Una birra con William Shakespeare

di Sharazad_90_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Amleto ***
Capitolo 3: *** Otello ***
Capitolo 4: *** Mercuzio ***
Capitolo 5: *** Macbeth ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


Dagli albori del mondo, o meglio da quando son nate birrerie e taverne, per qualche strano scherzo del fato, che trascende dalla mia comprensione, ai comuni mortali, conti o principi di ogni sorta, è sempre venuto più semplice aprire le oscure e celate pagine del proprio animo ad osti o tavernieri, invece che a cari o congiunti.
Quindi anche a me, William Shakespeare, che di mestiere son oste, ma che son sempre stato attratto dalla natura più fragile e segreta del cuore umano, son stati svelati nell'arco degli anni passioni, intrighi, complotti e tradimenti che ad altri orecchi era meglio occultare.
Ma or che son ormai vecchio e decadente, voglio narrare a voi che mi prestate orecchio storie di una bellezza tale da lasciarvi affascinati.

Quindi uomini e donne, vecchi e fanciulle, popolane e nobildonne, mettetevi comodi e rimanete ad ascoltare le storie che il qui presente William Shakespeare vi vuole narrare.



Nota dell'autrice: Salve a tutti^^ Intanto grazie per essere qui a leggere questa raccolta di fanfiction che fino all'ultimo ero indecisa se pubblicare o no^^ Essendo una grande fan di Shakespeare non volevo in nessun modo "profanare" i suoi eroi che tutti bene conosciamo, ma la storia mi martellava in testa da un pò e non ho potuto fare a meno di scriverla.
Vi anticipo già che ogni capitolo tratterà un singolo personaggio e il suo "incontro" inusuale con il nostro poeta/oste ^^
Detto ciò aspetto i vostri commenti se sarete così gentili da lasciarli^^
 

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Capitolo 2
*** Amleto ***


La mia piccola bettola sorgeva sulla riva destra del fiume Tamigi.
Una piccola bettola, non c'è altro da aggiungere, ma che nell'arco degli anni ha saputo accogliere ed ospitare uomini e donne di ogni razza e ceto sociale.
Ero ancora fanciullo quando, dalla mia nativa Stratford, mi stabilì a Londra, con il cuore ricco di speranze e sogni. Ma, aimè, non si poteva dire lo stesso della mia borsa!
E quindi accantonato il sogno di diventar poeta investì i miei pochi avere in questa bottega, ritenendo che l'oste fosse un lavoro più concreto per guadagnar la pagnotta.
Qui ha inizio la mia storia, che ora mi accingo a narrare a voi con la speranza che i miei versi in vecchiaia mi diano la gloria che non ho avuto in gioventù.




