Fragilitas Asphodelii – La fragilità dell'Asfodelo

di _Sherazade_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** C'era una volta ***
Capitolo 2: *** Basta uno sguardo ***
Capitolo 3: *** Il Ratto ***
Capitolo 4: *** Re e Regina ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** C'era una volta ***


Fragilitas Asphodelii

– La fragilità dell'Asfodelo -

 



Questa immagine non è mia, ogni diritto appartiene all'artista che l'ha dipinta. http://www.deviantart.com/art/Hades-and-Persephone-145221721
 
- C'era una volta... -

 

C'era una volta, tanto e tanto tempo fa, un Dio che amava i suoi fratelli e le sue sorelle più di qualunque cosa al mondo.

Il suo nome era Plutone, figlio di Saturno e di Opi1, i titani che a quei tempi governavano sul mondo.
Ma quelli non erano tempi felici, e Saturno regnava sulla Terra come un tiranno, così i suoi figli si unirono per porre fine a quel regno di terrore.
Quando la guerra finì, fratelli e sorelle dovettero dividersi il dominio del mondo.
Ognuno di loro avrebbe potuto scegliere di cosa occuparsi: del cielo, del mare, del fuoco, della terra, del matrimonio e del sottosuolo.
E proprio per quest'ultimo sorsero i primi problemi: nessuno sembrava volersene occupare.
- Che sia la sorte a decidere. - propose Vesta, la maggiore.
- Ma a Giove, dato che è stato lui a sconfiggere nostro padre, spetta il diritto di scelta sul suo dominio. - disse Giunone, la più piccola fra le sorelle. Giove si grattò pensieroso il mento.
- No, è giusto che anche io mi rimetta al destino. Chiunque di noi sei venga estratto, si occuperà del Sottosuolo. - Dei sei, Plutone era il più melanconico, il più timido e impacciato ma, quando l'occasione lo richiedeva, il Dio sapeva mostrare una decisione e una risolutezza tali da renderlo il più grande fra gli Dei.
- Lasciatelo a me. Sono io il maggiore dei tre, - disse rivolto ai fratelli, - credo che sia giusto così. Vesta, mia amata sorella, lo vedo nei tuoi occhi, è il focolare ciò che devi proteggere. E tu dolce Cerere, nel momento in cui hai posato piede a terra, la connessione con essa è stata più che lampante, potrei mai separarvi? E tu, Giunone... lo vedo come vi guardate, - disse volgendo con sguardo addolcito il fratello più piccolo, Giove, - non posso essere la causa della vostra separazione. Tu, e tu sola puoi essere di riferimento per le donne della Terra, come protettrice del matrimonio e della maternità. Lo sento, è la tua strada.
- Ma lo sai questa scelta cosa comporterà? - chiese Cerere abbracciando il fratello mentre le lacrime le rigavano il volto. Plutone annuì, asciugandole le lacrime col dorso della mano.
- Sì, ed è giusto che le cose vadano in questa maniera. Negli occhi dei miei fratelli vedo già riflesso il mondo di appartenenza, e io già sento l'Averno che mi reclama. Non siamo noi a scegliere davvero: lo abbiamo nel sangue.
I cinque fratelli annuirono, e ognuno di loro prese il proprio posto nel mondo.
Il regno del Sottosuolo, quello del cielo e quello del mare, inviarono due cocchi per ricevere i rispettivi nuovi padroni. Il primo scuro trainato da stalloni dal manto nero e lucido e dagli occhi rossi, il secondo, dorato e brillante, trainato da dei pegaso bianchi e l'ultimo trainato da cavalli marini, adornato di conchiglie, luccicante e maestoso.
Plutone si era sacrificato per tutti loro: scegliere il Sottosuolo significa rinunciare per sempre alla luce del sole. Salvo qualche sporadica visita in superficie, le divinità ad esso legate, non potevano più abbandonare quei luoghi oscuri. E così sarebbe stato anche per lui.
- Grazie, fratello. Non scorderemo mai il tuo gesto. - gli disse Giove, abbracciandolo con amore, - Un giorno ricambieremo il tuo favore. È una promessa.
Plutone annuì e aizzò i cavalli per raggiungere quella che sarebbe diventata la sua casa.



1 Opi è il nome con cui Rea era conosciuta dai romani. Girovagando ho trovato che anche Rea veniva venerata presso i romani, ma ho preferito utilizzare comunque Opi.

 
L'angolo di Shera♥


Come accennato eccoci con una storia nuova di zecca!
Non smetterò la revisione di in bilico (non ora che la storia comincia a farsi interessante e che la parte dedicata alla vita di Alina con la sua "meravigliosa" famiglia è finita), ma volevo cominciare anche questa nuova storia :D

Dato che avevo già sfornato Lux Averni, perché fare un'altra storia su Ade e Persefone?
Perché questa è una storia su Plutone e Proserpina, e non è la stessa storia.
Da appassionata di mitologia, di storie e versione ne ho spulciate parecchie, e ciò che ho sempre notato è che, seppur simili, gli Dei greci sono caratterialmente molto più esagerati rispetto a quelli romani. Anche più aggressivi e talvolta quasi negativi.
Gli Dei romani li ho sempre visti più positivi, più buoni... Giove cornifica comunque allegramente la povera Giunone, ma mi è sempre parso meno riprovevole della sua controparte greca. E Ade/Plutone...
Una delle versioni che mi ha sempre fatto storcere il naso, è quella in cui il nostro Dio preferito estorce con la forza la virtù a Persefone, facendone così la sua sposa.
Per fortuna che esistono le altre versioni!
Comunque, le varie versioni di Plutone, sono quelle che mi hanno fatto innamorare del Dio. L'ho sempre visto molto tenero e impacciato, timido, non bellissimo ma troppo cucciolo... insomma, fa venir tenerezza.
Ed è questa la versione che voglio adottare per la storia.
Non l'Ade sicuro di sé (entrambi innamoratissimi, eh!), ma il Plutone tenerello e timido oltre ogni dire.
Spero che non venga fuori una cosa lunga.
Volevo fare una OS, ma poi ho deciso di spezzare, spero di non pentirmente e di non tirare fuori un'altra storia infinita XD

Spero che l'inizio vi possa piacere.
Un abbraccio

Shera ♥

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Capitolo 2
*** Basta uno sguardo ***


- Basta uno sguardo -




Passarono i giorni, passarono gli anni, passarono i secoli... Plutone finì col chiudersi ancora di più in sé stesso. Amava l'Averno: lui era diventato parte di esso, l'uno era l'estensione dell'altro, e il popolo del Sottosuolo amava il proprio Signore. Ma mancava ancora qualcosa al Dio per essere felice.
Durante una delle sue rare visite in superficie, Giove lo prese in disparte assieme a Nettuno.
- Fratello, cosa ti turba? - gli chiese il minore dei suoi fratelli.
- Nulla, non ti preoccupare per me, tornate a godervi la festa, io credo che farò ritorno nel mio regno.
- Non puoi startene in un un angolo a sospirare e pretendere che noi non ci preoccupiamo per te. - gli disse Nettuno. - Inoltre, non puoi abbandonare la festa: è appena cominciata!
Dopo numerose insistenze, Plutone cedette, e rivelò ai due cosa lo faceva star male.
- … questo è quanto. Vi chiedo di non fare o dire nulla. Il mio è un problema senza soluzione. - il Dio si rattristò ancora.
- Ma di certo, con tutto quello che hai da offrire, fratello, è impossibile che tu non trovi nessuna Dea. Hai provato davvero a parlare con qualcuna di loro? - disse indicando le Dee presenti alla festa. Plutone evitò lo sguardo. Aveva provato in passato, sia con Dee che con delle ninfe, ma dopo pochi scambi di parole, le fanciulle se ne andavano, lasciandolo solo.
Erano spaventate da lui e dal mondo che lui rappresentava. Per questo aveva deciso di non provarci mai più, ma la solitudine lo stava lentamente uccidendo.
- Lascia fare a noi!
Erano passati secoli dall'ultima volta che ci aveva provato, Plutone pensò che forse, con l'aiuto dei fratelli che avevano maggior successo col gentil sesso, sarebbe stato in grado di trovare una compagna.
Plutone aveva anche provato a relazionarsi con le divinità e le ninfe del suo regno, ma sentiva che il suo cuore era ancora legato alla superficie, e solo una creatura del mondo di sopra sarebbe stata in grado di rapire il suo cuore.


