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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Novità a Forks ***
Capitolo 2: *** Amara verità ***
Capitolo 3: *** Conoscersi ***
Capitolo 4: *** Blackout ***
Capitolo 5: *** Crescere ***
Capitolo 6: *** Equilibrio ***
Capitolo 7: *** Balli e imprevisti ***
Capitolo 8: *** Verità che fanno male ***
Capitolo 9: *** Non essere unici al mondo ***
Capitolo 10: *** Attimi di follia ***
Capitolo 11: *** Voglio te ***
Capitolo 12: *** Ricordi ***
Capitolo 13: *** Chiamate e ritorni ***
Capitolo 14: *** Decisioni ***
Capitolo 1 *** Novità a Forks ***
Nuova pagina 1
Salve,
mi chiamo Federica e questa è la mia prima ff.
Devo
fare una piccola premessa: Nathan Whellens è stato "costruito" da me
e dal mio tesorino Lady Anderson... Abbiamo deciso alcune caratteristiche di
questo nuovo personaggio, ma posso assicurarvi che le due storie piano piano
prendono strade sempre più diverse. Ho deciso di pubblicare i miei capitoli
qui, perché è il mio regalo (in ritardo) per la persona che mi ha fatto
conoscere questo sito.
Spero
che la mia creazione (che parolone!) vi piaccia. Commentate per favore! Accetto
qualsiasi tipo di commento!
1
– NOVITA’ A FORKS
Una
leggera pioggiarellina stava cadendo… un normale essere umano non avrebbe
udito mai quei minimi rumori, con un nonno che russava e il ticchettio della
sveglia, ma io ne era in grado.
Ero
sdraiata nel letto che una volta era appartenuto a mia madre, ma anche quella
notte avevo dormito poco e niente.
Accidenti.
È la terza notte di fila che non chiudo occhio!
Mi
ero girata e rigirata nel letto, due o forse tre milioni di volte, ma il sonno
non arrivava. I pensieri così viaggiavano… chissà cosa staranno combinando
mamma e papà con Tania e gli altri…
Edward
e Bella Cullen erano partiti infatti un paio di giorni prima alla volta di
Denali, per far visita all’altro clan vegetariano, mentre il resto della
famiglia era in giro per il mondo.
Papà
anche questa volta non ha voluto che restassi da jacob… uffa… più si va
avanti e più è geloso…e anche mamma non scherza!però devo dire che alla
fine sono contenta… è divertente vivere con Charlie.
Tic,tic,tic.
Mi girai al suono acuto della sveglia e la spensi scocciata.
Un
altro giorno di scuola stava per iniziare. Evviva.
Presi
i primi vestiti che mi capitarono tra le mani e me li infilai con svogliatezza,
prima di uscire dalla stanza per andare in cucina.
-ciao
nonno…
-ciao
Nessie! Come va? Dormito un po’ stanotte?
-a
dir la verità per niente…
-perché
non provi a chiamare Carlisle? Forse lui ti può aiutare… meglio evitare
dottori normali.
Mio
nonno è unico. Non so proprio come faccia a essersi abituato alla
famiglia-stranezze senza sapere niente di preciso.
-no
grazie nonno… aspetto altri due giorni prima di chiamarlo… i cereali ci
sono?
-si
tesoro sono nella credenza…
Io
e mio nonno facemmo colazione insieme, in silenzio. Era questo il bello di
Charlie, poche parole dette al momento giusto, senza troppe frivolezze.
All’improvviso
il rumore di una moto nel vialetto mi fece schizzare.
-ecco
jacob… io scappo a scuola nonno!
-ok
piccola, però se non ti senti bene non esitare a chiamarmi… non farmi
preoccupare per favore…
-si
nonno. Baci!
Un
“saluta jacob” si sentì provenire dalla casa, ma ormai avevo già chiuso la
porta e mi stavo dirigendo verso il ragazzo in sella a una moto nera.
-ciao
Ness! Come va? Sembri stanca.
-ehi
Jake… no tutto bene! Sono solo andata a dormire un po’ tardi perché sono
rimasta a giocare a carte con nonno.
Salii
in moto e mi misi il casco. C’era qualcosa che mi “bloccava” nell’ultimo
periodo con il mio licantropo preferito. Non mi va di dirgli che ultimamente
dormo poco e male, altrimenti attacca con il terzo grado!
Erano
passati appena due minuti e già ero davanti l’ingresso della scuola. Scesi
dalla moto e mi tolsi il caso che diedi subito a jacob.
-grazie
Jake.. ci vediamo stasera. Nonno ha detto che mi passa a prendere lui
all’uscita.
-ah
ok… allora a stasera.
E
mi stampò un bacio sulla guancia. Sorrisi un poco a quel contatto, ma fu solo
un istante.
Jacob
schizzò via con la sua moto e all’improvviso mi sentii tirare per lo zaino.
-ehi
Kate… che delicatezza stamattina! Che succede?
-dobbiamo
andare… non possiamo rimanere qui… tra poco arriverà il nuovo arrivato e
dobbiamo sembrare disinvolte… anzi io devo sembrare disinvolta visto che a te
la cosa non tocca affatto… tu hai il tuo jacob!
-per
l’ennesima volta Kate… io e jacob non stiamo insieme!
-si
come no…
In
quell’istante era arrivata l’altra mia amica, Elizabeth, ma per tutti era
semplicemente Beth.
-ciao
Nessie... Kate sta già impazzendo per l’evento del secolo?
-a
quanto pare…
-si
si… prendete in giro voi due! però non voglio fare brutta figura, dicono che
il nuovo arrivato è mooolto carino!
-dimmi
l’ultimo ragazzo che non hai trovato carino!
Kate
fece la linguaccia e si sistemò meglio i lunghi capelli biondi, mentre io
ridevo divertita della faccia rassegnata di Beth.
Campanella.
Stava per iniziare un altro giorno di noiose e interminabili lezioni per me.
Seguii
le mie migliori amiche nell’aula di trigonometria e come al solito ascoltavo
con mezzo orecchio quello che mi diceva Kate. Ma, al nome di Angela Parker, la
mia attenzione si concentrò su di lei.
Kate
iniziò a raccontarmi la storia del nuovo arrivato. Da quello che si diceva in
giro, Nathan Whellens era un diciassettenne un po’ particolare: a Detroit
aveva combinato qualche danno, così era stato spedito dai suoi zii, Angela e
Ben Parker. Gli ex compagni dei miei genitori ora vivevano un po’ fuori da
Forks, e avevano accettato di occuparsi del nipote problematico. Quante di
queste voci saranno vere? Forks sembra fatta apposta per ingrandire le cose.
Le
ore successive erano trascorse tranquille come al solito, fino a quando qualcosa
non cambiò la monotonia della giornata.
Da
appena due minuti ero entrata nella classe di spagnolo, quando il nuovo ragazzo
entrò nella stanza. Sembrava un ragazzo normale, ma i lineamenti erano dolci e
tutto era reso stranamente perfetto da occhi verdi.
Mi
ritrovai a osservare quel nuovo elemento. I miei pensieri però furono subito
interrotti da Kate, che mi aveva dato una botta sul braccio.
-cavolo
non erano solo voci! È proprio bello!
-Kate
abbassa la voce… non vorrai fare una figuraccia il primo giorno!
-hai
ragione… mi vado subito a presentare!
La
mia amica si era fiondata subito vicino alla porta, punto dal quale Nathan
osservava la classe in cerca di un posto vuoto.
Decisi
di aiutare la mia amica, così presi i libri e andai a sedermi al posto di Kate,
vicino a Andrew, che chiaramente mi guardava a occhi spalancati.
A
volte odio quando mi guardano così…
Intanto
Kate si era messa al mio posto e come previsto il suo compagno di banco era
Nathan. la ragazza si girò verso di me e mi fece l’occhiolino. Io ricambiai
lo sguardo d’intesa.
È
così facile far contenta Kate…però è una brava ragazza e soprattutto una
buona amica. Mi dispiace nascondere a lei e a Beth il mio potere. Ma è
necessario.
La
professoressa aveva iniziato la spiegazione e questa volta non furono i disegni
sul quaderno che facevo di solito a distrarmi, piuttosto Nathan. era due posti
davanti a me e la mia posizione mi permetteva di vedere solo i suoi capelli
castano chiaro.
Una
cosa mi spiazzò del tutto. Il suono della campanella.
Come
è possibile che sia già suonata la campanella? Accidenti mi
sembrava che la lezione fosse iniziata da appena 5 minuti!
Fui
raggiunta in un baleno da Kate.
-ehi
allora?
-grazie
mille per il posto! C’è qualcosa che mi attrae in lui… sembra diverso… ma
è così dannatamente scostante!
-in
che senso? Non mi sembravi offesa…
-non
so… ad esempio gli ho chiesto se voleva venire a pranzo al nostro tavolo
-e?
-e
ha detto di si... ma sembrava non gli facesse né caldo né freddo… è
ambiguo!
Ci
stavamo avvicinando alla mensa, quando Beth ci raggiunse e Kate ne approfittò
per fare un veloce resoconto all’amica.
-perciò
mangerà insieme a noi tre?
-si!
-Kate
scusa ma non mi sembra una buona idea.
-e
per quale motivo?
Beth
mi guardò.
-che
c’è???- chiesi allarmata.
-beh
Ness lo sanno tutti l’effetto che fai ai ragazzi. Magari Nathan non se ne sarà
accorto durante la lezione, ma non credo che riuscirà a sfuggire al tuo fascino
ancora per molto.
Guardai
Kate. Aveva il viso di una che si è appena accorta di aver fatto l’errore più
grande della sua vita.
-ragazze
non esageriamo!
Mi
guardarono accigliate. Odio essere d’intralcio alle mie amiche.
-se
volete mi siedo altrove… almeno il mitico Nathan non sarà sotto “il mio controllo” e Kate avrà via
libera.
-no
Ness grazie, te sei un altro test per vedere se magari gli interesso veramente.
-va
bene… farò come mi dici te.
Arrivati
in mensa ci accomodammo al solito tavolo. Kate scattò subito e quasi corse
verso l’entrata, dalla quale era appena entrato Nathan. il ragazzo cercò di
simulare un sorriso, però senza particolari risultati. Kate lo portò fino al
nostro tavolo e fece le presentazioni.
-Nathan
lei è Elizabeth, detta da tutti Beth…
Lui
guardò verso l’amica seduta vicino a me.
-lei
invece è Reneesme, più semplicemente Nessie…
-piacere-
accennammo io e Beth, quasi contemporaneamente.
-piacere
mio- aveva risposto con cortesia forzata, infatti era facilmente riconoscibile
una nota di freddezza.
È
davvero ambiguo.
Il
pranzo procedette tra le chiacchiere di Kate, alcune battute di Beth e le
risposte monosillabi di Nathan. io mi limitavo a mangiare un pezzo di pizza e a
dire qualche parola ogni tanto.
Cerca
di intervenire il meno possibile. Non metterti in luce. È per Kate.
Una
volta finito il pasto, scoprii che anche Nathan avrebbe avuto educazione fisica
insieme a me, mentre Kate e Beth sarebbero andate alla lezione di letteratura.
Il
tragitto dalla mensa alla palestra fu silenzioso e sinceramente preferii così.
La
lezione fu tranquilla. Il professore ci aveva diviso in squadre per fare degli
esercizi, così ebbi tutto il tempo per osservare il comportamento di Nathan.
Era bravo negli sport, ma questo si notava anche solo dall’aspetto fisico,
abbastanza muscoloso.
-ragazzi
devo dirvi una cosa. Allora ho parlato con la preside e ci ha accordato il
permesso per fare 4 lezioni in piscina. Comunque ne riparleremo prossimamente.
Notai
che un leggero sorriso comparve nel volto di Nathan. Nessie perché lo fissi?
Non fare la sciocca.
Il
professore ci congedò e io e gli altri ragazzi al cambio dell’ora ci
dirigemmo verso le lezioni successive.
Come
ogni giorno, c’era qualcuno all’uscita che era venuto a prendermi, però
quel giorno sarebbe stato il nonno e non Jacob.
-ciao
tesoro… come è andata a scuola?
-bene
nonno… oggi è arrivato un nuovo alunno da Detroit… è un tipo un po’
strano.
-l’ultima
novità qui a Forks che veniva da un'altra città è stata tua madre… meno
male che è arrivata lei! Mi ha sempre viziata un sacco per quanto riguarda
faccende di casa e roba simile.
-a
proposito della mamma… ma ieri non ha chiamato nemmeno te?
-no
perché?
-in
genere telefona tutti i giorni.
Mio
nonno si accomodò meglio sul sedile dell’auto.
-nonno
cosa mi stai nascondendo?
-niente
tesoro!
-si
come no.
-facciamo
finta che te non ti sei accorta di niente ok?
Feci
di si con la testa. Eravamo appena arrivati a casa e stavo andando verso la
porta di casa, tallonata dal nonno. Aprii la porta e subito sentii un odore
particolare, di vampiro.
-Mamma!
Papà!
-ciao
piccola!
Mi
ero letteralmente fiondata su di loro. I miei genitori, che ormai assomigliavano
a dei fratelli in quanto ad aspetto fisico, erano sempre stati più che
fondamentali per me.
-ma
che ci fate qui? Non dovevate restare a Denali un'altra settimana?
-ehi
calmati tesoro... quante domande! Si dovevamo restare un altro po’ però tuo
nonno ci ha chiamato ieri e ci ha detto che non dormi bene ultimamente… io e
tuo padre ci siamo preoccupati un pochino e siamo tornati prima… che succede
piccola? Non ti senti bene?
Mi
girai verso il nonno.-grazie mille… ti avevo chiesto di non dirgli niente
altrimenti si sarebbero precipitati qui!
-avanti
Reneesme –intervenne mio padre- non prendertela con tuo nonno… c’è
comunque qualcosa che non va?.
-no
papà tutto ok!
-va
bene… senti perché non prendi la tua roba così torniamo a casa?
-mamma
per favore posso rimanere questa notte? Sto bene con il nonno.
Charlie
si illuminò con un sorrisone.
-ok,
come vuoi, ma almeno accompagnaci a casa! Poi ti riportiamo noi… che ne dici?
-va
bene… allora andiamo, così poi posso preparare la cena.
Prendemmo
la Volvo di papà, parcheggiata poco distante da casa. Una volta arrivati a casa
nostra, mi accorsi nuovamente che c’erano più profumi familiari nell’aria.
-nooooo!
Ci sono tutti vero?
I
miei genitori risero.
-si
tesoro mio… sono tutti dentro ad aspettarti.
In
casa c’era infatti tutta la famiglia al completo. Erano venuti dalle varie
parti del mondo per festeggiare insieme il Natale.
-Ma
mancano ancora 3 settimane!
Fu
zia Rose a rispondere. –va bene confessiamo. Ci mancavi e allora siamo venuti
un po’ in anticipo.
La
serata si era svolta tra i racconti dei vari familiari, tutti in giro per il
mondo e con diverse esperienze da riferire. Si erano aggiunti al gruppo anche
Jacob, Sam, Emily e Quil.
Ad
un certo punto mio padre mi chiese se volevo andare lo stesso dal nonno oppure
rimanere lì ancora un altro po’.
-no
papà vorrei andare dal nonno. Mi starà aspettando e poi voglio provare a
dormire un po’.
Così
presi un po’ di vestiti nuovi dal gigantesco armadio (giusto per non far
innervosire zia Alice) e salutai l’intera famiglia.
Una
volta in macchina, mio padre rimase in silenzio per un po’, così gli chiesi
se andava tutto bene.
-perché
non hai lasciato che la mamma venisse con noi? Non è da te!
-ahah
hai ragione... però volevo parlare un po’ con te.
Era
impossibile avere un segreto con un padre che legge nel pensiero.
-di
cosa di preciso?
-tesoro
non ho detto niente alla mamma, perché non voglio che si preoccupi…
-ah
certo te invece rimani sempre tranquillo.
Mio
padre sfoderò uno dei suoi soliti sorrisetti.
-hai
ragione. Sono peggio della mamma a volte! Però davvero vorrei sapere se c’è
qualcosa che non va con Jacob. Quando è entrato insieme agli altri, eri felice
ma allo stesso tempo ti sentivi chiusa.
-ricordami
di ringraziare zio Jasper.
-non
cambiare discorso.
-vedi
papà è da qualche giorno che ci penso. Con Jacob ho un rapporto diverso
rispetto agli altri, anche le mie amiche se ne accorgono.
A
quelle parole mi voltai verso il finestrino, anche se sapevo che papà avrebbe
lo stesso notato le guance rosse (certi discorsi era meglio farli con una
madre).
Ripresi
il discorso. –però nemmeno io riesco a definire cosa sia per me. Ormai non
sono più una bambina.
-si
potrebbe dire che non lo sei mai stata
-sai
cosa intendo. Lui non fa niente per chiarire questa situazione e io non voglio
fare il primo passo. E…
-e
non sei sicura di ciò che provi nei suoi confronti.
Lo
guardai. –si è così.
-beh
piccola devo dire che un nuovo arrivato ti mette parecchio in crisi.
-papà
non è come pensi. È solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E poi
potrei dire la stessa cosa di te.
Ci
sorridemmo.
-Non
posso darti torto. Sai che in certe cose non voglio immischiarmi troppo. So che
hai la testa sulle spalle perciò l’unica cosa che posso consigliarti è di
parlare con Jake.
-si
lo so. Ma grazie comunque papà.
Lo
abbracciai. Lui mi diede un bacio sulla fronte, come faceva ogni sera prima che
andassi a dormire.
-dai
fila a letto. Tua madre altrimenti potrebbe sospettare di qualcosa.
-non
le dirai niente?
-per
ora no.
-grazie
papà… buonanotte. Ci vediamo domani.
-si
tesoro. buonanotte e cerca di dormire. Ti voglio bene.
Mio
nonno era ancora sveglio, lo salutai e andai subito in camera mia.
Finalmente
dormii un po’.
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Capitolo 2 *** Amara verità ***
Nuova pagina 2
Ecco
il secondo capitolo… ringrazio tutti quelli che mi hanno aggiunta ai
preferiti, alle storie seguite e chi ha semplicemente letto la storia!
Buona
lettura!
2
– Amara verità
Passarono
due settimane dal ritorno dei miei genitori e dall’arrivo di Nathan.
La
situazione non era cambiata molto: mio padre era rimasto fuori dalla mia vita
privata e Jacob non fece di certo il primo passo spontaneamente. Anche sul
fronte “Nathan” non c’erano novità, infatti il ragazzo si era continuato
a dimostrare scostante sia con me che con gli altri.
Era
l’ultimo giorno di scuola prima le vacanze di Natale e tutti erano in fermento
tra saluti e auguri. Tutti tranne uno. Ma in quelle due settimane avevo imparato
a tenere lontano dalla mia mente il nuovo arrivato, perciò non ci feci troppo
caso.
All’uscita
da scuola, dopo aver salutato Beth e Kate, andai al solito posto, dove mi
aspettava Jake con la macchina.
-ciao
Ness!
-ciao
Jake… come mai la macchina?
-devo
portarti in un posto e non avevo voglia di bagnarmi.
-cosa
c’è? Missione top secret?
-una
mezza specie… niente domande per favore.
-come
vuoi.
Siamo finalmente giunti al momento della
verità? Spero solo di non rovinarmi le vacanze.
La
strada percorsa da Jake era quella che conduceva alla riserva Quileite.
-ehi
ma stiamo andando alla spiaggia?
-proprio
così…
Altri
5 minuti di macchina e poi il licantropo mi disse di scendere.
Mi
portò proprio sulla riva del mare e lì facemmo una piccola passeggiata.
-
Jake spara… lo so che mi devi dire qualcosa, non sai nascondere i segreti.
-già
è vero… e poi te mi conosci molto più degli altri.
-non
sei poi così difficile da capire.
-l’opposto
di te a quanto pare.
-non
ti seguo. Lo sai che odio i giri di parole.
-ok…
Tuo padre mi ha consigliato di parlare un po’ con te. È stato un po’
misterioso, ma mi ha fatto capire che era ora che tu sapessi tutta la verità.
-in
merito a cosa scusa? Alla fine di questa
conversazione saprò se ringraziare mio padre.
-
Ness te sai che tra noi due c’è un rapporto particolare e che si chiama
imprinting, giusto?
-si…
ma mi hai sempre detto che me lo avresti spiegato un giorno, ma ancora non so
cosa è di preciso.
-beh
sai che noi lupi siamo un po’ più “profondi” in certe cose rispetto ai
vampiri.
-continuo
a non seguirti.
-hai
presente Emily e Sam? Loro hanno subito l’imprinting.
Ero
spiazzata. Cercai di mantenere un contegno e di non far trasparire il mio stato
d’animo.
-continua
Jake
-l’imprinting
è una specie di magia… e se un lupo incontra la sua anima gemella subisce il
suo effetto.
Lo
fissai alcuni istanti. Poi le parole vennero fuori lentamente, molto lentamente.
-questo
vuol dire che io e te siamo… anime gemelle?
-si.
-e
lo sai praticamente da quando sono nata.
-si.
Mi
sedetti su un masso. Mi girava la testa e non era normale per una mezza vampira.
-perché
non me lo hai detto prima?
-pensavo
fosse abbastanza chiaro. Quello che provo io lo provi anche te.
-
Jake perché devi sempre dare tutto per scontato?
-in
che senso scusa?
-hai
mai pensato che magari avevo il diritto di saperlo un po’ prima? Sai sono
stata abbastanza precoce e penso che sarei riuscita a capire la situazione. È
vero… tra noi il rapporto è sempre stato particolare, ma non… non credevo
fino a questo punto… e poi… tutti gli altri lo sapevano?
-si
certo che lo sapevano.
-meraviglioso!
Ero l’unica a essere all’ oscuro di questa cosa!
-ho
chiesto io agli altri di mantenere il silenzio e di non spiegarti troppi
particolari… volevo essere io a dirtelo.
-alla
buon ora!
-non
capisco perché sei così infuriata. È da quando sei nata che ti ho fatto
capire il mio amore.
-
Jake ma senti quello che dici? Da
piccoli non si distinguono i diversi tipi di amore. Per me eri come un fratello.
-oddio
questa già l’ho sentita. E poi non mentire a te stessa! È sempre stato
palese cioè che provavamo!
-e
non ti è mai venuto in mente che a me potrebbe non andare bene?
Gli
crollò il mondo. Il viso di Jacob era a dir poco inorridito.
-Jake
ascolta… è vero forse sto solo mentendo a me stessa e forse questa cosa era
palese, non lo so nemmeno io sinceramente. Ma tu dovevi dirmelo prima! Non puoi
pretendere di tenermi nascosta una cosa del genere e poi volere che mi metta a
saltare per la gioia. Sai che odio non sapere le cose! Hai mai pensato che
magari vorrei essere io a decidere della mia vita e non una magia?
Calmati. Stavi per dire stupida magia.
Calmati.
-pensavo
saresti stata
felice
di chiarire il nostro rapporto!
-
lo sono! È da un pezzo che stavo aspettando questo momento! Evidentemente non
mi conosci ancora abbastanza bene Jake…
-ora
vuoi farmi una colpa perché non te ne ho parlato prima? Non hai pensato che
forse così eri più libera di decidere?
-ma
fammi il piacere! Se si parla di libero arbitrio si devono mettere in tavola
tutte le carte!
A
quel punto me ne volevo andare. Mi alzai, però Jacob mi afferrò il polso e mi
costrinse a girarmi. Poi mi baciò.
Era
un bacio strano. Se era possibile associarlo a stati d’animo sarebbe stato un
mucchio di cose: rabbia, sfogo, perdono.
Ma
di chi erano quelle sensazioni? Di certo nella rabbia mi riconoscevo. Lo sfogo e
il perdono erano dalla parte del licantropo.
Ho sperato un mucchio di volte che questo
bacio non fosse solo fantasia. Lo immaginavo così? No di certo. Mi ero sempre
sognata un bacio dolce, delicato, anche un po’ sdolcinato forse. Cosa mi
succede? Sono davvero io?
Quando
ci staccammo sul volto di Jacob si intravedeva la speranza di avere una nuova
possibilità. La possibilità di essere perdonato e incominciare tutto da capo,
come una coppia.
Io
invece ero confusa.
-scusa
Jacob. Ho bisogno di tempo..
E
corsi via. Non sentivo rumori provenire dietro di me, segno che il licantropo
non mi stava seguendo. Passai per il bosco in modo da non essere vista da
nessuna e corsi all’impazzata, il più velocemente che potevo.
Aprii
la porta di casa in modo violento. Appena fui in grado di vedere attraverso le
lacrime, mi accorsi che i miei genitori erano già a casa.
-tesoro
mio che è successo?
