
Capo o "Drago Nero": capo supremo dell'organizzazione, comanda e pianifica con spietata efficienza. Ha l'ultima parola su ogni questione e gestisce i rapporti con gli alleati su Outworld. Negli anni l'organizzazione ha avuto diversi capi - le faide interne sono state numerose - ma ultimamente il potere sembra sia saldamente in mano ad un uomo - che si pensava fosse morto - Kano.
Luogotenenti o "Artigli del Drago": sono i più fidi consiglieri del capo, ogni gestione ha scelto il numero di questi Artigli e sembra che l'ultima in carica ne abbia tre: si suddividono la gestione di diverse aree geografiche della Terra, sotto la supervisione del capo, spartendosi i compiti di natura militare, politica e finanziaria.
Ragazzi: rappresenta il grosso della truppa di cui si serve l'organizzazione, chiamata in gergo "ragazzi". Dal picchiatore di strada al killer, fino ad arrivare a colletti bianchi ben inseriti nel mondo della finanza - che fanno capo all'organizzazione. Non se ne conosce il numero nè l'identità, sono delle ombre provenienti da svariate nazioni con i loro personali scopi ed interessi ma con un unico filo conduttore comune: il Drago Nero.

 

MONDO: EDENIA
 

Dio Antico e Protettore: Fujin, Dio del Vento.
Ordinamento politico: Monarchia.
Razze: Umani edeniani, Idromanti.
Organizzazioni di spicco:

- Monarchia di Edenia

 

La famiglia reale di Edenia che comanda da innumerevoli generazioni, attualmente il potere è in mano alla regina Sindel - moglie del defunto re Jerrod - ucciso per mano di Shao Kahn.
La monarchia è di stampo assoluto sebbene la naturale armonia degli edeniani verso la loro terra ed i loro simili rendano questo tipo di governo illuminato. Non esiste l'oppressione e la sofferenza nel perfetto mondo di Edenia, grazie alla perfetta conduzione di governo della famiglia reale. Nonostante tutto il potere sia accentrato sulla regina, questa si avvale di un circolo interno per la gestione di Edenia, rappresentato dalle menti più eccellenti che il mondo può offrire.
- Struttura -
Monarca: il leader assoluto del paese, discendente della stirpe reale da innumerevoli generazioni, funge prevalentemente da arbitro e giudice finale delle riunioni del circolo interno dove si discutono le scelte da operare per il paese. Dopo la tragica morte del leggendario re Jerrod la monarchia è passata in mano a Sindel, sua moglie, una potente chiaroveggente e maga. Amata dal suo popolo per l'umiltà e bontà, è vista come la madre della nazione. Tuttavia i recenti inasprimenti con Outworld - ed una probabile guerra in vista - hanno fatto sì che si creasse una corrente di malcontento per la politica cauta e remissiva della regina. Reali di nota: Principessa Kitana, figlia di Sindel ed erede al trono.
Circolo Interno: formato dai consiglieri della regina, si dividono in ministeri che comprendono economia, giustizia, difesa, affari interni. Consiglieri di nota: Principessa Kitana, consigliere della difesa (vacante), Rain, consigliere degli affari interni.

- Rete di Sicurezza Edeniana

 

Abbreviato "R.S.E.", è di fatto il servizio segreto di Edenia. Operativo prevalentemente fuori da Edenia, su Outworld e sulla Terra, si tratta di una complessa rete di controspionaggio istituita originariamente da re Jerrod per contrastare le mosse di Shao Kahn e tenuta in piedi successivamente da Kitana nonostante il desiderio di sua madre Sindel di chiuderla, definendola "guerrafondaia" e preferendo investire le risorse del servizio altrove. Privata di gran parte delle risorse, il servizio è diventato una piccola rete di spie attiva su Outworld. Ferventi nazionalisti e pronti al sacrificio, i pochi membri della R.S.E. vengono selezionati accuratamente dalla Principessa e sottoposti ad addestramenti sovrumani: i pochi che riescono a finire l'addestramento diventano operativi a pieno titolo. La popolazione edeniana è coscente dell'esistenza di questo servizio nonostante ignori l'identità dei singoli membri - salvo quella della Principessa Kitana che è riconosciuta come leader del servizio.
- Struttura -
Direttore R.S.E.: a capo del servizio, a lui spetta la coordinazione di tutte le operazioni in cui l'R.S.E. è coinvolta. Decide personalmente, in base alle informazioni in suo possesso, quali sono le minaccie più concrete per Edenia ed organizza le contromosse architettando complicate e pericolose missioni per gli operativi. Questo ruolo era ricoperto un tempo dal re in persona, alla sua morte il comando è passato a Kitana, che detiene tutt'oggi tale carica.
Operativi R.S.E.: i pochi che riescono a passare le selezioni diventano operativi in qualità di spie, doppiogiochisti, agenti provocatori, assassini. Sono divisi in due sezioni, gli operativi esterni che agiscono dietro le linee nemiche (su Outworld) e gli operativi interni che curano la difesa locale cercando di prevenire infiltrazioni nemiche. Operativi di nota: Jade.

- Unione degli Idromanti

 

Un movimento politico e sociale che rappresenta gli interessi della minoranza degli Idromanti - la seconda razza di Edenia, umani dall'aspetto e simili agli edeniani, che nascono con il mistico potere di comandare l'acqua. In antichità i veri dominatori di Edenia, hanno ceduto il passo agli edeniani dopo secoli di guerra. Ad oggi sono perfettamente integrati con gli edeniani, sebbene ci sia ancora qualche piccolo screzio. Qualcuno di loro cova ancora il desiderio di dominare Edenia, e dall'altra parte c'è più di qualche edeniano che li considera una razza oramai da estinguere. Lo scopo ufficiale dell'Unione è appianare ogni attrito, cercando allo stesso tempo di difendere gli interessi degli Idromanti. La regina Sindel ha accolto la creazione dell'Unione con gioia, affidando addirittura un seggio del Circolo Interno al suo leader come segno di apertura e desiderio di integrazione.
- Struttura -
Voce dell'Unione: il fondatore del movimento, si occupa di tenere i rapporti con i politicanti di Edenia e di curare gli interessi degli Idromanti presso il Circolo Interno, di cui ha guadagnato il seggio. Si dice che questo fondatore sia di discendenza degli antichi reali Idromanti, e viene chiamato da più di qualcuno dei suoi "Principe". Si tratta di Rain, che attualmente riveste il ruolo di consigliere degli affari interni di Edenia.
Consiglieri dell'Unione: il circolo interno dell'Unione, formato dagli Idromanti più di spicco di Edenia. Assieme alla Voce, si occupano di definire le linee guida del movimento per l'integrazione degli Idromanti su Edenia.

 

MONDO: OUTWORLD
 

Dio Antico e Protettore: Shinnok, Dio della Notte (esiliato), Shao Kahn
Ordinamento politico: Tirannia.
Razze: Sub-Umani, Mutanti e Sub-Mutanti, Tarkata, Centauri, Shokan, Criomanti (estinti)
Organizzazioni di spicco:

- Impero

 

E' doveroso premettere che tutte le strutture di potere di Outworld fanno capo a Shao Kahn, un mondo rigidamente militarizzato con una struttura di tipo piramidale, ai cui vertici c'è l'Imperatore. Coloro che stanno sotto, sono semplici delegati di Shao Kahn, ed esercitano per suo conto esclusivo. Esistono svariati consiglieri che amministrano la politica e la finanza del paese, dando adito a fenomeni di corruzione dilagante. Essendo un mondo vastissimo, l'Imperatore ha creato vari feudi mettendovi a capo persone di fiducia, che hanno l'illusione di esercitare il potere sebbene non siano altro che marionette in sua mano. Alcune razze, come gli Shokan e i Centauri, hanno i loro personali domini con rispettivi leader - che tuttavia rispondono comunque all'Impero.
Coloro che detengono potere ma sono al di fuori di questa piramide sono quei pochi eletti che si sono guadagnati il rispetto dell'Imperatore per la loro forza o le loro abilità. Membri dell'Impero di nota: Shang Tsung (scomparso), Reptile.

- Esercito Imperiale

 

L'immenso esercito di Shao Kahn è composto da una varietà di razze e suddiviso in diverse divisioni, dalle truppe regolari formate per la maggior parte da Tarkata e mutanti, ai corpi d'elite fino al controspionaggio. La gerarchia è simile a quella della Terra, quindi è inutile stilare un organigramma. Ai soldati migliori vengono affidati ruoli di comando, special modo chi riesce a raggiungere la carica di generale. Soldati di nota: generale Reikocapotribù Tarkata Baraka.

- Ordine degli Angeli

 

Una setta di assassine, il cui accesso è garantito solo alle donne. Hanno una sorta di culto di Shao Kahn - che idolatrano come una divinità e verso cui giurano eterna fedeltà. Attualmente fungono da braccio sinistro dell'Imperatore, laddove al destro c'è l'enorme esercito, gli Angeli sono il maggior strumento di terrore di cui dispone il tiranno. Agiscono da sole o su chiamata dell'Imperatore stesso, come assassine, spie, torturatrici. La loro base è nel quartiere del mercato della Città Imperiale. Si dice rapiscano le neonate per farle crescere al loro monastero e successivamente sottoportle agli addestramenti e rituali dell'ordine che si avvicinano ad un lavaggio del cervello. Le poche sopravvissute possono dirsi Angeli a tutti gli effetti e cominciare il proprio servizio.
- Struttura -
Sacerdotessa: è la guida spirituale, morale e militare dell'ordine. Leader supremo, incute il rispetto tramite il terrore e gli Angeli non esitano ad immolare le proprie vite dietro suo ordine. Attualmente in carica, Mileena, considerato uno dei soggetti più pericolosi di tutto Outworld.
Angeli: coloro che sopravvivono alle tremende selezioni fanno parte effettiva dell'ordine in qualità di Angeli. Legate fra loro da rituali di sorellanza - si dice suggellati con la magia nera dell'Imperatore stesso - hanno in comune un integralismo fanatico per l'Imperatore e tutto ciò che egli rappresenta.

- Reame sotterraneo di Kuatan

 

Patria dei giganteschi Shokan a quattro braccia, questo reame sotterraneo è uno dei molti feudi di Outworld. Guerrieri nati, creature con il culto della guerra, l'onore e la forza, sono stati gli ultimi ad essere stati soggiogati da Shao Kahn. Re Gorbak, l'attuale monarca, ha preferito piegare il ginocchio piuttosto che vedere gli Shokan estinti. Nonostante la scelta impopolare, con gli anni gli Shokan hanno imparato a convivere con il tiranno - che astutamente è sempre riuscito a soddisfare il loro innato desiderio di battaglia. Gli Shokan si dividono in due specie, i Draco dalla schiena scagliosa come un drago e i Tigran, con la schiena tigrata. Questi ultimi sono una specie quasi estinta, ne rimangono pochi esemplari.
- Struttura -
Re di Kuatan: è il capo degli Shokan, eletto dopo aver sconfitto tutti i pretendenti in scontri all'ultimo sangue, secondo la tradizione. E' un guerriero dalla comprovata reputazione, ma anche con la giusta dose di saggezza - necessaria per guidare Kuatan. Attualmente il re è Gorbak (Draco). Membri della famiglia reale di nota: Principe Goro (Draco) detto "Principe del Dolore" (scomparso).
Campione di Kuatan: è il più forte guerriero della razza, titolo guadagnato sul campo. E' uno degli onori più grandi per uno Shokan, che ogni anno viene sfidato per il titolo. Il precedente Campione è stato Goro, mentre l'attuale è Kintaro (Tigran) detto "Tigre di Kuatan" o "Flagello di Outworld".
Guerrieri Shokan: posto e considerato che ogni Shokan nasce guerriero, i Guerrieri sono i soldati ufficialmente assegnati dal re per la sicurezza ed il pattugliamento dei confini di Kuatan. Alcuni fra loro vengono selezionati dall'Imperatore per militare fra i ranghi dell'Esercito Imperiale (con disappunto dei prescelti). Guerrieri Shokan noti: Sheeva (Draco).

- Tribù dei Centauri

 

I colossali Centauri sono creature sanguinarie e crudeli, similmente agli Shokan assetati di battaglia ma da un'indole decisamente più malevola. Nomadi, si spostano di zona in zona razziando ed uccidendo chiunque gli capiti a tiro. Data la loro indole, sono molto affini alla malvagità dell'Imperatore che li tiene in grande considerazione ed ha reclutato i più astuti di loro fra le sue fila. Squadre speciali di Centuari terrorizzano Outworld su comando dell'Imperatore, quando ha bisogno di mandare indimidazioni a qualche feudatario che si è spinto troppo oltre. Nemici naturali degli Shokan, si combattono dall'alba dei tempi. Centauri di nota: Motaro.

- Principato di Cryon

I Criomanti sono solo un lontano ricordo ormai, l'unica testimonianza della loro esistenza sono le rovine di Cryon, l'antica città di questa mistica razza che padroneggiava i poteri del ghiaccio. Estinti da Shao Kahn per ignoti motivi pare che qualcuno di loro si sia salvato sebbene la gloria dell'antica razza che un tempo proliferava su Outworld, sia ormai andata. 
Storicamente, erano governati da una monarchia facente capo ad un Principe. Criomanti di nota: Kura Neng, Principe Kuai Liang (apparentemente Sub-Zero).

 
† † † †

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Capitolo 12
*** [Kintaro] Damage Done ***


Damage Done.mp3 - Dark Tranquillity

Went inside the caves of seven wolves
Felt of the forces that lend themselves to speed
Those final words to fracture the very structure
Can't stand this glacial pace
The damage done




Kintaro
Outworld
Tomba delle Anime 
24 Dicembre 2011


Il gigante mulinò il suo enorme pugno, schiantando la testa cornuta dell'ennesima creatura che gli si era parata davanti, incassandogliela fra le spalle gibbose, mentre con l'altro braccio quasi staccava la testa dal corpo di un'altra 
creatura, provocandole un immondo spruzzo nerastro. Ai due caduti se ne sostituirono il doppio, sembravano provenire da ogni parte, come un'orda infinita.
Kintaro era nel suo habitat naturale: in mezzo alla battaglia, preda della ferocia primordiale insita nella sua razza, gli Shokan.
Avanzava lentamente in quella cresta rocciosa che si ergeva una distesa infinita di lava fumante - fra quelle orde demoniache che cercavano di assalirlo, pazze di rabbia e odio, fameliche. Passo dopo passo, verso la 
costruzione ricavata nella roccia poco più avanti, dall'aspetto cupo, circondata da un alone verdastro che emetteva una flebile luce.
Ruotando su sè stesso più volte, usando gli enormi pugni come autentici magli che distruggevano le creature come se fossero fatte di cristallo tanta era la sua forza - ebbro dell'esaltazione che gli dava la battaglia - era come una droga, più nemici arrivanano e più ne desiderava: ognuna delle sue quattro mani distruggeva, spappolava, massacrava senza pietà i demoni gibbosi dal corpo nerastro che risalivano dalla lava sottostante come un nugolo di insetti. Il suo ruggito ferale sovrastava la cacofonia di voci gutturali delle creature, ad ogni colpo, ad ogni morto. Metro dopo metro, il gigante si lasciava dietro una scia innumerevole di cadaveri che versavano a terra in posture innaturali, spezzati, o dai suoi terrificanti pugni o dalla sua stessa mole - quando caricava dei salti con le sue enormi gambe per ergersi sopra l'orda che l'attaccava e ricadere su di essa - sfruttando il peso dei suoi quasi ottocento chili di massa muscolare distribuiti su un corpo che svettava dai suoi tre metri di altezza.
Era inarrestabile, un autentico avatar della guerra incarnato.
Il suo corpo striato di nero nella parte posteriore presentava qualche ferita di artigliate e morsi - più di qualche creatura riusciva a colpirlo - ed erano colpi in grado di sventrare un comune uomo, ma la spessa pelle dello Shokan era 
quasi come una corazza e Kintaro non pareva risentirne minimamente.
Passo dopo passo, stava guadagnando l'entrata della costruzione dinnanzi a sè, prossimo al perimetro delineato dalla luminescenza verde, la strada sostazialmente spianata. Ad un passo dalla luminescenza verde fermò l'avanzata, continuando a far turbinare le enormi quattro braccia, non ancora saturo della battaglia, ruotando onde dare le spalle alla luminescenza che avvolgeva la costruzione  e ruggendo ferocemente verso le creature che continuavano a risalire sulla cresta rocciosa dove stazionava. Una figura lo oltrepassò rapidamente, entrando nella luminescenza. Un battito di ciglia, un baleno dai vaghi colori viola. Kintaro non ci prestò attenzione, ancora preda della battaglia, continuando a massacrare le orde di creature che lo assalivano senza sosta. Non desiderava essere da nessun'altra parte al mondo, voleva che quella battaglia durasse all'infinito, come d'altra parte gli succedeva ogni volta che cadeva preda del furore della guerra.
Rimase sul limitare della luminescenza - oltre cui le orride creature non sembravano spingersi - proseguendo la sua cruenta lotta, finchè un remoto dolore alla spalla destra lo interruppe, un colpo non previsto, una ferita che non poteva essere causata dall'orda demoniaca. Ruotò su sè stesso scrollandosi di dosso un paio di esseri che gli erano appiccicati, ruggendo furiosamente per entrare nella luminescenza - poco prima dell'arco di pietra che delimitava l'ingresso della costruzione - pronto a scagliarsi contro il suo attaccante, ancora accecato dal furore della battaglia. Un Sai - i pugnali usati nell'antico medioevo giapponese - spuntava dalla sua spalla destra. Il gigante levò l'enorme pugno pronto a calarlo verso la minuta figura dinnanzi a sè, che stazionava sull'ingresso della costruzione, senza metterla realmente a fuoco.

