La Memoria dell'Acqua

di gratia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La memoria della pioggia ***
Capitolo 2: *** La memoria del mare ***



Capitolo 1
*** La memoria della pioggia ***


CAPITOLO 1. LA MEMORIA DELLA PIOGGIA
 


C’è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo.
(Jim Morrison)
 
 
 
 
 

Sono trascorse ormai due settimane. E ancora, lei non ha pronunciato una sola parola.
 
A volte, mi guarda con quegli occhi così grandi, che sembrano poter contenere tutta la luce del sole.
 
O forse, tutta l’ombra del vento, che soffia sulla nostra terra.
 
Leggo delle ferite in quello sguardo. Lacerazioni dell’anima così profonde, che per sfiorarle, dovrei immergermi in un abisso.
 
La sua vita precedente… Deve essere stata spietata, come gli occhi della sua memoria.
 
Sulla sua espressione colma di paura, vedo due colori…
 
Il rosso del sangue.
 
La trasparenza delle lacrime. E dell’acqua.
 
 
 
 

 
L’oscurità era appena nata ed attraversava con invadenza la finestra, passando tra le tende bianche e morbide.
 
L’invisibile brisa do mar faceva danzare armoniosamente il soffice tessuto di lino.
 
Diego osservava la foresta ormai oscura, al margine della lunga spiaggia che baciava il confine dell’oceano. 
 
Era strano… In quel luogo la notte non era mai vera e profonda.
 
Il cielo era sempre cosparso di miriadi di stelle, che impedivano alle tenebre di ottenere la vittoria completa sulla luce.
 
Immobile accanto alla finestra aperta, lui osservava le foglie della foresta oscillare ritmicamente, in sintonia col respiro del mare.
 
L’aria della notte gli accarezzava il torace nudo, generando lievi tremiti sulla sua pelle.
 
Diego… Non so cosa fare per lei. Non riesce a parlare, a comunicare con me… Con noi. Credo che abbia tanta paura…
 
Le parole di sua zia echeggiavano nella sua mente, ancora scossa da quanto accaduto a Paraisópolis.
 
Il sangue sulla veste bianca…
 
Il verde della divisa del chirurgo… Appena uscito dalla sala operatoria.
 
Abbiamo dovuto asportare la milza, la ragazza ha avuto un’emorragia massiva, ha rischiato la vita.
 
Aveva cercato lui stesso di comunicare con lei… Di avvicinarsi piano, tentando di non intimorirla.
 
La sua bocca però non aveva pronunciato alcuna parola, alcun suono da quando si trovava a casa loro.
 
Madalena osservava tutto e tutti in silenzio, avvolta da una strana aura di tormento e malinconia.
 
Chissà cosa doveva aver vissuto, in quell’inferno in terra…
 
Un soffio di vento più intenso gli inondò il volto ed il torace nudo, facendolo ritrarre dalla finestra spalancata, sulla notte di Praia Branca.
 
Un lampo di luce illuminò a giorno la sabbia e la foresta.
 
Un temporale… Diego attese, poi lo sentì. Ogni lampo era prima o poi seguito da un tuono.
 
Pochi secondi e quel suono possente ed improvviso rimbombò nella stanza.
 
Ci fu una pausa, poi un altro fulmine scese dal cielo sopra Praia Branca.
 
Fu allora che lo sentì… Un suono sottile, discreto.
 
Diego si avviò verso la porta della sua stanza da letto, seguendo il filo invisibile di quel suono.
 
Era… Sì, gli pareva un pianto.
 
Uscì nel corridoio e silenziosamente, si avvicinò alla porta della camera con vista mare.
 
Sua zia aveva voluto darla a lei, perché pensava che l’infinita distesa liquida potesse guarire le invisibili ferite interiori, che quella fragile creatura si portava dentro.
 
La porta era socchiusa, un delicato lamento proveniva dall’interno della stanza.
 
Diego fu attratto da quello che pareva il canto di una sirena… Ma un canto di dolore.
 
La camera viveva della penombra di quella notte di tempesta.
 
Lo sguardo vagò in cerca della ragazza ma il letto era bianco e vuoto.
 
Dalla finestra socchiusa, la pioggia aveva iniziato ad entrare, con impeto naturale.
 
Una figura bianca, seduta in terra, la braccia chiuse sulle sue stesse gambe, in un abbraccio virtuale, teso a proteggere il proprio corpo…
 
E ciò che vi era contenuto.
 
Diego si avvicinò lentamente, temendo di spaventare quella creatura dai contorni sfumati, avvolta da un manto di ombra e dolore.
 
Si chinò, mettendosi alla stessa altezza della ragazza, che continuava a piangere, scossa da lievi tremiti.
 
“Senti dolore?”
 