Plutone invidiava gli umani e i loro amori, e così anche i suoi stessi fratelli che erano riusciti a trovare l'amore nella propria infinita esistenza.
Vedeva Nettuno assieme alla bella Salacia1, Dea del mare dai lunghi capelli turchini. Non c'era da sorprendersi del fatto che il fratello avesse fatto di tutto pur di convincerla a sposarlo.
Nonostante le sue successive relazioni clandestine, loro, agli occhi di Plutone, rimanevano una bellissima coppia.
Plutone invidiava anche Giove: lui aveva amato così tante donne, e da molte di esse era stato riamato a sua volta. Lui, Plutone, invece era sempre rimasto solo.
Aveva provato a giacere con qualche donna, ma non aveva provato nulla di quello che gli umani spesso avevano tanto decantato.
I due fratelli insistettero talmente tanto che alla fine il Dio si lasciò convincere, e li lasciò fare. Una strana sensazione sembrò riattivare il suo cuore da tempo spezzato.
Giove e Nettuno cercarono in lungo e in largo dee e ninfe disposte a frequentare il fratello, disposte a diventare “Regina del Sottosuolo”. Inizialmente erano tutte elettrizzate all'idea di diventare regina, ma non appena scoprivano che lo sposo sarebbe stato Plutone, le divinità declinavano senza esitazione.
Dovrei rinunciare alla luce del sole? Davvero?”
Nel Sottosuolo? Giammai!”
Voi mi avete cercata per diventare moglie di Plutone? Rinuncerei all'immortalità pur di non fare una fine del genere”
Alcune espressioni furono davvero perfide, e i due fratelli non rivelarono mai a Plutone alcune delle battute fatte dalle donne che avrebbero dovuto sposarlo.
Non appena saputo dell'insuccesso dei fratelli, Plutone non riuscì a celare loro la delusione. Il suo volto sembrò diventare ancora più pallido e scavato di quanto non fosse mai stato.
- Perdonaci, Plutone. Non siamo stati in grado di aiutarti. - disse Nettuno abbracciandolo.
- Se solo avessero provato a conoscerti, sono certo che ti avrebbero amato... - Giove avrebbe voluto spingere quelle donne a dare una possibilità a Plutone, ma non poteva obbligare nessuna di quelle donne a sposarlo. Soprattutto perché Plutone non avrebbe voluto essere amato a forza.
Dopo poco tempo, però, Giove ebbe un'idea, e quando Nettuno l'udì ne fu entusiasta.
Se il loro piano fosse riuscito, sarebbero stati in grado di aiutare finalmente Plutone.


Giove chiamò le sue sorelle, e, assieme a Nettuno, illustrò loro la sua idea per permettere che anche il loro amato fratello potesse essere felice.
Loro non potevano obbligare altre donne a sposarlo, tuttavia, potevano convincere le proprie figlie a farlo, quelle che ancora non avevano preso marito.
- Io ho già parlato con Salacia1. Non era entusiasta all'inizio, non lo posso negare, ma una volta spiegatole le nostre motivazioni, piangendo, ha accettato. Se Plutone dovesse innamorarsi di una delle nostre figlie, noi favoriremo con gioia questa unione. L'Oltretomba non sarà un luogo lieto, ma nostra figlia avrebbe tutto ciò che potrebbe desiderare. Plutone non le farebbe mancare nulla, e questo è quello che ogni buon genitore desidera per le proprie amate figlie. - disse lui. In realtà convincere Salacia fu molto più arduo di quanto non ammise, e solo la prospettiva delle immense ricchezze di cui disponeva il fratello, riuscì a far cedere l'adorata moglie.
- Giunone, mia diletta, tu che ne pensi? - un pesante silenzio piombò nella sala. Giove e Giunone si fissarono per alcuni istanti che sembrarono durare un'eternità.
- Mio amato sposo, ciò che chiedi non è di facile risposta. Tu mi stai chiedendo, nel caso in cui nostro fratello si innamorasse di una delle nostre figlie, di separarmi per sempre da una di loro.
- Non per sempre. Come Plutone parteciperebbe alle nostre feste di tanto in tanto. Magari, una delle nostre figlie, potrebbe anche innamorarsi dell'Averno. - Giunone non riuscì a trattenere una risatina forzata. Nonostante nessuno di loro fosse mai stato nell'Oltretomba, i resoconti di Mercurio, l'unico Dio che potesse entrarvi ed uscirne senza problemi, erano stati più che sufficienti per loro per farsi un'idea su come fosse il regno di Plutone. E ahimè, non era un luogo in cui nessuno di loro ci sarebbe mai andato con gioia, figuriamoci trasferirsi in pianta stabile.
- Anche se ne dubito, se anche accadesse ciò, non sarebbe più la stessa cosa... tuttavia, - la Dea inspirò profondamente, - per ciò che Plutone ha fatto per noi, io... io vi do il mio assenso.
Rimasero solo Vesta e Cerere: la prima aveva fatto voto di castità e non aveva mai generato prole, mentre la seconda era riuscita a concepire solo una figlia: Proserpina, ed era la gioia dei suoi occhi.
- Cerere... tu cosa intendi fare? O tutti siam d'accordo, o non si fa nulla. - disse serio Giove. La Dea non seppe come rispondere. Da un lato amava il fratello, e gli era grata per essersi sobbarcato il peso del mondo delle ombre sulle proprie spalle, dall'altra, se Plutone avesse visto nella sua Proserpina l'amore della sua vita, lei non avrebbe retto a tale separazione.
- Dimmi, fratello, come posso separarmi dall'unica figlia che ho? - chiese mentre le lacrime le rigavano il volto.
- Anche noi siamo disposti a rinunciare alla nostra progenie per renderlo felice. - gli disse Nettuno, andandole vicino, cercando di consolarla.
- Ma voi ne avete tanti di figli e di figlie. Io ho solo lei!
- Non è detto che Plutone voglia la tua Proserpina. Io credo che lei non sia adatta a lui... Lei è ancora una ragazzina, troppo chiassosa per un Dio come nostro fratello. - la rassicurò Giunone. - Se conosco bene Plutone, di certo preferirà una compagna più matura e seria, qualcuna con cui condividere le proprie passioni. Proserpina è troppo giovane per riscontrare il suo interesse. - il ragionamento di Giunone la rasserenò. Stava per accettare, certa che il fratello non avrebbe mai posato gli occhi su sua figlia, ma Vesta la fermò.
- Ma se lui invece la volesse? - chiese la Dea del Focolare, - Cosa faresti se dovessi separarti da lei? - Giunone la fulminò con lo sguardo. - Se accetti, devi farlo solo perché hai preso in considerazione il fatto che forse, fra tutte, proprio tua figlia potrebbe riuscire ad interessarlo.
Giove e Nettuno annuirono. Cerere doveva prendere la decisione conscia di entrambe le possibilità.
- Sorella, voglio solo ricordarti che è anche grazie a lui se oggi tu sei qui e hai potuto avere quella figlia tanto amata. Se lui la dovesse amare, la tua figliola non sarebbe mai sola, e sarebbe riverita come una regina. Non le farebbe mancare nulla, e sarebbe la più ricca Dea di tutti i regni.
Cerere strinse la mano al petto e si tolse la corona di fiori che la figlia aveva intrecciato per lei.
- Se il destino dovesse volere questo per lei, io non potrei fare nulla, se non cercare di accettare con benevolenza quello che è già stato scritto. - la Dea accarezzò la corona dai mille colori, dono che superava tutte le ricchezze che il mondo sotterraneo potesse offrire, almeno ai suoi occhi.
“Spero solo che il destino non scelga proprio te fra tutte, ma se lo dovesse fare, spero che porterai davvero gioia al mio sfortunato fratello, e che tu stessa possa trovare la tua felicità”.


Senza rivelar nulla a Plutone, i due fratelli scesero sulla Terra e incontrarono il fratello davanti uno degli ingressi del suo regno. Cercarono in ogni modo di convincere il Dio a far visita prima all'uno e poi all'altro regno, ma Plutone sembrava non essere più interessato a trovare una fanciulla da sposare.
- Non starete ancora cercando di trovarmi una sposa? - chiese lui mentre i due lo stavano riaccompagnando all'ingresso del regno del Sottosuolo. - Non dovete più affannarvi a cercare, perché non ce n'è più bisogno.
- Ma Plutone, siamo certi che fra di loro troverai certamente una Dea degna di...
- Ve l'ho detto, non serve che vi danniate per me.
- Ma fratello, - disse Nettuno, - noi vogliamo solo la tua felicità.
- Sei stato tu a dire che ti sentivi solo e che avresti voluto anche tu una sposa con cui condividere il governo del tuo regno.
- Sì, lo so.
- E allora perché smettere di cercare? Abbi pazienza...
- Non serve più cercare, ve l'ho detto. - Giove stava ancora per insistere, quando il fratello gli fece cenno di tacere.
- Non serve perché l'ho già trovata. È lei che voglio, appena l'ho vista, ho capito che era lei. - disse indicando il piccolo specchio d'acqua che stava davanti all'ingresso del Regno del Sottosuolo.
Un'immagine dapprima sfocata, e via via sempre più nitida, venne rivelata alle due divinità incredule.

La Dea che Plutone aveva scelto, era Proserpina.



1 Salacia, equivalente di Anfitrite, moglie di Poseidone nella controparte Greca.



 
L'angolo di Shera ♥


Salve a tutti e bentornati!
La storia sta cominciando a delinearsi, come avrete potuto notare, in questa versione i sei fratelli vanno mooooooooolto d'accordo, si vogliono un gran bene e per questo si spalleggiano a vicenda. Era quello che volevo, e ne sono davvero contenta.
Per me è raro scrivere così presto, ma ho una nuova storia in testa per un contest, e non riuscivo a chiudere occhio (ero a pezzi ieri, ma alle 3 ero ancora lì a rigirarmi nel letto dopo aver sonnecchiato per un'oretta). Non posso accennarvi molto, se non che è una storia a tematica fantasy che non verrà pubblicata se non dopo la scadenza del concorso.
Erano tutti pacchetti difficili, e avrei potuto cambiarli, ma io vado sempre, nel limite del possibile, di prima scelta. Tento davvero la fortuna ad ogni costo!
La cosa sembra essere interessante, e sarò ben lieta di sentire poi le vostre opinioni :D. Ci saranno svariate cose per me mai affrontate, o affrontate solo sporadicamente e in maniera lieve: è una vera sfida, ma noi l'abbiamo già accettata.


