sacramental

di Amberle_Dubhe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***
Capitolo 3: *** Parte III ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


La seguente storia è una traduzione. Qui potete trovare l’originale, e qui il messaggio dell’autrice che mi dà il permesso di ripostare il suo lavoro :) ho lasciato la sua introduzione intatta perché mi piaceva (?).

L'ambientazione temporale si estende da circa il loro primo incontro fino ad un ideale post finale di Shou; la narrazione tuttavia non è lineare.

 

If you’re reading this, thank you for letting me translate this piece of work <3 I tried my best not to ruin it ahahah.

 







sacramental

 



This is in memory of a man I hate very much.

 

I cannot speak for others, but my inmost soul is torn
With a battle of desires making all my life forlorn.
There are moments when I would untread the paths that I have trod.
I’m a haunter of the devil, but I hunger after God.

— Hunger, Gamaliel Bradford.

 






Forse il momento più intimo è quello in cui cerchi di convincerti nel silenzio e nel buio che non devi metterti a piangere.

Izaya fissa il soffitto (non riesce nemmeno a vederlo; per quanto ne sa, tutto si è messo sotto-sopra) e prende un respiro profondo. Non è di alcun conforto, così ne prende un altro. L’aria è fredda e priva di consolazione, ma d’altronde non riesce a ricordare l’ultima volta che qualcosa è riuscito a confortarlo. Non riesce a ricordare l’ultima volta in cui ha avuto bisogno di conforto, tranne che questa è una bugia; non riesce a ricordare l’ultima volta in cui non ha avuto bisogno conforto.

Un altro respiro. Mentre espira, si spezza, e osserva con distaccato divertimento le lacrime che gli riempiono gli occhi e aspettano sul bordo. Se non fa attenzione a ricacciarle subito indietro, fallirà e si metterà a piangere. E non deve. Non deve piangere.

Il respiro successivo lo spinge oltre, e le lacrime fremono sulle sue ciglia. Stira la bocca in una smorfia che in alcuni suoi negoziati potrebbe essere più utile del suo solito ghigno, se solo i predatori e le prede intorno a lui non fanno caso al tremore della sue labbra, contemporaneamente pallide e rosse come immagina debbano apparire. Gli incisivi premono gli uni contro gli altri; il contatto spedisce alla sua testa  sibilanti  ondate irritanti di dolore. Inspira come ultima speranza fra i denti, e ingoia un lamento quando si accorge che forse, dopotutto, questa volta potrebbe anche non vincere. In quel soffio di fiato, singhiozza una volta, due volte, una terza, serra le palpebre in un infantile rifiuto mentre sibila per controllarsi.

Non deve piangere. “Cazzo” sussurra, a voce alta, e c’è già un altro respiro. “Cazzo.”

Sente la gola fredda e secca, ma non riesce a respirare dal naso. Giace così, la testa irrequieta sul cuscino, le mani che salgono a coprire la bocca. Quando deglutisce sente il sapore del sale, e quello probabilmente è meno frequente del monotono sapore metallico del sangue che di solito deve ingoiare. Ma quel sangue.

Non mettiamo alla prova colore che amiamo.

Oh, quel sangue. E all’improvviso, Izaya sente la padronanza di sè sfuggirgli nel modo in cui le cose a volte sfuggono dalle mani (non le sue, mai le sue) degli altri per nessun motivo oltre al fatto che le hanno strette troppo forte. Le lacrime, ora calde, inciampano sopra le sorelle nella scia che percorre le sue tempie fin dentro i capelli. Alcune gli finiscono anche nelle orecchie, e trova l’intera situazione più surreale che dolorosa.

Non mettiamo alla prova colore che amiamo.

Amore, e i singhiozzante gemiti della sua sconfitta sono piccoli e disperati in questa atmosfera soffocante quanto lo è lui.

——

“CHI E’ STATO?!”

Acciaio. Acciaio che si accartoccia sotto la sua mano. La plastica si deforma quando colpisce qualunque cazzo di cosa sia contro cui l’ha lanciato. Sente solamente la domanda che ruggisce a chiunque sia abbastanza stupido da stare nel suo raggio d’azione. Shizuo, il fenomeno del cazzo.

“CHI E’ STATO?!” Un altro po’ di acciaio distrutto, un’altra spaccatura nel marciapiede. “CHI DI VOI BASTARDI, CHI DI VOI L’HA TOCCATO-” Lo ha toccato, ha toccato Izaya. Con le loro sporche mani fottute. E anime. E intenti, oh, li distruggerà tutti, tutti. Arto dopo arto. Li farà a pezzi un arto dopo l’altro, gli strapperà ogni tendine e osso. Li sviscererà sulle strade così che tutti sapranno che Izaya non deve essere toccato. Non in quel modo, con per quello scopo. Da nessuno, se non da lui.

“CHI?! DITEMELO!”

Serra le mani in pugno, e la sete di sangue non svanisce. Il dolore nei suoi palmi non svanisce quando vi affonda le unghie. C’è una strana tensione nei suoi polsi. Come se il sangue che scorre sotto la pelle non sia il suo. Come se fosse sovraccaricato. Elettrico. Come se fosse quello che Izaya ha perso da quel fottuto buco nel fianco. Izaya è ferito, Izaya è ferito, Izaya è ferito, e a causa di qualcun altro. Izaya è ferito per mano di un altro, Izaya è ferito, Izaya ha perso sangue, Izaya ha sentito un coltello penetrare nel suo corpo, Izaya è crollato sul marciapiede, sullo sporco marciapiede del cazzo, proprio lì intorno da qualche parte, proprio lì intorno. Lo hanno toccato. Lo hanno preso. Lo hanno preso.

Non puoi rivendicare una persona, gli aveva detto Kasuka. Anni fa. Magari vuoi averle al tuo fianco per sempre, può capitare che tu riesca ad averle al tuo fianco per sempre, ma non puoi possederle.

Lui non è una persona. E’ un incubo.

E’ un mortale, fratello. Un giorno morirà.

Il sole picchia sui solchi che ha lasciato qua e là sul muro. Brilla attraverso quelle fenditure, risveglia chiunque vi sia all’interno. Bene. Tutti devono essere svegliati. Tutti devono vedere. Tutti devono sapere. Izaya non dovrebbe essere toccato.

——

C’è un mostro per le strade di Ikebukuro. Ce ne sono molti, ma ce n’è uno a cui Izaya conferirebbe l’iniziale maiuscola se effettivamente volesse riconoscere che lo riconosce a tal punto.

Non è che Izaya non sia consapevole della propria identità, o come minimo, della propria reputazione. Aveva quindici anni la prima volta che ha sentito la parola diavolo, sputata dalla stessa bocca a cui sta attualmente attribuendo lo stesso appellativo. Aveva assorbito quelle sillabe e le aveva sistemate alla base della sua gola, messe in equilibrio lì, pronte per risalire qualora avesse avuto bisogno di difendersi. Che fare? Sono un diavolo, sono un bastardo. Sono l’anti messia, il più grande che tu abbia mai incontrato. Quando era uscito dalla Raijin per l’ultima volta, a diciassette anni, aveva raccolto un sacco di complimenti inventivi. Spezzacuori. Demone. Mostro, il suo preferito per l’ironia che portava con sè.

Quando brinda ai suoi vent’anni, si domanda quante pagine avrebbe potuto riempire se si fosse annotato ogni parola vomitata, ogni minaccia ringhiata. Le sue da sole avrebbero occupato uno scaffale intero, se non fossero già appuntati nelle mura della sua mente. Izaya, ratto. Izaya, verme. Izaya, serpente. Cinque anni e ancora non riesce a spiegarsi l’euforia nel sentire quella rabbia, il modo in cui striscia attraverso le orecchie fino alla testa, diffondendosi da lì nel resto del corpo come mercurio riscaldato. (E in questi giorni ci vuole così tanto per riscaldarlo; c’è sempre voluto così tanto per riscaldarlo.)

Negli anni, la sua forza è solo aumentata (e insieme a quella, ciò che Izaya avrebbe definito il proprio interesse se avesse voluto riconoscerlo). Porte rotte diventano cancellate rotte, segnali dei negozi divelti diventano segnali stradali divelti, la puissance di quelle mani che spargono devastazione per la città come se fosse fatta di sola sabbia. E nonostante tutto, i pochi scelti calci nei denti che sono riservati ad Izaya soltanto, come se il resto della città fosse sordo al ruggito di quelle parole… come può essere biasimato se ne trae piacere? Il masochismo si accompagna alle sue virtù, per quanto limitate e contorte che possano apparire, e non aveva mai dichiarato di amare sè stesso, in ogni caso.

Fuori dalle tende del suo quinto appartamento si prepara una tempesta proverbiale. Izaya non le dà retta: non ha ancora programmato niente di speciale perciò il sottofondo non è necessario. Gli edifici di Ikebukuro che sono scampati all’ira della bestia (un numero sorprendente alto) si ergono umilmente contro le nuvole. Da qualche parte, un fulmine irrilevante. Da qualche parte, un grosso oggetto torna ad essere semplice acciaio. Fra le sue mani, un bicchiere di vino aspetta di essere scrutato.

Non ha subito attacchi per settimane. Si annoia.

Ci sono molti mostri per le strade di Ikebukuro, impazziti e pericolosi nella loro immaturità.

Ma ce n’è uno ben peggiore di tutti loro, e infonde nel cuore di Izaya una soggezione tale che nemmeno la più sanguinosa delle albe potrebbe eguagliare.

——

Una volta, proprio come nei suoi sogni, Izaya aveva guidato Shizuo in cima ad uno degli edifici più alti della città e si era allontanato un po’, un’espressione buffa sul viso. Shizuo, raramente esempio della calma fatta persona, aveva trovato strano vedere Izaya comportarsi così. Intorno a loro c’erano alberi, c’erano edifici, e qualche nuvola in cielo, qualche stella. Erano poche le volte in cui Shizuo non percepiva una sorta di fremito nell’aria intorno a Izaya, e questa era una di quelle. L’aria era semplicemente come doveva essere, le stelle dove dovevano stare, e Izaya appariva stanco e reale.

“Che c’è?” aveva detto dopo che Izaya non aveva detto una parola per troppo tempo.

“Non parlare” aveva detto Izaya. “Stai fermo lì e basta.”

Così Shizuo era rimasto lì in piedi, silenzioso e fermo, e aveva aspettato qualunque cosa Izaya volesse fare. E Izaya non aveva fatto nulla. Nulla, era rimasto lì, silenzioso e fermo, fissando Shizuo mentre il sole intorno a loro tramontava, i colori malsani e veloci.

Il vento aveva soffiato gentile fra i suoi capelli, e Shizuo ricorda di aver desiderato di allungare una mano per toccare quei capelli, portarli dietro le orecchie di Izaya, e poi stringerlo nella luce del cielo cangiante. E Izaya forse voleva fare la stessa cosa ma qualunque cosa avesse visto lo aveva colpito così tanto che non si era mosso.

“Posso baciarti?”

C’erano state altre volte, prima (e dopo) in cui Shizuo aveva semplicemente afferrato le braccia di Izaya con qualunque grazie di cui le sue mani erano capaci, e l’aveva trascinato vicino, unendo le loro labbra in una specie di affettuoso tentativo. Izaya aveva sempre baciato in modo fisico, come se il suo sapore potesse strisciare nella bocca di Shizuo attraverso le sole labbra. La prima volta, era stato spaventoso -e non gli era mai capitato, allora, ad essere spaventato da qualcosa di diverso dalla sua forza. Magari quel retrogusto che gli scivolava in gola era ciò che gli aveva insegnato ad essere spaventato da altre cose - dell’amore, della morte, di esistere quando Izaya non esisteva. Un’improvvisa speranza che questo sarebbe stato l’unico essere umano che avrebbe mai saputo come desiderare.

C’erano state altre volte, prima (e dopo) in cui Shizuo non aveva chiesto il permesso perché era stato nel suo taschino fin dal primo giorno. Ma quella sera la serenità sul viso di Izaya lo aveva spinto a porgli la domanda con altrettante tranquillità.

Izaya aveva sbattuto le palpebre con un’innocente sorpresa che si era infilata nella memoria di Shizuo per sempre. Ecco da dove lo sta chiamando proprio ora, mentre fissa le proprie scarpe, il petto pesante. Lo stesso palazzo, la stessa città, ma il sole è più ostile di quanto non sia stato per un bel po’, così tanto tempo fa che Shizuo aveva dimenticato come brucia sulla pelle.

Gli alberi sembrano verdi da qui, e le persone così grigie che le detesta tutte quante. Non aveva provato una rabbia così, che dura più a lungo di quanto ci mettano le ossa per rompersi, sin dall’ultima volta in cui Izaya aveva provato veramente a ferirlo - così tanto tempo fa ormai che potrebbe anche essere stato un’altra vita. E ora è qui, e Izaya aveva sanguinato su una delle strade che può vedere da quassù, e pensa che se salterà giù da questo parapetto potrebbe essere in grado di dimostrare un qualcosa al mondo. Come osate, come osate. Come osate toccare ciò che è mio da toccare, mio da stringere, mio da uccidere.

Shinra avrebbe riso della sua indignazione, del suo credere di essere lui il solo che ha il permesso di ferire Izaya, attaccarlo, essere l’unico a decidere quale danno gli venga inflitto e quale no. Ma è così - è così che Izaya è rimasto vivo per così tanto, no - nella sicurezza del bisogno di Shizuo di averlo vivo così che potesse ucciderlo ancora e ancora e ancora.

Non riusciresti ad uccidermi se ci provassi, mio-

Non aveva mai finito quella fottuta frase, no, non aveva mai finito quella fottuta frase. Shizuo esala una sorta di stupido rumore nel profondo della gola e serra le dita intorno alla ringhiera, prova e riprova a non strapparla via.

——

Heiwajima Shizuo è il tipo di persona che si sente vuoto e solo alla fine di un film. Probabilmente non ha mai imparato a distaccarsi dalla narrazione. Quando Izaya cominciava a ridere delle difficoltà incontrate dai protagonisti vari, Shizuo doveva rimanere fermo e assorto, masticando un pop corn alla volta. Questo Izaya lo impara la prima volta che posa gli occhi su Shizuo, fissandolo dalla finestra mentre il ragazzo attraversa l’ingresso della scuola. Dietro di lui, indossando gli occhiali e un sorriso costantemente inappropriato, siede l’opposto di un fuggitivo. Uno dei motivi per cui Izaya apprezza la compagnia di Shinra è la tendenza del ragazzo ad affrontare le cose faccia a faccia, non importa quanto strane possano essere.

Fra tutti, aveva pensato di presumere lo stesso anche per Shizuo, ma la linea delle spalle di Shizuo e il modo in cui solleva la cartella dice a Izaya che è in cerca di modi per dimenticare senza rendersi conto di ciò che sta facendo.

Shizuo è bellissimo, comunque. Capelli decolorati, una mascella che Izaya potrebbe usare per affilare coltelli, la bocca una linea tesa che è attraente per ogni dettaglio celato. Forse ciò che lo attira più di tutto, proprio fin dal primo momento, è l’evidente tensione sulle labbra di Shizuo - la piega sugli angoli gli fa capire che è deliberata, e che se riesce a far arrabbiare Shizuo, la lezione di chimica sarà molto più interessante.

“Come si chiama?”

Shinra alza gli occhi al cielo, una cosa che probabilmente non fa mai davanti a Shizuo. “Lo vuoi davvero sapere?”

La voce di Shizuo è un roco brontolio, che ha fatto cantare i nervi di Izaya la prima volta che l’ha sentita, e così ha fatto ogni volta da allora. L’imprevedibilità della sua inflessione è la seconda cosa più frustrante che Izaya abbia mai incontrato; non era abituato a dover serrare i denti per controllare la propria sorpresa così spesso. Sa che con il tempo ci si abituerà, e il fatto che quell’idea sia allo stesso tempo tetra e piacevole è la prima cosa più frustrante che Izaya abbia mai incontrato.

