Thalassas Cardia – Il Cuore del mare

di _Sherazade_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Seconda Parte ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***


Thalassas Cardia – Il Cuore del mare


Questa immagine non è opera mia. Ogni suo diritto appartiene all'autrice, per vedere altri suoi lavori vi lascio il link alla pagina di DeviantArt


Prima Parte



Dopo la spartizione del mondo, un altro problema affliggeva i tre regnanti: trovare una compagna con la quale condividere il proprio regno.
Ade, il maggiore, disse immediatamente che dover badare agli Inferi era già abbastanza per lui. Gli ci sarebbe voluto del tempo per conoscere il suo regno, e trovare una moglie era proprio l'ultimo dei suoi pensieri. Ma il nuovo Signore dell'Averno era sempre stato così, ritroso, taciturno, sempre sulle sue, e i suoi fratelli non si preoccuparono della sua scelta, sapendo che un giorno anche lui avrebbe sentito la necessità di trovarsi una compagna.
Zeus, in quanto sovrano dei cieli, e Signore degli uomini, decise di sposare sua sorella Era, perfetta per ricoprire il ruolo di Regina. Il Maestro dei lampi però aveva già mostrato interesse anche per altre donne, e questo mandava su tutte le furie la sfortunata consorte.
E Poseidone?
Lui, che dei tre era il mezzano, prese spunto da entrambi i suoi fratelli: come Ade decise di non prendere moglie immediatamente, ma come il minore, si concesse qualche avventura con questa o quell'altra ninfa, con altre giovani Dee e anche con umane.
Poseidone era subentrato al precedente Sovrano, Nereo, un Titano che non si era mostrato ostile nei suoi confronti. Il nuovo Signore dei mari, che si era recato nella sua dimora per reclamare il Regno, trovò un uomo molto disponibile e comprensivo, tanto che fu lo stesso Nereo a offrirgli il suo antico trono.
«Te lo affido, abbine cura.»
Il Titano e la sua famiglia si trasferirono così in una remota isola del Mediterraneo, lontani da tutto e da tutti, mentre il Dio prese il comando di quell'Impero.


Non passò però molto tempo che il Sovrano di tutti i mari cominciò a sentirsi solo; nonostante la moltitudine di fanciulle con cui aveva già giaciuto, non aveva trovato nessuna che gli facesse battere il cuore, nessuna che gli facesse desiderare di accasarsi... eppure lui sentiva il bisogno di avere una compagna.
A volte si svegliava nel cuore della notte, nel suo letto vuoto con quella vocina insistente nella sua testa che gli ricordava quanto solo lui fosse.
Fu solo dopo aver assistito alle nozze, seppur forzate, fra Afrodite ed Efesto, che il Dio decise che non poteva più aspettare. Non poteva più governare un Regno così vasto senza l'aiuto di qualcuno, e sapeva bene a chi poteva rivolgersi: Nereo.
Sì, l'antico Sovrano dell'Oceano che lui stesso aveva rimpiazzato.
Chi meglio di lui poteva scegliere una giusta compagna che tenesse al Regno quanto lui e il Dio? Nereo di certo lo avrebbe aiutato in quel difficile compito.


Guidati dai delfini, creature intelligenti e fedeli al Dio, nonché suoi fedeli consiglieri, i quattro meravigliosi ippocampi trascinarono il cocchio reale alla tranquilla isola nella quale viveva Nereo.
«Poseidone,» il Titano lo accolse con un sorriso, «cosa ti porta nella nostra isola?» L'antico Sovrano dei mari aveva l'aspetto di un uomo sulla quarantina, i capelli, un tempo neri come il cielo notturno, erano diventati oramai grigi e qualche ruga solcava il suo volto, ma Poseidone scorgeva in lui lo stesso spirito gioviale e spensierato di un tempo.
«Ho bisogno del tuo aiuto, mio buon Nereo.» rispose Poseidone, «Credo che tu sia l'unico che possa aiutarmi in questa difficile scelta.»
Nereo, che ben conosceva il Dio, cominciò a preoccuparsi. Anche se non era più lui a dominare i mari, era sempre stato informato di ogni decisione presa dal suo sostituto, e aveva sempre appoggiato le sue scelte, poiché le aveva ritenute giuste e sagge.
Si era sempre detto disposto a dargli una mano in caso di necessità, e Poseidone, anche se solo in rare occasioni, e solo per il bene di tutti i mari, aveva chiesto il suo consiglio.
L'espressione preoccupata che affliggeva il volto del giovane Dio, convinse Nereo della gravità della situazione, e si affrettò a farlo accomodare nella grande sala del suo palazzo, dove ne avrebbero discusso con la dovuta calma.


«Era dunque solo questo?» Nereo scoppiò a ridere non appena Poseidone gli rivelò di essere giunto al suo cospetto affinché lui lo aiutasse a cercare moglie. «Poseidone, io ti ho affidato il mio Regno, e so nel profondo del cuore che nessun altro avrebbe potuto prendersene cura meglio di te. Capisco la tua necessità di condividere il fardello con una donna che possa amarti e che possa amare gli oceani quanto te e me. Una cosa è certa, noi non siamo fatti per stare da soli, ma nemmeno per stare con chiunque, amico mio. Dobbiamo trovare una ragazza che ti faccia dire: “È lei!”»
Una volta pronunciata quell'ultima parola, il portone della grande sala si spalancò, e le risate cristalline delle figlie di Nereo riempirono la stanza.
Teti, la più affascinante delle nereidi, si fece avanti, recando una collana fatta con le conchiglie più belle che Poseidone avesse mai visto.
«Questo è un dono per il nostro ospite.» disse la giovane mentre porgeva la collana al Dio dei mari. Poseidone rimase folgorato da tanta bellezza, i lunghi capelli biondi, la pelle dorata e lo sguardo ammaliante avevano subito fatto colpo su di lui.
“Forse è lei la Regina che sto cercando”, pensò immediatamente.
«Coraggio, ragazze mie,» disse Nereo, guardando con dolcezza tutte le sue belle figliole, «io e Poseidone stiamo ancora parlando di un argomento spinoso. Tornate pure a riva a divertirvi, ci rivedremo presto a cena.»
Poseidone non riusciva a togliere lo sguardo dalla bella Teti, e continuò a fissarla insistentemente con aria sognante. Ma ci volle un attimo, un istante in cui il Dio distolse brevemente lo sguardo, e la sua attenzione venne catturata da due occhi blu come i mari più profondi, incorniciati da capelli neri come il manto scuro della notte. Poseidone guardò rapito quella nuova meravigliosa fanciulla, la quale, accortasi di essere osservata, ricambiò lo sguardo; ma nei suoi occhi vi era solo un profondo astio.
Teti era stupenda, dotata di una bellezza indescrivibile... ma quegli occhi, quello sguardo così meraviglioso, avevano già fatto breccia nel cuore del Dio. Poseidone sentì il battito del suo cuore accelerare, la testa farsi leggera e pesante allo stesso tempo, e lo stomaco in subbuglio. Si sentiva come risucchiato in un vortice blu, blu come gli occhi della bella nereide arrabbiata.
Nereo rise, guardando in direzione di Teti e di quella figlia dallo sguardo fiero.
«Noto che Teti ha mietuto un'altra vittima.» disse sorridendo Nereo. «Mia figlia è molto bella, ma il suo cuore appartiene già a un altro. Non me ne ha ancora parlato chiaramente, ma so che è così. Ma anche se non ci fosse un altro, ti sconsiglierei di prenderla in moglie, un oracolo ha predetto che suo figlio avrà una fama tale da eclissare quella del padre...»
«Nereo, tua figlia Teti è sì bella, ma in realtà è un'altra delle tue figlie ad aver attirato la mia attenzione.» Poseidone pensò alla bellezza incantevole di Teti, ma lo sguardo di zaffiro dell'altra giovane era entrato già nel suo cuore.
È lei!
 
«Nereo, non ci girerò intorno: la giovane dallo sguardo di ghiaccio e dai capelli neri è forse già promessa a qualcuno?» Nereo scosse la testa.
«Parli di Anfitrite, dunque... non credo ti sia sfuggita la sua espressione truce. Sai, delle mie figlie, è l'unica a non aver mai accettato la mia scelta di lasciare la nostra vecchia casa e di affidare a te il comando dei mari. Non ti sopporta, anzi, per meglio dire non vuole neanche sentirti nominare.» Poseidone sentì come un tuffo al cuore sentendo quelle parole. «Tu, Zeus e Ade, aiutati dai ciclopi e da tutti quelli che avevano deciso di appoggiarvi, avevate appena sconfitto il mio fratellastro Crono e il mondo stava per conoscere una nuova era. Vi spartiste l'universo, e tu, molto umilmente, venisti da me, e io ti accordai il dominio su questo Regno, decidendo di lasciarti il mio palazzo e scegliendo questa incantevole isola come mia nuova casa. Anfitrite era una delle mie figlie più grandi, e non è mai riuscita ad accettare la cosa.» Il povero Dio si sentì sprofondare: se la ragazza provava ancora così tanto odio nei suoi riguardi dopo tutti quegli anni, come mai avrebbe potuto conquistarla? Eppure, il suo cuore l'aveva già scelta come sua Regina, ed era certo che non avrebbe potuto innamorarsi di nessun'altra donna al mondo.
Era lei quella giusta.
«Anfitrite amava quel palazzo, e amava vivere nel mare. Le piace quest'isola, ma ha sempre sentito di appartenere alle profondità marine. Io e sua madre abbiamo sempre pensato che lei fosse il cuore stesso del mare, soprattutto quando ci guardava con quei suoi occhioni da bambina... e ora che ci penso, hanno una tonalità simile ai tuoi. Forse non è un caso se ti ha “catturato”.» disse il Titano ridendo. «A volte è un po' infantile, ti “accusa” di averle portato via la casa, ma tu non devi darci peso.» cercò di rasserenarlo Nereo. «Lei ti guarderà di sbieco, e magari azzarderà qualche battuta di cattivo gusto... Ti chiedo di perdonarla e di...»
«No, non ce ne sarà bisogno.» disse Poseidone balzando in piedi. «Nereo, io non ho dubbi, so che forse non mi crederai, ma so che è lei la sola Regina degna di governare il mare al mio fianco. Potente Nereo, mi accorderesti la mano di tua figlia Anfitrite?» Nereo fissò il giovane Dio, consapevole che l'uomo di fronte a sé non se ne sarebbe andato senza una risposta da parte sua.