Madalena alzò lo sguardo. Gli occhi verdi trafissero l’oscurità, mentre il terrore che vi albergava giunse sino a Diego.
 
La ragazza scosse la testa, silenziosamente.
 
“Cosa c’è? Voglio solo aiutarti…”
 
Madalena continuò a fissarlo nel buio della notte.
 
Delle lacrime silenziose continuavano a sgorgare dagli specchi trasparenti, in cui Diego riusciva quasi a guardarsi.
 
Improvvisamente, un potente lampo di luce penetrò nella stanza, seguito dal rombo del cielo infuriato.
 
La ragazzina spaventata si gettò impulsivamente sul petto di Diego, chiedendo tacita protezione.
 
Il giovane percepì il corpo tremante e caldo a contatto con il proprio torace, mentre le lacrime continuavano a sgorgare, libere come una sorgente d’alta montagna.
 
Le mani si mossero, ignare ed istintive, andando a cingere con delicata forza il sottile corpo, ebbro di terrore.
 
“Non devi avere paura… Mai più.” – sussurrò dolcemente, mentre il palpito del cuore accelerato della giovane rallentava, accordandosi con quello di Diego.
 
Madalena si lasciò andare, cullata dal respiro caldo e calmo, che muoveva il torace nudo del ragazzo.
 
Chiuse gli occhi, mentre l’odore buono e pulito di quella pelle candida, le inebriava i sensi.
 
Immagini familiari emersero dal tempo anteriore, trascorso nel buio del fango, della violenza e della fame.
 
Sua madre… Il petto morbido, il corpo profumato che la stringeva quando aveva paura dei temporali.
 
Da quando era volata in cielo, nessuno l’aveva più abbracciata così.
 
Era ancora lui… Il ragazzo alto e gentile. Dallo sguardo pieno di luce.
 
Madalena aprì gli occhi, e cercò quelli che aveva visto ardere nel buio di Paraisópolis.
 
“Non mi lasciare sola.”
 
Diego osservò le labbra muoversi per pronunciare quelle parole, più sottili di un sussurro.
 
Sorrise, accarezzandole lievemente i capelli di seta.
 
Aveva parlato finalmente, dopo due settimane di silenzio, da quando aveva abbandonato per sempre il cielo nero sotto cui era vissuta. Per tutta quella che era stata la sua esistenza.
 
Diego la prese per mano, conducendola delicatamente verso il letto bianco. Si sdraiarono insieme, ricoprendosi di un lenzuolo candido e fresco.
 
Il cielo continuava a ruggire sopra la spiaggia di Praia Branca, ma Madalena smise di tremare.
 
Chiuse gli occhi e si addormentò, sognando la pioggia ed il ragazzo alto e gentile, sdraiato accanto a lei.
 
Per la prima volta dalla morte di sua madre, un temporale ed un caldo abbraccio avvolgevano il suo sonno.
 
Mentre la memoria della sua vita anteriore si confondeva con la freschezza dell’acqua che inondava il mondo, due corpi e due anime dormivano e respiravano insieme.










mada-e-diego









Note dell'autrice

Credo che ognuno di noi abbia ricordi legati all'acqua, che sia l'acqua salata del mare, la pioggia, l'acqua dolce di un fiume o di un lago. L'acqua ha una capacit
à primordiale di donare calma, placare l'animo e fissare nella nostra memoria immagini trasparenti o colorate. In questa raccolta, ho legato momenti importanti dei personaggi di "Bond of Love" a questa liquida entità naturale, capace di circondare il nostro corpo ed i nostri sensi e di trasmettere calore alle creature viventi. In particolare, questa prima shot dedicata alla pioggia è tematicamente correlata al capitolo 35 di "Bond of Love."
Ringrazio la mia beta, OnlyHope, per la gentile ed accurata revisione del testo e per i preziosi consigli di caratterizzazione dei personaggi. Ringrazio altres
ì
 Mari74 e Queen_V_Introspective per le fruttifere disquisizioni sul plot.

Per chi avesse piacere, potete seguire la pagina Facebook che ho creato per postare tutti gli schizzi a matita e le fanart (anche inedite!) di Kaori79. Ecco il link:

Gratia Writer


 

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Capitolo 2
*** La memoria del mare ***


CAPITOLO 2. LA MEMORIA DEL MARE
 
 
 
I pescatori sanno che il mare è pericoloso e le tempeste terribili, ma non hanno mai considerato quei pericoli ragioni sufficienti per rimanere a terra.
(Vincent Van Gogh)
 
 
 
 
 


Ci sono dei momenti della vita che brillano di una luce diversa.
 
Sono attimi in cui si realizza qualcosa di così importante da cambiare per sempre il corso di un’esistenza, come un fiume che incontri una roccia, talmente solida da farlo deviare.
 
Doveva essere un’altra, semplice sera delle lunghe estati di Fujisawa.
 