A casa, se così può essere chiamata, Kururi e Mairu sono ancora troppo giovani per essere altro se non apertamente infide. Vive con il costante timore che questa qualità non sia destinata a cambiare con l’età, ma per ora, l’irritazione è un grosso fattore nella sua decisione di trascinarsele dietro a casa di Shinra ogni volta che devono studiare insieme. Se quei piccoli demoni riescono a far arrabbiare lui, sarà un gioco da ragazzi far infuriare Shizuo con le loro buffonate.

Tra week end lunghi e pallidi mattini d’estate impara che semplicemente non si può dire cosa possa far perdere la testa ad Heiwajima Shizuo. Sedici non è una grande cifra, ma Izaya ha sempre fatto vanto di essere sempre stato in grado di comprendere qualunque persona gli si sia parata davanti finora. Si rifiuta di arrendersi solo perché gli incessanti colpetti di Kururi lo fanno sorridere invece che urlare, e decisamente si rifiuta di arrendersi solo perché non è riuscito a far dire a Shizuo qualcosa tipo Non vengo se viene anche Izaya. L’odio è l’unico trofeo che accetterà; nulla di meno, niente di inferiore.

“Scusa se le mie sorelle sono così fastidiose” accenna una volta, e Shizuo scuote la testa.

“Ho un fratello piccolo anche io” dice, come se Izaya non conoscesse il gelato preferito di Kasuka. “So che funziona.”

Quella notte, senza intenzione di provocare un cambiamento, Izaya finisce per insultare uno dei personaggi cinematografici preferiti di Shizuo. Il litigio che segue rompe il suo naso, due finestre, il casco di Celty, a fa sì che Mairu cominci a chiamare Shizuo fratellone. Ci sono poche, rare cose che Izaya ammetterebbe di non comprendere per niente, ma è disgustato dall’idea di aggiungere Shizuo a quella lista proprio adesso. E più tardi, quella notte, quando è l’unico che non riesce a dormire a causa del vento che fischia dalle finestre ancora rotte, si appoggia sul gomito e osserva Shizuo così a lungo, così a lungo. Le sue ciglia, le sue sopracciglia, la radici scure a malapena visibili dei suoi capelli. Il modo così silenzioso di dormire, come per bilanciare il fracasso che causa durante il giorno - e forse ciò soprattutto che rende Izaya felice e triste è che se non fosse per lui, Shizuo sarebbe così anche da sveglio.

Quando si unisce a Celty in salotto, sono le due del mattino ed è infastidito oltre ogni dire.

[Il vento fa troppo rumore?]

“Shizuo russa” dice. “Che animale.”

——

C’è un vampiro nelle strade di Shinjuku. Solitario, privo di legami; una specie crudele che lascia segni di denti su qualunque cosa baci. Shizuo si innamora di lui, la prima volta che Izaya si dimentica di mordere.

Accade così: durante un terribile tramonto, Shizuo riesce a raggiungere il bastardo nella strada dietro ad un complesso di edifici, e intrappolarlo, i palmi sui mattoni grigi e il viso di Izaya a pochi centimetri dal proprio. C’è un negozio cinquanta metri più in là e non sta facendo alcun favore a Shizuo; la confusione di Izaya è assolutamente limpida. Sembra fatto di porcellana simile a come deve esserlo la morte stessa, gli occhi fissi in quelli di Shizuo nonostante Izaya debba essere spaventato per una volta. Una volta.

“Perché devi sempre farti vedere e rovinarmi la giornata, eh?” Il calore del respiro di Izaya gli fa il solletico contro la parte alta del petto, la distanza del sogno tra di loro è la più sottile che potrebbe esserci mai stata - o magari è solo una sensazione, non saprebbe dire; non lo sa mai. “Perché non puoi stare lontano dalla mia vista?”

Izaya ha solo una risposta, e così Shizuo non deve mai osservare la sua faccia per vedere se sia in procinto di inventarsi una bugia. E’ più sicuro dare per scontato che Izaya mentirà, ma sono le sue verità a raggiungere Shizuo. Il peggio è quando Izaya dice la verità e crede che verrà presa per una bugia; quella sicurezza lo fa diventare matto. “E’ troppo divertente vederti bruciare, Shizu-chan.”

Dire bugie tra i denti anche con la mano di Shizuo così vicina al proprio cranio, è esattamente il genere di cose che lo mette nei guai ogni volta - ma poi Shizuo assimila la bugia, e vede il tremolio sul labbro di Izaya, e improvvisamente si sente piccolo. Piccolo, e ora altrettanto confuso.

In quel momento, Izaya cambia davanti a lui. Il suo pallore svanisce, sostituito da colori che non hanno mai interessato Shizuo prima, le guance inondate dalle luci gialle del negozio, la pelle sotto i suoi occhi dolcemente rosata, e Shizuo si chiede quante altre cose ci sono che pensa di essersi perso fin dall’inizio.

E poi la mano di Izaya è sul viso di Shizuo - i polpastrelli toccano a malapena gli zigomi, un pollice sull’angolo della sua bocca - e quando apre la sua bocca sente una corrente, semplicemente, una corrente. Perciò di ferma, e stanno lì così, il pollice di Izaya fra i suoi denti, e Shizuo ha così tante domande in testa che non riesce nemmeno a sceglierne una e ad ascoltarla. Izaya ha l’aspetto di uno che è appena morto, ma Shizuo non si è mai sentito più vivo. Un contatto privo di violenza, una limpidezza negli occhi di Izaya che attira Shizuo in un modo che la sua malignità non ha mai eguagliato, e giura di percepire un fuoco ritirarsi dal petto fin sotto i tacchi. Mentre si arriccia lì in attesa, Shizuo lotta per tener viva la rabbia.

“Ti ucciderò, un giorno” ricorda a sè stesso. Izaya ride ma suona addolorato.

“Non riusciresti ad uccidermi se ci provassi, mio-”

E forse è perché è la prima volta che Shizuo vede Izaya distogliere lo sguardo, o forse è perché le mani di Izaya stanno tremando. O forse è perché Shizuo è un pazzo, spezzato in almeno venti posti diversi in un dato momento, e più spaventato di essere capace di uccidere chiunque incontri che di non esserlo. Per una di queste ragioni, o per qualche altra ragione, o proprio per nessuna ragione, Shizuo percepisce il proprio cuore del cazzo contorcersi e cadere ai piedi di Izaya.

Come se improvvisamente ne sentisse il peso sulla scarpe, Izaya sogghigna, i suoi occhi che si adombrano di nuovo, e Shizuo è sollevato. “Lasciami andare, Shizu-chan” dice, strascicato, abbassa la mano, l’altra che raggiunge la tasca.

Quando Izaya impugna il suo coltello, sibila nel fumo del fuoco, e graffia la distanza del sogno, e Shizuo riesce di nuovo a vedere chiaro. Per il momento colori svaniscono, il suo nemico è bianco sporco, ride forte e limpido come le campane che segnano l’ora mentre corre sempre un passo avanti oltre la capacità di Shizuo

——

Non si ferma finché non è a metà strada per arrivare all’ospedale, per pensare a quanto poco sarebbe benvenuto una volta là. Magari penserebbero che è lì per uccidere Izaya e magari avrebbero ragione. Magari sta marciando fino a là proprio con l’omicidio nella testa; non gli piacerebbe vedere Izaya messo a tacere una volta per tutte, ma non sarebbe meglio se prima strappasse il respiro dai polmoni di quel bastardo che ha pensato di poterlo fare per primo?

A metà strada dall’ospedale, si rende conto di questo. Si ferma e alza ancora lo sguardo verso il miserabile cielo. Non dovrebbe andarci Anche se Izaya non è cosciente, anche se sta dormendo, Shizuo non ha dubbi che la sua presenza potrebbe rovinare tutto come sempre.

Ma poi pensa a come Izaya era solito ridere di queste cose. Diceva che la sua mortalità era così lampante che nessun (altro) avrebbe potuto pensare di ucciderlo, diceva di aver messo in mostra la propria caducità per sfuggire alla morte. E comunque, le mie difese sono di diamante, e come farai a distruggerle, Shizu-chan? E ricorda la distanza del sogno, cristallina e crudele, e ricorda il sorriso di Izaya di allora, perciò perché fare questo adesso?

Fintanto che Izaya respira da qualche parte, Shizuo nella sua furia distruggerà marciapiedi e romperà finestre e ossa. Ma se quel cuore bugiardo di Izaya viene meno, non sa cosa farà.

——

A ventun anni, su un altro letto e sotto un altro soffitto, Izaya impara cos’è la paura. Un’emozione più umana di quanto possa essersi mai sognato di provare; così nuova, così diversa dal modo in cui la sua mortalità gli dà la caccia. Questa è diversa; più urgente, più esigente, qualcosa che lo tiene in piedi tutta la notte la prima volta che la sente piantare la radici nel suo petto, sotto la gola dove diavolo giace fermo nel suo nido di filo spinato. Non è impercettibile e non lo colpisce tutto in una volta; è più come qualcosa che scivola lentamente nel suo vino, e nel suo sangue, attraverso l’aria intorno a lui. Qualcosa che accompagna le tracce del mercurio che si è diffuso nelle sue vene.

E’ qualcosa che ha a che fare con lui. E’ ovvio che ci sia, ne è stato consapevole per anni; qualcosa che ha a che fare con lui, qualcosa di orrido e magnetico. Lui è ripugnante; è una bestia. Izaya non considera nessuno peggiore di lui, e la cosa di per sè è spettacolare - che possa indurre un odio così limpido dai pensieri più profondi di Izaya, che renda impossibile ad Izaya di amarlo, che riesca a far ribollire Izaya con una tale ostilità che è obbligato ad escluderlo del tutto dal resto dell’umanità. Mostro, mostro mostro. Ecco perché lo odio, ecco perché non lo sopporto; non appartiene alla natura, non è di questo mondo, e dovrebbe ritornare là da dove proviene.

Ma i fuochi infernali sanno bene come dare forma al loro vetro; non può dire con sicurezza di aver visto un viso più bello o una andatura più minacciosa. Heiwajima Shizuo è la miscela vivente di tutto ciò che fa arrabbiare e irrita e attrae Izaya, e non c’è nulla che può fare riguardo a ogni scontro a cui dà inizio e ogni sogghigno con cui provoca il selvaggio. Deve. Non è più forte degli innocenti che Shizuo fomenta solo camminando in mezzo a loro; non lo era quando aveva fatto inseguire Shizuo dalla polizia nel loro ultimo anno alla Raijin, anche solo per ottenere qualche effetto. Per essere più di un rumore di sottofondo, per attirare l’attenzione su di sè.

Izaya è egocentrico e scorretto quando gli capita di desiderare qualcosa, come viene a scoprire - perché prima di Shizuo, che cosa desiderava se non lasciare un nome dietro di sè, anche se, dai giardini al di sopra o al di sotto del mondo, non avrebbe potuto ricalcarne i segni? E ora che sa com’è avere quella commovente quantità di furia diretta solamente a lui, anche per pochi minuti, che cos’è che non vuole? Cosa non vuole da Shizuo? Tutta la sua attenzione, tutta la sua rabbia; tutto di lui, a vagabondare per le strade solo per dare la caccia ad Izaya, solo per ferire lui, attaccare lui, toccare-

E’ allora che i suoi occhi si aprono e l’altro soffitto gli si presenta alla vista. Quella parola fa balenare un terrore dentro di lui che gli gela le mani più di quanto già non siano. Una flebile ondata di panico, che muore e poi aumenta lentamente di nuovo mentre deglutisce e si porta una mano alla testa. Un odio lo può ospitare; un’antipatia, la può sopportare. Ma quello. L’idea di quell’odio che si intensifica fino a diventare in una violenza differente- si rigira e si copre fino alla testa.

Il mattino seguente fa in modo di far arrabbiare Mairu, cosa che conduce Kururi ad un tentato omicidio. Mentre respinge i suoi stoici, precisi affondi, ricorda uno Shizuo ridente che riusciva facilmente a separare quelle due, e lasciava che lo colpissero nella confusione. Mairu si getta immediatamente su Kururi mentre Izaya sta in piedi nella sua cucina (nella quale non dovrebbero nemmeno essere) con le guance in fiamme.

Quando si accorge delle gemelle che lo fissano, lancia loro un’occhiataccia. “Le dimostrazioni del vostro dubbio affetto incestuoso sono interessanti, ma ho qualcosa di più grande che bolle in pentola.”

“Intendi tipo la tua crescente infatuazione per Shizuo?”

“Fuori di qui.”

Dopo almeno tre anni dall’ultima volta che aveva fatto arrabbiare Shizuo di brutto, il bruto lo inseguiva ogni volta che le loro strade si incontravano. Succede così spesso che Izaya non dorme mai insoddisfatto. O almeno, non ci era mai abituato - fino al mattino, e poi la sera, dopo questo suo nuovo sviluppo. Per la prima volta, deve evitare Shizuo quando riconosce i capelli chiari, deve girare i tacchi e fare un’altra strada. Non farà sempre così, ovviamente no; è una cosa temporanea. Ha solo bisogno di raccapezzarsi, di capire cosa sta succedendo, e poi tutto tornerà alla normalità, pali e pietre.

Se Shizuo non fosse un formidabile avversario (forse l’unico di Izaya) non sarebbe stato assolutamente interessante, e così una sera capita che Izaya si ritrovi messo all’angolo proprio mentre il cielo comincia a passare da violaceo al blu notte. Il vicolo è un clichè, il ringhio arrabbiato di Shizuo lo è anche di più- ma l’affanno di Izaya è nuovo.

Nella luce tenue di un negozio in fondo alla stradina, i tratti del viso di Shizuo sono più gentili di quello che l’occasione dovrebbe permettere. Una luce dorata sulle guance qui, sfumature rosa, gli occhi affilati e luminosi. Il suo profilo che incombe, pronto ad attaccare in qualunque momento, è deliziosamente minaccioso.

“Perché devi sempre farti vedere e rovinarmi la giornata, eh?” La voce di Shizuo stride contro di lui come sempre, quel dannato mercurio che si libra. “Perché non puoi stare fuori dalla mia  vista?”

Perché non puoi stare fuori dalla mia testa? “E’ troppo divertente vederti bruciare, Shizu-chan.”

Forse la luce del negozio ha un fremito, o gli ultimi raggi del giorno svaniscono, ma c’è un cambiamento negli occhi di Shizuo che colpisceIzaya come un pugno nello stomaco. E prima che se ne renda conto, sta allungando una mano e circondando la mascella di Shizuo, il pollice sull’angolo del suo labbro inferiore. Come si aspettava, Shizuo si muove automaticamente per morderlo, ma qualcosa- probabilmente lo stesso fulmine che ha appena attraversato il corpo di Izaya- lo ferma e invece il pollice di Izaya rimane cauto fra i suoi canini. Izaya è troppo assorbito dalla schiacciante consapevolezza di star toccando la sua pelle per la prima volta per preoccuparsi di essere morso. E comunque, Shizuo è tutto spigoli smussati e forza bruta, l’opposto del vampiro che è Izaya; i suoi denti non romperanno la pelle.

Shizuo non sta nemmeno respirando, gli occhi puntati su Izaya con evidente curiosità, e Izaya- nessuno ha mai guardato Izaya in quel modo, non Heiwajima Shizuo. Non così, stando in piedi da qualche parte dopo il tramonto con la mano sulla mascella di Shizuo e le unghie posate sulle sue terribili labbra morsicate, un veleno nei loro confronti che non ha nulla a che vedere con la rabbia e ha tutto a che vedere con il loro punto di contatto- i suoi battiti aumentano finché li sente pulsare nelle orecchie, come il maligno battito di un tamburo, come la campana di una chiesa.

In quella gabbia di fulmini mentre si fissano l’un l’altro, Izaya vede lo sguardo di Shizuo cambiare irreversibilmente.