Il sole cominciò a calare, e presto il palazzo si riempì di un buon profumo, segno che la cena era quasi pronta.
Nel gran salone entrarono le ninfe che si occuparono della preparazione delle tavolate, proprio mentre Nereo stava dando la sua risposta al suo ospite.
«Poseidone, tu sai che io nutro una grande stima per te, e sarei felice di averti come genero...» Il Dio si illuminò di fronte a quelle parole, ma Nereo non aveva ancora finito di parlare, «La scelta finale spetta però a lei.»
Una delle ninfe aveva udito le parole che i due si erano scambiati, e uscì svelta dalla stanza, correndo dalle sue padrone.
«... dunque Poseidone vuole chiedere la mano di una di noi?» chiese Anfitrite con tono sarcastico. La giovane Ligeia annuì, riferendo però che non era stato fatto il nome di nessuna di loro.
«Quasi sicuramente è a te che farà la proposta.» continuò la nereide dai lunghi capelli neri riferendosi alla sorella Teti.
«Non sarai mica gelosa?» disse l'altra ridendo, incrociando lo sguardo con la sorella maggiore.
«Certo, come no, Teti.» rispose Anfitrite scoppiando a ridere al solo pensiero di sposare il Dio. Non l'avrebbe sposato neanche se fosse stato l'unico rimasto al mondo a chiedere la sua mano. «Non gli lascerei prendere in moglie nessuna di voi. Quel borioso e arrogante di un Dio...» Anfitrite strinse così tanto i pugni dal nervoso, che le unghie le lacerarono la pelle sottile e ambrata. «È per colpa sua se abbiamo dovuto lasciare la nostra amatissima dimora. Non solo ha sempre avuto la faccia tosta di venire a disturbare nostro padre per risolvere i problemi a cui lui avrebbe dovuto pensare da solo, ma ora mostra anche l'ardire di chiedere la tua mano!» il disprezzo che traspariva dalle sue parole era chiaro: non avrebbe mai permesso a Poseidone di torcere un solo capello all'amata sorella.
«Pensaci, però... Se lui mi chiedesse in sposa e io accettassi, il figlio nato da quest'unione lo supererebbe in fama.» disse Teti cercando di far calmare Anfitrite. L'odio che lei provava nei confronti del Dio era per lei esagerato, ed era certa che non facesse bene alla sorella disperarsi così tanto per dei motivi così futili.
«Io sono una delle maggiori, cara sorellina, ed è mio compito prendermi cura di tutte voi.» vi era sempre stato un grande attaccamento fra tutte loro e il loro unico fratello, Nerito, che in quel momento si trovava in Ftia, come ospite del re. Non solo Anfitrite, ma anche Teti provava un grande affetto per le sue sorelle, maggiori e minori. «La conosci la fama di quel Dio borioso, e neanche così affascinante come molte sostengono. Passa di letto in letto con la stessa facilità con cui il vento riesce a smuovere le chiome degli alberi... La sola idea che quell'essere possa anche solo allungare una mano per sfiorarti mi fa rabbrividire dal nervoso.»
Teti abbracciò la sorella, dicendole che avrebbe rifiutato a prescindere qualsiasi proposta: lei trovava affascinante Poseidone, ma questo non l'avrebbe mai distolta dall'amore che provava per un giovane mortale.
«Peleo è molto buono e gentile con me, spero non muoverai guerra anche contro di lui, mia dolcissima sorella.» Anfitrite sorrise.
«Lo sai che non nutro rancore verso i mortali. E poi, non solo conosco di fama l'uomo di cui parli, ma sono certa che quando Nerito tornerà dal suo viaggio, ci porterà le sue impressioni su di lui, e sai bene quanto io mi fidi di nostro fratello e del suo giudizio... Credo che il vostro sarà un matrimonio felice. O almeno, questo è ciò che vi auguro.» Le due si abbracciarono, e a loro si unirono le altre sorelle.
Ad interrompere quel clima quasi festoso, giunse Mylas, un'altra delle ninfe al loro servizio: la cena era pronta e nel salone le stavano attendendo. Inoltre, per l'occasione era tornato proprio Nerito.
«Coraggio,» disse Teti alla sorella, «Non possiamo farli attendere.» Anfitrite sorrise e si alzò seguendola.


Non appena giunsero nel gran salone, Nereo e Poseidone si alzarono in segno di rispetto. Tutte le ragazze fecero un piccolo inchino e, non appena Anfitrite e Teti notarono Nerito, corsero ad abbracciarlo.
«Fratellino, come è stato il tuo soggiorno in Ftia?» chiese Anfitrite con entusiasmo.
«Re Peleo e la sua corte sono stati estremamente gentili nei miei riguardi,» rispose il ragazzo dai capelli neri, proprio come quelli della sorella, «credo che la nostra Teti non potrebbe finire in mani migliori.» guardò con estrema dolcezza la sorella minore. «Peleo non ha fatto altro che parlare o chiedere di te.»
Teti arrossì, pensando a quell'uomo così gentile e affascinante. Sarebbero rimasti ancora a conversare, ma Nereo richiamò il figlio, e Teti e Anfitrite presero posto alla tavolata.
C'era qualcosa di strano in Poseidone, e la bella nereide dai capelli scuri se n'era accorta: continuava a fissare nella loro direzione e, quando le sue occhiate truci intercettavano quelle sognanti di lui, il Dio cercava inutilmente di nascondere il proprio imbarazzo.
«Stando a quanto ci ha detto Ligeia, è molto probabile che facciano stasera l'annuncio.» sussurrò Anfitrite all'orecchio di Teti.
«Sì, mi chiedo però cosa stiano aspettando... e se ci sarà dato modo di rifiutarci. Del resto, è vero che lui mi ha fissata per un po', ma non è detto che voglia chiedere la mia mano.» la minore delle due era convinta, vedendo di nuovo il Dio, che esso non fosse interessato a lei in quel senso. Aveva notato degli sguardi inebetiti che però non erano indirizzati a lei, bensì a una delle sue amatissime sorelle.
«Chiunque lui desideri sarà sempre al di fuori della sua portata. Fidati di me quando dico che Poseidone non sposerà mai nessuna di noi.» Teti, conoscendo fin troppo bene la sorella, non volle dirle dei suoi timori: non era ancora del tutto sicura, ma in cuor suo lo sentiva: era Anfitrite l'oggetto del desiderio del Dio.
Anfitrite, l'unica fra loro a nutrire un così profondo astio nei confronti di Poseidone.
Ai tempi della spartizione dei Regni, quando era giunto il giovanissimo Poseidone a chiedere ciò che gli spettava, Anfitrite aveva provato subito odio nei suoi confronti, nonostante il comportamento di Nereo fosse stato molto amichevole e tutt'altro che ostile. Non era quindi un condizionamento venuto dalla famiglia. Lei si era sentita spodestata, cacciata e indesiderata.
Il rancore e il tormento non l'avevano mai abbandonata, e aveva sempre recato nel cuore il desiderio di spodestare Poseidone per restituire il trono al padre, nonostante questi non vi fosse mai stato così legato. L'unico desiderio di Nereo era una vita serena per sé, i suoi sudditi e i suoi cari.
Mentre le ragazze parlavano, Nereo si schiarì la voce, richiamando su di sé l'attenzione di tutti i presenti.
«Mie adorate figlie, e mio adoratissimo figlio, questo è un giorno molto speciale per la nostra famiglia.» disse Nereo con orgoglio. «Nerito mi ha confermato che Peleo, re di Ftia, è profondamente innamorato della nostra cara Teti, e che è suo grande desiderio prenderla in moglie.» il Titano fece una piccola pausa, guardando la figlia e facendole cenno di alzarsi in piedi. «Mia cara, sai bene che questa è la tua casa e che nessuno di noi ti obbligherà ad accettare questa proposta, se non lo desideri...»
«Ma io lo desidero, padre.» rispose lei un po' imbarazzata, ma anche felice.
La pesante profezia che gravava sul frutto del suo grembo, aveva allontanato quasi tutti i suoi pretendenti, e solo uno fra quei pochi rimasti aveva attirato la sua attenzione, quel giovane timido e dolce che le aveva fatto un meraviglioso dono: migliaia di rose violacee, le sue preferite. Con la poesia e con la sincerità dei suoi sentimenti, il giovane si era fatto largo nel suo cuore, nonostante le sue paure.
Scegliere come consorte un umano poteva rivelarsi una scelta sbagliata. Molte altre ninfe avevano sofferto per le loro sventurate relazioni, e anche Teti aveva i suoi timori.
Eppure, Peleo sembrava così diverso da tutti gli altri uomini, mortali o meno, che lei aveva incontrato.
«Mi fa molto piacere, figlia mia. Bisogna celebrare l'amore, perché è una cosa meravigliosa. Spero che tutte voi, mie adorate figlie e mio amatissimo figlio, possiate un giorno trovare un compagno degno di voi. A questo mondo esiste un'anima gemella per ciascuno di noi; dobbiamo solo avere la pazienza di cercare, di aspettare... Non potrei immaginare la mia vita da solo, ma neanche con una donna qualunque.» il Titano scambiò un dolce sguardo con l'amata moglie Doride.
«Ma non è solo per la nostra Teti che dobbiamo gioire, ed è per questo che cedo la parola a Poseidone.» Nereo si sedette e fece cenno al Dio di alzarsi e parlare. «Coraggio.» gli sussurrò.
«Io...» Poseidone guardò quasi spaesato il Titano: era evidente che era imbarazzato per la situazione.
Anfitrite stava cercando di trattenere le risate: aveva sottovalutato il padre. La nereide aveva temuto che Nereo avesse concesso la mano di Teti a Poseidone senza battere ciglio, ma era convinta che in realtà lo stava per umiliare.
Con le nozze appena annunciate fra Peleo e Teti, il Dio non avrebbe proprio potuto proporsi alla sorella, ci avrebbe fatto una pessima figura. “E bravo padre”, pensò la nereide soddisfatta, portando alla bocca un calice ricolmo di dolce vino scuro.
«... Io sono giunto alla vostra dimora perché sto cercando una compagna con cui condividere la mia vita e il Regno dei Mari. Ero certo di poter trovare la persona adatta qui, nella casa del Sovrano che mi ha preceduto, e subito il mio cuore è stato colpito da una fanciulla dagli occhi meravigliosi...» Poseidone si schiarì la voce, e guardando in direzione di Teti e di Anfitrite, fece la sua proposta alla donna che era certo avrebbe amato fino alla fine dei suoi giorni. «So di essere l'oggetto del tuo odio, ma ti assicuro che sono migliore di quanto tu non pensi. Ti chiedo almeno di darmi un'opportunità. Ti chiedo solo di provare a conoscermi, Anfitrite.» La giovane, che stava ancora bevendo, non appena realizzò ciò che le sue orecchie avevano udito, sputò tutto il vino che aveva in bocca.
Tossì, mentre Teti le porgeva un fazzoletto con il quale pulirsi la bocca.
«È uno scherzo?»
«No, la mia è una proposta serissima.» disse lui, evitando di incrociare lo sguardo di fuoco di lei.
«Padre? Non vorrete davvero avallare una cosa del genere?»
«Perché no? In fondo è legittimo che lui voglia chiederti in moglie. Avreste la mia benedizione se tu accettassi.» Poseidone si sedette, sentendo su di sé l'attenzione e l'incredulità di tutti i presenti. «Non sei ovviamente obbligata, ma mi renderesti felice se almeno accogliessi la sua richiesta di conoscerlo e parlarci prima di rifiutarlo in malo modo.»
Anfitrite guardò con rabbia il padre, e uscì fuori dal salone come una furia, seguita a ruota da Nerito e da Teti.