Detto questo, io spero che questa storia vi stia piacendo, sarei felice di sapere cosa ne pensate, se vi piace, se la trovate buona, se c'è qualcosa che non vi piace ecc.

A causa del contest, e, se mi risponde, di un altro, per un po' metterò da parte questa storia e la revisione di "In bilico". Avevo già cominciato a sistemare il settimo capitolo, ma dovendo rispettare delle scadenze, e col fatto che sta venendo fuori una storia abbastanza complessa, non posso permettermi distrazioni di sorta.

A presto
Shera♥

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Capitolo 3
*** Il Ratto ***


- Il Ratto -




Le sei divinità si ritrovarono nella sala del concilio, e Plutone chiese formalmente la mano di Proserpina. Cerere, che era una Dea di parola, acconsentì, anche se ciò significava per lei la perdita dell'unica e amatissima figliola.
Dopo aver siglato il patto, facendo solenne giuramento di rispettarsi a vicenda, Cerere si ritirò nelle stanze della sorella Giunone, non riuscendo più a contenere il profondo malessere che stava provando.
Plutone, che aveva intuito cosa le passasse per la testa della sorella, cominciò a sentirsi male. Per un attimo, pensò addirittura di annullare il matrimonio, ma Giove, che conosceva bene sia lei che lui, cercò di scacciare subito quei pensieri negativi, incoraggiando e spronando Plutone e non lasciarsi andare.
- Non preoccuparti, fratello. Vedrai che le passerà.
- Lo spero, caro Giove. Non ho scelto di chi innamorarmi, ma farò quanto in mio potere per rendere felice la donna che mi ha reso suo schiavo. - disse il Dio sorridendo lievemente, lasciando poi la sala e svanendo in una nube scura.


Cerere piangeva fra le braccia di Vesta, mentre Giunone camminava avanti e indietro per la stanza.
- Coraggio, sorella, non è poi così grave, vedrai che la tua Proserpina starà bene. - cercò di rincuorarla la sorella maggiore.
- La fai facile, - disse lei fra i singhiozzi, - mi si stringe il cuore al pensiero della mia bambina laggiù, in quelle terre oscure, senza neanche un raggio di sole.
- Abbiamo fatto un patto, però, e Plutone la tratterà con ogni riguardo. - constatò Giunone. Non voleva far rattristare la sorella, ma non potevano neanche sottrarsi al patto che loro cinque avevano stipulato.
- Lo so... So che nostro fratello è buono e che, probabilmente, è l'unico che tratterebbe davvero bene mia figlia, restandole sempre fedele. - la Dea della fertilità e dei raccolti si asciugò le lacrime. - Come posso dirlo a mia figlia? Come posso dirle che sarà costretta ad abbandonare me e i prati che tanto ama, per andare a vivere là sotto? - chiese con un'angoscia tale che le due Dee non riuscirono a trovare nessuna risposta che la potesse consolare.
In quel momento entrarono negli appartamenti della Signora degli Dei i loro fratelli: Nettuno e Giove. Vedendo la sorella così rattristata, si sentirono in colpa, ma avevano degli obblighi verso il loro caro fratello.
- Mia cara Cerere, - cominciò Giove, poggiandole le mani sulle spalle, - asciugati le lacrime, e sii felice per la fortuna che ha sorriso a tua figlia. Puoi star certa che la dolce Proserpina verrà sempre amata e riverita, non le mancherà mai nulla. - Cerere annuì.
- Quanto tempo ho ancora a disposizione?
- Nostro fratello non vuole metterti fretta. Prendetevi il vostro tempo. - disse Nettuno, poggiando per terra un baule riccamente decorato. - Questo è un dono per Proserpina. Sta per diventare Regina, e nostro fratello ha chiesto di farle indossare questi il giorno in cui sarà pronta per scendere nel suo Regno.
Cerere e le sorelle rimasero stupite nel vedere la bellezza dei doni che Plutone aveva fatto preparare per Proserpina: una stupenda tunica bianca, con spille dorate e la classica cintura, più il largo e morbido mantello color zafferano; più i meravigliosi gioielli. Plutone aveva scelto personalmente gli zaffiri più luminosi e brillanti.
- Le parlerò nei prossimi giorni. - disse Cerere dopo aver chiuso il baule. - per favore, Giove, chiedi a Mercurio di recapitarci domani il baule.
- Ma certo.
La Dea si alzò e, dopo aver salutato fratelli e sorelle, scese dalla dimora degli Dei per tornare alla propria.


- Madre, madre! - gridò Proserpina seguita da alcune ninfe, correndole incontro con un meraviglioso mazzo di fiori. - Ci siete mancata oggi! - disse lei porgendole il suo dono. - Questo lo abbiamo composto insieme, scegliendo i tuoi fiori preferiti. - la giovane Dea era molto orgogliosa del lavoro fatto.
Cerere avrebbe voluto ringraziarla, ma era ancora molto triste per l'imminente separazione. D'istinto abbracciò la figlia, scoppiando in un singhiozzo che sembrava non dover più cessare.
- Madre mia, cosa vi è capitato? I miei zii stanno forse male? - Cerere cercò di calmarsi, ma, per quanto ci provasse, era tutto più forte di lei. La figlia, preoccupata nel vedere la madre in quello stato, chiese alle ninfe di portare dell'acqua fresca per la madre.
Dopo aver riposato per qualche minuto, la Dea riuscì a riprendersi.
- Perdonami, bambina mia, e anche voi... vi ho fatte preoccupare tutte inutilmente. Non bisogna essere tristi, ma felici, perché questo è un giorno molto lieto per te, mia dorata figliola.
A Proserpina brillarono gli occhi, curiosa com'era tempestò la madre di domande.
- Un Dio ha chiesto la tua mano oggi. - la giovane Dea e le sue amiche gridarono di gioia.
- E chi è madre? Fatemi indovinare, è mio fratello Mercurio, non è vero? - disse lei giocherellando con una margherita. - Lui è sempre tanto caro e gentile, non è bello come Apollo, ma è molto allegro e simpatico. - le ninfe si congratularono con la Dea, ma Cerere dovette interrompere tali festeggiamenti.
- Mi spiace deluderti, mia adorata, ma non è stato Mercurio a chiedere di poterti sposare. - Cerere pensò a lungo alle parole da utilizzare, in modo da poter rendere Plutone sotto la luce migliore. - È un Dio molto ricco e potente, presto tuo fratello Mercurio ci recapiterà uno dei suoi doni. Le vesti e i gioielli per le nozze. Sono certa che li amerai non appena li vedrai.
- Dai, ditemi chi è. - la supplicò lei, ma Cerere non voleva ancora rivelarle la verità, perché conosceva sua figlia, e sapeva che la ragazza avrebbe posto un netto rifiuto alla proposta di suo zio, fratello della madre.
- Ti dico solo questo, mia amatissima figlia, - disse la potente Dea con gli occhi sempre più lucidi, - lui è un Dio al quale affiderei la mia stessa vita, perché già una volta l'ha salvata. Sii felice perché tra tutte le donne, fra tutte le ninfe, tra tutte le meravigliose Dee, lui ha scelto proprio te. Tu l'hai colpito con la tua semplicità e dolcezza, e per questo ti amerà per sempre.
- Madre... - Proserpina fissò la madre con stupore. Non l'aveva mai vista così seria e malinconica, era strana, ma non volle insistere nel chiederle ancora chi fosse quel misterioso Dio.
- Sarai molto felice, mia stella! - Cerere abbracciò la figlia, chiedendo alle ninfe di preparare la cena: dovevano festeggiare Proserpina e lo avrebbero fatto con dei sontuosi banchetti per i successivi tre giorni.