“Ti ucciderò, un giorno” dice Shizuo, ma suona così stupidamente insicuro. Izaya ride nella sua trepidazione.

“Non riusciresti ad uccidermi se ci provassi, mio-” e la sua risata si ferma di nuovo, il respiro si ferma di nuovo. Mio cosa? Nemesi? Amico? Mostro? Sole? La causa scatenante rimane sospesa nell’aria fra loro, con Shizuo troppo sperduto per registrarlo, probabilmente (fortunatamente) e Izaya che gira il viso per fissare il terreno, gli occhi sgranati e una volta tanto silenzioso.

E comunque, non ci provi nemmeno.

Così all’improvviso, ritorna la rabbia. Il disgusto, il ritorno del sogghigno familiare e rassicurante sulle labbra. Pensare che Shizuo non lo considera ancora abbastanza da attaccarlo veramente, pensare che non lo ha ancora ferito abbastanza, conduce in lui un’indignazione che con fermezza trasforma in ostilità.

Torna a guardare nei ricchi occhi di Shizuo. lascia cadere la mano e con l’altra circonda il coltello nella tasca. “Lasciami andare, Shizu-chan.”

Mai.”

Il coltello viene sguainato e la gabbia scricchiola e si rompe; mentre Izaya corre via con una gioia genuina, stavolta, pensa di aver commesso qualcosa di imperdonabile.

——

Gli promettono di non far sapere a Izaya (quando si sveglia, lui si sveglierà, lui aprirà gli occhi e smetterà di avere quell’aspetto) che è stato lì. Non ha il permesso di entrare nella stanza; probabilmente lo hanno fatto arrivare fin lì, incespicante e perduto, per via dell’espressione sulla sua faccia (omicida, ne è sicuro, è per quello che sembrano così sorpresi, ne è sicuro) e perché sanno che comunque non possono fermarlo.

Non ci sono dubbi sul suo amore per Izaya. Non ci sono dubbi sul suo odio per Izaya. Che quello che c’era in mezzo potesse prendere fuoco perché Izaya è portato a ferire era qualcosa che non aveva pianificato (non che i suoi piani abbiano mai funzionato). Che lo avrebbe portato fuori dalla stanza di Izaya senza avere la più pallida idea su cosa fare -anche quando si sporge contro il pannello di vetro sulla porta, riesce a vedere Izaya fra le ciglia, incorniciano la sua visione come le sbarre di una prigione.

Ma guardare Izaya sul suo letto, gli sembra di guardare da molto lontano, più lontano di quanto qualunque gabbia vera e propria potrebbe azzardarsi a tenerli separati. Gli sembra di essere di nuovo in quel sogno, e ancora e ancora, vite e vite in mezzo a loro, senza mai muoversi avanti o indietro di un centimetro, anche se riesce a vedere dov'è e dove vuole essere. Sembra come se ci dovesse impiegare un’eternità per camminare dentro la stanza, raggiungere Izaya, provare a svegliarlo. Vedere se non aprirà gli occhi più velocemente per Shizuo e la sua collera.

Izaya è addormentato, incosciente e beato, e davvero, Shizuo potrebbe spezzargli il collo in un secondo. Rompergli le costole, strangolarlo. O piuttosto, Shizuo non potrebbe, non in questo momento mentre è disteso così, e d’altronde non quando sprizza di vita e di risate. Un odio come questo ha bisogno di essere tenuto in vita, e per riuscirci ha bisogno che Izaya sia vivo. Non può ucciderlo di già, non ancora.

Usali. Non ancora.

L’eterno re di sempre sulla sua alta montagna, Izaya, perfino da incosciente, sembra baldanzosamente solo. E lo è - non c’è nessuno lì, anche se potrebbe essere un caso che Shizuo lo abbia scoperto prima di ogni altro. Domani sarà sui notiziari e Izaya scapperà dall’ospedale, e Shizuo riderà di chiunque sarà abbastanza da stupido da provare ad ucciderlo mentre dorme. Continuerebbe a guardare se non si fidasse di Izaya più di quanto si fida di sè stesso, per tenerlo al sicuro. E da qualche tempo si è convinto che l’unico modo per rimanere ferito dal fatto di non avere avuto il permesso di proteggere apertamente Izaya perfino quando erano amanti è di capire i piccoli modi in cui Izaya aveva tentato di proteggerlo. Prima di distruggere tutto.

Intorno a Shizuo, ci sono molte persone che provano amore sincero e ipocriti, che credono che l’amore sia essere soddisfatti da come qualcuno aderisca alle loro piccole morali e regole. Dicono a loro stessi di amare i loro compagni per tutte le loro imperfezioni, dopo averle indicate loro stessi. Quei bastardi non conoscono la vera sofferenza dell’amore, l’esistenza di persone i cui innamorati morirebbero più e più volte per loro, che non farebbero nulla se non ridere se si trovassero davanti il loro cadavere. Izaya è uomo cattivo, e lo amo. Lo amo, ed è un uomo cattivo. Abbietto, maligno, subdolo in così tanti modi che Shizuo non riesce nemmeno ad immaginarne il numero. Ora danza fra mali e mali peggiori, ora danza fra altri diavoli minori, non c’è mai stato un secondo che Izaya abbia finto di essere ciò che non è- una dozzina di appellativi ma nessuno di loro è buono, nessuno di loro è gentile.

Tuttavia, tuttavia. Shizuo non è mai stato un angelo. Shizuo non è mai stato un santo. Forse il suo odio per Izaya deriva dalla consapevolezza giornaliera di come Izaya tiri fuori il suo dannato lato peggiore- e forse il suo amore per Izaya è la consapevolezza notturna di come Izaya tiri fuori il suo dannato lato peggiore. E forse tutto questo (lo sente proprio adesso) è troppo perché non importa cosa stia facendo, che stia inseguendo Izaya giù per un vicolo e fra i tetti e in una fontana in disuso, o che stia in piedi immobile fuori da una stanza di ospedale cercando di respirare- non importa cosa stia facendo, è la più intensa sensazione mai provata, la sensazione più intensa che sentirà mai, pensa - finché Izaya non trova un nuovo modo di spezzarlo e rimettere insieme i pezzi, un po’ larghi.

Izaya, perfino da incosciente, sembra baldanzosamente solo. Nessuno verrà a trovarlo, anche se potrebbero esserci molti che verranno per ammazzarlo. Non è che Izaya non lo abbia saputo per tutta la vita, anche quando era insieme a Shizuo. Izaya non aveva mai interrotto i suoi inganni anche se si erano appena baciati, o se stavano per, e Shizuo non si era mai aspettato altro- e Izaya non si era mai aspettato che a lui importasse delle loro sorti più di quanto usasse fare prima che mandassero tutto a puttane sopra a un ponte alle due del mattino.

Se quello potesse spiegare perché adesso Shizuo deve stare dalla parte sbagliate della porta, accetterebbe la loro storia per ciò che è stato- ma nonostante tutto quello che è successo, pensa comunque di stare dal lato sbagliato della porta quando sa che anche Izaya penserebbe la stessa cosa, ma per tutte le ragioni sbagliate- merda, non ha mai smesso di pensare nemmeno per una volta che Izaya lo voglia morto. E nemmeno per una volta ha pensato che per lui fosse diverso, ma eccolo qui, inutile ed emotivo, cazzo, a pensare di essere sul punto di piangere davanti a tre infermiere terrificate solo perché Izaya ha ottenuto ciò che ha inseguito per tutta la vita.

Non dovrebbe essere qui. Non dovrebbe nemmeno essere qui, e deve andarsene, anche se Izaya è quasi senza speranza tanto quanto lo è lui. Deve andarsene, sta per andarsene, sta andando- si raddrizza, cammina via, lungo il corridoio e giù per le scale, e verso un’alba spietata.

L’intero suo cuore è una ferita aperta, pulsa e brucia e aspetta, e sopra i tetti di Ikebukuro, il sole sorge.








 






NOTE:

 

Confusi? Posso immaginarlo, anche perché questa è solo la prima delle tre parti della storia che in originale è una OS. Ho deciso di dividerla per alleggerirmi il lavoro *è in ballo da mesi ma shhhhh* e eventualmente la lettura. Cioè forse in realtà sarebbe meglio leggerla tutta in una volta sola visto i continui salti temporali/richiami del testo MA così ho deciso e così rimane AHAHAHAH.

Cercherò di non far passare troppi giorni, in realtà devo solo correggere le bozze solo che mi pesa il culo farlo (sono povera e non ho una beta reader, vi chiedo scusa per gli errori che probabilmente mi saranno sfuggiti), e niente. Questa è tipo una delle mie storie preferite ever, quindi abbiatene cura (???) SPERO CHE VI PIACCIA E MAGARI VI COMMUOVA COME E’ SUCCESSO A ME (fin troppe volte, sono debole. La prima volta che l’ho letta sono arrivata alla fine singhiozzando e col cuore a pezzi). Vedrete che vi lascerà qualcosa, una volta conclusa. E’ troppo bella e troppo scritta bene per non lasciare un segno.

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Capitolo 2
*** Parte II ***


[Per chiarezza, specifico che questa parte si svolge tutta nel passato, prima dell’accoltellamento]




 

 
 
 

C’è un treno sopra le rotaie. Ne esistono più di uno, ma Izaya ama questo in particolare perché il lampione non funziona mai molto bene. C’è anche il piacere casuale di osservare i treni che passano, con le loro piccole finestrelle dorate che illuminano l’erba e le pietre ai lati. Il suono, lo sferragliamento, l’idea di tutte quelle persone all’interno, strette tra loro o sbracate, che viaggiano da un posto all’altro e poi in un altro posto e in un altro ancora. A dirla tutta, i ponti stessi trasportano un sacco di anime perdute, la denominazione preferita di Izaya.

Attualmente sul ponte sopra le rotaie c’è una persona seduta per terra, appoggiata contro lo spartitraffico di cemento e acciaio con l’aria di non sapere cosa stia facendo lì a quell’ora, tanto per cominciare. Se non fosse per l’uniforme, Izaya lo avrebbe riconosciuto per i suoi capelli. Se non per i capelli, lo avrebbe riconosciuto per… perché è lui, insomma. L’idea di Heiwajima Shizuo seduto su un ponte alle due di domenica mattina è assurda di per sè, ma aggiungi a questo la sua postura e Izaya si ritrova con una smorfia ad increspargli le sopracciglia. Shizuo ha le ginocchia raccolte contro il petto, un gomito appoggiato sopra, e la testa reclinata contro la ringhiera. Sta fissando le nuvole.

Anche Shizuo si accorge di lui, quasi subito. E’ il quasi che lo inquieta, proprio come il mezzo secondo di intervallo fra la realizzazione di Shizuo e la sua reazione che non dovrebbe esistere, non è mai esistita prima. E’ ciò che suggerisce a Izaya di fare ciò che non ha mai fatto prima.

Guardando distintamente verso Shizuo, estrae entrambi i coltelli e li lancia in avanti; fanno in suono fastidioso mentre scivolano ai piedi di Shizuo. Izaya solleva la mani in alto e non distoglie lo sguardo.

Shizuo fissa i coltelli e poi verso Izaya. “Sei così impaziente di morire, stanotte?”

Per mano tua? Sempre. “Non sono in vena della tua magnifica compagnia, Shizu-chan.”

“Quando mai lo sei stato?” La domanda è genuina, schietta, e Izaya sbuffa una risata. E… e così fa Shizuo. Un angolo della sua bocca si curva verso l’alto, e sta ancora guardando verso Izaya, e tutto questo è così nuovo e sconosciuto che Izaya si sente sul filo del rasoio; Shizuo potrebbe averlo attirato in trappola, potrebbe volerlo buttare giù dal ponte e rompergli le ossa. E’ perfettamente possibile e più probabile di qualunque altra cosa potrebbe seguire questo strano scambio. Gli occhiali di Shizuo sono appesi alla camicia, perciò potrebbe essere pronto a sferrare un colpo in qualsiasi momento.

Dire che Izaya fosse avido della magnifica compagnia di Shizuo dopo il loro ultimo incontro sarebbe allo stesso tempo una minimizzazione e un’esagerazione. Ha sempre, sempre avuto altri affari a cui pensare e non è abituato ad avere Shizuo ad occupargli la mente, per niente. E ciononostante eccoli qua, tre settimane dopo che Izaya ha toccato Shizuo per la prima volta, entrambi così diversi e confusi che ad Izaya potrebbero volerci veri e propri minuti per esaminare tutto questo ed analizzarlo, al posto di lasciare il suo istinto ad occuparsene come fa sempre. Questa è una prima volta. Quando si tratta di Shizuo ci sono così tante prime volte , e l’amaro fervore nel suo cuore dice di volerle far diventare tutte ultime prima ancora che accadano.

“Sei ubriaco?” Prova, invece. “E’ per questo che sei così lento ad attaccare?”

“Lo sai che non posso ubriacarmi.” Ovvio che non può; il mostro. Nessuna quantità di alcol lo può stordire, e non è che Izaya non ci abbia provato con altre sostanze. Il giorno in cui riuscirà ad avvelenare Shizuo, si comprerà uno spearpoint Henry*.

“C’è sempre una prima volta.”

“Non oggi.”

Izaya ride di nuovo e respira per un attimo. Poi fa un passo in avanti, osserva Shizuo che rimane immobile. Fa un altro passo, viene più vicino, e poi è proprio accanto a Shizuo e si sta sedendo. Shizuo non ha ancora reagito; il suo sguardo lo ha seguito ma il suo corpo no. E’ così strabiliante che Izaya non riesce a credere che sia reale. Il fantasma del sorrisetto di Shizuo sul suo viso dice che nemmeno lui riesce a credere che sia reale.

“Che cos’hai-”

“Che cos’ho-”

Izaya scuote le testa per distoglierla dal suo ronzio e alza le sopracciglia nella sua direzione, che sembra altrettanto disorientato.

“Fatto.” Finisce, con un tono poco familiare. “E’ il tuo nuovo modo per fottermi?”

Se solo lo fosse. “Non lo saprai mai, Shizu-chan.”

“Che cosa vuoi?”

L’altra mano di Shizuo è per terra, le dita leggermente piegate e a pochi millimetri dalla coscia di Izaya. Izaya fissa i prevedibili calli sui palmi, e si domanda onestamente se potrebbe percorrerli col dito. I coltelli sono vicinissimi alle loro mani, giacciono lì pronti ad essere usati, e nonostante ciò sa che se oggi infrange la sua fiducia, non la riotterrà mai più. L’indiscutibile fatto che voglia mantenerla, comunque, è la causa del calore che gli serpeggia in faccia e dietro agli occhi, facendoglieli bruciare.

Seguendo il suo sguardo, allunga lentamente la mano verso i coltelli. Esita visibilmente, un dito già teso, e la tira indietro. “Com’è che si usano quelli, comunque?”

“Chiaro, non avrei dovuto aspettarmi che tu sia abbastanza sofisticato da sapere come utilizzare un coltello.”

“Senti un po’, piccolo-”

“Un giorno te lo farò vedere,” dice Izaya, guardandoli di sbieco in uno strano modo distaccato. Li ha sempre trattati come se fossero estensioni delle sue braccia; vederli giacere lì distanti è bizzarro, ma è decisamente la parte meno snervante della situazione. “Li userò su di te e te lo farò vedere.” Ovvio che lo farà. Desidera vedere Shizuo sparire, ferito, inoffensivo. Non sta realizzando nessuna di queste cose stando seduto tranquillo accanto a lui in questo momento, ma la vita di tanto in tanto acconsente ad episodi che superano il bizzarro.

E non è questo ciò che brama? Queste sono le cose per cui vive e non lo sapeva: il calore che si irradia dagli arti di Shizuo così vicini ai suoi, il modo in cui il vento leggero passa fra i loro capelli, la fragilità di tutto questo. Sotto tutto questo giace l’avversione vecchia di anni, che lo fa andare fuori di testa.

“Puoi?”

“Posso cosa?”

