Yin e Yang: il diamante nero

di Magicae_YinYang
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L’ingresso che portava alla sala delle cerimonie era affollato quel giorno: Shiva cercava di farsi largo tra quella marea infinita di ragazzini desiderosi come lei di iniziare a studiare la magia, tenendo stretti i lembi della troppo lunga tunica rossa che rappresentava l’uniforme ufficiale degli studenti novizi. Tentava di proseguire, sgomitando impaziente alla ricerca di un buon posto a sedere, magari vicino ai suoi amici d’infanzia che, come lei, presenziavano alla cerimonia di benvenuto quella mattina.
Un omone alto e grosso con un enorme neo sulla fronte, sorrise mostrando il suo unico dente giallastro, indicandole le poche sedie vuote rimaste. Prese posto a sedere sul lato sinistro della sala, destinato a coloro che desideravano apprendere le raffinate e oscure arti della magia nera. Shiva, impacciata e curiosa, continuava girarsi e rigirarsi sulla seggiola, cercando con lo sguardo i suoi due amici: Ruben e Flaminia.
Eccoli! Pensò Shiva, scorgendo l’inconfondibile bionda e riccioluta chioma dell’amica. Flaminia, come al solito, perdeva il suo tempo cercando rumorosamente e insistentemente di attirare le attenzioni di Ruben, per la quale aveva una cotta che non si vergognava affatto di mostrare in pubblico: non era cambiata affatto in questi quattordici anni.
Mentre impaziente aspettava l’arrivo di colui che avrebbe aperto la cerimonia, la sua mente fece un salto nel tempo al giorno in cui i tre si erano ritrovati a parlare insieme per la prima volta. Quando erano bambine, Flaminia andava a trovarla spesso e insieme andavano in piazza a osservare una maga che prevedeva il futuro. Ma quando questo non accadeva, passava le sue giornate a sgolarsi per avere una conversazione con Ruben, il suo vicino di balcone. Un pomeriggio, sua madre la interruppe durante un intenso ragionamento tra bambini, comunicandole l’arrivo di Flaminia, fu allora che i due si incontrarono per la prima volta e da quel giorno la sua amica decise che non avrebbe più staccato gli occhi di dosso a quel bambino con i capelli castano chiaro.
«Ciao giovanotti!» una voce stridula che pareva quella di un gatto a cui avevano appena schiacciato la coda, echeggiò in tutta la sala distogliendo Shiva dalle sue memorie. Anche se non capiva la provenienza di quella voce, Shiva si sentì tanto contenta da non riuscire a star ferma sulla sedia. Un anziano e arzillo signore, saltò fuori da un grande vaso di fiori posto in un angolo in fondo alla stanza. Agitando allegramente il suo bastone come una majorette, senza neanche raggiungere il metro d’altezza, a piccoli e veloci passi percorse la stanza, facendo ondeggiare il fiorellino rosa che gli era rimasto sulla testa. Giunto sul palco, molti dei ragazzini seduti, dovettero alzarsi in piedi per riuscire a vederlo mentre iniziava il suo discorso di benvenuto:
«Benvenuti a Magicae figlioli! Oggi per voi inizierà una nuova vita» disse, continuando a far roteare il suo bastone che aveva iniziato a diffondere bolle di sapone in tutta la sala. «Io sono molto vecchio… ricordo che quando ho iniziato a studiare magia, il sistema di insegnamento non era così avanzato come oggi. Come molti di voi sapranno, a ognuno di voi verrà assegnato un insegnante e tre compagni, con cui comincerete una convivenza in una delle sedi addette. Alcuni di voi, avranno degli insegnanti che li porteranno a girare per tutta Yoso!»
