Sweet and Bitter (What is love?)

di Sydrah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto (It gets better) ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto (Tell me you love me) ***
Capitolo 7: *** Capitolo settimo (Ending) ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


 
Hei! Ciao a tutti, prima di iniziare!
Volevo già ringraziarvi per essere arrivati a questo punto ^^
Questa storia la dedico ad una mia cara amica, e dovrebbe essere circa una parte del suo regalo di compleanno (CHE ERA A GIUGNO MA SHHH).
Ad ogni modo, era nata come una oneshot (e sarebbe ancora una oneshot), ma per la sua estrema lunghezza ho preferito dividerla in diverse parte (più o meno 4 o massimo 5, comunque è già tutta scritta, è solo da correggere e dividere c: )
Ad ogni modo, spero che possa piacervi. Chiedo già scusa in anticipo per il mio italiano, e sappiate che ricevere commenti mi fa molto piacere (soprattutto se mi dite le vostre opinioni ecc ecc)
Buona lettura
Sydrah
 
 
 
 
 
 
 
Ok, potrà sembrare comune e senza senso una considerazione del genere,  ma posso affermare con tutto me stesso che io non credo nell'amore! 
Non sono una di quelle persone ipocrite che dicono queste parole costantemente ma che poi sognano di un principe azzurro o di una ragazza perfetta, no. Certo,  non sto dicendo che in tutta la mia vita non ho mai avuto una "compagna", ma preferisco definire tali relazioni come "amicizie affettuose".
Come mai affermo ciò?  Beh, è semplice: la vita non mi ha mai dato l'occasione di pensarla in altro modo. Diciamo che sono cresciuto in una famiglia particolare.  Non voglio fare il martire o attirare l'attenzione della gente, ma non sono mai stato un ragazzino come tutti gli altri.
 Non andavo a giocare al parco con i miei genitori, non andavo in vacanza con loro d'estate e non ho mai cenato con entrambi i miei genitori.  Mio padre è morto quando avevo quattro anni,  non so nulla di lui, a parte che beh, era un uomo che lavorava molto e che quindi non era mai a casa. Incidente in macchina, purtroppo...
Quello che posso invece dirvi è che di mia madre so molto, anzi troppo. Non è mai stata il genere di madre affettuosa,  da piccolo mi picchiava spesso e  non si è mai preoccupata seriamente di crescermi. Era però spesso a casa, e ciò fin da bimbo ha catturato la mia attenzione. Come faceva ad avere soldi senza neanche lavorare? Le proposi diverse volte il mio quesito,  ma lei rispondeva sempre in modo vago: "i parenti ci aiutano". 
Poi ho iniziato a capire.
La sera venivano spesso da noi diversi uomini,  anche fino a notte tarda. Solitamente si chiudevano in camera con mia madre e quindi non avevo l'occasione di parlare con i suoi disparati "amici".
Facevano sempre rumori strani...
Non sono passati troppi anni prima che capissi chi fossero veramente e cosa volessero da mia madre. 
Quindi diciamo che penso di avere tutte le ragioni per non credere nell'amore. Un sentimento inutile ed inconcepibile per me. Solo una spreco di tempo ed energie, solo menzogne.
Crescendo e diventando poi un giornalista ricevetti addirittura una conferma riguardo tali miei pensieri. La gente famosa vuole solo apparire,  e mente in continuazione.  Le relazioni sono basate sul profitto, non sul "vero amore".
-"...Taehyung? Tae??" Una voce mi trascinò via dal mio mondo di pensieri -"Quindi...uhm, verresti a cena da me questo sabato? " rimasi un attimo ad osservare Hiery interdetto.  Ma chi era? Cosa voleva da me? Poi ricordai...ah si, un'altra ingenua ragazza innamorata di me.
-" No, scusami tanto, ma ho scoperto di avere una cena di famiglia questo sabato. Facciamo un'altra volta occhèi?" Mi alzai velocemente dalla scrivania, facendo finta di essere occupato con varie scartoffie, poi rivolgendole un sorriso mi allontanai.
 Bugia, ovvio, non ce l'ho neanche una famiglia, ma preferisco non illudere la gente.  
Proprio mentre stavo vagando a zonzo senza una meta precisa mi fermò un collega, dicendomi che il capo mi voleva nel suo ufficio. Stupito e leggermente preoccupato mi diressi a destinazione.  Entrai molto, molto lentamente e poi mi inchinai a 90gradi
 -"Buongiorno signor Kim!" L'uomo mi guardò per qualche istante prima di farmi cenno con la testa di sedermi.
-"Ti ho chiamato perché ho un servizio da proporti" incuriosito gli chiesi di andare avanti, e così fece.
 -" Sì tratta di un articolo sull'amore,  e conoscendoti so che sarebbe interessante affidarlo a te".
Mi trattenni dall'alzarmi e uscire dalla stanza, ma solo perché era il mio capo ed il mio lavoro dipendeva da lui.
 Sorridendo,  allora, gli domandai in cosa consistesse esattamente.
 -"Voglio che tu indaghi sui vari tipi di amanti che ci sono, e poi che li analizzi dando il tuo parere. Sai, la gente è in continua ricerca dell'amante perfetto con cui passare tutta la propria vita, e un articolo del genere farebbe un successone. Pensa a tutte le ragazzine che si mettono a leggerlo per ricevere consigli e pareri sull'uomo che più le renderebbe felici: cattivo ragazzo o buono? Ci siamo intesi?" Lo guardai perplesso.
'Ehmmmm...no' era quello che stavo pensando,  ma cercai di rimettere la testa a posto  
-"Non le pare un po' troppo...non so...infantile?" Lui spalancò gli occhi -"L'amore non è mai infantile, tutti voglio sapere tutto sulle relazioni. Fidati di me!".
Con quelle parole ancora in testa mi ritrovai fuori dall'ufficio,  ancora non sicuro di cosa fosse appena successo.
 Io...una rubrica sull'amore?!
Il signore Namjoon era completamente impazzito.
~~~~~~
 
 
Primo giorno di inizio dei lavori: mi serviva del materiale per iniziare, tipo interviste o pareri di persone. Imbarazzato come non mai decisi di partire dai miei amici, almeno avrei trovato qualche spunto. 
Entrai nella camera di Jungkook, dove probabilmente avrei già trovato tutti gli altri.
Quel ragazzino aveva la puzza sotto il naso, come ogni altro maledetto figlio di famiglia ricca,  ma conoscendolo non era così male e poi avere una mega casa in cui potersi incontrare non era per nulla una brutta cosa.
Posai la borsa e salutai tutti. Sapevano che li avevo chiamati lì per un motivo, ma non sapevano ancora quale esso fosse.
-"Allora, signori, è giunta l'ora che vi sveli questo mistero. Il boss mi ha dato un nuovo incarico e...mi trovo un po' in difficoltà.  Il tema è l'amore..." si guardarono tutti negli occhi e poi scoppiarono a ridere. Maledetti,  si mettevano pure loro ad infierire.
Presi una rivista, la arrotolai e andai a picchiare Yoongi. Perché proprio lui? Beh, i suoi capelli erano i più appariscenti e mi urtavano alla vista.
-"Vi prego ragazzi! È una cosa seria, e non so nemmeno da dove incominciare" dissi sedendomi per terra in modo drammatico.
-"Tae,  beh, penso che tu abbia davanti la persona giusta" Jin si alzò in piedi in modo spavaldo,  per poi spostarsi vicino a me -"Vedi, io sono il dio dell'amore.  Chiedimi tutto quello che vuoi".
Lo guardai alzando il sopracciglio.  Se c'era qualcuno che non ne sapeva d'amore era proprio Jin: viveva di storie alla giornata,  cose futili, però si era offerto volontario, quindi valeva la pena tentare.
Presi il registratore e iniziai a pensare a qualche domanda.
-"Allora...uhmm. Che ne so, per esempio,  cosa è per te l'amore? " soddisfatto del quesito sorrise e poi mi rispose:
 -"Devo dire, per me l'amore è qualcosa di carnale e passionale" ti pareva -"Sai, l'attrazione tra i corpi e così via!".
Ripeto. Era stata una pessima idea chiedere a lui. 
Rimasi un attimo immobile e poi mi girai verso gli altri.
 -"Grazie Jin per il tuo intervento illuminante...qualcun altro?"
Tutti rimasero in silenzio.
-"Giuro che se non dite qualcosa vi ammazzo!"
-"L'amore è un sentimento complicato Tae! Non puoi capirlo finché non lo provi. Non è una sensazione ma tante. Le farfalle allo stomaco, i brividi, il nervosismo. Quando hai paura di parlare a quella persona ma allo stesso tempo le vuoi stare vicina. È inspiegabile come sentimento, sennò fidati che tutti lo eviterebbero" sconvolto da tali parole ma al contempo soddisfatto ringraziai Hoseok. Quando mai quell'uomo usava il suo cervello?.
Dopo ulteriori domande non andate troppo a buon fine, la sera tornai a casa.
Quindi non era una bella sensazione essere innamorati?  Me lo sarei aspettato, ma allora perché tutte le persone dedicano la loro vita alla ricerca dell'anima gemella?.
Con più interrogativi che risposte mandai tutto all'aria per quel giorno, e decisi di andare in giro per Seoul da solo.
Non era troppo tardi,  e le strade erano bel illuminate. 
Andai al parco vicino a casa mia, e mi sedetti sulla mia panchina.  Esatto, mia! Andavo in quel parco da quando ero piccolissimo,  e lì giocavo con il mio migliore amico delle scuole materne. Me lo ricordo ancora quel piccolo furfante.
Era della mia stessa classe, le cicale, ed abitavamo pure nella stessa zona. Eravamo diventati così tanto legati che i suoi genitori mi trattavano come un loro secondo figlio, ospitandomi tutti i giorni,  e preoccupandosi di me quando i lividi iniziarono ad essere sempre più evidenti. 
Passavamo intere giornate insieme, senza mai annoiarci l'uno dell'altro, parlando, correndo,  scherzando e quant'altro. 
Erano bei tempi, allora, nonostante la brutta situazione che stavo vivendo mi sentivo felice e libero. Mi sentivo soprattutto importante per qualcuno. 
Poi, purtroppo,  un giorno dovettero improvvisamente trasferirsi.  Lo so,  suona molto cliché: "bambino che trova finalmente un amico, ma la sua felicità sarà presto spezzata”, ma così andò, e fece tanto male che anche solo doverlo ricordare mi fa stringere il cuore in una morsa di ferro. 
Era l'unica persona con cui ero mai stato bene, anche se allora avevo a mala pena 6 anni.
E così scomparve dalla mia vita tanto velocemente quanto vi era arrivato, e non ebbi mai più notizie di lui.
Cercai di eliminarlo dalla mia memoria per non soffrire più, e ci riuscì. 
Di quel bambino non ricordo più ne il viso nè il nome. La sua immagine è sfocata.  Ma va bene così.  
Tutte le persone crescono,  e per andare avanti sono costrette a lasciare delle cose indietro. 
Anche se, devo dire, penso che l'affetto che provai per quel ragazzino era più che "volergli bene" e più che "come un fratello".  Era...diverso. 
Ma allora ero piccolo e confuso. 
Rimasi seduto sulla panchina un altro po', osservando la gente che passava.
Ragazzi in gruppo, lavoratori,  coppiette e donne con sacchetti della spesa in mano.  Era tutto così monotono e grigio. 
Improvvisamente vidi persone correre tutte nella stessa direzione.  Che fosse un flashmob o qualcosa di simile? 
Incuriosito mi alzai e mi diressi laddove si stava concentrando la folla. C'erano paparazzi ovunque, flash di macchine fotografiche e ragazzine di ogni età con fogli e penne in mano. 
Io stesso ero un giornalista,  quindi capii esattamente che cosa stava succedendo: nel centro di quella folla doveva probabilmente esserci uno dei tanti idol acclamati da fangirl e fanboy. Provai ad avvicinarmi di più, preso da una folle curiosità. 
Un ragazzo della mia età più o meno,  vestito di nero con tanto di occhiali da sole nonostante fuori fosse buio, stava venendo sommerso dell'ondata di persone.  Chi gli faceva domande personali,  chi cercava di toccarlo e chi lo implorava di firmare una foto.
 Fortunatamente c'erano degli uomini non poco robusti che lo accompagnavano, cercando di proteggere il povero malcapitato. 
Non ci diedi molto peso e me ne andai,  completamente disinteressato dal contesto. 
~~~~~~
 
Il mattino seguente, dopo un risveglio molto brusco ed una testata tirata contro ad un palo per una mia piccola disattenzione,  mi ritrovai seduto sulla solita sedia nel mio "ufficio". Occhèi,  non era un ufficio, sarebbe meglio chiamarla la mia postazione.  
Iniziai a scrivere sul computer qualche appunto sul nuovo articolo.  Una breve introduzione sul che cos'è l'amore, aggiungendo qualche informazione, anche scientifica, trovata su internet,su libri o ascoltando interviste varie fatte a filosofi o psicologi.  Già che leggevano questi articoli dementi...almeno avrebbero imparato qualcosa.
La sera precedente l'avevo passata a scrivere ad altre persone,  chiedendo sempre le solite cose e, finalmente,  ero riuscito a completare un inizio decente.
Ero piuttosto soddisfatto del mio lavoro,  nonostante il tema non mi entusiasmasse e, pensando positivo, ora mi mancava solo tutto il resto. Solo...
Dopo aver fatto le prime ricerche su persone comuni e pareri generali avrei dovuto iniziare a chiamare vari agenti per prenotare interviste con vip .
Il problema era trovare chi.
 Poche sarebbero state le persone disponibili, soprattutto se erano di una certa maturità, e le persone più acclamate erano solitamente sempre impegnate. Provai a chiedere di attori del calibro di Lee  MinHo o cantanti come Ailee, ma il risultato fu piuttosto mediocre e mi ritrovai con nuovamente nulla tra le mani: forse avrei effettivamente dovuto cercare qualcuno di standard lievemente più basso. Subito mi balenó in mente l'idea di chiedere ad una boyband, ma stringere accordi per i singoli membri con le loro case discografiche era sempre un inferno, quindi avrei per forza dovuto optare per un solista.
Cercai di restringere la mia lista di "possibili persone" escludendo tutti gli idol che superavano i trenta anni di età, dal momento che le ragazzine erano sempre molto selettive verso i loro "oppa".
Eliminami la maggior parte delle donne essendo che ciò che volevo non era fare aumentare le rivalità amorose tra le fan per i loro uomini e mi informai su quali  erano gli artisti di tendenza di quel periodo. Impiegai praticamente tutta la giornata, sudando letteralmente tre camice, litigai (si fa per dire) con tutti i miei colleghi, discutendo tra chi erano le persone più hot.
 In realtà non presi molto parte a tale discussione, avevo solo gettato la pulce nell'orecchio del mio vicino di postazione, chiedendogli se era infatuato di qualche cantante ultimamente, e improvvisamente tutto l'ufficio inizió  ad urlare chi fosse la donna o l'uomo di loro gusto.
Vi dirò, molti dei miei colleghi erano dei pervertiti senza pudore, e la donna che fu nominata più volte da loro fu Hyuna, ma essenzialmente non mi ritenni soddisfatto da tale nomina. Dovevo ammetterlo, Hyuna era una bella...ragazza, forse un po' troppo osé per questo articolo, ma non fu solo quello il motivo per cui rifiutai di contattare lei.
 Nonostante fosse così apprezzata io non sentivo alcun legame neanche lontanamente fisico o psicologico o..o..animale verso di lei, e attenti a voi, non sto dicendo che per l'intervista stavo cercando qualcuno da sedurre, assolutamente no, semplicemente non sentivo che sarebbe stata la scelta giusta. Qualcosa, forse la mia coscienza o semplicemente una voce immaginaria che magari nemmeno esisteva, mi continuava a dire di aspettare, che sicuramente avrei trovato la persona adatta su cui scrivere.
E così feci.
Quella sera tornai a casa completamente distrutto, distendendomi nel mio letto, lasciandomi andare al silenzio tombale del mio piccolo appartamento.
 Era tutto così grigio e vuoto, troppo vuoto. La fornitura era molto semplice ed essenziale, priva di qualsiasi cosa leggermente più personale. Odiavo stare a casa mia. Era sempre meglio che tornare da mia madre, ma era comunque triste.
Il piccolo e già allora inesistente rapporto che avevo con mia madre andò distrutto completamente un paio di anni fa, quando a vent'anni riuscii finalmente a laurearmi in anticipo, trovare un lavoro e andarmene di casa. Mi urló tanto dietro in quel periodo, implorandomi di non abbandonarla a se stessa che quasi iniziai a provare compassione verso di lei, ma tutto quello che mi aveva fatto negli anni precedenti era troppo per poterlo semplicemente dimenticare.
Non riuscii e tutt'ora comunque non riesco a lasciarla completamente indietro: la mia paga non è  male, soprattutto essendo che vivo da solo, quindi ogni mese le invio duecento euro per aiutarla a sopravvivere. Non è  troppo, ma ci sono molti altri uomini che sicuramente si sono offerti di aiutarla con più piacere rispetto a me.
Non la sentivo e vedevo più da quando me ne andai, mi limitavo semplicemente ad inviarle i soldi, e lei in compenso non mi ringrazió nemmeno una volta.
Sospirai, rigirandomi diverse volte nel letto quando improvvisamente sentii il mio telefono suonare: il così detto 'signorino Hoseok' mi stava chiamando.
-"Pronto?"
-"Taehyungggg!! Muovi il tuo fondoschiena pigro e trascinalo fino a casa mia. Sta sera facciamo una bella serata tutti insieme, quindi vedi bene di sbrigarti o finiamo tutto il cibo ancora prima che arrivi!"
-"Hos-"
-"NIENTE MA. QUI. ORA. Ti do esattamente 5 minuti e 37 secondi di tempo, anzi, sono già 36" detto questo riattaccó.
 Rimasto piuttosto spiazzato non potei far altro che afferrare la prima felpa che mi capitó sotto mano per poi chiudere la porta di casa alle mie spalle.
 Ovviamente non sarebbe stato da me se non mi fossi imbattuto in neanche un ostacolo. Ecco, vidi scheggiare davanti ai miei occhi ad una velocità  secondo me troppo elevata il pullman che mi avrebbe dovuto portare a destinazione. A questo punto c'erano due opzioni: correre o dover sopportare un Hoseok falsamente offeso per tutta la serata. 
 Prima che me ne accorgessi i miei piedi iniziarono a muoversi da soli, e dannazione, era dal tempo delle superiori che non correvo così velocemente. Arrivai alla fermata appena in tempo, proprio quando la maledetta catapecchia su otto ruote stava per chiudere le porte, ovviamente schiacciandomi in mezzo ad esse, facendomi così guadagnare un'ennesima figura di merda.
Nascosi il viso col cappuccio della felpa, spostando un po' indietro la frangia mentre cercavo di riprendere un attimo fiato.
Un gruppo di ragazzini delle superiori mi stava fissando sogghignando. Maledetti, probabilmente stavano ridendo di me. Avrei voluto andare da loro e far prevalere la mia autorità di uomo più grande, ma sicuramente mi avrebbero solo deriso ancora di più.
Purtroppo ero sì più grande, ma di aspetto sembravo molto giovane, forse anche a causa dell'abbigliamento trasandato e della ciocca di capelli colorati. Sia dannata quella scommessa persa che feci con Yoongi: ora mi ritrovavo un ciuffo della frangia colorato di verde scuro, anche se dovevo ammettere che non mi dispiaceva, ma questo non lo avrei mai confessato. 
Dopo appena un paio di fermate arrivai a destinazione e non esitai nemmeno un attimo a citofonare.
Mi accolse un Hoseok fin troppo sorridente, come al suo solito. Doveva significare che ero arrivato giusto in tempo. 
Dentro c'erano già Yoongi, Jin e Jungkook che stavano discutendo tra di loro su quale pizza sarebbe stato meglio ordinare.
-"Stasera ho organizzato una maratona horror" disse Hoseok tutto contento mentre raggiungemmo gli altri.
Questa giornata proprio mi voleva uccidere...Deglutii  un enorme nodo di saliva per poi sorridere allegramente.
'Trattieniti Tae, tutto passerà'.
Hoseok, quel farabutto, lo sapeva benissimo che gli horror mi terrorizzavano. Tra tutti era quello che conoscevo di più: avevamo frequentato insieme le stesse superiori anche se lui era più grande.
 Jungkook lo avevamo conosciuto insieme quando mi aveva, purtroppo, trascinato ad un corso di danza, e da lì  diventammo subito amici, ampliando il nostro gruppo.
 Yoongi lo conoscemmo in un locale, dove si era esibito e Jin lo avevo conosciuto all'università.
Eravamo un gruppo molto eterogeneo, ma nonostante le nostre personalità diverse riuscivamo comunque ad andare molto d'accordo, a parte quando si trattava di scegliere che pizze prendere.
 Alla fine, giunti allo stremo delle nostre forze, optammo per delle semplici margherite, e dopo aver chiamato il ristorante andammo in salotto, dove la sorella maggiore di Hoseok  si stava guardando un programma.
-"Noona, devi lasciarci il televisore!"
-"Stai zitto, non ora. Il prossimo a salire sul palco a cantare sarà Jimin, e sicuramente non me lo perderò per colpa tua"
-"Ma me lo avevi promesso, ti preeeego~" disse provando ad usare anche il suo indecente aegyo.
-"Dopo la canzone te lo lascio ma ora stai zit- OH ECCOLO OMMIODDIO, GUARDALO COM'È  BELLO, QUELLA GIACCA GLI STA BENISSIMO E SANTOCIELO, DA QUANDO HA I CAPELLI ARANCIONI?!" Si inizió ad agitare sul divano non appena tale 'Jimin'  salí sul palco, e continuó ad urlare per ogni piccola cosa che faceva: 'ommioddio ha sorriso' 'ha fatto il segno della pace!' 'HA RESPIRATO' e via dicendo.
 Sua sorella era una fangirl di livelli decisamente imbarazzanti, quindi, conoscendo lei e suo fratello da molti anni, avevo ormai imparato a cambiare stanza non appena nominava qualche idol, e così feci anche sta volta. Infatti appena vidi i due iniziare a litigare per il possesso della televisione scappai nuovamente in cucina con gli altri tre.
-"Junhee smettila ti prego, mi stai mettendo in imbarazzo, DI NUOVO"
-"STAI ZITTO, STA PER INIZIARE A CANTARE" quei due erano veramente dei personaggi...
Essendo Hoseok impegnato, appena sentii il citofono suonare andai io ad aprire la porta e prendere le pizze, facendomi poi aiutare dagli altri a portarle in sala, poggiandole sul tavolino davanti al televisore.
Stravaccato sul divano, vicino a Junhee c'era un ormai rassegnato Hoseok. Risi alla scena che si prospettava davanti ai miei occhi, ma non appena sentii una voce leggermente acuta ma dolcissima cantare mi bloccai all'istante.
 Oh...sentii il mio cuore sciogliersi ad ogni acuto azzeccato, ogni lieve sfumatura mi catturava sempre più, il modo in cui per dare più potenza ogni tanto grattava e rendeva la voce più roca, ma facendola rimanere comunque così completamente avvolgente e melodiosa.
Era...era magnifica.
-"Jun noona, come hai detto che si chiama?" Lei alzò il sopracciglio lievemente stupita dalla domanda ma poi ridiresse lo sguardo verso la televisione
 -"Jimin, Park Jimin" annuii, era un ragazzo interessante questo Jimin.
 Dopo poco ancora la canzone terminò, e il giovane ragazzo dai capelli arancioni ringrazió il pubblico per poi scendere dal palco.
 Un po' mi dispiacque ma in un modo o nell'altro riuscii ad uscire da quella trance ed insieme agli altri iniziammo a vedere il primo film di quella lunga serata: the Conjuring, già il cui titolo mi stava terrorizzando. Se fino a quel momento avrei potuto avere una possibilità per fuggire, ora tutte le chance erano bruciate...non sarei mai più tornato a casa.
~~~~~~
 Il mattino dopo mi svegliai spiaggiato sul  divano di Hoseok: la mia testa poggiata sulla sua spalla mentre Jungkook stavano dormendo beatamente con la nuca sulle mie gambe.
Jin e Suga erano morti per terra, semi intrecciati tra di loro, così sciolti sul pavimento che per un istante li avevo scambiati per dei tappeti.
A quel punto ero l'unico sveglio, e non mi azzardai a muovere alcun muscolo, timoroso  di poter svegliare i miei compagni.
Ero completamente intorpidito,  il mio corpo ormai morto a causa della posizione e  se non fosse stato per il fatto che era ancora effettivamente attaccato al mio corpo, non avrei mai creduto che quell'altro superiore aka braccio che era poggiato sulla spalla di Jungkook fosse il mio.
 Controllai l'ora sull'orologio che era fortunatamente  appeso sulla parete verso la quale ero  voltato e solo in quell'istante mi accorsi che era già quasi mezzogiorno.
Non mi agitati minimamente, essendo il weekend, quindi non c'era motivo per essere spaventati a causa di un ritardo al lavoro.
 Passai un'altra mezz'ora della mia poco avvincente vita a fissare il soffitto prima che, per grazia divina, anche Yoongi si svegliò.
-"Buongiorno principessa" lo  salutai con tono scherzoso -" É un miracolo vederti sveglio, bella addormentata!" Lui, ancora troppo assonnato per realmente ragionare su quello che avevo detto, mi lanció solo uno sguardo piuttosto truce ma purtroppo per nulla spaventoso, anzi, la vista di un Yoongi appena sveglio era più che tenera.
Poco dopo lui si iniziarono a destare dai loro sogni fin troppo profondi anche gli altri: dopo Aurora si alzarono, in ordine Jin-Biancaneve-mangiatutto, Jungkook-Raperonzolo-chiomafluente e JHope-cavallo. Si. Lui non si meritava di essere definito una principessa dopo la terribile nottata di incubi che mi aveva fatto passare.
Finalmente potei alzarmi da quel soffice, ma anche troppo duro, sofà e riuscii a sgranchirmi e a cacciare via quell'orribile sensazione di formiche.
 Dopo aver trangugiato dei cereali ci salutammo e ognuno di noi si diresse verso la propria casa.
La prima cosa che feci, arrivato, fu svestirmi dagli abiti che indossavo e buttarmi sotto la doccia. L'acqua tiepida colpiva delicatamente la mia pelle, sciogliendo ogni singolo nodo che si era andato a formare a causa della posizione estremamente scorretta in cui avevo dormito.
Mi rilassai completamente, sentendomi quasi come rinato. Allungai leggermente la mano, cercando di catturare più gocce possibili all'interno del mio palmo: era un'abitudine dura a morire.
Fin da piccolo ero sempre stato un ragazzino considerato 'strano'. Forse perché nonostante la tristezza che vivevo ogni giorno cercavo sempre di indossare un grande sorriso, sorridevo anche quando i più grandi erano cattivi con me, rubandomi i pochi risparmi che avevo con cui ogni volta speravo di potermi prendere qualche caramella.
Sorridevo, anche se dannazione se faceva male, ma avrebbe fatto ancora più male ammettere quel dolore, quindi imparai a sostituire le amare e salate lacrime con un falsa e apparente allegria, che con l'aumentare d'età si trasformò in totale indifferenza e perdita di interesse verso ogni genere di emozione.
 Nonostante la mia apatia mi impressionavo ancora per le cose più comuni e forse stupide: vedere l'arcobaleno formarsi nel cielo, rimanere ad osservare come le nuvole si spostavano andando a creare forme nuove, ma soprattutto ammirare la neve che cadeva leggera e candida. Queste piccole cose mi lasciavano sempre a bocca aperta, portandomi ad estraniarmi da tutto il resto, per questo i miei amici mi prendevano sempre in giro definendomi 'l'alieno' del gruppo.
 Uscii dalla doccia ed indossai dei vestiti comodi, asciugandomi i capelli con un asciugamano.
Ora era tempo di continuare il mio lavoro.
~~~~~
 
