Cinquanta sfumature — la vita di Phoebe e Theodore

di FaNgIrL_97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** FARE I GENITORI... CHE PASSIONE! ***
Capitolo 2: *** SI RIENTRA IN PISTA ***
Capitolo 3: *** INIZIO ***
Capitolo 4: *** SOSPETTI ***
Capitolo 5: *** LEGAMI SPEZZATI ***
Capitolo 6: *** PIANI ***
Capitolo 7: *** PENSA A TE STESSA ***
Capitolo 8: *** MA CHE SUCCEDE? ***
Capitolo 9: *** CASA GREY ***
Capitolo 10: *** BECCATA ***
Capitolo 11: *** UN NUOVO CAPITOLO ***
Capitolo 12: *** LA FAMIGLIA SI DISGREGA ***
Capitolo 13: *** APPUNTAMENTO O MENO? ***
Capitolo 14: *** CONTROLLO PERENNE ***
Capitolo 15: *** VERITÀ ***
Capitolo 16: *** EPPURE... ***
Capitolo 17: *** FESTA D'ADDIO ***
Capitolo 18: *** PARTENZA ***
Capitolo 19: *** GUAI ***
Capitolo 20: *** Cameron Hughes ***
Capitolo 21: *** VICOLO CIECO? ***
Capitolo 22: *** SOSPETTATA ***
Capitolo 23: *** NON TIRARE LA CORDA, PHOEBE ***
Capitolo 24: *** FESTA IN PISCINA ***
Capitolo 25: *** OSPEDALE ***
Capitolo 26: *** AVREI VOLUTO AVERE UNA FAMIGLIA NORMALE ***
Capitolo 27: *** L'AMORE ***
Capitolo 28: *** INCONTRO ***
Capitolo 29: *** AUTOSTIMA? ***
Capitolo 30: *** PARADISO E INFERNO ***



Capitolo 1
*** FARE I GENITORI... CHE PASSIONE! ***


|| CHRISTIAN ||
-Ecco qui.- Sospirai, mettendomi comodo sul divano. -Anche tu mi farai esasperare come tua madre, eh Phoebe?-
La mia bambina aggrottò le piccole sopracciglia continuando a bere il suo latte.
-Già, neanche a me piace litigare con la mamma.- Sospirai. -Ma faremo pace non appena tornerà dal lavoro, d'accordo?-
Phoebe continuò a guardarmi con i suoi stupendi occhioni grigi e mi strinse un dito.
-Non hai proprio intenzione di addormentarti, non è vero?- Alzai un sopracciglio, divertito. -D'accordo mia piccola Miss Grey, hai vinto.- 
Phoebe si staccò dal biberon ed emise un gridolino.
-Okay, okay. Ho capito.- Mi alzai, portandola con me. -Vuoi giocare un po'?-
Presi, con l'unica mano disponibile, il baby-monitor per poter controllare Teddy, che nel frattempo dormiva beato nella sua cameretta —nonostante la febbre— e portai Phoebe nella loro sala giochi. 
-Ti va di giocare con Bugs e Lola?- Le depositai un sonoro bacio in fronte e la misi dentro il box giochi.
Phoebe afferrò il sonaglio e scosse la mano per farlo suonare, sorridendo. 
Di una cosa ero certo: mia figlia adorava la musica. 

La notifica di una mail in arrivo mi distrasse. Presi subito il telefono dai pantaloni.
___________________________________________________
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 10 ottobre 2014 18.02
Oggetto: Ritardo
Christian, Roach mi ha appena avvisata di un inopportuna riunione dell'ultimo momento. Non posso proprio mancare, quindi tornerò dopo cena e tu avrai tutto il tempo per placare i tuoi bollenti spiriti. 
P.s: tutto bene con Phoebe e Teddy? 
P.p.s: non essere essere arrabbiato con me, ti prego. Non ne hai motivo!
-->TUA per sempre Mrs G X

La sua semplice email mi fece sorridere.
"Oh piccola, sei mia eccome." 
___________________________________________________
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 10 ottobre 2014 18.04
Oggetto:Riunioni inopportune
MIA carissima Mrs.Grey mi ricorderò di fare una bella chiacchierata con il vecchio Roach e nel frattempo avvertirò Luke del tuo piccolo contrattempo. 
Che dire? Ho già placato i miei "bollenti spiriti" ma ti sarei ben grato se la smettessi di essere così testarda. 
Teddy dorme tranquillo mentre, al contrario, Phoebe non ne ha nessuna voglia. È così testarda! Mi chiedo da chi possa aver preso.
Aspetterò con ansia il tuo ritorno. 
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings Inc.

Il baby-monitor iniziò a gracchiare, chiaro segno che Teddy stava per svegliarsi. E così, in perfetto tempismo, iniziò a piangere. 
-Okay, principessa.- Sospirai, prendendo Phoebe in braccio. -Andiamo a vedere come sta tuo fratello.- 
-No!- Strillò lei, calciando e cercando di liberarsi dalla mia presa. -Brum brum!-
-Giochiamo dopo con la macchinina, Phoebe.- 
Lei, però, non voleva saperne. 
-Brum brum!- Scoppiò a piangere. 
"Oddio" 
Entrai nella camera di Teddy cercando di calmare Phoebe. Tra lei e suo fratello si era creato un coro. 
-Mr.Grey ha bisogno di una mano?- Gail entrò cautamente.
"Oh, grazie a Dio!" 
-Ti dispiace portare Phoebe di sotto a giocare?- Chiesi. -Non vorrei che prendesse anche lei la febbre.-
-Ma certo.- Gail mi sorrise caldamente e prese in braccio Phoebe. -Su, andiamo a giocare tesoro.-
Anche Gail, così come Taylor, era una vera scoperta. Non esisteva nulla che non sapesse fare e anche con i miei figli era piuttosto brava. Teddy e Phoebe l'adoravano.
-Ehi Ted- sorrisi, prendendo il mio piccolo malaticcio in braccio. -Questa febbre non vuole proprio andar via, non è così?-
Teddy smise di piangere ma continuò a lamentarsi e appoggiò la testa sulla mia spalla. 
-Mamma..- singhiozzò. 
-Tornerà presto.- Gli baciai la testa e lo portai di sotto. 
-Come sta, signore?- Chiese Gail, non appena ci vide scendere. 
-È ancora piuttosto caldo... forse dovremmo chiamare il medico.- 
-Stia tranquillo, Mr.Grey- Gail sorrise con tenerezza. -Ha solo bisogno di riposo e di coccole. Non è così, tesoro?- Sorrise, accarezzandogli il viso. 
Teddy sorrise leggermente ma non accennò a muoversi.
-Pa pa pa pa- Phoebe strattonò la rete del box giochi. 
-Okay.- Sopirai, prendendo anche lei in braccio. 
-Vuole che mi occupi di Theodore, Mr.Grey?- 
-No Gail, non ce n'è bisogno- sorrisi. -Penso che andremo a dormire tutti e tre. Anastasia tornerà più tardi e Phoebe ha già mangiato.-
-Perfetto, signore.- 


-Prometti a papà che dormirai un po'?- Sussurrai a Phoebe, depositandola nel lettone. 
Lei, per tutta risposta, gattonò verso i cuscini e si sdraiò.
-Bravissima tesoro.- 
Mi sdraiai al centro, stando attento a non urtare Teddy che teneva gli occhi aperti a fatica, e feci sdraiare Phoebe accanto a me. 
-Ninna- sussurrò, indicando suo fratello. 
-Shh...- accarezzai i loro capelli. -Dormite.- 


A svegliarmi fu un leggero ronzio. 
Spalancai gli occhi e trovai Anastasia intenta a fotografarmi. 
-Ana- aggrottai la fronte -che cosa stai facendo?-
-Non potevo non immortalare questa scena.- Sorrise con le lacrime agli occhi. 
La guardai confuso e lei mi indicò i due pargoletti, una a destra ed uno a sinistra, che dormivano beatamente. 
-Oh, Ana..- mormorai con voce strozzata. 
-Shh...- disse lei, prendendo Phoebe in braccio che continuò a dormire beata. -Torno subito.-
Poi, quando tornò a prendere Teddy, dopo avergli testato la febbre, lo riportò nella sua cameretta. 
-Mi sei mancata..- mormorai.
-Anche tu mi sei mancato, Mr.Grey- sospirò. -Ma te la sei cavata davvero bene.- 
-Odio litigare con te.-
Lei alzò un sopracciglio con chiaro segno di sfida. 
-Metti a freno la lingua.- La strattonai nel letto e lei emise un grido di sorpresa. -Non ho voglia di litigare.-
-E di cos'hai voglia?- Sussurrò con voce spezzata. 
Le baciai, molto lentamente, il collo. -Oh Mrs.Grey... credo proprio che tu lo sappia.-

                                             *~*~*~*~*~*~*~*~* 

Presi in mano la vecchia foto che ritraeva me, Phoebe e Teddy mentre dormivamo. 
Era incredibile ma, da quella volta, erano già passati quindici anni.
Sorrisi malinconico e sistemai la foto sulla scrivania, insieme alle tante altre. Era difficile ammetterlo, ma i miei due pargoletti erano cresciuti.

|PHOEBE|
-Phoebe scendi subito da quell'albero!- Aveva detto papà, dopo una fatale distrazione.
Ero testarda da piccola. Se volevo fare qualcosa la facevo e, nonostante le ripetute minacce di papà, io non mi arrendevo. 
-Ce la faccio, papà!- Avevo gridato io, continuando ad arrampicarmi sull'albero, invece che ascoltarlo.
-Phoebe fermati!- Sembrava nel panico. -Ti farai mal...-
Non fece neanche in tempo a finire la frase che io mi ritrovai distesa sul prato del parco giochi, con foglie tra i capelli e un braccio rotto. 
Inutile raccontarvi la "moderata" reazione di mio padre e la corsa in ospedale. 
Avevo solo cinque anni, ma ricordo ancora perfettamente l'espressione di papà. Credo che dopo quell'episodio gli abbia fatto perdere una decina d'anni e, la reazione di mamma, che nel frattempo era in gita scolastica con Teddy, non fu da meno a quella sua.
Morale della favola? 
Braccio destro ingessato, qualche livido sparso di qua e di là e un profondo taglio —di cui conservo ancora la cicatrice— nella caviglia sinistra. 
Papà è un uomo... un "pochino" —troppo esageratamente—protettivo. Lo era già da ancora prima che mi rompessi un braccio, figuratevi dopo.
Beh, che dire... per chi non lo avesse capito io sono Phoebe. Phoebe Grey, e sono la figlia di Christian e Anastasia Grey, e questa... questa è la mia storia.





