Cuore di cristallo

di belle_delamb
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitola V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX ***
Capitolo 11: *** Capitolo X ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


-Voglio solo che tu sappia che ti ho sempre amato e che ti amerò per sempre- sussurrò lei, stretta tra le braccia di lui, le lacrime che pungevano per uscire –non importa quello che hai fatto, non mi è mai importato, so che è solo colpa delle incomprensioni, so tutto e capisco, solo che non posso permettermi di ignorare questa storia, ne andrebbe del mio onore e non posso proprio permetterlo-
-Ormai quel che è fatto non può essere cambiato- sussurrò lui.
-Purtroppo lo so e voglio che tu sappia che se questa storia si fosse potuta cambiare avrei rinunciato a ciò che più mi è caro al mondo- sospirò –credimi, fa più male a me che a te- e con un movimento rapido lo pugnalò al cuore, vincendo la resistenza dei muscoli del torace, strenua difesa di un corpo che non vuole arrendersi.
Lo sentì rantolare, il sangue che le sgorgava sulla mano, sul vestito, che schizzava sul suo viso, sul suo collo e le bruciava la pelle, ma mai quanto il dolore che aveva in cuore. Lo amava eppure non poteva far altro che ucciderlo, la vita a volte era così crudele. Lo accompagnò a terra, quindi si allontanò di un paio di passi, lasciandogli la lama nel cuore.
-Spero che avremo modo d’incontrarci in un’altra vita, spero che tu tornerai da me, anche solo per perseguitarmi, tutto pur di rivederti, pur di avere anche la minima occasione di riamarti- gli mandò un bacio con la mano macchiata di sangue e se ne andò, il gioiello che aveva al collo che brillava di vermiglio.

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


La giovane lady Margaret Rader scese i gradini della lunga scala uno per volta, attenta a non scivolare, la schiena ben dritta, quasi piegata all’indietro dal rigido busto. La ragazza si sollevò l’ampio abito color panna per scendere più velocemente, era già molto in ritardo. Quel ballo era stato organizzato per lei, non poteva proprio non presiedervi. Sperava almeno che ci fosse Fred, aveva promesso che ci sarebbe stato, non poteva lasciarla sola in un momento simile. Appena giunse in sala gli occhi di tutti si fermarono su di lei. Certo, ora la guardavano, ma normalmente nessuno si curava di lei, anche se era una lady.
-Milady, mi concedete un ballo?- chiese un alto cavaliere, avvicinandosi a lei.
Margaret lo scrutò rapidamente. Un bell’uomo, un po’ maturo per lei, circa trentacinque anni, occhi verdi, capelli castani. Ricordò le parole del padre.
-Non ti permetto di rifiutare i possibili pretendenti-
Quello era un pretendente? Probabilmente sì. O così avrebbe pensato suo padre ed era quello che contava, cosa pensava suo padre.
–Certo-
Il cavaliere le cinse la vita con un movimento rapido e la strinse a sé con fermezza.
Margaret non sapeva ballare, non bene almeno, era troppo goffa per ballare bene e Fred questo lo capiva bene. Fred, con lui si sentiva davvero a suo agio. La ragazza represse un risolino a quel pensiero e si lasciò condurre dal cavaliere senza dir nulla, senza nemmeno impegnarsi troppo in quel ballo.
-Il vostro vestito è veramente bello- disse il cavaliere.
Margaret represse un’espressione di stizza: voleva pure fare conversazione! –Siete molto cortese-
-Nessuna cortesia, siete davvero bellissima-
Lei ridacchiò, improvvisamente lusingata da quelle parole. –Prima avete detto che era bello il mio vestito-
-E lo siete anche voi-
Margaret sorrise. Le piaceva essere adulata e poi quel cavaliere conduceva bene. –Siete straniero?- chiese.
-Del Nord, lo avete capito dal mio accento?-
-Sì, e anche dal vostro modo di ballare, quelli di queste parti non cingono così in basso la vita di una fanciulla-
Questa volta fu lui a sorridere. –E vi dispiace?-
-Per nulla- e lo guardò dritto nei suoi occhi verdi, occhi particolari, stretti, profondi.
-Allora non vedo perché dovrei cambiare modo di ballare-
La fanciulla fece per rispondere, ma vide una figura al margine della sala da ballo, una figura alta e snella: Fred. Subito lottò con il desiderio di andarsene, doveva almeno finire il ballo. Fred nel frattempo la teneva sott’occhio, con il suo sguardo attento.
Quando finalmente la musica finì Margaret si congedò dal cavaliere e si diresse rapidamente verso il punto in cui aveva visto Fred.
Margaret aveva già fatto due volte il giro della sala senza riuscire a trovare Fred. Si fermò un attimo e fece una riverenza quando un cavaliere che le si parò davanti. Possibile che gli uomini non riuscissero mai a capire quando una dama voleva abbandonare un ballo? Si sforzò di sorridere.
-Posso chiedervi un ballo?- farfugliò lui.
-Scusate, sono un po’ di fretta- disse lei, lo sguardo fisso dietro di lui, alla ricerca di Fred. Il cavaliere arrossì. Era un ragazzino a guardarlo meglio, forse sedici anni, forse qualcosa di meno. Lo superò senza pensarci. Ma dov’era finito Fred? Scompariva sempre e lei doveva assolutamente vederlo. Si batté il ventaglio contro la gamba. Amava Fred anche se non era mai riuscita a confessarglielo, amava il modo in cui stringeva la spada in mano quando combatteva, amava il modo in cui non si arrendeva mai, lo amava anche se era profondamente stupido. Scese le scale e sgusciò via tra un gruppo d’invitati. Quella festa era stata un’idea di suo padre.
-Ormai sei grande, devi trovare un marito-
Ma lei non voleva un marito, forse non voleva nemmeno sposare Fred, amore non voleva mica dire matrimonio, ma questo suo padre sembrava proprio non capirlo.
Uscì in giardino ed ispirò la calda aria estiva. Ormai mancava poco al suo compleanno. Scosse la testa, non voleva pensarci. Entrò nel labirinto, ogni tanto a Fred piaceva nascondersi sotto il grande gazebo che si trovava al centro. Era stata la bis nonna paterna di Margaret a farlo costruire, lei era una principessa del regno di Smeraldo, costretta a sposare colui che in guerra aveva ucciso suo fratello. La leggenda narrava che la principessa cercasse sempre rifugio in quel labirinto, era il suo nascondiglio. Margaret sorrise, sorrideva sempre quando pensava che in lei, lady di Rosa Blu, scorreva il sangue di una reale. Si chiamava Fiona e la storia diceva che fosse così bella da incantare chiunque la vedesse. Margaret sfortunatamente non aveva preso la sua clamorosa bellezza. Aveva ereditato i capelli bruni della madre e le palpebre un po’ cadenti del marito di Fiona. Niente occhi azzurri come il mare, come invece li aveva Fiona, persi chissà dove nel corso delle generazioni. Niente seno prosperoso, niente dentatura perfetta, ma tutto sommato Margaret non poteva lamentarsi, era bella, non bellissima, ma bella, e lo vedeva negli occhi di chi la incontrava.
Si fermò improvvisamente sentendo delle voci. Possibile che il labirinto fosse diventato luogo d’incontro per due innamorati? C’era una donna, ma quello che stava dicendo non era ciò che si diceva a un innamorato.
-Credi che sappia qualcosa?-
-Il caro lord Jerry è uno sprovveduto, non sa nulla del gioiello, probabilmente non sa nemmeno che è magico- Quella voce la riconobbe subito! Era quella del cavaliere con cui aveva ballato.
-E io che temevo d’incontrare un uomo astuto invece è solo un gradasso-
Margaret sentì la rabbia montarle. Nessuno poteva trattare in quel modo suo padre, se non lei stessa.
-Pensi che sia comunque necessario che portiamo a termine la missione?-
-Certo, ormai è inevitabile, siamo stati mandati qui per un motivo, e bisogna comunque evitare che lui s’insospettisca, occupatene tu, sei sempre stato bravo in queste cose-
-Come preferisci che faccia?-
-Non la spada, ovviamente, fai in modo che sembri un incidente, una caduta da cavallo, non so, o dalle scale, se sei proprio nei guai usa il veleno, ma nessuna morte che sia ricollegabile a noi-
-Ovviamente … e la figlia?-
-Credi che la ragazza possa darci problemi?-
-Non so, tutto è possibile-
-Allora sistema anche lei, ma prima cerca di scoprire se sa qualcosa, non voglio che due morti insospettiscano troppo-
-So come fare il mio lavoro, non sarò frettoloso-
Margaret strinse i denti. Il cuore le galoppava nel petto per l’ansia. Doveva andarsene, doveva chiedere aiuto. Arretrò di un passo.
- Cos’è stato questo rumore?-
Margaret si sentì gelare.
-Io non ho sentito nulla- disse il cavaliere.
-Forse è solo la mia immaginazione, ma prima finiamo questo lavoro, meglio è per tutti-
-Lo porterò a termine questa notte, non temere, prima di domani mattina lord Jerry sarà morto-