«Fermo! Sono io!»

La voce parve calmare la furia del gigante, facendo scemare tutta la rabbia battagliera e permettendogli di riacquisire il raziocinio. Il pugno pronto a calare si fermò, per poi mutare la sua traiettoria verso la spalla dove spuntava il Sai, 
afferrandolo - pareva quasi un giocattolo per bambini sulla sua enorme mano - gettandolo ai piedi della figura vestita di viola dinnanzi a sè. Un'occhiata disgustata, come la sensazione che provava ogni volta che la osservava. Quella era tutto ciò che di marcio c'era ad Outworld, una autentica rappresentazione del disonore e della dissolutezza. Mileena.
«Tieni le tue armi a posto Mileena, o la prossima volta non fermerò il mio pugno.» replicò Kintaro minacciosamente.
«Pare non ci sia altro modo quando sei in certe... Condizioni.» la replica della donna era piena di sarcasmo.
Kintaro era al limite della sopportazione: da quando l'Imperatore gli aveva affidato il compito di affiancarsi alla Sacerdotessa degli Angeli per trovare il Kamidogu di Outworld non era trascorso giorno che non desiderasse ucciderla, 
cancellare per sempre dalla faccia di Outworld un essere così meschino. Ma Mileena era furba, e non gli aveva mai dato nessun reale motivo per attaccarla - danzando sul filo del rasoio con sapienti provocazioni e fine sarcasmo, per ricordargli della loro missione ogni qual volta raggiungeva il limite. Non era nell'indole degli Shokan attaccare senza un buon motivo, e finchè lei non glielo avrebbe dato Kintaro era costretto dal suo stesso senso dell'onore a non farlo. 
La missione era un buon motivo, aveva dato la parola a Kahn che l'avrebbe portata a termine e - gli piacesse o meno - Mileena era fondamentale per questo.
Erano - a dir la verità - entrambi fondamentali per la missione.
Secondo Kahn il Kamidogu perduto di Outworld si trovava alla Tomba delle Anime, un luogo remoto di Outworld e disabitato. Esisteva un portale dimensionale al centro di esso, e pareva portasse direttamente all'Abisso - un mondo 
infernale ed inimmaginabile, patria dei morti e dei demoni Oni, con le loro bizzarre creature al seguito. Pareva anche che le creature infestassero il luogo, sia gli orrori tangibili e reali che li avevano attaccati durante il viaggio, sia le anime dei defunti che sfuggivano dall'Abisso per tormentare i vivi. Nemmeno Shao Kahn conosceva l'ubicazione esatta del Kamidogu, ma Mileena era in possesso di un particolare monile divinatorio (diceva di averlo rubato su Edenia) che era in grado di captare le energie mistiche che stonavano con il resto dell'infernale luogo. Banalmente, una sorta di radar per il Kamidogu che rilasciava un'essenza mistica neutrale rispetto alla negatività del luogo.
Almeno, secondo le supposizioni di Mileena.
Per utilizzare il monile la Sacerdotessa doveva mantenere la concentrazione, mentre qualcuno spianava la strada per lei... E nessuno su Outworld era più indicato se non il Campione di Kuatan.
Kintaro rimase ad osservare la donna - portava le vesti monastiche color viola che coprivano i seni e la zona inguinale - lasciando scoperto il resto. Il viso era celato come sempre da un velo dello stesso colore delle vesti. Occhi di un 
colore innaturale osservavano di rimando lo Shokan, irridendolo.
«Allora, quanto manca? Prima finiamo e prima posso tornare su Kuatan.» chiese spazientito Kintaro.
Mileena raccolse dapprima il suo Sai, infoderandolo nella custodia lombare dove giaceva anche il secondo, per poi sollevare l'altra mano che reggeva quello che pareva un comune pezzo di legno levigato, su cui erano incise delle rune 
a lui inintelliggibili.

«Vediamo un po'...»

"Un maledetto pezzo di legno, sarebbe questa la nostra guida?" penso furiosamente lo Shokan mentre attendeva in silenzio il responso di Mileena, concentrata sul monile. Ruotò il testone calvo verso l'esterno dell'arco in pietra dove 
stazionavano, oltre il velo di luminescenza verde. Nessun segno delle creature demoniache, era evidente che quella cosa verde, qualsiasi cosa fosse, le tenesse fuori. Era già la quarta di quelle costruzioni che setacciavano dall'ingresso alla Tomba, che si propagava come un labirinto composto da creste rocciose che si innalzavano da un mare di magma.

«Ci siamo. Questa dovrebbe essere la costruzione giusta. Dimmi, Tigre, vuoi sapere un segreto di questo posto?» 

Già era difficile dover anche solo ascoltare quella voce perennemente beffarda, inoltre Kintaro odiava quando lei la chiamava 'Tigre' a quel modo - lui si era guadagnato il soprannome di 'Tigre di Kuatan' per meriti dimostrati sul 
campo di battaglia, e la gente lo nominava con il dovuto rispetto. Mileena invece lo utilizzava per tormentarlo.

«Un altro dei tuoi giochetti e ti strappo la lingua.»
«C'è qualcosa seppellito qui. O per meglio dire qualcuno...»
«Dovrebbe interessarmi? Taglia corto!»
Kintaro osservò trucemente la Sacerdotessa, la quale ruotò lievemente il capo verso destra, emettendo un risolino divertito, palesemente sarcastico. Sembrava amasse farlo infuriare, e la cosa che lo irritava maggiormente era che non 
pareva assolutamente intimorita da lui.
«Vedi, in qualità di... Consigliere... Molto intima... del nostro amato Imperatore... Conosco molte cose che non sono di dominio pubblico. Molti segreti.»
«Ti ho detto di tagliare corto.» ringhiò Kintaro.

«Cosa ricordi di Shang Tsung?»

La domanda spiazzò il gigante. La sua attenzione aumentò, perchè per una volta Mileena non pareva in vena di uno dei suoi soliti giochetti. Chiunque su Outworld - dal più grande condottiero al più basso dei miserabili - sapeva chi era Shang Tsung, lo stregone. Un uomo alle apparenze, con una conoscenza tale della magia nera da rivaleggiare con l'Imperatore stesso - da cui si vociferava ne avesse appreso le arti - per centinaia d'anni il fidato consigliere di Shao Kahn e secondo in comando nell'Impero. Un uomo potente, forse il più potente su Outworld dopo l'Imperatore stesso e temuto tale e quale. Nessuno mai aveva osato sfidare la sua autorità o dubitare dei suoi poteri - e coloro che l'avevano fatto erano finiti male. Lo stesso Goro - grande eroe Shokan - si era messo al suo servizio, riconoscendone la superiorità. Kintaro non aveva mai avuto nulla a che fare con lo stregone e lo conosceva solo di fama.

«...Che è sparito dopo il Grande Torneo, si dice sconfitto dal campione di Raiden, Liu Kang. Per quanto ne so potrebbe averlo ucciso.»
«Ucciso? Shang Tsung era fin troppo potente per essere ucciso da quel terrestre, non credi?»
«Liu Kang era un abile guerriero.»
"Ha persino sconfitto Goro... Come vorrei potermi battere con lui!"
«Non avrebbe avuto speranze contro lo stregone, ma quale che sia la ragione per cui Tsung tornò ad Outworld sconfitto non mi è dato saperlo. Si presentò a cospetto dell'Imperatore il quale... Non so quale destino gli abbia riservato, ma so che lui è confinato qui, in questo posto.»
Kintaro rimase meditabondo per alcuni attimi prima di rispondere.
«Perchè ho la sensazione che Kahn non ci abbia detto tutto? Se Tsung è qui, immagino che il Kamidogu sia in sua mano.»
«Ti preoccupi, Tigre? Il potente Shao Kahn avrà previsto tutto.»
L'esaltazione e la fede incrollabile nell'Imperatore erano palesi nella risposta di Mileena, ma Kintaro non era dello stesso avviso. Senza rispondere s'incamminò, facendo rimbombare la roccia nuda ad ogni suo passo mentre seguiva Mileena che contrariamente non produceva alcun rumore. I due s'infilarono in una serie di budelli rocciosi illuminati scarsamente da scie di luminescenza verde - pareva serpeggiasse per l'intera costruzione ricavata nella roccia - camminando in silenzio finchè una corrente di aria calda non li investì e la luminescenza verde aumentò d'intensità mentre il cunicolo che stavano percorrendo si apriva gradualmente per aprirsi su una grande sala scavata grezzamente sulla roccia nera, con un vortice verde da cui saettavano le luminescenze come tentacoli su ogni cunicolo che si diramava da lì. 
Kintaro osservò attentamente il luogo: la grande spirale verde, come un tornado, si sollevava dal centro della stanza per ergersi verso l'alto dove usciva da una grande apertura sul soffitto che dava sull'esterno, per immergersi nei cieli neri. Aguzzando la vista vide che al centro della stanza - da dove si sollevava la spirale verde - era posto una sorta di altare sopra cui, distesa, s'intravedeva la sagoma di un uomo.

«E' lui.» la voce di Mileena era calma.
«Quel vortice...»
«Ti intimorisce? Non ho certo paura di...»
«Fatti da parte.»

Kintaro, inferocito, oltrepassò a grandi falcate Mileena - senza vedere il sorriso soddisfatto dietro il velo di lei. Qualsiasi cosa fosse, non aveva timore di affrontarlo. Più si avvicinava all'altare, più avvertiva caldo come se stesse per entrare dentro una fornace. Sentiva inoltre la testa stranamente leggera e delle... Voci, come delle remote eco che risuonavano nel suo orecchio. Una sensazione opprimente colse il colosso Shokan, che tuttavia non esitò ad entrare nel vortice verde, che amplificò quelle voci.
Come se le anime dei morti vorticassero, gridando all'unisono.
La figura distesa sull'altare pareva immersa in un sonno infinito, come morta, sebbene Kintaro avesse la sensazione che non lo fosse. Le mani erano congiunte sopra qualcosa. Lo Shokan dovette appellarsi a tutta la sua forza di volontà per non perdersi in quel turbine di anime che minacciavano di portare via la sua con loro, scostando le dita della figura per rivelare un globo nero, di un materiale sconociuto e translucido, dentro cui vorticava placidamente una luminescenza scarlatta.
"Dev'essere il Kamidogu..."

La mente oramai riusciva a formulare pensieri sempre meno razionali mentre la sua coscienza veniva lentamente portata via dal tornado di anime, ma ebbe la forza necessaria per raccogliere il globo - come una biglia nella sua gigantesca mano - muovendo un passo indietro per uscire dal vortice quando... Vide gli occhi della figura aprirsi improvvisamente, e con essi la bocca, come se stesse urlando. La terra cominciò a tremare, il rombo inconfondibile di un terremoto riempì la grande sala il cui soffitto cominciò a crollare, facendo rovinare i grossi massi sul pavimento grezzo mentre la terra si apriva laddove l'altare si stagliava, inghiottendolo e con esso la figura distesa. Lo Shokan riuscì ad arretrare quel tanto da uscire dal cono vorticante e la sua malefica influenza che lo stava lentamente annientando. Crollò su un ginocchio, sentendosi spossato come non mai nella sua vita lunga, curvando in avanti la schiena e posando a terra tutte e quattro le mani per sostenersi, il globo nero che rotolò via, fra le crepe che si stavano aprendo ovunque e i massi che crollavano su tutta la sala.
«Harrh... Prendilo..!» ruggì Kintaro sollevando il capo verso Mileena. Il Kamidogu era rotolato verso di lei, fortuitamente, la quale si chinò per raccoglierlo.
Con il rombo del terremoto di sottofondo, lo Shokan recuperò le forze velocemente, per rialzarsi e correre via, verso in cunicolo da dove erano arrivati. L'intera struttura stava crollando, e doveva mettersi in salvo. Mileena era già sparita, probabilmente più avanti rispetto a lui. Ma non l'avrebbe lasciato indietro, perchè le serviva la sua forza per combattere le orde di creature all'esterno della Tomba.

"Adesso... Potrei levarmi la soddisfazione di strapparle la testa dal collo."


 


 
 
† † † †


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Capitolo 13
*** [Sub-Zero] In Waves ***


In Waves.mp3 - Trivium

Perpetually
Perpetually we're igniting in waves
Incessantly
Incessantly we're sinking in flames


 

Il rumore dei colpi rieccheggiava fra i mastodontici tronchi della Foresta Vivente, unendosi ai lamenti e cupi borbottii delle sequoie senzienti - sui cui tronchi erano incisi volti dai tratti demoniaci, provvisti di fauci che si aprivano e richiudevano, insistentemente, fameliche.
Le due figure si muovevano troppo velocemente per essere notate dall'occhio umano, inseguendosi fra quei cupi tronchi e scambiandosi tremendi colpi. Fuoco e fiamme ne seguivano la scia, uno spettacolo infernale che lasciava presagire che - chiunque fossero quei due - erano ben lungi dall'essere umani.

«SUB-ZERO! Questa volta MORIRAI!»

La voce inumana, quasi gutturale, irrideva il Lin Kuei mentre giaceva ai piedi di una delle sequoie, a seguito di un brutale calcio allo sterno.
Ansimante, Sub-Zero alzo' lo sguardo sul suo avversario.
Per quanto forte ed addestrato, non c'era nulla da fare.
Era troppo potente, perfino per lui.

«Guardami negli occhi, vigliacco assassino! Osserva il volto della vendetta, disperati nei tuoi ultimi istanti! L'Abisso ti attende.»

La ferocia vibrava nella voce del suo avversario che incombeva su di lui, in piedi. Un rivolo di sangue scendeva dalla maschera azzurra del Lin Kuei mentre - con la vista che cominciava a sfocarsi - osservava il suo carnefice.

Portava vesti gialle e nere, che richiamavano in qualche modo i tradizionali abiti ninja del Giappone feudale, ma erano arricchite di teschi e punte - come se quei tessuti avessero, in qualche modo, subito una cupa trasformazione.
Il viso coperto dalla maschera gialla lasciava vedere solo gli occhi - socchiusi in un moto di rabbia - e in quegli occhi non c'era la benche' minima traccia di umanita': bianchi, completamente bianchi. Specchio del vuoto, l'assenza di vita.

«Scorpion...» inizio' Sub-Zero, interrotto da un colpo di tosse.
«TACI! Non ascoltero' le tue suppliche, assassino.»

Non c'era proprio nulla da fare, sembrava arrivata la sua ora. Fieramente, il Lin Kuei si erse sulla schiena andandola a posare sul tronco della sequoia. Se doveva morire, avrebbe guardato la morte in faccia. I suoi occhi azzurri erano fissi sul suo avversario.

Scorpion.
Un tempo, era un uomo che rispondeva al nome di Hanzo Hasashi e faceva parte di un clan rivale dei Lin Kuei, lo Shirai Ryu.
Ora, era un'entita' spettrale che esisteva per un solo scopo: la vendetta.

«Non ho idea di come tu sia sfuggito alla morte, ero sicuro di averti trascinato nell'Abisso l'ultima volta... Ma non ha importanza!»

Una vampata di fuoco avvolse la mano guantata di giallo dello spettro, mentre la sollavava chiusa a pungo, in un gesto irato.

«Qualsiasi cosa tu abbia fatto per evitare la giusta punizione non e' servita a nulla, Sub-Zero... Perche' io posso darti la caccia per sempre, fino alla fine dei tempi, fino ai meandri piu' profondi dell'inferno!»
«Ascoltami...»
«Le parole non ti salveranno. Hai gia' dimenticato quello che hai fatto? Hai dimenticato che il demone che hai davanti e' una diretta conseguenza delle tue scellerate azioni? ASSASSINO!»

L'accusa rieccheggio' per la foresta accompagnata da un violento calcio frontale diretto allo stomaco del Lin Kuei, lasciandolo senza fiato.

«Hai dimenticato il viso di mia moglie, che hai ucciso? E dei miei figli? Li hai macellati come bestie!»