ANGOLO AUTRICE:
Saalve a tutti! 😁
Wow, sono davvero emozionata! Questa è la mia prima storia e, anche se conoscevo già da un po' EFP, ho deciso solo adesso di iscrivermi e pubblicare la mia "storia". La mia è soltanto un'idea, ovviamente, ma spero davvero che voi la apprezziate dandomi, magari, anche dei consigli qui sotto⬇️ Vi sarei riconoscente a vita! 
P.s= secondo voi, a chi potrebbero somigliare, nella vita reale, Teddy e Phoebe da bambini e da adolescenti/adulti? 

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Capitolo 2
*** SI RIENTRA IN PISTA ***


Tossicchiai leggermente non appena trovai mamma e papà intenti a scambiarsi effusioni in sala da pranzo.
-Phoebe- ansimò mamma, scansando bruscamente papà. 
Lui le lanciò un'occhiata che prometteva vendetta, poi mi sorrise sfacciato. 
Alzai gli occhi al cielo e li sorpassai sbuffando. Non era una novità trovarli appiccicati come cozze. Sapevo che si amavano alla follia, e mi faceva piacere, lo giuro, ma che cavolo! Credo che a volte si dimenticassero di avere due figli. 
-Phoebe.- Mi avvertì papà. 
Mi girai verso di lui e alzai di nuovo gli occhi al cielo, poi gli sorrisi caldamente. 
-Si, papà?- 
Mamma rise, ma lui non si divertiva affatto. Amavo farlo impazzire. Aveva questa strana abitudine di rimproverarmi ogni volta che alzavo gli occhi al cielo.
-Buongiorno!- Esclamò Teddy, scendendo le scale e sistemandosi la maglia del pigiama.
-Buongiorno tesoro!- Esclamarono all'unisono mamma e papà. 
Alzai gli occhi al cielo per quella che mi parve la milionesima volta e riempii di panna il mio pancake. Mamma e papà erano così adorabili che mi facevano vomitare. 
-Buongiorno anche a te, Phé.- Sorrise mio fratello, stampandomi un bacio sulla guancia. 
-Buomgionno.- Borbottai, con la bocca piena. 
-Phoebe.- Papà scosse la testa e sospirò. -Non parlare con la bocca piena.-
Lo ignorai. Al diavolo le buone maniere, ero in ritardo. 
-Devo andare.- Sospirai, alzandomi. -Di a Taylor che sarò pronta tra mezz'ora.- 
Non aspettai nessuna risposta e corsi in camera mia.

Avevo passato una meravigliosa estate, ma, come tutte le estati, era volata via davvero troppo in fretta e il noioso periodo scolastico era appena rientrato in pista. 
Legai i miei lunghi capelli castani in un disordinato chignon e feci una doccia veloce. Raggiunsi il mio letto e misi la divisa di scuola. Sciolsi i capelli e li pettinai per un tempo che mi parve infinto, poi conclusi l'opera mettendo un po' di mascara sulle ciglia e del lucida labbra. 
Afferrai la borsa e corsi la piano di sotto.
Mamma, papà e Teddy erano ancora comodamente seduti a fare colazione.
Socchiusi gli occhi e sbuffai. 
-Beh, io vado.- Esclamai, richiamando la loro attenzione. 
-Non dimentichi qualcosa?- Papà alzò un sopracciglio e mi porse la sua guancia. 
Alzai gli occhi al cielo e risi quando mi fulminò con lo sguardo. Gli scoccai un sonoro bacio sulla guancia e lo abbracciai. 
-Ci vediamo dopo, ti voglio bene!- 
Diedi un bacio anche a mamma e a Teddy e corsi fuori da casa. 
Taylor era già in macchina ad aspettarmi.
-Buongiorno!- Trillai, chiudendo la portiera e sistemandomi la gonna. 
Taylor mi sorrise caldamente. -Buongiorno a te, Phoebe. Pronta per il primo giorno?-
-Non ne sono ancora del tutto sicura...- ammisi nervosamente. -Non credo di essere pronta per questo nuovo anno. Sai cosa? Preferirei stare a casa.-
-Già.- Rise, confondendomi. -È quello che hai detto anche il primo giorno della seconda elementare.-
-Davvero?!-
-Oh, eccome!- Esclamò. -Sei scoppiata a piangere non appena mi sono fermato davanti a scuola. Non volevi saperne di scendere dall'auto, così ti sei attaccata al sedile posteriore e ti sei rifiutata di lasciarlo fino quando non avessi rimesso in moto la macchina.- Mi scrutò per un attimo, con un sorrisetto, prima di continuare. -Tuo padre ci ha messo un po' per convincerti che non sarebbe stato poi così terribile andare a scuola. Era nel panico. Sono sicuro che se tu non avessi ceduto avrebbe accettato a portarti a lavoro con lui.- 
-Oh mio Dio!- Scoppiai a ridere. -Taylor, non me lo ricordavo proprio! Però mi immagino già la scena. Anzi, potrei chiamare proprio adesso papà e supplicarlo di non farmi andare a scuola.- 
-Oramai sei troppo grande.- Sorrise per poi fermarsi al primo semaforo. -E poi, te la cavi benissimo in tutte le materie. Non hai nulla di cui preoccuparti. Non sono questi i problemi.- Il suo corpo si irrigidì leggermente non appena pronunciò l'ultima frase. 
-Che vuoi dire?- Indagai. 
-Che non devi preoccuparti.- Ripeté. -Okay?-
-Okay.- Sospirai, lasciando cadere il discorso. -Sophie come sta?-
Nel suo viso si aprì un grande sorriso un po' malinconico. -È difficile non averla intorno, ma lei è felice ed è questo l'importante. A proposito, vi manda a salutare. Dice che le mancate un sacco.-
-Oh, Taylor.- Sorrisi. -Ci manca anche lei a noi.- 
Sophie è la figlia di Taylor. È un "angelo biondo", così come la definisce mia madre. Nonostante fosse più grande rispetto a me e a Teddy siamo sempre stati ottimi amici. Io e mio fratello abbiamo passato l'intera infanzia con lei. Da un paio d'anni, però, aveva trovato lavoro fuori Seattle. Papà ci era rimasto davvero male quando lei aveva rifiutato un lavoro da parte sua, ma era più che contento di sapere che riusciva a cavarsela anche da sola.
Anche Teddy sarebbe dovuto andar via molto presto. Avrebbe frequentato un college a Boston e questo lo detestavo. Amavo mio fratello e non potevo pensare che tra qualche settimana non lo avrei più visto. 
-Phoebe?- Taylor mi destò dai miei pensieri.
Scossi la testa e lo guardai. -Si?-
-Andrà tutto bene, stai tranquilla. Non hai motivo di doverti preoccupare.- Sorrise e, solo in quel momento, mi accorsi che eravamo già arrivati a scuola. -Buona giornata.-
-Grazie mille, Taylor.- Gli sorrisi caldamente. -Buona giornata anche a te.- 
Ebbene sì, ero appena ritornata a scuola, pronta —più o meno— per iniziare il terzo anno di liceo. 
Sospirai un po' abbattuta e mi avviai all'interno dell'enorme cortile e, prima ancora che me ne accorgessi, un tornado di capelli rossi mi travolse. 
-Phoebe!- Strillò Sarah, stringendomi.
Sarah è indubbiamente la mia migliore amica fin dai tempi dell'asilo. È una ragazza fantastica, sempre solare e attiva. 
Non so come riuscisse ad essere così carica tutte le mattine ma lo apprezzavo. Avevo bisogno di un po' di buonumore il mattino presto. 
-Cos'è questa accoglienza?- Risi. -Ti sono mancata così tanto?- 
-Per niente.- I suoi grandi occhi verdi brillarono. -È stata più una vacanza per me, il non vederti.- 
-Invece scommetto che hai passato l'ultima settimana a piangere sul tuo letto.- Sorrisi beffarda. 
-Pff.- Sbuffò lei. -Semmai tu hai passato l'ultima settimana a disperarti per la mia assenza.-
Scoppiai a ridere e l'abbracciai. -Si, hai proprio ragione.- 
-Ho un sacco di cose da raccontarti!- Esclamò, prendendomi per un braccio. -Una in particolare!-
-Mh- mormorai. -Ha per caso a che fare con Alexander?- 
Se Sarah avesse fatto parte di un manga giapponese a quest'ora i suoi occhi sarebbe stati sostituiti da due grandi e grossi cuori rossi. Era impossibile per lei nascondere i suoi sentimenti; scoppiava ogni volta che veniva pronunciato il fatidico nome 'Alexander'. 
-Non puoi capire cosa sia successo!- Quasi urlava. -Mi ha raggiunta ad Amsterdam e... aspetta!- Si fermò così velocemente che non riuscii a bloccarmi in tempo e le finii contro.
-Sarah!- Esclamai ad alta voce. -Non fermarti all'improvviso.- 
-Come hai fatto ad indovinare che si trattava di Alexander?-
-È una domanda seria?- Quasi risi. -Ti ricordi che sei la mia migliore amica, vero?-
-E questo che c'entra?-
Sospirai sonoramente. Alle volte sapeva essere così ottusa! -Sarah, ti sei illuminata come la prima volta che mi hai raccontato del vostro primo appuntamento. Santo cielo, sei la mia migliore amica! Ormai conosco tutte le tue espressioni.- 
-Già, è per questo che mi è impossibile farti una sorpresa.- Borbottò mettendo il broncio. -Ma comunque sia, mi ha raggiunta ad Amsterdam, ti rendi conto? Mi ha chiesto scusa per come mi ha trattata in questi ultimi mesi. Mi ha portata a cena e poi, beh...-
-Okay, fermati.- Risi. -Credo già di immaginare il seguito.- 
Mi sorrise caldamente prima che il suo viso si aprisse in un gran sorriso. -Pronta per questo nuovo anno? Perché io non vedo l'ora di passare tutto il tempo con lui!-
Mi guardai indietro e sospirai. Taylor era già andato via, ovviamente.
-Credo di sì.- 
Non sapevo ancora quante cose sarebbero successe. 
Non avrei mai potuto immaginarlo.