“Puoi usarli su di me?” La voce di Shizuo adesso è più strana, più dura. “Tutto  quello che fai è lasciarmi un graffio qua e là.”

Izaya resta in silenzio; non ha mai avuto esitazioni ad accettare i suoi difetti quando si tratta di Shizuo, men che mai di fronte a Shizuo stesso. Lo sa che i suoi pugnali non fanno alcun danno, che hanno la stessa efficacia di uno stuzzicadenti. Sa che potrebbero danneggiarlo, un danno reale, un danno permanente, se ci provasse veramente. La differenza fra la mancanza di conviNzione di Shizuo nell’uccidere Izaya e altrettanto in Izaya sta nel motivo: Shizuo non prova ad ucciderlo perché non gli interessa, e Izaya non prova ad uccidere Shizuo perché vorrebbe che per lui valesse lo stesso. E’ imbarazzante.

E’ innegabile, che gli manchi Shizuo stesso o no, a Izaya decisamente manca fare pratica delle sue arti combattive con un avversario che non verrebbe ferito in caso di errore. Con quest’idea in testa, afferra uno dei coltelli e lo fa scattare, studia la lama sotto la luce tremolante. A Shizuo ci vogliono quello che sarebbe stato un innaturale ritardo di tre secondi per muoversi, se Izaya non avesse esitato in quei tre secondi, pareggiando comunque i loro tempi di reazione. E’ così sbagliato, il ritmo è così sbagliato; il coltello, quando lo lancia, si conficca leggermente nell’angolo della manica di Shizuo prima di cadere di lato.

In un attimo, le mani di Shizuo sono intorno alla ringhiera dietro alla testa di Izaya, nemmeno lontanamente vicine al suo collo. Pensare che un giorno avrebbero avuto bisogno di simili formalità sarebbe suonato ridicolo per un Izaya che non fosse tanto sperduto quanto lo è ora. Shizuo lo sta fissando dall’alto, senza ringhiare, senza essere arrabbiato. Solo attento, calcolatore in un modo che Izaya desidera non avere mai saputo che Shizuo potesse essere.

“E’ come se una parte di me lo avesse sempre saputo, sai?” Dice Shizuo, e no, Izaya non lo sa. Nessuna parte di lui lo ha sempre saputo. “Sai, una persona che potesse. Che non avesse. Paura.”

“Kasuka-”

“Non conta, non potrei mai perdere il controllo con lui.” Due sorrisi taglienti gemelli. “Voglio dire, qualcuno che sapesse che avrei potuto attaccarlo e che se ne frega… Anche se non può farcela.”

Anche se non può farcela. Brucia più di quanto dovrebbe, e l’amato di Izaya è esattamente entro la sua portata. In un attimo, ha di nuovo il coltello alla gola di Shizuo, premuto contro la pelle dorata, avido. Questa volta Shizuo chiude gli occhi, e in quell’istante Izaya perde anche le sue ultime certezze rimaste. Non si tratta più di fiducia; c’è qualcosa di più devoto nell’ombra delle sue ciglia e nel battito pulsante contro il bordo della lama.

“Non posso farcela, Shizuo?” La voce gli trema. La voce gli trema, e odia Shizuo, quanto odia Shizuo, quanto odia il fatto che avrebbe dovuto prevederlo, quanto odia il fatto che gli sembra che questa sia l’unica cosa che ha atteso per tutta la vita, quanto odia l’idea di qualcun altro oltre a lui in grado di ricevere la rabbia di Shizuo e vivere con essa, quanto odia odiare quell’idea.

E poi Shizuo si china in avanti -l’inutile arma lo taglia a malapena- e le sue labbra gli sfiorano il padiglione, esala respiri caldi e torturati e tutto ciò che avrebbe dovuto imparare a tempo fa, tanto tempo fa, questo debito che ha nei confronti di Shizuo e il male che ha fatto a quest’uomo. Riesce a sentire il lieve punto di contatto scatenare un fuoco sotto la pelle che teme aumenterà oltre il suo controllo. Non che abbia qualcosa sotto controllo di questa situazione, ma ogni tanto gli piace autoingannarsi. Se respira abbastanza a fondo, se chiude gli occhi, forse Shizuo svanirà. Forse tutto questo svanirà e lui vivrà una triste, bella vita.

“Puoi?” Le braccia di Shizuo stanno tremando per lo sforzo di trattenersi, e Izaya potrebbe non ricevere mai più l’onore di una tale umanità. “Puoi… Farcela. Dimmi che puoi farcela.”

Per tutta l’onesta violenza di Shizuo, Izaya è attirato da lui per ciò che riesce a vedere oltre a quella -Shizuo non è che, semplicemente e dolorosamente, un uomo. E’ questo ciò che lo rende il demone che è, e così Izaya si china in avanti, pericolosamente vicino, guarda Shizuo negli occhi. “Tu puoi?”

Shizuo abbassa lo sguardo, poi lo solleva, poi lo abbassa di nuovo, gli occhi che sfrecciano veloci come i respiri che Izaya implora di prendere. Da questo perielio avvicinatosi così velocemente, Izaya potrebbe governare il mondo. Con tutti i suoi pungiglioni che avvelenano Shizuo nello spazio fra le labbra, Izaya potrebbe governare il mondo, l’aria che cambia sapore fra le loro bocche mentre si muovono uno verso l’altro invadendo i reciproci spazi e inspirano.

Lo prende: il primo colpo, annullando le distanze molto lentamente; chiudendo le labbra intorno a quello inferiore di Shizuo.

Non assomiglia a nulla di ciò che ha provato finora. Dolce, tremante, caldo; la sua pelle trasmette la sensazione fisica ma nella tua testa c’è una cosa cosa interamente diversa, lo scoppio di un incendio anche se il cielo grigio promette pioggia. E poi anche Shizuo si muove, e Izaya quasi dimentica tutti gli aggettivi.

Shizuo risponde con la violenza come in qualsiasi altra cosa fa, eccetto che questa è più lenta, più gentile, e molto più fatale. Non c’è nulla di ostile o aggressivo nei suoi movimenti, nulla di spaventoso nel modo in cui si china su Izaya e serra la presa sulla ringhiera dietro di lui, anche se ora blocca la visuale di tutto eccetto lui stesso, vestiti bianchi, neri, occhiali che penzolano abbastanza vicini da sfiorare la clavicola di Izaya e oh, oh. La linea di sangue sul suo collo. Dentro il corpo di Izaya, giù per la sua spina dorsale, c’è una fame che brucia e ritorna nell’incontro delle loro labbra e cresce lì come se si fosse appena resa conto di quanto lontana possa spingersi.

Allarmato, si stacca, si ritrae, ma poi è testimone di qualcosa che sa che non dimenticherà mai. La stessa fame si rispecchia sul viso di Shizuo, una ruga fra le sue sopracciglia, le labbra dischiuse, gli occhi puntati sulla bocca di Izaya come se si fosse a malapena accorto che Izaya adesso ha messo una distanza fra loro. Shizuo scuote la testa quanto basta perché Izaya comprenda la sua disperazione, e poi si stanno baciando di nuovo.

Prima che se ne renda conto le sue mani sono artigliate alla camicia di Shizuo e la lingua è nella sua bocca, e non sa se stavolta riuscirà a fermarsi. Ha gli occhi chiusi, adesso, il corpo che gli comunica che non ha più senso provare ad andarci cauti, ma è quasi come se riuscisse ancora a vedere Shizuo. La dannata creatura è troppo luminosa, richiede troppa della sua attenzione come sempre, lo distrae anche dal bacio con il suo odore, la sua pelle, le sua mani sul metallo, che lo curvano leggermente, che lo curvano ancora un po’-

Perché non abbia previsto questo è oltre la sua comprensione, ma di fatto, la ringhiera di spezza sotto quelle dita mostruose. Il suono è violento e improvviso, la repentina assenza di supporto dietro la sua schiena anche di più. Per un lungo momento, la parte superiore di Izaya è sospesa all’indietro sopra i binari, trattenuta solo dalla presa sulla camicia di Shizuo. Cadere sul binario di un treno merci il preciso istante dopo aver baciato Shizuo Heiwajima gli sarebbe andato bene, ma non è mai stato tanto poco propenso per la morte e altrettanto pronto come in questo momento, e così stringe la presa mentre Shizuo emette un verso allarmato e lo solleva finché non si ritrovano in mezzo al ponte.

“Merda,” sintetizza Shizuo. “Scusa.”

Merda. Scusa. Si sono saltati alla gola per anni. Merda. Scusa.

Le braccia di Shizuo adesso sono intorno a lui. Le braccia di Shizuo. Sono intorno a lui, e le labbra di Izaya sono premute proprio contro la traccia del coltello sul suo collo, come se potesse risucchiare la sua anima in un unico, doloroso respiro. Ha decisamente le vertigini. Distendendo le mani sul suo petto e muovendole per stringergli le spalle, gli sembra che se anche si schiacciasse dentro quel calore proprio adesso, non gli basterebbe. Ha gli occhi chiusi, la mascella che lavora per ingoiare un mugolio improvviso, e pensa che il treno sarebbe stato meglio.

“Merda,” dice di nuovo il bastardo, più a bassa voce.

“Sei un bel tipo,” replica Izaya.

——

“Non sei mai stato felice con lui.” Dice Kasuka.

C’è un sogno che Shizuo continua a fare ancora e ancora. Tutta Ikebukuro è vuota e silenziosa, ci sono solo Izaya e lui, che si fissano senza dire una parola. Proprio come quella sera in cui Izaya per una volta ha chiuso la sua cazzo di bocca e ha guardato Shizuo.

Ad un certo punto, si sono quasi guadagnati un posto l’uno nella quotidianità dell’altro e non solo ossessioni. Izaya è arrivato ad avere una riserva di dolci in casa, ad un certo punto. E poi ci sono state volte in cui Shizuo avrebbe perso la testa con qualcuno mentre parlava con Izaya -molto spesso con qualche giornalista che ancora non poteva credere che non stessero più cercando di uccidersi a vicenda- e Izaya avrebbe strappato la sigaretta di bocca a Shizuo. La prima volta che lo fece, Shizuo era così sorpreso che si dimenticò di rompere il culo al giornalista. Izaya aveva quell’allegro sorriso da gatto, e quello non è davvero mai finito per diventare carino. Ha sempre fatto incazzare Shizuo e sarebbe sempre stato così. Come ogni altra cosa riguardo ad Izaya.

In quel sogno, non si uccidono a vicenda. Non si toccano. La distanza fra loro rimane la stessa ogni notte, in ogni sogno. Ai tempi in cui poteva camminare accanto a lui senza volerlo ferire, aveva sentito tra loro la distanza di quel sogno come un muro doloroso. Quando stringeva Izaya fra le braccia, appariva nella forma di una pellicola fra i loro corpi, aumentando il suo desiderio per Izaya fino ad un punto che non poteva sopportarlo, e si indeboliva solo ogni tanto quando gli dava voce nella pelle di Izaya.

Un giorno, Izaya ruppe quella distanza. Il Paradiso non potrebbe separarmi da te, aveva detto, la prima e ultima volta che si era ubriacato. Quella notte fu molto più sensuale, unghie conficcate nelle braccia di Shizuo, prendendogli le mani e premendo baci bagnati, a bocca aperta contro i suoi palmi che bruciavano più che fare il solletico, Izaya lo aveva abbracciato, maledicendolo con tanta onestà che Shizuo non aveva potuto evitare di sorridere. Perché te? Perché? Era tutto calmo. Era tutto tranquillo. E poi tu.

Potrei dire la stessa cosa, aveva riso nei capelli di Izaya. Demonio. Cazzo.

“Non sei mai stato felice con lui,” dice Kasuka. “Tutto quello che faceva era farti arrabbiare.”

Shizuo non risponde. Le finestre fumè dell’appartamento di Izaya, che una volta avevano fornito un riparo, ora gli bloccano la visuale. La vista dal lato sbagliato delle finestre non mai stato un granché; qualche edificio, qualche albero. E’ sempre stato più interessato al riflesso di Izaya dietro o davanti a lui, a sorridergli nel vetro.

“Avrei dovuto ucciderlo, quindi.”

Nel sogno, Shizuo si sente sempre triste. Quando si risveglia dal sogno, è sempre triste. Pensa che magari se avesse ucciso Izaya il sogno si sarebbe interrotto e avrebbe smesso di sentirsi triste, ma forse non sarebbe successo. Pensa che magari Izaya sarebbe apparso comunque nel sogno, sarebbe comparso comunque nei riflessi dietro o davanti a Shizuo, sarebbe comparso ovunque. Dio, ma se avesse ucciso Izaya avrebbe avuto un vero fantasma dietro di sè.

Non ho bisogno di andare in Paradiso, per il momento. “Avrei dovuto ucciderlo, quindi.” Per il momento.

“Sì, continua a vivere con quei rimpianti, se hai il coraggio di definirli tali.”

——

E’ durante una delle loro pause sigaretta post-inseguimento che Izaya lo sente per la prima volta. Appoggiandosi al bancone mentre Shizuo paga, elenca mentalmente le proprie ferite. C’è del sangue che gli cola da un angolo della bocca, e ha lividi sulle nocche, il che non ha senso perché nelle loro dinamiche è Shizuo che sferra la maggior parte dei pugni. Suppone che dev’essere diventato un po’ più piacevole al tatto dopo -dopo, ma non si aspettava che andasse così oltre senza che se ne accorgesse. Non c’è semplicemente modo di sapere cosa potrebbe venirne fuori da un combattimento contro Shizuo, comunque, specialmente non più ora che la loro ferocia si è evoluta in questa strana nuova danza. Ogni angolo della città ora è giocare pulito; un vero campo di battaglia. E’ quasi come se a Shizuo bastasse quel singolo cenno di assenso da Izaya; prende ogni altra opportunità per unire le loro labbra, ora, come se fosse l’ultima. Izaya non può incolparlo; con il suo rinnovato vigore, in realtà, potrebbe finire con l’ucciderli entrambi.

E’ stato solo dopo una doppiamente tardiva riflessione che Izaya aveva realizzato la loro assurdità nel farlo ancora dopo quello che era successo. Al tempo era sembrata una parte tanto normale della loro routine (è ancora così, ma forse con una nota di divertimento) a partire esattamente dalla stessa notte sul ponte. Baciarsi, tirarsi indietro, e Izaya non si dimentica mai di ridere. E’ così facile far arrabbiare Shizuo, eppure a volte così difficile che quando ci riesce Izaya ne assapora ogni momento. Quando gli sembra di poter fingere di averne abbastanza, si assicura di guardare Shizuo, e sorride e basta. Per lui è la via migliore di esprimersi senza essere creduto, e per Shizuo è una sorta di forma di disprezzo che lo infiamma e gli fa perdere quell’espressione quasi reverente che gli si forma sul viso ogni volta che si toccano. Il limite fra il baciare Shizuo e lo scappare dalla sua ira è così sottile e labile che è un miracolo che Izaya possa resistergli.

Ma d’altra parte, questo è ciò che ha dato inizio a tutto. Puoi farcela? Puoi?

“Cosa c’è da essere così compiaciuti?” Borbotta Shizuo ora, e Izaya scuote la testa. “Ti avrei fatto il culo oggi, giuro.”

“E’ quello che dici ogni volta,” dice, seguendo Shizuo fuori dal negozio, nella strada silenziosa. E’ passata da poco la mezzanotte e le persone festanti si sono radunate nei bar e nei pub, lasciando la calma all’esterno. Come piace a Shizuo; Come a Izaya non piaceva, una volta. C’erano molte cose riguardo al brusio tranquillo che lo turbavano ed è sicuro che ci siano ancora. Ma adesso, quando Shizuo è vicino, ha una nuova incapacità a concentrarsi su qualsiasi cosa che lo liberi del buono e del cattivo di ciò che lo circonda.

“E uno di questi giorni ce la farò pure.”

“Non riusciresti ad uccidermi se ci provassi.”