Sub-Zero, accasciato ora su un fianco con il respiro pesante, avrebbe voluto rispondere, ma il dolore causato dai colpi dello spettro era troppo.
Avrebbe voluto rispondere che lui non c'entrava niente, molto banalmente.
Avrebbe voluto dirgli che nonostante lui l'avesse ucciso in uno scontro leale, non era responsabile del massacro della sua famiglia.
Avrebbe voluto dirgli la verita', ma non che servisse ormai.
La fine era giunta.

«Possa la tua anima bruciare all'inferno...!»

Il Lin Kuei senti' distintamente il rumore metallico di una catena - era l'arma preferita di Scorpion - una lunga catena con una punta di lancia attaccata all'estremita'. Un'arma mortale nelle sue mani, ne aveva saggiato gli effetti parecchie volte.

«MUORI!»

Sub-Zero giaceva ad occhi chiusi, pronto per il colpo di grazia, quando un boato esplose per la foresta.
Il rumore di un tuono, ma amplificato a tal punto da far tremare l'intera foresta. Un crepitio segui', e la vista del Lin Kuei agonizzante colse indistintamente una forte luce bianca, dai riflessi azzurri, provenire poco distante.

«Ferma la tua mano, spettro.»

Una voce carica di potenza, che aleggiava per la foresta trasportando una tale carica autoritaria che perfino le demoniache sequoie cessarono il loro eterno lamento famelico.
Silenzio, che pareva durare un'eternita'.

«Cosa...?»

Sub-Zero capto' la voce gutturale di Scorpion, colma di sorpresa.

«Stai commettendo un errore, spettro. E non posso lasciartelo fare.»

Quella voce carica di autorita' era familiare al Lin Kuei, l'aveva sentita parecchie volte seppure mai cosi' carica di potere.
Era la voce di un Dio.
La luce accecante che divampava a pochi passi da loro prese lentamente forma, la vista annebbiata di Sub-Zero ne colse indistintamente la sagoma: una figura umana, molto alta e di corporatura possente, portava ricche vesti bianche e azzurre - ed un largo cappello circolare che ne adombrava i lineamenti del viso.
Il Dio del Tuono, Raiden.

«Non impicciarti, Dio del Tuono.»

«Non e' mia abitudine farlo, spettro, ma quel giovane non puo' morire oggi.»

Raiden era venuto a salvarlo? Raiden in persona?
Gorgogliando con la bocca impastata di sangue, il Lin Kuei cerco' di sollevarsi nuovamente sulla schiena, per meglio seguire la vicenda.

«Mi credi sciocco, Raiden? So bene che stai raccimolando i tuoi lottatoti per la tua guerra... Ma di te, di Kahn e della vostra guerra fra mondi non ho alcun interesse. L'unica cosa che m'interessa e' vendicarmi!»

La voce inumana dello spettro era carica di ferocia, ma non sembrava tangere minimamente la divinita' incarnata che aveva dinnanzi.

«Anche se ti dicessi che non e' quello l'uomo che ha ucciso la tua famiglia?»

«Menzogne! Il tuo soldatino morira' oggi stesso... Non provare a fermarmi Raiden: sappiamo entrambi che il tuo potere non ha effetti su di me.»

Sub-Zero non aveva mai sentito nessuno rivolgersi cosi' al Dio del Tuono. Probabilmente nessuno era mai sopravissuto abbastanza per raccontarlo...

«Hai ragione Scorpion, non ho il potere di fermarti... Ma ho il potere di farti aprire gli occhi.»

Sub-Zero capto' una seconda luce accecante - provenire dalla grande figura di Raiden - che in un batter d'occhio avvilupo' interamente la figura di Scorpion, ingoiando le fiamme infernali emesse dallo spettro in reazione, facendolo sparire dalla realta' per alcuni attimi.
Un grido bestiale rieccheggio' per la foresta, carico di rabbia e disperazione.
Sub-Zero non riusciva a capire cosa fosse successo, il dolore ancora troppo forte per permettergli di ragionare razionalmente e la vista ancora annebbiata.
Si senti' afferrare per il collo, un tocco rovente, la vicinanza con lo spettro gli infondeva sensazioni di sgomento e calore. 
L'aveva sollevato in modo che vedesse il suo viso mascherato, direttamente in quegli occhi vuoti, privi di anima.

«Dev'essere il tuo giorno fortunato, Lin Kuei.»

Di Raiden nessuna traccia. I suoi occhi azzurri lo cercarono oltre la macabra figura giallo-nera che incombeva su di lui, ma nulla. Anche quell'aura di potere e autorita' era sparita.

«Il tuo Dio del Tuono mi ha fatto vedere la verita'... La mia vendetta si abbattera' sul vero responsabile.»

La rabbia era palese nella sua voce gutturale, e la stretta al collo si fece piu' forte, quasi volesse strangolarlo.

«Non aspettarti delle scuse da me. Ma sappi che non dimentichero' di averti dato la caccia e tormentato per anni... E che ora ho un debito nei tuoi confronti.»

Sub-Zero cerco' di mugugnare qualcosa in risposta, ma ne uscirono solo suoni sconnessi.

«Un favore, Sub-Zero. Ti concedo un favore per saldare questo debito. A te decidere come, e quando.»

La presa sul collo si apri', e Sub-Zero cadde al suolo, senza forze.
Un turbine di fiamme, poi si fece tutto nero.

 


Sub-Zero
Outworld
Tomba delle Anime
25 Dicembre 2012


Il Gran Maestro dei Lin Kuei si sveglio' di soprassalto.
Quel maledetto incubo lo tormentava da anni ormai, segno che la vicinanza con Scorpion non era mai stata del tutto guarita.
Usci' dalla piccola grotta dove aveva trovato riparo per la notte - in uno dei sentieri che provenivano dalle grandi catene montuose di Outworld - dove giacevano le rovine di Cryon che aveva abbandonato frettolosamente.
Era in marcia da qualche settimana ormai, conosceva abbastanza bene la geografia di Outworld per sapersi orientare senza mappe, ed il luogo di destinazione non era dei migliori, senza menzionare il motivo per cui era diretto li', ancora peggiore.

"Devo evocarlo."

Raccolse il fagotto ricavato da delle stoffe, che conteneva la sua divisa da Gran Maestro Lin Kuei, e si mise in marcia. Aveva optato per la furtivita' e l'anonimato, vestendo come un comune viandante di Outworld, le vesti rubate in uno dei tanti villaggi dispersi che incontro' nel suo cammino.
Fuori dalla grotta, una rapida occhiata verso oriente, dove all'orizzonte erano visibili i pinnacoli dei monti che ospitavano Cryon.
Il vecchio Kura Neng e le sue parole... 
Ma non aveva tempo per pensarci ora, doveva raggiungere la Tomba delle Anime il prima possibile.
La' ci sarebbero state le condizioni ideali per evocare lo spettro... E farsi saldare il debito.

"Spero sia di parola." Riflette'.

La sua discepola, che credeva defunta, pareva viva e vegeta e lui aveva assoluto bisogno di trovarla, prima che la trovasse qualcun'altro.
Vicino oramai ai confini che delimitavano la regione di Outworld che veniva chiamata Tomba delle Anime, percepi' l'aria farsi piu' rarefatta ed un senso di opprimenza che lo attanagliava al petto.

"Questo non e' un posto per i vivi..."

Il cielo pumbleo aveva un bizzarro colorito viola, come se il sudario sottile che divideva il mondo delle anime da quello dei vivi fosse cosi' sottile li' da influenzare il mondo reale ed alterarne i connotati. Odore di zolfo e una calura asfissiante aleggiavano mentre il panorama da desertico muto' in vulcanico, con strati di magma solidificato che si estedevano in maniera irregolare sul terreno, come cancri nella terra. Sovente crepe nella roccia lavica rivelavano torrenti di fumante magma incandescente che spruzzavano volute di lava verso l'esterno.
In quel simulacro infernale, si ergevano delle torri nere collegate fra loro da dei pontili stretti, dove si diceva che i Monaci dell'Ombra di Shao Kahn praticassero i loro riti occulti di necromanzia.
La Tomba delle Anime.

Non aveva realmente idea di come fare per evocarlo, ma era abbastanza sicuro che se ci fosse stato un luogo ideale, quello era la Tomba delle Anime.
Il Gran Maestro s'incammino' verso una delle rampe che conducevano all'ingresso della prima torre, con circospezione, mentre l'irragionevole ansia aumentava. Era al confine con il mondo dei morti e lui, essendo vivo e vegeto, non doveva essere li'.
Aumento' l'andatura, quando percepi' dei gorgoglii sinistri alle sue spalle: voltandosi, vide delle sagome deformi, composte da quella che pareva ombra solida, inerpicarsi per i bordi della rampa e strisciare verso di lui. Anime dei morti, o creature forse ancora peggiori, pronte a portarlo nell'Abisso con loro.
Sub-Zero era pronto a combattere, richiamando il Kori a se'. Il mistico potere di creare e comandare il ghiaccio avvilupo' le sue braccia, donandogli un colorito diafano ed anche i suoi occhi si tinsero di un azzurro tendente al bianco, mentre si apprestava a rilasciare una voluta di cristalli ghiacciati verso le prime creature che gli si lanciarono addosso.

Le ombre deformi non erano avversari alla sua altezza, ma il problema era il numero: piu' ne abbatteva e piu' ne emergevano, pronti ad attaccarlo. Non sembravano conoscere la paura, lanciandosi in massa in attacchi suicidi contro il suo Kori - che prontamente le assiderava e quindi mandava in pezzi.

Presto, tuttavia, sarebbe stato sopraffatto.


«Maledizione...! Scorpion!»

L'urlo del Gran Maestro era quasi disperato, era difficile accettare di aver fatto tutta quella strada per poi venire abbattuto da quell'orda di anime fameliche.
Ferito, ma ancora combattente, Sub-Zero colpiva con letale precisione - portando colpi rapidissimi che finivano le creature assiderate mandandole in mille pezzi, ma il loro numero continuava ad aumentare, e lui era indietreggiato a tal punto da avere il portone della torre - chiuso - alle spalle. Niente via di uscita.

Poi, come se il destino fosse stato benevolo con lui, una formazione di fiamme divampo' ai piedi della rampa, dal nulla. Semoventi, si avvicinavano lentamente ai piedi della torre, dove stava lottando con tutte le sue forze contro l'orda.


«Sub-Zero.»

La voce gutturale, inconfondibile, provoco' il panico fra le fila dell'orda di anime nere. Il turbine di fiamme che pian piano si avvicinava al Gran Maestro apri' un varco fra loro - che si gettarono oltre la rampa piuttosto che affrontare l'entita', come se si fossero rese conto che un predatore molto piu' grosso era appena sceso in campo.
Quell'entita' fatta di fiamme non era una comune anima sfuggita al mondo dei morti. Era un'incognita, un'anomalia dell'ordine naturale delle cose, qualcosa che sfuggiva persino alla comprensione degli Dei Antichi stessi e - di conseguenza - non era affetto da nessuna delle loro universali leggi.
Con le ultime forze rimaste, Sub-Zero distrusse gli ultimi nemici - per poi adagiare schiena sul portone della torre ad affrontare la fiamma semovente. La sensazione di calore e sgomento era inconfondibile, la stessa provata nella Foresta Vivente molti anni prima...

Le fiamme, lentamente, presero forma: una grande figura dalle vesti antiche, dai colori gialli e neri, quella maschera a celare il viso e quegli occhi bianchi, privi di vita, fissi sul Gran Maestro dei Lin Kuei che parevano poterlo sondare oltre le vesti e la carne, fino all'anima stessa.


«Scorpion...»

Ansante, Sub-Zero levo' una mano quasi a difesa, verso lo spettro.

«E' ora di saldare il tuo debito.» aggiunse.

«Ti leggo nell'anima, Sub-Zero. Vuoi che trovi tua...»
 
† † † †

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Capitolo 14
*** [Kitana] 5 Minutes Alone ***


5 Minutes Alone.mp3 - Pantera

You've waged a war of nerves
But you can't crush the kingdom
Can't be what your idols are.
Can't leave the scar.
You cry for compensation.
I ask you please just give us...

5 minutes alone

 

 

Kitana
Outworld
Palazzo Imperiale
25 Dicembre 2011

Kitana sedeva sul parapetto del terrazzino che dava sulla Citta' Imperiale, in una delle innumerevoli stanze ricavate fra le piu' alte guglie del cupo Palazzo Imperiale. Il suo sguardo meditabondo era rivolto verso un punto indefinito della capitale, mentre un alito di vento caldo increspava I lunghi capelli corvini.

Da li' si godeva una vista mozziafiato, sebbene avesse una costante sensazione di disagio nell'osservare la caotica conformita' della capitale, e le innumerevoli persone che da quell'altezza le davano l'idea di guardare un gigantesco formicaio. Il vacuo riflesso viola nei cieli publei – il crepuscolo era passato da poco – non migliorava affatto quel senso di ansia che quel luogo corrotto trasmetteva.

“Il cuore del potere di Shao Khan.” Riflette', mentre faceva vagare lo sguardo da un punto all'altro della citta'.

Era arrivata nella Citta' Imperiale due giorni fa, scortata dai soldati imperiali, una carrozza tutta per lei direttamente dalle Wasteland. Reiko era stato di parola, non le era stato torto un capello e le erano stati riservati tutti gli onori derivati dal suo rango di Principessa di Edenia. Al suo arrivo fu fatta accomodare nella lussuosa stanza dove attendeva da oramai due giorni, in cui pote' lavarsi e rimettersi in sesto dopo i molti mesi trascorsi su Outworld alla stregua di una selvaggia.

“Chissa' cos'ha in mente Khan...”

Nonostante il servizio regale – non le fu fatto mancare nulla – era prigioniera e non poteva uscire dalla stanza piantonata dalle guardie imperiali. Poteva sopraffarle se avesse voluto, ma era giunta fin li' e tanto valeva vedere cosa avesse in serbo l'Imperatore per lei.

“Scappare non servirebbe… Ho passato due anni su Outworld per potermi avvicinare a Khan, questa e' la mia occasione.”

Kitana era risoluta, nonostante sapesse con chi aveva a che fare, non era per nulla intimorita.

“Non mi vuole morta, altrimenti lo sarei gia'. Avro' la possibilita' di studiarlo da vicino… E capire dove, come e quando colpire.”

Mentre covava I suoi pensieri, uno squillo di trombe proveniente dai cancelli della capitale la ridesto'. Aveva raccolto abbastanza informazioni sulle usanze di Outworld durante I suoi anni come Direttore della Rete di Sicurezza Edeniana per sapere che lo squillo di trombe preannunciava il ritorno di qualcuno rinomato.
Aguzzo' la vista verso la porzione nord della citta', ma non riusci' a cogliere nessun dettaglio da quella distanza.
Stava ancora cercando di capire qualcosa, quando un vigoroso bussare alla porta della sua stanza le fece voltare lo sguardo verso l'ingresso, oltre le vetrate che separavano il salotto dal terrazzo.
Una guardia imperiale, con quel suo bizzarro elmo chiuso triangolare, fece il suo ingresso nella stanza.

«L'Imperatore desidera vederti, Principessa!»

Un tuffo al cuore. Il momento era arrivato… Finalmente.

«Sua Maesta' accetta queste vesti o debbo cambiarmi d'abito?»

C'era una vena di scherno nella sua voce, ma non credeva che la guardia avesse colto. Non che vestisse male, la servitu' le aveva fornito delle pregiate vesti in seta bianca che lasciavano scoperte le gambe e braccia, mentre ai piedi calzava dei sandali raffinati.

«No Principessa, non ho ricevuto alcuna istruzione in merito.»

«Fai strada.»

Segui' la guardia fuori dalla stanza, percorrendo un corridoio che terminava con delle scale a chiocciola. Molte, innumerevoli scale, una spirale lunghissima che trapassava gran parte del Palazzo, aprendosi su ogni piano, ma senza offrire a Kitana particolari degni di nota.
Dopo una lunga camminata, la guardia svolto' verso una delle porzioni piu' grandi alla base del Palazzo, dove era edificata la Sala Imperiale con il trono dell'Imperatore stesso. Una sala talmente grande e dal soffitto talmente alto da far sentire Kitana minuscola, le pareti andavano cosi' lontane da perdersi nell'oscurita'. Enormi bracieri divampavano ai lati della sala, costellati a loro volta da enormi colonne di marmo nero.

Kitana osservava con un misto fra ammirazione ed ansia, ci voleva l'opera di un Dio per edificare una mostruosita' del genere.

La guardia si fermo', voltandosi a mezzo busto per indicare a Kitana davanti a se': ad una cinquantina di metri circa, un enorme piedistallo ospitava il magnifico trono nero dell'Imperatore. Gli occhi scuri della Principessa erano fissi sul grande sedile vuoto, mentre la guardia si defilava senza una parola.

“Calma...”

Si disse, allertando tutti I sensi.

«Benvenuta, Principessa.»