ANGOLO AUTRICE:
Non dimenticate di venire a lasciarmi un vostro parere qui sotto! Grazie a tutti!😊
•I NUOVI CAPITOLI VERRANNO PUBBLICATI DUE VOLTE A SETTIMANA: MARTEDÌ E GIOVEDÌ•

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Capitolo 3
*** INIZIO ***


-Oh, andiamo, Phoebe!- Mi richiamò Sarah.
-Che c'è?- Esclamai, confusa. -Che ho fatto?-
-Hai messo il muso da quando sei arrivata. Neanch'io faccio i salti di gioia per l'inizio della scuola, ma non migliorerai la situazione facendo così.- 
-In realtà- la corressi. -Il muso ce l'ho già da quando mi sono svegliata.-
Sarah alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. -Sei incredibile. Non hai mai avuto problemi a scuola eppure ti lamenti sempre.-
-Ehi! Non è affatto vero!- 
-Si che lo è.- Rispose con un sorrisetto. -Sei insopportabile.-
-Ciao ragazze.- Mormorò una voce fiacca, accanto a noi. -Vi trovo bene.-
Mi girai di scatto e spalancai gli occhi. -Jennifer! Oh mio Dio, ciao!- 
La sua risata spenta mi colpì dritta al cuore.
-Sembri così sorpresa di vedermi.-
-Beh...- mormorai. -Ho provato a chiamarti più volte. Come st...-
-No.- Mi bloccò. -Ti prego, non chiedermelo. Non voglio mentire anche a te. Ti prometto che starò bene, ma per adesso ho bisogno di stare da sola.-
-Certo.- Arrossii. -Scusa, è stata una domanda stupida.-
Lei mi sorrise malinconica. -Scusami tu se ti ho fatta preoccupare non rispondendoti. Non mi sono impiccata o cose del genere, come puoi vedere. Non sono quel tipo di ragazza.-
-Non lo pensavo affatto.- Impallidii. -Volevo solo dirti che se hai bisogno...-
-Lo so. Grazie. Lo apprezzo davvero.- Prese un grande respiro prima di guardarmi negli occhi. Era distrutta. -Beh, ci vediamo in giro. Ciao Sarah.-
-Ciao Jen...- mormorò lei di rimando, completamente spiazzata. -Ma che le è successo?-
La campanella della prima ora iniziò a suonare e mi impedì, quindi, di raccontare a Sarah l'enorme cazzata compiuta da mio fratello. 
-Te lo racconto dopo.- Sospirai. -Andiamo.-
-Le è successo qualcosa con Theodore?- Indagò. -Stava così male! Mi ha spaventata.-
-Teddy l'ha lasciata, Sarah. Dopo ti darò i dettagli.- Sospirai sedendomi al terzo banco della fila centrale.
-Oh, cielo.- Mormorò. 
-Buongiorno ragazzi!- Esclamò il professor Johnson, entrando.
-Buongiorno a lei, professore.- Rispondemmo, alzandoci, tutti in coro.
Per essere un professore d'arte era piuttosto strambo. Si vestiva sempre nei modi meno improbabili ma era sempre dalla parte di noi studenti. Lo adoravo per questo. Era sempre stato il mio professore preferito, fin dal primo anno. 
-Wow- disse, osservandoci. -Vi trovo bene. Tutti molto abbronzati. Tranne lei, Ollie. Lei è sempre bianco come la morte.-
-Non me ne faccio un problema.- Rise lui. -Le ragazze mi apprezzano comunque.-
-Ma davvero? Beh, dipende da... ah, merda.- Digrignò i denti non appena andò a sbattere contro la cattedra. -Chi diavolo ha messo qui questa cattedra?!-
-In realtà è stato lei professore.- Ridacchiò Hanna. -L'anno scorso, non ricorda? Diceva che non le piaceva il fatto che fosse in mezzo alla classe, quindi l'ha spostata.- 
Lui alzò gli occhi al cielo e si sventolò la mano difronte la faccia. -Beh, i tempi sono cambiati.- Spostò la cattedra al centro della classe e ci si sedette sopra. -Spero che abbiate intenzione di lavorare quest'anno, perché abbiamo un sacco di cose da fare.-
-Dipende da che tipo di lavoro vuole farci fare, prof.- Rise Ollie. 
-Il progetto di quest'anno sarà la costruzione di alcune lampade abbronzanti, mr.White- sorrise beffardo. -Che ne dice?-
-Dico che non funzionerebbero comunque.- Ghignò. 
-Ha ragione. Lei è proprio un caso perso.-
-Non è questo che intendevo!- Esclamò, facendoci scoppiare a ridere.  
-Perfetto! Adesso che sono riuscito a togliervi il muso lungo possiamo iniziare.- Il professor Johnson sorrise allegro e si cimentò nel racconto di tutto quello che aveva in serbo per noi quell'anno. 
A discapito di ciò che pensavo, le ore passarono molto velocemente ma, di sicuro, successe poiché quello era il primo giorno di scuola. Ero sicura che già dal secondo saremmo partiti in quarta.
• 
La campanella, segnante l'inizio della pausa pranzo, bloccò la spiegazione da parte della professoressa Duncan. 
-Spero che abbiate dei buoni propositi per quest'anno, ragazzi.- Disse. -Mi aspetto molto da voi. Ricordatevi del test di venerdì. Buon pranzo.- 
-Phoebe!- Logan mi raggiunse al banco, con un gran sorriso. -Pranziamo insieme?-
-Ciao Logan!- Lo salutò Sarah. -Raggiungiamo te e i ragazzi tra un minuto. Io e Phoebe dobbiamo andare un attimo al bagno.-
-Okay...- mormorò lui aggrottando le sopracciglia, chiaramente confuso. -Vi tengo i posti occupati, allora. Non metteteci troppo.-
-Si, certo. Arriviamo subito.- Gli sorrisi riconoscente. 
Non appena si allontanò, Sarah mi prese per un braccio e mi trascinò al bagno delle ragazze.
-Ehi!- Borbottai. -Che fretta hai?-
-Voglio sapere tutto.-
-Sarah, non credere che io sappia molto.- Sospirai. -Si sono lasciati mentre tu sei stata ad Amsterdam. O meglio, Teddy ha lasciato Jennifer mentre tu eri ad Amsterdam.- 
-Questo lo avevo capito anche da sola.- Mi fulminò con lo sguardo. -Ma perché? Insomma, due anni insieme non saranno tantissimi, ma neanche pochi! L'ha per caso tradita?-
-No! Certo che no, Sarah.- 
-E allora qual é il problema? Pensavo l'amasse.-
-Infatti è così.- Sospirai. -Ma lo sai che presto Teddy andrà al college.-
-No!- Spalancò la bocca. -Non dirmi che è perché si trasferirà a Boston che l'ha lasciata!- 
Strinsi le labbra e annuii. -Ovviamente non le ha detto che è questo il motivo, se n'è uscito con una scusa troppo stupida, perfino per lui. Ma lei è ovvio che sospetti che sia questo il motivo. Li ho sentiti litigare un sacco di volte per questo. Jennifer non aspira al college dove andrà Teddy, ma era disposta a seguirlo pur di stare con lui e lui questo non lo accetta.-
-È molto carino da parte sua.- Commentò. -Ma avrebbero potuto trovare una soluzione. Una via di mezzo.-
-Infatti. Ma lui vuole che lei continui per la sua strada. Non vuole rovinarle il futuro e, inoltre, le manca ancora un anno per finire il liceo. Vuole che tutti i suoi sogni si realizzino. Non vuole essere un ostacolo, per questo...-
-Cosa?-
-Le ha detto che tra di loro non funzionava più. Che doveva lasciarlo in pace.-
-E tuo fratello ti ha raccontato tutto questo?-
-Non di sua spontanea volontà. Ho dovuto strappargli le parole dalla bocca e gliel'ho detto chiaro e tondo che è stato uno stronzo, quindi non c'è bisogno che lo dica anche tu. Credimi, anche se con i miei genitori riesce a fingere benissimo sta soffrendo quanto lei, se non di più.-
-Sta soffrendo solo perché non vuole affrontare una relazione a distanza!-
-Beh, si.- Giocherellai con il mio bracciale, evitando accuratamente di guardarla.
-Non dirmi che anche tu sei dalla parte di tuo fratello!- 
-Sarah, ero furiosa come te, all'inizio. Non gli ho più parlato per tre giorni, ma poi ci ho pensato. Jennifer ha sempre sognato di poter entrare a far parte dell'Accademia di danza a New York e Teddy lo sa benissimo che ne ha tutte le capacità per poterci entrare, per questo non può permetterle di seguirlo. Lui non ha mai creduto nelle relazioni a distanza ed è più che sicuro che lei riuscirà a trovare qualcuno alla sua altezza.-
-Okay, okay.- Sospirò lei. -Vista sotto questa luce potrebbe anche aver ragione, ma Jennifer merita di sapere la verità. Le ha spezzato il cuore.-
-È quello che gli ho detto anch'io! Ma sono sicura che alla fine farà la cosa giusta.-
-Spero che Jennifer possa superarla. Mi è dispiaciuto un sacco vederla così.-
-Ha solo bisogno di tempo per superare la cosa e noi la aiuteremo. D'accordo?-
-Certo che sì. Le farò conoscere mille altri ragazzi, migliori di tuo fratello.- Rise.
-Che stupida che sei!- Esclamai. -Forza, andiamo a pranzare prima che Logan ci dia per disperse.- 
-Prima vado a cercare Alexander.- Fece un gran sorrisone. -Vi raggiungiamo subito, d'accordo?- 
-Vi siete già rimessi assieme?- La presi in giro.
-Si, molto simpatica.- Alzò gli occhi al cielo. -Va al tavolo prima che ti prenda a calci.- 
Scoppiai a ridere. -Vado, vado. Sta calma.-  