Il giorno successivo, Mercurio fece loro visita, e consegnò a Proserpina il prezioso baule.
Come le aveva anticipato la madre, i ricchi doni erano davvero splendidi e la ragazza ne rimase abbagliata.
- Dai, sono certa che tu lo sai... - chiese la giovane, cercando di farsi dire dal fratello quella cosa che tanto agognava scoprire. - Non c'è nessuna notizia, divina o mortale, che possa sfuggirti.
- Questo è vero, ma mi hanno proibito categoricamente di fartene parola.
- Quindi lo sanno tutti tranne me! - borbottò, imbronciandosi e voltandosi dall'altra parte. - E dire che avevo anche sperato che potessi essere tu quel Dio. - Proserpina contava tutto sulla vanità del fratello.
- Perdonami, sorellina, ma non sono io e non posso proprio dirti chi è. Se lo facessi nostro padre non mi perdonerebbe mai. - si difese lui. - Ma se vuoi posso rispondere a qualche domanda non diretta. - disse pizzicandole la guancia. Proserpina rise, e riuscì a strappare al fratello tre domande.
- Allora, che tipo è? - chiese incuriosita.
- Non è un tipo di tante parole, ma è un Dio brillante e intelligente.
- Questo non mi è di grandissimo aiuto, Mercurio. - si lamentò la ragazza. - Ma ho ancora due domande... È bello? - il Dio si pietrificò.
- È così brutto? - chiese lei preoccupata. La reazione del fratello non era per nulla rassicurante.
- Ma no, cosa dici, - le rispose lui. - la sua è una bellezza particolare, ma potrebbe anche piacerti. - il Dio non poteva raccontarle una bugia, ma non poteva neanche dirle che il suo futuro sposo era bello. Plutone, sfortunatamente, non era affascinante quanto i suoi fratelli. Il Dio del regno dei Morti era molto magro, le mani erano ossute, e le lunghe dita finissime. La pelle biancastra, incorniciata dai capelli scurissimi, lo facevano sembrare ancora più pallido e senza vita. - Ti resta ancora una domanda.
- Lo conosco bene? - Proserpina cominciò a temere che Venere avesse finalmente ottenuto il tanto sospirato divorzio dal lunatico e scontroso Vulcano. Proserpina non aveva scambiato che poche parole con lui, e l'idea di prendere il posto di Venere non l'allettava per nulla. Mercurio le rispose che il Dio che avrebbe sposato non lo conosceva tanto bene quanto poteva conoscere Apollo o Bacco. Proserpina cominciò a sudare freddo, e implorò il fratello di dirgli il nome, ma Mercurio non poteva venir meno agli ordini del padre.
- Ti prego, ti prego fratello, - chiese lei piangendo, - dimmi che non è Vulcano. - il Dio fu felice di constatare che la sorella aveva frainteso le sue parole, e così le diede conferma. Lui non stava venendo meno ai suoi obblighi, e Proserpina sarebbe stata più tranquilla.
- Me lo giuri?
- Certo. Riposati tranquilla, il tuo sposo è assai più importante e gradevole. - Il Dio del commercio non voleva mancare di rispetto al Dio fabbro, ma Plutone gli era davvero superiore. Era pur sempre uno dei sei!
Proserpina lo salutò, grata per il dono e per aver condiviso con lei almeno quella verità.


Due giorni dopo, sua madre Cerere le chiese di indossare le vesti, perché presto il suo sposo sarebbe passato per prenderla con sé, portandola in quello che sarebbe diventato anche il suo regno.
Proserpina indossò felice la veste preziosa e i meravigliosi gioielli, canticchiando allegramente. Notò però che non aveva neanche un fiore da infilare fra i capelli, e così uscì dal loro palazzo.
Cerere, che non si era accorta dell'assenza della figlia, accolse Plutone, che era giunto a reclamare la sua sposa.
- Mia signora, - disse una delle ninfe alle due divinità, - Proserpina è uscita qualche minuto fa per raccogliere dei fiori.
Le due divinità attesero per parecchi minuti, ma della giovane non c'era traccia.
- Lei è fatta così, si perde nei campi... - disse la madre con tristezza. - Credo che sentirà soprattutto la mancanza delle passeggiate e dei prati. Dovrai trovare il modo di compensare tale mancanza. - lo ammonì lei.
- Non preoccuparti, cara sorella, lo sai che di me ti puoi fidare. - disse lui con voce tremante. Plutone era un Dio molto paziente e generoso, ma il suo tempo in superficie era sempre molto limitato. - Se Proserpina lo vorrà, potrà recarsi nell'Eliseo, lì ci sono prati, fiumi e laghi. Sono certa che li gradirà moltissimo. - il Dio tossì, e comparve nel mentre uno dei suoi più fedeli servi, giunto lì per ricordare al Dio che doveva ritornare presto nel loro regno, o ne avrebbe pagato le conseguenze. Plutone riusciva a restare a lungo lontano dal suo regno solo se si recava nelle dimore di Giove e di Nettuno. Sulla Terra il suo limite era di poche ore, e quanto più il sole era alto e caldo, tanto minore sarebbe stata la sua visita.
- Mi prometti che presto salirai in superficie? - gli chiese lei, non volendolo accompagnare. Non voleva scoppiare di nuovo a piangere, diede al fratello il suo bracciale preferito da dare in dono a Proserpina.
- Te lo prometto.
- Allora via, di sicuro la troverai lungo le sponde del lago. - disse lei, tremando come una foglia. Lui la abbracciò giurandole che avrebbe accolto la giovane con tutto l'amore e la devozione possibile.


Proserpina aveva perso la cognizione del tempo, aveva raccolto tantissimi fiori colorati, dimenticandosi completamente del suo impegno.
Stava passeggiando lungo il sentiero quando, da dietro un tronco, vide spuntare la sagoma di un uomo.
- Tua madre era in pensiero per te, Proserpina. - disse l'uomo dallo sguardo malinconico. Lei lo fissò, non ricordandosi chi fosse, ma se conosceva sua madre, non poteva essere una cattiva persona.
- Voi chi siete? - lui si schiarì la voce.
- Sono Plutone, fratello di tua madre. - lo aveva visto così di rado che Proserpina non si ricordava mai che aspetto avesse.
- Siete venuto per congratularvi per le mie nozze? - il Dio era molto imbarazzato. Con passo esitante si avvicinò alla ragazza che lo fissava incuriosita, e lui le porse il bracciale di Cerere.
- Questo è un dono di tua madre, vi rivedrete presto, ma ora dobbiamo andare, Proserpina. - il Dio scioccò le dita, e il terreno si aprì, facendone uscire fuori un meraviglioso cocchio nero, con delle rifiniture dorate e quattro possenti stalloni per trainarlo. La giovane Dea indossò il dono della madre, chiese di lei, e Plutone le rivelò che la Dea aveva dovuto andare via, ma che le augurava di essere felice e di godersi i festeggiamenti anche per lei.
- Ci aspettano per la cerimonia. - disse lui allungando la mano ossuta verso di lei. Proserpina deglutì, cominciando a temere che quello fosse il suo futuro sposo. “No, mia madre non avrebbe mai permesso a lui di portarmi via. Non laggiù, non dove non esiste luce, dove non esistono alberi, animali o vita. No, ci deve essere un errore.” pensò lei.
- Mi porterai da mio padre? È lì che si trova il mio sposo? - chiese senza incontrare il suo sguardo. Plutone si sentì rifiutato, ma già sapeva che la giovane non avrebbe compreso subito i suoi sentimenti, e che avrebbe faticato ad abituarsi alla sua nuova vita... ma solo in principio. Lui era convinto che Proserpina, alla fine, avrebbe accettato il suo ruolo, e che avrebbe imparato ad amare il loro regno e anche il suo sposo. Doveva solo essere paziente.
- Tua madre e tuo padre hanno pensato che fosse meglio non dirti subito la verità, - cominciò lui, - ma sappi che sarò un marito fedele e che potrai tornare in superficie per venire a trovare tua madre e le tue amiche. Non potranno essere visite lunghe, e non potrai salire troppo di frequente, ma ti assicuro che farò di tutto per rendere piacevole la tua vita. - disse lui inchinandosi di fronte a lei, porgendole l'anello che completava la parure che la giovane già indossava.
Proserpina scosse la testa, ripetendo più volte “No, non è vero”, mortificando così il povero Dio che si sentì ancora più triste e solo del solito.
- Proserpina... - sussurrò lui, alzando lo sguardo, incontrando quello di lei, vedendo le lacrime che le stavano rigando il viso.
- Io non posso. - disse lei tremante. - Non posso! - gli voltò le spalle e corse via, verso il lago dove sapeva di poter trovare rifugio dalle sue più care amiche.
Proserpina fuggì, e qualcosa scattò nel Dio, qualcosa che mai aveva provato prima.
Plutone non era mai stato aggressivo o cattivo, ma in quel momento, dopo l'ennesimo rifiuto, sentì montare la rabbia, prese il cocchio e inseguì la ragazza.
Proserpina non era molto veloce, non fu quindi difficile per il Dio raggiungerla e caricarla sul suo carro. Incurante delle proteste e delle suppliche di lei, Plutone vece aprire un'altra voragine e spronò i cavalli ad entrarvi.





 
L'angolo di Shera♥


Buon pomeriggio, finalmente son riuscita a riprendere in mano questa mini-long.
Come probabilmente avrete intuito, siamo quasi giunti alla fine, un capitolo, massimo due, e anche questa storia potrà ritenersi conclusa.
Non mi sono dilungata eccessivamente, e, come già sapete, lo stile fiabesco è predominante in questa storia.
Ringrazio Crateide per aver aggiunto la storia fra le seguite, e Manto per aver anche lasciato i commenti.
Alla fine sono le recensioni che ci permettono di crescere ed evolvere.
Anche se questa storia non è articolata quanto Lux Averni, son contenta per come mi sta uscendo.
Qualsiasi parere o critica è ben accetto.

