Cambiare il destino

di _TattaFede_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Novità a Forks ***
Capitolo 2: *** Amara verità ***
Capitolo 3: *** Conoscersi ***
Capitolo 4: *** Blackout ***
Capitolo 5: *** Crescere ***
Capitolo 6: *** Equilibrio ***
Capitolo 7: *** Balli e imprevisti ***
Capitolo 8: *** Verità che fanno male ***
Capitolo 9: *** Non essere unici al mondo ***
Capitolo 10: *** Attimi di follia ***
Capitolo 11: *** Voglio te ***
Capitolo 12: *** Ricordi ***
Capitolo 13: *** Chiamate e ritorni ***
Capitolo 14: *** Decisioni ***



Capitolo 1
*** Novità a Forks ***


Nuova pagina 1

Salve, mi chiamo Federica e questa è la mia prima ff.

Devo fare una piccola premessa: Nathan Whellens è stato "costruito" da me e dal mio tesorino Lady Anderson... Abbiamo deciso alcune caratteristiche di questo nuovo personaggio, ma posso assicurarvi che le due storie piano piano prendono strade sempre più diverse. Ho deciso di pubblicare i miei capitoli qui, perché è il mio regalo (in ritardo) per la persona che mi ha fatto conoscere questo sito.

Spero che la mia creazione (che parolone!) vi piaccia. Commentate per favore! Accetto qualsiasi tipo di commento!

 

 

 

 

 

1 – NOVITA’ A FORKS

 

Una leggera pioggiarellina stava cadendo… un normale essere umano non avrebbe udito mai quei minimi rumori, con un nonno che russava e il ticchettio della sveglia, ma io ne era in grado.

Ero sdraiata nel letto che una volta era appartenuto a mia madre, ma anche quella notte avevo dormito poco e niente.

Accidenti. È la terza notte di fila che non chiudo occhio!

Mi ero girata e rigirata nel letto, due o forse tre milioni di volte, ma il sonno non arrivava. I pensieri così viaggiavano… chissà cosa staranno combinando mamma e papà con Tania e gli altri…

Edward e Bella Cullen erano partiti infatti un paio di giorni prima alla volta di Denali, per far visita all’altro clan vegetariano, mentre il resto della famiglia era in giro per il mondo.

Papà anche questa volta non ha voluto che restassi da jacob… uffa… più si va avanti e più è geloso…e anche mamma non scherza!però devo dire che alla fine sono contenta… è divertente vivere con Charlie.

Tic,tic,tic. Mi girai al suono acuto della sveglia e la spensi scocciata.

Un altro giorno di scuola stava per iniziare. Evviva.

Presi i primi vestiti che mi capitarono tra le mani e me li infilai con svogliatezza, prima di uscire dalla stanza per andare in cucina.

-ciao nonno…

-ciao Nessie! Come va? Dormito un po’ stanotte?

-a dir la verità per niente…

-perché non provi a chiamare Carlisle? Forse lui ti può aiutare… meglio evitare dottori normali.

Mio nonno è unico. Non so proprio come faccia a essersi abituato alla famiglia-stranezze senza sapere niente di preciso.

-no grazie nonno… aspetto altri due giorni prima di chiamarlo… i cereali ci sono?

-si tesoro sono nella credenza…

Io e mio nonno facemmo colazione insieme, in silenzio. Era questo il bello di Charlie, poche parole dette al momento giusto, senza troppe frivolezze.

All’improvviso il rumore di una moto nel vialetto mi fece schizzare.

-ecco jacob… io scappo a scuola nonno!

-ok piccola, però se non ti senti bene non esitare a chiamarmi… non farmi preoccupare per favore…

-si nonno. Baci!

Un “saluta jacob” si sentì provenire dalla casa, ma ormai avevo già chiuso la porta e mi stavo dirigendo verso il ragazzo in sella a una moto nera.

-ciao Ness! Come va? Sembri stanca.

-ehi Jake… no tutto bene! Sono solo andata a dormire un po’ tardi perché sono rimasta a giocare a carte con nonno.

Salii in moto e mi misi il casco. C’era qualcosa che mi “bloccava” nell’ultimo periodo con il mio licantropo preferito. Non mi va di dirgli che ultimamente dormo poco e male, altrimenti attacca con il terzo grado!

Erano passati appena due minuti e già ero davanti l’ingresso della scuola. Scesi dalla moto e mi tolsi il caso che diedi subito a jacob.

-grazie Jake.. ci vediamo stasera. Nonno ha detto che mi passa a prendere lui all’uscita.

-ah ok… allora a stasera.

E mi stampò un bacio sulla guancia. Sorrisi un poco a quel contatto, ma fu solo un istante.

Jacob schizzò via con la sua moto e all’improvviso mi sentii tirare per lo zaino.

-ehi Kate… che delicatezza stamattina! Che succede?

-dobbiamo andare… non possiamo rimanere qui… tra poco arriverà il nuovo arrivato e dobbiamo sembrare disinvolte… anzi io devo sembrare disinvolta visto che a te la cosa non tocca affatto… tu hai il tuo jacob!

-per l’ennesima volta Kate… io e jacob non stiamo insieme!

-si come no…

In quell’istante era arrivata l’altra mia amica, Elizabeth, ma per tutti era semplicemente Beth.

-ciao Nessie... Kate sta già impazzendo per l’evento del secolo?

-a quanto pare…

-si si… prendete in giro voi due! però non voglio fare brutta figura, dicono che il nuovo arrivato è mooolto carino!

-dimmi l’ultimo ragazzo che non hai trovato carino!

Kate fece la linguaccia e si sistemò meglio i lunghi capelli biondi, mentre io ridevo divertita della faccia rassegnata di Beth.

Campanella. Stava per iniziare un altro giorno di noiose e interminabili lezioni per me.

Seguii le mie migliori amiche nell’aula di trigonometria e come al solito ascoltavo con mezzo orecchio quello che mi diceva Kate. Ma, al nome di Angela Parker, la mia attenzione si concentrò su di lei.

Kate iniziò a raccontarmi la storia del nuovo arrivato. Da quello che si diceva in giro, Nathan Whellens era un diciassettenne un po’ particolare: a Detroit aveva combinato qualche danno, così era stato spedito dai suoi zii, Angela e Ben Parker. Gli ex compagni dei miei genitori ora vivevano un po’ fuori da Forks, e avevano accettato di occuparsi del nipote problematico. Quante di queste voci saranno vere? Forks sembra fatta apposta per ingrandire le cose.

Le ore successive erano trascorse tranquille come al solito, fino a quando qualcosa non cambiò la monotonia della giornata.

Da appena due minuti ero entrata nella classe di spagnolo, quando il nuovo ragazzo entrò nella stanza. Sembrava un ragazzo normale, ma i lineamenti erano dolci e tutto era reso stranamente perfetto da occhi verdi.

Mi ritrovai a osservare quel nuovo elemento. I miei pensieri però furono subito interrotti da Kate, che mi aveva dato una botta sul braccio.

-cavolo non erano solo voci! È proprio bello!

-Kate abbassa la voce… non vorrai fare una figuraccia il primo giorno!

-hai ragione… mi vado subito a presentare!

La mia amica si era fiondata subito vicino alla porta, punto dal quale Nathan osservava la classe in cerca di un posto vuoto.

Decisi di aiutare la mia amica, così presi i libri e andai a sedermi al posto di Kate, vicino a Andrew, che chiaramente mi guardava a occhi spalancati.

A volte odio quando mi guardano così…

Intanto Kate si era messa al mio posto e come previsto il suo compagno di banco era Nathan. la ragazza si girò verso di me e mi fece l’occhiolino. Io ricambiai lo sguardo d’intesa.

È così facile far contenta Kate…però è una brava ragazza e soprattutto una buona amica. Mi dispiace nascondere a lei e a Beth il mio potere. Ma è necessario.

La professoressa aveva iniziato la spiegazione e questa volta non furono i disegni sul quaderno che facevo di solito a distrarmi, piuttosto Nathan. era due posti davanti a me e la mia posizione mi permetteva di vedere solo i suoi capelli castano chiaro.

Una cosa mi spiazzò del tutto. Il suono della campanella.

Come è possibile che sia già suonata la campanella? Accidenti mi  sembrava che la lezione fosse iniziata da appena 5 minuti!

Fui raggiunta in un baleno da Kate.

-ehi allora?

-grazie mille per il posto! C’è qualcosa che mi attrae in lui… sembra diverso… ma è così dannatamente scostante!

-in che senso? Non mi sembravi offesa…

-non so… ad esempio gli ho chiesto se voleva venire a pranzo al nostro tavolo

-e?

-e ha detto di si... ma sembrava non gli facesse né caldo né freddo… è ambiguo!

Ci stavamo avvicinando alla mensa, quando Beth ci raggiunse e Kate ne approfittò per fare un veloce resoconto all’amica.

-perciò mangerà insieme a noi tre?

-si!

-Kate scusa ma non mi sembra una buona idea.

-e per quale motivo?

Beth mi guardò.

-che c’è???- chiesi allarmata.

-beh Ness lo sanno tutti l’effetto che fai ai ragazzi. Magari Nathan non se ne sarà accorto durante la lezione, ma non credo che riuscirà a sfuggire al tuo fascino ancora per molto.

Guardai Kate. Aveva il viso di una che si è appena accorta di aver fatto l’errore più grande della sua vita.

-ragazze non esageriamo!

Mi guardarono accigliate. Odio essere d’intralcio alle mie amiche.

-se volete mi siedo altrove… almeno il mitico Nathan  non sarà sotto “il mio controllo” e Kate avrà via libera.

-no Ness grazie, te sei un altro test per vedere se magari gli interesso veramente.

-va bene… farò come mi dici te.

Arrivati in mensa ci accomodammo al solito tavolo. Kate scattò subito e quasi corse verso l’entrata, dalla quale era appena entrato Nathan. il ragazzo cercò di simulare un sorriso, però senza particolari risultati. Kate lo portò fino al nostro tavolo e fece le presentazioni.

-Nathan lei è Elizabeth, detta da tutti Beth…

Lui guardò verso l’amica seduta vicino a me.

-lei invece è Reneesme, più semplicemente Nessie…

-piacere- accennammo io e Beth, quasi contemporaneamente.

-piacere mio- aveva risposto con cortesia forzata, infatti era facilmente riconoscibile una nota di  freddezza.

È davvero ambiguo.

Il pranzo procedette tra le chiacchiere di Kate, alcune battute di Beth e le risposte monosillabi di Nathan. io mi limitavo a mangiare un pezzo di pizza e a dire qualche parola ogni tanto.

Cerca di intervenire il meno possibile. Non metterti in luce. È per Kate.

Una volta finito il pasto, scoprii che anche Nathan avrebbe avuto educazione fisica insieme a me, mentre Kate e Beth sarebbero andate alla lezione di letteratura.

Il tragitto dalla mensa alla palestra fu silenzioso e sinceramente preferii così.

La lezione fu tranquilla. Il professore ci aveva diviso in squadre per fare degli esercizi, così ebbi tutto il tempo per osservare il comportamento di Nathan. Era bravo negli sport, ma questo si notava anche solo dall’aspetto fisico, abbastanza muscoloso.

-ragazzi devo dirvi una cosa. Allora ho parlato con la preside e ci ha accordato il permesso per fare 4 lezioni in piscina. Comunque ne riparleremo prossimamente.

Notai che un leggero sorriso comparve nel volto di Nathan. Nessie perché lo fissi? Non fare la sciocca.

Il professore ci congedò e io e gli altri ragazzi al cambio dell’ora ci dirigemmo verso le lezioni successive.

Come ogni giorno, c’era qualcuno all’uscita che era venuto a prendermi, però quel giorno sarebbe stato il nonno e non Jacob.

-ciao tesoro… come è andata a scuola?

-bene nonno… oggi è arrivato un nuovo alunno da Detroit… è un tipo un po’ strano.

-l’ultima novità qui a Forks che veniva da un'altra città è stata tua madre… meno male che è arrivata lei! Mi ha sempre viziata un sacco per quanto riguarda faccende di casa e roba simile.

-a proposito della mamma… ma ieri non ha chiamato nemmeno te?

-no perché?

-in genere telefona tutti i giorni.

Mio nonno si accomodò meglio sul sedile dell’auto.

-nonno cosa mi stai nascondendo?

-niente tesoro!

-si come no.

-facciamo finta che te non ti sei accorta di niente ok?

Feci di si con la testa. Eravamo appena arrivati a casa e stavo andando verso la porta di casa, tallonata dal nonno. Aprii la porta e subito sentii un odore particolare, di vampiro.

-Mamma! Papà!

-ciao piccola!

Mi ero letteralmente fiondata su di loro. I miei genitori, che ormai assomigliavano a dei fratelli in quanto ad aspetto fisico, erano sempre stati più che fondamentali per me.

-ma che ci fate qui? Non dovevate restare a Denali un'altra settimana?

-ehi calmati tesoro... quante domande! Si dovevamo restare un altro po’ però tuo nonno ci ha chiamato ieri e ci ha detto che non dormi bene ultimamente… io e tuo padre ci siamo preoccupati un pochino e siamo tornati prima… che succede piccola? Non ti senti bene?

Mi girai verso il nonno.-grazie mille… ti avevo chiesto di non dirgli niente altrimenti si sarebbero precipitati qui!

-avanti Reneesme –intervenne mio padre- non prendertela con tuo nonno… c’è comunque qualcosa che non va?.

-no papà tutto ok!

-va bene… senti perché non prendi la tua roba così torniamo a casa?

-mamma per favore posso rimanere questa notte? Sto bene con il nonno.

Charlie si illuminò con un sorrisone.

-ok, come vuoi, ma almeno accompagnaci a casa! Poi ti riportiamo noi… che ne dici?

-va bene… allora andiamo, così poi posso preparare la cena.

Prendemmo la Volvo di papà, parcheggiata poco distante da casa. Una volta arrivati a casa nostra, mi accorsi nuovamente che c’erano più profumi familiari nell’aria.

-nooooo! Ci sono tutti vero?

I miei genitori risero.

-si tesoro mio… sono tutti dentro ad aspettarti.

In casa c’era infatti tutta la famiglia al completo. Erano venuti dalle varie parti del mondo per festeggiare insieme il Natale.

-Ma mancano ancora 3 settimane!

Fu zia Rose a rispondere. –va bene confessiamo. Ci mancavi e allora siamo venuti un po’ in anticipo.

La serata si era svolta tra i racconti dei vari familiari, tutti in giro per il mondo e con diverse esperienze da riferire. Si erano aggiunti al gruppo anche Jacob, Sam, Emily e Quil.

Ad un certo punto mio padre mi chiese se volevo andare lo stesso dal nonno oppure rimanere lì ancora un altro po’.

-no papà vorrei andare dal nonno. Mi starà aspettando e poi voglio provare a dormire un po’.

Così presi un po’ di vestiti nuovi dal gigantesco armadio (giusto per non far innervosire zia Alice) e salutai l’intera famiglia.

Una volta in macchina, mio padre rimase in silenzio per un po’, così gli chiesi se andava tutto bene.

-perché non hai lasciato che la mamma venisse con noi? Non è da te!

-ahah hai ragione... però volevo parlare un po’ con te.

Era impossibile avere un segreto con un padre che legge nel pensiero.

-di cosa di preciso?

-tesoro non ho detto niente alla mamma, perché non voglio che si preoccupi…

-ah certo te invece rimani sempre tranquillo.

Mio padre sfoderò uno dei suoi soliti sorrisetti.

-hai ragione. Sono peggio della mamma a volte! Però davvero vorrei sapere se c’è qualcosa che non va con Jacob. Quando è entrato insieme agli altri, eri felice ma allo stesso tempo ti sentivi chiusa.

-ricordami di ringraziare zio Jasper.

-non cambiare discorso.

-vedi papà è da qualche giorno che ci penso. Con Jacob ho un rapporto diverso rispetto agli altri, anche le mie amiche se ne accorgono.

A quelle parole mi voltai verso il finestrino, anche se sapevo che papà avrebbe lo stesso notato le guance rosse (certi discorsi era meglio farli con una madre).

Ripresi il discorso. –però nemmeno io riesco a definire cosa sia per me. Ormai non sono più una bambina.

-si potrebbe dire che non lo sei mai stata

-sai cosa intendo. Lui non fa niente per chiarire questa situazione e io non voglio fare il primo passo. E…

-e non sei sicura di ciò che provi nei suoi confronti.

Lo guardai. –si è così.

-beh piccola devo dire che un nuovo arrivato ti mette parecchio in crisi.

-papà non è come pensi. È solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E poi potrei dire la stessa cosa di te.

Ci sorridemmo.

-Non posso darti torto. Sai che in certe cose non voglio immischiarmi troppo. So che hai la testa sulle spalle perciò l’unica cosa che posso consigliarti è di parlare con Jake.

-si lo so. Ma grazie comunque papà.

Lo abbracciai. Lui mi diede un bacio sulla fronte, come faceva ogni sera prima che andassi a dormire.

-dai fila a letto. Tua madre altrimenti potrebbe sospettare di qualcosa.

-non le dirai niente?

-per ora no.

-grazie papà… buonanotte. Ci vediamo domani.

-si tesoro. buonanotte e cerca di dormire. Ti voglio bene.

Mio nonno era ancora sveglio, lo salutai e andai subito in camera mia.

Finalmente dormii un po’.

 

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Capitolo 2
*** Amara verità ***


Nuova pagina 2

Ecco il secondo capitolo… ringrazio tutti quelli che mi hanno aggiunta ai preferiti, alle storie seguite e chi ha semplicemente letto la storia!

 

Buona lettura!

 

 

2 – Amara verità

 

Passarono due settimane dal ritorno dei miei genitori e dall’arrivo di Nathan.

La situazione non era cambiata molto: mio padre era rimasto fuori dalla mia vita privata e Jacob non fece di certo il primo passo spontaneamente. Anche sul fronte “Nathan” non c’erano novità, infatti il ragazzo si era continuato a dimostrare scostante sia con me che con gli altri.

Era l’ultimo giorno di scuola prima le vacanze di Natale e tutti erano in fermento tra saluti e auguri. Tutti tranne uno. Ma in quelle due settimane avevo imparato a tenere lontano dalla mia mente il nuovo arrivato, perciò non ci feci troppo caso.

All’uscita da scuola, dopo aver salutato Beth e Kate, andai al solito posto, dove mi aspettava Jake con la macchina.

-ciao Ness!

-ciao Jake… come mai la macchina?

-devo portarti in un posto e non avevo voglia di bagnarmi.

-cosa c’è? Missione top secret?

-una mezza specie… niente domande per favore.

-come vuoi.

Siamo finalmente giunti al momento della verità? Spero solo di non rovinarmi le vacanze.

La strada percorsa da Jake era quella che conduceva alla riserva Quileite.

-ehi ma stiamo andando alla spiaggia?

-proprio così…

Altri 5 minuti di macchina e poi il licantropo mi disse di scendere.

Mi portò proprio sulla riva del mare e lì facemmo una piccola passeggiata.

- Jake spara… lo so che mi devi dire qualcosa, non sai nascondere i segreti.

-già è vero… e poi te mi conosci molto più degli altri.

-non sei poi così difficile da capire.

-l’opposto di te a quanto pare.

-non ti seguo. Lo sai che odio i giri di parole.

-ok…  Tuo padre mi ha consigliato di parlare un po’ con te. È stato un po’ misterioso, ma mi ha fatto capire che era ora che tu sapessi tutta la verità.

-in merito a cosa scusa? Alla fine di questa conversazione saprò se ringraziare mio padre.

- Ness te sai che tra noi due c’è un rapporto particolare e che si chiama imprinting, giusto?

-si… ma mi hai sempre detto che me lo avresti spiegato un giorno, ma ancora non so cosa è di preciso.

-beh sai che noi lupi siamo un po’ più “profondi” in certe cose rispetto ai vampiri.

-continuo a non seguirti.

-hai presente Emily e Sam? Loro hanno subito l’imprinting.

Ero spiazzata. Cercai di mantenere un contegno e di non far trasparire il mio stato d’animo.

-continua Jake

-l’imprinting è una specie di magia… e se un lupo incontra la sua anima gemella subisce il suo effetto.

Lo fissai alcuni istanti. Poi le parole vennero fuori lentamente, molto lentamente.

-questo vuol dire che io e te siamo… anime gemelle?

-si.

-e lo sai praticamente da quando sono nata.

-si.

Mi sedetti su un masso. Mi girava la testa e non era normale per una mezza vampira.

-perché non me lo hai detto prima?

-pensavo fosse abbastanza chiaro. Quello che provo io lo provi anche te.

- Jake perché devi sempre dare tutto per scontato?

 -in che senso scusa?

-hai mai pensato che magari avevo il diritto di saperlo un po’ prima? Sai sono stata abbastanza precoce e penso che sarei riuscita a capire la situazione. È vero… tra noi il rapporto è sempre stato particolare, ma non… non credevo fino a questo punto… e poi… tutti gli altri lo sapevano?

-si certo che lo sapevano.

-meraviglioso! Ero l’unica a essere all’ oscuro di questa cosa!

-ho chiesto io agli altri di mantenere il silenzio e di non spiegarti troppi particolari… volevo essere io a dirtelo.

-alla buon ora!

-non capisco perché sei così infuriata. È da quando sei nata che ti ho fatto capire il mio amore.

- Jake ma senti quello che dici?  Da piccoli non si distinguono i diversi tipi di amore. Per me eri come un fratello.

-oddio questa già l’ho sentita. E poi non mentire a te stessa! È sempre stato palese cioè che provavamo!

-e  non ti è mai venuto in mente che a me potrebbe non andare bene?

Gli crollò il mondo. Il viso di Jacob era a dir poco inorridito.

-Jake ascolta… è vero forse sto solo mentendo a me stessa e forse questa cosa era palese, non lo so nemmeno io sinceramente. Ma tu dovevi dirmelo prima! Non puoi pretendere di tenermi nascosta una cosa del genere e poi volere che mi metta a saltare per la gioia. Sai che odio non sapere le cose! Hai mai pensato che magari vorrei essere io a decidere della mia vita e non una magia?

Calmati. Stavi per dire stupida magia. Calmati.

-pensavo saresti stata

felice di chiarire il nostro rapporto!

- lo sono! È da un pezzo che stavo aspettando questo momento! Evidentemente non mi conosci ancora abbastanza bene Jake…

-ora vuoi farmi una colpa perché non te ne ho parlato prima? Non hai pensato che forse così eri più libera di decidere?

-ma fammi il piacere! Se si parla di libero arbitrio si devono mettere in tavola tutte le carte!

A quel punto me ne volevo andare. Mi alzai, però Jacob mi afferrò il polso e mi costrinse a girarmi. Poi mi baciò.

Era un bacio strano. Se era possibile associarlo a stati d’animo sarebbe stato un mucchio di cose: rabbia, sfogo, perdono.

Ma di chi erano quelle sensazioni? Di certo nella rabbia mi riconoscevo. Lo sfogo e il perdono erano dalla parte del licantropo.

Ho sperato un mucchio di volte che questo bacio non fosse solo fantasia. Lo immaginavo così? No di certo. Mi ero sempre sognata un bacio dolce, delicato, anche un po’ sdolcinato forse. Cosa mi succede? Sono davvero io?

Quando ci staccammo sul volto di Jacob si intravedeva la speranza di avere una nuova possibilità. La possibilità di essere perdonato e incominciare tutto da capo, come una coppia.

Io invece ero confusa.

-scusa Jacob. Ho bisogno di tempo..

E corsi via. Non sentivo rumori provenire dietro di me, segno che il licantropo non mi stava seguendo. Passai per il bosco in modo da non essere vista da nessuna e corsi all’impazzata, il più velocemente che potevo.

Aprii la porta di casa in modo violento. Appena fui in grado di vedere attraverso le lacrime, mi accorsi che i miei genitori erano già a casa.

-tesoro mio che è successo?

Mia madre era arrivata davanti a me con un balzo. Cercò di asciugarmi il volto umido, invano.