Una voce baritonale, profonda ed ammaliante, provenne dal suo fianco.
Kitana ruoto' il busto in sua direzione, inebetita.

“Quando...”

Era difficile formulare pensieri razionali, o trovare una spiegazione del perche' un attimo prima c'era il vuoto, e l'attimo dopo lui, li', al suo fianco.
Kitana osservo' la possente figura dell'Imperatore, che stazionava al suo fianco immobile, con lo sguardo rivolto verso il suo trono. L'aveva gia' visto in passato, ma mai cosi' da vicino e mai in situazioni cosi'… Pacifiche. Era alto piu' di due metri e mezzo, dal corpo scolpito e possente quasi come quello di uno Shokan, la sua pelle era bronzea, ed il viso – privo del suo notorio elmo a teschio – presentava lineamenti duri, squadrati, con degli occhi completamente rossi e delle escrescenze carnose che si inerpicavano sulla fronte e presentavano dei piccoli artigli sulle sommita' – tratti decisamente demoniaci. Sulle labbra era dipinto un lieve sorriso compiaciuto.
Kitana lo studio' a lungo, riprendendosi da quell'attimo di shock. Aveva sentito che la sua vicinanza atterriva la gente, ma stranamente non avvertiva ansia di sorta. L'Imperatore era avvolto da un'aura di quiete che – se Kitana non avesse saputo chi fosse – poteva quasi sembrare inoffensivo nonostante la mole e l'aspetto.

«Shao Khan. Finalmente ci incontriamo.» si sforzo' di sembrare risoluta, mentre l'Imperatore continuava a scrutare verso il trono, impertubabile.

«Finalmente.» Ripete' Khan, per poi ruotare lentamente il capo in direzione dell'edeniana, fissando I due occhi scarlatti su di lei. Quel vacuo sorriso compiaciuto ancora sulle sue labbra.

«Aspettavo da tempo di incontrarti in simili circostanze, Principessa.»

“Da prigioniera?”

«Fortuna che il tuo buon Generale mi ha intercettato nelle Wasteland.»

«Ah, Reiko. Ottimo soldato. Un altro probabilmente mi avrebbe portato la tua testa per compiacermi, al suo posto…»

«Ed immagino saresti stato compiaciuto, Imperatore?» lieve sarcasmo nella voce di Kitana.

«Affatto. Siamo nemici solo per una serie di sfortunate circostanze.»

“Sfortunate circostanze. Millenni di massacri…” riflette' Kitana con una punta di rabbia, mantenendo lo sguardo sulla poderosa figura ammantata di rosso.

«Ma capisco la tua diffidenza.»

Shao Khan s'incammino' lentamente in direzione del trono.

«So bene come mi chiamate, ad Edenia» prosegui', mentre Kitana lo seguiva con lo sguardo, fissando gli occhi sulla sua ampia schiena che ora le veniva offerta, un bersaglio cosi' facile, se solo avesse avuto I suoi Tessen… Lo segui', ad un paio di passi di distanza, in silenzio.

«Il tiranno, il conquistatore… Ed altri epiteti di cui andare meno orgoglioso. Ma dimmi, Principessa, c'e' mai stata ambizione che non fosse costruita sul sangue?»

Gli orli del mantello rosso scuro di Shao Khan si increspavano appena ad ogni passo, finche' la grande figura raggiunse il trono e vi prese posto, portando le grandi mani sui braccioli e le coscie leggermente divaricate, la schiena eretta. Lo sguardo scarlatto rivolto sulla edeniana – che si era fermata a cospetto del trono.

«Della tua ambizione sono ben cosciente, Imperatore.»

Una lieve risata sommessa provenne dal trono nero.

«Tu piu' di tutti dovresti capire, Principessa. Ma non eri ancora nata quando gli Idromanti di Edenia vennero 'deposti' dai vostri avi, quindi immagino che il tuo cieco fanatismo nella battaglia contro di me sia giustificato.»

“Gli Idromanti?”

«La famiglia da cui discenti non e' certo estranea ai miei stessi mezzi, ma questa e' una storia che presumo Sindel non ti abbia mai raccontato.»

C'era vago divertimento nella voce di Shao Khan, Kitana dovette mordersi la lingua per non chiedergli di proseguire, combattuta fra la curiosita' e la diffidenza: voleva saperne di piu', sua madre non era mai stata prolissa in merito e la questione degli Idromanti era sempre stata avvolta nel mistero, come se qualcuno avesse interesse a nascondere la verita'.

«Non vedo perche' dovrei crederti, Imperatore.» replico' piccata, incrociando le braccia sotto I seni.

«Gli Idromanti furono barbaramente massacrati, erano un ostacolo al potere assoluto, per I tuoi avi l'unica soluzione era lo sterminio. I pochi che rimangono oggi nemmeno ricordano piu' le loro origini, o del motivo per cui sono considerati cittadini di seconda classe nella vostra, perfetta Edenia.»

«Non.. Capisco dove vuoi arrivare.» lieve esitazione nella voce della Principessa. Khan aveva dato voce ad un pensiero che spesso, durante la sua esistenza, l'aveva carezzata.

«Che sono odiato e temuto, ma non sono diverso da chi comanda sulla Terra, o su Edenia. Ma al contrario di tua madre, o dei politicanti terrestri...» Si sporse leggermente in avanti sul trono, verso Kitana «...Non ho bisogno di nascondere la mia natura.»

Kitana ascoltava in silenzio, in un misto fra disgusto e ammirazione.

«Non ho bisogno di creare nessuna illusione di pace ed armonia, qui ad Outworld vige la legge dei valorosi e dei forti. L'ordine naturale delle cose. Quante volte Sindel ti ha messo I bastoni fra le ruote, quante volte sei stata costretta a rivedere I tuoi piani, perche' considerati troppo estremi? Avresti potuto rendermi la vita molto piu' difficile, ma sei sempre stata trattenuta. Dico bene?»

Shao Khan aveva colpito nel segno, perche' era vero che Sindel spesso si era opposta al suo desiderio di colpire il nemico invece di attendere. Qualcosa che aveva creato parecchio malcontento in Kitana nei confronti della madre.

«Faccio quello che posso. Dobbiamo tutti sottostare a delle regole.» fu l'unica risposta in grado di dare.

«Non quando queste regole ti fanno distanziare dal tuo obiettivo. Se fossi stata al mio servizio, non avresti avuto freno alcuno.»

«Mi stai davvero proponendo quello che penso? Io non tradiro' mai Edenia.» Kitana sentiva la rabbia montarle, non poteva dimenticare la sofferenza che Khan le aveva causato, ed il vago sorriso divertito perennemente dipinto sulle sue labbra la innervosivano.

«Hai ucciso mio padre, hai ucciso… Liu Kang.» fece sciogliere le braccia da sotto I seni per portarle lungo I fianchi, le mani strette in una morsa rabbiosa.

«Ogni guerra miete le sue vittime, Principessa, e questo tu lo sai bene.»

Kitana riusci' a ricacciare indietro la rabbia, rilassandosi. Con un profondo sospiro, torno' ad affrontare Shao Khan.

«Ti chiedo solamente di riflettere. Sarai ospite della Citta' Imperiale per il tempo che vorrai, e potrai muoverti liberamente.»

La sua voce baritonale rieccheggiava ancora per la gigantesca sala imperiale, mentre, sollevando lentamente il palmo della mano verso l'altro, fece fluttuare un paio di oggetti metallici verso Kitana – che si avvicinarono placidamente fino a deporsi nella sua mano destra. Chinando il capo, la edeniana vide che erano I suoi fidati Tessen – I ventagli metallici affilati come rasoi.

«Non credo di avere scelta.»

«Puoi andartene quando vuoi. Ma non credo lo farai.»

Kitana rimase silenziosa per alcuni attimi, osservandolo, quindi, senza replicare, si volto', incamminandosi verso l'uscita della sala.

“E' un'occasione d'oro: potro' studiarlo da vicino, anche se dovesse costarmi un giuramento di fedelta'...”

Era sovrappensiero, quando dei tonfi di passi pesanti la ridestarono. Poco lontano, diretti verso la sala imperiale che aveva appena lasciato, stava per incrociare Kintaro e Mileena.

“Ecco per chi erano le trombe ai cancelli...” riflette', tesa e con le mani gia' serrate sui Tessen.

† † † †

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Capitolo 15
*** [Frost] This Fire Burns ***


This Fire Burns.mp3 – Killswitch Engage

All I've ever wanted was destiny to be fulfilled,
it is in my hands, I must not fail,
I must not fail.

Even through the darkest days,
this fire burns, always.

 

Frost
Outworld
Mare di Sangue
15 Gennaio 2012


La giovane sedeva accucciata sui talloni, all'ombra di una catapecchia edificata sul terreno fangoso di quella squallida regione chiamata dai nativi Mare di Sangue.

Stava mangiando del riso da una ciotola in legno, portandosi il cibo alla bocca con le mani: le posate non erano un lusso che I locali potevano permettersi.
Snella e con i segni del deperimento ancora sul corpo, la ragazza non dimostrava piu' di vent'anni, con una carnagione pallida e dei bizzarri capelli che si raccoglievano a punta verso l'alto, color bianco con dei riflessi azzurrini. Azzurri erano anche I suoi occhi, mentre le labbra carnose e zigomi alti andavano a completare un viso di aspetto molto pregevole.

Alzo' lo sguardo verso un punto indefinito, masticando silenziosamente ed immersa nei propri pensieri: il fatiscente villaggio dov'era finita un paio di settimane prima aveva ben poco da offrire, ma almeno era sufficiente per stare al riparo dai fin troppi pericoli di Outworld. Casupole e catapecchie occupavano un'area piuttosto vasta, a ridosso del gigantesco lago dalle acque rossastre, cosi' putrido e malsano da essere ribattezzato Mare di Sangue dai locali. Nonostante l'evidente poverta', la comunita' del luogo aveva modo di sopravvivere grazie a caccia ed agricoltura – il clima umido del luogo favoriva la crescita di una innumerevole serie di frutta e verdura e le pianure circostanti offrivano un discreto numero di selvaggina.

La ragazza osservo' placidamente il centro del villaggio – poco lontano dalla catapecchia – ed il suo brulicare di persone, da sub-umani a qualche mutante, e la confusione tipica del mercato cittadino.
Fini' le ultime boccate di riso, inalando un'ampia boccata d'aria – che odorava di umido – per poi sgranchirsi le braccia ed alzandosi in piedi.

«Karin!»

Una bambina, dalla pelle maculata, si stava avvicinando di corsa in sua direzione. Un'espressione di vaga noia si dipinse sul volto della giovane: non le erano mai andati a genio I ragazzini.

«Ehila'…Tiki.»

La bambina l'aveva raggiunta, e la ragazza le scocco' un'occhiata: era magra e smunta, ma con entusiasmo ed energie da vendere. Quegli occhi grandi, viola, la osservavano con un misto fra meraviglia e curiosita', perche' era molto raro vedere stranieri in quel remoto villaggio di Outworld, e lei era diventata una sorta di attrazione speciale. Arrivata quasi moribonda un paio di settimane addietro, fu grazie alla famiglia di Tiki che sopravvisse agli stenti. L'avevano ospitata e nutrita, cosa piu' unica che rara in un mondo ostile come Outworld, ma non si poteva dire sfortunata: sarebbe gia' dovuta morire tempo addietro, ma stranamente era sopravvissuta. Quella prigione di ghiaccio era ancora vivida nella sua mente…
Non si era ancora del tutto ripresa dall'esperienza, ed dal successivo vagabondare lontano da quelle montagne gelate, ma era abbastanza in forze per aiutare Tiki e la sua famiglia a cacciare selvaggina.

«Dai, sei pronta?»

Tiki agito' arco e freccie che portava appresso, estasiata.

«Possiamo andare.»

Le due si incamminarono lontano dal villaggio, verso l'entroterra che dava su delle umide pianure ricche di boscaglia. Il sole era alto ed il caldo torrido, ma le cappe che portavano le riparavano dai suoi raggi.

«Karin, mi farai vedere la magia di nuovo, dopo?»

Tiki era entusiasta, non stava nella pelle, e la cosa la infastidiva alquanto. Doveva rimettersi in sesto al piu' presto e trovare una via d'uscita da Outworld, ma nel frattempo doveva stare ai giochi ed aiutare la famigliola di Tiki, questo includeva doversi sorbire la bambina nelle battute di caccia.

«Solo se mi prometti di non dirlo a nessuno.»

«Si', si'! A nessuno!»

Ci volle mezzora di marcia per raggiungere il limitare di un bosco dove – ad una ventina di metri – raggiunsero la loro preda. Si erano appostate sulla sommita' di un rilievo roccioso e dopo qualche minuto di attesa un grosso animale di origine vagamente suina fece capolino dalle fronde: pelo lungo e marrone, tozzo e dalla corporatura muscolosa, aveva un muso suino con ben quattro zanne che sporgevano dal grugno.

Tiki osservo' la ragazza, in attesa, con un ampio sorriso stampato sul viso paffuto: era in attesa della 'magia', e Karin – il nome con cui si era presentata ai locali, il primo che le era venuto in mente – annui', cercando la concentrazione. Sollevo' il palmo della mano verso il grosso suino, e lentamente un piccolo ovale bianco perla si dipinse al centro del palmo, mentre un piccolo dardo di ghiaccio andava a formarsi a mezz'aria, rivolto verso il cinghiale a quattro zanne. Ci volle tutta la sua concentrazione per mantenere vivo il Kori, seppur fosse una manifestazione debole era necessario uno sforzo immane.

'Merda… Mi sembra di essere tornata bambina.'

Penso' con una vena di rabbia, mentre cercava di mantenere vivo il dardo di ghiaccio e raccoglieva tutte le sue forze per comandare al Kori di farlo saettare verso il cinghiale. Era infatti una bambina mentre – sotto la supervisione del Gran Maestro dei Lin Kuei – faceva pratica per imparare a controllare il suo potere.

'Che sia stato quel maledetto Medaglione… O tutto quel tempo assiderata… Devo riprendermi alla svelta.'

Soffocando un'imprecazione, riusci' infine a trovare la forza necessaria per scagliare il dardo ghiacciato verso il suino, che sfreccio' per una ventina di metri affondando nella groppa della bestia, non troppo a fondo e non in punti vitali: un feroce grugnito in risposta le fece capire che l'unico effetto del dardo fu quello di farlo inferocire.

«Tiki, l'arco, svelta!»

Il grosso suino aveva caricato in loro direzione, furibondo e pronto a dilaniarle con quelle quattro zanne giallastre. La bambina porse l'arco alla giovane la quale, incoccando alla svelta una freccia, miro' in direzione del cinghiale che era prossimo a travolgerle, rilasciando la corda per vedere - in quelle poche frazioni di secondo che sembravano eterne - la freccia oltrepassare la groppa ferita della bestia la quale, oramai, era pronta ad avventarsi su di loro…

...Per vederla rovinare improvvisamente, trapassata parte a parte da una grande punta di lancia collegata ad una catena, scagliata con una forza tale da catapultare il cinghiale un paio di metri da un lato rispetto la traiettoria originale.

Nemmeno il tempo di rendersi conto dell'accaduto che la catena con la lancia spari', come risucchiata da una forza ultraterrena – sventrando il grosso suino – in direzione di una alta figura ammantata, ad una decina di passi da loro.
Pur indebolita nel fisico la giovane non aveva perso la prontezza frutto di anni di duri allenamenti fra I Lin Kuei e non riusciva a capacitarsi di come fosse comparsa quella figura corpulenta senza che lei se ne accorgesse.

Tiki, evidentemente impaurita, prese ad urlare, cercando di nascondersi dietro la giovane.

«Sta… Tranquilla.» cerco' di rassicurarla, ma il tremolio nella sua stessa voce tradiva la paura, mentre volgeva lo sguardo sulla figura ammantata ed immobile, con il volto totalmente in ombra per via di un cappuccio. Era come uno spettro venuto dal nulla, le aveva salvate da morte certa ma c'era qualcosa di profondamente inquietante che emanava.

'Quella lancia… '

Era stranamente familiare – e inspiegabilmente associata a brutti ricordi, sensazioni di sgomento e dolore che le erano in qualche modo estranei ma indissolubilmente legati, come se le fossero stati trasmessi da qualcun'altro…

«Chi diavolo sei?»

«Frost.»

La voce della grande figura ammantata non era umana, cavernosa, la fine di ogni sillaba era accompagnata da una sorta di crepitio, come se avesse una fornace in gola. Lentamente, mosse I primi passi verso le due, lasciando solchi carbonizzati laddove gli stivali si posavano.

«Sta' indietro!»

La giovane, sgomentata dal sentir pronunciare il suo nome Lin Kuei, cerco' di richiamare nuovamente il Kori il quale rispose con una piccola formazione ghiacciata a forma conica, che fece saettare verso lo sconosciuto. Lo sforzo la fece crollare in ginocchio, fra le grida terrorizzate della bambina che si nascondeva dietro di lei, mentre il piccolo dardo andava a liquefarsi letteralmente a poco meno di un metro prima di raggiungere l'obiettivo – come se l'essere ammantato fosse circondato da un'aura bruciante.