Mia
madre era arrivata davanti a me con un balzo. Cercò di asciugarmi il volto
umido, invano.
-mamma
ti prego. Lasciami andare in camera mia. non credo di farcela a raccontarti
tutto in questo momento.
Le
diedi un bacio sulla guancia e la sorpassai di corsa. La sentivo chiedere
spiegazioni a mio padre, ma lui rispose solo che era il momento dello sfogo e
che poi sarei stata io a dirle tutto. E intanto piangevo. Piangevo tutte le mie
lacrime. Mi sentivo priva d’importanza, non compresa da nessuno.
Dopo
un po’, forse 5 minuti o forse mezz’ora, mia madre bussò alla porta. Era il
momento delle spiegazioni.
-entra
mamma.
Socchiuse
la porta lentamente e si accomodò sul letto vicino a me. Io le poggiai la testa
sul petto, proprio come facevo da piccola prima di addormentarmi.
-ti
va di raccontarmi quello che è successo? O vuoi ancora piangere un pochino?
-papà
non ti ha detto proprio niente?
-no
tesoro. dopo penserò a fargli una bella ramanzina ma ora l’importante sei te.
Un
leggero colpo di tosse si sentì arrivare dal salotto. Io e mia madre ci
sorridemmo.
-scusa
papà. Mamma… oggi ho parlato con Jacob. Dell’imprinting.
Parlai
senza smettere, fino alla fine. Raccontai di come mi ero sentita, di come avrei
sperato che la verità venisse prima a galla. E parlai di Nathan. Mia madre mi
ascoltò in silenzio, senza mai la minima interruzione o domanda.
Quando
finii prese finalmente la parola.
-Vedi
piccola mia, Jacob prova qualcosa di veramente forte per te e non voleva di
certo che te ti sentissi in questo modo. Io e tuo padre avevamo parlato più
volte a lui della possibilità di rivelarti tutto, ma lui si è sempre ostinato
a dire che ci avrebbe pensato lui, che era compito suo dirtelo. Così abbiamo
deciso di non interferire. Sapevamo che più tempo trascorreva e più forse ci
saresti rimasta male all’inizio. Ma a quanto pare questo Nathan ha complicato
e accelerato ancor di più le cose.
-Mamma
non è colpa di Nathan. Anzi quasi non ci parliamo. Con lui è stata solo una
attrazione fisica durata quanto? Un paio di giorni.
-poteva
anche durare anche solo 5 minuti quell’attrazione fisica, però bastava a
confonderti e a farti capire che ci sono diversi tipi di amore. Prima che tu
nascessi, nel periodo che tuo padre se ne andò, Jacob era diventato per me un
punto di riferimento. Per me era un fratello, ma lui non provava lo stesso. Per
lui ero qualcosa di più. E quando tuo padre tornò, fu difficile per me avere
entrambi vicini. Sapevo che più tempo sarebbe trascorso e più era alta la
probabilità che te ti prendessi una cotta per qualcuno. Perciò posso solo
dirti di prenderti il tuo spazio, di pensare solo a te stessa per far ordine nei tuoi sentimenti. Quando avrai tutto
chiaro, farai quello che senti. Da me hai ripreso la testardaggine e il voler
fare quello che si ritiene più giusto.
Papà
busso sulla porta già semiaperta.
-posso
entrare?
-certo…
-risposi
Mio
padre si mise nel lato libero del letto e avvolse me e la mamma con un braccio.
-piccola
mia sai che io e tua madre saremo sempre qui a proteggerti e a consolarti, ma
davvero devi fare solo ciò che vuoi veramente. Ogni mattina, quando ti alzi,
ringrazio dio o non so cosa di tre cose: che tua madre sia venuta a Forks, che
mi abbia accettato per quello che sono e soprattutto ringrazio del fatto che
abbia deciso di tenerti. La cosa più brutta per me è sapere che non avrei
potuto tenerti tra le mie braccia quando eri piccola e di correre il rischio di
consolarti in questi momenti. Perciò non conta ciò che farai e se sarà la
scelta giusta, l’importante è che noi tre siamo qui uniti, e se commetterai
qualche errore io e tua madre saremo sempre qui a consigliarti.
Li
abbracciai entrambi e nel silenzio che si era creato dopo quel discorso emergeva
solo la mia gratitudine e il loro immenso affetto per me.
|
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Capitolo 3 *** Conoscersi ***
Nuova pagina 1
Ecco
finalmente il terzo capitolo! Scusate ma la scuola mi ha tenuta parecchio
impegnata ultimamente… ancora una volta grazie a chi ha letto, ha aggiunto la
storia ai preferiti o alle storie seguite.
Mi
raccomando commentate!
3
– Conoscersi
Le
vacanze di Natale erano state molto travagliate. Durante la prima settimana, più
volte Jacob si era precipitato a casa mia, ma io avevo preso una decisione:
volevo essere lasciata in pace, libera di decidere della mia vita. I miei
genitori per fortuna mi aiutarono e parlarono con il licantropo, ogni volta che
questo ci faceva visita. Poiché io ero ciò che aveva stabilito una specie di
pace tra i lupi e i vampiri della mia famiglia, anche il rapporto con l’altro
gruppo fu un po’ teso. I lupi avevano interpretato il mio rifiuto momentaneo
come una specie di offesa nei confronti della loro cultura, così si preferì
passare il Natale separati. La seconda settimana, invece, ero stanca di tutta
quella situazione particolare e decisi di passarla a Denali con la zia Rose e lo
zio Emmet. Da una parte fu difficile partire: volevo passare l’ultimo
dell’anno con i miei genitori, mio nonno e il resto della famiglia. Tania e
gli altri furono come al solito gentilissimi e tutto sommato mi risollevarono un
po’ il morale. Ritornai a Forks l’ultimo giorno di vacanza, pronta per
riprendere la mia vita scolastica, senza far trasparire troppo il mio stato
d’animo.
Mia
madre mi svegliò con un bacio sulla fronte.
-buongiorno…
pronta per il ritorno a scuola?
-si
credo di si… spero solo che Jacob non ne approfitti per farmi un agguato…
-non
preoccuparti… credo abbia capito che non è il caso di essere troppo pressanti
in certe cose.
Feci
colazione e poi papà mi accompagnò a scuola. Le mie amiche già mi stavano
aspettando nel parcheggio.
In
pochi minuti ci eravamo raccontate tutto quello che avevamo fatto durante le
vacanze. Beth era andata dai suoi nonni a Port Angeles, mentre Kate era rimasta
a casa.
-cavolo
non sapete chi ho incontrato un giorno!- esordì la bionda Kate.
-
Brad Pitt o Tom Cruise?- la prese in giro l’altra amica. Io risi.
-avanti
scema, non prendermi in giro! Comunque ho visto Nathan…
Mi
bloccai per un momento. Per fortuna le mie amiche non se ne accorsero. –dove?
-io
ero appena uscita dalla locanda… e lui era insieme alla cuginetta e credo
stesse aspettando che arrivassero gli zii.
-vi
siete salutati? – indagò Beth.
-a
dir la verità mi ha salutata lui per prima… l’ho visto anche sorridere alla
cuginetta che teneva in braccio! Ma a parte ciao non ci siamo detti
nient’altro.
-a
quanto pare anche il nostro Nathan Whellens ha un cuore!
Le
prime tre ore trascorsero normalmente. La quarta fu un po’ agitata, ma solo
per me.
Io,
Beth e Kate entrammo per ultime nell’aula di spagnolo. Quasi tutti avevano
preso posto ormai e tra questi c’era anche Nathan. lo osservai per qualche
secondo: non era cambiato niente in lui. Sembrava come al solito un po’
scontroso, cosa che non si addiceva poi molto a quei dolci lineamenti.
Vorrei così tanto vederlo sorridere.
Come
al solito in mensa Nathan si sistemò al tavolo con noi e come al solito non
disse una parola.
Se Kate non glielo avesse chiesto, si
sarebbe sempre seduto da solo. Credo che ormai lo faccia solo per cortesia di
venire al nostro tavolo.
E
questo andamento monotono dei pensieri e delle azioni proseguì per un’altra
decina di giorni. Tutto cambiò dentro di me durante la prima lezione in
piscina. Il professore di ginnastica era riuscito ad avere il permesso di
portarci nella piccola piscina di Forks per alcune lezioni.
Dopo
esserci cambiati nello spogliatoio il professore ci disse di entrare in acqua e
di fare un paio di bracciate per riscaldarci un po’. Come era prevedibile, i
ragazzi della mia classe mi guardarono abbastanza insistentemente.
Fortunatamente non c’è qui mio padre.
Così non ho morti sulla coscienza.
Poi
cercai Nathan. Era ancora l’unico fuori dall’acqua e stava parlando con il
professore.
Cosa si staranno dicendo?
Guardai
il corpo del ragazzo. Sembrava perfetto. Le linee, come quelle del viso, erano
dolci e risaltavano la muscolatura, sviluppata al punto giusto. Mi accorsi che
non ero l’unica ad aver notato il fisico atletico di Nathan. Poco più in là
c’erano infatti altre due ragazze che stavano ridacchiando sotto voce.
Che idiote. Ci vuole una bella faccia
tosta a mettersi a fare le galline in quel modo.
In
quel momento Nathan si girò. Per meno di un secondo il nostro sguardo si
incrociò. Pregai di non essere diventata rossa e che nessuno avesse notato.
Speravo che soprattutto lui non ci avesse fatto caso.
Poi
si tuffò e iniziò a nuotare vicino un lato della piscina. Ogni movimento era
esperto ed elegante e mi accorsi che tutta la classe si era incuriosita e
stavano guardando Nathan.
Il
professore chiarì la situazione. –ragazzi Nathan non si allenerà con voi
perché ha deciso di riprendere nuoto agonistico. Mi ha chiesto di seguirlo
perciò approfitto di queste ore qui in piscina per allenarlo. Ora iniziate gli
esercizi.
Il
resto della lezione non fu niente di particolare e poi io continuavo a fissare
Nathan.
In
un’intera ora non si era quasi mai fermato e continuava a mantenere un ritmo
regolare e per niente stanco.
Alla
fine della lezione tutti uscirono dall’acqua e andarono negli spogliatoi.
Seguii il loro esempio, anche se una parte di me voleva continuare a rimanere lì
a fissare Nathan. Mi feci la doccia il più velocemente possibile e poi, invece
di uscire insieme agli altri, mi sedetti su uno scalino della piscina.
-
Cullen non vai insieme agli altri nell’autobus?
-oh
si certo professore… è solo che gli altri non avevano ancora finito di
prepararsi… e nello spogliatoio faceva caldo…
Mai raccontato una bugia peggio di così!
Per
mia fortuna il professore fece finta di credermi. –va bene ma attenta che
l’autobus non parta senza di te.
Mi
spuntò un sorrisino di gratitudine.
Appena
tornai a guardare la piscina capii che Nathan si era accorto di me.
Cosa cavolo faccio ora?
Problema
risolto. Fu lui a parlarmi.
-
Cullen sei veloce a far la doccia.
-e
tu devi essere un fulmine visto che sei ancora in acqua e tra cinque minuti
parte l’autobus.
-io
non torno a scuola. Ho il permesso di rimanere ancora un altro po’.
Sembrava
normale. Nella sua voce non c’era traccia del suo solito atteggiamento
distaccato.
-fai
da tanto nuoto?
-l’ho
fatto agonisticamente per 4 anni… da quando mi sono trasferito non ho più
messo piede in piscina, a parte oggi.
-sei
bravo. Sembra che non hai mai fatto altro nella vita.
-grazie,
in quest’ultimo periodo mi è mancato parecchio nuotare.
Non
staccavamo lo sguardo dagli occhi dell’altro.
All’improvviso
un ragazzo entrò in piscina per dirmi che l’autobus stava per partire.
-ci
vediamo Cullen.
Prima
ancora che potessi rispondere, aveva iniziato un’altra vasca.
Durante
il resto della giornata pensai solo a quel piccolo dialogo tra me e Nathan.
A
scuola quello scambio di battute non si era ripetuto, ma quando andavamo in
piscina alla fine della lezione mi permetteva di restare a guardarlo mentre
aspettavo gli altri. Non avevamo più parlato, a parte i soliti saluti di
cortesia, ma proprio quel silenzio mi aveva fatto capire che potevo sedermi sul
solito scalino in quei 10 minuti.
Da
una parte mi sentivo in colpa. Quello doveva essere un
periodo in cui avrei dovuto pensare solamente a me stessa e al rapporto
con Jacob. Invece mi ritrovavo sempre tra i pensieri il volto di Nathan.Inoltre
c’era Kate.
Come faccio a dirle che mi piace Nathan?
non mi rivolgerebbe più la parola.
Questo
però non divenne più un problema. Un certo Lucas aveva scritto un bigliettino
a Kate, dove le chiedeva di uscire. La mia amica era al settimo cielo ed io con
lei. Beth, invece, aveva notato in me qualcosa di diverso e ogni volta che
rimanevamo sole mi ricordava che eravamo amiche e che potevo dirle tutto. Un
giorno Beth, esasperata dalla mia ostinazione dal non volermi confessare con
lei, iniziò a sparare cose a caso, giusto per vedere se ci prendeva.
-hai
litigato con Jacob.
-cavolo
centro al primo colpo!
-ma
non è solo questo. È da quando siamo tornati che non si vede il motociclista
della notte qua intorno… centra un altro ragazzo?
-forse
-vediamo
un po’… ti piace qualcuno e sei indecisa…
-ti
ho mai detto che sei diabolica?
Rise.
–è Nathan Whellens
vero?
Distolsi lo sguardo.
-è così facile capirmi?
-no Nessie… non è
facile. Tra tutte le persone che conosco, sei quella che nasconde meglio i
proprio sentimenti.
L’abbracciai. Forse
aveva intuito che dietro la facciata di ragazza normale c’era altro. Ma non mi
aveva mai oppresso, mi aveva accettata con tutti i miei segreti. E Kate aveva
fatto lo stesso.
-grazie- sospirai,
sinceramente.
-non preoccuparti. Lo sai
che io e Kate ci siamo sempre. La prossima volta sfogati con noi, ti farà bene.
Accennai un si con la
testa e poi un sorriso. È bello
avere delle amiche.
Purtroppo
le lezioni in piscina terminarono, forse troppo velocemente per i miei gusti,
così mi ritrovai di nuovo al punto di partenza. Sapevo che ero riuscita
conquistarmi un po’ la fiducia di Nathan, ma a scuola non riuscivamo ad
abbattere quel muro che ci divideva.
Cosa posso fare? Sento il bisogno di conoscerlo
meglio, ma non so come fare…
Poi arrivò un’idea. Se
l’unico posto “familiare” per noi due era la piscina, sarei andata lì.
Così un giorno preparai
le mie cose e appena uscita da scuola, mi feci accompagnare da mia madre nel
piccolo centro sportivo della città. Come sospettavo, Nathan era lì.
Mi sistemai sul mio solito
punto di osservazione. A dir la verità non sapevo cosa gli avrei detto di
preciso se mai mi avesse posto la domanda “cosa ci fai qui?”. Perché non
improvvisare?
Lo
guardai fare su e giù per la piscina una decina di volte e, quando si fermò si
accorse di me. Sembrava piacevolmente spiazzato. Mi rivolse un mezzo sorriso.
-ciao
Cullen.
-
Whellens… già stanco?
-direi sorpreso più che
stanco.
-e
per quale motivo?- mi piace davvero
giocare con il fuoco allora.
-non
mi aspettavo di trovarti qui anche dopo le lezioni scolastiche. Lo scalino sta
diventando il tuo migliore amico?
-forse…
a dir la verità questo posto mi aiuta a pensare.
-wow…
a me fa l’effetto opposto.
Rimasi
in attesa di una spiegazione e lui continuò –vedi si può pensare ovunque e
in qualunque momento. Durante una delle tante lezioni… mentre mangi… prima
di addormentarti… invece è il non-pensare ad essere difficile. Nuotare è uno
dei pochi momenti in cui sono
veramente concentrato in una cosa, e perciò non penso al mondo che c’è fuori
di qui.
-wow…
sai cosa? Forse hai ragione… vengo qui a prendermi una pausa dalla realtà.
-e
questa pausa vuoi prendertela su uno scalino oppure facendoti una bella nuotata?
-la
prima possibilità l’ho sfruttata in pieno… ora tocca alla seconda.
Mi
alzai e sparii nello spogliatoio. Prima di tornare in piscina, feci un bel
respiro profondo e sorrisi a me stessa.
Chissà se su di lui ho lo stesso effetto
che ho sugli altri ragazzi.
Tornai
in piscina, attenta a ogni sguardo di Nathan. Mi sedetti sul bordo della piscina
e aspettai che si avvicinasse un po’ di più.
-mi
spieghi perché proprio il nuoto?
-come
ti ho detto prima mi rilassa e non mi fa pensare… poi avrai capito che sono un
tipo abbastanza solitario e questo è uno sport individuarle.
-si
è vero… ma alla fine bisogna sempre fare i conti con qualcun altro… e
questo può essere sia un nemico che un amico.
-avanti
non rimanere lì sul bordo… buttati
Mi
tuffai. Facemmo qualche piccola gara per gioco e fin da subito ci ritrovammo a
prenderci in giro o a schizzarci. Niente di più però: rispettavamo una specie
di distanza di sicurezza e fu meglio così.
Dopo
più di un’ora decidemmo che forse era meglio andare a fare la doccia, poiché
il giorno dopo dovevamo consegnare un saggio di letteratura, al quale ancora
nessuno dei due aveva messo mano. Ero allettata all’idea di proporgli di farlo
insieme, ma poi constatai che era meglio non esagerare.
-pensi
che tornerai oppure quello di oggi è stato un privilegio?
-tornerò,
forse…- anzi, sicuramente…
-come
vuoi… però Reneesme devo chiederti un favore.
-non
chiamarmi Reneesme… Nessie basta e avanza… comunque sarei felice di
aiutarti.
-beh,
lo so che magari ti sembrerà strano, ma vorrei che non dicessi niente a scuola
di questo pomeriggio e di quelli che probabilmente ci potrebbero essere in
futuro.
-non
è un problema per me… ma posso chiederti il motivo?
-oggi
sono stato bene… e non voglio che troppe persone mi conoscano più
profondamente
-va
bene e... grazie di avermi dato l’opportunità di conoscere una parte di te.
Mi
sorrise e il mio cuore zoppicò leggermente.
-grazie
a te e al fatto che non ti fermi solo alle apparenze. Ci vediamo domani.
Rimasi immobile per un paio di minuti, mentre lo osservavo andare via.
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Capitolo 4 *** Blackout ***
Nuova pagina 1
Finalmente è arrivato anche il
quarto capitolo!
Ancora una volta ringrazio chi
legge, ma in particolare chi ha recensito… i vostri commenti mi fanno davvero
piacere!
In questo capitolo è
abbastanza cruciale, viene spiegato il carattere introverso di Nathan. Fatemi
sapere cosa ne pensate.
4 – Blackout
Nelle due settimane successive,
io e Nathe ci incontrammo tutti i giorni in piscina, subito dopo la scuola.
Mia madre aveva di certo
intuito qualcosa, anche perché ultimamente mi sentivo felice e non avevo più
avuto crisi esistenziali: lei però non mi domandò mai niente e aspettava che
fossi io a parlarle, ma ancora non ero pronta. Volevo godermi un altro po’
quella vita che sembrava appartenesse a un'altra
persona.
Stavo conoscendo (frequentando
era troppo per il mio cuore) un ragazzo in modo normale, senza imprinting o
altre strane magie. Certo soffrivo quando pensavo al dolore che avevo provocato
a Jacob, ma ogni volta quel pensiero era scacciato dall’emozione che provavo
nel vedere Nathan.
Era arrivata la metà di
febbraio e la storia segreta della piscina dopo la scuola continuava. Un
mercoledì, nonostante ci fosse un temporale da far spaventare anche un
cittadino di Forks, convinsi mia madre a portarmi lo stesso al centro sportivo.
Come al solito, Nathe era già
lì ad aspettarmi.
Dopo poco più di dieci minuti
che eravamo entrati in piscina, però, saltò la corrente.
-meglio uscire… se vuoi ti
riporto a casa io, senza che viene tua madre a prenderti.
-perché non aspettiamo un
pochino? In genere i blackout a Forks si risolvono abbastanza velocemente.
Si vedeva che era un po’
spiazzato dalla mia proposta. Nonostante questo, accettò.
Ci sedemmo a bordo piscina,
vicino ai blocchi, uno di fronte all’altra.
-ti piace vivere qui?
-piacere è una parola
grossa… diciamo che non ho particolari problemi. Alla pioggia dopo un po’ ci
si abitua e poi Detroit mi iniziava a star stretta…
-allora Forks ti soffoca!
Rise di gusto. –non intendevo
la grandezza… ma per quello che dicevano di me.
-fidati se ti dico che qui è
di sicuro peggio. Ancora prima che arrivassi giravano voci su di te.
Ora era particolarmente
attento. –e cosa dicono di me di preciso?
-un sacco di cose. Alcuni
dicono che hai vissuto per parecchio tempo in una casa-famiglia e poi hanno
rintracciato i Parker che poi hanno accettato di tenerti con loro… ma la
maggior parte delle persone pensano che tu sia stato espulso da scuola per atti
vandalici, o cose del genere, così i tuoi ti hanno spedito qui per punizione.
Si era voltato. Si vergognava
di sé stesso? O non voleva semplicemente guardarmi in faccia?
-vorrei fosse così… comunque
è meglio così se circolano queste voci. Non mi piace essere compatito.
- Nathe… venendo qui tutti i
pomeriggi, ho imparato a conoscerti un pochino e di una cosa sono sicura: non mi
interessa quello che dice la gente, perché so che quelle sono tutte bugie.
-come fai ad esserne così
sicura?
-perché ti ho visto sorridere.
E in quel momento i tuoi occhi sembravano di nuovo vivi.
Mi avvicinai lentamente, posai
delicatamente una mano sulla sua guancia e lo costrinsi a guardarmi.
-so che vuoi fare il duro e il
solitario, ma con me non ti riesce. Per qualsiasi cosa sai che io ci sono.
La visione di quegli occhi verdi mi fece sussultare il cuore.
Non eravamo mai stati così vicini come in quel momento e quello era tra noi il
primo vero contatto fisico.
Poi successe una cosa
inaspettata. Una lacrima rigò il viso di Nathan.
-ehi… ma stai piangendo?
Tranquillo… ci sono qui io.
E lo strinsi a me. In quel
momento mi venne in mente mia madre che mi teneva stretta tra le braccia, per
consolarmi.
- Nessie io… mi dispiace
tanto… non volevo…
-shhhh va tutto bene…
-non voglio continuare a
fingere anche con te. Nessie devo dirti una cosa.
Lo lasciai andare. Lui si
asciugò quelle poche lacrime che i suoi occhi si erano lasciati sfuggire.
-prima di trasferirmi qui, sono
stato per un breve periodo da mia nonna, in una cittadina vicino Detroit. Ma non
potevo rimanere con lei, un giorno si è sentita male così con i miei zii
abbiamo deciso di portarla in un centro specializzato, in modo che lei potesse
guarire con tranquillità. Mentre io sono venuto a vivere qui a Forks.
Avevo paura di fare domande così
lasciai che continuasse da solo. Feci solo un breve cenno con la testa.
- Nessie… il motivo di tutti
questi trasferimenti è che… i miei genitori sono morti lo scorso agosto.
Mi crollò il mondo addosso. La
causa della chiusura di Nathan era la morte di persone care. All’improvviso mi
ricordai dei miei primi mesi di vita, quando i miei genitori si stavano per
sacrificare per permettere che io mi salvassi. Mi immaginai allora la mia vita
senza di loro, senza le persone a cui non avrei mai potuto fare a meno nel corso
della mia vita.
Sentii poi vuoto dentro, che
cercai di colmare inutilmente con le lacrime.
-no Reneesme… ti prego non
piangere anche te… non voglio…
Nathan mi aveva preso il viso
tra le sue mani e mi accarezzava le guance, ormai umide.
Lo abbracciai. Le parole non
erano mai sembrate così inutili come in quel momento e l’unica cosa che
volevo era chiudere quella voragine all’altezza del cuore.
Dopo quell’eterno momento, in
realtà troppo corto per me, cercai di parlare.
- Nathan mi dispiace… per
tutto, non avrei dovuto reagire così…
Mise di nuovo le sue mani sulle
mi guance. Mi accarezzava dolcemente, voleva tranquillizzare sia me che sé
stesso.
Avevo provato fino un secondo
prima paura, dolore e un’infinita tristezza. Ora, piano piano, si stava
facendo strada in me stessa la consapevolezza di quella vicinanza con Nathan,
della dolcezza con cui lui mi toccava.
