Credi nell'amore, raggio di sole?

di Simposio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Credi nell'amore, raggio di sole? 

Capitolo 1 



 

“Ben trovato, caro team.” House entrò insieme al suo sarcasmo gettando lo zaino (compagno di una vita, amico fraterno e fidato) su una delle sedie di metallo dell'ufficio di vetro. “Lo sentite anche voi?” Annusò l'aria contraendo i muscoli facciali in una smorfia di disgusto. I tre giovani, povere vittime della sadica follia del loro capo, alzarono gli sguardi dalle cartelle che stavano studiando, confusi, per posarlo su di lui.

“Oh, dai, su, non lo sentite il puzzo dell’amore?” Il medico sottolineò con disgusto la parola, osservando prima Chase e poi Cameron.

“Qualcuno, forse, vuole allietarci con felici nuove?” Continuò sarcastico, mentre il suo solito sorriso ironico gli inaspriva il volto.

“Come lo hai capito?” Chase si arrese subito, lasciando cadere, con un gesto di stizza, la cartella blu che teneva salda nelle mani.

“Mah, sono un veggente, vedo le cose.” House si leccò le labbra, ricercando il sapore del caffè che aveva da poco finito di sorseggiare.

“Ad esempio –guardò  con la coda dell’occhio il corridoio, grazie alle pareti di vetro, –tra poco la Cuddy entrerà, infuriata, qua dentro.” ed alzò tre dita per contare il tempo.

Tre.

Due (e abbassò il primo dito).

Uno (abbassò anche il secondo).

Zero (e anche l’ultimo andò a fare compagnia agli altri).

La porta si spalancò e Lisa Cuddy, donna in carriera, eccellente medico ed egregio direttore sanitario, entrò decisa.

“House, dobbiamo parlare.” Affermò scontrosa indicando la porta dell’ufficio adiacente.

“Avete visto? Sono un veggente.” House finse di compiacersi.

“Questo non dimostra niente, forse ti sfugge che le pareti di quest’ufficio sono trasparenti? Tutti abbiamo visto arrivare la Cuddy.” Chase controbatté calmo. “Come lo hai capito?”

“Oh, avete scoperto il mio trucchetto, ma sarei pronto a scommettere che la biancheria del capo supremo oggi è blu.”

“Non è vero, adesso in ufficio, muoversi.” Le guance della Cuddy presero una pudica sfumatura rossastra.

“Oh, andiamo a vedere?” Sorrise ancora il medico. “Certo, non qui, cosa pensavi? Ci tengo alla mia privacy.” Lo sguardo azzurro annegò in quello verde della donna.

“House, muovi quel culo, in ufficio!” Urlò quasi lei. Quasi, però: Lisa Cuddy non perdeva mai il controllo.

“Oh,” House strascicò le parole infantilmente, “la mammina è allabliata” strofinandosi gli occhi e fingendo di piangere. “Mammina, ma qui stavamo solo parlando d’ammmmore. Sai, due dei miei sottoposti fanno sesso frequentemente ormai.” House guardò nuovamente il suo team soddisfatto. “No, no,” aggiunse riposando lo sguardo sulla Cuddy e notando la confusione in quello di lei, “non i due omaccioni palestrati.” e di nuovo quel sorriso sarcastico “Ma la crocerossina e il surfista australiano. Presumo che lei abbia ceduto per l’eredità.”

“House.” Cuddy utilizzò un tono di rimprovero.

“Ma come, non credi nell’amore, raggio di sole?” Lo zoppo fece una pausa, soffermandosi sul magnifico aspetto del capo, “Oppure vuoi farmi vedere la tua biancheria per constatare la mia vittoria?” Abbassò la voce di un tono, “Va bene, va bene, sei tu il capo.” Alzò le mani sotto lo sguardo irato della Cuddy. “Ti seguo, mammina.”

E insieme si diressero verso la porta di vetro, aprendola ed entrando nell’ufficio.

House si portò subito sulla difensiva “Qualunque cosa abbia fatto, tutto ma non l’ambulatorio.”

“House,” Lisa si voltò affrontandolo e  incastrando ancora una volta il verde e l’azzurro dei loro sguardi “non sono incinta, e non puoi, per nessuna ragione al mondo, scommettere con l’intero ospedale se il sesso del bambino, pargolo che tra le altre cose neppure esiste, sia maschio o femmina.”

“Ma le tue tette, con mia grande gioia, dicono il contrario.”

“Non avrei nessuna ragione di mentire, idiota.”

“Ti dimentichi, raggio di sole, che tutti mentono.”

La Cuddy, seccata, si spostò verso la scrivania piccola e disordinata afferrando saldamente lo schienale della poltroncina che vi stava davanti e, prendendo un respiro profondo per calmarsi.

“Cessa questo circolo illegale di scommesse, oppure io-”

“Oppure tu, cosa? Non lo farò, quelli sono soldi facili.”

“Vuoi la guerra, House? E guerra sia. C’è un convegno, tra due settimane, a Denver-“

“No, no, no, no. I convegni no. Due mesi di ambulatorio, ma i convegni no. Non puoi farmi questo. Farò ritirare le scommesse. Ma il convegno no.”  House si agitò e ingoiò a fatica.

La Cuddy sapeva che i convegni non erano per nulla posti adatti a Gregory House.

“Ottimo,” Sorrise il capo, voltandosi verso la porta mentre la rabbia iniziava a scemare “allora andrò a cercare qualcun-“, ma si fermò notando entrare due uomini in divisa blu che portavano un grande televisore al plasma. Fece nuovamente un respiro profondo, sentendo l’ira rimontare più funesta di prima. “Sbaglio o quello assomiglia molto al nuovo televisore che ho fatto installare nella sala ricreativa del reparto di pediatria?”

House, accorgendosi della situazione, tornò ad essere allarmato, mentre, freneticamente, fece segno ai tecnici di tornare indietro. “Ma no, figurati, era - ehm -, cioè, magari si sono sbagliati.” Si bagnò le labbra sperando che la scusa tenesse.

“Scusi, non è questo l’ufficio del dottor Gregory House?” Chiese confuso uno dei due omaccioni. “Perché ci è stato richiesto di installare la televisione in quell’ufficio.” Continuò.

Idiota, pensò House che avrebbe anche voluto strozzarlo. Se solo non fosse stato tre volte più grande di lui, s’intende.

