Something Wild

di Mirajade_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Le Commencement ***
Capitolo 2: *** Capitolo I - Bon Voyage ***
Capitolo 3: *** Capitolo II - Nouvelle Vie ***
Capitolo 4: *** Capitolo III - Magnifiquement Inachevé ***



Capitolo 1
*** Prologo - Le Commencement ***


"If you face the fear that keeps you frozen
Chase the sky into the ocean
That's when something wild calls you home"

-Prendetelo!- urlò  ancora una volte una delle guardie, il tono stanco e ansate dimostrava da quanto stesse correndo intento a inseguire la figura incappucciata incolpata d’aver rubato il portafoglio a un gentil’ uomo che passeggiava nelle strade affollate della cittadina di Sarasaland.
La guardia agitò la scimitarra al cielo, imprecando e rallentando il passo quando il dolore alle gambe divenne insostenibile.
“Che tu sia maledetto!” furono le ultime parole che Daisy sentì prima di svoltare l’angolo della strada e ritrovarsi finalmente al porto, ringraziando qualunque dio per essere arrivata dopo quella corsa sfonda polmoni.
Si tolse il cappuccio liberando la chioma rossastra controllando poi il portafoglio appena rubato e proprio come si sarebbe immaginata non mancavano quattrini e questa volta sapeva che era “la volta giusta” per salpare sulla prima nave e scappare dalla prigione che era stato quel regno.
Addio cene formali, addio vestiti pomposi e corsetti stretti, addio lezioni sul galateo e addio a quel padre che si era mostrato come traditore della sua fiducia.
Respirò a fondo l’aria salmastra carezzandosi la collana regalatole da sua madre il giorno del suo decimo compleanno, un anno prima che la regina di Sarasaland morisse. Quel gesto la tranquillizzava e incupiva: ricordava i giochi con sua madre o la prima volta che le aveva proposto di allenarsi con la spada ma forse quei ricordi che mai avrebbe voluto dimenticare erano quegl’attimi di pace che vedeva come protagoniste una piccola lei in procinto di addormentarsi, la regina Margot e un libro ritrovato nell’enorme libreria della villa.
Cacciò via i pensieri tetri avvistando un uomo che aveva l’aria di essere un vero e proprio marinaio, con una fune legata intorno la spalla, la classica pipa e un berretto scolorito dal sole. Sedeva su una bitta, intento a guardare l’acqua incresparsi e a intrecciare una corda.
-Mi scusi buon uomo- lo chiamò Daisy leggermente imbarazzata per il tono usato: era stata cresciuta in una villa aristocratica dove il modo di porsi con gli altri era importante tanto quanto lo stato nella società e dove “Meno si rivolge la parola a chi non è come noi, meglio è”.
Il marinaio alzò un sopracciglio e lo squadrò stranito –Ditemi pure, demoiselle- sorrise beffardo
Come aveva capito che era stata un’ aristocratica?
-Come avete fatto a…-
-Capelli fin troppo ordinati… e odorate di nobile- rispose velocemente l’uomo – Monsieur Briac a vostro servizio- emise un verso che somigliava a una risata, almeno così parve alla ragazza.
Daisy si schiarì la voce –Sto cercando una nave che mi porti il più presto lontano da qui-
-Scappate da qualcuno, demoiselle?- una nuvoletta di fumò si levò dalla pipa.
-Non penso che v’interessi, monsieur- rispose acida la rossa accorgendosi subito dopo del tono usato col marinaio – Mi scusi, veramente non so cosa mi sia preso- sapeva di essere sempre stata una ragazza dall’atteggiamento “ribelle” e col tempo aveva cercato di mutare quel suo lato immorale non ottenendo mai risultati sufficienti. Non era fatta per essere sistemata e ubbidiente.
Briac rise divertito –Mi piacete, demoiselle, e mi scuso io per essere stato troppo evasivo- si tolse la pipa di bocca, afferrando dal taschino della giacca una bottiglietta di liquore, rum forse –Sfortunatamente per voi, sono ormai poche le navi che ormeggiano in questo piccolo porto-
-Per quale motivo?- chiese la fuggitiva stringendo nella mano destra la collana.
-Non chiedete a me, demoiselle,  non salgo su una nave da anni ormai- le porse la bottiglietta. Daisy rifiutò con un gesto della mano.
-Capisco… la ringrazio comunque, monsieur, buona serata- fece sbrigativa accorgendosi che Briac non le avrebbe dato risposte  utili e che avrebbe fatto meglio a cercare qualcun altro e se non lo avrebbe trovato sarebbe scappata anche su una misera scialuppa.
Si guardò ancora una volta in giro: doveva pur esserci un pescatore o qualcuno che possedeva un imbarcazione, no? Ma solo uomini anziani intenti a intrecciare reti e donne affaccendate a comprare del pesce nella pescheria giravano a quell’ora, aspettando il tramonto per il rientro a casa.
-Pirati- sentì poi in un sussurrò proveniente da dietro le sue spalle, era stato Briac che con l’espressione di chi aveva appena bestemmiato; se ne stava ancora seduto pesantemente sulla bitta –Girano spesso nei dintorni e finiscono quasi sempre per scontrasi e fare del mare il loro campo di battaglia… e non esitano a saccheggiare un umile nave- fissò l’acqua con cipiglio – Solitamente sono loro a ormeggiare… e guai a chi viene trovato nelle vicinanze del porto quando ci sono loro- si alzò lentamente pulendosi i calzoni sgualciti e avviandosi in una delle stradine tra due edifici –Fareste meglio a tornare nella vostra ricca dimora, demoiselle, il mare non è posto per voi- e scomparve nel buio del vicolo mentre il sole si apprestava a tramontare illuminando di fuoco i capelli di un ex-principessa che non sarebbe tornata mai da dove era venuta.
Il chiacchiericcio dei pescatori e della gente di paese si fece più silenzioso. La pescheria che solitamente era sempre piena di vita divenne silenziosa e il brusio che aveva accompagnato la discussione di Daisy e di Briac scomparve del tutto.
Solo una frase era risuonata limpida “I pirati ormeggiano domani!”.
E Daisy sarebbe salita su una nave, ne era certa.
***
Ancora una volta un’altra pattuglia era passata di fronte alla finestra della stanza, affittata quella sera, e ancora una volta aveva sentito quel “Cercate di ritrovarla, se è necessario controllate le case”.
Ce ne ha messo di tempo quel traditore per accorgersi della mia assenza pensò la rossa seduta sul davanzale della finestra, col cappuccio del mantello che le oscurava il volto e una mela offertale dalla proprietaria dell’albergo. Sapeva che prima o poi le guardie avrebbero fatto irruzione ma non aveva intenzione di restare ancora per molto: i pirati avrebbero ormeggiato di li a poco e sarebbe arrivata addirittura alle mani pur di ricevere un “passaggio” per il Mushroom Kingdom o per Lumas, ovunque, l’importante era fuggire al più presto da quella che era stata la sua casa… sarebbe addirittura partita per Hyrule o Mobius, anche se effettivamente ci volevano settimane intere di  viaggio, se non mesi per arrivare a destinazioni così distanti.
Sentì dei forti scossoni provenire dal piano di sotto. Si affacciò dalla finestra e, proprio come aveva previsto, le guardie si apprestavano a ispezionare le case nelle vicinanze.
Doveva andarsene ed essere il più cauta possibile.
Arraffò il marsupio rubato quel giorno infilandogli i pochi oggetti che aveva: monete, qualche gioiello da barattare, un coltellino e il diadema che si era portato per ogni evenienza o per provare che effettivamente lei era una principessa o meglio lo era stata, anche se tenerla nelle tasche delle brache non era stata una buona idea dato che qualcuna delle minuscole pietre preziose si era staccata prendendo posto nelle tasche della ragazza.
Si aggrappò al davanzale e con maestria scese aiutandosi con i mattoni sporgenti dell’edificio ringraziando il cielo per aver ottenuto una stanza al primo piano. Iniziò a correre spedita verso il porto, prendendo per la stradine più strette e buie muovendosi come un ombra inafferrabile schivando qualche uomo ubriaco, accucciato in qualche angolo, a dormire con la propria bottiglia di liquore.
E Daisy si ritrovò a pensare come potesse essere la vita di quella cerchia di persone schiave dell’alcool, per carità non le importava nulla di chi decideva di rovinarsi la vita, ma il solo pensiero che certe azioni talvolta potessero intaccare la vita degl’altri le scaturiva un impeto di rabbia.
Corse più velocemente, con più enfasi, sentendo già l’odore salmastro del mare vicino e la melodia dell’acqua calma scontrarsi sulle rocce; il vicolo iniziava a allargarsi e finalmente poté intravedere la luce della luna che illuminava il piazzale del porto.
Avrebbe avvistato la nave dei pirati, sarebbe salita con disinvoltura sull’imbarcazione e avrebbe chiesto quell’innocuo passaggio: facile e veloce.
E sarebbe stato ancora più facile e veloce se non si fosse scontrata con qualcuno alla fine del vicolo finendo col sedere sulla pietre della terra battuta.
-Fai attenzione dove corri, moccioso- alzò lo sguardo verso il suo interlocutore, non riusciva a distinguerne perfettamente i lineamenti ma capì che si trattava di un uomo anzi un ragazzo (non sembrava così vecchio) alto, dal fisico magro e con una zazzera di capelli corvini.
-Scorbutico idiota- furono le uniche parole che riuscì a sibilare Daisy, pentendosene un attimo dopo: il ragazzo l’aveva afferrato dal bavero del mantello facendo scivolare via il cappuccio e ritrovandosi faccia a faccia con un volto infuriato e un paio d’occhi così chiari da riflettere parzialmente la luce della luna.
-Sei una ragazza- affermò disgustato mollando la presa sul bavero –Abbastanza strano che una ragazza vaghi da sola a notte fonda. Una prostituta forse?- sogghignò il ragazzo, il tono di chi ne aveva viste molte di donne di facili costumi.
Daisy fu tentata di tirargli un ceffone ma si contenne come si confaceva ad una nobile, forse per dimostrargli che era tutt’altro che una prostituta: - Non penso che lo verrei a dire a voi, monsieur, adesso se non vi dispiace vorrei proseguire il mio vagare a notte fonda- provò a scostarlo ma con pessimi risultati. Il ragazzo stava fermo con le braccia conserte bloccandola tra il vicolo e la piazzetta –Spostatevi- sibilò al quinto tentativo.
-Non siete una prostituta- disse semplicemente il ragazzo –Vesti con abiti di un certo prezzo e porti con te una collana che sembra valere molto- ghignò –Siete un nobile, non è così?- la fuggitiva si ritrovò stretta tra il muro del vicolo e il corpo del ragazzo in un batter d’occhio –Cosa potrei farne di te?-
-Allontanatevi- il cuore prese a martellarle nelle orecchie e il coltello dentro il marsupio le sembrava più lontano che mai, aveva paura, molta, nonostante fosse stata abituata a tirare di spada e quindi a lottare non aveva mai avuto possibilità di capire cosa significasse veramente combattere.
-Luigi! Brutto figlio di puttana! Mi devi una gara di bevute!- una voce proveniente dalla piazza rimbombò nel vicolo.
Il ragazzo sbuffò infastidito voltandosi verso la piazza per poi ritornare a guardare la rossa :-Mi dispiace, principessa, non penso che possiamo continuare, a mai più spero- le ammiccò e si unì alla voce, o meglio, al basso ragazzo che urlava a squarcia gola. Un tipo basso, e minuto sicuramente brillo.
Lì vide avviarsi in una taverna rumorosa che costeggiava la piazza; emise un respiro di sollievo cercando la collana per accarezzarla e lasciarsi infondere sicurezza.
Ma la collana non c’era.
Era scomparsa e Daisy conosceva bene il colpevole o almeno lo conosceva sufficientemente da sapere che era un criminale dagl’occhi chiari e i capelli scuri.
***
Non era mai entrata in una taverna e adesso si pentiva di esserci entrata.
Odore di alcool, tabacco e oppio si mescolavano insieme in un mix di sentori capaci di farti venire il capogiro e la classica sensazione di vomito.
Tavoli e sedie ammassati, gente che beveva, cameriere vestite, anzi svestite,  nelle peggiori maniere e boccali di rum o birra che sembravano volare sulle mani delle cameriere e finire sui tavoli in poco tempo.
Il bancone era totalmente occupato da uomini di una certa età, forse quaranta forse meno, che si dilettavano in una gara di bevute accompagnati dalle risate di altri e della barista in abito succinto, e tra di loro nessuna traccia del ladro che Daisy aveva intenzione di menare.
Doveva essere lì: l’aveva visto con i suoi occhi mettere piede in quel buco abbandonato dal mondo e non ne sarebbe uscita se prima non avrebbe riavuto la sua collana, anche a costo di mettersi contro tutti quegli stupidi ubriachi.
Venne spintonata un paio di volte finendo con la faccia su un tavolo occupato  da un paio di uomini intenti a giocare a carte e a fumare le loro pipe con sguardo brillo. Daisy sentì gli insulti e commenti poco casti mentre si alzava togliendosi una carta tra i capelli.
-È lei!- si voltò quanto bastava per riuscire a intravedere le guardie entrare nel locale come formiche nel formicaio e senza accorgersene stava saltando sui tavoli calpestando carte o facendo cadere boccali interi sul pavimento, ritrovandosi ben presto inseguita anche da un paio di uomini ubriachi.
Oh cazzo!  Imprecò mentalmente e saltò sul pavimento facendo capovolgere il tavolo, riuscì ad avvistare dietro il bancone una porta di servizio. Era a pochi metri da lei ma la vicinanza della guardie la faceva sembrare così lontana.
Poi lo vide…
Il ragazzo basso e minuto che l’aveva salvata da quel buzzurro. La leggera sbronza gli era passata e adesso sembrava abbastanza sobrio mentre cercava di intavolare un discorso con la barista dalle trecce rosa, come se dietro alle sue spalle non stesse succedendo un putiferio.
Daisy schivò per un soffio un boccale lanciato in sua direzione, iniziando a strisciare sotto ai tavoli per raggiungere la sua meta che adesso era diventato quel ragazzo dai capelli ricci e dalla magrezza di un fiammifero; cercò di non urlare schifata quando sotto qualche tavolo oltre all’alcool rovesciato aveva trovato quello che sembrava essere intimo femminile.
Devo uscire di qua al più presto.
Nel frattempo le guardie avevano iniziato a spintonare le cameriere ed a ribaltare i tavoli; doveva sbrigarsi.
Quando il bancone era ormai vicino, uscì svelta interrompendo in malo modo quella tecnica di flirt che il ragazzo stava mettendo in atto con la barista –Tu!- lo indicò col dito – Dov’è il tuo amico?!-
Il ragazzo riccioluto la guardò stranito con occhi nere come la pece –Ci sentiamo dopo- ammiccò alla barista prima di rivolgersi completamente alla fuggitiva.
-Non so di chi tu stia parlando- disse.
Le guardie si stavano avvicinando.
Daisy arraffò il bavero della camiciola del ragazzo – Dov’è quel depravato del tuo amico?! Quello con i capelli neri e gli occhi azzurri, dovevate fare una gara di bevute, no?-
-E’ saltata- rispose semplicemente il ragazzo staccandosi le mani della rossa di dosso –E lui andato- terminò –Ma se vuoi potrei soddisfare io i tuoi bisogni- ammiccò con fare seducente e Daisy fu tentata di schiaffarsi una mano in fronte.
-E’ la principessa, prendetela!- no, adesso no anche i clienti infuriati…
-Seguimi- disse prima di ricevere risposta dal ragazzo, scavalcare il bancone e uscire dalla porta di servizio trascinando il riccioluto dalla manica.
-Ehi, calmiamoci!- disse quest’ultimo –Non pensavo volessi arrivare direttamente al sodo, ragazza strana-
-Sono Daisy- si infilò nuovamente il cappuccio coprendo la chiamo rossa  -Ed hai frainteso le mie intenzioni…-
-Toad- continuò il ragazzo –Allora? Qual è il problema?- nel frattempo il fracasso proveniente dalla taverna alle loro spalle non faceva altro che allarmare la rossa.
-Il tuo amico mi ha depredata!- esclamò ricevendo un’occhiata d’incomprensione come risposta –Mi ha rubato una collana- riprovò.
Toad iniziò a camminare diretto verso il porto con le braccia dietro la nuca, un gesto rilassato che Daisy identificò usuale da parte sua –Ah si… Luigi lo fa di tanto in tanto-
-Non m’importa se lo fa di tanto in tanto! Rivoglio la mia collana!- replicò irritata la fuggitiva stringendo i pugni intorno ai fianchi, seguendo il ragazzo in una camminata lenta.
-Sarà sicuramente sulla nave…-
A Daisy venne un groppo in gola, non poteva credere a cosa aveva appena sentito –Come, scusa? Come hai detto?-
-Che sarà sulla nave- ripeté stranito Toad
-Nave?! Ma i marinai non…!- si bloccò, guardò il ragazzo stringendo gli occhi in piccole fessure come a captare qualche aspetto inusuale. L’unica cosa che riuscì a trovare era un tatuaggio che raffigurava una corda intenta a stritolare una sorta di “M” –Sei un pirata!- urlò fin troppo. Prese per le spalle Toad iniziando a scuoterlo incessantemente  -Devi portarmi dal tuo capitano!- sorrise a trentadue denti -E poi da quel ladro di amico che ti ritrovi- aggiunse con punta acida.
-Ok- alzò le mani in segno di resa il ragazzo, trattenendo una risata rivolta a quella ragazza che stava reputando fin troppo strana –Sappi solo che non si entra ed esce dalla Power up illesi-