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


La bambina osservava lo scorrere del fiume. Sapeva che tutto nella vita prima o poi finisce, era un concetto che le avevano insegnato fin dall’inizio, da quand’era poco più di un’infante. Si nasce, si vive, si muore. E ne aveva visti morire tanti durante la febbre rossa, aveva visto quei corpi contorcersi e il sangue uscire. E ora anche suo padre se ne stava andando.
-Non devi piangere- le aveva detto, accarezzandole la guancia –è il ciclo della vita, i vecchi devono lasciare il posto ai giovani-
-Io non voglio perderti-
-Un giorno ci rivedremo, laddove i dolori umani non colpiscono più, laddove il sole è sempre alto nel cielo-
Ma la bambina non credeva a un posto dove non c’erano mai le tenebre, forse nemmeno ci voleva credere, un posto così non le sarebbe piaciuto davvero, lei apparteneva alle tenebre.
-Questo è un regalo per te, piccola- le aveva detto il padre, dandole un ciondolo a forma di cuore –apparteneva a mia madre e a sua madre prima di lei, si tramanda a tutte le donne della famiglia e ora è venuto il tuo turno-
Lei l’aveva preso tra le mani tremanti, sorpresa dalla sua bellezza.
-Questo ciondolo assumerà il colore delle tue emozioni e ti proteggerà-
-Davvero?-
-Certo, ma tu dovrai portarlo con onore e non dovrai mai permettere a nessuno di portarti via l’onore, ti è chiaro?-
-Certo, padre-
-Giura-
E la bimba giurò, il ciondolo stretto al petto.

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


Margaret corse più forte che poté. Un paio di volte cadde a terra, ma si rialzò subito e non rallentò, nonostante il vestito rovinato e le ginocchia scorticate. Doveva uscire dal labirinto, doveva andarsene, trovare il padre, risolvere ciò che non si poteva risolvere. Ma dov’era l’uscita? Il cuore le batteva così forte da minacciare di uscirle dal petto. Loro potevano essere dietro di lei, potevano raggiungerla, potevano afferrarla, farle male. Un rumore alle spalle la fece sobbalzare. Doveva nascondersi, lasciar passare qualche minuto, se l’avessero presa non sarebbe mai riuscita ad avvertire il padre. Si fermò, ansante, e si guardò intorno. Aveva percorso quel labirinto mille volte e sapeva che non era raro trovare dei buchi al suo interno, rifugi in cui nascondersi. E finalmente vide un buco nel labirinto e rapida vi si nascose dentro, incurante dei graffi che le procuravano i rami e pregando solo di non essere vista. No, non poteva essere vista, una fine atroce non si confaceva a una ragazza come lei. Si rannicchiò e fece una cosa che non si ricordava più da quanto tempo non faceva più: pregò. Pregò per se stessa, per la propria vita, per il padre, mai amato come si ama un padre, ma pur sempre colui che l’aveva cresciuta e che a modo suo, oh come lo capiva ora, l’aveva protetta, e poi per il futuro, un futuro felice, in cui, promise, si sarebbe comportata bene. E poi sentì dei passi. Un brivido la ghiacciò. Rapida ruppe un ramo appuntito e si preparò a colpire, forse avrebbe potuto salvarsi, ma avrebbe dovuto essere svelta, avrebbe dovuto colpire in fretta e poi correre via. Doveva colpire agli occhi. E non appena vide l’ombra proiettarsi al suo fianco si gettò in avanti, cieca di paura, tremante, sapendo di non poter fare altro.
-Margot – esclamò una voce amata, quindi qualcuno la prese per il braccio e la tirò di lato, facendole perdere il ramo e l’equilibrio, ma un braccio fu subito pronto a sostenerla e la fanciulla riconobbe gli occhi celesti di Fred, gli occhi che più in quel momento avrebbe voluto vedere.
-Sei tu!- esclamò, folle di gioia.
-Chi pensavi che fossi?- chiese lui, ridacchiando.
-Io … io … -
-Stai piangendo- disse lui, sorpreso.
Margaret si toccò le guancie, non si era accorta di stare piangendo. –Oh, Fred, ho creduto di morire-
Il ragazzo la fissò con le sopracciglia aggrottate, era abituato ai drammi di Margaret, ai suoi colpi di testa, ai suoi capricci.
-Questa volta è grave- disse lei, capendo il dubbio di lui.
-Raccontami-
E la ragazza raccontò tutto in un fiume di parole a malapena comprensibili.
-Non è possibile!- fu l’esclamazione di Fred alla fine della storia.
-Credimi, ho sentito tutto con le mie orecchie … dobbiamo avvertire mio padre-
Fred la guardò senza dire nulla. Margaret sapeva a cosa stava pensando, ai propri giochetti, quando inventava storie assurde per farsi notare, perché qualcuno finalmente mostrasse un po’ d’amore per lei.
-Ti giuro che questa è la verità- disse e gli strinse forte il braccio.
-Andiamo da tuo padre- disse lui.
-Grazie- mormorò Margaret.
-Non ringraziarmi e poi devi ancora convincere tuo padre, è quella la vera sfida-
Aveva ragione.