A quelle parole, gli occhi di Shiva si illuminarono, per poi spegnersi non appena si rese conto di quanto sarebbe stata difficile la sua vita d’ora in avanti lontana dai suoi amici che, differentemente da lei, avevano deciso di studiare la magia bianca. Come ben sapeva, stregoni oscuri e maghi bianchi erano destinati a odiarsi per sempre a causa dell’antica rivalità e differenza di pensiero che da tempi immemori regnavano tra di loro.
«Siccome la vostra mente giovane arde dal desiderio di apprendere, non indugiamo oltre e formiamo quella che d’ora in poi sarà la vostra famiglia. Adesso figlioli, con estremo garbo, formate una fila indiana e pescate un bigliettino per sapere chi sarà il vostro mentore».
Con una grazia di un branco di bufali impauriti, centinaia di ragazzini si alzarono tutti insieme dirigendosi rumorosamente verso l’uscita, bloccando nuovamente il passaggio. Mentre Shiva attendeva lo sfollarsi della sala, i suoi occhi incontrarono quelli di Flaminia e Ruben che le sorrisero e agitarono la mano nella sua direzione. Improvvisamente, l’arcata della porta si allargò a dismisura e tutti quanti potettero attraversarla, mentre, dal fondo della stanza, si udiva la risata gioiosa del vecchietto.
Una signorina vestita da strega, si trovava nell’atrio con un enorme calderone davanti, da cui non usciva fumo. Rispettando pazientemente la fila, finalmente arrivò anche il turno di Shiva. Sbirciò nel calderone e rimase sorpresa alla vista di un gran numero di arachidi. Su invito della signorina, infilò incerta la mano nel paiolo, e, senza troppe pretese, prese la prima arachide che le capitò a tiro. Non sapendo cosa farne, si guardò intorno e vide tanti ragazzini mangiarne tranquillamente il frutto e allontanarsi, così, decise di imitarli. Al gusto, sembrava proprio una arachide come tante altre, ma, tutto d’un tratto, senza sapere come, un numero le venne in mente: il numero sette. «Che numero hai preso cara?» una donna robusta vestita d’azzurro, le indicò di dirigersi verso la sala sette, dove la attendeva il suo nuovo e unico insegnante.
Mentre Shiva percorreva il corridoio, con la coda dell’occhio vide Flaminia seguire Ruben dalla parte opposta alla sua. Le sale erano ordinate numericamente, quindi arrivò a destinazione abbastanza velocemente. Una grande porta in legno massiccio la divideva da ciò che, da adesso in poi, sarebbe stata la sua nuova vita. Fece un bel respiro profondo, afferrò tremante la maniglia della porta, e lentamente la aprì. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


"Non devi essere grande per iniziare, ma devi iniziare per essere grande."

Si affacciò in quella che pareva una piccola saletta inutilizzata, impolverata e piena di sedie accatastate in un angolo. Arricciò il naso, infastidita dall'aria pesante carica di acari. «Vieni avanti, allieva» la voce cupa e roca di un uomo la invitò a entrare. Shiva deglutì nervosamente e, man mano che avanzava, percepiva sempre di più un'aria autoritaria provenire dai piccoli occhi dell'uomo, troppo in alto per riuscire a vederli. Un lungo mantello viola lo avvolgeva quasi completamente, snellendo ancor di più il suo fisico già ossuto, i lunghi capelli color biondo platino, gli cadevano sul pesante soprabito, quasi fossero un secondo mantello. «Presentati» disse, portandosi la mano olivastra e rugosa al mento.
Shiva si guardò intorno, focalizzando l'attenzione sulle altre tre figure presenti nella stanza che, per via dell'imponenza dello stregone, non aveva ancora notato. Un ragazzo che pareva avere la sua stessa età, piuttosto grassottello, si fece avanti, porgendole la mano cicciotta. «Sono Tragy, molto piacere». Shiva, protese la mano per ricambiare il saluto ma fu interrotta da una vocina aspra e stridula, proveniente dalle sue spalle. «Cosa sono queste moine? Bleah!» una bambina dall'aria altezzosa e degli insoliti capelli verdi, si aggiustò gli enormi occhiali rossi sul viso lentigginoso. «Hai proprio ragione Stilia» disse l'insegnante, elogiando la bambina. «Un vero stregone, non si sognerebbe mai di usare tanta carineria nelle parole e nei gesti per presentarsi a un perfetto estraneo».