La mensa, come ogni volta, era strapiena di studenti. Il tavolo dove mi sedevo con i miei amici, però, era sempre lo stesso, con l'unica differenza che mancavano mio fratello e i suoi amici. 
Sospirai sconfitta e andai a prendermi da mangiare. Mentre aspettavo il mio turno ci furono diverse persone che vennero a salutarmi; sembravano tutti così allegri, a differenza mia. 
Pagai per una fetta di pizza con doppio formaggio e una diet coke. Papà avrebbe provato dei sentimenti contrastanti se avesse potuto vedermi. Felice perché mangiavo e arrabbiato perché avevo una fetta di pizza come pranzo. 
Scossi la testa e sorrisi. Chi se ne frega, lui non era lì.
Con la testa tra le nuvole, andai a sbattere –e gli finii proprio addosso— contro qualcuno, rovesciando per terra un insalata, chiaramente non mia.
-Merda- borbottò la vittima, chinandosi per raccogliere il disastro. 
Qualcuno passò accanto a noi ridendo, ma nessuno si fermò. 
-Scusami, mi dispiace tanto! Non ti ho visto.- Esclamai, mortificata. -Ti ricomprerò l'insalata.- 
-Non importa- due brillanti occhi verde-azzurro mi incastrarono. -Colpa mia.-
Mi chinai ad aiutarlo, appoggiando di lato il mio vassoio. 
-Ti sono praticamente arrivata addosso.- Risi. -Non c'è bisogno che tu ti prenda la colpa per me.-
Mi parve di vederlo arrossire ma distolse lo sguardo troppo in fretta per poterlo confermare. 
-Sei nuovo in questa scuola?- Indagai. 
-Si nota così tanto?- Sorrise imbarazzato. 
-No, non credo. È solo che non ti avevo mai visto, prima.- 
-Ah, quindi tu conosci tutti, qui?-
-Più o meno.- Sorrisi. -Tieni.- Gli diedi un paio di monetine. -Non volevo rovinarti il pranzo.-
-No, non ce n'è alcun bisogno!- Esclamò. -Davvero, va tutto bene!-
-Ti prego- misi il broncio. -Ricomprati quel misero pranzo che avevi sul vassoio.-
-Misero pranzo?- Alzò le sopracciglia, sorpreso. 
-Già. Mangi solo un insalata? Mio padre ti avrebbe fatto mangiare con la forza.- 
-Wow- rise. -Vorrà dire che da domani comincerò con la pizza.- Gettò un'occhiata al mio vassoio. 
Scoppiai a ridere e mi alzai. -Come vuoi. Ma io vado pazza per la pizza. Cosa c'è di più buono?- 
-Mh- si alzò anche lui. -Un panino del Mc?-
-Davvero?- Risi. -Suona strano detto da qualcuno che mangia solo un'insalata a pranzo.-
-Okay, okay. Ho capito.- Alzò le mani in segno di arresa. -Non mangerò mai più un'insalata in vita mia.-
-Non ho mica detto questo.-
-Lo so.- Sorrise. -Ma penso che mi darò alla pizza d'ora in poi.- 
Gli sorrisi di rimando, senza dire nulla. 
-Phoebe!- Sarah mi distrasse. -Eccoti, finalmente! Che diavolo stavi facendo?- 
-Ehm...- 
-Vieni al tavolo o no? Ci siamo già persi parte della pausa pranzo.- Lanciò un'occhiata al ragazzo e lui sorrise imbarazzato.
-Ci vediamo in giro.- Mormorò. -Grazie ancora per questi.- Prese le monetine e si avviò al bar. 
-Figurati...-
-Ma chi era?- 
-Un ragazzo nuovo, gli sono andata addosso e gli ho rovesciato il suo pranzo per terra.-
-Molto carino.- Sorrise subdola. -Come si chiama?-
Mi bloccai all'istante e feci caso al fatto che non ci eravamo presentati. -Mi sono dimenticata a chiederglielo.-
-Beh, sono sicura che avrai altre occasioni.- Rise. -Su, andiamo.-
Lo guardai un'ultima volta prima di raggiungere Sarah al tavolo. 
Sorrisi tra me e me, caldamente. Aveva appena preso una fetta di pizza.


ANGOLO AUTRICE:
Per questa settimana abbiamo finito! Spero vivamente che la storia vi stia piacendo e, se è così, vi pregherei di venirmelo a fare sapere qui sotto in modo tale da capire se vorreste che continuassi o meno. 😊
Vi ringrazio a tutti per l'attenzione! 💓

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Capitolo 4
*** SOSPETTI ***


-Ehi, Phoebe!- Mi richiamò Jeremy. -Oggi sei così silenziosa. Mai successo! Ti è morto il gatto?-
Il perché del fatto che tutti volessero sapere con chi ce l'avessi mi irritava. Soprattutto se a chiedermelo era proprio Jeremy. 
Lui era carino. Okay, riformulo: era proprio un fico pazzesco, però era un imbecille violento. Non fraintendetemi, sapeva essere dolce con le ragazze, alle volte, ma in realtà era solo un ragazzo arrabbiato con il mondo intero. Scattava subito per un nulla e nascondeva la sua tristezza dietro a dell'ironia per niente simpatica. Alle volte era proprio pesante. Ma non potevo giudicarlo. Non avevo nessun diritto per farlo, quindi provavo ad essere carina con lui anche quando lui non lo era con me, ma non era facile, specialmente quel primo giorno di scuola. 
-Non capisco come facciate voi ad essere così felici nonostante sappiate dove ci troviamo.- Spiegai per quella che mi parve la milionesima volta. -Tutto qui.-
-Oh, ma certo- rise lui, senza allegria. -La figlia dei ricchi Christian e Anastasia Grey fa i capricci solo perché non voleva tornare a scuola. Ha sempre avuto dei voti brillanti in ogni materia e adesso non vuole sentirne parlare; questo mi fa mettere in dubbio il fatto che tu ti sia merita quei bei voti o meno.- 
-Mi stai accusando di aver corrotto i professori?- Lo sfidai. 
-Non lo so, Phoebe.- Sbatté le mani sul tavolo. -Lo sto facendo?- 
-Brutto figlio di...-
-Phoebe!- Esclamò Sarah, interrompendomi. -Lascialo perdere, okay?-
-No, non è okay.- 
-Che c'è, dolcezza? Vuoi chiamare il tuo paparino e dirgli di sbattermi fuori dalla scuola?-
"Oh, questo è davvero troppo!" Prima che riuscissi a fermarmi afferrai la mia pizza —si, afferrai proprio la mia meravigliosa pizza con doppio formaggio— e gliela lanciai dritta in faccia, centrandola in pieno. 
-Phoebe!- Ripeté seccata Sarah, ma sentivo dalla sua voce che stava cercando di trattenersi dal ridere. 
-Sei solo una bambina viziata.- Grugnì Jeremy, mettendosi in piedi e scaraventando via dal tavolo il mio vassoio. -Fottiti.- 
-Solo se prima sei tu a farlo!- Gli gridai dietro mentre, a grandi passi, lasciava la mensa. 
Molti, se non tutti, degli studenti avevano gli occhi puntati su di me. C'era chi bisbigliava e chi rideva, ma non ci feci caso. Avevo appena sprecato una buonissima fetta di pizza sulla faccia di un idiota.
-Insomma, si può sapere cosa ti prende oggi?- Sibilò Sarah. 
-Ho fame- la ignorai. -Vado a comprare dell'altra pizza.- 
Mi stavo comportando da stupida, Jeremy non aveva tutti i torti. Non avevo nessun motivo per essere così di cattivo umore, eppure lo ero. Ma, la parte peggiore, era che neanch'io riuscivo a capirne il perché e questo mi irritava ancora di più. 
-Gliele hai cantate, Phoebe!- Rise, quella che mi parve essere Bethany. 
-Ottimo lavoro!- Esclamò qualcun altro. -Era ora che qualcuno gli desse una lezione.- 
La mia intenzione però, non era quella di dargli una lezione. Avevo agito senza pensare. Mi sentii un po' in colpa per questo, sembrava che lo avessi umiliato davanti a tutta la scuola. 
-Può darmi una fetta di pizza con doppio formaggio?- Chiesi distratta.
-Mi dispiace, tesoro. L'abbiamo finita.- 
Ovviamente. Figuriamoci se avessi potuto essere fortuna almeno in quello. 
-Ti avrei dato la mia fetta.- Disse una voce dietro di me. -Ma l'ho finita appena prima che tu e quel ragazzo litigaste.-
-Ah, sei tu.- Sorrisi. -Credo che non ci siamo presentati, prima.- 
Lui rise. -Io sono Cameron, Phoebe.-
-Oh...- sorrisi imbarazzata.
-Si, visto che conosci tutti è stato facile sapere come ti chiamassi.- 
-Beh, Cameron- dissi. -Mi dispiace che tu abbia assistito alla scena di me che davo di matto, non so cosa mi sia preso.-
-Te che davi di matto?- Rise. -Wow, non l'avevo vista proprio così.-
-E come l'hai vista?-
-Ho visto una ragazza che non voleva farsi mettere i piedi in testa da un idiota.-
-Io...- arrossii leggermente. "Dannazione!" -Non è esattamente così. L'ho fatto arrabbiare ed era lui ad avere ragione. Non avrei dovuto reagire in quel modo.-
-Mi dispiace che ci sia andata di mezzo la tua pizza, ma credo che tu abbia fatto bene. Non girano molte belle voci su quel tizio.- 
Risi per il suo commento sulla pizza. -È proprio perché so com'è fatto che non avrei dovuto stuzzicarlo. Oh, beh, non importa. Gli passerà. Piuttosto, come fai a sapere che non circolano belle voci su di lui? Credevo di aver capito che oggi fosse il tuo primo giorno.-
-Infatti.- Sorrise. -Ma ho già fatto amicizia con alcuni ragazzi e, beh... diciamo che ho capito che qui si chiacchiera molto.-
-Ah.- Fu tutto quello che riuscii a dire. -Beh, a volte la gente parla senza sapere cosa dice.- 
Lui mi guardò e credevo che avrebbe assunto un'espressione confusa, invece, con mio stupore, mi sorrise. 
-Lo so.- Rispose. -Se la gente sapesse, forse non sarebbe così cinica.-
Mi stupirono le sue parole tant'è che io ne rimasi senza.
-I ragazzi dicono di te che sei una che parla molto, invece. Sai?- Scoppiò a ridere difronte la mia espressione. -Non sembrerebbe, adesso.-
-Oggi non è la mia giornata, suppongo.- 
-E perché?- Chiese. -Se posso saperlo, ovviamente.-
-Vorrei saperlo anch'io- ammisi. 
La campanella segnante la fine della pausa pranzo suonò, impedendo così a Cameron di commentare il mio patetico stato. 
-È stato bello parlare con te, Cameron.-
-Soltanto Cam- disse. -Cameron è troppo lungo.- 
-Okay, Cam- sorrisi. -Immagino che ci vedremo in giro. Spero in momenti migliori.- 
-È stato esilarante vederti lanciare la pizza in faccia ad un ragazzo, Phoebe.- Disse. -Non so se esistano momenti migliori di questo.- 
-Oh mio Dio- scoppiai a ridere. -Ma non volevo farlo!- 
-Come vuoi.- Rise anche lui. -Faccio tardi a storia. Ci vediamo.-
-Certo, scusa se ti ho trattenuto.- Feci un passo indietro. -Ciao, Cam.-
Lui restò fermo a guardarmi per un secondo di troppo, poi si girò e corse fuori dalla mensa.