Lord Jerry stava ricevendo nella Grande Sala le riferì una guardia e non intendeva essere disturbato le lasciò sottinteso. Ovviamente Margaret non aveva nessuna intenzione di essere mandata via, doveva assolutamente parlare con il padre e non le importava dover aspettare.
-Avvisate mio padre che devo parlargli urgentemente- disse la ragazza.
-Milady, vostro padre è stato categorico e … -
-Non importa! Voglio parlare con lui, anzi, io pretendo di parlare con lui- urlò lei e le sue urla rimbombarono nel corridoio.
-Vi prego, milady, non fate così-
-Io faccio quello che voglio e urlo quanto voglio- gridò e batté i piedi come una bambina.
- Margaret – esclamò una voce autoritaria che la ragazza ben conosceva e in quel momento quella voce la rese felicissima. -Padre- urlò, correndogli incontro. L’uomo la guardò sorpreso, non era abituato alle dimostrazioni di affetto della figlia.
- Margaret – l’abbracciò. Era un uomo alto e robusto con profondi occhi grigi e voce tonante.
-Vi devo parlare, padre, è successa una cosa orrenda, io … - e poi la vide, la donna che si trovava dietro a suo padre, alta, di bella presenza, con occhi verdi e lunghi capelli corvini. –Chi è?- chiese in un sussurro.
-Stavo conferendo con la principessa Mary Jane di Oak – La sorella del re! Quindi la congiura aveva origini reali! –Io vi devo urgentemente parlare, padre, non posso aspettare un solo attimo-
Il padre sospirò. –Più tardi, Margaret, più tardi-
-No, Jerry, fai pure- intervenne la principessa –tua figlia avrà sicuramente qualcosa di molto importante da dirti, noi possiamo finire il discorso più tardi- e la donna, nel suo lungo abito verde intessuto d’oro e d’argento superò entrambi e s’incamminò lungo il corridoio, muovendo sinuosamente i fianchi.
-Spero che quello che tu mi devi dire sia davvero importante- le disse l’uomo.
-Non potete nemmeno immaginare quanto-

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


La bambina passava le sue giornate da sola nel castello. Non aveva amici, non aveva parenti, nessuno che si occupasse di lei a parte i servitori, spinti dalla compassione per quella creatura così fragile che sembrava destinata a morire in tenera età. La bambina però sembrava tremendamente resistente e sopravvisse alla difterite, al morbillo, alla pertosse e persino alla peste. Nulla sembrava poter abbattere quel corpo emaciato, nulla sembrava in grado di contaminare la pelle diafana, ma lo spirito era infelice e non c’è peggiore malattia dell’infelicità. Unica consolazione la piccola la trovava nei fiori di cui si circondava, piccoli surrogati di quei compagni di gioco che non poteva avere. E tanto era legata ad essi che alla fine tutti presero a chiamarla Rosa, come la bella rosa rossa che cresceva nel giardino del castello e che lei amava più di tutte le altre. Un giorno quella rosa avrebbe rappresentato la sua salvezza pensava la bambina, magari se l’avesse accudita con abbastanza amore ne sarebbe uscita una bellissima fata dalle ali dorate e l’avrebbe portata con sé nel suo regno incantato dove non sarebbe mai più stata sola.
-Un giorno mi porterai gioia e amore- le mormorava.
Ma un freddo inverno uccise l’amata rosa e la bambina ripiombò nella più totale solitudine.

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Capitolo 6
*** Capitola V ***


-Sono proprio curioso di conoscere la causa di tutta questa agitazione e del tuo presentarti da me con questo aspetto, come se fossi appena sfuggita a un’orda di cavalieri- disse Lord Jerry, accomodandosi sulla sua poltrona preferita.
-Padre, si tratta della vostra sicurezza- disse Margaret. Tremava così tanto da riuscire a malapena a reggersi in piedi.
-Siediti e parla-
Margaret si accomodò. Non sapeva da dove iniziare e improvvisamente si sentì enormemente stupida per essere corsa fin lì. E se suo padre non le avesse creduto? Era fin troppo possibile che ciò accadesse.
-Allora?-
-Vogliono uccidervi- disse tutto d’un fiato e raccontò quello che aveva sentito, senza fermarsi neppure un attimo e senza alzare la testa per guardarlo. Alla fine aggiunse ciò che meno avrebbe voluto aggiungere. –La donna con cui stavate parlando prima … è la donna che vi vuole uccidere- quindi resto in silenzio, lo sguardo basso, in attesa.
Il padre rispose dopo un tempo che le parve infinito. –Sai, ti stavo quasi per credere-
-Cosa?- chiese lei, alzando la testa.
-Sì, se non avessi aggiunto la storia sulla principessa ti avrei creduto, devo ammettere che hai imparato a mentire bene-
-Ma non ho mentito!-
-Certo, tu non menti mai, Margaret, non hai mai detto una bugia in vita tua, vero?-
-Io … -
-Ti ricordi lo scudiero che ho mandato via perché dicevi che ti aveva messo le mani addosso? Oppure la volta che hai avuto la bella pensata di giocare al lancio della mazza e hai dato la colpa alla tua dama di compagnia?-
Margaret ricordava molto bene, ma non aveva fatto quelle cose per cattiveria o altro. La verità era che lo scudiero prima le aveva fatto delle avances e poi si era tirato indietro preferendole una ragazza qualsiasi, mentre la servetta si era avvicinata un po’ troppo a Fred per i suoi gusti. Non poteva certo perdonare un simile comportamento!
-E potrei andare avanti tutta la serata a raccontare le tue invenzioni, devo ammettere che hai molta fantasia, questo sicuramente, devi averlo ereditato da tua madre, perché io di fantasia non ne ho mai avuta-
Classico del padre dare la colpa alla madre.
-Sono proprio stufo del tuo comportamento, Margaret! A questa età dovresti essere una madre di famiglia, dovresti avere dei figli da accudire e invece non sei nemmeno sposata, questo deve assolutamente cambiare- scosse la testa –invece di stare qua dovresti stare di là, a cercarti un possibile marito, non qui con me, a inventarti storie assurde su persone rispettabili-
-Padre … -
-Ti ho pagato mille lezioni di ballo senza nessun risultato visibile, ho mandato a chiamare il miglior insegnante del regno, ma su di te non è riuscito a risolvere proprio nulla, e non parliamo dell’equitazione, se ti avvicini a un cavallo quello comincia a scalciare-
-Non vi sto mentendo-
-Allora dammi un buono motivo per cui la principessa Mary Jane di Oak dovrebbe volermi uccidere, un solo buon motivo e prenderò in considerazione la tua accusa-
-Parlavano di un gioiello e … -
-Non tirare fuori questa storia!- urlò.
Margaret si ammutolì subito, sentendo in bocca l’amaro sapore della sconfitta. Ormai aveva perso, conosceva troppo bene il padre per potersi illudere che le cose sarebbero andate diversamente.
-Sicuramente riparleremo di questa storia, ma non ora, vai là fuori e cercati un marito, Margaret – e poi la sua voce si addolcì –per una volta abbi pietà di un pover’uomo che vuole solo il bene della figlia-
-Come volete- e alzatasi andò verso l’uscita.
- Margaret –
La ragazza si voltò. –Ditemi-
-Sei la cosa più bella che mi sia capitata, sei la mia bambina, comportati bene, ti chiedo solo questo-
-E voi, padre, promettetemi di fare attenzione-
-Se lo desideri lo farò, ma non succederà nulla-
Margaret lo sperava davvero, ma in cuor suo sapeva che la speranza nella maggior parte dei casi non serve a nulla. Uscì dalla stanza. Il corridoio ora le sembrava più buio che mai. Triste e combattuta si diresse verso la grande sala da dove giungeva la musica e le risate del ballo. Passò davanti a un grande specchio e si fermò un attimo per sistemarsi. Il vestito era rovinato, quasi impossibile da mettere a posto e i capelli erano spettinati. Sospirò tristemente. Unica cosa che sembrava apposto era il ciondolo a forma di cuore che portava al collo che aveva preso il colore grigio, sinonimo di tristezza. Era andata così, almeno ci aveva provato e … Sentì un rumore di passi. Allungò la testa e vide una figura longilinea. Ci mise alcuni secondi a capire che era Mary Jane. Dove stava andando? Tanto valeva seguirla e scoprire dov’era diretta. E si buttò all’inseguimento, il cuore nel frattempo era diventato nero.