Improvvisamente, la stanza si incupì, calando nel buio profondo. Lampi e tuoni iniziarono a schizzare da una parte all'altra della stanza, facendo vibrare rumorosamente le malconce finestre della camera. «Edaba! È questa la maniera giusta di presentarsi!» divaricò le braccia sotto il mantello, illuminato dalla luce dei tuoni. Un pianto infantile ruppe la solennità del momento, Shiva si sentì strattonare la tunica e qualcuno affondarci il viso dentro. Lo stregone Edaba, seccato, fece tornare la luce nella stanza, rivelando l'identità del misterioso piagnucolone. Un bambino, ancor più piccolo di Stilia, si strofinava i grandi occhi con le mani, i suoi incolti capelli castani fuoriuscivano disordinati dall'enorme cappellino a punta da stregone che gli copriva metà degli occhi. «Basta, non siamo all'asilo!» alzò la voce lo stregone. «Non ci sono regole da rispettare sull'età! Moccioso, se non ti senti pronto fai ancora in tempo ad andartene! Vorrei ricordarvi, che se anche uno solo di voi non ottiene la sufficienza, non potrete mai avanzare di livello! Da adesso in poi, vivrete da soli, conterete esclusivamente su voi stessi! Non sognatevi minimamente di disturbarmi se bagnate il letto!» tutti si zittirono. Shiva per un attimo tentennò, chiedendosi se veramente quella fosse la strada giusta per lei: era ancora in tempo a tornare indietro, in fondo, c'erano un sacco di cittadini a Magicae che vivevano tranquillamente anche senza l'uso della magia, convivendoci tranquillamente ogni giorno.

 

Ruben camminava sicuro con il numero due ben impresso nella mente, ignorando il continuo mugugnare di Flaminia alle sue spalle. Diversamente dalle altre, la sala assegnata a lui era adornata con ghirlande floreali che emanavano un buon profumo. Appoggiò l'orecchio alla porta, cercando di capire se all'interno vi fosse già qualcuno, ma non udì nessun suono. Si sentì solleticare il naso dai riccioluti e folti capelli biondi di Flaminia, anche lei appoggiata alla porta per origliare. «La finisci di seguirmi? Vai nella tua stanza!» la sgridò il ragazzo, stanco di essere perseguitato da lei. Flaminia sbatté gli occhi come una cerbiatta, rispondendogli amorevolmente con una vocina smielata e ignorando la sua espressione corrucciata «Ma questa è anche la mia stanza! Il fato ci ha voluti insieme, non sei contento?» Ruben si portò una mano alla tempia, iniziando a percepire i primi dolori di un mal di testa causato dalla voce squillante dell'amica. Smise si controbattere, aprì la porta con decisione ed entrambi entrarono.
Contrariamente alla sala in cui era entrata Shiva, quella camera era luminosa, pulita e ordinata. Al centro vi era un tavolino circolare con una torta alla frutta e una brocca colma di succo d'arancia. «Eccomi, eccomi, ragazzi!» accompagnata da una grave e stridula voce, una donna bassa e grassa con un grande sorriso luminoso in viso, fece il suo goffo ingresso nella stanza. «Oh, ragazzi! Che bello conoscervi! Io mi chiamo Felicia, e sarò la vostra insegnante!» le infantili trecce ondeggiavano da una parte all'altra a ogni suo movimento gioioso, sembrava che diffondesse il buon umore soltanto guardandola. Ruben, che era sempre stato un ragazzo molto sicuro di sé, si presentò per primo, seguito da Flaminia che continuava a mandargli sgraditi baci volanti.