LITTLE WONDERLAND
Buonsalve ragazzuoli e ragazzuole!
 
Vi presento la mio nuova fanfiction (che spero di riuscire a terminare senza problemi) a tema piratesco dove i nostri amati personaggi si impegneranno a fare il ruolo dei cattivi (ecco il perchè dell'OOC).
Questo era solo un prologo che presentava la nostra amata protanista Daisy, nel prossimo avrete modo di conoscere gli altri membri della ciurma che non faranno parte solo del mondo di Mario Bros ;)
Questo è tutto, adesso mi dileguo, e se volete potete cliccare sul titolo e ascoltare la canzone o meglio "soundtrack" della storia.
Alla prossima :3
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo I - Bon Voyage ***


"If you face the fear that keeps you frozen
Chase the sky into the ocean
That's when something wild calls you home"

Quando si era immaginata una nave pirata aveva optato per molte opzioni, infinite forse, ma nessuna centrava nel segno quelle mille idee e descrizioni immaginarie che erano passate per la testa di Daisy. Le notti a rimuginare su come potessero essere bruti e rozzi i pirati, su come non l’avrebbero vista di buon occhio perché era una nobile erano svanite in nuvole di fumo.
La Power Up poteva definirsi qualunque cosa, ma non una nave pirata secondo l’ex-principessa. Quando Toad le aveva offerto di aiutarlo a comperare del “materiale” per la ciurma aveva risposto di sì, anche se titubante, ricevendo come promessa la sua presentazione al capitano ma non si aspettava di certo di finire in un covo di fumatori d’oppio o di venir rincorsa da uomini infuriati. E così, tra corse sfrenate e insulti al pirata e mozzo Toad, il sole era sorto più splendente che mai e l’arrivo sulla nave pirata si era fatto imminente.
Superata l’asse, e dopo aver saggiato con le suole degli stivali le assi scricchiolanti della nave, si era ritrovata miriadi d’occhi impiantati sulla propria figura incappucciata, ma nessuno di quegl’occhi erano quelli dell’uomo che cercava.
-Il capitano starà dormendo- sghignazzò Toad accanto a lei con in mano il sacchettino, o meglio il bottino, che avevano ottenuto dopo ore intere di fuga –Ma, sei vuoi, puoi parlare con il vice- iniziò a camminare verso quelle che sembrava essere la stanza della cabine o delle stanze in generale, seguito da Daisy che con passo silenzioso guardava con disinteresse il legno ai suoi piedi pur di non alzare lo sguardo per ritrovarsi davanti chissà quali uomini depravati e rozzi.
Dopo aver superato un labirinto di corridoi in sacro silenzio, Toad le aveva intimato di stare fuori una porta dalla maniglia dorata finché non l’avesse chiamata e fu lì, nel corridoio silenzioso, che Daisy lo vide. Il ladro che l’aveva derubata, intento a sistemarsi alla ben e meglio i pantaloni, sbadigliando come un felino.
-Ehi tu!- lo richiamò. Luigi alzò lo sguardo di ghiaccio per posarlo sulla sua figura, l’espressione d’incomprensione albergava sul volto stanco – Ridammi la  mia collana!- mostrò il palmo della mano, fulminandolo con uno sguardo carico di puro odio.
-Cosa ci fai tu qui?!- chiese con un ottava in più nella voce il ragazzo, guardandole come fosse una sirena venuta a divorargli l’intestino.
-Non sono affari tuoi! Rivoglio la collana- digrignò i denti la rossa – Non farmi arrivare alle mani, bastardo- si sentiva strana a usare certi termini “deplorevoli”, come avrebbe detto la sua tutrice, di tanto in tanto le capitava di imprecare mentalmente ma erano eventi occasionali ed ora che si trovava su una nave pirata sapeva che ogni termine offensivo o volgare poteva tranquillamente essere usato.
Luigi emise un verso divertito –La principessa mostra gli artigli- quasi sussultò Daisy a quel “principessa” anche se notava dal tono scherzoso del ragazzo che quel “principessa” era un modo per deriderla a modo suo.
Il sangue iniziò ad affluirle verso le guance, la rossa si sentiva in fiamme. Forse era stata troppo sfacciata?
-Potrei chiamare il tuo capitano e denunciare a lui il furto della mia collana- provò a farlo destabilizzare con quella misera minaccia ma il ragazzo non si scompose, rimase a guardarla con le braccia incrociate e lo sguardo di chi stava assistendo al gioco di un gattino intento ad acchiappare un gomitolo di lana.
Daisy non sopportava di essere guardata in quel modo, lo stesso sguardo che spesso aveva riservato lei al suo piccolo cuginetto Francois quando le diceva che “sarebbe diventato uno dei più grandi re di tutto il mondo”, quelli sguardi che dicevano “Ma che carino”.
-Sei divertente, non avevo mai…-
Quando Daisy si accorse di aver sferrato un pugno al viso del pirata le si gelò in sangue nelle vene, era stato un riflesso istintivo e se aveva pensato di mollarglielo per l’ineducazione e per la testardaggine adesso se ne pentiva.
-O mon dieu! Scusami, veramente, non so cosa mi sia preso…- provò a scusarsi ritraendo il pugno come se si fosse scottata, aspettando una reazione di Luigi che con espressione sbalordita si massaggiava il naso colpito. Si era leggermente smosso e quando Daisy pensò che le avrebbe sferrato un pugno a solo scopo vendicativo si ritrovò invasa dalla risata limpida e melodiosa del pirata.
-Non sei adirato?- chiese la rossa con un alzata di sopracciglio. Il loro primo incontro non era stato dei migliori, e lei lo ricordava come un ragazzo abbastanza permaloso e dalla rabbia facile.
-Si- attimo di silenzio –Sei proprio divertente…- continuò Luigi, smettendo di massaggiarsi il dolente naso e rivolgendogli un sorriso a trentadue denti. “Che lunatico” pensò la rossa –Potrei ridarti la collana, ma non ne ricaverei nulla- sogghignò.
-Cosa intendi?-
-Ah… non saprei- il pirata iniziò ad avvicinarsi, con andamento lento e rilassato. Daisy sussultò quando si ritrovò la mano fredda di quest’ultimo poggiata sul suo fianco –Potremmo…-
-Daisy- l’interessata si scostò velocemente, voltandosi verso un Toad dallo sguardo stranito, la porta socchiuse dietro di lui lasciava intravedere una poltrona di una certa eleganza – Puoi entrare, il vice può riceverti-
L’ex-principessa annuì smarrita cercando di togliersi di dosso la sensazione di fresco che le aveva lasciato addosso la mano del pirata, entrò nella stanza del vice e richiuse la porta scambiando un ultimo sguardo con il mozzo.
La stanza che le si presentò davanti rasentava l’eleganza tipica della villa in cui era vissuta: carta da parati dai disegni semplici ma raffinati, mobilio lindo con sopra lanterne di una certa epoca e statuette in porcellana, e una libreria modesta riempita d’enormi tomi. Tra la poltrona di velluto verdastro, che aveva intravisto precedentemente, e una scrivania coperta di fogli accompagnati da penna e calamaio, c’era una donna, anzi, una ragazza che poteva avere, si e no, la sua età.
Una figura girata di spalle, dai lunghi capelli biondi vestita di un abito color pesco che le lasciava scoperte le spalle. Quando ella si girò, Daisy si trovò faccia a faccia con un paio d’occhi color zaffiro e un sorriso genuino sulle labbra.
-Prego, accomodati- sorrise la ragazza indicando la poltrona di velluto e prendendo posto dietro la scrivania – E’ un piacere vedere qualcuno di nuovo di tanto in tanto- Daisy obbedì, ritrovandosi stranamente calma dinanzi a quella sconosciuta dai lineamenti familiari – Vice capitano Peach Evans- sorrise quest’ultima porgendogli una mano guantata –Toad mi ha detto della tua, ehm… fretta nel voler parlare col capitano-
La mano di Peach era calda, constatò Daisy, dopo averla stretta –Sì, volevo porgergli una proposta, posso…-
-Oh certo!- sorrise allegra Peach –Solitamente sono io che mi occupo degl’affari mattutini, mio marito non è un mattiniero- continuò leggermente imbarazzata facendo rimanere di pietra la rossa: quella ragazza poteva avere la sua età ed era già sposata e guardandola ancora più attentamente riuscì a notare il ventre leggermente pronunciato, tipico di chi aveva intrapreso da poco tempo una gravidanza.
-Il mio nome è Daisy , è la mia è una semplice richiesta di un passaggio fino al Mushroom Kingdom, niente di più- spiegò riassuntiva. Peach, però, non sembrò soddisfatta, voleva altre risposte –Come mai necessiti di questo transito?- chiese in tono elegante, incrociando le mani sul grembo.
-Scappo da una persona- rispose sincera la rossa, aspettandosi un’espressione di puro shock da parte della ragazza. Quest’ultima si limitò ad annuire come se non fosse la prima volta che sentiva certe ragioni –Posso fidarmi del fatto che tu non sia una spia?- chiese –Sai non è la prima volta che tentano di acciuffarci, ecco perché non siamo molto propensi per passaggi o richieste per unirsi alla ciurma-
Daisy sapeva che l’unico modo per provare che non era una spia era provare che era qualcun altro, quello che era sempre stata. Sfilò via, dal marsupio, il diadema ricco di pietre preziose mostrandolo come fosse un trofeo – Sono, anzi ero, la principessa di Sarasaland… voglio fuggire da mio padre-
La vice rimase senza parole tastando con mano quel diadema prezioso e lanciando di tanto in tanto un’occhiata alla principessa in questione come a voler captare dall’espressioni facciali se stesse dicendo il vero –Vi prego di non fare parola della mia identità, capitano, se mai dovessimo affrontare questo breve viaggio insieme- continuò Daisy dopo un attimo di silenzio.
Peach le restituì il diadema con un sorriso convinto –Va bene- disse –Ma il viaggio sarà più lungo del previsto, stiamo lavorando nelle zone di Hyrule per la caccia alle sirene e il Mushroom Kingdom non è nei programmi per ora-
-Mi va bene lo stesso-
-Ricorda però che nessuno dovrà sapere della tua identità, neanche mio marito, non vogliamo altri problemi con i regni e soprattutto dovrai trovarti qualche faccenda da sbrigarti se vuoi viaggiare con la nostra ciurma. Allora? Sei ancora propensa a partire?-
La rosa sogghignò con aria di sfida: non la intimoriva qualche faccenda anche se, di certo, non entrava nelle sue più grandi abilità svolgerle –Accetto Capitano- disse fiera.
-Perfetto, sarai affidata a Toad da questo momento, ti insegnerà come muoverti nella nave e ti troverà qualche lavoro da eseguire- la bionda porse la mano guantata e, quando questa fu stretta dall’ex principessa, si liberò in un sorriso spontaneo.
Poi il silenzio calò nuovamente quando la ormai novellina era uscita fuori dalla stanza con regale silenzio, e Peach ritornò a fantasticare carezzandosi quel ventre rigonfio e caldo che sapeva di vita nuova.
***
 