«Non ci posso credere... e dire che per un attimo avevo creduto che fosse dalla nostra parte... Speravo che avesse capito che quello è il nemico, e invece...» urlò dal nervoso, la bella nereide dai capelli scuri, sbattendo dietro di sé con forza la porta della sua stanza. Teti e il fratello, rimasti chiusi fuori, vi entrarono cautamente, cercando di scansare i vasi e i cocci che in quel momento volavano da un punto all'altro della camera.
«Mia cara sorella, devi però ricordare gli obblighi degli ospiti: non poteva rifiutare di accogliere Poseidone nella sua casa, né di rifiutare la sua richiesta di proporsi.» cercò di farla ragionare Teti. «Non ti obbligherà a sposarlo se non vuoi,» continuò lei, e per un momento ripensò allo sguardo che il Dio aveva lanciato alla sorella mentre le chiedeva di dargli una possibilità, di provare a conoscerlo meglio e a dimenticarsi per qualche istante dell'odio che provava. «Forse dovresti provare davvero a conoscerlo. Magari non è così male come noi crediamo. Se nostro padre ha avuto fiducia in lui, forse non è poi così bieco.» Anfitrite guardò stupita la sorella, come se in quel momento non ci fosse Teti di fronte a lei, ma una perfetta sconosciuta.
«Sei sicura di quello che dici? Hai forse bevuto troppo vino?» Anfitrite prese le mani della sorella fra le proprie e la guardò negli occhi. «Quel Dio odioso è la causa di ogni male... non è proprio ammissibile che lui chieda la mia mano, o che pretenda che io possa desiderare di conoscerlo.» Teti la guardò dispiaciuta, e la nereide lasciò andare le sue mani. «Non mi dire che sei davvero convinta che lui non sia il mostro che è?»
«Anfitrite, sai bene quanto io, quanto tutte noi ti amiamo, ma tu sei l'unica a nutrire un vero astio nei confronti di Poseidone. Nessuna fra noi prova un tale odio e disprezzo nei suoi riguardi.» La nereide dai capelli scuri non poteva credere a quello che stava udendo, e si voltò verso il fratello, sperando di sentire che almeno lui la appoggiava.
«Non guardarmi così, Anfitrite.» lui la fissò con sguardo triste. «Sai che ti appoggerò sempre, ma se vuoi che ti dica che lo odio anche io, mi spiace, ma non posso dirti di sì. Questa crociata la stai vivendo solo tu.» Anfitrite si sentì morire. Per anni aveva creduto che almeno le sue sorelle e suo fratello la pensassero come lei, e invece scopriva che l'unica ad aver visto del marcio nel cronide era lei soltanto. Udirono bussare alla porta e Doride varcò la soglia.
«Uscire in quella maniera dalla sala non è affatto educato, miei cari.» disse la madre sedendosi sul letto dove la figlia maggiore se ne stava a leccarsi le ferite.
«Essere fonte del desiderio di quell'orribile essere è peggiore di qualsiasi altra cosa al mondo, madre.» sospirò Anfitrite. La donna guardò gli altri due figli, e così, Teti e Nerito uscirono dalla stanza.
«Sarebbe così umiliante per te concedergli qualche minuto del tuo tempo per neanche una settimana? Si tratterebbe di trascorrere qualche ora insieme, nulla di più.»
«Preferirei tagliarmi un braccio, madre.»
Doride, che aveva già visto altre volte la giovane comportarsi in quella maniera, prese allora una delle spade della figlia e le fece distendere il braccio. A quella reazione, Anfitrite si ritrasse spaventata.
«Oh, scusami, tesoro. Preferivi l'altro, non è vero?» Anfitrite la fissò sempre più sbigottita. «Perché mi guardi così? Mi hai detto tu che preferivi perdere un braccio.»
«Ma non dicevo certo sul serio!»
«Non dovresti mai dire cose che non pensi seriamente. I tuoi comportamenti possono ferire e ingannare gli altri... lo sai, vero?» Anfitrite non poteva sostenere lo sguardo di sua madre, non sarebbe mai riuscita a farlo perché Doride aveva sempre ragione su tutto.
«Quando tuo padre si dichiarò a me, non avevo la benché minima intenzione di accettare. Non era bello o affascinante come Taumante, noto per la sua avvenenza, e per questo io lo rifiutai. E sai lui che fece?»
«No, ma so che me lo dirai tu.» Doride sorrise.
«Tuo padre non si arrese al mio secco rifiuto, e mi fece visita ogni giorno, portandomi doni meravigliosi che mai nessun altro avrebbe potuto donarmi.»
«Quindi si è guadagnato il tuo affetto con dei regali?» chiese la giovane stupita. Eppure aveva sempre visto fra i genitori un affetto e un amore che andavano ben oltre le ricchezze.
«Ogni giorno, Nereo mi portava in dono un frammento di sé. Si è fatto conoscere per ciò che era, non per i doni materiali. Mi ha fatto conoscere il suo amore per le creature marine, per la meravigliosa flora che cresceva negli abissi, mi ha mostrato il suo lato più gentile e premuroso... Tuo padre mi ha conquistata essendo semplicemente se stesso.» Anfitrite arrossì per aver pensato per un istante che i suoi genitori non si fossero uniti per amore.
«Questo però non ha nulla a che vedere con Poseidone.»
«E perché mai?»
«Perché lui non è come mio padre, non è buono e nobile come lui. Non lo sarà mai. Vuoi forse dirmi che lo ritieni migliore?» Doride rise per quel sciocco paragone.
«Nessuno sarà mai come tuo padre... ma non credi di essere ingiusta nei confronti di quel Dio? In fondo, in ogni guerra vi sono vincitori e vinti. Lui non è giunto da noi pretendendo il Regno, ma chiedendo di poter giungere a un accordo; la guerra era finita e dato che dalla spartizione del mondo gli oceani sarebbero divenuti la sua nuova casa, lui è venuto da noi chiedendoci ciò che gli spettava.» Doride accarezzò la testa della figlia, proprio come era solita fare quando Anfitrite era ancora piccola. «Bambina mia, so cosa provi, anche se non lo comprendo, ma so anche che farai cosa è giusto. Non puoi giudicare una persona senza nemmeno conoscerla, almeno così ti toglierai ogni dubbio su di lui.» Anfitrite, oltre ad essere legata alle sorelle e al fratello, era molto devota ai genitori, e non voleva dare loro un dispiacere.
«E sia... gli concederò qualche minuto del mio tempo. Ma non oggi, e solo per un breve periodo.» Doride sorride, mentre usciva dalla porta.
«Saranno incontri incredibilmente lunghi e noiosi.» sospirò la nereide. «Ho fatto la cosa giusta, ma mi sento male al solo pensiero di dover essere gentile con lui.»


Doride tornò dal marito che stava cercando di consolare una creatura visibilmente abbattuta e triste... A vedersi non si sarebbe mai detto che quello fosse il potente Poseidone, Signore dei mari, colui che sopportò a lungo la prigionia nel ventre di Crono e che sconfisse eroicamente i Titani assieme ai fratelli e ai suoi ciclopi.
«Ha acconsentito ad incontrarvi. Badate, non sarà facile convincerla della vostra buona indole, ma non è un'impresa impossibile.» Doride baciò Nereo e, dopo aver ricevuto i ringraziamenti più sentiti del Dio, che aveva riacquistato l'allegria e il vigore suoi tipici, si allontanò dalla sala.
«Visto? Mia moglie sa sempre cosa dire e fare. Nessuna donna al mondo potrebbe eguagliarla, ma credo che Anfitrite potrebbe essere un'eccellente moglie per te. È molto simile a sua madre, anche se più testarda e aggressiva.»
«Quando posso tornare per incontrarla?» chiese Poseidone impaziente.
«Torna da noi fra tre giorni. Per fare breccia nel suo cuore, non devi fare cose eclatanti, e nemmeno portarle doni preziosi: devi cercare di dimostrarle chi sei veramente.»
Uno dei servitori di Poseidone irruppe nella stanza: dovevano tornare urgentemente a Palazzo.
«Grazie mille, Nereo.» il Dio chinò il capo, e incontrò il volto sorridente del Titano.
«Buona fortuna, amico mio.»


Anfitrite non vedeva l'ora che quei giorni passassero in fretta: prima avrebbe visto Poseidone e prima la sua tortura avrebbe avuto fine.
Per un attimo aveva anche pensato di prendersi gioco del Dio, di fingere interesse per lui, per poi demolirlo, letteralmente, spezzandogli il cuore.
Ma non avrebbe mai potuto farlo, non era così crudele; inoltre non sarebbe mai riuscita a mentire su una cosa del genere.
Dal canto suo, Poseidone contava le ore che lo separavano dal momento in cui avrebbe potuto trascorrere del tempo con lei, finendo così col trascurare i suoi doveri.
«Padrone,» chiese il fedele Delphís, uno dei suoi servitori più fedeli, capo di tutti i delfini. «perché non vi riposate? È inutile che restiate qui con la testa che è altrove. Non siete in grado di lavorare.»
«Ma no, Delphís, posso farcela, ero solo preso da altri pensieri.» si scusò il Dio, che riprese in mano il documento che si era lasciato sfuggire dalle dita.
Delphís, che amava profondamente il suo Sovrano, obbligò Poseidone a lasciare il salone del palazzo, a distendersi e rilassarsi: il giorno dopo sarebbe stato estremamente importante per lui e per il futuro del loro Regno. Era per questo necessario che lui si riposasse il più possibile.
Delphís conosceva Anfitrite solo grazie ai racconti di alcuni suoi amici e, grazie a questi resoconti, era stato convinto del fatto che essa fosse davvero la consorte più adatta per Poseidone. L'amore della giovane nereide per il mare e le sue creature la rendevano la candidata ideale. Solo una persona che amasse sinceramente il mondo marino, poteva diventarne la degna Regina.
«Speriamo solo che non si emozioni troppo...» pensò a voce alta, mentre Poseidone aveva già lasciato la stanza.