Si sentì un bussare incerto, poi la porta si aprì lentamente, facendo echeggiare un lungo cigolio. I compagni che ancora mancavano all'appello, entrarono a piccoli passi tenendosi per mano, uno di loro era un ragazzino più o meno della loro età molto magro, che, mentre li raggiungeva, si guardava intorno con i grandi occhi rotondi, trattenendosi il berretto che non riusciva a mantenere sulla testa a causa dei folti ricci castani. L'altra, era una bambina più piccola, quasi del tutto coperta da un'enorme tunica arancio, con il cappuccio sollevato sulla testa dal quale fuoriuscivano piccole ciocche castane ribelli. Ruben dedusse che dovevano essere sicuramente due fratelli. «Salve» balbettò timidamente il ragazzino, lasciando intravedere degli enormi incisivi. «Oh, ragazzi, siete arrivati! Forza, non siate timidi, presentatevi! Oh oh! Io sono Felicia, la maga del buon umore!» esclamò la maga mentre, gesticolando allegramente, delle scintille luminose e colorate sprizzavano fuori dalla punta delle sue dita massicce. Affascinata da quelle lucine, la bambina si rilassò iniziando a parlare e, contrariamente a ciò che sembrava, sfoggiò una parlata molto sicura di sé, lasciando la presa del fratello e mettendosi una mano sul fianco. «Io mi chiamo Ikki e sono una bambina molto intelligente». «Io sono Lapo» balbettò il ragazzo, tentando invano di riprendere la mano della sorellina che, velocemente, si diresse in direzione della torta sul tavolo. Anche Felicia si avvicinò al tavolo e, facendo apparire un coltello dal nulla, iniziò ad affettare il dolce sorridendo alla bambina. «Oh, quanta energia che hai Ikki, sicuramente sarai un'ottima maestra nel dominare il fuoco!» «Naturalmente!» rispose fiera, contenta di aver ricevuto delle attenzioni. Ruben invece, non capiva cosa l'insegnante intendesse dire. «Cosa significa?» Felicia scoppiò a ridere e fece apparire degli sgabelli a forma di fungo attorno al tavolo, invitando gli allievi a sedersi. «Oh, scusate, voi non potete saperlo! Dovete sapere che a seconda della personalità di ognuno, si è più predisposti a determinate magie! Prendi caro, non fare complimenti!» spiegò sorridente, porgendo una fetta di torta a Ruben.
Flaminia posò la forchetta sul piatto ormai vuoto, chiedendosi se anche Shiva avesse ricevuto un benvenuto così caloroso. «Maga, potrei avere un altro pezzo da portare alla mia amica? Anche lei inizia oggi!» chiese educatamente. «Certo, certo cara, dimmi, sai già chi è l'insegnante della tua amica?» rispose Felicia incuriosita, pulendosi la bocca con il tovagliolo. «Non lo sappiamo» si intromise Ruben, «lei ha scelto di studiare la magia nera». Felicia rimase un po' sorpresa, rimanendo per un momento con il tovagliolo davanti al viso. «Oh, beh... per la verità, non mi piacerebbe se continuaste a frequentarla...» abbassò lo sguardo, assumendo un'espressione seria. Flaminia cercò di non lasciarsi intimidire da quelle parole e sentendosi leggermente irritata, rispose a tono: «Perché? Ci conosciamo da quando eravamo nella culla! Perché voi adulti siete così fissati per queste vecchie e ridicole regole? La nostra è una vera amicizia!» incrociò le braccia e guardò fuori dalla finestra imbronciata. Ruben si sentì a disagio e si chiese se avesse potuto alleggerire la situazione in qualche modo, guardò i due fratelli e li vide contendersi una fragolina, poi, si voltò verso l'insegnante e notò una strana e malinconica luce nei suoi occhi, quindi decise di non aggiungere altro.

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