“Tra due settimane, aeroporto di Princeton, alle dieci in punto. Altrimenti, giuro, te ne pentirai amaramente. Metti in valigia anche uno smoking, ci sarà una serata di gala per beneficenza.”  La Cuddy si diresse, finalmente, verso la porta, dicendo ai due di riportare indietro il televisore e scusandosi per l’inconveniente. “Ah,” Riprese poi, voltandosi un momento “ovviamente, da domani ti voglio vedere in ambulatorio per iniziare i due mesi che mi hai promesso.” e, sorridendo, se ne andò, mentre House, impietrito dalla triste successione dei fatti, guardava il vuoto sussurrando maledizioni.

                                                                  

                                                                              ooo

 

“Foreman, mi presteresti il tuo portafoglio?”  House alzò lo sguardo compiaciuto dal computer.

“Per fare cosa?”

“Una magia, ovviamente.” Lo sguardo del diagnosta era serio, e lo mantenne fisso in quello del suo dipendente, “Sai, Bibidi bobidi bù.” Mosse freneticamente le braccia.

“No, grazie, passo.” Ribatté l’altro medico.

“Ti dimentichi che io sono il tuo capo, e che potrei licenziarti.”

“Credo che, per una volta, rischierò.”

Prima che House potesse rispondere in qualsiasi modo, la porta si aprì.

Wilson entrò seguito da un ometto basso e tondeggiante, calvo, ma ben vestito, con un ampio sorriso a ornargli il volto.

“Questo signore ti cercava.” Disse James.

“Luigi!” Esclamò House alzandosi e raggiungendo l’uomo.

“Gregory!” rispose l’altro cercando di abbracciarlo. “È passato davvero molto tempo, sapevo che saresti diventato medico.”

“Trovo in forma anche te, grazie di essere venuto con questa tempestività, mi serviva proprio il tuo aiuto.” House si allontanò dalle corti braccia dell’altro.

“House?” Chiese Wilson stupito dall’affetto.

“Oh, che sbadato, Luigi, ti presento Wilson e il mio team. Team e Wilson, vi presento Luigi.”

Chase, Foreman e Cameron salutano educatamente, Wilson era ancora estremamente confuso.

“Luigi, -House sorrise -è qui per aiutarmi: è un sarto, ed è anche un vecchio amico. Abitava nella città dove ho passato la mia fanciullezza, e, quando ancora ero un piccolo adolescente viziato e brufoloso, gli ho salvato la vita- indovinate un po’? Grazie ad una mia brillante diagnosi: saturnismo. Intossicazione acuta.”

“Un genio, un genio, ragazzi miei. Nessuno l’aveva capito.”

“Effettivamente, i medici del luogo non erano molto svegli, no.”

“Ma a cosa ti serve un sarto?” Chiese Cameron incuriosita.

“Beh, ad arredare questo studio, no? Idiota, ovviamente deve modificare un vestito e anche molto velocemente, dato che manca pochissimo al galà di beneficenza cui devo partecipare.”

“In quale casinò si terrà?” Domandò ironico Wilson.

“Jimmy, non ti fidi di me? Va pure a chiederlo alla Cuddy. Denver, tra due settimane, convegno su non-so-bene-cosa e neppure mi interessa, serata di gala.”

“Tu che partecipi ad un convegno? Sarebbe stato più credibile se ci avessi detto che ti saresti sottoposto ad un intervento per cambiare sesso.”  Wilson rise.

House, però, rimase serio.

“Tutti mentono, House.” Affermò, forse un po’ insicuro, ancora Wilson.

“Ma io non mento mai.” E, dicendo questo, House invitò il sarto a entrare nell’ufficio adiacente, seguendolo.

Wilson, intanto, dopo aver lanciato un’occhiata preoccupata ai tre medici seduti intorno al lungo tavolo di vetro, si precipitò fuori diretto verso l’ufficio della Cuddy.



A.A.:

Salve, io sono Simposio e sono qui a scrivere cose estremamente fluffose e romantiche sulla regina delle mie OTP, perché, diciamocelo, la Huddy o si ama o si ama.
Ad ogni modo, è la prima volta che scrivo in questo fandom, e mi piacerebbe conoscere le vostre opinioni.
La storia è già finita, devo solo dividerla un po' meglio in capitoli, in quanto inizialmente era destinata ad essere una OS ma poi la situazione mi è leggermente sfuggita di mano, ma, non preoccupatevi, non è troppo lunga!
Un abbraccio.

Simposio      

 
     

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Credi nell'amore, raggio di sole? 


Capitolo 2 





“House, sei in ritardo di un quarto d’ora. Cosa pensavi di fare? Giuro che se perdiamo il volo ci arriveremo a piedi, fino in Colorado.”

“Calmati, raggio di sole. Guarda che il volo parte tra un’ora e quarantacinque minuti, abbiamo tutto il tempo.”

“Silenzio, silenzio, hai preso tutto? Poi mi spiegherai cosa contiene quella busta.” La Cuddy indicò la grande busta nera che House teneva nella mano.

“Lo scoprirai domani sera dolcezza.”  House sorride. “E tu? Hai preso tutto?”

“Lo spero, non vorrei mai dover utilizzare il tuo shampoo.”

“Chi ti dice che io mi lavi?”

La Cuddy lo rimproverò con lo sguardo.

“Va bene, comunque il mio fantastico shampoo non lo usi, e neppure il mio bagnoschiuma. Ecco, forse potremmo usare insieme il mio rasoio, se proprio non lo hai. Farò questo sforzo.” House ammiccò.

“Idiota.” Sentenziò la Cuddy, maledicendosi mentalmente per averlo portato con sé.

                                                                               
ooo
 


“Secondo te dove siamo?” La Cuddy si accostò ad House togliendogli le cuffie.

“Beh, direi che siamo circa su Marte.”

“Tra quanto arriveremo?” La Cuddy fissò i propri occhi in quelli di House, abituata al sarcasmo del collega.

“Cuddy, quando sentirai una voce poco sensuale che ti chiede di allacciarti la cintura di sicurezza.” House sbuffò infastidito. “Ora posso tornare a guardare il mio film porno?”

La donna lo fulminò, poi si voltò imbarazzata dall’altra parte.

“Ho paura di aver dimenticato qualcosa.” Continuò, senza lasciare il tempo ad House di isolarsi nuovamente.