Era una di quelle sere che passano inosservate e che non lasciano alcun ricordo nella mente degli uomini.
La luna era ormai alta e dalla deserta via provenivano solo i canti degli ultimi ubriaconi che si affrettavano a tornare nelle loro dimore, e mentre mi accingevo a pulire e posare gli ultimi boccali di birra, dalla porta entrò un' individuo di tale aspetto che era impossibile non intuire la sua appartenenza a qualche casata nobiliare.
-E' ormai chiuso messere!- gli intimai osservandolo meglio.
La sua pelle era bianca, quasi diafana, gli occhi di un blu intenso e i baffetti che portava erano corti e ben curati.
-Non potete, mio buon oste, ritardare il vostro riposo di qualche minuto ed offrire un buon bicchiere di vino a questo amico che viene da lontano?- .
Si può forse dir di no a una richiesta posta con tale cortesia? Non mi parve proprio il caso!
-Accomodatevi buon uomo- risposi ora con tono più affabile, incitandolo a sedersi.
-Dal vostro accento intuisco che non siete di queste parti. Venite da lontano quindi?- .
-Dalla lontana Danimarca, mio buon amico! Un paese tanto bello, ma aimè, tanto marcio al suo interno!- rispose il nuovo venuto con un mezzo sorriso sadico sul bel volto diafano. 
-Vedo che qualcosa vi lacera l'anima, mio buon signore! Ecco prendete! Un buon bicchiere di vino vi sarà di conforto!- dissi porgendogli un boccale traboccante della miglior bevanda della casa.
-Lo pensate veramente mio nuovo amico? Può realmente un sol bicchiere di questa rossa bevanda annegare o inibire i fardelli che lacerano il cuore umano?-
-A questo, mio buon signore, non so dare risposta. Ma se ad esso aggiungete un orecchio amico disposto ad ascoltare so per certo che molti pesi possono risultar minori! Volete narrarmi la vostra storia?- -
Il mio nuovo amico mi guardava ora con aria interrogativa, continuando a sorseggiare lentamente la bevanda che gli avevo offerto.
Leggevo nei suoi occhi, così profondi ed enigmatici, l'ombra di un dilemma. Continuare a parlare o tacere? Lo straniero alla fine optò per la prima opzione.
-L'amore mio buon amico! E' il non comprendere gli errori che un malato amore può far commettere che mi lacera l'anima! Può il cuore di una donna (fragili ed ambigue creature tutte loro e lo dico con cognizione di causa amico mio!) dimenticare la tenerezza e la dolcezza di un uomo e concedersi subito dopo ad un' altro tanto meschino e stolto tanto quanto il primo era forte e leale? Avete voi, mio buon uomo, una risposta a questo dilemma che mi logora notte e giorno?- .
Ma aimè, miei gentili signori qui seduti ad ascoltare, nonostante tutti i miei sforzi al quesito posto dal mio tormentato cliente non avevo una risposta!
Lui, per mia fortuna, però ignorò del tutto il mio silenzio e continuò il suo triste monologo quasi ignorandomi e parlando più con se stesso che con me.
-Può un figlio ignorare l'ultimo appello di un padre amorevole che non può trovare riposo nemmeno nella tomba?
Ce l'ho io, mio buon amico, una risposta! No, non può, a costo di giocarsi l'anima e condividere col padre la dannazione eterna!- .
Dopo questa confessione, signori miei, compresi meglio l'anima del mio nuovo ospite.
Era un'anima lacerata al suo interno, in lotta con se stessa.
Povera anima! Che pena mi diede! Potevo vederne uno scorcio proprio lì, di fronte a me, dietro quegli occhi blu come il mare in tempesta!
Non era un'anima malvagia quella, era solo un'anima spezzata, un'anima logorata dagli scherzi che il fato gli ha giocato durante il suo cammino.
Restammo in silenzio per molto tempo, persi chissà in quali pensieri, quando improvvisamente il mio ospite si alzò e potei notare come il suo volto fosse cambiato.
La sua disperazione aveva lasciato spazio ad una maschera di sprezzante indifferenza che poco gli si addiceva.
-Arrivederci mio buon uomo!- mi salutò.
-Dubito che ci rivedremmo, ma forse sentirete il mio nome legato a qualche racconto di sventura e morte!- .
-Posso sapere il vostro nome messere?- chiesi esitando e guardandolo un'ultima volta.
-Amleto, principe di Danimarca- . Rispose con quel suo mezzo sorriso beffardo che gli avevo già visto in precedenza e sbattendo la porta uscì nella notte fredda e stellata.




Questo è il racconto della prima anima che intrecciò il mio cammino.
Un'anima fine ed intelligente, resa sprezzante e sadica dai colpi della vita.
Ma altre anime, nel corso degli anni, incrociarono la loro strada con la mia.
Quindi signori e signore, non ve ne andate, ma rimanete ad ascoltare quello che il vostro oste vi vuol continuare a narrare.