-mamma ti prego. Lasciami andare in camera mia. non credo di farcela a raccontarti tutto in questo momento.

Le diedi un bacio sulla guancia e la sorpassai di corsa. La sentivo chiedere spiegazioni a mio padre, ma lui rispose solo che era il momento dello sfogo e che poi sarei stata io a dirle tutto. E intanto piangevo. Piangevo tutte le mie lacrime. Mi sentivo priva d’importanza, non compresa da nessuno.

Dopo un po’, forse 5 minuti o forse mezz’ora, mia madre bussò alla porta. Era il momento delle spiegazioni.

-entra mamma.

Socchiuse la porta lentamente e si accomodò sul letto vicino a me. Io le poggiai la testa sul petto, proprio come facevo da piccola prima di addormentarmi.

-ti va di raccontarmi quello che è successo? O vuoi ancora piangere un pochino?

-papà non ti ha detto proprio niente?

-no tesoro. dopo penserò a fargli una bella ramanzina ma ora l’importante sei te.

Un leggero colpo di tosse si sentì arrivare dal salotto. Io e mia madre ci sorridemmo.

-scusa papà. Mamma… oggi ho parlato con Jacob. Dell’imprinting.

Parlai senza smettere, fino alla fine. Raccontai di come mi ero sentita, di come avrei sperato che la verità venisse prima a galla. E parlai di Nathan. Mia madre mi ascoltò in silenzio, senza mai la minima interruzione o domanda.

Quando finii prese finalmente la parola.

-Vedi piccola mia, Jacob prova qualcosa di veramente forte per te e non voleva di certo che te ti sentissi in questo modo. Io e tuo padre avevamo parlato più volte a lui della possibilità di rivelarti tutto, ma lui si è sempre ostinato a dire che ci avrebbe pensato lui, che era compito suo dirtelo. Così abbiamo deciso di non interferire. Sapevamo che più tempo trascorreva e più forse ci saresti rimasta male all’inizio. Ma a quanto pare questo Nathan ha complicato e accelerato ancor di più le cose.

-Mamma non è colpa di Nathan. Anzi quasi non ci parliamo. Con lui è stata solo una attrazione fisica durata quanto? Un paio di giorni.

-poteva anche durare anche solo 5 minuti quell’attrazione fisica, però bastava a confonderti e a farti capire che ci sono diversi tipi di amore. Prima che tu nascessi, nel periodo che tuo padre se ne andò, Jacob era diventato per me un punto di riferimento. Per me era un fratello, ma lui non provava lo stesso. Per lui ero qualcosa di più. E quando tuo padre tornò, fu difficile per me avere entrambi vicini. Sapevo che più tempo sarebbe trascorso e più era alta la probabilità che te ti prendessi una cotta per qualcuno. Perciò posso solo dirti di prenderti il tuo spazio, di pensare solo a te stessa  per far ordine nei tuoi sentimenti. Quando avrai tutto chiaro, farai quello che senti. Da me hai ripreso la testardaggine e il voler fare quello che si ritiene più giusto.

Papà busso sulla porta già semiaperta.

-posso entrare?

-certo… -risposi

Mio padre si mise nel lato libero del letto e avvolse me e la mamma con un braccio.

-piccola mia sai che io e tua madre saremo sempre qui a proteggerti e a consolarti, ma davvero devi fare solo ciò che vuoi veramente. Ogni mattina, quando ti alzi, ringrazio dio o non so cosa di tre cose: che tua madre sia venuta a Forks, che mi abbia accettato per quello che sono e soprattutto ringrazio del fatto che abbia deciso di tenerti. La cosa più brutta per me è sapere che non avrei potuto tenerti tra le mie braccia quando eri piccola e di correre il rischio di consolarti in questi momenti. Perciò non conta ciò che farai e se sarà la scelta giusta, l’importante è che noi tre siamo qui uniti, e se commetterai qualche errore io e tua madre saremo sempre qui a consigliarti.

Li abbracciai entrambi e nel silenzio che si era creato dopo quel discorso emergeva solo la mia gratitudine e il loro immenso affetto per me.

 

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Capitolo 3
*** Conoscersi ***


Nuova pagina 1

Ecco finalmente il terzo capitolo! Scusate ma la scuola mi ha tenuta parecchio impegnata ultimamente… ancora una volta grazie a chi ha letto, ha aggiunto la storia ai preferiti o alle storie seguite.

Mi raccomando commentate!

 

 

 

3 – Conoscersi

 

Le vacanze di Natale erano state molto travagliate. Durante la prima settimana, più volte Jacob si era precipitato a casa mia, ma io avevo preso una decisione: volevo essere lasciata in pace, libera di decidere della mia vita. I miei genitori per fortuna mi aiutarono e parlarono con il licantropo, ogni volta che questo ci faceva visita. Poiché io ero ciò che aveva stabilito una specie di pace tra i lupi e i vampiri della mia famiglia, anche il rapporto con l’altro gruppo fu un po’ teso. I lupi avevano interpretato il mio rifiuto momentaneo come una specie di offesa nei confronti della loro cultura, così si preferì passare il Natale separati. La seconda settimana, invece, ero stanca di tutta quella situazione particolare e decisi di passarla a Denali con la zia Rose e lo zio Emmet. Da una parte fu difficile partire: volevo passare l’ultimo dell’anno con i miei genitori, mio nonno e il resto della famiglia. Tania e gli altri furono come al solito gentilissimi e tutto sommato mi risollevarono un po’ il morale. Ritornai a Forks l’ultimo giorno di vacanza, pronta per riprendere la mia vita scolastica, senza far trasparire troppo il mio stato d’animo.

Mia madre mi svegliò con un bacio sulla fronte.

-buongiorno… pronta per il ritorno a scuola?

-si credo di si… spero solo che Jacob non ne approfitti per farmi un agguato…

-non preoccuparti… credo abbia capito che non è il caso di essere troppo pressanti in certe cose.

Feci colazione e poi papà mi accompagnò a scuola. Le mie amiche già mi stavano aspettando nel parcheggio.

In pochi minuti ci eravamo raccontate tutto quello che avevamo fatto durante le vacanze. Beth era andata dai suoi nonni a Port Angeles, mentre Kate era rimasta a casa.

-cavolo non sapete chi ho incontrato un giorno!- esordì la bionda Kate.

- Brad Pitt o Tom Cruise?- la prese in giro l’altra amica. Io risi.

-avanti scema, non prendermi in giro! Comunque ho visto Nathan…

Mi bloccai per un momento. Per fortuna le mie amiche non se ne accorsero. –dove?

-io ero appena uscita dalla locanda… e lui era insieme alla cuginetta e credo stesse aspettando che arrivassero gli zii.

-vi siete salutati? – indagò Beth.

-a dir la verità mi ha salutata lui per prima… l’ho visto anche sorridere alla cuginetta che teneva in braccio! Ma a parte ciao non ci siamo detti nient’altro.

-a quanto pare anche il nostro Nathan Whellens ha un cuore!

Le prime tre ore trascorsero normalmente. La quarta fu un po’ agitata, ma solo per me.

Io, Beth e Kate entrammo per ultime nell’aula di spagnolo. Quasi tutti avevano preso posto ormai e tra questi c’era anche Nathan. lo osservai per qualche secondo: non era cambiato niente in lui. Sembrava come al solito un po’ scontroso, cosa che non si addiceva poi molto a quei dolci lineamenti.

Vorrei così tanto vederlo sorridere.  

Come al solito in mensa Nathan si sistemò al tavolo con noi e come al solito non disse una parola.

Se Kate non glielo avesse chiesto, si sarebbe sempre seduto da solo. Credo che ormai lo faccia solo per cortesia di venire al nostro tavolo.

E questo andamento monotono dei pensieri e delle azioni proseguì per un’altra decina di giorni. Tutto cambiò dentro di me durante la prima lezione in piscina. Il professore di ginnastica era riuscito ad avere il permesso di portarci nella piccola piscina di Forks per alcune lezioni.

Dopo esserci cambiati nello spogliatoio il professore ci disse di entrare in acqua e di fare un paio di bracciate per riscaldarci un po’. Come era prevedibile, i ragazzi della mia classe mi guardarono abbastanza insistentemente.

Fortunatamente non c’è qui mio padre. Così non ho morti sulla coscienza.

Poi cercai Nathan. Era ancora l’unico fuori dall’acqua e stava parlando con il professore.

Cosa si staranno dicendo?

Guardai il corpo del ragazzo. Sembrava perfetto. Le linee, come quelle del viso, erano dolci e risaltavano la muscolatura, sviluppata al punto giusto. Mi accorsi che non ero l’unica ad aver notato il fisico atletico di Nathan. Poco più in là c’erano infatti altre due ragazze che stavano ridacchiando sotto voce.

Che idiote. Ci vuole una bella faccia tosta a mettersi a fare le galline in quel modo.

In quel momento Nathan si girò. Per meno di un secondo il nostro sguardo si incrociò. Pregai di non essere diventata rossa e che nessuno avesse notato. Speravo che soprattutto lui non ci avesse fatto caso.

Poi si tuffò e iniziò a nuotare vicino un lato della piscina. Ogni movimento era esperto ed elegante e mi accorsi che tutta la classe si era incuriosita e stavano guardando Nathan.

Il professore chiarì la situazione. –ragazzi Nathan non si allenerà con voi perché ha deciso di riprendere nuoto agonistico. Mi ha chiesto di seguirlo perciò approfitto di queste ore qui in piscina per allenarlo. Ora iniziate gli esercizi.

Il resto della lezione non fu niente di particolare e poi io continuavo a fissare Nathan.

In un’intera ora non si era quasi mai fermato e continuava a mantenere un ritmo regolare e per niente stanco.

Alla fine della lezione tutti uscirono dall’acqua e andarono negli spogliatoi. Seguii il loro esempio, anche se una parte di me voleva continuare a rimanere lì a fissare Nathan. Mi feci la doccia il più velocemente possibile e poi, invece di uscire insieme agli altri, mi sedetti su uno scalino della piscina.

- Cullen non vai insieme agli altri nell’autobus?

-oh si certo professore… è solo che gli altri non avevano ancora finito di prepararsi… e nello spogliatoio faceva caldo…

Mai raccontato una bugia peggio di così!

Per mia fortuna il professore fece finta di credermi. –va bene ma attenta che l’autobus non parta senza di te.

Mi spuntò un sorrisino di gratitudine.

Appena tornai a guardare la piscina capii che Nathan si era accorto di me.

Cosa cavolo faccio ora?

Problema risolto. Fu lui a parlarmi.

- Cullen sei veloce a far la doccia.

-e tu devi essere un fulmine visto che sei ancora in acqua e tra cinque minuti parte l’autobus.

-io non torno a scuola. Ho il permesso di rimanere ancora un altro po’.

Sembrava normale. Nella sua voce non c’era traccia del suo solito atteggiamento distaccato.

-fai da tanto nuoto?

-l’ho fatto agonisticamente per 4 anni… da quando mi sono trasferito non ho più messo piede in piscina, a parte oggi.

-sei bravo. Sembra che non hai mai fatto altro nella vita.

-grazie, in quest’ultimo periodo mi è mancato parecchio nuotare.

Non staccavamo lo sguardo dagli occhi dell’altro.

All’improvviso un ragazzo entrò in piscina per dirmi che l’autobus stava per partire.

-ci vediamo Cullen.

Prima ancora che potessi rispondere, aveva iniziato un’altra vasca.

Durante il resto della giornata pensai solo a quel piccolo dialogo tra me e Nathan.

A scuola quello scambio di battute non si era ripetuto, ma quando andavamo in piscina alla fine della lezione mi permetteva di restare a guardarlo mentre aspettavo gli altri. Non avevamo più parlato, a parte i soliti saluti di cortesia, ma proprio quel silenzio mi aveva fatto capire che potevo sedermi sul solito scalino in quei 10 minuti.

Da una parte mi sentivo in colpa. Quello doveva essere un  periodo in cui avrei dovuto pensare solamente a me stessa e al rapporto con Jacob. Invece mi ritrovavo sempre tra i pensieri il volto di Nathan.Inoltre c’era Kate.

Come faccio a dirle che mi piace Nathan? non mi rivolgerebbe più la parola.

Questo però non divenne più un problema. Un certo Lucas aveva scritto un bigliettino a Kate, dove le chiedeva di uscire. La mia amica era al settimo cielo ed io con lei. Beth, invece, aveva notato in me qualcosa di diverso e ogni volta che rimanevamo sole mi ricordava che eravamo amiche e che potevo dirle tutto. Un giorno Beth, esasperata dalla mia ostinazione dal non volermi confessare con lei, iniziò a sparare cose a caso, giusto per vedere se ci prendeva.

-hai litigato con Jacob.

-cavolo centro al primo colpo!

-ma non è solo questo. È da quando siamo tornati che non si vede il motociclista della notte qua intorno… centra un altro ragazzo?

-forse

-vediamo un po’… ti piace qualcuno e sei indecisa…

-ti ho mai detto che sei diabolica?

Rise. –è Nathan Whellens vero?

Distolsi lo sguardo.

-è così facile capirmi?

-no Nessie… non è facile. Tra tutte le persone che conosco, sei quella che nasconde meglio i proprio sentimenti.

L’abbracciai. Forse aveva intuito che dietro la facciata di ragazza normale c’era altro. Ma non mi aveva mai oppresso, mi aveva accettata con tutti i miei segreti. E Kate aveva fatto lo stesso.

-grazie- sospirai, sinceramente.

-non preoccuparti. Lo sai che io e Kate ci siamo sempre. La prossima volta sfogati con noi, ti farà bene.

Accennai un si con la testa e poi un sorriso.  È bello avere delle amiche.

 Purtroppo le lezioni in piscina terminarono, forse troppo velocemente per i miei gusti, così mi ritrovai di nuovo al punto di partenza. Sapevo che ero riuscita  conquistarmi un po’ la fiducia di Nathan, ma a scuola non riuscivamo ad abbattere quel muro che ci divideva.

Cosa posso fare? Sento il bisogno di conoscerlo meglio, ma non so come fare…

Poi arrivò un’idea. Se l’unico posto “familiare” per noi due era la piscina, sarei andata lì.

Così un giorno preparai le mie cose e appena uscita da scuola, mi feci accompagnare da mia madre nel piccolo centro sportivo della città. Come sospettavo, Nathan era lì.

Mi sistemai sul mio solito punto di osservazione. A dir la verità non sapevo cosa gli avrei detto di preciso se mai mi avesse posto la domanda “cosa ci fai qui?”. Perché non improvvisare?

Lo guardai fare su e giù per la piscina una decina di volte e, quando si fermò si accorse di me. Sembrava piacevolmente spiazzato. Mi rivolse un mezzo sorriso.

-ciao Cullen.

- Whellens… già stanco?

-direi sorpreso più che stanco.

-e per quale motivo?- mi piace davvero giocare con il fuoco allora.

-non mi aspettavo di trovarti qui anche dopo le lezioni scolastiche. Lo scalino sta diventando il tuo migliore amico?

-forse… a dir la verità questo posto mi aiuta a pensare.

-wow… a me fa l’effetto opposto.

Rimasi in attesa di una spiegazione e lui continuò –vedi si può pensare ovunque e in qualunque momento. Durante una delle tante lezioni… mentre mangi… prima di addormentarti… invece è il non-pensare ad essere difficile. Nuotare è uno dei pochi  momenti in cui sono veramente concentrato in una cosa, e perciò non penso al mondo che c’è fuori di qui.

-wow… sai cosa? Forse hai ragione… vengo qui a prendermi una pausa dalla realtà.

-e questa pausa vuoi prendertela su uno scalino oppure facendoti una bella nuotata?

-la prima possibilità l’ho sfruttata in pieno… ora tocca alla seconda.

Mi alzai e sparii nello spogliatoio. Prima di tornare in piscina, feci un bel respiro profondo e sorrisi a me stessa.

Chissà se su di lui ho lo stesso effetto che ho sugli altri ragazzi.

Tornai in piscina, attenta a ogni sguardo di Nathan. Mi sedetti sul bordo della piscina e aspettai che si avvicinasse un po’ di più.

-mi spieghi perché proprio il nuoto?

-come ti ho detto prima mi rilassa e non mi fa pensare… poi avrai capito che sono un tipo abbastanza solitario e questo è uno sport individuarle.

-si è vero… ma alla fine bisogna sempre fare i conti con qualcun altro… e questo può essere sia un nemico che un amico.

-avanti non rimanere lì sul bordo… buttati

Mi tuffai. Facemmo qualche piccola gara per gioco e fin da subito ci ritrovammo a prenderci in giro o a schizzarci. Niente di più però: rispettavamo una specie di distanza di sicurezza e fu meglio così.

Dopo più di un’ora decidemmo che forse era meglio andare a fare la doccia, poiché il giorno dopo dovevamo consegnare un saggio di letteratura, al quale ancora nessuno dei due aveva messo mano. Ero allettata all’idea di proporgli di farlo insieme, ma poi constatai che era meglio non esagerare.

-pensi che tornerai oppure quello di oggi è stato un privilegio?

-tornerò, forse…- anzi, sicuramente…

-come vuoi… però Reneesme devo chiederti un favore.

-non chiamarmi Reneesme… Nessie basta e avanza… comunque sarei felice di aiutarti.

-beh, lo so che magari ti sembrerà strano, ma vorrei che non dicessi niente a scuola di questo pomeriggio e di quelli che probabilmente ci potrebbero essere in futuro.

-non è un problema per me… ma posso chiederti il motivo?

-oggi sono stato bene… e non voglio che troppe persone mi conoscano più profondamente

-va bene e... grazie di avermi dato l’opportunità di conoscere una parte di te.

Mi sorrise e il mio cuore zoppicò leggermente.

-grazie a te e al fatto che non ti fermi solo alle apparenze. Ci vediamo domani.

Rimasi immobile per un paio di minuti, mentre lo osservavo andare via.

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Capitolo 4
*** Blackout ***


Nuova pagina 1

Finalmente è arrivato anche il quarto capitolo!

Ancora una volta ringrazio chi legge, ma in particolare chi ha recensito… i vostri commenti mi fanno davvero piacere!

In questo capitolo è abbastanza cruciale, viene spiegato il carattere introverso di Nathan. Fatemi sapere cosa ne pensate.

 

 

4 – Blackout

 

Nelle due settimane successive, io e Nathe ci incontrammo tutti i giorni in piscina, subito dopo la scuola.

Mia madre aveva di certo intuito qualcosa, anche perché ultimamente mi sentivo felice e non avevo più avuto crisi esistenziali: lei però non mi domandò mai niente e aspettava che fossi io a parlarle, ma ancora non ero pronta. Volevo godermi un altro po’ quella vita che sembrava appartenesse a un'altra  persona.

Stavo conoscendo (frequentando era troppo per il mio cuore) un ragazzo in modo normale, senza imprinting o altre strane magie. Certo soffrivo quando pensavo al dolore che avevo provocato a Jacob, ma ogni volta quel pensiero era scacciato dall’emozione che provavo nel vedere Nathan.

Era arrivata la metà di febbraio e la storia segreta della piscina dopo la scuola continuava. Un mercoledì, nonostante ci fosse un temporale da far spaventare anche un cittadino di Forks, convinsi mia madre a portarmi lo stesso al centro sportivo.

Come al solito, Nathe era già lì ad aspettarmi.

Dopo poco più di dieci minuti che eravamo entrati in piscina, però, saltò la corrente.

-meglio uscire… se vuoi ti riporto a casa io, senza che viene tua madre a prenderti.

-perché non aspettiamo un pochino? In genere i blackout a Forks si risolvono abbastanza velocemente.

Si vedeva che era un po’ spiazzato dalla mia proposta. Nonostante questo, accettò.

Ci sedemmo a bordo piscina, vicino ai blocchi, uno di fronte all’altra.

-ti piace vivere qui?

-piacere è una parola grossa… diciamo che non ho particolari problemi. Alla pioggia dopo un po’ ci si abitua e poi Detroit mi iniziava a star stretta…

-allora Forks ti soffoca!

Rise di gusto. –non intendevo la grandezza… ma per quello che dicevano di me.

-fidati se ti dico che qui è di sicuro peggio. Ancora prima che arrivassi giravano voci su di te.

Ora era particolarmente attento. –e cosa dicono di me di preciso?

-un sacco di cose. Alcuni dicono che hai vissuto per parecchio tempo in una casa-famiglia e poi hanno rintracciato i Parker che poi hanno accettato di tenerti con loro… ma la maggior parte delle persone pensano che tu sia stato espulso da scuola per atti vandalici, o cose del genere, così i tuoi ti hanno spedito qui per punizione.

Si era voltato. Si vergognava di sé stesso? O non voleva semplicemente guardarmi in faccia?

-vorrei fosse così… comunque è meglio così se circolano queste voci. Non mi piace essere compatito.

- Nathe… venendo qui tutti i pomeriggi, ho imparato a conoscerti un pochino e di una cosa sono sicura: non mi interessa quello che dice la gente, perché so che quelle sono tutte bugie.

-come fai ad esserne così sicura?

-perché ti ho visto sorridere. E in quel momento i tuoi occhi sembravano di nuovo vivi.

Mi avvicinai lentamente, posai delicatamente una mano sulla sua guancia e lo costrinsi a guardarmi.

-so che vuoi fare il duro e il solitario, ma con me non ti riesce. Per qualsiasi cosa sai che io ci sono.

 La visione di quegli occhi verdi mi fece sussultare il cuore. Non eravamo mai stati così vicini come in quel momento e quello era tra noi il primo vero contatto fisico.

Poi successe una cosa inaspettata. Una lacrima rigò il viso di Nathan.

-ehi… ma stai piangendo? Tranquillo… ci sono qui io.

E lo strinsi a me. In quel momento mi venne in mente mia madre che mi teneva stretta tra le braccia, per consolarmi.

- Nessie io… mi dispiace tanto… non volevo…

-shhhh va tutto bene…

-non voglio continuare a fingere anche con te. Nessie devo dirti una cosa.

Lo lasciai andare. Lui si asciugò quelle poche lacrime che i suoi occhi si erano lasciati sfuggire.

-prima di trasferirmi qui, sono stato per un breve periodo da mia nonna, in una cittadina vicino Detroit. Ma non potevo rimanere con lei, un giorno si è sentita male così con i miei zii abbiamo deciso di portarla in un centro specializzato, in modo che lei potesse guarire con tranquillità. Mentre io sono venuto a vivere qui a Forks.

Avevo paura di fare domande così lasciai che continuasse da solo. Feci solo un breve cenno con la testa.

- Nessie… il motivo di tutti questi trasferimenti è che… i miei genitori sono morti lo scorso agosto.

Mi crollò il mondo addosso. La causa della chiusura di Nathan era la morte di persone care. All’improvviso mi ricordai dei miei primi mesi di vita, quando i miei genitori si stavano per sacrificare per permettere che io mi salvassi. Mi immaginai allora la mia vita senza di loro, senza le persone a cui non avrei mai potuto fare a meno nel corso della mia vita.

Sentii poi vuoto dentro, che cercai di colmare inutilmente con le lacrime.

-no Reneesme… ti prego non piangere anche te… non voglio…

Nathan mi aveva preso il viso tra le sue mani e mi accarezzava le guance, ormai umide.

Lo abbracciai. Le parole non erano mai sembrate così inutili come in quel momento e l’unica cosa che volevo era chiudere quella voragine all’altezza del cuore.

Dopo quell’eterno momento, in realtà troppo corto per me, cercai di parlare.

- Nathan mi dispiace… per tutto, non avrei dovuto reagire così…

Mise di nuovo le sue mani sulle mi guance. Mi accarezzava dolcemente, voleva tranquillizzare sia me che sé  stesso.

Avevo provato fino un secondo prima paura, dolore e un’infinita tristezza. Ora, piano piano, si stava facendo strada in me stessa la consapevolezza di quella vicinanza con Nathan, della dolcezza con cui lui mi toccava.