-Allora?- Mi chiese Sarah.
-Allora cosa?-
-È stato così terribile, come ti aspettavi, oggi?-
-Tu che dici?- Sospirai. -Ho già litigato con Jeremy in questo 'primo giorno', come farò a reggerlo per tutto l'anno?-
-Devi solo ignorarlo, Phoebe. Lo sai com'è fatto, lo conosci da quattro anni! Lascialo in pace.-
-Ma è stato lui a cominciare!- Esclamai. -Si è incazzato per la risposta che gli ho dato, ma se non gli avessi risposto si sarebbe incazzato comunque. Che scelta avevo?-
-Mh... che ne dici di cambiare tavolo per la pausa pranzo?-
-No, non se ne parla! Non cambierò tavolo a causa sua. Sono pronta a litigarci per l'anno intero, piuttosto. O almeno, cercherò di non essere troppo sgarbata.-
-Ecco, così va già meglio.- 
-Buongiorno, Taylor.- Borbottai entrando in macchina. 
-Ciao, Taylor!- Sorrise Sarah. -Mia madre ha avuto dei problemi con la macchina, puoi darmi un passaggio a casa?-
-Buongiorno ragazze!- Rispose lui, prontamente. -Certo Sarah, entra pure.-
-Non preoccuparti, Taylor.- Scherzai. -Possiamo anche lasciarla sul marciapiede. Non merita il passaggio.-
-Sei tu a non meritarlo!- Esclamò lei. 

-Grazie mille per avermi accompagnata, Taylor.- Sarah aprì la portiera.
-Nessun problema.-
-Che ne dici di andare a fare un po' di shopping per placare la tua furia omicida, Phoebe?- 
-Furia omicida?- Risi. -Non credi di star esagerando?- 
-No, per niente.- Scosse la testa. -Dai, non farti pregare. Ti fai lasciare a casa mia tra un'ora o due e andiamo al centro commerciale. Mangeremo lì, d'accordo?- 
-Non ho ancora piena facoltà per decidere.- Le sorrisi dolcemente. -Ma credo che si possa fare.-
-Ecco.- Borbottò. -Tanto i tuoi genitori saranno molto più tranquilli a sapere che con te ci sarà una persona responsabile.- 
-Va via, prima che io cambi idea.- La stuzzicai. 
-Bene. Ci vediamo dopo, ti voglio bene!- Rise. -Ciao, Taylor. Grazie ancora!-
Lui annuì educatamente e, dopo che Sarah entrò in casa, mise in moto. 
-Furia omicida, eh?- Sorrise.
-Stava solo esagerando.- Arrossii leggermente. -Non è andata così male.- 
-Ma dal tuo tono devo dedurre che non è andata neanche così bene?-
-Mi mancano le vacanze- piagnucolai. -Abbiamo già fissato un test per venerdì. Presto verrò risucchiata completamente dalla scuola.- 
-Oh, sono sicuro che sopravviverai.- 
-Già, certo! Grazie mille, Taylor!- 
Lui scoppió a ridere ma, per il resto del tragitto, tutto fu tranquillo. 

-Sono a casa!- Esclamai. 
-Ehilà, Phé!- Mio fratello mi fece un cenno distratto, troppo occupato a giocare con la play.
-Si, ciao.- Alzai gli occhi al cielo. -Dove sono mamma e papà?-
-Papà è nel suo studio, mamma credo che sia di sopra.- 

-Mamma?- Chiesi, dopo aver lasciato lo zaino in camera mia. -Insomma, stai giocando a nascondino?- 
Nessuna risposta. 
Spazientita, passai in rassegna tutte le stanze del corridoio fino ad arrivare a lei: la stanza proibita. Mamma e papà continuavano a ripetermi che era una sottospecie di cantina mai restaurata, ecco perché era sempre chiusa a chiave. Quel giorno però, era stranamente socchiusa.
-Mamma?- Ripetei, avvicinandomi alla porta e afferrando la maniglia. 
Da bambina immaginavo sempre che quella "cantina" si presentasse come un luogo oscuro e fatto di un legno scricchiolante, pieno di topi e ragnatele. Mi aveva sempre incusso terrore, per questo, per quanto fossi curiosa, non avevo mai tentato di entrare. Quel giorno però, sarebbe stata la volta buona.
Lo porta si spalancò bruscamente, facendomi spaventare, ma l'interno era completamente oscuro. 
-Phoebe!- Esclamò mamma, chiudendosi velocemente la porta alle spalle. -Non ti avevo sentita tornare.- 
-Davvero?- Chiesi, incuriosita dalla sua reazione. -Ti avevo chiamata più volte.- 
-Già. Stavo mettendo da parte alcune cose che non usiamo più.- Sorrise leggermente. -Tutto bene a scuola?- 
Feci un passo indietro, per niente convinta. -Si, tutto alla grande. Posso andare a fare shopping con Sarah?- 
-Certo.- Il suo sorriso si ampliò. 
-Bene, grazie. Vado a salutare papà.- 
Non aspettai la sua risposta e corsi giù dalle scale. Non avevo idea di cosa diavolo stesse succedendo, ma la mamma stava facendo qualcosa di sospetto. 
Entrai senza bussare nello studio di papà e lo trovai al telefono. Mi gettò un'occhiata infastidita ma, vedendomi, si riprese subito. 
-D'accordo Ros- disse, guardandomi interrogativo. -Ti lascio carta bianca. Domani concluderemo il tutto. Okay. Fammi sapere.- Agganciò. 
-Potresti anche salutarli, i tuoi dipendenti.- Lo presi in giro. -È maleducazione questa, papà.- 
-Mi sei mancata, tesoro.- Sbuffò lui. 
-A me è mancato di più il letto, sinceramente.- Brontolai. -Posso restare a casa, domani?- 
-E perché mai?- Chiese sorpreso. -È successo qualcosa a scuola?-
"Ecco che comincia." Alzai gli occhi al cielo e scossi la testa. -Nulla di particolare.- Mentii. -Posso andare a fare shopping con Sarah, più tardi?- 
Papà aggrottò le sopracciglia, chiaramente confuso, e poi annuì. -Sei sicura che vada tutto bene?- 
-Si.- Lo abbracciai. -Mi è mancato poter dormire fino a tardi tutto qui. Ora vado a mangiare, muoio di fame. Ci vediamo dopo.-
-Aspetta, aspetta, aspetta!- Esclamò. -Perché muori di fame? Non dirmi che non hai mangiato a pranzo.- 
-Infatti non te lo dico.- "Beccata!" 
-Phoebe!- Incrociò le braccia al petto. -Vuoi che mi assicuri che Taylor controlli che mangi a pranzo? Sai come mi sento quando non mangi.-
-Non succederà più.- Gli scoccai un sonoro bacio in guancia e mi avviai alla porta. -Posso chiederti una cosa?-
Il suo sguardo severo lasciò posto a quello interrogativo. -Certo.-
-Cose c'è in cantina?-
-Cianfrusaglie, lo sai...- mormorò, ma mi parve sbiancare. -Perché me lo chiedi?-
-Così. Niente di particolare. Beh, io vado. A dopo.- Uscii dal suo studio e mi chiusi la porta alle spalle. 
Forse stavo impazzendo ma, dopo sedici anni, iniziavo a dubitare che dietro quella porta ci potesse essere la "cantina". Mamma e papà nascondevamo qualcosa.

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Capitolo 5
*** LEGAMI SPEZZATI ***