Accesi il computer  e mi trovai subito a digitare un nome su Google, alla disperata ricerca di maggiori informazioni riguardanti tale individuo.
Mi ritrovai a leggere diverse pagine su di lui, e mi imbattei  anche in alcuni Blog dedicati solamente a lui. Wow..impresionante.
'Park Jimin, nato il 13 ottobre 1995 a Busan' ancora più impressionante era il fatto che avesse la mia stessa età, a mala pena 21 anni, ma che fosse già così famoso.
Guardai diversi suoi video e non sapevo se rimanere più shockato dal suo talento o dalla sua surreale bellezza. Seriamente, quel ragazzo era perfetto, non vi era una singola cellula in lui che non fosse esattamente dove doveva essere: un viso angelico anche se dannatamente virile, con una mascella ben definita, per non parlare dei suo occhi color cioccolato, così profondi e attraenti, ma resi leggermente innocenti dalla morbidezza delle sue guance. I capelli di un colore arancio slavato, scompigliati il giusto, e le sue braccia...Arrossii.
 Cosa diamine mi stava succedendo?! Mi tirai un leggero schiaffo. Da quando mi mettevo a controllare le persone, e soprattutto, da quando lo facevo coi ragazzi?!
Giustificai le mie azioni convincendomi del fatto che stavo semplicemente ammettendo che era un bel ragazzo: una cosa totalmente normale, chi non si permette  di fare anche complimenti a persone del proprio sesso? Stavo solo apprezzando la generosità che Dio aveva avuto verso di lui, ciò non significava che ero attratto da lui.
No. Assolutamente.
Mai e poi mai.
 Chiusi lo schermo del computer, leggermente sconvolto da me stesso.
 Avevo decisamente dormito poco e male.
Si, solo quello....
 
Vero?
~~~~~~
 
Il lunedì continuai il mio compito sul luogo di lavoro. Ero determinato a riuscire ad intervistare Jimin-ssi.
Purtroppo era un'idol piuttosto in voga in quel periodo, e i suoi impegni sarebbero stati molti, tanti, troppi. Anche se quasi convinto di un rifiuto provai a telefonare al suo manager, che dopo un paio di brevi squilli  rispose alla chiamata.
-“Pronto?” era il momento di sfoggiare il mio talento nell’essere educato e formale.
-“Salve, sono Kim Taehyung, lavoro alla KN company, parlo con il manager del signor Park Jimin-ssi?” fortunatamente non avevo motivo di spiegare in che tipo di compagnia lavorassi: era un giornale molto famoso in Corea, ed era quasi impossibile incontrare qualcuno che non lo conoscesse.
-“Si, sono Jung Hyundae, piacere. Qual è il motivo di questa chiamata?”
-“Volevo sapere se sarebbe stato possibile intervistare il signor Park. Devo scrivere una rubrica sull’amore, e credo che grazie alla sua popolarità tra le ragazze sia la persona più azzeccata" ci fu un attimo di silenzio, nel quale probabilmente  il signor Jung stava considerando la proposta.
-"Non saprei darle una risposta immediatamente, ho bisogno prima di parlare direttamente con Jimin-ssi prima di poterle dare una risposta definita. Posso richiamarla più tardi?"
-"Certo. In caso le do anche il mio numero, così se l'orario d'ufficio fosse già terminato riuscirebbe comunque a contattarmi"
Dopo averlo salutato educatamente chiusi la chiamata, piuttosto curioso di come sarebbero andate le cose.
~~~~~
Ero intento a guardare un programma televisivo spiaggiato sul mio divano di casa quando sentii improvvisamente  suonare il mio cellulare.
 Inizialmente, essendo nel momento più clue della finale, volevo ignorare la chiamata ma poi ricordai che probabilmente  doveva essere il manager Hyundae.
Mi affrettai a prendere il telefono e rispondere, e ciò che mi disse mi lasció non stupito né sorpreso, direi più sconvolto.
-"Dopo aver parlato siamo riusciti a trovare un giorno iniziale in cui potremmo incontrarci: che ne dici di questo mercoledì alle 17? Sarebbe una grande opportunità per Jimin avere una comparsa in una rubrica della vostra compagnia!" Non esitai nemmeno per un istante a dire sí. Finalmente avevo ottenuto un’intervista, e sentivo di aver preso la decisione giusta. 
Mi misi a saltellare per casa, euforico per il mio piccolo successo.
Mercoledì. Mancavano solo due giorni. Avevo ancora del tempo per prepararmi.
 Iniziai a buttare giù delle idee riguardo quali domande avrei potuto fargli, e dopo aver scritto una lista piuttosto soddisfacente mi addormentai con un sorriso stampato sulle labbra. 
Avrei incontrato Jimin! No aspetta, cosa? Volevo dire, avrei finalmente fatto un'intervista di calibro così elevato. 
Ecco, così andava meglio...
~~~~~
 
Mercoledì, ore 15.
Ero appena uscito dal lavoro ed ero arrivato a casa, avevo più o meno un'oretta di tempo per cambiarmi e poi sarei dovuto andare al luogo d'incontro. Purtroppo la posizione non era molto comoda: era uno studio dove il giovane cantante stava filmando il suo nuovo singolo, e distava una mezz'oretta in macchina da Seoul.
Aprii l'armadio per trovare qualcosa di più decente dalla mia solita e monotona camicia bianca accompagnata da dei semplici pantaloni neri leggermente a vita alta.
 Il resto dei miei vestiti erano fin troppo informali, e la maggior parte delle mie maglie rovinate dal mio stress e mania di tagliarle. Si, ero una persona artistica, non malata come molti mi vedevano, mi piaceva definirmi il Fontana coreano dei vestiti, perché in ogni graffio che lacerava la stoffa delle mie maglie c'erano molte emozioni segrete. Purtroppo ero sicuro che il mio stile non sarebbe stato apprezzato da loro, quindi cercai disperatamente delle alternative.
Svuotati e quasi ribaltai il mio armadio, buttando ogni genere di vestiario per la casa.
Provai qualsiasi tipo di abbinamento, ma nessuno andava abbastanza bene. 
Non ero mai stata una persona che badava troppo alle apparenze, e non avevo mai fatto troppo caso a come vestirmi, ma in questa situazione mi ritrovai inadeguato: qualsiasi cosa mi sarei messo non sarei mai stato tanto affascinante  quanto lui.
 Iniziai a notare imperfezioni nel mio corpo che non avevo mai visto: dei nei di troppo, dei brufoli, il mio addome ancora troppo morbido e così via. 
Dopo quel che sembrò un tempo interminabile optai per una maglia bianca con sopra un copri-spalle grigio, ed un paio di jeans semplici abbastanza attillati con degli anfibi neri. 
Dopodichè cercai di aggiustare al meglio i miei capelli e misi un filo di eyeliner giusto per rendere i miei occhi un po' più grandi.
 Mi fermai un istante a guardarmi allo specchio. Perché stavo mettendo così tanto impegno nel cercare di sembrare più...attraente? Non era il momento per iniziare a soffrire di senso di inferiorità, ma forse non era solo quello. Volevo apparire bello, fare una buona impressione.  Ma perché? Che motivo c'era esattamente?
Sbuffando decisi di lasciar perdere e finalmente uscii di casa.
Dopo aver sbagliato la strada un paio di volte arrivai finalmente al luogo prestabilito.
 Presi la mia telecamera e microfono, insieme anche al mio block notes ed entrai all'interno  dell'edificio.
Era piuttosto buio, con delle forti luci proiettate solo in alcuni punti dell'interno. Sulle pareti c'erano un po' di graffiti, e vi erano moltissimi oggetti di scena.
-"Lei deve essere Kim Taehyung" feci un piccolo salto sul posto, preso decisamente alla sprovvista mentre stavo scrutando i miei dintorni.
-"S-si! Sono io. Piacere di conoscerla manager hyung-nim" Mi inchinai a 90 gradi in segno di rispetto.
Lui sorrise e mi fece segno di seguirlo. Entrammo in una sorta di camerino, e mi disse che dopo aver chiamato Jimin saremmo andati in un'altra stanza un pochino più appartata, dove non c'era tutta la confusione causata da truccatori, fotografi e altri addetti di ogni tipo.
-"Jimin-ah! Vieni, è  arrivato" tutte le persone che circondavano la sedia su cui il ragazzo era seduto si allontanarono da lui, dandogli alcuni  ultimi aggiustamenti.
Finalmente il povero giovane riuscii ad alzarsi ed io riuscii a vederlo per intero per la prima volta. Sentii una fortissima fitta al cuore e una sensazione di bruciore allo stomaco. Doveva essere il kimchi che avevo mangiato a pranzo, decisamente troppo piccante.
Mi mancó il respiro mentre il ragazzo avanzava verso di noi. Probabilmente era a causa del luogo troppo chiuso. Si. 
 I capelli gli cadevano dolcemente sulla fronte, lasciandone però una parte scoperta. La sua pelle era leggermente abbronzata, il viso truccato con della matita nera e dell'ombretto che riprendeva il colore dei capelli. Le sue guance appena rosate, e le labbra carnose lucide probabilmente a causa di un velo di lucidalabbra.
Era vestito con una maglia senza maniche rossa, con dei pantaloni fin troppo attillati un po’ a vita alta, che abbracciavano perfettamente le forti curve dei muscoli delle sue gambe e del suo..uhm..fondoschiena.
Le sue clavicole erano scoperte, ed il suo collo stretto da una collana nera, le vene su di esso leggermente prominenti. Riportati lo sguardo sul suo viso e, oh! Solo in quel momento notai il sorriso malizioso su di esso.
Arrossii completamente.
L'aveva notato.
Aveva notato che lo stavo controllando.
Volevo solamente seppellirmi.
Mi schiarii la voce, prima di inchinarmi e presentarmi anche davanti a lui.
Anche lui si presentó e sentii per la prima volta la sua voce dal vivo, ed era semplicemente perfetta.
Perfetta ma...con quasi una sfumatura di arroganza?
Mi superó e mi guidò  col suo manager in un'altra stanza, e proprio mentre mi passava di lato notai tre cose: primo, era più basso di me e secondo, aveva un profumo meraviglioso. Riconobbi, non so bene per quale motivo, che cologna fosse: blue di chanel. L'odore era molto aromatico e decisamente accattivante e sensuale. Terzo, provai un senso di familiarità e nostalgia che mi spiazzarono per un istante.
 Cercai di non farci troppo caso e li seguii.
Mi condussero nella stanza a fianco, dove vi erano diverse poltrone con un tavolo basso al centro.
 Jimin si sedette di fronte a me ed in suo manager.
-"Purtroppo oggi abbiamo pochissimo tempo, però possiamo programmare un prossimo incontro  per terminare l'intervista" Hyundae spezzó il silenzio ed io annuii con il miglior sorriso che potei.
Delle ragazze fissarono il microfono su Jimin, e appena tutto era a posto iniziai a filmare.
-" Bene Jimin-ssi, ora ti farò diverse domande sull'ambito  dell'amore, cerca di rispondere il più sinceramente possibile, va bene?" Lui annuí disinteressato, come se tutto ciò non lo toccasse minimamente.
-"Prima domanda: sei mai stato innamorato?" Alzai lo sguardo per posare gli occhi sull'uomo che era di fronte a me
 -"Sì" rimasi ancora un attimo ad aspettare che aggiungesse qualcos'altro ma non aprí piú bocca. Probabilmente era un po' imbarazzato? Passai all domanda successiva
 -"Hai mai amato senza essere contraccambiato?"
 -"Si." Anche sta volta non aggiunse altro.
Mi voltai verso il suo manager alla ricerca di appoggio morale, ma lui semplicemente mi guardó scusandosi con un sorriso.
Respirai.
-"Secondo te l'amore si cerca o capita?" Mantenni la mia voce il più fermo possibile
 -"Dipende". A quel punto avrei davvero voluto strapparmi tutti i capelli.
-"Da cosa dipende Jimin-ssi?"
 -"Da che tipo di amore vuoi" disse con un tono fin troppo saccente, che faceva a pugni con le sue apparenze e con ciò che mi ero immaginato di lui. Provai giusto un pizzico di disappunto, ma cercai di metterlo da parte per terminare la breve intervista di oggi.
-"Cosa ti fa innamorare di una persona?"
-"Non lo so" avrei voluto alzarmi e andargli a tirare uno schiaffo su quella faccia falsamente dolce. Cercai di trattenermi e per il fastidio ruppi la punta della matita con cui stavo 'prendendo appunti'. Lui se ne accorse e si fece scappare una bassa risata di scherno.
 Lo odiavo.
Davvero.
Lo detestavo. 
-"Mai vissuto un'amore a distanza?"sta volta la mia voce uscí molto piú bassa ed infastidita, anche un po' roca
-"Ovvio. Tutti gli idol vivono relazioni a distanza, Taetae" gli lanciai un'occhiataccia che avrebbe fatto gelare il sangue di qualsiasi altra persona tranne lui, che mi guardò con quel suo stupido sorrisino ebete. AAAAH, SE LO ODIAVO. Era stato completamente irrispettoso e così sicuro di sé, e continuava a mantenere quell'aria da persona superiore. Ma la cosa che mi fece bollire maggiormente il sangue nelle vene fu il soprannome che si azzardó ad utilizzare.
 Solo una persona mi aveva mai chiamato così, solo il mio amico d'infanzia perduto, neanche Hoseok e Jungkook, che erano attualmente i miei migliori amici, mi avevano mai chiamato in quel modo.
COME SI PERMETTEVA DI FARE UNA COSA DEL GENERE?! AISHH.
Il manager probabilmente percepí la tensione che c'era tra di noi e decise di intervenire
 -"Temo che il tempo sia scaduto! Che..che ne dici se ci sentiamo un'altra volta per organizzare la prossima intervista?" Mi guardò con aria speranzosa
 -" Certo. Mi farò sentire io" risposi freddamente, prima di lasciare il più velocemente possibile quel posto.
Ero così arrabbiato che la mia vista era leggermente offuscata, e quando salii in macchina chiusi lo sportello con troppa foga e per un istante temetti di averlo rotto.
Guidai fino a casa di Hoseok, alla ricerca di una persona con cui sfogare verbalmente le mie frustrazioni.
Citofonai un paio di volte prima che arrivó Junhee ad aprirmi  la porta. 
-"Scusa, Hoseok è  un attimo sotto la doccia, entra pure" camminai goffamente in quella casa ormai più che familiare, andando subito in salotto, dove mi sedetti pesantemente sul divano con le braccia incrociate e un'espressione apparentemente buffa dato che Junhee si mise a ridere.
-"Scusami, non volevo essere maleducata. È  successo qulcosa?"
-"Si. Quel tuo tanto amato idol di nome Jimin è  la persona più scortese che abbia mai avuto il dispiacere di conoscere" Lei continuó a ridere.
L'avrei presto aggiunta alla mia lista nera. Fortunatamente si fece semi perdonare, sedendosi vicino a me e ascoltando le mie lamentele prima che Hoseok finisse la doccia.
Le raccontai tutto, e a quel punto anche lei ci rimase un po' male non aspettandosi che quel così detto 'meraviglioso uomo' avesse un carattere da scaricatore di porto.
 Arrivó  addirittura a piangere e disperarsi. Forse le avevo fin troppo rovinato la sua immaginazione. Quando Hoseok uscí  dalla doccia cercammo di consolarla insieme e poi ci andammo a rifugiare in camera sua, dove continuai a parlargli del mio disappunto e della mia rabbia.
-"Magari è  solo perché è  la sua prima intervista" cercó  di farmi ragionare lui.
-"Ma non si sarebbe comunque dovuto permettere di comportarsi così" continuai tutto offeso.
-"Prova a dargli un'altra opportunità con la prossima intervista" contemplati per qualche secondo le sue parole, ma poi decisi che mai e poi mai avrei più voluto vedere Jimin.
Negativo.

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


Il giorno seguente mi ritrovai-nuovamente- con le mie dolci natiche poggiate sulla mia sedia d'ufficio, che aveva ormai preso le mie forme da quanto tempo ci spendevo seduto sopra.
Il giorno precedente avevo deciso di mettere un punto all'intervista con l'idol da quattro soldi coi capelli arancioni. Che colore era poi?! Bah, non capivo davvero cosa ci trovassero in lui, oltre al suo viso...e corpo...e talento...
Rimaneva comunque un'idiota, e annuii per convincermene.
Avrei comunque scritto una piccola parte su di lui nella mia rubrica. Molto piccola. Piccola quanto le sue risposte ed il suo cervello, ecco.
Tornai all'attacco a telefonare un cantante dopo l'altro, attori e dj, tutto quanto.
Il giorno stesso riuscii ad incontrarmi con Taeyeon, una ragazza decisamente bella e attraente. Decisamente.
Il suo viso era dolcissimo e femminile, e il suo carattere metteva una ciliegina sulla torta.
In confronto a me era decisamente più gracile ed esile, come ci si aspetta da una ragazza dopotutto, perché le ragazze sono fatte per essere protette dagli uomini alti e grandi e virili, e io ero un uomo. Io dovevo proteggere e stare con delle ragazze perfette come delle bambole di porcellana, vero?
 È  così che funziona il mondo: uomini stanno con donne, donne stanno con uomini. Il resto è  semplicemente contro natura!
Eppure nonostante la sua- fin troppo-profonda scollatura non mi trovavo minimamente esaltato o attratto o quant'altro.
Tutto ciò che riuscivo a pensare era 'santocielo copriti perché sono sicuro che se tua madre ti vedesse così ti sgriderebbe!' e ciò non faceva altro che confondermi. 
È  normale non essere attratti da tutti, altrimenti saremmo dei semplici animali guidati dai nostri istinti di riproduzione, quindi va bene se non mi piace lei, vero?
L'intervista finí fortunatamente abbastanza in fretta, e riuscii ad ottenere tanto buon materiale da utilizzare.
Allo stesso modo proseguirono i giorni successivi, e pian piano mi iniziai quasi ad annoiare di tutta questa situazione.
Per mia sorpresa riuscii ad ottenere un'intervista con un personaggio molto famoso, che aveva già creato molto trambusto negli anni precedenti: Luhan.
Anche questa volta mi ritrovai più che ansioso per l'intervista, sperando che sarebbe stato gentile quanto Taeyeon, almeno non mi avrebbe dato la conferma di 'tutte le celebrità maschili sono delle caccole della società'.
Per mio sollievo si mostrò  una persona a dir poco deliziosa.
Dal vivo sembrava ancora più giovane di quanto già non lo sembrasse dietro ad uno schermo: i suoi occhi erano grandi e arrotondati, il viso asciutto, le gote leggermente rosate, il naso sembrava creato su misura per lui e le labbra erano sottili ma decisamente baciabili-cosa?
 Occhèi, stavo decisamente impazzendo.
Per farla breve, era un ragazzo bellissimo e gentile, ma anche lui mancava di qualcosa. 
Ma cosa?
 
-"Kim Taehyung?" Si avvicinò a me a fine dell'intervista, con un sorriso che era una via di mezzo tra timido e mozza fiato. Decisamente meglio di un sorriso sghembo, badate bene, anche se per un certo verso meno attrante.
 
-"Sì?"
 
-"Ti andrebbe di andare a prendere qualcosa da mangiare insieme? Si è  fatta già ora di cena, e dato che è  colpa del mio ritardo se si è  fatto così tardi mi sento in dovere di doverti ripagare in qualche modo. Che ne dici?" Tutti gli allarmi nel mio corpo iniziarono a suonare.
Non lo fare Tae, non accettare, potrà portare solo a qualcosa di male.
 
-"Va bene!" Al diamine. Il mio cervello era sbagliato.
E così  ci ritrovammo in un ristorante di lusso nel centro di Seoul, con un bicchiere di vino probabilmente molto costoso davanti a me, e un piatto di 'linguine ai frutti di mare' che non doveva essere da meno, e la cosa peggiore era che non c'entravo minimamente  in quel posto.
Mentre lui era vestito lontanamente elegante, con una camicia bianca leggermente sbottonata e dei pantaloni neri, io ero al peggio del mio aspetto con una maglia a righe e dei semplici jeans. Ottimo modo per fare buona figura. 
Mandai giù a forza per la mia gola quel liquido rossastro, finendo un bicchiere dopo l'altro a causa del nervosismo, trovandomi impacciato nel trovare una buona conversazione da affrontare con lui, che invece pareva completamente a suo agio.
In un modo o nell'altro riuscimmo a fare un piccolo discorso, chiedendoci cose basilari:famiglia, interessi, e raccontandoci qualche evento memorabile.
Eravamo praticamente giunti alla fine del nostro pasto quando vidi una famigliare persona entrare accompagnata da una modesta crew.
Dio.mio.santissimo.
Cercai di far finta di non averlo visto, sperando che prendessero posto ad un tavolo in un'altra stanza, ma per mia sfortuna il locale era ancora piuttosto vuoto, e li fecero accomodare proprio nel fottutissimo tavolo accanto al nostro.
La vita era ingiusta, schifosa.
 Il destino? Ancora peggio scoprii quella sera  e la cosa più brutta fu che quando, per caso eh, per puro caso ed una mia minuscola disattenzione, mi voltai verso il suo tavolo e notai che il signorino Jimin mi stava guardando. Sorridendo.
Sorridendo con QUEL sorriso. 
Abbassai subito lo sguardo, piuttosto scosso, e probabilmente Luhan notó il mio cambio di atteggiamento e mi chiese se andasse tutto bene, a cui io risposi con un cenno del capo.
Guardó nella direzione verso cui avevo guardato io prima e potrei giurare di aver quasi visto una lampadina illuminarsi vicino a lui.
Non prometteva nulla di buono.
 Rivolse nuovamente lo sguardo verso di me, ed il resto avvenne nell'arco di meno di un secondo.
Lo vidi alzarsi dal tavolo, voltarsi verso Jimin quasi per assicurarsi che stesse guardando, si sporse verso di me afferrando la mia maglia e portandomi a muovermi verso di lui per poi scontrare le mie labbra con le sue.
Impallidii e spalancai gli occhi, il mio cervello non ebbe neanche il tempo di reagire che si era già separato da me, prendendomi per mano e trascinandomi fuori dal locale.
 Mentre uscivamo ebbi solo un istante per voltarmi indietro, e vedere un'espressione quasi scioccata e...turbata sul volto del cantante.
Cosa era appena successo?
COSA?!
Appena fummo fuori mi liberai con uno strattone dalla sua presa, e aprii la bocca per dirgli giusto due  parole quando mi interruppe.
 
-"Scusa, sarai probabilmente arrabbiato, ma ho notato che c'era una strana tensione tra te e quel ragazzo, e dato che ti stava guardando in quel modo ho deciso di intervenire a modo mio" disse lui sorridendo. 
Quale persona al mondo sarebbe mai intervenuta in quel modo?! Davanti a tutti! Quando sei un dannatissimo idol. Speravo davvero che nessun altro avesse assistito a quella scena.
Sentii una strana sensazione all'interno del mio corpo, quasi come se del calore si stesse espandendo e mi stesse consumando.
 Sentii rabbia, tanta, e vergogna e...anche un pizzico di dispiacere.
Non riuscii più a trattenermi 
 
-"Come ti sei permesso di...di...fare quel che hai fatto?! Cosa ti dice il cervello?!" Per un attimo mi sembrò quasi dispiaciuto, ma poi sorrise, anche se non in modo cattivo.
 
-"Fidati, ti ho solo probabilmente fatto un favore per il futuro. Baciandoti o si sarà schifato e allora non ti darà più fastidio o si sarà ingelosito e ti cercherà.  Ah, a proposito, chi è? Un tuo amico?" La situazione stava degenerando. Che cosa ne voleva sapere lui? Perché dava tutto per scontato? Perché si sarebbe dovuto ingelosire Jimin? Cosa c'era che non avevo afferrato, cosa mi mancava?
 
-"Nessuno che ti debba interessare" dissi sbottando, per poi andarmene via correndo. Oggi facevo solo mosse poco furbe.
Continuai a correre, correre senza mai fermarmi.
Ero infuriato, come si permettevano di comportarsi tutti quanti così? Come se fossero superiori e tutto gli fosse dovuto e tutti li dovessero perdonare per ogni cosa.
 No, non lo avrei fatto. Non lo avrei mai perdonato, non lo volevo vedere mai più.
Mi aveva baciato, la sensazione delle sue labbra lievemente screpolate ancora vivida.
Mi schifava, disgustava.
Arrivai a casa e me le strofinai, lavai col sapone diverse volte, ma la sensazione rimaneva lì.
Mi lasciai cadere contro la parete del bagno, cercando di trattenere i miei singhiozzi.
Perché stavo piangendo in primo luogo? Forse perché quel bacio aveva solo contribuito a confondere i miei sentimenti? Forse perché a baciarmi era stato un ragazzo.
 Perché sarebbe dovuto essere sbagliato, tanto, ma nonostante il disgusto che avevo provato non mi era sembrato innaturale come sarebbe dovuto essere. Forse perché mi aveva baciato proprio davanti a Jimin? Che ora avrebbe avuto un motivo in più per ridere di me.
 Probabilmente credeva che fossi gay. 
Gay?
Mi parve una parola così strana. Una categoria così...ingiusta. non ci dovrebbero essere categorie per l'amore. 
L'amore dovrebbe essere libero.
Libero...
Troppi pensieri continuavano a consumarmi, tra una lacrima e l'altra, ed il momento peggiore fu quando provai la sensazione di essere stato abusato. Una parola forte, ma fu quello che provai.
Un bacio.
I baci significano tanto per le persone. Ma per me non erano mai stati importanti. 
Avevo baciato diverse ragazze, ed ero arrivato a fare molto peggio.
Non ero innocente, anzi, ma nulla mi aveva mai fatto tanto effetto quanto quel misero bacio a stampo che non avrei neanche premuto sulla guancia di mia nonna.
Ma non riuscivo a smettere di stare male.
Lui aveva visto tutto...
Mi addormentai piangendo sul freddo pavimento del bagno.
Da solo.
Arrivai ad una sola conclusione: per nessun motivo al mondo mi sarei mai più avvicinato più del dovuto ad un idol.
~~~~~~
 