Alla prossima

Shera♥

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Capitolo 4
*** Re e Regina ***


- Re e Regina -




Proserpina piangeva, gridava, invocava il nome dei suoi familiari con quanto fiato aveva in corpo. Ma nessuno rispose a quella disperata richiesta d'aiuto.
La terra si richiuse sopra le loro teste, e la luce del sole non poté più baciare la pelle della giovane Dea che era sempre più terrorizzata: cosa le avrebbe fatto lo zio in quel luogo orribile? Fino a quando avrebbe dovuto rimanere confinata laggiù, lontana dalla madre, dal padre e dalle amiche che tanto le volevano bene?
- Ti prego, - la implorò lui, - non piangere. Non ti voglio far del male. - nonostante i suoi modi fossero estremamente gentili, Proserpina non riusciva a tranquillizzarsi in alcun modo.
Giunti lungo le sponde del fiume infernale, il traghettatore Caronte, l'uomo incaricato di trasportare le anime dei defunti verso la dimora di Plutone, li accolse, facendoli salire sulla sua imbarcazione. Il vecchio guardò quasi con pietà il volto rigato dalle lacrime della povera Proserpina.
Il corpo della Dea non era più scosso dai singhiozzi, ma cominciò a tremare per il freddo che aleggiava nell'aria. Plutone, senza dire una sola parola, dopo che la giovane si sedette, le poggiò sulle spalle il caldo mantello che aveva fatto preparare apposta per lei. Il Dio sapeva bene che nel suo Regno non c'erano i caldi raggi del sole a riscaldare la sua amata, il caldo Scirocco non sarebbe mai entrato nel suo regno portando con sé calore e i profumi del mondo di superficie.
No, nel suo Regno, Proserpina, non avrebbe ritrovato quasi nulla che le ricordasse il suo mondo.
“Forse ho fatto male a sceglierla?”, si chiese il Dio, ma ricordò le parole dei fratelli che tanto lo avevano incoraggiato, in particolare quelle di Giove: - Magari, la mia dolce figliola, sarà reticente in un primo momento, ma vedrai che riuscirai a conquistarla, fratello.
Proserpina si ammutolì, non disse più una sola parola. Non implorò nemmeno di essere riportata in superficie, la ragazza aveva già capito che nessuno sarebbe sceso nel regno dello zio per salvarla da quell'ingiusto destino.
La Dea si era data della sciocca per aver sperato di vedere qualcuno giungere in suo soccorso: la sua stessa madre aveva acconsentito a quell'infausta unione, così come suo padre. Nessuno avrebbe avuto nulla da ridire.
“Che sciocca, che stupida...” pensò amaramente, mordendosi il labbro fino a farne uscire una goccia di sangue.
La barca si arrestò non appena toccò la sponda in pietra, oscillando lievemente.
Plutone allungò la mano verso la giovane, che tuttavia rifiutò l'aiuto, scendendo da sola dall'imbarcazione. In quel momento non c'era paura nel suo cuore, ma solo rabbia, odio e disgusto. Nessuno le aveva chiesto il suo parere, nessuno aveva pensato di chiedere se lei volesse sposarsi con lui, se volesse andare a vivere nel Sottosuolo.
Nessuno aveva voluto farlo.
Proserpina era arrabbiata e delusa da tutti, perché nessuno si era preoccupato per lei.
La Dea si lasciò condurre verso la dimora reale: i corridoi scavati nella pietra erano illuminati da flebili luci bluastre, e dal fondo di essi si sentivano dei versi strazianti e spaventosi.
Proserpina si nascose istintivamente dietro le spalle del futuro marito e più si avvicinavano, più quei versi diventavano forti, simili quasi al ringhiare di un grosso cane o ai potenti ruggiti dei leoni.
- Non devi avere paura, - disse Plutone quando giunsero nella grande cavità dove le anime di tutti i regni confluivano. Proserpina era spaventata a tal punto da aver chiuso gli occhi non appena vi erano arrivati. - Cerbero è aggressivo solo con le anime che tentano di fuggire per tornare in superficie. Tu non hai nulla da temere. - la sua voce era calma, con delicatezza prese per mano la giovane e la condusse per mostrarle il grosso cane a tre teste che si era accucciato non appena aveva visto il suo padrone.
La bestia aveva un lungo pelo scuro, la coda irsuta e arricciata, il muso lungo e lo sguardo intelligente e vigile. Per certi versi ricordava un po' un leone a causa del pelo che formava una sorta di criniera sul capo e sul collo.
Plutone alzò la mano verso il cane e lui si avvicinò, abbassando il muso verso di lui, lasciandosi toccare e coccolare.
- Il suo aspetto può intimorire, ma non è cattivo. - Il Dio, che non aveva ancora lasciato la mano della Dea, la esortò ad alzarla e ad appoggiarla sul muso del grosso animale.
Dapprima intimorita, Proserpina scoprì ben presto che quello era solo un grosso cucciolo che, come lei, si era ritrovato a dover svolgere un ruolo difficile. Lui era stato posto a guardia del regno, isolato e temuto da tutti. Plutone però sembrava affezionato al grosso cane, lo coccolava e lo trattava con gentilezza.
“Forse non sarà cattivo con me se tratta così bene anche lui”, pensò lei, dimenticando per un attimo il rancore che stava provando.
- Vieni. - le disse lui, indicandole la via che avrebbero dovuto seguire. Le anime che affollavano il salone si erano fatte da parte per lasciarli passare, inchinandosi al loro passaggio.
Plutone, vedendo che Proserpina non piangeva più e vedendo che si era calmata, riuscì a tirare un sospiro di sollievo. “Sarà forse difficile abituarsi all'inizio... ma poi, ne sono certo, le piacerà stare qui”.
Il Dio, cercando di smorzare la tensione che si stava accumulando, cominciò a raccontarle del suo regno, di ogni luogo, di ogni bellezza celata e di tutto quello che faceva ogni giorno. Le raccontò delle divinità e delle creature che vivevano con lui nel suo mondo, come la divina Ecate, sua fedele consigliera.
Le due divinità giunsero di fronte all'immenso palazzo del Dio, dove ad attenderli c'era proprio la Dea Ecate, che recava in mano un mazzo di fiori meravigliosi, che Proserpina però non riuscì a riconoscere.
- Cominciavamo a temere che non sareste più giunti. - disse la Dea facendo un piccolo cenno col capo. - Questi sono per voi, - disse porgendo il mazzo a Proserpina, - sono dei fiori che non troverete mai in superficie: gli Asfodeli crescono solo nel nostro mondo. - Proserpina ripeté quel nome scandendolo con attenzione.
- Questo fiore rappresenta il Nostro Signore, un fiore che è riuscito a sbocciare anche in un regno privo di sole. Nonostante le difficoltà lui sopravvive, cresce pian piano, schiudendosi solo quando è il momento giusto. Fino al momento in cui non sboccia, il fiore è fragile, per questo si crea una specie di armatura. Ma nel momento in cui si apre... il risultato è meraviglioso e incantevole. - disse la Dea con orgoglio.
Proserpina trovò quasi sciocco il paragone tra quel bel fiore e il Dio dei morti: quel fiore aveva una bellezza tutta sua, ma suo zio non lo era per niente.
Le lunghe dita scheletriche, quel corpo sottile quasi privo di muscolatura, il viso scavato e le occhiaie profonde, i capelli ingrigiti... paragonare la bellezza a quella che ne era la perfetta antitesi fece sorridere la Dea.
“Questa è vera devozione. Nessuno con un minimo di buongusto avrebbe affermato sinceramente una tale eresia” pensò la giovane guardando negli occhi sinceri di Ecate.
- Il banchetto è pronto, e tutti gli invitati sono già arrivati. Vi aspettano nel grande salone, mio Sovrano. - disse lei con deferenza.
- Banchetto? Invitati? - chiese Proserpina con curiosità.
- Sì, mia giovane Signora. Abbiamo preparato il banchetto per le vostre nozze, - risposte Ecate, mentre Proserpina realizzava che lei era scesa negli inferi per sposare Plutone; aveva quasi dimenticato il motivo per il quale lo zio l'aveva portata laggiù con sé.
La testa cominciò a vorticarle velocemente, si sentiva mancare e il corpo non riusciva più a sorreggerla. Vedendola vacillare, Plutone cercò di supportarla, chiamò le ancelle e ordinò loro di scortare Proserpina nelle sue stanze, in modo che potesse distendersi e rilassarsi per qualche minuto. Chiese a Ecate di occuparsi di lei, lui doveva intrattenere gli ospiti nel salone che li avevano attesi con tanta pazienza.
- Non metterle troppa fretta, mi raccomando. - le disse lui apprensivo. Conosceva la devozione della sua consigliera, e sapeva bene quanto lei tenesse a lui e alla sua felicità. Dal momento della sua discesa nel mondo Infero, Ecate si era presa cura di lui come una madre. Lo aveva guidato e aiutato in ogni istante, e da sempre lo aveva spinto a cercare una compagna con cui condividere il suo regno.
- Non lo farò, Plutone. - disse lei raggiungendo le ancelle che stavano aiutando Proserpina.