Shizuo ringhia, distratto e Izaya sorride fra sè e sè. Non pensa che riuscirà mai ad abituarsi a stare in presenza di Shizuo senza avere un’immediata minaccia alla sua salute, e sa che non vuole. Interrompere i suoi tentativi di rendersi Shizuo ostile è fuori discussione e sa che anche Shizuo lo sa. Più di un passatempo, più di uno scherzo, è qualcosa che Izaya ha bisogno che continui a vivere. Non si è mai considerato al di sopra dei bisogni dei normali esseri umani; è solo diverso in certi particolari aspetti. La pelle di Shizuo, d’altro canto, è quasi coriacea con le sue cicatrici e Izaya vorrebbe che la descrizione non fosse solo allegorica. Se quell’orrida cosa non avesse la pelle come seta, che cede sotto i polpastrelli di Izaya come se potesse affondarli dritti fino al sangue caldo di Shizuo, allora forse non avrebbe così tanti problemi a resistergli. Odia dover usare la parola problema adesso, odia che sia sempre e solo con Shizuo che accadono queste cose fastidiose, odio Shizuo ma -ma oh, odia il fatto che non sia così.

“Non ha ricambiato l’abbraccio,” aveva detto una volta Shizuo, indisponente, dopo un dimenticabile rendez-vous in cui aveva memorabilmente provato ad abbracciarlo (se intrappolare Izaya contro un muro e lanciargli fissarlo confuso, e poi trascinarselo vicino con una mano sulla sua nuca conta come tentativo. Izaya era rimasto fermo finché Shizuo non lo aveva lentamente lasciato andare, entrambi pietrificati in viso e mezzi svenuti.)

Izaya, passato inosservato da Shizuo nella strada di ritorno dal bagno di Shinra, aveva avuto la fortuna che la sua risatina fosse coperta dall’ululato meno discreto del dottore.

Ricambiato l’abbraccio.” Aveva ripetuto Shinra. “Ti ha fatto investire da un autobus, e tu ti lagni perché non ha ricambiato il tuo abbraccio.

Celty aveva digitato qualcosa, al quale Shizuo aveva risposto indignato, “Lo so che me lo sto aspettando dalla persona sbagliata! E’ solo che… davvero.. Non l’ha fatto!”

E così, è durante una delle loro pause sigaretta post-inseguimento, forse la più importante di tutte, che Izaya lo sente per la prima volta. Quando Shizuo guarda da entrambi i lati prima di attraversare la strada come se la collisione con un veicolo potesse danneggiarlo in alcun modo, Izaya assorbe nella sua mente cosciente quella cura noncurante e percepisce l’inizio, o lo sbocciare passato inosservato, di una sorta di bizzarra vibrazione dentro di sè. Qualcosa che va oltre il desiderio di spingere Shizuo contro un muro tanto per cambiare e toccare le sue mani, e le sue labbra. Qualcosa che va molto oltre a quello, molto più in alto è più a fondo, forse, in un modo che in quel momento Izaya non può iniziare a capire, quando ha appena cominciato ad scorgerlo.

“Shizu-chan,” dice, e la sua voce suona nervosa, ed è passato così tanto dall’ultima volta che è successo.

“Mmh?” Non dice nulla. Non è sicuro di cosa voglia dire, in realtà. Non è sicuro di voler dire qualcosa, in realtà.

“Oi. Cosa c’è?”

Shizuo adesso lo sta guardando, dall’altro lato della strada, perché Izaya si è dimenticato di camminare. E’ così buffo, la vista di Shizuo lì in piedi lontano con la striscia d’asfalto in mezzo a loro, come se immergersi in quello spazio sia la cosa più facile del mondo se Izaya decide di renderla tale. Questo… modo che Shizuo ha di prendere i problemi in mano e di lasciare comunque la decisione principale ad Izaya e alla sua libertà, dà le vertigini nel suo assomigliare alla fiducia. Cose se Izaya fosse qualcuno di cui fidarsi, di cui ci si dovrebbe fidare, come se questa città, come se Shizuo stesso non abbia già avuto l’evidenza del contrario. Come se Izaya non continuasse a fornirgli, costantemente, ragioni per non fare il genere di cose che fa, come fissarlo ed aspettare.

“Shizuo,” prova di nuovo. “Prendimi.”

La bocca di Shizuo, finora leggermente aperta sul principio di un ringhio, si chiude, e il suo sguardo cambia. Ovviamente Izaya non avrebbe avuto bisogno di spiegarsi, ovviamente non lo farà.

Dopodichè, fra loro cala il silenzio per un po’, e Izaya riesce ad udire il suo stesso respiro, tanto fermo quanto lo era prima di dire queste infide parole. Riesce a sentire il respiro di Shizuo tanto fermo quanto lo era prima di udire queste infide parole. Il brusio di bar chiusi, i rumori lontani del traffico, il rombo di un tuono da qualche parte sopra le loro teste.

Shizuo attraversa la strada senza guardare stavolta, la mano già distesa per afferrare la maglietta di Izaya ancora prima di raggiungerlo. La forza con cui strattona Izaya in avanti è violenta, ma i suoi occhi sono calmi. “Guardami bene.”

Izaya a malapena osa, ma guarda lo stesso. Sollevando il mento con impertinenza come farebbe un bambino, di tutti i modi possibili, e guardando Shizuo più deliberatamente che può. “Sto guardando.”

Sa cosa vorrebbe chiedere Shizuo. Fai sul serio? E’ questo che intendi?

“Prendimi,” ripete, questa volta più lentamente, più fermo.

Le mani di Shizuo si spostano sul suo collo, vi allarga le dita, il pollice premuto esattamente sopra i battiti martellanti sotto il suo orecchio. “Mi stai mettendo alla prova?”

“E anche se fosse?”

C’è una risata, allora, tagliente ma almeno genuina. “Allora probabilmente fallirò.”

Izaya non può evitare un piccolo sorriso, anche se l’eco di quella risata manda un fremito già per la sua schiena. “E anche se fosse?”

“Per questo mi servirà della tequila,” dice Shizuo dopo un attimo, ed è così facile fingere che questo non l’abbia toccato da qualche parte. “Non voglio ricordare il tuo sapore.”

“Non è un po’ tardi per quello, Shizu-chan?” Il suo sorriso ora è più largo, e quando Shizuo ride, stavolta, anche la sua risata è più rumorosa.

——

Nell’appartamento di Izaya, nella sua stanza da letto, c’è una tranquillità che spera verrà presto spezzata dalla pioggia. E’ come se i cosiddetti cieli stessero aspettando un segnale per scoppiare sopra di loro, e pensa di sapere quale sarà quel segnale. Potrà anche essere stato scettico sui film fin dalla giovane età, ma alcune cose accadono con tempismo; infatti, sono molte le occasioni in cui fa affidamento su questo tempismo.

Dentro è buio, con solo l’andirivieni del raggi lunari che proiettano frammenti di inadeguato sollievo sul pavimento e sulle mani di Shizuo, e in questa luce Izaya pensa che potrebbe cadere in ginocchio e piangere per la bellezza di tutto ciò. Shizuo, alto e feroce anche nel mezzo della notte, nel mezzo di questa fredda stanza, e c’è qualcosa nel vederlo in diversi momenti della giornata che gli provoca un groppo in gola.Poter vedere Shizuo di mattina, il suo lato sonnolento, mentre strizza gli occhi alla luce del sole; poter vedere Shizuo alla sera, colorato da tutte le sfumature della luce del fuoco a cui Izaya non riesce mai a dare nomi, la punta accesa della sua sigaretta che si muove verso la sua bocca lungo una strada che solo Izaya ha percorso; poter vedere Shizuo adesso, in questi frammenti sparsi che viaggiano dalla luna attraverso il cielo attraverso la sua finestra fino allo spazio fra loro -gli rende le ginocchia deboli, e in questo momento non può più credere che ci sia stato un tempo in cui Shizuo Heiwajima gli faceva ribrezzo.

E se non altro, sembra che Shizuo stia perdendo la stessa battaglia con sè stesso. Izaya non ha mai visto un’espressione simile sul suo viso; la palese ammirazione, quella nota di disperazione che Izaya ha sempre desiderato vedere solo sul viso di una persona oltre al proprio, di essere dalla parte di chi la riceve -tutto questo, e anche più, solo nel modo in cui le sue palpebre sbattono più lentamente e i suoi respiri sono più malfermi. Ballate riguardo a questo evento aspettano di essere scritte, se solo Izaya permettesse a questo segreto di uscire dalla stanza.

Sa che potrebbero finire con lo stare fermi così per tutta la notte, dimenticando di muoversi anche col sorgere del sole. Sa che non gli importerebbe, Dio, non gli importerebbe, lui-

E questa è la prima vota che ha utilizzato questa parola come esclamazione.

La sua risata viene fuori suonando quasi come un singhiozzo, e pensa che sia meglio muoversi in avanti e appoggiare le sue labbra su quelle di Shizuo prima che il malessere cresca, ma i suoi piedi sono inchiodati al suolo e lo stesso quelli di Shizuo.

Un fulmine, rumoroso e tagliente, li risveglia dalle rispettive trance e li fa cadere in una nuova. Izaya fa un passo in avanti per ogni passo che Shizuo fa, finché non sono ad uno di distanza, fissandosi come scolaretti che non riescono ad essere all’altezza della promessa di un bisticcio avvenuto in pausa pranzo.

“Non sono coraggioso come credi,” sussurra Shizuo.

“Non ho mai pensato che lo fossi,” risponde Izaya, e allunga la mano, appoggia i polpastrelli sul petto di Shizuo.

——

Fa scivolare le braccia intorno a Shizuo, poi, lentamente, e esala un respiro quando sente quella pelle calda in contatto con così tante parti di sè stesso per la prima volta. Nonostante la misera stoffa dei loro vestiti, è elettrizzante. Il suo primo istinto è di sentire Shizuo ovunque ma cerca di controllarsi, e preme il viso contro la spalla di Shizuo. Ed espira.

Shizuo sembra crollare nella sua presa, appoggiandosi pesantemente ad Izaya, il petto che cede in una dimostrazione di debolezza che Izaya non avrebbe mai pensato di vedere. E’ quasi come se fosse esattamente il contatto che serviva a Shizuo per spezzarsi, perché dopo così tanto tempo Izaya teme per la sua vita in quel vecchio, modo familiare: le mani di Shizuo sono forti e ad un soffio dal ferirlo dove lo stanno stringendo sui polsi; i respiri sono secchi e spezzati; la rabbia che irradia potrebbe bruciare l’edificio da cima a fondo.

“O mio Dio,” sta dicendo, mentre finalmente solleva le braccia per circondare Izaya, una mano sulla schiena, l’altra nei suoi capelli, stringendogli alcune ciocche. “O mio Dio.”

——

Il rituale di svestirsi è molto più aggraziato di quanto Izaya avesse mai creduto potesse essere, ma d’altra parte, questo vale per ogni altra cosa riguardo a loro. L’idea che Shizuo possa sentire prendimi e pensare a gentilezza e non a distruzione lo commuove in una maniera oltremodo stupida. Fuori adesso piove, ma ha cominciato lentamente tanto quanto Shizuo, ogni goccia che scivola lenta sul vetro aspettando che slaccino un altro bottone prima di raggiungere il bordo. Izaya fa una battuta dicendo che si aspettava che Shizuo gli avrebbe strappato la maglietta di dosso, e Shizuo risponde mordendogli un orecchio.

Ci mettono più del dovuto perché ogni volta devono interrompersi per stringersi. Shizuo continua a fermare le sue mani su quelle di Izaya (una specie di sforzo vano per aiutarlo a slacciare quel farfallino) e a premere il viso nei capelli di Izaya, sussurrando fermo, fermo fermo. E Izaya non si ferma.

Nonostante tutto, l’universo si fa la sua risata quando Izaya inciampa nei jeans slacciati sulla strada verso il letto, ma ride anche anche di Shizuo, che lo afferra e si lascia sfuggire un sussulto al primo tocco della sua mano con in fianco di Izaya. Il contatto li porta a superare il momento di divertimento e lo trasforma in qualcosa che trascura totalmente la leggerezza dell’azione; Shizuo finalmente stringe Izaya a sè e preme le loro labbra insieme.

Sembra di nuovo come il loro primo bacio, eccetto che quello era così diverso, neanche lontanamente virginale come questo intreccio disordinato di denti e lingue, senza nessun fuoco purificatore sui polpastrelli di Shizuo e lo sfarfallio delle sue ciglia che Izaya fa appena in tempo a vedere. La dolorosa innocenza dell’atto spinge Izaya a chiudere di nuovo gli occhi, le sue dita sul petto nudo di Shizuo più tremanti di quanto ammetterebbe mai a qualcuno alla luce del giorno.

Ha sempre pensato che un giorno sarebbe stato in grado di stare al passo con tutto quel fuoco, che quel silenzio e ruggito in cui bruciano simultaneamente quando combattono sarebbero culminati in fuoco e fiamme, ma questo è così diverso, è molto peggio, che ride della sua immaginazione. Non avrebbe mai dato  abbastanza credito a Shizuo da pensare che la pressione delle sue labbra contro la gola lo avrebbe fatto sentire come se il mondo intorno a lui stesse crollando, il tifone nel suo respiro che spazza via qualsiasi cosa a cui tenga, ogni punto in cui i loro corpi si toccano che ricoprono la loro pelle di crepe  come se ogni volta che si incontrano sarà la prima e l’ultima.

Si domanda quanti dei suoi umani abbiano mai provato questo.

Qui, in questa stanza, è più semplice che mai fingersi miope e pensare che la sua vita giri solo intorno a Shizuo. La familiarità del pensiero è allarmante, ma stanotte, Izaya potrebbe accettare qualsiasi cosa. Che probabilmente è nato per questo, così come Shizuo.Che non devono nulla mondo eccetto il caos. Che non c’è nulla in questo momento, in questa stanza, in questa città, eccetto loro, che lottano contro e per diventare un tutt’uno, vincendo battaglie e perdendo guerre. Che il letto sul quale Shizuo lo sta spingendo può diventare per una notte luogo di venerazione, purificato solo dal tocco di Shizuo così che le lenzuola pungeranno la pelle di Izaya ogni volta che ci si sdraierà sopra.

“Perché fai quella faccia?”

Izaya sbatte le palpebre. Guarda accigliato Shizuo, che lo sta sovrastando, i pantaloni che minacciano di scivolare verso il basso in un modo inammissibile. “Quale faccia?”

“Sembra che tu mi odi.”

Ride di quell’affermazione, genuinamente. “Ti sembra questo il momento di accorgerti che non godi della mia benevolenza, Shizu-chan?”

Shizu non ride con lui. Si abbassa su di lui finché i gomiti sono sono su entrambi i lati di Izaya, così vicino che potrebbe pugnalarlo alla gola. “Izaya.”

La risata di Izaya muore; le sue labbra si arricciano quasi per il disgusto. “Provo così tanto per te che a malapena lo sopporto.”

Shizuo la bacia di nuovo.

——

“Sei un totale codardo,” ride, quando Shizuo preme la fronte sulla sua spalla. “Oh, cielo, è la tua prima volta. In cosa mi sono andato a cacciare?”

“Stai zitto,” dice Shizuo, gemendo quando Izaya solleva una coscia. “Non volevo uccidere nessuno.”

“Ma ti va bene uccidere me?” Nell’attimo in cui la domanda lascia la sua bocca Izaya si rende conto di quanto sia ridicola, ma la risata di Shizuo l’avrebbe confermato, se non fosse già stato smentito dai tocchi leggeri come piume delle sue dita che tracciano il profilo di Izaya. Da parte sua, Izaya si rifiuta di reagire a quelle dita, al modo in cui sono abbastanza sottili da combaciare con solchi fra le sue costole e bloccare i suoi polmoni più di quanto il proprio corpo non faccia già, il modo in cui le sua mani si espandono con tale facilità sul petto di Izaya. E’ proprio tipico di Shizuo ucciderlo così, di tutti i modi possibili.