Appoggiai a mia volta le mie
mani sopra le sue. Non sapevo più dove mi trovassi in quel momento, se in
piscina o in paradiso. Sentivo il bisogno di annullare l’unica distanza che
era rimasta tra di noi.
Lentamente, i nostri visi si
avvicinarono, si cercarono e poi il momento che avevo sempre sperato di vivere.
Fu un bacio lieve, delicato, ma
allo stesso tempo passionale e carico di sentimento.
L’unica cosa che riuscivo a
sentire era il mio cuore, scoppiettante come mai prima di allora.
Quando i nostri visi si
allontanarono un pochino, Nathan sorrise, mente io dovetti trattenermi dal
volerlo baciare di nuovo. Accarezzai le sue labbra con un dito e cercai le
parole giuste, per non rovinare quel momento.
-i tuoi occhi si sono accesi di
nuovo, insieme al tuo sorriso.- sussurrai, quasi timida.
-credo di sapere di chi sia il
merito…
Incapace di trattenermi ancora,
lo baciai di nuovo.
Ogni secondo che passava
diventava più perfetto di quello precedente.
Per un momento, Nathan allontanò
di poco le sue labbra dalle mie. –grazie… oltre a capirmi mi risparmi la
fatica dal non baciarti.
Risi, ma allo stesso tempo
arrossii un po’. -pensi che
sia stato un po’ troppo… veloce?
Tornò a baciarmi. Credo
che la risposta sia no.
Poco dopo la luce tornò.
Chiesi a Nathan se era ancora possibile un passaggio fino a casa.
-certo… vado a vedere se ha
smesso di piovere.
-va bene. Intanto chiamo mia
madre.
Quando presi il cellulare in
mano, mi accorsi che avevo quattro chiamate perse. Tutte di mia madre.
La richiamai immediatamente,
sperando che non si fosse precipitata fuori dalla piscina ad aspettarmi.
-ehi mamma…
-piccola! Ti ho chiamata più
volte… ero preoccupata… perché non hai risposto?
Ero impegnata con Nathan… risi di quel pensiero, poco opportuno da
riferire al telefono.
Mi costrinsi ad avere un tono
di voce poco euforico. –scusa mamma… ero in piscina e avevo la vibrazione…
non ho proprio sentito il cellulare.
-va bene. Ti devo venire a
prendere?
-no non ti preoccupare…volevo
fare una sorpresa a nonno e fermarmi da lui stanotte… e poi devo fare un
saggio… mi serve un po’ di tranquillità. Mi accompagna Nathan, tanto per
lui è di strada.
Momento di silenzio. –non ci
sono problemi. Mi raccomando sta attenta.
-si mamma tranquilla… e
grazie.- sapevo che lei avrebbe capito.
-ci vediamo domani tesoro mio.
-ciao… e saluta papà.
Riattaccai. Nathan mi afferrò
i fianchi e mi strinse a sé dolcemente. –problemi?
-no tutto bene… fuori piove?
-si ma piano ormai… ti
accompagno direttamente a casa o vuoi far la doccia qui?
-portami a casa di mio nonno
subito per favore… almeno non rischiamo che faccia di nuovo il temporale…
non mi fido a lasciarti guidare quando piove forte…
Sciolse l’abbraccio, prese il
mio borsone e poi con la mano libera prese la mia.
-che galantuomo!
Il tragitto dalla piscina a
casa di mio nonno fu talmente breve che non ci fu nemmeno il tempo di parlare.
Nathan fermò l’auto nel
vialetto di casa mia. In quel momento provai un po’ di imbarazzo. Come devo salutarlo?
-senti Nathe… credo di sapere
già la tua risposta, ma voglio chiedertelo lo stesso… va bene per te se non
diciamo di questa cosa subito?
-questa cosa… cosa scusa?-
appena finita la frase, mi fece un sorriso malizioso.
-ehi non fare lo spaccone con
me! Vediamo come posso spiegartelo?- gli diedi un bacio leggero sulle labbra.
- Cullen stai rischiando
parecchio… siamo nella tana del lupo- indicò casa di mio nonno- e poi se fai
così potrei non lasciarti andare!
-perché non mi sembra una
minaccia? Comunque dico davvero… va bene se rimane solo tra noi?
-si certo… volevo chiederti
la stessa cosa…
-meglio che vada prima che
qualcuno noti un’auto sospetta nel vialetto dello sceriffo…
-forse hai ragione… e sarebbe
anche peggio se rapissi sua nipote…
Lo baciai di nuovo e poi scesi
dalla sua 147. Un'altra cosa che apprezzavo di Nathan: il suo gusto per le auto.
Cosa c’era di meglio di una macchina italiana? Di sicuro zia Rose avrebbe
apprezzato.
Bussai alla porta di casa, in
attesa che mio nonno mi aprisse.
-chi è?
-sono io nonno.
La porta si spalancò
immediatamente ed entrai subito.
-come mai qui piccola?
-sono andata il piscina e poi
mi sono fatta accompagnare qui da un amico. Devo fare un saggio per domani e poi
avevo voglia di stare un po’ con te. – e
soprattutto devo scappare da mio padre.
Come faceva solitamente una
volta tornato da lavoro, mio nonno stava guardando una qualche partita in
televisione. Corsi al piano di sopra e mi chiusi in camera.
Non so cosa mi trattenne dal
mettermi a saltellare o a cantare, fatto sta che riuscii a contenermi e a
concentrare la mia euforia in un mega sorrisone. Il saggio di letteratura
procedeva abbastanza bene, anche se ogni tanto lasciavo correre i pensieri su
quello che era successo solo un paio d’ore prima. All’improvviso mi arrivò
un messaggio sul cellulare. Era Nathan.
“come procede il saggio? Io
ho finito proprio ora. Un bacio.”
La mia risposta: “a me manca
poco. Ho per la testa parecchie cose… baci.”
Appena premuto il tasto invio,
mi arrivò un nuovo messaggio. Questa volta era Jacob.
Un senso di paura mi invase. Dopo
essere tornata da Denali, Jacob non mi ha più cercata. Come mai proprio oggi si
fa risentire?
“Nessie ho bisogno di
parlarti. Ci vediamo davanti casa di tuo nonno tra 5 minuti. Jacob.”
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Capitolo 5 *** Crescere ***
Nuova pagina 1
Siamo arrivati al quinto
capitolo… con piacere vedo che la storia vi piace! Bene, bene, bene…
Allora avevamo lasciato Nessie
che riceve un sms da Jacob… cosa vorrà mai dirgli il cane un po’ troppo
cresciuto? Basta leggere! XD
Per favore ditemi che ne
pensate… accetto anche le critiche più amare! Ora la storia inizia a farsi un
po’ più complicata… meglio sapere da subito se sto scrivendo una
cavolata… XD
5 - Crescere
No! Per quale motivo mi voleva vedere? Perché quel giorno così bello
doveva essere rovinato?
Mi venne per un attimo in mente
la possibilità di andarmene. Jacob appena
metterà piede qui vicino sentirà il mio odore. Non posso far altro che
affrontarlo.
Risposi all’ultimo messaggio
ricevuto con un semplice “ok”.
Appena andai al piano di sotto,
mio nonno mi chiese dove stavo andando.
-non preoccuparti nonno. Vedo
un attimo Jacob qui vicino. Torno
subito. E prendo anche la chiave.
-va bene. Se hai bisogno di me
basta un fischio.
Il nonno ha notato che sono nervosa? Devo calmarmi.
Mi precipitai all’inizio del
sentiero che si addentrava nel bosco. Jacob era già lì, seduto su un masso.
-ciao Nessie. Vedo che eri già
qui… come mai?
-ciao. Dovevo fare un saggio e
volevo stare con mio nonno… perché l’sms?
-hai anche il coraggio di
chiedermi il perché? È più di un mese che non ti vedo! Hai idea di quello che
ho passato? No vero? In fondo che pretendo… di me non ti importa nulla…
-avanti Jake non fare lo
stupido! Lo sai che a te tengo!
-ah si? Ti ho dato il tuo
spazio, ti ho evitato per tutto questo tempo. Cosa vuoi di più da me? Vuoi che
mi strappi il cuore dal petto? Manca solo quello.
-non sopporto quando fai il
melodrammatico e il bambino. Sono stanca di questo atteggiamento.
-tu sei innamorata di me, come
io lo sono di te. Piantala di fingere con te stessa.
-fingere? Perché dovrei farlo?
Sto cambiando, Jake. Non sono più una bambina. Mi dici il motivo per cui ti
ostini a non capirlo?
-tu non sei mai stata una bambina, Nessie.
-lo vedi? È a questo che mi
riferisco. È vero, sono sempre stata precoce e sono sempre stata consapevole di
quello che mi circondava. Ma è proprio qui la differenza. Da piccola ho sempre
vissuto con la mia famiglia, i licantropi e nonno Charlie. Il mio mondo è
sempre stato questo, né più né meno.
-lo è ancora Nessie!
-NO! Per una buona volta
Jake… come faccio a spiegartelo? Vado a scuola… ho degli amici… insomma
conduco una vita normale!
-ma tu con loro non sei te
stessa!
-davvero? E chi te lo dice? Hai
mai passato più di due minuti in presenza di Kate o Beth?
-non capisco dove vuoi andare a
parare.
-le mie amiche non sanno cosa
sono in grado di fare o la mia storia, è vero. Ma mi hanno accettato così come
sono. Gli voglio bene. Capiscono se sono allegra o triste, se ho bisogno di
ridere o di piangere. E per me tutto questo è nuovo. Sto scoprendo una parte di
me stessa del tutto inaspettata. Ho capito che nel mondo, oltre ai volturi, ci
sono altre cose di cui temere! Capisci quello che dico o parlo al vento?
-si ho capito. Ma non accetto
che tu non voglia scoprire questa nuova parte di te stessa insieme a me.
- Jake… non è che non
voglio… certe cose non si dovrebbero spiegare alle persone amate… sono loro
che dovrebbero capirlo da sole… e poi questo dannatissimo imprinting… già
mi sento confusa… non voglio che la mia vita sia condizionata da una magia!
Voglio essere io l’unica artefice del mio futuro… mi capisci?
-perciò cos’è questo? Un
addio?
-perché deve essere per forza
un addio?
Mi afferrò il braccio con
violenza. Stava tremando e non solo a causa del lupo che si stava impadronendo
del suo corpo.
-RISPONDI! È UN ADDIO?
Lo guardai negli occhi. Volevo
fargli capire il dolore che stavo provando in quel momento.
–fino a quando non comprenderai ciò che provo ora… si è
un addio. Ma spero con tutta me stessa che sia solo un arrivederci.
Jacob Black era impietrito. Non
accennava a lasciarmi andare il braccio e per un momento pensai che avesse
smesso anche di respirare.
Un paio di lacrime mi rigarono
il viso. Odiavo far del male a delle persone, soprattutto se erano importanti
come lui.
-lasciami andare, ti prego… -
gemetti con il poco fiato che avevo.
Jacob lasciò il mio braccio.
Fece un paio di passi indietro, ancora con il volto sconvolto, prima di
trasformarsi in lupo e sparire tra gli alberi.
Mi inginocchiai per cercare di
riempire la voragine dentro di me. Le lacrime continuavano a scendere, sempre più
abbondantemente. Che cosa ho fatto?
Poi un ululato coprì ogni
minimo rumore che si sentiva nella cittadina di Forks, compresi i miei deboli
singhiozzi.
Per un quarto d’ora buono
rimasi lì inginocchiata e continuavo a piangere. Iniziò anche a piovere e
preferii tornare in casa per non preoccupare il nonno, sperando che non si
accorgesse del mio stato.
Ma lui era seduto in cucina, in
attesa che tornassi a casa e chiaramente notò il mio viso stravolto dalle
lacrime.
-piccola mia che è successo?!
Dov’è Jacob?
-se n’è andato nonno… per
favore chiama te la mamma… non ce la faccio…
Le forze quasi non mi vennero a
mancare. Il nonno si precipitò accanto a me e mi aiutò ad arrivare fino al
divano. Telefonò immediatamente alla mia mamma, la quale era già in macchina
prima ancora di riattaccare.
Io intanto continuavo a
piangere e a singhiozzare.
Dopo appena cinque minuti,
durante i quali mio nonno cercò di calmarmi un pochino, arrivò mia madre.
Si precipitò subito accanto al
divano e mi abbracciò.
-che è successo tesoro?
calmati, è tutto apposto. Ci sono qui io. Non piangere, ti prego raccontami
tutto.
-Bella io vado a farmi un giro
in macchina qui intorno. Spero solo di non incontrare Jacob.
-va bene papà… e grazie.
Il nonno bofonchiò qualcosa
che non udii e uscì di casa.
-piccola mia siamo sole ora…
dai stai tranquilla…
-dov’è papà?- riuscii a
singhiozzare.
-è a casa. Ha sentito la
chiamata ma l’ho pregato di rimanere a casa. Poi chiameremo anche lui… non
preoccuparti… avanti dimmi quello che è successo… tutto per favore…
Incapace di usare le parole,
usai il mio potere per far vedere a mia madre ogni cosa successa quel
pomeriggio.
Il blackout. Il racconto di
Nathan. Il bacio. L’sms di Jacob. La discussione. Tutti i momenti vissuti quel
pomeriggio di ripeterono nella mia mente e in quella di mia madre, che non
commentava.
-mamma…io non volevo
ferirlo… non volevo… mi ha costretta… il modo in cui mi ha trattata…
non sono riuscita a trattenermi… e poi Nathan…cosa gli dirò domani?
Non ce la faccio..
-shhh tesoro… va tutto
bene… si sistemerà tutto. Che ne dici se andiamo via un paio di giorni? Solo
noi due e tuo padre. Dici alle tue amiche che hai un po’ di febbre. Che ne
dici?
-no mamma… via no… voglio
solo tornare a casa… e per la scusa va bene…
-ok piccola. Dai ora smetti di
piangere. Vado a prendere il tuo zaino così torniamo a casa.
Feci cenno di si. Passati pochi
secondi, mia madre era di nuovo vicino a me.
-tieni il cellulare.
Lo presi in mano. Un nuovo
messaggio, di Nathan.
“per l’ennesima volta,
grazie. Un bacio”. Non risposi.
Una volta a casa, preferii che
fosse la mamma a raccontare ciò che era successo quel pomeriggio a mio padre,
utilizzando le stesse immagini che io stessa le avevo fatto vedere.
Per tre giorni rimasi sdraiata
sul letto della mia camera, a volte piangevo, altre mangiavo quintali di gelato
al cioccolato (una delle poche cose umane che mi piacevano davvero), ma la
maggior parte del tempo mi rifugiavo nello stato di dormi-veglia per cercare di
staccare da me il mondo reale.
A volte controllavo il
cellulare. Erano arrivati sms di Kate e Beth, le quali dopo un po’ si erano
stancate di contattare una che non rispondeva.
La cosa che mi dispiaceva di più,
però, era non avere la forza di rispondere a Nathan. Mi aveva mandato una
decina di sms e chiamato tre volte, ma lasciavo squillare il cellulare, in
attesa che smettesse.
Cosa penserà di me? Ci siamo baciati e poi sono sparita dalla faccia
della terra.
Ecco un altro motivo da
aggiungere alla lista “perché mi sento un mostro”.
Avevo chiesto ai miei genitori
di lasciarmi un po’ di spazio perché quella che dovevo risolvere era una dura
lotta interiore. Mia madre, perciò, entrava nella mia stanza solo per lasciarmi
un po’ di cibo sulla scrivania. Con mio padre, invece, non parlavo da tre
giorni. Sapevo che odiava sentire i miei pensieri tristi e sapevo che se avesse
visto lo stato in cui mi ero ridotta, avrebbe sicuramente commesso qualche
sciocchezza.
La svolta si precipitò a casa
mia sabato pomeriggio.
Credo fossero le cinque più o
meno (la cognizione del tempo era andata a farsi friggere) quando mia madre
piombò nella mia camera. Mi bastò sentire “sta arrivando qui Nathan” per
farmi scattare immediatamente.
-cosa? Cosa vuole? Tra quanto
arriva?
-è entrato ora nel vialetto.
Cinque minuti e sarà qui.
Cosa diavolo gli salta in mente?
I miei genitori mi dissero che
sarebbero stati dietro casa, pronti per qualsiasi cosa. Da una parte ne ero
felice: primo, Nathan non avrebbe visto che avevo dei genitori che
assomigliavano più a dei coetanei; secondo, mi sarei risparmiata le
presentazioni e l’imbarazzo che sarebbe di certo seguito.
Decisi di aspettarlo seduta sul
dondolo vicino la porta d’ingresso di casa mia.
Quando vidi la 147 entrare nel
vialetto, sentii il cuore accelerare un pochino. Andiamo bene,già mi fa questo effetto.
Mi strinsi ancora di più nella coperta che avevo intorno alle
spalle.
Quando scese dalla macchina, si
dipinse sul volto di Nathan un misto tra sollievo e sorpresa. Forse
da troppo nell’occhio che sto qui fuori… ma tanto ormai è fatta. Sorrisi
debolmente al ragazzo, per convincerlo ad avvicinarsi.
-ciao… capitato qui per caso?
No no no no no no no no no no. Che cazzo dico?
-ciao Nessie. A dir la verità
sono venuto a trovarti.
-lo so Nathe… scusa voleva
essere una battuta… - sempre peggio.
Il ragazzo era visibilmente
imbarazzato, quasi spaventato.
- Nathe ti prego vieni qui…
non ce la faccio a vederti così…Si avvicinò all’inizio lentamente, poi
quando si accorse dei miei occhi gonfi a causa dei numerosi pianti di quei
giorni, quasi non si precipitò sul dondolo accanto a me.
Mi accarezzò la guancia, con
la solita delicatezza che lui aveva sempre avuto con me.
-mi hai fatto impazzire lo sai
in questi tre giorni? Kate e Beth dicevano che avevi un po’ di febbre, ma non
hai mai risposto al cellulare… pensavo volessi evitarmi…
Appoggiai la testa sulla sua
spalla, mentre lui mi avvolgeva con il suo braccio.
-ti prego non pensare mai più
una cosa del genere… per come ti ho trattato, non merito la tua presenza
qui…
Una lacrima mi scese lungo la
guancia e lui la tolse con una carezza.
-shhhh… va tutto bene… non
piangere e non pensare assurdità… se sono qui è solo perché volevo
esserci…
Quanto era dolce la sua voce.
Quella melodia mi costrinse a ricacciare indietro le lacrime, dovevo essere
forte, per lui.
-grazie… mi spieghi come fai
a stare dietro a una come me?
Scoppiò in una risata
fragorosa. Gli sorrisi a mia volta.
-sai una cosa? Mi chiedo la
stessa cosa… come fai a stare dietro a uno come me?
Alzai un po’ la testa dalla
sua spalla e lo baciai. Nell’istante stesso in cui le nostre labbra si
incontrarono, mi sembrò di riprendere il controllo della mia vita. Come ogni
altro bacio con Nathe, anche quello fu dolce, ma allo stesso tempo passionale.
-senti… io non ti ho chiesto
niente, però non è che i tuoi sono in casa o cose simili vero?
-daiii scemo! –
non ha tutti i torti… scusa papà.
Poi mi iniziò a fare il
solletico. –ehi no! Nathe… basta ti prego… il solletico no…
Da quanto era che non ridevo
così? Un’eternità?
-allora chiedi scusa… ripeti
con me: scusa Nathe non sei uno scemo…
-sss…scusa… piano!... scusa
Nathe non sei uno scemo… perdonata? Dai basta!
Dopo poco riuscii a liberarmi
da quella divertente tortura.
-grazie Ness…
Lo guardai in quei suoi
stupendi occhi verdi. Non riuscivo a smettere di sorridere. –e per cosa?
Dovrei essere io a chiederti…
-piantala con questa storia…-
il suo tono di voce rimaneva sempre giocoso- grazie perché hai riso invece di
piangere.- e mi stampò un bacio sul naso.
-è tutto merito tuo lo sai…
gra…- non feci in tempo a finire la parola perché mi aveva sigillato la bocca
con la mano.
-promettiamoci una cosa: non ci
diremo più grazie. Che ne dici?
-va bene… niente più grazie.
Il bello è che tra me e Nathan
non c’erano bisogno di parole, ci trovavamo a nostro agio anche nel silenzio
più assoluto. Passammo, infatti, dieci minuti abbondanti senza dire una sola
parola, lui continuava ad accarezzarmi il viso e i capelli, mentre io
respiravo il suo profumo umano che assomigliava molto a menta piperita e limone.
-mi piacerebbe sapere a cosa
pensi Nathe… posso saperlo o è da censurare?- alla fine gli feci un sorriso
malizioso.
-no… niente censure… per
chi mi hai preso eh? Comunque pensavo se magari un giorno saprò perché hai
passato tre giorni a casa in completo isolamento.
La verità mi piombò addosso. Chiunque,
appena arrivato, mi avrebbe chiesto cosa era successo e avrebbe preteso una
spiegazione, ma non Nathan. E se…se gli raccontassi tutto? Mi prenderebbe per
un mostro o riuscirebbe ad accertarmi piano piano? La
mamma ci è riuscita in fondo.
-scusa Nathe. Un giorno, forse,
ti spiegherò ogni cosa… ma ancora è troppo presto.
Fece cenno di si. –non voglio
costringerti a fare niente. Nell’ultimo periodo ho capito che la cosa più
preziosa che abbiamo sono le persone che abbiamo vicino… il resto conta poco o
niente. Perciò se c’è da aspettare un po’, lo farò.
-mi è permesso piangere di
felicità?
-no! Assolutamente vietato…
niente più lacrime… mi basta un sorriso…
Esaudii il suo desiderio.
–speravo mi chiedessi un bacio!
-beh visto che hai sorriso…-
squillò il cellulare di Nathan. –a quanto pare ci sono forze maggiori che non
vogliono che ti baci…
-voglio nome e cognome di
queste “forze maggiori” allora…
Rispose. –ciao zia… si
tutto ok… mi sono fermato un po’ di più perché dovevo fare una cosa…
parto tra poco… va bene ci vediamo a casa… ciao ciao…
-dove eravamo rimasti?- chiesi
maliziosa.
-qui più o meno…- e mi baciò.
-dovrei andare…- disse dopo
poco, ancora attaccato alle mie labbra.
-mmm altri cinque minuti?-
altri baci.
-e se invece continuiamo questo
discorso domani?
-domani è domenica giusto?
-si Ness…
-ci sto… mandami un sms con
l’ora... e vienimi a prendere a casa del nonno…
-per favore questa volta
rispondi!
Stavo ancora ridendo quando
Nathan si alzò dal dondolo e mi diede un semplice bacio sulla fronte.
-a domani…
-a domani.- e sospirai.
Lo guardai allontanarsi sparire
dal vialetto di casa mia con la sua 147, quando mi ricordai che c’erano i miei
genitori dietro casa.
-va bene! Potete uscire… e
non voglio commenti, sorrisini o cose di questo genere!
Per sottolineare il concetto,
mi nascosi il visto sotto la coperta che avevo ancora addosso.
Sentii la risata di mia madre
accanto a me. –accidenti se sapevo che il ragazzo aveva questo effetto lo
avrei chiamato prima!sarei più contenta se tra voi ci fossero almeno 30
centimetri di distanza… ma credo che mi dovrò abituare a poche distanze…
-mamma! Per favore!- intervenni
da sotto la coperta.
-io suggerirei anche mezzo
metro di distanza…-
Abbassai la coperta fino a
scoprire solo gli occhi.
-grazie papà di non essere
intervenuto…
-questa volta ti è andata
liscia… ma non ti ci abituare!
Gli saltai addosso e mio padre
mi prese al volo. Gli stampai un bacio sulla guancia.
-grazie grazie grazie… ti
voglio bene!
- Edward credo che abbiamo una
figlia leggermente ruffiana…
Li adoro.
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Capitolo 6 *** Equilibrio ***
Nuova pagina 1
Salveeee! Lo so sono in
ritardisssssssssimo! Ma mi perdonate vero? in fondo siete delle lettrici
eccezionali e… vabbè basta si è capito che sono ruffiana!
Ora iniziamo a conoscere un
po’ Nathan… in questo capitolo parla delle sue origini e sarà un punto
cruciale per i prossimi capitoli…
Come al solito… recensite!!!
6 – Equilibrio
Il pomeriggio successivo fu
molto piacevole. Io e Nathan ci eravamo accordati che lui mi sarebbe passato a
prendere a casa di mio nonno, per evitare i miei genitori.
A Forks pioveva particolarmente
forte, così preferimmo andare a Port Angeles, dove le previsioni meteo
mettevano solo un po’ di nuvolosità.