Appoggiai a mia volta le mie mani sopra le sue. Non sapevo più dove mi trovassi in quel momento, se in piscina o in paradiso. Sentivo il bisogno di annullare l’unica distanza che era rimasta tra di noi.

Lentamente, i nostri visi si avvicinarono, si cercarono e poi il momento che avevo sempre sperato di vivere.

Fu un bacio lieve, delicato, ma allo stesso tempo passionale e carico di sentimento.

L’unica cosa che riuscivo a sentire era il mio cuore, scoppiettante come mai prima di allora.

Quando i nostri visi si allontanarono un pochino, Nathan sorrise, mente io dovetti trattenermi dal volerlo baciare di nuovo. Accarezzai le sue labbra con un dito e cercai le parole giuste, per non rovinare quel momento.

-i tuoi occhi si sono accesi di nuovo, insieme al tuo sorriso.- sussurrai, quasi timida.

-credo di sapere di chi sia il merito…

Incapace di trattenermi ancora, lo baciai di nuovo.

Ogni secondo che passava diventava più perfetto di quello precedente.

Per un momento, Nathan allontanò di poco le sue labbra dalle mie. –grazie… oltre a capirmi mi risparmi la fatica dal non baciarti.

Risi, ma allo stesso tempo arrossii un po’.   -pensi che sia stato un po’ troppo… veloce?

Tornò a baciarmi. Credo che la risposta sia no.

Poco dopo la luce tornò. Chiesi a Nathan se era ancora possibile un passaggio fino a casa.

-certo… vado a vedere se ha smesso di piovere.

-va bene. Intanto chiamo mia madre.

Quando presi il cellulare in mano, mi accorsi che avevo quattro chiamate perse. Tutte di mia madre.

La richiamai immediatamente, sperando che non si fosse precipitata fuori dalla piscina ad aspettarmi.

-ehi mamma…

-piccola! Ti ho chiamata più volte… ero preoccupata… perché non hai risposto?

Ero impegnata con Nathan… risi di quel pensiero, poco opportuno da riferire al telefono.

Mi costrinsi ad avere un tono di voce poco euforico. –scusa mamma… ero in piscina e avevo la vibrazione… non ho proprio sentito il cellulare.

-va bene. Ti devo venire a prendere?

-no non ti preoccupare…volevo fare una sorpresa a nonno e fermarmi da lui stanotte… e poi devo fare un saggio… mi serve un po’ di tranquillità. Mi accompagna Nathan, tanto per lui è di strada.

Momento di silenzio. –non ci sono problemi. Mi raccomando sta attenta.

-si mamma tranquilla… e grazie.- sapevo che lei avrebbe capito.

-ci vediamo domani tesoro mio.

-ciao… e saluta papà.

Riattaccai. Nathan mi afferrò i fianchi e mi strinse a sé dolcemente. –problemi?

-no tutto bene… fuori piove?

-si ma piano ormai… ti accompagno direttamente a casa o vuoi far la doccia qui?

-portami a casa di mio nonno subito per favore… almeno non rischiamo che faccia di nuovo il temporale… non mi fido a lasciarti guidare quando piove forte…

Sciolse l’abbraccio, prese il mio borsone e poi con la mano libera prese la mia.

-che galantuomo!

Il tragitto dalla piscina a casa di mio nonno fu talmente breve che non ci fu nemmeno il tempo di parlare.

Nathan fermò l’auto nel vialetto di casa mia. In quel momento provai un po’ di imbarazzo. Come devo salutarlo?

-senti Nathe… credo di sapere già la tua risposta, ma voglio chiedertelo lo stesso… va bene per te se non diciamo di questa cosa subito?

-questa cosa… cosa scusa?- appena finita la frase, mi fece un sorriso malizioso.

-ehi non fare lo spaccone con me! Vediamo come posso spiegartelo?- gli diedi un bacio leggero sulle labbra.

- Cullen stai rischiando parecchio… siamo nella tana del lupo- indicò casa di mio nonno- e poi se fai così potrei non lasciarti andare!

-perché non mi sembra una minaccia? Comunque dico davvero… va bene se rimane solo tra noi?

-si certo… volevo chiederti la stessa cosa…

-meglio che vada prima che qualcuno noti un’auto sospetta nel vialetto dello sceriffo…

-forse hai ragione… e sarebbe anche peggio se rapissi sua nipote…

Lo baciai di nuovo e poi scesi dalla sua 147. Un'altra cosa che apprezzavo di Nathan: il suo gusto per le auto. Cosa c’era di meglio di una macchina italiana? Di sicuro zia Rose avrebbe apprezzato.

Bussai alla porta di casa, in attesa che mio nonno mi aprisse.

-chi è?

-sono io nonno.

La porta si spalancò immediatamente ed entrai subito.

-come mai qui piccola?

-sono andata il piscina e poi mi sono fatta accompagnare qui da un amico. Devo fare un saggio per domani e poi avevo voglia di stare un po’ con te. – e soprattutto devo scappare da mio padre.

Come faceva solitamente una volta tornato da lavoro, mio nonno stava guardando una qualche partita in televisione. Corsi al piano di sopra e mi chiusi in camera.

Non so cosa mi trattenne dal mettermi a saltellare o a cantare, fatto sta che riuscii a contenermi e a concentrare la mia euforia in un mega sorrisone. Il saggio di letteratura procedeva abbastanza bene, anche se ogni tanto lasciavo correre i pensieri su quello che era successo solo un paio d’ore prima. All’improvviso mi arrivò un messaggio sul cellulare. Era Nathan.

“come procede il saggio? Io ho finito proprio ora. Un bacio.”

La mia risposta: “a me manca poco. Ho per la testa parecchie cose… baci.”

Appena premuto il tasto invio, mi arrivò un nuovo messaggio. Questa volta era Jacob.

Un senso di paura mi invase. Dopo essere tornata da Denali, Jacob non mi ha più cercata. Come mai proprio oggi si fa risentire?

“Nessie ho bisogno di parlarti. Ci vediamo davanti casa di tuo nonno tra 5 minuti. Jacob.”

 

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Capitolo 5
*** Crescere ***


Nuova pagina 1

Siamo arrivati al quinto capitolo… con piacere vedo che la storia vi piace! Bene, bene, bene…

Allora avevamo lasciato Nessie che riceve un sms da Jacob… cosa vorrà mai dirgli il cane un po’ troppo cresciuto? Basta leggere! XD

Per favore ditemi che ne pensate… accetto anche le critiche più amare! Ora la storia inizia a farsi un po’ più complicata… meglio sapere da subito se sto scrivendo una cavolata… XD

 

 

 

5 - Crescere

 

No! Per quale motivo mi voleva vedere? Perché quel giorno così bello doveva essere rovinato?

Mi venne per un attimo in mente la possibilità di andarmene. Jacob appena metterà piede qui vicino sentirà il mio odore. Non posso far altro che affrontarlo.

Risposi all’ultimo messaggio ricevuto con un semplice “ok”.

Appena andai al piano di sotto, mio nonno mi chiese dove stavo andando.

-non preoccuparti nonno. Vedo un attimo Jacob qui vicino.  Torno subito. E prendo anche la chiave.

-va bene. Se hai bisogno di me basta un fischio.

Il nonno ha notato che sono nervosa? Devo calmarmi.

Mi precipitai all’inizio del sentiero che si addentrava nel bosco. Jacob era già lì, seduto su un masso.

-ciao Nessie. Vedo che eri già qui… come mai?

-ciao. Dovevo fare un saggio e volevo stare con mio nonno… perché l’sms?

-hai anche il coraggio di chiedermi il perché? È più di un mese che non ti vedo! Hai idea di quello che ho passato? No vero? In fondo che pretendo… di me non ti importa nulla…

-avanti Jake non fare lo stupido! Lo sai che a te tengo!

-ah si? Ti ho dato il tuo spazio, ti ho evitato per tutto questo tempo. Cosa vuoi di più da me? Vuoi che mi strappi il cuore dal petto? Manca solo quello.

-non sopporto quando fai il melodrammatico e il bambino. Sono stanca di questo atteggiamento.

-tu sei innamorata di me, come io lo sono di te. Piantala di fingere con te stessa.

-fingere? Perché dovrei farlo? Sto cambiando, Jake. Non sono più una bambina. Mi dici il motivo per cui ti ostini a non capirlo?
-tu non sei mai stata una bambina, Nessie.

-lo vedi? È a questo che mi riferisco. È vero, sono sempre stata precoce e sono sempre stata consapevole di quello che mi circondava. Ma è proprio qui la differenza. Da piccola ho sempre vissuto con la mia famiglia, i licantropi e nonno Charlie. Il mio mondo è sempre stato questo, né più né meno.

-lo è ancora Nessie!

-NO! Per una buona volta Jake… come faccio a spiegartelo? Vado a scuola… ho degli amici… insomma conduco una vita normale!

-ma tu con loro non sei te stessa!

-davvero? E chi te lo dice? Hai mai passato più di due minuti in presenza di Kate o Beth?

-non capisco dove vuoi andare a parare.

-le mie amiche non sanno cosa sono in grado di fare o la mia storia, è vero. Ma mi hanno accettato così come sono. Gli voglio bene. Capiscono se sono allegra o triste, se ho bisogno di ridere o di piangere. E per me tutto questo è nuovo. Sto scoprendo una parte di me stessa del tutto inaspettata. Ho capito che nel mondo, oltre ai volturi, ci sono altre cose di cui temere! Capisci quello che dico o parlo al vento?

-si ho capito. Ma non accetto che tu non voglia scoprire questa nuova parte di te stessa insieme a me.

- Jake… non è che non voglio… certe cose non si dovrebbero spiegare alle persone amate… sono loro che dovrebbero capirlo da sole… e poi questo dannatissimo imprinting… già mi sento confusa… non voglio che la mia vita sia condizionata da una magia! Voglio essere io l’unica artefice del mio futuro… mi capisci?

-perciò cos’è questo? Un addio?

-perché deve essere per forza un addio?

Mi afferrò il braccio con violenza. Stava tremando e non solo a causa del lupo che si stava impadronendo del suo corpo.

-RISPONDI! È UN ADDIO?

Lo guardai negli occhi. Volevo fargli capire il dolore che stavo provando in quel momento.

 –fino a quando non comprenderai ciò che provo ora… si è un addio. Ma spero con tutta me stessa che sia solo un arrivederci.

Jacob Black era impietrito. Non accennava a lasciarmi andare il braccio e per un momento pensai che avesse smesso anche di respirare.

Un paio di lacrime mi rigarono il viso. Odiavo far del male a delle persone, soprattutto se erano importanti come lui.

-lasciami andare, ti prego… - gemetti con il poco fiato che avevo.

Jacob lasciò il mio braccio. Fece un paio di passi indietro, ancora con il volto sconvolto, prima di trasformarsi in lupo e sparire tra gli alberi.

Mi inginocchiai per cercare di riempire la voragine dentro di me. Le lacrime continuavano a scendere, sempre più abbondantemente. Che cosa ho fatto?

Poi un ululato coprì ogni minimo rumore che si sentiva nella cittadina di Forks, compresi i miei deboli singhiozzi.

Per un quarto d’ora buono rimasi lì inginocchiata e continuavo a piangere. Iniziò anche a piovere e preferii tornare in casa per non preoccupare il nonno, sperando che non si accorgesse del mio stato.

Ma lui era seduto in cucina, in attesa che tornassi a casa e chiaramente notò il mio viso stravolto dalle lacrime.

-piccola mia che è successo?! Dov’è Jacob?

-se n’è andato nonno… per favore chiama te la mamma… non ce la faccio…

Le forze quasi non mi vennero a mancare. Il nonno si precipitò accanto a me e mi aiutò ad arrivare fino al divano. Telefonò immediatamente alla mia mamma, la quale era già in macchina prima ancora di riattaccare.

Io intanto continuavo a piangere e a singhiozzare.

Dopo appena cinque minuti, durante i quali mio nonno cercò di calmarmi un pochino, arrivò mia madre.

Si precipitò subito accanto al divano e mi abbracciò.

-che è successo tesoro? calmati, è tutto apposto. Ci sono qui io. Non piangere, ti prego raccontami tutto.

-Bella io vado a farmi un giro in macchina qui intorno. Spero solo di non incontrare Jacob.

-va bene papà… e grazie.

Il nonno bofonchiò qualcosa che non udii e uscì di casa.

-piccola mia siamo sole ora… dai stai tranquilla…

-dov’è papà?- riuscii a singhiozzare.

-è a casa. Ha sentito la chiamata ma l’ho pregato di rimanere a casa. Poi chiameremo anche lui… non preoccuparti… avanti dimmi quello che è successo… tutto per favore…

Incapace di usare le parole, usai il mio potere per far vedere a mia madre ogni cosa successa quel pomeriggio.

Il blackout. Il racconto di Nathan. Il bacio. L’sms di Jacob. La discussione. Tutti i momenti vissuti quel pomeriggio di ripeterono nella mia mente e in quella di mia madre, che non commentava.

-mamma…io non volevo ferirlo… non volevo… mi ha costretta… il modo in cui mi ha trattata…  non sono riuscita a trattenermi… e poi Nathan…cosa gli dirò domani? Non ce la faccio..

-shhh tesoro… va tutto bene… si sistemerà tutto. Che ne dici se andiamo via un paio di giorni? Solo noi due e tuo padre. Dici alle tue amiche che hai un po’ di febbre. Che ne dici?

-no mamma… via no… voglio solo tornare a casa… e per la scusa va bene…

-ok piccola. Dai ora smetti di piangere. Vado a prendere il tuo zaino così torniamo a casa.

Feci cenno di si. Passati pochi secondi, mia madre era di nuovo vicino a me.

-tieni il cellulare.

Lo presi in mano. Un nuovo messaggio, di Nathan.

“per l’ennesima volta, grazie. Un bacio”. Non risposi.

Una volta a casa, preferii che fosse la mamma a raccontare ciò che era successo quel pomeriggio a mio padre, utilizzando le stesse immagini che io stessa le avevo fatto vedere.

Per tre giorni rimasi sdraiata sul letto della mia camera, a volte piangevo, altre mangiavo quintali di gelato al cioccolato (una delle poche cose umane che mi piacevano davvero), ma la maggior parte del tempo mi rifugiavo nello stato di dormi-veglia per cercare di staccare da me il mondo reale.

A volte controllavo il cellulare. Erano arrivati sms di Kate e Beth, le quali dopo un po’ si erano stancate di contattare una che non rispondeva.

La cosa che mi dispiaceva di più, però, era non avere la forza di rispondere a Nathan. Mi aveva mandato una decina di sms e chiamato tre volte, ma lasciavo squillare il cellulare, in attesa che smettesse.

Cosa penserà di me? Ci siamo baciati e poi sono sparita dalla faccia della terra.

Ecco un altro motivo da aggiungere alla lista “perché mi sento un mostro”.

Avevo chiesto ai miei genitori di lasciarmi un po’ di spazio perché quella che dovevo risolvere era una dura lotta interiore. Mia madre, perciò, entrava nella mia stanza solo per lasciarmi un po’ di cibo sulla scrivania. Con mio padre, invece, non parlavo da tre giorni. Sapevo che odiava sentire i miei pensieri tristi e sapevo che se avesse visto lo stato in cui mi ero ridotta, avrebbe sicuramente commesso qualche sciocchezza.

La svolta si precipitò a casa mia sabato pomeriggio.

Credo fossero le cinque più o meno (la cognizione del tempo era andata a farsi friggere) quando mia madre piombò nella mia camera. Mi bastò sentire “sta arrivando qui Nathan” per farmi scattare immediatamente.

-cosa? Cosa vuole? Tra quanto arriva?

-è entrato ora nel vialetto. Cinque minuti e sarà qui.

Cosa diavolo gli salta in mente?

I miei genitori mi dissero che sarebbero stati dietro casa, pronti per qualsiasi cosa. Da una parte ne ero felice: primo, Nathan non avrebbe visto che avevo dei genitori che assomigliavano più a dei coetanei; secondo, mi sarei risparmiata le presentazioni e l’imbarazzo che sarebbe di certo seguito.

Decisi di aspettarlo seduta sul dondolo vicino la porta d’ingresso di casa mia.

Quando vidi la 147 entrare nel vialetto, sentii il cuore accelerare un pochino. Andiamo bene,già mi fa questo effetto.  Mi strinsi ancora di più nella coperta che avevo intorno alle spalle.

Quando scese dalla macchina, si dipinse sul volto di Nathan un misto tra sollievo e sorpresa. Forse da troppo nell’occhio che sto qui fuori… ma tanto ormai è fatta. Sorrisi debolmente al ragazzo, per convincerlo ad avvicinarsi.

-ciao… capitato qui per caso?

No no no no no no no no no no. Che cazzo dico?

-ciao Nessie. A dir la verità sono venuto a trovarti.

-lo so Nathe… scusa voleva essere una battuta… - sempre peggio.

Il ragazzo era visibilmente imbarazzato, quasi spaventato.

- Nathe ti prego vieni qui… non ce la faccio a vederti così…Si avvicinò all’inizio lentamente, poi quando si accorse dei miei occhi gonfi a causa dei numerosi pianti di quei giorni, quasi non si precipitò sul dondolo accanto a me.

Mi accarezzò la guancia, con la solita delicatezza che lui aveva sempre avuto con me.

-mi hai fatto impazzire lo sai in questi tre giorni? Kate e Beth dicevano che avevi un po’ di febbre, ma non hai mai risposto al cellulare… pensavo volessi evitarmi…

Appoggiai la testa sulla sua spalla, mentre lui mi avvolgeva con il suo braccio.

-ti prego non pensare mai più una cosa del genere… per come ti ho trattato, non merito la tua presenza qui…

Una lacrima mi scese lungo la guancia e lui la tolse con una carezza.

-shhhh… va tutto bene… non piangere e non pensare assurdità… se sono qui è solo perché volevo esserci…

Quanto era dolce la sua voce. Quella melodia mi costrinse a ricacciare indietro le lacrime, dovevo essere forte, per lui.

-grazie… mi spieghi come fai a stare dietro a una come me?

Scoppiò in una risata fragorosa. Gli sorrisi a mia volta.

-sai una cosa? Mi chiedo la stessa cosa… come fai a stare dietro a uno come me?

Alzai un po’ la testa dalla sua spalla e lo baciai. Nell’istante stesso in cui le nostre labbra si incontrarono, mi sembrò di riprendere il controllo della mia vita. Come ogni altro bacio con Nathe, anche quello fu dolce, ma allo stesso tempo passionale.

-senti… io non ti ho chiesto niente, però non è che i tuoi sono in casa o cose simili vero?

-daiii scemo! – non ha tutti i torti… scusa papà.

Poi mi iniziò a fare il solletico. –ehi no! Nathe… basta ti prego… il solletico no…

Da quanto era che non ridevo così? Un’eternità?

-allora chiedi scusa… ripeti con me: scusa Nathe non sei uno scemo…

-sss…scusa… piano!... scusa Nathe non sei uno scemo… perdonata? Dai basta!

Dopo poco riuscii a liberarmi da quella divertente tortura.

-grazie Ness…

Lo guardai in quei suoi stupendi occhi verdi. Non riuscivo a smettere di sorridere. –e per cosa? Dovrei essere io a chiederti…

-piantala con questa storia…- il suo tono di voce rimaneva sempre giocoso- grazie perché hai riso invece di piangere.- e mi stampò un bacio sul naso.

-è tutto merito tuo lo sai… gra…- non feci in tempo a finire la parola perché mi aveva sigillato la bocca con la mano.

-promettiamoci una cosa: non ci diremo più grazie. Che ne dici?

-va bene… niente più grazie.

Il bello è che tra me e Nathan non c’erano bisogno di parole, ci trovavamo a nostro agio anche nel silenzio più assoluto. Passammo, infatti, dieci minuti abbondanti senza dire una sola  parola, lui continuava ad accarezzarmi il viso e i capelli, mentre io respiravo il suo profumo umano che assomigliava molto a menta piperita e limone.

-mi piacerebbe sapere a cosa pensi Nathe… posso saperlo o è da censurare?- alla fine gli feci un sorriso malizioso.

-no… niente censure… per chi mi hai preso eh? Comunque pensavo se magari un giorno saprò perché hai passato tre giorni a casa in completo isolamento.

La verità mi piombò addosso. Chiunque, appena arrivato, mi avrebbe chiesto cosa era successo e avrebbe preteso una spiegazione, ma non Nathan. E se…se gli raccontassi tutto? Mi prenderebbe per un mostro o riuscirebbe ad accertarmi piano piano? La mamma ci è riuscita in fondo.

-scusa Nathe. Un giorno, forse, ti spiegherò ogni cosa… ma ancora è troppo presto.

Fece cenno di si. –non voglio costringerti a fare niente. Nell’ultimo periodo ho capito che la cosa più preziosa che abbiamo sono le persone che abbiamo vicino… il resto conta poco o niente. Perciò se c’è da aspettare un po’, lo farò.

-mi è permesso piangere di felicità?

-no! Assolutamente vietato… niente più lacrime… mi basta un sorriso…

Esaudii il suo desiderio. –speravo mi chiedessi un bacio!

-beh visto che hai sorriso…- squillò il cellulare di Nathan. –a quanto pare ci sono forze maggiori che non vogliono che ti baci…

-voglio nome e cognome di queste “forze maggiori” allora…

Rispose. –ciao zia… si tutto ok… mi sono fermato un po’ di più perché dovevo fare una cosa… parto tra poco… va bene ci vediamo a casa… ciao ciao…

-dove eravamo rimasti?- chiesi maliziosa.

-qui più o meno…- e mi baciò.

-dovrei andare…- disse dopo poco, ancora attaccato alle mie labbra.

-mmm altri cinque minuti?- altri baci.

-e se invece continuiamo questo discorso domani?

-domani è domenica giusto?

-si Ness…

-ci sto… mandami un sms con l’ora... e vienimi a prendere a casa del nonno…

-per favore questa volta rispondi!

Stavo ancora ridendo quando Nathan si alzò dal dondolo e mi diede un semplice bacio sulla fronte.

-a domani…

-a domani.- e sospirai.

Lo guardai allontanarsi sparire dal vialetto di casa mia con la sua 147, quando mi ricordai che c’erano i miei genitori dietro casa.

-va bene! Potete uscire… e non voglio commenti, sorrisini o cose di questo genere!

Per sottolineare il concetto, mi nascosi il visto sotto la coperta che avevo ancora addosso.

Sentii la risata di mia madre accanto a me. –accidenti se sapevo che il ragazzo aveva questo effetto lo avrei chiamato prima!sarei più contenta se tra voi ci fossero almeno 30 centimetri di distanza… ma credo che mi dovrò abituare a poche distanze…

-mamma! Per favore!- intervenni da sotto la coperta.

-io suggerirei anche mezzo metro di distanza…-

Abbassai la coperta fino a scoprire solo gli occhi.

-grazie papà di non essere intervenuto…

-questa volta ti è andata liscia… ma non ti ci abituare!

Gli saltai addosso e mio padre mi prese al volo. Gli stampai un bacio sulla guancia.

-grazie grazie grazie… ti voglio bene!

- Edward credo che abbiamo una figlia leggermente ruffiana…

Li adoro.

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Capitolo 6
*** Equilibrio ***


Nuova pagina 1

Salveeee! Lo so sono in ritardisssssssssimo! Ma mi perdonate vero? in fondo siete delle lettrici eccezionali e… vabbè basta si è capito che sono ruffiana!

Ora iniziamo a conoscere un po’ Nathan… in questo capitolo parla delle sue origini e sarà un punto cruciale per i prossimi capitoli…

Come al solito… recensite!!!

 

 

 

 

6 – Equilibrio

 

Il pomeriggio successivo fu molto piacevole. Io e Nathan ci eravamo accordati che lui mi sarebbe passato a prendere a casa di mio nonno, per evitare i miei genitori.

A Forks pioveva particolarmente forte, così preferimmo andare a Port Angeles, dove le previsioni meteo mettevano solo un po’ di nuvolosità.