“Ti ho detto che un giorno ti avrei ucciso,” è la risposta che alla fine ottiene, anche mentre Shizuo gli bacia il collo, anche mentre Izaya si lascia sfuggire dalla bocca un gemito acuto che non permetterebbe far udire mai a nessun altro essere umano.

Non riesce a mettere insieme una risposta; i denti di Shizuo sono troppo esigenti nel punto in cui affondano nella sua pelle, le sue labbra così morbide e insistenti che Izaya pensa di non essere mai stato persuaso su qualcosa più facilmente di così. Che Shizuo avrebbe portato la propria forza a letto era sempre stato ovvio (e intimidatorio), ma vederla sovvertita così per lui, solo per lui, gli mette così soggezione che Izaya è spaventato lo stesso. La assapora, la inghiotte e si lascia soffocare per prolungarne il retrogusto; pensa deliberatamente, mentre Shizuo sposta la bocca sulla sua spalle, a queste stesse mani di Shizuo tese per colpirlo, farlo sanguinare, spingerlo contro muri e pavimenti e alberi. Quella violenza è familiare, e confortante di fronte a questa attenzione, e lo schiaccia, lo tiene ancorato al letto con più che solamente le sue dita e piedi tremanti.

Quando si tolgono anche l’ultimo indumento, Izaya si ammutolizza per lo shock che comporta avere la propria arroganza spazzata via, ma senza il dolore -a meno che la tensione nei loro corpi, finalmente allineati e immobili e senza fiato, non valga. Il modo in cui i loro petti sono premuti uno contro l’altro, la pelle che brucia come nulla dovrebbe mai bruciare, potrebbe anche essere peggio di quando Shizuo gli gettava addosso parti della città.

La pioggia inizia a cadere sul serio quando Shizuo lo bacia con un intento che non si era accorto fosse assente dalle loro precedenti interazioni. Forse questa è la prima volta che devono concentrarsi; il bisogno di fare qualcosa di più costruttivo e definitivo che correre qua e là lanciando maledizioni. Izaya ha un nodo alla gola, causato dalla paura e da altre emozioni che non riesce a distinguere nel buio torbido. Circonda il collo di Shizuo con le braccia e resiste al bisogno di strangolarlo, e invece lo trascina vicino dopo che interrompono il bacio.

“Chi è il codardo, adesso?” Dice Shizuo, senza cattiveria, mentre Izaya si aggrappa a lui gli preme la bocca sulla spalla. Izaya lo ignora perché questa è la cosa meno codarda che abbia fatto in tutta la vita, il fatto che possa stringere Shizuo per il piacere di stringerlo, di toccarlo, di giacere qui così e lasciarsi conquistare.

Quando si separano, Izaya si rifiuta di guardarlo negli occhi. Shizuo lo incita una, due, tre volte, ed ogni volta Izaya si gira senza guardarlo finché Shizuo finalmente non ringhia “Non così, Izaya.”

A quello, lo guarda e desidera non averlo fatto. Il viso di Shizuo ha un’espressione addolcita che nessuno di loro due ha mai meritato o mostrato. E’ qualcosa di simile a quello sguardo, di nuovo, quello sul ponte, come se Shizuo portasse dentro di sè una sorta di agonia che si incendia alla vista di Izaya. Suppone che dovrebbe essere felice di poter causare a Shizuo almeno quel dolore, ma d’altronde, suppone di averlo sempre saputo. Questo, comunque, in questa luce frammentata, è dieci volte peggiore di qualunque smorfia in un vicolo qualsiasi. Mentre lo fissa e Shizuo fa lo stesso, i loro respiri si fanno sempre più affannosi nell’aria pesante senza alcun motivo se non il fatto che si stiano fissando; Izaya percepisce una serie di pensieri alla rinfusa cadere insieme alla pioggia. Devo essere io a prosperare in questi respiri, no? Devo essere io, no? Io, io, io, Shizuo, nel tuo sangue e nelle tua ossa rotte. Questa volta, è più forte con le sue mani; le loro fronti si uniscono prima che lo facciano le loro labbra, il respiro di sollievo di Shizuo viene ingoiato prima che fugga dallo spazio fra le loro bocche.

E quante ne hai, di quelle? Quante ossa rotte ospiti, mio-

Mio-

“Non riusciresti ad uccidermi, se ci provassi,” mormora Izaya secoli dopo, dopo aver stretto i denti ed essere rimasto in silenzio durante le attenzioni di Shizuo, quando Shizuo affonda dentro di lui con una lentezza tale come se dopo fosse destinato a morire. E non ci riuscirebbe, non riuscirebbe a uccidere Izaya, per tutto ciò che ha di umano. Umano, umano, umano, questa è tutta la lasciva prova che serviva a Izaya, la sua delicatezza nel mezzo di questo atto animalistico. Umano nelle sue labbra rosse, umano nei suoi occhi marroni, umano quando bacia la fronte di Izaya così a lungo. Troppo a lungo.

Poi Shizuo comincia a muoversi e Izaya inizia lentamente ad imparare il vero significato di vedere le stelle. E’ tutto troppo, tutto nello stesso tempo, travolgente; la pressione, le mani di Shizuo su di lui, la bocca di Shizuo su di lui, e il modo in cui può sentire ogni centimetro dei loro corpi connesso così, tutto contemporaneamente troppo piccolo e troppo grande per questo letto e questa città e questo mondo. Scricchiola: il letto, la città, il mondo. A malapena possono reggere il peso della devozione che provano l’uno per l’altro. A malapena possono reggere il peso della loro unione.

Non fa male. E’ Shizuo, e non fa male. Non ne è più sorpreso.

Ovviamente ci sono ferite. Shizu lascia morsi, numerosi e frequenti, e Izaya è impulsivo con le unghie tanto quanto lo è con i coltelli. I lividi di prima pulsano deliziosamente con ogni tocco e movimento, e quando si baciano le labbra di Izaya bruciano finché è certo che il taglio si sia riaperto e al mattino ci sarà del sangue. Uno dei cuscini soffre di uno sfortunato decesso per mano di Shizuo la prima volta che fa urlare Izaya, e i resti bianchi sparsi sul letto e sul pavimento in qualche modo rendono tutto più divertente.

Durante, c’è quella vena di odio, nei movimenti erratici delle loro labbra, nella piega incerta delle loro dita intrecciate, nel peso dei piedi di Shizuo in fondo al letto. Izaya non si sarebbe sentito così vivo in questo momento se non si ricordasse quanto si odiano, ancora, sempre. Non si sarebbe sentito altrettanto disperato, ferendo urgentemente con un desiderio che dura da anni, se non ricordasse che domani si sveglierà e troverà un nuovo modo per far distruggere la casa a Shizuo. Gli organi che risuonano nella sua testa contro il temporale non sarebbero così inquietanti se non sapesse quanto sia effimera questa passione- e neanche a farlo apposta, Shizuo inspira un po’ di quell’odio e si lascia andare un po’ di più.

Izaya sente loro stessi perdersi al rallentatore; tutto questo li sta spogliando di tutto, in modo che che siano buoni solo a quello e a nient’altro, e potrebbe rimanere così per sempre; incapace di fare altro che non sia baciare Shizuo e sentire i loro corpi che cedono insieme, incapace di fare altro che non sia detestare Shizuo, e come.

Shizuo lo zittisce quando inizia a suonare vicino alle lacrime, quando la semplice verità delle mani nelle mani e delle caviglie intrecciate è abbastanza da spingere Izaya a voltare il viso nel cuscino per morderlo. Non pensa di poter vivere di nuovo in un altro modo, ora che conosce questo calore che cresce troppo, ora che sa di non sapere cos’è che brucia fra loro, quale fumo si leva dal massacro e viene appesantito dalla pioggia terribile che ora sferza contro le sue finestre.

In Shizuo vi è una divinità terrificante. In questo peccato, vi è una divinità terrificante. Che possa forse essere in grado di raggiungere Dio solo attraverso questo sacrilegio-

E’ più di qualsiasi cosa Izaya possa aver mai immaginato per sè stesso, o per chiunque altro. Il fatto che stia sopravvivendo è stupefacente di per sè; il fatto che sia tutto intero anche di più. L’orgasmo gli strizza lo stomaco, un’ondata che lo scalda e gli brucia il petto come bile, e quando Shizuo se ne accorge, emette un bellissimo suono disumano e stringe Izaya fra le braccia, come se non riuscisse a credere di esserne la causa.

Shizuo rompe la testiera del letto quando viene, senza farsi sfuggire un suono. E’ silenzioso mentre si calmano, silenzioso mentre si separano con riluttanza, silenzioso quando si gira sul fianco, una mano intrecciata a quella di Izaya, l’altra a sorreggergli la testa. Quando si guardano, stanchi e trasparenti, c’è un’ebbrezza nei suoi occhi di cui Izaya può finalmente prendersi i meriti. Ma non è il pensiero di uno spearpoint che lo fa esultare quando Shizuo si china in avanti e gli bacia la fronte.

Poi: “Dio,” dice Shizuo, e Izaya lo fissa meravigliato. Un tremito scuote Shizuo, e Izaya lo fissa meravigliato. Fra le loro mani si scioglie silenziosamente un asterismo, e di fuori contro il cielo senza stelle, la luna rossa trema e si distorce e torna nitida.

 
 
 

*E’ un modello di coltello a serramanico, non sono riuscita a trovare come si dicesse in italiano
Questa è una fanart sulla pausa sigaretta post-inseguimento, mi sembra doveroso linkarla <3

 

NOTE

Sono d i s t r u t t a, questa era la parte più lunga argh. Io spero, spero che la sintassi non sia eccessivamente confusionaria, a mia discolpa posso dire che anche l’originale è così T_T idem molte ripetizioni, sono volute (non da me). eventuali suggerimenti sono più che graditi, eventualmente, perché a me capita spesso che più rileggo una frase, più mi suona giusta (?) quindi è facile che possa aver lasciato indietro strafalcioni.

Coooomunque, che ve ne pare? Io adoro questa parte, mi commuove sempre; certe frasi mi fanno venire i brividi perché sì, insomma, c’è sempre troppo tra loro. E adoro il fatto che il loro odio non sia scomparso, ma anzi, entrambi ne abbiano ancora bisogno.

Sjkdvnskjv è un po’ tardi e non riesco a mettere insieme un commento coerente, fatemi sapere quello che ne pensate! :D

A presto,

Amberle <3

 
 

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Capitolo 3
*** Parte III ***


“Ci sono dei testi,” dice Izaya, “che sostengono che il concetto di anima umana o di vita eterna non esiste. I mortali non possono andare in paradiso.”

“Non ti fa arrabbiare?” Izaya lo guarda negli occhi quando un attimo prima lo aveva fatto a fatica, e distoglie lo sguardo. “Magari.”

La quantità di cose che Shizuo realizza all’improvviso lo scioccano per un secondo. La pioggia sembra farsi più fragorosa, la macchia umida dei capelli di Izaya sul cuscino più scura. Ovviamente è il genere di persona che vuole farsi la doccia subito dopo. Shizuo non sa perché abbia pensato diversamente. Dopo essersi lavato e con la pelle leggermente rinfrescata, non riesce a strofinarsi di dosso il devastante calore che lo scalda dall’interno dopo quello che hanno fatto.

Anche se in qualche modo lo ha sempre saputo, è sempre stato convinto che Izaya fosse l’unico essere umano che non sarebbe indietreggiato davanti alla sua rabbia o non si sarebbe spezzato sotto di essa; l’unico che ne gioisca ed eppure se ne allontana a passi di danza, cosa che può fare solo perché è a conoscenza di tutta la verità - che Shizuo lo inseguirà fino ai limiti della città per afferrarlo e fargli riconoscere il suo odio- così sicuro e conscio della passione di Shizuo, così capace di accoglierla senza bruciarsi da voler far ballare Shizuo sotto la punta delle sue dita prima di mettere alla prova quella capacità come ha appena fatto. Anche se in qualche modo lo ha sempre saputo, il suo corpo è ancora impietrito dalla realtà dei fatti. Non riesce a smettere di tremare, e gli viene stupidamente da piangere ogni volta che guarda Izaya.

Riesce a vederlo fra le ciglia, fili nel suo campo visivo come un velo fatto di ragnatele, e anche se ha pensato che solo Izaya sarebbe stato in grado di stare con lui, non ha mai creduto una sola volta che sarebbe effettivamente successo. Qui, stanotte, Izaya è di una bellezza che è ingannevole quanto fragile. Giace sul letto, tremando ogni volta che Shizuo passa il pollice sul suo sterno, come la copia di Dio: terribile, empireo, brucia gelido sotto il suo tocco.

“Non ho bisogno di andare in paradiso, per ora,” sente, quando ritorna a ciò che rimane di sè stesso. Accigliato, guarda Izaya, che sta fissando il soffitto. “Per ora,” ripete Izaya.

“Una volta mi hai detto che mi avresti mostrato come usare i tuoi coltelli.” Shizuo si appoggia su un gomito, guarda il percorso di una goccia d’acqua dalla fronte di Izaya fino alla tempia, dentro i suoi capelli.

“Ho detto che li avrei usati su di te e tu avresti guardato.”

“Allora usali.”

“Voglio aspettare,” dice Izaya, si gira su un fianco e gli sogghigna in faccia. “Non sono sufficientemente leale da perdermi l’occasione di ucciderti mentre dormi.”

“Piccolo ratto,” dice Shizuo, e la risata di Izaya viene soffocata dal braccio con cui Shizuo lo circonda per trascinarselo vicino. Non sa se ha il permesso di farlo, ridere con Izaya e stringerlo a sè, ma sa che Izaya non sarebbe in grado di farlo morire stanotte. E, beh, potrebbe prolungare quella temporanea assenza di istinti omicidi e baciarlo per un po’. E’ solo un essere umano, dopotutto, è solo un essere umano e la pelle di Izaya è liscia, le sue labbra sono morbide. Il suo cuore è il peggior tempio che Shizuo abbia mai venerato, ed è l’unico che non può spezzare.

La poesia è noiosa; preferirebbe camminare sotto la pioggia e urlare al cielo di aver accettato quanto sia fottuto. Izaya probabilmente non dormirà stanotte, ma Shizuo prende la sua minaccia come un invito che nessuno dei due vuole che sia e chiude gli occhi. Si dissuade dal prendere la mano di Izaya per baciargli il polso, si dissuade dal fare sette altre cose che vuole fare, incluso il rompergli la mascella qualora il suo sorriso diventasse troppo crudele. Ma poi, non può uccidere Izaya, non quando è così bello, ma nemmeno quando è brutto e crudele.

Ma se Izaya gli avesse mai permesso di percorrere in pace la strada che aveva stabilito, magari non sarebbero arrivati fin qui, tanto per cominciare. Quel crudele bastardo gli morsica il braccio, piano ma provocatorio, e Shizuo ringhia e si infiamma. Gli occhi di Izaya lo trafiggono nella luce della luna, il suo corpo flessuoso e pericoloso fra le braccia di Shizuo; la pelle del suo collo, quando Shizuo la assaggia di nuovo, è tanto amara quanto è dolce il gemito che gli sfugge. Viscerale e forte, il desiderio che esplode nel successivo incontro delle loro labbra lo spaventa. Izaya bacia come se avesse fatto pratica con gli uragani; violento ed egoista, inspira con tanta forza che Shizuo rimane senza fiato. Gli sanguinano le labbra ma non gli interessa, i polsi sono pieni di lividi ma non gli interessa, e Shizuo non ha mai incontrato nessuno che abbia così tanto disprezzo per sè stesso. Si sente come si potrebbe sentire se l’alcool avesse mai avuto effetto sul suo corpo mostruoso; la testa gli gira per il senso di libertà anche se non è reale; sorride per il controllo che esercita quando circonda la vita di Izaya con le mani perché è una scelta e non un timore. Dio, le cose che Izaya gli lascerebbe fare, le cose che lascerebbe fare ad Izaya; il modo in cui adesso morsica la clavicola di Izaya è nulla in confronto.