Trascorremmo quasi due ore al
luna Park. C’era poca gente in giro e questo significava anche pochi occhi
indiscreti che avrebbero potuto mettere in giro qualche voce su di noi. Non
smettemmo un attimo di scherzare, ma soprattutto parlavamo di noi e commentavamo
ogni cosa che vedevamo.
-senti vuoi tornare a casa o ci
fermiamo qui a cena?
-che domande… il ristorante
più vicino?
-dietro l’angolo signorina…
Era un ristorantino carino. –italiano? Wow…
inizi molto bene…
-troppo per un primo appuntamento?
Oh oh. Non avevo pensato che era la prima volta che uscivamo insieme.
La sala principale era
completamente piena, così la cameriera ci accompagnò in una saletta più
piccola dove un tavolo si era appena liberato.
-che c’è?
-è? Niente niente..
-non sai mentire Ness…
Arrossii un pochino. –stavo
pensando a quando hai detto “primo appuntamento”. Credo non sia la
definizione esatta.
-e per quale motivo?
-in genere si va agli
appuntamenti e poi scatta il bacio… credo che per noi sia successo il
contrario… sempre che non mi sbagli…
Sorrise. –hai ragione. Prima
uscita va meglio?
-aggiudicato.
Poi arrivò la cameriera. Sia
io che Nathan ordinammo due pizze margherite.
-sembra che questo sia un buon
ristorante… non è da tutti avere del Sagrantino di Montefalco.
-come scusa?
-vedi quella bottiglia sopra quel tavolo? È un vino italiano. Direi anche
abbastanza costoso qui in America.
-ti intendi di vino?
-un po’… sono di origini
italiane… mio nonno materno era toscano.
-ah ecco perché hai un po’
questa mania… la macchina, il ristorante…
-non sono così fissato! Sono
solo fiero delle mie origini. Sono andato un paio di volte in Italia, con i miei
genitori e sono lì ho trascorso delle vacanze magnifiche. Quando i miei sono
morti, mi sono promesso che avrei girato tutta l’Italia.
-ti mancano molto non è vero?
In risposta, prese il suo
portafoglio e ne estrasse una foto.
Sullo sfondo si vedeva una
imponente chiesa, mentre in primo piano c’erano due adulti e un bambino di
circa 12 anni.
-siamo io e i miei genitori
davanti la chiesa di San Pietro. Porto questa foto ovunque.
Presi la mano di Nathan e la
strinsi forte. –lo sai che ci sono sempre vero?
-si lo so... mi fa piacere
parlarti di loro… me li fa sentire vicini…
-beh allora raccontami un po’
della tua famiglia.
-non voglio intristirti…
-tu racconta… per una volta
non pensare a me e sfogati.
Mi inizio così a parlare di
Daniel e Lisa Whellens. Raccontò dei due viaggi in Italia, di tutto quello che
avevano visto e quello che piaceva fare ai suoi genitori. Io ascoltavo in
silenzio, immedesimandomi in quei semplici racconti, che però per Nathan
sembravano lontani anni luce. La cameriera arrivò un paio di volte e sospese il
discorso, ma ogni volta veniva ripreso da dove era stato interrotto. Il ragazzo
davanti a me si stava sfogando finalmente di tutte le cose che si era tenuto
dentro troppo tempo.
Erano le dieci e mezzo quando
entrammo in macchina e circa un’ora dopo eravamo davanti casa di mio nonno.
- Reneesme… lo sai vero che
dopo stasera ti sarò debitore per sempre vero?
-questo vuol dire che ho uno
schiavetto personale?- volevo alleggerire l’atmosfera.
-non ti sembra di esagerare un
pochino?
-a dir la verità no…
vediamo… cosa posso chiederti? Che ne pensi di un bacio?
-ti ho mai detto che adoro fare
lo schiavetto?
Ci salutammo con un lungo
bacio, il finale perfetto per quella giornata.
La mattina dopo, invece, fu un
po’ più complicata.
Una volta arrivata a scuola
capii subito che Kate e Beth non mi avrebbero perdonata molto facilmente. Non
avevo dato loro nessuna notizia per tre giorni e per giunta non sapevo quale
scusa inventarmi per alleviare la pena che avrei dovuto scontare per giorni
interi. Probabilmente mi sarei anche un po’ alterata per il fatto che le mie
amiche non mi rivolgessero la parola, ma per fortuna la presenza di Nathan mi
aiutò a mantenere la calma.
Non che ci rivolgessimo più di
poche parole. Avevamo deciso, infatti, di mantenere un po’ le distanze, giusto
per non attirare troppo l’attenzione.
Poi, in mensa, mi ricordai che
quel giorno saremmo usciti prima da scuola, visto che un paio di professori
erano assenti a causa di una gita con un’altra classe. Presi subito la palla
al balzo, volevo a tutti i costi farmi perdonare da Beth e Kate. Mandai un sms a
mia zia Alice, chiedendole se poteva venirmi a prendere a scuola. Quel
pomeriggio avremmo fatto shopping insieme.
Avvisai anche a casa delle mie
due amiche, assicurandomi così il permesso di stare fuori fino l’ora di cena.
- Nathe non ti arrabbi vero se
non vengo in piscina oggi vero?
-dipende dal motivo…
-shopping con Kate, Beth e mia
zia Alice… se vuoi venire, c’è
posto in macchina…
-oh no no no! Passo volentieri!
Vai, divertitevi e soprattutto fatti perdonare come si deve!
Gli diedi un bacio veloce e
uscii velocemente dal nostro nascondiglio, la campanella infatti stava suonando
e io dovevo attraversare mezza scuola per raggiungere le mie amiche.
-ragazze! Ragazze!
Kate e Beth si fermarono nel
parcheggio, in attesa che le raggiungessi.
-che c’è Nessie?- aveva
chiesto Kate, con un tono abbastanza scocciato.
-beh… quella è la macchina
è a nostra disposizione… ho il permesso dei vostri genitori…e c’è mia
zia Alice che non vede l’ora di fare un po’ di shopping con noi tre… che
ne dite?
-nooooooooooooooooo!
-oddio! Reneesme Cullen io ti
adoro! – Kate mi si lanciò addosso e poi anche Beth fece altrettanto.
Tutti ci fissavano come se
avessimo appena bevuto un goccio di troppo, ma ero troppo felice per la reazione
delle mie migliori amiche.
-cosa stiamo aspettando? Avanti
salite!
Il viaggio di andata fino a
Port Angeles fu tranquillo, ma anche denso di eccitazione. La zia Alice era il
primo membro della mia famiglia che presentavo alle mie amiche e così le avevo
chiesto di non vestirsi in modo troppo appariscente. Le avevo inoltre domandato
se poteva portare un paio di occhiali tutto il tempo, in modo da non far notare
troppo la giovane età rispetto a quella che avrebbe dovuto avere.
Le mie amiche mi avevano detto
più volte di non spendere troppi soldi per loro, anzi mi avevano chiesto anche
di passare a casa loro per prendere i loro risparmi.
-ehi ehi… ho fatto una
cazzata e mi sono comportata male con voi… devo farmi perdonare come si deve!
Non voglio obiezioni capito? E poi mia zia ha lo sconto in quasi tutti i negozi
di Port Angeles…
-ma…- avevano detto quasi in
coro.
-e se vi prometto che non vi
farò più regali per… 3 anni?
Alla fine riuscii a convincerle
e così passammo quasi tre ore in giro per i negozietti di Port Angeles.
Avevamo provato di tutto, dai
vestiti più brutti a quelli più costosi, solo per divertirci un po’.
Mentre correvamo da un camerino
a un altro, zia Alice si divertiva a guardarci e a consigliarci con la stessa
competenza di uno stilista di alta moda. Ci comprammo un vestito a testa con
tutti i relativi accessori.
In macchina ci addentrammo
casualmente in un argomento un po’ scottante.
-al ballo di primavera andremo
alla grande! vero Beth?
-si è vero!
-cosa???? Di che cosa state
parlando???
-sai Nessie ogni anno per
primavera c’è un ballo… hai presente?
-oh è vero… ancora non ci
pensavo… la data è stata fissata?
-si… è tra due settimane…
e io ci vado con Lucas...- mi riferì Kate. –Beth pensava di invitare Alex
Smith..
-carino…ottime scelte
entrambi – teoricamente dovrei invitare
Nathan… ma a quel punto tutta la montatura andrebbe a farsi friggere…
Ci pensò mia zia a farmi
cadere dalle nuvole. – e te Nessie con chi vorresti andarci?
Le lanciai un’occhiataccia.
-giusto… te con chi vorresti
andarci- affondò il dito nella piaga Kate.
Se apro lo sportello e mi lancio da un’auto in corsa vengo notata da
qualcuno?
-non c’ho pensato veramente… non pensavo nemmeno al ballo…
-e il ragazzo che è venuto a casa tuo sabato?
Due urli, che quasi non mi
fecero diventare sorda, provennero dal sedile posteriore della macchina.
- Nessie cos’è questa
storia? Di cosa sta parlando tua zia?- Kate stava per avere un attacco di
panico, mentre Beth era rimasta pietrificata.
-beh… può darsi che… e
dico forse…
-parla!- minacciarono in coro
le mie amiche.
- Nathan Whellens sia venuto a
casa mia sabato pomeriggio!- sparai, tutto d’un fiato, mentre mi nascondevo il
viso tra le mani.
-chi? Cosa? Come? Nathan
Whellens?
Altre urla.
-la piantate per favore di
urlare?
- Kate non so te, ma io credo
di essermi persa qualche pezzo…
-concordo in pieno…
-sapete che andiamo in piscina
insieme giusto?
Fecero cenno di si.
-ecco è… capitato che… beh… durante il blackout… ci
siamo… emh…
-baciati?- mi suggerì mia zia.
-baciati.- confermai io con un
sospiro.
Le ragazze sedute dietro di me
erano immobili e stavano cercando di mettere due parole di fila.
-stiamo parlando di quel
Nathan, vero? Non sosia o omonimi…
Sorrisi e feci cenno di no.
-cavoli… wow… cioè…
racconta come è successo!
-eravamo usciti dalla piscina
per via del blackout… stavamo scherzando e a un certo punto eravamo più
vicini del solito… poi il resto lo sapete…
La sfacciataggine di Kate in
certe situazioni era davvero illimitata. –e come bacia?
- Kate c’è mia zia!
-oh no fate finta che io non ci
sia!- disse mia zia, per poi lanciarmi un mega sorrisone.
-che devo dirvi? Bacia bene…
molto molto bene direi…
-e perché è venuto a casa
tua? C’erano i tuoi?
-no non c’erano… comunque
voleva sapere che cosa era successo e perché non rispondevo.
-e immagino a lui lo hai
detto… -bofonchiò Beth.
-non gli ho raccontato niente.
Ne sa quanto voi.
-perciò state insieme?
-insieme è una parola
grossa… si più o meno…
Lanciai un’occhiata a mia zia
che alzò gli occhi al cielo. –ragazze siamo arrivate.
-oh è vero… il tempo sembra
essere volato!- Oppure è mia zia che
guida da pazza. –porterai lui al ballo?
-credo di si… prima ci voglio
parlare un po’.
Gli sguardi delle mie amiche
sembravano soddisfatti, in fondo avevo risposto a tutte le loro domande.
- Beth… Kate… per favore
non ditelo a nessuno. Non voglio essere subito sulla bocca di tutti.
-va bene Nessie… e grazie per
oggi pomeriggio.- gli occhi di Beth erano pieni di gratitudine.
-si grazie davvero… anche a
te Alice…
-figuratevi ragazze… è stato
un piacere…- la voce di mia zia era sincera. Non
può proprio fare a meno dello shopping.
-dovevo farmi perdonare no?
Spero di esserci riuscita.
-perdonare… di cosa? Non me
lo ricordo più!
Ci sorridemmo, complici.
-avanti andate a casa
altrimenti i vostri genitori mi uccideranno.
Salutai le mie amiche dall’interno dell’auto. Sembra che ho trovato un buon equilibrio.
|
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Capitolo 7 *** Balli e imprevisti ***
Nuova pagina 1
Finalmente ecco un altro capitolo!!! Lo so, sono la
solita ritardataria… xD
Per favore recensiteeeeeeee! Mi farebbe tanto
piacere…
In questo capitolo c’è una cosa importante… non
vi svelerò quale, perciò se avete delle idee chiedete pure!
Ora vi lascio al capitolo… baci al prossimo.
7 – balli e imprevisti
Le due settimane furono meravigliose e il merito era
di Nathan. Aveva accolto con allegria la notizia che anche Beth e Kate fossero a
conoscenza del nostro piccolo segreto e sembravano gratificarlo le frecciatine
che ogni tanto le mie amiche ci lanciavano.
In quell’arco di tempo gli chiesi anche del ballo
di primavera. Inizialmente anche lui era un po’ riluttante all’idea di farci
vedere in pubblico così presto, ma alla fine trovammo una specie di
compromesso: quella sera saremmo apparsi come semplici amici, perciò baci e
roba simile sarebbero stati tabù.
Il giorno del ballo, passai tutto il pomeriggio con
Kate e Beth a casa di mio nonno. Lui lavorava perciò potevamo scatenarci quanto
volevamo, mentre ci facevamo maschere o ci mettevamo lo smalto a vicenda. Come
previsto, quella sera avremmo indossato i vestiti che avevamo comprato a Port
Angeles con mia zia.
Avevamo dato appuntamento ad Alex e Lucas per le
otto, mentre io avevo chiesto a Nathe di passare qualche minuto dopo in modo che
lo potessi presentare a mio nonno, l’unico “normale” nella mia famiglia.
Era una cosa alla quale tenevo particolarmente, perciò il mio cavaliere mi
accontentò.
Beth e Kate erano appena andate via, quando il
campanello suonò.
Nonno Charlie andò ad aprire la porta e fece strada
a Nathan fino in salotto.
Io ero al piano superiore e per mantenere la calma
fissavo il mio riflesso allo specchio. Indossavo un vestito di seta celeste che
cadeva morbido fino al ginocchio. La scollatura davanti non era troppo evidente,
ma in compenso avevo la schiena completamente scoperta.
Poi sentii il nonno ridere a una battuta di quello
che ormai definivo il mio ragazzo. Allora presi coraggio e gridai un “sto
scendendo”, udibile anche dalla casa del vicino.
Quando ero a metà della scala, vedi per la prima
volta Nathan in smoking. Come era prevedibile, non aveva scelto cose troppo
stravaganti, bensì un abito semplice e elegante al tempo stesso, il quale
donava ancora più raffinatezza ai suoi lineamenti già estremamente dolci. Gli
rivolsi un sorriso sincero ed emozionato, mentre lui e mio nonno sembravano
imbambolati.
-che c’è? Non va bene? Il vestito non vi piace?
-piccola mia non dovrei farti uscire così…
accidenti… sei perfetta… nemmeno tua madre al ballo di fine anno era
riuscita ad essere così bella…
-grazie nonno...
Nathan sembrava essersi leggermente ripreso dallo
stato di trance e aveva detto che era meglio andare, se non volevamo arrivare in
ritardo.
Il mio cavaliere era rimasto silenzioso per tutto il
tragitto, visibilmente teso.
Aspettai che parcheggiasse per domandargli se c’era
qualcosa che non andava.
-ehi Nathe… non hai detto una parola da quando mi
hai visto… è successo qualcosa?
-scusa… sono stato maleducato… è solo che… mi
metti in soggezione stasera…
-un semplice abito da sera ti mette così in crisi?
-direi piuttosto la bellezza di chi lo indossa…
-wow Whellens fai progressi… mi hai appena fatto un
complimento…- e gli diedi un leggero bacio all’angolo della bocca.
-avevi dubbi Cullen? – questa volta fu lui a
prendere l’iniziativa, impegnandomi in un vero e proprio bacio.
-se scappassimo via? Non ce la faccio a fingere di
essere solo amica tua….- sussurrai a un millimetro dalle sue labbra.
-vorresti togliere a Kate e Beth la possibilità di
lanciarci frecciatine?
Sorrisi. –va bene… allora andiamo… - mi ero
allontanata dal suo viso e stavo per aprire lo sportello della 147, quando lui
mi prese la mano.
-aspetta Reneesme…per favore chiudi un attimo gli
occhi…
Lo guardai negli occhi e obbedii. Volevo fare una
battutina, ma avevo intuito dal tono di voce di Nathan che non mi stava per fare
uno scherzo o cose simili.
Poi sentii il suo respiro sul mio collo e le maniche
della sua giacca sulle mie spalle. Mi stava mettendo una collana. Il cuore
accelerò un pochino, mentre trattenevo a stento un sorriso.
-visto che ridi, per punizione non ti farò
specchiare…
Aprii gli occhi. -no Nathe! Ti prego… lo sai che
muoio dalla curiosità!
Non mi stava ascoltando. Era già sceso dalla
macchina e stava facendo il giro per aprirmi lo sportello.
Mi impuntai. –non scendo.
- Cullen ti hanno mai detto che sei una bambina
capricciosa?- mi stava prendendo in braccio. –attenta alla testa…
-no Nathe! Dai peso! E poi ho il vestito!
-la finisci di lamentarti si o no?
-va bene… va bene… ora mettimi giù! Giuro che
sarò un angioletto per il resto della serata!
-così va meglio…- e mi posò a terra.
Lo precedetti di qualche passo, mentre lui chiudeva
la 147. Quando mi raggiunse, posò la sua mano sulla mia schiena scoperta.
-hai portato qualcosa per coprirti? Dopo fa freddo…
-oh avanti Whellens… non dirmi che sei geloso! Ti
ricordo che siamo solo amici…
-devo ammetterlo… sai come vendicarti.
Avevamo raggiunto in quel momento l’ingesso della
palestra, chiaramente molto affollato.
Tutti immediatamente si voltarono verso di noi. Le
ragazze mi lanciavano sguardi abbastanza risentiti, poiché nessun ragazzo si
era risparmiato dal commentare il mio vestito o dal fare fischi di ammirazione,
abbastanza irritanti.
Nathan cercava con tutte le sue forze di ignorarli,
ma alla fine borbottò un “per fortuna non riesco a leggergli nel pensiero,
altrimenti era meglio se mi stavano ad almeno venti chilometri di
distanza…”.
Già Nathe, per
fortuna non sai leggere nel pensiero. Mi basta mio padre per quello.
Dopo qualche altro passo, il mio accompagnatore cercò
di sdrammatizzare la situazione -signori e signore ecco a voi miss universo
accompagnata dall’ultimo arrivato ritenuto uno squilibrato! Un applauso per
favore!
- Nathe zitto! O scoppio a ridere davanti a tutti!
-intanto che tu ridi io mi vado a scavare una
fossa… perché non ho appoggiato la tua idea di scappare?
In quel momento ci vennero a far incontro le mie
amiche.
-ehi finalmente! Pensavamo che vi foste persi per
strada!- ci aveva salutati Kate. Indossava un vesto corto di raso lilla con
abbinate un paio di decolté nere dal tacco vertiginoso, entrambi consigliati da
mia zia Alice.
-i capelli stanno bene vero?
-si Kate tutto ok… - avevo passato il pomeriggio a
piastrarle i lunghi capelli biodi, ma avevo lasciato che la ciocca davanti
diventasse un boccolo, per rendere più particolare il tutto.
-oh avanti… è la miliardesima volta che lo chiedi!
Ci abbiamo messo un quintale di lacca ed è impossibile che un solo capello vada
fuori posto! – si lamentò Beth. Quest’ultima portava un vestito sotto il
ginocchio verde pastello, il quale metteva in risalto la sua carnagione
leggermente scura e i suoi capelli castano scuro, raccolti
in una treccia.
Passammo un po’ di tempo tutti insieme a
chiacchierare del più e del meno, mentre gli altri ragazzi ci osservavano. Il
principale argomento della serata, infatti, eravamo io e Nathan.
Quando le mie migliori amiche se ne andarono, proposi
di nuovo il piano di fuga al mio accompagnatore.
-ti prego, ti prego, ti prego… lo so che anche a te
da fastidio essere sulla bocca di tutti…
-avviciniamoci alla stradina che porta dietro la
scuola lentamente… non credo che se ci mettiamo a correre passiamo
inosservati…
-ti ho mai detto che adoro il tuo lato da James Bond?
-preferisco Diabolik… cara Eva Kent…
Girammo l’angolo, che quella sera per noi
rappresentava la salvezza e iniziammo a correre come bambini.
Ci fermammo solo quando avemmo raggiunto il lato
opposto della scuola, con il fiatone, terribilmente divertiti da quella folle
corsa. Mi sedetti sotto il porticato mentre ridevo senza quasi riprendere fiato.
-santo cielo questa cosa me la ricorderò per tutta
la vita!
Nathan si era messo vicino a me e io ne approfittai
subito per poggiare la testa sulla sua spalla.
-pensi che qualcuno si sia accorto che ce ne siamo
andati?
- Nessie eravamo l’attrazione principale della
serata… anche se non ci hanno visto correre via sicuramente si saranno accorti
che non ci siamo più!
-sai che ti dico? Non me ne importa niente… almeno
così posso fare questo…- e lo baciai.
-concordo in pieno…- mi sussurrò all’orecchio,
per poi baciarmi di nuovo.
Mi sembrava di toccare il cielo con un dito in quel
momento. Nathan era in grado di trasformare anche la cosa più banale in pura
emozione.
- Nessie… non ti sei più vista allo specchio vero?
-io?... no… ho qualcosa che non va?
Mi sorrise. –no sei perfetta.
Poi mi ricordai della collana che mi aveva messo in
macchina. Mi alzai di scatto e andai spedita verso la fine del porticato, dove
sapevo c’era una parte di parete in vetro.
La mia immagine non era molto nitida, ma mi bastava
per capire che tipo di ciondolo avessi al collo.
Era un piccolo diamante circolare, contornato da una
sottile montatura di oro bianco.
Nathan aveva appoggiato le mani sui miei fianchi e mi
aveva attirato a sé dolcemente. –ti piace?
-certo che mi piace, ma è troppo… non lo posso
accettare… era di…
-mi madre, si… voglio che lo abbia tu… io di
certo non posso indossarlo…
Lo avevo riconosciuto subito, quello era il ciondolo
che Lisa Whellens indossava mentre era stata scattata la fotografia che Nathan
portava sempre nel portafoglio. Sapevo che in quel momento le parole non
servivano, così mi voltai e lo baciai di nuovo. Quella volta il contatto di noi
fu diverso. Per la prima volta sentivo la consapevolezza di quanto fosse
diventato importante per me Nathan. Gli avevo messo le braccia al collo, mentre
lui aveva fatto scivolare le sue mani sulla mia schiena. Mi staccai leggermente
dal suo viso.
-grazie.
-se non sbaglio mi avevi fatto una promessa.
-scusa ma qui un bel grazie ci stava bene…
-sorrisi, ancora sulle sue labbra.
Un altro bacio e poi appoggiai la testa sul suo petto
per lasciarmi cullare, mentre la musica di un lento si sentiva arrivare
direttamente dalla festa.
- Nathe, io… forse sono pazza, ma credo di essere
pronta a raccontarti tutta la verità… però non…
-stasera… non roviniamo niente di questo momento.
Proprio mentre stavo sorridendo, un ululato squarciò
l’aria. Il suo ululato.
Mi staccai velocemente da Nathan, con la paura negli
occhi.
-che succede Nessie?
Jacob era vicino. Sentivo sempre più distintamente i
suoi passi pesanti.
-ascoltami… devi andartene… domani giuro che ti
spiegherò tutto…
Ma era troppo tardi. Il licantropo era dieci passi
dietro di noi. Mi voltai e vidi il suo viso bronzeo stravolto dall’ira, mentre
il resto del corpo era il preda a dei violenti spasmi.
-ciao Nessie… perché vuoi mandare via il tuo
amichetto?
Nathan mi si piazzò davanti, con fare protettivo.
Presi la sua mano.
-no… stai tranquillo va tutto bene…
-no Nessie non va tutto bene accidenti! Mi hai
lasciato per lui eh? E poi gli vorresti raccontare tutto! Sai benissimo che
metteresti tutti noi in pericolo!
Non ci vedevo più dalla rabbia. Sentivo Nathan che
si era trasformato in una statua e dentro di me si stava facendo strada
l’istinto di saltare alla gola di Jacob.
-per una buona volta, lo vuoi capire che io e te non
siamo mai stai insieme? Secondo: non sono più una bambina alla quale si può
dire quello che si può o non si può fare! Devi piantarla di interferire con la
mia vita!
Jacob mi afferrò il braccio. –ma se me ne sono andato per un mese! Un mese
lontano da casa mia per lasciarti il tuo dannatissimo spazio! E ora ti ritrovo
nelle braccia di uno sfigato che cerchi di spifferargli tutto mettendoci in
pericolo!