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Capitolo 3
*** Otello ***


Spesso, molto spesso, anche diverse volte nell'arco di un mese, nei pressi della mia locanda sostavano carovane colme di uomini e donne di ogni razza e ceto sociale, provenienti da ogni luogo e da ogni dove. Inutile dirvi, miei buoni signori, che ero molto lieto quando questo si verificava, perché il loro soggiorno, anche se per breve tempo, rappresentava un copioso incremento dei miei affari. E un oste che fatica per guadagnarsi la pagnotta cosa può chiedere più di questo? Ma, tra tutti gli uomini che giunsero con un corteo di carrozze e cavalieri e che trovarono ristoro nella mia bettola, uno più di tutti rimase impresso nella mia memoria. Il suo nome era Otello, il moro. Come sempre accadeva durante l'ora del pasto del mezzodì, anche quel giorno la mia taverna era un brulicare di donne e uomini intenti a svuotare sia i loro piatti sia i loro boccali. Risa e schiamazzi si udivano in ogni tavolo ed io pure, quel dì, mi sentivo l'animo più allegro del solito. Fu soltanto quando fecero il loro ingresso quattro bizzarre figure che nella sala scese il silenzio. -Largo largo fate passare Otello, comandante dell'esercito veneziano!- . Colui che aveva parlato precedeva gli altri tre di qualche passo. Era un uomo di bell'aspetto, non si poteva negare, ma nonostante ciò c'era un qualcosa in lui che ad impatto non mi piacque. Mi feci tuttavia avanti per accogliere quelli illustri ospiti. -Accomodatevi, miei buoni signori e benvenuti nella mia umile locanda! Chi ho l'onore di dover servire?- . L'uomo di bell'aspetto mi sorrise con un mezzo sorriso sghembo che, aimè servì solo ad accentuare la mia antipatia nei suoi confronti, signori miei! -Io sono Iago, mio buon oste. Alfiere e fedele amico del qui presente Otello e della sua bellissima moglie Desdemona. E loro che avete l'onore di servire!- e voltandosi verso il gruppetto fece un' ossequioso gesto col capo. Oh, miei buoni signori, non riesco ad esprimere a parole la mia meraviglia quando questo tale Otello avanzò! Non fu per il colore della sua pelle (non era certo il primo moro che vedevo in vita mia!), ma c'era un qualcosa di così autorevole nella sua figura da suscitare in me un profondo e automatico rispetto. -Salve buon uomo- mi salutò con cortesia. -Mi duole giungere così senza preavviso nella vostra locanda, ma fuori ho una dozzina di uomini che aspettano di essere rifocillati e non si dica mai che il loro comandante si trastulla mentre loro rimangono con gli stomaci vuoti!- . Come non si può, miei affezionati e gentili signori qui riuniti, non provare un'automatica simpatia per un capitano che mette il benessere dei suoi soldati prima del suo? -Provvedo subito mio signore!- risposi immediatamente. Il moro abbassò il capo in segno di ringraziamento e si rivolse all'uomo alla sua destra. -Mio buon Cassio saresti così gentile da avvisare le truppe che presto sarà servito loro da mangiare e da bere, così che anche loro si possano rifocillare?- . Quel tal Cassio mi fece anch'egli una buona impressione con quel suo buon viso franco e onesto, ma scomparve per raggiungere il resto della truppa prima che ci fossimo scambiati la qualsiasi parola. -Vieni amor mio. Accomodiamoci in quel tavolo- . Pronunciando tali parole il moro si rivolse alla donna al suo fianco. -Vi presento mia moglie Desdemona, mio buon oste- aggiunse poi rivolto a me. Mai, signori miei, mi ricapitò di rivedere nella mia vita una moglie che guardava suo marito con occhi così adoranti! Sembrava non contemplasse il suo sposo, ma il Cristo in persona! La donna si rivolse a me con un sorriso gentile. -E' un piacere fare la vostra conoscenza- . Poi mi chiese se era possibile rinfrescarsi in qualche stanza. Le indicai una stanzetta nel retrobottega e chiesi ad una cameriera di accompagnarla. Quando si fu allontanata vidi il marito seguirla con sguardo vigile e attento. Iago, che ne frattempo si era accomodato accanto al moro, rise di ciò e continuando a sorseggiare il suo bicchiere di vino, commentò: -Aimè le belle mogli sono il cruccio dei loro mariti!