“Ottimo, allora facciamo un gioco. Fai una bella lista delle cose che dovevi portare e cerca di ricordare se ci sono tutte. Contale più volte, circa sino a quando non atterriamo.”

E House indossò le cuffiette nuovamente, lasciando la Cuddy più annoiata che mai,

                                                                   
ooo
 


“Benvenuti all’Hotel Ad Infinitum” Un grazioso ragazzo afro molto elegante, li accolse con un candido sorriso. “Spero che vi troverete bene a soggiornare qui. Lasciate a me le valigie, le porterò nella hall.”

“Ah, la mia povera gamba.” Si lamentò House senza degnarlo di uno sguardo, uscendo dal taxi giallo, mentre la Cuddy ringraziò educatamente. “Ad Infinitum, all’infinito. Beh, fortunatamente soggiorneremo qui solo per tre giorni.”

“Muoviti, House, e cerca di essere educato. Ricorda che siamo qui per un convegno, non per passare il tempo.” La Cuddy lo rimproverò ancora.

“Va bene, mammina.”

La Cuddy sbuffò ed entrò nell’albergo seguita da House.

“Ti aspetterò su quel grande e comodo divano, fai pure con calma.”

Lisa annuì dirigendosi verso la reception.

Ritornò poco dopo, con i due pass saldi in mano. Stanze centosei e centosette: non sarebbero stati molto lontani, constatò House spostando la propria attenzione dalle ampie vetrate della Hall-

che davano sul giardino -

alle piccole chiavi elettroniche.

“Grazie pollastra, gentilissima.” Si alzò prendendone una e avanzando verso l’ascensore. Tutti facevano un unico piano di scale a piedi, vero, ma lui e la sua gamba non erano d’accordo. La Cuddy lo seguì.
 

                                                                    ooo
 


“Dunque, House, la mia pazienza è già andata via, molto amorevolmente, e mi ha lasciato sola con te. Quindi, alcune regole per il bene comune. Regola numero uno: niente battutine sul mio aspetto per i prossimi tre giorni e non mi guardare con quello sguardo, provaci e sei uno zoppo morto. Regola numero due: io ho i miei spazi e tu hai i tuoi, ed essi si rispettano. E7 infine, regola numero tre: non farmi innervosire in nessun modo, almeno per le prossime dieci ore.”

“Wow, raggio di sole, ho capito che mi ami, ma non renderlo così evidente. Avrei delle obiezioni da fare, ma adesso ci sono i Monster Truk in TV, quindi ne riparleremo domani.” House ammiccò ironico e si diresse verso la porta della propria camera.

“House.” Lo fermò però la Cuddy.

Lui si girò nuovamente, leggermente seccato per l’interruzione: aveva davvero bisogno di far riposare la gamba.

“Ricorda che tra un’ora serviranno la cena.” La Cuddy sorrise, entrando nella propria stanza e sparendo dietro la porta.




A.A.: Posto al volo, non è ancora mezzanotte, quindi sono (stranamente) in tempo! Il capitolo è cortino, ma il prossimo lo carico prima (spero)...
Baci stellari,

Simposio 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***



Cre
di nell'amore, raggio di sole?
Capitolo 3


 

La cena era andata bene, pochi i medici arrivati e nessuno di loro aveva stressato House con domande inutili.

Quella mattina sarebbe iniziato l’inferno, la Cuddy fremeva, House invece no.

Si ritrovarono nella hall, la Cuddy era magnifica, come al solito: Il nuovo tailleur nero, notò House, la faceva sembrare più snella di quanto già non fosse, e quella camicetta bianca e così pudica che però, in un gioco di luce ombre, lasciava intravedere il décolleté, lo avevano lasciato senza saliva.

“Allora, House, in quella sala ci saranno innumerevoli illustri medici. Io desidero, anzi, devo, fare un’ottima figura, ne va dell’ospedale. Dunque, prima che tu possa entrare e compiere qualsivoglia sciocchezza, giurami che ti comporterai come ci si aspetta da uno dei più illustri medici d’America.” La Cuddy non alzò lo sguardo dal programma che stava leggendo.

“Buongiorno anche a te, raggio di sole.” Commentò acido House.

“Però, ricorda: troppi complimenti mi imbarazzano. Guarda, arrossisco.” House si indicò le guance mentre Lisa alzava lo sguardo. “Sarò impeccabile. D’altro canto, lo sono sempre.”

“È una promessa, House?” Chiese, speranzosa, lei.

House pensò un po’ prima di rispondere, poi notò una luce quasi disperata negli occhi della Cuddy, una luce arrendevole, ma anche piena di speranza. E sì, House sperò, anche di una sorta di ammirazione. “Sì, raggio di sole, ti prometto che mi comporterò nel miglior modo possibile. Parola di scout.”  

“Ci conto.”

                                                                ooo
 

Fu un po’ come tornare ai tempi del college: persone noiose che, impacchettate in abiti eleganti, esponevano teorie ancora più noiose. Ma House ascoltò comunque tutti, o quasi, quegli omuncoli privi d’intelletto. Certo, alle volte ci furono dei momenti in cui la mosca che sbatteva contro il vetro della finestra, era diventata la cosa più interessante del cosmo, ma House aveva continuato a tenere lo sguardo fisso sul palco, almeno fingendosi interessato. La Cuddy, alla fine, apprezzò e, complimentandosi, disse ad House che, se non voleva, la sua presenza non era necessaria alla serata di gala la quale si sarebbe tenuta di lì a poche ore. House, però, sorrise, dicendole che sarebbe passato a prenderla alle nove in punto, e, per qualunque cosa, avrebbe potuto trovarlo dietro la porta di fronte alla sua. La giornata intensa e ricca di discussioni mediche andò bene, in fin dei conti, almeno fino a quando la Cuddy affermò che era arrivato il momento di “fare conoscenza”.

Gran parte dei presenti riconobbero House, complimentandosi per il suo lavoro e il suo operato. Peccato che poi - House poté sentirli benissimo - commentarono acidamente definendolo come “il drogato”, e House avrebbe tanto voluto fargli vedere come può tirare a pugni un drogato e anche zoppo. Due, poi, avevano addirittura avuto la presunzione di offrirgli un posto nei loro ospedali, qualora avesse voluto cambiare città. Come se quelle due personcine vuote e inutili al mondo potessero competere con il suo raggio di sole. Ma fu alla fine della giornata che le cose iniziarono a degenerare. House vide arrivare lui: alto, magro, ben vestito, un sorriso brillante, occhi neri e profondi, così come i corti capelli: Howard Dentone, o forse Danton, - House cancellò velocemente dalla mente il suo cognome, o almeno così volle credere - che senza troppe cerimonie abbracciò Lisa. Non che ad House importasse della vita privata del suo capo, ovviamente.