Per quanto mi stava stingendo fortissimo il mio
autocontrollo era giunto al limite. Ma qualcosa mi bloccò.
Nathan aveva appoggiato la sua mano sul braccio con
cui Jacob mi teneva.
-lasciala stare… immediatamente…
-sennò che mi fai eh?
-NO NATHE!- un urlo strozzato uscì dalla mia bocca,
quando il mio ragazzo colpì la mia “anima gemella” in pieno viso con un
pugno. Jacob indietreggiò un paio di passi, vista la potenza inaspettata del
colpo.
-oh santo cielo… stai bene?- ero corsa da Nathan
per esaminargli la mano. Non sembrava rotta.
-si tutto ok… non mi aspettavo facesse così male
ma in paio di minuti passa.. non preoccuparti…
Ormai avevo le lacrime agli occhi e sentivo le forze
venirmi meno. –Jake per favore vattene.
Lui mi guardò negli occhi e fece un breve cenno con
la testa. –non è finita qui Ness, lo sai bene… per favore non fare cazzate.
Lo guardare andare via tra le lacrime, stretta al
petto di Nathan.
Le lacrime rigavano il mio visto, incontrollabili.
Non riuscivo a pensare, a capire quello che era appena successo e alla fine
sentii le gambe cedere.
-ehi Nessie!
-ti prego portami a casa…- non sentivo più la
terra sotto i piedi e capii che Nathan mi aveva preso in braccio.
In macchina persi del tutto i sensi. Non sentivo
niente, nessuna sensazione e nessun suono, era come se dormissi profondamente.
La prima cosa che percepii di nuovo, furono le mani
di Nathan che mi prendevano di nuovo in braccio e mi portavano fuori dalla sua
147. Poi udii una porta che si apriva e la voce di mia nonna Esme.
Volevo uscire da quel torpore per capire dove fossi e
cosa stava accadendo, ma quel buio mi portava sempre più giù, rendendomi
incapace di ogni cosa. L’ultima cosa che ricordai di quella sera furono le
dolci labbra di Nathan che mi davano un leggero bacio sulla fronte.
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Capitolo 8 *** Verità che fanno male ***
Nuova pagina 1
Rullo di tamburi………….
Ecco a voi un nuovo capitolo!
Volevo postare un po’ prima,
ma ho avuto dei problemini con il computer e non sono riuscita a organizzarmi
meglio.
Devo essere sincera… quando
ho visto 6 recensioni ho rischiato di svenire! Sono contentissima di tutti i
complimenti che mi avete fatto… mi fa piacere soprattutto sapere che la mia
storia vi piace.
Perciò GRAZIE a:
Tatydanza
– quando ho letto di Clark Kent sono scoppiata a ridere da sola! Comunque la
faccenda dell’imprinting non è andata giù solo a te... è anche per questo
che ho scritto questa ff.
_Kiarina Cullen_
- essere descritta come una scrittrice favolosa non è una cosa da tutti i
giorni! Mille grazie per questo complimento, anche perché più rileggo quello
che scrivo e più mi convinco che non sono nulla di eccezionale… vabbè le mie
solite paranoie, non farci caso!
Nessie93 – Sei paranoica… o forse no! Spero che lo scoprirai leggendo! E non
ti scordare la presenza del ciondolo… chissà, forse più avanti sarà
importante pure quello…
Norine - mi dispiace tantissimo ma
non posso rispondere… perdonami! xD
15rox15 – non sei la sola che vuole picchiare Jake… io ho immaginato di
usarlo come tiro al bersaglio per quattro libri! ehehheheh
cippulina_cullen
– spero che anche te continuerai a leggere la storia per risolvere questo
mistero chiamato Nathan!
Come al solito ringrazio
immensamente anche i 24 preferiti e i 17 seguiti!
P.S. vi consiglio di tenervi
forte per questo capitolo!
8 – Verità che fanno male
Il giorno dopo mi svegliai di
soprassalto, con il respiro accelerato e il cuore che batteva ancora più
velocemente del solito.
-piccola mia va tutto bene…
sei a casa…
Mia madre era seduta sul mio
letto e mi accarezzava per tranquillizzarmi.
-Nathe… Jacob… come…
cosa…
-shhhh tesoro mio… è tutto
ok… Nathan ti ha riportato a casa appena sei svenuta… c’era qui tua nonna
e ha aperto lei la porta, per non farlo insospettire…
-ha detto qualcosa?
-no… solo che ti sei sentita
male… poi è andato via…
-mamma… Jake è tornato…
ieri sera ci ha visti… è come impazzito…
Non ce la facevo a respirare.
Cercavo di ricordare per formulare un discorso e raccontare così a mia madre di
ogni cosa, ma la mia mente era completamente vuota e sembravo in preda a un
attacco di panico.
Mio padre entrò in quel
momento nella mia stanza, allarmato e con un bicchiere d’acqua in mano.
-bevi tesoro mio… hai bisogno
di calmati…
Mi ci vollero quasi dieci
minuti per recuperare il pieno controllo di me stessa.
Alla fine raccontai con il mio
metodo tutto quello che era successo la sera precedente.
- Nessie vuoi davvero
raccontare tutto a Nathan?
-si pà…
-piccola mia non puoi fare
questa pazzia! Non sai come lui potrebbe reagire… e se i Volturi lo venissero
a sapere?
-mamma ma proprio te mi vieni a
fare queste prediche? Quando ragioni così sei solo un’ipocrita egoista
accidenti!
-non ti azzardare mai più signorina!
-perché non vuoi capire? Se
papà non ti avesse detto la verità ora saresti sposata con quell’idiota di
Newton!
Ero scattata in piedi e facevo
su e giù per la stanza.
-è diverso…
-però te eri libera di
frequentare un vampiro e tutta la sua famiglia vero? Tanto il nonno non sapeva
niente…
Mia madre a quel punto mi diede
uno schiaffo. Ero scioccata e papà con me.
-Bella basta… lo sai che non
l’ha fatto apposta e che non pensava quelle cose…
- Edward sei tu quello che
legge nel pensiero, non io… da quando è nata non mi è mai passato per la
mente di darle uno schiaffo, ma a tutto c’è un limite. - stava uscendo dalla
camera, ma si blocco sulla soglia.
-scusa mamma… non volevo…
non pensavo quelle cose…- le lacrime iniziarono di nuovo a scendere sul mio
viso. Mio padre mi aveva preso e messo sopra le sue ginocchia, per cullarmi come
una bambina.
-shhhh tesoro mio… perché
pensi di fare solo cose sbagliate?
-perché ogni cosa che faccio
fa del male a qualcuno… Jake, Nathan e ora anche la mamma… non volevo dire
quelle cose…mi sembra solo di sbagliare e di non fare mai la cosa giusta…
-segui sempre e soltanto il tuo
cuore… purtroppo ci sono sempre due facce di una stessa medaglia… qualsiasi
cosa stai pensando di fare, se credi che sia la migliore devi portarla a
termine… - le parole di mia madre suonarono perentorie nella mia mente. Il
problema è sapere quale sia la cosa migliore…
Per il resto del giorno rimasi
a letto, ad ascoltare l’ipod. Avevo ancora addosso il vestito della sera
precedente, ma non avevo la forza per cambiarmi.
Perché devo prendere questa decisione? Se scelgo uno, sicuramente
l’altro non vorrà più saperne niente di me. Non voglio che nessuno dei due
esca dalla mia vita. Ma non posso nemmeno aspettare, o perderò entrambi.
Erano le sei ormai ed ero
scivolata in uno stato di semi-incoscienza. Non riuscivo più a formulare
pensieri coerenti o a versare lacrime.
All’improvviso qualcosa mi
risvegliò dal mio torpore. Delle dolci labbra mi avevano appena dato un bacio
sulla fronte, proprio nello stesso punto della sera precedente.
Socchiusi leggermente gli
occhi. –Nathe…
- Nessie… sono un po’
stanco di venire a casa tua e trovarti in questo stato…
Sorrisi, malinconica. –non
merito tutte queste premure da parte tua…
- scemina che ne dici di
alzarci un po’ da questo letto? –e mi prese in braccio.
-se continui così va a finire
che diventerai il mio salvatore…
-non te approfittare però…
dov’è il bagno?
-seconda porta a sinistra…-
avevo appena finito di parlare, che già stavamo nell’altra stanza.
-ce la fai a stare in piedi o
mi svieni un’altra volta?
-no ce la faccio…
-bene… allora sciacquati un
po’ il viso… ti aspetto qui fuori…- mi mise per terra e aspettò un attimo
per vedere se fidarsi delle mie gambe, poi uscì.
Mi guardai allo specchio. Ero
ridotta proprio male. –bel piano quello di mettermi davanti uno specchio…-
Rise.
Dopo essermi lavata il viso,
cercai di dare un senso ai miei capelli legandoli in una coda.
Quando uscii dal bagno ero
abbastanza presentabile.
-così va molto meglio.
-qual è il prossimo punto del
tuo diabolico piano?
-anche se te lo dico a
malincuore, devi cambiarti.
-jeans e maglietta vanno bene
capo?
-perfetto.
-ah Whellens… niente buco
della serratura. – e chiusi la porta della mia camera. Mi era spuntato un
leggero sorriso mentre cercavo qualcosa da mettermi.
-i tuoi dove sono?- mi aveva
chiesto Nathan, mentre mi cambiavo.
-non lo so veramente… forse
dai nonni… perché?
-visto che tua madre mi a
mandato un messaggio, pensavo che ci fossero anche loro per… controllare la
situazione…
Aprii la porta. –cosa? È
stata mia madre a chiamarti?
-si… cioè già pensavo di
venire… poi lei mi ha mandato il messaggio e così non me lo sono fatto
ripetere due volte.
Possibile che zia Alice abbia visto qualcosa?
-ho capito… vabbè comunque
sono pronta…
-bene, allora prendi la giacca
perché andiamo a fare un passeggiata.
-immagino che tu non accetti
obiezioni giusto?
-giusto.
Decidemmo di percorrere il
sentiero dietro casa mia. Per un po’ nessuno dei due parlò, ma sapevo che era
il momento della resa dei conti.
- Nathe mi dispiace tanto per
ieri sera… davvero…
-lo so, non ti preoccupare…
ma non posso fingere che la cosa non mi abbia scosso un po’.
Ci eravamo fermati, così presi
la sua mano e lo portai ai piedi di una quercia, dove ci mettemmo seduti.
Appoggiai la testa sulla sua
spalla.
- Nessie senti… ti avevo
detto che non mi importava dei tuoi segreti eccetera…ma credo che a qualche
domanda tu debba rispondermi.
-lo so… lo so… - in quel
momento sentivo la paura divorarmi dentro. - ma non ce la faccio più a tenerti
nascoste certe cose… voglio dirti tutto, dall’inizio…
Avevo preso la mia decisione:
avrei raccontato tutto quello che riguardava me e la mia famiglia a Nathan.
Glielo dovevo, in fondo. Se era destino che stessimo insieme, mi avrebbe
accettata per quello che ero.
-mi devi promettere una cosa
però.
-dimmi…
- Nathan ti prego… ricordati
sempre che non ti farei mai e poi mai del male… non avere paura quando…
Una piccola lacrima scese dal
mio viso. Lui la catturò con un bacio. –te lo giuro…
Sorrisi debolmente. Speravo che
quello non sarebbe stato l’ultimo bacio tra noi due.
-grazie…pensavo fosse più
facile…vedi io non sono come te, non sono proprio del tutto umana…
Un lampo di sorpresa si disegnò
sul viso di Nathan. Respirai profondamente e continuai.
-diciamo che sono un incrocio,
un ibrido tra due razze… per metà sono umana e per metà – un altro lungo
respiro – vampiro.
-credo di non seguirti
Nessie… - guardarlo in quegli occhi verdi, spalancati dalla paura, fu come un
pugno nello stomaco.
-quasi venti anni fa, mia madre
si è trasferita qui da Phoenix… era umana e quando iniziò la scuola notò
subito mio padre… tra loro il rapporto fu difficile all’inizio perché lei
voleva delle spiegazioni da lui sul suo comportamento… ma poi scoprì il
segreto che li teneva lontani: mio padre era, anzi è, un vampiro.
Nathan deglutì rumorosamente.
-non devi pensare ai film
hollywoodiani… assolutamente… ci sono tantissime cose non vere…
-beve… - non riuscì a finire
la frase.
-si… beve sangue, ma solo
quello animale…
Sembrava leggermente più
tranquillo. –continua.
-mia madre riuscì ad accettare
la diversità di mio padre… provava dei sentimenti troppo profondi per essere
ignorati e decise di restare con lui. Un giorno però ci fu un incidente e lei
rischiò di morire. Papà la lasciò perché le aveva già sconvolto abbastanza
la vita e lei cadde in depressione. Jacob l’aiuto tantissimo a riprendere una
vita quasi normale, ma non recuperò mai del tutto. Intanto mio padre per un
equivoco…
-ehi ehi aspetta… Jacob è
quello di ieri sera? –nel suo sguardo c’era odio puro.
-si è lui… quella è
un'altra storia, Nathe… prima voglio farti capire cosa sono io.
-va bene… fai come credi.
-dicevo… papà per un
malinteso venne a sapere che la mamma si era suicidata, così decise di andare
in Italia dai Volturi per suicidarsi anche lui.
-cosa sono i Volturi?
-una famiglia di vampiri… una
specie di famiglia reale che si è assunta la responsabilità di mantenere
nascosta l’esistenza di razze diverse da quella umana.
-perciò io non potrei sapere
niente?
-si teoricamente. È proprio
questo che ha fatto scattare tutto. Vedi, quando mamma è andata in Italia per
cercare di fermare papà, i Volturi hanno scoperto che un’umana sapeva della
loro esistenza. Per questo papà gli ha dovuto promettere che avrebbe
trasformato mamma in una di loro.
-ma… se te sei un…
incrocio… come…
-calma Nathe, va tutto bene…
- gli accarezzai la guancia – lo so che per te è uno sforzo enorme
immaginarti tutto…
-si abbastanza… non riesco a
immaginarmi qualcosa di diverso…
-lo so, ma ti sto raccontando
tutto proprio per questo… devi fidarti di me va bene?
Fece cenno di si. - continua la
storia… i tuoi sono tornati a Forks giusto?
-si… hanno frequentato
l’ultimo anno di scuola e poi l’estate si sono sposati. Mio padre era
contrario all’idea di trasformare la mamma in un vampiro… ma alla fine
accettò. Avrebbero trascorso qualche mese al college se non fosse giunto un
imprevisto.
-e quale sarebbe?
Sorrisi. –io. La mamma rimase
incinta durante la luna di miele.
-niente college presumo.
-no. Vedi, essendo un mezzo
vampiro, non è che le gestazioni sono proprio uguali a quelle umane… diciamo
che sono molto più veloci e per le madri la maggior parte delle volte sono
fatali.
Ora era spaventato.
-tranquillo Nathe… non sono
pericolosa… vedi, i vampiri sono più forti rispetto agli umani e il corpo di
una donna non è di certo abituato ad ospitare un feto così. Comunque… dopo
un mese circa sono nata io. La mamma era in fin di vita, così mio padre la
trasformò in una vampira subito dopo il parto.
-un mese soltanto? Come… come
si trasforma un umano in vampiro?
-vedi, i vampiri nei denti
hanno della morfina… se questa sostanza entra in circolo con il sangue avviene
la trasformazione. - Meglio evitare
dettagli dolorosi per ora.
-prima mi hai detto che tuo
padre beve solo…
-sangue animale, si –avevo
deciso di intervenire perché vedevo la sua difficoltà nel pronunciare la
parola “sangue”- lui e il resto della famiglia seguono questa dieta… vuoi
sapere se ci sono anche vampiri che bevono sangue umano vero?
Accennò di si. –si ci sono
anche quel tipo di vampiri… anzi direi che la maggior parte non si fanno molti
scrupoli…
-perché… per quale motivo
voi non…
-vedi, mio nonno Carlisle era
figlio di un uomo di chiesa. Quando si è accorto in cosa si era trasformato, ha
cercato in tutti i modi una soluzione. Dice che anche se siamo diversi, non
abbiamo il diritto di togliere delle vite. È per questo che ha trasformato mio
padre e gli altri quando erano in punto di morte.
-Scusa quanti ne ha trasformati
di preciso?
-mio nonno ha trasformato mio
padre, mia nonna, zio Emmet e zia Rosalie… zio Jasper e zia Alice si sono
aggiunti dopo… poi papà ha trasformato mia madre… quindi con me siamo in
nove.
-prima hai detto che tuo nonno
ha trasformato solo persone in punto di morte. In pochi anni ha trasformato
tutte queste persone?
-ecco… questo è l’aspetto
più delicato forse… i vampiri possono essere uccisi, ma non muoiono.
Il viso di Nathan era
impallidito alle mie ultime parole. –questo vuol dire che siete… immortali?
– l’ultima parola fu un debole sussurro.
-si…
-mi gira la testa
-sdraiati un po’… per oggi
può anche bastare… non credo sia il caso di continuare…
Seguì il mio consiglio. Si
distese sull’erba, con il viso tra le mani. In quel momento non sapevo cosa
fare.
-scusami non dovrei reagire così…
già per te sarà difficile…
Quanto avrei voluto baciarlo,
accarezzargli il viso per rassicurarlo. Ma avevo troppa paura di essere
rifiutata, temevo che si ritraesse da me perché ero diversa. Decisi che era
meglio rimanere dov’ero.
- Nessie ho un’ultima cosa da
chiederti.
-dimmi
- Jacob sa tutto non è vero?
-si Nathe, sa tutto…
-perché ne è a conoscenza?
Per quale motivo è così ossessionato da te?
-diciamo che i vampiri non sono
l’unica razza oltre agli umani.
Era scattato a sedere. –che
cosa è?
-questo non posso dirtelo, mi
dispiace. Non me la sento di raccontare anche il loro segreto.
-va bene. Ma puoi almeno
rispondere alla seconda domanda.
Cosa gli dico ora? Forse è meglio essere sinceri fino alla fine.
- Jacob era innamorato di mia
madre, ma lei ha sempre solo provato affetto nei suoi confronti. Quando sono
nata è successo… non so nemmeno io come definirlo… è successa una magia…
-e?
Lo guardai negli occhi e quando
parlai, sentii una nota di malinconia nella mia voce.
-ha riconosciuto quella che lui
definisce la sua anima gemella.
Silenzio. Il suo viso era
impassibile.
-non stai scherzando.
-no… io non… - ma il resto
della frase mi morì dentro.
Nathan si era alzato di scatto
e molto probabilmente se ne sarebbe andato se non gli avessi preso il braccio.
- Nessie non mi toccare
accidenti!
Ero sull’orlo delle lacrime.
-anime gemelle! Lo sai che vuol
dire? Vuol dire che io sono stato un maledetto passatempo! Tanto che ti
importa… te hai solo l’eternità davanti e puoi sempre farti perdonare vero?
-pensi che sia capace di una
cosa del genere? Credevo mi conoscessi almeno un po’!
-anche io lo pensavo Nessie…
e non sai quanto sia grande questa delusione per me… ti prego, non seguirmi.
E se ne andò. Mi lasciò lì,
da sola, con le mie lacrime.
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Capitolo 9 *** Non essere unici al mondo ***
Nuova pagina 1
Nuovo
capitolo con il quale si volta pagina, ve lo dico subito.
Non
è ancora il momento dell’incontro tra Nathe e Nessie, ma questo quanto seguirà
è fondamentale.
Recensite
e fatemi sapere quello che pensate della mia idea…
DOVE
ERAVAMO RIMASTI
-
Nessie non mi toccare accidenti!
Ero
sull’orlo delle lacrime.
-anime
gemelle! Lo sai che vuol dire? Vuol dire che io sono stato un maledetto
passatempo! Tanto che ti importa… te hai solo l’eternità davanti e puoi
sempre farti perdonare vero?
-pensi
che sia capace di una cosa del genere? Credevo mi conoscessi almeno un po’!
-anche
io lo pensavo Nessie… e non sai quanto sia grande questa delusione per me…
ti prego, non seguirmi.
E
se ne andò. Mi lasciò lì, da sola, con le mie lacrime.
9
– Non essere unici al mondo
Le
ultime parole di Nathan per me furono come pugnalate che lasciarono ferite
aperte e sanguinanti. Almeno c’era qualcosa di positivo: sapevo quello che
volevo.
Non
appena i miei genitori mi recuperarono in mezzo al bosco, infatti, in me si fece
strada la consapevolezza che ormai odiavo Jacob con ogni fibra del mio essere,
mentre desideravo Nathan con la stessa intensità. Avevo deciso di combattere
per lui, però sapevo che dovevo lasciargli del tempo per riflettere su quello
che ero.
Mi
finsi di nuovo malata, così non andai a scuola durante gli ultimi tre giorni
prima delle vacanze di Pasqua.
Le
mie amiche, che non sapevano niente della complicazione venutasi a formare per
ovvi motivi, mi raccontarono che il
mio ragazzo dalla sera del ballo era ancora più scostante e le salutava per
miracolo.
Starà
soffrendo come un cane. Vorrei tanto che le cose si aggiustassero con un
semplice schiocco delle dita!
Ma
il mio miracolo personale avvenne durante l’ultimo giorno di scuola.
Ero
sul divano a mangiare gelato e a vedere Romeo e Giulietta per la centesima volta
insieme a mia zia Rose, quando mio padre entrò in casa accompagnato da una
donna.
Non
era molto alta, ma aveva un fisico assolutamente proporzionato e aggraziato,
anche da ferma. Il viso, tondo al punto giusto, seguiva i dolci lineamenti del
corpo e i mossi capelli castani la rendevano davvero bella. Pensai subito a una
vampira, anche perché aveva la pelle diafana, ma poi notai gli occhi: erano
verdi.
-Rosalie
per favore vai a chiamare Bella, è a caccia nelle vicinanze. Dobbiamo parlare
con la nostra ospite.
Io
mi ero pietrificata. Vidi solo con la coda dell’occhio la zia obbedire alle
direttive di mio padre.
-si
piccola mia, lei è come te. Dice che ci deve parlare. Si chiama Rita.
Riuscii
a balbettare qualcosa. –salve… mi scusi, non pensavo di avere di nuovo la
possibilità di incontrare una mezza vampira… il mio nome è…
-
Reneesme. – una piccola pausa – si potrebbe dire che ti conosco abbastanza
bene ormai.
-in
che senso?
-lo
scoprirai quando arriverà tua madre e ti racconterò la mia storia. Non devi
aver paura di me.
Come
potevo aver timore di lei? Aveva qualcosa di familiare nell’aspetto e,
soprattutto, era una mezza vampira.
La
feci accomodare sul divano, vicino a me, mentre mio padre si era seduto sulla
poltrona davanti a noi. Pochi secondi dopo, arrivò anche mia madre, abbastanza
allarmata.
-
Edward che succede?
-niente
Bella, non preoccuparti. Lei è Rita, mi ha chiamato con il pensiero poco fa,
così l’ho raggiunta sul sentiero qui vicino. Non ha cattive intenzioni, vuole
solo raccontarci la sua storia. È importante per Nessie.
Guardai
la nostra ospite, sempre con maggiore impazienza. Cosa centravo io?
Mia
madre raggiunse il marito e si sedette sul bracciolo della poltrona. –piacere,
io sono Isabella, ma preferisco soltanto Bella. Posso sapere il motivo della tua
visita?
-il
piacere è mio. Non capita tutti i giorni di conoscere chi ha messo fuori
combattimento i Volturi.
I
miei genitori faticarono a nascondere il nervosismo, così Rita cercò di
tranquillizzarli.
-no,
non dovete preoccuparvi. Negli ultimi quindici anni sono circolate parecchie
voci tra i vampiri sulla famiglia Cullen. Io non ho niente a che fare con i
Volturi, a parte il luogo di provenienza.
-di
dove sei? Scusa, ma hai detto vampiri… fai parte di un clan?- era stata la
mamma a rivolgerle queste domande, visto che papà sicuramente conosceva già la
risposta grazie al suo potere.
-sono
italiana, umbra per la precisione. Non faccio parte di nessun clan e mai ne ho
fatto parte. Essendo un mezzo vampiro, ho sempre preferito non espormi a dei
rischi. Comunque penso che la parte di maggior interesse per voi sia un'altra…
non mi nutro di sangue. Preferisco mangiare solo cibo umano.
I
miei genitori fecero un sospiro di sollievo. Questa volta fu mio padre a
parlare.
-devi
scusarci, ma noi ci nutriamo di sangue animale e ogni volta che nostri simili
vengono nel nostro territorio dobbiamo stare attenti, altrimenti la nostra
copertura potrebbe saltare.
-si,
vi capisco. Non correrete nessun rischio, ve lo garantisco.