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


Rosa era molto triste. Non era più una bambina, ma era in quell’età in cui non si poteva dire né donna né bimba. Le sue gambe si erano allungate in quel solitario anno e il suo seno aveva iniziato a spingere nel corpetto. Stava crescendo, questo non lo avrebbe potuto negare nessuno. La sua governante aveva così deciso che era ora che Rosa apprendesse l’etichetta di corte e tutto ciò che fino a quel momento era stato trascurato nella sua educazione, a parer suo troppo trascurata dopo la morte del padre.
-Un giorno governerai tutto questo- le diceva la donna –appena avrai l’età giusta sarà compito tuo amministrare il regno e dovrai dimostrare ai tuoi sudditi di essere in grado di farlo-
Ma a Rosa sembrava qualcosa di molto distante e le sembrava incredibile avere dei sudditi, dopotutto dalla morte del padre nessuno aveva più fatto visita al castello e i cancelli erano stati chiusi affinché nessuno potesse venire a turbare la quiete della povera principessina.
-Conosco una persona che fa proprio al nostro caso, t’insegnerà tutto ciò di cui hai bisogno- e la governante scrisse una lunga lettera.
Rosa non credeva che l’arrivo di qualcuno avrebbe potuto cambiare la situazione, ma non appena conobbe Madame Blanche la sua idea cambiò totalmente.
Madame Blanche era una giovinetta con grandi occhi celesti e un sorriso che avrebbe illuminato la notte più buia. Arrivò con una chioma lunga più di due metri e una piccola valigia da cui estraeva tutto ciò di cui aveva bisogno. Quando vide Rosa capì subito il motivo della sua tristezza.
-Non hai amici- diagnosticò.
-Non ci sono ragazzi della mia età da queste parti-
-Ma che sciocchezza! Gli amici non sono solo ragazzi in carne e ossa!- le aveva risposto lei e l’aveva trascinata nella polverosa biblioteca del castello. –Qui potrai trovare tutte le amicizie di cui nella vita avrai bisogno e non dovrai temere da loro nessun tipo di tradimento o invidia-
E fu così che Rosa scoprì il mondo che si trovava nelle pagine ingiallite. Lì c’erano storie bellissime e incredibili, racconti di belle principesse e di principi coraggiosi, ma anche di affascinanti pirati e di avventuriere prive di scrupoli, e ancora storie d’amore e di mistero, narrazioni di luoghi lontanissimi da lei, così lontani che la ragazzina a volte dubitava persino della loro esistenza.
-Ma esistono tutti- le disse Madame Blanche quando Rosa espose la propria perplessità –solo che alcuni non sono in questo mondo, ma in altri-
E alla ragazzina in fondo andava bene così. Furono per lei, lo avrebbe sempre detto in futuro, i momenti per lei migliori, quelli passati con maggiore gioia e senza alcuna preoccupazione. I libri diventarono i suoi migliori amici e improvvisamente si sentì meglio, meno sola. E forse sarebbe stato meglio se non fosse mai uscita da quel mondo fatto di carta e d’inchiostro, sarebbe sicuramente stata più felice e non avrebbe mai assaggiato l’amaro sapore del tradimento.