“Lisa, magnifica come sempre. Sembra che il tempo non sia passato per te.”

Le guance della Cuddy diventarono rosse, mentre l’abbraccio si sciolse.

“È un piacere anche per me, rivederti, Howard.” La Cuddy sorrise, “Ti presento Gregory House, primario del reparto di diagnostica del mio ospedale,” Indicò con un gesto della mano Greg, “House, questo è Howard Danton, abbiamo fatto l’internato di medicina insieme.” Tornò nuovamente a guardare l’affascinante uomo appena arrivato.

“Onorato, ho sentito molto parlare di lei.” Howard porse la mano ad House, ma Gregory, dopo averla scrutata attentamente, rialzò lo sguardo. “Purtroppo, non posso dire lo stesso.” Affermò infine.

“Beh, Lisa,” L’attenzione di Danton tornò a incentrarsi sulla donna dopo qualche istante di puro stupore. “Ne hai fatta di strada, addirittura direttrice di uno degli ospedali più importanti del paese. Ovviamente, non ci si poteva aspettare altro dalla più brava tirocinante del gruppo.”

“Sei troppo buono, Howard, i nostri risultati erano pressoché gli stessi.”

“Sciocchezze, tu eri nettamente la migliore. A ogni modo, questa sera parteciperai alla serata di gala?”

“Certo, ci sarai anche tu?”

“Esattamente. Purtroppo non ho ancora trovato una dama da accompagnare, dunque, pensavo, se ovviamente non hai già preso altri impegni, che potremmo andare insieme.”

“Oh, mi dispiace, questo raggio di sole ha già accettato il mio invito. Scusaci tanto, ma adesso dobbiamo recarci nelle nostre camere a fare cose ben più importanti.” Il tono di House uscì un po’ brutale e feroce e fece alzare esasperatamente lo sguardo alla Cuddy che, biascicando delle scuse, fu allontanata di forza dall’uomo.

L’uomo si fermò solo quando, esausto e affannato per lo sforzo,  raggiunse la porta della camera.

“House,” lo accusò la Cuddy mentre l’uomo prendeva la chiave dalla tasca. “cosa diamine pensavi di fare? Credevo che mi avessi fatto una promessa.”

“Certo, promessa che ho rispettato diligentemente fino alla fine della giornata: il sole sta tramontando, dolcezza.”

“Il sole sta tramontando e poi ci siamo allontanati come se avesse la peste, House, che motivo c’era? Cosa ti ha fatto?” Chiese la Cuddy stizzita, seguendolo nella stanza.

House non rispose e il silenzio stimolò la curiosità della Cuddy, che si sedette sul letto.

“Non ha fatto assolutamente niente, House, se non…” si fermò qualche istante e spalancò gli occhi, mentre la probabile verità si affacciava nella sua mente. “Mi ha abbracciato.”

House abbassò lo sguardo imbarazzato, ingerì due vicodin per calmarsi, e dissimulando il disagio, con risoluzione affermò:” Ovviamente, Cuddy, sono geloso di te. O, forse, mi ero stufato di tutti quegli idioti che ci ronzavano intorno da ore.”

“Stai mentendo, sei geloso di me, perché?”

“Io non mento, e non sono geloso di te.” Le parole di House furono sovrastate dallo squillo del telefono del medico, che, prendendolo, lesse il nome di chi lo stava chiamando.

James Wilson.

“Jimmy, ho una bella pollastra seduta sul letto, sii veloce.” Rispose allontanandosi, e non poté sentire le parole che la Cuddy sussurrò ancora confusa.

“Tutti mentono.”

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Credi nell'amore, raggio di sole?
 Capitolo 4




Era pronto. Si sistemò meglio il papillon e prese il bastone, quello elegante, comprato apposta per l’occasione. Ci giocherellò qualche istante prima di guardare l’orologio e rendersi conto che stava iniziando davvero a essere tardi per fare ciò a cui stava pensando. Si guardò un’ultima volta allo specchio, compiacendosi. Luigi aveva fatto un ottimo lavoro con l’abito. Mosse alcuni passi, precari, senza l’utilizzo del bastone, e si accostò alla porta. Rifletté ancora qualche secondo, poi, prendendo un respiro profondo, si decise a uscire.

Fuori dal lussuoso albergo l’aria gelata della notte gli sferzò il volto, e si maledisse per non aver pensato di indossare un cappotto sopra la leggera giacca dell’abito.

Si guardò intorno cercando delle indicazioni, o quantomeno, un taxi libero.

Lo trovò poco dopo e, mettendosi in viaggio, si interrogò ancora su quanto potesse risultare giusto il proprio gesto.

Il negozio era in procinto di chiudere, poche le luci aperte.

Quando entrò poté sentire l’odore di fiori freschi.

Lo aveva sempre odiato.

Si guardò intorno, cercando qualcosa di adatto all’occasione.

Una signorina, seccata per l’orario, gli domandò cosa volesse.

La guardò incuriosito, alzando un sopracciglio.

“Ho bisogno di alcuni fiori per una mia amic-er, collega. Sì, collega.”

La commessa sorrise.

“Beh, questa sua collega, ha dei gusti particolari?”

House scrollò le spalle. Poi ci pensò per un attimo.

“Non lo so, faccia lei, andrà bene tutto, credo.”

“Okay, allora, che ne dice di un mazzo di rose? Certamente farà colpo.”

“Non voglio fare colpo, è già pazza di me.” House sorrise.

“Bene, le rose no.” La commessa si guardò intorno. “Che dice di un mazzo di margherite? Semplici, belle, pure, senza secondi fini.”

House sbuffò e scosse la testa in segno di diniego.

“Andiamo, non sono un moccioso che raccoglie fiori di campo.”

“Certo che no, bene, lasciamo stare. Deciderò io.”

House annuì.

Poco dopo uscì con un variopinto mazzo misto e, rientrando in un nuovo taxi, si diresse verso l’appuntamento.

                                                                            ooo
 

Era pronta. Finì di rassettarsi il trucco, semplice e sobrio, e si disse contenta del risultato.