Il mattino seguente mi risvegliai nella stessa posizione in cui mi ero addormentato, il pavimento vicino al mio viso un po' umido, forse per le lacrime o forse per la bava, oppure per entrambi.
Mi tirai sú e mi guardai allo specchio, un grave errore considerando che per poco non morii d'infarto.
Non mi ero mai considerato troppo orribile, ma in quel momento sí: avevo delle borse nere enormi sotto gli occhi, che erano gonfi e rossi a causa del pianto, e le labbra erano secche e con dei piccoli graffietti da cui era fuoriuscito un po' di sangue e si erano quindi andate formare delle crosticine. 
 Per trattenere i singhiozzi le avevo presumibilmente morse con troppa foga.
Cercai di lavarmi il viso al meglio, dovevo pur sempre rendermi il più presentabile possibile per il lavoro.
Dopo essermi preparato controllai il cellulare, sul cui schermo lampeggiava una figura che segnalava l'arrivo di una nuova notifica.
Il numero era sconosciuto:
 
Hei! Sono Luhan.
Tranquillo, non sono uno stalker, ho solo chiesto il tuo numero al mio manager perché sentivo il bisogno di chiederti scusa.
Mi dispiace di averti dato così fastidio.
Se ti può consolare ho chiesto a tutti quelli che hanno visto di non proferire parola e che era una faccenda privata. Fortunatamente hanno assistito alla ‘scena’ solo quelli del tavolo del tuo amico, che ho scoperto che è  anche lui un'idol! 
Scusa ancora, spero potremo comunque diventare amici.
 
P.S. il tuo amico non mi ha rivolto nemmeno uno sguardo. Sembrava davvero arrabbiato.
 
 
Rilessi il messaggio diverse volte prima che il mio cervello decidesse di iniziare a decifrarlo e capirlo.
Step uno: era di Luhan. Avevo il numero di Luhan. Io non volevo il numero di Luhan. Non volevo che Luhan avesse il mio numero.
Due: si stava scusando. Io non lo volevo scusare. 
Tre: ha raccontato agli altri che era una faccenda  privata. Non mi andava bene, neanche questo. Ma almeno non avrebbero detto nulla.
Quattro: un grandissimo no al fatto che saremo potuti diventare amici. Nop.
E poi lo step cinque, quello che mi fu più complicato assimilare. Il mio amico sembrava arrabbiato. Il mio amico che non era mio amico perché era quella testa del cavolo di Park Jimin sembrava arrabbiato. Arrabbiato per...cosa?
Vidi del fumo immaginario uscire dal mio cervello.
Nulla, non riuscivo a capire, la mia mentalità da alieno non mi permetteva di capire queste cose così umane.
Decisi di non rispondere a quel messaggio.
 Lo ignorai  ed andai avanti nella mia giornata.
~~~~~
 
Inizialmente avevo pensato che col passare dei giorni anche il conflitto che stavo vivendo interiormente se ne sarebbe andato, e invece rimaneva sempre lì, nell'antro più oscuro della mia mente.
Cercavo sempre più di sospingere il mio sguardo verso le mie colleghe, ma nulla. Il mio cervello mostrava il più totale disinteresse verso di loro, ma allo stesso tempo lo mostrava anche verso i miei rozzi compagni.
 Ew, decisamente rozzi considerando come si comportavano, e parlavano e mangiavano e respiravano e vivevano.
Stavo iniziando a considerarmi come un essere asessuato, probabilmente traumatizzato dalla mia infelice infanzia, o almeno, questa era la scusa che mi ero dato io.
Era tutta colpa di questa rubrica se provavo questi sentimenti conflittuali. Non mi era mai importato prima di queste cose superficiali, di queste emozioni. 
Cosa sono le emozioni?! A me erano sempre, o quasi, state estranee.
Emozioni... Degli stati mentali e fisiologici associati a modificazioni psicofisiologiche, a stimoli interni o esterni, naturali o appresi.
La loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell'individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza.
Le emozioni rivestono anche una funzione relazionale e una funzione autoregolativa.
Queste erano le emozioni per me: una definizione astratta, delle cose che per spiegarle necessitano dei paroloni scientifici e complicati.
Per questo motivo, preso dall'incoscienza più totale decisi di chiedere alla persona definitivamente meno azzeccata: Kim Seokjin.
Perché lui? Questo è  un discorso più complicato.
Jin era sempre stato bisessuale, ma da quello che diceva era più orientato verso i ragazzi, soprattutto quando si trattava di storie che duravano più di una botta e via, quindi magari sarebbe stato capace di aiutarmi?
Non avevamo mai parlato con lui direttamente della sua sessualità, semplicemente lo sapevamo tutti, e non ci aveva mai creato alcun problema: era sempre il nostro Jin.
Quindi, perché ero così spaventato dell'omosessualità quando una delle persone a me più care era dell'altra sponda? Perché quando riguarda lui non l'avevo mai considerata una cosa schifosa o sbagliata o contro ogni morale? 
Non ne avevo idea. Nessuna.
Probabilmente perché non ero io?
Perché lui lo era sempre stato e basta mentre io non lo potevo essere perché non lo ero. Neanche nella mia mente aveva senso questo discorso, e per questo era necessario chiedere il suo aiuto.
Presi quindi il coraggio di mandargli un'essenziale messaggio:
 
'Dobbiamo vederci. Vieni a lavoro da me'
 
Jin al momento lavorava alla pasticceria dei suoi genitori, quindi non sarebbe stato un grave problema assentarsi per un paio di ore, e da me a lavoro accettavano dei visitatori, purché rimanessero eventi occasionali.
Un paio di minuti dopo arrivó la sua risposta:
 
‘Mio figlio ha bisogno di me?! 20 minuti e arrivo Vivì~ aspetta la tua omma ♡ (/*^*)/’
 
Mi venne da vomitare al solo leggere il suo messaggio.
 Jin aveva come una doppia personalità: quando si trattava di ogni essere umano che non fossimo noi e avesse più di 18 anni e meno di 40 era un playboy incontrollabile, ma quando c'erano i suoi amici di mezzo diventava una madre premurosa e iperprotettiva, sempre pronta a dare consigli, affetto e cibo. Era una cosa tenera, ci faceva sentire accuditi e sempre importanti, anche se era eccessivo, decisamente sdolcinato.
Però era diventato la mamma che non avevo mai avuto, e nell'arco di un paio di anni aveva fatto molto più che quella vera avesse mai fatto per me.
Stavo continuando a lavorare, occhi fissati sul computer e dita che battevano freneticamente sulla tastiera quando sentii delle braccia stringermi il collo in uno pseudo abbraccio reso impossibile a causa della sedia.
 
-"TAEEEEEEE" la sua voce fastidiosa mi fece implodere il timpano. Forse avevo sbagliato a chiamarlo.
Sta di fatto che mi presi un paio di minuti di pausa, e andai con lui a prendermi un caffè  alle macchinette, cercando di trovare le parole giuste con cui incominciare il discorso mentre camminavano.
 
-"H-Hyung?" La mia voce uscí più tremolante e roca di quanto avrei desiderato.
 
-"Dimmi 'saeng"
 
-"Uhm, ecco, non vorrei sembrare inopportuno ma.." deglutii, era ora o mai più. Sii diretto, non girarci intorno "quando hai scoperto di essere bisessuale?" Mi sarei aspettato che si mettesse a ridere e a fare battute stupide, mi ero preparato al peggio, ma per un paio di secondi non accadde nulla.
Timidamente mi voltai verso di lui, e notai che aveva un'espressione sorridente ma allo stesso tempo serena e seria, con lo sguardo rivolto di fronte a lui. 
-"Penso intorno alle medie. Negli spogliatoi c'erano tutti che si passavano foto di ragazze, oppure parlavano di loro. Sai, le prime cotte virtuali e tutto. Ecco, mentre loro guardavano le foto io guardavo loro che guardavano le foto. Inizialmente in modo innocente, poi al liceo tutto diventò più chiaro. L'adorazione si trasformò  in curiosità e la curiosità in affetto e l'affetto in amore e l'amore in passione. Come mai questa domanda?" Solo ora si voltó verso di me, rimanendo sempre pacato.
Ero felice del suo atteggiamento: come la brava madre che era doveva aver capito la fragilità dell'argomento.
 
-"Perchè. Perché sto pensando cose" 
 
-"Che genere di cose?"
 
-"Non lo so neanche io. So solo che sono molto confuso e non ci capisco più nulla"
 
-"Tae, lo sai che non devi avere paura di dirmi ciò che pensi.  Cos'é che ti ha portato ad essere confuso?"
 
-"Il fatto che mi soffermo ad ammirare di più i ragazzi delle ragazze, almeno, l'ho fatto con le persone che ho intervistato e...Ieri dopo un'intervista un'idol mi ha baciato e mi ha fatto molto più effetto di qualsiasi altro bacio. Effetto negativo eh, ma almeno ho provato qualcosa?" Lui annuii quasi soddisfatto, sempre con un dolce sorriso che curvava gli angoli delle sue labbra.
 
-"Capisco. E dimmi, cosa osservi di questi ragazzi? Cos'hanno di diverso rispetto a tutti gli altri?"
 
-"Non lo so. Cioè, penso sia normale ammirarli. Sono così belli e perfetti...e belli, E DANNATAMENTE PERFETTI. Ed è  strano. Perché anche io nella mia vita mi sono ritrovato a squadrare delle ragazze, a trovare che fossero belle... ma è  stato diverso con-" Mi fermai un attimo e realizzai. 
Solo con lui era stato diverso. Solo con lui avevo provato quelle cose.
Cosa significava quindi? Avevo già capito che razza di persona fosse, ma la sua presenza, la sua immagine non la smetteva di perseguitarmi.
 
-"Quindi è  una sola persona in particolare?" Mi riportó alla realtà, e alla sua domanda risposi annuendo con uno sguardo impassibile.
 
-"É il ragazzo che ti ha baciato?" Scossi la testa. Non riuscivo ad emettere alcun suono.
Il nostro discorso fu interrotto dall'arrivo del signor Namjoon, che a quanto pare aveva dovuto avere la stessa nostra voglia di caffè.
 
-"Buon pomeriggio" ci sorrise, ed entrambi rispondemmo al suo saluto.
 
-"Come sta andando la sua rubrica Taehyung?"
-"Bene signor Kim-"
 
-"Chiamami Namjoon ti prego, mi fai sentire fin troppo vecchio" effettivamente era molto giovane per essere il capo di un'agenzia così grande, ma da quello che sapevo era un uomo molto intelligente e determinato, e tutti i suoi successi erano sempre stati meritati.
 Era anche molto affascinante, con quelle fossette sulle guance visibili soprattutto quando sorrideva, ma questo non lo avrei mai ammesso a nessuno, neanche a me stesso.
 
-"Sì, certo. Scusi. Sta andando bene Namjoon hyungnim. Penso che in massimo una settimana sarà terminata"
-"Ottimo. A proposito, volevo proprio chiedere a te se domani saresti disposto a venire con me ad un'evento dove saranno presenti diverse celebrità. Sei sempre stato un ottimo lavoratore, e penso saresti il più adatto" Io? Il più adatto? Ero quasi commosso.
Risposi subito di sì, e dopo ancora un paio di minuti ci salutó nuovamente, ritornando nel suo ufficio.
Ero emozionato e felice.
Era un'occasione più unica che rara, e mi aveva chiesto personalmente di accompagnarlo.
Wow.
 
-"Il tuo capo è  dannatamente sexy"  Mi diedi un colpo sulla fronte. Bentornato indietro  Jin.
Ci misimo a ridere e passammo la mezz'ora successiva a parlare un po' di Namjoon e altre cose in generale, non tornando più sull'argomento precedente.
Prima di andarsene, però, mi disse una cosa che mi fece capire che non se ne era scordato, ma che semplicemente non voleva farmi sentire in imbarazzo.
 
-"Se hai bisogno di me sai come cercarmi. Ah, e Tae...non avere paura dell'amore. Se senti qualcosa non ignorarlo, potrebbe solo farti più male" sentii quasi un peso sollevarsi dalle mie spalle.  Mi sentii capito e in un certo senso anche accettato. 
Mi sentii bene.
~~~~~~~
 
Ben presto arrivó  il momento in cui avrei dovuto accompagnare Namjoon all'evento di cui mi aveva parlato il giorno precedente.
Era sera e le strade erano piuttosto affollate, quindi il viaggio duró un po' più del previsto  e fu pieno di silenzi imbarazzanti, colmati ogni tanto da semplici domande e risposte.
Una sua domanda in particolare, però, mi lasció piuttosto perplesso.
 
-"Dimmi Taehyung, chi era il ragazzo che era con te ieri. Non è  un mio dipendente, vero?"
 
-"Uhm, no, è  un mio amico. Si chiama Kim Seokjin" lo sentii ripetere a bassa voce il suo nome, probabilmente per memorizzarlo, e poi un'altro silenzio calò. Passai tutto il tempo a giocare nervosamente con le mie mani, cercando di sembrare impegnato in qualche pensiero molto profondo. Solitamente non ero un ragazzo introverso, ma diamine, era il mio capo la persona seduta di fianco a me, e avevo il terrore di poter dire qualcosa di sbagliato che avrebbe poi in seguito danneggiato la mia misera carriera.
 Si, optare per il silenzio imbarazzante era la scelta migliore, a parere mio.
Finalmente dopo un'altro paio di minuti arrivammo a destinazione, fermandoci davanti ad un imponente edificio.
L'interno era molto semplice ma allo stesso tempo elegante, con un grande palco e numerose file di posti a sedere. Lo spazio tra la prima fila e il palco era ampio, ed era lì  che tutti i giornalisti con le loro crew si erano appostati, tutti con le loro enormi telecamere e microfoni.
 Mi sorse quindi spontaneo domandarmi il perché noi non avessimo dietro alcun tipo di attrezzatura, ed il mio capo, quasi come se fosse riuscito a leggermi  nella mente, si voltó verso di me dicendomi che eravamo lí  effettivamente non per scrivere un articolo ma per avere l'opportunità di stringere rapporti con celebrità, manager e altre agenzie.
Presimo posto nella prima fila, dove due sedie erano state riservate appositamente per noi.
Ero piuttosto confuso da tutto il contesto, non sapevo neanche che genere di evento fosse, e rimasi dunque stupito quando scoprii che era una sorta di...consegna premi con interviste?
Venivano chiamati a turno sul palco dei vip a cui venivano consegnati  delle sorte di piccoli (e anche brutti, a mio parere) trofei per vari ambiti, ad esempio 'idol più hot del momento' oppure 'migliori comparse in programmi televisivi’, ed a ognuno di quelli che avevano la gioia, o sfortuna, di essere chiamati venivano poste delle domande che erano state selezionate tra le mille di quelle scritte dai fan.
Ero perplesso. Il mondo stava davvero degenerando.
Furono chiamati gli Shinee come migliori idol del momento, i big bang come idol con il più grande fandom, Yezi come migliore rapper femminile, e innumerevoli altre persone.
L'unica cosa che non mi portó al suicidio definitivo era il fatto che fortunatamente le interviste erano molto corte, una due domande massimo per ogni gruppo o persona. Sarebbe stato interminabile altrimenti, e non sarei riuscito a reggere il tutto.
Sentivo i miei occhi farsi sempre più pesanti, le persone davanti a me diventare più piccole e sfocate, quando una sagoma mi fece sussultare e svegliare completamente.
Non sono solitamente una persona volgare, ma in quel momento mi parve spontaneo pensare 'cazzo'.
LUHAN DOVEVA PER FORZA NASCERE CINESE E QUINDI VINCERE IL PREMIO COME MIGLIORE CANTANTE COREANO STRANIERO, NO?
Perché le persone che cercavo disperatamente  di evitare continuavano a spuntare come funghi era un mistero.
E, ovviamente, essendo che la fortuna non era mai dalla mia parte, dopo un'altro paio di nomine anche il signorino Park Jimin fu chiamato, come icona del momento.
Mostrò un sorriso mozzafiato, falso, disse tante belle parole di ringraziamento, ancora più falso, falso e falso. Avrebbe dovuto vincere il premio come migliore attore.  
Lui e  la sua meravigliosa presenza. Lui e la sua perfetta perfezione. Lo odiavo, e odiavo anche il modo in cui i suoi jeans gli stavano a pennello.
 
-"Jimin" inizió la presentatrice -"abbiamo per te una domanda da parte di una fan di nome Jaeha: qual è  il tuo tipo ideale di ragazza?"
Sentii una stretta al cuore. Era ovvio che sarebbe stata una ragazza. Femminile, magra, estremamente minuta e carina e tutte quelle altre cose. 
 
-"Il mio tipo ideale di ragazza sono le mie fan!" Volevo vomitare . Quest'uomo ci sapeva fare, e gli urletti che si iniziarono a sentire e fare sempre più forti ne erano la dimostrazione.
Anche lui, come tutti gli altri, scese dal palco per dirigersi nel backstage.
Un altro paio di premi vennero consegnati e poi, finalmente, arrivammo ad una conclusione e con Namjoon ci diressimo proprio laddove non sarei voluto andare.
Il mio capo inizió a socializzare con diverse persone, mostrandosi cortese e divertente, mentre io rimasi in silenzio  e immobile dietro di lui, cercando di apparire il più invisibile possibile.
 
-"Hyundae!" Il nome mi sembrò troppo familiare, e d'istinto alzai lo sguardo. 
 
-"Ah, Namjoon! Quanto tempo" 
Era il manager di Jimin.
 Essendo tale, fu presto seguito da quest'ultimo e per mio sfortuna fui notato. Avrei tanto voluto possedere un mantello dell'invisibilità come quello in Harry Potter.
 
-"Taehyung, alla fine non ci siamo più sentiti per l'intervista" deglutii. Improvvisamente il colletto della mia camicia sembró troppo stretto.
 
-"Intervista? Come mai non mi hai detto nulla Taehyung" sta volta fu il mio capo a parlare.
Ero fregato.
 
-"E-ecco. Si. Per la rubrica e...è  stata una settimana un po' impegnativa" No, invece, avevo evitato come la peste la seconda intervista con il ragazzo dai capelli arancioni che, come pensavo, mi stava guardando divertito.
 
-"La potete fissare ora, allora" come no...ottimo. Grazie signor Kim.
-"Certamente. Jimin ha la prossima settimana completamente libera, quindi puoi scegliere tu il giorno" 
 
-"Allora si può fare...U-uh mercoledì"
 
-"Mercoledì sia, per che ore?
 
-"Andrebbe bene per l-" sentii qualcuno tirarmi una pacca sulla spalla, e quando mi voltai tutto quello che vidi era un sorriso splendente. Certo.
 Luhan.
 Doveva essere anche lui lì.
 
-"Tae! Non mi sarei aspettato di trovarti qui. Oh, scusate, ho interrotto qualcosa?" Di male in peggio.
Fu il manager che rispose per me, dicendo che non c'era nessun problema e stavamo decidendo solo un'orario.
Alla fine optammo per mercoledì alle 16 all'interno della struttura della bighit.
Per un attimo calò, poi, un silenzio di tomba, con Luhan ancora di fianco a me, il suo braccio poggiato casualmente sulla mia spalla.
Il manager e Jimin lo stavano fissando, probabilmente ricordando la scena della sera precedente.
Hyundae ci stava sorridendo, mentre Jimin aveva la stessa espressione di un bambino a cui erano appena state rubate le sue caramelle preferite.
I miei pensieri furono interrotti da Luhan.
 
-"Mi hai fatto preoccupare non rispondendomi.  Ti volevo proporre una cosa! Ti andrebbe domani sera di uscire con me?" Perchè questo ragazzo era così?! Perché di fronte a tutti? Perché di fronte il mio capo?! Anche lui si mise a guardarci  piuttosto confuso, e a quel punto mi sentii più che in imbarazzo.
Avrei dovuto dirgli di no? Di si?
 
-"Taehyung! Mi stupisci sempre di più. Ammetto che non sei un brutto ragazzo, ma addirittura fare colpo sulle celebrità?... Certo che uscirà con te!" Perchè oggi dovevano rispondere tutti al posto mio?! Avrei voluto sotterrarmi.
Luhan sorrise al signor Kim, prima di salutarci e dirmi un 'ci sentiamo per messaggio' a bassa voce.
Ciò che non mi sarei aspettato era vedere un Jimin camminare via in modo irritato. Il manager si scusó e andò a raggiungerlo.
Cosa stava esattamente succedendo?
 
 
 
 
 
Ciao a tutti di nuovo, ed eccoci qui con il secondo capitolo, YEY.
Scusate sempre eventuali errori eccetera, ma ho un po’ di influenza, e quindi è il malditesta a scrivere ;w;
Grazie a tutti quelli che hanno letto il primo capitolo, e sono giunti alla fine anche di questo.
Grazie a _FrogInMyHeart_ e shirylen   per aver recensito.
Grazie a  Joker Parklesly_hemmoMysticbaby98 e shirylen per aver preferito la mia storia, a  Rosa_Linda per averla ricordata e a  Rozalin Kyouko per averla seguita ^^
Grazie davvero a tutti quanti.
Spero sinceramente che vi stia piacendo, e sarei molto felice se mi diceste le vostre impressioni.
Alla prossima!
Sydrah~
 

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


Fu così che mi trovai all'interno di una macchina apparentemente molto costosa, di fianco ad un ragazzo con cui non volevo avere nulla a che fare.
 
-"Dove ti piacerebbe andare?"
 
-"Dove vuoi tu"
 
-"Owww, dai! Non fare così. Davvero, mi dispiace per la scorsa sera" disse notando la mia inusuale freddezza.
 
-"Ci mancherebbe"
 
-"Non è  che era il tuo primo bacio?"
 
-"COSA?! Chi pensi che io sia. Sono un uomo di più di vent'anni per l'amor del cielo!" Risposi offeso
 
-"Immagino fosse la prima volta che hai baciato un uomo, allora"
Rimasi in silenzio, imbarazzato.
 
-"Bingo”
Continuai a non dire nulla, cercando di concentrarmi sulla strada all'esterno del finestrino.
 
-"Com'era?" Luhan non possedeva proprio la percezione del silenzio.
 
-"Cosa?"
 
-"Il bacio!"
 
-"Dimenticabile" mentii. Era stato indimenticabile, ma non tanto per il piacere, assolutamente no, piuttosto per lo shock. 
 
-"Cavolo, non pensavo di baciare così male"
Poco dopo parcheggió la macchina e solo allora notai che mi aveva portato al parco vicino a casa mia.
 