-Phoebe, inizio seriamente a preoccuparmi.- Sospirò Sarah. -Insomma, oggi sei stata di cattivo umore tutto il giorno, hai litigato con Jeremy per un nulla e adesso te ne esci con questa storia che ci sia una stanza segreta a casa tua?- 
-Intanto- precisai. -Non ho litigato con Jeremy per 'un nulla'- scandii bene le parole. -E poi, si, me ne esco con questa storia. Te lo giuro, Sarah! Fin da piccola credevo che quella stanza fosse una sottospecie di cantina, ma i miei genitori erano troppo strani oggi!- 
-Ma magari ti stanno preparando una sorpresa!-
-E per cosa?- La sfidai. -Natale è fra tre mesi e per il mio compleanno ci vuole ancora un'eternità. Quindi, esattamente, per cosa mi starebbero facendo un sorpresa?- 
-Ci deve essere per forza un motivo?- 
-Per una cosa così grande? Direi di sì, ma non c'è.-
-Oh, Phoebe. Ma che t'importa? Insomma, credi che nascondano un cadavere, lì dentro?-
-Certo che no, stupida.- Sospirai. 
-E allora smettila di farti tutte questa paranoie.- Disse, mettendosi gli orecchini. -Anche nel caso in cui lì dentro non ci sia ciò che tu credi che ci sia, non vuol dir...-
-Ciò che loro hanno voluto che io credessi che ci fosse.- La corressi. 
Lei sospirò sonoramente. -Okay. Anche nel caso in cui lì dentro non ci sia ciò che i tuoi genitori hanno voluto che tu credessi che ci fosse, ciò non vuol dire che tu debba preoccuparti. Saranno cose loro, lascia perdere.- 
-Cose loro?- Esclamai, sempre meno convinta. -E che cosa potrebbe esserci mai di così brutto, lì dentro, da non lasciarlo vedere né a me né a Teddy?- 
-Ti avevo detto di lasciar perdere!- 
-Non ci riesco!- Risposi a tono. -Non ora che mi hanno praticamente confermato che quella non è una cantina.-
-Beh, ma anche tu, Phoebe- ridacchiò. -In sedici anni di vita non ti è mai sembrato strano il fatto che avessi una cantina al secondo piano, dove stavano tutte le camere da letto?- 
-Non ci avevo mai fatto caso, suppongo. Non ci pensavo proprio.- 
-Okay, ma adesso che sospetti tutto questo che vuoi fare? Entrarci quando i tuoi non ci sono? Ti scoprirebbero subito, lo sai che succederebbe.- 
-No. Non se lasciassi tutto in ordine. Dovrei solo entrare, vedere e uscire.- Pensai. -Non se ne accorgerebbero.- 
-Ma perché ti interessa così tanto? Insomma, se non vogliono mostrarvi cosa c'è lì dentro un motivo ci sarà. Magari- aggiunse con un'aria maliziosa. -Nascondono i loro giocattoli erotici.- 
-Oh mio Dio, Sarah!- Scoppiai a ridere. -Non dirlo neanche per scherzo, sarebbe...- 
-Cosa? Il tuo sogno?- 
-Bleah!- Chiusi gli occhi al solo pensiero che mia madre e mio padre... -No, certo che no! Sai cosa? Hai ragione non sono affari miei. Non voglio sapere.- 
Lei scoppiò a ridere e mi abbracciò. -Un po' di sano shopping ti farà più che bene, ma sono sicura che domani andrai comunque a vedere cosa c'è di tanto importante lì dentro.- 
-No, non credo.- Risi leggermente. -Mi farò gli affari miei.-
-Come no.- Alzò gli occhi al cielo. -Bella questa. Come se non ti conoscessi. Su, andiamo Pinocchio, prima che mio padre decida di lasciarci qui.-

La serata passata a fare shopping fu davvero come una medicina per il mio strano umore. Mamma odiava lo shopping, quindi, il più delle volte, io andavo con mia zia Mia, la quale, al contrario di mia madre, ne andava pazza. Credo di aver preso l'amore per questo "sport" da lei. 
Comunque sia, grazie a questa miracolosa cura, tornai a casa leggera e senza pensieri.
-Bentornata, Phoebe.- Mi sorrise Luke, che era di guardia alla porta d'entrata. 
-Ehm... grazie- mormorai. -Mi aiuteresti con le buste, per favore?-
Lui sorrise e si avvicinò ad aiutarmi. -Hai svaligiato un intero centro commerciale, per caso?- 
-Se lo avessi fatto- risi. -Non avrei messo così in evidenza le buste, non credi?- 
-Porca puttana, Phé!- Rise mio fratello, vedendomi. -Spero che tra tutte quella buste ci sia qualcosa anche per me!-
-Noi due dobbiamo parlare.- Socchiusi gli occhi. -E non ci provare neanche a fuggire.-
-Di nuovo?- Sospirò. -Lo abbiamo già fatto. Io ti ho detto la mia e tu la tua. Cos'altro devi dirmi?-
Luke si era già dileguato quando mi girai, così presi una dozzina di buste e le piazzai fra le braccia di Teddy. 
-Intanto mi aiuti con queste. Mettile pure per terra, nella mia stanza.- Gli sorrisi con dolcezza.
Lui sbuffò. -Cos'è, adesso non si chiede neanche 'per favore'?-
-Su, meno chiacchiere.- Lo sorpassai. -Andiamo.- 
Dopo che appoggiò tutte le buste sul pavimento, vicino la porta, lo invitai a sedersi sul mio letto.
-È una cosa lunga?- Sospirò. 
-Teddy, sta soffrendo davvero tanto anche Jennifer.- 
-Mi dispiace, ma questo non posso evitarlo!- Esclamò irritato. -Ma le passerà, okay? Questo non è nulla in confronto al vedersi tutti i sogni ambiti da una vita, distrutti.- 
-Su questo siamo d'accordo. Ci ho riflettuto e ho capito che lo stai facendo solo perché ci tieni davvero tanto a lei.-
-E allora qual è lo scopo di questa conversazione?- 
-Potresti farla soffrire un po' di meno, Teddy.- 
-Non cominciare, Phoebe.- Disse, iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza. -Tu non puoi capire, tu non sai...- si bloccò un attimo, passandosi le mani tra i capelli. -Non possiamo... non posso farle questo.- 
-Lo so, ma non è giusto che tu le abbia detto che tra di voi non funzionava più! Che tu abbia perso interesse per lei; dopo due anni, tra l'altro.-
-Abbiamo già avuto questa conversazione, Phoebe.- Ringhiò. -Lo sai benissimo che se le avessi detto che volevo lasciarla solo per non infrangere i suoi sogni non me lo avrebbe mai permesso.-
-Ma la decisione dovrebbe spettare a tutti e due, non soltanto a te!-
-Non se tra due persone ce n'è solo una che cerca di ragionare!- Rispose a tono. -Tu non puoi capire, Phoebe. Lascia perdere, cazzo!-
-Non posso lasciar perdere!- Gridai. -Non voglio dover andare a scuola, ogni giorno, e ritrovarmela ogni volta peggio! perché tu non l'hai vista, Teddy. Non l'hai proprio vista.-
Mio fratello prese un profondo respiro, probabilmente per evitare di dire vagonate di cose poco carine nei miei confronti. 
-Questi sono problemi miei, okay?- Disse. -Voglio che tu ne stia fuori, Phoebe. Se vuoi continuare ad essere amica con Jennifer, fa pure. Ma evitate di parlare di me. Smettila di preoccuparti. Lasciaci in pace. Non staremo così per sempre.- 
-Volevo solo aiutarvi, Teddy...- 
-Io non lo voglio il tuo aiuto!- Alzò lo voce. -Pensa a risolverti i tuoi di problemi, Phoebe. A quelli miei ci penso io!- Concluse, sbattendosi la porta alle spalle e lasciandomi sbigottita.
Solo quando mi si infiammarono i polmoni mi ricordai di respirare, e fu allora che mi ripresi. 
In tutta la mia vita non avevo mai visto mio fratello così arrabbiato; mai. Era stato uno shock, inutile dirlo. Era avvenuto tutto così velocemente... tanto da sembrarmi surreale, ma troppo vivido per poter pensare che non fosse mai accaduto o che fosse solo un frutto della mia immaginazione. Così rimasi lì, semplicemente immobile, senza sapere cosa dovessi fare.

Quando, come ogni mattina, la mia sveglia suonò, il mio umore andò a farsi benedire. In fondo, cosa c'era di meglio che lo svegliarsi con l'umore fin sotto i piedi? 
Almeno, a farmi compagnia, c'era il tempo. Nero esattamente come me. Avevo sempre adorato quelle giornate, ancora di più se piovose ma, quel giorno, in particolare, il nero mi infastidiva. Provavo un freddo quasi inspiegabile e il nero del cielo non aiutava a riscaldarmi. Ma era tutto okay, mi ero detta, avrei chiesto scusa a Teddy e tutto sarebbe tornato come prima. 
-'Giorno- mormorai, raggiungendo la sala da pranzo. 
Stranamente, non trovai i miei genitori appiccicati l'uno a l'altro come ogni mattina. Stavano solo facendo colazione.
-Buongiorno, tesoro!- Sorrisero entrambi. 
-Dormito bene?- Chiese mamma. 
-Ho avuto nottate migliori.- Confessai. -Ma recupererò tra i banchi di scuola.-
-È successo qualcosa che dovremmo sapere, con Theodore?- Chiese mio padre, senza girarci intorno.
Alzai lo sguardo e gli occhi grigi, preoccupati di papà mi fecero vacillare. -Perché me lo chiedi?- 
-È uscito questa mattina presto, ha lasciato detto di non aspettarlo a pranzo. Nient'altro. È successo qualcosa, tesoro?-
Teddy non aveva ancora annunciato, né a mamma né a papà, di aver lasciato Jennifer, quindi, di certo, non spettava a me dirglielo. Non potevo permettermi di peggiorare la situazione. 
-Non lo so.- Distolsi lo sguardo. -Perché lo chiedete a me?-
-L'ho visto uscire piuttosto...- mamma si bloccò un attimo, riflettendo. -Mh... arrabbiato ieri, da camera tua.- 
-Si, beh, avevo preso in prestito la sua macchina fotografica, perché la mia ha la memoria piena, e lui si è arrabbiato. Sapete com'è.- Risi nervosamente. -Gli passerà presto.-
-Memoria piena?- Chiese papà. 
Di solito me la cavavo bene con le bugie ma, quella volta, non riuscii a formularne una decente. Faceva così schifo, come bugia, che neanch'io mi sarei creduta se fossi stata al posto loro.
-Devo andare.- Mi alzai prima che potessero continuare con il loro interrogatorio. -Vado da Sarah dopo scuola, ma tornerò per cena.- 
-Non puoi far venire lei qui?- Chiese la mamma. -Lo sai che è la benvenuta.- 
-Certo, ma magari un'altra volta.- Sparii tra le scale.