Raggiunta la camera da letto, Proserpina si sentì meglio, prese un sorso d'acqua e si distese sul morbido giaciglio. Le ancelle uscirono dalla stanza, lasciandola sola... con Ecate.
- Mia giovane Signora...
- Non chiamatemi così, ve ne prego. Mi fate sentire a disagio mostrandomi un tale riguardo. Io sono solo una semplice Dea della Superficie. - Ecate rise di fronte a quelle parole. - Cosa c'è di tanto buffo in ciò che ho detto?
- Voi vi sottovalutate, mia cara. Plutone vi ha scelto come sua consorte, come Regina di questo regno: credete che avrebbe scelto una Dea qualunque per ricoprire un ruolo così importante?
- Cosa c'è di tanto importante da chiedere proprio a me, fra tutte, di discendere in questo Mondo? Cosa ho fatto di male per attirare la sua attenzione? - la Dea degli inferi parve risentirsi di fronte a una tale mancanza di rispetto nei confronti della sua stessa casa e del Dio che ella stessa amava teneramente come un figlio. - Perdonatemi, - si scusò subito Proserpina capendo di averla offesa, - non intendevo ferirvi o essere maleducata. Io... io vorrei solo tornare a casa.
- E non potrebbe essere questa la vostra nuova casa? - la giovane Dea non sapeva come risponderle: temeva di offenderla dicendole chiaramente il suo pensiero.
Il Regno di Plutone non sarebbe mai stato la sua casa.
Non c'era il Sole, non c'erano le verdi colline o i prati fioriti; il vento non soffiava in quel mondo oscuro e non c'erano neppure i dolci e teneri animali che lei amava tanto accudire.
In quel regno si sentiva un'estranea, sentiva che non apparteneva a quel mondo e sapeva che non sarebbe mai riuscita ad inserirsi: lei vi era stata trascinata contro la sua stessa volontà, come mai avrebbe potuto amare la sua prigione? Se Ecate pensava che lei avrebbe potuto affezionarsi a quei luoghi, si sbagliava.
- Il Sovrano vi avrà certamente parlato delle ricchezze del nostro mondo, e di alcuni luoghi meravigliosi celati ai più. - la Dea cercò di solleticare l'interesse della Dea parlandole delle Isole Fortunate, il luogo dove le anime pie potevano godere di un'eternità serena. Un luogo paradisiaco dove cresceva una rigogliosa vegetazione, vi erano torrenti e fiumiciattoli in abbondanza, il sole brillava alto in cielo e la calda brezza estiva riscaldava il dolce clima dell'isola. - Come Regina potrete visitare le Isole Fortunate ogni volta che lo vorrete.
- Davvero? - chiese Proserpina tradendo l'eccitazione per la sola idea di poter scoprire un luogo così meraviglioso nascosto in un regno così desolato.
- Certo. Sono certa che il Re sarà ben lieto di mostrarvele, lui ama intensamente il nostro regno e potervelo mostrare lo renderà di certo felicissimo.
Proserpina sentì di nuovo un groppo alla gola: sapeva che presto o tardi avrebbe dovuto sposarlo, ma non riusciva proprio a immaginare quel gracile Dio come suo sposo.
- Non lasciatevi ingannare dal suo aspetto, non sottovalutatelo. Non dovete mai giudicare una persona dalla mera apparenza, perché potreste ingannarvi, mia giovane Signora. - Ecate le porse il diadema che avrebbe dovuto indossare per la cerimonia nuziale. - Io posso dirlo con certezza: sarete felici insieme, ma voi dovete dargli una possibilità, o sarete infelici entrambi per tutta l'eternità.
Quelle parole, dette in maniera così solenne, fecero trasalire la povera Proserpina.
- Ma... non voglio offendervi ancora, mia Signora, ma io non... lui non è proprio il genere d'uomo che mi aspettavo. Voglio dire... - Proserpina balbettava e si stringeva freneticamente le mani, - io non sono attratta da lui. Come può un matrimonio essere felice se nemmeno mi piace il consorte con cui dovrò unirmi?
- Lui vi aspetterà... - disse Ecate, prendendo le mani della Dea fra le proprie, - la cerimonia è solo una formalità, lui desidera conoscervi e farsi conoscere. Non vuole mettervi fretta, vuole che anche voi vi abituiate al nostro regno, al vostro ruolo e anche a lui. Non pretende che voi lo amiate dal primo momento, ma spera con tutto il cuore che almeno ci proviate. - la Dea sorrise. - Quando mi ha parlato di voi gli occhi gli brillavano: si è innamorato da subito di voi, e ha chiesto quasi immediatamente la vostra mano.
- Ma non l'ha chiesta a me. - rispose Proserpina sciogliendo la stretta. Ecate però continuava a sorridere, anche se quel sorriso era davvero amaro.
- Mia giovane Signora, se lui ve lo avesse chiesto, voi avreste senza dubbio rifiutato. - la giovane Dea fece per rispondere, ma non un singolo suono uscì dalle sue labbra: Ecate aveva ragione.
Del resto, chi avrebbe mai rinunciato alle bellezze di superficie per discendere nell'oscurità? Chi lo avrebbe fatto in piena coscienza?
- Ve la sentite di alzarvi? - chiese Ecate distogliendo la giovane dai suoi pensieri. - Ci attendono nel salone. - Proserpina la guardò con il panico negli occhi, e la Dea la tranquillizzò. - Vi assicuro sul mio onore, che Plutone non farà mai nulla che possa offendervi o ferirvi. Lui attenderà con pazienza il momento in cui sarete pronta ad aprirgli il vostro cuore.
- Posso davvero fidarmi di voi? In fondo vi ho appena conosciuta.
- Voi state per diventare la mia Regina... se non mi dimostrassi degna della vostra fiducia, che razza di consigliera sarei?
Proserpina annuì, e si fece condurre nel grande salone del palazzo, riccamente ornato per le loro nozze. Plutone, non appena le vide arrivare, si alzò dal tavolo dove stava parlando e bevendo con altre divinità. Nell'alzarsi, però, fece cadere il bicchiere ricolmo di vino e si macchiò la veste.
Proserpina lo trovò molto impacciato, e scoppiò a ridere. Non rideva per schernirlo, lo trovava semplicemente goffo, e meno minaccioso. In quel momento non si trovava più di fronte allo spaventoso zio emaciato il cui solo nome faceva rabbrividire anche il più temerario degli eroi.
Dopo che si fu ripulito, Plutone si avvicinò a loro e chiese immediatamente a Proserpina se si sentisse meglio: era stato in ansia fino a quel momento.
Le due Dee lo rassicurarono e il Dio accompagnò la sua promessa sposa all'altare in pietra, dove Ecate celebrò il rito propiziatorio.
Entrambi gli sposi erano tesi. Proserpina, nonostante le parole di Ecate, non riusciva ancora ad accettare la sua situazione, mentre Plutone temeva di non riuscire a rendere felice la sua sposa.
Quando la cerimonia ebbe fine, i due sposi andarono a sedersi al grande tavolo, dove erano state servite le migliori pietanze, piatti gustosi e prelibati.
- Nettuno ci ha inviato i pesci migliori, Diana la selvaggina più prelibata e tua madre ci ha inviato la frutta più fresca e gustosa. - disse Plutone prendendo un generoso sorso di vino. Sentendo nominare la madre, Proserpina pensò a quanto tempo fosse passato da quando era stata condotta negli inferi.
- Il sole sarà già calato a quest'ora? - chiese più a sé stessa che al Dio.
- Sta calando proprio ora, Proserpina... Volevi forse vederlo? - chiese lui balbettando. A quella domanda, la Dea sorrise, dicendole che le avrebbe fatto molto piacere.
Plutone le spiegò che non potevano risalire, ma esisteva un luogo che gli permetteva di vedere qualsiasi luogo della superficie.
Il Dio la condusse in una delle sale interne del grande palazzo, al centro della quale vi era una piccola pozza dall'acqua cristallina. Lui si sedette per terra, e invitò la Dea a fare altrettanto.
- Pensa alla superficie, al sole, al cielo... a ciò che tu desideri vedere. Questo specchio d'acqua te lo mostrerà.
Proserpina seguì le sue istruzioni; desiderava con tutto il cuore rivedere i luoghi dai quali era stata strappata. Anche se solo per pochi istanti, lei voleva poter rivedere quelle terre che aveva tanto amato, e che mai più avrebbe potuto rivedere.
Quando la giovane aprì gli occhi rimase sbalordita, Plutone aveva ragione: quella pozza le stava mostrando davvero la sua terra, e il sole stava per sparire dietro le alte colline.
- È meraviglioso! - esclamò lei mentre osservava estasiate le scene che le venivano mostrate. - Mi permetterai di tornare ancora qui? - chiese sperando che lui non le rifiutasse quell'unico desiderio.
- Ma certo, ogni volta che lo vorrete! Questa è anche la tua casa adesso, sei padrona del palazzo e di tutto il regno; puoi fare ciò che più desideri, mia cara.
Proserpina si alzò e gli chiese di tornare al salone dove c'erano tutti i loro invitati.
- È molto bella la stanza. - disse lei mentre passeggiavano lungo i corridoi, - Ecate mi ha riferito che hai scelto personalmente ogni singolo elemento. Ricorda molto la mia vecchia stanza.
- Immaginavo che i primi tempi avresti sentito molto la mancanza di casa, a me è successo lo stesso quando diventai Signore dell'Averno... So che non posso alleviare del tutto il vuoto che senti, ma ti prometto che farò del mio meglio per essere il tuo degno sposo. - disse volgendo il capo verso di lei. Proserpina riuscì, per la prima volta, a vedere di più dietro a quel Dio dall'aspetto poco attraente: quegli occhi esprimevano tristezza, solitudine, ma anche un profondo affetto.
Per Plutone era stato amore a prima vista; l'aveva cercata più e più volte, avventurandosi nella superficie, anche se ciò gli causava grossi patimenti, e scrutando lo specchio d'acqua del suo palazzo. Si era innamorato della sua freschezza, della sua cristallina risata e della sua dolcezza... e scrutando quegli occhi infossati, Proserpina intravide tutto questo.
In quell'istante, mosso dallo stesso desiderio che l'aveva portato a trascinarla con la forza nel suo Regno, Plutone chinò il capo per poterla baciare, e lei, inspiegabilmente, non si scostò, accogliendolo con inaspettata dolcezza.
Proserpina non capiva perché, ma dentro di sé sentiva di desiderare quel bacio, aveva desiderato lei stessa baciarlo. Non riusciva a spiegarsi quella nuova sensazione che stava provando, era felice e spaventata al tempo stesso.
- Credo che...
- … dovremmo tornare. Sì. - disse lui più imbarazzato di lei.