«Sei debole. E' tutto qui quello che ti ha trasmesso Sub-Zero? Hai ereditato gran poco.»

Le parole della figura erano pregne di sarcasmo, cosa che fece infuriare la giovane che – in un moto di puro orgoglio – raccolse le ultime forze per scagliarsi contro di lui, oramai giunto al suo cospetto, con un calcio circolare diretto al viso incappucciato.
Se doveva morire, tanto valeva farlo combattendo.

«Fottiti!»

Il figuro incasso' il colpo, un calcio in pieno viso con il solo effetto di fargli ruotare il capo di pochi centimetri, mentre Frost rovinava a terra ansimante, con il calzare destro con cui aveva colpito che fumava.

«Forza… Uccidimi e falla finita… »

La giovane si era sollevata sulla schiena, puntando le mani a terra, ancora ansimante, senza forze e decisamente indifesa. 
L'essere ammantato, in tutta risposta, sollevo' il capo incappucciato verso Tiki, che urlava terrorizzata. Lentamente, protrasse un braccio fuori dall'ampio mantello, indicando con un dito la bambina. Frost pote' notare qualche dettaglio del vestiario sotto alla cappa: antiche vesti gialle e nere, arricchite di teschi ed arabeschi dall'aspetto sinistro.

«Sparisci.»

Comando' alla ragazzina, la quale non se lo fece ripetere due vole e si volto', correndo a perdifiato per allontanarsi in fretta e furia.
Frost rimaneva a terra, ancora indebolita, il suo corpo un tempo allenato che non rispondeva piu' adeguatamente agli sforzi eccessivi.

«Merda… Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato… Pensavo mandasse qualcuno del Clan a finire il lavoro… E invece… »

Lamento' rabbiosamente la giovane, cercando orgogliosamente di tirarsi in piedi ma fallendo, costretta quindi a rimanere a terra mentre rivolgeva lo sguardo irato verso la figura.

«Nulla di piu' lontano dalla verita', ragazzina.»

«Che… Che diavolo intendi?»

«Non sono qui per finire nessun lavoro. Sono qui per saldare un vecchio debito. E lo faro' che tu lo voglia o meno.»

«Chi sei?!»

Frost era esasperata e non capire quello che stava succedendo la mandava ulteriormente su tutte le furie, sebbene non fosse certo nella situazione di reagire in alcun modo.

«Dovresti chiederti chi sei tu, ragazzina. Racchiudi un segreto che tu stessa ignori, e faro' in modo che tu ne prenda coscienza. Sei una pedina fondamentale nella grande scacchiera, ed al momento opportuno sarai chiamata a giocare la mossa vincente.»

«Se non sei qui per ammazzarmi… Allora vattene, non mi interessate ne' tu ne' I tuoi stupidi enigmi… !»

Frost non aveva certo paura di morire, e se c'era una cosa che non sopportava era la supponenza: lo stesso motivo per cui aveva cercato di togliere il Medaglione al suo maestro e diventare lei stessa Gran Maestro dei Lin Kuei. Non aveva bisogno dei consigli di nessuno e nessuno poteva decidere come doveva vivere la sua vita.

Il figuro tuttavia non sembrava d'accordo e – in un batter d'occhio – Frost si trovo' sollevata da terra, con la grande mano di lui serrata attorno al collo, a pochi centimetri dal viso incappucciato: troppo debole per una qualsiasi reazione, con la morsa ferrea al collo che le impediva di respirare, intravide I dettagli del viso del suo interlocutore: una maschera gialla copriva naso e porzione inferiore del volto, mentre gli occhi erano totalmente bianchi – privi di pupilla e iride. Solo la sclera bianca, il vuoto assoluto.

Boccheggiando e con gli occhi iniettati di sangue per la pressione al collo, avverti' le parole inferocite della figura ammantata, mentre la sua aura rovente la faceva divampare di caldo come fosse preda della peggiore di tutte le febbri.

«Forse non mi sono spiegato, ragazzina! Non hai voce in capitolo. Farai cio' che ti dico, come e quando lo dico! Vuoi sapere chi sono… Io sono Scorpion!»

'Scorpion… ?'

Il nome la fece atterrire, perche' tutti I Lin Kuei vicini al Gran Maestro – Sub-Zero – sapevano chi era, o per meglio dire cos'era Scorpion: un'entita' infernale, nata dal desiderio di vendetta di un uomo in punto di morte, assoluta nemesi del Gran Maestro di cui riteneva responsabile per tutto il suo tormento. E aveva passato la sua esistenza a dare la caccia a Sub-Zero, per I Lin Kuei Scorpion era diventato un mantra maligno, a tal punto che anche pronunciarne solo il nome equivaleva ad attirarsi sfortuna.

Il pensiero la fece rabbrividire, ma duro' poco perche' I polmoni in debito di ossigeno erano sul punto di collassare e tutto si fece nero.

 

† † † †

 

Outworld
Luogo Sconosciuto
15 Gennaio 2012

 

Frost si sveglio' di soprassalto.

Giaceva in una caverna, la cui apertura dava sull'esterno, lievemente illuminata dal riflesso delle grandi Tre Lune di Outworld. Si guardo' attorno, senza riconoscere il luogo, ma doveva essere stata priva di sensi per alcune ore visto che oramai era notte fonda.
Il suolo roccioso della caverna era umido e la temperatura era piuttosto bassa – non che lei ne risentisse particolarmente pur vestendo leggera – tuttavia il clima era in netto contrasto con l'afoso caldo perenne del Mare di Sangue.

'Dove diavolo sono?'

Si alzo' dal giaciglio in pietra, studiandolo per qualche attimo: la pietra pareva levigata, come se fosse preposto ad essere un giaciglio. Controllo' il corpo per eventuali ferite, ma non ve n'era traccia: solamente una piccola scottatura sul collo del piede destro e delle lievi escoriazioni sul collo – che ando' a sfiorare meditabonda mentre I pensieri annebbiati cominciavano a riprendere forma…

«Scorpion!»

Esclamo' con evidente apprensione, mentre I ricordi tornavano a galla. Si guardo' attorno guardinga, pronta a reagire ad eventuali attacchi da parte dello spettro, ma tutto taceva, non sembrava esserci traccia dell'entita'.
Con un sospiro di sollievo, indecisa se fosse stato un brutto sogno o meno, mosse qualche passo per andare all'imboccatura della caverna e dare un'occhiata verso l'esterno, osservando il panorama che quella zona sconosciuta di Outworld offriva: era in una zona montuosa, priva di insediamenti umani, con rilievi naturali che si estendevano a vista d'occhio ed innumerevoli foreste. Il luogo sembrava pacifico ed I suoni della natura circostante la misero in uno stato di tranquillita' – come non accadeva molto.
Il suo sguardo era rivolto verso I tre enormi ovali biancastri che dominavano I cieli sgombri, le Tre Lune.

«Osserva bene questo luogo.»

Frost si volto', mentre la voce aliena di Scorpion permeava l'aria, saturandola con quel carico di sgomento che la sua vicinanza comportava, cercando lo spettro con lo sguardo ma non vedendo altro che la caverna deserta. Deglutendo, con il cuore che andava all'impazzata, continuo' a perlustrare il luogo con lo sguardo… Percepiva lo spettro vicino, ma non lo vedeva da nessuna parte. La temperatura all'interno della caverna era aumentata, come se un grande fornace divampasse poco lontano da lei.

«Qui e' dove sei nata.»

«Fatti vedere… !»

«Qui e' dove si e' compiuta la prima profezia di Edenia. "Dal sangue reale nascera' l'involucro divino".»

«Che cosa… ?»

Frost si giro' lentamente, mentre un calore insopportabile si concentrava dietro alla sua schiena. Vide la figura dello spettro – torreggiare su di lei – privo di quella cappa scura che ne celava le vesti, in tutto il suo infernale, terribile aspetto. Le antiche vesti nere rinforzate da placche gialle sembravano aver subito una trasformazione, come se la sua permanenza in chissa' quale abisso le avesse corrotte. Il grosso teschio sul suo cinturone la irrideva con quelle sue orbite vuote – allo stesso modo gli spettrali occhi di Scorpion la osservavano e parevano poterla trapassare oltre la carne.
Frost arretro' istintivamente.

«Prima prenderai coscienza di chi sei, e prima potrai andare incontro al tuo destino. E finalmente il mio debito sara' saldato.»

 

† † † †

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Capitolo 16
*** [Kung Lao] The Quiet Place ***


The Quiet Place.mp3 – In Flames

Drown the monster
Make all bad dreams go away
Whatever it takes to keep your hands free
Open scars, the quiet place
All the bridges fall to the ground and you say you sacrificed

 


 

Kung Lao
Edenia
Palazzo Reale
25 Dicembre 2011

 

I raggi dorati del sole stavano facendo capolino all'orizzonte, fra poco avrebbe albeggiato ma Kung Lao era gia' sveglio da qualche ora, aveva trascorso una notte insonne e cercava – nel terrazzo della sua stanza – di dare pace alla sua mente.

Sospirando, osservo' con meraviglia I primi raggi solari estendersi sulle pianure verdeggianti di Edenia, mentre un alito di vento accarezzava il viso dai lineamenti orientali e il canto degli uccelli di sottofondo rendevano quella mattina decisamente splendida – se non fosse per I suoi continui turbamenti.
Si era ripreso abbastanza in fretta dal veleno di Reptile, grazie alla cura dei medici edeniani e alla sua stessa forza di volonta'. Le parole di Liu Kang, che aveva incontrato durante le tremende allucinazioni indotte dal veleno, erano ancora vivide nella sua mente: e nonostante fosse turbato non avrebbe disperato.
La situazione non era propriamente delle migliori, Kano aveva rubato il Kamidogu della Terra e Reptile quello di Edenia. Questo accadeva oramai quasi una settimana addietro, ed era abbastanza sicuro che oramai fossero nelle mani di Shao Khan.

Un piccolo colibri' si avvicino' a lui, ronzando come un insetto tali erano minute le sue dimensioni. Il monaco guerreri lo osservo' con un placido sorriso mentre protese gentilmente indice e medio della mano destra in direzione del piccolo uccello, il quale ando' a posarsi su di essi, sollevando il lungo becco verso Kung Lao.

«Ciao piccolino.»

Un sorriso si dipinse sulle sue labbra, mentre I suoi occhi scuri andavano ad incrociare quelli del colibri', per poi alzare la mano verso l'altro ed osservarlo mentre volava via, perdendosi fra I colori dell'alba. 
Udi' quindi la porta della sua stanza aprirsi, e – dal terrazzo dove sedeva su di una grande sofa vellutato – vide profilarsi la figura di Jade.
Kung Lao avvertiva un remoto tuffo al cuore ogni volta che la vedeva, forse non se ne rendeva conto ma la bella edeniana aveva conquistato un posto speciale nel suo cuore.

Jade si avvicino' al terrazzo, camminando sinuosa e a passo felpato, come un felino, elegante con quelle minute vesti in seta verde smeraldo che coprivano la zona inguinale e I seni, lasciando scoperta gran parte del corpo dalla carnagione color miele, mentre il viso dai lineamenti meravigliosi era avvolto da una cascata di lunghi capelli castano scuro, lievemente ondulati.
La donna si fece incontro con un sorriso, accomodandosi a fianco di Kung Lao nell'ampio sofa, accavallando le gambe nude con eleganza.

«Buongiorno, Kung Lao.»
«Buongiorno a te, Jade. Non riesci a dormire?»
«Gia'. Con tutto quello che sta succedendo e' difficile, ma almeno posso godere di qualche attimo in solitudine con te.»

Kung Lao si schiari' la gola, imbarazzato e con un sorriso impacciato stampato sul volto: Jade era abbastanza diretta e non nascondeva certo I suoi sentimenti nei suoi confronti, ma il monaco guerriero per quanto forte e coraggioso – uno dei migliori guerrieri che la Terra potesse offrire – sembrava sciogliersi come neve al sole quando si trovava in situazioni simili.

«Rilassati, mio buon Shaolin. I monaci dovrebbero averti insegnato a dominare le tue… Emozioni.»

C'era divertimento nella voce di Jade, era evidente che amava provocarlo e quando protese una mano affusolata a giocherellare con I lunghi capelli neri di lui, Kung Lao tossicchio' e si massaggio' distrattamente il mento, portando lo sguardo verso il panorama oltre il terrazzo per nascondere il rossore fra le gote.

«Mi piacerebbe Jade… Ma dobbiamo rimanere concentrati.»

Jade ritiro' la mano con cui stava giocherellando con I suoi capelli, facendosi piu' vicina Kung Lao. Profumava di fiori e lui dovette sopprimere l'impulso di abbracciarla, baciarla, farla sua li', in quell'istante, perche' effettivamente doveva rimanere concentrato sugli eventi: una settimana addietro voleva – assieme a Sonya e Jax – mettersi subito in marcia per Outworld per cercare di recuperare almeno uno dei Kamidogu, ma la Regina Sindel si era opposta e non gli resto' altro che obbedire. Aveva percepito qualcosa per cui valeva la pena che lui ed il suo gruppo rimanessero ad Edenia. Sindel talvolta parlava per enigmi, ma la conosceva abbastanza per capire che era bene fidarsi…

«La Regina aveva ragione a trattenervi qui, Kung Lao.»
«Gia'. Non riesco a capacitarmi come sia successo… Lui… Fra tutti… Proprio lui.»
«Shang Tsung.»

Successe un giorno addietro. Lo Stregone era letteralmente comparso nel Palazzo Reale, catapultato li' da chissa' quale luogo. In fin di vita, preda di dolori lancinanti, l'uomo piu' potente di Outworld dopo Shao Khan stesso era li' fra loro. L'unica che non sembrava stupita dell'evento fu proprio Sindel – la quale ordino' che fosse messo in catene e tenuto in custodia.

«Credi che la Regina ci lascera' interrogarlo?»
«Senza ombra di dubbio. Viste le sue condizioni, avra' voluto dargli tempo di riprendersi.»
«Pensavo fosse morto da tempo, e invece… »
«Già... »
«Dobbiamo interrogarlo quanto prima, Jade.»

Kung Lao inspiro' a fondo, abbandonando con lo sguardo Jade per portarlo verso le distese edeniane oramai immerse dal sole mattutino.
Shang Tsung era un fedelissimo servitore dell'Imperatore di Outworld, si narrava fosse nativo della Terra e poi trasferitosi ad Outworld dove imparo' le sue arti oscure da Shao Khan stesso. Fu uno dei promotori del Grande Torneo, in cui tutti loro parteciparono, e da cui poi si scateno' la tremenda guerra che si culmino' con la morte di Raiden e la cacciata di Shao Khan ad Outworld. Si pensava inoltre che – vista la sua sconfitta nel Grande Torneo per mano di Liu Kang – l'Imperatore l'avesse ripagato con la morte.

«Jade, a proposito...» il monaco torno' con lo sguardo su di lei, che stava osservando a sua volta il panorama oltre il terrazzo « …La Principessa dov'e'? Non l'ho vista da quando abbiamo messo piede a palazzo.»
«Kitana manca da due anni.»
«Che cosa? Cos'e' successo?»
«E' andata su Outworld… Ha deciso di uccidere Shao Khan e nessuno e' riuscito a trattenerla… Non abbiamo sue notizie da allora.»
«Jade… »

Kung Lao la circondo' con un braccio e la strinse a se', mentre l'edeniana ricambiava l'abbraccio e nascose il viso sul suo petto, singhiozzando.
Posando le labbra sul suo capo e chiudendo gli occhi, Kung Lao cerco' di darle conforto. Sapeva quanto le due fossero amiche, e due anni senza notizie – equivaleva soltanto ad una cosa.

 

† † † †

 

Edenia
Segrete
Qualche ora dopo

 

La Regina Sindel li aveva mandati a chiamare in mattinata, convocati al trono e comunicato loro che Shang Tsung era pronto per essere interrogato.
Sindel stessa li accompagno' – lui, Jade, Sonya e Jax – alle segrete del Palazzo, generalmente vuote ma in quel giorno con un ospite veramente speciale. Una falange di soldati edeniani pattugliava gli umidi corridoi sotterranei – chinando il capo al passaggio della Regina – mentre il gruppo la seguiva attaverso le profondita' del Palazzo illuminate da fiaccole e bracieri.
La prigione di Shang Tsung era una grande alcova chiusa da una enorme ruota in marmo, apribile grazie ad un meccanismo a puleggie. Due sacerdoti di Fujin – appartenenti ad un ordine specializzato nel controllo e repressione dei flussi magici – sedevano a gambe incrociate ai lati della ruota, con le mani giunte, in meditazione.

'Come se servisse a qualcosa contro Shang Tsung.'