Trascorremmo quasi due ore al luna Park. C’era poca gente in giro e questo significava anche pochi occhi indiscreti che avrebbero potuto mettere in giro qualche voce su di noi. Non smettemmo un attimo di scherzare, ma soprattutto parlavamo di noi e commentavamo ogni cosa che vedevamo.

-senti vuoi tornare a casa o ci fermiamo qui a cena?

-che domande… il ristorante più vicino?

-dietro l’angolo signorina…

Era un ristorantino carino. –italiano? Wow… inizi molto bene…

-troppo per un primo appuntamento?

Oh oh. Non avevo pensato che era la prima volta che uscivamo insieme.

La sala principale era completamente piena, così la cameriera ci accompagnò in una saletta più piccola dove un tavolo si era appena liberato.

-che c’è?

-è? Niente niente..

-non sai mentire Ness…

Arrossii un pochino. –stavo pensando a quando hai detto “primo appuntamento”. Credo non sia la definizione esatta.

-e per quale motivo?

-in genere si va agli appuntamenti e poi scatta il bacio… credo che per noi sia successo il contrario… sempre che non mi sbagli…

Sorrise. –hai ragione. Prima uscita va meglio?

-aggiudicato.

Poi arrivò la cameriera. Sia io che Nathan ordinammo due pizze margherite.

-sembra che questo sia un buon ristorante… non è da tutti avere del Sagrantino di Montefalco.

-come scusa?
-vedi quella bottiglia sopra quel tavolo? È un vino italiano. Direi anche abbastanza costoso qui in America.

-ti intendi di vino?

-un po’… sono di origini italiane… mio nonno materno era toscano.

-ah ecco perché hai un po’ questa mania… la macchina, il ristorante…

-non sono così fissato! Sono solo fiero delle mie origini. Sono andato un paio di volte in Italia, con i miei genitori e sono lì ho trascorso delle vacanze magnifiche. Quando i miei sono morti, mi sono promesso che avrei girato tutta l’Italia.

-ti mancano molto non è vero?

In risposta, prese il suo portafoglio e ne estrasse una foto.

Sullo sfondo si vedeva una imponente chiesa, mentre in primo piano c’erano due adulti e un bambino di circa 12 anni.

-siamo io e i miei genitori davanti la chiesa di San Pietro. Porto questa foto ovunque.

Presi la mano di Nathan e la strinsi forte. –lo sai che ci sono sempre vero?

-si lo so... mi fa piacere parlarti di loro… me li fa sentire vicini…

-beh allora raccontami un po’ della tua famiglia.

-non voglio intristirti…

-tu racconta… per una volta non pensare a me e sfogati.

Mi inizio così a parlare di Daniel e Lisa Whellens. Raccontò dei due viaggi in Italia, di tutto quello che avevano visto e quello che piaceva fare ai suoi genitori. Io ascoltavo in silenzio, immedesimandomi in quei semplici racconti, che però per Nathan sembravano lontani anni luce. La cameriera arrivò un paio di volte e sospese il discorso, ma ogni volta veniva ripreso da dove era stato interrotto. Il ragazzo davanti a me si stava sfogando finalmente di tutte le cose che si era tenuto dentro troppo tempo.

Erano le dieci e mezzo quando entrammo in macchina e circa un’ora dopo eravamo davanti casa di mio nonno.

- Reneesme… lo sai vero che dopo stasera ti sarò debitore per sempre vero?

-questo vuol dire che ho uno schiavetto personale?- volevo alleggerire l’atmosfera.

-non ti sembra di esagerare un pochino?

-a dir la verità no… vediamo… cosa posso chiederti? Che ne pensi di un bacio?

-ti ho mai detto che adoro fare lo schiavetto?

Ci salutammo con un lungo bacio, il finale perfetto per quella giornata.

La mattina dopo, invece, fu un po’ più complicata.

Una volta arrivata a scuola capii subito che Kate e Beth non mi avrebbero perdonata molto facilmente. Non avevo dato loro nessuna notizia per tre giorni e per giunta non sapevo quale scusa inventarmi per alleviare la pena che avrei dovuto scontare per giorni interi. Probabilmente mi sarei anche un po’ alterata per il fatto che le mie amiche non mi rivolgessero la parola, ma per fortuna la presenza di Nathan mi aiutò a mantenere la calma.

Non che ci rivolgessimo più di poche parole. Avevamo deciso, infatti, di mantenere un po’ le distanze, giusto per non attirare troppo l’attenzione.

Poi, in mensa, mi ricordai che quel giorno saremmo usciti prima da scuola, visto che un paio di professori erano assenti a causa di una gita con un’altra classe. Presi subito la palla al balzo, volevo a tutti i costi farmi perdonare da Beth e Kate. Mandai un sms a mia zia Alice, chiedendole se poteva venirmi a prendere a scuola. Quel pomeriggio avremmo fatto shopping insieme.

Avvisai anche a casa delle mie due amiche, assicurandomi così il permesso di stare fuori fino l’ora di cena.

- Nathe non ti arrabbi vero se non vengo in piscina oggi vero?

-dipende dal motivo…

-shopping con Kate, Beth e mia zia Alice…  se vuoi venire, c’è posto in macchina…

-oh no no no! Passo volentieri! Vai, divertitevi e soprattutto fatti perdonare come si deve!

Gli diedi un bacio veloce e uscii velocemente dal nostro nascondiglio, la campanella infatti stava suonando e io dovevo attraversare mezza scuola per raggiungere le mie amiche.

-ragazze! Ragazze!

Kate e Beth si fermarono nel parcheggio, in attesa che le raggiungessi.

-che c’è Nessie?- aveva chiesto Kate, con un tono abbastanza scocciato.

-beh… quella è la macchina è a nostra disposizione… ho il permesso dei vostri genitori…e c’è mia zia Alice che non vede l’ora di fare un po’ di shopping con noi tre… che ne dite?

-nooooooooooooooooo!

-oddio! Reneesme Cullen io ti adoro! – Kate mi si lanciò addosso e poi anche Beth fece altrettanto.

Tutti ci fissavano come se avessimo appena bevuto un goccio di troppo, ma ero troppo felice per la reazione delle mie migliori amiche.

-cosa stiamo aspettando? Avanti salite!

Il viaggio di andata fino a Port Angeles fu tranquillo, ma anche denso di eccitazione. La zia Alice era il primo membro della mia famiglia che presentavo alle mie amiche e così le avevo chiesto di non vestirsi in modo troppo appariscente. Le avevo inoltre domandato se poteva portare un paio di occhiali tutto il tempo, in modo da non far notare troppo la giovane età rispetto a quella che avrebbe dovuto avere.

Le mie amiche mi avevano detto più volte di non spendere troppi soldi per loro, anzi mi avevano chiesto anche di passare a casa loro per prendere i loro risparmi.

-ehi ehi… ho fatto una cazzata e mi sono comportata male con voi… devo farmi perdonare come si deve! Non voglio obiezioni capito? E poi mia zia ha lo sconto in quasi tutti i negozi di Port Angeles…

-ma…- avevano detto quasi in coro.

-e se vi prometto che non vi farò più regali per… 3 anni?

Alla fine riuscii a convincerle e così passammo quasi tre ore in giro per i negozietti di Port Angeles.

Avevamo provato di tutto, dai vestiti più brutti a quelli più costosi, solo per divertirci un po’.

Mentre correvamo da un camerino a un altro, zia Alice si divertiva a guardarci e a consigliarci con la stessa competenza di uno stilista di alta moda. Ci comprammo un vestito a testa con tutti i relativi accessori.

In macchina ci addentrammo casualmente in un argomento un po’ scottante.

-al ballo di primavera andremo alla grande! vero Beth?

-si è vero!

-cosa???? Di che cosa state parlando???

-sai Nessie ogni anno per primavera c’è un ballo… hai presente?

-oh è vero… ancora non ci pensavo… la data è stata fissata?

-si… è tra due settimane… e io ci vado con Lucas...- mi riferì Kate. –Beth pensava di invitare Alex Smith..

-carino…ottime scelte entrambi – teoricamente dovrei invitare Nathan… ma a quel punto tutta la montatura andrebbe a farsi friggere…

Ci pensò mia zia a farmi cadere dalle nuvole. – e te Nessie con chi vorresti andarci?

Le lanciai un’occhiataccia.

-giusto… te con chi vorresti andarci- affondò il dito nella piaga Kate.

Se apro lo sportello e mi lancio da un’auto in corsa vengo notata da qualcuno?

-non c’ho pensato veramente… non pensavo nemmeno al ballo…

-e il ragazzo che è venuto a casa tuo sabato?

Due urli, che quasi non mi fecero diventare sorda, provennero dal sedile posteriore della macchina.

- Nessie cos’è questa storia? Di cosa sta parlando tua zia?- Kate stava per avere un attacco di panico, mentre Beth era rimasta pietrificata.

-beh… può darsi che… e dico forse…

-parla!- minacciarono in coro le mie amiche.

- Nathan Whellens sia venuto a casa mia sabato pomeriggio!- sparai, tutto d’un fiato, mentre mi nascondevo il viso tra le mani.

-chi? Cosa? Come? Nathan Whellens?

Altre urla.

-la piantate per favore di urlare?

- Kate non so te, ma io credo di essermi persa qualche pezzo…

-concordo in pieno…

-sapete che andiamo in piscina insieme giusto?

Fecero cenno di si.

-ecco  è… capitato che… beh… durante il blackout… ci siamo… emh…

-baciati?- mi suggerì mia zia.

-baciati.- confermai io con un sospiro.

Le ragazze sedute dietro di me erano immobili e stavano cercando di mettere due parole di fila.

-stiamo parlando di quel Nathan, vero? Non sosia o omonimi…

Sorrisi e feci cenno di no.

-cavoli… wow… cioè… racconta come è successo!

-eravamo usciti dalla piscina per via del blackout… stavamo scherzando e a un certo punto eravamo più vicini del solito… poi il resto lo sapete…

La sfacciataggine di Kate in certe situazioni era davvero illimitata. –e come bacia?

- Kate c’è mia zia!

-oh no fate finta che io non ci sia!- disse mia zia, per poi lanciarmi un mega sorrisone.

-che devo dirvi? Bacia bene… molto molto bene direi…

-e perché è venuto a casa tua? C’erano i tuoi?

-no non c’erano… comunque voleva sapere che cosa era successo e perché non rispondevo.

-e immagino a lui lo hai detto… -bofonchiò Beth.

-non gli ho raccontato niente. Ne sa quanto voi.

-perciò state insieme?

-insieme è una parola grossa… si più o meno…

Lanciai un’occhiata a mia zia che alzò gli occhi al cielo. –ragazze siamo arrivate.

-oh è vero… il tempo sembra essere volato!- Oppure è mia zia che guida da pazza. –porterai lui al ballo?

-credo di si… prima ci voglio parlare un po’.

Gli sguardi delle mie amiche sembravano soddisfatti, in fondo avevo risposto a tutte le loro domande.

- Beth… Kate… per favore non ditelo a nessuno. Non voglio essere subito sulla bocca di tutti.

-va bene Nessie… e grazie per oggi pomeriggio.- gli occhi di Beth erano pieni di gratitudine.

-si grazie davvero… anche a te Alice…

-figuratevi ragazze… è stato un piacere…- la voce di mia zia era sincera. Non può proprio fare a meno dello shopping.

-dovevo farmi perdonare no? Spero di esserci riuscita.

-perdonare… di cosa? Non me lo ricordo più!

Ci sorridemmo, complici.

-avanti andate a casa altrimenti i vostri genitori mi uccideranno.

Salutai le mie amiche dall’interno dell’auto. Sembra che ho trovato un buon equilibrio.

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Capitolo 7
*** Balli e imprevisti ***


Nuova pagina 1

Finalmente ecco un altro capitolo!!! Lo so, sono la solita ritardataria… xD

Per favore recensiteeeeeeee! Mi farebbe tanto piacere…

In questo capitolo c’è una cosa importante… non vi svelerò quale, perciò se avete delle idee chiedete pure!

Ora vi lascio al capitolo… baci al prossimo.

 

 

 

7 – balli e imprevisti

 

Le due settimane furono meravigliose e il merito era di Nathan. Aveva accolto con allegria la notizia che anche Beth e Kate fossero a conoscenza del nostro piccolo segreto e sembravano gratificarlo le frecciatine che ogni tanto le mie amiche ci lanciavano.

In quell’arco di tempo gli chiesi anche del ballo di primavera. Inizialmente anche lui era un po’ riluttante all’idea di farci vedere in pubblico così presto, ma alla fine trovammo una specie di compromesso: quella sera saremmo apparsi come semplici amici, perciò baci e roba simile sarebbero stati tabù.

Il giorno del ballo, passai tutto il pomeriggio con Kate e Beth a casa di mio nonno. Lui lavorava perciò potevamo scatenarci quanto volevamo, mentre ci facevamo maschere o ci mettevamo lo smalto a vicenda. Come previsto, quella sera avremmo indossato i vestiti che avevamo comprato a Port Angeles con mia zia.

Avevamo dato appuntamento ad Alex e Lucas per le otto, mentre io avevo chiesto a Nathe di passare qualche minuto dopo in modo che lo potessi presentare a mio nonno, l’unico “normale” nella mia famiglia. Era una cosa alla quale tenevo particolarmente, perciò il mio cavaliere mi accontentò.

Beth e Kate erano appena andate via, quando il campanello suonò.

Nonno Charlie andò ad aprire la porta e fece strada a Nathan fino in salotto.

Io ero al piano superiore e per mantenere la calma fissavo il mio riflesso allo specchio. Indossavo un vestito di seta celeste che cadeva morbido fino al ginocchio. La scollatura davanti non era troppo evidente, ma in compenso avevo la schiena completamente scoperta.

Poi sentii il nonno ridere a una battuta di quello che ormai definivo il mio ragazzo. Allora presi coraggio e gridai un “sto scendendo”, udibile anche dalla casa del vicino.

Quando ero a metà della scala, vedi per la prima volta Nathan in smoking. Come era prevedibile, non aveva scelto cose troppo stravaganti, bensì un abito semplice e elegante al tempo stesso, il quale donava ancora più raffinatezza ai suoi lineamenti già estremamente dolci. Gli rivolsi un sorriso sincero ed emozionato, mentre lui e mio nonno sembravano imbambolati.

-che c’è? Non va bene? Il vestito non vi piace?

-piccola mia non dovrei farti uscire così… accidenti… sei perfetta… nemmeno tua madre al ballo di fine anno era riuscita ad essere così bella…

-grazie nonno...

Nathan sembrava essersi leggermente ripreso dallo stato di trance e aveva detto che era meglio andare, se non volevamo arrivare in ritardo.

Il mio cavaliere era rimasto silenzioso per tutto il tragitto, visibilmente teso.

Aspettai che parcheggiasse per domandargli se c’era qualcosa che non andava.

-ehi Nathe… non hai detto una parola da quando mi hai visto… è successo qualcosa?

-scusa… sono stato maleducato… è solo che… mi metti in soggezione stasera…

-un semplice abito da sera ti mette così in crisi?

-direi piuttosto la bellezza di chi lo indossa…

-wow Whellens fai progressi… mi hai appena fatto un complimento…- e gli diedi un leggero bacio all’angolo della bocca.

-avevi dubbi Cullen? – questa volta fu lui a prendere l’iniziativa, impegnandomi in un vero e proprio bacio.

-se scappassimo via? Non ce la faccio a fingere di essere solo amica tua….- sussurrai a un millimetro dalle sue labbra.

-vorresti togliere a Kate e Beth la possibilità di lanciarci frecciatine?

Sorrisi. –va bene… allora andiamo… - mi ero allontanata dal suo viso e stavo per aprire lo sportello della 147, quando lui mi prese la mano.

-aspetta Reneesme…per favore chiudi un attimo gli occhi…

Lo guardai negli occhi e obbedii. Volevo fare una battutina, ma avevo intuito dal tono di voce di Nathan che non mi stava per fare uno scherzo o cose simili.

Poi sentii il suo respiro sul mio collo e le maniche della sua giacca sulle mie spalle. Mi stava mettendo una collana. Il cuore accelerò un pochino, mentre trattenevo a stento un sorriso.

-visto che ridi, per punizione non ti farò specchiare…

Aprii gli occhi. -no Nathe! Ti prego… lo sai che muoio dalla curiosità!

Non mi stava ascoltando. Era già sceso dalla macchina e stava facendo il giro per aprirmi lo sportello.

Mi impuntai. –non scendo.

- Cullen ti hanno mai detto che sei una bambina capricciosa?- mi stava prendendo in braccio. –attenta alla testa…

-no Nathe! Dai peso! E poi ho il vestito!

-la finisci di lamentarti si o no?

-va bene… va bene… ora mettimi giù! Giuro che sarò un angioletto per il resto della serata!

-così va meglio…- e mi posò a terra.

Lo precedetti di qualche passo, mentre lui chiudeva la 147. Quando mi raggiunse, posò la sua mano sulla mia schiena scoperta.

-hai portato qualcosa per coprirti? Dopo fa freddo…

-oh avanti Whellens… non dirmi che sei geloso! Ti ricordo che siamo solo amici…

-devo ammetterlo… sai come vendicarti.

Avevamo raggiunto in quel momento l’ingesso della palestra, chiaramente molto affollato.

Tutti immediatamente si voltarono verso di noi. Le ragazze mi lanciavano sguardi abbastanza risentiti, poiché nessun ragazzo si era risparmiato dal commentare il mio vestito o dal fare fischi di ammirazione, abbastanza irritanti.

Nathan cercava con tutte le sue forze di ignorarli, ma alla fine borbottò un “per fortuna non riesco a leggergli nel pensiero, altrimenti era meglio se mi stavano ad almeno venti chilometri di distanza…”.

Già Nathe, per fortuna non sai leggere nel pensiero. Mi basta mio padre per quello.

Dopo qualche altro passo, il mio accompagnatore cercò di sdrammatizzare la situazione -signori e signore ecco a voi miss universo accompagnata dall’ultimo arrivato ritenuto uno squilibrato! Un applauso per favore!

- Nathe zitto! O scoppio a ridere davanti a tutti!

-intanto che tu ridi io mi vado a scavare una fossa… perché non ho appoggiato la tua idea di scappare?

In quel momento ci vennero a far incontro le mie amiche.

-ehi finalmente! Pensavamo che vi foste persi per strada!- ci aveva salutati Kate. Indossava un vesto corto di raso lilla con abbinate un paio di decolté nere dal tacco vertiginoso, entrambi consigliati da mia zia Alice.

-i capelli stanno bene vero?

-si Kate tutto ok… - avevo passato il pomeriggio a piastrarle i lunghi capelli biodi, ma avevo lasciato che la ciocca davanti diventasse un boccolo, per rendere più particolare il tutto.

-oh avanti… è la miliardesima volta che lo chiedi! Ci abbiamo messo un quintale di lacca ed è impossibile che un solo capello vada fuori posto! – si lamentò Beth. Quest’ultima portava un vestito sotto il ginocchio verde pastello, il quale metteva in risalto la sua carnagione leggermente scura e i suoi capelli castano scuro, raccolti  in una treccia.

Passammo un po’ di tempo tutti insieme a chiacchierare del più e del meno, mentre gli altri ragazzi ci osservavano. Il principale argomento della serata, infatti, eravamo io e Nathan.

Quando le mie migliori amiche se ne andarono, proposi di nuovo il piano di fuga al mio accompagnatore.

-ti prego, ti prego, ti prego… lo so che anche a te da fastidio essere sulla bocca di tutti…

-avviciniamoci alla stradina che porta dietro la scuola lentamente… non credo che se ci mettiamo a correre passiamo inosservati…

-ti ho mai detto che adoro il tuo lato da James Bond?

-preferisco Diabolik… cara Eva Kent…

Girammo l’angolo, che quella sera per noi rappresentava la salvezza e iniziammo a correre come bambini.

Ci fermammo solo quando avemmo raggiunto il lato opposto della scuola, con il fiatone, terribilmente divertiti da quella folle corsa. Mi sedetti sotto il porticato mentre ridevo senza quasi riprendere fiato.

-santo cielo questa cosa me la ricorderò per tutta la vita!

Nathan si era messo vicino a me e io ne approfittai subito per poggiare la testa sulla sua spalla.

-pensi che qualcuno si sia accorto che ce ne siamo andati?

- Nessie eravamo l’attrazione principale della serata… anche se non ci hanno visto correre via sicuramente si saranno accorti che non ci siamo più!

-sai che ti dico? Non me ne importa niente… almeno così posso fare questo…- e lo baciai.

-concordo in pieno…- mi sussurrò all’orecchio, per poi baciarmi di nuovo.

Mi sembrava di toccare il cielo con un dito in quel momento. Nathan era in grado di trasformare anche la cosa più banale in pura emozione.

- Nessie… non ti sei più vista allo specchio vero?

-io?... no… ho qualcosa che non va?

Mi sorrise. –no sei perfetta.

Poi mi ricordai della collana che mi aveva messo in macchina. Mi alzai di scatto e andai spedita verso la fine del porticato, dove sapevo c’era una parte di parete in vetro.

La mia immagine non era molto nitida, ma mi bastava per capire che tipo di ciondolo avessi al collo.

Era un piccolo diamante circolare, contornato da una sottile montatura di oro bianco.

Nathan aveva appoggiato le mani sui miei fianchi e mi aveva attirato a sé dolcemente. –ti piace?

-certo che mi piace, ma è troppo… non lo posso accettare… era di…

-mi madre, si… voglio che lo abbia tu… io di certo non posso indossarlo…

Lo avevo riconosciuto subito, quello era il ciondolo che Lisa Whellens indossava mentre era stata scattata la fotografia che Nathan portava sempre nel portafoglio. Sapevo che in quel momento le parole non servivano, così mi voltai e lo baciai di nuovo. Quella volta il contatto di noi fu diverso. Per la prima volta sentivo la consapevolezza di quanto fosse diventato importante per me Nathan. Gli avevo messo le braccia al collo, mentre lui aveva fatto scivolare le sue mani sulla mia schiena. Mi staccai leggermente dal suo viso.

-grazie.

-se non sbaglio mi avevi fatto una promessa.

-scusa ma qui un bel grazie ci stava bene… -sorrisi, ancora sulle sue labbra.

Un altro bacio e poi appoggiai la testa sul suo petto per lasciarmi cullare, mentre la musica di un lento si sentiva arrivare direttamente dalla festa.

- Nathe, io… forse sono pazza, ma credo di essere pronta a raccontarti tutta la verità… però non…

-stasera… non roviniamo niente di questo momento.

Proprio mentre stavo sorridendo, un ululato squarciò l’aria. Il suo ululato.

Mi staccai velocemente da Nathan, con la paura negli occhi.

-che succede Nessie?

Jacob era vicino. Sentivo sempre più distintamente i suoi passi pesanti.

-ascoltami… devi andartene… domani giuro che ti spiegherò tutto…

Ma era troppo tardi. Il licantropo era dieci passi dietro di noi. Mi voltai e vidi il suo viso bronzeo stravolto dall’ira, mentre il resto del corpo era il preda a dei violenti spasmi.

-ciao Nessie… perché vuoi mandare via il tuo amichetto?

Nathan mi si piazzò davanti, con fare protettivo. Presi la sua mano.

-no… stai tranquillo va tutto bene…

-no Nessie non va tutto bene accidenti! Mi hai lasciato per lui eh? E poi gli vorresti raccontare tutto! Sai benissimo che metteresti tutti noi in pericolo!

Non ci vedevo più dalla rabbia. Sentivo Nathan che si era trasformato in una statua e dentro di me si stava facendo strada l’istinto di saltare alla gola di Jacob.

-per una buona volta, lo vuoi capire che io e te non siamo mai stai insieme? Secondo: non sono più una bambina alla quale si può dire quello che si può o non si può fare! Devi piantarla di interferire con la mia vita!
Jacob mi afferrò il braccio. –ma se me ne sono andato per un mese! Un mese lontano da casa mia per lasciarti il tuo dannatissimo spazio! E ora ti ritrovo nelle braccia di uno sfigato che cerchi di spifferargli tutto mettendoci in pericolo!