-"Come fac-" iniziai a dire, confuso del perché fossimo andati proprio lì. Era uno stalker? Come faceva a sapere dove abitavo? Come conosceva quel parco?
 
-"Da quando sono arrivato dalla Cina ho sempre trovato questo parco molto...accogliente. So che sembrerà stupido, perché è  un parco, però mi è  sempre piaciuto. Lo trovai per caso, e da quel momento ci torno sempre"
Oh...
Poteva essere?
No, doveva solo essere una coincidenza, vero?
Quel parco rappresentava la mia infanzia e i pochi momenti felici della mia misera vita, e non era possibile che Luhan fosse il mio amico perduto.
Deglutii, alzando gli occhi al cielo e sperando vivamente che non fosse così, e dopo pochi istanti presi il coraggio di porgli la fatale domanda.
 
-"Q-quando ti sei trasferito qui?"
 
-"Sono le prime parole che mi rivolgi senza volermi uccidere. Penso....circa cinque anni fa?"
Mi sentii lievemente sollevato. Non poteva essere lui, ero stato stupido solo a pensarlo. Ero sicuro che se mai lo avessi ritrovato avrei riconosciuto quel mio amico.
Si, ero stato decisamente uno sciocco.
 
-"Qui vicino c'è una buona gelateria, andiamoci" proposi, e lui annuì contento.
Non era lui, però sentii una bella sensazione avvolgermi, quasi di familiarità.
Solo in quel momento capii quanto realmente avrei voluto  ri incontrare 'lui'
Non ci avevo mai veramente pensato in tutta la mia vita a quei momenti della mia infanzia, ma ora, per un motivo o per un altro, il desiderio di scavare più a fondo e di ricordare era tornato più forte che mai.
Purtroppo, quando provavo a disegnare nella mia mente i tratti di quel volto perduto, un’emicrania fortissima tendeva ad assalirmi, impedendomi di ricordare.
Era sicuramente una sorta di reazione auto protettiva, ma non potevo fare a meno di essere estremamente frustrato, ma anche combattuto.
Da un lato avrei voluto gettare all’aria tutto, e continuare a vivere avvolto nel buio.
Il passato non mi serviva, dopotutto.
Ma dall’altro lato c’era una voce nella mia mente che mi sussurrava dolcemente ‘fallo’.
Mangiammo il gelato relativamente in silenzio, seduti sopra uno scivolo.
Infantile, sì, ma era bello ogni tanto riuscire a slegarsi quella dannata cravatta che sembrava più come una corda per impiccarsi, simbolo dell’essere diventati adulti e responsabili.
Non parlammo molto, Luhan ormai rassegnato al fatto che le sue azioni forse erano state troppo avventate.
Il gusto dolce del cioccolato risvegliò le papille gustative della mia bocca e rinfrescò la mia gola.
Era piacevole.
 
-“Non ti piaccio molto, vero?” mi chiese mentre passava il pollice sul suo cono, cercando di fermare gocce di gelato che si erano sciolte troppo presto.
 
-“Forse”
 
-“Però lui ti deve piacere vero?”
 
-“Di chi stai parlando?” lui rivolse i suoi occhi a me mentre cercava di pulire i residui di gelato sulla sua mano e mi sorrise.
Con un balzo felino scese dallo scivolo e mi porse la mano.
 
-“Coraggio, ti riporto a casa” non accettai la mano, e dai suoi occhi che persero per un breve attimo il loro bagliore capii che ci rimase un po’ male.
Solo quando eravamo in macchina e nuovamente in viaggio parlò ancora
 
-“Sai, io non sono mai stato fortunato in amore” si fermò, forse attendendo una mia reazione, che non arrivò.
 
-“Sono spesso stato preso di mira dai bulli perché sembravo troppo femminile e…per i miei gusti, ma poi ho capito”
 
-“Che cosa?”
 
-“Che le altre persone parleranno sempre, sta a te decidere se ascoltarle o meno”
 
-“Ti ha portato a qualcosa questo pensiero?”
 
-“Beh…si, a capire che probabilmente sono l’unico a pensarla così”
 
-“Come mai?”
 
-“Perché l’unica persona che abbia mai veramente amato è scappata via. Stare con un idol era diventato troppo difficile. Fa male, sai…E questa vita me la sono scelta da solo”
 
-“Non hai mai più amato nessuno?”
 
-“Beh…no. Anche se devo ammettere che mi piaci” spalancai gli occhi, girando il mio volto così velocemente verso di lui che temetti di essermi rotto il collo o qualcosa di simile.
 
-“Oh no! Non temere. Non è una vera e propria dichiarazione. Mi piaci come persona, tutto qui, sei interessante! E poi sapevo già dall’inizio che sarebbe, in caso, stata una battaglia persa”
 
-“In che senso, scusa” dissi ancora turbato dall’improvvisa dichiarazione.
 
-“Nulla nulla” sbuffai.
Le persone che parlavano cripticamente erano sempre state al primo posto nella mia lista nera.
 
-“ E come mai, allora, mi hai fatto tutto sto discorso?”
 
-“Per avvisarti”
 
-“Di cosa?”
 
-“Di non scappare via”
Arrivai a casa ancora più confuso quella sera.
Pareva che la mia vita fosse diventata l’esperimento di un mago, che si divertiva a giocare che le mie emozioni, facendomi incontrare persone strane e piazzando messaggi nascosti nelle parole incantate di questi ultimi.
 
Luhan non lo vidi più, per mia fortuna.
Continuammo, anzi, continuò a scrivermi sporadicamente per un periodo di tempo, ma la nostra relazione non si evolse.
Mi raccontò del suo amore.
Di quel ragazzo che gli aveva spezzato il cuore, lasciandolo per vivere una vita più semplice, lasciandolo perché non aveva il coraggio di perdere tutto.
Mi raccontò che aveva cercato di dimenticare, volando via dalla Cina.
La sua storia risvegliò qualcosa in me, qualcosa che sapevo a cui avrei dovuto fare attenzione.
Dopotutto la vita non ti propone mai niente per caso, ma allora non sapevo ancora nulla.
 
~~~~~
Mercoledì, per mio dispiacere, non si fece attendere.
Entrai all'interno  dell'edificio della Bighit, e fui scortato in una sala da un segretario.
Lí venni accolto  da Hyundae, che mi strinse la mano sorridendomi.
Parlammo per qualche istante prima che la stessa porta da cui ero entrato si aprí nuovamente.
Appena lo vidi camminare verso di noi con un passo svelto e deciso sentii il mio cuore fare i salti mortali, e provai un forte dolore, che si espanse dal cuore fino alle punta delle mie dita, provocando una strana sensazione di formicolio.
Tutti il mio corpo era in fiamme, ed ero praticamente sicuro che il mio viso era completamente rosso.
Era la rabbia, decisi, ripetendomelo come un mantra in mente.
Nonostante il suo passo sicuro mi accorsi subito che sembrava stanco e anche leggermente triste, il suo sguardo era spento, e mancava di quella scintilla di scherno che possedeva invece durante l’intervista precedente.
Portava una mascherina nera davanti alla sua bocca, doveva essere malato, e per un momento mi sentii in colpa.
Forse non avrei dovuto provare così tanto rancore verso di lui, dopotutto anche Jimin era un essere umano.
Magari la volta precedente era solo stato un fraintendimento, magari era solo innervosito?
Si sedette, come la prima volta, di fronte a me e il suo forte odore caratteristico di cologna invase nuovamente tutti i miei sensi. 
Mi sentii confuso e mi mancò il respiro, provai una sensazione di vertigini e mi era quasi impossibile rivolgere lo sguardo verso di lui, ma avrei dovuto farlo.
Presi dunque tutte le forze che mi rimanevano per sollevare gli occhi e poggiarli sulla sua perfetta perfezion- 
Mi morsi il labbro, cattivo Tae, non avrei dovuto pensare certe cose.
Presi un bel respiro e dissi che avremmo subito iniziato, e lui si limitó ad annuire. 
Strano, doveva proprio essere malato.
Strinsi per un attimo la mia mano sul mio petto, cercando di silenziare il forte battito che rimbombava con fermezza nelle mie orecchie.
Mi armai della mia attrezzatura e iniziai a registrare.
 
-"Bene Jimin-ssi, dunque, secondo te si possono amare due persone contemporaneamente?"
Lo vidi esitare un attimo, quasi come se stesse pensando seriamente alla risposta, ma tanto sapevo già che la sua risposta si sarebbe limitata ad un 'si' o un 'no'.
 
-"Uhm, probabilmente no. Se ami qualcuno devi dare tutte le tue attenzioni a quella singola persona, e nessuno vorrebbe condividere il proprio amore con qualcun altro"
Rimasi sbalordito.
COSA ERA APPENA SUCCESSO?Aveva seriamente risposto alla mia domanda?! Senza rimarcare nulla o dire qualcosa di fastidioso? Aveva davvero risposto rispondendo?!
O la malattia gli aveva dato alla testa o il suo manager  lo aveva minacciato di morte, queste erano le uniche ipotesi che mi vennero in mente e che considerai plausibili, ma quando mi girai verso Hyundae  e notai anche il suo stupore eliminai la seconda.
Yup, decisamente colpa dell'influenza.
 
-"L'amore appassisce col tempo?"
 
-"Se è  vero amore no, perché il vero amore dura per sempre"
 
-"Quindi secondo te può essere eterno?"
 
-"Decisamente.  Bisogna solo crederci e non dimenticare mai l'affetto che si prova per l'altra persona"
Non me lo sarei aspettato come il tipo romantico, ma pensai che si doveva essere preparato una sorta di discorso prima per fare una buona figura.
Dopotutto è questo che fanno gli idol, no?
Costretti ad una vita di apparenze, dove una singola parola di troppo può distruggere il lavoro di anni, obbligati a seguire un copione, a recitare sempre una parte.
Bugie, continuai ripetermi in mente, erano solo bugie.
Non dovevo farmi ammaliare dalla sua voce, resa più flebile dalla stoffa che copriva la sua bocca e più roca dallo sforzo continuo a cui erano sottoposte le sue corde vocali.
Gli idol sono incarnazioni di persone inesistenti, anime cancellate per lasciare posto ad una folle perfezione.
Lacrime nascoste negli istanti in cui le telecamere sono spente, e sorrisi bianchi e luminosi rivolti al pubblico appena esse si riaccendono.
Respirai.
Era solo questione di lavoro, dovevo essere professionale
 
-"Amare è  desiderare?"
 
-"Dipende cosa si intende per desiderare. Se desiderare significa voler sempre e solo stare con quella persona si. Volerla al tuo fianco mentre ti addormenti, e voler poter essere l'unico a tenerla vicino. Volerla così tanto solo per te da stare male ed addormentarti col pensiero di quella persona in mente. Metterla sempre prima e davanti a tutti  e provare affetto incondizionato. Se invece per desiderare si intende solo il desiderio carnale no. L'amore vero non è  quel tipo di desiderio. L'amore carnale è  una cotta, una piccola fiamma che passa e si consuma appena soddisfi i tuoi piaceri, mentre il vero amore e quello che rimane dopo, un fuoco tenue ed eterno. L'amore è  più innocente. Non so come spiegarmi, scusa" si scompiglió i capelli  in modo imbarazzato, quasi timido, tirando indietro la frangia e rivelando la sua fronte, mostrando il pallore della sua pelle causato dalla stanchezza, ed in quel momento non potei far altro che pensare che era davvero tenero e bellissimo.
Davvero, non riuscii a bloccare quei pensieri, e tutti i discorsi e gli avvertimenti che mi ero auto affermato svanirono in un istante.
Forse era per questo che gli idol erano selezionati con durezza, forse perché non tutte le persone potevano essere effettivamente capaci di illuderti così tanto con parole smielate.
Forse era un talento quello di cullarti con agrodolci lusinghe.
 
-"No, hai spiegato benissimo, grazie" poi continuai -"Tradiresti mai?"
 
-"Se amo davvero assolutamente  no"
 
-"Hai mai sofferto per amore?"
 
-"Ahh è  difficile" rispose ridendo, e giuro su dio che la sua risata era qualcosa di meraviglioso e angelico. Se tutti gli angeli in paradiso avessero avuto la sua stessa adorabile risata leggermente acuta mi sarei suicidato in quell'esatto secondo per poterla sentire sempre. 
 
-"In realtà non sono mai stato con qualcuno che amassi davvero. Quindi non c'era molto...coinvolgimento emotivo. Però ho sofferto" si fermó un istante per guardarmi dritto negli occhi, come se quello che stava per dire era rivolto proprio a me "Soffro" e in quel momento sentii il mondo cadermi addosso.
Cosa voleva dire? Perché mi aveva guardato in quel modo e soprattutto qual’era la causa del suo soffrire?
Stavo impazzendo, quel ragazzo mi stava seriamente procurando dei danni psicologici.
Capii che avvicinarsi a persone del genere non poteva far altro ce lasciare cicatrici nel cuore.
 
-"A-ah...mi dispiace?" Ottima risposta, davvero Taehyung, batti il cinque.
Mi schiarii la voce.
 
-"Ultima domanda e poi l'intervista sarà conclusa! Jimin-s"
 
-"Solo Jimin o hyung va bene"
 
-"Okai...Jimin hyung...qual è  stato il tuo primo amore?"
 
-"Mhhh. Il mio primo amore. È  passato tanto tempo. Avrò avuto appena sei o sette anni, mi pare, però ero sicuro che quello fosse amore. Molti dicono che è  impossibile innamorarsi da così giovani, ma per me è  stato così.  Quello che provavo per quella persona era...era diverso da tutto quello che ho mai provato per qualcun'altro. Era vero, ed era bellissimo"
 
-"E cos'è  successo con quella persona?" Sentii la mia voce tremare lievemente, scossa da speranze vane.
 
-"Nulla. Ero piccolo. Non la vedo da tanto  tempo. Forse non era vero amore, o forse devo solamente ri incontrarla. Chi lo sa" concluse sorridendo nuovamente, i suoi occhi si strinsero in delle piccole mezzelune meravigliose, specchi del cielo e di un Universo infinito.
 
-"Grazie mille Jimin hyung. Era tutto" feci per alzarmi e dileguarmi velocemente a causa delle troppe emozioni che stavo provando, ma il manager mi propose di rimanere un altro po’, dicendo che sarebbe andato a preparare del caffè mentre Jimin mi faceva fare un giro all'interno della struttura.
Col diamine che no, avrei voluto rispondere, ma putroppo non andò così.
Quando mai Kim Taehyung riesce ad esprimersi in modo decente senza sembrare stupido, problematico o un alieno? Ecco, mai.
Hyundae ci  abbandonó da lì a poco per, appunto, andarci a preparare un caffè, e non appena la porta si chiuse la stanza mi sembrò diventate più piccola e calda.
 
-"U-uhm, fa caldo qui, eh?" Cercai di iniziare una pessima conversazione, tirando il colletto della maglia e facendomi un po' d'aria con la mano per enfatizzare il concetto.
 
-"Possibile, io ho la febbre e tutto ciò che provo sono brividi di freddo, ma comunque, vieni. Ti faccio fare un giro" la sua voce era stranamente calma e gentile, quindi mi fu impossibile rifiutare.
Mi fece vedere diverse stanze: sale da ballo, studi, stanze  per registrare e così via, e nel mentre ci imbattemmo in diversi altri artisti.
La conversazione  a poco a poco diventò sempre più rilassata e naturale e quasi mi dimenticai chi era la persona con cui stavo parlando.
Jimin, il ragazzo che fino ad un’ora prima odiavo con tutto me stesso.
È impressionante quante sfaccettature possiedono le persone.
Mi stavo trovando davvero a mio agio con lui, quasi come se fosse qualcuno che conoscevo da anni.
Mi raccontó di esperienze imbarazzanti che gli erano capitate in vari programmi (-'una volta ero andato ad un variety show con altri idol, in un segmento dovevamo rispondere correttamente a delle domande, e tutti quelli che sbagliavano dovevano bere una strana miscela. Uno dai ragazzi con cui ero aveva sbagliato, e dopo aver assaggiato quella....roba mi vomitó addosso. Non fu molto divertente, ma a quanto pare alle fan fece  morire dal ridere, e per settimane mi ritrovai taggato in una quantità indescrivibile di post con immagini di me col vomito addosso e sotto frasi che mi hanno lasciato piuttosto perplesso che preferisco non ricordare') alle quali non potei far altro che scoppiare a ridere, anche se mi sentii un po' in colpa.
Parlammo anche del mio di lavoro, e di innumerevoli altre cose, prima che entrammo in una stanza e che lui si fermó davanti ad una piccola porta.
 
-"Di solito a tutti piace molto questa cosa. È  l'armadio dei vestiti di scena, tutti di tutti gli artisti di questa agenzia, entra" rimasi letteralmente spiazzato. Era una cabina armadio, abbastanza grande ma non troppo, stracolma di vestiti, di cui ne riconobbi diversi (essendo anche io un fanboy).
Vi era una quantità esorbitante di giacche brillantinate, pantaloni di pelle, cappelli imbarazzanti e camice di chiffon, il tutto accompagnato da scarpe di cui molte erano inguardabili.
Al diamine i marchi, il buongusto non lo si deve mai dare per scontato.
Dopo che uscimmo disse che sarebbe stato meglio se fossimo saliti nella caffetteria per andare a prendere il caffè, e quindi andammo a prendere l'ascensore.
Ciò che non mi sarei mai aspettato era che l'ascensore si sarebbe rotto mentre noi eravamo al suo interno.
Certo, 'che la fortuna possa sempre essere a vostro favore' un caspita di niente. La fortuna mi aveva abbandonato da quando ero un dannato feto, alzandomi il dito medio e sbeffeggiandomi.
Jimin chiamó subito qualcuno, forse il manager o dei tecnici e disse che in una decina di minuti massimo saremmo stati fuori, dopodichè si scusó tipo un centinaio di volte.
 
-"Smettila, dai, non è  così male. Si è  solo fermata" scoppió la lampadina. Come non detto. Grazie fortuna, con tutto il mio sanguinoso cuore.
Ci sedemmo per terra, le nostre schiene poggiate contro la fredda e metallica parete di fondo, al buio.
Per un po’ di tempo l’unico suono che si sentì all’interno di quello spazio furono i nostri respiri.
La realizzazione che dopotutto era Jimin la persona che era seduta al mio fianco mi colpì come un treno ad alta velocità.
 
-"Senti, Taehyung...come mai hai scelto di intervistare proprio me?"
Eravamo seduti troppi vicini, il suo braccio sfiorava il mio, la sua presenza era soffocante, il suo calore spaventoso ma anche rilassante, la sua voce così debole e bassa che mi fece venire i brividi su tutta la schiena.
 
-"Non lo so. Mi eri sembrato quello giusto?" 
 
-"Sembra quasi una confessione" rise, e io arrossii. Non era quello che intendevo, NON ERA UNA CONFESSIONE. Lo provai ad esprimere a parole, ma dalla mia bocca uscirono solo parole insensate, quindi alla fine ci rinunciai, arrendendomi al silenzio.
Era piacevole stare semplicemente  vicino a lui, ed era strano.
Strano perché era una persona sconosciuta, una persona che forse avevo valutato troppo rapidamente.
 
-"Luhan è  il tuo ragazzo?" Se avessi avuto abbastanza saliva probabilmente l'avrei sputata per colpa dell'improvvisa domanda, ma la mia gola era completamente secca per il nervosismo.
 
-"ASSOLUTAMENTENOCOSASTAIDICENDO"
 
-"Wohh! Calmati.  Era solo curiosità. Sembrate piuttosto vicini. Poi...quel bacio"
 
-"P-posso assicurarti che è  tutto un malinteso, te lo giuro! Non è  come pensi" dissi disperato non so bene per quale motivo, però trovai importante fargli capire che si sbagliava.
Le sensazioni che stavo provando mi spaventarono.
Da quando provavo emozioni…?
Da quando una persona riusciva a rompere il mio vetro protettivo così facilmente?
 
-"Capisco. Però insomma...se anche così fosse chi sono io per dire qualcosa o giudicare?" Si scompiglió nuovamente i capelli, alzando nuovamente la frangia, per poi farla ricadere delicatamente a ciocche, andando a coprire le sue sopracciglia. Doveva essere un tic che aveva quando era nervoso. 
Adorabil-
NO! 
La mia mente stava vincendo la battaglia contro me stesso, indirizzandomi verso pensieri che non volevo permettermi di avere.
Rimasimo in silenzio per diversi altri minuti, prima che qualcuno arrivó a tirarci fuori.
Il caffè riuscii comunque a cancellare i miei pensieri, o almeno in parte, e il suo amaro sapore entrò in contrasto col ricordo della sua dolce voce.
Cercai di buttarlo giù il più velocemente possibile, ed il caldo liquido mi scottò la lingua.
Salutai tutti e andai via, senza più voltarmi indietro, spaventato da ciò che avevo appena vissuto,
Forse avrei già dovuto iniziare allora a cercare di recuperare le schegge del mio cuore.
 
 
 
 
 
Quella sera tornai a casa sconvolto.
I miei pensieri erano confusi, e allo stesso modo le mie emozioni.
Il mio cuore batteva in modo poco aggraziato e scoordinato.
Il mio viso era arrossato.
La mia fronte era calda, più del normale.
Etciú.
Cazzo...mi aveva attaccato la febbre.
 
 
 
 
 
Quella notte piansi.
Da  solo, al buio di quella stanza soffocante.
Piansi fino a consumare la mia ultima lacrima, perché solo allora mi resi conto che ciò  che stavo provando non era a causa della febbre, ma perché alla fine non ce l’avevo fatta.
Alla fine il mio cuore aveva ceduto.

Ero innamorato di Jimin, e non andava bene.
 
 
 
 
Salve di nuovo miei carissimissimissimi lettori. Ecco a voi il terzo capitolo di questa pallosissima storia Yey. Come al solito vi imploro di chiudere 7 miliardi di occhi ad ogni mio errore grammaticale, perché GH, giuro che io sto provando a scrivere il meglio che posso ^^”. Ad ogni modo, se avete osservazioni da fare riguardo ad aspetti che non vi piacciono o non vi sono molto chiari della storia non esitate a scrivere! Molte volte ci sono molte cose che mi sfuggono, e so molto bene che voi lettori riuscite ad essere più critici c:
Dunque!! Grazie a tutti i lettori silenziosi ^^ Mi piacerebbe molto sapere anche la vostra opinione, perché ogni vostra parola mi motiva di più a scrivere.
Grazie a Momo_Amaya, _FrogInMyHeart_, _MartyK_, Joker Park e Shirylen per aver recensito :3 mi rendete felicissima!!
Grazie a Alicecice33, Kira Nikolaevic, Momo_Amaya e _FrogInMyHeart_ per averla aggiunta alle preferite!
E grazie a Jade Evans per averla seguita.
DAVVERO GRAZIE!!!
Al prossimo capitolo
Sydrah~

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Capitolo 4
*** capitolo quarto ***


Farmi uccidere da qualche germe  sconosciuto non era stato così male: passai un'intera settimana a casa, senza dover andare a lavoro e riuscii a finire il mio articolo, che fu approvato dal capo e mandato in stampa sul nuovo giornale che sarebbe dovuto uscire.
Nonostante fossi abbastanza soddisfatto non trovavo il coraggio di andare a comprarlo per leggerlo, era troppo imbarazzante: pieno di frasi cliché e spiegazioni su i vari tipi di amore, dal platonico al carnale e con finestrine con consigli tipo "i badboys fanno per te? Attenta alle corna, però!". 
Volevo uscire di casa e bruciarli tutti, sarebbero stati decisamente dei buoni combustibili, eppure quel obrobrio della società era opera mia, e il grande guru dei consigli non ero nient’altro che io.
Ovviamente non avvisai nessuno dei miei diabolici amici dell’uscita della mia rubrica, altrimenti la mia vita sarebbe stata condannata per tutto il mio tempo restante.
Sapevano davvero essere dei simpaticoni, a volte.

Quando la settimana successiva tornai a lavoro scoprii che la mia rubrica ebbe molto successo, al contrario di ciò che mi sarei immaginato, e quel giornale era stato il più venduto in quella settimana.
Forse avrei evitato di farci un bel faló, dopotutto.
La mia vita ed il mio lavoro ripresero ad essere normali, e non potevo che esserne più felice.
Niente più casini per intervistare,  niente più avvenimenti assurdi, niente più nottate passate senza dormire, niente più celebrità pazze (si, la fama fa male).
Niente più Jimin.
Sospirai, perché ero quasi triste di quest'ultima parte? Forse perché Jimin mi aveva mostrato tutto un'altro lato di sé che a dirla tutta non mi dispiaceva affatto.
Però dovevo lasciare andare via questo legame sconosciuto che si era creato, in ogni caso non sarebbe stato possibile mantenere un'amicizia  con un idol, e tantomeno un’amicizia di altro tipo.
Mi misi a lavorare su delle scartoffie, cercando di eliminare ogni pensiero dalla mia mente.
~~~~~
Era ormai primavera, e le cose procedevano perfettamente.
Ero fuori con Jungkook, seduto ad un tavolino all'aperto di un bar qualsiasi nel pieno centro della città.
Non faceva ancora troppo caldo, ma il sole batteva senza pietà sulla mia pelle e nell'aria l'odore di fiori era travolgente, un fattore devastante per tutti coloro che erano allergici al polline.
Petali cadevano delicati sui margini delle strade, e le persone sembrano quasi essere più rilassate rispetto alla stressante routine autunnale ed invernale, probabilmente per il clima più mite.
Ho sempre ritenuto corretta l’idea che il nostro stato d’animo sia influenzato da tutte le esperienze esterne, e tra queste appunto anche il clima.
Stavo tranquillamente sorseggiando il mio smoothie alla fragola, seduto in silenzio a quel tavolino color cobalto, osservando Jungkook che faceva altrettanto, il suo viso illuminato per metà dal sole, e le sue ciglia creavano una dolce ombra sulle sue guance ancora morbide e giovanili.
 Ad un tratto notai un cambiamento nel suo atteggiamento, e la sua espressione da serena si indurì.
Sembrava quasi nervoso, i suoi denti stretti attorno alla cannuccia in una morsa mortale e i suoi occhi puntati in maniera quasi ossessiva verso uno spigolo del tavolo.