Si voltò verso l’orologio, notando che le nove erano scattate in quel medesimo istante.

Qualcuno bussò alla porta.

House.

Fu la prima cosa a cui pensò, e si meravigliò per l’estrema puntualità.

“Arrivo.” Affermò, ancora davanti allo specchio mentre si sistemava i capelli un’ultima volta, per poi, elegantemente, dirigersi verso la porta e aprirla.

“In perfetto orario, complimenti.” Sfoderò un magnifico sorriso mentre, sicura, guardava l’altro.

“Oh, quindi hai cambiato idea sul mio invito? Sei incantevole.”

"Howard, ciao.-La Cuddy arrossì, maledicendosi per la propria impulsività- Credevo fossi House. Grazie."

"Perdonami, non sarà mica in ritardo?"

La Cuddy si voltò, guardando nuovamente l'orologio. Le nove e cinque.

"Di cinque minuti, posso ancora sopportarlo." Sorrise rivoltandosi.

"Non si dovrebbe mai far aspettare una magnifica signora.-Howard sorrise a sua volta. -Dovremmo prenderlo per le orecchie. Ma prima, temo di dover andare al bagno. Posso?" Il medico indicò la porta all'interno della camera.

La Cuddy si spostò per farlo passare, richiudendosi la porta alle spalle.

"Bene, scusa il disturbo, ero venuto qui unicamente per cercare di convincerti a cambiare idea, non vorrei che tutta questa bellezza venisse persa stasera." Howard uscì dallo stretto bagno.

"Non ti preoccupare, il mio cavaliere non tarderà ancora."

"Bene, allora, essendo di troppo, credo che me ne andrò. Ma ti avverto, se entro venti minuti non ti vedo arrivare, verrò a prenderti con la forza."

La Cuddy lo accompagnò nuovamente fuori, nel corridoio.

"Bene, allora a tra poco." Danton sorrise.

"A tra poco. -La Cuddy fece una breve pausa- Guarda che hai la cerniera aperta." Sorrise.

"Che sbadato, la prossima volta che faremo certe cose cercherò di essere più attento." Scherzò Danton, congedandosi.

Intanto le porte dell'ascensore si chiudevano rumorosamente, come la porta della camera della Cuddy.


ooo


"Comunque guarda che hai la cerniera aperta."

"Che sbadato, la prossima volta che faremo certe cose, cercherò di essere più attento."

Un attimo prima, si disse House stringendo convulsamente il pomo del bastone, un attimo prima e li avrebbe trovati nella stessa stanza, Dio solo sa a fare cosa.

Un attimo dopo, invece, e non avrebbe saputo niente, e il suo fegato non avrebbe iniziato a corrodersi mentre si precipitava fuori da quell'infernale ascensore, catapultandosi nell'aria gelida della notte, non dopo aver gettato sul comodo divano la bella composizione di fiori.

Voleva urlare, o correre, o pestare a sangue qualcuno, ma si limitò a prendere due vicodin e un nuovo taxi, diretto al bar più vicino, per aiutare il decorso infelice del suo fegato e annegarlo nell'alcool.

Erano le nove e quindici, chiaramente il bar era ancora vuoto, tranne che per il barista e altri due giovani, probabilmente scapoli, che si preparavano al sabato sera non nel migliore dei modi.

Dopo essersi guardato intorno, si avvicinò al bancone chiedendo:"qualcosa di forte".

E qualcosa di forte era stato il suo unico compagno sino a quando, un'ora e poco più dopo, il bar non si era riempito.

Un grassone, lo aveva invitato a gareggiare contro di lui: chi cedeva prima nel bere, avrebbe offerto un giro all'intero locale.

C'era stato.

Si erano posti l'uno di fronte all'altro.

Lo sconosciuto aveva una sudicia canotta chiazzata di macchie scure a coprire la grande pancia da ubriacone.

Candidato per il prossimo trapianto di fegato, pensò House.

Alcuni secondi dopo arrivarono due enormi caraffe di birra.

"Cinque litri", urlava qualcuno dietro di lui.

Si sciolse il papillon, sbottonandosi i primi bottoni della camicia e  cercando un po' di lucidità che ormai mancava da troppo.

"Bene!" esclamò un giudice improvvisato, "Al mio tre. Vince chi ne beve di più. Uno, due, TRE!"

E House bevve, talmente velocemente e voracemente che il mondo parve fermarsi.

Non sentiva più niente intorno a lui, solo il rumore della sua gola che, serrandosi intorno al liquido ambrato, lo mandava giù.

Alcuni minuti infernali, mentre la sua testa diventava leggerissima e la sua trachea bruciava, poi vide l'altro abbandonare la caraffa a se stessa, mentre, sfinito, si arrendeva.

Qualcuno gli tolse ciò che rimaneva della sua birra dalle mani, mentre altri lo alzavano come un trofeo, acclamandolo.

"L'uomo in frac ha vinto! L'uomo in frac ha vinto!"

Il bellissimo frac su misura, adesso, veniva stropicciato da mani sudaticce.

Dopo alcuni interminabili minuti, sentì i propri piedi tornare per terra e qualcuno gli passò il bastone, un altro, invece, lo avvertì che il suo telefono stava suonando.

Lo prese, osservò per un lunghissimo lasso di tempo lo schermo prima di capire.

Dodici chiamate perse, tutte da Lisa Cuddy.

"Prostituta." Biascicò tra i denti, poi si diresse verso l'esterno, in cerca di aria, e di una panchina dove riposare la sua gamba.

La trovò poco più avanti, in una piccola villetta con due altalene e una fontanella. Si diresse verso la fontana esi sciacquò la faccia, cercando ancora la lucidità. Finalmente, poi, si sedette. Nel mentre si domandava perché mai fosse arrabbiato con Lisa Cuddy se per lui la Cuddy non era altro che un demonio estremamente seccante che, come solo un capo risoluto sa fare, gli imponeva delle regole. E cosa poteva mai importargli se lei faceva sesso con un vecchio amico?

Non erano niente, loro due, se non colleghi poco meno che amici.

Distese i muscoli, prese un respiro profondo, mentre la rabbia scemava, rendendosi conto che solo un pazzo o un bambino si sarebbero accesi per quella minuzia.

Si mise a ridere, così, senza motivo. Come solo i pazzi, i bambini o gli ubriachi sanno fare.