Tornati nel salone, dove stavano proseguendo i festeggiamenti, Plutone e Proserpina tornarono al loro tavolo, conversando e mangiando assieme agli altri invitati.
Il loro matrimonio sembrava essere cominciato nel migliore dei modi, ed Ecate sorrise soddisfatta: lei aveva visto i due baciarsi ed era oltremodo felice per il suo Sovrano e per la sua nuova Regina.
Al momento di coricarsi, Proserpina venne scortata nella sua camera da letto: Plutone aveva deciso di concederle del tempo per abituarsi alla nuova situazione, così le aveva fatto preparare una camera solo per lei.
- Quando sarai pronta, non dovrai fare altro che dirmelo. - disse lui baciandole la fronte, sotto lo sguardo sognante delle ancelle. - Non c'è fretta, mia adorata.
Proserpina sentì il suo cuore accelerare, le guance imporporarsi, e uno strano senso di vuoto allo stomaco. Aveva apprezzato la delicatezza di suo marito; un altro Dio o un altro uomo avrebbe preteso di consumare il matrimonio quella sera stessa. Ma lui no.
Lui era stato gentile con lei, le aveva riservato ogni premura, ogni riguardo... Nessun altro l'avrebbe trattata così bene. La Dea, anche se sentiva continuamente la mancanza del suo vecchio regno, si sentì un po' meno persa, un po' meno sola.
Dopo quel primo giorno un po' turbolento, la permanenza della Dea fu molto più piacevole.
Plutone era molto impegnato, ma si era premurato di trovarle compagnia, e, ogni volta che gli era possibile, cercava di ritagliarsi del tempo per poterlo passare insieme.
Per lei, il Dio aveva fatto confezionare degli abiti con le sete più pregiate, dal suo regno aveva fatto lavorare le pietre più splendenti per poterle creare i gioielli più belli di tutti i reami.
Dopo qualche giorno, Proserpina stessa chiese di poter stare con lui nel grande salone, dove le anime venivano giudicate, per potergli essere d'aiuto e per poter svolgere il suo ruolo.
Si era stancata in fretta di non fare nulla, e voleva essere davvero una Regina, come le sue zie Salacia e Giunone.
Ogni sera, Plutone e Proserpina si recavano nelle Isole Fortunate per ammirare il meraviglioso tramonto incantato che quei luoghi donavano, e, durante una di quelle sere, consumarono il loro amore appena sbocciato.
Fianco a fianco, il Re e la Regina erano amati e riveriti da tutti; i due sovrani erano felici, ma ancora non sapevano ciò che stava accadendo in superficie.
Un giorno Mercurio, una delle poche divinità cui era concesso di scendere nell'Averno, portò gravi notizie: Cerere era gravemente malata, la lontananza dalla figlia l'aveva fatta deperire, e la terra stava lentamente morendo.
- Dobbiamo fare qualcosa! - disse Plutone preoccupato.
- Giove suggerisce che Proserpina torni per un breve periodo in superficie, - vedendo i due sposi lanciarsi uno sguardo preoccupato, Mercurio si affrettò a tranquillizzarli, - è solo una situazione temporanea.
- Non voglio lasciarti, amore mio. - disse Proserpina con le lacrime agli occhi. - Non adesso che siamo felici insieme, non voglio lasciarti solo. - Plutone abbracciò la moglie, rassicurandola, e dicendole che dovevano aiutare Cerere. Era pur sempre sua sorella, e madre di lei.
Mentre Plutone chiamava a raccolta i suoi fedeli adepti, incaricando Ecate di mantenere l'ordine durante la sua assenza, Proserpina chiese loro qualche ora. Doveva fare assolutamente una cosa:
recuperare un oggetto prezioso nelle Isole Fortunate.
- Tornerai dopo, vero? - chiese Plutone preoccupato. La Dea gli sorrise, dicendogli che non poteva venire meno ai suoi doveri di figlia. Anche se non era più la formale Dea della Primavera, una parte di lei lo sarebbe stata per sempre.


Dopo qualche ora, Proserpina fece ritorno, reggendo in braccio un fagottino, dal quale provenne un vagito. Sotto gli sguardi attoniti dei presenti, la Regina salì sul cocchio di Plutone.
- Facci strada, Mercurio. - disse sfoderando un dolcissimo sorriso, esortando il marito a prendere posto al suo fianco.


 
L'angolo di Shera♥


Buonpomeriggio a tutti! Finalmente son riuscita a completare anche questo penultimo capitolo, e sono pure soddisfatta.
Comincio subito col ringraziare Lady Devonne Isabel, che ha aggiunto la storia fra le preferite, e only_one che l'ha aggiunta sia nelle seguite che nelle ricordate.
Questa mia fiaba è quasi giunta al termine, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, nel bene e nel male.
Se avete tempo e voglia, lasciatemi pure un commento :D, sarò ben lieta di rispondere.

Un abbraccio, e grazie per avermi seguita.

Shera♥

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Capitolo 5
*** Epilogo ***


- Epilogo -




Proserpina coccolava con dolcezza la bambina che teneva fra le braccia, mentre Plutone guidava agitato il carro verso l'uscita del suo Regno.
- Mia cara, - cominciò lui con voce tremula, - questa creatura, è...
- Purtroppo no, mio adorato. - gli rispose lei. - Anche se spero che presto o tardi anche noi... - i loro sguardi si incrociarono, ed entrambi arrossirono.
- Sorella, se non è tua quella bambina, di chi è? - chiese Mercurio che svolazzava accanto alla coppia. - È innegabile il fatto che la bambina sia la tua esatta copia.
- Non ti preoccupare, caro Mercurio. Tutto sarà chiaro a tempo debito. - disse la Dea decisa a tenere per sé il suo segreto. I tre varcavano la soglia dell'Averno, ritrovandosi in superficie, ma quello che trovarono fu, soprattutto per Proserpina, una vera sorpresa. L'ambiente che li circondava era molto diverso da quello che la giovane Dea aveva lasciato solo pochi giorni prima: non vi era più il verde splendente delle chiome degli alberi rigogliosi, o dell'erba fresca, ma solo un insolito manto bianco che ricopriva ogni cosa.
Proserpina chiese a Plutone di fermarsi un attimo, lasciandogli la piccola che dormiva placidamente. La Dea scese dal carro e si avvicinò agli alberi, facendosi strada tra quella fredda coltre che pian piano si scioglieva, toccando con delicatezza la corteccia, osservandoli con una nuova luce negli occhi.
- Mercurio, tu ci hai riferito che mia madre ha fatto ammalare la terra e che la Natura stava morendo. - il Dio protettore dei commercianti annuì, riportando notizie delle città che stavano cadendo in disgrazia. Proserpina annuì, toccò ancora una volta il tronco del salice che aveva di fronte e lo baciò. - La Natura non sta morendo, si è solo addormentata.
La Dea guardò in alto nel cielo, cercando il sole, suo vecchio amico, ma trovò solo una pallida sfera, così lontana da lei, così spenta. Forti sferzate d'aria fredda scompigliavano i capelli della Dea, e il freddo pungente si insinuava fin dentro le loro ossa.
Proserpina sentì come una fitta al cuore: sua madre stava soffrendo moltissimo, lei lo sentiva.
- Dobbiamo trovare mia madre, e al più presto. Si sta consumando, non possiamo più attendere, dobbiamo salvarla.