Invece, qualcosa cambiò per sempre. Il corso della mia vita non incontrò una roccia, bensì il mare aperto.
 
Il mutamento più grande che un corso d’acqua dolce possa subire.
 
Laddove un fiume non sarà più tale, e non vi è più ritorno.
 
 
 
 
Il giorno stava lentamente mutando, sotto la spinta possente del sole, che chiedeva di scendere verso la notte.
 
La macchia corallo creata nel cielo dalla sovrapposizione delle nuvole e della luce morente stava scomparendo.
 
Essa avrebbe presto lasciato spazio al silenzioso torpore di una notte di mezza estate.
 
Eppure, quel giorno la sabbia non era rimasta sola.
 
Una moltitudine di persone si era radunata sull’estesa lingua di terra che lambiva il mare, di fronte alla cittadina di Fujisawa.
 
“Coraggio, andiamo avanti, stanno per iniziare!”
 
Sanae osservò il volto carico di gioia ed emozione di Yukari. Ormai erano due anni che condividevano il momento magico del Tōrō nagashi.
 
Le due amiche si erano trovate quel pomeriggio per bere un tè insieme, e poi si erano incamminate verso la spiaggia, avvolte dai sottili e freschi yukata in cotone.   
 
Quell’anno, Yukari ne aveva scelto uno dai motivi floreali, su base azzurra. Un obi rosso fuoco completava la veste, chiudendosi sulla vita della ragazza.
 
Sanae aveva preferito indossare uno yukata meno vistoso, dalla base blu notte e dagli ondulati motivi marini.
 
Un obi arancio adornava la veste, spiccando incredibilmente sulla pelle opale e sul colore scuro del tessuto.
 
Le ragazze avevano poi raggiunto il confine tra terra e mare, laddove acqua e sabbia si abbracciavano.
 
“Stanno già mettendo i tōrō in acqua! Tocca anche a noi!”
 
Sanae sorrise di cuore nel vedere il volto dell’amica colmo di genuino entusiasmo.
 
Yukari era così, bastava un colpo di vento o una goccia di pioggia per farle percepire la voce della vita.
 
“Aspettami, dove corri?” – esclamò stupita Sanae quando vide la sua amica di sempre avanzare con decisione verso l’acqua.
 
In un attimo, la perse di vista.
 
Erano molte ormai le persone che si accalcavano per avere il loro frammento di mare libero, desiderose di aiutare gli spiriti a raggiungere l’altro mondo.
 
Sanae arricciò le labbra, disegnando inconsapevolmente un’espressione contrariata sul proprio volto.
 
Poi iniziò a guardarsi intorno perplessa. Non sarebbe stato facile ritrovare Yukari tra tutta quella gente…
 
Possibile che facesse sempre di testa sua? Era da tempo che aspettavano di mettere in acqua i loro tōrō insieme!
 
Improvvisamente, qualcuno la superò da dietro, urtandola involontariamente. La ragazza perse la sua lanterna di carta, che cadde a terra silenziosa.
 
Guardò infastidita l’uomo che l’aveva urtata, soffocando dentro di sé l’impulso di fargli notare la sua mancanza di buone maniere.
 
Quindi si chinò per cercare di raccogliere il tōrō, prima che venisse calpestato dalla folla eccitata. Una mano però lo raggiunse prima di lei.
 
Quelle dita… Avevano qualcosa di familiare.
 
Sanae alzò gli occhi e vide un sorriso di luce, che conosceva ormai da due anni.
 
“Ecco il tuo tōrō.”
 
La ragazza rimase immobile per un attimo, osservando il giovane che si stagliava di fronte a lei, oscurando il sole del crepuscolo.
 
Tsubasa… Indossava uno yukata grigio scuro con obi beige a contrasto. Era la prima volta che lo vedeva vestito in maniera tradizionale.
 
Le pareva fosse cresciuto, fosse divenuto più alto…
 
Non era possibile, erano solo pochi giorni che non lo vedeva, doveva essere quell’abbigliamento a confonderla, o forse solo la sua immaginazione.
 
“Allora, non andiamo avanti? Il tōrō aspetta di entrare in acqua!”
 
Sanae annuì in silenzio, mentre figure sconosciute le passavano accanto, cercando di raggiungere il confine marino.
 
Poi successe qualcosa di nuovo… D’imprevisto.
 
Tsubasa le prese la mano, forse nel tentativo di non perdersi tra la folla accalcata sulla spiaggia.
 
Il ragazzo si avviò verso la riva del mare, Sanae si lasciò condurre da quel tocco, che aveva qualcosa di potente e delicato al tempo stesso.
 
Un calore invisibile nacque dal contatto della pelle, penetrò a fondo, fino al sangue che circolava in lei, per poi invadere tutto il corpo, trasportato dal liquido rubro.
 