-Per ora potresti pensare al ponte- sfoggiò un sorriso Toad porgendo secchio e spazzolone alla nuova arrivata. Daisy prese gli oggetti squadrando il mozzo come se fosse impazzito: quando pensava a “lavori” non si aspettava di pulire la nave né tantomeno si sarebbe aspettata di lavorare dopo subito la conoscenza della ciurma.
Dopo aver parlato con Peach aveva seguito Toad in una cabina che aveva scoperto essere la stanza delle brande, dove qualche pirata ancora dormiva o chiacchierava assonnato aspettando d’essere chiamato per svolgere qualche lavoro. Aveva scelto una branda all’angolo della stanza che, a giudicare dalla polvere, non era usata da molto, si era tolta il mantello e districata i capelli con le dita per poi ritrovarsi nel bel mezzo della nave a socializzare malamente con la ciurma.
Aveva riconosciuto la barista dalle trecce rosa, Toadette, che, a detta di Toad, faceva parte dell’equipaggio ma traeva informazioni dal lavoro alla taverna; aveva fatto la conoscenza del nostromo Yoshi, del timoniere Donkey Kong e del fratello minore di quest’ultimo, Diddy, di Pauline che da quel che aveva compreso non ricopriva un ruolo molto… ehm… elegante e del Professor Strambic, un rivoluzionario che stava lavorando a un congegno in grado di far scomparire la nave a piacimento… gli altri pirati si erano rivelati disinteressati a lei, o peggio, disgustati.
-Non c’è un lavoro più… divertente- si lamentò la rossa prendendo lo spazzolone e impugnandolo come fosse una spada –E soprattutto che sappia fare- continuò iniziando a strofinare l’oggetto sul legno della nave con goffaggine.
Toad sembrò pensarci –Potremmo provare alla vedetta, ma non ti assicuro nulla, solitamente a quella ci pensa Midna-
Dalla porta che dava alle stanze interne uscì un ragazzo dall’aria assonnata e i capelli corvini scomposti. Daisy l’avrebbe scambiato per Luigi se non avesse notato che quello che le si presentava davanti era più basso del pirata di sua conoscenza e portava con fierezza un paio di baffetti.
Si sistemò meglio il tricorno sulla testa e dirigendosi al timone annunciò –Si salpa!- Daisy capì che si trattava del capitano, rimanendo sconcertata nello scoprire che il capitano pirata severo e violento che si era immaginata era un ragazzo poco più grande di lei con sguardo serio ma assonnato.
-Sei impazzito!- la voce di Luigi rimbombò forte e stranita –Siamo arrivati ieri e vuoi già andartene?! Non abbiamo ancora raccolto abbastanza provviste e denaro- si avvicinò al capitano e la rossa poté notare la grande somiglianza che c’era tra i due, poche caratteristiche li distinguevano… “Sono sicuramente parenti” pensò la ragazza.
-Le sirene si stanno avvicinando ancora alle coste di Hyrule, è la nostra occasione per prenderle e ricavarci qualche soldo-
-E come pensi di raggiungere Hyrule in tempo? Le sirene avranno tutto il tempo di spassarsela e ritornare a far affondare navi- disse ovvio il pirata, chiudendo gli occhi e massaggiandosi il ponte del naso in un segno di stanchezza.
-No, se seguiamo la mia rotta- una ragazza intenta a stringere enormi e piccole cartine con righello e matita annessi si era fatta avanti, poggiando gli oggetti sul pavimento e srotolando un enorme cartina ingiallita -Non per nulla sono la cartografa di bordo- disse fiera indicando punti nel pezzo di carta con tanta fretta da impressionare l’ex principessa, impegnata a esaminare la ragazza dal caschetto rosa e gli occhi color smeraldo.
-L’ultima volta che abbiamo seguito una tua rotta, Amy, ci siamo ritrovati ad Angel Land, e non è stata una bella esperienza date le guerre civili- Amy si grattò la nuca imbarazzata, ricordandosi di come avesse letto la cartina al contrario – Questa volta ho segnato tutto perfettamente e so come leggere la cartina. Fidatevi.- sorrise –Prima finiamo questo lavoro, prima torniamo a Mobius, dal mio amato…- il capitano le tappò la bocca con una mano alzando gli occhi al cielo “Non ricominciare” sussurrò.
-Allora è deciso, suppongo- affermò Luigi –Questa caccia alle sirene ti sta dando alla testa Mario- continuò con espressione austera abbandonando il capitano vicino al timone per allontanarsi al più presto, quando si voltò verso Daisy, però, rallentò il passo cambiando direzione.
-Ancora in gita?- chiese ghignando alla ragazza squadrandola da capo a piedi, come per assicurarsi che sotto quel mantello c’era stata lei –Non dovresti vagare da qualche parte tipo, non saprei, uno di quei luoghi da ricconi…-
-Daisy fa parte della ciurma!- esclamò Toad interrompendolo e stringendo l’interessata per una spalla –Anche se provvisoriamente… non è una bella notizia?!-
Luigi rimase senza parola per secondi interi passando lo sguardo dalla rossa e dal mozzo come fosse un automa –Cosa?- chiese poi –Cosa intendi dire per “fa parte della ciurma”?-
Ci vollero una paio di minuti in cui Toad spiegò, paziente, la situazione al bel pirata che si era limitato in un ringhio furioso.
-Non capisco dove sia il problema- si intromise sfacciata Daisy con l’espressione di finta superiorità che spesso adottava quando poteva accidentalmente lasciar trapelare qualche debolezza: non le importava che fosse Luigi a scartarla, le importava che chiunque la scartasse a priori… anche suo padre usava quell’ atteggiamento quando Daisy si offriva di aiutarlo o sostituirlo nelle cariche politiche. Si era sempre sentita la principessa del nulla per quell’atteggiamento e adesso non lo era proprio.
-Ti sei vista?- alzò un sopracciglio Luigi –Non sei adatta a fare il pirata, anzi le donne non sono adatte a farlo. Già di loro sono viziate, stupide e deboli, non oso immaginare come potresti reagire tu che sei una nobile. Al primo strappo della camicetta finiresti in lacrime- incrociò le braccia al petto aspettando una reazione dalla principessa.
Un pugno nello stomaco sarebbe stato meno doloroso al posto di sentirsi dire in faccia che era una viziata, scansafatiche. Forse lo era un po’, scansafatiche, ma di certo non poteva definirsi viziata né tantomeno legata ai beni materiali, sarebbe vissuta tranquillamente anche senza i lussi della villa. Ma chi faceva parte della nobiltà era rinomato per l’essere schizzinoso, vanitoso e mentecatto e di certo Luigi non aveva pensato che lei potesse essere diversa. Perché avrebbe dovuto?
Non si mosse, prese un profondo respiro e con gesto rapido prese un coltello dalla cintura d’armi di Toad, si mosse lentamente ma decisa: stirò con la mano la gonna morbida dell’abito da nobile e la taglio proprio all’altezza delle ginocchia. Poco dopo si accorse di tutti gli sguardi dei membri della ciurma piantati su di lei, persino il capitano la scrutava con attenzione.
-Spero che questo ti provi che non tutte le donne o nobili sono uguali- sogghignò al pirata di fronte a lei, rimasto con occhi spalancati per il gesto appena compiuto.
-Tu!- si voltò verso il capitano, quest’ultimo sorrideva divertito –Sei una donna interessante, oserei dire, avvicinati- Daisy obbedii, sentendosi a disagio di fronte alla ciurma attenta a guardarla come se finalmente si fossero accorti della sua presenza. Tra tutti riuscì a scorgere un ragazzo dai capelli color sabbia e gli occhi blu oceano intento a guardarla come fosse un nemico.
-Saresti?- chiese il capitano.
-Daisy Dumond, capitano- rispose lesta, inventando sul momento un cognome che facesse capire le origini nobili, sperando di riuscire a ricordarlo. Non poteva ammettere di essere l’ex-principessa di Sarasaland della famiglia Flowerstool, Peach era stata molto severa su quel punto.
-Bene, Daisy, posso sapere perché ti trovi sulla mia nave senza il mio consenso?- la ragazza rimase a bocca asciutta: effettivamente il permesso non lo aveva ricevuto da lui bensì dalla moglie.
-Ehm…-
-Sono stata io, caro- moglie che, fortunatamente, era comparsa nel momento più adatto –So che non rientra nelle mie mansioni assumere potenziali pirati, ma la ragazza aveva chiesto un semplice passaggio per il Mushroom Kingdom e non ho saputo rifiutare- sorrise la bionda, camminando fiera verso il marito.
-Non siamo una nave di trasporto merci o un postale- sibilò Mario alla bionda, incrociando le braccia al petto come per dimostrare che era effettivamente adirato –Non voglio altra gente sulla mia nave-
-Vorresti contraddirmi?- sussurrò Peach iniziando ad accarezzare lentamente il braccio del capitano –Solo per questa volta- si scambiarono un occhiata, una di quelle che racchiudeva più di mille parole.
Potevano essere raffigurati in una tela: tutto di loro era perfetto, si accorse Daisy, il modo in cui il capitano guardava la propria donna era unico e sminuiva del tutto quella serietà che mostrava con i propri uomini. E Peach, con il volto leggermente sollevato per l’altezza del suo consorte, rasentava lo spirito bambinesco mai perso e l’amore più sano mai visto.
-Va bene, solo per questa volta- affermò, alla fine Mario, ricevendo un casto bacio sulla guancia e facendo sentire Daisy come un cucciolo trovato per strada – Ma te ne occuperai tu, non ho intenzione di prendermi le responsabilità di una mocciosa, e soprattutto arriverà al Mushroom Kingdom quando io avrò intenzione di ritornare in quel regno del cazzo- ok adesso Daisy riusciva a scorgere il lato rozzo da pirata nel capitano, ed era solo all’inizio.
Peach aveva annuito decisa prendendo poi per un polso l’ex-principessa  -Evitiamo di farti lavorare da sola per oggi- aveva sussurrato –Sbrigheremo delle faccende assieme. La ciurma non sembra molto felice di accoglierti- e scomparvero all’interno della nave tra occhiatacce e espressioni annoiate.
***
-Dovresti togliere tutto questo potere alla tua donna, soprattutto se fa certe stronzate-
Il capitano sbuffò afferrando il timone –Innalzare le vele!- urlò, ignorando il Quartiermastro e sistemando meglio la cintura delle armi.
-Far rimanere quella donna… una nobile, hai pensato che potesse essere una spia?- chiese il biondo con aria fintamente annoiata, appoggiato alla balaustra.
-Impossibile-
-E perché mai?-
Mario si voltò con sguardo divertito –Ma dico… l’hai vista, Link? È una donna, all’apparenza una vera idiota si farebbe scoprire immediatamente se fosse una spia- quando con un fischio capì che era il momento di guidare la nave, girò il timone.
-Il fatto che sia una donna non importa, voglio ricordarti che abbiamo ben cinque donne nella ciurma e una di queste è tua moglie- affermò glaciale Link
-Infatti non le manderei mai a spiare il nemico, a malapena sono sicuro che la barista faccia il suo lavoro in quel buco di taverna-
Il quartiermastro sbuffò – Hyrule è sotto assedio, non siamo gli unici che si stanno dirigendo là- cambio discorso –Potremmo incontrare altre navi-
-Allora ti consiglio di far preparare i cannoni, perché potrei prendermela con te se non sono pronti a dovere- sorrise perfido il capitano suscitando un ringhio di disgusto da parte del ragazzo.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo II - Nouvelle Vie ***


"If you face the fear that keeps you frozen
Chase the sky into the ocean
That's when something wild calls you home"