E House, in quel momento, si sentiva un po' tutti e tre.



A.A.: Tra tipo 40 minuti sarà mercoledì, ma per adesso è ancora martedì, pertanto sono in orario! Ed è il penultimo capitolo! E, davvero, non ci posso credere.
Grazie a tutti coloro che sono passati anche solo per una lettura veloce, grazie davvero.
Baci,


Simposio 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Credi nell'amore, raggio di sole?
Capitolo 5



Infuriata. Talmente tanto da non riuscire neppure a piangere.

Andava avanti e indietro per la piccola stanza, come un leone in gabbia.

Era stata bidonata dal suo stesso sottoposto.

Da House, quel cinico, bastardo ed egoista che, oltre ad essere un brillante medico, perdeva la sua vita dietro a stupidi giochi infantili, volendo sempre ottenere l'ultima parola.

Come poteva perdere in quel modo la testa? Lei, risoluta donna in carriera e di successo?

Si calmò, maledicendo ancora la sua impulsività: non c'erano motivi di essere così infuriata, in fondo, doveva aspettarselo.

Si fermò, andò allo specchio e vide riflessa una donna bellissima, estremamente sensuale e forte. Riassettò trucco e capelli, passò una mano sul vestito per ricomporlo e, avvicinandosi alla porta, l'aprì.

"Danton, cosa ci fai qui?" sorrise alla vista dell'uomo che stava dall'altra parte della porta.

"Ero venuto a prenderti, sono passati esattamente venti minuti." La guardò risoluto.

"Bene, andiamo?" Disse Lisa.

"Prima, però, devo darti una cosa. -Lui sorrise, spostando le braccia che aveva dietro la schiena- li ho trovati nella hall, sono talmente belli che mi hanno fatto subito pensare a te."

Porse alla Cuddy un mazzo misto di fiori freschi.

"Nella hall, eh? -  La Cuddy sorrise, mentre accettava i fiori e li riponeva su un mobiletto lì vicino.- Non dovevi scomodarti, sono davvero bellissimi."

"In realtà, credo che di fianco a te sfigurino. Andiamo?" Danton le porse il braccio.

La Cuddy sorrise prendendolo e si diressero, insieme, verso la grande sala adiacente alla Hall.

Gente, veramente tanta gente che, dopo averle fatto i complimenti, le chiedeva della sua vita, delle sue cose, la invitava a ballare o a sedersi per un attimo di riposo. Si stava divertendo. Le piaceva stare in compagnia. Lei lo stava davvero adorando.

Si rese conto, a un certo punto, che quello non sarebbe affatto potuto essere un posto per House.

Scrollò le spalle, cercando di scacciare dalla mente gli occhi profondi di Gregory.

“Lisa.”

La Cuddy si voltò piano, in direzione della voce.

“Howard.” Sorrise quando vide l’amico che si era allontanato da lei per gli ultimi quattro balli.

“Ti ho portato un drink.”

“Grazie.”

“Ti stai divertendo?”

“Molto, tu?” Lisa sorrise.

“In realtà, se non fosse stato per il buffet, l’alcool e te, me ne sarei già salito in camera.” Danton abbassò lo sguardo imbarazzato.

“Beh, potremmo salire in camera.” Propose la Cuddy.

Danton rialzò lo sguardo, sorridendo.

La Cuddy prese il gesto come un sì e allora iniziò a spostarsi verso le scale.

Quando la porta si richiuse dietro di loro, Howard si avventò sulle rosee labbra delle donne, facendo pressione e invitando la lingua di lei a danzare insieme alla propria.

La Cuddy si staccò per respirare.

”Io dovrei un attimo usare il bagno, Lisa.”
“Fai pure.” Lei sorrise. Quando lui scomparve dietro la porta del piccolo bagno, Lisa si guardò allo specchio, cercando di sistemarsi ancora. Dopo poco lo sguardo venne catturato dai variopinti fiori freschi che le aveva portato l’altro. Sorrise ancora, prendendoli tra le mani e annusandoli.

”Ti piacciono proprio, eh?” Danton si era mosso furtivamente dietro di lei, prendendola delicatamente per i fianchi.

”Moltissimo.” Lisa sorrise nuovamente, tuffando di nuovo il naso in quelle meraviglie. Fu allora che si accorse che lì vi era un biglietto.

”Oh, mi hai scritto qualcosa.” La sua risata rinfrescò la stanza. “Vediamo cosa, dottor Danton.”

”No, ma guarda che-“

”Guarda che non ha importanza se non c’è niente di estremamente romantico.”

Lisa prese il piccolo bigliettino e, aprendolo, lo lesse.

Ad uno splendido raggio di sole.

Alzò lo sguardo, spiazzata. Non era firmato, ma non c’era bisogno della firma per capire. “House.”

”Cosa?” Howard cercò di capire. “Cosa c’entra lui adesso?”

”Devo andare a cercarlo.”

”Ma eravamo ad un passo dal…Perché?”

”Perché tu sei un idiota. E lo sono anche io. Torna alla festa.”

”Ma io credevo che tu e io…”

”Credevi male, torna alla festa.” Lisa fu risoluta. “Io vado a cercarlo.”

Entrambi uscirono dalla stanza, insieme. “Lisa, per favore, ragiona.” Danton cercò di richiamarla a sé, ma il medico fu sordo alle richieste.

Fuori dall’hotel, prese il primo taxi e si fece portare al bar più vicino, sperando di trovarlo lì.

Uomini sudati, ubriachi, bestemmiatori provetti che non si risparmiarono le più lascive battute su di lei che, però, rimase indifferente. Si avvicinò, invece al bancone e il barista si stupì nel vederla lì, nel pieno della serata, tra quella gentaglia.

”Vuole qualcosa?”

”Vorrei solo sapere se c’è un uomo, probabilmente in abito da sera, alto, con gli occhi azzurri e un bastone.”

”Ah, lei cerca l’uomo in frac.” L’altro rise. “Guardi, è andato via poco fa.”

Maledizione. “Pensa che qualcuno possa sapere dove sia andato?”

”Vediamo.” Alzò il busto e riempì i polmoni d’aria. “Qualcuno sa dove sia andato l’uomo in frac?” Urlò a squarciagola. Il bar si fermò per un momento.