Era mai accaduto prima? No… Non si erano mai toccati.
 
Anche se il sorriso pieno di sole di Tsubasa era stato come un invisibile contatto, in quei due anni in cui avevano condiviso la stessa passione.
 
Lui era venuto da lontano, da una città che Sanae non aveva mai visto.
 
Aveva iniziato a provare qualcosa negli ultimi mesi durante gli allenamenti, quando il capitano della Nankatsu le passava accanto, o quando lei gli porgeva l’asciugamano.
 
Una sensazione piccola e indefinita, ma diversa da qualunque altra cosa avesse mai sentito.
 
Era indistinta come forma, come calore, ma di una cosa era certa: il colore.
 
Era rossa.
 
Raggiunta la riva, Tsubasa liberò la mano chiara di Sanae. Lei vide il ragazzo chinarsi verso il mare e poggiare il suo tōrō sull’acqua cristallina, invasa dalla variopinta luce crepuscolare.  
 
Poi, la lanterna di carta partì, lasciandosi trasportare dall’invisibile corrente, in mezzo a tanti altri tōrō.
 
Le piccole onde sulla battigia generavano un lieve rumore, che pareva un delicato sussurro.
 
“Sanae, a lezione hanno detto una cosa. I tre grandi suoni elementari in natura sono il rumore della pioggia, il rumore del vento in un bosco e il suono del mare su una spiaggia. Io credo che quello del mare sia il più incredibile, bello e vario.”
 
Pronunciò quelle parole continuando a guardare verso l’orizzonte, ove già decine di tōrō si stavano perdendo per sempre, lungo la strada verso l’altro mondo.
 
Poi si voltò verso di lei, sorridendo ancora.
 
“Coraggio, adesso è il tuo turno! Non vorrai mica far attendere i tuoi spiriti?”
 
Sanae annuì con decisione al capitano.
 
“Certo, non ho alcuna intenzione di farlo!”
 
Quindi si chinò a sua volta e pose il tōrō sulla superficie cristallina e fluida.
 
La luce del crepuscolo si stava lentamente dissolvendo, spinta verso la culla del giorno dalla forza della notte.
 
La ragazza vide la sua lanterna di carta muoversi sulle impercettibili onde di un mare pacificato.
 
Pareva un uccello di luce, che cercasse riposo sulla fresca superficie marina. Lo vide seguire la scia del tōrō di Tsubasa, e continuare ad avanzare, sino a porglisi accanto.
 
Sanae si rialzò in piedi, posizionandosi nuovamente accanto a Tsubasa.
 
Entrambi rimasero senza parlare, ad osservare le proprie lanterne di carta, proseguire vicine verso il mare aperto.
 
Fu lui a spezzare per primo quel silenzio di cristallo, reso più delicato dalla notte appena nata e dalle miriadi di luci che popolavano l’acqua.
 
“Vinceremo anche quest’anno, Sanae. Ce la faremo.”
 
La ragazza guardò il volto deciso e fermo, osservare la linea dell’orizzonte, ove si perdeva lo sguardo.
 
I sottili riflessi dorati delle fioche luci dei tōrō disegnavano arabeschi sulla pelle di Tsubasa.
 
A contatto con quell’immensa entità naturale, Sanae sentì che le due lanterne di carta che proseguivano insieme verso l’orizzonte rispecchiavano il piccolo sentimento che aveva iniziato a vivere in lei.
 
L’immagine dei due tōrō, della luce crepuscolare sul volto di Tsubasa ed il calore delle loro due mani unite…
 
Comprese in un attimo che quelle sensazioni si erano impresse a fuoco nella sua memoria.
 
L’acqua del mare era limpida e avrebbe portato con sé quel segreto ricordo per sempre.
 
 
 
 
  
 
 
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Note dell’autrice
 
La Tōrō nagashi (灯籠流し) è una cerimonia giapponese che consiste nel porre in un corso d'acqua barchette di carta; tōrō è un sinonimo di lanterna in giapponese, mentre nagashi significa "crociera, flusso acqueo". Questa tradizione ha inizio durante l'ultima sera della Festività di Bon ha lo scopo di aiutare gli spiriti a raggiungere l'altro mondo.
 
La Festività di Bon prende luogo tra il tredici ed il sedici di agosto o luglio, in base al calendario a cui ci si attiene: le piccole lanterne di carta bianca indicano i morti dei tempi remoti. Nella tradizione giapponese gli uomini provengono dall'acqua, quindi le piccole lanterne sono le anime dei morti che tornano nel mare, loro genitore.
 
La Festività di Bon collega tematicamente, ad anni di distanza, questa epifania affettiva di Sanae a quella di Tsubasa, presente nei capitoli 27 e 28 di ‘’Bond of Love’’.

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Gratia Writer


 

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