- , con finto tono di rammarico. A quella esclamazione non riuscì a non replicare, miei signori, fu più forte di me! -Mi permettete di dissentire mio buon signore! Le belle mogli non dovrebbero essere il cruccio dei loro mariti, ma invece il loro vanto!- . L'onesto Iago (così avevo sentito il moro rivolgersi a lui parecchie volte!) non commentò quella mia intromissione e si limitò a inarcare verso l'alto le sopracciglia, come a dimostrarmi che del mio parere non gli importasse proprio nulla. Questo non fece che far aumentare la mia avversione nei suoi confronti, ma aimè, era pur sempre un mio cliente e finché si trovava all'interno della mia locanda dovevo a lui il mio rispetto. Decisi quindi di dedicare la mia attenzione all'altro mio ospite, che nel frattempo era rimasto in silenzio. -Voi che ne pensate, mio signore?- gli chiese sinceramente curioso di udire la sua risposta. Udita la mia domanda, il moro alzò lo sguardo sorridendo e si rivolse a me con tono reverente. -Mio buon oste, poco importa la bellezza se questa non è accompagnata dalla virtù! Il buon Dio mi ha concesso una moglie che in sé possiede entrambe e mi auguro di continuare ad essere per lei un buon marito così come voglio che lei continui ad essere per me una buona moglie. Nemmeno l'altissimo può immaginare le follie che sarei capace di compiere per amore- . Non aveva nemmeno finito di esprimere il suo parere il moro, che già la sua bella moglie era tornata al suo fianco, guardandolo con quel suo sguardo adorante. Che strana e meravigliosa coppia, in quel momento, pensai di avere d'avanti! Solo guardarli agli occhi davan piacere. Lei così modesta e devota, lui così forte e protettivo, sembravan completarsi a vicenda. Mai in vita mia mi capitò di vedere una coppia migliore. Proprio in quel frangente vidimo avanzare verso di noi Cassio, il luogotenente, rientrato per avvisare che il corteo era ormai pronto per ripartire. -Era ora mio buon Cassio!- sbottò l'onesto Iago, alzandosi con fare stanco. -Tutte queste ciarle mi hanno fatto venir male al capo!- . Cercai, amici miei, di ignorare quell'ultima frecciata che quella lingua di vipera aveva lanciata e in cuor mio mi domandai come Otello e la sua Desdemona potessero tollerare la sua presenza, ma vi confesso che se fosse toccato a me decidere della sua sorte lo avrei fatto imbavagliare già da molto, molto tempo! Ma proprio quando fummo giunti nel cortile vidi cadere dalle mani della giovane sposa un fazzoletto finamente ricamato. Non ebbe nemmeno il tempo, la bella fanciulla, di inchinarsi per recuperare quel prezioso così malamente cadutogli, che già il buon Cassio con fare galante l'aveva prontamente recuperato e mentre sorridendo glielo porgeva, vidi nello sguardo dell'onesto Iago qualcosa di simile ad un maligno lampo, che subito scomparve. Un brivido, signori miei, un brivido, sentì attraversarmi tutto il corpo non appena il corteo si fu allontanato. Sperai con tutto il cuore che quello non fosse un triste presagio di qualche sventura, ma aimè miei buoni amici, dopo anni vi confesso che mai in tutta la mia vita potei scordare l'intensità di quello sguardo di odio che l'onesto Iago nel cortile cercò di occultare.