”Voleva un posto calmo, gli ho consigliato la villetta qui dietro.” Qualcuno rispose dal fondo. Lisa si rivolse al barista. “Grazie mille.” E se ne andò, avventurandosi in cerca della villetta.

                                                   
               ooo
 

Due altalene, una fontanella, alcuni lampioni che facevano poca luce posti tra gli alberi e poche panchine. Non fu difficile trovarla. Così come non fu difficile trovare lui, stravaccato sulla panchina più vicina alla fontanella fresca. Lisa si avvicinò.

”House.” Lo richiamò.

Lui aprì gli occhi, confuso. “No, Jimmy, non te lo do il numero di quella prostituta marocchina che usa gli annaffiatoi per le piante. Altrimenti poi te la sposi.” E si voltò su un lato, richiudendoli.

Lisa non volle sapere cosa ci facesse, una prostituta, con gli annaffiatoi, ma riprovò a ottenere l’attenzione del medico.

”House.” Lo scosse leggermente. “Non sono Willson, sono la Cuddy.”

House riaprì gli occhi. “Non sei la Cuddy, altrimenti staresti facendo la spogliarellista davanti a me. Oppure significa i che i miei sogni in questo periodo fanno davvero schifo.”

La Cuddy lo scosse con maggiore forza. “Guarda che non stai sognando. Idiota.”

”Sì mamma.”

Si guardò intorno. Notò la fontanella e la osservò per un lungo attimo, poi si avvicinò a essa. Ponendo un dito sul beccuccio dell’acqua, la fece zampillare sino ad House.

Il medico scattò, per quanto possibile, a sedere.

”Chi diavolo è?” Ringhiò.

”Scusa, non volevi svegliarti.”

”Cuddy?” House guardò confuso la figura davanti a lui.

”Esattamente.” Lei si avvicinò, andando a sedersi di fianco al medico.

”Credevo ti stessi divertendo con Dentone e la sua cerniera.”

”La sua cosa?” Lisa lo guardò.

House si voltò dalla parte opposta, stizzito. Sentì un mostro prendere forma nel suo stomaco. Gelosia? No, non poteva essere geloso della Cuddy, quindi si convinse che fossero gli alcolici ingeriti a stomaco vuoto.

”Vi ho sentiti, poco dopo le nove, quando lui è uscito dalla tua stanza.”

Un lampo passò negli occhi della Cuddy. “Oh mio Dio, stava scherzando. Non pensavo che ci fossi anche tu.”

”E invece c’ero.” Si voltò, tornando a osservarla. “E adesso, capo, io tornerei a dormire, se puoi farmi la gentilezza di spostarti da qui.”

”No, non posso fartela. Devo ringraziarti.”

”Per cosa?”

”I fiori…” Si bagnò le labbra con la lingua, imbarazzata. “Erano davvero molto belli. Grazie.”

House alzò gli occhi al cielo. “Dio che non esisti, perché mi torturi in questo modo? Dovresti prendertela con quelli che dicono di credere in te, non con me. Io non faccio parte della tua gang.” Sospirò e sentì una gomitata arrivargli nelle costole.

”Non essere sempre così idiota.”

House la guardò per un lungo istante. “Bene, adesso puoi andartene o c’è altro? Guarda che l’effetto della pillola blu non ha un tempo illimitato, tra poco Dentone tornerà ad essere impotente.”

”Frac, volevi proprio essere elegante, eh.” Lisa fece finta di non averlo sentito, osservando il suo vestiario. “Certo, adesso è un po’ sgualcito.”

”Frac su misura. Completo di bastone e cilindro, ma il cilindro è in camera.” House sorrise compiaciuto. Poi osservò anche l’altra e rimase senza saliva. “Beh, adesso che ti guardo, forse non saresti sfigurata troppo vicino al mio magnifico frac. Certo, sfiori solamente la mia bellezza ed eleganza, ma è un buon inizio.”

”È forse un modo per dirmi che sono uno schianto?” La Cuddy lo scrutò divertita.

”Non lo ammetterò neppure sotto tortura.” House la guardò seria.

”Lo prendo come un sì.” Lei sorrise.

”Bene, adesso via, sciò, Danton ti starà aspettando.” Disse tra i denti, sentendo ruggire il mostro dentro di sè e voltando la testa dalla parte opposta.

“Sì, certo, mi sta aspettando.”

House si girò di scatto, gli occhi erano talmente intensi e incendiati da fare invidia alle fiamme dell’inferno. “E allora vai da lui, no?” Ringhiò, scattando come una tigre ferita. “Tra le altre cose ho anche già chiamato una buona prostituta del luogo.”

Lisa sorrise. “Peccato, House.” Sospirò fingendo di essere afflitta ed alzò gli occhi al cielo. “Peccato che abbia scaricato Howard per venire da te. Ora dovrò cercare un posto dove passare il resto della mia serata.” Tornò a guardarlo. “Tu per caso sai dove può andare una donna sola, in questa sconosciuta città?” Gli chiese innocentemente.

House sorrise, sarcastico. Il mostro si addormentò così come si era risvegliato.“Qual è la tariffa per una notte?” Un attimo dopo House si maledisse per averlo detto.

Lisa si rabbuiò.

”Oh, scusa, alla donna sola non piace il sarcasmo.” Perchè non sto zitto? Si chiese, dandosi dell’idiota.

”Ecco qual è il problema con te, rovini sempre tutto.” Lisa si alzò, muovendosi verso la strada.

House si guardò intorno, abbattuto. Dopo alcuni attimi, seguì Lisa, barcollando a causa del dolore alla gamba e della poca lucidità. Arrivando dietro di lei, le prese la mano delicatamente, costringendola a voltarsi.

”Posso rimediare?” House passò la lingua sulle labbra.

La Cuddy non rispose ma, semplicemente, esausta dei continui battibecchi, seguì il passo infermo dell’altro sotto la luce pallida della luna.

                                                              
ooo
 

La festa era finita.

Qualcuno un po’ brillo si aggirava intorno al bar, per ottenere qualche altra bevanda e dire definitivamente addio alla propria lucidità. I tavoli non erano ancora stati sparecchiati, e su di essi vi erano ancora i resti di una cena consumata velocemente per dare spazio alle danze.

Loro due stavano al centro del grande salone, in quel momento, e la Cuddy era a metà tra l’imbarazzato e l’arrabbiato.