Plutone e Proserpina giunsero di fronte al palazzo della Dea delle Messi, dove ad attenderli c'erano Giove e Nettuno.
- Finalmente siete arrivati. - commentò Giove, con l'ansia che traspariva dalle sue parole e dal suo viso teso. Lui, il fratello e le sorelle, avevano assistito Cerere negli ultimi giorni, provando in ogni modo ad aiutarla, ma nulla sembrava riuscire a risollevare il suo cuore afflitto.
- Le nostre voci non possono fare nulla, ci abbiamo provato, - disse Nettuno scortando la nipote verso le stanze di Cerere, - ma si sta spegnendo. Tu sei la nostra sola speranza, Proserpina. - il Signore dei Mari aveva un paio di occhiaie molto simili a quelle del fratello maggiore. La giovane Dea era grata al padre e allo zio per essersi presi cura di sua madre durante la sua assenza. Cerere l'aveva lasciata andare, ma non poteva fare a meno della figlia, e questo Proserpina lo sapeva bene, per questo aveva fatto una scelta senza precedenti.
La piccola che Plutone teneva fra le braccia scoppiò a piangere, attirando su di sé l'attenzione di tutti i presenti. La Dea si avvicinò al marito e, insieme, cercarono di farla calmare.
- Avete già avuto una figlia? - chiese Giove stupito. La sua piccola figliola era discesa negli Inferi da così poco tempo che non si aspettava di certo che avessero già avuto modo di mettere su famiglia.
- No, e non so di chi sia, ma Proserpina ha detto che era importante portarla con noi. - Plutone guardò la moglie che aveva preso quella dolcissima creatura per cullarla dolcemente. - Io mi fido di lei.
Proserpina sorrise guardando negli occhi l'amato marito e proseguì il suo cammino verso le stanze della madre. Il palazzo era in uno stato di decadenza così come la sua signora, che giaceva immobile nel suo letto vegliata dalle fedeli sorelle.
- Finalmente sei arrivata, - disse Vesta tirando un lungo sospiro di sollievo, - se non riesci tu a sollevarla, nessuno di noi potrà più salvarla.
La Signora dell'Averno si avvicinò al letto e osservò con una certa ansia il volto della madre che stava riposando.
- Non è da molto che si è addormentata. - Giunone non riusciva a lasciare il capezzale della sua cara sorella maggiore, le era sempre rimasta vicina, inerme e impotente di fronte allo stato in cui versava Cerere.
La Dea delle messi era irriconoscibile: la pelle un tempo rosea e piena, aveva lasciato spazio alle rughe e il colorito era oramai spento, i capelli erano secchi, aridi e grigiastri; respirava a fatica, e invocava il nome della figlia nell'agonia.
- Che sciocca sono stata, come potevo pensare di poter vivere senza la mia unica e amatissima figlia? - disse lei febbricitante. - Lei sarà felice? Si è certamente dimenticata della sua povera madre, vivrà nello sfarzo e si divertirà ogni giorno... È ciò che desideravo per lei, ma quanto mi manca la mia dolce Proserpina.
- Madre, - disse la giovane Dea, lasciando nuovamente la bambina fra le braccia del marito e raggiungendo la madre, sedendosi così al suo capezzale, - non angustiatevi più, ora sono al vostro fianco. Non vi ho dimenticata, non potrei mai, madre mia adorata. - Proserpina sentiva una forte stretta al cuore nel vedere l'amata genitrice ridotta in quell'orribile stato.
- Proserpina? - la voce di Cerere era incredula. Udendo la sola voce della sua figliola, da Dea parve riprendersi. - Sei davvero tu? - Proserpina le strinse la mano fra le sue.
- Sì, sono io. Come è possibile che la mia sola lontananza vi abbia ridotto in questo stato? Il mondo là fuori sta morendo senza le vostre cure premurose.
- Mia cara bambina, io ho accettato di darti in moglie al mio diletto fratello a malincuore. Avevo fatto una promessa, e volevo tanto bene al mio fratellino da concedergli in dono quanto amavo di più al mondo: tu, mia dolce Proserpina. Sapevo che saresti stata felice, anche se sarebbe stato doloroso per te rinunciare alla luce, così come lo sarebbe stato per me separarmi da te... - disse con amarezza, ma poi sorrise, e sembrò riprendersi pian piano. - Ora che ti vedo, so di avere fatto la scelta migliore per te, ma io soffro. Soffro perché non ti ho più al mio fianco, e mi sento terribilmente sola. - Proserpina le accarezzo le mani e le baciò con devozione.
- Mia adorata madre, voi non sarete mai sola. Ci sono tante persone che vi vogliono bene, e anche io continuerò a farlo. Una parte di me sarà sempre con voi, non importa dove io mi possa trovare. - la giovane Dea l'abbracciò, donandole calore e amore.
La Dea della Natura parve rinascere da quel semplice contatto: la pelle tornò splendidamente rosea, i capelli una massa bionda e fluente. Abbracciando la figlia, Cerere sprigionò il suo potere e la tempesta di neve che imperversava sul mondo si placò, lasciando che il sole splendente facesse capolino dalle nubi, sciogliendo infine la neve che ricopriva ogni cosa. La primavera era tornata.
Giove esultò ringraziando la sorella per essersi finalmente calmata, e ringraziò soprattutto la figlia per aver compiuto quel miracolo meraviglioso.
- Madre mia, se io tornassi nella mia nuova casa, voi stareste ancora male, e per questo ho portato qualcosa per voi. - disse Proserpina facendo cenno al marito di avvicinarsi.
Il Dio porse alla Dea la bambina, e Cerere la guardò stupefatta: - Mia cara, è tua figlia?
- No, è la tua. - risposa lei, lasciando stupiti i presenti, in particolare Cerere.
- Come può essere figlia mia?
- Perché lei è me, una parte di me, e io voglio che lei stia con te.
- Io non capisco... - disse Cerere, accogliendo però fra le braccia la piccolina che la figlia le stava porgendo.
- Quando mio fratello Mercurio è sceso negli Inferi per chiamarci, chiedendomi di abbandonare il mio Regno per starti vicina, ho temuto che non saresti poi stata più in grado di lasciarmi tornare a casa, e io non posso più stare lontana dal mio amato sposo. Neanche per te. - Proserpina guardò in direzione del marito che la fissava commosso. - Non potevo però nemmeno permettere che voi steste male, così ho preso una decisione e per questo mi sono recata nelle isole Fortunate prima di tornare in superficie. Ho preso un frammento della mia anima e gli ho donato una vita propria. Lei è me, ed è per questo tua figlia. Cora.
Cerere la ringraziò fra le lacrime, cullando la piccolina che si era appena svegliata.
- Ciò a cui hai dato inizio non lo possiamo più fermare. - la Dea indicò le piante che si erano riprese dopo il gelo a cui erano state sottoposte durante il malessere della madre. - Periodicamente la terra si addormenterà, il caldo che tanto amiamo, verrà spazzato via dai venti freddi e dalla neve che ricoprirà ogni filo d'erba, ma non temete... - disse vedendo i volti allarmati del padre e dello zio Nettuno, - sarà solo una cosa temporanea, perché la primavera tornerà sempre. La piccola Cora se ne occuperà.
- Non c'è proprio modo di riportare tutto com'era? - chiese Nettuno guardando prima la Regina degli Inferi, e poi la sorella.
- No, - sospirò Cerere, -purtroppo mia figlia ha ragione. Io... non so cosa dire, è tutta colpa mia.
- Non vi angustiate, madre, - Proserpina guardò con dolcezza la madre che teneva fra le braccia la piccola Cora, - non lo avete fatto intenzionalmente. E guardate là fuori: la natura non mi è mai sembrata così rigogliosa e bella. Forse è stato un male necessario, forse la natura ha bisogno di riposarsi ogni tanto, per esplodere poi in uno splendore senza eguali. - Proserpina si alzò, prendendo posto vicino al marito. - È tempo per noi di tornare a casa.
- Perché non restate, vi prego, siete appena arrivati! - disse Cerere, chiedendo anche a Giove di insistere.
- Certo, dobbiamo festeggiare la guarigione di tua madre e la rinascita del nostro mondo, cara Proserpina.
I due novelli sposi si lanciarono un'occhiata sapendo esattamente cosa dire, non avevano neanche bisogno di parlarsi, perché già sapevano cosa fare.
- Dare vita a Cora ha affaticato molto mia moglie, dobbiamo tornare a casa per riprendere le forze. Ma se lo vorrete, potremmo rivederci tra qualche giorno e festeggiare tutti insieme.
Le due divinità del mondo Sotterraneo, uscirono dal palazzo, recuperarono il carro e tornarono verso la grotta che faceva da ingresso per il loro Regno.
- Avremmo potuto trovare anche un'altra soluzione. Avresti potuto vivere un po' accanto a tua madre, e un po' con me. - Plutone voleva bene alla sorella, e avrebbe anche rinunciato alla compagnia della moglie pur di far felice Cerere. Era però felice del fatto che la moglie avesse scelto di non abbandonarlo.
- Ogni uccellino deve lasciare il proprio nido, prima o poi, mio adorato. - rispose lei, guardandolo con dolcezza, stringendosi al suo fianco. - Ho dei doveri nel nostro Regno, e non voglio dover fare a meno di te per quello che risulta essere un capriccio. Mia madre mi ama, e io amo lei, ma non può decidere lei per la mia vita, il mio affetto non è mutato. Ora tocca a me scegliere.
- Non ti mancherà la superficie? - chiese lui, baciandole con dolcezza la fronte.
- Un po', non posso farne a meno, era la mia casa... ma ora sei tu la mia casa, e ovunque tu sarai io ci sarò. Starò per sempre al tuo fianco, mio amatissimo Plutone.
Il Dio spronò i cavalli, e giunsero in fretta al loro meraviglioso palazzo.
- Starai per sempre con me, mia amata Proserpina?
- Fino a che questo mondo non scomparirà fra le stelle, mio adorato Plutone.
Sotto gli occhi di Ecate e delle altre creature infere, i due sposi si scambiarono non solo un bacio carico di passione, ma anche la loro eterna promessa d'amore infinito.

 
Fine
 

L'angolo di Shera ♥

Eccoci dunque alla fine di questa piccola Long.
Nonostante la brevità del racconto, ci ho impiegato un po' per concluderla, spero però che ne sia valsa la pena ^^.
Ci sonno molte cose che potrei dire, ma non ne ricordo manco mezza.
Vi è piaciuto il finale? Mi sono discostata sia dal mito che dal finale adottato in Lux Averni. Spero vi sia piaciuto. Non è un capolavoro, ma sono soddisfatta perché è uscita esattamente il tipo di storia che volevo narrare: una fiaba.

Nel frattempo ho aperto anche un nuovo blog, e credo che alla fine, giusto per espandermi un pochino, adotterò anche la piattaforma Wattpad, nonostante la sua fama sia tutt'altro che buona.
Mah, vedremo XD.
Grazie a tutti voi che mi avete seguita e supportata. 
Un abbraccio

Shera♥

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