Kung Lao sapeva che le capacita' dello Stregone surclassavano quelle di qualsiasi essere al mondo, fruitori di magia, sensitivi o combattenti, nessuno – ne' sulla Terra, ne' su Edenia, ne' su Outworld – poteva competegli. Salvo l'Imperatore e gli Dei stessi, naturalmente…

Due soldati azionarono il meccanismo di apertura al loro arrivo, e la gigantesca ruota in marmo si mosse lentamente per offrire un'apertura sull'alcova dove il prigioniero giaceva. Sindel e il gruppetto varcarono la soglia.

In assoluto silenzio – in attesa che fosse la Regina a prendere parola – Kung Lao osservo' la figura dello Stregone: era seduto a terra, sulla nuda roccia, con le gambe incrociate ed entrambe le mani allacciate fra loro, in grembo. I suoi occhi erano chiusi, come se fosse immerso in meditazione.
Lo Stregone tradiva le sue origini terrestri: aveva un aspetto umano, con gli occhi leggermente a mandarola tipici dei popoli orientali, lunghi capelli corvini raccolti ordinatamente oltre la nuca e una rada barba curata che terminava a punta di alcuni centimetri oltre il mento. Dimostrava sulla quarantina d'anni, ma Kung Lao sapeva che era molto, molto piu' vecchio. Si mormorava migliaia di anni, anche se nessuno lo sapeva con certezza.
Alla sua comparsa un giorno addietro era preda di dolori lancinanti ma ora sembrava perfettamente a suo agio. Da dovunque fosse venuto, non doveva essere stato piacevole: segni di fuliggine segnavano il viso e le braccia muscolose scoperte, le sue vesti consistevano in una lunga tunica in tessuto scuro, smanicata e strappata in piu' punti. Anche I pantaloni versavano in simili condizioni, e non portava scarpe o calzari di sorta. Nel complesso dava l'idea di essere appena fuggito da una lunga prigionia.

«Maesta'.»

Concentrato a studiare I dettagli dello Stregone, il monaco non si era accorto che aveva aperto gli occhi. Shang Tsung, lentamente, si levo' in piedi – senza sforzo di sorta e con una eleganza innata. Alto e dal fisico allenato, era circondato da un'aura di autorita' e potenza, perfino in quelle misere vesti. I suoi occhi scuri erano fissi su Sindel – a cui chino' il capo in segno di rispetto.

«Shang Tsung. A cosa dobbiamo la tua visita?»

La voce di Sindel era pacata ma austera, nonostante fosse rimonata per la sua benevolenza perfino con I nemici, la Regina evidentemente era ben cosciente di chi aveva davanti.

«Ah… » lo Stregone abbasso' il capo ad osservare le sue vesti, spolverandosi I pantaloni sgualciti con una manata « ...Regina Sindel, mi onori con la tua presenza. Ma non vorrei che il mio aspetto ti offendesse. Gradirei un bagno caldo e delle vesti per essere propriamente presentabile a sua Maesta'.»
«Gradisci una pallottola in testa, magari?»

Sonya – fino ad allora silenziosa – fu la prima a rispondere, estraendo la sua Desert Eagle minacciosa, osservando quindi Sindel.

«Regina, mi permetto di chiederti di lasciare a me l'interrogatorio di questo verme. Non c'e' bisogno che tu rimanga qui a farti insultare.»
«Sonya Blade, ti prego di riporre l'arma. Non e' necessario.»

Jax protese il braccio in un cenno verso Sonya la quale – scuotendo lievemente il capo – ripose la grossa calibro 50 nella fondina.

«Ah, Sonya Blade! Vedo che non hai perso il tuo entusiasmo.»

Shang Tsung ridacchio' sommessamente dopo il suo commento sarcastico verso il Generale delle Forze Speciali – la quale rispose con una smorfia irata - per poi riprendere verso Sindel.

«Regina Sindel, ho tutta l'intenzione di collaborare. Sappiamo entrambi che non sono venuto qui per caso… Ti chiedo solo un trattamento adeguato e poi potremmo parlare.»

'Sappiamo entrambi? Che cosa sapeva Sindel?'

Il dettaglio non era sfuggito a Kung Lao, il quale seguiva silenziosamente la vicenda, e la domanda frullava nella sua testa insistentemente mentre portava il suo sguardo verso Sindel – che persisteva su Shang Tsung.

«Cosi' sia. Ti mandero' a chiamare quando sarai pronto, Shang Tsung.»

La Regina quindi usci' dall'alcova, sotto lo sguardo stupito di tutti, eccetto quello dello Stregone. Kung Lao non disse nulla, ancora confuso e meditabondo per le parole di Shang Tsung, mentre si appresto' a seguire Sindel fuori dalla cella assieme al resto dei suoi compagni.

 

† † † †

 

Edenia
Sala del Trono
Qualche ora piu' tardi

 

Kung Lao, Jade, Sonya e Jax attendevano ai piedi del trono, mentre la Regina Sindel – seduta sullo stesso – osservava con sguardo marmoreo lo Stregone che, scortato dalle guardie edeniane, era giunto al suo cospetto.
Vestiva con una ricca veste nera, assicurata alla vita da un cinturone in pelle, mentre portava dei pregiati pantaloni e degli stivali ricamati al ginocchio. Profumava di sapone e I neri capelli, debitamente impomatati seguivano la sagoma del cranio per ricadere sulla schiena – riflettendo la luce della sala reale a tal punto che brillavano.
Aveva, nel suo complesso, un aspetto decisamente regale – ma nonostante questo Kung Lao sapeva che dietro alle ricche vesti e gli atteggiamenti signorili si nascondeva un mostro, macchiatosi di una infinita' di crimini.

«Shang Tsung, rinnovo la domanda: a cosa dobbiamo la tua visita?»

Lo Stregone aveva un sorriso accennato e vagamente divertito, mentre rispondeva allo sguardo di Sindel come se Kung Lao ed il resto dei suoi non esistessero.

«Sono un fuggiasco, mia Regina. Ti chiedo formalmente ospitalita' nel Regno di Edenia.»

Lo Stregone scese lentamente con entrambe le ginocchia a terra, chinando il capo ed aprendo le braccia con I palmi delle mani rivolte verso Sindel.

«Desidero mettermi al tuo servizio, Regina Sindel.»

Kung Lao non rusciva a credere ai propri occhi e soffoco' una imprecazione, Sonya e Jax esplosero in una protesta mentre Jade – al suo fianco – gli afferro' il braccio e strinse forte, osservando impietrita lo Stregone inginocchiato.
La confusione regnava sovrana nella sala reale, ma fu Sindel ad interromperla.

«Accetto.»

 


† † † †

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Capitolo 17
*** [Kintaro] These Fighting Words ***


These Fighting Words.mp3 - DevilDriver

These fighting words deserve exile
Banished! Unbelievable, unbelievable, invincible!

 

 

 

Kintaro
Outworld
Arena Imperiale
15 Gennaio 2012

Kintaro stazionava nella galleria che dava verso l'entrata dell'Arena di Outworld – un mastodontico stadio dove quotidianamente si riunivano un ingente numero di persone, di qualsiasi ceto, a vedere I lottatori battersi fino alla morte.

Una pratica barbarica, ma comune su Outworld – dove forza e competizione erano considerati fra I valori portanti della popolazione dominata da Shao Khan. Tutti, dallo straccione che s'infilava fra gli spalti all'aristocrazia e ricchi mercanti che stazionavano nelle tribune, erano attratti dal sangue che si versava ogni giorno nelle sabbie dell'Arena. Senza contare l'ingente giro di scommesse che vorticava attorno ai combattimenti, a tal punto che negli anni si erano create vere e proprie scuole di lotta con il solo scopo di crescere guerrieri pronti per la fossa. In palio prestigio, denaro, potere. Perfino l'Imperatore qualche rara volta presenziava, e mettersi in mostra direttamente ai suoi occhi era un'occasione ghiotta per moltissimi aspiranti guerrieri.
Certo, poi c'erano un innumerevole numero di schiavi che aveva ben poca scelta (e ben poca aspettativa di vita), ma allietare il popolo era uno dei maggiori crucci di Shao Khan (come lui pubblicamente dichiarava) ergo era necessario che l'Arena avesse la sua dose di carne da macello quotidiana.

Il ruggito della folla entrava di prepotenza attraverso le inferriate che chiudevano l'accesso della galleria alle sabbie dell'Arena, erano elettrizzati per quello che era l'evento del giorno, ma a Kintaro non interessava minimamente.
Non sapeva neppure chi fosse il suo avversario (o I suoi avversari) ma non gli importava: aveva pattuito con il maestro dell'Arena una sola condizione, niente schiavi o gente palesemente inesperta, per il resto gli andava bene tutto.
Soffoco' un ringhio sommesso, impaziente: voleva uscire e combattere, non gli importava altro.
Poteva udire il maestro dell'Arena irretire il pubblico annunciando lo scontro che l'avrebbe visto protagonista, attraverso un complesso sistema di megafoni che ne amplificavano la voce cosi' che potesse rieccheggiare per tutti gli spali.

«… Kormin, gia' campione di Arena, un tempo comandante dei soldati-spettro che cacciano I Tarkata!»

Boato, applausi.

«… Assieme a lui Norokos e Nerkada, I primi Tarkata che ha catturato! Selvaggi e sanguinari!»

Un profondo mugugnio di disappunto della folla.

«… E per finire, Netrus, il grande Centauro! La squadra che ha dominato l'Arena negli ultimi anni!»

Altro boato, poi calo' il silenzio di tomba.

La grande inferriata si tiro' su, cingolando, dando finalmente accesso a Kintaro alle sabbie dell'Arena: il sole era incandescente, e l'enorme cerchio che delimitava il perimetro dell'Arena non offriva zone d'ombra di sorta.
Kinaro mosse il pesante passo verso l'esterno, scuro in volto, grugnendo ad ogni passo. La sua enorme figura, uno Shokan alto tre metri, dalla muscolatura enorme e con la schiena dalla bizzarra carnagione arancione scuro e striata di nero – come le tigri – provoco' un altro boato della folla mentre si accingeva a portarsi al centro dell'Arena dove I suoi avversari lo attendevano – in quattro contro uno. Un umano, due Tarkata e un Centauro. Un sorriso feroce si dipinse sul faccione squadrato del gigante.

«… Signore e signori! Popolo di Outworld! KINTARO e' qui fra noi! Il Campione di Kuatan, il Flagello di Outworld! Uno dei migliori guerrieri del nostro mondo! Sara' sufficiente per vincere contro quattro dei migliori lottatori della fossa?»

'Lo scoprirai presto, verme.'

Il gigante, infastidito dal commento dell'annunciatore, si fermo' ad alcuni metri dai quattro avversari: l'umano – un veterano di guerra solcato di cicatrici – era armato di una lunga picca che poteva usare sia come arma d'affondo che da lancio. I due Tarkata, naturalmente, avevano le loro lame – delle escrescenze ossee affilatissime e retrattili che si protendevano dal centro dell'avambraccio per circa mezzo metro oltre le mani – e per finire il Centauro, poco piu' basso di Kintaro e armato di una grande alabarda.

Lo Shokan non portava armi di sorta, non ne aveva bisogno.

† † † †

Outworld
Terme Imperiali
Qualche ora dopo

Kintaro stava lavando via il sangue rappreso, nelle terme della capitale: un posto esclusivo riservato all'elite di Outworld – o comunque per chi aveva abbastanza soldi per garantirsi l'accesso.
Versava enormi quantitativi di acqua nel suo gigantesco corpo, utilizzando una delle vasche in marmo adibite ai bagni – che lui aveva semplicemente sradicato per utilizzare all'uopo. Il servizio di sicurezza aveva cercato di protestare, ma nessuno era abbastanza sciocco da insistere dopo le feroci occhiate del gigante in risposta.

'Sia maledetto questo posto, devo andarmene! Voglio tornare a Kuatan.'

Penso' rabbiosamente mentre lavava via il sangue strofinando con le gigantesche mani, grugnendo quando passava sulla ferita alla coscia destra che l'umano gli aveva inferto, trapassandolo parte a parte.
Kintaro era stufo di rimanere nella Capitale, era un mondo avverso per uno Shokan che viveva per la battaglia e l'onore – la prima soddisfatta in minima parte grazie allo scontro in Arena, il secondo invece concetto completamente assente in quel mararsma di esistenze schiave del potere di Shao Khan.
Con un grugnito scaglio' via la grande vasca in marmo che utilizzava come secchio, raccogliendo lo slip nero che fungeva come suo unico indumento ed apprestandosi ad infilarselo.

'Pensavo fosse sufficiente recuperare quel maledetto affare… Ho fatto tutto quello che Khan voleva, perche' mai dovrebbe trattenermi ancora qui?'

Riflette' caustico, perche' pensava che dopo il recupero del Kamidogu assieme a Mileena fosse libero di tornare a Kuatan, invece l'Imperatore lo aveva trattenuto nella Capitale, in attesa di ulteriori disposizioni.

'Alla stregua della soldataglia imperiale…'

«Hai combattuto bene.»

Una voce femminile provenne dalle sue spalle, dall'entrata dei bagni (di cui Kintaro si era letteralmente appropriato al suo arrivo, creando un fuggi-fuggi generale).
Il gigante si giro', aguzzando la vista e riconoscendo la figura femminile che si profilava all'ingresso: alta e con dei lunghi capelli neri che ricadevano ordinati sulla schiena, bella, molto bella (per quanto la cosa non avesse particolare effetto sugli Shokan) e vestita con delle sete blu scuro che si avvolgevano attorno al corpo squisitamente modellato in forme sinuose. Un paio di ventagli metallici chiusi, le cui impugnature spuntavano dai lati della zona lombare.
Kitana, Principessa di Edenia.

«Bah… Non erano all'altezza. Che vuoi?»

Ci fu grande stupore fra I fedelissimi di Shao Khan quando – circa una decina di giorni addietro – l'Imperatore aveva dichiarato Kitana, un notorio nemico dell'Impero, come ospite di Outworld. Questo includeva l'immunita', e lo stesso Kintaro fu costretto a trattenere Mileena quando le due si incontrarono fortuitamente, nell'anticamera del Trono. Mileena aveva sempre nutrito un odio atavico per Kitana, per motivi che lo Shokan ignorava. Avrebbe assistito volentieri ad una lotta fra le due, ma gli ordini di Shao Khan erano chiari…

«Domani giurero' fedelta' ad Outworld. L'Imperatore mi adottera' come figlia.»
«Dovrebbe interessarmi?»
«Questo mi mettera' in una posizione favorita nella catena di comando, Kintaro.»
«Che intendi?»

Il colosso, ancora grondante di acqua, si avvicino' all'edeniana facendo tremare il pavimento ad ogni passo, finche' non fu al suo cospetto.
Kitana lo osservava con il viso rivolto verso l'alto per guardarlo in faccia – tanta era la disparita' di altezza – mantenendosi sulla soglia dei bagni con una spalla posata sul bordo della porta e le braccia conserte. Il suo viso non tradiva emozioni di sorta.

«Se credi di utilizzare il Campione di Kuatan per I tuoi sporchi comodi caschi male: io rispondo solo a Khan!»

Kintaro espirava in maniera ferale, rabbioso. Era talmente grande rispetto a Kitana che probabilmente avrebbe potuto schiacciarla solo con una delle sue enormi mani a tre dita.

«Niente di tutto cio'. Volevo solo avvisarti personalmente prima che lo facesse qualcun'altro.»
«Tsk… ! Hai fatto in fretta a tradire la tua gente, edeniana.»
«Faccio quello che devo.»
«E dire che il vostro spirito guerriero era indomabile! Soli contro tutti, minuscoli contro un potere enorme, e non vi siete mai arresi! Il tuo svenderti non ti rende onore, donna.»
«Come ho detto faccio quello che devo, ma posso capirti. E tu, perche' combatti per Khan?»

Kintaro esito', spiazzato.

Ancora quella domanda. Poco tempo addietro, fu incaricato da Shao Khan di scovare una spia edeniana – compito che porto' a termine con successo e – poco prima di morire – quella stessa spia gli rivolse esattamente la stessa domanda.

Shao Khan era a tutti gli effetti un tiranno che si serviva di macchinazioni, politica e raggiro per raggiungere I propri scopi, era l'antitesi dei valori del popolo Shokan – che fondava la propria esistenza su valori come la forza, l'onore e il combattimento leale – eppure anche loro furono soggiogati ed ora costretti da vincolo di giuramento alla fedelta' verso l'Imperatore.
Rispettare I giuramenti era qualcosa di necessario per gli Shokan, per natura, ma non era forse altrettanto necessario combattere contro chi rappresentava e promuoveva l'assoluto opposto dei loro valori?