-"Kookieee~" dissi sporgendomi per riuscire a raggiungere la sua guancia con la mia mano, dandogli un pizzicotto -"Dimmi cosa ti turba"

-"Nulla Tae" Oh no ragazzino, non mi riuscirai a convincere così. 

Mi alzai direttamente  e mi andai a sedere su di lui, pizzicandogli entrambe le guance sta volta.
Giuro che solitamente non ero una persona così appiccicosa, ma con Jungkook era impossibile non esserlo: sprigionava tenerezza da ogni poro, e non potevo resistere ai suoi occhioni da cucciolo abbandonato. Ovvio, il ragazzino era ormai più muscoloso e alto di me, ma per me rimaneva sempre e comunque il mio piccolo dongsaeng.
Va bene, forse facevo lo anche con Hoseok...ma quello perché era il mio migliore amico in assoluto, e quindi il nostro livello di intimità era così elevato da averci ormai fatto scordare il senso di pudore e ogni altro tipo di limite.
C'è una possibilità che a volte tendevo ad abbracciare spesso anche Yoongi...e Jin. Ma mi limitavo solo a loro! Era il mio modo per esprimere il mio affetto e per far capire che ci tenevo, nonostante la mia ormai riconosciuta apatia ero anche una persona estremamente affettuosa. In fondo. Ok non troppo in fondo.
Non volevo che nessun altro dovesse vivere con la paura di non essere amato come era successo a me, di non essere abbastanza e di non essere importante per nessuno.
Comunque! Ero seduto sulle gambe di Jungkook mentre lui mi spingeva via dicendo cose tipo 'hyunggg, siamo all'aperto' oppure 'non riesco a  respirare, ti prego'. (Che prezioso che era.)

-"Non ti lascio finché non sputi il rospo"

-"Va bene va bene, ma ora alzati ti prego. Ecco...c'è qualcuno che mi piace" Guardandolo fisso negli occhi, la nostra prossimità capace di rendere ancora di più il mio stupore.

-"Ecco...ti prego non dirlo a nessuno...a scuola,  un mio compagno di classe" Mi guardò alla ricerca di qualche reazione, spaventato dal fatto che lo potessi giudicare.

-"Compagno?"

-"S-si..."

-"Owwwwww" gli saltai nuovamente addosso -"Non c'è problema Jungkook, può piacerti chi vuoi!"

-"Quindi non sei disgustato o..?"

-"Perchè  dovrei?! Non cambierà nulla il fatto che ti piace un ragazzo. A conti fatti anche a Jin piacciono, quindi perché eri così preoccupato del mio giudizio?"

-"Non lo so"

-"Jungkook-ah. Davvero, non c'è  nulla di male. Sono il primo a saperlo?"

-"Si" Mi trattenni dal lanciare qualche urletto indecente, ma era seriamente un’occasione speciale.
Jungkook non era mai stato un ragazzo molto aperto, e per questo motivo mi sentii seriamente speciale per essermi meritato la sua fiducia.
Ovviamente mi sentii anche lievemente ipocrita a dirgli che non doveva preoccuparsi, dal momento che nell’ultimo periodo avevo provato le sue medesime paure.
Ero alle prese di avvolgerlo col mio affetto quando vidi un gruppo di ragazze correre davanti al bar. 
E con gruppo intendo una massa infinita.
Cosa diamine?
Mollai la presa e mi guardai intorno.
No.

No no no no.

Non dopo tutto l'impegno che avevo messo nel seppellire tutto ciò che stavo provando, non dopo tutto quel tempo (Che si, erano stati a malapena due mesi, ma sembravano molti di più, soprattutto a causa delle lotte interiori che avevo combattuto per auto-convincermi che NO, non ero gay, e SI, mi piacevano le donne e tutte le loro curve, ma diamine se anche lui aveva delle curve, soprattut- basta).
Lí, in tutta la sua onnipotente gloria si ergeva nella sua piccola altezza il ragazzo che aveva completamente distrutto tutte le mie convinzioni, accompagnato da una ragazza.
Oh.
Si stava tenendo per mano con quella ragazza.
Doppio oh.
Notai che anche lui si rese conto della mia presenza, passando dal guardare me a Jungkook, se cui ero ancora comodamente spiaggiato.
Triplo oh.
Mi sentii imbarazzato, addirittura più di quella volta che beccai il mio compagno di stanza al college a masturbarsi davanti ad una mia foto. (Fu un'esperienza molto traumatica, si.)
Perché ero più imbarazzato? Primo perché Jimin compariva sempre nei momenti meno opportuni, mentre mostrano attenzioni non necessarie alle più disparate persone e secondo, che forse è  addirittura peggiore, perché nelle settimane precedenti avevo pensato che forse in fondo in fondo anche lui potesse essere interessato a me.
Che cosa stupida.
Era ovvio che fosse eterosessuale, e che probabilmente fosse schifato dai gay.
Come avevo fatto ad essere così...stupido? Come mai avevo anche solo pensato che mi potesse piacere?
Abbassai lo sguardo per primo e sentii Jungkook stringermi, probabilmente perché si era accorto dell'atmosfera tesa e voleva proteggermi da tutto il resto del mondo.
Mi prese per il polso e mi trascinò via di lì, facendomi largo tra tutta quella folla.
No, non dovevo voltarmi indietro, perché sapevo che tutto quello che avrei visto sarebbe stato sbagliato.

Mi portó a casa sua, e mi fece sedere sul suo letto, dicendomi che dovevamo parlare.

-"Non c'è niente di cui dobbiamo parlare Jungkookie~" per un'ennesima volta mi ritrovai a fare ciò in cui ero più bravo.
Mentire, e nascondere le mie emozioni, prendendo una piccola chiave e chiudendo il mio cuore in una gabbia di disperazione e solitudine.
Odiavo aprirmi con la gente, e le poche volte che qualcuno era riuscito a farmi parlare era stato con due  (sette) bicchieri di soju trangugiati in uno sporco locale nei vicoli più oscuri di Seoul. Dannato Hoseok.

-"Tae. Sei stato tu il primo a dirmi di non aver paura di parlare. Siamo amici da quanto ormai?!" E potei sentire i rimorsi salire per le pareti della mia gola, minacciandomi di uscire con conati di vomito, il sapore aspro e acido già presente sulla mia lingua. Sentii i miei occhi bruciare, perché dannazione se faceva male, e le lacrime erano già lì, pronte ad inumidire i miei occhi, stringendosi poi agli angoli dei, solo il mio orgoglio impediva loro di solcare le mie guance, innondandole di una tempesta di tristezza, il cui mio cuore era la vittima, annegata e sommersa da quelle acque.

-"Ma davvero, non c'è nulla da sapere"Mentii ancora. Lui mi guardó storto.

-"Ah Davvero? E allora cos'erano quegli sguardi che vi siete scambiati te e signor celebrità del secolo?"

-"Non erano-"

-"Nulla, certo. Tae, cosa è  successo tra te e lui?"

-"Ecco..." Mi morsi il labbro "è  una lunga storia, e non penso tu abbia voglia di ascoltarla"

-"Ecco invece ho tutta la voglia ed il tempo per sentirla. Hyung, lo so che hai paura di parlare di te, ma di me ti puoi fidare, davvero."

Sospirai. Forse mi avrebbe fatto solo del bene raccontare tutto ciò che avevo vissuto nei mesi passati. Forse un po’ di quella tristezza se ne sarebbe andata.
Forse…
~~~~~
Quella sera dormii a casa di Jungkook che, dopo che gli raccontai le mie crisi interiori, mi vizió in ogni modo possibile.
Mi portó a cena fuori a mangiare carne grigliata, mi compró il gelato e, quando tornammo alla sua enorme villa, ci addormentammo abbracciati nel suo letto.
Mi tenne stretto tra le sue braccia tutta le notte, disegnandomi dei cerchi immaginari sulla schiena per farmi rilassare.
Mi sentii voluto bene per una volta in tutta la mia vita, e percepii certamente l'affetto che il piccolo (ma fin troppo grande) dongsaeng provava per me.
Mi addormentai col viso nascosto nell'incavo del suo collo, e nonostante fosse la sensazione più piacevole  che avessi mai provato non potei fare a meno di pensare che ci fosse qualcosa che mancava.
Nonostante il suo corpo emanasse un calore accogliente e i suoi capelli profumassero di menta, sapevo che Jungkook non era la persona da cui sarei voluto essere stretto in quel momento.
~~~~~~
 
Articoli, articoli e ancora articoli.
Erano ovunque ed erano diventati il mio incubo. Iniziai a detestare il mio stesso lavoro, una disgrazia che non portava altro che false notizie e pensieri distorti dai canoni della società.
Dappertutto, in tutte le prime pagine, foto di lui con la sua mano intrecciata a quella della ragazza, il cui nome scoprii che era Joy.
A quanto pare anche lei era una cantante, già, erano proprio perfetti l'uno per l'altra.
Lei era minuta, aggraziata e con le giuste curve e i più bei occhi cioccolato che avessi mai visto.
Era impossibile che non piacesse, era perfetta, il tipo di ragazza che tutti cercano e che vorrebbero far conoscere ai propri genitori.
Un trofeo di cui andare fieri.
Non una malattia, come veniva spesso considerata l'omosessualità.
Inizialmente faceva male vederli ovunque e scoprire quanto la gente li adorasse, ma arrivai ad un punto di rassegnazione. Andava bene così, era come le cose dovevano essere.

Era una tiepida serata primaverile il giorno in cui mi trovai vicino alla riva del fiume Han.
Coperto da una leggera camicia a quadri e una sciarpa avvolta intorno al mio collo, l'unica mia compagna la mia preziosa canon, tenuta stretta tra le mie mani per evitare che le succedesse qualsiasi cosa.
Fin da piccolo non mi era mai dispiaciuto fare foto, e molto spesso a causa del mio lavoro mi erano richiesti dei particolari servizi in cui era necessaria una particolare abilità nella fotografia.
Non ero mai stato un paparazzo, ma  essere capace di fare foto qua e là, catturando qualche momento particolare, era sempre un punto in più che si aggiungeva al mio curriculum.
Ma quella sera era diversa: ero lì  per il mio semplice diletto.
Fortunatamente non c'erano troppe persone, anzi coppie, in giro, quindi potevo stare tranquillo ed in pace con me stesso, ascoltando il delicato rumore dell'acqua e catturando i suoi riflessi in piccoli scatti che sarebbero durati in eterno.
Si dice che le persone scattino fotografie delle cose che temono di perdere, e che per conoscere i veri desideri degli artisti basti guardare nella loro galleria, e forse tale detto non era così errato.
Non lo era, quando in un singolo istante in cui il mio cuore si fermó.
Non lo era quando, spostando la fotocamera verso la destra, guardando la calma acqua muoversi nel mio obbiettivo, notai una cosa che non avrei mai dovuto notare, e catturai quel momento.
Lo catturati per paura? Non lo so, sta di fatto che dopo che sentii il caratteristico suono dello scatto la fotocamera tra le mie mani divenne più pesate e si fece bollente, portatrice di segreti che sarebbero dovuti rimanere tali.
Non abbassai la lente, impaurito dal solo pensiero di poter vedere la scena che si stava prospettando dinnanzi a me coi miei stessi occhi, speranzoso che quel piccolo oggetto potesse proteggermi dalla cruda verità, costruendo un muro da ciò che potevo definire irreale e finto.
Una figura vestita di nero illuminata dalla flebile luce della luna era seduta su uno dei gradini accanto alla riva, le sue ginocchia strette al petto da delle braccia tremanti, e i suoi capelli arancioni spuntavano disordinati da sotto il cappuccio della felpa, il viso semi nascosto dalle braccia, ma le sue guance rosate e attraversate da un'unica lacrima solitaria erano ben visibili nonostante la scarsa luce.
Bellissima. Questo fu il mio primo pensiero. 
Triste. Quando la osservai meglio.
Fragile. Quando finalmente abbassai la fotocamera.
Seppur il mio cervello mi stesse implorando di 'vattene, scappa via, ti ha già fatto soffrire abbastanza', non potei fare a meno di notare che la distanza tra noi due si ridusse sempre di più, e al diminuire di essa i dettagli della sua figura si fecero sempre più visibili.
Si voltó, doveva aver sentito i miei passi, e il suo sguardo si posò  sulla mia forma prima di concentrarsi sulla macchina fotografica legata al mio collo, e vidi crearsi sul suo volto un'espressione di inquietudine mentre si asciugava con la manica gli occhi.

-"Tranquillo. Non sono qui in nome del mio lavoro" dissi come leggendogli la mente, mentre con cautela mi sedevo vicino a lui, ma sempre a distanza di sicurezza.
Lui sembrò tranquillizzarsi, anche se rimaneva sempre un poco diffidente, consumato da paure che solo una carriera come la sua poteva fare nascere. Rimase comunque in silenzio, forse imbarazzato a causa del momento in cui era stato colto, forse perché mi aveva involontariamente mostrato il suo lato più  debole, a me che non ero nessuno. A me che ero solo uno stupido ragazzo. A me che contavo meno di un estraneo, ed eppure avevo assistito ad una sua piccola crisi, al suo dolore, e non potei far a meno di percepire anche io una brutta sensazione che si espanse in tutto il mio corpo come una malattia, una sensazione di oppressione e malinconia, di rassegnazione e di infelicità.
Avevo visto un lato di lui che mi rattristava più di qualsiasi altra cosa al mondo, più di assistere alla morte di un gattino, e il fatto che non potevo neanche permettermi di confortarlo mi stava uccidendo.

-"Che ci fai qui?" La sua voce si spezzó mentre pronunciò il quesito, e percepii un'altra stretta al cuore.

-"Solo...bisogno di un po' d'aria fresca" Mi fermai, indeciso se rivolgere la medesima domanda a lui. Optai per il silenzio, che ci avvolse nuovamente.

-"Come mai con la macchina fotografica?" Fu nuovamente lui a cercare di instaurare una conversazione, quindi non esitai a rispondere.

-"Mi sentivo semplicemente in vena. Sai, fare quelle piccole cose che ti fanno stare bene" Lui annuí  debolmente, distendendo le labbra in contemplazione.

-"Io ballavo"

-"Uhm?" Mi voltai verso di lui, non sicuro di ciò che avevo sentito.

-"Sì, quando ero un po' più giovane. Cioè, in realtà ho continuato fino a poco prima di debuttate, poi ho iniziato a farlo sempre più di rado. Era il mio modo per sentirmi libero" Lo fissai stupito. Non tanto per ciò che aveva appena dichiarato, ma piuttosto per il gesto di avermelo detto in sè.
Dopo un paio di istanti in qui gli ingranaggi del mio cervello funzionarono a pieno regime (per la prima volta dopo 22 anni) mi balenó  in testa un'idea definibile geniale.

-"Hei, ti va di andare in un posto?" Gli domandai senza alcuna esitazione, e prima ancora che potesse accettare o opporsi gli afferrai il polso, costringendolo ad alzarsi e seguirmi.
Cercai di rimanere impassibile mentre lo guidavo per delle piccole vie di Seul, mentre lui cercava di liberarsi ma senza impegnarsi troppo, ma la mia era solo una facciata dal momento che il semplice contatto con la sua pelle aveva fatto sì  che una corrente attraversasse tutto il mio corpo.
La sua pelle era più liscia e morbida di quanto avessi mai immaginato, e talmente calda da farmi provare una buffa sensazione allo stomaco. 
Dopo circa dieci minuti di camminata svoltammo un'ultima volta, entrando in un piccolo quartiere abbastanza povero ma per nulla malfamato.
Mi fermai davanti ad una minuscola struttura dotata solo di una porta ed un paio di finestre, e trascinai Jimin al suo interno.
Appena capí di cosa si trattava vidi i sui occhi illuminarsi, e la sua bocca spalancarsi.

-"Taehyung...questa è-"

-"Una sala prove sì. Un mio caro amico è  appassionato di ballo, e ha comprato e risistemato questa piccola struttura per allenarsi e ogni tanto fare piccole lezioni. Mi ha dato la chiave per sicurezza, in caso a lui fosse capitato di perderla.  Quindi eccoci qui" dissi, leggermente imbarazzato verso la fine.
Rimase immobile ed incredulo per altri due buoni minuti prima che un sorriso brillante si fece largo sul suo viso, illuminando la stanza più che il lampadario appeso al soffitto.
Lo vidi sfilarsi la felpa di dosso, e badate bene che solo e ripeto SOLO per un istante sentì un nodo formarsi in gola e mi mancó il respiro, e quel nodo si trasformò in un'intera corda di nodi quando a causa del movimento  una parte del suo addome scolpito venne scoperta.
Quando finalmente collegó il suo telefono allo stereo che era presente nella stanza e selezionò una canzone, fu come se tutto il mondo intorno a lui  sparì, decisi quindi di sedermi in disparte, guardandolo mentre il suo corpo inizió a muoversi quasi timidamente.
La canzone era molto tranquilla, e quindi anche i movimenti erano più fluidi che potenti, anche se apparivano comunque molto netti e decisi. Il suo corpo si muoveva come se fosse nato solo per quello scopo, girando, abbandonandosi a terra, facendo delle piccole onde sensuali col ventre. Era completamente perso nel suo mondo, il suo respiro sempre più pesante e la sua fronte leggermente lucida a causa del sudore che vi si stava formando.
Andò avanti così per almeno cinque canzoni, passando per stili totalmente diversi, dall'hip hop alla danza moderna, ma padroneggiandoli tutti alla perfezione, ogni mossa calcolata e impeccabile, ogni spostamento delle gambe sicuro e ogni espressione passionale.
Era sublime.
Dopo diverso tempo collassó al mio fianco, completamente sfinito e privo di energia. Il suo odore caratteristico di cologna era mischiato a quello del sudore, rendendolo ancora più intenso e maschile, e la sua voce era roca e tremendamente sensuale, a causa dell'allenamento e della mancanza d'acqua.

-"Grazie" fu tutto ciò che disse, ma la maniera in cui pronunciò quella parola mi fece intendete che c'era molta più gratitudine dietro, e forse anche qualcos’altro.

-"Jimin hyung..."

-"Si?"

-"Posso chiederti perché prima stavi piangendo?"

Silenzio. 
Probabilmente  avevo toccato un tasto sin troppo dolente -"Non sei costretto a rispondere!"

-"No...va bene" lo sentii prendere un respiro profondo e poi aprí  nuovamente la bocca.

-"Hai presente quella ragazza con cui mi avevi visto" sembrò piuttosto esitante nel parlare, ma non ci diedi molto peso,  concentrandomi di più sul fatto che probabilmente ora mi avrebbe confessato il suo estremo amore per lei, uccidendo ogni parte in me che era rimasta viva.

-"Ecco. Diciamo che è tutto finto. Una tattica della mia agenzia per avere più visibilità o stupidaggini simili e...so che sembrerà sciocco. Ma diventa molto dura a volte vivere in un mondo di finzione, dove le aspettative solo altissime e ogni minimo errore ti porta a distruggerti. E oggi la pressione era stata particolarmente alta, dal momento che mi avevano chiesto di pretendere di volerla sposare per cercare di unire le nostre agenzie, e io mi sono ovviamente rifiutato. E diciamo solo che le conseguenze non sono state tutte piacevoli"
In quel momento non seppi se sentirmi sollevato o se provare estrema compassione per quel povero giovane uomo, la cui gioventù gli era stata strappata dalle mani troppo presto, costringendolo ad una vita priva di privacy e tutto solo per poter realizzare quello che doveva essere il suo sogno.
Mi aspettavo che si sarebbe di nuovo messo a piangere, o che magari sarebbe rimasta un'atmosfera di tristezza, ma lui si giró verso di me, un sorriso vero sul suo viso, e tutto ciò  che vidi nei suoi occhi era felicità.
Quel sorriso, con tutti i denti esposti, le guance morbide tinte di rosa e gli occhi chiusi in delle piccole crescenti mi fece provare nuovamente un senso di nostalgia.
Sentii il mio viso andare a fuoco, e il battito del mio cuore accelerare ancora di più.

-"Sai una cosa?" Continuó lui -"Provavo rancore verso di te. O almeno, ho cercato di provarlo. Ma mi sa che mi è  impossibile" quella frase così enigmatica mi lasció spiazzato. Cosa voleva dire?! 
Non ebbi tempo di chiedergli spiegazioni che lui si alzò, dirigendosi verso la porta e tenendola aperta per me.
Non dissi nulla, spaventato dal fatto che la mia voce potesse tradirmi per le emozioni contrastanti che stavo provando. 'Non ti far ingannare da sul sorriso. Ti farà solo male' una parte di me diceva, ma pian piano mi ritrovai a soccombere al mio cuore, che mi bisbigliava all'orecchio parole dolci 'È  quello giusto. Adoralo. Amalo.' 
Amalo...

Potevo davvero amarlo?
Dopo i suoi atteggiamenti potevo davvero farmi trascinare dalle emozioni?
Era davvero questo l'amore? Provare insicurezze e dolore e sentirsi lo stomaco preso a pugni non appena quella persona si avvicina a te?
Provare talmente tanto affetto da sentire il respiro mancare, e voler fare di tutto per rendere quella persona la più felice al mondo.
Sentire la necessità di toccare la sua pelle, di sentirlo vicino, di farsi cullare dalla sua voce e farsi stringere tra le sue braccia.
Dimenticare tutto.
Abbandonarsi.
Lo seguii come un cagnolino segue il suo padrone, con lo sguardo rivolto verso il basso e la mente colma di pensieri.
Era tutto così sbagliato ma dannatamente giusto.

-"Dammi il tuo telefono"

-"Cosa? Perché" lo interrogai confuso 

-"Tu dammelo" obbedii, non potei fare altro, troppo stregato dalla sua persona e dal suo profumo irresistibile.
Lo vidi digitare qualcosa, prima di sentire il suo telefono suonare e dopodichè mi restituì il cellulare.

-"Ecco fatto. Ora hai il mio numero ed io il tuo" sorrise nuovamente, e non potei fare a meno di pensare che il paradiso non era nulla in confronto al ragazzo che avevo davanti.

-"Ci sentiamo...Taetae" detto ciò se ne andò, con un ultimo cenno con la mano.
Vidi la sua figura farsi sempre più piccola, fino poi a scomparire nell'ormai buio della notte.
Aprii la galleria e guardai l'ultima foto che avevo scattato.
Paura di perderlo, infatti.