“Usali,” dice affannato contro il collo di Izaya. Lo bacia, ancora e ancora e ancora, tortura la pelle fra i denti fino a fargli male, la mano sulla mascella di Izaya, il pollice solleticato dallo sfarfallio sopraffatto delle ciglia di Izaya. “I coltelli.”

“Non ancora,” dice Izaya, ma Shizuo vuole così tante cose. E’ di nuovo arrabbiato, e innamorato, e dice Dio santo e Izaya dice infatti e Shizuo si infrange su di lui come un uragano che vorrebbe che Izaya non avesse ancora incontrato. Non sa più chi sia, riesce a definirsi solo in frasi spezzate e confronti con Izaya, e se solo potesse lasciarsi indietro questa rabbia e amare più debolmente, magari vivrebbe meglio. Ma è Izaya, ed è Shizuo, e non possono imparare a non odiarsi. Così trema, e odia le labbra di Izaya, e odia la fronte di Izaya, e odia tutto di Izaya, e odia e odia ancora un po’.

——

Izaya è sempre stato l’essere umano più contorto che Shizuo abbia mai incontrato, ma deve ammettere, immischiarsi con Akane è qualcosa che non si sarebbe mai aspettato nemmeno da un ratto come lui. Un uomo capace di tradire il proprio amante per esperimento può essere ben capace di ferire una bambina, ma forse Shizuo è solo uno stupido a voler credere di poter farlo capire a Izaya anche adesso, quando allora non ne era stato in grado.

Quando si incontrano, è passato un po’ di tempo dall’ultima volta. Anche durante quelle settimane in cui a volte litigavano ogni giorno, non aveva mai smesso di dare a Shizuo quella lieve sensazione di un pugno allo stomaco sotto la furia istantanea di vedere Izaya tutto d’un pezzo e intoccato e così bravo a fingere.

Si era levato di torno gli uomini di Shiki abbastanza facilmente, sapendo quanto avrebbe fatto arrabbiare Izaya, e lui vuole questo- vuole l’odio a malapena celato negli occhi scuri di Izaya. Vuole che uno di loro continui a provarlo perché adesso è stanco, è stanco di portarlo. Izaya è dieci volte più forte di Shizuo; potrebbe ingoiare un dolore del genere per colazione. Shizuo non ne è in grado. Riesce a malapena a mandare giù quei vini rossi amari di Izaya, porca puttana, non è fatto per questo. Non nello stesso modo di Izaya, per lo meno.

“Tu,” dice.

“Non ora, Shizu-chan” dice Izaya, quasi distratto. Sta guardando proprio Shizuo, però, dritto negli occhi come sempre. “Sono un po’ occupato.”

I pochi spettatori intorno sembrano nervosi, ma uno sguardo di Shizuo li fa fuggire via. Il parco è quasi vuoto, ma Izaya lo segue comunque nell’angolo appartato in cui Shizuo li conduce. Quella sicurezza lo fa incazzare; ha così tanta nostalgia che vorrebbe poter baciare Izaya e basta, perdonarlo, essere perdonato.

“Cerchi un po’ di sesso violento, Shizu-chan?” Ovviamente anche Izaya riesce a leggerlo oltre alle battute; e Shizuo ha quasi voglia di rispondere sì per vedere cosa succede. “Sono impressionato che tu sia riuscito a tirarti fuori dai guai oggi, comunque. Ma d’altronde, sei sempre stato astuto rispetto i tipi come te.”

A volte Shizuo vorrebbe dire Ho cucinato nella tua cucina, vorrebbe dire le tue mani erano fra i miei capelli, li hai accarezzati, strattonati, lisciati. Ma non cambierebbe una sola dannata cosa, e la frustrazione che comporta non si spegne mai. Questa umiliazione gli mette addosso voglia di uccidere.

Così, invece, lancia un’occhiataccia ad Izaya. “Ehi, non sei diventato… le tue stronzate non sono più sinistre, adesso?”

Il sorriso di Izaya si fa più freddo. “Ti stai montando la testa, Shizu-chan.” E Shizuo non ha mai sentito izaya dirgli la verità quando dice Shizu-chan. E questo lo rende dannatamente triste, perché tanto per cominciare non ha mai visto Izaya dire la verità poi così tante volte. Gli rende le ginocchia deboli. Gli fa venire voglia, anche dopo tutti questi anni, di appoggiarsi ad un muro e chiudere gli occhi e nascondersi il viso fra le mani.

“Qual è il tuo obiettivo?” Chiede. “Te l’ho detto, Izaya, devi stare lontano da qui.”

“Lo hai ripetuto per anni,” replica Izaya. “Il mio obiettivo è così fuori portata che non posso nemmeno vederlo ancora. La storia è appena iniziata.”

“Allora vattene e portala via con te.”

E Izaya cambia di nuovo, il sorriso che svanisce lentamente, e Shizuo si ricorda chi gli ha insegnato ad avere paura. Il fuoco in quegli occhi è tanto spaventoso quando si odiano quanto lo era quando bruciavano l’uno per l’altro.

“Non posso lasciarti da solo,” dice Izaya, sussurra, quasi, e quel suono intorno a quelle sillabe gli fa rizzare i capelli sulla nuca. La sua mano si allunga verso il polso di Izaya non appena Izaya infila la mano in tasca, e Shizuo indietreggia, soffoca un’imprecazione.

Izaya tesse con i fili elettrici scoperti, il rame che crepita intorno alle lame che lui chiama aghi. Da qualche parte in quel groviglio giace Shizuo, intrappolato nelle sue stesse spine.

——

Una volta, molto tempo dopo aver rovinato tutto, Namie gli domanda perché fa quello che fa. Non è che lei non glielo rinfacci con cattiveria ogni singolo giorno, ma è una di quelle mattine in cui non si sente abbastanza forte come al solito. La domanda lo ferisce più di quanto nessuno dei due intendeva, ma non lo lascia trasparire perché mostrare le proprie emozioni davanti a Namie è inutile.

“Mi piace dar fastidio a Shizu-chan,” dice. “Dargli fastidio mi rende felice.”

Namie sbuffa una risata, continua a digitare qualunque cosa sia quello che digita tutto il giorno. Izaya non ha mai finto di averla assunta per qualcosa di diverso dalla sua compagnia, e lei non cerca di nascondere i suoi oscuri impegni e le migliaia di foto di quel suo fratello sparse sulla scrivania del suo computer. E’ un accordo fra loro, di occupare lo stesso freddo appartamento con i loro diversi freddi demoni e di tirarli fuori solo in occasioni speciali, come questa. Sa che quel perché continui a comportarti così dal tono assente viene dalle occhiate dirette al suo occhio nero che lancia di tanto in tanto, il quale non è nemmeno un regalo di Shizu-chan ma di Simon. Essere lanciato contro un monumento a forma della parola LOVE dev’essere una coincidenza pianificata, ma ciò che Izaya ricorda, soprattutto, è di aver riso per ingoiare le stupide lacrime quando Simon gli ha detto la verità in così poche parole, come fa sempre.

Hai un complesso nei confronti di Shizuo, non è vero?

Se solo “complesso” potesse rappresentare tutto quanto.

A volte, in lampi di chiarezza, Izaya realizza di essere veramente incapace di vedere oltre Shizuo. Che il resto delle persone si mescola in una massa grigia con cui si può divertire finché non giunge il tempo in cui può stare nuovamente con Shizuo. Proprio come una lavoratore va in ufficio e pensa al suo giovane innamorato a casa, Izaya percorre la città a lunghi passi e fantastica tra i suoi impegni (anche adesso, molto tempo dopo aver rovinato tutto) e aspetta e aspetta finché non intercetta la figura di Shizuo, finché non ha la possibilità di tirare di nuovo fuori quella vecchia rabbia, quella che era per lui e nessun altro, vermiglia e calda e sua.

E’ solo. E’ solo, è sempre stato solo, e l’unica volta in cui ha veramente sentito la presenza di un altro essere vivente accanto a sè è stata una di quelle notti in cui Shizuo aveva giocato con le sue dita e riso della loro fragilità.

“Ti manca,” dice Namie, e questa volta lo sta guardando. “Parola mia, è disgustoso. Ce l’hai scritto in faccia. Non puoi vivere senza di lui.”

“Au contraire,” replica, ma si siede sulle scale, improvvisamente troppo stanco per recuperare il libro che stava cercando. “Sono assolutamente senza di lui, e sono assolutamente vivo. Guarda, non sono mai stato così vivo!”

“Sai, non esiste una sola persona al mondo che pensi davvero che tu stia dicendo la verità quando menti,” dice, girando la sedia per parlargli faccia a faccia. “Si bevono quello che dici perché ne hanno bisogno, ma non penso che esista qualcuno che ti creda davvero.”

“Mi guadagno da vivere perché le persona scelgono di credere alle mie bugie.” Izaya si china indietro, appoggia un gomito su un gradino più alto, sorride a Namie. “L’hai detto tu stessa, nessuno mi crede quando mento. E’ triste che nessuno mi creda quando dico la verità, però.”

“Mi riesce difficile credere che tu ci abbia messo tutti questi anni per capire il concetto di gridare ‘Al lupo!’,” sospira. “Dimmi, tu ami?”

Shizuo? “Cosa intendi dire?”

“Tu ami? Non tutti, non il mondo o Dio o che so io. Tu ami?”

“Io vivo perché amo, Namie-san.” Tutti, il mondo o Dio o che so io.

“Lui.”

“Prego?”

“Tu vivi perché ami lui. Tu ami perché ami lui. E’ così che sai cosa sia l’amore.” Ha, per un attimo, uno sguardo negli occhi che gli ricorda che lei pensa a Seiji ogni volta che pronuncia la parola amore, ma la sua comprensione del concetto, per quanto contorta possa essere, è sincera- e la sua accuratezza è terrificante.

“Devo amare ogni cosa,” dice. “Ho tantissimo amore. Più che a sufficienza. Più del dovuto.”

“Tutto quell’amore e nessuno su cui sprecarlo,” sogghigna Namie. “Che genere di pudore è questo?”

“Chi, dopotutto, ha il tempo di prendere la mano di un amante infuriato, Namie-san?”

E la coglie di sorpresa, guarda il suo sorriso sardonico scivolare via, lo sguardo che cambia in qualcosa che Izaya rifiuta di interpretare come gentilezza. Gentilezza è sinonimo di pietà, e non gli serve da lei, fra tutte le persone. Non quando spesso è lei quella a dare inizio ai loro errori notturni, cosa che sta facendo ora- spingendo indietro la sedia, camminando verso di lui, chinandosi su di lui con una mano sulla ringhiera.

Oggi, dopo tutto quello che si sono detti, non riesce nemmeno ad eccitarsi. Ed è anche peggio, perché sembra che lei lo sappia; tutto quello che fa è stare in piedi vicino a lui, guardarlo, cercando di formare una specie di banalità nella sua fredda, mente calcolatrice. E lui non ne ha bisogno. Non ne ha mai avuto.

——

Più tardi, dirà che c’era da aspettarselo, che da sempre era destinato a succedere, o che aveva fatto in modo che potesse succedere, ma nel momento in cui lo fa, si convince che questo sia l’unico evento che li abbia divisi.

Non è che Shizuo non abbia sempre saputo che Izaya avrebbe fatto una cosa del genere, è sempre stato estremamente palese; la base delle loro interazioni, la radice dei loro problemi, tutto giaceva nell’ossessione di Izaya per inganni e tradimenti. Non era la rabbia che stava cercando questa volta- piuttosto, aveva cercato qualcosa di diverso- sorpresa. La sorpresa è quello a cui ha mirato, e invece, qui, mentre sogghigna alla sagoma furibonda di Shizuo gettata contro la rete, che gli sputa addosso maledizioni, non vede e non prova nulla se non un’orrida, vuota delusione.

Sa che questa in particolare avrebbe ferito Shizuo, ha visto i suoi vestiti cambiare da maglietta e pantaloni alla stessa uniforme ogni giorno, ha visto il suo onnipresente sorriso quando parla di e con Kasuka. Izaya non è mai stato uno stupido; le sue osservazioni sono ciò che lo hanno spinto verso questo lavoro particolare, colpire dove fa male e vedere cosa succede ora che non si tratta solo di Izaya che lo sta colpendo da nemico.

Simon gli ha sempre detto che un giorno sarebbe stata esattamente quella perversa curiosità a condurlo alla sua fine, ma non ha mai preso l’uomo sul serio fino a quel momento. Odia quando Simon ha ragione, e dio, Simon ha sempre ragione. Ma non avrebbe mai potuto spiegarglielo, nemmeno quando aveva riso su quanto pericoloso diventasse il sesso con Shizuo, o nemmeno quando si era silenziosamente infuriato per un casuale commento di Shizuo che gli ricordava quanto strano fosse tutto questo, attraverso tutto quel raccontare, non avrebbe mai potuto spiegare a Simon il perché esattamente voleva fare quello che ha appena fatto -che non voleva far arrabbiare Shizuo, ma sorprenderlo, voleva che smettesse di aspettarsi che Izaya facesse quelle cose, voleva ferirlo in quanto suo amante e non farlo arrabbiare da nemesi.

Metterla in questi termini così semplici e concisi mentre si siede nel retro di una fredda macchina della  polizia, lo fa sembrare incredibilmente ovvio e semplice quanto uno dei suoi giocattoli umani. Vuole ridere di sè più che di Shizuo o della situazione, e ha sempre eccelso in quello ma non ha mai odiato l’occasione quanto oggi. Fuori, una moto passa facendo un rumore insopportabile, il rombo che sovrasta persino le gutturali promesse di Shizuo di ucciderlo.

Ci vogliono cinque uomini per trascinare Shizuo nella macchina vicina, e i suoi edenici sibili e ringhi non danno alcuna soddisfazione ad Izaya.

——

La prima volta che le loro strade si incrociano dopo che Shizuo  è uscito di prigione, Izaya riesce a malapena a guardarlo negli occhi. Si convince comunque a farlo, perché altrimenti tutti i suoi sforzi sarebbero stati vani.

Non ha mai visto un’espressione così misera su un uomo; occhi spenti, capelli sciupati, spalle ricurve. Ad essere sufficientemente sinceri, non ha mai voluto fare questo a Shizuo. Consumarlo, sì. Farlo eruttare ed esplodere e infuriare fino alla morte, sì, per godersi lo spettacolo. Non ha mai voluto vedere questo:

Shizuo non grida, non impreca, ancora non muove un dito. Al contrario lancia ad Izaya un’occhiataccia carica di una generica, offensiva rabbia, e questo riporta il vecchio, confortante sorriso di Izaya sulla sua faccia.

“E’ bello vederti”, dice, e Shizuo sferra il primo pugno. Izaya non lo schiva così può verificare l’assenza di forza, per un attimo chiude gli occhi contro la pelle calda di Shizuo, che lo tocca anche se l’intento è un altro. “Ti trovo bene, Shizu-chan.”

“Sparisci dalla mia vista,” sospira Shizuo. “Vattene da questo posto e basta, Izaya.” Mi hai ferito.

“Appartengo a questa città tanto quanto te,” dice, la mano che raggiunge la tasca, chiudendosi sul suo amato coltello. “Non dirmi che sei arrabbiato per quel piccolo appuntamento a sorpresa con gli sbirri.”

“Vattene.” Come hai potuto.

“Non penso che tu abbia-”

“Vattene.” Come hai potuto.

“Spero che Kasuka-”

“Ti stacco il collo a morsi di fronte a questo tizio,” ringhia Shizuo, allora, la voce così bassa che Izaya sente ogni pelo delle braccia rizzarsi. “Ti giuro che lo faccio, Izaya, se non la smetti con quel sorrisetto del cazzo.” Come hai potuto. E’ quello che vuole sentire, ma non dal suo stesso cervello, questo non era parte del piano, non è mai stato parte del piano. Mi hai ferito. Come hai potuto. Come hai potuto. Come hai potuto.