Quando Taylor mi lasciò davanti l'ingresso della scuola mi sentii peggio che mai. 
-Wow!- Disse una voce stupita, che riconobbi dietro di me. -Quella sì che è una macchina!-
-Ciao anche a te, Cameron.-
-Soltanto Cam, ricordi?-
-Okay. Ciao soltanto Cam.- Risi, prendendolo in giro. -Tutto okay?-
-Beh, dipende da come andrà oggi. Ci offrirai un'altro spettacolino, durante la pausa pranzo?-
-Non te ne dimenticherai mai, vero?- 
-Probabilmente no.- Confessò, ridendo. -Ma chi lo sa. In fondo è successo solo ieri. Potrebbe succedere qualcosa di più esilarante ma, come ti avevo già detto, dubito che capiti.-
-Come no.- Alzai gli occhi al cielo. -Non mi conosci per niente.-
-Mi stai dicendo di aspettarmi altre belle scenette?- 
-Qualcosa del genere.- Accennai un sorriso. -Ma non oggi. Per un po' sarò in modalità off.-
-Che peccato.- Commentò, lanciandomi un'occhiata. -Ma st...-
Sarah arrivò come una furia verso di me, impedendo a Cameron di dire ciò che stava per aggiungere. 
-Phoebe!- Mi afferrò per le spalle. -Non puoi capire cosa sia successo!-
-Sono sicura che me lo spiegherai.- Risposi, ironica.
Lei aprì subito la bocca per parlare, ma non uscirono parole. Il suo sguardo si spostò verso Cameron e, non appena si accorse della sua presenza, spalancò gli occhi. 
-Sai cosa?- Iniziò a ridere nervosamente. -Posso raccontartelo dopo. Mi sono ricordata di dover parlare con un professore, scusa! Ci vediamo in classe!- E così, come arrivò, se ne andò. 
-Ehm...- Cam si grattò la testa, chiaramente confuso. -Cos'è successo?- 
-Non ne ho completamente idea.- Ammisi, scoppiando a ridere. -Mi ha colta alla sprovvista.-
-Forse voleva parlarti da sola.- 
-Oh, beh, non importa- gli sorrisi. -Me lo racconterà sicuramente dopo.-
Lui sorrise a sua volta e mi accompagnò al mio armadietto, dove, ad aspettarmi, c'era un ragazzo. 
-Teddy- mormorai, bloccandomi. Cam si bloccò insieme a me e mi guardò confuso. -Che ci fai qui?-
Teddy uccise —letteralmente— Cameron con gli occhi e lui si strinse nelle spalle un po' intimorito, ma captò il messaggio.
-Comincio ad andare in classe, Phoebe. Ci vediamo dopo?-
-Si.- Risposi automaticamente, ma in realtà non lo stavo già più ascoltando. 
-Chi era quello?- Chiese, non appena Cam se ne fu andato.
-Che ci fai qui?- Ignorai la sua domanda. 
-Già, che ci fai qui, Theodore?- Jennifer mi affiancò e riuscii a percepire dalla sua voce la tensione, ma mi parve di sentire anche un po' di rabbia. 
Teddy sbiancò leggermente ma si ricompose subito. -Sono venuto per mia sorella.-
-Qui a scuola?- Chiese lei, drizzandosi. -Vivete ancora insieme o sbaglio?- 
-Jennifer, per favore.- 
-Per favore, cosa?- Scattò lei. -Ho afferrato il messaggio, ti ho stancato. Ma per favore, non farti vedere qui a scuola dopo tutto quello che mi hai detto. Qualsiasi cosa dovevi dire a Phoebe potevi anche aspettare.-
-Io non...-
Lei fece un paio di passi per avvicinarsi a lui, per poi guardarlo negli occhi. -Credevo mi amassi.- Sussurrò. -Ti ho aperto il mio cuore e tu me lo hai distrutto. Non ti perdonerò mai per questo, Theodore.-
Per quanto mio fratello cercasse di non far trasparire le sue emozioni, riuscii comunque a vedere quanto quelle parole lo avessero ferito. Mi dispiaceva pensarlo, ma se l'era cercata lui. 
-Ti prego, non farlo.- Mormorò. -Non qui.- 
Lei fece dei passi indietro a quelle parole. -Questo è tutto quello che hai da dirmi?- Gli occhi le si inondarono di lacrime. -Vai al diavolo, Theodore!- Esclamò, correndo via. 
Lui non la seguii. Rimase appiccicato al mio armadietto. 
Diversi studenti avevano assistito alla scena e, ora, c'era chi sussurrava e chi lanciava occhiate e a me e a mio fratello.
-Phoebe- disse poi, finalmente.
-Non so cosa diavolo ti stia frullando in testa, Theodore. Ma non puoi venire qui e pensare di risolvere tutto.- Non feci troppo caso al fatto che stavo per regalare a tutti un'altra scenetta. -Mi dispiace se mi sono preoccupata per te, non lo farò più, stanne certo. Ma sappi che Jennifer aveva ragione. Devi andare al diavolo, Theodore.- Lo sorpassai come furia, diretta al bagno. 
-Phoebe, ti prego!- Lo sentì gridare.
Il buco nel mio petto si espanse mentre cercavo di seminarlo. Andai più veloce per poi rifugiarmi insieme a Jennifer nel bagno. Era assurdo che dovessi soffrire anch'io per la loro separazione, eppure era così, così  dannatamente doloroso.

ANGOLO AUTRICE:
Salve a tutti! Mi scuso immensamente per aver saltato l'aggiornamento del giovedì ma, purtroppo, ci tengo ad informarvi che gli aggiornamenti saranno cambiati. Invece che due capitoli a settimana sarò costretta a pubblicarne uno, poiché non ci arrivo con i tempi. Come ben sapete, soprattutto per chi frequenta ancora la scuola come me, si sta avvicinando il periodo natalizio, quindi, tra verifiche orali e scritte, mi viene mooolto difficile trovare del tempo per poter portare avanti anche questa storia. Spero possiate capirmi! Cercherò di pubblicare comunque un capitolo a settimana. Portate pazienza!
Un bacio😘

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Capitolo 6
*** PIANI ***


|POV'S CHRISTIAN|
Solo quando Ros disse: -E quindi abbiamo assunto tua moglie.- ritornai nel pianeta terra, lontano dai miei infondati —speravo— pensieri. 
-Avete assunto mia moglie?- Chiesi. -Che diavolo dici, Ros?-
-È da mezz'ora che parlo ad uno stoccafisso. Dovevo pur trovare un modo per riportarti qui, non credi?-
-Uno stoccafisso?- Feci un sorrisetto. -Davvero?-
-Già.- Borbottò. -È da quando sei arrivato che ti vedo tra le nuvole. Qual è il problema?- 
-Sono solo preoccupato per Theodore.-
-Solo perché è uscito prima di te?- Chiese. -Non puoi controllarlo costantemente, Christian. Non è più un bambino, e lo stesso vale per Phoebe.-
Il perché del fatto che stessi parlando delle mie preoccupazioni a Ros, non lo avevo capito neanch'io. Ma il comportamento di Teddy e Phoebe mi aveva insospettito non poco. 
Vent'anni fa non mi sarei mai immaginato di ritrovarmi qui, amato da una famiglia meravigliosa. Eppure era successo. Anastasia era riuscita a portarmi alla luce, fuori dell'abisso che viveva dentro di me e mi aveva regalato due splendidi gioielli: i miei figli. Non l'avrei mai ringraziata abbastanza per questo, lo sapevo, ma stavo mettendo tutte le forze che avevo per crescere Teddy e Phoebe al meglio. Nessuno però, mi aveva detto che sarebbe stato così complicato, soprattutto da adolescenti. Era strano vederli un giorno felicissimi e il giorno dopo arrabbiati con il mondo intero. Quella volta però, la situazione era diversa. Mai successa prima. Ero pronto ad affrontarla? Beh, dovevo. Lo dovevo a loro. Non gli avrei permesso nemmeno per un attimo di soffrire, questo era più che sicuro.