Per quanto mi stava stingendo fortissimo il mio autocontrollo era giunto al limite. Ma qualcosa mi bloccò.

Nathan aveva appoggiato la sua mano sul braccio con cui Jacob mi teneva.

-lasciala stare… immediatamente…

-sennò che mi fai eh?

-NO NATHE!- un urlo strozzato uscì dalla mia bocca, quando il mio ragazzo colpì la mia “anima gemella” in pieno viso con un pugno. Jacob indietreggiò un paio di passi, vista la potenza inaspettata del colpo.

-oh santo cielo… stai bene?- ero corsa da Nathan per esaminargli la mano. Non sembrava rotta.

-si tutto ok… non mi aspettavo facesse così male ma in paio di minuti passa.. non preoccuparti…

Ormai avevo le lacrime agli occhi e sentivo le forze venirmi meno. –Jake per favore vattene.

Lui mi guardò negli occhi e fece un breve cenno con la testa. –non è finita qui Ness, lo sai bene… per favore non fare cazzate.

Lo guardare andare via tra le lacrime, stretta al petto di Nathan.

Le lacrime rigavano il mio visto, incontrollabili. Non riuscivo a pensare, a capire quello che era appena successo e alla fine sentii le gambe cedere.

-ehi Nessie!

-ti prego portami a casa…- non sentivo più la terra sotto i piedi e capii che Nathan mi aveva preso in braccio.

In macchina persi del tutto i sensi. Non sentivo niente, nessuna sensazione e nessun suono, era come se dormissi profondamente.

La prima cosa che percepii di nuovo, furono le mani di Nathan che mi prendevano di nuovo in braccio e mi portavano fuori dalla sua 147. Poi udii una porta che si apriva e la voce di mia nonna Esme.

Volevo uscire da quel torpore per capire dove fossi e cosa stava accadendo, ma quel buio mi portava sempre più giù, rendendomi incapace di ogni cosa. L’ultima cosa che ricordai di quella sera furono le dolci labbra di Nathan che mi davano un leggero bacio sulla fronte.

 

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Capitolo 8
*** Verità che fanno male ***


Nuova pagina 1

Rullo di tamburi…………. Ecco a voi un nuovo capitolo!

Volevo postare un po’ prima, ma ho avuto dei problemini con il computer e non sono riuscita a organizzarmi meglio.

Devo essere sincera… quando ho visto 6 recensioni ho rischiato di svenire! Sono contentissima di tutti i complimenti che mi avete fatto… mi fa piacere soprattutto sapere che la mia storia vi piace.

Perciò GRAZIE a:

Tatydanza – quando ho letto di Clark Kent sono scoppiata a ridere da sola! Comunque la faccenda dell’imprinting non è andata giù solo a te... è anche per questo che ho scritto questa ff.

_Kiarina Cullen_ - essere descritta come una scrittrice favolosa non è una cosa da tutti i giorni! Mille grazie per questo complimento, anche perché più rileggo quello che scrivo e più mi convinco che non sono nulla di eccezionale… vabbè le mie solite paranoie, non farci caso!

 Nessie93 – Sei paranoica… o forse no! Spero che lo scoprirai leggendo! E non ti scordare la presenza del ciondolo… chissà, forse più avanti sarà importante pure quello…

Norine -  mi dispiace tantissimo ma non posso rispondere… perdonami! xD

15rox15 – non sei la sola che vuole picchiare Jake… io ho immaginato di usarlo come tiro al bersaglio per quattro libri! ehehheheh

cippulina_cullen – spero che anche te continuerai a leggere la storia per risolvere questo mistero chiamato Nathan!

 

Come al solito ringrazio immensamente anche i 24 preferiti e i 17 seguiti!

 

P.S. vi consiglio di tenervi forte per questo capitolo!

 

 

 

8 – Verità che fanno male

 

Il giorno dopo mi svegliai di soprassalto, con il respiro accelerato e il cuore che batteva ancora più velocemente del solito.

-piccola mia va tutto bene… sei a casa…

Mia madre era seduta sul mio letto e mi accarezzava per tranquillizzarmi.

-Nathe… Jacob… come… cosa…

-shhhh tesoro mio… è tutto ok… Nathan ti ha riportato a casa appena sei svenuta… c’era qui tua nonna e ha aperto lei la porta, per non farlo insospettire…

-ha detto qualcosa?

-no… solo che ti sei sentita male… poi è andato via…

-mamma… Jake è tornato… ieri sera ci ha visti… è come impazzito…

Non ce la facevo a respirare. Cercavo di ricordare per formulare un discorso e raccontare così a mia madre di ogni cosa, ma la mia mente era completamente vuota e sembravo in preda a un attacco di panico.

Mio padre entrò in quel momento nella mia stanza, allarmato e con un bicchiere d’acqua in mano.

-bevi tesoro mio… hai bisogno di calmati…

Mi ci vollero quasi dieci minuti per recuperare il pieno controllo di me stessa.

Alla fine raccontai con il mio metodo tutto quello che era successo la sera precedente.

- Nessie vuoi davvero raccontare tutto a Nathan?

-si pà…

-piccola mia non puoi fare questa pazzia! Non sai come lui potrebbe reagire… e se i Volturi lo venissero a sapere?

-mamma ma proprio te mi vieni a fare queste prediche? Quando ragioni così sei solo un’ipocrita egoista accidenti!
-non ti azzardare mai più signorina!

-perché non vuoi capire? Se papà non ti avesse detto la verità ora saresti sposata con quell’idiota di Newton!

Ero scattata in piedi e facevo su e giù per la stanza.

-è diverso…

-però te eri libera di frequentare un vampiro e tutta la sua famiglia vero? Tanto il nonno non sapeva niente…

Mia madre a quel punto mi diede uno schiaffo. Ero scioccata e papà con me.

-Bella basta… lo sai che non l’ha fatto apposta e che non pensava quelle cose…

- Edward sei tu quello che legge nel pensiero, non io… da quando è nata non mi è mai passato per la mente di darle uno schiaffo, ma a tutto c’è un limite. - stava uscendo dalla camera, ma si blocco sulla soglia.

-scusa mamma… non volevo… non pensavo quelle cose…- le lacrime iniziarono di nuovo a scendere sul mio viso. Mio padre mi aveva preso e messo sopra le sue ginocchia, per cullarmi come una bambina.

-shhhh tesoro mio… perché pensi di fare solo cose sbagliate?

-perché ogni cosa che faccio fa del male a qualcuno… Jake, Nathan e ora anche la mamma… non volevo dire quelle cose…mi sembra solo di sbagliare e di non fare mai la cosa giusta…

-segui sempre e soltanto il tuo cuore… purtroppo ci sono sempre due facce di una stessa medaglia… qualsiasi cosa stai pensando di fare, se credi che sia la migliore devi portarla a termine… - le parole di mia madre suonarono perentorie nella mia mente. Il problema è sapere quale sia la cosa migliore…

Per il resto del giorno rimasi a letto, ad ascoltare l’ipod. Avevo ancora addosso il vestito della sera precedente, ma non avevo la forza per cambiarmi.

Perché devo prendere questa decisione? Se scelgo uno, sicuramente l’altro non vorrà più saperne niente di me. Non voglio che nessuno dei due esca dalla mia vita. Ma non posso nemmeno aspettare, o perderò entrambi.

Erano le sei ormai ed ero scivolata in uno stato di semi-incoscienza. Non riuscivo più a formulare pensieri coerenti o a versare lacrime.

All’improvviso qualcosa mi risvegliò dal mio torpore. Delle dolci labbra mi avevano appena dato un bacio sulla fronte, proprio nello stesso punto della sera precedente.

Socchiusi leggermente gli occhi. –Nathe…

- Nessie… sono un po’ stanco di venire a casa tua e trovarti in questo stato…

Sorrisi, malinconica. –non merito tutte queste premure da parte tua…

- scemina che ne dici di alzarci un po’ da questo letto? –e mi prese in braccio.

-se continui così va a finire che diventerai il mio salvatore…

-non te approfittare però… dov’è il bagno?

-seconda porta a sinistra…- avevo appena finito di parlare, che già stavamo nell’altra stanza.

-ce la fai a stare in piedi o mi svieni un’altra volta?

-no ce la faccio…

-bene… allora sciacquati un po’ il viso… ti aspetto qui fuori…- mi mise per terra e aspettò un attimo per vedere se fidarsi delle mie gambe, poi uscì.

Mi guardai allo specchio. Ero ridotta proprio male. –bel piano quello di mettermi davanti uno specchio…- Rise.

Dopo essermi lavata il viso, cercai di dare un senso ai miei capelli legandoli in una coda.

Quando uscii dal bagno ero abbastanza presentabile.

-così va molto meglio.

-qual è il prossimo punto del tuo diabolico piano?

-anche se te lo dico a malincuore, devi cambiarti.

-jeans e maglietta vanno bene capo?

-perfetto.

-ah Whellens… niente buco della serratura. – e chiusi la porta della mia camera. Mi era spuntato un leggero sorriso mentre cercavo qualcosa da mettermi.

-i tuoi dove sono?- mi aveva chiesto Nathan, mentre mi cambiavo.

-non lo so veramente… forse dai nonni… perché?

-visto che tua madre mi a mandato un messaggio, pensavo che ci fossero anche loro per… controllare la situazione…

Aprii la porta. –cosa? È stata mia madre a chiamarti?

-si… cioè già pensavo di venire… poi lei mi ha mandato il messaggio e così non me lo sono fatto ripetere due volte.

Possibile che zia Alice abbia visto qualcosa?

-ho capito… vabbè comunque sono pronta…

-bene, allora prendi la giacca perché andiamo a fare un passeggiata.

-immagino che tu non accetti obiezioni giusto?

-giusto.

Decidemmo di percorrere il sentiero dietro casa mia. Per un po’ nessuno dei due parlò, ma sapevo che era il momento della resa dei conti.

- Nathe mi dispiace tanto per ieri sera… davvero…

-lo so, non ti preoccupare… ma non posso fingere che la cosa non mi abbia scosso un po’.

Ci eravamo fermati, così presi la sua mano e lo portai ai piedi di una quercia, dove ci mettemmo seduti.

Appoggiai la testa sulla sua spalla.

- Nessie senti… ti avevo detto che non mi importava dei tuoi segreti eccetera…ma credo che a qualche domanda tu debba rispondermi.

-lo so… lo so… - in quel momento sentivo la paura divorarmi dentro. - ma non ce la faccio più a tenerti nascoste certe cose… voglio dirti tutto, dall’inizio…

Avevo preso la mia decisione: avrei raccontato tutto quello che riguardava me e la mia famiglia a Nathan. Glielo dovevo, in fondo. Se era destino che stessimo insieme, mi avrebbe accettata per quello che ero.

-mi devi promettere una cosa però.

-dimmi…

- Nathan ti prego… ricordati sempre che non ti farei mai e poi mai del male… non avere paura quando…

Una piccola lacrima scese dal mio viso. Lui la catturò con un bacio. –te lo giuro…

Sorrisi debolmente. Speravo che quello non sarebbe stato l’ultimo bacio tra noi due.

-grazie…pensavo fosse più facile…vedi io non sono come te, non sono proprio del tutto umana…

Un lampo di sorpresa si disegnò sul viso di Nathan. Respirai profondamente e continuai.

-diciamo che sono un incrocio, un ibrido tra due razze… per metà sono umana e per metà – un altro lungo respiro – vampiro.

-credo di non seguirti Nessie… - guardarlo in quegli occhi verdi, spalancati dalla paura, fu come un pugno nello stomaco.

-quasi venti anni fa, mia madre si è trasferita qui da Phoenix… era umana e quando iniziò la scuola notò subito mio padre… tra loro il rapporto fu difficile all’inizio perché lei voleva delle spiegazioni da lui sul suo comportamento… ma poi scoprì il segreto che li teneva lontani: mio padre era, anzi è, un vampiro.

Nathan deglutì rumorosamente.

-non devi pensare ai film hollywoodiani… assolutamente… ci sono tantissime cose non vere…

-beve… - non riuscì a finire la frase.

-si… beve sangue, ma solo quello animale…

Sembrava leggermente più tranquillo. –continua.

-mia madre riuscì ad accettare la diversità di mio padre… provava dei sentimenti troppo profondi per essere ignorati e decise di restare con lui. Un giorno però ci fu un incidente e lei rischiò di morire. Papà la lasciò perché le aveva già sconvolto abbastanza la vita e lei cadde in depressione. Jacob l’aiuto tantissimo a riprendere una vita quasi normale, ma non recuperò mai del tutto. Intanto mio padre per un equivoco…

-ehi ehi aspetta… Jacob è quello di ieri sera? –nel suo sguardo c’era odio puro.

-si è lui… quella è un'altra storia, Nathe… prima voglio farti capire cosa sono io.

-va bene… fai come credi.

-dicevo… papà per un malinteso venne a sapere che la mamma si era suicidata, così decise di andare in Italia dai Volturi per suicidarsi anche lui.

-cosa sono i Volturi?

-una famiglia di vampiri… una specie di famiglia reale che si è assunta la responsabilità di mantenere nascosta l’esistenza di razze diverse da quella umana.

-perciò io non potrei sapere niente?

-si teoricamente. È proprio questo che ha fatto scattare tutto. Vedi, quando mamma è andata in Italia per cercare di fermare papà, i Volturi hanno scoperto che un’umana sapeva della loro esistenza. Per questo papà gli ha dovuto promettere che avrebbe trasformato mamma in una di loro.

-ma… se te sei un… incrocio… come…

-calma Nathe, va tutto bene… - gli accarezzai la guancia – lo so che per te è uno sforzo enorme immaginarti tutto…

-si abbastanza… non riesco a immaginarmi qualcosa di diverso…

-lo so, ma ti sto raccontando tutto proprio per questo… devi fidarti di me va bene?

Fece cenno di si. - continua la storia… i tuoi sono tornati a Forks giusto?

-si… hanno frequentato l’ultimo anno di scuola e poi l’estate si sono sposati. Mio padre era contrario all’idea di trasformare la mamma in un vampiro… ma alla fine accettò. Avrebbero trascorso qualche mese al college se non fosse giunto un imprevisto.

-e quale sarebbe?

Sorrisi. –io. La mamma rimase incinta durante la luna di miele.

-niente college presumo.

-no. Vedi, essendo un mezzo vampiro, non è che le gestazioni sono proprio uguali a quelle umane… diciamo che sono molto più veloci e per le madri la maggior parte delle volte sono fatali.

Ora era spaventato.

-tranquillo Nathe… non sono pericolosa… vedi, i vampiri sono più forti rispetto agli umani e il corpo di una donna non è di certo abituato ad ospitare un feto così. Comunque… dopo un mese circa sono nata io. La mamma era in fin di vita, così mio padre la trasformò in una vampira subito dopo il parto.

-un mese soltanto? Come… come si trasforma un umano in vampiro?

-vedi, i vampiri nei denti hanno della morfina… se questa sostanza entra in circolo con il sangue avviene la trasformazione. - Meglio evitare dettagli dolorosi per ora.

-prima mi hai detto che tuo padre beve solo…

-sangue animale, si –avevo deciso di intervenire perché vedevo la sua difficoltà nel pronunciare la parola “sangue”- lui e il resto della famiglia seguono questa dieta… vuoi sapere se ci sono anche vampiri che bevono sangue umano vero?

Accennò di si. –si ci sono anche quel tipo di vampiri… anzi direi che la maggior parte non si fanno molti scrupoli…

-perché… per quale motivo voi non…

-vedi, mio nonno Carlisle era figlio di un uomo di chiesa. Quando si è accorto in cosa si era trasformato, ha cercato in tutti i modi una soluzione. Dice che anche se siamo diversi, non abbiamo il diritto di togliere delle vite. È per questo che ha trasformato mio padre e gli altri quando erano in punto di morte.

-Scusa quanti ne ha trasformati di preciso?

-mio nonno ha trasformato mio padre, mia nonna, zio Emmet e zia Rosalie… zio Jasper e zia Alice si sono aggiunti dopo… poi papà ha trasformato mia madre… quindi con me siamo in nove.

-prima hai detto che tuo nonno ha trasformato solo persone in punto di morte. In pochi anni ha trasformato tutte queste persone?

-ecco… questo è l’aspetto più delicato forse… i vampiri possono essere uccisi, ma non muoiono.

Il viso di Nathan era impallidito alle mie ultime parole. –questo vuol dire che siete… immortali? – l’ultima parola fu un debole sussurro.

-si…

-mi gira la testa

-sdraiati un po’… per oggi può anche bastare… non credo sia il caso di continuare…

Seguì il mio consiglio. Si distese sull’erba, con il viso tra le mani. In quel momento non sapevo cosa fare.

-scusami non dovrei reagire così… già per te sarà difficile…

Quanto avrei voluto baciarlo, accarezzargli il viso per rassicurarlo. Ma avevo troppa paura di essere rifiutata, temevo che si ritraesse da me perché ero diversa. Decisi che era meglio rimanere dov’ero.

- Nessie ho un’ultima cosa da chiederti.

-dimmi

- Jacob sa tutto non è vero?

-si Nathe, sa tutto…

-perché ne è a conoscenza? Per quale motivo è così ossessionato da te?

-diciamo che i vampiri non sono l’unica razza oltre agli umani.

Era scattato a sedere. –che cosa è?

-questo non posso dirtelo, mi dispiace. Non me la sento di raccontare anche il loro segreto.

-va bene. Ma puoi almeno rispondere alla seconda domanda.

Cosa gli dico ora? Forse è meglio essere sinceri fino alla fine.

- Jacob era innamorato di mia madre, ma lei ha sempre solo provato affetto nei suoi confronti. Quando sono nata è successo… non so nemmeno io come definirlo… è successa una magia…

-e?

Lo guardai negli occhi e quando parlai, sentii una nota di malinconia nella mia voce.

-ha riconosciuto quella che lui definisce la sua anima gemella.

Silenzio. Il suo viso era impassibile.

-non stai scherzando.

-no… io non… - ma il resto della frase mi morì dentro.

Nathan si era alzato di scatto e molto probabilmente se ne sarebbe andato se non gli avessi preso il braccio.

- Nessie non mi toccare accidenti!

Ero sull’orlo delle lacrime.

-anime gemelle! Lo sai che vuol dire? Vuol dire che io sono stato un maledetto passatempo! Tanto che ti importa… te hai solo l’eternità davanti e puoi sempre farti perdonare vero?

-pensi che sia capace di una cosa del genere? Credevo mi conoscessi almeno un po’!

-anche io lo pensavo Nessie… e non sai quanto sia grande questa delusione per me… ti prego, non seguirmi.

E se ne andò. Mi lasciò lì, da sola, con le mie lacrime.

 

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Capitolo 9
*** Non essere unici al mondo ***


Nuova pagina 1

Nuovo capitolo con il quale si volta pagina, ve lo dico subito.

Non è ancora il momento dell’incontro tra Nathe e Nessie, ma questo quanto seguirà è fondamentale.

Recensite e fatemi sapere quello che pensate della mia idea…

 

DOVE ERAVAMO RIMASTI

- Nessie non mi toccare accidenti!

Ero sull’orlo delle lacrime.

-anime gemelle! Lo sai che vuol dire? Vuol dire che io sono stato un maledetto passatempo! Tanto che ti importa… te hai solo l’eternità davanti e puoi sempre farti perdonare vero?

-pensi che sia capace di una cosa del genere? Credevo mi conoscessi almeno un po’!

-anche io lo pensavo Nessie… e non sai quanto sia grande questa delusione per me… ti prego, non seguirmi.

E se ne andò. Mi lasciò lì, da sola, con le mie lacrime.

 

 

 

9 – Non essere unici al mondo

 

Le ultime parole di Nathan per me furono come pugnalate che lasciarono ferite aperte e sanguinanti. Almeno c’era qualcosa di positivo: sapevo quello che volevo.

Non appena i miei genitori mi recuperarono in mezzo al bosco, infatti, in me si fece strada la consapevolezza che ormai odiavo Jacob con ogni fibra del mio essere, mentre desideravo Nathan con la stessa intensità. Avevo deciso di combattere per lui, però sapevo che dovevo lasciargli del tempo per riflettere su quello che ero.

Mi finsi di nuovo malata, così non andai a scuola durante gli ultimi tre giorni prima delle vacanze di Pasqua.

Le mie amiche, che non sapevano niente della complicazione venutasi a formare per ovvi motivi,  mi raccontarono che il mio ragazzo dalla sera del ballo era ancora più scostante e le salutava per miracolo.

Starà soffrendo come un cane. Vorrei tanto che le cose si aggiustassero con un semplice schiocco delle dita!

Ma il mio miracolo personale avvenne durante l’ultimo giorno di scuola.

Ero sul divano a mangiare gelato e a vedere Romeo e Giulietta per la centesima volta insieme a mia zia Rose, quando mio padre entrò in casa accompagnato da una donna.

Non era molto alta, ma aveva un fisico assolutamente proporzionato e aggraziato, anche da ferma. Il viso, tondo al punto giusto, seguiva i dolci lineamenti del corpo e i mossi capelli castani la rendevano davvero bella. Pensai subito a una vampira, anche perché aveva la pelle diafana, ma poi notai gli occhi: erano verdi.

-Rosalie per favore vai a chiamare Bella, è a caccia nelle vicinanze. Dobbiamo parlare con la nostra ospite.

Io mi ero pietrificata. Vidi solo con la coda dell’occhio la zia obbedire alle direttive di mio padre.

-si piccola mia, lei è come te. Dice che ci deve parlare. Si chiama Rita.

Riuscii a balbettare qualcosa. –salve… mi scusi, non pensavo di avere di nuovo la possibilità di incontrare una mezza vampira… il mio nome è…

- Reneesme. – una piccola pausa – si potrebbe dire che ti conosco abbastanza bene ormai.

-in che senso?

-lo scoprirai quando arriverà tua madre e ti racconterò la mia storia. Non devi aver paura di me.

Come potevo aver timore di lei? Aveva qualcosa di familiare nell’aspetto e, soprattutto, era una mezza vampira.

La feci accomodare sul divano, vicino a me, mentre mio padre si era seduto sulla poltrona davanti a noi. Pochi secondi dopo, arrivò anche mia madre, abbastanza allarmata.

- Edward che succede?

-niente Bella, non preoccuparti. Lei è Rita, mi ha chiamato con il pensiero poco fa, così l’ho raggiunta sul sentiero qui vicino. Non ha cattive intenzioni, vuole solo raccontarci la sua storia. È importante per Nessie.

Guardai la nostra ospite, sempre con maggiore impazienza. Cosa centravo io?

Mia madre raggiunse il marito e si sedette sul bracciolo della poltrona. –piacere, io sono Isabella, ma preferisco soltanto Bella. Posso sapere il motivo della tua visita?

-il piacere è mio. Non capita tutti i giorni di conoscere chi ha messo fuori combattimento i Volturi.

I miei genitori faticarono a nascondere il nervosismo, così Rita cercò di tranquillizzarli.

-no, non dovete preoccuparvi. Negli ultimi quindici anni sono circolate parecchie voci tra i vampiri sulla famiglia Cullen. Io non ho niente a che fare con i Volturi, a parte il luogo di provenienza.

-di dove sei? Scusa, ma hai detto vampiri… fai parte di un clan?- era stata la mamma a rivolgerle queste domande, visto che papà sicuramente conosceva già la risposta grazie al suo potere.

-sono italiana, umbra per la precisione. Non faccio parte di nessun clan e mai ne ho fatto parte. Essendo un mezzo vampiro, ho sempre preferito non espormi a dei rischi. Comunque penso che la parte di maggior interesse per voi sia un'altra… non mi nutro di sangue. Preferisco mangiare solo cibo umano.

I miei genitori fecero un sospiro di sollievo. Questa volta fu mio padre a parlare.

-devi scusarci, ma noi ci nutriamo di sangue animale e ogni volta che nostri simili vengono nel nostro territorio dobbiamo stare attenti, altrimenti la nostra copertura potrebbe saltare.