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Capitolo 4
*** Mercuzio ***


Aimé, signori miei, quanti di voi in vita vostra hanno mai assistito ad una rissa da taverna? Non è per niente un bello spettacolo, ve lo posso assicurare, ma fu proprio a causa di una di esse che, una notte come tante, feci conoscenza di uno stravagante e bizzarro giovane. Ma vedo che siete impazienti di sapere chi era. Ebbene, miei cari, posso solo anticiparvi che il suo nome era Mercuzio. Amici miei, per farvi almeno un po' comprendere e non condannare del tutto gli animi di chi passa intere notti ad ubriacarsi in una bettola vicino ad un corso d'acqua devo prima parlarvi delle notti londinesi. “Cosa centra questo con la vostra storia?” , vi starete chiedendo voi, ma fidatevi e prestatemi orecchio e presto lo scoprirete. Le notte londinesi possono essere dolci e inebrianti come il miele appena raccolto da un alveare se hai con chi dividere il tuo letto e le tue pene, ma possono anche essere amare come il fiele se ti ritrovi solo a passeggiare per le deserte vie. E, aimè, purtroppo la maggioranza della mia clientela faceva parte proprio di quest'ultima categoria! Anime in pena, spesso insoddisfatte o arrabbiate con la vita, che trovavano solo nell'alcol la cura per i loro mali. Ed io, anche se dovevo gioire delle loro pene perché eran proprio quest' ultime ad incrementare la mia borsa, segretamente e in cuor mio invece ne soffrivo, perché non vi è niente di più triste, signori mie, di vedere intere vite spezzate da otri colmi di birra. So che in questo momento mi disapproverete perché non fa onore ad un oste parlare in tal maniera, ma prestate attenzione alle vicissitudini del giovane che vi sto per narrare e forse così potrete anche solo in parte capire. Come vi avevo già accennato in precedenza, miei cari amici, non c'è niente di più brutto (oltre ovviamente a parteciparvi!) di assistere ad una rissa di taverna! I linguaggi più volgari e scurrili si mescolano tra loro in un turbine senza fine di imprecazioni, minacce e offese e molte volte purtroppo tutte queste intimidazioni vengono accompagnate anche dai fatti. E proprio questo avvenne quella sera in cui conobbi quel giovane che vi ho menzionato prima. Faceva parte di una combriccola particolarmente chiassosa che in meno di due ore aveva svuotato due interi otri della mia migliore birra, ma si distingueva dagli altri per il suo bell'aspetto e per i tratti del volti inconfondibilmente italiani. Passavano però talmente tanti giovani stranieri, signori miei, nella mia modesta bettola ,che onestamente non vi prestai molta attenzione. Fu solo quando sentì un'imprecazione seguita da un rumore di spade appena sfoderate provenire dal suo tavolo che catturò tutto il mio interesse. -Miei buoni signori- ,esordì avvicinandomi al loro tavolo tentando di calmare le acque, -posso sapere il motivo che vi scalda gli animi in questa fredda notte?- . -Niente di cui dovete preoccuparvi mio buon oste- esclamò allora il giovane di bell'aspetto. -Portateci delle altre caraffe della vostra miglior birra e vedrete come i nostri animi inquieti si acquieteranno-. Così obbedì e per essere certo che la disputa non si rianimasse mi sedetti vicino a colui che aveva parlato a nome di tutti. -Non siete di Londra, mio signore, immagino- esclamai ad un tratto cercando di catturare la sua attenzione. -No, buon locandiere, vengo da un paese molto più caldo e, grazie a Dio, molto più accogliente di questa vostra fredda e inospitale Londra! Avete voi mai sentito parlare della bella Verona? E quello il nome della città dalla quale provengo- . -E, se posso chiedervelo, cosa vi porta qui?