«Perche'… »
«Lascia perdere, non serve che rispondi. Sappi che mi “svendo” come tu sostieni alla stessa maniera in cui fece il tuo Re Gorbak per salvare gli Shokan dall'estinzione. Talvolta le guerre non si vincono con la battaglia a viso aperto ma con l'astuzia… Credi che Khan manterra' I patti con gli Shokan, una volta che avra' finito con Edenia e la Terra? Diverrete un peso da eliminare.»
«Non… !»
«Ci vediamo domani alla cerimonia.»

Kintaro fece per rispondere, ma Kitana se n'era gia' andata – silenziosa cosi' com'era venuta.
Lo Shokan grugni' innervosito, ma sapeva che all'indomani avrebbe presenziato alla cerimonia – nonostante non l'avrebbe mai ammesso le parole di Kitana l'avevano incuriosito.

'Cos'avra' in mente quella donna?'

† † † †

 

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Capitolo 18
*** [Sub-Zero] Cryoshock ***


Cryoshock.mp3 - Mechina

Dancing in silence
The price we pay
Begins with boundless pain
Awaken, only to die
For a new life

I can hear them scream
I can see them bleed


 

 


 

Sub-Zero
Outworld
Mercato della Capitale
16 Gennaio 2012


Sub-Zero aveva raggiunto la Citta' Imperiale qualche giorno prima, viaggiando solo per le vie mercantili di Outworld – riuscendo a strappare un passaggio ad una carovana di speziali in viaggio per la Capitale in cambio di qualche soldo.
Non si era mai spinto cosi' in profondita' nel cuore dell'Impero di Outworld, ma il suo vestiario semplice – portava dei vestiti leggeri ed una lunga cappa grigia con cappuccio a celarne la figura – non destava particolari sospetti e poteva passare tranquillamente per uno dei tanti viandanti dell'Impero.
Certo – c'era il problema delle bande di predoni, I soldati imperiali, mutanti selvaggi ed altre amenita' ancora meno piacevoli – ma nulla che non potesse gestire con le sue forze. Fu coinvolto in svariati episodi di violenza durante il viaggio, ma quelli che lo credevano un comune viandante non erano piu' in vita per raccontarlo.

Stava sorseggiando una bevanda fresca seduto all'ombra di un piccolo baracchino che vendeva rinfreschi, nella zona del Mercato imperiale: la Capitale era sovrappopolata, un oceano di persone che brulicavano per le strette vie del mostruoso complesso cittadino – urla, schiamazzi, e confusione regnavano sovrani.
Con il cappuccio calato sul volto, si godeva quell'attimo di relax, sorseggiando quel liquido zuccherato che l'aiutava a combattere la calura – dovuta sia alla sovrappopolazione della Capitale e sia per il clima torrido.

I suoi occhi – di un azzurro chiarissimo – seguivano il susseguirsi degli eventi in quella zona del Mercato, quel marasma di persone (di ogni estrazione sociale) che brulicava per le bancarelle. Conto' un numero considerevole di soldati imperiali che pattugliavano la zona – armati fino ai denti e schierati in gruppi. Il Lin Kuei non pensava fossero interessati alla sicurezza pubblica, quanto bensi' all'estorsione di denaro nei confronti dei commercianti con le merci esposte. La “protezione” dell'Esercito Imperiale era una tassa da pagare con estrema regolarita'…

Nel complesso, non c'era niente o nessuno degno di nota.

«Dammene un altro.»

Ordino' al corpulento omone dietro il baracchino, porgendogli il bicchiere vuoto. Quello, in tutta risposta, grugni' qualcosa e si appresto' a riempire il bicchiere di Sub-Zero con dell'altro nettare.

«Li hai I soldi, si'?»

Il Gran Maestro frugo' nella sacca che teneva a terra fra I piedi, estraendo una moneta e lanciandola verso l'oste con uno schiocco del pollice.

«Sufficiente?»
«Chissa' dove li hai rubati… Heh… Non che mi freghi qualcosa.»

L'omaccione protese il bicchiere pieno verso Sub-Zero, il quale afferro' e porto' alle labbra bevendo un ampio sorso della bevanda rinfrescante.

«Allora, che si dice in giro?»

Era il momento di carpire un po' di informazioni e Sub-Zero pensava che il burbero omone dietro il grezzo bancone in legno fosse la persona adatta.

«Tsk… Le solite cose. Non sei di qui, vero? Hai la faccia da straniero.»
«Gia'.»
«Heh… Si vocifera di una nuova guerra, ho visto un numero enorme di soldati rientrare in citta'.»
«Ah si'?»

Sub-Zero immaginava si riferisse al Kamidogu che Shao Khan desiderava – quello che Kano aveva rubato dal Tempio del Ghiaccio. Dopo essersi separato da Kung Lao e I due delle Forze Speciali, non sapeva se avessero avuto successo o meno nel rintracciare Kano – ma le dicerie dell'oste non erano certo confortanti in questo senso.
Il Gran Maestro ascoltava silenzioso, sorseggiando di tanto in tanto il nettare, mentre l'omaccione proseguiva in altre dicerie di poco conto, lamentandosi di come gli affari stessero andando male.

«… E poi oggi ci sara' una grande cerimonia, un evento piu' unico che raro! L'Imperatore ha deciso di adottare una figlia! Ti rendi conto? Robe da non credere.»

Sub-Zero concentro' la sua attenzione sull'oste.

«E chi sarebbe?»
«Che ne so… Si vocifera fosse un nemico dell'Impero, comunque… »

Il Lin Kuei si alzo' di colpo, posando il bicchiere ancora mezzo pieno sul piccolo bancone del baracchino e chinandosi per prendere la sua sacca che adagio' dietro alla schiena, tenendola per I cordoni con la mano destra.

«Addio.»

Senza attendere risposta, si volto' e s'incammino' per le vie del Mercato – mescolandosi fra la moltitudine di persone, con il cappuccio grigio calato sul capo.
Era diretto verso l'uscita del Mercato, che dava su una delle zone residenziali – una delle piu' povere della Citta' – composta da un'infinita distesa di catapecchie e capanne di svariate dimensioni e fattura.

'Che sia lei?'

Il pensiero era un chiodo fisso nella sua mente, mentre aumentava l'andatura per lasciarsi alle spalle quel sobborgo povero ed incamminarsi verso la zona della Milizia, dove sorgeva anche il Monastero degli Angeli – con la sacca adagiata sulla schiena che conteneva le vesti di Gran Maestro Lin Kuei e qualche utensile da viaggio.
Avrebbe dovuto camminare a lungo prima di raggiungere la zona dove si ergeva in colossale Palazzo Imperiale, ma almeno avrebbe avuto il tempo di riflettere sulle prossime mosse.

Dopo il suo incontro con Scorpion nella Tomba delle Anime, qualche setttimana addietro - e la richiesta di saldare il vecchio debito che lo spettro aveva nei suoi confronti - Sub-Zero si era messo in marcia per trovare indizi su Kano: con un po' di fortuna, l'avrebbe intercettato prima che questi arrivasse da Shao Khan.
La fortuna tuttavia non era dalla sua, perche' I locali sapevano gran poco delle vicende dell'Impero – specie dei piani stessi di Shao Khan – cosi' spese I rimanenti giorni di marcia dedicandosi al rapimento ed interrogatorio dei soldati imperiali.
Non fu facile trovare un membro di alto rango dell'esercito, ma alla fine scovo' – nei pressi di una regione limitrofa alle Wasteland – un colonnello che fu ben lieto di parlare dopo che il Lin Kuei gli spezzo' entrambe le mani. Del Kamidogu e Kano non sapeva nulla, ma gli confesso' dell'altro: la Principessa Kitana di Edenia era stata catturata nelle Wasteland e quindi mandata a cospetto di Shao Khan.

Da allora Sub-Zero aveva affrettato la marcia verso la Capitale, confuso ma risoluto. Non aveva idea del perche' Kitana fosse ad Outworld, ma aveva tutta l'intenzione di scoprirlo – sempre che non fosse troppo tardi – ed in ogni caso la Capitale era la stessa destinazione di Kano.

 

† † † †

 

Piazza Imperiale
Qualche ora dopo

Il gigantesco sole gettava una luce rossastra nei cieli di Outworld e batteva violentemente I suoi raggi sull'enorme folla che si era radunata ai piedi del Palazzo Imperiale – sotto quella gigantesca scalinata in marmo nero che fungeva da base alla gotica costruzione che svettava verso il cielo, enorme, nera, irta di guglie, incisioni dall'aspetto sinistro e colossali pezzi di metalli nero lavorati a forma di gigantesche lame che la ricoprivano come un'armatura. Alla base del Palazzo, era stato allestito un enorme trono, con dei bracieri a colonna che andavano a delimitare il perimetro e la scalinata. Un numero indefinito di soldati era schierata in formazione di combattimento alla base della scalinata – chiudendone di fatto l'accesso, mentre altrettanti formavano un anello a rinchiudere letteralmente l'enorme marasma di popolani che si era radunata per la grande cerimonia.

Sub-Zero si era mescolato fra di loro, uno dei tanti, abbastanza sicuro che nessuno l'avrebbe notato.

Il boato della folla segno' l'ingresso dell'Imperatore che – dagli enormi portoni del Palazzo aperti – emerse in tutta la sua grande, terribile presenza. Seppur lontano, il Gran Maestro godeva di un'ottima vista ed era difficile non notare la maestosa figura di Shao Khan, avvolto da un ampio mantello rossastro, stivali al ginocchio muniti di punte acuminate all'altezza delle rotule, delle spalline munite anch'esse di punte a coprire le poderose spalle ed il suo inconfondibile elmo a teschio, con lame gemelle a V sulla fronte metallica e una placca semi-circolare che riparava collo e muscolatura del trapezio.

Il popolo era in visibilio, Sub-Zero non capiva se era reale ammirazione, timore, o cos'altro, ma tutti – nessuno escluso – esternavano la loro emozione nel vedere la figura del tiranno muovere verso il trono, prendere posto e – alzando una mano – richiedere il silenzio, cosa a cui tutti obbedirono repentinamente.

Nel mentre, altre figure emergevano dall'apertura del Palazzo, alcune familiari a Sub-Zero, e si disponevano ordinatamente a fianco del trono. Monaci dell'Ombra – con le loro tuniche nere ed I cappucci che oscuravano il viso – andarono a completare la corte imperiale riunita nei pressi del trono.

«Popolo di Outworld, sudditi di Shao Khan!»

La voce dell'Imperatore si propagava per la piazza gremita trasportando tutta la sua carica di potere, senza amplificazione artificiale di sorta.

«Oggi e' un giorno importante. Oggi inizia un nuovo ciclo, che terminera' con Outworld trionfante!»

La folla ruggi' nuovamente il suo assenso.

«Oggi coloro che tramano per la fine del nostro mondo avranno di che disperare, Edenia dispera! Tutti noi abbiamo patito perdite terribili per le loro infami azioni, ma il vostro Imperatore non dimentica. Il vostro Imperatore non perdona!»

Shao Khan imboniva il suo popolo professando minaccie esterne inesistenti, era un tiranno decisamente astuto, sebbene la maggior parte dei mali sofferti da Outworld fossero – direttamente o meno – a causa sua, in quel momento Sub-Zero pote' percepire come la folla fosse assolutamente soggiogata dalle sue parole.

«Ma c'e' il tempo per la guerra, e c'e' il tempo per la ragione. Quest'oggi, uno dei nostri piu' acerrimi nemici e' qui fra noi!»

La folla esplose in un boato di rabbia e disapprovazione, con palpabile violenza che aleggiava al punto che I soldati del cordone dovettero cominciare a spingere con le picche poste in orizzontale – parallelamente alla folla – per imbonirla.
Sub-Zero era completamente focalizzato sulla figura di Shao Khan, avvertendo un brivido corrergli lungo la schiena alla sua ultima frase – quasi che il tiranno l'avesse scovato in mezzo alla folla.

«Principessa ed erede al trono di Edenia, Kitana!»

Fra le urla feroci della folla, che inneggiava a pubbliche esecuzioni, morte, tortura e mostruosita' ancor piu' crudeli, una figura snella emerse dall'ingresso del Palazzo, varcando gli enormi portoni neri e portandosi a fianco di Shao Khan, salendo le scalette del trono in modo da essergli al fianco destro – rialzata rispetto al resto della corte imperiale riunita.
Sub-Zero aguzzo' la vista: la donna portava delle vesti che richiamavano lo stile edenianio – con veli in stoffa azzurra avvolti a coprire I seni e le parti intime, ma arricchita da placche di armatura nera che si protendevano dalle spalle, gli avambracci, la zona inguinale e lungo entrambi gli stinchi. Le impugnature di due ventagli metallici chiusi spuntavano da oltre la zona lombare. La porzione inferiore del viso era coperta da una mascherina azzurra, mentre I suoi lunghi capelli neri come la notte erano raccolti oltre la nuca in una lunga coda che terminava ben oltre il fondoschiena.

Una reale di Edenia, ma vestita come una guerriera di Outworld.

Il Lin Kuei cerco' di guadagnare alcune posizioni per avvicinarsi al blocco di soldati che chiudevano l'accesso alla scalinata che dava al Palazzo, ma la piazza era talmente gremita che fu tutto inutile.

«Oggi la Principessa Kitana di Edenia si e' consegnata a me. Volontariamente ha chiesto asilo ad Outworld, incapace di sostenere ulteriormente la sua appartenenza ad un mondo ingiusto, corrotto e decadente come Edenia!»

La folla era ancora inferocita, e non sembrava aver perso il desiderio di farla pagare a Kitana per tutti i suoi crimini.

«Il vostro Imperatore, nella sua infinita bonta' e saggezza, ha deciso di accogliere la sua richiesta, e non solo! Quest'oggi, miei sudditi, io prendo Kitana Principessa di Edenia come figlia, legittima erede di Edenia e di Outworld!»

Sub-Zero aveva guadagnato qualche metro mentre la folla si era improvvisamente ammutolita all'annuncio di Shao Khan. Quest'ultimo – come spazientito – levo' una mano in alto ed un boato proruppe nuovamente, questa volta in favore di Kitana, ovazioni, benedizioni, lacrime di gioia. Un popolo alla totale merce' della sua volonta'.

«Inchinati a me, figlia.»

La donna quindi si volto' di fianco, posando un ginocchio a terra e chinando il capo. Shao Khan protese la mano destra, per posarla sul capo della Principessa, mentre la folla estasiata irruppe nell'ennesimo boato, cosi' forte da far tremare la piazza, a quel gesto.

'Non e' possibile… '

Sub-Zero non voleva credere ai propri occhi; ma la speranza forse non era del tutto vana perche' da quella distanza non riusciva a determinare se quella fosse realmente Kitana o solo una sosia, anche se le forme del corpo - perfette nella loro femminilita' eppure atletiche per gli anni trascorsi a combattere – e quella cascata di capelli neri come la notte che riflettevano I raggi del sole pomeridiano… Erano inconfondibili per il Lin Kuei.

La Principessa quindi si rialzo', levando una mano in segno di riconoscimento verso la folla, mentre l'Imperatore si riapprestava a parlare.

«Miei sudditi! Osservate Kitana, figlia di Shao Khan! Amatela e rispettatela come fate con il vostro sovrano. Cosi' io comando! Ora andate e fate libagione, che questo giorno sia indelebile nella vostra memoria!»

Sub-Zero cerco' quindi di svincolare dalla piazza, sgattaiolando via dalla folla in festa, ora sparpagliatasi per andare ad avventarsi sulle pietanze ed I vini che l'Imperatore aveva messo a disposizione per la celebrazione, mentre Shao Khan, Kitana ed il resto della corte imperiale si ritirava dentro al Palazzo.
Confuso ed inquieto, aveva bisogno di schiarire le idee e pensare sul da farsi, mentre raggiungeva un angolo della piazza poco gremito.

'Devo entrare in quella fortezza, stanotte… Devo vederla con I miei occhi.'

 

† † † †

 

Palazzo Imperiale
Quella stessa notte

Il Gran Maestro era uno specialista della furtivita', e penetrare all'interno del palazzo era stato relativamente facile – complice anche il fatto che nel cuore del suo potere Shao Khan aveva ben poco da temere e la sicurezza non era cosi' fitta, composta principalmente da soldati imperiali non esattamente famosi per la loro efficienza.

Quello stesso pomeriggio aveva studiato il flusso di persone che entrava ed usciva dal Palazzo, notando che – oltre ai soldati – vi era un notevole numero di persone dall'aspetto comune, dalle vesti formali, probabilmente inservienti, che entravano ed uscivano. Gli basto' seguire uno di questi all'uscita del Palazzo, sequestrarlo e rubargli le vesti – e con esse una gemma che, come gli rivelo' l'uomo terrorizzato, era il lasciapassare per il Palazzo. Lascio' il suo cadavere a ridosso di una grande canaletta che fungeva da sistema di scolo oltre le mura della Capitale. Non aveva altra scelta, lasciarlo in vita era troppo pericoloso. Le vestigia di Gran Maestro Lin Kuei, custodite nella sacca, furono lasciate in un posto che lui giudicava sicuro.