-Amo i tuoi capelli- ripeté con aria sognante la cartografa intrecciando una treccia rossastra –Hanno un colore così particolare-
Daisy non seppe cosa rispondere, limitandosi ad un sorriso di gratitudine verso la ragazza dal caschetto rosa che di tanto in tanto muoveva le orecchie feline come a captare qualche suono. La rossa aveva sentito parlare spesso degli abitanti di Mobius, sapeva che essi mostravano molti tratti ripresi dagl’animali, ma vederne uno di presenza era alquanto strano e diverso.
La ragazza che con maestria le annodava i capelli aveva lunghe ciglia nere che incorniciavano gli occhi verde acido e sotto uno di essi s’intravedeva un minuscolo tatuaggio che a vista d’occhio sembrava una sfera con degl’aculei. Era bassa, ma non troppo e sfoggiava un fisico magro rivestito da un vestito rosa pastello con la gonna a campana e una cintura di cuoio piena di ogni sorta di matita o gessetto, stretta alla vita.
-Mi fa piacere che Peach alla fine ti abbia affidato a me- sorrise Amy, stringendo la treccia con una striscia di cuoio, e sedendosi sulla branda dove Daisy si era sistemata per quella notte – Allora…- continuò –Vuoi farmi qualche domanda? Per esempio, sulla nave o sulla ciurma-
Daisy incrociò le gambe fasciate dai calzoni gentilmente regalati dal vice capitano, trovandosi un po’ in imbarazzo non sapendo cosa chiedere alla cartografa.
-Ehm…- guardò ancora il viso della ragazza –Non saprei, parlami un po’ di te- propose incerta la rossa giocando distrattamente con la treccia appena fatta.
La cartografa sorrise –Come penso avrai capito mi chiamo Amy, per l’esattezza Amy Rose Rascal, e faccio parte della ciurma da ben quattro anni. Non ho molto da raccontarti su di me, non penso di avere una vita molto emozionante- disse grattandosi la nuca imbarazzata.
Daisy sorrise incoraggiante –Sei sempre stata una piratessa?-
-No, prima di far parte di questa ciurma ero cameriera della figlia di una ricca famiglia di nobili- rispose tranquilla mostrando un bracciale di spago con una conchiglia come ciondolo –Io e la Signorina Blaze eravamo molto amiche, questo è l’ultimo ricordo che ho di lei- un’espressione triste le albergò in volto.
-Perché l’hai fatto allora?- la rossa ricevette uno sguardo stranito –Perché hai abbandonato una persona a te cara?-
Amy sembrò incupirsi per un attimo –Vivere una vita da cameriera non era molto semplice ma, fosse stato per me, avrei fatto in eterno quell’umile lavoro- raccontò –Ma il Capitano Mario non la pensava in quel modo: faceva qualche lavoretto sporco per il mio padrone di tanto in tanto e quando quest’ultimo si accorse di non poter sperperare tutto il denaro per pagare un pirata offrì me come metodo di pagamento. Sapeva che godevo di un’ottima istruzione, grazie alla figlia, e che me le cavavo in termini nautici e geografia, mi spacciò quindi per una cartografa… cosa che effettivamente ora sono- prese un lungo respiro –Abbandonare quell’amica di vita fu straziante e doloroso-sembrava distrutta, la cartografa, mentre giocherellava con la conchiglia legata al polso.
Daisy capì che era momento di cambiare discorso –E cosa sai dirmi di quello?- s’inventò sul momento, indicandosi un punto sullo zigomo, sotto l’occhio sinistro, riferendosi al minuscolo tatuaggio.
La ragazza interessata sembrò illuminarsi di luce nuova –E’ il simbolo della ciurma a cui apparterrò sempre- disse sognante – Non fraintendermi, sono fedelissima alla Power Up ma so di appartenere completamente alla Golden Rings-
-La Golden Rings? La nave più veloce di tutti i mari?- chiese la giovane con meraviglia ricordandosi di quanto avesse sentito parlare, a Sarasaland, di una delle navi pirata più famose, conosciuta per l’innaturale velocità.
Amy annuì sorridente. –Allora perché ti trovi qua? Cioè… se sai che la tua vera ciurma si trova su un’altra nave?-
-Quando fui “regalata” al capitano Mario, avevo conosciuto da mesi un ragazzo- iniziò a raccontare con sguardo sognante –Non avrei mai immaginato che me ne sarei innamorata: lui è un tipo rude, impulsivo, arrogante e tal volta volgare ed io, anche se ero una misera cameriera, cercavo la perfezione in un ragazzo e Sonic non lo era di certo. Contro ogni mia aspettativa mi accorsi che quella che credevo una banale amicizia si stava trasformando in qualcos’altro e dopo la sua dichiarazione mi confessò di essere un pirata e non un semplice pirata: era uno dei due capitani della Golden Rings. - si fermò, il tempo per uno sbadiglio assonnato –Mi chiese di partire con lui prima di andarsene da Sol, di intraprendere un viaggio con lui e la sua ciurma e farne parte. Rifiutai anche se titubante: non volevo lasciare Blaze anche se amavo Sonic, così mi promise che un giorno sarebbe venuto a prendermi, dopo il matrimonio combinato di Blaze, lasciandomi come ricordo il tatuaggio-
Daisy sembrò ammaliata da quella storia ma ancora non comprendeva come la cartografa fosse finita sulla Power Up e prima che potesse chiedere Amy continuò a parlare –Inizialmente il capitano Mario non era interessato a me, non voleva una cartografa ma soldi e tesori, solo quando si accorse del tatuaggio si decise ad aggiungermi nella sua ciurma. E quando si entra a far parte di una ciurma si è legata a quella fino alla fine, o fino a quando il capitano non decide di dimetterti, è un giuramento di fedeltà tra pirati e chi non lo mantiene, può solo pregare di non trovarsi annegato.  Poco dopo mi accorsi che Mario mi aveva messo sotto la sua ala protettiva solo per “dispetto” al capitano Sonic; dire che si odiano è riduttivo- terminò di raccontare la ragazza giocando con un ciuffo di capelli rosa e muovendo le orecchie animalesche.
Daisy accennò un sorriso sincero per poi sbadigliare assonnata-Forse è meglio iniziare a dormire- disse
-Già, domani vedremo di lavorare sulle nuove carte. Sai qualcosa di geografia?- chiese Amy ricevendo una negazione come risposta –Le poche cose che ho voluto imparare le ho dimenticate- disse imbarazzata la rossa.
-Non preoccuparti, sono una brava insegnante- ammiccò con un occhio –È stato un piacere parlare con te Daisy, buona notte- e si alzò uscendo dalla stanza delle brande diretta ai suoi alloggi con lo sguardo della fuggitiva che la seguiva, come un’ombra invisibile.
La storia di Amy l’aveva lasciata spiazzata: sapeva che i pirati non erano, di certo, cordiali o onorevoli ma non si sarebbe mai immaginata che una misera diatriba tra due pirati significasse rovinare la vita ad un’altra.
Anche se la cartografa non mostrava segni di cedimento o di tristezza per la situazione in cui si trovava, Daisy l’aveva vista quell’espressione di amarezza e tristezza sul volto mentre terminava il racconto, la stessa che aveva assunto sua madre nei mesi precedenti alla sua morte quando aveva scoperto l’esistenza dell’amante di quel farabutto di suo padre. Ma Amy non era stata tradita, forse si sentiva in colpa per non aver combattuto abbastanza, per non essersi ribellata al volere del suo padrone e del capitano per non abbandonare il suo amato.
Un altro sbadiglio le fece capire che era meglio che iniziasse a prendere sonno sulla branda scomoda, anche se il russare di qualche pirata rendeva difficoltoso questo, e non furono i pirati rumorosi nel sonno a svegliarla durante la notte, bensì la porta scricchiolante che lasciava entrare una figura tremante che con passo silenzioso andava a occupare posto nella branda vicino alla sua. Poco dopo si accorse che la figura singhiozzante era una ragazza dalla pelle bianca come neve e i capelli, che nella stanza illuminata dalla luce lunare, proveniente dagli oblò, sembravano rossicci ma più chiari dei suoi, quasi biondi.
La ragazza, non accortasi che Daisy era effettivamente sveglia, si sfilò un cannocchiale dalla cintura che portava in vita, lo poggiò sulle assi del pavimento e si sedette sul materassino scomodo carezzandosi un anello al dito accompagnata da singhiozzi silenziosi.
Daisy non era mai stata tipa di impicciarsi nei fatti altrui, anzi rimaneva sempre in disparte quando alla villa le dame di compagnia di sua zia sparlavano di conti o marchesi, o quando cercavano di informarla alla ben e meglio sul conto di qualche giovane per spingerla al matrimonio. 
Ma in quella situazione non riusciva a rimanere indifferente.
-Va tutto bene?- provò a chiedere, seppur titubante, ricevendo un lugubre silenzio come risposta. Di certo la ragazza non pensava di essere sentita o che qualcuno la calcolasse data l’ora tarda –Sono Daisy la ragazza ch…-
-So chi sei- una voce lugubre uscì dalle labbra della ragazza piangente –Stai facendo scalpore tra la ciurma, riccona- sibilò con disgusto iniziando ad allentarsi le cinte dagli stivali –Non disturberò più il tuo sonno, se è di quello che vuoi lamentarti-
Daisy avrebbe voluto darle un pugno, ma non per il modo in cui le aveva risposto, semplicemente stava iniziando a detestare che chiunque la prendesse per una frivola, stupida e odiosa “riccona”. Detestava essere etichettata quello che effettivamente non era, ma si disse di iniziare a farci l’abitudine sennò avrebbe dovuto menare chiunque.
-Non era per quello che avevo chiesto- disse semplicemente, sedendosi sulla branda e aspettandosi una risposta velenosa che mai arrivò –Volevo sapere se potevo essere in qualche modo d’aiuto-
-Non ho bisogno d’aiuto dalla gente come te- l’anello le brillò sotto la luce lunare e Daisy riuscì a distinguerne le raffigurazioni e gli intarsi. Simboli che aveva visto spesso soprattutto quando c’era stato il grande sterminio delle Terre Crepuscolari.
“Forse piangeva per quello?” si chiese e cercò di intavolare un discorso.
-Sei una superstite?- chiese senza giri di parole.
-Cosa te lo fa pensare?- la ragazza finì di sfilarsi gli stivali iniziando ad armeggiare con la cintura delle armi.
-Il tuo anello- rispose la rossa – Solitamente anelli con tali stemmi sono riservati solo a servitori, di un certo calibro, di una famiglia reale e il simbolo che vi è stampato sopra è lo Specchio delle Terre del Crepuscolo, ormai desertiche-
La ragazza rimase in silenzio mentre sfilava la cintura per poggiarla sul pavimento, un’espressione di stupore tradiva la fredda indifferenza –Avrai sentito parlare di me- disse –O del mio cognome… Ero la figlia del Cavaliere Reale Zant Twili-
-Il cavaliere del casato dei Wisdom- disse Daisy, ricordando di come il cavaliere menzionato fosse stato proprietario delle Terre del Crepuscolo per conto del re di Hyrule, e di come avesse portato alla distruzione di quelle terre istigando gli abitanti ad avviare una guerra contro Angel Land.
Guerra persa in principio data la scarsezza di soldati nell’ esercito e la brama di dominio che spinse l’esercito nemico alla vittoria.
-Esattamente. Credo che ora tu capisca il perché del mio momento di debolezza, non è mai bello ricordare quello che è accaduto- spiegò asciutta la piratessa –Ma ho dei dubbi che quelli come te lo possano capire o che riescano a provare la delusione di vedere milioni di persone uccise, persone che credevano in te e nella tua famiglia- 
Invece Daisy lo sapeva perfettamente: quante volte aveva visto i propri sudditi patire per la fame e la miseria? Troppe volte. Sudditi che giorno dopo giorno speravano in un miglioramento; che il loro sovrano potesse comprenderli e aiutarli.
-Ti sbagli- disse –Il non poter aiutare o migliorare la situazione di altri mi ha sempre lasciato l’amaro in bocca. Adesso vorrei trascorrere questo viaggio non solo per raggiungere la mia meta, ma per farvi capire che nobile non è sinonimo di insensibile o stupido- sorrise sincera – Mi chiamo Daisy e vorrei aiutarti in qualche modo- porse la mano alla ragazza come a voler ricominciare da capo quella conoscenza iniziata brusca.
Quest’ultima aggrottò le sopracciglia come se si trovasse davanti un mostro con i tentacoli, ma subito dopo sorrise divertita ravvivandosi i capelli con una mano –Midna Twili- strinse quella di Daisy –Vedremo se le tue parole sono sincere- sghignazzò.
***
Il risveglio fu paragonabile ad un secchio d’acqua ghiacciata dritta in faccia per Daisy, che con espressione sconvolta aveva appena tirato una testata ad un qualcosa di duro e vivo.
Luigi imprecò quando il dolore iniziò a farsi sentire all’altezza della fronte, dove aveva sbattuto con la rossa che con espressione sofferente si massaggiava il punto colpito –Sei idiota pure nel modo di svegliarti- sibilò il pirata squadrandola con occhi di ghiaccio.
-Scusa se non sono abituata a essere svegliata con le urla nelle orecchie- ribatté lei –Buzzurro- disse poi alzandosi dalla branda scomoda e notando di essere l’unica, oltre a Luigi, in quella stanza –Ma che ore sono?- chiese.
-E che ne so. Amy mi ha detto di venirti a svegliare dato che la principessina, qui presente, non sa quando è il momento di alzare il culo e lavorare- le lanciò contro quelli che sembravano vestiti –E Peach mi ha detto di darti questi-
Daisy perse qualche secondo a fissare la figura del ragazzo, o meglio, del ladro che l’aveva derubata. Quando si senti dire “Che hai da guardare?” con ghigno annesso si accorse che forse era rimasta imbambolata.
-Pensavo quanto fossi rozzo, scorbutico e privo di buone maniere- gli disse antipatica prendendo i vestiti prestati da Peach e voltandosi con l’intenzione di cambiarsi –Potresti uscire?- chiese con espressione ovvia ma Luigi sembrava essersi inchiodato sul pavimento, con spalla appoggiata alla parete e ghigno strafottente.