«È in ritardo... e se alla fine non si presentasse?» Poseidone passeggiava nervosamente avanti e indietro per la spiaggia.
«Non è lei ad essere in ritardo,» cercò di farlo calmare Nereo, «sei tu ad essere arrivato esageratamente in anticipo.» il Titano alzò lo sguardo in direzione del suo palazzo e sorrise. «Visto? Che ti dicevo?» Lo sguardo di Poseidone si illuminò non appena scorse la figura di Anfitrite che li stava raggiungendo.
«Buon pomeriggio.» disse lei con fare distaccato. «Non pensavo di trovare anche voi qui, padre. Resterete con noi?» chiese lei speranzosa.
«No.» la delusione negli occhi di lei non sfuggì ai due uomini. «Volevo solo assicurarmi che tu arrivassi in tempo.»
«Dubitavate delle mia parola, padre?» chiese lei indispettita. Lei non voleva trovarsi lì, e avrebbe preferito risparmiarsi quella perdita di tempo, ma aveva promesso di comportarsi bene.
«Affatto. Temevo solo che ti perdessi via nelle tue solite faccende e che ti dimenticassi del tuo appuntamento.» rispose Nereo, cercando di dissimulare l'imbarazzo. Lui sapeva bene che la figlia non era solita rimangiarsi la parola data, ma temeva che per quell'occasione sarebbe venuta meno ai suoi principi. «Bene, direi che ora la mia presenza qui è superflua. Poseidone, ci rivedremo domani, immagino.» Il Dio annuì imbarazzato, rimanendo solo con la bella nereide.
«Bene... allora... dunque...»
«Spero che tu non voglia balbettare tutto il pomeriggio.» disse lei seccata.


Dal mare, Aphros, uno dei centauri marini fedeli a Poseidone, stava ribollendo dal nervoso.
«Delphís, sei certo che lei vada bene per il nostro Re?» sbuffò guardando di sbieco la ragazza che stava maltrattando il suo padrone. «Come ha fatto ad incantare Poseidone? È maleducata e antipatica; non mi piace per niente!»
«Non è a te che deve piacere, ma a lui.» gli rispose con calma Delphís. «Ora, se vogliamo ancora controllare la situazione senza farci scoprire, vedi di abbassare il tono della voce, o lui ci scoprirà e, non appena tornerà in sé, ce la farà pagare.» Aphros sentì un brivido gelido percorrergli la schiena. Loro amavano Poseidone, era il loro Re, un Sovrano giusto e onesto... ma non per questo meno sadico e severo dei suoi fratelli. Se venivano commesse ingiustizie nel suo Regno, era pronto a punire chiunque, applicando con inflessibile rigore le leggi del mare.
«Va bene... tuttavia, se lei dovesse dimostrarsi indegna di lui, pretendo di parlare sinceramente a Poseidone. Non possiamo lasciarla libera di agire e di infettare il suo cuore. E credo proprio che lei non sia all'altezza.»
«Scommettiamo?» chiese Delphís ridacchiando. «Dovrai però osservarla anche dopo gli incontri con il padrone, o non riuscirai a coglierne l'essenza.»
«Per il padrone è stato un colpo di fulmine però. Non la conosce realmente... Perché dovrei “cogliere”, come dici te, altri aspetti del suo carattere?»
«Il nostro Sovrano sa già tutto quello che deve sapere della ragazza: le loro anime erano fatte per incontrarsi e unirsi. Ecco perché si è subito innamorato.»
«Ma lei no.»
«A volte la nostra vista è offuscata dai pregiudizi e dall'odio. Dobbiamo solo dare modo al nostro cuore di eliminare ciò che annebbia il nostro lume e di osservare meglio ciò che ci circonda.» rispose Delphís. Aphros meditò per qualche minuto sulle parole del delfino, e alla fine accettò: se lui, dopo aver osservato a lungo la ragazza, l'avesse ancora ritenuta indegna, ne avrebbe parlato con Poseidone, e il delfino gli avrebbe procurato delle ottime rane pescatrici, come d'accordo. Erano dei pesci estremamente prelibati, difficili da catturare, e Alphros ne andava ghiotto.


Poseidone e Anfitrite passeggiarono silenziosi lungo la spiaggia.
“Sono solo cinque giorni, sono solo cinque giorni... ” pensava Anfitrite.
“Cosa le dico? Cosa le chiedo?...” si domandava Poseidone, incerto sul da farsi. Aveva quell'unica opportunità di farsi strada nel cuore di lei, e non poteva sprecarla in alcun modo.
«Avrei portato un piccolo dono per te.» Anfitrite lo guardò per nulla incuriosita: si aspettava che lui avrebbe cercato di comprarla offrendole dei gioielli preziosi. Ma non avrebbe mai ceduto a delle volgari pietre preziose, non le erano mai piaciute più di tanto. Fin da piccola aveva apprezzato di più le corone floreali, o le collane fatte con le conchiglie trovate in riva al mare. «Sarebbe stato scortese non portarti nulla, dato che non deve essere stato semplice per te accettare. Ammetto che è stato molto difficile scegliere le più adatte,» distogliendo lo sguardo da lei, lui le porse la collana fatta con delle splendide conchiglie bluastre. «spero possano piacerti.»
Anfitrite gliele tolse dalle mani con una fulminea rapidità. La sua espressione indifferente e spenta lasciò spazio ad un genuino stupore.
«Dove le hai prese?» chiese lei rimirandole, ricordando un lontanissimo giorno in cui il padre, quando ancora era sovrano degli Oceani, portò la piccola Anfitrite con sé, in un'isola remota, lontanissima dal loro palazzo.
«Ho cercato in lungo e in largo delle conchiglie che potessero essere degne della tua bellezza, e queste mi hanno colpito.» rispose lui arrossendo.
Anfitrite rimase molto colpita: quelle erano delle conchiglie assai rare. Lei stessa ne aveva trovate pochissime quel giorno di tanto tempo fa, e da allora le aveva conservate come il più inestimabile dei tesori. Ogni tanto apriva il suo portagioie per ammirare quel prezioso ricordo di quell'infanzia che non sarebbe mai più tornata.
Avere fra le mani un'intera collana fatta di quelle stesse conchiglie l'aveva lasciata senza fiato.
«Ti... ti ringrazio.» rispose lei sinceramente grata, la voce quasi tremante. Arrossì lievemente, ma voleva evitare che il Dio capisse quanto lei avesse apprezzato il gesto. Non le aveva portato qualcosa di valore come l'oro o le pietre del ricco Averno, ma per lei, quella semplicissima collana di conchiglie, era davvero stupenda. Affrettò il passo, dirigendosi verso il giardino della madre.
Allora Poseidone, cercando di sfruttare ogni minuto a sua disposizione, le raccontò delle sue giornate, di quello che faceva, e di alcuni dei suoi progetti futuri per il Regno.
Il Sovrano guardava prima la nereide poi il mare mentre spiegava alla giovane dei lavori che stavano facendo a palazzo, non per cambiarlo o demolirlo, ma per ampliare il gran salone in modo da poter ospitare quanti più invitati possibile. Le raccontò anche di alcune creature marine, molto antiche, che aveva incontrato durante i suoi viaggi oltre le colonne d'Ercole, e della sua intenzione di unire tutto il popolo del mare, dando così vita anche a nuove specie.
Anfitrite non rispondeva quasi mai, ma aveva ascoltato ogni singola parola, e Poseidone lo sapeva. “Anche se non è partecipe nella discussione, almeno mi sta dando la sua attenzione... credo.” pensò lui.
Mentre i due passeggiavano nella serra, Doride li raggiunse, ricordando loro che era quasi l'ora di cena e che Delphís stava aspettando Poseidone.
«Il tempo è proprio volato...» rise lui nervosamente. Anfitrite non rispose, fece un piccolo inchino e si diresse verso casa con aria assorta.
Poseidone sospirò guardando sparire quella lunga chioma nera dietro il portone.
«Datele tempo... vorrebbe avere un cuore di ghiaccio, essere cattiva e spietata con Voi, dato che le avete rubato la casa,» disse Doride sorridendo, «ma non è capace di odiare qualcuno in eterno.»
«È solo per questo che mi odia?»
«Sì. Non Vi considera un buon Sovrano, anche se in cuor suo ha capito già da tempo che siete in gamba quanto suo padre. L'oceano non è mai stato così vivo come da quando siete salito al trono.» Poseidone guardò ancora in direzione della porta, sperando quasi di vederla uscire di nuovo, ma Anfitrite aveva già raggiunto le sue stanze.
«Tornate domani, Poseidone, e vedrete che andrà meglio.» Il Dio annuì, felice per come si era svolta la giornata. Anfitrite non si era mostrata particolarmente felice di passare del tempo con lui, ma la collana sembrava aver fatto colpo.
Poseidone raggiunse sorridente il suo cocchio e tornò a palazzo, seguito dai fedeli Delphís e Aphros.
Rimasero in silenzio durante il tragitto, ma a un certo punto il Dio abbassò lo sguardo e ghignò.
«Capisco la vostra preoccupazione, ma se volete spiarmi la prossima volta, cercate almeno di non farvi scoprire subito.»
Aphros si scusò immediatamente, affermando che erano solo in pensiero per il loro Signore. Temeva che il Dio si fosse adirato, ma l'espressione felice e rilassata suggerivano esattamente il contrario.
«Devo solo pensare a qualcosa di buono per fare colpo su di lei domani... Ma cosa potrei dirle, cosa potrei fare?»
«Io forse avrei un'idea...» Delphís suggerì allora a Poseidone cosa fare il giorno successivo. L'idea piacque così tanto al Dio che non smetteva più di ringraziare il fedele servitore.
«Mi raccomando, mio Signore, cercate di procedere per gradi con lei, o la ragazza tornerà a ritrarsi. Con la collana avete creato una crepa nel suo muro, ora dovete continuare con la vostra opera.»
«Mio buon Delphís,» disse il Dio, «io per lei sarei disposto ad aspettare anche cent'anni. Vorrei che lei fosse già mia, ma saprò aspettare i suoi tempi.»
«L'amate davvero?»
«Fin dal primo istante in cui l'ho vista.» sospirò pensieroso. «Ho capito subito che lei era l'unica donna per me... per lei sono disposto a fare qualsiasi cosa. Qualsiasi.» Delphís sorrise al padrone.
«Sono certo che alla fine lei capirà e riuscirà a vedere la splendida persona che Voi siete.»
«Lo spero...»


 
L'angolo di Shera♥


Sono ancora viva, con la faccia da Chipmunk (dente del giudizio bye bye), ma viva.