 
 
 
 
SALVEEEEEEEEE. Scusate l’attesa per coloro che stanno leggendo la mia storia e per coloro a cui piace ^^.
YEY, sono stanca morta e ho ancora tantissime cose da fare e mi manca il tempo di ricontrollare ciò che ho scritto, scusatemi ;^;
Grazie a shirylen, Joker Park e Momo_Amaya per aver recensito
Grazie a darklady92 per averla seguita
Grazie a eclair18 e fioredinverno111 per averla aggiunta alle preferite.
GRAZIE :3
Al prossimo capitolo
Sydrah~

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto (It gets better) ***


Il giorno dopo ricaddi nuovamente nella solita routine. 
Sveglia alle 6 e mezza, in ufficio alle 8. Lavoro lavoro lavoro, pausa pranzo e lavoro lavoro lavoro  e a casa alle 8 di sera.
Cena a base di ramen in scatola, di cui ero ormai diventato un cuoco provetto, e letto.
Così fu per una settimana, ed in quel periodo non ebbi più notizie di Jimin.
Passai ogni sera a scrivere messaggi per poi cancellarli, troppo imbarazzato dalle mie speranze e sentimenti.
Le notti insonni erano ormai il mio più fedele amico, durante le quali il mio cervello si sbizzarriva nel torturarmi e farmi soffrire.
Ma forse era così che doveva andare, forse quando ci si avvicina troppo alle emozioni ci si fa male e basta.
Avrei voluto gridare al mio cuore di stare zitto, di ricucirsi, che non ero un ragazzino stupido, ma che ero un uomo e gli uomini non soffrono.
Già, gli uomini non soffrono, non mostrano emozioni, non piangono in pubblico.
Gli uomini ingoiano il dolore, vanno a lavorare e portano i soldi a casa, come mio padre faceva.
Gli uomini non si innamorano di altri uomini, soprattutto, e non potevo fare a meno di aver paura per questo ultimo punto.
La sensazione di essere così dannatamente sbagliato in una società che giudica ad occhi chiusi, le parole che si propagano nell’aria, creando un turbine di disprezzo che travolge l’anima.
Non importava quanto i miei amici provassero a rassicurarmi che no, non ero io il problema, non potevo fare a meno di incolparmi anche sta volta per tutti i gli errori che stavo facendo.
Era, dopotutto, da sempre colpa mia.
Era colpa mia se mio padre era mancato, mia madre me lo ripeteva sempre, tra un bicchiere di un liquore scadente e l'altro, e di conseguenza era colpa mia se mia madre mi aveva abbandonato, lasciandomi a me stesso: un ragazzino ancora troppo giovane che si era ritrovato a dover affrontare il mondo degli adulti senza neanche un'appogio.
Ed, infine, era colpa mia se ero gay.
Era colpa mia, e faceva male saperlo.
~~~~~~
 
Passò un altro giorno, e stavo dirigendomi in banca a depositare la solita somma di soldi nel conto di mia madre.
Come al solito avevo ricevuto il messaggio di mattina presto:
 
DA: Mamma
E’ oggi.
 
Nulla di nulla, due parole e un punto. Nessuna emoticon, nessun saluto, nessun ‘come stai?’ ma ormai sapevo che era così, non mi aspettavo più nulla da una persona come lei. E' proprio vero che esistono persone che non dovrebbero mai ricevere una responsabilità tanto importante quanto quella di diventare genitori, e lei ne era l'esempio vivente, ma in fondo non potevo fare altro che compatirla. Probabilmente anche lei era stata schiacciata dal peso della vita e, incapace di affrontarla, aveva preso la decisione di distruggersi e di  portare a fondo anche tutte le cose e le persone che le stavano intorno, come una bomba che esplode.
La coda alla banca era snervante, ma in quel breve arco di tempo mi resi conto che forse, tra i due, sarei dovuto essere io quello coraggioso, prendendo le mie azioni in mano e decidendo di affrontare ciò che per anni avevo preferito nascondere nell'angolo più segreto del mio armadio.
Avrei dovuto incontrare mia madre.
Per questo, uscito dalla struttura, di diressi a passi pesanti verso quella che per lunghi anni avevo definito casa.
Quelle quattro pareti che una volta mi erano sembrate lontanamente accoglienti e rassicuranti, quella flebile felicità che viene col sapere di avere qualcosa a cui far ritorno.
Ogni passo era come un pugno allo stomaco, ogni mattonella fin troppo familiare, flash di vecchi ricordi in cui un bambino sereno correva, i suoi piedi battevano con sicurezza su ognuna di esse, per poi inciamparsi su quella alla sinistra della strada, che da sempre era stata leggermente più rialzata rispetto alle sue compagne. Lo stesso bambino che un istante prima era felice, ora per terra, le sue piccole mani sporche di pennarelli stringevano disperatamente il suo esile ginocchio scalfito, grosse lacrime sulle guance, ma allora una mano amica c’era.
Una mano che afferrò la mia con sicurezza e delicatezza, issandomi nuovamente sulle mie gambe, per poi mettere un piccolo cerottino sulla ferita.
Un ragazzino, dolce come la cioccolata e  gentile come una leggera brezza marina. Tutto dimenticato, ma le sensazioni che la sua compagnia mi trasmetteva erano intagliante nella mia memoria, proprio come le lettere che degli innamorati scavano nella corteccia di uno sventurato albero.
Di fianco a me ora c’era un muro, quello che diventava sempre la preda preferita dai teppisti e writers del mio vicinato, quello dove ogni giorno comparivano frasi e disegni nuovi.
Infatti, molti erano stati ricoperti da altri strati di vernice spray, ma non potei fare a meno di passare le dita su una frase in particolare che riuscii ancora a riconoscere:
 
‘Col tempo migliora’
 
-leggeva, scritto con caratteri grossolani e poco curati, e oh, quanto avrei voluto che quella frase avesse un fondo di verità.
In lontananza potevo ormai vedere il grigio rovinato della vernice dell’esterno della casa, e la mia mente recepì finalmente cosa stavo effettivamente facendo.
Era tutto esattamente come l’avevo lasciato: le finestre ancora da lucidare, la porta da ridipingere ed il giardino da curare, era tutto uguale, ed il peso dei ricordi diventò troppo grave.
Alzai la mano tremante verso la porta, la stessa mano che era stata afferrata con delicatezza da un amico, la stessa mano che era stata respinta da un padre freddo, la stessa mano che si era posta davanti al mio viso, in gesto di protezione verso l’ira di mia madre, la stessa mano che era sempre stata ghiacciata, perché nessuna forma di affetto era durata abbastanza a lungo da poterla ormai riscaldare.
Il legno che colpì le mie nocche mi parve sicuramente più duro di quello che doveva essere, e il minuto che trascorse eterno.
Una minuta figura, consumata dall’età e da una vita infelice, aprì stancamente il portone, per poi immobilizzarsi completamente quando sollevò gli occhi sulla mia figura.
Se la casa era identica a come l’avevo lasciata non potevo dire lo stesso di quella donna che avevo davanti, quella dorna che a stento riuscii a riconoscere.
Il viso era scarno, attraversato da rughe troppo profonde per la sua età, le occhiaie prominenti, gli occhi gonfi e rossi per la mancanza di sonno, completamente spenti, e i capelli ingrigiti.
Mi fissò, con la bocca appena dischiusa, e io mi persi nell’osservarla, nel cercare quella persona che un tempo era stata il mio incubo, il mostro di cui avevo paura, ma non potevo vedere altro che una figura distrutta.
Sentii già le lacrime iniziare a bruciare nei miei occhi, ma no. No
Ero un uomo, non dovevo.
 
-“Hey” la mia voce uscì come un misero sospiro, il mio cuore batteva all’impazzata, insicuro di cosa provare verso il fantasma del passato che avevo davanti.
Lei non rispose, aprii solo di più la porta, per permettermi di entrare.
Anni di sentimenti repressi mi caddero addosso.
Anni in cui avevo rimosso completamente tutto, e quel tutto era tornato a galla in un singolo istante.
Lei si diresse verso il salotto, sapevo già la strada, e per un attimo mi parve che le strette pareti del corridoio volessero soffocarmi.
 
-“Cosa…cosa ci fai qui?” disse mentre cercava di ripulire il piccolo tavolino situato davanti al solito usurato divano marrone, che era costellato da diverse bottiglie vuote e pacchi di ramen istantaneo. Da qualcuno avevo pur dovuto prendere, e un piccolo accenno di sorriso si fece largo sul mio viso al pensiero.
Mi sedetti sul divano, sguardo fisso sulle mie mani.
 
-“Non lo so. Avevo pensato di passare a salutare…E’ passato tanto tempo…”
 
-“Già”
 
-“Hmm…Oggi ho effettuato il pagamento”
 
-“Oh, g-grazie” alzando lo sguardo vidi quanto anche lei fosse disturbata dalla situazione, la sua piccola figura pareva quasi sprofondare nella poltrona di fronte a me.
 
-“Come...Come stai Taehyung?” Aggiunse dopo poco, e con quella frase sentii i nudo all’interno di me sciogliersi.
I nostri sguardi si incontrarono, pieni di tristezza, rimorso, vergogna e insicurezza, e fu prima che il mio cervello riprese correttamente a funzionare che mi catapultai verso quella figura, e le stesse mani che una volta si erano protette da lei si ritrovarono a stringerla e avvolgerla, e le sue più piccole si aggrapparono con disperazione al fronte della mia maglia.
La sentii singhiozzare, ripetermi ‘mi dispiace’ come un mantra sul mio collo, la sua voce spezzata.
 
-“Mi dispiace Tae, mi dispiace. Ho sbagliato tutto, tutto. Mi dispiace. Lo so che non cambierà nulla, ma mi dispiace così tanto” Troppe emozioni mi attraversarono: disgusto, perché nonostante il suo dispiacersi non si era preoccupata mai di me, e compassione, per come si era ridotta.
Ma soprattutto comprensione.
Non ero sicuro che sarei mai stato in grado di perdonarle tutto, no, ma finalmente avevo capito.
Ogni umano è tale, e gli umani sbagliano, e più sbagliano più si vergognano dei proprio errori, e per scappare da essi, per cancellarli, per non doverli affrontare, decidono di continuare a sbagliare perché è più facile.
 Perché a quel punto sei tu che ferisci, e non gli altri che feriscono te e allora fa meno paura. Ma poi sbagliare diventa una cosa quotidiana, e si rimane intrappolati in un circolo vizioso che ci fa sembrare sempre più spaventoso il cercare di rimettere tutto a posto, e si arriva ad un punto, quando si distrugge tutto, che nulla più importa perché si ha la consapevolezza di aver perso già tutto, e che anche le piccole cose che avevi le hai frantumate tu stesso fra le mani.
E lei avevo distrutto tutto, proprio come me.
Dopotutto eravamo davvero simili, due disastri in un mondo inadatto, due ferite profonde nell’umanità, continuamente sanguinanti.
Quindi sì, la capivo, e sentii che anche le sue mani erano fredde.
Sperai che la vita fosse come la matematica, dove due meno moltiplicati fanno un più, sperai che la negatività si trasformasse in positività, e sperai che una fonte fredda riuscisse a riscaldarne una altrettanto fredda.
Ma probabilmente non era più possibile riparare il passato, però nessuno aveva mai detto che non fosse possibile costruire un nuovo futuro.
 
Non appena ci calmammo un attimo quella donna, mia madre, mi propose di prendere un tazza di te, e io accettai senza esitazione.
Passammo il pomeriggio a parlare e parlare, ci raccontammo come avevamo passato tutti gli anni precedenti, e poi lei continuò a chiedermi scusa per tutto ciò che aveva fatto. Io le sorrisi, e fu uno dei primi sorrisi sinceri che avevo mai rivolto a mia madre.
Mia madre…era davvero possibile poter ricostruire un rapporto con lei? Ero spaventato, ma oggi avevo capito che mai nella vita bisogna farsi trascinare nel limbo dalla paura, quindi sì ero pronto, e non avevo più paura di essere ferito.
‘Col tempo migliora’, pensai, e forse quella scritta aveva proprio ragione, perché il tempo laddove non può guarire le ferite le fa diventare più superficiali, lasciando tante piccole cicatrici, ma dopo tutto è questa che è la vita: un’opera d’arte imperfetta e colma di cicatrici.
Andammo avanti a parlare fino a sera, quando poi mi riaccompagnò nuovamente alla porta, il cui legno era sicuramente meno duro e spaventoso di prima.
 
-“Taehyung” Iniziò “Voglio rivederti di nuovo”
 
-“Certo” sorrisi ancora, e il mio cuore era più in pace di quanto non lo fosse stato da tanto tempo
 
-“Ah, ancora una cosa” disse prima di chiudere la porta, e io la guardai incuriosito.
 
-“Sono fiera di te”
E le cicatrici si fecero meno marcate di prima
 
~~~~~~~~
 
Le notti della settimana successiva furono più serene.
Un grande problema ed ostacolo nella mia vita si era fatto meno doloroso.
Ma la mia spensieratezza sarebbe durata ancora poco, dal momento che durante una domenica sera mi arrivò un messaggio inaspettato.
Appena lessi il mittente il mio cuore inizió a palpitare.
 
DA: Park Jimin
'Sei libero?'
 
Tutto lì, un misero messaggio che però fece nascere in me tante, troppe aspettative
 
'Si. Perché?'
 
Passó  a malapena un minuto prima che lo schermo del mio cellulare si illuminasse di nuovo.
 
'Incontriamoci a Myeongdong tra 20 minuti. Ti aspetto.'
 
I 5 minuti successivi li passai a fissare lo schermo e quel 'ti aspetto'.
Mi aspettava.
Mi avrebbe aspettato. 
Stava aspettandomi per uscire insieme.
Solo io e lui. 
Tra tutte le persone stava aspettando proprio me.
Tra tutte le persone con sui poteva uscire aveva scelto me.
E io non potevo fare attendere Park Jimin!
Saltai giù dal letto e rientrai in crisi perché non avevo la minima idea di come avrei dovuto vestirmi, ma essendo che era già tardi cambiai la camicia con una felpa nera con le maniche bianche ed indossai dei jeans scuri.
Cercai anche di truccarmi un  poco, ma più che altro mi ficcai la matita nell'occhio e incominciai a lacrimare. 
Appena riuscii a combinare qualcosa di decente presi le chiavi e corsi subito fuori di casa.
Riuscii a prendere il pullman e nell'arco di 10 minuti arrivai a destinazione.
Mi misi ad aspettare vicino ad un lampione e iniziai a pensare che forse non si sarebbe presentato e che era tutto uno scherzo.
Il pensiero di essere stato ingannato così facilmente mi mortificò, e stavo quasi per andarmene, imbarazzato da me stesso,  ma poi sentii una mano toccarmi delicatamente la spalla.

-"Scusa l'attesa, ma non potevo rimanere in mezzo alla strada per aspettarti altrimenti avrei attirato troppe attenzioni. Ormai neanche più nascondere il viso inganna le persone". Portava infatti degli occhiali da sole scuri e una maschera che gli copriva la bocca, e anche stavolta il cappuccio della felpa era tirato sú, nascondendo i capelli e una parte del viso.
Doveva essere proprio dura la vita di un idol.
Io gli sorrisi, perché sapevo che altrimenti la mia voce mi avrebbe tradito.
Strano, fino ad un paio di mesi prima non avrei mai e poi mai pensato che saremmo finiti ad uscire insieme  (come amici, badate bene, anche se il mio cuore la pensava diversamente).
Che ci facevamo lì  dopotutto? Perché era cambiato così tanto?
Pensandoci, il cambiamento non era neanche stato troppo radicale, ma lento e tranquillo, come delle gentili onde che bagnano la riva.

-"Perchè mi hai chiesto di vederci?" Gli chiesi in po' insicuro.

-"Per vederti...no? Sbrigati, voglio portarti in un posto!"

Ci spostando in una strada parallela meno frequentata, dove c'era meno gente e più silenzio.
Lungo la via erano disposti diversi banchetti di cibo, oggettistica e quant'altro, tutti molto colorati.
Entrammo in  un piccolo locale, dove c'era una signora non più giovanissima ma comunque con dei lineamenti delicati, i suoi capelli corvini erano legati in una coda alta, le radici un po' ingrigite.
Era bella, nonostante le occhiaie che le adornavano gli occhi e le fini rughe sulla fronte.
Ci sorrise, i suoi occhi si illuminarono di una vitalità tale che tutti i pensieri precedenti riguardo alla sua età furono dimenticati.

-"Bentornato! Vedo che hai portato compagnia" Mi guardò con un'espressione talmente dolce che sembrava quasi che mi conoscesse e, in parte, anche che mi compatisse.

-"Tae, lei è  mia madre, Minhye" subito mi inchinai, sorpreso dell'improvvisa rivelazione (perché quando mai ti capita nella vita che un idol ti presenta a sua madre??”

-"Piacere di conoscerla"

-"Tranquillo figliolo, non c'è bisogno di tutte queste formalità, dopotutto eri parte della f-" 

-"Omma! Ho fame, anzi, abbiamo fame. Potresti portarci qualcosa da mangiare per favore?"  Sembrò  leggermente offesa per il fatto che l'avesse interrotta, ma allo stesso tempo ci lanció un sorriso che per un millesimo di secondo mi parve malizioso, entrando poi nelle cucine dicendo sottovoce qualcosa di molto simile a 'Aishh! Questi giovanotti'
Appena la tenda che separava le due stanze si chiuse mi voltai verso di lui, bisbigliando-urlando

-"Mi hai portato da tua madre?! Perché?! Potevi avvertirmi, mi sarei conciato meglio!"

-"Calmo calmo!" Si mise a ridere -"Ti ho portato qui perché la cucina di casa è  sempre la migliore. E poi non c'era bisogno di acconciarti meglio, dopotutto..." Non finí  la frase, si bloccó, quasi come se avesse realizzato che quella parola era stata di troppo.

-"Dopotutto?" Spinsi, curioso di sapere cosa c'era dietro.
Lui sorrise di nuovo, ora di nuovo rilassato.

-"Nulla nulla. Dopotutto non avresti potuto conciarti meglio" disse in tono di sfida, probabilmente per cercare di schernirmi.

-"Ah! Tu credi? Sappi che il favoloso Kim Taehyung, qui presente al tuo fianco, ha una bellezza nascosta inimmaginabile. Non è  colpa mia se il mio armadio la pensa diversamente. Tch" ci mettemmo a ridere entrambi, come se tutte le semi rivalità che c'erano state prima non fossero mai esistite, come se ci conoscessimo da una vita e come se fossimo nati per questo: ridere, scherzare e stare insieme. 

-"Oh, guarda, non ho dubbi" la sua bocca rimase aperta per un attimo, come se volesse aggiungere qualcos'altro anche questa volta, ma un secondo dopo la serrò nuovamente, un sorriso soddisfatto e sereno sul  viso.
Per un istante rimanemmo in silenzio, ma non fu imbarazzante e né  mi sentii fuori posto e a disagio.
Era tutto così surreale.

-"Perchè hai scelto di fare l'idol?" Il suo sorriso si mischió ad un'espressione di leggera malinconia e nostalgia.

-"Una cara persona, quando ero piccolo, mi diceva sempre che avevo una bella voce, e che probabilmente sarei diventato un bravissimo cantante. E quindi ci ho provato" annuii.

-"Deve essere proprio stata una persona importante se ti sei davvero spinto a tanto per un singolo complimento"
 
-"Già. Piuttosto importante, per un bambino di pochi anni" rimasi un attimo interdetto. Cosa voleva dire?
Gli stavo per porgere questa domanda quando sua madre ci portò due ciotole di sundubu jjigae fumanti, e il profumo che emanavano mi distrasse.
Iniziammo a mangiare, spinti da Minhye che, come ogni madre sul pianeta, disse il solito 'mangiate in fretta che si raffredda!'.
Dopo aver ripulito la ciotola e parlato per ancora un po' di tempo salutammo sua madre, che mi chiese di tornare presto, e ci dirigemmo nuovamente all'esterno dove la notte era ormai calata da tempo.
Presi una bella boccata d'aria colpendomi lo stomaco felicemente. 

-"Grazie mille per la cena, però la prossima volta permettimi di pagare ti prego!"

-"Tae. Era mia madre, sarebbe stato il colmo se ti avessi fatto pagare…E poi è  un'appuntamneto, non te lo avrei permesso neanche se fossimo andati da qualche altra parte"
Appuntamento? Quello era un appuntamento?! Sentii l'ormai familiare calore su tutto il mio viso e collo, e il ritmo del mio cuore perdere un colpo, per poi recuperarlo accelerando.
Non dissi nulla, abbassai lo sguardo sorridendo.
Dolce.
Era dolce la sensazione di essere innamorati, lasciandosi trasportate dall'emozione, spaventati di perdersi troppo in esse ma allo stesso tempo felici di farlo.
Accogliente.
Accogliente era la sua presenza, il suo calore, la sua figura. Accogliente come una casa a cui sai di poter far ritorno, accogliente come solo il suo sorriso poteva esserlo.
Ma amaro.
Amara la paura che tutto quello non potesse essere ricambiato, che quella casa accogliente non fosse, dopotutto, per entrambi.

-"Grazie per essere venuto oggi" la sua voce ruppe il silenzio, melodiosa come al solito. Io annuii.

-"Ti riporto a casa, si sta facendo tardi e so che tu inizi lavoro molto presto"

-"Parla quello che si deve svegliare alle 5 ogni mattina" cercai di scherzare

-"Ma i bambini devono andare a dormire presto"

-"Stai zitto che sarai solo di un paio di mesi più grande di me" sbuffai, facendo il finto offeso

-"E con ciò? Porta rispetto, ragazzino!" feci finta di ignorarlo, tappandomi le orecchie

-"Aishhh! Come ti permetti" sentii le sue mani sul mio addome, e solo dopo un misero istante capii che omMIODDIO MI STAVA FACENDO IL SOLLETICO.
Cercai di muovermi disperatamente per sfuggire alle sue infide ma morbide e calde mani, ma dopo poco mi mancó il respiro, il solletico stava avendo la meglio su di me.
Le sue braccia finirono per sostenermi, rendendolo capace di infierire ancora di più e permettendogli di proseguire la sua opera, e il fatto che percepii i suoi (probabilmente 50) bicipiti addirittura attraverso la stoffa della giacca non migliorò minimamente le mie condizioni.
Finii per scivolare per terra, e a quel punto il suo attacco si placó e potei riprendere fiato, asciugando le lacrime ai lati degli occhi.
 
-"Come si dice?" Chiese con un tono vittorioso.

-"Scusa, hyung"

-"Così va meglio" Mi porse la sua mano per aiutarmi ad alzarmi, e per un attimo rimasi a fissarla, prima di afferrarla gentilmente.
Sentii la sua presa stringersi e un attimo dopo ero nuovamente in piedi, le nostre mani ancora unite.
Era una bella sensazione (familiare, forse).

-"Hai le mani fredde" ‘le ho sempre fredde’, avrei voluto rispondergli

-"Uhm si, scusa" Cercai di ritirarla, ma la sua presa si intensificò, e smisi di cercare di liberarmi.
Mise le nostre mani nella tasca della sua giacca, sorridendomi, e l'azione mi scaldó il cuore.
 
-“Non permetterò mai più alle tue mani di essere fredde in mia presenza” e con quella semplice frase fu come se firmammo una promessa silenziosa, una promessa ancora incerta, ma era pur sempre qualcosa, e forse, forse, avrei scoperto un calore mai provato prima, da quel momento.
Riprendemmo a parlare, più a bassa voce, dopotutto eravamo più vicini ora.
Avevo letto uno studio sulla prossemica, una volta all'università, secondo cui le persone tendono a mettere delle distanze tra loro.
Più le lasciamo venire vicino a noi più significa che siamo a nostro agio con loro, e tendiamo allora ad abbassare le nostre barriere difensive e a non temere la  loro vicinanza. 
Questo perché le azioni parlano sempre prima delle parole.
Avevo letto che più le persone parlano a bassa voce più significa che i cuori sono in sintonia, e non si sente il bisogno di urlare per raggiungere quello dell'altra persona, perché sappiamo che è  proprio lì, di fianco a noi, attento ad ogni singola lettera bisbigliata dolcemente tra un battito e l’altro.
Dolce. Confermo. Non troppo amaro.
Dolce perché le azioni stavano iniziando a parlare, dolce perché quei discorsi  scambiati a bassa voce, in una serata dove il freddo era placato dall’amore, avevano un grande valore.
Dolce perché i riflettori non erano ancora puntati su di noi.

~~~~~~

Passarono altri giorni, e a lavoro Namjoon mi diede un'altro compito, nuovamente come una sorta di assistente per un servizio su un nuovo gruppo emergente, i “Got7”.
A condurre l'intervista sarebbe stato un mio collega, Jongdae, mentre io avrei solo dovuto scrivere appunti e registrare il tutto.
Per questo motivo alle 5 del pomeriggio mi ritrovai, insieme al mio compagno, in anticipo all'agenzia che scoprii essere la stessa di Jimin.
Il mondo era seriamente piccolo.
Era un'intervista piuttosto standard, dopo una delle loro esibizioni.
Gli chiedemmo ciò che pensavano di essa, se erano soddisfatti, di cosa pensavano delle fan, domande in generale sul loro lavoro per poi passare a qualcosa di più 'privato', per esempio le loro famiglie o le solite domande 'se fossi una ragazza, con chi usciresti del tuo gruppo'.
Duró  una mezz'oretta massimo, e mentre Jongdae continuó a discutere un attimo con loro ed il loro manager io decisi di allontanarmi per dirigermi alle macchinette, bisognoso di un bicchiere di caffè, anche se di qualità scadente.

-"Chi non muore si rivede. Che ci fai qui?" Al suono dell'ormai più che familiare voce mi voltai, e mi pentii subito di averlo fatto.
Fui accolto dall'immagine di un Jimin in abiti sportivi, anzi, analizziamo più nel dettaglio, l'immagine di un Jimin fin troppo svestito, che indossava una misera maglia smanicata che lasciava scoperte tutte le sue costole e faceva intravedere una piccola parte dei suoi pettorali, un’ampia parte della sua pelle in bella vista (decisamente bella).
Per non parlare del fatto che fosse bianca, e che lui fosse sudato, ergo la stoffa era aderente al suo corpo, sottolineando le rientranze delle linee dei suoi addominali. I capelli erano tirati all'indietro, scoprendo la sua fronte, sulla quale si erano formate alcune gocce di sudore, che percorsero i lati del suo viso, scendendo in modo dannatamente sexy e fin troppo lento sul suo collo e clavicole per poi scivolare sotto la scollatura della maglia.
Non ero mai stato più sveglio in vita mia, al diamine il caffè, avrei preferito mille volte bere un sorso di Park Jimin. 
Mi diedi uno schiaffo mentale, imbarazzato dai miei stessi pensieri poco pudici, ma anche imbarazzato di essere imbarazzato di tali pensieri.
Ero un uomo per l'amor del cielo, un uomo alto e vaccinato, eppure mi stavo comportando con una scolaretta alle prese con la sua prima cotta.
Probabilmente notò  il mio sguardo su di lui, o forse fu perché non risposi subito, oppure addirittura entrambe le cose, ma il maledetto si mise a ridere, rompendo ancora di più il mio cuore, calpestando ogni mio sentimento.
Ero perso. Definitivo. Non c'era una singola virgola di lui che non fosse perfetta ed una singola cellula in me che non fosse innamorata di lui, e mi sentii talmente fortunato del fatto che gli fossi stato vicino un paio di giorni prima, potendogli stringere la mano e accettare il calore del suo corpo, che arrossii di nuovo.
Jimin. Ero vicino a lui. A lui che era così perfetto e bello e talentuoso e splendido, e lui tra tutti aveva scelto di uscire con me e stringere la mia di mano.
Io che non ero nessuno. Un ragazzo tra 7 miliardi di popolazione mondiale- un ragazzo come molti- un volto sconosciuto, e lui.

-"Smettila di fissarmi" disse quando smise di ridere, e per un attimo mi sembrò imbarazzato  e insicuro, un impercettibile alone di rosa adornava le sue guance, era completamente diverso dalla sua personalità sul palco -"Chiudi la bocca e asciuga la bava" Continuó cercando di usare un tono malizioso, ma capii subito che la prima parte della frase corrispondeva alla faccia che nascondeva sotto la maschera da idol.
Comunque questa constatazione non bastò per farmi sentire meno imbarazzato.
Distolsi lo sguardo e presi il mio bicchiere di caffè, mormorai un 'lavoro' per rispondere alla sua domanda.
Lui si avvicinò, poggiandosi contro la macchinetta.
Eravamo vicini, troppo per essere in pubblico, e spaventato mi guardai un attimo intorno, notando che c'erano già un paio di occhi puntati su di noi.
Non era giusto, non andava bene, dovevamo allontanarci.
Vidi in un angolo due ragazze, probabilmente dello staff dirsi qualcosa all'orecchio. 
No, no, no.
Perché la gente deve sempre parlare? Dovevamo-

-"Hei, guardami. Va tutto bene. Non guardare loro, guarda me"

Mi tranquillizzai, perdendo i miei occhi nei suoi, caldi come lui, come la sua personalità, profondi e misteriosi, ma anche familiari. Troppo familiari.

-"Stasera, Incontriamoci di nuovo" sembrava nuovamente insicuro, indeciso e anche un po' spaventato "Ti vengo a prendere"

Fu tutto ciò che riuscimmo a dirci, anzi, che riuscì a dirmi prima che arrivó Jongdae, con cui dovetti andarmene.
Poggiai una mano sul mio cuore per cercare di calmarlo.
Un'altro appuntamento.
~~~~~~~
 
 
WOOOOOPS! Buon pomeriggio  a  tuttiiiiiiiii. SCUSATE IL RITARDO, ma la scorsa settimana è stata dannatamente piena di robe.
Allorahh!! Prima di tutto un’enorme ringraziamento a tutti, perché woah! Tutti i capitoli che ho postato hanno ricevuto ormai più di 100 visualizzazioni, ed il primo quasi 300, e per me è già tantissimo ;w; quindi grazie mille a tutti coloro che stanno sopportando la mia dislessia enghhhhhhhhh.
Questo capitolo era praticamente inesistente alla prima stesura, nel senso che ho aggiunto una parte nuova, quindi Yey! La storia sarà un poco più lunga rispetto a quello che avevo previsto (Tipo 7 o massimo 8 capitoli, dipende se aggiungerò altre parti ^^)
Dunque, grazie a coloro che hanno atteso il nuovo capitolo e continuano a leggere la mia storia ;w;
Grazie a Joker Park, shirylen, Momo_Amaya, _FrogInMyHeart_, Rozalin Kyuoko e Ilovemyxiu per aver recensito.
Grazie a edsmile, Hayley_chan, lose your mind, Mrs_Ackerman, slashell e tALIXIA per averla seguita.
Grazie a Kelly22, naomilove e silviettina9999 per averla preferita.
Sono davvero felicissima ;w;
Sentitevi davvero liberi di recensire e dire la vostra (mi importa un sacco).
 