-come
mai ti nutri solo di cibo umano?- quella donna mi incuriosiva troppo, così non
riuscii a tenere a bada la lingua.
Mi
guardò, sorridente. –un po’ per lo stesso motivo per cui voi siete
vegetariani. Non voglio uccidere delle persone innocenti. Mi è bastato il
sacrificio di mia madre per darmi alla luce.
-mi
dispiace, non volevo offenderti o aprire delle ferite….
In
fondo sapevo quello che stava provando. Da quando ero nata, mi ero domandata più
volte come sarebbe stata la mia vita se avessi portato via a mio padre l’amore
della sua vita.
-non
ti preoccupare, è successo molto tempo fa… sei fortunata ad avere dei
genitori che ti amano così tanto.
Mi
accarezzò la guancia. Quel tocco così sincero mi fece venir voglia di
abbracciare quella sconosciuta, con la quale sentivo avere un rapporto speciale.
Mi limitai, però, a sorriderle.
-sono
qui proprio per raccontarvi come sono nata e gli eventi successi nell’ultimo
secolo a questa parte. – Rita tornò a rivolgersi anche ai miei genitori, ora
abbastanza fiduciosi.
-sei
venuta qui dall’Italia solo per noi?- domanda più che lecita di mia madre.
-no
assolutamente. Sono qui in America da un bel po’ di anni e poi vi spiegherò
anche il perché. Ora vorrei cominciare dall’inizio, per farvi un’idea
generale un po’ più chiara.
-come
vuoi. Noi ti ascoltiamo con piacere.- gli occhi di mio padre erano accesi dalla
curiosità, evidentemente non riusciva a scoprire nulla attraverso i pensieri
della donna.
-
sono nata il 9 maggio 1889. Fui concepita da un vampiro italiano, Leonardo, e
una semplice ragazza, Federica. Mio padre era un nomade e, oltre al sangue
umano, gli piaceva anche divertirsi un po’ con le ragazze che mostravano
interesse per lui. Quando conobbe mia madre, però, si invaghì sul serio di
lei. Federica era lusingata dalle attenzioni di quel giovane così affascinante,
ma cercò in tutti i modi di resistergli, perché sospettava che lui gli
nascondesse qualcosa. Alla fine lei cedette e io fui concepita. Federica scoprì
di essere incinta circa una settimana dopo. Mio padre era sorpreso da un simile
evento e non sapeva come comportarsi, così le raccontò tutto, in modo che lei
potesse essere libera di decidere.
-è
stata Federica a insistere per tenere il bambino, non è vero?- mia madre
sembrava rivivere la sua storia.
-si
è stata lei. Nonostante vedesse il suo grembo crescere ogni minuto di più e
sentisse la velocità con cui le forze la stavano abbandonando, decise di
tenermi. Leonardo, le restò accanto tutto il tempo, cercando di trovare una
soluzione a quello che stava succedendo alla sua amata. Anche se in fin di vita,
mia madre riuscì a resistere fino al momento del parto. Si spense non appena
mio padre mi prese in braccio per farmi vedere da lei.
La
voce di Rita era tremolante in alcuni punti, ma riuscì comunque ad articolare
un discorso degno solo di chi era vissuto in un altro secolo.
-
Leonardo ti prese con lui alla fine?
-si
Reneesme… mi ha allevato lui e ha cercato in tutti i modi di capire i miei
bisogni, che a volte non coincidevano con quelli di un normale vampiro.
-deve
esser stata dura … - quella storia mi stava coinvolgendo molto, non potevo far
a meno di commentare.
-abbastanza…
mio padre ha incontrato qualche difficoltà e, per non complicare troppo le
cose, decise di rimanere vicino al paese di mia madre per un paio d’anni.
Ormai conosceva bene la zona e voleva essere sicuro che non corressi rischi.
-e
poi che avete fatto?
-
Nessie non fare la bambina… dai il tempo a Rita di raccontare in santa pace.
–mia madre aveva notato l’eccesso di zelo in me, così intervenne a
calmarmi.
-non
preoccuparti piccola. Trascorsi quei due anni, andai in giro per l’Europa con
mio padre per un sacco di tempo. Lui mi teneva sempre lontano dagli altri
vampiri, non voleva che sapessero della mia esistenza… aveva paura delle
ritorsioni su di me… e proprio mentre io mi stavo nascondendo, lui fu ucciso
da un altro clan.
-e
cosa hai fatto? Sei rimasta da sola?
-si,
come ti ho detto nessuno sapeva la mia vera natura a parte mio padre… e poi in
quel periodo era scoppiata la seconda guerra mondiale. Decisi di costruirmi una
vita il più normale possibile, così andai in Svizzera e cercai un lavoro.
Trascorsi lì tutto il periodo della guerra,
per poi trasferirmi ogni cinque o sei anni in altre città europee. Erano
quasi gli anni sessanta quando tornai in Italia, nella zona di origine di mia
madre. E, proprio come mio padre, mi innamorai per la prima volta. Il mio
Andrea… - un sorriso mesto comparve sul viso di Rita, che evidentemente stava
pensando al suo vecchio amore.
-gli
hai raccontato tutto?
-no
non potevo…avevo troppa paura che lui mi respingesse… e comunque tutto quel
tempo passato tra gli umani aveva placato la mia parte di vampiro.
-e
allora cosa hai fatto?
-
l’ho sposato. – mi accarezzò di nuovo il viso, prima di continuare. –dopo
un anno dal nostro primo incontro, mi chiese di diventare sua moglie ed io
accettai. Volevo vivere almeno una volta nella mia esistenza l’emozione di
andare all’altare con l’uomo per cui avrei dato la vita, se necessario.
Una
lacrima mi rigò il viso. Mia madre sussurrò il mio nome, mentre papà la
stringeva forte al suo petto. Mi aspettavo che si alzasse in piedi per venirmi a
tranquillizzare, ma le braccia di Rita mi circondarono in un abbraccio.
-non
piangere per me… con Andrea ha passato i momenti più belli della mia vita e
non ho rimpianti per quello che ho fatto… tutti noi abbiamo destini diversi e
tu sei circondata da tanto amore….
Sapeva
quello che provavo. Quegli occhi verdi erano riusciti a comprendere ogni mio
timore, ogni mio sentimento in quel momento.
-continua,
ti prego…
Senza
sciogliere l’abbraccio tra di noi, Rita riprese a parlarmi della sua vita.
-dopo
circa sei mesi di matrimonio scoprii di aspettare un bambino.
-cosa?
Noi possiamo… la gravidanza è uguale a quella…- singhiozzai, affascinata da
quella scoperta.
Mi
sorrise. –si noi possiamo diventare madri. Io ho portato in grembo la mia
piccolina per sei mesi, ma non so se sia sempre così… comunque assomiglia di
più a una normale gestazione umana, infatti anche il parto è naturale e
proprio questo mi ha consentito di mantenere il segreto con Andrea.
-era
una bambina allora?
-si…
la più bella che avessi mai visto… a parte i miei occhi era uguale a mio
marito.
-come
hai fatto con lui? E poi la piccola non aveva caratteristiche da vampiro?
-diciamo
che conservava un po’ l’odore particolare ed era un po’ più aggraziata
rispetto agli altri… ma niente di rilevante ad occhi inesperti. Con Andrea non
è stato difficile, era completamente euforico! Però sapevo che lo avrei dovuto
lasciare il prima possibile… Non volevo rischiare che la bambina si ricordasse
di me.
-ce
l’hai fatta davvero ad abbandonarli?
-a
dir la verità non l’ho mai fatto. Dopo sei mesi dalla nascita di mia figlia,
inscenai un incendio e finsi di perdere la vita. Eravamo una normale famiglia,
nessuno avrebbe indagato troppo. Andrea era distrutto, così decise di
ricominciare da capo, qui in America.
-e
tu li hai seguiti?
-si,
da allora non li ho mai lasciati. Mio marito trovò subito una brava ragazza,
Susan, e la sposò. Mia figlia non aveva nessun ricordo del periodo in Italia,
così non le fu mai raccontato di me.
-ma
è terribile!
-no
Reneesme… non sai di quanto sono stata felice di quella scelta. La nuova
moglie di Andrea era dolce e premurosa e fece crescere mia figlia come se fosse
sua. Non potevo sperare una vita più felice per la mia piccolina.
-si
scusa… non avrei dovuto reagire così… che fine hanno fatto?
-
Andrea è morto dieci anni fa… e lei ha perso la vita insieme al marito in un
incidente stradale pochi mesi fa. Mi è rimasto solo mio nipote, che chiaramente
non sa della mia esistenza.
Stavo
per mormorare un “mi dispiace”, ma mio padre parlò prima.
-le
nostre condoglianze. Deve perdonarmi se mi permetto così, ma volevo sapere il
nome di sua figlia.
Era
una domanda stupida, non riuscivo a capirne il senso.
-grazie
Edward.- Rita gli sorrise per poi rispondere. –Lisa.
Appena
sentii pronunciare quel nome il mondo mi cadde addosso. Come era possibile? Era
una coincidenza? Nathan era veramente il nipote di quella sconosciuta piombata
in casa mia?
-non…
non è… possibile…. che…
-che
io sia la nonna del ragazzo che ami?
Non
sapevo casa dire, fare o anche solo pensare. Poi un’immagine balenò nella mia
testa: Nathan che dava un cazzotto a Jacob senza farsi niente.
-vuoi
che gli dica la verità, non è vero? – la mia voce era piatta.
-si,
vorrei che fossi tu. Sei la persona di cui si fida di più, nonostante quello
che ti ha detto…
-ci
hai sempre spiato giusto? Perché non me ne sono mai accorta?
-il
mio potere supplementare è quello di non lasciare traccia, se voglio. Ti prego
Reneesme…
Una
lacrima scese lungo il viso di Rita. Cosa
devo fare ora?
-lasciami
un po’ di tempo per pensarci. – mi alzai e andai in camera mia, senza
sentire quello che mi diceva mia madre.
Non
riuscivo a stare ferma. Camminavo su e giù per la mia stanza, pensando e
ripensando al racconto di Rita e soprattutto alle possibilità che avevo di
fronte a me. Come sottofondo avevo le voci di Rita e dei miei genitori,
provenienti dal salotto. Poi mio padre quasi urlò.
Cosa
sarà successo a Edward? Bohhhh! (mi diverto troppo a tenervi sulle spine!)
Piccola
precisazione: questo nuovo personaggio, Rita, è ispirato a una persona reale...
mentre tutti gli altri sono solo nomi inventati su due piedi!
RECENSIONI
Norine:
giuro che mi farò perdonare per la
tristezza del capitolo precedente!
cippulina_cullen:
mi dispiace che non ti piaccia Nathe… spero che continuerai a leggere e magari
anche a cambiare idea su di lui!
15rox15:
grazie x i complimenti… se vuoi
picchiare Jacob ti aiuto volentieri… preparo subito la mazza da baseball!
Tatydanza:
un po’ fetente è stato x
davvero… però bisogna anche capire il povero Nathe! Continua a recensire!
Nessie93:
non sai che sollievo sapere che la
storia riassunta non è risultata pesante! È stato un po’ difficile, devo
ammetterlo, scrivere quel pezzo… ma sono contenta del risultato!
_Kiarina
Cullen_: ringrazio
anche te per i complimenti... per Nathe non mi sono ispirata a qualcuno che
conosco (nel senso di carattere), mentre x l’aspetto fisico è un po’ un
miscuglio frutto di due menti non del tutto normali (la mia e di Rita xD). Forse
chi si avvicina di più sono Gaspard Ulliel (http://www.thecinemasource.com/moviesdb/images/gaspard_ulliel%20-%201%20-%20hannibal_rising.jpg)
e Chace Crawford (http://pcavote.files.wordpress.com/2009/06/chace-crawford-wordpress.jpg).
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Capitolo 10 *** Attimi di follia ***
Nuova pagina 1
Lo so, lo so, lo so! Sono in
ritardo (come al solito…)
Posate i fucili per favoreeeee!
Per farmi perdonare (almeno lo spero… non voglio essere uccisa! T___T ) vi
lascio subito il capitolo e poi ne pubblicherò un altro giovedì o al massimo
venerdì! Contente?
altra cosa… alle recensioni dello scorso capitolo risponderò la prossima
volta.
Grazie, grazie e ancora grazie
a tutte!
DOVE ERAVAMO RIMASTI (troppo tempo fa xD)
Non riuscivo a stare ferma.
Camminavo su e giù per la mia stanza, pensando e ripensando al racconto di Rita
e soprattutto alle possibilità che avevo di fronte a me. Come sottofondo avevo
le voci di Rita e dei miei genitori, provenienti dal salotto. Poi mio padre
quasi urlò.
-è possibile ricevere un
ospite senza una dannata complicazione? Nessie vieni subito qui.
Non me lo feci ripetere due
volte e mi precipitai nell’altra stanza –che
cosa è successo?
- Jacob stava venendo qui, per
parlarti… ha sentito l’odore di Rita e ora sta avvisando tutto il branco.
Per favore cercalo e digli di non fare troppo casino perché la situazione è
sotto controllo.
Wow. Era difficile vedere mio
padre infastidito!
Andai all’esterno e dopo una
trentina di metri incontrai un grande lupo rossiccio, che stava correndo
all’impazzata verso casa mia.
-ehi Jake! Fermo! Dì agli
altri che non c’è niente di cui preoccuparsi… c’è una mezza vampira in
circolazione, ma è nostra ospite.
Il cane un po’ troppo
cresciuto fece di si con il testone e poi corse tra la vegetazione.
Dopo nemmeno trenta secondi era
di nuovo davanti a me, ma questa
volta in forma umana.
- Nessie… scusa se ho fatto
po’ di casino, ma voi non ci avevate detto niente e non sapevo…
-non ci sono problemi… volevi
parlarmi non è vero? – il mio tono era piatto, quasi glaciale.
-si… veramente si… vogliamo
allontanaci un pochino?
Mi misi a camminare a velocità
umana lungo il sentiero e il mio accompagnatore mi seguì a ruota.
-da quando hai paura di mio
padre?
-non ce l’ho… ma sempre
meglio non rischiare quando si parla di argomenti così delicati.
-sai che con i miei non ho
segreti. Loro sanno tutto.
Si irrigidì. –e cosa ti
hanno detto?
-di fare cosa credo più
giusto.
-speravo che… -lasciò cadere
quel discorso e io non feci commenti. Riprese a parlare quasi subito. –Nessie
due cose: la prima è che mi dispiace un casino per il fatto del ballo, ma se
tornassi in dietro sai che lo rifarei… secondo mi devi dire che ti frulla per
la testa… così non ce la faccio proprio.
Feci finta di non aver sentito
la prima parte del discorso e lo guardai, per fargli capire che ero sincera.
–Jake non lo so nemmeno io quello che mi sta succedendo. So solo che Nathe per
me è davvero importante….
-lo ami?
Cosa dovevo rispondere? Amare
era una parola talmente grossa che mi sentivo insignificante.
-non lo so… è tutto così
nuovo per me…
-si o no Nessie?
Feci un respiro profondo e mi
preparai al peggio. –si
-e cosa provi per me?
-ti voglio bene Jake…ma…
-non mi ami. Giusto?
Incapace di usare le parole,
chiusi gli occhi e accennai un si con la testa.
Si sentì solo il suo urlo
disperato e il rumore di un tronco spezzato.
-mi dispiace tanto…- il mio
era un sussurro quasi inudibile, anche per un licantropo.
-perché!? Mi spieghi come
diavolo fai a preferire uno sciocco umano alla tua anima gemella?
- Jake, per una volta per
tutte, piantala con questa storia! Non posso pilotare i miei sentimenti!
-allora vai da lui! Cosa ci
stai a fare ancora qui a parlare con il tuo sciocco animale domestico?
Gli diedi uno schiaffo.
–Jacob Black piantala di dire cazzate… lo sai che sei una delle persone a
cui tengo di più, ma amo Nathe e non posso farci niente. Non ti rendi conto di
quanto vorrei uscire da questa storia senza far del male a nessuno…
Scattò verso un altro albero e
spezzò anche quello, per poi mettersi seduto sul tronco appena caduto. Si mise
la mani tra i capelli per qualche secondo e alla fine mi chiese di andare vicino
a lui.
Lo raggiunsi sulla panchina
improvvisata e, con mia enorme sorpresa, mi baciò sulla fronte.
- Reneesme Cullen, anche se te
non mi ami, non puoi cambiare ciò che provo io. L’unica cosa che voglio è
che tu sia felice e se questo significa perderti, lo accetterò. Ma non
chiedermi di restarti accanto, mi faresti solo soffrire di più
Lo abbracciai. –grazie… te
ne sarò sempre infinitamente grata… ogni tanto fatti sentire ok?
-va bene piccola mia… mi
raccomando, cerca di essere felice… su di me puoi contare sempre… addio.
-preferisco solo arrivederci.
– avevo le lacrime agli occhi.
Mi sorrise, terribilmente
malinconico. –arrivederci.
Guardai Jacob alzarsi e correre
all’impazzata per il bosco. Una parte di me stessa se ne stava andando, ma
sapevo che non l’avrei mai persa del tutto.
Quando tornai a casa, ero
pienamente cosciente di quello che stavo per fare. Mi accorsi appena della
presenza di tutta la famiglia nel salotto e filai subito in camera mia a
prendere il cellulare. Ora mi aspettava la parte più dura del mio piano
improvvisato: avere il permesso di prendere la Volvo.
-mamma… papà… mi serve la
macchina
-no! – mia madre era scattata
subito in piedi. Brutto segno.
-a che ti serve? – bene…
devo puntare su mio padre.
-devo andare a scuola, ottenere
l’indirizzo di Nathan, andare a casa sua e… improvvisare, credo.
Rita, comprensibilmente,
emanava speranza da tutti i pori. –hai deciso di raccontargli la verità?
-a dirla tutta, non lo so
nemmeno io. gli parlerò di te, ma non so se proprio oggi. Prima di tutto vorrei
cercare di recuperare la sua fiducia.- le mie parole erano sincere, in fondo non
avevo avuto abbastanza tempo per metabolizzare il racconto di quella donna
spuntata dal nulla.
-grazie, ti sarò per sempre
debitrice. Comunque ti risparmio un viaggio… Bridgetown Street 14
-ok… ma il punto è un
altro… niente macchina. E poi chi ti avrebbe insegnato a guidare?
- Bridgetown Street 14…
Bridgetown Street 14… mamma avanti! Niente prediche per favore! So
guidare e giuro che rispetterò ogni limite di velocità… Bridgetown Street 14
Mio padre stava per parlare, ma
la mamma lo bloccò prima.
-voglio sapere chi ti ha
insegnato, subito.
A sorpresa, intervenne il
gigante della famiglia. –piccola fila a prendere la macchina, ci penso io ai
tuoi genitori.
- Emmet! Cosa diavolo…
-Bella lascia stare…è
inutile perdere tempo… - questa volta era venuta in mio soccorso la zia Alice,
la quale aveva previsto sicuramente qualcosa.
Mio padre si avvicinò e mi
diede le chiavi. –prometti che andrai piano.
-lo giuro su Dracula… grazie!
Grazie! Grazie! – e lo baciai sulla guancia.
Il secondo successivo ero sulla
porta di casa ad urlare –mamma ti voglio bene!
In macchina misi la musica alta
per cercare di allontanare il nervosismo e concentrarmi sulla strada.
Anche se ho provato a non
spingere troppo l’acceleratore, dopo un quarto d’ora ero dalla parte opposta
della città, davanti una normale villetta a schiera in Bridgetown Street. Feci un respiro
profondo prima di suonare al campanello.
Una bambina di poco più di
mezzo metro mi aprì la porta. Avrà avuto circa sei anni, ma sembrava
abbastanza sveglia.
-ciao… chi sei?
Mi accucciai alla sua altezza.
-ciao tu devi essere Lucy… io mi chiamo Reneesme, sono un’amica di tuo
cugino… lui è in casa, per caso?
Mi guardò come se la sapesse
lunga. –faccio finta di crederti… comunque il tuo ragazzo non ti ha detto
che andava a Detroit?
Rimasi a bocca aperta. La
piccola pulce iniziò a schioccare le dita davanti i miei occhi. –ehi ci sei?
-non lo so nemmeno io
sinceramente.
-oh andiamo bene… Nathan ha
trovato una sveglia.
che peste! Ci mancava solo lei!
Cercai di contenermi. –i tuoi
genitori non ci sono?
- c’è mia mamma.
- Lucy chi è? – una voce
femminile si stava avvicinando all’ingresso.
Nessie respira. È solo la zia del ragazzo che ami… cosa c’è di
strano?
-una ragazza… cerca Nathe.
Nel giro di pochi secondi una
donna mora di nemmeno quarant’anni apparve sulla porta.
-ciao posso aiutarti?
-salve signora. Sono Reneesme…
- Cullen, non hai bisogno di
presentazioni. Sei la copia esatta dei tuoi genitori. Ah, per favore chiamami
solo Angela!
Sorrisi. La sua voce era un
pochino emozionata, ma riuscì a mettermi a mio agio.
-si… è un piacere per me
conoscere un’amica di mia madre… però sono un po’ di fretta e cercavo
Nathan. la piccolina mi ha detto che è andato a Detroit, è vero?
- Lucy perché non vai a
giocare un po’ in camera tua?
La pulce sospirò
rumorosamente, prima di obbedire alla madre.
Quando la vedemmo salire le
scale, Angela tornò a rivolgersi a me.
-è vero, mio nipote ha
insistito parecchio per tornare a casa sua durante le vacanze. È partito questa
mattina. Non ti ha detto niente?
Ero certa di essere arrossita a
quella domanda. –veramente noi…
Si lascio sfuggire una leggera
risata. –va bene, non sono affari miei.
Sorrisi, riconoscente.
–immagino che torni tra qualche giorno.
Cosa faccio ora?
-si, mi dispiace. Non so come
aiutarti.
Non posso aspettare tutto questo tempo!
-senta Angela, magari le
sembrerà sfacciato e non so nemmeno cosa mi salta in mente… ma non è che mi
darebbe l’indirizzo dell’hotel…
-aspettami qui.- e ritornò in
casa. Spero di dimenticarmi presto di
quello che ho appena fatto.
La zia di Nathan riapparve
sull’uscio di casa dopo un paio di minuti. Aveva un foglietto con su scritto
un indirizzo. –puoi trovare mio nipote qui. È tornato nella sua vecchia casa.
-non so come ringraziarla.
-figurati. per dare un po’ di
gioia a Nathan farei qualsiasi cosa e a quanto pare te puoi aiutarmi. Mi
raccomando salutami i tuoi.
-con piacere. E ancora grazie.
Montai in un baleno in macchina
e appena partii salutai Angela con il clacson.
Chiamai subito mia madre.
-piccola mia tutto ok?
-si, non ti preoccupare. Nathan
non è qui a Forks. È tornato a Detroit per le vacanze.
-vuol dire che gli parlerai
appena torna… qualche giorno non è la fine del mondo…
-veramente io… voglio andare
da lui. subito.
-cosa?! Ma lo sai quanto è
distante? No Nessie, questo non posso permettertelo.
-mamma ti prego… io già sto
andando all’aeroporto… lo so che è una follia, ma devo andare...
-solo una condizione: uno della
famiglia deve accompagnarti assolutamente.
La odio quando è così ostinata. Chi fa meno danni di tutti?
-zia Rose va bene?
-ok piccola. Già si sta
preparando.
-allora mamma attacco, devo
chiamare per sapere quando parte il primo volo. Ti richiamo quando so qualcosa.
-vuoi che ti prepari qualcosa
da portarti?
-no grazie… non voglio
perdere tempo. A dopo.
Riattaccai e composi
immediatamente il numero verde dell’aeroporto.
-salve come posso aiutarla?
-vorrei sapere quando parte il
primo volo per Detroit.
Per alcuni secondi si sentirono
solo le dita della centralinista che scorrevano sui tasti di un computer.
-da Seattle ne parte uno alle
cinque e mezzo. Poi quello dopo è per domani pomeriggio da Portland.
Guardai l’orologio: non erano
nemmeno le tre. Spero di arrivare in
tempo. -due biglietti per il primo, per favore.
-mi dispiace ma c’è solo un posto disponibile.
Questa è la volta buona che mi ritrovo senza testa.
-va bene solo uno. Il nome è
Reneesme Cullen.
Recitai velocemente gli altri
dati, mentre spingevo sempre di più sull’acceleratore della macchina. Quando
la telefonata finì, richiamai mia madre e le diedi tutte le informazioni sul
volo appena prenotato.
Erano appena scattate le cinque
e un quarto quando scesi dalla Volvo e andai incontro ai miei genitori e a zia
Rosalie, che mi aspettavano dietro a una alta colonna dell’aeroporto per
coprirsi dal fievole sole pomeridiano.