-si, vi capisco. Non correrete nessun rischio, ve lo garantisco.

-come mai ti nutri solo di cibo umano?- quella donna mi incuriosiva troppo, così non riuscii a tenere a bada la lingua.

Mi guardò, sorridente. –un po’ per lo stesso motivo per cui voi siete vegetariani. Non voglio uccidere delle persone innocenti. Mi è bastato il sacrificio di mia madre per darmi alla luce.

-mi dispiace, non volevo offenderti o aprire delle ferite….

In fondo sapevo quello che stava provando. Da quando ero nata, mi ero domandata più volte come sarebbe stata la mia vita se avessi portato via a mio padre l’amore della sua vita.

-non ti preoccupare, è successo molto tempo fa… sei fortunata ad avere dei genitori che ti amano così tanto.

Mi accarezzò la guancia. Quel tocco così sincero mi fece venir voglia di abbracciare quella sconosciuta, con la quale sentivo avere un rapporto speciale. Mi limitai, però, a sorriderle.

-sono qui proprio per raccontarvi come sono nata e gli eventi successi nell’ultimo secolo a questa parte. – Rita tornò a rivolgersi anche ai miei genitori, ora abbastanza fiduciosi.

-sei venuta qui dall’Italia solo per noi?- domanda più che lecita di mia madre.

-no assolutamente. Sono qui in America da un bel po’ di anni e poi vi spiegherò anche il perché. Ora vorrei cominciare dall’inizio, per farvi un’idea generale un po’ più chiara.

-come vuoi. Noi ti ascoltiamo con piacere.- gli occhi di mio padre erano accesi dalla curiosità, evidentemente non riusciva a scoprire nulla attraverso i pensieri della donna.

- sono nata il 9 maggio 1889. Fui concepita da un vampiro italiano, Leonardo, e una semplice ragazza, Federica. Mio padre era un nomade e, oltre al sangue umano, gli piaceva anche divertirsi un po’ con le ragazze che mostravano interesse per lui. Quando conobbe mia madre, però, si invaghì sul serio di lei. Federica era lusingata dalle attenzioni di quel giovane così affascinante, ma cercò in tutti i modi di resistergli, perché sospettava che lui gli nascondesse qualcosa. Alla fine lei cedette e io fui concepita. Federica scoprì di essere incinta circa una settimana dopo. Mio padre era sorpreso da un simile evento e non sapeva come comportarsi, così le raccontò tutto, in modo che lei potesse essere libera di decidere.

-è stata Federica a insistere per tenere il bambino, non è vero?- mia madre sembrava rivivere la sua storia.

-si è stata lei. Nonostante vedesse il suo grembo crescere ogni minuto di più e sentisse la velocità con cui le forze la stavano abbandonando, decise di tenermi. Leonardo, le restò accanto tutto il tempo, cercando di trovare una soluzione a quello che stava succedendo alla sua amata. Anche se in fin di vita, mia madre riuscì a resistere fino al momento del parto. Si spense non appena mio padre mi prese in braccio per farmi vedere da lei.

La voce di Rita era tremolante in alcuni punti, ma riuscì comunque ad articolare un discorso degno solo di chi era vissuto in un altro secolo.

- Leonardo ti prese con lui alla fine?

-si Reneesme… mi ha allevato lui e ha cercato in tutti i modi di capire i miei bisogni, che a volte non coincidevano con quelli di un normale vampiro.

-deve esser stata dura … - quella storia mi stava coinvolgendo molto, non potevo far a meno di commentare.

-abbastanza… mio padre ha incontrato qualche difficoltà e, per non complicare troppo le cose, decise di rimanere vicino al paese di mia madre per un paio d’anni. Ormai conosceva bene la zona e voleva essere sicuro che non corressi rischi.

-e poi che avete fatto?

- Nessie non fare la bambina… dai il tempo a Rita di raccontare in santa pace. –mia madre aveva notato l’eccesso di zelo in me, così intervenne a calmarmi.

-non preoccuparti piccola. Trascorsi quei due anni, andai in giro per l’Europa con mio padre per un sacco di tempo. Lui mi teneva sempre lontano dagli altri vampiri, non voleva che sapessero della mia esistenza… aveva paura delle ritorsioni su di me… e proprio mentre io mi stavo nascondendo, lui fu ucciso da un altro clan.

-e cosa hai fatto? Sei rimasta da sola?

-si, come ti ho detto nessuno sapeva la mia vera natura a parte mio padre… e poi in quel periodo era scoppiata la seconda guerra mondiale. Decisi di costruirmi una vita il più normale possibile, così andai in Svizzera e cercai un lavoro. Trascorsi lì tutto il periodo della guerra,  per poi trasferirmi ogni cinque o sei anni in altre città europee. Erano quasi gli anni sessanta quando tornai in Italia, nella zona di origine di mia madre. E, proprio come mio padre, mi innamorai per la prima volta. Il mio Andrea… - un sorriso mesto comparve sul viso di Rita, che evidentemente stava pensando al suo vecchio amore.

-gli hai raccontato tutto?

-no non potevo…avevo troppa paura che lui mi respingesse… e comunque tutto quel tempo passato tra gli umani aveva placato la mia parte di vampiro.

-e allora cosa hai fatto?

- l’ho sposato. – mi accarezzò di nuovo il viso, prima di continuare. –dopo un anno dal nostro primo incontro, mi chiese di diventare sua moglie ed io accettai. Volevo vivere almeno una volta nella mia esistenza l’emozione di andare all’altare con l’uomo per cui avrei dato la vita, se necessario.

Una lacrima mi rigò il viso. Mia madre sussurrò il mio nome, mentre papà la stringeva forte al suo petto. Mi aspettavo che si alzasse in piedi per venirmi a tranquillizzare, ma le braccia di Rita mi circondarono in un abbraccio.

-non piangere per me… con Andrea ha passato i momenti più belli della mia vita e non ho rimpianti per quello che ho fatto… tutti noi abbiamo destini diversi e tu sei circondata da tanto amore….

Sapeva quello che provavo. Quegli occhi verdi erano riusciti a comprendere ogni mio timore, ogni mio sentimento in quel momento.

-continua, ti prego…

Senza sciogliere l’abbraccio tra di noi, Rita riprese a parlarmi della sua vita.

-dopo circa sei mesi di matrimonio scoprii di aspettare un bambino.

-cosa? Noi possiamo… la gravidanza è uguale a quella…- singhiozzai, affascinata da quella scoperta.

Mi sorrise. –si noi possiamo diventare madri. Io ho portato in grembo la mia piccolina per sei mesi, ma non so se sia sempre così… comunque assomiglia di più a una normale gestazione umana, infatti anche il parto è naturale e proprio questo mi ha consentito di mantenere il segreto con Andrea.

-era una bambina allora?

-si… la più bella che avessi mai visto… a parte i miei occhi era uguale a mio marito.

-come hai fatto con lui? E poi la piccola non aveva caratteristiche da vampiro?

-diciamo che conservava un po’ l’odore particolare ed era un po’ più aggraziata rispetto agli altri… ma niente di rilevante ad occhi inesperti. Con Andrea non è stato difficile, era completamente euforico! Però sapevo che lo avrei dovuto lasciare il prima possibile… Non volevo rischiare che la bambina si ricordasse di me.

-ce l’hai fatta davvero ad abbandonarli?

-a dir la verità non l’ho mai fatto. Dopo sei mesi dalla nascita di mia figlia, inscenai un incendio e finsi di perdere la vita. Eravamo una normale famiglia, nessuno avrebbe indagato troppo. Andrea era distrutto, così decise di ricominciare da capo, qui in America.

-e tu li hai seguiti?

-si, da allora non li ho mai lasciati. Mio marito trovò subito una brava ragazza, Susan, e la sposò. Mia figlia non aveva nessun ricordo del periodo in Italia, così non le fu mai raccontato di me.

-ma è terribile!

-no Reneesme… non sai di quanto sono stata felice di quella scelta. La nuova moglie di Andrea era dolce e premurosa e fece crescere mia figlia come se fosse sua. Non potevo sperare una vita più felice per la mia piccolina.

 -si scusa… non avrei dovuto reagire così… che fine hanno fatto?

- Andrea è morto dieci anni fa… e lei ha perso la vita insieme al marito in un incidente stradale pochi mesi fa. Mi è rimasto solo mio nipote, che chiaramente non sa della mia esistenza.

Stavo per mormorare un “mi dispiace”, ma mio padre parlò prima.

-le nostre condoglianze. Deve perdonarmi se mi permetto così, ma volevo sapere il nome di sua figlia.

Era una domanda stupida, non riuscivo a capirne il senso.

-grazie Edward.- Rita gli sorrise per poi rispondere. –Lisa.

Appena sentii pronunciare quel nome il mondo mi cadde addosso. Come era possibile? Era una coincidenza? Nathan era veramente il nipote di quella sconosciuta piombata in casa mia?

-non… non è… possibile…. che…

-che io sia la nonna del ragazzo che ami?

Non sapevo casa dire, fare o anche solo pensare. Poi un’immagine balenò nella mia testa: Nathan che dava un cazzotto a Jacob senza farsi niente.

-vuoi che gli dica la verità, non è vero? – la mia voce era piatta.

-si, vorrei che fossi tu. Sei la persona di cui si fida di più, nonostante quello che ti ha detto…

-ci hai sempre spiato giusto? Perché non me ne sono mai accorta?

-il mio potere supplementare è quello di non lasciare traccia, se voglio. Ti prego Reneesme…

Una lacrima scese lungo il viso di Rita. Cosa devo fare ora?

-lasciami un po’ di tempo per pensarci. – mi alzai e andai in camera mia, senza sentire quello che mi diceva mia madre.

Non riuscivo a stare ferma. Camminavo su e giù per la mia stanza, pensando e ripensando al racconto di Rita e soprattutto alle possibilità che avevo di fronte a me. Come sottofondo avevo le voci di Rita e dei miei genitori, provenienti dal salotto. Poi mio padre quasi urlò.

 

 

 

Cosa sarà successo a Edward? Bohhhh! (mi diverto troppo a tenervi sulle spine!)

 

Piccola precisazione: questo nuovo personaggio, Rita, è ispirato a una persona reale... mentre tutti gli altri sono solo nomi inventati su due piedi!

 

RECENSIONI

Norine: giuro che mi farò perdonare per la tristezza del capitolo precedente!

cippulina_cullen: mi dispiace che non ti piaccia Nathe… spero che continuerai a leggere e magari anche a cambiare idea su di lui!

15rox15: grazie x i complimenti… se vuoi picchiare Jacob ti aiuto volentieri… preparo subito la mazza da baseball!

Tatydanza: un po’ fetente è stato x davvero… però bisogna anche capire il povero Nathe! Continua a recensire!

Nessie93: non sai che sollievo sapere che la storia riassunta non è risultata pesante! È stato un po’ difficile, devo ammetterlo, scrivere quel pezzo… ma sono contenta del risultato!

_Kiarina Cullen_: ringrazio anche te per i complimenti... per Nathe non mi sono ispirata a qualcuno che conosco (nel senso di carattere), mentre x l’aspetto fisico è un po’ un miscuglio frutto di due menti non del tutto normali (la mia e di Rita xD). Forse chi si avvicina di più sono Gaspard Ulliel (http://www.thecinemasource.com/moviesdb/images/gaspard_ulliel%20-%201%20-%20hannibal_rising.jpg) e Chace Crawford (http://pcavote.files.wordpress.com/2009/06/chace-crawford-wordpress.jpg).

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Capitolo 10
*** Attimi di follia ***


Nuova pagina 1

Lo so, lo so, lo so! Sono in ritardo (come al solito…)

Posate i fucili per favoreeeee! Per farmi perdonare (almeno lo spero… non voglio essere uccisa! T___T ) vi lascio subito il capitolo e poi ne pubblicherò un altro giovedì o al massimo venerdì! Contente?
altra cosa… alle recensioni dello scorso capitolo risponderò la prossima volta.

 

Grazie, grazie e ancora grazie a tutte!

 

 

DOVE ERAVAMO RIMASTI (troppo tempo fa xD)

Non riuscivo a stare ferma. Camminavo su e giù per la mia stanza, pensando e ripensando al racconto di Rita e soprattutto alle possibilità che avevo di fronte a me. Come sottofondo avevo le voci di Rita e dei miei genitori, provenienti dal salotto. Poi mio padre quasi urlò.

 

 

-è possibile ricevere un ospite senza una dannata complicazione? Nessie vieni subito qui.

Non me lo feci ripetere due volte e mi precipitai nell’altra stanza  –che cosa è successo?

- Jacob stava venendo qui, per parlarti… ha sentito l’odore di Rita e ora sta avvisando tutto il branco. Per favore cercalo e digli di non fare troppo casino perché la situazione è sotto controllo.

Wow. Era difficile vedere mio padre infastidito!

Andai all’esterno e dopo una trentina di metri incontrai un grande lupo rossiccio, che stava correndo all’impazzata verso casa mia.

-ehi Jake! Fermo! Dì agli altri che non c’è niente di cui preoccuparsi… c’è una mezza vampira in circolazione, ma è nostra ospite.

Il cane un po’ troppo cresciuto fece di si con il testone e poi corse tra la vegetazione.

Dopo nemmeno trenta secondi era di nuovo davanti a me, ma  questa volta in forma umana.

- Nessie… scusa se ho fatto po’ di casino, ma voi non ci avevate detto niente e non sapevo…

-non ci sono problemi… volevi parlarmi non è vero? – il mio tono era piatto, quasi glaciale.

-si… veramente si… vogliamo allontanaci un pochino?

Mi misi a camminare a velocità umana lungo il sentiero e il mio accompagnatore mi seguì a ruota.

-da quando hai paura di mio padre?

-non ce l’ho… ma sempre meglio non rischiare quando si parla di argomenti così delicati.

-sai che con i miei non ho segreti. Loro sanno tutto.

Si irrigidì. –e cosa ti hanno detto?

-di fare cosa credo più giusto.

-speravo che… -lasciò cadere quel discorso e io non feci commenti. Riprese a parlare quasi subito. –Nessie due cose: la prima è che mi dispiace un casino per il fatto del ballo, ma se tornassi in dietro sai che lo rifarei… secondo mi devi dire che ti frulla per la testa… così non ce la faccio proprio.

Feci finta di non aver sentito la prima parte del discorso e lo guardai, per fargli capire che ero sincera. –Jake non lo so nemmeno io quello che mi sta succedendo. So solo che Nathe per me è davvero importante….

-lo ami?

Cosa dovevo rispondere? Amare era una parola talmente grossa che mi sentivo insignificante.

-non lo so… è tutto così nuovo per me…

-si o no Nessie?

Feci un respiro profondo e mi preparai al peggio. –si

-e cosa provi per me?

-ti voglio bene Jake…ma…

-non mi ami. Giusto?

Incapace di usare le parole, chiusi gli occhi e accennai un si con la testa.

Si sentì solo il suo urlo disperato e il rumore di un tronco spezzato.

-mi dispiace tanto…- il mio era un sussurro quasi inudibile, anche per un licantropo.

-perché!? Mi spieghi come diavolo fai a preferire uno sciocco umano alla tua anima gemella?

- Jake, per una volta per tutte, piantala con questa storia! Non posso pilotare i miei sentimenti!

-allora vai da lui! Cosa ci stai a fare ancora qui a parlare con il tuo sciocco animale domestico?

Gli diedi uno schiaffo. –Jacob Black piantala di dire cazzate… lo sai che sei una delle persone a cui tengo di più, ma amo Nathe e non posso farci niente. Non ti rendi conto di quanto vorrei uscire da questa storia senza far del male a nessuno…

Scattò verso un altro albero e spezzò anche quello, per poi mettersi seduto sul tronco appena caduto. Si mise la mani tra i capelli per qualche secondo e alla fine mi chiese di andare vicino a lui.

Lo raggiunsi sulla panchina improvvisata e, con mia enorme sorpresa, mi baciò sulla fronte.

- Reneesme Cullen, anche se te non mi ami, non puoi cambiare ciò che provo io. L’unica cosa che voglio è che tu sia felice e se questo significa perderti, lo accetterò. Ma non chiedermi di restarti accanto, mi faresti solo soffrire di più

Lo abbracciai. –grazie… te ne sarò sempre infinitamente grata… ogni tanto fatti sentire ok?

-va bene piccola mia… mi raccomando, cerca di essere felice… su di me puoi contare sempre… addio.

-preferisco solo arrivederci. – avevo le lacrime agli occhi.

Mi sorrise, terribilmente malinconico. –arrivederci.

Guardai Jacob alzarsi e correre all’impazzata per il bosco. Una parte di me stessa se ne stava andando, ma sapevo che non l’avrei mai persa del tutto.

 

Quando tornai a casa, ero pienamente cosciente di quello che stavo per fare. Mi accorsi appena della presenza di tutta la famiglia nel salotto e filai subito in camera mia a prendere il cellulare. Ora mi aspettava la parte più dura del mio piano improvvisato: avere il permesso di prendere la Volvo.

-mamma… papà… mi serve la macchina

-no! – mia madre era scattata subito in piedi. Brutto segno.

-a che ti serve? – bene… devo puntare su mio padre.

-devo andare a scuola, ottenere l’indirizzo di Nathan, andare a casa sua e… improvvisare, credo.

Rita, comprensibilmente, emanava speranza da tutti i pori. –hai deciso di raccontargli la verità?

-a dirla tutta, non lo so nemmeno io. gli parlerò di te, ma non so se proprio oggi. Prima di tutto vorrei cercare di recuperare la sua fiducia.- le mie parole erano sincere, in fondo non avevo avuto abbastanza tempo per metabolizzare il racconto di quella donna spuntata dal nulla.

-grazie, ti sarò per sempre debitrice. Comunque ti risparmio un viaggio… Bridgetown Street 14

-ok… ma il punto è un altro… niente macchina. E poi chi ti avrebbe insegnato a guidare?

- Bridgetown Street 14… Bridgetown Street 14… mamma avanti! Niente prediche per favore! So guidare e giuro che rispetterò ogni limite di velocità… Bridgetown Street 14

Mio padre stava per parlare, ma la mamma lo bloccò prima.

-voglio sapere chi ti ha insegnato, subito.

A sorpresa, intervenne il gigante della famiglia. –piccola fila a prendere la macchina, ci penso io ai tuoi genitori.

- Emmet! Cosa diavolo…

-Bella lascia stare…è inutile perdere tempo… - questa volta era venuta in mio soccorso la zia Alice, la quale aveva previsto sicuramente qualcosa.

Mio padre si avvicinò e mi diede le chiavi. –prometti che andrai piano.

-lo giuro su Dracula… grazie! Grazie! Grazie! – e lo baciai sulla guancia.

Il secondo successivo ero sulla porta di casa ad urlare –mamma ti voglio bene!

In macchina misi la musica alta per cercare di allontanare il nervosismo e concentrarmi sulla strada.

Anche se ho provato a non spingere troppo l’acceleratore, dopo un quarto d’ora ero dalla parte opposta della città, davanti una normale villetta a schiera in Bridgetown Street. Feci un respiro profondo prima di suonare al campanello.

Una bambina di poco più di mezzo metro mi aprì la porta. Avrà avuto circa sei anni, ma sembrava abbastanza sveglia.

-ciao… chi sei?

Mi accucciai alla sua altezza. -ciao tu devi essere Lucy… io mi chiamo Reneesme, sono un’amica di tuo cugino… lui è in casa, per caso?

Mi guardò come se la sapesse lunga. –faccio finta di crederti… comunque il tuo ragazzo non ti ha detto che andava a Detroit?

Rimasi a bocca aperta. La piccola pulce iniziò a schioccare le dita davanti i miei occhi. –ehi ci sei?

-non lo so nemmeno io sinceramente.

-oh andiamo bene… Nathan ha trovato una sveglia.

che peste! Ci mancava solo lei!

Cercai di contenermi. –i tuoi genitori non ci sono?

- c’è mia mamma.

- Lucy chi è? – una voce femminile si stava avvicinando all’ingresso.

Nessie respira. È solo la zia del ragazzo che ami… cosa c’è di strano?

-una ragazza… cerca Nathe.

Nel giro di pochi secondi una donna mora di nemmeno quarant’anni apparve sulla porta.

-ciao posso aiutarti?

-salve signora. Sono Reneesme…

- Cullen, non hai bisogno di presentazioni. Sei la copia esatta dei tuoi genitori. Ah, per favore chiamami solo Angela!

Sorrisi. La sua voce era un pochino emozionata, ma riuscì a mettermi a mio agio.

-si… è un piacere per me conoscere un’amica di mia madre… però sono un po’ di fretta e cercavo Nathan. la piccolina mi ha detto che è andato a Detroit, è vero?

- Lucy perché non vai a giocare un po’ in camera tua?

La pulce sospirò rumorosamente, prima di obbedire alla madre.

Quando la vedemmo salire le scale, Angela tornò a rivolgersi a me.

-è vero, mio nipote ha insistito parecchio per tornare a casa sua durante le vacanze. È partito questa mattina. Non ti ha detto niente?

Ero certa di essere arrossita a quella domanda. –veramente noi…

Si lascio sfuggire una leggera risata. –va bene, non sono affari miei.

Sorrisi, riconoscente. –immagino che torni tra qualche giorno.

Cosa faccio ora?

-si, mi dispiace. Non so come aiutarti.

Non posso aspettare tutto questo tempo!

-senta Angela, magari le sembrerà sfacciato e non so nemmeno cosa mi salta in mente… ma non è che mi darebbe l’indirizzo dell’hotel…

-aspettami qui.- e ritornò in casa. Spero di dimenticarmi presto di quello che ho appena fatto.

La zia di Nathan riapparve sull’uscio di casa dopo un paio di minuti. Aveva un foglietto con su scritto un indirizzo. –puoi trovare mio nipote qui. È tornato nella sua vecchia casa.

-non so come ringraziarla.

-figurati. per dare un po’ di gioia a Nathan farei qualsiasi cosa e a quanto pare te puoi aiutarmi. Mi raccomando salutami i tuoi.

-con piacere. E ancora grazie.

Montai in un baleno in macchina e appena partii salutai Angela con il clacson.

Chiamai subito mia madre.

-piccola mia tutto ok?

-si, non ti preoccupare. Nathan non è qui a Forks. È tornato a Detroit per le vacanze.

-vuol dire che gli parlerai appena torna… qualche giorno non è la fine del mondo…

-veramente io… voglio andare da lui. subito.

-cosa?! Ma lo sai quanto è distante? No Nessie, questo non posso permettertelo.

-mamma ti prego… io già sto andando all’aeroporto… lo so che è una follia, ma devo andare...

-solo una condizione: uno della famiglia deve accompagnarti assolutamente.

La odio quando è così ostinata. Chi fa meno danni di tutti?

-zia Rose va bene?

-ok piccola. Già si sta preparando.

-allora mamma attacco, devo chiamare per sapere quando parte il primo volo. Ti richiamo quando so qualcosa.

-vuoi che ti prepari qualcosa da portarti?

-no grazie… non voglio perdere tempo. A dopo.

Riattaccai e composi immediatamente il numero verde dell’aeroporto.

-salve come posso aiutarla?

-vorrei sapere quando parte il primo volo per Detroit.

Per alcuni secondi si sentirono solo le dita della centralinista che scorrevano sui tasti di un computer.

-da Seattle ne parte uno alle cinque e mezzo. Poi quello dopo è per domani pomeriggio da Portland.

Guardai l’orologio: non erano nemmeno le tre. Spero di arrivare in tempo. -due biglietti per il primo, per favore.

-mi dispiace ma c’è solo un posto disponibile.

Questa è la volta buona che mi ritrovo senza testa.

-va bene solo uno. Il nome è Reneesme Cullen.

Recitai velocemente gli altri dati, mentre spingevo sempre di più sull’acceleratore della macchina. Quando la telefonata finì, richiamai mia madre e le diedi tutte le informazioni sul volo appena prenotato.