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


Margaret si nascose dietro un muro. Non doveva farsi vedere, era un po’ come quando da bambina giocava a nascondino. Peccato che non solo nascondino non le era mai piaciuto ma non era nemmeno mai stata brava, anzi, normalmente la dama che giocava con lei la trovava prima che il grande orologio suonasse la mezz’ora. Un vero disastro insomma. Beh, adesso doveva inseguire, magari avrebbe scoperto che in quello era più brava rispetto al nascondersi. La principessa salì le scale che portavano al piano superiore. Possibile che stesse andando nelle stanze che le erano state assegnate per la notte? Che si ritirasse ora? Margaret ispirò a fondo. Doveva aspettare che fosse in cima alle scale altrimenti l’avrebbe vista, ma così avrebbe rischiato di perderla. Doveva tentare. Conto i secondi e non appena la vide scomparire oltre le scale scattò in avanti e fece i gradini a due a due, sollevandosi vestito e sottane per non inciampare. Arrivò in cima con l’affanno e si appoggiò un attimo al muro, scrutando oltre di esso per vedere dov’era la principessa. E in quel momento il respiro le mancò del tutto. La principessa era ferma davanti a uno specchio e si stava contemplando con un’espressione cupa, le labbra arricciate in un sorriso disgustato. Quello che c’era allo specchio non era infatti il suo aspetto, ma quello di una donna molto più vecchia, così magra da sembrare uno scheletro, con pochi capelli e un vestito stracciato in più punti. No, quella riflessa non era certamente quella principessa che sembrava uscita da un libro di fiabe, ma piuttosto una vecchia strega. Cosa stava succedendo? No, quello non era proprio possibile, anche se succedeva proprio davanti ai suoi occhi, doveva essere un’illusione. Sbatté le palpebre, ma niente, sempre lo stesso agghiacciante riflesso. Il volto della principessa in carne ed ossa sembrava triste, con occhi malinconici. Scosse la testa una volta, quindi si voltò e proseguì lungo la sua strada. Margaret non la seguì. Le era passata la voglia di scoprire dove stava andando, per cui si voltò e ridiscese rapidamente le scale. Aveva un vago senso di nausea. Iniziò a giocare distrattamente con gli anellini d’oro che aveva alle dita. Doveva dirlo a qualcuno, ma chi le avrebbe creduto? Fred fu il primo nome che le venne in mente. Dopotutto lui aveva creduto alla storia del complotto. Purtroppo le questioni erano un po’ diverse ora. Un conto era credere a un complotto, un altro credere che una bellissima principessa fosse in realtà una brutta megera. Prima doveva trovare delle prove e … improvvisamente le venne un’idea: doveva fare in modo che la donna si specchiasse davanti a tutti, doveva portarla in un posto in cui si trovava un grande specchio e …
-Ultimamente sei sempre distratta-
Sobbalzò e sorrise quando vide Fred. –E tu sei silenziosissimo- esclamò –ma dov’eri finito? Pensavo che mi stessi aspettando-
-Ho fatto molto di meglio, ho seguito l’uomo con cui hai ballato prima e ho parlato con una persona che lo conosce-
-Cosa?-
-Sono bravissimo, vero? Comunque so chi è-
-Dimmi tutto- -Lo chiamano Clark il Folle
-Pessima cosa- -Folle è un eufemismo a sentire quello che si dice in giro e … - s’interruppe vedendo il pallore di Margaret –scusami, Margot, non volevo esagerare-
-Chi è?-
-Un sicario-
-Ora capisco-
-Ho detto alle guardie di tenere gli occhi aperti, non succederà nulla, vedrai-
-No, me lo sento, succederà qualcosa di molto brutto e io non potrò fare nulla per impedirlo-
-Ho fatto presente alle guardie della presenza di un sicario, credimi, non sono degli stolti, sanno cosa fare in questi casi- le sorrise –ti fidi di me?-
No, in quel caso Margaret non si fidava di Fred, non lo riteneva abbastanza in gamba da evitare un complotto. –Certo- disse comunque, non avrebbe potuto dire altrimenti, dopotutto Fred le piaceva.
-Tranquilla, ho tutto sotto controllo-
E Margaret ci sperava per davvero, ma aveva una paura tale da toglierle il fiato.
-Andrà tutto bene- e le pose una mano sulla spalla.
La ragazza annuì. –Devo andare in biblioteca ora, ho in mente una cosa-
-Vuoi che ti accompagni?-
-No, tu pensa a mio padre, è l’unica cosa che conti-
-Va bene, ma tu sii prudente-
-Ovvio- sorrise –la sono sempre, no?-
Fred ridacchiò e le diede un colpetto sul braccio. –Certo- Margaret lo fissò per alcuni secondi, prima di superarlo e di dirigersi verso la biblioteca. Oh Fred, il suo amato Fred! Fece il percorso sorridendo, chissà come lui riusciva sempre a metterla di buon umore. Quasi non si accorse di aver sorpassato la porta della biblioteca. Si voltò e ritornò rapidamente indietro, non aveva tempo da perdere, doveva concentrarsi sulla sua missione. Si lanciò subito a cercare tra i libri. Sapeva che l’anno prima il padre ne aveva ricevuto in dono uno con tutti i ritratti della famiglia reale, solo non ricordava esattamente dov’era … Eccolo! Riconobbe il libro dal titolo scritto con lettere dorate in rilievo. Si sporse sulle punte e lo prese, quindi lo tirò indietro lentamente portando con sé anche una nuvola di polvere. La ragazza si ritrovò a tossire violentemente. Si piegò in due. L’accesso di tosse terminò solo dopo un tempo che le sembrò infinito e le lasciò la gola irritata e un vago senso di nausea. Depose il libro sul vecchio tavolo e iniziò a sfogliarlo, accosciandosi sulla grande poltrona che si trovava lì accanto. Doveva pur esserci qualcosa ne era oltremodo certa e … eccola! Fissò il ritratto della principessa Mary Jane, identica in tutto e per tutto, tranne … le si gelò il sangue nelle vene a vedere il neo che la donna aveva all’angolo della bocca. La Mary Jane che si trovava al castello non aveva nessun neo in quella posizione. Ora forse suo padre le avrebbe creduto. O forse no, ma doveva provare, non poteva certo rinunciare così, altrimenti non se lo sarebbe mai perdonato. Prese il libro e fece per alzarsi quando un urlo le gelò il sangue nelle vene e per poco non si sentì mancare perché aveva riconosciuto quella voce ed era la conferma che i suoi peggiori sogni sarebbero diventati realtà. Lasciò cadere il libro e subito si mise a correre.

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


L’arrivo di Madame Blanche segnò un gran cambiamento nella vita di Rosa. Non più costretta a stare da sola iniziò a scoprire un mondo fatto di balli ed etichetta, un mondo che prima non avrebbe mai creduto reale. Purtroppo però le porte del castello erano ancora chiuse.
-Voglio uscire là fuori, vedere il mondo- si lamentava la ragazzina, ma su questo la governante era molto rigida.
-Non possiamo, dobbiamo rispettare la volontà di tuo padre e aspettare il compimento della maggiore età-
Ma mancava ancora molto tempo a quel giorno e Rosa si annoiava ogni giorno di più. –Vorrei solo poter dare un’occhiata- diceva –nulla di più, solo un’occhiata-
E tanto si lamentò che alla fine a Madame Blanche venne un’idea e la portò nottetempo nei propri appartamenti. –Quello che vedrai questa notte dovrà restare un segreto tra me e te- le disse la bella istitutrice –non dovrai mai dire a nessuno quello che succederà qui, hai capito?-
-Certo-
-Devi giurare-
E Rosa, spinta dalla curiosità e dalla noia, giurò.
Così Madame Blanche le mostrò come poteva vedere il mondo senza mettere nemmeno un piede fuori da quella stanza e senza nemmeno dover guardare dalla finestra. –Bastano un catino pieno d’acqua, qualche erba, tanta volontà e conoscere le parole giuste-
Rose iniziò a conoscere così il mondo oltre le mura e si stupì di quanto fosse vario. Un mondo fatto di persone normali che non dovevano nascondersi dietro le mura di un castello, che non dovevano restare sole, un mondo molto diverso dal suo. Lentamente quel mondo le entrò nel sangue e le fu impossibile farne a meno, così si ritrovava a correre nelle stanze di Madame Blanche appena terminata la cena per scoprire cosa stava succedendo là fuori, in quel mondo reso ancora più interessante perché lei non vi poteva far parte. E ogni volta Rosa immaginava a come sarebbe stata la sua vita là fuori. Una vita felice e tranquilla, una vita trascorsa conoscendo il mondo, facendo nuove esperienze ogni giorno. In particolar modo Rosa si affezionò a una fanciulla che le ricordava se stessa, erano anche molto simili fisicamente. Non appena pronunciate le parole magiche ricercava quella ragazza. Sapeva di lei cose che nessun altro poteva sapere. Sapeva dove teneva nascosto il suo portafortuna, nella crepa che si era formata nel muro, sapeva qual era il suo abito preferito, e perfino il nome del ragazzo che le piaceva e che, era facile immaginarlo, non avrebbe mai potuto avere. Forse Rosa s’immedesimava con lei proprio perché erano delle sognatrici senza possibilità nella realtà. Quella ragazzina gracile era la sua migliore amica e la cosa buffa era che l’altra nemmeno lo sapeva. Un giorno l’avrebbe mandata a chiamare e invitata a palazzo, ah, quanto tempo arretrato avrebbero dovuto recuperare! Quante cose avrebbero dovuto dirsi!
-Non dovresti affezionarti troppo a lei- le diceva Madame Blanche –le persone vanno e vengono, proprio come le cose-
Ma la noia era tale che Rosa non poteva proprio fare a meno d’interessarsi di quella ragazzetta, la cui vita, a ben guardare, era noiosa quasi quanto la sua, solo che era libera di fare quello che voleva e poco importava se alla fine non faceva nulla. Ma Rosa non era destinata alla felicità. E capì subito che anche il suo nuovo svago sarebbe finito quando Madame Blanche le disse che era meglio se quella sera non avesse guardato nel catino pieno d’acqua.
-Cosa succede?- le chiese con un filo di voce.
-A volte la fantasia è meglio della realtà, non credi?-
E così Rosa non chiese più di guardare oltre le mura, certa che quello che avrebbe visto non le sarebbe piaciuto e preferì continuare a vivere nella convinzione che là fuori nulla fosse cambiato.