-per fortuna sono arrivata in
orario.
-per fortuna avevi giurato di
non superare i limiti di velocità.
-scusa, ma era un’emergenza.
Approfittai della momentanea
distrazione di mia madre, la quale stava parlando con mia zia, per chiamare
mentalmente mio padre.
Papà mi devi fare il favore più grande di questo mondo.
Lui alzò gli occhi al cielo.
Supponiamo per un momento che era disponibile solo un biglietto per
questo volo… te mi copriresti con la mamma finché non salgo sull’aereo? La
zia accetterà di sicuro…e sai quanto è importante per me.
Storse leggermente la bocca, ma
alla fine fece un leggero cenno di assenso.
-ok è ora di andare! Ciao papà…
ti voglio bene… - lo baciai sulla guancia e lo abbracciai forte.
-ciao ruffiana. Mi raccomando,
non farci stare troppo in pena.
Gli sorrisi e poi salutai anche
la mamma.
-vabbè Bella è inutile
aspettare… il volo parte tra dieci minuti. Andiamo a recuperare la Volvo,
prima che ci troviamo una multa per come ha parcheggiato Nessie.
Io afferrai la mano di mia zia
e la trascinai all’interno dell’aeroporto. Lei capì subito che nascondevo
qualcosa, così le spiegai tutto davanti al check in.
-ti prego zia! Non lo farei se
non fosse importante per me!
-fila su quel maledetto aereo.
Però poi ci parli te con tua madre.
L’abbracciai forte per poi
correre all’imbarco.
-buona fortuna piccola!
La salutai ancora una volta con
la mano, prima di salire sull’aereo che mi avrebbe portato a Detroit.
Il volo durò quasi quattro ore
e potei osservare anche il tramonto dall’oblò. Atterrai che erano le nove e
mezzo e la prima cosa che feci fu cercare un taxi. Per fortuna lo trovai quasi
subito e chiesi all’autista di portarmi all’indirizzo scritto sul foglietto
di Angela. La giuda abbastanza lenta mi agitava ancor di più, così passai
circa venti minuti a tamburellare le dita sul sedile.
Quando il taxi si fermò
davanti a una villetta a schiera molto carina, rimasi praticamente a bocca
aperta. Pagai con una banconota da cinquanta dollari prima di scendere sotto la
pioggia. Aveva iniziato da poco, perciò si sentiva solo qualche piccola
gocciolina ogni tanto.
Andai sotto il porticato della
casa, mi fermai davanti la porta e feci un respiro profondo. È
il momento della verità. Suonai il campanello.
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Capitolo 11 *** Voglio te ***
Nuova pagina 1
Eccomi quaaa! Anche questa
volta in ritardo, ma tanto ci avete fatto l’abitudine vero?
Vi lascio subito al capitolo…
mi raccomando, questa volta recensite!
PS risposte alle recensioni a
fine capitolo!
Subito rispose una voce
maschile. –arrivo! Rachel quante volte ti devo dire…
La porta si aprì. –Reneesme.
Quello che ancora definivo il
mio ragazzo, aveva sussurrato il mio nome, con gli occhi spalancati dalla
sorpresa.
-ciao Nathan. – cercai di
fare almeno un debole sorriso, ma ero troppo impaurita da ciò che mi aspettava.
Sentivo le mani tremare leggermente, così le strinsi in un pugno, ma le
sensazioni di avere lo stomaco chiuso e il respiro affannato non riuscivo a
mandarle via.
-cosa ci fai qui? come hai
fatto ad avere il mio… - era completamente spiazzato dalla mia apparizione.
-sono andata a casa di tua zia.
È stata lei a dirmi che eri venuto a Detroit.
Non riuscivo a distogliere lo
sguardo da quegli splendidi occhi verdi, volevo tornare a vederli di nuovo vivi
come la prima volta che io e Nathan ci eravamo baciati.
-entra o prenderai freddo. –
si era imposto di guardare altrove, come se quel contatto visivo gli facesse
male. Riuscivo a percepire come cercasse di mantenere un tono di voce il più
neutrale possibile.
Sussurrai un semplice grazie,
prima di entrare nell’ingresso della casa. Mi sembrava di essere un robot, non
riuscivo a fare niente di quello che in realtà volevo.
Mi ritrovai al centro di un
grande salone con il camino, davvero molto accogliente se non fosse stato per i
mobili coperti da grandi teloni bianchi, che rendevano l’atmosfera un po’
triste.
-mi dispiace per il casino, ma
è dall’incidente che non vengo più qui e…
-non devi preoccuparti.
Il silenzio tra di noi era
pesante e volevo con tutta me stessa mettere fine a quel supplizio.
- Nathe, io… devo parlarti.
-lo immaginavo Nessie… prima
di tutto mi dispiace per la sfuriata dell’altro giorno, ma ero sconvolto…
sono sconvolto… non riesco a capire, ho un milione di domande in testa…
credo di non essere abbastanza forte per tutto questo…
Il cuore mi stava battendo
velocissimo e mi sentivo come se stessi camminando su un filo, sotto il quale
c’era solo il baratro.
-non devi giustificarti, anzi
temevo che saresti scappato da me molto prima… nonostante tutto, sono felice
di averti detto la verità. – fece un breve cenno con la testa.
Il fatto di stare in piedi non
mi aiutava di certo a calmare il tremore che ormai scuoteva tutto il mio corpo e
ogni parola che dicevo era poco più di un sussurro, a volte anche spezzato
dall’emozione.
Nathan era rimasto sempre due
passi davanti a me, ma all’improvviso si girò e andò ad appoggiare la testa
contro il vetro della finestra.
- Nessie, smettila di
piangere… già è difficile, così non ce la faccio proprio.
Mi passai le dita sulle guance
e mi resi conto che effettivamente erano umide. Tutte le emozioni che stavo
provando, mi stavano giocando dei brutti scherzi.
-non volevo… nemmeno me ne
sono resa conto…
-hai attraversato l’America
per lasciarmi definitivamente? – la domanda era piuttosto tagliente.
Respirai profondamente. Non
potevo attraversare la sala e stabilire quel contatto fisico che tanto volevo,
in fondo nessuno dei due era abbastanza pronto per fare quel passo.
-e se invece volessi il
contrario? Mi accetteresti di nuovo?
Di nuovo quel silenzio che mi
faceva impazzire.
-ho pensato a tutte le
possibilità, ma in realtà non lo so nemmeno io che cosa voglio. Tu sei
diversa… hai l’eternità davanti a te, mentre io che cosa sono? E poi c’è
Jacob, la tua anima gemella! Lui può restarti vicino, prendersi cura di te…
Chiusi gli occhi per cercare di
mantenere la mente lucida.
- Nathe, ho fatto la mia
scelta… Jake se n’è andato, per sempre. Io non voglio lui.
Finalmente si girò. Cercava di
dirmi qualcosa, ma era come se avesse perso tutte le parole.
Mi avvicinai lentamente e presi
la sua mano con la mia. Il fatto che non si opponesse a quel primo contatto
fisico, accese il me una speranza.
-voglio te.
Con la mano libera mi prese la
testa e l’appoggiò sul suo petto, vicino al cuore. Mi sentivo terribilmente
protetta tra le sue braccia, così ogni tremore o altra brutta sensazione
sparirono di colpo.
-anche io desidero starti
vicino, ricominciare tutto e provare di nuovo tutte quelle emozioni che tu mi
hai regalato, anche solo con un semplice sorriso. Ma…
Non volevo che continuasse, così
gli misi un dito sulle labbra.
-giurami che non avrai paura di
me.
Era completamente spiazzato, ma
riuscì a riprendersi. –va bene. Cosa vuoi fare?
Poggiai la stessa mano con cui
l’avevo zittito sulla sua guancia, sperando di non commettere uno sbaglio.
-ricordati sempre che sono solo
io. non c’è niente di cui aver timore.
Poi usai il mio potere e
trasmisi delle immagini.
La prima volta che lo avevo
visto in piscina, tutte le volte che lo fissavo in classe, la rivelazione sul
suo passato, i nostri infiniti baci,il ballo di primavera. Stavamo rivivendo di
nuovo quei momenti magici passati insieme attraverso i miei occhi,
insieme alle stupende emozioni che avevo provato.
Inizialmente Nathan aveva fatto
un leggero sussulto dovuto alla novità del mio potere, ma poi come promesso non
scappò e rimase fermo a guardare.
-che cosa era quella…
queste…?
Gli accarezzai delicatamente la
guancia per calmarlo. –shhhh… tranquillo. Sono io. Diciamo che fa parte del
mio essere speciale. Non è pericoloso, assolutamente.
Poggiò la sua fronte sulla
mia. –ti conoscerò mai del tutto Nessie?
Il mio cuore iniziò a battere
talmente veloce che credevo sarebbe uscito dal mio petto da un momento
all’altro.
-dipende tutto da te.
Poi mi ricordai di una cosa
quasi fondamentale. Se volevo essere sincera fino in fondo, dovevo raccontargli
di Rita.
-devo dirti un’altra cosa…
-ancora? Inizio ad essere un
po’ stanco di tutti questi segreti da svelare.
-non voglio costringerti, ma è
importante. Posso… posso mostrartelo?
Mi sorrise dolcemente. –se
per te è più facile, ok…
Usai di nuovo il mio potere,
questa volta per raccontargli della donna venuta a casa mia solo qualche ora
prima per raccontarmi la sua storia.
Nathan aveva capito molto prima
di me, quando Andrea era andato in America e aveva conosciuto Susan. Era
pietrificato, ma in qualche modo riuscì a mantenere la calma e continuò a
guardare le immagini che gli stavo trasmettendo. Scoppiò solo quando Rita
pronunciò il nome di sua madre.
-non è possibile! sono tutte
bugie! – aveva fatto qualche passo indietro e aveva interrotto quel contatto
fisico che tanto mi rassicurava.
-calmati, non…
-come faccio a stare calmo? Una
sconosciuta piomba in casa tua, ti racconta una cazzata del genere e dovrebbe
andare tutto bene secondo te?
-perché deve essere per forza
una cazzata?
-ora la difendi pure? Io sono
umano, accidenti!
Mi era crollato il mondo
addosso. Speravo che tra me e Nathan non ci fossero problemi di questo genere,
pensavo che lui avesse superato questa distinzione tra di noi, ma evidentemente
non era così.
-e io invece sono diversa, non
è vero!? Un mostro che si è semplicemente innamorato di te! pensavo
di poter risolvere la situazione così… ma a quanto pare mi sbagliavo…
Ero sull’orlo delle lacrime e
non volevo che lui mi vedesse debole, così scappai verso l’ingresso di casa.
Stavo per mettere la mano sulla
maniglia, quando lui mi afferrò il polso e mi spinse contro la porta, con
forza.
I nostri volti erano vicinissimi, mentre il mio corpo aderiva
completamente al suo.
La rabbia che fino a un secondo
prima provavo, fu completamente rimpiazzata dall’attrazione. Avevo dimenticato
tutto e soprattutto non volevo ricordare. Volevo baciarlo, volevo solo le sue
labbra sulle mie, ma sapevo che dovevo resistere.
-scusa, non sarei dovuto
scattare in quel modo, te non c’entri niente… come ti sentiresti se una
completa sconosciuta ti dicesse che sei umana?
-sarei la persona più felice
di questa terra, molto probabilmente. Almeno potrei starti vicino senza tutti
questi maledetti casini.
Voleva fare un passo indietro,
voleva di nuovo interrompere quel contatto tra noi. Ma non fece in tempo perché
gli misi una mano dietro la
testa. Le nostre labbra ormai si sfioravano e quel contatto quasi mi fece
impazzire.
-tu non vai da nessuna parte.
In questo momento non esistono vampiri o umani, il mondo è fuori da questa casa
e i suoi problemi non ci riguardano. Ci siamo solo io e te.
Sentii il suo sorriso, ma
soprattutto vidi accendersi i suoi splendidi occhi verdi.
Incapaci di attendere ancora,
ci perdemmo in bacio passionale, dolce, carico di tutta quella fiducia che non
riuscivamo a esprimere con le parole.
Dopo poco, però, quel momento
perfetto fu interrotto dal mio cellulare.
-non rispondere.
-dai… solo venti secondi…
non sopporto la suoneria…
Mi zittì con un altro bacio.
–va bene… a ventuno ti rompo in cellulare…
Risposi. –pronto? – mi
accorsi in quel momento di avere il fiatone.
-ciao Nessie! Tutto ok?
Nathan mi stava sfiorando con
le sue labbra il collo scoperto.
-una meraviglia Kate. Che ti
serviva?
-niente di che… volevo solo
sapere come stavi… che fai?
Mi veniva terribilmente da ridere. –niente… sto con Nathe… e…- lui mi
prese il cellulare.
-ciao Kate… scusa ma stavamo
discutendo di una cosa un po’ delicata… ti faccio richiamare ok?
Sentii la mia amica rispondere
di si e salutare.
-ecco fatto… scusa ma erano
scaduti i venti secondi
-te sei pazzo… comunque dove
eravamo rimasti?
Stava per baciarmi di nuovo,
quando un orologio a pendolo suonò le undici.
Maledizione! Mai un attimo di pace!
-ehi aspetta un attimo… te
dove dovresti dormire?
Scossi la testa. –a dir la
verità non lo so… sono partita di fretta e furia, credo che se ne sia
occupata la mamma…
-e tu vorresti uscire con
questo diluvio universale e soprattutto di notte?
Me ne accorsi solo in quel
momento. Si sentiva il rumore dell’acqua anche da dentro casa.
-che hai in mente Whellens? –
gli lanciai un’occhiata maliziosa.
-beh visto che sono un bravo
ragazzo che non vuole che tu corra dei pericoli mentre te ne vai sola soletta in
hotel… che ne dici di rimanere qui?
-dico che… si può fare.
Sperando sempre che i miei non spuntino fuori da un momento all’altro.
-te ne sarei particolarmente
grato se li avvertissi… non voglio ritrovarmi ed essere uno dei loro spuntini!
RISPOSTE ALLE RECENSIONI
Nessie93: mi dispiace tanto, ma
la tua illuminazione non è giusta… mille volte grazie per tutti i
complimenti!
_Kiarina Cullen_ : mi dispiace
un sacco per la lunga attesa… spero che ti siano piaciuti questi due nuovi
capitoli! PS anche io odio il cane, se non si era capito!
15rox15: devo ammettere che sei
una delle mie lettrici preferite, commenti sempre! Continua così! Comunque la
mia faccia quando ho letto che ti dispiaceva per Jacob era sconvolta XD… vabbè
dai ti perdono!
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Capitolo 12 *** Ricordi ***
Ok,
piccolo cambio di programma.
Avevo
deciso di postare domenica (compleanno di Bella) o lunedì (mio compleanno), ma
visto che sono la solita ritardataria ho cambiato idea e vi lascio subito il
nuovo capitolo. Contente?
Eravamo
rimasti al viaggio improvvisato e alla riappacificazione tra i due. Quello che
segue è un capitolo un po’ transitorio, ma utile per capire di più il dolore
di Nathan.
L’ultima
frase di sicuro vi verrà voglia di fucilarmi (non sbirciate subito!)… ecco vi
lascio le risposte alle recensioni e il capitolo, almeno finisco di preparare le
valigie per scappare da voi!
RECENSITE!
Baci alla prossima
Nessie93:
sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo precedente… confermo che non sarà
facile dirlo a Bella, mentre per quanto riguarda Edward ho preferito rimandare
un po’ la gelosia tipica dei padri.
mcgi86:
Grazie per la tua recensione. Ho scritto questa storia proprio perché non mi
piaceva che Nessie stesse per forza con Jake. Baci
15rox15:
ecco la mia fidata lettrice xD. Meno male che sei tornata in te dopo quell’attimo
di smarrimento! Fammi sapere cosa ne pensi anche di questo capitolo!
_Kiarina
Cullen_ : ecco un'altra alleata contro il cane… xD grazie mille per i
complimenti!
12
- Ricordi
Chiamai
i miei, mentre Nathan sistemava il materasso di un vecchio divano-letto davanti
al camino. Mi aveva detto che la sua camera era un totale disastro e che non se
la sentiva di dormire nella camera dei suoi genitori.
-mamma
dai! È buio pesto e piove a dirotto… non ci sono problemi per…
-no!
Assolutamente no! Sei scappata da tua zia Rose, questa non te la passo… poi te
e lui… da soli…
Una
risatina isterica uscì dalla mia bocca. –mamma non penserai davvero che…
Nathan,
alle prese con un lenzuolo, si voltò verso di me e capì l’argomento di cui
stavo discutendo al telefono.
Diventai
rossa in un secondo.
-piccola
mia non fare la finta tonta… ci sono passata prima di te.
-io,
noi, non, cioè, ma, no, proprio no…
Il
mio ragazzo mi prese il cellulare e mi guardò in modo abbastanza ansioso.
-signora
Cullen? Salve, molto piacere di conoscerla, anche se solo per telefono. Mi
dispiace che non ci sia stata l’occasione di presentarci – soffocai una
risata – e che sua figlia sia piombata così a casa mia… ma davvero qui c’è
un tempo assurdo e non me la sento proprio di mandare in giro Reneesme da
sola…
Appoggiai
l’orecchio dietro al cellulare, per sentire con precisione ogni parola di mia
madre. Nathan era chiaramente agitato, così intrecciai la mia mano con la sua
per tranquillizzarlo almeno un pochino.
-mi
voglio fidare… ma giuro che se metti le mani addosso alla mia bambina…
-non
succederà assolutamente, signora Cullen.
Ripresi
immediatamente il cellulare. –grazie mamma! Ti voglio troppo bene!
-signorina
attenta a quello che fai…
-si
si, non preoccuparti, sono in buone mani. E ti saluta Nathe! Un bacione!
-ciao
Nessie… buonanotte. Per qualsiasi cosa chiama subito.
-va
bene, grazie ancora. Notte!
Appena
riattaccai, abbracciai il mio angelo custode.
-dire
che sei pazzo è troppo poco.
-ti
scongiuro di non ricordarmi cosa ho appena fatto. Non voglio un telefono in mano
per i prossimi vent’anni.
-il
solito esagerato!
Finii
da sola si sistemare il letto improvvisato, mentre Nathan era andato dalla
vicina Rachel per chiederle qualcosa di pratico con cui potevo dormire, visto
che ero partita senza preparare niente.
-penso
che questi ti stiano un po’ larghi, ma meglio di dormire con i jeans.
Mi
lanciò un paio di pantaloni neri e una maglia grigia che sembravano almeno due
taglie più grandi della mia.
-non
sbirciare dal buco Whellens…- urlai prima di chiudere la porta del bagno.
La
stanza era piccolina, ma arredata in modo carino e semplice.
Mi
lavai subito il viso e cercai di fare un secondo mente locale su tutto quello
che era accaduto nelle ultime ore.
Il
racconto di Rita, la decisione di partire, la conoscenza di Angela, il viaggio e
tutto quello successo in quella casa si ripeterono velocemente nella mia testa.
Non mi capacitavo del fatto che fosse successo tutto così velocemente, che
avessi provato così tante emozioni diverse in un giorno solo.
Quando
tornai nel grande salone, Nathan scoppiò a ridere.
-ops
non avevo preso in considerazione che Rachel è parecchio alta e un po’ più
abbondante di te…
I
pantaloni mi stavano lunghissimi, così li avevo arrotolati un migliaio di
volte, mentre la maglietta mi arrivava quasi al ginocchio.
-mi
sento così idiota… per fortuna zia Alice è dalla parte opposta
dell’America!
Ci
sdraiammo sul letto improvvisato davanti al camino. Poggiai la testa sulla
spalla di Nathan, mentre lui mi aveva circondato in un abbraccio.
-fino
a qualche ora fa non avrei mai pensato a tutto questo. – il mio era poco più
di un sussurro.
-non
lo dire a me… pensavo di scappare da te, ma a quanto sembra mi hai trovato lo
stesso.
-ti
ho spaventato parecchio vero?
Nonostante
fosse buio, distinsi senza difficoltà il suo dolce sorriso. –si, direi di
si… tutto questo non è facile da accettare. Mi sembra impossibile…
-promettimi
che mi risponderai con sincerità.
Mi
accarezzò i capelli, prima di acconsentire.
-hai
ancora paura di me?
Ci
impiegò qualche secondo prima che tornare a parlare.
-non
lo so… cioè di te mi fido e ho capito che non sei “pericolosa”… ma
comunque mi sento un estraneo rispetto
al tuo mondo e questo mi crea parecchia insicurezza.
-ho
capito… pensi che potrei lasciarti da un momento all’altro per un motivo
sconosciuto.
Fece
una smorfia. –qualcosa del genere.
Mi
girai su un fianco e mi appoggiai sul gomito. –avanti, fammi qualche domanda!
Sono a tua completa disposizione…
Sogghignò,
mentre mi dava un bacio sulla guancia. –Cullen ma te non sai cosa sia la
stanchezza?
-rimandiamo
il discorso a domani?
-si,
forse è meglio, anche se una domandina ce l’avrei.
Sorrisi.
–allora spara Whellens.
-prima
mi hai fatto vedere il racconto di quella sconosciuta…
-
Rita.
-si
lei… tu le credi?
Cercai
la sua mano e la strinsi forte. –non lo so. È una mia simile e non vedo per
quale motivo dovrebbe mentirmi. Tu?
Mi
guardò intensamente con i suoi splendidi occhi verdi. –prima sono stato
impulsivo e ho reagito male. Ora, invece, mi trovo a un bivio. Da una parte
vorrei rimanere nel dubbio e continuare la mia vita, mentre dall’altra vorrei
sapere se quella storia sia vera…
-ma
hai paura di essere diverso.
-esatto.
-pensi
che sapere di avere un avo vampiro potrebbe cambiarti?
-no,
non credo.
Mi
avvicinai al suo viso e mi fermai quando le nostre labbra si sfiorarono.
–allora non sei più al bivio.
Gli
diedi un bacio, prima di augurargli la buonanotte.
La
mattina successiva, quando mi svegliai, ero sola nel letto.
C’era
un vassoio vicino a me con una tazza e una scatola di cereali. Feci colazione
velocemente, volevo scoprire dove si era cacciato Nathan.
Andai
per la prima volta al piano superiore. Il lungo corridoio era composto da
parecchie porte chiuse che svegliarono in me un po’ di curiosità, ma non era
il caso di ficcare troppo il naso in giro.
-
Nathe?
-arrivo
Nessie!- la voce proveniva da una delle stanze in fondo al corridoio, così
decisi di avvicinarmi uno po’ di più. L’improvviso rumore di una porta che
si apriva, quasi mi fece sussultare per lo spavento.
Il
mio ragazzo stava uscendo dal bagno, sicuramente aveva fatto una doccia visto
che portava solo un paio di pantaloni di una tuta e i capelli bagnati.
-scusa
ti ho spaventata?
Arrossii
leggermente, nonostante non fosse la prima volta che vedevo Nathan a torso nudo.
-no
assolutamente… ho visto che di sotto non c’eri e mi sono permessa di
salire…
-hai
fatto bene… mi sono fatto la doccia qui perché non volevo svegliarti.
-ti
sei alzato da tanto?
-
mezz’oretta… vieni ti faccio vedere il resto della casa.
Mi
prese per mano e mi portò proprio all’inizio del corridoio.
-iniziamo
il giro turistico! Questa è un piccolo studio… papà aveva creato qui il suo
mondo.
La
prima stanza era piccolina, con una libreria che copriva un’intera parete e
una scrivania abbastanza disordinate all’angolo. Nel grande mobile non
c’erano solo libri: alcuni spazi erano dedicati a modellini di treni.
-gli
piaceva un sacco costruire, ma la mamma lo aveva convinto a metterci anche i
suoi libri. Dopo l’incidente ho preferito non toccare nulla, mi ero ripromesso
che avrei messo tutto in ordine appena sarei tornato qui.
Strinsi
forte la sua mano e lui mi sorrise. –continuiamo.
La
seconda era la camera di Nathan: grande, con le pareti celesti che si intonavano
perfettamente ai mobili di legno chiaro, quasi completamente coperti da teloni
simili a quelli del piano inferiore.
-a
quanto pare sono nella tana del lupo!
-avrei
preferito fartela vedere in condizioni decenti…
Si
sedette su quello che doveva essere il letto e io mi misi sopra le sue
ginocchia.
-tutto
ok Nathe? –gli alzai il viso, in modo che mi guardasse negli occhi.
Sembrò
esitare un attimo, prima di rispondere. –mi è venuto in mente il discorso di
ieri sera.
-e?
-secondo
te ho delle caratteristiche simili alle tue? Non intendo se credi a quella
Rita…
Appoggiai
la sua testa contro il mio petto e presi ad accarezzargli la guancia. –mi
trovi più calda rispetto agli altri? Intendo di temperatura corporea.