Erano appena scattate le cinque e un quarto quando scesi dalla Volvo e andai incontro ai miei genitori e a zia Rosalie, che mi aspettavano dietro a una alta colonna dell’aeroporto per coprirsi dal fievole sole pomeridiano.

-per fortuna sono arrivata in orario.

-per fortuna avevi giurato di non superare i limiti di velocità.

-scusa, ma era un’emergenza.

Approfittai della momentanea distrazione di mia madre, la quale stava parlando con mia zia, per chiamare mentalmente mio padre.

Papà mi devi fare il favore più grande di questo mondo.

Lui alzò gli occhi al cielo.

Supponiamo per un momento che era disponibile solo un biglietto per questo volo… te mi copriresti con la mamma finché non salgo sull’aereo? La zia accetterà di sicuro…e sai quanto è importante per me.

Storse leggermente la bocca, ma alla fine fece un leggero cenno di assenso.

-ok è ora di andare! Ciao papà… ti voglio bene… - lo baciai sulla guancia e lo abbracciai forte.

-ciao ruffiana. Mi raccomando, non farci stare troppo in pena.

Gli sorrisi e poi salutai anche la mamma.

-vabbè Bella è inutile aspettare… il volo parte tra dieci minuti. Andiamo a recuperare la Volvo, prima che ci troviamo una multa per come ha parcheggiato Nessie.

Io afferrai la mano di mia zia e la trascinai all’interno dell’aeroporto. Lei capì subito che nascondevo qualcosa, così le spiegai tutto davanti al check in.

-ti prego zia! Non lo farei se non fosse importante per me!

-fila su quel maledetto aereo. Però poi ci parli te con tua madre.

L’abbracciai forte per poi correre all’imbarco.

-buona fortuna piccola!

La salutai ancora una volta con la mano, prima di salire sull’aereo che mi avrebbe portato a Detroit.

Il volo durò quasi quattro ore e potei osservare anche il tramonto dall’oblò. Atterrai che erano le nove e mezzo e la prima cosa che feci fu cercare un taxi. Per fortuna lo trovai quasi subito e chiesi all’autista di portarmi all’indirizzo scritto sul foglietto di Angela. La giuda abbastanza lenta mi agitava ancor di più, così passai circa venti minuti a tamburellare le dita sul sedile.

Quando il taxi si fermò davanti a una villetta a schiera molto carina, rimasi praticamente a bocca aperta. Pagai con una banconota da cinquanta dollari prima di scendere sotto la pioggia. Aveva iniziato da poco, perciò si sentiva solo qualche piccola gocciolina ogni tanto.

Andai sotto il porticato della casa, mi fermai davanti la porta e feci un respiro profondo. È il momento della verità. Suonai il campanello.

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Capitolo 11
*** Voglio te ***


Nuova pagina 1

Eccomi quaaa! Anche questa volta in ritardo, ma tanto ci avete fatto l’abitudine vero?

Vi lascio subito al capitolo… mi raccomando, questa volta recensite!

 

PS risposte alle recensioni a fine capitolo!

 

 

Subito rispose una voce maschile. –arrivo! Rachel quante volte ti devo dire…

La porta si aprì. –Reneesme.

Quello che ancora definivo il mio ragazzo, aveva sussurrato il mio nome, con gli occhi spalancati dalla sorpresa.

-ciao Nathan. – cercai di fare almeno un debole sorriso, ma ero troppo impaurita da ciò che mi aspettava. Sentivo le mani tremare leggermente, così le strinsi in un pugno, ma le sensazioni di avere lo stomaco chiuso e il respiro affannato non riuscivo a mandarle via.

-cosa ci fai qui? come hai fatto ad avere il mio… - era completamente spiazzato dalla mia apparizione.

-sono andata a casa di tua zia. È stata lei a dirmi che eri venuto a Detroit.

Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quegli splendidi occhi verdi, volevo tornare a vederli di nuovo vivi come la prima volta che io e Nathan ci eravamo baciati.

-entra o prenderai freddo. – si era imposto di guardare altrove, come se quel contatto visivo gli facesse male. Riuscivo a percepire come cercasse di mantenere un tono di voce il più neutrale possibile.

Sussurrai un semplice grazie, prima di entrare nell’ingresso della casa. Mi sembrava di essere un robot, non riuscivo a fare niente di quello che in realtà volevo.

Mi ritrovai al centro di un grande salone con il camino, davvero molto accogliente se non fosse stato per i mobili coperti da grandi teloni bianchi, che rendevano l’atmosfera un po’ triste.

-mi dispiace per il casino, ma è dall’incidente che non vengo più qui e…

-non devi preoccuparti.

Il silenzio tra di noi era pesante e volevo con tutta me stessa mettere fine a quel supplizio.

- Nathe, io… devo parlarti.

-lo immaginavo Nessie… prima di tutto mi dispiace per la sfuriata dell’altro giorno, ma ero sconvolto… sono sconvolto… non riesco a capire, ho un milione di domande in testa… credo di non essere abbastanza forte per tutto questo…

Il cuore mi stava battendo velocissimo e mi sentivo come se stessi camminando su un filo, sotto il quale c’era solo il baratro.

-non devi giustificarti, anzi temevo che saresti scappato da me molto prima… nonostante tutto, sono felice di averti detto la verità. – fece un breve cenno con la testa.

Il fatto di stare in piedi non mi aiutava di certo a calmare il tremore che ormai scuoteva tutto il mio corpo e ogni parola che dicevo era poco più di un sussurro, a volte anche spezzato dall’emozione.

Nathan era rimasto sempre due passi davanti a me, ma all’improvviso si girò e andò ad appoggiare la testa contro il vetro della finestra.

- Nessie, smettila di piangere… già è difficile, così non ce la faccio proprio.

Mi passai le dita sulle guance e mi resi conto che effettivamente erano umide. Tutte le emozioni che stavo provando, mi stavano giocando dei brutti scherzi.

-non volevo… nemmeno me ne sono resa conto…

-hai attraversato l’America per lasciarmi definitivamente? – la domanda era piuttosto tagliente.

Respirai profondamente. Non potevo attraversare la sala e stabilire quel contatto fisico che tanto volevo, in fondo nessuno dei due era abbastanza pronto per fare quel passo.

-e se invece volessi il contrario? Mi accetteresti di nuovo?

Di nuovo quel silenzio che mi faceva impazzire.

-ho pensato a tutte le possibilità, ma in realtà non lo so nemmeno io che cosa voglio. Tu sei diversa… hai l’eternità davanti a te, mentre io che cosa sono? E poi c’è Jacob, la tua anima gemella! Lui può restarti vicino, prendersi cura di te…

Chiusi gli occhi per cercare di mantenere la mente lucida.

- Nathe, ho fatto la mia scelta… Jake se n’è andato, per sempre. Io non voglio lui.

Finalmente si girò. Cercava di dirmi qualcosa, ma era come se avesse perso tutte le parole.

Mi avvicinai lentamente e presi la sua mano con la mia. Il fatto che non si opponesse a quel primo contatto fisico, accese il me una speranza.

-voglio te.

Con la mano libera mi prese la testa e l’appoggiò sul suo petto, vicino al cuore. Mi sentivo terribilmente protetta tra le sue braccia, così ogni tremore o altra brutta sensazione sparirono di colpo.

-anche io desidero starti vicino, ricominciare tutto e provare di nuovo tutte quelle emozioni che tu mi hai regalato, anche solo con un semplice sorriso. Ma…

Non volevo che continuasse, così gli misi un dito sulle labbra.

-giurami che non avrai paura di me.

Era completamente spiazzato, ma riuscì a riprendersi. –va bene. Cosa vuoi fare?

Poggiai la stessa mano con cui l’avevo zittito sulla sua guancia, sperando di non commettere uno sbaglio.

-ricordati sempre che sono solo io. non c’è niente di cui aver timore.

Poi usai il mio potere e trasmisi delle immagini.

La prima volta che lo avevo visto in piscina, tutte le volte che lo fissavo in classe, la rivelazione sul suo passato, i nostri infiniti baci,il ballo di primavera. Stavamo rivivendo di nuovo quei momenti magici passati insieme attraverso i miei occhi,  insieme alle stupende emozioni che avevo provato.

Inizialmente Nathan aveva fatto un leggero sussulto dovuto alla novità del mio potere, ma poi come promesso non scappò e rimase fermo a guardare.

-che cosa era quella… queste…?

Gli accarezzai delicatamente la guancia per calmarlo. –shhhh… tranquillo. Sono io. Diciamo che fa parte del mio essere speciale. Non è pericoloso, assolutamente.

Poggiò la sua fronte sulla mia. –ti conoscerò mai del tutto Nessie?

Il mio cuore iniziò a battere talmente veloce che credevo sarebbe uscito dal mio petto da un momento all’altro.

-dipende tutto da te.

Poi mi ricordai di una cosa quasi fondamentale. Se volevo essere sincera fino in fondo, dovevo raccontargli di Rita.

-devo dirti un’altra cosa…

-ancora? Inizio ad essere un po’ stanco di tutti questi segreti da svelare.

-non voglio costringerti, ma è importante. Posso… posso mostrartelo?

Mi sorrise dolcemente. –se per te è più facile, ok…

Usai di nuovo il mio potere, questa volta per raccontargli della donna venuta a casa mia solo qualche ora prima per raccontarmi la sua storia.

Nathan aveva capito molto prima di me, quando Andrea era andato in America e aveva conosciuto Susan. Era pietrificato, ma in qualche modo riuscì a mantenere la calma e continuò a guardare le immagini che gli stavo trasmettendo. Scoppiò solo quando Rita pronunciò il nome di sua madre.

-non è possibile! sono tutte bugie! – aveva fatto qualche passo indietro e aveva interrotto quel contatto fisico che tanto mi rassicurava.

-calmati, non…

-come faccio a stare calmo? Una sconosciuta piomba in casa tua, ti racconta una cazzata del genere e dovrebbe andare tutto bene secondo te?

-perché deve essere per forza una cazzata?

-ora la difendi pure? Io sono umano, accidenti!

Mi era crollato il mondo addosso. Speravo che tra me e Nathan non ci fossero problemi di questo genere, pensavo che lui avesse superato questa distinzione tra di noi, ma evidentemente non era così.

-e io invece sono diversa, non è vero!? Un mostro che si è semplicemente innamorato di te! pensavo di poter risolvere la situazione così… ma a quanto pare mi sbagliavo…

Ero sull’orlo delle lacrime e non volevo che lui mi vedesse debole, così scappai verso l’ingresso di casa.

Stavo per mettere la mano sulla maniglia, quando lui mi afferrò il polso e mi spinse contro la porta, con forza.

I  nostri volti erano vicinissimi, mentre il mio corpo aderiva completamente al suo.

La rabbia che fino a un secondo prima provavo, fu completamente rimpiazzata dall’attrazione. Avevo dimenticato tutto e soprattutto non volevo ricordare. Volevo baciarlo, volevo solo le sue labbra sulle mie, ma sapevo che dovevo resistere.

-scusa, non sarei dovuto scattare in quel modo, te non c’entri niente… come ti sentiresti se una completa sconosciuta ti dicesse che sei umana?

-sarei la persona più felice di questa terra, molto probabilmente. Almeno potrei starti vicino senza tutti questi maledetti casini.

Voleva fare un passo indietro, voleva di nuovo interrompere quel contatto tra noi. Ma non fece in tempo perché

gli misi una mano dietro la testa. Le nostre labbra ormai si sfioravano e quel contatto quasi mi fece impazzire.

-tu non vai da nessuna parte. In questo momento non esistono vampiri o umani, il mondo è fuori da questa casa e i suoi problemi non ci riguardano. Ci siamo solo io e te.

Sentii il suo sorriso, ma soprattutto vidi accendersi i suoi splendidi occhi verdi.

Incapaci di attendere ancora, ci perdemmo in bacio passionale, dolce, carico di tutta quella fiducia che non riuscivamo a esprimere con le parole.

Dopo poco, però, quel momento perfetto fu interrotto dal mio cellulare.

-non rispondere.

-dai… solo venti secondi… non sopporto la suoneria…

Mi zittì con un altro bacio. –va bene… a ventuno ti rompo in cellulare…

Risposi. –pronto? – mi accorsi in quel momento di avere il fiatone.

-ciao Nessie! Tutto ok?

Nathan mi stava sfiorando con le sue labbra il collo scoperto.

-una meraviglia Kate. Che ti serviva?

-niente di che… volevo solo sapere come stavi… che fai?
Mi veniva terribilmente da ridere. –niente… sto con Nathe… e…- lui mi prese il cellulare.

-ciao Kate… scusa ma stavamo discutendo di una cosa un po’ delicata… ti faccio richiamare ok?

Sentii la mia amica rispondere di si e salutare.

-ecco fatto… scusa ma erano scaduti i venti secondi

-te sei pazzo… comunque dove eravamo rimasti?

Stava per baciarmi di nuovo, quando un orologio a pendolo suonò le undici.

Maledizione! Mai un attimo di pace!

-ehi aspetta un attimo… te dove dovresti dormire?

Scossi la testa. –a dir la verità non lo so… sono partita di fretta e furia, credo che se ne sia occupata la mamma…

-e tu vorresti uscire con questo diluvio universale e soprattutto di notte?

Me ne accorsi solo in quel momento. Si sentiva il rumore dell’acqua anche da dentro casa.

-che hai in mente Whellens? – gli lanciai un’occhiata maliziosa.

-beh visto che sono un bravo ragazzo che non vuole che tu corra dei pericoli mentre te ne vai sola soletta in hotel… che ne dici di rimanere qui?

-dico che… si può fare. Sperando sempre che i miei non spuntino fuori da un momento all’altro.

-te ne sarei particolarmente grato se li avvertissi… non voglio ritrovarmi ed essere uno dei loro spuntini!

 

 

RISPOSTE ALLE RECENSIONI

Nessie93: mi dispiace tanto, ma la tua illuminazione non è giusta… mille volte grazie per tutti i complimenti!

_Kiarina Cullen_ : mi dispiace un sacco per la lunga attesa… spero che ti siano piaciuti questi due nuovi capitoli! PS anche io odio il cane, se non si era capito!

15rox15: devo ammettere che sei una delle mie lettrici preferite, commenti sempre! Continua così! Comunque la mia faccia quando ho letto che ti dispiaceva per Jacob era sconvolta XD… vabbè dai ti perdono!

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Capitolo 12
*** Ricordi ***


Ok, piccolo cambio di programma.

Avevo deciso di postare domenica (compleanno di Bella) o lunedì (mio compleanno), ma visto che sono la solita ritardataria ho cambiato idea e vi lascio subito il nuovo capitolo. Contente?

Eravamo rimasti al viaggio improvvisato e alla riappacificazione tra i due. Quello che segue è un capitolo un po’ transitorio, ma utile per capire di più il dolore di Nathan.

L’ultima frase di sicuro vi verrà voglia di fucilarmi (non sbirciate subito!)… ecco vi lascio le risposte alle recensioni e il capitolo, almeno finisco di preparare le valigie per scappare da voi!

 

RECENSITE! Baci alla prossima

 

Nessie93: sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo precedente… confermo che non sarà facile dirlo a Bella, mentre per quanto riguarda Edward ho preferito rimandare un po’ la gelosia tipica dei padri.

mcgi86: Grazie per la tua recensione. Ho scritto questa storia proprio perché non mi piaceva che Nessie stesse per forza con Jake. Baci

15rox15: ecco la mia fidata lettrice xD. Meno male che sei tornata in te dopo quell’attimo di smarrimento! Fammi sapere cosa ne pensi anche di questo capitolo!

_Kiarina Cullen_ : ecco un'altra alleata contro il cane… xD grazie mille per i complimenti!

 

 

 

12 - Ricordi

 

Chiamai i miei, mentre Nathan sistemava il materasso di un vecchio divano-letto davanti al camino. Mi aveva detto che la sua camera era un totale disastro e che non se la sentiva di dormire nella camera dei suoi genitori.

-mamma dai! È buio pesto e piove a dirotto… non ci sono problemi per…

-no! Assolutamente no! Sei scappata da tua zia Rose, questa non te la passo… poi te e lui… da soli…

Una risatina isterica uscì dalla mia bocca. –mamma non penserai davvero che…

Nathan, alle prese con un lenzuolo, si voltò verso di me e capì l’argomento di cui stavo discutendo al telefono.

Diventai rossa in un secondo.

-piccola mia non fare la finta tonta… ci sono passata prima di te.

-io, noi, non, cioè, ma, no, proprio no…

Il mio ragazzo mi prese il cellulare e mi guardò in modo abbastanza ansioso.

-signora Cullen? Salve, molto piacere di conoscerla, anche se solo per telefono. Mi dispiace che non ci sia stata l’occasione di presentarci – soffocai una risata – e che sua figlia sia piombata così a casa mia… ma davvero qui c’è un tempo assurdo e non me la sento proprio di mandare in giro Reneesme da sola…

Appoggiai l’orecchio dietro al cellulare, per sentire con precisione ogni parola di mia madre. Nathan era chiaramente agitato, così intrecciai la mia mano con la sua per tranquillizzarlo almeno un pochino.

-mi voglio fidare… ma giuro che se metti le mani addosso alla mia bambina…

-non succederà assolutamente, signora Cullen.

Ripresi immediatamente il cellulare. –grazie mamma! Ti voglio troppo bene!

-signorina attenta a quello che fai…

-si si, non preoccuparti, sono in buone mani. E ti saluta Nathe! Un bacione!

-ciao Nessie… buonanotte. Per qualsiasi cosa chiama subito.

-va bene, grazie ancora. Notte!

Appena riattaccai, abbracciai il mio angelo custode.

-dire che sei pazzo è troppo poco.

-ti scongiuro di non ricordarmi cosa ho appena fatto. Non voglio un telefono in mano per i prossimi vent’anni.

-il solito esagerato!

Finii da sola si sistemare il letto improvvisato, mentre Nathan era andato dalla vicina Rachel per chiederle qualcosa di pratico con cui potevo dormire, visto che ero partita senza preparare niente.

-penso che questi ti stiano un po’ larghi, ma meglio di dormire con i jeans.

Mi lanciò un paio di pantaloni neri e una maglia grigia che sembravano almeno due taglie più grandi della mia.

-non sbirciare dal buco Whellens…- urlai prima di chiudere la porta del bagno.

La stanza era piccolina, ma arredata in modo carino e semplice.

Mi lavai subito il viso e cercai di fare un secondo mente locale su tutto quello che era accaduto nelle ultime ore.

Il racconto di Rita, la decisione di partire, la conoscenza di Angela, il viaggio e tutto quello successo in quella casa si ripeterono velocemente nella mia testa. Non mi capacitavo del fatto che fosse successo tutto così velocemente, che avessi provato così tante emozioni diverse in un giorno solo.

Quando tornai nel grande salone, Nathan scoppiò a ridere.

-ops non avevo preso in considerazione che Rachel è parecchio alta e un po’ più abbondante di te…

I pantaloni mi stavano lunghissimi, così li avevo arrotolati un migliaio di volte, mentre la maglietta mi arrivava quasi al ginocchio.

-mi sento così idiota… per fortuna zia Alice è dalla parte opposta dell’America!

Ci sdraiammo sul letto improvvisato davanti al camino. Poggiai la testa sulla spalla di Nathan, mentre lui mi aveva circondato in un abbraccio.

-fino a qualche ora fa non avrei mai pensato a tutto questo. – il mio era poco più di un sussurro.

-non lo dire a me… pensavo di scappare da te, ma a quanto sembra mi hai trovato lo stesso.

-ti ho spaventato parecchio vero?

Nonostante fosse buio, distinsi senza difficoltà il suo dolce sorriso. –si, direi di si… tutto questo non è facile da accettare. Mi sembra impossibile…

-promettimi che mi risponderai con sincerità.

Mi accarezzò i capelli, prima di acconsentire.

-hai ancora paura di me?

Ci impiegò qualche secondo prima che tornare a parlare.

-non lo so… cioè di te mi fido e ho capito che non sei “pericolosa”… ma comunque mi sento un estraneo  rispetto al tuo mondo e questo mi crea parecchia insicurezza.

-ho capito… pensi che potrei lasciarti da un momento all’altro per un motivo sconosciuto.

Fece una smorfia. –qualcosa del genere.

Mi girai su un fianco e mi appoggiai sul gomito. –avanti, fammi qualche domanda! Sono a tua completa disposizione…

Sogghignò, mentre mi dava un bacio sulla guancia. –Cullen ma te non sai cosa sia la stanchezza?

-rimandiamo il discorso a domani?

-si, forse è meglio, anche se una domandina ce l’avrei.

Sorrisi. –allora spara Whellens.

-prima mi hai fatto vedere il racconto di quella sconosciuta…

- Rita.

-si lei… tu le credi?

Cercai la sua mano e la strinsi forte. –non lo so. È una mia simile e non vedo per quale motivo dovrebbe mentirmi. Tu?

Mi guardò intensamente con i suoi splendidi occhi verdi. –prima sono stato impulsivo e ho reagito male. Ora, invece, mi trovo a un bivio. Da una parte vorrei rimanere nel dubbio e continuare la mia vita, mentre dall’altra vorrei sapere se quella storia sia vera…

-ma hai paura di essere diverso.

-esatto.

-pensi che sapere di avere un avo vampiro potrebbe cambiarti?

-no, non credo.

Mi avvicinai al suo viso e mi fermai quando le nostre labbra si sfiorarono. –allora non sei più al bivio.

Gli diedi un bacio, prima di augurargli la buonanotte.

La mattina successiva, quando mi svegliai, ero sola nel letto.

C’era un vassoio vicino a me con una tazza e una scatola di cereali. Feci colazione velocemente, volevo scoprire dove si era cacciato Nathan.

Andai per la prima volta al piano superiore. Il lungo corridoio era composto da parecchie porte chiuse che svegliarono in me un po’ di curiosità, ma non era il caso di ficcare troppo il naso in giro.

- Nathe?

-arrivo Nessie!- la voce proveniva da una delle stanze in fondo al corridoio, così decisi di avvicinarmi uno po’ di più. L’improvviso rumore di una porta che si apriva, quasi mi fece sussultare per lo spavento.

Il mio ragazzo stava uscendo dal bagno, sicuramente aveva fatto una doccia visto che portava solo un paio di pantaloni di una tuta e i capelli bagnati.

-scusa ti ho spaventata?

Arrossii leggermente, nonostante non fosse la prima volta che vedevo Nathan a torso nudo.

-no assolutamente… ho visto che di sotto non c’eri e mi sono permessa di salire…

-hai fatto bene… mi sono fatto la doccia qui perché non volevo svegliarti.

-ti sei alzato da tanto?

- mezz’oretta… vieni ti faccio vedere il resto della casa.

Mi prese per mano e mi portò proprio all’inizio del corridoio.

-iniziamo il giro turistico! Questa è un piccolo studio… papà aveva creato qui il suo mondo.

La prima stanza era piccolina, con una libreria che copriva un’intera parete e una scrivania abbastanza disordinate all’angolo. Nel grande mobile non c’erano solo libri: alcuni spazi erano dedicati a modellini di treni.

-gli piaceva un sacco costruire, ma la mamma lo aveva convinto a metterci anche i suoi libri. Dopo l’incidente ho preferito non toccare nulla, mi ero ripromesso che avrei messo tutto in ordine appena sarei tornato qui.

Strinsi forte la sua mano e lui mi sorrise. –continuiamo.

La seconda era la camera di Nathan: grande, con le pareti celesti che si intonavano perfettamente ai mobili di legno chiaro, quasi completamente coperti da teloni simili a quelli del piano inferiore.

-a quanto pare sono nella tana del lupo!

-avrei preferito fartela vedere in condizioni decenti…

Si sedette su quello che doveva essere il letto e io mi misi sopra le sue ginocchia.

-tutto ok Nathe? –gli alzai il viso, in modo che mi guardasse negli occhi.

Sembrò esitare un attimo, prima di rispondere. –mi è venuto in mente il discorso di ieri sera.

-e?