-Fai pure non penso ci sia molto da vedere- sentenziò prima di ricevere uno stivale dritto in faccia, come se la testata precedente non fosse bastata.
-Fuori di qui- sibilò di rimando Daisy venendo ascoltata per sua gioia e iniziando a spogliarsi di calzoni e camicetta da notte per infilarsi una camicia bianca e un panciotto femminile blu intarsiato di nero, pantaloni del medesimo colore e una cintura delle armi, rosso carminio. Finì di mettersi gli stivali, protezioni di cuoio all’avambraccio e uscì dalla stanza.
Davanti alla porta sostava Luigi con espressione corrucciata –Potevi risparmiarti lo stivale- le disse.
-Potevi risparmiarti la stupidità- iniziò ad avviarsi per il corridoio, Daisy, con sguardo fiero in volto. Poco dopo si accorse di non sapere dove si trovasse la stanza di Amy.
-Ehm…- iniziò voltandosi verso il pirata –Dov’è la stanza di Amy?- chiese imbarazzata, aspettandosi di essere mandata a quel paese dopo aver preso il diretto interessato per stupido. E se prima, Luigi, aveva pensato di rifilarle un “Vaffanculo”, poi decise di prendere la situazione sullo scherzare… infondo non si divertiva con qualcuno da tempo ormai.
La scortò fuori dal corridoio per poi prenderne un altro dall’atrio della nave fino a raggiungere la porta di mogano dove campeggiava un buco coperto da assi di legno fin troppo spesse –Eccoci arrivati principessa, cerca di non lanciare qualcosa alla cartografa- sghignazzò prima di andarsene per raggiungere la ciurma.
***
-Dormito troppo?- le chiese senza rimprovero Amy quando Daisy ebbe messo piede nella stanza della ragazza, arredata di ogni sorta di cartine, disegni di paesaggi o souvenir.
-Si… scusami tanto- sentenziò dispiaciuta la rossa avvicinandosi alla postazione della ragazza indaffarata e notando un letto all’angolo della stanza pieno di lenzuola aggrovigliate. Nel bel mezzo della camera si trovava un’enorme tavola rotonda ricoperta di tomi, matite, righelli e compassi ed Amy era seduta proprio di fronte ad essa con un’enorme cartina sotto mano e una strana lente da tasca poggiata sull’occhio sinistro.
-Non preoccuparti, immagino che non sei ancora abituata a questi ritmi- Amy si tolse la lente dall’occhio e posò il compasso sulla superficie del tavolo –Prendi una sedia e siediti accanto a me, t’insegnerò qualcosa- sorrise incoraggiante passandosi una mano guantata tra i capelli rosati.
Daisy obbedì passando quella lunga mattinata tra libri di geografia e geometria, imparando controvoglia il nome di ogni regno e la loro funzione in una società ai suoi occhi infima per poi passare all’uso del compasso sulla cartina, della bussola e del tracciamento di una rotta. Si ritrovò così con un mal di testa insopportabile causa le troppe informazioni acquisite in poco tempo.
-Se sorvoliamo sulla pessima manualità col compasso possiamo dire che potresti avere un futuro da cartografa se lo volessi- sentenziò Amy arrotolando l’enorme cartina e sistemando al loro posto gli attrezzi usati –Se riusciamo a raggiungere in poco tempo Hyrule con la mia rotta, potremmo raggiungere il Mushroom Kingdom dopo tre settimane circa- cambiò discorso.
Daisy annuii, infondo non le importava raggiungere il Mushroom Kingdom il più presto possibile, solo raggiungerlo, infondo non le dispiaceva restare sulla Power Up sapeva che, volendo, sarebbe riuscita a farsi apprezzare dalla ciurma e cancellare definitivamente la sua nomina da nobile.
Volse lo sguardo altrove, soffermandosi di nuovo sui libri di testo –Amy- iniziò ricevendo un verso di assenso –Ti piace essere una piratessa?- chiese senza giri di parole.
-Perché questa domanda?-
-Mi hai raccontato che sei stata costretta ad unirti a questa ciurma e vivere una vita non potendo mai essere quello che si desidera, non è vivere, è accontentarsi- a quelle parole Amy rispose con un’alzata di spalle –Vieni con me- continuò Daisy – Ci sono università o marinai che pagherebbero per la tua bravura, potresti costruirti un titolo, vivere una vita agiata e stare con l’uomo che ami-
-È impossibile-
-Non è imp…-
-Daisy- Amy la guardo con sguardo commosso –È carino da parte tua voler migliorare la mia situazione, ma nonostante tutto ho imparato a fidarmi e volere bene a questa ciurma. Certo non sarà perfetta, la paga non è delle migliori e m’impedisce di stare con l’uomo che amo, ma… penso esistano situazioni peggiori della mia. Pensa se fossi finita in una nave di pirati dallo stampo prettamente delinquente come, non saprei, la Koopa o la Moblin, non avrei mai avuto la possibilità di diventare cartografa o costruire lo splendido rapporto che ho con tutti-
Daisy sembrò dispiaciuta –Scusa, semplicemente ho l’impressione che le tue doti siano sprecate in una nave di pirati. Saranno pregiudizi, ma capirai che non parlano molto bene di loro nell’ambiente in cui vivevo-
Amy sorrise dolce –Non preoccuparti, anch’io ero della tua stessa idea… poi incontrai Sonic- si perse in un’espressione sognante a tratti divertente –Capì che infondo alla corazza da volgare e rozzo ragazzaccio c’era un animo nobile e dolce-
Daisy rise benevola: “L’amore rende veramente idioti” pensò.
***
La strana cena con la ciurma si era rivelata divertente e gradevole agl’occhi della fuggitiva che con maestria mischiava le carte da gioco tra le sue mani.
Mentre faceva scivolare le carte tra le dita, pensò che quella cena chiassosa non potesse essere comparata a una di quelle silenziose e depresse della villa, dove l’unico suono era dato dalle posate che sbattevano contro i piatti. Lì la situazione era molto diversa: cibo che volava dall’altra parte della stanza e fiumi d’alcool a mai finire, per non parlare del Capitano che al limite dell’ubriachezza aveva cominciato a raccontare strane barzellette dal dubbio gusto morale.
Prese una carta  dal mezzo del mazzo rivolgendo la figura ad uno dei goomba, che da quello che aveva compreso era la maniera in cui chiamavano i pirati principianti nella Power Up.
-Porco il demonio!- imprecò uno del gruppo di goomba a cui aveva deciso di mostrare quel vecchio trucco di magia –Sei una maga o che cosa?- chiese un ragazzetto con una profonda cicatrice sulla guancia e un paio d’occhi violacei.
-Non dire stronzate Gabe. I maghi non esistono- rispose un altro.
-Non esistono dici?- fu un pirata più anziano a parlare, seduto non molto lontano dal tavolo in cui aveva avuto inizio la discussione, fumava con le palpebre socchiuse come se provasse a prendere sonno. Daisy notò subito la mano di legno scuro in netto contrasto con la pelle chiara disegnata con tatuaggi o solcata in viso da lievi rughe.
Quando l’attenzione ricadde pienamente sull’uomo, Daisy sembrò non sentire più il vociare che riempiva quell’enorme stanza piena di tavoli e sedie; classico luogo per mangiare qualcosa e bere fino il giorno dopo, sembrava una vera e propria taverna, solamente con meno ubriachi e disordine.
-E se ti dicessi che anni fa ne incontrai uno? Se esistono creature come sirene perché credi che non possano esistere i maghi?-
-Le sirene ammaliano con il canto, uccidono uomini, saccheggiano navi… sono diavoli, nulla che rasenti la magia. I maghi sono solo storielle per bambini, vecchio- rispose convinto il goomba con sorriso beffardo.
-Sai così poco, moccioso- ghignò il pirata –Le sirene stesse possono definirsi maghe, persino tu quando ne compri e bevi il sangue potresti definirti un mago. Un mago temporaneo ma, sempre un mago-
Il ragazzetto sbiancò accompagnato da un lieve tremolio alle mani –Non… non prendo quel… quella roba io- disse mostrando i palmi come a voler provare la sua innocenza ai goomba che lo accerchiavano con sguardi ora basiti.
Daisy non ne capì il motivo.
L’attenzione calò sul principiante intento ad inventare una serie di scuse e la rossa sfruttò quell’occasione per avvicinarsi all’uomo misterioso e porgergli qualche domanda.
-Non mi sarei mai aspettato di vedere una nobile da vicino senza che mi dovessi inchinare- sogghignò quello quando la ragazza si fece abbastanza vicina per capire meglio i disegni che gli arricchivano la pelle. Uno raffigurava un sole con una gemma al centro; aveva già visto quel simbolo, non l’avrebbe mai scordato.
-Perché mai l’assunzione di sangue di sirena dovrebbe essere uno scandalo?- chiese diretta
L’uomo alzò una palpebra socchiusa, la scrutò con attenzione con un occhio dall’iride nera come la pece –Un pirata che assume sostanze per superare una battaglia o un’impresa non è altro che un codardo senza spina dorsale- prese una boccata dalla pipa che  teneva tra le dita –Sei molto famigliare, ragazzina-
-E voi molto criptico, monsieur- sorrise beffarda Daisy.
L’uomo alzò un sopracciglio –Abbiamo una compaesana qui- sorrise divertito –Mi sembra dovere presentarmi adesso. Germain Leroy, cambusiere della Power Up. Immagino che il tatuaggio a cui presti attenzione ti abbia aiutato a capire da dove provengo- espirò il fumo dalla bocca ricevendo un’affermazione come risposta.
-Io ci credo. Alla magia, intendo- sentenziò la fuggitiva.
-E come mai credi a certe stronzate, come dicono in molti?- chiese Germain riferendosi al goomba di prima.
-Forse perché potrebbe essere la risposta di molti quesiti che mi pongo. E perché penso debba esserci un motivo per cui le sirene sono tanto ricercate, e ho dei dubbi che sia solo per ricavarne il sangue- rispose la ragazza.
Germain richiuse le palpebre portandosi la pipa tra le labbra  - Molto perspicace. Mi piaci ragazzina, un animo come il tuo può fari grandi cose- nel frattempo la figura brilla di qualcuno, che Daisy aveva imparato a riconoscere, uscì dalla stanza con una bottiglia di qualche alcolico alla mano, sicuramente rum – Persino purificare il cuore più nero- ma Daisy non sentì quell’ultima frase pronunciata dal cambusiere, spedita verso la coperta della nave.
L’aria si proponeva fredda e asciutta e le onde tranquille accompagnavano la Power Up nel suo viaggio. Delle piccole fiaccole illuminavano la coperta. La figura in controluce di Midna, seduta sul pennone dell’albero maestro, dondolava le gambe leggendo un libro.
Luigi era lì, poggiato al bordo della nave con il viso rivolto verso il mare scuro e la bottiglia di rum accanto, non si accorse della presenza della rossa fino a quando questa non gli fu accanto.
L’affiancò rivolgendogli un piccolo sguardo curioso -Non ci sono stelle stasera- disse soffermandosi a guardare il profilo del ragazzo, presto sentì il sangue affluirle verso le guance; distolse lo sguardo.
-Non esiste un cielo senza stelle- sussurrò Luigi prendendo un altro sorso dell’alcolico – Spesso si nascondono dietro un cumulo di incertezze e paure. Basta trovare il soffio di vento che le scacci via.- si voltò verso la fuggitiva, gli occhi più scuri, i capelli una massa scomposta e una leggera barba che gl’incorniciava il viso.
Quando Daisy ricambiò lo sguardo le sembrò che il viso le stesse prendendo fuoco, ringraziò la penombra creata dalle fiaccole e la luna poco luminosa. Non si spiegava il perché di quell’azione involontaria del corpo, si disse che la causa fosse lo stile di vita della villa, dove gli unici uomini che vedevano ogni giorno erano suo padre e il maggiordomo. Aveva parlato, sì e no, una decina di volte con qualcuno dell’altro sesso, non per timidezza, anzi spesso preferiva la compagnia maschile a quella femminile, ma perché la sua balia (e suo padre) avevano deciso in quel modo.
E adesso si ritrovava in preda a sensazioni mai provate.
La mano fredda di Luigi sulla guancia le donò un lungo attimo di sollievo, gli occhi lucidi del ragazzo avevano il potere di farle accelerare la frequenza cardiaca e mandarle in tilt ogni pensiero ragionevole. Un pollice ruvido iniziò ad accarezzarle il labbro inferiore.
-Ch… che sta…stai facendo?- balbettò in evidente imbarazzo.
Luigi non rispose, lentamente si fece sempre più vicino al volto cremisi della ragazza, e Daisy lo avrebbe voluto, desiderò ardentemente che il primo bacio le fosse dato da quel pirata scorbutico dagl’occhi di ghiaccio, anche se lo conosceva a mala pena, anche se sapeva che quest’ultimo puntava solo ad una cosa.
Ma fu la parte razionale a prevalere: poggiò le mani sul petto del ragazzo respingendolo –Sei ubriaco- disse abbassando lo sguardo –E voglioso di svagarti, niente di che- si allontanò sotto lo sguardo stranito del ragazzo, forse dispiaciuto non lo avrebbe saputo dire.
Avrebbe voluto chiederglielo; sapere se veramente desiderava quel bacio di quella sconosciuta che era per lui, ma il boato che si propagò fu così violento da ferirle i timpani mentre violenti schizzi d’acqua salata le finivano sul viso. Poco dopo sentì l’allarme.
Midna si era alzata sul pennone, lasciando cadere il libro, urlando un –Ci attaccano! Tutti in coperta, caricate i cannoni!-
Daisy volse sguardo da dove era partito lo sparo, scorgendo nell’oscurità altra luce, altre fiaccole accese e una bandiera che sembrava possedere luce propria con sopra disegnato un leone stilizzato dalle lunghe corna.
-Devono essere impazziti: attaccare di notte- digrignò i denti Luigi gettando con violenza la bottiglia d’alcolico sul pavimento e sguainando una sciabola lunga e affilata –Almeno ho trovato qualcosa da fare- ghignò e il putiferio si scatenò davanti alla vista dell’ex principessa.