-non
lo so… non ho mai fatto caso a questa cosa…
-sicuro
di voler sapere quello che penso?
Acconsentì
muovendo la testa.
-devi
sapere che i vampiri sono anche chiamati freddi, poiché la loro temperatura è
di circa 34 gradi e mezzo… io, invece sono un po’ più calda rispetto agli
umani, poco più di 37… nonostante questa disparità, io non sento niente
quando tocco qualcuno della mia famiglia.
Mi
abbracciò forte. –perciò sono come te, visto che non ho mai notato il tuo
calore…
-ehi,
non devi preoccuparti… in fondo la mia è solo un’ipotesi e potrei
sbagliarmi…forse te sei solo un po’ insensibile!
Riuscii
a farlo ridere. –che vorresti dire Cullen?
Sciolsi
l’abbraccio che ci legava e iniziai a correre per il corridoio. –io? perché
ho detto qualcosa?
Sentivo
Nathan che mi rincorreva, ma avevo troppo vantaggio. Mi fiondai nel bagno del
piano inferiore e chiusi a chiave la porta.
-mi
dispiace Whellens! Ti è andata male!
-non
potrai restare lì dentro per sempre!
-almeno
il tempo di una doccia me lo concedi?
-va
bene streghetta… però preparati per una vendetta con i fiocchi!
Mi
feci una doccia bollente, per rilassarmi ancora di più.
Sembra aver accettato tutto… è
andata anche meglio di quello che speravo!
Ci
mancava poco che mi mettessi a saltellare per il bagno come una bambina che ha
appena ricevuto un regalo. Per errore, mentre mi rivestivo, i pantaloni della
vicina mi caddero nella vasca e si bagnarono un bel po’.
Cercai
il fono per asciugarli un po’, ma di esso nessuna traccia. Poi notai la mia
immagine riflessa nello specchio. La maglietta grigia mi faceva da vestito,
arrivava quasi al ginocchio.
In fondo zia Alice mi ha fatto
indossare anche cose più corte.
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Capitolo 13 *** Chiamate e ritorni ***
Salve
a tutti!
Dovete
perdonarmi, ma tra scuola, casa e compiti non so più dove mettermi le mani…
spero che questo capitolo vi piaccia! Non rispondo alle recensioni perché sono
di fretta (il libro di filosofia mi sta guardando minaccioso).
Per
favore commentate in tanti!!!
Spero
di postare il prossimo capitolo nel giro di una decina di giorni!
Uscii
dal bagno in quello stato e mi diressi verso l’origine dei rumori che udivo.
Nathan era in cucina a prepararsi una spremuta. Era di spalle alla porta che
collegava quella stanza con il salotto e sembrava non avermi sentita arrivare.
Lo
abbracciai da dietro, per poi mettermi in punta di piedi e dargli un bacio sul
collo.
-non
penserai di esser già stata perdonata, vero?
-a
dir la verità, speravo che non fossi così facile da corrompere. – feci
correre le dita lungo la sua schiena nuda.
-forse
è meglio rispettare quella piccola promessa…
Sbuffai
e feci un passo indietro. –voi uomini sempre a pensar male! Anzi meglio che
chiami la mamma.
Stavo
per girare i tacchi e andarmene nel salotto per cercare il cellulare, ma Nathan
mi aveva preso la mano e tirata a sé.
-e
voi donne sempre a far le finte tonte. – mi alzò il viso e prese a baciarmi.
Senza staccare le nostre labbra, mi prese in braccio e mi fece sedere sul piano
della cucina. Volevo fare una delle mie solite battutine, giusto per non
dargliela vinta, ma il mio respiro si stava facendo sempre più affannoso e il
cuore si preparava ad uscirmi dal petto. In un attimo mi dimenticai di tutto,
per me esistevano solo le dolci labbra di Nathan.
Per
la prima volta capii il significato di attrazione pura: ogni fibra del tuo
essere chiedeva un bacio, un altro e un altro ancora; la voglia di sentire la
pelle dell’altro sotto le dita.
-non
qui… in… - senza nemmeno lasciarmi finire la frase, le sue braccia forti mi
sollevarono nuovamente.
Cademmo
letteralmente sul letto improvvisato del salotto e le risate furono soffocate da
tutte quelle emozioni che stavamo provando.
Con
uno spintone giocoso, atterrai Nathan e iniziai a baciargli il collo e ad
accarezzare il suo petto marmoreo. Sentivo le sue mani sotto la maglietta fare
altrettanto con la mia schiena, finché non mi tolse quella specie di vestito
che portavo addosso.
All’improvviso
una sinfonia di Vivaldi, la Primavera precisamente, squillò dal mio cellulare.
Mi
bloccai immediatamente: era la suoneria per le chiamate da parte di mia zia
Alice.
-devi
rispondere, vero?
Accennai
solo un si con la testa, ero troppo preoccupata.
Perché mi chiama mia zia?
Accidenti, spero che non ci sia di mezzo qualche visione.
Mi
alzai in piedi e presi il cellulare sopra il camino. Lanciai uno sguardo di
scuse verso Nathan, prima di rispondere.
-pronto?
-
Nessie! Finalmente… tutto ok?
-si
zia… va tutto a meraviglia… perché mi chiami?
-niente
piccola, non devi preoccuparti. – c’era qualcosa di strano nella voce
squillante del folletto di casa.
-come
faccio a stare tranquilla se mi chiami così sconvolta?
La
sentii fare un respiro profondo del tutto inutile per un vampiro, prima di
rispondere.
-ho
avuto una visione… era sfocata, non sono riuscita a distinguere niente… mi
sono spaventata a morte piccola… pensavo ti fosse successo qualcosa di
brutto…
-zia
calmati, io sto benissimo. Non hai proprio idea chi riguardasse la visione?
-no,
te l’ho detto… non mi è mai capitata una cosa del genere…
-pensi
possano essere i… - sentivo le mie mani tremare leggermente.
-non
lo so, ci ho pensato subito, ma sono miei simili e non ho mai avuto problemi nel
vederli…
-ho
capito, vabbè senti gli altri e decidete il da farsi…
-si
piccola, te però non ti muovere da Detroit, per favore… io parlo con il resto
della famiglia e poi ti facciamo sapere ok?
-si
zia, tanto il cellulare è sempre con me… un bacione e saluta tutti.
-ciao
tesoro, a presto.
Appena
posai il cellulare sul camino, le braccia di Nathan mi avvolsero. Mi tirò a sè
e poi io cominciai a piangere.
-
Nessie scusami, forse non era il caso di andare così oltre…
Trattenni
il fiato e poggiai un dito sulle sue labbra, per non farlo continuare.
-se
ci tieni alla mia salute mentale non ti azzardare mai più a dire una cosa del
genere. hai capito?
Accennò
un si con la testa per poi abbassarsi sul letto e prendere una coperta, che poi
mi avvolse intorno al corpo.
-almeno
mi dici perché sei così sconvolta?
-si,
hai ragione… al, al telefono era mia zia Alice e lei, come me, ha un potere
supplementare, oltre alle normali caratteristiche da vampiro.
-prevede
il futuro? Hai parlato di visioni…
-esattamente.
Lei riesce a vedere gli eventi futuri quando la persona interessata decide di
intraprendere una determinata decisione…
-credo
di non seguirti molto.
-non
preoccuparti ora di questo, te lo spiegherò con calma più avanti… mia zia mi
ha chiamata perché ha avuto una visione talmente sfocata da non distinguere
niente… pensava mi fosse successo qualcosa…-
non riuscii a continuare.
-pensi
abbia visto noi due che… - il corpo di Nathan si era improvvisamente fatto
rigido.
-no,
no tranquillo… il problema sono i Volturi… quella specie di famiglia reale
di cui ti avevo parlato…
Lo
sentii pietrificarsi del tutto. –quelli che volevano uccidere tuo padre…?
Accennai
un semplice si con la testa. –devi sapere che quando sono nata, i Volturi sono
venuti fin qui per… per..
Mi
abbracciò forte per cercare di tranquillizzarmi. Ero cosciente del fatto che
nei miei occhi si riflettesse il panico che provavo in quel momento. –volevano
uccidermi insieme ai miei genitori.
Quella
specie di statua che mi avvolgeva con le sue braccia era completamente spiazzata
e impaurita.
-cosa
stai dicendo? Se è uno scherzo, non è divertente.
Dovevo stare zitta! Perché devo
raccontargli sempre tutto? Rischio di peggiorare solo la situazione!
-è
la verità… i Volturi volevano che i miei genitori entrassero nelle loro
schiere…e mi avevano usato come pretesto per attaccarci… - rabbrividii
ripensando a quei giorni carichi di tensione.
-come…
come avete fatto a…
Chiusi
gli occhi, sperando che il macigno dei ricordi si alleggerisse almeno un po’.
-mia zia Alice aveva avuto una visione… sperava di trovare un mio simile per
poter testimoniare che ero innocua… così partì insieme a zio Jasper e tornò
appena in tempo per fermare una strage…
Nathan
deglutì rumorosamente, prima di condurmi sul letto. –ora vogliono vendetta.
La
sua non era una domanda e per cercare di colmare il vuoto creatosi dentro di noi
da quel racconto, lo baciai.
Dopo
pochi istanti, però, lui si ritrasse nel modo più delicato possibile. –sono
loro? Quelli della visione.
Una
vocina dentro di me rispondeva in modo affermativo a quella domanda, ma non
potevo soffocare del tutto la speranza che tutto quello fosse solo un equivoco.
–non lo so…
Dopo
il mio debole sussurro, mi fece appoggiare la testa vicino al suo cuore e mi
cullò per un po’.
Quel
contatto mi aiutò a non avere un attacco di panico in piena regola: le sue
braccia e il suo odore, ormai entrambi molto familiari, su di me funzionavano
molto meglio del potere di zio Jasper.
~
Il
sole stava svanendo dietro l’orizzonte mentre io e Nathan stavamo facendo la
fila per il check in.
Dopo
appena 24 ore dalla visione di zia Alice, la mamma mi aveva chiamata per
chiedermi di tornare a casa, al sicuro. Non c’era un motivo preciso per cui
aver paura o sentirsi minacciati, ma ignorare la causa di quel futuro sfocato ci
rendeva tutti tremendamente ansiosi, perciò non ci pensai due volte a prenotare
il volo di ritorno.
Avevo
rassicurato Nathan e gli avevo suggerito anche di rimanere qualche giorno in più
nella sua città natale, ma lui mi aveva liquidato con un “non ti lascio
viaggiare da sola per nulla al mondo”.
Così
eccoci lì, a fare quella interminabile fila. All’improvviso sentii la tasca
dei jeans vibrare, tirai fuori il cellulare e lessi il messaggio inviatomi da
mia madre.
Chi vuoi venga a prenderti?
Immediatamente
capii il senso di quella domanda. Conoscendo la mia famiglia, molto
probabilmente si sarebbero presentati tutti all’aeroporto di Seattle, ma vista
la presenza del mio ragazzo meno erano, meglio era. Mi girai verso Nathan e
probabilmente arrossii leggermente per l’imbarazzo dovuto a quella strana
situazione.
-
Perché mi guardi con la faccia da cucciolo bastonato appena beccato a fare
qualcosa che non doveva?
Cercai
di reprimere la risatina isterica che stava per uscirmi di bocca e mi limitai a
fare un sorriso tirato. Spostò il peso da un piede all’altro e appoggiò le
mani sui fianchi con fare inquisitorio.
-
Allora?
Presi
un bel respiro e parlai tutto d’un fiato. – Mamma mi ha chiesto chi
preferisco trovare della mia famiglia quando arriviamo.
Avrei
giurato che fosse impallidito leggermente. Si strofinò le mani sulle braccia,
come se avesse freddo. – Oh… emh… allora che rispondi?
Di
sicuro se era imbarazzante per me, per lui lo era il doppio visto che le
presentazioni ufficiali non sono mai facili, soprattutto se la famiglia era
composta da vampiri.
-
Dimmi te… i miei di sicuro no!
Sembrò
sollevato nel sapere che ancora non era il momento della conoscenza dei suoi
suoceri.
-
per me è indifferente… magari i più innocui?
Sorrisi
per il suo imbarazzo.
Dunque
se si eliminavano mamma e papà, dovevo scartare anche lo zio Emmet, visto che
non avevo la minima intenzione di sentire le sue famose battutine. Impossibile
anche scegliere zia Alice, mi avrebbe spaventato di sicuro Nathan iniziando a
parlare a raffica. Zio Jasper era un po’ troppo timido per certe cose, anche
se il suo potere avrebbe fatto comodo sia a me che al mio ragazzo.
Mi
dispiaceva per Zia Rosalie, in fondo mi aiutata ad evadere dalla mamma, ma alla
fine la mia scelta era caduta sui membri più “normali” in casa Cullen.
-
Va bene se vengono i miei nonni?
Nathan
si rilassò immediatamente. Gli avevo raccontato qualcosa sui componenti della
mia famiglia e forse temeva un incontro ravvicinato con zio Emmet.
-
Certo.
Mi
avvicinai e mi alzai sulle punte, per dargli un bacio a fior di labbra. -
Tranquillo, andrà tutto bene.
Mi
sorrise. – Lo so, piccola.
Ripresi
subito il cellulare in mano e scrissi un messaggio alla mamma.
Fai
venire i nonni. Grazie.
|
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Capitolo 14 *** Decisioni ***
E dopo tutti questi
mesi… sono quiiiiiiiii!
Ok basta, meglio non
fare spirito sul mio spaventosissimo ritardo… chiedo umilmente venia, ho avuto
un blocco allucinante, la scuola, poi ci si è messo il pc che non collaborava
per niente!
Ora sono tornata, ma
non faccio previsioni su quando posterò il prossimo capitolo… forse tra due
giorni, forse tra due settimane, è tutto un’incognita, anche perché ora ho
iniziato una nuova fanfiction, questa volta parla di Edward e Bella… magari
fateci un salto!
Ringrazio SignoraCullan,
15rox15, Nessie93
che hanno commentato l’ultimo capitolo e cussolettapink
che ha fatto più che bene a darmi una bella tirata d’orecchi!
14 - Decisioni
Il
volo aveva mezz’ora di ritardo e la cosa non mi rallegrava affatto: da quando
avevo mandato l’sms alla mamma per chiederle di far venire i nonni, Nathe mi
chiedeva in continuazione cosa doveva e non doveva fare.
-
Vuoi stare tranquillo accidenti? Mi stai mettendo ansia anche a me! Fai un bel
respiro profondo… i nonni non ti mangeranno mica!
Il
mio ragazzo si girò immediatamente verso di me. Ok, pessima battuta.
-
Nathe è un modo di dire… tranquillo andrà tutto bene! Devo ricordarti che io
mi sono fiondata a casa tua per venirti a cercare?
Si
mosse a disagio sul sedile. – Tu non eri consapevole di quello che stavi
facendo! E poi quando tornerò a casa sarò io a subirmi il terzo grado di mia
zia!
Sbuffai,
esasperata. – Sei il solito esagerato. Pensa un po’ che a casa mia invece
c’è mia madre pronta a mettermi in punizione ancora prima di mettere piede
fuori dalla macchina!
Mi
guardò un attimo. – Dettagli trascurabili!
Feci
una finta faccia scandalizzata e poi misi il broncio. – Sei bravo a rigirare
le frittate…
Rise,
molto probabilmente a causa della mia posa da bambina capricciosa.
-
E tu sei bellissima quando metti il muso. – si avvicinò e mi diede un bacio a
stampo.
-
E tu sei il più grande ruffiano di questa terra. – mi sistemai con la testa
appoggiata alla sua spalla.
-
Non mi ami anche per questo?
Stavo
per rispondere, ma la voce dell’hostess risuonò dall’altoparlante. –
Siete pregati di allacciarvi le cinture, stiamo per atterrare all’aeroporto di
Seattle.
~
Avevo
tenuto tutto il tempo la mano a Nathe, era un modo per rassicurare sia lui che
me stessa.
Quando
riuscii però a vedere la nonna che mi faceva un cenno da lontano, non potei
evitare di correrle incontro e abbracciarla. Anche se non me ne ero resa conto,
da quando avevo sentito al telefono zia Alice avevo accumulato tantissima
tensione.
Rimasi
attaccata alla nonna per qualche secondo, finchè non sentii il nonno e Nathe
presentarsi.
La
voce del mio ragazzo sembrava abbastanza tranquilla, ma riuscivo comunque a
sentire una leggera nota di nervosismo.
-
Il piacere è mio, Nathan…
Mi
girai verso di loro. Per fortuna avevo detto a Nathe che i miei non erano
proprio dei normali vecchietti!
-
Nonna, lui è Nathan.
Si
sorrisero. – Finalmente ho l’onore di incontrarti…
-
La cosa è reciproca, signora…
-
Va bene, va bene, va bene! – intervenni – basta imbarazzo e formalità!
Tutti a casa.
Accompagnammo
Nathan fino a casa dei suoi zii. Il viaggio era andato bene, si era
chiacchierato del più e del meno e da quando era sceso il mio ragazzo, mia
nonna non faceva altro che guardarmi come per dire “oh siete così carini!”,
senza, fortunatamente, esprimere questo concetto a voce alta.
Il
nonno invece era tranquillo come al solito, a volte ero convinta che nemmeno la
fine del mondo avrebbe potuto scombussolarlo.
-
Avete scoperto qualcosa su…
Le
parole mi morirono in bocca, già era tanto se ero riuscita a iniziare la frase.
-
No, piccola, ma devi stare tranquilla. Probabilmente la visione è legata con i
licantropi… per questo era così sfocata. Tua zia non è infallibile in fondo.
La
voce del nonno mi aveva solo in parte rassicurata.
Tre
minuti più tardi, senza nemmeno che me ne accorgessi, mi ritrovai nello spazio
davanti a casa Cullen, con la mamma che era corsa ad aprirmi lo sportello della
Mercedes.
Saltai
giù e l’abbracciai di slancio. Ero stata lontano da casa poco tempo, ma avevo
bisogno di quel contatto fisico in quel momento.
-
Finalmente sei tornata…
Sorrisi,
appoggiata sulla sua spalla. – Stai diventando come papà eh? E io che avevo
paura di tornare per la tua sfuriata…
La
sentii stringermi più forte e poi altre due braccia ci avvolsero.
-
Ciao pà…
-
Ciao principessa.
Restammo
così un altro po’, a bearci di quel calore famigliare mai banale.
-
Dai andiamo dentro, sta per piovere…
La
mamma ci fece strada in casa, mentre papà mi prendeva in braccio come faceva
quando ero piccola.
-
Non ti sembro un po’ cresciuta per certe cose?
Mi
fece il suo solito sorriso sghembo, come mamma amava definirlo.
-
Guarda signorinella che in confronto a me sei ancora una bambina… e poi lo so
che ti piace essere viziata!
Tutta
la casa rise, mentre papà mi poggiava a terra per farmi salutare anche il resto
della famiglia.
Ero
tornato a casa da un paio di giorni e non facevo altro che pensare a tutto
quello successo a Detroit. Da una parte ero il ragazzo più felice della terra,
ma contemporaneamente sentivo dentro di me un senso di vuoto, di ignoto. Pensavo
e ripensavo al racconto di Nessie su Rita e ogni volta mi sentivo sempre più
impotente e curioso di sapere la verità.
Guardai
l’orologio sul mio comodino. Mezzogiorno e quaranta.
Senza
rifletterci due volte e capire cosa stavo facendo realmente afferrai
l’impermeabile sul letto e uscii di casa, salutando la zia con un “torno tra
un po’!”.
Impiegai
circa venti minuti ad andare fino all’ospedale. Era l’orario migliore
quello, perché ci sarebbe stato da
lì a poco il cambio del turno e quasi tutti i medici erano in ospedale.
Sapevo
di apparire un po’ pazzo, ma non riuscii a contenere la frenesia e mi diressi
a passo spedito verso le porte del grande edificio bianco. Incrociai subito
un’infermiera, alla quale chiesi tutto d’un fiato del dottor Cullen. Mi
guardò per un momento dalla testa ai piedi e dopo aver appurato che non ero un
pazzo scatenato ma solo bisognoso di aiuto, alla fine mi condusse attraverso un
paio di corridoi e si fermò davanti a una porta. Bussò piano sul legno mi
annunciò.
Vivevo
una specie di esperienza extra corporea, per questo mi ritrovai seduto una
poltroncina senza sapere esattamente come esserci finito.
-
Signor Cullen, lo so sto facendo una pazzia… mi dispiace esserle piombato qui,
così, all’improvviso, ma sono giorni che non penso ad altro a quel
racconto…cosa devo fare? Se fossi diverso? Cioè non che abbia qualcosa contro
di voi… però…
-
Alt! Alt! Alt! Figliolo cerca di prendere fiato… ho difficoltà a capirti
persino io… fai un bel respiro e raccontami tutto dall’inizio.
Feci
come mi aveva detto e, con scarsi risultati, cercai di placare la mia ansia.
-
Si, mi scusi signor Cullen…
-
Carlisle
-
Carlisle… dicevo, mi dispiace per essere venuto fin qui a disturbarla durante
il lavoro, ma ho troppe domande per la testa e non voglio che Reneesme si
preoccupi o altro…
Mi
accennò un si con la testa, voleva che continuassi.
-
Vedi, quando eravamo fuori, Reneesme mi ha spiegato la vostra natura e… mi ha
detto di Rita.
Di
nuovo fece lo stesso movimento. – Si, me lo ha detto… in effetti voleva
proporti di venire da me, ma non ti voleva mettere sotto pressione…
Sorrisi
leggermente. – Lo avrei dovuto immaginare…
Il
dottore si mise dritto sulla sedia e appoggiò i gomiti sulla scrivania.
-
Nathan, chiedimi quello che vuoi, sono pronto a rispondere a qualsiasi domanda.
E, ti giuro, che non uscirà una parola da questo studio, sarai tu a riferire a
chi vuoi.
Questa
volta fui io ad accennare un si con la testa. Respirai profondamente e chiusi
gli occhi, avevo bisogno di riordinare le idee. Lui sembrò capire la mia
esigenza e rimase in assoluto silenzio.
Poco
dopo ripresi. – Che cosa sono?
Mi
scrutò attentamente per qualche secondo, come se volesse valutare se fossi
all’altezza di sostenere quella conversazione.
-
Non lo so. Vedi, quando Bella è rimasta incinta e anche successivamente, ho
fatto numerose ricerche sui mezzi-vampiri, ma il materiale era davvero poco e
insufficientemente dettagliato. Mia nipote ti ha detto di Nauel?
-
Si, mi ha raccontato tutta la faccenda con quei vampiri…
-
Bene… vedi, ho chiesto a Nauel più volte di sottoporsi a dei controlli e alla
fine ha accettato. Purtroppo non ho riscontrato grandi differenze con gli esami
di Reneesme, a parte il fatto che lui ha il nostro stesso veleno… gli ho anche
domandato se era possibile incontrare anche le sue sorelle, ma queste hanno
sempre rifiutato il mio invito. – Fece una pausa, probabilmente per darmi modo
di assorbire quelle informazioni. – Vedi, la tua è comunque una situazione
completamente diversa. Tra te e il vampiro della tua famiglia corrono due
generazioni, entrambi femminili… mi segui?
-
a dir la verità non molto – le mie labbra si piegarono leggermente all’insù,
era un vago cenno di sorriso.
-
Come ti ho detto le mezze-vampire non sono velenose… il tuo bisnonno ha
concepito una femmina, e a sua volta Rita ha avuto un’altra femmina…
probabilmente questo porterebbe il tuo DNA ad allontanarsi dai “geni
vampiri”, per questo non presenti nessuna caratteristica specifica a parte una
particolare bravura negli sport… oppure, essendo tu il primo discendente
maschio, potresti avere ereditato qualche qualità… non lo so davvero, sei una
bella gatta da pelare…
Rimanemmo
in silenzio per qualche minuto, entrambi persi tra mille considerazioni da fare.
Mi
sentivo strano. Quella parte di me che scalpitava per sapere qualcosa di più si
era finalmente placata, lasciando definitivamente spazio alla paura e
all’incertezza. Cosa dovevo fare? Andare a fondo di quella storia significava
mettere in gioco me stesso, rinunciare del tutto a una vita normale.
Ripensai
all’ultimo periodo. La morte dei miei genitori… il trasferimento… Reneesme…
Rita…
Nel
giro di poco tempo avevo rincominciato tutto da capo, sarei riuscito a mettermi
in discussione di nuovo? Probabilmente no, ma sapevo di non poter vivere con
quel gigantesco punto interrogativo sulla mia vera natura.
-
Carlisle, sono pronto. Fai tutto quello che puoi.
|
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