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Capitolo 10
*** Capitolo IX ***


Margaret corse fino a quando le mancò il fiato, ma nemmeno allora si fermò, semplicemente rallentò il passo per non cadere al suolo. Non sarebbe arrivata in tempo, questo in fondo al cuore lo sapeva fin da principio, ma poteva forse non fare un tentativo? Poteva forse non tentare di salvare suo padre? Arrivò nella sala in cui l’aveva lasciato poco prima con il fiatone e il cuore che batteva all’impazzata. Si appoggiò un attimo all’intelaiatura della porta che era spalancata. Due guardie stavano guardando giù dalla finestra, le tende bianche come fantasmi che si gonfiavano.
-Padre- urlò con tutto il fiato che aveva, ma non riuscì a muoversi.
-Milady- disse una delle guardie, accorgendosi di lei e andandole incontro.
-Mi…o pa…pa…dre- balbettò lei, tremante, la testa che improvvisamente le girava terribilmente.
-Mi dispiace- disse solo la guardia e le disse qualcosa su un incidente, su un colpo di vento forse, oppure un mancamento del padre, oppure ancora il fatto che lui si fosse sporto troppo dalla finestra.
-No, no!- urlò lei, fuori di sé –Lo hanno ucciso!-
-Questo non è possibile, milady, nessuno è entrato nella sua stanza, c’ero io di guardia e quando sono entrato non c’era nessuno-
Ma Margaret non ci credeva, non ci avrebbe creduto nemmeno se avesse visto la stanza vuota con i suoi stessi occhi. Ci doveva essere un passaggio segreto, sicuramente, oppure dovevano aver avvelenato il padre che, sentitosi male, aveva aperto la finestra per prendere un po’ d’aria e vi era caduto giù. L’unica cosa che non era possibile era che fosse solo un incidente, quello mai. Chiuse gli occhi e ispirò a fondo, cercando di recuperare la calma. In un momento simile non poteva farsi prendere dal panico, no, non poteva proprio, doveva ragionare con freddezza, trovare una soluzione. Strinse i denti e cercò di combattere la sensazione del corpetto troppo stretto che la soffocava e la vertigine che l’aveva colta.
-Milady- esclamò la guardia –permettetemi di aiutarvi a sedervi-
La fanciulla annuì debolmente e lasciò che la guardia la prendesse delicatamente per il braccio e la conducesse fuori da lì. Ma dov’era Fred? Aveva bisogno di lui.
-Sedetevi qua, milady-
Margaret si lasciò cadere su una poltrona. Improvvisamente sentì una goccia bagnarle la guancia. Si sfiorò nervosamente per asciugarsi e solo in quel momento si accorse che stava piangendo.
-Avete bisogno di qualcosa?- le stava chiedendo la guardia con voce preoccupata.
-No- mormorò lei. Non sapeva nemmeno lei cosa voleva in quel momento, forse solo tornare indietro nel tempo oppure scomparire per riapparire in un altro luogo e in un altro momento. Voleva solamente ritornare a essere la ragazzina vanesia e senza pensieri che era sempre stata e … in quel momento vide lui: il sicario. L’uomo le si avvicinò e le fece un profondo inchino, quindi parlò con quell’odioso accento del Nord.
-Milady, ho saputo della disgrazia e non sapete quanto me ne dispiaccio-
Bugiardo! Ipocrita! Ma Margaret non era una stupida. Fingere, ecco la chiave di tutto. Fingere ora, fingere per salvarsi. –Siete molto gentile- mormorò mentre avrebbe solo voluto avventarsi su di lui e cavargli gli occhi, ma come poteva sapere che anche le guardie non fossero corrotte? No, quel luogo non era più sicuro per lei, doveva fingersi ingenua, doveva far credere a tutti di essere solo una stupida ragazzina. Non che in fondo le risultasse un ruolo così difficile. Loro credevano già che lei fosse così.
-Se posso fare qualcosa per voi, milady- stava dicendo il sicario.
Aveva fatto fin troppo. –Vorrei solamente restare sola- sussurrò lei, una lacrima che le sfuggiva senza che riuscisse a trattenerla. Stava per esplodere. Ma dov’era Fred? Possibile che non ci fosse mai quando serviva? Doveva andarsene di lì, doveva trovare e approfittare della situazione per fuggire.
-Come desiderate, milady- disse l’uomo del Nord e, fatto un inchino, se ne andò.
Finalmente Margaret si sentì nuovamente capace di respirare liberamente, come se un insopportabile peso le fosse stato tolto dal petto. Si alzò e s’incamminò, traballante, verso la sala grande, alla ricerca di Fred. Era già certa che non lo avrebbe trovato e invece lui era lì, di fronte a lei, simile a un cavaliere errante.
- Fred – lo chiamò con voce tremula.
Lui si voltò e la fissò un attimo interdetto, prima di raggiungerla. – Margot, cosa … -
-Mio padre è morto- mormorò –e io sarò la prossima, ti prego portami via di qua, voglio andarmene-
Il ragazzo lanciò una veloce occhiata intorno a sé, quindi la prese per le spalle e la portò fuori dalla stanza affollata. –Non dobbiamo farci sentire- le sussurrò.
Aveva ragione, ma Margaret sentiva così tanto dolore nel petto e così tanta rabbia, una rabbia tale che avrebbe voluto prendere un pugnale e farsi giustizia da sé. Non poteva farlo purtroppo. –Promettimi che mi porterai via di qua-
-Te lo prometto, ma non adesso- lanciò un altro sguardo furtivo intorno –questa notte- e promise.
E Margaret non poté che credergli.