-(PS: Per chi potrebbe essere interessato anche a seguire le mie ipotetiche storie future, ho già in mente un’idea per una Taegi e una Jikook~ quidni yey, ditemi se potrebbero interessarvi ^^)
Alla prossima
Sydrah~

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Capitolo 6
*** Capitolo sesto (Tell me you love me) ***


 

Mi sentivo inferiore, e non abbastanza.
 Jimin era sempre bellissimo, sempre classificabile come 10 su 10 anche se usciva semplicemente con una felpa e jeans, e io ero sempre e solo io, per questo decisi che era tempo di cercare di impressionarlo, ma era chiaro che da solo non ce l'avrei fatta, dunque presi il coraggio di chiamare a raccolta la mia ciurma.
Era una missione molto difficile, cercare di rimettermi a nuovo, perciò c'era bisogno dell'aiuto di tutti, che portarono ognuno dei vestiti o accessori.
Ma un'impresa ancora più impossibile fu il riuscire a spiegar loro che io, il ragazzo più lontano da ogni tipo di relazione e sentimento, ero invece innamorato. Di un ragazzo. Che era Jimin, un idol. E che sarei dovuto uscire insieme a lui la sera stessa.
Rimasero tutti spiazzati, tranne Jungkook che già lo sapeva e che anzi mi aiutò nel momento che il mio balbettare rese il discorso poco comprensibile alle orecchie di tutti gli altri.
(-“Hm, ecco….ecco. C’è la piccola PICCOLISSIMA possibilità che io sia…s-sia. Che io sia. AISH. Sia innamorato di J…”
 
-“E’ follemente innamorato di Jimin, ragazzi”)
Ecco, non fu decisamente molto delicato, ma riuscì a salvarmi comunque da una parte dell’imbarazzo.
Jin inizió a lanciare urletti, dicendo frasi del tipo 'ommioddio il mio bambino sta crescendo' che mi lasciarono in parte spaventato. Temetti che incominciasse a credere davvero che fossi suo figlio, ed il discorso sul fatto che i ragazzi non possono partorire sarebbe stato un osso duro da affrontare, soprattutto se la persona a cui lo avrei dovuto tenere era Seokjin, mister 24 anni di spalle e 5 di cervello.
Hoseok mi stritoló in un abbraccio inumano per poi scompigliarmi i capelli affettuosamente, ed infine Yoongi mi congratuló con un sorriso, dicendo che per ora mi avrebbe lasciato vivere senza fare troppi commenti ambigui.
Svuotammo completamente il mio armadio, e analizziamo anche ogni singola cosa che avevano portato loro, coprendo ogni superficie della mia casa di così tanti capi che non ne avevo mai visti neanche nei negozi di vestiario.
Alla fine mi costrinsero ad indossare una camicia nera piuttosto aderente con i primi due bottoni slacciati, in modo da mostrare solo le clavicole ("è  un ottima tecnica, ricordalo, accattivante ma non volgare" disse Jin), infilata dentro dei pantaloni neri che erano altrettanto attillati, stretti in vita da una semplice cintura e con degli strappi al livello delle ginocchia.
Mi fecero indossare una catenina argentata con un pendente attorno al collo, e poi diversi altri braccialetti, anelli e orecchini ("Perchè più ne indossi più sarai swag" annuí soddisfatto Yoongi).
Mi asciugarono i capelli in modo da renderli più mossi e vaporosi e mi truccarono con una sottile linea di eyeliner e dell'ombretto nero ("Per intensificare ancora di più lo sguardo. Fidati di me e ricordati che mi chiamavate sempre emo fino ad un paio di anni fa" Mi fermò  Jungkook dal controbattere).
Infine mi spruzzarono addosso una quantità indecente di profumo, così tanto che probabilmente anche la signora del palazzo accanto lo avrebbe potuto sentire. Era un buon profumo, non troppo forte, era più sul floreale, sul delicato, qualcosa di virile ma allo stesso tempo leggero ("Il profumo è  sempre importantissimo. È  tutta questione di ormoni, e con questo e tutto il resto non riuscirà a non saltarti addosso, sarà un miracolo se tornerai a casa sulle tue gambe" concluse Hoseok, sfortunatamente evitando un mio calcio sugli stinchi).
Mi guardai allo specchio. Ero...strano. Non mi sentivo per nulla me stesso, e quasi non mi riconoscevo. Rimasi un paio di minuti a fissarmi, quasi spaventato dal mio stesso riflesso.
Passai la mia mano sui lineamenti del mio viso, sfiorando le mie guancie ancora giovanili per poi far cadere le punte delle mie dita sulla mascella.
Un paio di occhi mi fissavano dalla superficie dello specchio, occhi che non avrei riconosciuto come miei.
Erano colmi di qualcosa di nuovo, non più di semplice odio verso il resto del mondo, ma erano anche pieni di amore e di speranza. Per un singolo istante sperai che tutti i difetti che avevo sempre trovato in me sarebbero stati per una volta amati da qualcuno, anche se continuavo a dubitare che potesse veramente succedere.
E se tutto questo fosse stato eccessivo? E se avevo frainteso e ciò che voleva Jimin era solo essere mio amico? E se non gli fossi piaciuto? E se avesse riso di me...?
Non potei rimanere oltre ad uccidermi tra i miei pensieri che sentii il citofono suonare.
Cazzo.
Tutti iniziarono ad urlare e prendermi in giro:

-"Attenti a non rompere la cintura!"

-"Mi raccomando, usate le protezioni"

-"Non sporcarmi la camicia con liquidi ambigui"

-"Dacci dentro, fallo svenire e fatti desiderare"

-"Attento a non allargare ancora di più i buchi sulle ginocchia dei pantaloni"

Li colpii uno ad uno, prima di prendere le chiavi e raccomandarli di chiudere tutto quando se ne fossero andati, e poi uscii.
Ogni scalino che scesi fu un passo in più verso la morte che percorsi, e ad ogni respiro sentivo il mio cuore stringersi, le arterie non più abbastanza capienti per contenere il mio sangue e la mia cassa toracica colpita dai battiti del mio cuore. 
Aprii il portone ed eccolo lì, poggiato con la schiena contro il muro, e appena sentí il suono del portone aprirsi si giró nella mia direzione.

-"H-hey!" Dissi un po' imbarazzato avvicinandomi, e lo diventai ancora di più quando non ricevetti alcuna reazione.
Cercai di coprirmi un po' con le braccia, improvvisamente ancora più insicuro del solito.
Lo sapevo, avevo sbagliato tutto.
Lui allungó la sua mano verso le mie braccia incrociate poste lì per coprire il mio busto, e le spostó con delicatezza.

-"Non farlo" la sua voce era a malapena un sussurro. "Sei bellissimo" in quel momento tutto il mondo intorno a me parve fermarsi, e i nostri sguardi si incrociarono.
Ora non avevamo più fretta o paura di essere scoperti, paura che un secondo di troppo potesse causare danni irrimediabili, no, ora avevamo tutto il tempo a nostra disposizione.
E se invece non mi fossi poi sbagliato?
Non so come né  quando ma eravamo improvvisamente più vicini di prima, la sua mano era salita, fino a carezzare delicatamente con pollice il mio zigomo, tracciando col suo sguardo una  mappa sul mio viso, osservandolo con tanta intensità che a mala pena riuscii a reggere il suo sguardo.
I nostri respiri si mischiarono, caldi, sfiorando la nostra pelle come una tenera carezza.

-"Sei davvero...bellissimo Taetae" il mio fiato rimase bloccato in gola.
Vicini, ancora più vicini. 
Potevo quasi contare ogni sua singola ciglia, e vedere quei piccoli difetti sul suo viso, quelle piccole cicatrici dovute all'acne e ad una adolescenza strappata, quei piccoli dettagli che la gente cercava di coprire ossessivamente  ma che lo rendevano solo più bello, solo più reale. 
Ritiró la mano, tossendo leggermente per rendere forse la situazione meno imbarazzate, ponendo nuovamente una distanza tra noi due, per mio dispiacere e disappunto.

-"Andiamo?" Protese la mano in modo che la prendessi e io lo seguii senza porre alcuna domanda.
Mi portó a cena in un ristorante di carne grigliata  sempre non troppo conosciuto, in un quartiere non di spicco ma il cui interno era accogliente, ed i camerieri gentilissimi e non potei far altro che apprezzare la sua scelta: in qualsiasi altro contesto mi sarei probabilmente sentito a disagio, ma con Jimin al mio fianco mi sentivo protetto da ogni cosa, mi sentivo…adatto, abbastanza.
Parlammo per tutta la sera del più e del meno, senza che mai mancasse un argomento su cui discutere.
Passammo da domande più serie a semplicemente  scherzare tra di noi, ridendo senza alcun timore al mondo, sorridendo senza aver paura di cosa sarebbe potuto succedere, senza sapere cosa sarebbe accaduto.
Dopo cena mi portó in una sala giochi. Provammo diversi giochi, e per tutto il tempo che restammo lì mi sembrò di essere in un  sogno: era tutto così etereo e surreale, tutto troppo perfetto per essere un evento parte della mia vita.
Era tutto troppo giusto, e non potei trovare neanche un lato, o almeno un piccolo minuscolo punto, negativo in tutta quella situazione. Ogni volta che alzavo gli occhi dal gioco e vedevo Jimin sorridere il mio corpo veniva attraversato da un’onda di serenità, che solleticava le punte delle dita e provocava una buffa sensazione nel mio stomaco.
 Dopo che vinsi per le centesima volta ad hockey  da tavolo (e a praticamente a tutti gli altri giochi- era veramente negato o forse ero io che da ragazzo avevo avuto troppo tempo da perdere nelle sale giochi) rinunciò  ad avere la rivincita  e uscimmo anche da lì.

-"E ora dove vorresti portarmi, gentiluomo?" Lui sembrò contemplare un attimo la risposta, mordendosi nervosamente il labbro.

-"Vedrai"
Per la prima volta in tutta la serata fummo avvolti da un silenzio piacevole.
Camminammo fianco a fianco nel buio della notte, le nostre mani ogni tanto si sfioravano così come le spalle si urtavano.
La sensazione della sua pelle a contatto con la mia, anche se solo per un brevissimo istante, mandava il mio cervello completamente in tilt, provocando un totale cortocircuito.
Dopo un paio di minuti notai che ci stavamo dirigendo nuovamente nella zona di casa mia, e rimasi un attimo perplesso, poi però svoltammo e ci dirigemmo verso il parco.
Il parco...
Un milione di domande iniziarono a farsi largo nella mia mente, tormentandola ancora di più.
Percorremmo la stradina che portava nella parte retrostante del parco, e cercai di distrarmi dalla situazione con piccole stupide cose: mi misi a contare le pietre sul percorso, immaginando da quanto tempo fossero lì, da quanti bambini erano state calpestate e quanti pianti avessero provocato.
Guardai tutti gli alberi intorno a me, cercando di trovare le differenze tra di loro, scrutando il colore delle loro foglie e ammirando le linee nei loro tronchi.
Alzai gli occhi al cielo, guardando la luce delle stelle brillare con sicurezza, illuminando il nostro cammino e creando un’atmosfera di intima malinconia ed incertezza.
Il mio cuore smise di battere definitivamente quando ci fermammo davanti alla MIA panchina.
No.
Non poteva essere.
Si sedette e mi fece cenno di copiarlo, ed io eseguii in silenzio.
Era solo una coincidenza.
Giusto?
Guardai fisso di fronte a me, perché non avevo il coraggio di fare altrimenti.
Il mio cuore batteva così forte che sentivo le orecchie fischiare e la mia vista farsi più annebbiata.
No.
La panchina era fredda e scomoda, il suo significato un pugno nello stomaco. Ma forse, in fondo in fondo, lo avevo saputo sin dall’inizio.

-"Taetae" la sua voce ruppe quel silenzio assordante, con la parola meno azzeccata.
Non poteva essere.

-"Immagino che...uhm...a questo punto tu abbia delle domande?" Non risposi, troppo sconvolto da tutta la situazione

-"Durante l'intervista...mi sarei aspettato una domanda che poi non mia hai mai posto" si fermó un attimo per prendere un bel respiro.

-"Non mi hai mai chiesto del...del mio primo amore, quindi immagino sia una storia che ti devo raccontare volontariamente" Mi guardò per vedere se stavo ancora ascoltando e se, soprattutto, ero ancora vivo.

-"Tanti anni fa, quando avevo ancora appena un paio di denti solamente, incontrai un ragazzino della mia età. Era un ragazzino timido, sempre in disparte, sempre preso di mira da tutti. Era brutto come tutti lo trattavano: era così magro ed indifeso, e odiavo come facevano sempre i bulletti con lui, quindi un giorno decisi di mettermi in mezzo per aiutarlo e fermarli. Quel giorno tornai a casa con un'altro paio di denti da latte in meno, non troppo una grande perdita in confronto a ciò che avevo guadagnato, ossia un nuovo amico. Esatto, da quel piccolo incontro diventammo inseparabili. Uscivamo sempre insieme, giocavamo sempre insieme e pian piano capii che non era il timido ragazzino che dava a vedere! Era un piccolo uragano, sempre in movimento, sempre a parlare, sorridere e prezioso in ogni sua parte. Lo seguivo ovunque, e lui faceva lo stesso. Poi iniziai a notare un'altra cosa, durante i primi 'pigiama party' che organizzammo.  Il suo piccolo ed esile corpo era coperto da troppe brutte cicatrici e lividi per la sua giovane età. Mi preoccupai ancora di più, e mi promisi che lo avrai aiutato sempre e comunque, salvandolo da tutto il male di questo mondo.  Gli stavo ancora più vicino, ed intuendo che il problema fosse a casa cercavo di invitarlo sempre più spesso da me, offrendogli la mia di famiglia. Un po' infantile come pensiero, ma dopotutto ero solo un bambino. La mia famiglia non avrebbe mai potuto sostituire la sua, ma lo avrebbe potuto accogliere comunque.  Il tempo passó, e la sua esistenza nella mia vita fu davvero definibile come un piccolo uragano. Venni a scoprire che mio padre ebbe un affare con sua madre.  Sentivo i miei litigare sempre, la casa tranquilla e serena di una volta non c'era più.  Ma io non avevo paura per la mia famiglia, avevo paura che non avrei mai più potuto offrire a quel ragazzino una dimora sicura dove sentirsi amato e protetto. I miei finirono per divorziare e mia madre, colta dal dolore, decise di trasferirsi, portandomi con sé. Neanche un addio fui in grado di dire, neanche un ultimo sguardo. Così come tutto era iniziato tutto finí, e non riuscii a mantenere la mia promessa. Pensavo a lui continuamente, notte e giorno. Ero tormentato dal pensiero di averlo abbandonato, gli incubi mi assalivano sempre: sognavo quella esile figura coperta di nuove macchie, quella risata contagiosa non più presente e quegli occhi che mi avevano illuminato la vita rendersi sempre più cupi e spenti. Non riuscii mai a dimenticarlo, e non riesco tutt'ora. Il suo sorriso era sempre il più sincero, ogni sua piccola reazione era spontanea e preziosa: mi ricordo ancora tutte le volte che gli compravo il gelato e lui passava il resto del nostro tempo insieme a ringraziarmi come se gli avessi donato il mondo, e avrei davvero voluto poterlo fare, ma non era quello che cercava e voleva lui. No, a lui bastava poco, una semplice mano amichevole…dopotutto quelli che soffrono di più vivono la felicità in modo diverso. Non passarono troppi anni prima che mi resi conto che quello che provavo per lui non era solo affetto, adorazione, bene...era amore. Quella figura distrutta dal ghigno rettangolare...era stato il mio primo ed unico vero amore. Vuoi sapere la parte più buffa?" A quel punto le lacrime stavano già scivolando vigorosamente sul mi viso, bagnandolo di dolore e di tristezza per ferite passate che non erano mai guarite e neanche cicatrizzate.
Lui me le asciugó delicatamente, come se fossi davvero un giocattolo fragile tra le sue mani, come se volesse davvero riparare tutti i buchi nel mio cuore e mi guardò negli occhi di nuovo, ma mi guardò con tenerezza, con rispetto, malinconia e felicità, mi guardò come avrei voluto essere guardato da sempre, mi guardò con amore...

-"La parte più buffa è  che quel ragazzino l'ho  ritrovato"

-"A-ah si?" La mia voce si ruppe, rauca a causa del troppo silenzio e dei singhiozzi ricorrenti, flebile e causa delle troppe emozioni che stavo provando.

-"Sì, Taetae, e questa volta non lo lascerò davvero mai più soffrire" scoppiai a piangere come mai avevo fatto prima, facendomi stringere tra le sue braccia calde ed accoglienti, aggrappandomi con forza alla sua maglia, spaventato che potesse andarsene di nuovo. 
Piansi e piansi, bagnando la sua manica di lacrime su lacrime, sprofondando in un oblio di disperazione, lasciando andare via anni di solitudine e tristezza, e lui non mi respinse, anzi, mi strinse più forte, bisbigliando parole dolci al mio orecchio, carezzando delicatamente i miei capelli.
Sollevò il mio viso, asciugando tutte le mie lacrime coi suoi pollici e poi poggió la sua fronte sulla mia.

-"Quando sei tornato nella mia vita, avevo paura. Avevo provato a dimenticarti, sotterrando il tuo ricordo, ma poi hai distrutto tutto il mio sforzo, e per farlo è  bastato solo uno sguardo.  Non sapevo come reagire e comportarmi, ma sembrava che tu non ricordassi, allora decisi che magari se ti avessi trattato male sarebbe tutto finito lí, e io avrei potuto continuare la mia vita penosa, ma non riuscii.
La sera stessa fui divorato dai sensi di colpa.  Come avevo potuto trattati così, come tutti gli altri. Come avrei potuto lasciarti nuovamente scivolare via tra le mie dita quando ti avevo avuto di nuovo così dannatamente vicino? Non potevo, non posso. Perché.." Mi diede un bacio sulla fronte.

-"Perchè, Tae.." uno sulla guancia

-"Perchè io ti amo" sull'angolo della mia bocca.

-"Perchè ti ho sempre amato e ti amerò per sempre" presse con fermezza le sue labbra sulle mie. Erano carnose e morbide, in contrasto con le mie leggermente più screpolate a causa del freddo, e sapevano di fragola.
Fui preso alla sprovvista, ma mi lasciai trasportare da quella tenera sensazione, chiudendo gli occhi e concentrandomi su quanto avvolgente fossero le sue braccia, su quanto delicate erano le sue labbra nonostante il bacio fosse pieno di anni di ripensamenti e pentimenti.
Il loro calore lasciò come uno stampo indelebile sulle mie tremanti, e con la stessa delicatezza di come si erano incontrate si allontanarono, aprii gli occhi, che erano completamente lucidi a causa delle lacrime, e guardai il bellissimo ragazzo che avevo davanti, che mi passò un pollice sul labbro inferiore seguendo le piccole spaccature su esso, osservando il movimento con i suoi occhi
Dei brividi percorsero tutto il mio corpo, anzi, più che brividi era come se fossero vere e proprie scosse elettriche. 
Il bacio duró pochi istanti, ma mi bastarono per capire  che tutti i baci che avevo mai dato prima in tutta la mia vita erano sempre stati privi di significato, e che questo era invece pieno di amore, amore puro ed incondizionato.
Non servirono parole, bastò solo uno sguardo e quelle calde labbra premevano nuovamente contro le mie, con un po' più di decisione e sicurezza di prima.
Le sue mani mi strinsero dolcemente il viso, mentre le mie si andarono a legare dietro il suo collo.
Mi inclinó lievemente il volto per aumentare la pressione e per incastrare le nostre labbra come un puzzle, per farle muovere come in un ballo intimo e dolce, rendendo il bacio più profondo e passionale ma mantenendolo comunque casto.
Ci separammo nuovamente, bisognosi di riempirci i polmoni di ossigeno.
Le mie lacrime erano state completamente dimenticate, e su entrambi i nostri volti si rischiarò un sorriso di tenerezza.

-"Non...non posso crederci che eri tu" Dissi timidamente, ancora incredulo per tutto ciò che   era appena accaduto.
Lui mi diede un'altro bacio sulla guancia. 

-"Lo so"
Era sicuramente il giorno più bello di tutto la mia vita.
 