Una volta dentro, il Lin Kuei si affretto' a trovare un punto nascosto dell'immenso Palazzo da dove poter spiare inservienti e guardie: non ci volle molto per carpire l'ubicazione della stanza riservata alla Principessa, quindi attese qualche ora in modo da poter sgattaiolare verso una delle torri piu' alte del Palazzo mentre gran parte del personale, esclusa una minima parte di guardie, dormiva.

A passo felpato, con una strana sensazione di ansia che lo attanagliava, arrivo' dinnanzi alla grande anticamera che precedeva le stanze imperiali, notando subito l'assenza di guardie.

'Tipico di Kitana… '

Il portone degli alloggi non era chiuso, quindi entro' silenzioso, muovendo qualche passo all'interno della stanza – attendendo qualche attimo per abituare la vista all'oscurita'. Gli alloggi imperiali consistevano in un enorme salotto superbamente arredato che sorgeva subito dopo l'entrata, mentre una seconda stanza di altrettanto gigantesche dimensioni ospitava la camera da letto – oltre cui si apriva una grande terrazza da cui si poteva godere di una vista mozzafiato della Capitale.

Silenzioso come un felino, Sub-Zero si avvicino' alla stanza da letto, portandosi ad un lato del grande letto a baldacchino su cui giaceva una figura femminile addormentata.

Il Lin Kuei ebbe un tuffo al cuore nel riconoscere il viso di Kitana, tradendo per brevi attimi l'emozione nel rivederla dopo tutti quegli anni, mentre inconsciamente avvicinava una mano per carezzarle il capo dai capelli corvini…

«Chi… ?»

L'edeniana aveva aperto gli occhi, grandi e scuri come la notte, fissi su quelli di ghiaccio del Lin Kuei.

«Kit… »

 


† † † †

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Capitolo 19
*** [Kitana, Sub-Zero] The Horizon Effect ***


The Horizon Effect.mp3 - Mechina

I stand in the shadows of monuments
At any moment this will end
My final breath
Like embers turning to dust
My body will dissolve
Into the cosmic sea
Fragments of our essence
Scattered beyond the sun
Into a cosmic sea
A frozen symphony




Kitana
Outworld
Palazzo Imperiale
16 Gennaio 2012


Kitana dormiva profondamente, come non le capitava da parecchio tempo ormai.
 
La sua avventura su Outworld, durata due anni, era giunta a una svolta cruciale: dopo aver fatto sue le usanze, le consuetudini, il modo di essere della gente di Outworld in tutto quel tempo passato a vivere in mezzo a loro, era pronta ad avvicinare il grande Imperatore, il suo obiettivo.
L'idea era di spiarlo, carpirne I segreti e cercare un punto debole dove poter colpire e finalmente distruggerlo. Sua madre – Sindel – si era sempre opposta a questo piano, giudicandolo impossibile, e con lei anche la sua migliore amica Jade. Kitana tuttavia era convinta del contrario e nessuno fu in grado di fermarla – quando decise finalmente di abbandonare Edenia in favore di Outworld. Ne' sua madre ne' Jade ne' tutti i consiglieri reali avevano capito che erano in guerra e che la loro passività li avrebbe portati alla distruzione: avrebbe colpito Shao Khan per prima, non avrebbe atteso – anche se le fosse costato la vita.
Niente gloria senza rischi, e la posta in gioco era altissima: ogni reame era in balia dell'enorme potere che Shao Khan poteva disporre, e attendere la sua prima mossa significava la sconfitta e l'oblio.
 
Era paradossale come, fino a qualche settimana prima era imbarcata in una missione pressoché suicida e ora, si trovava a essere la figlia di Shao Khan, adottata dal tiranno stesso e nominata sua diretta erede.
Fu facile accettare la proposta, era una posizione perfetta per stargli accanto e carpire quante più informazioni possibili su come e quando colpire.
 
Nello stesso tempo aveva avuto occasione di costatare con I propri occhi la spietata efficienza della macchina imperiale e in un certo senso la brutale giustizia e sanguinaria legge che erano applicate quotidianamente nel vasto impero di Shao Khan la affascinavano a tal punto che – in alcuni momenti – sentiva quasi di simpatizzare per Outworld. Era un mondo crudele e sanguinario, ma nel complesso tutto funzionava alla perfezione e con grande probabilità senza un tiranno onnipotente quale Khan l'intero reame sarebbe stato trascinato nel caos più completo.
 Era quel concetto di 'male necessario' che talvolta sentiva suo… Ma categoricamente rifiutato da Edenia.
 
Il lieve rumore che avvertì al fianco del grande letto dove dormiva la destò improvvisamente.
 
«Chi… »
 
Kitana, ancora intontita dal sonno, mise lentamente a fuoco la figura che stazionava al fianco del grande letto a baldacchino dove giaceva, sollevandosi lentamente sulla schiena – mentre le coperte scivolavano lentamente oltre il petto lasciando scoperti I seni prosperosi.
 
«Kit… »
 
I suoi occhi neri incontrarono degli occhi azzurri chiarissimi, come il ghiaccio, appartenenti a un viso dai lineamenti marcati e la carnagione chiara, con dei capelli lisci che ricadevano sulla nuca – salvo qualche ciuffo ribelle che pendeva sulla fronte – di un bizzarro bianco dai riflessi azzurri, simile al colore degli occhi. La figura maschile aveva un fisico muscoloso ma agile, ed era vestito con l'uniforme degli inservienti del Palazzo. Sul suo viso era dipinta un'espressione di stupore mista a meraviglia mentre la sua mano si stava protendendo verso di lei.
 
«Tu… !»
 
Un senso di rabbia accecò Kitana che, ridestatasi completamente, saettò fuori dalle coperte portando una fulminea gomitata in pieno viso all'uomo che incassò il colpo barcollando all'indietro con una scia di sangue che colava dallo zigomo sinistro – laddove lei aveva colpito.
 
«Sub-Zero… !»
 
Kitana era in piedi, a due passi dal Gran Maestro Lin Kuei, completamente nuda ma travolta dalla rabbia che distorceva i suoi splendidi lineamenti in una maschera di odio.
L'uomo fece per replicare sollevando entrambe le mani ma Kitana gli fu sotto nuovamente, inferocita, curvandosi appena per caricare un pugno con il sinistro che lo colpì violentemente al fegato, facendolo crollare in ginocchio e approfittando quindi della sua posizione per afferrargli i capelli e sferrare una ginocchiata diretta al naso che fece crollare il Lin Kuei all'indietro con uno spruzzo di sangue dalle narici.
 
Ansimante, la Principessa stazionava sul Gran Maestro che giaceva supino e sanguinante, osservandolo con I denti digrignati.
 
«Come osi? Dopo quello che è successo, come osi farti vedere?!»
 
Kitana era accecata della rabbia, e l'odio atavico che provava in quel momento le obliava la ragione. Nella sua vita aveva subito parecchi traumi, ma la ferita più profonda le fu inferta proprio da Sub-Zero, e non c'era rimedio al dolore che – in certi momenti – la attanagliava a causa sua.
 
«K... Kit… Ti prego ascoltami… »
«Taci!»
 
Con la furia di una valchiria si mise a cavalcioni sul petto muscoloso del Lin Kuei che giaceva ancora stordito, afferrando per il bavero dell'uniforme.
 
«Ti ammazzo, maledetto bastardo! L'hai uccisa!»
 
Sferrò una serie di pugni al viso del Lin Kuei che non reagiva, accusando I colpi con grugniti soffocati mentre le nocche della Principessa infierivano sul suo volto ripetutamente, trascinati da un rancore che l'edeniana si portava dentro da parecchi anni ormai.
 
«Lo sai come ci si sente, maledetto?! Hai distrutto la cosa più bella che avevo!»

Kitana continuava a colpirlo al viso, caricando destro e sinistro con regolarità, e seppure inferocita i suoi pugni colpivano con istintiva precisione rendendo Sub-Zero una maschera di sangue.
 
«Perché l'hai lasciata morire? Perché!»
 
La voce di Kitana vibrava di rabbia ma una nota di dolore cominciava a trapelare in quella sinfonia di sangue e ferocia che stava abbattendo sul Lin Kuei, riverso supino a terra con lei – completamente nuda – sopra.
I ricordi si fecero più intensi nella sua mente, e i pugni sferrati cominciarono a calare di frequenza mentre la maschera di rabbia cominciava a svanire in favore di una smorfia triste.
 
«Perché maledetto? Perché »
 
Lacrime copiose scendevano sul suo viso mentre dei singhiozzi violenti la scuotevano da capo a piedi, caricando l'ultimo pugno ma abbassandolo poi lentamente – spossata e travolta da una tristezza insostenibile mentre, incapace di trattenere il pianto, si piegò in avanti fino a nascondere il viso sul petto del Lin Kuei, soffocando lunghi gemiti sulle stoffe della sua uniforme.
 
«… Mia figlia… Nostra figlia… »

Neppure Kitana, uno dei più duri e temprati combattenti di ogni reame, poteva sfuggire al un dolore di una madre che perde la propria figlia.
 Scossa dai singhiozzi e dal pianto copioso, Kitana rimase con il viso nascosto sul petto del Lin Kuei svenuto, rannicchiata e nuda, fragile come mai nessuno nella sua esistenza l'aveva vista.
 
† † † †
 
Sub-Zero
Segrete Imperiali
Poco dopo

 
Il Gran Maestro si risvegliò di colpo, intorpidito e con il gusto del sangue in bocca.
Aveva entrambe le braccia aperte e le mani ammanettate con delle catene agganciate a entrambi I lati delle pareti di quella cella dove era prigioniero.
Dolorante, con il viso tumefatto dai colpi ricevuti, cercò di riordinare le idee e studiò la piccola cella dove era rinchiuso: a giudicare dall'assenza di finestre e dall'odore stantio, doveva essere sotto terra, le mura con cui era stata edificata la sua cella erano ricoperte di muschio e muffe rossastre, mentre sul terreno era cosparso del pagliericcio da cui filtrava il freddo della pietra. Nonostante il clima torrido della Capitale, nelle segrete la notte si congelava… Fortunatamente non era un grosso problema per lui.
Con l'occhio destro appena socchiuso – il sinistro inutilizzabile da quanto era gonfia l'arcata sopraccigliare – studiò eventuali vie di fuga senza tuttavia trovarne alcuna, e le condizioni in cui versava non erano delle migliori: le vesti brutalmente strappate e lasciato a giacere legato con quelle catene seminudo, con solo un lembo di stoffa a coprire le intimità. Non aveva segni di percosse nel corpo muscoloso, ma il viso era completamente tumefatto e avvertiva ancora lo stordimento per i colpi ricevuti da Kitana.
Abbassò il capo, con un moto di fastidio dipinto sul viso, mentre pensava a come rivedere la Principessa dopo tutti quegli anni gli avesse obnubilato i sensi e fatto abbassare la guardia.
 
«Maledizione… Kitana.»
 
Mormorò sconsolato, maledicendosi per non essere riuscito a gestire la situazione – e mandando all'aria tutti gli sforzi in cui si era prodigato fino a quel momento per la sua missione.
Un fallimento completo, e probabilmente avrebbe pagato il suo errore con la morte…
 
La porta in legno della cella si aprì, e una figura femminile fece il suo ingresso. Avvolta in un mantello scuro, incappucciata, si mise davanti al Gran Maestro il quale – rialzando il capo – focalizzò l'attenzione sul viso della donna oscurato dal cappuccio. Pareva familiare ma non riusciva a capire chi fosse esattamente.
 
«...Kitana?»
 
La figura femminile rimosse il cappuccio dal capo, e il Gran Maestro sospirò nel riconoscere il bel viso della Principessa di Edenia, che lo osservava placidamente e privo di quella rabbia con cui l'aveva selvaggiamente assalito poco prima.
Kitana lo osservava in silenzio, senza accennare a una parola, come in attesa che fosse lui a parlare.
 
«Ascoltami Kit… Lei è viva. Frost è viva. La nostra bambina… E' ancora fra noi.»
«Dov'e'?»
 
Kitana non lasciava trasparire emozioni, rimanendo a osservarlo impassibile.
 
«Lei… Non lo so. Qui ad Outworld, da qualche parte… Scorpion veglia su di lei.»
 
Il Lin Kuei abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello di Kitana: la presunta morte di Frost – la loro figlia, che Kitana stessa diede alla luce in una remota caverna una ventina d'anni prima – era una macchia indelebile nella sua anima e un peso insostenibile nel suo cuore. Kitana gliela aveva affidata appena in fasce, con la promessa che il loro segreto e la bambina sarebbero stati al sicuro fra i Lin Kuei. Questa promessa fu infranta nel momento in cui la giovane Frost – accecata dal suo ego – tentò di sottrargli il Medaglione del Drago e fu assiderata a morte dal suo stesso Kori, come se non fosse pronta a ricevere il mistico monile.
Ritrovare la sua tomba vuota fra le rovine di Cryon dove l'aveva sepolta, diede a Sub-Zero una nuova speranza: di ricongiungersi con la figlia e finalmente poter affrontare l'unica donna che avesse mai amato in vita sua, Kitana. Dirle che non l'aveva delusa, che la promessa non era stata infranta…
 
Il lungo silenzio e l'apatia di Kitana riportarono il Lin Kuei alla realtà. 
 
«Kit... Mi hai sentito? E’ viva… »
«Ti ho sentito bene.»


Sub-Zero la fissò in tralice, c’era qualcosa che non andava. Non era possibile una freddezza simile a una tale notizia, per quanta acredine Kitana potesse avere nei suoi confronti.
 
«Chi sei?»


Il viso di Kitana, bellissimo e perfetto nei lineamenti, freddo e distante come se le parole del Lin Kuei non avessero avuto effetto alcuno, mutò lentamente in un’espressione di crudele divertimento. La donna quindi emise una risatina sommessa e sarcastica, portando la mano affusolata alle labbra elegantemente, avvicinandosi quindi al Gran Maestro incatenato che la osservava di rimando, maledicendosi fra sé per essere caduto nell’inganno.

 
«E così quella puttana ha una figlia? Davvero interessante.»
 
La mano della donna si sollevò verso il viso del Lin Kuei, sfiorandone i lineamenti tumefatti con l’unghia dipinta di smalto viola, maliziosamente.
 
«Chi sei?»
 
Ripeté Sub-Zero, cercando di opporsi al tocco di lei ma inutilmente, le catene alle braccia non gli permettevano resistenza alcuna. La donna si fece più vicina, portando una coscia nuda fra le gambe del Gran Maestro e accostando l’esile vita e i generosi seni al suo torace muscoloso mentre portava entrambe le braccia dietro al collo di lui e schiudeva la bocca per andare a lappare le labbra di Sub-Zero voracemente, mentre lui cercava inutilmente di ritrarre il viso.
 
«Mmm… Hai un buon sapore, Sub-Zero.»
«Dimmi chi sei.»
«Tsk!» una lieve risatina, mentre la donna rilasciava la presa alla nuca e ritraeva il corpo da quel contatto provocante.
 
«Sono tutto quello che è Kitana, e molto di più. Non mi riconosci, Gran Maestro?»
 
Con palese divertimento la donna attese la risposta del Lin Kuei che – osservandola – non poté fare a meno di costatare che era uguale a Kitana come fossero due gocce d’acqua, persino il suo odore era uguale… Solo gli occhi della donna che aveva davanti erano differenti, accesi di una luce sadica e spietata, per certi versi animalesca, che erano in netta contrapposizione con quelli di Kitana. Il suo silenzio, tuttavia, venne interrotto dalla donna che, spazientita, scosse il capo.
 
«Sono Mileena, caro Lin Kuei.»
«Ma come… »
«Il mio aspetto, dici? Oh, è una lunga storia e temo tu non abbia tutto questo tempo per ascoltarla.»
«Che intenzioni hai?»
«Oh, mio caro, oggi mi hai dato parecchio da riflettere. La nostra cara Principessa di Outworld, figlia dell’Imperatore, che ha una figlia? Vale la pena indagare, non trovi?»
 
Il sorriso di Mileena lo scherniva perché nonostante le maniere gentili la reputazione della Sacerdotessa degli Angeli era ben nota a Sub-Zero, ed era sicuro che la sua ‘indagine’ avrebbe implicato fiumi di sangue e morte.
 
«La tua cara Kitana ha invaso il mio mondo, ha rubato il mio posto a fianco del nobile Shao Khan… La pagherà per questo, te lo assicuro. Lei... E tutta la sua famiglia.»
 
Sub-Zero, un uomo calmo e razionale anche nella peggiore delle situazioni, fu colto da un moto di ira accecante mentre – con un urlo – si protese in avanti per scagliarsi contro Mileena ma trattenuto dalle pesanti catene che lo costringevano con le braccia divaricate, come un animale in gabbia, mentre Mileena usciva dalla cella ridendo di gusto.
 




† † † † 
 

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