- chiesi ora sinceramente interessato. -Affari- rispose questi con tono indifferente, sorseggiando la sua birra. -Affari per il mio buon amico Montecchi. Ecco dunque che vi ho rivelato senza volerlo il nome di colui per la quale ho intrapreso questo lungo viaggio. Ora provvederò a rivelarvi anche il mio di nome, dato che siamo entrati in confidenza. Mi chiamo Mercuzio, per servirvi- . -E non ha questo vostro amico figli maschi a cui delegare i suoi affari invece di scomodare voi?- esclamai senza pensare, ma subito mene pentì e cercai di correre ai ripari. -Scusate, mio signore, avvolte la mia lingua e più veloce del mio cervello! Non sono affari miei-. Il giovane però sembrò divertito dalla mia insolenza e ne rise di cuore, rivelando così di esser uno di quelli a cui piaccion gli scherzi e le risa. -Tranquillo oste. Non sei stato troppo sfacciato. Comunque si, un figlio maschio ce l'ha, ed è per giunta il mio migliore amico! Romeo, questo è il suo nome. Ma è un giovane così mesto e tormentato dalle pene della vita che suo padre non se la fida ad affidargli i suoi affari- . -Alla vostra età tutte le pene del cuore sembran problemi insormontabili- commentai allora io con una mezza risata ripensando alle miei pene di gioventù, che allora mi eran sembrate così importanti ma che con l'avanzare dell'età avevan perso tutta la loro importanza. Il ragazzo rise di nuovo. -Non per tutti e così! Prendete me ad esempio! Mi basta avere una donna nel mio letto, una caraffa di buona birra tra le meni e degli amici con cui berla e sono felice! La vita è troppo breve per sprecarla tormentandosi, mio buon oste. E' molto meglio bere e divertirsi. E tra una bevuta e l'altra magari prendersi qualche rivincita su quei dannati Capuleti!-. Lo guardai non capendo a cosa si riferisse. -Certo, amico mio, voi non capite- aggiunse il giovane notando la mia espressione interdetta e iniziò a narrarmi dell'antico odio fra queste due famiglie di Verona. Un' odio antico come il mondo, a suo dire, impossibile da sanare. Mi disse anche che questi Capuleti avevano una figlia, una certa Giulietta, bimbetta infantile e insignificante a suo parere, e udite queste sue ultime parole un'idea mi balenò nella mente. -E se per caso questi due rampolli si dovessero innamorare pensate voi che il loro amore sarebbe sufficiente a porre fine a questa antica faida?- proposi quindi con tono di scherzo. Udite queste mie osservazione il giovane mi guardò come se fossi appena uscito di senno, ma subito si ricompose sfoderando quel suo mezzo sorriso beffardo che, aimè, amici miei, mi sa che usava come arma per nascondere i suoi reali pensieri. -Vedo che anche voi oste siete un romantico, ma mi dispiace deludervi. Con l'amore non si risolve un bel niente. Con le spade si decidono i destini delle famiglie. Con esse e solo con esse- . Quanta tristezza udite quelle amare parole, provò il mio povero cuore, amici miei. E quanta amarezza! Mi chiesi come poteva un giovane così allegro e pieno di vita essere così cinico nei confronti dell'amore e dell'esistenza. Perso com'ero nelle mie meditazioni non mi resi conto di quanto si fosse fatto tardi e quando alzai lo sguardo vidi che la locanda si era quasi del tutto svuotata. -Mio buon uomo credo che sia venuto il momento di dirci addio- esclamò il giovane al mio fianco ad un tratto. -La notte è ancora giovane e non è mai troppo tardi per fare baldoria- . E pronunciate queste ultime parole si congedò e uscì nella notte fredda. Uno strano senso di vuoto mi colpì nel momento che le nostre mani si strinsero e per la prima volta in vita mia, vi confesso, fui felice di non essere più giovane. Almeno io non avevo più una vita intera d'avanti da gettare tra bordelli e otri di vino! Oh, miei buoni signori quanto può essere brutta la giovinezza se non si ha uno scopo a cui dedicarsi! E ora che anche questa storia avete udito fate tesoro di queste mie ultime parole e non sprecate la vostra esistenza come fece invece il giovane Mercuzio. Non chiudete il vostro cuore come fece lui, ma lasciatelo libero di vivere e amare.