Quella sera tornai a casa con la promessa di rivederci presto e con un cuore pieno d'amore. 
Ci mandammo messaggi fino a quando non mi addormentai, con un sorriso stampato  sul volto, ancora ignaro di ciò che mi avrebbe aspettato da quel momento.
~~~~~~


Il riflettori si accendono ma i segreti sono comunque da mantenere, soprattutto questo
 
I giorni successivi furono pieni di impegni: 'intervista qua, articolo là, nuova promozione di quello, sponsorizzare quell'altro' e non riuscii a trovare neanche un secondo per respirare. 
Jimin non lo avevo più visto di persona, ci stavamo solo scrivendo per messaggio, ed era impressionante quanto ormai fossimo di nuovo legati l'uno all'altro, anni di questioni irrisolte esplose in un'unica notte, e ora era tutto tornato come prima. Eravamo amici, no, migliori amici come un tempo e probabilmente anche molto di più, nonostante nessuna promessa fosse ancora stata fatta, ma per me era già così ed era un sogno.
L'uomo è  così imprevedibile, cambia mentalità da un momento all'altro, e la mia nell'arco di neanche un anno aveva fatto passi da gigante, e tutto per merito di una singola intervista.
Improvvisamente vidi una mano comparire nel mio campo visivo e sobbalzai sulla mia sedia.
-"Tutto bene Taehyung? Ultimamente  mi sei sembrato un po'...distratto"

-"Ah! Capo, tutto bene grazie. Chiedo scusa se non sono stato abbastanza operativo"

-"Oh, no. Non ti scusare. Era solo per sapere. Successo qualcosa nella tua vita?"

-"Hmmm, no. Nulla di particolare" era solo una piccola bugia bianca.

-"Conosciuto qualcuno?"

-"Nessuno" erano innocue, davvero

-"Sicuro? Perché mi sono arrivate altre notizie" il mio sangue si geló nelle vene

-"Che genere di notizie?" deglutii con difficoltà

-"Fai attenzione. Questa volta sono riuscito a bloccarle.  La prossima volta non so se sarai altrettanto fortunato. Sai come funziona questo lavoro. Non c'è  pietà, e tu ti sei messo in un guaio bello grosso" Non era per nulla una buona notizia, tutt'altro. 
Detto ciò mi salutó  e tornò  nel mio ufficio.
Sapevo che non sarebbe stata facile, ma che nell'arco di così poco tempo potessero formarsi delle 'prove' non me lo sarei proprio aspettato.
Dopotutto, forse Jimin aveva ragione, forse ero un uragano e forse gli avrei nuovamente distrutto la vita.
Probabilmente mi sarei dovuto allontanare da lui in quell'esatto momento, quando l'attaccamento era ancora poco saldo, ma bastò un nuovo singolo messaggio, con una richiesta di incontrarci per farmi cambiare idea.
Forse ero troppo ingenuo, probabilmente egoista. Ma all'amore, se è  quello vero, non si riesce a scappare via. 
A conti fatti avevo ragione. 
Dolce, ma molto amaro.
Bastò quel messaggio per far crescere in me la voglia di vederlo di nuovo, di vedere il suo sorriso, i suoi capelli aranciati, sentire la sua voce, toccare la sua pelle.
Era una dolce dipendenza, di quelle che non hanno alcun effetto collaterale se non un caldo fuoco che ti scalda dall'interno e ti consuma lentamente, sospingendoti  ancora di più verso l'altra persona.
I primi momenti dell'amore sono sempre i più belli. Il sentimento è  ancora forte, potente, descrivibile come un'esplosione di tanti fuochi d'artificio, ognuno corrispondente ad un'emozione diversa, ad una scoperta nuova. Il primo passo dell'amore è  la passione, la disperazione di avere l'altra persona accanto, ed era così anche per me, ma sapevo che il mio amore verso Jimin non era solo quello.
Perché quel tipo di amore è  quello che si spegne subito, i fuochi d'artificio non possono durare per sempre. L'amore che provavo per lui era un amore molto più intenso ma più pacato, di quelli che non ricercano attenzioni perché già ne hanno. Di quelli che non esplodono solo in un istante, ma che ti tengono stretto per sempre. Una piccola sensazione di sottofondo ma allo stesso tempo una presenza forte.  La passione mischiata con affetto. 
La nostra vita da quel discorso non fu più come prima.
Sapevo che dovevo stare attento, ma ero accecato. Il calore della sua esistenza troppo soffocante, così ci ritrovammo a passare ogni istante che potevamo insieme.
Eravamo un po' come dei ragazzini alle prese con un amore estivo, con la consapevolezza  che tutto forse sarebbe finito troppo in fretta.
Che fosse di sera tarda o di mattino presto non importava, quando potevamo scappavamo dal lavoro, ci incontravamo di nascosto.
Discorsi silenziosi scambiati seduti tra i rami di un albero, mani tenute di nascosto all'oscurità sicura delle sale di un cinema, abbracci di un secondo di troppo, celati da un ombrello e dal grigio di una  giornata piovosa, baci dati in segreto, in cabine armadio effettivamente troppo grandi all'interno della sua agenzia.
Tutto era troppo veloce, troppo veloce.
 
 
*RUMORE DI GRILLI*
HAHAHHAHAHA ‘posterò una volta a settimana’ CEEEEEEERTO ;-;
Giuro che lo farei, ma la scuola mi sta uccidendo in questo periodo pre natalizio.
EBBENE SI’, ecco il nuovo capitolo. Stiamo giungendo verso la fine heheh 1 o 2 capitoli ancora ^^.
Spero che la storia non vi stia deludendo eeeeeeeeee, come al solito fatemi sapere cosa ne pensate, mi servirebbe davvero tanto, anche magari osservazioni sul modo di scrivere tipo parti che non vi convincono ecc ecc
Grazie a freereader24 e Upei per averla seguita.
Grazie a 7jjjjhsrmv, Gruvia_Loxter, I_Am_A_Winchester e mary980 per averla preferita.
Grazie a Jade Evans, Ilovemyxiu, _FrogInMyHeart_, tALIXIA, Rozalin Kyouko, Momo_Amaya, shirylen e MrsOdair per aver recensito.
Spero di non aver dimenticato nessuno, se si, PICCHIATEMI.
Vi adoro tutti quanti ewe
Alla prossima
Sydrah~

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Capitolo 7
*** Capitolo settimo (Ending) ***


Era brutto non poter urlare al mondo che lui era mio, che finalmente avevo trovato la mia piccola felicità e che non mi sarebbe più importato di nulla.
Non era mai abbastanza, avevo sempre più bisogno di altro, essere vicino a lui non bastava, avevo bisogno di essere più vicino.
Ero così innamorato, così tanto che la sensazione con cui potrei paragonare il mio amore è  come essere completamente privo di respiro, privo di forze a causa sua, ma continuare a cercarlo pur nonostante sapessi che poteva solo complicare la situazione, per il semplice motivo che era lui il mio ossigeno, dolce ed intossicante. Un’addizione da cui non si può scappare.
Sapere di avere tutti gli occhi sempre puntati addosso, sapere di doverlo mantenere segreto per non creare uno scandalo.
Era difficile.
Non avevo mai vissuto una vita sinceramente tranquilla, ma questa situazione era troppo complicata, ma non potevo chiedergli di rinunciare a chi era per me.
Ci fu un giorno, era ormai estate, in cui finimmo per parlare di questo argomento.
Era di nuovo sera, stavamo percorrendo una strada buia, senza anima viva.
Dovevo immaginarlo che prima o poi se ne sarebbe accorto e che si sarebbe preoccupato. Era sempre così. Anche da piccolo.
Pian piano le immagini delle nostre bravate da infanti mi tornarono alla mente, e ogni singola avventura vissuta fu di nuovo una parte preziosa dei miei ricordi.
Lui era sempre lì  per me, sempre a proteggermi, sempre a mettermi prima di tutto e tutti. E questo aspetto non era cambiato minimamente. 
La dolcezza con cui mi trattava ogni volta mi scaldava veramente il cuore.
Come ogni piccola azione fosse fatta con amore, anche solo il gesto di spostarmi la frangia dagli occhi o il pulirmi le labbra da dei residui di gelato al cioccolato.
Anche quel giorno in cui vidi un piccolo portachiavi di coppia, e avevo pensato che non avesse notato il mio sguardo rivolto verso quel minuscolo oggetto ma la sera seguente me lo portó  come regalo dicendo 'così in un modo o nell'altro saremo sempre insieme'.
Quindi, davvero, non mi stupii quando quella sera mi chiese come stavo vivendo la nostra relazione.

-"Tae...lo so che è  difficile ed è  tanto chiederti di stare al mio fianco in segreto. Per questo ti chiedo...vuoi che lasci il mio lavoro?"

-"Cosa?! No! Jimin, no!" Dissi preso alla sprovvista con tono disperato.

-"Non fare mai una cosa del genere per me. È  la tua vita, il tuo lavoro, il tuo sogno. Hai lavorato tantissimo per arrivare dove sei ora"

-"Tae. Ora è  la nostra vita, e non c'è  nulla che sia più importante di te" e purtroppo sapevo che era così, perché per me era lo stesso. È sapevo che non avrei mai dovuto chiedergli di rinunciare alla sua carriera, perché altrimenti lo avrebbe fatto.
Quindi gli risposi 'No, non farlo. Stiamo benissimo così'.
Anche se non era del tutto vero.
La nostra relazione era perfetta, il nostro amore anche, era il mondo esterno che non andava bene.
A lui venivano continuamente mandate richieste di fidanzamento per unire agenzie e quant'altro, e avevo paura che prima o poi le pressioni sarebbero state troppo opprimenti per negarle.
Ma andavamo avanti.  Dopotutto, all'amore non si scappa.
~~~~~~
Purtroppo la situazione non migliorò molto, anzi per nulla.
La nostra relazione continuó ad essere fatta di attimi sfuggenti, di incontri in luoghi strategici, lontani da ogni possibile fotocamera.
Non ci vedevano da tre settimane. Era partito per il Giappone per l'incisione di un nuovo disco e le riprese di un nuovo video.
Ne sentivo follemente la mancanza, ma andava bene, dopotutto esisteva skype.
Ogni sera rimanevano connessi col nostro portatile, addormentandoci in diretta, i nostri respiri ci cullavano a vicenda rassicurandoci che stavamo gestendo bene la situazione è che sarebbe tutto finito per il verso giusto.

-"Jimin"

-"Dimmi"

-"Mi manchi" potevo sentire già le mie palpebre farsi più pesanti, ma non importava, dovevo dirglielo.

-"Anche tu mi manchi, pabo"

-"Vorrei tanto fossi qui ora. Vorrei  potermi addormentare tra le tue braccia"

-"Ancora un paio di giorno. Lo so. È  difficile. Anche io vorrei che fosse tutto...normale...mi dispiace"

-"Non dispiacerti, non è  colpa tua"

-"Ti amo"

-"Ti amo anch'io"
Fortunatamente quel paio di giorno passarono abbastanza velocemente (bugia, furono interminabili).
Sarei voluto andarlo a prendere dall'aeroporto, ma era chiaro sarebbe stato impossibile, ma le sue fan avrebbero preso il mio posto con tanta gioia.
Però non importava...
Andava bene...

Anche perché nell'istante in cui atterró in Corea mi mandó un messaggio con scritto se quella sera sarei voluto andare a cena da lui, e ovviamente accettai senza pensarci due volte.
Erano ormai sei mesi che la nostra relazione andava avanti, e tutto il tempo che avevamo passato insieme era solo stato dolce. E non potevo che esserne felice.
Mi preparati nuovamente al meglio che potevo, e corsi subito sotto casa sua, dove fui aperto all'istante.
Gli corsi incontro e lo abbracciai con tutte le mie forze, incastrando in mio viso nell'incavo del suo collo e prendendo un bel respiro del suo caratteristico profumo, felice che ormai potevo farlo quando volevo.
Quella sera provammo a cucinare noi, ma il risultato non fu molto emozionante. Nessuno di noi due era un'abile cuoco, ma entrambi avevamo troppa fame per iniziare a fare gli schizzinosi.
Dopo ci sdraiammo insieme sul divano con una coperta, guardando in modo distratto un programma televisivo, e più che altro gustandoci la vicinanza.
Io ero sdraiato sopra di lui, col viso nascosto sul suo petto.
Poggiai l'orecchio contro il suo cuore e rimasi ad ascoltare come batteva. Era una melodia serena, sollevata. Era bello sapere che quel cuore batteva per me, me soltanto.
Con timidezza gli spostai il colletto della maglia, dandogli un bacio leggero sulla clavicola, gustandomi la sua reazione e sentendo come il suo corpo si irrigidì, i muscoli si contrassero.
Gli diedi un bacio dopo l’altro, percorrendo il collo e la mascella, per poi salire fino alla bocca.
Il bacio fu subito passionale, pieno di bisogno e mancanza.
Mi morse non con troppa foga il labbro inferiore e l'azione gli permise di sfruttare il mio stupore per rendere il bacio ancora più profondo, la sua lingua carezzó la mia, e assaporai il suo sapore, un insieme di dolce e salato.
Ma non era ancora abbastanza.
Intrecciai le mie mani tra i suoi capelli, avvicinandolo ancora di più a me, cercando ancora più contatto.
I nostri busti erano premuti l'uno contro l'altro, ma non potevo ancora sentire la sua pelle.
Lui mi sollevò e portò  nella sua camera, distendendomi con cura sul suo letto, per poi scartare velocemente la sua maglia e fare lo stesso con la mia.
Era la prima volta che sentivo questa forte necessità di averlo vicino, era la prima volta che lo desideravo così tanto.
Insicuro passai la mia mano sui suoi addominali, guardando come i brividi percorsero la sua pelle esposta.
Seguii ogni curva del suo corpo, per poi aggrapparmi alla sua schiena per avvicinarlo di nuovo a me, bisognoso di un'altro bacio.
La sua pelle a contatto con la mia era bollente, quasi ustionante, ma era bello sentirlo così vicino, sentire come i nostri cuori battevano all'unisono, come colti in un discorso segreto.
Anche il resto dei vestiti furono persi in un batter d'occhio, e ben presto solo le lenzuola del letto ci coprivano e proteggevano dal resto del mondo.
 Passai le mie unghie sulla sua schiena, percorrendola tutta, contando ogni singola vertebra. Il suo caldo respiro era a contatto col mio collo, e la temperatura della stanza si fece sempre più calda.
La sensazione del suo tocco che percorreva ogni mio muscolo, sentire la sua bocca contro ogni singola parte del mio corpo, le sue pupille dilatate, era paradisiaco. 
Era affettuoso.
Era dolce.
Mi abbandonai a lui, sicuro della mia scelta, sicuro che era la cosa giusta perché non sarebbe potuta andare diversamente. 
Averlo così vicino, essere unito in modo così profondo a lui, era amore. 
E io lo amavo.
Ma lo sapevo che la nostra felicità non sarebbe potuta durare per sempre. 
 

Non rimasi troppo stupito quando, diversi mesi dopo ancora, finimmo su una notizia.
Eravamo stati troppo poco cauti, e ora ne avremmo pagato le conseguenze.
Ma cosa ci si poteva aspettare da due ragazzi di appena vent'anni? Cosa ne potevamo sapere noi della vita?
La notizia spopoló subito, e la sua carriera ne fu gravemente danneggiata, e non potevo sopportarlo.
Non volevo davvero distruggere la sua vita ancora una volata, non volevo essere un uragano.
Volevo solo amarlo, perché era così difficile per me amarlo? Perché tutte le persone possono essere libere di amare chi vogliono ma noi non potevamo?
Avevo distrutto tutto. Di nuovo.
Forse sarebbe stato meglio se fossi rimasto il vecchio me stesso, freddo, inflessibile, apatico.
Forse in questo modo nessuno si sarebbe fatto del male.
Non potevo guardarlo mentre tornava a casa distrutto, dalle fan, dai suoi manager, dal direttore e dai paparazzi.
Era troppo per lui, e lo capivo.
Non andava più bene.
Quindi fu una decisione presa a malincuore quella di fare le valige e partire.
Ogni singolo indumento che mettevo a forza nella valigia era una coltellata al cuore, e le lacrime non la smettevano di graffiare le mie guance. Le asciugai con rabbia, non sarei dovuto io essere quello che soffriva e piangeva, non quando Jimin stava affrontando la situazione con così tanto coraggio a differenza mia. Quindi per questo era un mio compito risolvere il problema, facendolo semplicemente scomparire dalla sua vita.
Ogni cosa che avevamo costruito fino a quel momento si spezzò, distruggendosi in tanti piccoli pezzi irrecuperabili. Il destino ci aveva proprio lanciato un tiro mancino, beffandosi di noi. Ci aveva uniti, poi fatti allontanare per poi unirci nuovamente, illudendoci che il nostro rapporto fosse possibile.
Mi diedi un pugno al petto e continuai a ripetere tra me e me ‘smettila di battere’.
Fece male, sì, ma non mi voltai indietro, non lo feci, per lui.
~~~~~~
Il periodo successivo fu il più difficile della mia vita.
Evitai tutte le sue chiamate, messaggi, tutto.
Uscii completamente dalla sua vita, e nell'arco di poco tempo la notizia del nostro rapporto fu dimenticata, considerata falsa perché 'il ragazzo non fu mai più visto'.
Io piangevo ancora ogni notte, perché sapevo che mi ero allontanato quando ormai era troppo tardi e che non sarei mai più riuscito a dimenticare, ma allo stesso tempo sapevo che non potevo più tornare indietro, perché avevo distrutto tutto.
Mi ero trasferito in Cina, e lì avevo trovato un nuovo lavoro. Mi aveva aiutato in tutto questo Namjoon, e non lo avrei mai potuto ringraziare abbastanza. Sapeva che prima o poi sarebbe successo, quindi fu subito pronto a darmi una mano.
La mia vita era ancora più solitaria di prima, soprattutto dopo che avevo avuto un assaggio di ciò che avrei potuto possedere.
Passarono mesi.
Passó  un anno. E dopo un anno le chiamate e messaggi  smisero di arrivare, e la cosa mi uccise ancora di più. 
Sapevo che non avevo il diritto, ma il fatto che mi cercasse ancora voleva dire che pensava ancora a me, mentre se aveva smesso voleva dire che ormai voleva lasciarmi indietro e che lo avevo ferito troppo.
Quell'anno a natale  Hoseok è gli altri mi costrinsero a tornare a Seul per festeggiare, e non appena misi nuovamente piede in Corea mi sentii male all'istante. 
Sapevo che non sarei dovuto essere lì.

La vigilia passó  tranquillamente, con un velo di malinconia che ricopriva tutte le mie giornate.
Non potevo né dovevo aspettarmi nulla no?
Hoseok si avvicinò a me 

-"Ancora a pensarci?" Annuii. 

-"Tae..." Mi abbracciò

-"So che non serve a molto, ma...in un modo o nell'altro  le cose si rimetteranno a posto"

-"E come?! È  tutto finito. Lo so. L'ho  perso"

L'avevo perso, ed era tutta colpa mia.
Amaro, amaro e triste. Amaro perché era solo sofferenza e dolore.
~~~~~~
Pochi giorni dopo lessi su internet  un articolo che mi lasció spiazzato.
'Idol Park Jimin si rifiuta di firmare un nuovo contratto con la sua casa discografica'
Oh...
Corsi da Jin, chiedendogli se ne sapeva qualcosa e lui mi rispose con un misero 'Pensavo lo sapessi già. È il tuo lavoro essere informato su tutte queste cose'.
Inutile, non erano informazioni utili, andai quindi anche da Yoongi, ma il risultato non fu molto diverso e quindi optai per Jungkook.

-"È un articolo un po' vecchio, di circa un mese fa. Non ha ristretto alcun contratto, neanche con case discografiche diverse. E penso sappiamo entrambi che sia per te Tae.  È  passato un anno, ma per nessuno di voi è  cambiato nulla"

Non riuscivo a decidere se quelle parole mi distrussero ancora di più o mi rassicurarono. Forse allora non si era ancora dimenticato di me. 
Forse....
 

Era il 31 dicembre, il giorno prima dell'anno nuovo.
Ero fuori con i miei amici, ma da tutta la sera avevo notato degli strani atteggiamenti in loro.
Sembravano molto tra le loro, a parlare sempre a bassa voce, ma decisi di non farci troppo caso: probabilmente era solo una mia impressione. 
I miei dubbi furono confermati nel momento in cui, mentre stavamo camminando in una via molto affollata, appena mi voltai loro erano scomparsi.
Dannazione. 
Provai a cercarli e chiamarli, ma  non riuscii a trovarli da nessuna parte e quei maledetti non risposero ad alcuna chiamata.
Ottimo modo per passare  capodanno.
Ad un tratto, quando mi ero spostato verso il margine della strada per riuscire almeno a respirare, una macchina si accostò vicino a me.
Appena il guidatore aprii lo sportello il mio respiro rimase bloccato in gola.
Mai e poi mai avrei dimenticato quella figura.

-"J-Ji-"

-"Sali" disse in tono un freddo e distaccato. Un tono che non avevo mai sentito prima, per questo decisi di non opporre alcuna resistenza.
Rimanemmo in silenzio mentre lui accendeva nuovamente il motore, facendo partire la macchina.

-"D-dove andiamo" dissi spaventato. Non sapevo cos'altro dire, non sapevo come rimediare a tutto ciò che avevo fatto.

-"Vedrai" disse di nuovo con un tono normale

Passarono altri minuti di silenzio, prima che lo ruppe nuovamente.
-"Sai qual è  la cosa peggiore? Che non riesco neanche ad essere arrabbiato con te" sentii un peso scivolare via.

-"PERÒ. Sono comunque arrabbiato. Come hai potuto fare una cosa simile? Partire senza neanche salutarmi e dirmi perché, senza neanche mai rispondere ad un messaggio" Si voltò verso di me mentre stava guidando. I suo occhi erano arrossati e adornati da delle profonde occhiaie violacee.

-"Io...pensavo che...dannazione, non volevo fare altri danni alla tua vita, non volevo che lasciassi il tuo lavoro per colpa mia. Come invece alla fine hai fatto. Scusa, scusami di tutto io...io ti amo ancora da impazzire, e scusami anche per questo. Ho sbagliato tutto lo so, lo so…Non mi aspetto neanche tu mi perdoni"

-"Tae...shhh, dai, non piangere. Io…ero solo preoccupato. Mi sono sentito così male quando te ne sei andato e non sapevo più che fare. " disse mentre fermava la macchina. 
-"Non hai fatto nulla di male, sapevamo entrambi come sarebbe andata a finire. Non ho più rinnovato il contratto perché sapevo che non avrei più retto questo tipo di carriera, probabilmente non ha mai fatto per me dall'inizio. Ho iniziato ad insegnare danza in una scuola per bambini. Certo, lo stipendio non è lo stesso, ma mi piace molto di più" Mi asciugó le lacrime con la stessa delicatezza della notte della sua dichiarazione.
-"E anche io ti amo esattamente come prima, anzi. Di più, e ora, te lo prometto, ora potremo stare insieme per sempre . Puoi tornare a vivere qui, puoi trasferirti da me. Ti piacerebbe?" Più lacrime percorsero il mio viso.
Mi bacio sulla guancia, prima di scendere dalla macchina e aprire il mio sportello, solo allora mi resi conto di dove eravamo.
Seoul tower.
Mi prese la mano e insieme ci dirigemmo pian piano verso la cima, laddove erano stretti contro le sbarre mille lucchetti di promesse d'amore. 
C'erano già molte persone, coppie per lo più, pronte a festeggiare il nuovo anno insieme.
Il conto alla rovescia cominciò. 
5 minuti.
Lo vidi inginocchiarsi di fronte a me, il mio cuore smise letteralmente di battere e i miei occhi si spalancarono.

-"Lo so che è  improvviso Tae. Però io so che non amerò mai nessuno come amo te. Lo so"
4 minuti.

-"Tu sei perfetto. Sei il mio piccolo uragano e non voglio mai più perderti. Non riuscirei a vivere senza di te"

3 minuti.
-"Tae...io voglio passare il resto della mia vita con te. Voglio donarti tutto il mio amore. Voglio invecchiare con te e svegliarmi ogni mattina con te al mio fianco. Saliva e alito mattutino compresi. Voglio litigare per poi fare subito la pace, e passare intere serate abbracciati sul divano a guardare distrattamente dei film"

2.
Tirò  fuori una piccola scatola dalla sua tasca e la aprí. Al suo interno c'era un semplice anello d'argento con un piccolo diamantino al centro. Era bellissimo. 

-"Vuoi sposarmi?"

1.
Il mondo si fermó intorno a me, le urla delle persone furono completamente bloccate. 
Sorrisi. Sorrisi perché quell'istante era dolce, ed era perfetto, e tutto era tornato come doveva essere.
Sapevo che non c'era bisogno di esitare o contemplare la risposta, perché per una volta in tutta la mia vita il mio cuore e la mia mente erano d'accordo. 

-"Si" dissi con appena un sospiro.

E  in quell'esatto istante scoppiarono i primi fuochi d'artificio. 
Dopotutto allora c'erano davvero, dopotutto il nostro amore era davvero quella perfetta via di mezzo tra passionale e domestico.
E lì, sotto quel cielo stellato coperto dai più disparati colori dei fuochi lo abbracciai, per poi serrare la nostra promessa con un bacio.
La prima fase era appena finita, il nostro errore giovanile aveva trovato la sua soluzione, ora non poteva esserci altro che dolcezza.
Una dolcezza eterna.

-"Ho un'altra sorpresa per te" disse un po' di tempo dopo, mentre ci stavamo godendo da abbracciati quello spettacolo che si proiettava davanti ai nostri occhi.

-"Ancora? Aishh, smettila di essere così buono con me" tirò  fuori dalla tasca un lucchetto, e capii subito.
Lo guardai con amore, mentre insieme scrivemmo le nostre iniziali su di esso, per poi chiuderlo definitivamente, appendendolo a tutti gli altri che erano già  lí.
Il mondo poteva pure guardare, anzi, meglio ancora, perché in questo modo si sarebbe reso conto che nulla, NULLA, ci avrebbe mai più separati.
 

Cos'è l'amore? Fu la domanda da cui partì tutto questo, e all'inizio io non avrei saputo dare risposta, mi sarei limitato a lamentarmi della mia penosa vita, e avrei finto indifferenza e apatia, ma ora era diverso.
L'amore è  un'insieme di emozioni. L'amore è  un fuoco vivo, che se stai troppo vicino ti può bruciare.  Ma l'amore è  anche acqua, essenza stessa della vita.
L'amore è  fatto di alti e bassi, ma nessun ostacolo è  insormontabile se ci credi davvero.
L'amore è dolceamaro, ma insieme i due sapori sono semplicemente perfetti,e questa storia ne è  la dimostrazione.
 L'amore è come una montagna russa, un'avventura, e la mia avventura la racconterò volentieri alla nostra futura famiglia.
 
-Kim Taehyung
 
 
 
 
 
 
 
 
 
YEEEEEEEEEEEEEY. Finalmente l’ho finita.
Spero davvero tanto vi sia piaciuta, e perdonate il mese e passa di assenza, ma hei…vacanze di natale…
Detto questo, fatemi sapere tutti i vostri pareri ^^
GRAZIE MILLE A TUTTI QUELLI CHE L’HANNO LETTA E SEGUITA, VI ADORO.
 
 
PS. Se amate la Jikook come me (heheh) andate a dare un’occhiata alla nuova storia che sto scrivendo, ‘My little monster’
Grazie mille di tutto
Sydrah~

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