“Stai cercando di spaventarmi? Non riesci a farmi paura, Shizu-chan.”

“Stavi cercando di mettermi alla prova?” Improvvisamente, così improvvisamente, Shizuo sembra stanchissimo. Non lo ha mai sentito così, e ne ha paura. “Non mettiamo alla prova coloro che amiamo.”

Amore.

Izaya guarda Shizuo. Ripensandoci, saprà che fino a quel momento non aveva ancora sentito il suo cuore spezzarsi per davvero. Per ora, è troppo sbalordito per capire ciò che sta succedendo dentro e fuori di sè, le macchine che rallentano e le persone che accelerano, gli edifici che crollano, la città che si oscura così facilmente, il mondo in frantumi; frammenti di firmamento, schegge di ruggine, e un ronzio nelle sue orecchie che combacia con ciascun respiro di Shizuo che riesce ad ascoltare attraverso l’improvviso cosmo in mezzo a loro.

C’è stato un errore, vorrebbe dire. Aspetta.

Ma non vi è stato, e Shizuo lo capisce nello stesso momento- quell’apatia nei suoi occhi cambia, e impallidisce probabilmente quando capisce che Izaya- che Izaya non lo ha mai saputo. E’ ridicolo, perché Shizuo sembra uno sconvolto dal dover essere il primo a dare cattive notizie ad un amico, ed è così palesemente ridicolo, così ovvio, così ridicolo- Izaya lascia cadere il coltello. Mi dispiace così tanto. Pensavo che lo sapessi. Lo sguardo di Shizuo sfreccia dal terreno al petto di Izaya, ai suoi occhi, e poi di nuovo in basso.

“Dovresti lasciare la città,” dice, e non guarda Izaya. Guarda il coltello e dice, “Non tornare ad Ikebukuro.”

E Izaya torna la mattina seguente, sedendosi di fronte a Shizuo al sushi bar, e Shizuo dice sembra che tu sia rimasto in piedi tutta la notte a piangere per me, e Izaya dice sembri quello per cui sono in piedi tutta la notte a piangere. E’ l’ultima volta che Shizuo lo lascia rimanere ad Ikebukuro in pace, e l’ultima volta che a Izaya sembra di venirci in pace.

——

Shizuo non è mai stato un uomo coraggioso. Forte, sì, più forte praticamente di chiunque intorno a lui, se si parla della forza dei suoi pugni e del modo in cui non riesce a controllare la propria andatura pesante. Non è mai stato un uomo coraggioso perché non ha avuto occasione di provare la sua audacia o di testarla. Prima, quando poche cose lo spaventavano, non aveva mai pensato che si trattasse di audacia o coraggio. Aveva semplicemente creduto che fosse un modo di essere, sapere solo come andare avanti e distruggere cose per spianarsi la strada. In seguito, quando aveva sperimentato come fosse avere qualcosa di rotto diverso dal suo corpo, quando Izaya ci aveva conficcato le unghie e aveva creato cardini nelle sue costole dove non ci sarebbero dovuti essere, aveva realizzato che di fronte alle cose che gli davano la caccia adesso, non aveva alcuna possibilità.

Shizuo non aveva mai avuto paura di niente perché credeva di sapere come combattere. Aveva scoperto di essere terrorizzato da ciò a cui non avrebbe potuto provocare danni con le proprie mani: il calore del sushi bar di Simon, l’andatura infantile di Akane, il sorriso gentile di Tom; gli provocano più afflizione che felicità. Il suono della voce di Kasuka, limpida ed onesta. Il sapore del latte alle cinque del pomeriggio. Il ricordo del tocco di Izaya, che lo punge qua e là sul corpo come aghi in un modo che gli fa distorcere il viso in una smorfia- ci sono parti della sua vita che gli fanno molto più male di prima. L’assenza di Izaya, di tutte queste cose, è una bolla di nausea situata tra il petto e la gola, sono labbra arricciate verso il basso, una pulsazione nelle orecchie che gli fa salire le lacrime agli occhi.

Ingoiando queste cose come Izaya probabilmente fa ogni mattina, Shizuo fissa il pavimento piuttosto che il viso della donna di fronte a lui. E’ bellissima; Izaya deve amarla sicuramente. Quando finalmente alza lo sguardo, lei indossa un sorrisetto che lo conferma. Non crede di aver bisogno di dire qualcosa, e ha ragione; lei si limita a fare un passo di lato e lo lascia entrare.

Non ha mai avuto occasione di osservare per bene il nuovo (beh, relativamente) appartamento di Izaya, essendo comparso là solo in occasioni di furia cieca o desiderio. E’ raffinato quanto quello precedente, ma completamente privo della presenza di Shizuo, stavolta, quasi con un aspetto clinico, invece.

La donna lo conduce in cima alle scale, fino ad una porta accanto ad una libreria. “Si è addormentato un’ora fa,” dice, la voce abbastanza bassa per non svegliare Izaya ma abbastanza alta per mostrare che avrebbe preferito farlo.”Adesso io vado.”

Non è mai stato un uomo coraggioso, ma d’altro canto, Izaya sta dormendo e sono passati quindici giorni dall’ultima volta che Shizuo gli ha parlato e quattordici da quando è stato accoltellato, e il bisogno di stare con lui è peggiore di qualunque timore potrebbe avere. Il Paradiso non riuscirebbe a tenermi lontano da te. L’Inferno non ci deve nemmeno provare.

Annuisce, le mani già serrate in pugno, e lei si acciglia. “Senti, non che qualcuno lo creda veramente possibile, ma nel caso- cerca di non ucciderlo.”

Annuisce di nuovo, e la guarda andare via, e si gira verso l’entrata. Non può uccidere Izaya mentre dorme, in pace, non può ucciderlo nemmeno quando è sveglio. Non potrebbe mai; non ne sarà mai in grado-

Ma nel caso, pensa mentre cammina all’interno, sta controllando le sue opportunità. Tutto qui, vuole vedere di persona la ferita di Izaya, solo per vedere- solo per vedere. Lui odia Izaya, dopotutto, lo scarafaggio, il vampiro, il pallido fantasma argentato dei suoi sogni più tremendi, ed è quell’odio che lo trascina in avanti, lo porta vicino al grande letto su cui Izaya sembra così giovane, stanco, piccolo.

Izaya apre gli occhi lentamente, senza fretta, come se già sapesse chi sia. Nella dolce luce della sua camera da letto, il rosso è lavato via dal castano e sembra meno detestabile di quanto Shizuo lo abbia mai visto prima.

——

La parte peggiore del giorno del giudizio è che Izaya si era dimenticato che sarebbe arrivato per lui come arriva anche per gli altri. Questo è niente, lo sa, mentre si accascia a terra e storce le labbra alla sensazione del sangue che lascia il suo corpo. Questo è ancora niente, i grandi scontri sono ancora lontani, e la testa di Celty è ancora pacificamente addormentata nella sua gabbia di vetro. La possibilità della sua morte non è un problema fondamentale del grande schema delle cose; anche nell’immediato, il fidanzatino delle sue sorelle è più che in grado prendere il suo posto. No, non davvero il giorno del giudizio, ma se è questo l’ultimo giorno della sua vita allora lo è per lui.

Sto per morire, pensa. Sto per morire e non ho baciato Shizuo per anni.

Fa male. Il coltello ha eseguito bene il suo lavoro, conficcandosi esattamente a metà di potrebbe aver bisogno di un intervento chirurgico se sopravvive e di oh, oh, questo fa male. Il cemento è ruvido contro la sua faccia, e avrebbe voluto che l’uomo -Yodogiri, riflette- lo ha sottovalutato- fosse stato più accorto nella scelta del luogo. Magari un bell’ufficio pulito, l’atrio di un qualche edificio, il pianerottolo di Shizuo.

Probabilmente non è la morte che richiama i ricordi nella sua mente, ma piuttosto l’incombenza della morte. In questo momento non è in grado di valutare se sta davvero per morire, malgrado la litania che risuona nella sua testa, ma nonostante ciò l’idea gli riporta frammenti di immagini di momenti dalle multiple vite che ha vissuto in mezzo a questa. L’unica che risalta, la principale da cui si diramano tutte le altre, consiste nelle notti dopo notti e giorni dopo giorni che ha trascorso con Shizuo. Lottando o no, odiando o no, che sia il fantasma del tocco della sua sua presenza un tempo fisica o l’irritante cospicuità della sua assenza, il ricordo della sua risata, l’eco della sua voce liscia come mercurio- attraverso la sua iniziale delusione verso sè stesso e le proprie decisioni, e oltre, tutto quello a cui Izaya riesce a pensare è quella vita, quell’Heiwajima Shizuo. Umano, umano, umano, Umano, Shizuo, odio.

Se non altro, l’odio potrebbe tenerlo in vita. Anche in questo preciso momento, mentre lotta per tenere gli occhi aperti in queste frazioni di secondi che sembrano durare anni, proprio come è sembrato ogni momento dopo che Shizuo aveva lasciato un biglietto sul tavolo del loro sushi bar e se n’era andato senza una parola… anche in questo preciso momento, La sensazione più forte che prova per un’ultima volta non è altro che quell’oscura rabbia. Pur diluita dalla stanchezza fino a trasformarsi in irritazione, è molto più potente di qualsiasi altra sensazione fisica o emotiva che abbia provato e mai proverà. C’è qualcosa riguardo ad Heiwajima Shizuo, dopotutto, che non si estingue fino all’ultimo attimo cosciente di Izaya, vincendo senza fatica sulla debilitante paura di morire che ha sempre avuto. Come se Shizuo fosse l’antitesi non della bellezza, ma della morte, e del freddo, e di altre cose oscure. Non ha paura. Non ha più paura di morire di una morte più piccola di quelle a cui Shizuo lo conduceva con i suoi dolci respiri a notte fonda. Potrebbe morire senza vedere Shizuo e non ha paura.

Ma è il più orrendo dei cliché che proprio un attimo prima che la sua mente cada nel buio, abbia la visione chiara, mozzafiato del sorriso di Shizuo.

——

“O cielo,” dice, “Shizu-chan ha intenzione di prendere a calci un uomo indifeso?”

E poi Shizuo si accascia sul letto, non per il melodramma ma per la stanchezza. La sete viola delle lenzuola di Izaya è liscia sotto il suo palmo, e da questa distanza, vede ombre di uguale colore sotto gli occhi di Izaya. Nessuno di loro è destinato a vivere per invecchiare e quindi deve sapere perché, deve sapere perché e basta, per una volta. Quando lo scoprirà, se Izaya vuole, se ne andrà, lo farà- ma deve solo sapere perché ha di nuovo un groppo alla gola e perché i suoi occhi bruciano; sicuramente questa intimità sediziosa merita un ragionamento.

Izaya sorride. “Sembra che tu...”

“L’ho fatto,” dice Shizuo, proprio così, e si sta chinando in avanti, la fronte premuta contro quella di Izaya mentre cerca di controllare i respiri e le lacrime. “Usali, forza, tagliami la mano. Una linea sola.” Lascia che sia la mia fortuna. Lascia che sia la mia vita. “Cazzo, Dio solo sa se non ho bisogno di spaccarti il culo ogni domenica.”

E finalmente, Izaya solleva le mani per incorniciargli il viso, i polpastrelli che sfiorano delicatissimi la mascella, le tempie, che non riesce a credere che la distanza di quel sogno si stia rompendo di nuovo. “Perché ti preoccupi?” Mormora Izaya. “E’ solo un coltello.” Un coltello fra le costole non può fare nulla per cambiare il mio odio.

“Ti ucciderò, un giorno,” dice Shizuo soffocato, e Izaya  ride, e Shizuo odia. Odia, ma stavolta c’è di più, lui è di più, loro sono di più; tutto questo è di più- questo è qualcos’altro. Questi sono i polsi di Izaya, le sue mani, questi sono i suoi polpastrelli scolpiti da Dio. Li inseguirebbe fino alla fine del mondo.

——

Una mattina, si ritrovano in piedi su due edifici opposti, i petti pesanti, gli occhi quasi chiusi a causa del vento. Izaya è libero di venire ad Ikebukuro adesso, ma solamente. Con Shizuo, non è questione di ricostruire la fiducia o riattizzare il fuoco- è sempre stato là, alimentandosi semplicemente da solo. Mentre si fissano a vicenda, Izaya vede ogni singola fiamma che brilla negli occhi di Shizuo, più belle e attraenti di qualsiasi universo che esiste al di fuori di loro. Ricorda a malapena cosa ha fatto stavolta per farli finire quassù, ma non vede l’ora di perdere questa battaglia. Il ghigno di Shizuo è una minaccia, e il coltello di Izaya è a casa nella sua mano.

——

Non  ha mai conosciuto una gentilezza simile alla pressione delle labbra di Izaya sulle proprie, il modo in cui Izaya quasi si blocca; inspira, espira, trema, e il modo in cui lo fa ogni volta, come se fosse l’unica cosa al mondo di cui non è sicuro. E questo è divertente, perché è l’unica cosa al mondo di cui Shizuo è sicuro. Ma poi Izaya ride di nuovo, dolcemente, una cosa che non ha mai udito prima.

——

Izaya sorride, disinvolto. Izaya ama, crudelmente. Shizuo abbaia una risata, e poi salta.

——

“Vieni sotto le coperte,” dice, le labbra che sfiorano appena quelle di Shizuo. “Non riusciresti ad uccidermi se ci provassi, mio amore.”

 
 
 












 
 
 
 
 
 
 
 
 

NOTE

 

(((Sulla mia lapide incidete We don’t test the ones we love)))

 

Lascio qua un pezzo delle note alla fine della fic originale perché a me aveva fatto ridere troppo

 

[11/06/15 5:07:52 am] abhi: so what is this thing you're writing

[11/06/15 5:08:07 am] eren jack daniels: it’s like this really intense durarara fic

[11/06/15 5:08:17 am] eren jack daniels: remember that one ep you saw where one guy threw a vending machine at the other one

[11/06/15 5:08:29 am] abhi: vaguely

[11/06/15 5:08:33 am] eren jack daniels: it’s about them

[11/06/15 5:08:45 am] abhi: do they have sex in the vending machine

[11/06/15 5:08:50 am] eren jack daniels: I

[11/06/15 5:08:54 am] eren jack daniels: HARDLY THINK SO

[11/06/15 5:09:09 am] eren jack daniels: ITS MORE ABOUT…KIND OF PASSIONATE HATRED…NOT SEX IN VENDING MACHINES…

[11/06/15 5:09:23 am] abhi: lol, imagine someone puts in the money and a slip comes out saying "do not disturb ;)"

 

Questo parto trigemino lavoraccio finalmente è finito, mi sento tipo dissanguata. No giuro, c’erano pezzi che mi facevano piangere per, beh, il contenuto, e pezzi che mi facevano piangere perché “E MO COME CAZZO TI TRADUCO” e probabilmente certe frasi sono un aborto che ai miei occhi suona bene perché l’ho rilette troppe volte, perciò vi chiedo scusa, cercherò di migliorare.

Però sono contenta di averla tradotta, tengo veramente moltissimo a queste storia e non lo so, sentivo il bisogno di condividerla. Adesso posso finalmente agonizzare in pace.

Se c’è una cosa che odio di questa fanfiction è che mi lascia completamente senza parole, a parte djcsidocjdoiv o i piagnucolii di dolore, perciò ecco, è meglio se la smetto di prendere a testate la tastiera.

 

(AH, lo specifico perché io la prima volta mi sono presa  un mezzo infarto, Shizuo non è che si suicida quando salta, semplicemente sta raggiungendo Izaya sul suo stesso edificio. Sì, ecco, probabilmente non era necessario, ma adesso lo sapete con certezza.)

 

Se avete altre domande chiedete pure! Bye bye,

 

Amberle

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