”Aspettami qui.” Disse House prima di avvicinarsi al piccolo palco e parlare con uno dei quattro musicisti che stavano per smontare le attrezzature. House indicò un paio di volte il pianoforte a coda, poi spiegò qualcosa al giovane ragazzo che annuì e sorrise. Gli allungò una banconota, e tutti e quattro scesero dal palco e lasciarono la sala, spingendo fuori gli ultimi invitati e chiudendo la grande porta. House fece un cenno alla Cuddy e lei si avvicinò, più per curiosità che per altro.

”Cosa vuoi fare? Non mi metterò in uno dei tuoi soliti guai, e neppure ti aiuterò ad uscirne questa volta.”

”Ma io non faccio mai danni, donzella.” House sgranò gli occhi fingendosi offeso, mentre, con passo sbilenco si avvicinò al grande pianoforte sedendosi sullo sgabello.  

”House, ti avverto-“

La Cuddy non poté finire la frase, i tasti dello strumento vennero abbassati magistralmente, e una melodia struggente e - la Cuddy dovette ammetterlo - bellissima iniziò a prendere forma.

Alle semplici note, poco dopo si aggiunsero anche le parole.

Lisa Cuddy non era una persona emotiva e non era facile per lei mostrare le proprie emozioni e le proprie debolezze, eppure c’era qualcosa nella metodica perfezione con cui il collega premeva i tasti, negli occhi chiusi di lui dietro i quali si estendeva chissà quale sogno e dietro la voce bassa e accogliente che dapprima la fece tremare, e poi piangere.

Quando la prima lacrima arrivò all’altezza della guancia, Lisa ne fu sorpresa: non piangeva davanti qualcun altro da diversi anni ormai, e non immaginava che l’avrebbe mai più fatto. Velocemente passò un dito delicato sull’epidermide per intrappolare la goccia e la osservò per alcuni secondi, per poi spostare ancora una volta l’attenzione su House.

E ancora si perse nell’osservare i piccoli muscoli delle dita  guizzare a tempo, il volto concentrato eppure rilassato come mai lo aveva visto, e la bocca che quasi sembrava non muoversi, eppure Lisa sentiva accadere il miracolo di un’anima ingestibile composte da corde vocali che vibrano e compressa nello splendore della musica.

In quel momento capì che dietro House c’era un cuore che pulsava, anzi, che ruggiva. E che in realtà il diagnosta non era solo sguardi sarcastici e frecciatine infantili.

E lo contemplò, perdendosi nella realtà di poter sentire quel ruggito e nella consapevolezza della rarità di quel dono. E lo contemplò talmente a lungo che quasi non si accorse che House aveva alzato lo sguardo su di lei e che le sorrideva- sorrideva! Non era un mezzo sorriso, né un sorriso sarcastico tipicamente Gregoriano, no, un sorriso vero!-  mentre suonava le ultime note di quella magnifica canzone.

”Ti è piaciuta, dolcezza?” Parlò House, interrompendo l’incanto.

”Dovresti suonare più spesso.” Osservò Lisa,’ scuotendo la testa per riprendersi mentre l’altro si alzava e si avvicinava a lei.

”Lo prendo come un sì. Mi hai perdonato?”

“Dipende, come si intitola?”
Raggio di sole.”

Si guardarono per un lungo istante, e c’era qualcosa di magnetico negli sguardi chiari di entrambi che li fece avvicinare sempre di più fino a quando l’unica barriera tra i due furono i vestiti. House si chinò. I loro nasi si sfiorarono. C’era una dolcezza innata nella lentezza del momento. Molto delicatamente House posò la sua bocca su quella di lei, e non c’era la violenza di Danton nel gesto, né la sua voracità.

C’erano solo labbra che si saggiavano poeticamente, rimanendo ben serrate, come il sipario prima di aprirsi su un balletto classico.

Contemporaneamente, dopo un tempo considerevolmente lungo, entrambi si aprirono per assaggiarsi, e lo spettacolo ebbe definitivamente inizio.

C’era una certa urgenza adesso, nei loro movimenti, mista però alla precedentemente lentezza, come se volessero tutto e niente allo stesso momento.

Non ripresero fiato probabilmente per parecchi istanti, Lisa sentiva i polmoni bruciare e la testa iniziare a girare. Decise di porre fine a quel fantastico strazio.

Pur allontanandosi leggermente, House circondò i fianchi della Cuddy con un braccio, e rimasero ad osservarsi negli occhi con le punte dei nasi che si sfioravano.

Il loro respiro corto e

affannato si mescolava in nuvolette calde.

Lisa se ne accorse subito dopo, non era mai stata baciata in quel modo da nessuno.

Ed era stato dannatamente bello. Forse più dell’esibizione precedente.

In pochi minuti, Lisa aveva conosciuto delle parti di House che neppure nella loro antica notte di sconsiderato sesso era riuscita a comprendere.

Quasi pianse di nuovo per la gioia della rivelazione.

Quasi però: era troppo occupata a contemplare la bellezza dell’uomo, in quel momento, diventato tutto il suo mondo, perché, sì, non c’era più alcuna sala intorno a loro, non c’era più l’odore di Howard nella sua testa e neppure la sagoma del suo amato ospedale. In quel momento, c’era posto solo per Gregory House.

Gli circondò il collo con le braccia, cercando di avvicinarlo il più possibile, adesso che l’aveva trovato non poteva lasciarlo andare.

”Quindi,” House prese la parola. “posso prenderlo come un sì?” Sorrise.

Anche Lisa lo fece, e House ne fu accecato. Il suo raggio di sole era la cosa più bella che avesse mai visto.

”Te lo dirò dopo i tre mesi di ambulatorio che ti aspettano al nostro ritorno.” Allargò il sorriso e House produsse una smorfia. “Ma siamo andati a letto insieme! Dovresti avere un occhio di riguardo.”

”Si chiama favoreggiamento sul lavoro! Non ti stai prostituendo per ricevere qualcosa in cambio. E poi, in teoria non siamo ancora andati a letto insieme.”

”In teoria, siamo già andati a letto insieme, per quanto la tua prestazione non sia stata tra le migliori. E, sempre in teoria, riceverò te in cambio. Inoltre, non è prostituzione. Non credi nell’amore, raggio di sole?”



A.A.: Siamo arrivati alla fine (con due giorni di ritardo causa viaggio, sorry)! Ringrazio chi ha letto sino a qui e chi vorrà lascare un pensiero.
Un affettuoso saluto a tutti.


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