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Capitolo 4
*** Capitolo III - Magnifiquement Inachevé ***


"If you face the fear that keeps you frozen
Chase the sky into the ocean
That's when something wild calls you home"

Le urla, le onde e lo stridio delle spade rimbombavano nella mente svuotata di Daisy.
Era successo tutto così velocemente: Luigi che correva verso il timone per impiantare la lama della sciabola nel primo intruso, la scialuppa dei nemici che si svuotava a vista d’occhio e questi ultimi che gattonavano sul legno della nave come ragni mostruosi, con occhi rossi come il sangue e artigli capaci di tagliare l’acciaio Quelle cose non erano umane.
Quando il capitano arrivò, l’ubriachezza sembrò svanire come granelli di polvere, la sua spada aveva trafitto in pochi istanti due nemici e dietro di lui la ciurma aveva abbandonato le espressioni gioiose e festive per sostituirle con la furia.
Daisy perse cognizione del tempo, troppo impegnata a squadrare quegli esseri deformi, troppo impegnata a osservare la nave nemica sempre più vicina… pochi metri e i rivali avrebbero posto l’asse per salire a bordo e prendere possesso della nave.
Aveva paura… troppa… anni di esercizi con la spada andati in fumo alla prima difficoltà. Il rimorso si fece sentire violento e persistente, non poteva rimanere impalata a guardare la ciurma, che l’aveva ospitata, in difficoltà; fece per brandire una spada dal corpo ormai morto di uno di quegli esseri, ma quest’ultimo sembrò risvegliarsi quando si fece troppo vicina.
La afferrò per un polso, gettandola violentemente sul pavimento, aprendo la bocca per mostrare lunghe fauci che avrebbero potuto squartarla viva. Un ringhio animalesco uscì dalla bocca dell’essere prima di alzare in aria una mano artigliata per sferrarla sul volto della ragazza.
Daisy chiuse gli occhi istintivamente; sentì qualcosa di caldo scivolarle dalla guancia e la presenza del mostro ormai svanita, quando riaprì gli occhi l’unica cosa che ne rimaneva era la mano amputata a pochi centimetri dal suo viso.
Luigi l’aveva scaraventato via con una pedata poderosa. Si pulì la mano destra dal sangue dell’essere porgendo l’altra alla ragazza per issarla su. Daisy si accorse della striscia di sangue che gli partiva dall’attaccatura dei capelli fino al collo rigido.
-Via di qua. Raggiungi Peach prima che riescano ad entrare sottocoperta- le disse rigirandosi la spada tra le mani per porgerla alla ragazza –Se vedi un nemico, uccidilo- le intimò con occhi inespressivi.
-Come farai tu?- chiese solamente la rossa afferrando tremante l’elsa della spada e, prima che il pirata potesse risponderle, questo sfilò da dietro la cintura una pistola, caricò il proiettile e sparò proprio dietro le spalle della ragazza. Quando Daisy si voltò, la vista del proiettile conficcato tra le sopracciglia di un uomo le fece venire un capogiro –Muoviti!- le gridò contro, il pirata sfilando dalle mani della sua ultima vittima un coltello dalla doppia lama e afferrandolo saldamente.
E Daisy obbedì per la prima volta, senza esitazione, al pirata rozzo che le aveva appena salvato la vita. Attraversò il ponte, schivando i corpi senza vita stesi per terra come tappeti di carne e sangue, decisa a trovare Peach come le era stato ordinato, ma quando l’entrata che portava sottocoperta si fece a pochi passi, sgranò gli occhi per il terrore.
Davanti a lei due dei mostri ridevano a squarciagola tempestando di pugni il volto del mozzo dai capelli ricci ora imbrattati di sangue, ai suoi piedi sostava una spada incrostata di rosso.
La rossa sentì le lacrime pungere, ma mai scendere: Toad non era morto! Se lo sentiva, nonostante il volto tumefatto e le palpebre violacee chiuse. L’avrebbe salvato anche a costo della vita: e fu con quel pensiero che corse verso i due nemici impiantando la spada nella schiena di uno, con il cuore in gola e lo stomaco annodato come pochi.
L’altro mostro smise di sogghignare, allentò la presa dal colletto del mozzo lasciandolo cadere pesantemente sul pavimento, e si voltò furioso verso la rossa aprendo i pugni per sfoderare artigli d’acciaio e puntarglieli contro.
-Stupida puttana!- proferì l’essere con voce cavernicola, quasi robotica, piena di astio. Afferrò per il collo la malcapitata puntandogli un artiglio davanti ad un occhio azzurro –Conosco persone che pagherebbero oro per certi occhi!- sogghignò tracciando un solco sullo zigomo, intenzionato ad avvicinarsi sempre di più al suo obiettivo.
La paura era così tanta da tramutarsi in rabbia: Daisy urlò furiosa stringendo tra le mani il volto deformato del nemico e infilando i pollici nei bulbi oculari, chiudendo gli occhi per non vedere il sangue schizzarle sulle mani. Quando sentì le urla dell’uomo, la stretta sul suo collo allentarsi e le mani imbrattate capì di averlo accecato.
Prese velocemente aria ignorando le urla disperate, causate da lei, e catapultandosi sul corpo martoriato del ragazzo riccioluto. Era così pallido da sembrare morto, persino il respiro pareva essersi arrestato. Solo quando la rossa poggiò l’orecchio all’altezza del cuore del mozzo, seppe che era ancora vivo.
Si pulì le mani insanguinate sui pantaloni e sollevando il busto del ragazzo riuscì a issarlo su –Ti prego Toad, svegliati- lo scosse –Il tempo di metterci al sicuro- continuò non ricevendo risposta. Fu tentata di scoppiare realmente in lacrime, nervosa com’era: la battaglia sembrava non voler cessare, e il pericolo che qualcuno potesse avvicinarsi per ostacolarla si faceva sempre più reale.
Si passò il braccio del ragazzo intorno alla spalla –Toad!- riprovò, ma nessun segno faceva intendere che nonostante i lividi, il mozzo, potesse camminare.
Quando distinse la figura sfocata di Amy venirle incontro il nodo allo stomaco si sciolsero e la paura che si era riformata andò scemando. La ragazza dal caschetto rosa sembrava esausta, il vestito rosato era in alcuni punti stracciato, prova di uno scontro che aveva lasciato ben tre graffi paralleli, profondi e sanguinolenti, sull’avambraccio della cartografa.
-Dobbiamo metterci al sicuro- disse Daisy facendo segno di aiutarla con il mozzo svenuto.
-Dio mio- espirò stanca Amy iniziando il primo passo -Spero che sia vivo-
-Lo sarà, se lo mettiamo al sicuro-
Dovevano trovare Peach al più presto.
***
-Le cucine!-
-Le cucine?- chiese stranita Daisy sistemandosi meglio il braccio di Toad intorno alla spalla.
-Sarà sicuramente lì: è uno dei posti meno prevedibili ed è una donna incinta, avrà sicuramente fame- spiegò Amy decisa scendendo le scale che portavano all’ultimo piano della nave dove, appunto, si trovavano le cucine, le provviste e la merce di scambio.
L’espressione affaticata delle ragazze mostrava come scendere le scale o anche solo attraversare un corridoio col corpo addormentato del giovane fosse estenuante, quando Daisy fu avvertita che la cucina era la prima porta a destra, del corridoio, emise un sospiro di sollievo: la spalla stava iniziando a dolerle fin troppo.
Le ragazze entrarono e tra il mobilio di legno, mestoli da cucina e alimenti di ogni genere scorsero la figura fiera e indifferente del vice capitano intenta a mangiare quello che sembrava essere cioccolato.
-Oh ragazze!- disse con un sorriso –Che gioia, mi stavo annoiando a rimanere qui tutta sola. Quello scorbutico di Mario mi ha proibito di combattere perché “non sono in condizioni ragionevoli”- mostrò un broncio bambinesco poco dopo si accorse del mozzo svenuto, sorretto dalle giovani – Per l’amor del cielo, cosa è successo?!- quasi strillò alzandosi dallo sgabello, su cui era seduta, per prendere il volto del pirata fra le mani come a controllarne lo stato.
Daisy vide in quel gesto tutto l’amore materno che Peach provava per sua ciurma.
-Sdraiatelo sul tavolo- ordinò, apprestandosi a immergere delle pezze in un barile d’acqua per poggiarle sulle ferite e i lividi del mozzo.
-Si rimetterà?- chiese Daisy con il cuore in gola: era abbastanza incompetente nel campo medico e non sapeva quanto gravi fossero le ferite che mostrava il ragazzo.
Peach annuì convinta –Toad è forte- passò una pezza umida ad Amy che iniziò a rimuovere con cura il sangue incrostato sui capelli riccioluti del diretto interessato.
Daisy prese un lungo respiro, guardandosi le mani macchiate da aloni nerastri: quelle creature erano lontanamente umane se il loro sangue era oscuro come loro. Non credeva ancora di averne ucciso uno: non aveva mai tolto la vita a qualcuno, e anche se era stato un essere orribile e spregevole a morire per mano sua, sentiva un senso di colpa divorarla dall’interno.
Si chiese come facesse Luigi a restare impassibile e il cuore iniziò a palpitarle velocemente nel petto: c’è l’avrebbe fatta? Quei mostri sembravano moltiplicarsi e lui, per quanto forte potesse essere, rimaneva umano non avrebbe resistito a lungo.
-Non preoccuparti- la mano calda di Peach la fece rinsavire –E’ difficile che lo uccidano- e non ebbe tempo di chiedere come aveva fatto a capirlo: Toad aveva socchiuso gli occhi e tossito violentemente come se stesse soffocando.
Peach, fulminea, gli sollevò la testa dal tavolo e ordinò alla cartografa di riempire un bicchiere d’acqua.
-I moblins- sussurrò stanco Toad, guardando con espressione pentita la bionda –Non…-
-Shh… non preoccuparti ci stanno pensando gl’altri-
-No- ribatté deciso questa volta – Non possiamo vincere- respirò velocemente –Hanno un portale dentro la nave, ne arriveranno sempre di più. L’ho sentito dire da quei due bastardi-
Il silenzio calò nella stanza.
-Dobbiamo fare qualcosa- disse Amy decisa porgendo il bicchiere d’acqua al vice capitano –Conosco la struttura delle navi dei moblins, potrei andare io-
-Non se ne parla neanche! Non ti mando in una nave nemica da sola- enunciò autoritaria la bionda stringendo con fin troppo vigore la pezza umida. Le gote leggermente arrossate lasciavano trasparire il nervosismo che provava la ragazza nel sapere di non poter fare nulla, per non rischiare di mettere in pericolo il bambino.
-Vado io con lei- annunciò Daisy nascondendo dietro la schiena le mani tremanti –Ho qualche superficiale abilità da spadaccina e ho già ucciso uno di quegl’uomini- ricevette un lungo sguardo indagatore da parte del vice-capitano, come se volesse controllare che la rossa stesse dicendo il vero –Accompagnerò Amy e lei penserà al portale-
-Mi sembra un ottimo piano- commentò la mobiana –In due avremmo più possibilità di riuscita-
Peach sospirò mortificata: non poter aiutare la distruggeva dentro, ma l’amore che cresceva e si fortificava ogni giorno verso quel bambino era in grado di tenerla ancorata al sicuro; Daisy lo vedeva dalla mano sinistra posata inconsciamente sul grembo e lo sguardo addolorato rivolto al pavimento –Va bene- annunciò poi con espressione dura –Nella mia stanza sotto le assi del pavimento, vicino al comò, troverete una scimitarra e una pistola- prese tra le mani le gonne del vestito alzandole fino all’inguine con una serenità che sconvolse Daisy. Ad un reggicalze era agganciato un pugnale ricurvo a falce con una lama d’osso bianchissimo, Peach lo sfilò e lo porse ad Amy lasciando ricadere il vestito rosso.
-Un solo graffio è morte certa- disse –Ha proprietà altamente velenose e magiche, fatene buon uso- e prima che Daisy potesse accorgersene, era fuori dalla cucina diretta con velocità verso la stanza della bionda.
***
-Non possiamo prendere l’asse, ci faremmo scoprire subito. Qualche idea?- Amy strinse con prontezza la pistola presa dalla stanza della moglie del capitano, lasciando la scimitarra a Daisy che di pistole ne sapeva ben poco. Nascoste sotto la scalinata esterna che permetteva di raggiungere la zona col timone osservavano i nemici varcare l’asse, e i loro alleati che con sguardo furioso lottavano senza mai fermarsi.
Il capitano Mario sembrò un demone agl’occhi di Daisy: il viso macchiato di sangue nerastro, gli occhi spiritati, i denti digrignati gli davano l’aria di un serial killer alle prese con il proprio massacro. Accanto a lui, il quartiermastro Link non era da meno.
Ormai il legno della nave era tinto di rosso e nero; il sangue colava a fiumi e il suo odore così pungente, da poter attirare i peggio mostri marini che si nascondevano nella pece che era il mare.