Coi contest, lo sapete, mi son data alla pazza gioia quest'anno, e anche questa storia non fa eccezione. Certo, era nella mia lista di storie da scrivere da un anno, ma non facciamo i puntigliosi, l'importante  che mi sia messa sotto, no?
Ho voluto dare una storia anche a questi due, poverini, non si parla molto di loro, anche se ho intravisto un paio di storie anche qui su EFP.
Il mio Poseidone è dolciotto, proprio come un chipmunk, non vi verrebbe voglia di coccolarlo, almeno un pochino?

La storia è già completa, ma l'ho dovuta dividere in due parti. Perché vi chiederete, semplice, era TROPPO lunga, più di venti pagine. Ero già al limite con la storia di Amore e Psiche, per questa ho preferito spaccare. Non temete, presto pubblicherò :D

Spero che possa piacervi.
Come sempre, sarò ben lieta di accogliere le vostre impressioni, critiche e pareri sulla storia.
Grazie a tutti voi che passate sul mio profilo e che sbirciate i miei lavori. ♥

Alla prossima

Shera♥

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Capitolo 2
*** Seconda Parte ***


Seconda Parte




“Non è possibile” pensò Anfitrite chiudendosi in camera. Teti l'aveva vista sfrecciare nel corridoio, e, vedendola con un'espressione così sconvolta, entrò in camera per chiederle cosa fosse accaduto.
«Allora... com'è andata?» la nereide si era buttata sul letto a pancia in giù, continuando a borbottare frasi sconnesse.
«Anfitrite?» La nereide le lanciò un'occhiata quasi disperata. «Che è accaduto?» le chiese Teti sempre più preoccupata.
«Che succede, mi chiedi? Tu vuoi davvero saperlo?» Anfitrite stava gridando, e Teti, sempre più spaventata, annuì. «Bene, ecco cosa succede!» disse mostrandole la collana, dono del Dio.
«Ma è stupenda!» disse l'altra, prendendo in mano il gioiello. «Ricordano le conchiglie che tieni del tuo...»
«Sì, sono proprio quelle. Senza nemmeno sapere che mi piacessero, quel farabutto ha fatto il giro del mondo per potermele procurare.» Anfitrite era scocciata mentre diceva ciò. Aveva gli occhi lucidi e sembrava sul punto di scoppiare a piangere.
«Cosa c'è che non va? Non ti piace forse?»
«No, ed è questo il punto! Mi ha fatto piacere ricevere questo regalo. Ti rendi conto?!»
«Io non capisco qual è il problema.»
«Come sarebbe a dire che non capisci? Lui è il nemico! Lui è un essere orribile, egocentrico e farfallone. Ha osato chiedere la mia mano e adesso sono costretta ad incontrarlo per altri quattro giorni, a passare del tempo con lui e sentirlo blaterare di sciocchezze!»
«Ha detto stupidaggini, quindi?» chiese Teti sorpresa. Poseidone non le sembrava il tipo d'uomo che diceva frivolezze.
«No.» rispose Anfitrite, cominciando a passeggiare avanti e indietro per la stanza.
«Mi stai facendo venire il mal di testa, Anfitrite.» Teti era sempre più confusa. «Se il suo regalo ti ha fatto piacere, e se la conversazione non è stata così sgradevole, mi vuoi spiegare il motivo di tanto turbamento?»
«Ti sei risposta da sola, Teti.» Di fronte all'espressione stupita di lei, Anfitrite ammise che era turbata dal fatto che aveva trovato non solo meraviglioso il regalo, ma che si era pure trovata bene in sua compagnia.
«Ammetto che come Sovrano, lui mette davvero al primo posto il suo Regno. Mi ha parlato di migliorie che intende apportare, di alcuni progetti e di ciò che desidera fare. Mentre mi raccontava di questa e quell'altra ambizione, ho avvertito una certa affinità.» disse lei imbarazzata. «Siamo molto simili, anche se mi duole ammetterlo.»
«Non dovrebbe essere una buona cosa?» chiese la sorella. «Hai sempre asserito che lui era un borioso, un uomo indegno di governare e quant'altro...»
«Lo so.»
«Uno stupido, un vanesio, un Dio incapace di prendersi le proprie responsabilità...»
«Sì, è vero.»
«Incurante del popolo marino e indifferente ai bisogni di...»
«Sì, ho capito. Mi sono sbagliata!» gridò la nereide, sempre più oppressa da quel sentimento di malessere che stava crescendo.
Lei si era sbagliata.
Lei non sbagliava mai!
Aveva commesso un errore nel giudicare il Dio? In parte sì, se ne era resa conto in un solo maledettissimo pomeriggio passato in sua compagnia. Era evidente nel modo in cui parlava, o per come fissava il mare, che Poseidone era davvero il degno successore di suo padre Nereo.
Allora perché sentirsi così male?
Non era solo per il fatto di aver sbagliato ad esprimere un proprio giudizio. In fin dei conti, loro avevano davvero dovuto abbandonare la loro dimora a causa del Dio; eppure, in quel momento, non riusciva più ad accusarlo di aver condannato l'impero marino al declino.
«Anfitrite, qual è il vero problema?» le chiese Teti con dolcezza, afferrandole la mano per fermarla.
«Non lo so nemmeno io.» rispose lei con le lacrime agli occhi. «Io non capisco quello che sto provando in questo momento.»
«Forse, semplicemente, hai capito che lui non è il demonio che ti eri immaginata, e anzi, forse ti piace un po'.» la nereide smise immediatamente di piangere e si asciugò il volto.
«No, questo mai. È impossibile!» rise nervosamente. «È impossibile.» la sua voce era un sussurro.
Era davvero impossibile, o forse gli stava piacendo davvero?
Aveva dei bei capelli argentei e, in fondo, aveva anche dei begli occhi, uno sguardo gentile e...
No. A lei non piaceva Poseidone, e non le sarebbe mai piaciuto.


Il giorno seguente, Poseidone si presentò ancora sulla spiaggia, dove ad attenderlo c'era Nereo.
«Allora, com'è andata ieri?»
«Credo bene, anche se alla fine della giornata, Anfitrite sembrava quasi scocciata. È strano perché a me sembrava che avessimo trascorso bene il tempo insieme.» Nereo rise.
«Sì, mia moglie mi ha raccontato di ciò che è successo. Se conosco bene mia figlia, non era scocciata con te, ma con se stessa.» Poseidone lo guardò stupito.
«Che intendi?»
«Nulla, capirai a tempo debito. E tu che mi racconti? Hai qualcosa di particolare in mente per oggi?» Poseidone glielo spiegò e Nereo parve illuminarsi. «Non so come hai fatto a scoprirlo, ma di certo la farai contenta!»
Anfitrite li raggiunse, e, con somma sorpresa di Poseidone, portava al collo la collana che lui le aveva regalato.
«Buon pomeriggio, Anfitrite.» disse Poseidone sorridendo. «Oggi volevo portarti a Creta, se ne hai voglia ovviamente.» la nereide sembrava spaventata, anzi no, terrorizzata all'idea di lasciare la propria isola per andare da qualsiasi parte con lui.
«Penso sia un'ottima idea, non trovi anche tu, figlia mia?»
«Se abbiamo fatto i conti giusti, oggi dovrebbe accadere qualcosa di molto speciale. Tuo padre mi ha detto che questa sorpresa potrebbe piacerti davvero molto. Spero di non deluderti!»
“Cosa diamine avrà in mente?” si chiese Anfitrite.
Vedendo che la giovane non rispondeva, Nereo stesso la accompagnò al cocchio di Poseidone, non lasciando scampo alla povera nereide.
«Divertitevi.» li salutò il Titano, mentre Poseidone incitava gli ippocampi a partire.
Lungo la strada, Anfitrite non disse nulla, se non qualche laconica risposta alle domande di lui; si aggrappò saldamente al mezzo e guardò dritto davanti a sé, mentre Poseidone cercava di stabilire un dialogo.
«Mi fa piacere che la collana ti sia piaciuta al punto di volerla indossare. Mi rende davvero molto felice.» nessuna risposta. Aphros, che nuotava velocemente al fianco del carro, fece cenno al Dio di continuare. Lui non era ancora convinto della giovane, ma uno dei suoi servitori, che lui aveva mandato a controllare le stanze della ragazza, gli aveva riferito ciò che lei aveva confessato alla sorella minore. Nonostante non fosse stato un grandissimo successo la giornata precedente, si era aperto uno spiraglio per il suo padrone, e di questo ne era contento.
«Dunque... che ne pensi del matrimonio di tua sorella Teti? Sei felice per lei?»
«Naturalmente.»
«Naturalmente...» ripeté lui. «Oh guarda, siamo già arrivati!» disse lui indicando la spiaggia dell'isola.
«Abbiamo fatto molto più in fretta di quanto non temessi.» commentò lei quando Poseidone fermò il cocchio a pochi metri dalla riva.
«Questi meravigliosi ippocampi sono molto veloci.» disse lui scendendo in acqua e andando ad accarezzare quelle meravigliose creature.
«Ho notato...» La nereide si guardò intorno. «Cosa siamo venuti a vedere?»
«Lo scoprirai tra poco.»
Poseidone la condusse dietro a una grossa roccia della spiaggia. La giovane si preoccupò dato che conosceva bene la fama di donnaiolo del Dio. “Alla fine la tua natura malvagia sta venendo fuori”, pensò lei, toccandosi il bracciale incantato che portava al polso. Quel bracciale racchiudeva una potente spada che poteva essere richiamata in qualsiasi momento. Era così potente da essere in grado di ferire, se non addirittura uccidere, persino un Dio.
Poseidone le fece cenno di avvicinarsi, guardando insistentemente oltre la roccia, ma Anfitrite non sarebbe mai cascata nel tranello del Dio.
«Coraggio, avvicinati. Stanno per schiudersi!»
«Schiudersi?» chiese lei stupita.
«Sì, vieni.» lui le tese la mano, e lei si avvicinò, pronta però a richiamare la sua spada in un qualsiasi momento. Le deduzioni di Anfitrite si rivelarono però errate: guardando al di là della roccia, la nereide scorse le uova di tartaruga che si stavano schiudendo.
La ragazza fissò estasiata i piccoli che rompevano il guscio e che, lentamente, cercavano di uscire, facendosi strada nella sabbia per poter raggiungere il mare.
«Che meraviglia!» disse lei sgranando gli occhi. «Sono così tenere.»
«Speravo ti potesse piacere questo posto.»
«Adoro le tartarughe marine!» disse lei con entusiasmo. «Non ho mai avuto però modo di vederle nascere. È una cosa indescrivibile... Cosa c'è?» chiese lei balbettando, dopo aver notato il sorriso compiaciuto del Dio.
«Nulla, è che anche tu sei molto tenera, quando parli di loro.» Anfitrite cercò allora di riprendersi, di darsi un contegno, ma la vista di quelle piccole creature che si trascinavano poco alla volta fino al mare con grande sforzo l'avevano sciolta completamente.
Alcune delle piccole tartarughine non giunsero mai a riva, e la nereide si intristì molto per questo, ma Poseidone cercò di rincuorarla, ricordandole invece quante creaturine erano invece sopravvissute.
Quando l'ultima si tuffò, i due tornarono sul cocchio. Anfitrite era incredibilmente contenta, e parlò incessantemente delle piccole tartarughe, dei loro movimenti lenti e incerti, del momento in cui il loro muso sbucava fuori dal guscio spezzato.
«Devi ringraziare Delphís... lui mi ha ricordato che le uova erano quasi pronte alla schiusa. Ogni anno vengo qui in questa spiaggia per poterle vedere. Normalmente lo faccio da solo, ma per quest'anno ho voluto fare un'eccezione... Spero ti sia piaciuto.»
«Piaciuto? È stato meraviglioso.» disse lei sorridendo di tutto cuore. «Grazie!»
Arrivarono all'isola di Nereo e, scendendo dal cocchio, Anfitrite si voltò verso di lui, chiedendogli cosa volesse proporle l'indomani. Poseidone, spiazzato dalla sua domanda, per poco non perse l'equilibrio.
«A dire il vero non ci avevo ancora pensato... Dicono che nell'isola di Andros ci siano delle fonti meravigliose. Ti piacerebbe vederle?» Anfitrite annuì, sorpresa lei stessa per il suo stesso entusiasmo, e si diresse verso il suo palazzo.
«A domani, Dio del mare.»
«A-a d-domani, Anfitrite.» balbettò lui.
Poseidone rimase a fissarla con sguardo sognante, i battiti del suo cuore avevano cominciato ad accelerare come mai prima di allora.
«Visto che avevo ragione?» disse Delphís, rivolto sia ad Aphros che a Poseidone.
«Sì, le è davvero piaciuto. Forse c'è davvero speranza.» commentò il centauro marino.