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Capitolo 5
*** Macbeth ***


Tante coppie , miei cari amici che non vi siete ancora stancati di ascoltare le ciarle del vostro oste affezionato, si sono riposate, trastullate o hanno amoreggiato ( “amoreggiato” per non dirlo in altro modo miei signori!) nella mia bettola nel corso di tutti questi anni. Di alcuni ne servo ancora il ricordo, di altri invece esso è sbiadito con il trascorrere del tempo. Se non erro vi ho già parlato di Otello e della sua cara moglie ... Dovete perdonarmi ma son ormai vecchio e decadente e la memoria ogni tanto fa cilecca. Anche se, credetemi, mi è impossibile dimenticare i sentimenti che provai dinanzi alla coppia che cercò rifugio quella notte alla mia porta. Non so se anche voi dalle vostre parti adoperate il detto da noi molto diffuso “Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”. Vi dico ciò , signori miei, perché mai un detto si presto tanto bene a descrivere un matrimonio , ma ahimè intendendo esattamente l’opposto! E con questa piccola premessa ( “piccola” direte voi canzonandomi, ma vi giuro che mi sono trattenuto dall’anticiparvi altro ) vi svelo i nomi dei protagonisti della prossima storia: Macbeth e sua moglie. Quella notte sulla nostra isola irrompeva una feroce tempesta, di quelle che fanno tuonare il cielo e che rendono l’aria tagliente più della lama di cento coltelli. Fu proprio di quella tempesta a far giungere alla mia porta quelle due anime, con i loro indumenti fradici e il viso graffiato dal gelo. Il loro modo di fare non era scherzoso o gioviale, come quello degli altri ospiti che in quel momento si accalcavano vicino al focolare lieti del calore che le fiamme gli donavano e del liquido caldo che gli riscaldava la gola, ma taciturno e scostante . Erano ancora avvolti nei loro lanosi mantelli, due figure nere che mal si addicevano al chiarore festoso della stanza, quando mi avvicinai a loro. -Posso offrirvi qualcosa di caldo miei buoni ospiti?- esordì facendo gli onori di casa, -il miglior modo per sopportale questo gelo è avere la coppa colma di un caldo liquore-. Udita la mia voce le due figure sollevarono il capo e solo allora mi resi conto che uno dei due era in realtà una donna! Una bella donna certamente, dai folti capelli e i lineamenti regali, con qualcosa nello sguardo che però mi lasciò mio malgrado sconcertato… Cosa ardeva in quelle pupille? Amore, odio, desiderio? Non mi era dato a sapersi, ma di una cosa ero comunque certo. Qualsiasi cosa bruciasse in quello sguardo l’avrebbe presto consumata! Ma trattenni per me quelle riflessioni miei cari, come era logico fare e attesi una loro risposta. L’uomo al suo fianco mi sembrò di tutt’altro temperamento tuttavia. Certo i lineamenti consunti e provati dal gelo donavano al suo aspetto un non so chè di tetro e spettrale, ma colsi tuttavia nel suo sguardo un luccichio, simile ad una piccola fiammella, di simpatia. Una piccola fiammella, timorosa di mostrare al resto della sala la sua buona natura. Una fiammella esitante, restia, che ipotizzai non sarebbe riuscita a mostrare la sua luce ancora per molto. Gli eventi esterni l’avrebbero presto soffocata. Ma eccola ancora lì però, imperterrita nel voler ancora brillare. C’era ancora speranza di salvarla dalle tenebre che l’avrebbero presto divorata? Non toccava di certo a me tale compito signori miei ma, ipotizzai , toccasse alla figura di donna stagliata al nostro fianco. Ma può un grande incendio ( perché il fuoco di un incendio divorava le pupille di quella creatura ) irruento ed indomabile non sopraffare una piccola fiamma timorosa e traballante? Non credo proprio sia fattibile miei cari. Forse attendeva quest’uomo una qualsivoglia distrazione che lo distogliesse da oscuri pensieri che in quel momento sembravano volerlo divorare? Questo non saprei dirvelo miei cari, ma fu ciò che mi balenò in mente appena i nostri sguardi si incrociarono. -Due wischy, mio buon oste. E di quelli belli forti, che a noi scozzesi solo codesta bevanda riesce a scaldare le membra intorpidite dal freddo.