La rossa scrutò con attenzione ogni combattente, forse per farle venire in mente un modo per salire sulla nave nemica o forse per scorgere il pirata che si era gettato nella mischia senza esitazione; non lo trovò, tra il conflitto, ma alzando lo sguardo e piantando gli occhi sulla vedetta scorse, nonostante la scarsa illuminazione la chioma rossiccia di Midna impegnata a tirare con l’arco e trafiggere i nemici sull’asse prima che potessero raggiungere la Power Up. Spostò lo sguardo verso le vele.
-Le corde delle vele- disse –Sono abbastanza lunghe per raggiungere il babordo delle nave- Basterà tagliarne una e dondolarci-
-Pregando di non finire nell’acqua gelida- continuò la cartografa insicura –La zona del timone è libera, potremmo usare quelle corde. Passeremo le più inosservate possibili. -
Si scambiarono uno sguardo d’intesa e, con stomaco contorto e armi alla mano, uscirono dal sottoscala dirigendosi alla zona menzionata non incontrando, per loro fortuna, nessun ostacolo. I mostri erano troppo impegnati a vedersela con gli uomini della ciurma, e anche se le avessero viste le avrebbero ignorate… o almeno così pensò Daisy.
-Tu sali la corda, io ti seguirò dopo averla tagliata- ordinò la mobiana stringendo tra le mani il pugnale d’osso e indicando con un gesto della testa una fune alle loro spalle legata saldamente all’albero maestro della nave. Il piano era tagliare la corda e far scattare l’ingranaggio che controllava le vele.
La rossa non fiatò si limitò ad afferrare la corda ancora legata alla nave non sapendo minimamente come issarsi su –Ehm… Amy c’è un problema-
-Quale sarebbe?-chiese con espressione stranita la cartografa –Ci hai ripensato?-
-No no, certo che no. Solamente non so come issarmi sulla corda- confessò imbarazzata, grattandosi la nuca con un sorriso di scuse.
Amy sembrò pensarci su.
-Tecnicamente non ci si dovrebbe arrampicare, pensavo solo che in quel modo avresti avuto meno possibilità di cadere in acqua. Se non si ha una presa salda rischi di volare via-
-Quin… AMY!- quando un proiettile fendette l’aria sopra la spalla di Amy, Daisy trattenne l’aria ringraziando la pessima mira dell’uomo deforme.
Il verde delle iridi della cartografa scomparve in una macchia di nero, le orecchie feline le fremettero e un’espressione di paura mista a tensione le solcò il viso. Il mostro, posto sulle scale, aveva iniziato a correre con una spada lucente alla mano. Daisy si vide morta e agonizzante ma fu solo un pensiero raffigurato nella sua mente perché subito dopo volteggiò sopra un buco nero, rappresentante il mare, con l’aria bloccata nei polmoni, capace di farle male allo sterno e le mani strette intorno alla fune fino a farle sanguinare.
Amy, nella stessa situazione della rossa, si teneva salda con una mano alla corda ed una agganciata alla camicia di quest’ultima; quando il legno scuro della nave nemica prese posto del mare scuro e l’urlo di Amy ordinò di lasciare la presa, Daisy titubò, non seppe se per codardia o per altro ma, con sua sorpresa, lasciò la presa.
Cadde sulla spalla sinistra, un dolore lancinante le investì l’arto e fu tentata di piangere ma non era di certo il momento più adatto, né tantomeno davanti a dei pirati che al primo segno di debolezza le avrebbero tagliato la gola. Si alzò con gambe tremanti e la prima cosa che vide fu una luce bluastra fuoriuscire da sottocoperta.
- Cos’è stato?- chiese quando la fonte luminosa svanì catapultandola nella penombra.
-I cannoni- rispose con voce allarmata la cartografa –Dobbiamo avvertire gli altri! Dannazione!- imprecò stringendo con forza il pugnale –Va bene, non allarmiamoci. Io cercherò di fermare gli spari tu blocca il portale-
-Amy è una pessima idea- commentò la rossa –Chissà quanti uomini ci saranno là sotto a caricare i cannoni e io non so minimamente come richiudere un portale. Non so neanche com’ è fatto!- l’espressione della cartografa non era per nulla rassicurante poi, come un colpo di fulmine, il volto si illuminò: -Il teletrasporto!- schioccò le dita.
-Tele…trasporto?- ripeté titubante mentre la mobiana si alzava la gonna del vestito per sfilare due oggetti dalla forma indefinita dal reggicalze.
“ A quanto pare è un ottimo porta oggetti” pensò Daisy con tanto di sopracciglio inarcato ricevendo una pietra blu intenso, solcata da venature indaco. Un lato della pietra era liscio come marmo come se qualcuno l’avesse “tagliata”.
-E’ azzurrite- spiegò Amy mostrando un altro pezzo di pietra ma più chiaro –La pietra del teletrasporto. Non dovrai fare nulla, solo scuoterla e ci scambieremo di posto; quando avrò svuotato la stanza dei cannoni faremo scambio-
Un rumore assordante si fece spazio tra le due: da sottocoperta erano appena usciti una ventina di pirati deformi ricoperti da una aura bluastra che andava man mano affievolendosi. Le due ragazze si nascosero leste dietro l’albero maestro –Come sospettavo- sussurrò Amy –Hanno bisogno di tempo per ricaricare il portale-
-Ma perché lasciare la nave scoperta?-
-Perché priva di valore- scosse le spalle la mobiana –Sarà una ciurma sacrificabile, Ganondorf avrà chiesto loro di farla finita ma non prima di aver tentato un attacco-
-Ganondorf?-
Amy indicò l a bandiera proprio sopra le loro teste –E’ uno dei Tiranni del Mare; questa ciurma è una delle tante dedite a quel mostro-
Quando gli esseri sfilarono le spade e si fiondarono verso l’asse, rischiando di cadere in mare, le due ragazze si precipitarono sotto coperta ritrovando davanti ad un atrio, riempito di barili e sabbia, che si biforcava in due corridoi illuminati da torce appese alle pareti.
-Quello a destra scende verso il basso; sarà sicuramente lì il portale- si lanciarono un’occhiata. Amy sembrava decisa, anche se la pelle d’oca tradiva l’espressione dura e impassibile, sfilò la pistola dalla cintura e si diresse verso il corridoio a sinistra lasciando Daisy da sola nell’atrio con l’azzurrite stretta nella mano e un “Buona fortuna “ detto con tensione.
Prese un lungo respiro e stringendo convulsamente l’elsa della scimitarra si diresse verso le scale ritrovandosi in un altro corridoio, con solo due porte per lato.
Si disse di controllarle tutte finché non avesse trovato un qualcosa che secondo la sua scarsa conoscenza potesse definirsi “portale”. La prima porta sulla destra era solo un polveroso sgabuzzino pieno di sacchi di juta e barili, proseguendo si ritrovò in quella che sembrava una cantina malamente illuminata dove la puzza di muffa e legno bagnato erano capaci di offuscarle la mente.
“Forse nascondono qui il portale” pensò socchiudendo gli occhi per riuscire a scorgere meglio gli oggetti in quella stanza, illuminata da scarse candele ormai al limite, ma non trovò il portale, infondo alla stanza, quella che a fatica riusciva a vedere era una figura legata alla parete tramite catene. Enormi e pesanti bracciali di ferro serravano polsi sanguinanti e magri, sangue che aveva macchiato un vestito che un tempo doveva essere stato elegante e pregiato, adesso quello stesso vestito era strappato proprio sotto l’inguine e al livello del corsetto.
Daisy si coprì la bocca con una mano mettendo finalmente a fuoco la figura di una ragazza bionda svenuta e ricoperta di lividi sulla braccia. –Mon Dieu!- si catapultò sulla ragazza afferrando i bracciali come a volerli strappare via ma sapeva che non ci sarebbe mai riuscita, aveva bisogno della chiave.
Se solo avesse saputo dove cominciare… -Ehi!- iniziò a chiamare la ragazza –Come ti senti?- ricevette un gemito di dolore come riposta e un lamento implorante.
-Vi prego basta- sussurrò la ragazza iniziando a lacrimare, respirando con affanno.
-Non preoccuparti- disse decisa la rossa –Mi chiamo Daisy, ti porterò in salvo ma devi dirmi dove sono le chiavi- un paio d’occhi cerulei fecero capolino sotto le palpebre socchiuse. –Il gancio… sul muro- riuscì a rispondere la ragazza ferita muovendo debolmente le caviglie magre.
Prese le chiavi, Daisy si apprestò a liberare la prigioniera aiutandola a sollevarsi dalla pozza di sangue in cui l’avevano lasciata a marcire –Hai un nome?- la bionda non rispose iniziando a tremare –Non voglio farti del male-
-Ze…zelda- balbettò l’interessata .
-Bene Zelda, ti porterò al sicuro ma prima devo trovare un portale, ne sai qua…- uno scoppio forte e altisonante ferì le orecchie delle ragazze, un fascio di luce si insinuò in una minuscola finestrella illuminando per pochi istanti la stanza. Si susseguirono urla.
“I CANNONI!” dicevano, riconobbe la voce dura e graffiante di Mario come fosse lontana e subito il pensiero volo alla cartografa di bordo, intenta a combattere per evitare altri spari.
-Nasconditi in coperta. Ho ancora un compito da terminare- e corse via verso le ultime due porte rimanenti con un’adrenalina mai sentita, forse paragonabile alla stessa adrenalina provata anni or sono, quando si divertiva a cavalcare con sua madre e gareggiare nell’immenso cortile di casa.
Il battito cardiaco accelerava, i muscoli si indolenzivano ed una strana, sfrenata, voglia di ridere prendeva possesso di lei. Ed era in quel modo che aveva raggiunto l’enorme camera, illuminata a dovere, completamente vuota se non fosse stato per l’enorme spirale bluastra che roteava nel bel mezzo della stanza.
Fu tentata di urlare quando si accorse di non sapere cosa fare per chiudere quel dannato varco e l’unica soluzione plausibile in quel momento era agitare l’azzurrina e lasciare l’arduo lavoro ad Amy.
Un grugnito di guerra provenne dal varco, pochi secondi ed una massa di essere deformi e disgustosi l’avrebbe travolta.
Lanciò la pietra blu: non avrebbe messo in pericolo la vita di Amy, avrebbe trovato da sola la soluzione.
Sua madre le aveva sempre detto di estirpare il male, di togliere nutrimento a questo. Ricordava ancora le mani bianche e lisce strappare via quel fiore appassito diverso dagl’altri, colorati e vivi, quel fiore appena strappato era scuro, chiuso su se stesso…freddo.
Quel portale era il fiore, e la radice da estirpare non era altro che uno strano congegno dalla forma piramidale aperto come a formare un aquilone da cui scaturiva luce blu.
Bastava chiuderlo.
Bastava chiuderlo.
Bastava chiuderlo.
E l’avrebbe chiuso se quella freccia volata fuori dal portale non le avesse conficcato e attraversato un mano.
***
Il sangue schizzato fuori dalla testa del nemico era stata l’ultima cosa che aveva visto prima di ritrovarsi una spada affilata conficcata nel fianco. Urlò, scostandosi prima che quest’ultima potesse trafiggerlo da parte a parte peggiorando il taglio per poi sparare l’ultimo proiettile a livello del cuore del nemico.
-Cazzo- imprecò a denti stretti tenendosi il fianco sanguinante , poi cadde sbattendo violentemente contro le assi del pavimento ritrovandosi sballottato ovunque insieme ai compagni di ciurma. Erano stati colpiti da una palla di cannone, e non era stato l’urlo di suo fratello a farglielo capire bensì il fischio che gli pervase le orecchie.
-Non finiscono mai!- urlò in preda alla rabbia Donkey Kong stringendo le due sciabole con tale forza da poterle distruggere –E’impossibile!-
-Non è impossibile, idiota-si rialzò Luigi sputando sangue, voltandosi verso la nave nemica –E’magia- corse con una mano stretta sulla ferita e una impegnata a stringere il pugnale dalla doppia lama, raggiunge l’asse dirigendosi con velocità inaudita verso la nave nemica.
-Luigi!- sentì urlare da suo fratello –Dove cazzo vai?! Ti farai ammazzare!-
La vista gli si sfocò ma qualche battito di palpebre lo fece rinsavire: stava perdendo troppo sangue ma non abbastanza per chiudere qualsiasi portale nascosto dentro quella nave lurida. Fu quando sentì un lento scalpiccio che si allarmò, proveniva dalla porta che portava sottocoperta, socchiuse gli occhi e aspettò il momento fittizio per lanciare il pugnale.
-Bene, la prostituta di bordo –disse con tono sprezzante e ironico abbassando l’arma e fissando la ragazza bionda tumefatta da lividi e tagli –O forse no-
-Dov’è il portale?- chiese senza troppi indugi avvicinandosi.
Zelda indietreggiò impaurita –Non lo so…. Una ragazza è appena andata a cercarlo ma io non…-
-Una ragazza?-