Nella camera di Anfitrite, la nereide e la sorella stavano parlando della giornata.
«Quindi è stata un'esperienza gradevole. Non ti sei neanche annoiata?»
«No. Pensavo volesse approfittarsi di me, invece è stato molto, molto...» Anfitrite avrebbe voluto dire “tenero”, ma non voleva associare una parola del genere proprio a Poseidone. Avevano passato una bella giornata, ma questo non cambiava nulla fra loro.
«Insomma, alla fine ti è piaciuto stare in sua compagnia.»
«Sì, ma non fraintendermi,» si affrettò ad aggiungere la maggiore, «posso anche passare dei bei pomeriggi con lui, ma questo non significa che io voglia sposarlo. Può essersi dimostrato un buon Sovrano, una persona gentile e sensibile,» disse sottovoce, «ma non per questo io mi riscoprirò innamorata di lui.» Teti la ascoltò attentamente, studiando le espressioni della sorella e i suoi gesti.
«Dici di non essere interessata, eppure porti la collana che ti ha regalato, gli hai sorriso e hai ammesso di essere stata molto bene con lui oggi. Anfitrite, tu sarai anche la maggiore, ma ci sono ancora tante cose che devi imparare sull'amore.» disse la minore, alzandosi e uscendo in fretta dalla porta, prima che Anfitrite realizzasse ciò che Teti le aveva detto e che scagliasse l'ennesimo vaso pregiato nella stanza.
Ma Anfitrite non corse dietro alla sorella per rimarcare il suo pensiero. Rimase sola nella sua stanza, a riflettere.
«Io non sono innamorata... l'amore non c'entra niente con tutto questo.» borbottò poco prima di portarsi alla bocca una mela. «Dopo questi pomeriggi è probabile che muterò la mia idea su di lui, ma non per questo accetterò la sua proposta di nozze. L'amore è ben altra cosa, io non darei mai la mia vita per lui...» sospirò e guardò fuori dal balcone della sua stanza, osservando la pallida luna che si era levata alta nel cielo.
«Non ho mai voluto l'amore. Ho sempre e solo voluto tornare a casa... nel mio amato mare.» sussurrò tenendo stretta nella mano la collana che Poseidone le aveva donato il giorno precedente, addormentandosi mentre una lacrima le solcava il volto.


Passarono anche i successivi tre pomeriggi, e ogni giorno, Poseidone e Anfitrite trascorsero dei meravigliosi momenti di complicità e divertimento.
La fonte dell'isola di Andros era fresca e cristallina, piacque moltissimo alla giovane nereide e i due fecero la conoscenza delle ninfe che abitavano sull'isola.
Poseidone già conosceva la loro regina, Tiche, che li accolse con tutti gli onori. Parlando con dolcezza ad Anfitrite, la ninfa si congratulò con lei.
«In verità non ho ancora accettato la sua proposta.» disse la nereide, lasciando spiazzata la regina. Poseidone era intento ad ascoltare ciò che le altre ninfe avevano da raccontargli, così la regina fu libera di parlare apertamente con la giovane.
«Forse non sarò più giovane come un tempo, ma riesco a riconoscere l'amore quando lo vedo.»
«Poseidone potrà anche essere innamorato, ma non io.»
«Ah, no?» la regina scrutò la giovane che aveva di fronte. «A volte siamo gli ultimi ad accorgerci di ciò che per gli altri è già evidente... ma se davvero sostieni che solo lui ti ama e tu no, allora ti chiedo di non torturarlo più di quanto tu stessa non stia facendo con il tuo cuore. È riprovevole negare la felicità agli altri, ma negarla a noi stessi quando è a portata di mano, è il torto peggiore che possiamo commettere.»
Le parole della regina rimasero impresse per i due giorni successivi nella mente della giovane Anfitrite.
Più passava del tempo con Poseidone, e più si riscopriva felice. Non voleva ammetterlo, ma la sua compagnia le era molto gradita. Le dispiaceva quasi il doversi separare da lui.
“È passato così poco tempo, eppure già sento la necessità di vederlo. Che cosa mi prende?” pensava lei. “Dovrei odiarlo, eppure non ci riesco. Perché? Perché proprio a me doveva capitare una sorte così ingrata? Io avrei dovuto combattere per restituire il trono a mio padre e non cadere ai piedi del Dio che ci aveva scacciati dalla nostra antica dimora.” Anfitrite non riusciva più a contenere le lacrime.
Il suo cuore non le aveva mai fatto così male. Poseidone non era quello che lei si aspettava, e più stava con lui, più desiderava averlo accanto.
Quello sarebbe stato l'ultimo giorno di visita, e l'indomani avrebbe dovuto dargli una risposta.
La nereide non aveva accettato la visita di nessuno quella sera, né della madre, né di Teti, neppure del padre. Quando l'incontro col Dio finì, la giovane si barricò nelle sue stanze, impedendo a chiunque di accedervi.
«Io non riesco a pensare, non riesco a ragionare qui dentro.» disse lei uscendo dalla finestra della sua stanza. «Mi sento soffocare.»
Anfitrite scese in spiaggia e lì trovò una sua vecchia amica: la vecchia Idotea, una tartaruga marina grande quanto un grosso mastino. Idotea era dotata del mistico potere della vista: le sue profezie si erano sempre rivelate esatte.
«Bambina, che succede?» Anfitrite non si aspettava di trovarla, erano anni che la vecchia tartaruga non tornava nella loro isola. Dopo essersi asciugata le lacrime e dopo essersi calmata, la nereide raccontò alla tartaruga tutto quello che le era capitato, dei suoi dubbi e di ciò che stava provando.
«Tu devi andare via da qui, o non riuscirai mai a prendere una decisione che sia realmente tua. Qui tutti proveranno a spingerti in una o nell'altra direzione, ma la scelta deve essere tua e tua soltanto.»
«Tu però sai cosa è giusto che io faccia, vero?» chiese la giovane sperando che la vecchia amica le desse un parere realmente imparziale. La tartaruga sorrise, poggiando la grossa pinna sulle gambe della ragazza.
«Io so cosa ti renderebbe felice, mia cara. Ma non posso dirti cosa devi o non devi fare. Potresti rimpiangere per tutta la vita una scelta che non è scaturita dal tuo cuore, e tu, mia adorata, sei immortale. Una vita di rimpianti per una creatura che non può morire, è davvero dura da sopportare.»
«Hai ragione... ma ora dove posso andare?»
«Salta sul mio carapace, ti porterò io in un posto sicuro.»
E così, le due si allontanarono verso un'isola remota, il cui unico abitante era una vecchia, quanto sgradita, conoscenza di Poseidone: Atlante.
Un antico nemico che aveva ancora un conto da saldare con il Signore dei mari.