-secondo te ho delle caratteristiche simili alle tue? Non intendo se credi a quella Rita…

Appoggiai la sua testa contro il mio petto e presi ad accarezzargli la guancia. –mi trovi più calda rispetto agli altri? Intendo di temperatura corporea.

-non lo so… non ho mai fatto caso a questa cosa…

-sicuro di voler sapere quello che penso?

Acconsentì muovendo la testa.

-devi sapere che i vampiri sono anche chiamati freddi, poiché la loro temperatura è di circa 34 gradi e mezzo… io, invece sono un po’ più calda rispetto agli umani, poco più di 37… nonostante questa disparità, io non sento niente quando tocco qualcuno della mia famiglia.

Mi abbracciò forte. –perciò sono come te, visto che non ho mai notato il tuo calore…

-ehi, non devi preoccuparti… in fondo la mia è solo un’ipotesi e potrei sbagliarmi…forse te sei solo un po’ insensibile!

Riuscii a farlo ridere. –che vorresti dire Cullen?

Sciolsi l’abbraccio che ci legava e iniziai a correre per il corridoio. –io? perché ho detto qualcosa?

Sentivo Nathan che mi rincorreva, ma avevo troppo vantaggio. Mi fiondai nel bagno del piano inferiore e chiusi a chiave la porta.

-mi dispiace Whellens! Ti è andata male!

-non potrai restare lì dentro per sempre!

-almeno il tempo di una doccia me lo concedi?

-va bene streghetta… però preparati per una vendetta con i fiocchi!

Mi feci una doccia bollente, per rilassarmi ancora di più.

Sembra aver accettato tutto… è andata anche meglio di quello che speravo!

Ci mancava poco che mi mettessi a saltellare per il bagno come una bambina che ha appena ricevuto un regalo. Per errore, mentre mi rivestivo, i pantaloni della vicina mi caddero nella vasca e si bagnarono un bel po’.

Cercai il fono per asciugarli un po’, ma di esso nessuna traccia. Poi notai la mia immagine riflessa nello specchio. La maglietta grigia mi faceva da vestito, arrivava quasi al ginocchio.

In fondo zia Alice mi ha fatto indossare anche cose più corte.

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Capitolo 13
*** Chiamate e ritorni ***


Salve a tutti!

Dovete perdonarmi, ma tra scuola, casa e compiti non so più dove mettermi le mani… spero che questo capitolo vi piaccia! Non rispondo alle recensioni perché sono di fretta (il libro di filosofia mi sta guardando minaccioso).

Per favore commentate in tanti!!!

Spero di postare il prossimo capitolo nel giro di una decina di giorni!

 

 

 

Uscii dal bagno in quello stato e mi diressi verso l’origine dei rumori che udivo. Nathan era in cucina a prepararsi una spremuta. Era di spalle alla porta che collegava quella stanza con il salotto e sembrava non avermi sentita arrivare.

Lo abbracciai da dietro, per poi mettermi in punta di piedi e dargli un bacio sul collo.

-non penserai di esser già stata perdonata, vero?

-a dir la verità, speravo che non fossi così facile da corrompere. – feci correre le dita lungo la sua schiena nuda.

-forse è meglio rispettare quella piccola promessa…

Sbuffai e feci un passo indietro. –voi uomini sempre a pensar male! Anzi meglio che chiami la mamma.

Stavo per girare i tacchi e andarmene nel salotto per cercare il cellulare, ma Nathan mi aveva preso la mano e tirata a sé.

-e voi donne sempre a far le finte tonte. – mi alzò il viso e prese a baciarmi. Senza staccare le nostre labbra, mi prese in braccio e mi fece sedere sul piano della cucina. Volevo fare una delle mie solite battutine, giusto per non dargliela vinta, ma il mio respiro si stava facendo sempre più affannoso e il cuore si preparava ad uscirmi dal petto. In un attimo mi dimenticai di tutto, per me esistevano solo le dolci labbra di Nathan.

Per la prima volta capii il significato di attrazione pura: ogni fibra del tuo essere chiedeva un bacio, un altro e un altro ancora; la voglia di sentire la pelle dell’altro sotto le dita.

-non qui… in… - senza nemmeno lasciarmi finire la frase, le sue braccia forti mi sollevarono nuovamente.

Cademmo letteralmente sul letto improvvisato del salotto e le risate furono soffocate da tutte quelle emozioni che stavamo provando.

Con uno spintone giocoso, atterrai Nathan e iniziai a baciargli il collo e ad accarezzare il suo petto marmoreo. Sentivo le sue mani sotto la maglietta fare altrettanto con la mia schiena, finché non mi tolse quella specie di vestito che portavo addosso.

All’improvviso una sinfonia di Vivaldi, la Primavera precisamente, squillò dal mio cellulare.

Mi bloccai immediatamente: era la suoneria per le chiamate da parte di mia zia Alice.

-devi rispondere, vero?

Accennai solo un si con la testa, ero troppo preoccupata.

Perché mi chiama mia zia? Accidenti, spero che non ci sia di mezzo qualche visione.

Mi alzai in piedi e presi il cellulare sopra il camino. Lanciai uno sguardo di scuse verso Nathan, prima di rispondere.

-pronto?

- Nessie! Finalmente… tutto ok?

-si zia… va tutto a meraviglia… perché mi chiami?

-niente piccola, non devi preoccuparti. – c’era qualcosa di strano nella voce squillante del folletto di casa.

-come faccio a stare tranquilla se mi chiami così sconvolta?

La sentii fare un respiro profondo del tutto inutile per un vampiro, prima di rispondere.

-ho avuto una visione… era sfocata, non sono riuscita a distinguere niente… mi sono spaventata a morte piccola… pensavo ti fosse successo qualcosa di brutto…

-zia calmati, io sto benissimo. Non hai proprio idea chi riguardasse la visione?

-no, te l’ho detto… non mi è mai capitata una cosa del genere…

-pensi possano essere i… - sentivo le mie mani tremare leggermente.

-non lo so, ci ho pensato subito, ma sono miei simili e non ho mai avuto problemi nel vederli…

-ho capito, vabbè senti gli altri e decidete il da farsi…

-si piccola, te però non ti muovere da Detroit, per favore… io parlo con il resto della famiglia e poi ti facciamo sapere ok?

-si zia, tanto il cellulare è sempre con me… un bacione e saluta tutti.

-ciao tesoro, a presto.

Appena posai il cellulare sul camino, le braccia di Nathan mi avvolsero. Mi tirò a sè e poi io cominciai a piangere.

- Nessie scusami, forse non era il caso di andare così oltre…

Trattenni il fiato e poggiai un dito sulle sue labbra, per non farlo continuare.

-se ci tieni alla mia salute mentale non ti azzardare mai più a dire una cosa del genere. hai capito?

Accennò un si con la testa per poi abbassarsi sul letto e prendere una coperta, che poi mi avvolse intorno al corpo.

-almeno mi dici perché sei così sconvolta?

-si, hai ragione… al, al telefono era mia zia Alice e lei, come me, ha un potere supplementare, oltre alle normali caratteristiche da vampiro.

-prevede il futuro? Hai parlato di visioni…

-esattamente. Lei riesce a vedere gli eventi futuri quando la persona interessata decide di intraprendere una determinata decisione…

-credo di non seguirti molto.

-non preoccuparti ora di questo, te lo spiegherò con calma più avanti… mia zia mi ha chiamata perché ha avuto una visione talmente sfocata da non distinguere niente… pensava mi fosse successo qualcosa…-  non riuscii a continuare.

-pensi abbia visto noi due che… - il corpo di Nathan si era improvvisamente fatto rigido.

-no, no tranquillo… il problema sono i Volturi… quella specie di famiglia reale di cui ti avevo parlato…

Lo sentii pietrificarsi del tutto. –quelli che volevano uccidere tuo padre…?

Accennai un semplice si con la testa. –devi sapere che quando sono nata, i Volturi sono venuti fin qui per… per..

Mi abbracciò forte per cercare di tranquillizzarmi. Ero cosciente del fatto che nei miei occhi si riflettesse il panico che provavo in quel momento. –volevano uccidermi insieme ai miei genitori.

Quella specie di statua che mi avvolgeva con le sue braccia era completamente spiazzata e impaurita.

-cosa stai dicendo? Se è uno scherzo, non è divertente.

Dovevo stare zitta! Perché devo raccontargli sempre tutto? Rischio di peggiorare solo la situazione!

-è la verità… i Volturi volevano che i miei genitori entrassero nelle loro schiere…e mi avevano usato come pretesto per attaccarci… - rabbrividii ripensando a quei giorni carichi di tensione.

-come… come avete fatto a…

Chiusi gli occhi, sperando che il macigno dei ricordi si alleggerisse almeno un po’. -mia zia Alice aveva avuto una visione… sperava di trovare un mio simile per poter testimoniare che ero innocua… così partì insieme a zio Jasper e tornò appena in tempo per fermare una strage…

Nathan deglutì rumorosamente, prima di condurmi sul letto. –ora vogliono vendetta.

La sua non era una domanda e per cercare di colmare il vuoto creatosi dentro di noi da quel racconto, lo baciai.

Dopo pochi istanti, però, lui si ritrasse nel modo più delicato possibile. –sono loro? Quelli della visione.

Una vocina dentro di me rispondeva in modo affermativo a quella domanda, ma non potevo soffocare del tutto la speranza che tutto quello fosse solo un equivoco. –non lo so…

Dopo il mio debole sussurro, mi fece appoggiare la testa vicino al suo cuore e mi cullò per un po’.

Quel contatto mi aiutò a non avere un attacco di panico in piena regola: le sue braccia e il suo odore, ormai entrambi molto familiari, su di me funzionavano molto meglio del potere di zio Jasper.

 

~

Il sole stava svanendo dietro l’orizzonte mentre io e Nathan stavamo facendo la fila per il check in.

Dopo appena 24 ore dalla visione di zia Alice, la mamma mi aveva chiamata per chiedermi di tornare a casa, al sicuro. Non c’era un motivo preciso per cui aver paura o sentirsi minacciati, ma ignorare la causa di quel futuro sfocato ci rendeva tutti tremendamente ansiosi, perciò non ci pensai due volte a prenotare il volo di ritorno.

Avevo rassicurato Nathan e gli avevo suggerito anche di rimanere qualche giorno in più nella sua città natale, ma lui mi aveva liquidato con un “non ti lascio viaggiare da sola per nulla al mondo”.

Così eccoci lì, a fare quella interminabile fila. All’improvviso sentii la tasca dei jeans vibrare, tirai fuori il cellulare e lessi il messaggio inviatomi da mia madre.

 Chi vuoi venga a prenderti?

Immediatamente capii il senso di quella domanda. Conoscendo la mia famiglia, molto probabilmente si sarebbero presentati tutti all’aeroporto di Seattle, ma vista la presenza del mio ragazzo meno erano, meglio era. Mi girai verso Nathan e probabilmente arrossii leggermente per l’imbarazzo dovuto a quella strana situazione.

- Perché mi guardi con la faccia da cucciolo bastonato appena beccato a fare qualcosa che non doveva?

Cercai di reprimere la risatina isterica che stava per uscirmi di bocca e mi limitai a fare un sorriso tirato. Spostò il peso da un piede all’altro e appoggiò le mani sui fianchi con fare inquisitorio.

- Allora?

Presi un bel respiro e parlai tutto d’un fiato. – Mamma mi ha chiesto chi preferisco trovare della mia famiglia quando arriviamo.

Avrei giurato che fosse impallidito leggermente. Si strofinò le mani sulle braccia, come se avesse freddo. – Oh… emh… allora che rispondi?

Di sicuro se era imbarazzante per me, per lui lo era il doppio visto che le presentazioni ufficiali non sono mai facili, soprattutto se la famiglia era composta da vampiri.

- Dimmi te… i miei di sicuro no!

Sembrò sollevato nel sapere che ancora non era il momento della conoscenza dei suoi suoceri.

- per me è indifferente… magari i più innocui?

Sorrisi per il suo imbarazzo.

Dunque se si eliminavano mamma e papà, dovevo scartare anche lo zio Emmet, visto che non avevo la minima intenzione di sentire le sue famose battutine. Impossibile anche scegliere zia Alice, mi avrebbe spaventato di sicuro Nathan iniziando a parlare a raffica. Zio Jasper era un po’ troppo timido per certe cose, anche se il suo potere avrebbe fatto comodo sia a me che al mio ragazzo.

Mi dispiaceva per Zia Rosalie, in fondo mi aiutata ad evadere dalla mamma, ma alla fine la mia scelta era caduta sui membri più “normali” in casa Cullen.

- Va bene se vengono i miei nonni?

Nathan si rilassò immediatamente. Gli avevo raccontato qualcosa sui componenti della mia famiglia e forse temeva un incontro ravvicinato con zio Emmet.

- Certo.

Mi avvicinai e mi alzai sulle punte, per dargli un bacio a fior di labbra. - Tranquillo, andrà tutto bene.

Mi sorrise. – Lo so, piccola.

Ripresi subito il cellulare in mano e scrissi un messaggio alla mamma.

Fai venire i nonni. Grazie.

 

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Capitolo 14
*** Decisioni ***


E dopo tutti questi mesi… sono quiiiiiiiii!

Ok basta, meglio non fare spirito sul mio spaventosissimo ritardo… chiedo umilmente venia, ho avuto un blocco allucinante, la scuola, poi ci si è messo il pc che non collaborava per niente!

Ora sono tornata, ma non faccio previsioni su quando posterò il prossimo capitolo… forse tra due giorni, forse tra due settimane, è tutto un’incognita, anche perché ora ho iniziato una nuova fanfiction, questa volta parla di Edward e Bella… magari fateci un salto!

 

Ringrazio SignoraCullan, 15rox15, Nessie93 che hanno commentato l’ultimo capitolo e cussolettapink che ha fatto più che bene a darmi una bella tirata d’orecchi!

 

 

14 - Decisioni

 

Il volo aveva mezz’ora di ritardo e la cosa non mi rallegrava affatto: da quando avevo mandato l’sms alla mamma per chiederle di far venire i nonni, Nathe mi chiedeva in continuazione cosa doveva e non doveva fare.

- Vuoi stare tranquillo accidenti? Mi stai mettendo ansia anche a me! Fai un bel respiro profondo… i nonni non ti mangeranno mica!

Il mio ragazzo si girò immediatamente verso di me. Ok, pessima battuta.

- Nathe è un modo di dire… tranquillo andrà tutto bene! Devo ricordarti che io mi sono fiondata a casa tua per venirti a cercare?

Si mosse a disagio sul sedile. – Tu non eri consapevole di quello che stavi facendo! E poi quando tornerò a casa sarò io a subirmi il terzo grado di mia zia!

Sbuffai, esasperata. – Sei il solito esagerato. Pensa un po’ che a casa mia invece c’è mia madre pronta a mettermi in punizione ancora prima di mettere piede fuori dalla macchina!

Mi guardò un attimo. – Dettagli trascurabili!

Feci una finta faccia scandalizzata e poi misi il broncio. – Sei bravo a rigirare le frittate…

Rise, molto probabilmente a causa della mia posa da bambina capricciosa.

- E tu sei bellissima quando metti il muso. – si avvicinò e mi diede un bacio a stampo.

- E tu sei il più grande ruffiano di questa terra. – mi sistemai con la testa appoggiata alla sua spalla.

- Non mi ami anche per questo?

Stavo per rispondere, ma la voce dell’hostess risuonò dall’altoparlante. – Siete pregati di allacciarvi le cinture, stiamo per atterrare all’aeroporto di Seattle.

~

 

Avevo tenuto tutto il tempo la mano a Nathe, era un modo per rassicurare sia lui che me stessa.

Quando riuscii però a vedere la nonna che mi faceva un cenno da lontano, non potei evitare di correrle incontro e abbracciarla. Anche se non me ne ero resa conto, da quando avevo sentito al telefono zia Alice avevo accumulato tantissima tensione.

Rimasi attaccata alla nonna per qualche secondo, finchè non sentii il nonno e Nathe presentarsi.

La voce del mio ragazzo sembrava abbastanza tranquilla, ma riuscivo comunque a sentire una leggera nota di nervosismo.

- Il piacere è mio, Nathan…

Mi girai verso di loro. Per fortuna avevo detto a Nathe che i miei non erano proprio dei normali vecchietti!

- Nonna, lui è Nathan.

Si sorrisero. – Finalmente ho l’onore di incontrarti…

- La cosa è reciproca, signora…

- Va bene, va bene, va bene! – intervenni – basta imbarazzo e formalità! Tutti a casa.

Accompagnammo Nathan fino a casa dei suoi zii. Il viaggio era andato bene, si era chiacchierato del più e del meno e da quando era sceso il mio ragazzo, mia nonna non faceva altro che guardarmi come per dire “oh siete così carini!”, senza, fortunatamente, esprimere questo concetto a voce alta.

Il nonno invece era tranquillo come al solito, a volte ero convinta che nemmeno la fine del mondo avrebbe potuto scombussolarlo.

- Avete scoperto qualcosa su…

Le parole mi morirono in bocca, già era tanto se ero riuscita a iniziare la frase.

- No, piccola, ma devi stare tranquilla. Probabilmente la visione è legata con i licantropi… per questo era così sfocata. Tua zia non è infallibile in fondo.

La voce del nonno mi aveva solo in parte rassicurata.

Tre minuti più tardi, senza nemmeno che me ne accorgessi, mi ritrovai nello spazio davanti a casa Cullen, con la mamma che era corsa ad aprirmi lo sportello della Mercedes.

Saltai giù e l’abbracciai di slancio. Ero stata lontano da casa poco tempo, ma avevo bisogno di quel contatto fisico in quel momento.

- Finalmente sei tornata…

Sorrisi, appoggiata sulla sua spalla. – Stai diventando come papà eh? E io che avevo paura di tornare per la tua sfuriata…

La sentii stringermi più forte e poi altre due braccia ci avvolsero.

- Ciao pà…

- Ciao principessa.

Restammo così un altro po’, a bearci di quel calore famigliare mai banale.

- Dai andiamo dentro, sta per piovere…

La mamma ci fece strada in casa, mentre papà mi prendeva in braccio come faceva quando ero piccola.

- Non ti sembro un po’ cresciuta per certe cose?

Mi fece il suo solito sorriso sghembo, come mamma amava definirlo.

- Guarda signorinella che in confronto a me sei ancora una bambina… e poi lo so che ti piace essere viziata!

Tutta la casa rise, mentre papà mi poggiava a terra per farmi salutare anche il resto della famiglia.

 

 

 

 

 

 

Ero tornato a casa da un paio di giorni e non facevo altro che pensare a tutto quello successo a Detroit. Da una parte ero il ragazzo più felice della terra, ma contemporaneamente sentivo dentro di me un senso di vuoto, di ignoto. Pensavo e ripensavo al racconto di Nessie su Rita e ogni volta mi sentivo sempre più impotente e curioso di sapere la verità.

Guardai l’orologio sul mio comodino. Mezzogiorno e quaranta.

Senza rifletterci due volte e capire cosa stavo facendo realmente afferrai l’impermeabile sul letto e uscii di casa, salutando la zia con un “torno tra un po’!”.

Impiegai circa venti minuti ad andare fino all’ospedale. Era l’orario migliore quello, perché  ci sarebbe stato da lì a poco il cambio del turno e quasi tutti i medici erano in ospedale.

Sapevo di apparire un po’ pazzo, ma non riuscii a contenere la frenesia e mi diressi a passo spedito verso le porte del grande edificio bianco. Incrociai subito un’infermiera, alla quale chiesi tutto d’un fiato del dottor Cullen. Mi guardò per un momento dalla testa ai piedi e dopo aver appurato che non ero un pazzo scatenato ma solo bisognoso di aiuto, alla fine mi condusse attraverso un paio di corridoi e si fermò davanti a una porta. Bussò piano sul legno mi annunciò.

Vivevo una specie di esperienza extra corporea, per questo mi ritrovai seduto una poltroncina senza sapere esattamente come esserci finito.

- Signor Cullen, lo so sto facendo una pazzia… mi dispiace esserle piombato qui, così, all’improvviso, ma sono giorni che non penso ad altro a quel racconto…cosa devo fare? Se fossi diverso? Cioè non che abbia qualcosa contro di voi… però…

- Alt! Alt! Alt! Figliolo cerca di prendere fiato… ho difficoltà a capirti persino io… fai un bel respiro e raccontami tutto dall’inizio.

Feci come mi aveva detto e, con scarsi risultati, cercai di placare la mia ansia.

- Si, mi scusi signor Cullen…

- Carlisle

- Carlisle… dicevo, mi dispiace per essere venuto fin qui a disturbarla durante il lavoro, ma ho troppe domande per la testa e non voglio che Reneesme si preoccupi o altro…

Mi accennò un si con la testa, voleva che continuassi.

- Vedi, quando eravamo fuori, Reneesme mi ha spiegato la vostra natura e… mi ha detto di Rita.

Di nuovo fece lo stesso movimento. – Si, me lo ha detto… in effetti voleva proporti di venire da me, ma non ti voleva mettere sotto pressione…

Sorrisi leggermente. – Lo avrei dovuto immaginare…

Il dottore si mise dritto sulla sedia e appoggiò i gomiti sulla scrivania.

- Nathan, chiedimi quello che vuoi, sono pronto a rispondere a qualsiasi domanda. E, ti giuro, che non uscirà una parola da questo studio, sarai tu a riferire a chi vuoi.

Questa volta fui io ad accennare un si con la testa. Respirai profondamente e chiusi gli occhi, avevo bisogno di riordinare le idee. Lui sembrò capire la mia esigenza e rimase in assoluto silenzio.

Poco dopo ripresi. – Che cosa sono?

Mi scrutò attentamente per qualche secondo, come se volesse valutare se fossi all’altezza di sostenere quella conversazione.

- Non lo so. Vedi, quando Bella è rimasta incinta e anche successivamente, ho fatto numerose ricerche sui mezzi-vampiri, ma il materiale era davvero poco e insufficientemente dettagliato. Mia nipote ti ha detto di Nauel?

- Si, mi ha raccontato tutta la faccenda con quei vampiri…

- Bene… vedi, ho chiesto a Nauel più volte di sottoporsi a dei controlli e alla fine ha accettato. Purtroppo non ho riscontrato grandi differenze con gli esami di Reneesme, a parte il fatto che lui ha il nostro stesso veleno… gli ho anche domandato se era possibile incontrare anche le sue sorelle, ma queste hanno sempre rifiutato il mio invito. – Fece una pausa, probabilmente per darmi modo di assorbire quelle informazioni. – Vedi, la tua è comunque una situazione completamente diversa. Tra te e il vampiro della tua famiglia corrono due generazioni, entrambi femminili… mi segui?

- a dir la verità non molto – le mie labbra si piegarono leggermente all’insù, era un vago cenno di sorriso.

- Come ti ho detto le mezze-vampire non sono velenose… il tuo bisnonno ha concepito una femmina, e a sua volta Rita ha avuto un’altra femmina… probabilmente questo porterebbe il tuo DNA ad allontanarsi dai “geni vampiri”, per questo non presenti nessuna caratteristica specifica a parte una particolare bravura negli sport… oppure, essendo tu il primo discendente maschio, potresti avere ereditato qualche qualità… non lo so davvero, sei una bella gatta da pelare…

Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, entrambi persi tra mille considerazioni da fare.

Mi sentivo strano. Quella parte di me che scalpitava per sapere qualcosa di più si era finalmente placata, lasciando definitivamente spazio alla paura e all’incertezza. Cosa dovevo fare? Andare a fondo di quella storia significava mettere in gioco me stesso, rinunciare del tutto a una vita normale.

Ripensai all’ultimo periodo. La morte dei miei genitori… il trasferimento… Reneesme… Rita…

Nel giro di poco tempo avevo rincominciato tutto da capo, sarei riuscito a mettermi in discussione di nuovo? Probabilmente no, ma sapevo di non poter vivere con quel gigantesco punto interrogativo sulla mia vera natura.

- Carlisle, sono pronto. Fai tutto quello che puoi.

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