-Si, è fuggita via. Diceva di chiamarsi Daisy- bastò quella frase a far scattare il pirata, diretto chissà dove, alla ricerca di una ragazza che poteva trovarsi ovunque.
“Che cazzo gli è venuto in mente a quella stupida?” pensò con fervore “Si farà ammazzare”.
Sputò un’altra volta sangue, poi sentì il classico schiamazzo di quegl’esseri deformi intenti a combattere e si precipitò nel corridoio a destra,aiutato dai grugniti e ringhi fino a raggiungere la stanza illuminata dalla potente luce del portale.
Portale che sembrava fabbricare mostri a mai finire mentre quelli appena creati si accerchiavano attorno alla figura dai capelli rossi intenta ad agitare la scimitarra e parare colpi, ormai al limite.
Fu tutto rapido: Luigi aveva richiuso il congegno lesto, facendo richiudere il portale in un nube azzurra, per poi pensare ai nemici che accerchiavano la ragazza. Conficcò il pugnale nel cranio di due mostri, quest’ultima con titubanza ne uccideva uno.
Poi il silenzio piombò.
-Lu…luigi?- chiese tremante Daisy abbandonando la spada sul pavimento e coprendosi la mano ferita.
-Ti avevo detto di restare con Peach- le sibilò contro il diretto interessato –Volevi farti ammazzare?!- la fissò con astio inchiodandola al muro senza volerlo, tenendosi ancora stretto la ferita profonda.
Il mondo iniziava a sfocarsi.
-Volevo solo aiutare- tremò Daisy quasi sul punto si scoppiare a piangere, cosa che non fece: non se lo sarebbe mai perdonato –Dobbiamo raggiungere Amy- disse chiudendo a pugno la mano insanguinata dove campeggiava un foro: estrarre la freccia non era mai stata cosa più difficile, né percepiva ancora la presenza scorticarle la carne, ma se quella per lei era una ferita grave non aveva visto quella del pirata, ora bianco come la cera, che svenne proprio sotto ai suoi occhi.
***
Finalmente il sole era sorto e la minaccia sconfitta.
Daisy si svegliò con un forte mal di testa e una stretta fasciatura intorno alla mano nella stanza linda di Amy, quest’ultima impegnata a tracciare qualcosa su una carta.
Non ricordava bene come ci fosse finita lì, solo qualche guizzo di ricordo: Amy che si fiondava nella stanza del portale, loro due che sollevavano Luigi per portarlo sulla nave e Zelda che curava la sua ferita con una strana… magia.
-Amy- chiamò la ragazza uscendo dalle calde lenzuola incerta. Quando la mobiana si voltò mostrava uno sguardo stanco seppur deciso –Non hai dormito?- chiese la rossa ricevendo una negazione come risposta. –Dovresti fare una pausa, sei evidentemente stanca- le strinse una spalla.
-Non posso Daisy- rispose asciutta la cartografa scrivendo qualcosa nell’angolo della cartina –La nave potrebbe affondare da un momento all’altro, a causa dei colpi di cannone, e devo trovare la rotta più veloce per Mobius-
-Mobius? Il regno di cui mi hai parlato?-
-Si, è per ora il porto più vicino. Comunque il capitano vuole parlarti- cambiò discorso voltandosi a guardare l’espressione di puro terrore della rossa.
“E se volesse buttarmi in mare?”
-Tranquilla, penso voglia farti qualche domanda su Zelda. Infondo l’hai trovata tu, no?- Daisy annuì incerta, prima di avviarsi con lentezza verso la porta.
-Daisy- la richiamò la giovane –Perché non hai usato l’azzurrite? Potresti essere morta, in questo momento, se non fosse arrivato Luigi- l’interessata si prese un attimo per pensare e formulare una frase che non risultasse troppo difficile alla comprensione –Il portale stava preparando altri moblin, ti avrei messa in pericolo- enunciò sincera.
Amy sorrise benevola –Ti sono debitrice allora- agitando poi la mano in un gesto di frivolezza –Adesso va è meglio non far attendere il capitano- prima, però di essere lasciata sola, si sentì ricevere una domanda: -Come sta Luigi?-
Sorrise –Benissimo se non fosse per il dolore al fianco. Potresti andare a trovarlo per farlo… svagare- ammiccò maliziosa ricevendo dalla rossa un’espressione di puro imbarazzo accompagnato da un vivace rossore alle guance.
Infondo le importava della salute del pirata, lo aveva visto svenire davanti a lei, ma niente di più… insomma era una pirata per di più il ladro che ancora non le aveva restituito la collana di sua madre. Fin troppo rozzo per i suoi gusti, non cercava di certo il ragazzo noioso e intellettuale ma qualcuno che non imprecasse al primo sbaglio, era pur sempre cresciuta in una ambiente agiato e le abitudini erano dure a morire.
E fu pensando tra se e se che arrivo nella zona del timone dove il capitano, quartiermastro e Zelda aspettavano il suo arrivo.
-Dumond, ti aspettavamo impazienti- annunciò il capitano col tono sprezzante di chi attendeva di vedere il proprio nemico impalato –Abbiamo saputo che la qui presente principessa è stata ritrovata da te- sorrise maligno.
Daisy deglutì saliva amara: “Principessa?”
-Ben fatto Dumond- prese Zelda per un braccio spingendola con violenza –Questa puttana, vi annuncio, è la principessa di Hyrule. La bastarda nata da una sirena- Daisy trattenne il respiro: cosa aveva intenzione di fare quel mostro? Zelda piangeva silenziosa, non dando segni di reazione quando la punta della spada del capitano iniziò a solleticarle il collo. –Volevo che tu assistessi all’esecuzione di morte di questa sporca meticcia-
Doveva fermarlo, doveva fare qualcosa. Non aveva liberato Zelda per prometterle la morte e soprattutto non avrebbe lasciato che una vita innocua fosse sacrificata per il piacere di un pazzo.
-Non osare- ma non era stata lei a parlare, bensì l’affascinante quartiermastro con tanto di spada alla mano puntata sul suo capitano.
Gli occhi azzurri di Link sembravano lanciare fiamme.
-Bastardo infame- imprecò il capitano allontanando la spada dalla ragazza –Cosa stai facendo?-
-Non te la lascerò uccidere- sogghignò il ragazzo sfidando apertamente Mario, ora in preda a un furia inconcepibile.
-Osi puntarmi un’arma contro? Ti ho accolto facilmente nella ciurma come un fratello, posso ucciderti con la stessa facilità.- silenzio –Sapevo di non dover dare la mia piena fiducia ad un cittadino del tuo merdoso regno- Link parò un colpo violento con la spada contrattaccando con stesso impeto.
-E’ la principessa del mio regno, dovrai passare sul mio cadavere se vorrai ucciderla-
-Con piacere- ghignò il capitano, sfoderando un altro colpo. Un profondo graffio solcò la guancia del quartiermastro –Non c’è spazio per una principessa sulla mia nave, né tantomeno per una sporca sirena- incrociarono le spade sfidandosi con sguardi adirati.
Daisy nel frattempo aveva allontanato Zelda dallo scontro non trovando coraggio di fermarlo, forse perché in fondo sperava nella sconfitta del capitano.
-Ce n’è stato per Peach- sibilò Link.
Mario rimase per un attimo basito –Lei non è una regnante- ringhiò –Non osare parlare di lei in quel modo-
-Non negare l’evidenza, Mario. Non camuffare il tuo egoismo, potevi riportarla nel suo regno ma l’hai costretta a stare con te, a vivere una vita di solo dolore- il capitano sfoderò un calcio energico all’altezza dello stomaco del biondo, quest’ultimo aveva abbassato la guardia ma era stato abbastanza abile per schivare un altro fendente di spada.
Sputò sangue quando ricambiò un’altra occhiata col capitano.
Mario infoderò la spada tremando di rabbia –Se solo oso vederla taglierò la gola a lei e a te- sibilò maligno indicando Zelda con tale foga da farla tremare –Farà meglio a nascondersi- e si dileguò.
 Il mare sembrò essere colonna sonora di quella scena.
Daisy ricevette un solo sguardo pungente dal quartiermastro, uno di quelli glaciali che erano in grado di pietrificare le corde vocali. Poi gli occhi zaffiro si posarono sulla figura fragile e delicata di Zelda.
-Ci penso io a lei- annunciò inespressivo Link – Cerca di non fare altri sbagli Dumond-
“Se solo fosse così semplice”
***
Non se lo sarebbe mai aspettato.
Mai nella sua vita avrebbe pensato di dare alla luce il figlio di un pirata. Si era sempre vista in abiti di pizzo e volant a stringere tra le braccia il figlio di un re di qualche landa desolata, un re che però non si sarebbe mai potuto definire marito.
Sapeva come funzionavano i matrimoni combinati e sapeva che non si riusciva ad amare in una relazione costretta; gratitudine, forse… ma mai amore. Non bastavano eredi o rispetto per creare un legame solido, c’era bisogno di amore.
Un amore che lei avrebbe riversato per quella creatura dentro il suo ventre, creatura che avrebbe ispessito il filo che univa i due amanti quali erano lei e il cattivo capitano. Solo loro e la ciurma avrebbero saputo di quel pargolo e questo infondo la feriva dentro: il non poter presentare suo figlio ai genitori la distruggeva dentro ma, infondo, sapeva che per quanto le volessero bene non l’avrebbero mai accettato… mai.
Asciugò una lacrima solitaria sfuggita al suo controllo, ritornando alla lettura del suo libro preferito “Orgoglio e Pregiudizio” sdraiata comodamente sul letto dalle lenzuola sfatte.
Infondo aveva imparato ad amare quella vita di pericoli e adrenalina, perché voler desiderare di incontrare i fantasmi del passato?
Sobbalzò quando dalla porta entrò il consorte visibilmente teso e furioso, posò il libro e non fiatò. Non parlava mai lui se osava chiedergli qualcosa. Questo si sedette pesantemente sul letto prendendosi il volto fra le mani, stanco e avvilito. Peach si limitò a lasciargli qualche carezza sulla spalla, stringendolo da dietro in una morsa che traspirava amore e conforto.
-Non avrei mai dovuto condannarti a questo- sussurrò Mario lasciandosi abbracciare, percependo il ventre leggermente gonfio della moglie, o almeno così si dichiaravano loro. Non avevano mai celebrato una vera cerimonia e sapeva che Peach ne soffriva, anche se non dava a vederlo.
-Non è mai stata una condanna-
-Ti credono morta! Per loro non esisti! Ti ho rovinato la vita, cazzo- Peach rabbrividì, prese il volto dell’amato tra le mani carezzandone i tratti e ammirandone gli occhi lucidi. Lui non era un assassino, come pensavano gli altri, lui era il suo salvatore e mai lo avrebbe lasciato, anche a costo di strapparsi il cuore con le proprie mani.
Si scambiarono un bacio. Uno di quelli che scaturiva quanto uno avesse bisogno dell’altro, uno di quelli bisognosi come aria.
Mario la circondò con le braccia, stringendosela addosso, carezzandone la chioma bionda. La adagiò sul letto, approfondendo quel bacio unico, desiderando una vita perfetta per lei chiedendosi perché il fato gli volesse così male: poteva nascere nobile e amare la sua donna davanti a chiunque, non rischiando l’impiccagione, poteva amarla come pochi e darle qualunque cosa. Invece, eccolo lì, a pregare giorno per giorno che non gliela portassero via e a maledirsi per aver ucciso la sua memoria.
Si guardarono a lungo.
Peach sfilò via la camicia del capitano, carezzandone a palmi aperti il corpo muscoloso, ammirandone ogni graffio o cicatrice. Si soffermò su una in particolare che, a detta sua, ricordava una stella; ricordava come il bel pirata se la fosse procurata: lei era una giovane principessa di soli quindi anni e lui il suo amore proibito, un amore che non era stato approvato dal grande tiranno e pirata Evans.
 Mario tolse in fretta la veste della moglie prima di cominciare un lasciare lenti e languidi baci sul corpo dell’amata soffermandosi sui punti più sensibili, alzando lo sguardo per vederne l’espressione di estasi.
Si soffermò sul ventre non più piatto, marchiando con teneri baci e lasciando carezze di dolcezza. Non poteva ancora credere che sarebbe diventato padre; lui che aveva sempre odiato responsabilità e doveri adesso si ritrovava a desiderare la nascita del pargolo.
-Mario- sussurrò in un gemito Peach –Ti amo- si scambiarono un altro bacio prima di unirsi definitivamente in un movimento lento e dolce.
Si sentirono uniti, completi, appagati. In un mondo dove non esistevano né ricchezza né povertà, né diritti o doveri, né cattiveria o morte, né pregiudizi e reputazioni… erano solo loro nel loro regno di sogni e amore viscerale.
-Sacrificherei la vita solo per vederti respirare- e non bastarono altre parole da parte del capitano.
Si sentì perdonato.

 
"Parce que tu es celui que je ne peux pas perdre
Tu es celui que je ne peux pas gagner"

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