«Ah, se tuo padre fosse sceso in campo, e così anche gli altri Titani che non avevano risposto al richiamo di Crono... allora sì che li avremmo sconfitti quei traditori.» sospirò Atlante, affaticato dalla dura punizione che Zeus gli aveva inflitto.
«Però, prima che arrivasse Zeus, il mondo era nel Caos, e Crono stava impazzendo del tutto. Non puoi negarlo.» gli rispose Anfitrite. Lei e Idotea erano arrivate da poco nell'isola di Atlante, e il Titano le aveva accolte con gioia. Dopotutto, lei era la figlia di Nereo, uno dei pochi uomini che facevano visita allo sventurato Titano. E Idotea, lungo il percorso, aveva suggerito di portargli qualche dono, e la giovane nereide pescò per lui dell'ottimo pesce, che il Titano divorò poi con gusto.
«Tuo padre è sempre stato molto buono con me, Anfitrite, e tu non sei da meno. Buon sangue non mente, mia cara. Potrai restare nella mia isola per tutto il tempo che ti servirà. Ora sei sotto la mia protezione.» le disse con dolcezza il Titano.
Anfitrite guardò con compassione quel poveretto, costretto a reggere la volta del mondo per l'eternità: un castigo inflitto solo per aver amato a tal punto il suo stesso fratello da rimanere al suo fianco fino alla grande Caduta dei Titani.
Zeus forse era stato fin troppo severo nei suoi riguardi, cominciò a pensare Anfitrite, dubbiosa. Come si poteva fare una cosa del genere a una persona tanto buona? La giovane nereide pensò a un modo per aiutarlo. Magari Zeus si era ammorbidito nel frattempo, e si poteva far leva sul suo cuore per liberare Atlante dal suo tormento.
«Ma ditemi, cosa vi ha realmente portate qui da me? Hai forse litigato con tuo padre, Anfitrite?» La giovane non vide motivo di tenere nascoste al suo ospite le ragioni della sua fuga, così gli raccontò tutta la storia. Ma non appena lei pronunciò il nome di Poseidone, il Titano aveva contratto involontariamente il viso in una smorfia di disgusto, ma le lasciò finire il suo racconto prima di dire la sua.
«Ah, cara ragazza. Allora è un bene che Idotea ti abbia portata da me. Ti ha salvata da una sorte assai crudele!» le disse lui grave.
«Cosa intendi, Atlante?»
«Ah, se sapessi...» Preoccupata, Anfitrite insistette a tal punto che Atlante le rivelò una triste verità. «È stato Zeus a confermare la mia condanna, ma la punizione non fu una sua idea: la suggerì Poseidone.» La nereide non poteva credere a quelle parole. Nonostante lei avesse creduto così a lungo che il Dio dei mari fosse malvagio, aveva avuto prova, e in più di un'occasione in quei giorni, della bontà del cronide.
«Vorrei poterti dire che lui sarebbe un buon marito, ma mentirei se lo facessi. È un essere spregevole, meschino e menzognero. Mi dispiace di doverti recare dolore, lo vedo che il tuo cuore è affezionato oramai a lui, ma non posso tacerti questa verità.» Anfitrite crollò a terra tremante. Atlante continuò a rincarare la dose, raccontandole di averlo visto corteggiare alcune ninfe la sera precedente, gettando ancora di più la nereide nello sconforto.
«E dire che per un attimo ho anche pensato di... Che sciocca sono stata!» disse scoppiando a piangere. «Lo sapevo che questo non poteva essere davvero amore, ma solo una mera infatuazione.» Idotea cercò di rasserenarla, lanciando un'occhiata sbieca ad Atlante.
«Coraggio, cara. Forse dovresti anche sentire la sua campana, è sempre bene avere le opinioni dell'uno e dell'altro.» Ma Anfitrite, incitata da Atlante, era sul piede di guerra.
«Se lui dovesse avvicinarsi, io lo affronterò,» richiamò la spada mistica dal suo bracciale, «rimpiangerà amaramente tutto ciò che ha fatto a me e ad Atlante.»
«Non lasciarti ingannare, bambina.» la tartaruga cercò di metterla in guardia. «Non sempre le cose sono come appaiono. Non sto dicendo che Atlante sta mentendo, ma che non è detto che lui abbia visto veramente ciò che lui afferma.» La nereide era oramai plagiata dalle parole del Titano, decisa a non perdonare mai più quel Dio che l'aveva ingannata.


Prima ancora che Anfitrite e la tartaruga veggente giungessero all'isola di Atlante, Aphros e Delphís, che avevano sempre vegliato su quella che probabilmente sarebbe diventata la loro futura regina, avevano intuito dove la tartaruga stesse conducendo la ragazza, ed erano subito tornati a palazzo per avvertire Poseidone.
«Ne sei sicuro?» chiese lui preoccupato.
«Non è detto che vadano proprio sulla sua isola, ma è molto probabile che lo possano incontrare.» rispose Aphros preoccupato.
«Atlante nutre un livore estremo nei miei riguardi... temo che possa divulgare notizie false sul mio conto.»
«Lei non gli crederà, ne sono certo, mio Signore.» cercò di rincuorarlo Aphros.
«Tu non conosci Atlante.» sospirò Delphís. «Non solo sa essere molto convincente, ma è anche un uomo incline all'auto compatimento. Se non lo conosci bene, non puoi che credere alle sue parole.» Il delfino fece subito preparare il cocchio del Sovrano.
«Dobbiamo muoverci, e in fretta.» Poseidone afferrò il tridente, e incitò gli ippocampi. «Presto!»

Poseidone, Delphís e Aphros, raggiunsero l'isola non appena cominciò ad albeggiare.
«Anfitrite?» chiamò il Dio con quanto fiato aveva in corpo. «Anfitrite, dove sei?» ma non giunse alcuna risposta. Poseidone non si arrese e continuò a chiamarla, aiutato dai suoi fedeli servitori.«Ti prego, Anfitrite, vieni fuori.» non aveva neanche più il fiato per chiamarla.
E fu allora che lei comparì, vestita di un'armatura verde, come le acque smeraldine della lontana isola oltre i gorghi di Scilla e Cariddi.
«Mia cara, io... io ero molto in pensiero per te.» disse lui annaspando. Lei, del tutto indifferente alla fatica di lui, gli puntò contro la spada.
«Non voglio arrivare a tanto, ma se non intendi pagare per ciò che hai fatto ad Atlante, a ciò che hai fatto anche a me, qui non sei il benvenuto. Puoi avere salva la vita, basta che tu te ne vada.» lei lo guardò con occhi glaciali.
«Anfitrite, non so cosa lui ti abbia detto, ma...»
«Lui mi ha semplicemente detto la verità, mio caro. So che sei stato tu a condannarlo a questo.» disse indicando il titano, sovrastato dal peso della volta celeste. «Lui ha creduto a suo fratello, l'ha sostenuto ed aiutato, come avete fatto voi con Zeus. Il poverino mi pare abbia sofferto già abbastanza, la guerra gli ha portato via il suo mondo. Perché condannarlo in questo modo orribile?» chiese lei con le lacrime agli occhi. «Ti credevo diverso, e dopo il tempo che abbiamo trascorso insieme ti ho creduto migliore. Mi sono sbagliata.»
«No, ti prego,» la supplicò Poseidone, «fidati di me. Io ho contribuito nella scelta di questa pena, ma Zeus aveva minacciato di gettarlo nel Tartaro.» Anfitrite ebbe un attimo di lieve tentennamento. Guardò in direzione di Atlante in cerca di conferma.
«Avresti potuto intercedere, invece che farmi condannare.»
«Tu non ci hai lasciato altra scelta. Voi Titani avevate quasi distrutto il mondo con la guerra e le vostre azioni. Non potevamo lasciarvi scorrazzare indisturbati senza alcuna regola.»
«Fai attenzione, Anfitrite.» le gridò Idotea.
«Io...» la giovane nereide non sapeva a chi dare retta. Poseidone aveva fatto breccia nel suo cuore, ma allo stesso modo, non poteva non dare retta ad Atlante, il cui tormento non era una mera finzione. Voleva dare credito a entrambi, ma non sapeva cosa fare. La testa le sembrava che stesse per esplodere.
«Anfitrite... non appena ti ho vista ho sentito che c'era qualcosa di speciale in te, qualcosa che mi trascinava irrimediabilmente a te. So che sei confusa, ma ti chiedo di guardare nel tuo cuore, e di ascoltarlo: credi davvero che io ti mentirei?» lei avrebbe voluto rispondergli di no, ma Atlante alzò la voce per farsi sentire da lei: «Ricordati di ciò che ho visto!»
“Giusto!” pensò la nereide. Poseidone, dopo averlo conosciuto, non le sembrava più il Dio superficiale e malvagio che aveva creduto che fosse, ma Atlante le aveva anche riferito che lo aveva visto corteggiare delle ninfe. Lei lo riferì a Poseidone, che rimase stupito dalle accuse che lei gli aveva lanciato.
«Mia cara, io non provo amore che per te. Non potrei mai corteggiare un'altra donna.» disse, prendendo l'oggetto che Delphís gli stava porgendo. «Sono rimasto in compagnia delle ninfe e ho confabulato con loro... al fine di forgiare la corona che ho fatto solo per te.» Le mostrò il meraviglioso diadema, incastonato da perle meravigliose dai riflessi azzurri. «Ci sei solo tu nel mio cuore, mia Regina.» disse avvicinandosi sempre di più.
«Non ascoltarlo!» urlò Atlante.
«Io... non posso. Non riesco a fidarmi del tutto di te.» rispose lei sinceramente. In quei pochi giorni aveva conosciuto Poseidone, aveva imparato ad apprezzarlo, condividendo con lui momenti meravigliosi. Più lo conosceva e più le piaceva... ma c'era ancora qualcosa che la frenava.
Poseidone allora guardò i suoi due fedeli servitori: «Non mi rimane che quello.» disse lui sconsolato.
«Ne siete certo?»
«È il solo modo che ho per provarle che l'amo davvero!»
Poseidone le mostrò allora una pietra preziosa, di un rosso carminio. Sembrava quasi che vi fosse una fiammella al suo interno, che vibrava e che emetteva calore. Il Dio gliela porse, ma Anfitrite non la prese.
«Cos'è?»
Lo sguardo di Poseidone si fece serio, magnetico, come mai le era capitato di vedere.
«Il mio cuore, la mia anima.» disse lui con un filo di voce.
«Non è possibile...» sussurrò lei guardandolo.
«È un antico e potente incantesimo. Gli Dei sono immortali, e nessuna arma mortale può ferirli o ucciderli... o quasi. Questo è il mio cuore, la mia vita,» prese un profondo respiro, senza mai staccare gli occhi da lei, «la mia immortalità. Se non posso vivere con te, se non riesco nemmeno a farti capire che son sincero, che il mio amore per te è reale, allora preferisco non vivere.»
«Poseidone, tutto questo non è necessario.» disse lei con voce strozzata. Quella fiammella dentro la pietra rossa emanò un leggero bagliore, che per un attimo fece risaltare lo sguardo fermo e penetrante del Dio.
Poseidone faceva sul serio.
Poseidone le stava dicendo la verità.
Non aveva alcun dubbio.
“Mi ama davvero” pensò lei, cominciando a perdere la presa sulla spada.
«Anfitrite, io ti amo, ed è per questo che affido a te la mia vita, l'unica persona al mondo alla quale voglio permettere di decidere del mio destino.»
Con Atlante aveva commesso un errore, ma lo aveva anche risparmiato da una pena di gran lunga peggiore. Lei lo aveva mal giudicato, nonostante suo padre le avesse sempre detto che era stato lui stesso a cedere il dominio dell'intero impero marino a Poseidone. Il Sovrano dei mari era sempre stato gentile con lei, dolce e premuroso.
Senza conoscerla, era stato in grado di scegliere gli unici gioielli che a lei potessero piacere, senza dover compiere imprese impossibili. Le aveva mostrato esattamente le cose che lei avrebbe gradito vedere, le aveva mostrato il suo lato più tenero e fragile. A lei, e a lei soltanto, alla fine, aveva deciso di donare il suo cuore.
«Poseidone... io...»
In quel momento intervenne Atlante, che pur di non darla vinta al Dio tanto odiato, caricò il peso della volta celeste solo su di una spalla, prese un sasso e lo lanciò con precisione, arrivando dritto sulla mano di Poseidone, spezzando così la pietra che conteneva la sua anima.
Il Dio si accasciò a terra, soffocando appena le grida di dolore. Anfitrite lanciò un urlo, e si affrettò a sorreggerlo, aiutata dai servitori di lui che lo fecero sdraiare a terra. Dalle loro spalle si sentirono le risate gioiose di Atlante, soddisfatto per aver sconfitto il suo nemico.
«Oh, no!» gli occhi di lei si riempirono di lacrime. «Io... mi dispiace. È tutta colpa mia.» Anfitrite prese la mano che il Dio le stava porgendo.
«Tu mi credi finalmente?» lei annuì.
«Certo, sciocco di un Dio.» disse lei sorridendo. «Non morire, ti prego.» Il corpo di Poseidone si faceva sempre più leggero e impalpabile: stava scomparendo.
«Mia cara, dovrai pensare tu all'oceano, d'ora in avanti.»
«No, lo farai tu, come hai sempre fatto.» disse lei carezzandogli il volto. «Voglio stare con te. Non so che significhi amare. So solo che quando ti vedo, quando ti penso, quando sto con te... io provo qualcosa che non ho mai provato prima. Emozioni così forti che non riesco a descrivere.»
Poseidone sorrise, mentre le porgeva ciò che rimaneva della pietra dell'anima.
«Ti amo anche io.» disse svanendo, lasciando Anfitrite e i suoi servitori in lacrime.
«Non è giusto.» disse lei fra i singhiozzi, mentre Delphís e Idotea cercavano di sorreggerla e consolarla.
All'improvviso, il sole venne oscurato da nubi nere, e ci fu un boato così forte che la terra tremò. Fulmini e saette illuminarono il cielo sopra le loro teste, mentre il mare, per contro, non produsse più il suono rilassante delle onde: divenne immobile, stagnante, come se fosse morto anche lui assieme al Dio.
I venti che soffiavano non riuscivano a smuovere le acque che stavano diventando sempre più torbide e scure.
«Non è giusto.»
Anfitrite non riuscì a smettere di piangere tanto era il dolore, e le sue lacrime caddero copiose sulle sue mani e sui frammenti della pietra.
Fu in quell'istante che accadde un prodigio.
Il mare, che fino a un momento prima sembrava morto, riprese gradualmente ad incresparsi e a tornare mosso.
Contemporaneamente, la fiammella che dimorava nascosta sotto la superficie di cristallo, l'essenza stessa dell'anima di Poseidone, si riaccese, fluttuando davanti ai loro sguardi attoniti.
Balenò da una parte all'altra, toccando uno alla volta tutti i frammenti del cristallo rossastro, che poco a poco si ricomposero attorno ad essa. Quando il cristallo si ricompose e cadde dolcemente fra le mani della nereide in lacrime, ecco che Poseidone, così come era sparito, ricomparve. Più stupito di tutti loro.
«Io non capisco...» disse lui guardando se stesso, incredulo come mai prima di allora, mentre Anfitrite, ormai libera da ogni incertezza, gli si gettava fra le braccia, piangendo e ringraziando Ade per averlo riportato da lei.
«Non credo sia opera di mio fratello... Ma spero almeno che questo sorriso non sia per lui, mia amata Anfitrite.» disse abbracciandola a sua volta.
«Vostro fratello Ade non c'entra.» disse Idotea, e al suo fianco si palesò anche il potente Zeus.
«Fratello, prima di estrarre la tua anima e esporla ai pericoli, vedi di avvisare.» mentre il Signore degli Dei diceva questo, non risuonavano più le risate di Atlante, ma gli echi delle sue urla disperate e strazianti, assieme a quelle festose e sadiche di Ares. Il Titano stava subendo le aspre torture del Dio che aveva ricevuto precisi ordini dal padre: “Vai e divertiti, figliolo!” Ares lo aveva preso in parola.
«Se non è opera di nostro fratello, allora chi è stato?» chiese il Dio dei mari. La tartaruga e Zeus si guardarono divertiti.
«Eppure non è difficile.» disse Zeus guardando Anfitrite.
«Io?!»
«Anfitrite è parte del mare... lei è sempre stata diversa dalle sue sorelle.» spiegò Idotea. «Lei è parte stessa dell'essenza dell'oceano, e tu, Poseidone, come sovrano di esso, lo sei anche tu a tua volta. Il mare non può morire.» disse la tartaruga sorridendo. «Senza le lacrime della nereide, che hanno creato un ponte fra te e lei, ti saresti ritrovato a vagare incorporeo, accanto a noi, ma invisibile ai nostri occhi.»
«Questo spiega ciò che ho visto.» disse lui spiegando che in quei brevi istanti in cui lo avevano creduto morto, gli era sembrato di vederli soffrire e invocare il suo nome. Aveva sentito la sofferenza di Anfitrite, e avrebbe voluto starle accanto, ma quando provò ad allungare una mano verso di lei, non riuscì nemmeno a sfiorarla, ma la attraversò.
Poi sentì il corpo riprendere vita, e, quando riaprì gli occhi, era tutto tornato alla normalità.
«Credo che alcune cose si siano trascinate anche fin troppo a lungo.» disse a un certo punto Zeus.
«Cosa?»
«Vedete di sbrigarvi voi due, voglio una cerimonia come si deve. Mi aspetto un invito al massimo per domani, e la cerimonia, e giusto perché sono buono e comprensivo, non più tardi di due giorni. Sono stato chiaro?» Poseidone e Anfitrite si guardarono, dapprima imbarazzati. Ma non appena i loro occhi si incontrarono, entrambi sorrisero felici.
«Chiarissimo.»
Tutto sembrava sistemato, e la vecchia tartaruga stava per andarsene, ma c'era ancora qualcosa che la nereide doveva sapere.
«Idotea?» la chiamò Anfitrite.
«Sì, mia cara?»
«Voglio la verità. Tu sapevi tutto? Di Atlante, di quello che sarebbe accaduto...»
«Naturalmente. Sono una veggente, la migliore del mondo.»
«Perché non hai voluto dirmi che cosa sarebbe successo?» Idotea sorrise soddisfatta.
«Se lo avessi saputo, mia cara, non avresti mai capito di amare davvero l'uomo che è al tuo fianco. Tutti agognano il mio consulto, sapere ciò che il Fato ci riserva. Ma se io ti svelassi ogni aspetto di questo lungo viaggio che è la vita, allora quale significato avrebbe vivere?»