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Capitolo 11
*** Capitolo X ***


Rosa passava le giornate principalmente da sola, sempre più annoiata. Si sedeva sui gradini e lasciava le gambe a penzoloni oltre la balaustra. Poi un giorno le venne una folle idea: esplorare i sotterranei del castello, un luogo in cui non era mai stata. Di nascosto, senza far sapere le sue intenzioni a nessuno, nemmeno a Madame Blanche, s’introdusse nelle cucine e da lì aprì la vecchia porta che portava laddove ben pochi essere umani avevano messo piede. Una nuvola di polvere si sollevò immediatamente facendola tossire. Una ripida rampa di scale le si presentò di fronte con scale rotte e traballanti. Rose si chiese se era il caso di proseguire, ma dopotutto perché no? Doveva pur far passare le ore che la separavano alla notte in qualche modo e quello era il modo più avventuroso. Si apprestò a scendere, mise il piede sul primo scalino, posò la mano sul corrimano scheggiato, ispirò a fondo, quindi iniziò la lugubre discesa. Un paio di volte dovette lottare con l’impulso di tornare indietro, con la paura opprimente di cadere, di farsi male, di finire nella bocca di un mostro. Il cuore le batteva così forte da farle male, le mani le tremavano, la pelle era diventata gelida, il respiro affannoso. Aveva paura, ecco la verità, forse avrebbe fatto meglio a non scendere. Ma ormai la discesa era iniziata. Ispirò a fondo ancora una volta. Era buio là sotto e la ragazza dovette fermarsi per abituarsi a tutto quel buio. Alla fine proseguì e dopo un tempo che le parve infinito finalmente giunse alla fine delle scale e si ritrovò in un luogo freddo. Fece qualche passo nell’ampio ambiente e improvvisamente si accorse che quella era una catacombe, un luogo di morte. Suo padre era lì da qualche parte? Era troppo buio per poter leggere le targhette che accompagnavano ogni sepoltura. Lì dentro si trovavano i suoi antenati? E che persone erano? Donne nobili, eroine morte per amore o per onore, uomini di grande spirito, grandi intellettuali e guerrieri? Oppure si trattava di persone disonorate, infelici, incapaci di amare o di provocare amore negli altri? Chissà, com’erano … ma cosa poteva capire Rosa da una tomba? Ormai erano tutti uguali … eppure quel posto esercitava un certo fascino su di lei, le piaceva. Erano così diversi da lei, avevano così tante cose da raccontarle, peccato che non avevano più la voce per farlo, altrimenti lei si sarebbe seduta lì accanto a loro e avrebbe ascoltato. Sospirò e si accomodò lì, sedendosi a terra. Restò lì fino a quando non sentì una voce lontana chiamarla, solo allora lasciò quel luogo e tornò su, al mondo dei vivi.

Le giornate di Rose divennero così meno monotone e la giovane iniziò a esplorare le catacombe, sempre con una candela in una mano. Non temeva i fantasmi, anzi, si sentiva uno spirito ad essi affine e in cuor suo si considerava loro amica. Vagò così tanto in quel labirinto desolato che incontrò il luogo di riposo del padre. Si mise in ginocchio accanto ad esso e si chiese dove fosse la sua anima in quel momento. Dentro la bara insieme al corpo in decomposizione? Oppure chissà dove là fuori? Là fuori tutto solo, oh, non poteva sopportare che suo padre soffrisse la solitudine, così parlava alla bara, se l’anima era ancora lì almeno non si sarebbe sentita sola. Passò così tanto tempo tra i morti che rischiò di dimenticarsi dei vivi. Madame Blanche fu la prima a capire che c’era qualcosa che non andava, con il suo intuito sviluppato e un pomeriggio seguì Rose nel suo rifugio. Non rimase molto sorpresa quando scoprì il segreto della ragazza, ma comprese subito che non era bene che lei passasse tanto tempo lì. Ci mancava solo che la fanciulla diventasse malinconica! Fu così che ideò un piano per impedirle di entrare là dentro. La mattina seguente, di buon ora, scese nelle cripte e distrusse i gradini che a esse portavano.
-Mi dispiace- disse –ma è necessario, anche voi potete capire quanto sia fondamentale che la ragazza s’interessi di cose vive e non dei morti-
Non si può descrivere il dolore di Rose quando scoprì ciò che era successo. La spiegazione più probabile era che le vecchie scale ormai marce avessero ceduto sotto il loro stesso peso. Mai la giovinetta sospettò dell’amata Madame Blanche. Così la sua vita riprese monotona, senza nessuna distrazione.

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Capitolo 12
*** Capitolo XI ***