- -Venite da così lontano miei stanchi signori?- chiesi allora io il più gentilmente possibile, vedendolo desideroso di parlare con qualcuno. Era forse quello il suo modo per tenere a bada i pensieri che turbavano il suo cuore? -Si mio zelante locandiere– rispose allora lui con impeto. La fiammella nei suoi occhi brillava più che mai! -Io e il mio valente amico Banquo ( che ahimè non posso presentarvi poichè si congedò dal mio seguito alcuni giorni fa. Vi sarebbe piaciuto. E’ un uomo d’onore come il qui presente! ) ci vantiamo di essere i due bracci destri del buon re Duncan-. Udito quel nome la donna al suo fianco ghignò. Un ghigno piccolo, impercettibile, che l’uomo però colse e che per un secondo fu capace di spegnere la fiammella nei suoi occhi. Non osò però dirle nulla. “Per amore o timore reverenziale ?” vi starete chiedendo certamente voi in questo momento, ma mi dispiace ammettere , miei amati ascoltatori, che a questo non so dare una risposta. Egli continuò però il suo racconto. -Abbiamo da poco sconfitto per lui le forze di Norvegia ed Irlanda ma- e qui si fermò. Sul suo viso apparve un’ombra spettrale, la fiammella nei suoi occhi si oscurò. -Proprio mentre facevamo ritorno alle nostre dimore tre fatucchiere hanno predetto il nostro fato...-. La figura al suo fianco a queste parole si sporse per stringergli mano in segno di sostegno. -Nessun sacrificio è troppo grande se da ciò potrà scaturire qualcosa di più grande- mormorò. La sua voce era dolce e al pari del miglior miele di . Ma ahimè miei signori, quante volte il miele più zuccherato viene adoperato per camuffare le pietanze più insipide? -Nessun sacrificio è troppo grande se le sue ripercussioni cadono su noi che lo abbiamo voluto e non su chi ci sta accanto, mia signora-. La mia risposta era più un pensiero espresso ad alta voce e lei pensò bene di ignorarla. Ma lo sguardo dell’uomo era ormai lontano, perso in una fitta ragnatela fatta di complotti futuri e ricordi passati e mi fu chiaro proprio in quel momento signori miei di avere a che fare, forse per la prima volta in tutta la mia vita, con due anime perdute… Di quelle che nel loro intimo sanno già di esserlo e che magari se ne dispiacciano, ma che non hanno assolutamente intenzione di redimersi. “Che Dio li protegga” pensai allora “e che nessuno debba patire le conseguenze delle loro azioni”. E così mi allontanai dal loro cospetto rispettosamente così come ero venuto, perché ricordatevi sempre miei cari che non si può mai aiutare chi in primis ha deciso di rifiutare la vostra mano e, mi sento di aggiungere inoltre se volete ascoltare il consiglio di un vecchio locandiere pratico del mondo e dei meccanismi che muovono il cuore umano, che molte volte non bisogna neppure provarci. Nota dell'autrice: Ed eccoci nuovamente qui. Sono trascorsi anni dall'ultimo aggiornamento, ma vi giuro che il nostro oste "burlone" ha continuato a "martellare" incessantemente nella mia mente pretendendo che la sua storia fosse continuata. Ed eccola finalmente qui, carica di tante novità e nuovi personaggi! Spero con tutto il cuore di ritrovare i fedelissimi che la seguivano con tanta trepidazione e perchè no anche qualche nuovo lettore! Vi aspetto numerosi nei commenti per scambiare quattro chiacchere in compagnia!

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