Non fu facile spiegare a Nereo e a Doride quanto era successo, ma i genitori di lei furono molto comprensivi, e presto si celebrarono quelle tanto sospirate nozze.
Dei, Dee, ninfe provenienti da ogni parte del mondo accorsero per rendere i propri omaggi ai nuovi sovrani del mare.
Le celebrazioni durarono per giorni e giorni, fino a quando il Re e la Regina dei mari furono finalmente soli nel loro palazzo.
«Mia adorata,» disse Poseidone, trasportando la sposa nella camera nuziale, «riuscire a conquistare il tuo cuore è stata l'impresa più pericolosa di tutta la mia vita.» Lei rise accarezzandogli i fluenti capelli argentati che scivolavano sulla sua spalla.
«Hai qualche rimpianto?» Lo sguardo di lei sembrava adirato, come quella volta in cui si incontrarono; ma nel profondo, era carico di allegria e di puro amore.
«Non lo so...» rispose lui, divertito da quella domanda dispettosa.
La loro camera era piena di fiori variopinti, e la vista che dava sull'oceano era meravigliosa. Pesci dai colori variopinti sfrecciarono proprio sotto ai loro occhi.
«Ti ho fatto un grave torto in passato, non credendoti degno del tuo ruolo, ma ho capito di essermi sbagliata. Vedrò di rimediare.» disse lei sorridendo al marito.
«E come intendi farti perdonare?» chiese lui ridacchiando.
«Mah, non saprei... forse amandoti ogni giorno, ripetendoti e dimostrandoti da oggi fino alla fine del nostro Regno, quanto è grande il mio amore per te. Il mondo è così vasto, ma non potevo innamorarmi di nessun altro se non di te, te che sei l'altra metà del mio cuore.» disse baciandolo con passione. «Ti amo, e non smetterò mai di farlo.»
«Ne sei certa?»
Nella sottile tiara che portava sul capo vi era incastonata una magnifica gemma color rosso carminio, al cui interno vi era una luce viva che non smetteva mai di brillare. Quello era il pegno dell'amore e della fiducia incondizionata che il marito nutriva per lei. Anfitrite sorrise al Dio che amava, si staccò dal caldo abbraccio del marito, e si mise a rovistare nel ripiano davanti al grande specchio.
Quando tornò da lui, gettò dolcemente le braccia attorno al suo collo, sfiorando la sua chioma d'argento. La Signora dei mari mise attorno al collo del suo Signore un ciondolo con una pietra blu, blu come i fondali marini. Blu come il cuore del mare che risplendeva nei suoi occhi. Al suo interno brillava una speciale fiammella, rifulgendo come una stella.
«Per sempre, amore mio.»
I due si scambiarono un altro bacio, e un altro ancora, fondendo non solo i loro corpi, ma anche le loro anime, finalmente unite.

Fine



 
L'angolo di Shera♥

Ed eccoci con la seconda, e per fortuna, ultima parte.
All'inizio pensavo di aspettare un po' prima di pubblicare il finale, poi ho cambiato idea XD. Non so resistere al richiamo della pubblicazione.
Anche se temevo che non ci sarei mai riuscita, a cominciato la stesura di una nuova storia per un altro contest, e, in via del tutto eccezionale, sarà una sorta di sequel di un'altra storia scritta qualche mese fa, e ancora una volta per un contest del forum: mi riferisco a Tainted Love. Coi sequel a volte va bene, ma spesso va male... spero di non aver fatto un pastrocchio. ai tempi della stesura di quel racconto, mi ero trovata un difficoltà a causa della limitazione riguardante le parole: per le OS si trattava di non più di 2000 parole, e per me è stato un po' limitante per certi punti di vista.
Con il nuovo racconto, sto aggiungendo alcuni frammenti mancanti degli ultimi istanti di Rochel, e del piano di Rexa per fuggire e per punire chi l'aveva maltrattata per anni.

La storia è in lavorazione, spero di completarla nei prossimi giorni ^^.

Riguardo zio Posi e Anfitrite, beh, non c'è molto che possa aggiungere a quello che avevo già accennato la volta precedente: con tempo e voglia, potrei riscrivere tutto di nuovo, trasformando la loro storia in una long come si deve, ma per il moemtno, mi accontento di questo ;)
Sono piuttosto soddisfatta del mio lavoro, e spero che possa essere di vostro gradimento.

Per ogni cosa, fatemi pure sapere con un commento o con un messaggio privato.

Grazie a tutti, un abbraccio


Shera♥

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