Margaret aspettava Fred alla finestra, il cuore che le batteva come mai aveva battuto in vita sua. Un misto di paura, nausea e dolore la invadeva. Gli occhi le bruciavano dalle lacrime e sentiva le guancie arderle e la testa dolerle. Doveva allontanarsi da lì il prima possibile, solo così si sarebbe finalmente sentita al sicuro. Ora sobbalzava a ogni rumore e aveva chiesto a due guardie di restare fuori dai suoi appartamenti, guardie che sue padre stimava ma di cui lei in realtà non si fidava. Se suo padre era morto voleva dire che loro non avevano fatto bene il loro lavoro o peggio … che erano complici dell’assassino. Margaret inspirò a fondo e aspettò. Ormai era quasi mezzanotte e Fred sarebbe arrivato a breve. Non doveva ancora aspettare molto. Fuori la serata era tranquilla e la temperatura tiepida. Anche la giornata era trascorsa relativamente tranquilla. Nulla di strano era successo. Sospirando si allontanò dal davanzale e si lasciò cadere sul letto. La notte precedente non aveva chiuso occhio e ora si sentiva stanca. Non aveva avuto modo di discutere con Fred i dettagli della fuga, non era riuscita a stare sola con lui per più di qualche secondo. Aveva passato il pomeriggio a vegliare il padre defunto nel suo letto e aveva lasciato a farlo la governante del palazzo, trovando la scusa che non si sentiva bene. Sapeva bene cosa pensavano di lei i domestici e le guardie. Era una figlia degenere che non aveva mai amato il padre. Non dubitava che alcuni di loro pensassero che lei fosse felice della sua morte. Magari certi pensavano che lei ne fosse addirittura la causa, dopotutto aveva appena litigato con il padre, forse lui si era sentito male proprio per questo. Margaret sapeva quello che si diceva di lei: che era una ragazzina viziata, che viveva sulle spalle del genitore, che non aveva nessun tipo di scrupoli pur di ottenere ciò che voleva. Loro non la conoscevano, non sapevano come si sentiva. Viziata, forse, ma non crudele. La verità era che la fanciulla si era sempre sentita priva di qualcosa. Di cosa? Quello nemmeno lei lo sapeva, dopotutto il padre aveva sempre cercato di darle tutto, aveva fatto il possibile per renderla felice e anche qualcosa di più. Chiuse gli occhi per cercare di calmare il mal di testa. Fu del tutto inutile, il dolore continuava a essere atroce, come se mille aghi le trapassassero il cranio. E proprio in quel momento sentì una voce. Lì per lì pensò che fosse solo frutto della stanchezza oppure della fantasia o ancora del mal di testa.
- Margot … Margot -
Si mise subito a sedere, come se fosse stata galvanizzata. L’amata voce! Balzò giù dal letto così rapidamente che la testa iniziò a girarle e dovette lottare contro le vertigini. Si tenne per un attimo al muro, quindi procedette fino alla finestra. Una figura stava là sotto, una figura scura e per un attimo la ragazza temette che fosse un cavaliere fantasma, venuto a trascinarla con sé nell’abisso per punirla del suo comportamento.
- Margot -
Strizzò gli occhi. Ora la figura si faceva più nitida: era proprio Fred. La gioia di Margaret fu enorme, inesprimibile. – Fred – chiamò e rabbrividì quando la sua voce rimbombò nella notte.
-Parla più piano- disse Fred.
-Scusa-
-Adesso salgo, vengo a prenderti, va bene?-
-Perfetto- e Margaret afferrò quello che aveva deciso di portare con sé, una sacca con qualche vestito e molti gioielli. Detestava separarsi delle sue cose, per cui aveva riempito la sacca di tutto ciò che riuscire a contenere e anche di qualcosa di più. Attese che Fred arrivasse fin in cima e sorrise vedendo quanto fosse agile e veloce, come se l’arrampicata fosse la sua vita, come se non avesse mai fatto altro. Quando arrivò alla finestra saltò dentro con una mossa rapida, felina. Margaret si sentì avvampare quando lui le accarezzò il braccio.
-Ora andiamo-
-Va bene-
-Hai qualcosa da portare?-
-Questo- gli porse il sacco.
Fred lo prese e fece una smorfia. –È pesantissimo! All’interno c’è solo lo stretto necessario?-
-Certo, qualche vestito e qualche gioiello, solo l’indispensabile-
-I gioielli non sono indispensabili, porta solo i più preziosi, nel caso dovessimo venderli-
-Venderli?- per poco la ragazza non si sentì mancare. Quello non era previsto.
-Solo se sarà necessario-
Margaret sospirò stancamente. –Oh, non mi abituerò mai a questa situazione-
-Non sei costretta a fuggire- disse Fred con dolcezza –puoi restare qui e vedere cosa succede-
-E farmi uccidere? Mai e poi mai!-
-Non alzare la voce- la rimproverò lui.
-Scusa, solo che questa situazione … io non so come farò- fredde lacrime iniziarono a scenderle lungo le guancie –io non sono abituata a questo genere di vita … a fuggire … io … non so se ce la farò-
Fred le prese dolcemente le mani tra le sue. –Certo che ce la farai … anzi, ce la faremo insieme-
Margaret si sentì avvampare. Sì, c’era una possibilità.
-Ora però dobbiamo andare-
La ragazza annuì e lasciò che lui l’aiutasse a salire sul davanzale.
-Scenderemo insieme, va bene? Io ti sarò accanto e ti aiuterò a cercare i giusti appoggi-
-Va bene- disse lei, anche se il cuore minacciava di fuggirle dal petto.
-Non sarà difficile-
Margaret annuì. Osservò Fred cercare una fessura nel muro ed, aggrappatosi ad essa, iniziare a scendere.
-Attaccati dove mi sono attaccato io- le disse.
Più facile a dirsi che a farsi. La ragazza strinse i denti e tastò il muro. Con riluttanza infilò una mano dentro una nicchia, quindi si resse a quello e cercò un appiglio per il piede. Il vestito le era d’intralcio. Ispirò a fondo e cercò un altro appiglio per l’altro piede. Per poco non perse l’equilibrio.
- Margot – la chiamò Fred –stai tranquilla e concentrati su quello che stai facendo-
Era concentrata, come mai la era stata in vita sua. Trovò una nicchia in cui infilò il piede e sospirò di sollievo. Dopo qualche istante, a malincuore, lasciò l’appiglio dell’altro piede, piegò il ginocchio dell’altra gamba e cercò una qualche fessura. La trovò quasi subito. Stava diventando brava. Sotto di lei sentì Fred arrivare al suolo con un tonfo. La fanciulla strinse i denti e proseguì con la discesa. Il cuore le batteva forte per il timore di cadere. E poi sentì delle voci, qualcuno che la chiamava. Oh no! Le guardie lasciate davanti alla sua porta chiedevano di lei.
-Lanciati cadere- le urlò Fred.
-Cosa?- era troppo in alto, non poteva lasciarsi cadere.
-Lasciati, ti prendo io-
Lasciarsi? Doveva fidarsi di lui … doveva … ma in fondo come poteva pensare che lui non l’avrebbe presa? Come poteva anche solo concepire una simile idea? E si lasciò andare, cercando di non pensare a ciò che sarebbe successo se lui non l’avesse presa. Chiuse gli occhi e quasi non morì di sollievo quando si sentì atterrare sulle braccia di Fred.
-Presa- disse lui –anche se pesi più del previsto- e la depose con delicatezza a terra.
-Come peso più del previsto?- chiese lei, fingendosi offesa.
Lui ridacchio e le diede un giocoso pizzicotto sul braccio. Margaret per tutta risposta gli diede una spintarella e rise e improvvisamene si accorse che non si credeva più capace di sorridere da quando il padre era morto. Ma Fred era capace di far avvenire l’improbabile. Almeno c’era lui al suo fianco, non avrebbe potuto sopportare di essere sola. Le mancava tanto suo padre. Lei gli voleva molto bene, solo ora se ne accorgeva.
-Vieni- disse prendendola per mano –dobbiamo allontanarci in fretta-
Margaret lo seguì senza indugio. Accanto a palazzo c’era un folto bosco, la ragazza non dubitava che Fred volesse andare lì, in fondo lui nel bosco c’era cresciuto, era lì che lo avevano trovato quasi vent’anni prima, un bambino solo e affamato. Margaret era una bambina magra e curiosa quando lo aveva visto per la prima volta e si era chiesta come un suo simile potesse essere così animalesco, come potesse muoversi in quel modo guardingo e guardarsi in giro in quel modo, come se nulla al mondo gli importasse per davvero perché in fondo lui non apparteneva a quel mondo. Lui veniva dal bosco e lì sarebbe rimasto se non l’avessero portato a palazzo. Margaret ricordava che inizialmente si sentiva un po’ a disagio in sua presenza, come la era sempre stata in presenza di animali grossi e potenzialmente pericolosi. Ma lui non era pericoloso. Non con lei almeno, anzi, era docile in sua presenza, gentile, quasi cavalleresco e lei lo aveva amato per quello. Con lui si era sempre sentita protetta. E in quel preciso momento sentiva che proprio nulla al mondo avrebbe potuto farle del male perché c’era lui al suo fianco.

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