|POV'S PHOEBE|
-Jennifer...- appoggia la testa sulla porta del bagno. -Non avevo idea che mio fratello sarebbe stato tanto stupido da venire qui. Non ho idea di cosa gli stia succedendo.-
Lei aprì la porta e avanzò verso lo specchio senza guardarmi. -Ha chiarito di non provare più nulla per me, eppure viene qui e mi tratta come se tra di noi non ci fosse mai stato nulla.- Mormorò. -Che cosa gli avrò mai fatto di male, Phoebe?-
-Tu non hai fatto nulla!- Esclamai. -È solo che i ragazzi spesso agiscono senza pensare a fondo.-
-Ma credevo che Theodore non fosse uno di quei ragazzi!-
-Infatti non lo è!- Continuai a difenderlo, nonostante tutto. -Ti prego, non arrenderti con lui.-
-Come puoi chiedermelo?- Spalancò gli occhi. -C'eri anche tu in corridoio! Lo hai visto come mi ha trattata! Mi sono fatta umiliare da tutti per lui, e lui mi ha liquidata come se nulla fosse.-  
-Non è così...-
-Phoebe- mi bloccò. -Capisco che lui sia tuo fratello, ma pensavo che almeno tu potessi capire, che la pensassi come me.-
-Abbiamo litigato un sacco, per questo! Credimi, ti prego!-
-E allora perché mi dici di non arrendermi?- Bisbigliò. -Non voglio che mi spezzi il cuore ancora una volta. Ha già chiarito di essersi stancato di me.-
La voglia di raccontarle la verità era davvero troppa, ma, anche se avevo detto cose orribili a mio fratello e, anche se ero ancora dannatamente arrabbiata con lui, non potevo rivelargliela io al posto suo. 
-Ho solo diciassette anni- disse, improvvisamente. -Insomma, io forse la sto facendo un po' troppo tragica. Sono troppo giovane per queste cose! Sono stata innamorata ed ora è finita. Capita a tutti, no? Andrò avanti e dimenticherò tutto.-
-Non la stai facendo tragica- mormorai. -Hai tutto il diritto di soffrire, Jen.- 
-Non posso farne una colpa a tuo fratello se ha perso interesse nei miei confronti, Phoebe.- Sorrise leggermente. -Però lo credevo diverso, questo devo ammetterlo. Poteva anche evitare di trattarmi in quel modo. Era così freddo e distante...- si bloccò un attimo, come stesse ricordando il momento. -Non sembrava neanche lui. È stato un estraneo per me, in quel momento.- 
Abbassai lo sguardo per impedirmi, ancora una volta, di raccontarle tutto. 
-Ehi, va tutto bene!- Squittì, prendendomi le mani. -Io e te continueremo ad essere amiche, okay? Non voglio che tu sia triste per questo. È una cosa mia e di Teddy, tu non c'entri.- 
Non aveva idea di quanto si sbagliasse. Ormai c'ero dentro eccome, ma ovviamente non glielo dissi. Le sue parole però, mi resero ancora più triste di quanto potessi mai immaginare. Lei stava attraversando una rottura e stava lì, nel bagno delle ragazze, a consolare me? 
-Phoebe, ti prego, dì qualcosa.- 
-Continueremo ad essere amiche.- Sorrisi, sperando che questo la confortasse. -Questo non cambierà.-
Vidi una leggera scintilla di gratitudine nei suoi grandi e feriti occhi verdi. -Okay.- Sorrise. -Credo di averti fatto perdere la prima ora.-
-Non importa...- il suo tentativo di nascondere il dolore mi spezzava il cuore. Innamorarsi e poi essere lasciati faceva veramente schifo. -Recupererò durante la seconda.- 
-Io torno a casa.- Disse e, non appena alzai di scatto la testa, rise leggermente. -Ho solo bisogno di una bella doccia e di una dormitina. Domani sarò perfetta per un nuovo inizio.-
-Un nuovo... inizio?- Tentennai. 
-Già.- Mi abbracciò velocemente. -Quindi non preoccuparti. Ti manderò un messaggio questa sera per farti sapere che sto benissimo.-
-Aspetta, posso venire con te.-
-Non se ne parla.- Sorrise. -Non puoi marinare il secondo giorno di scuola.- 
-Si, ma...-
Lei mi diede un bacio in guancia. -Sapevo che avresti capito! Ci sentiamo dopo, ti voglio bene!- Detto questo, uscì come un fulmine dal bagno. 
Mi lasciai scivolare giù, sul pavimento, e mi presi la testa tra le mani. Come cavolo ero finita in quel casino, mi chiesi? 
Io e Jennifer avevamo passato una trentina di minuti, si e no, in quel bagno e, nel corso di tutto quel tempo, il mio telefono non aveva fatto altro che vibrare. 34 nuovi messaggi da Teddy, ovviamente. 
Non feci neanche in tempo ad aprirne uno che il telefono iniziò a squillare, con l'unica differenze che, a chiamarmi, non era mia fratello, ma mio padre.
Sbuffai alzando gli occhi al cielo. "E adesso cosa c'è che non va?" 
-Papà.- Risposi, cercando di assumere una voce che non destasse sospetti. 
-Phoebe- percepii un senso di sollievo da parte sua. -Dove sei?-
-A scuola.- Aggrottai le sopracciglia. -Dove pensi che potrei essere?- 
-Non lo so.- Ammise. -Ma risulti assente.-
-Lo so.- Era inutile cercare una scusa, non ne avevo le forze. -Ho saltato la prima ora, mi dispiace.-
-Perché? Cos'è successo?- Percepii immediatamente il suo 'stato di preoccupazione'. -Ti senti male? C'è qualcuno con te? Dico a Taylor di farti venire a prendere?-
-Papà!- Sbuffai. -Prima dovresti lasciarmi parlare, non credi?- 
-Hai ragione, scusa. È solo che sei stata di un umore strano in questi giorni, mi sono preoccupato. Che c'è che non va?-
-C'è che devi smetterla di controllarmi costantemente.- Alzai gli occhi al cielo. -Non sono più una bambina.- 
-Lo sei per me.-
-È ora che tu cambi opinione, allora.- 
-Phoebe.- Mi avvertì. -Stai sviando il discorso.-
-Non è vero!-
-Si che lo è. Rispondi. Cosa c'è che non va?-
Restai un minuto di troppo a pensare a cosa avrei dovuto rispondere ma, con mia somma sorpresa, non riuscii ad inventare nulla. 
-Phoebe!- Esclamò papà. -Insomma, vuoi parlare o no?- 
-Non saprei da cosa cominciare.- Ammisi.

|POV'S CHRISTIAN|
-Non saprei da dove cominciare.- 
Il mio cuore sprofondò nel petto. Com'era potuto succedere? Ero stato davvero così disattento da far sì che succedesse qualcosa ai miei figli? Proprio quando, tra l'altro, avevo promesso che non li avrei mai fatti soffrire?
-Tesoro- presi un bel respiro di incoraggiamento. -Qualsiasi cosa sia successa, dilla e basta. Non preoccuparti. Ti prometto che sistemeremo tutto.-
Riuscii a percepire la sua risata nervosa dall'altro capo del telefono e così, in preda all'ansia, iniziai ad andare avanti e indietro per tutto l'ufficio.
-Ma è proprio questo il problema, papà.- Sussurrò. -Non posso dirtelo. Non riguarda me.-
Se prima ero confuso, in quel momento non so spiegare in che stato mi trovavo. -Che vuol dire che non riguarda te? Phoebe che succede? Mi stai spaventando.-
-Senti papà, se devi preoccuparti non farlo per me, ma per Teddy.- Ringhiò, improvvisamente arrabbiata. -Io non ho idea del perché faccia parte di tutta questa storia e, sai cosa? Non me ne importa nulla. Tuo figlio può fare quello che vuole ma digli che da me non avrà nessun altro supporto. Ora, scusa ma è suonata la campanella. Devo andare, ci vediamo più tardi.- 
Restai in piedi, a metà stanza, con il telefono ancora all'orecchio, completamente confuso. 
Composi immediatamente il numero e pregai che rispondesse subito. 
-Christian- sentii dalla sua voce quanto fosse sorpresa.
-Ana, abbiamo un problema.- Mi passai una mano tra i capelli. -Un grosso problema.-

|POV'S PHOEBE|
                                  •12.45: PRANZO•
-Oh, Phoebe.- Sarah mi raggiunse proprio appena la campanella suonò. -Vorrei davvero tanto chiederti cosa sia successo, ma la notizia è girata in fretta.-
-Non posso credere che mio fratello sia stato così stupido!- Appoggia la testa sul banco. -Gli hanno fatto il lavaggio del cervello, secondo te?-
-È una cosa che riguarda lui, non te.-
-Anche tu?- La fulminai con lo sguardo. -Questo me lo ha già detto lui, ieri sera. Oggi non è stata colpa mia. È venuto lui a cercarmi. Prima mi dice di non immischiarmi nella sua vita e poi viene qui. Ma che problemi ha?-
-Lascialo perdere.- Sbuffò. -Andiamo in mensa. Una buona pizza ti farà passare tutto.-
-Si, certo. Andiamo in mensa.- Risi. -Tutti mi guarderanno e bisbiglieranno, poi litigherò con Jeremy e magari, a fine giornata, mi sospenderanno per rissa o qualcosa del genere. No, grazie.- 
-Da quando ti importa cosa dice la gente?-
-Sarah, scusa ma non sono dell'umore e non ho voglia di pizza. Non ho voglia di niente, in realtà.-
-Se Phoebe Grey non ha voglia di pizza allora la cosa è grave.- Mi prese in giro. -Facciamo così: io vado in mensa, vedo com'è la situazione, ti prendo qualcosa da mangiare e te lo porto qui. Così stiamo in pace, senza che nessuno ci disturbi. Okay?-
Sorrisi leggermente. -Sei fantastica.-
-Lo so- mi diede un veloce bacio in fronte. -Torno subito, non muoverti.-
Sbuffai leggermente e iniziai a tirarmi i capelli. Dio, mi ero presa un mal di testa con i fiocchi. Stavo affrontando una situazione ben più grande di me e non ero del tutto sicura di riuscire a reggerla. Cercai invano di liberare la mia mente da tutti i pensieri negativi, ma fu impossibile, ovviamente. Non potevo non pensare e, visto che pensavo, i miei pensieri erano rivolti tutti a Theodore e a Jennifer. (Scusate il gioco di parole😜) Credo di essere rimasta con la testa poggiata sulle braccia conserte per almeno una decina di minuti, fino a quando una voce non mi fece spaventare. 
-Ma allora non scherzavi, prima.- Ridacchiò Cam, avvicinandosi con due vassoi. -Stai bene?-
-Grazie.- Sorrisi leggermente, non appena mi mise davanti un vassoio con un panino. -Che fine ha fatto Sarah?-
-Mi ha incaricato di portarti questo vassoio.- Aggrottò le sopracciglia. -Ha detto che più tardi viene a controllare che tu non abbia una crisi isterica.- 
Sbuffai. -Davvero?- 
-Già.- Sorrise leggermente. -Ce n'è la possibilità?-
-Nah.- Addentai una fetta di pane, con dentro del formaggio scadente. -Non qui, almeno.-
-Ti va di parlarne?-
-Ad essere sincera, no.- Ammisi. -Non mi va proprio. Anzi, sarebbe meraviglioso se parlassimo di tutt'altro.-
-Okay, certo.- Esclamò. -Niente pizza, oggi?-
-Non sono dell'umore adatto. E poi,- aggiunsi. -Per quanto mi piaccia la pizza non posso mangiarla ogni giorno. Anche se vorrei.- 
-Come mai ti piace così tanto?-
-È una domanda seria?- 
-Credo di sì...- mormorò. 
-Oh, andiamo! La pizza è la cosa più buone del mondo. Certo, la nostra è solo un imitazione, ma è comunque accettabile.-
-Un imitazione?- Rise.
-Già. Sei mai stato in Italia?-
-No, non ho mai viaggiato molto.- Ammise. -Ma mi piacerebbe.- 
-Ti ci potrei portare.- Risi. -E allora si, che assaggeresti una pizza degna di tale nome. La prima volta che sono stata in Italia avevo cinque anni. Da allora mi sono innamorata della pizza. Sono rimasta delusa, inizialmente, da quella che facevano qui, ma devo dire che Gail riesce ad imitarla alla perfezione.-
-Gail?-
-La mia governante.- Non so perché, ma arrossì imbarazzata.
-Ah, già. Certo.- Rise. -Ed è bello? Avere la governante, intendo.- 
-Non è solo una governante!- Esclamai. -È mia amica. Quasi fosse una seconda mamma.-
-Davvero?- Alzò le sopracciglia, chiaramente sorpreso. -Ma è dipendente di tuo padre, no?-
-Si, ma questo non vuol dire niente.- Mormorai. -Papà è davvero affezionato, sia a lei che a Taylor, in particolare. Sono quasi di famiglia.- 
-Questa è una cosa bellissima, direi.- Sorrise. 
-Ti eri già fatto un'idea sbagliata sulla mia famiglia?-
-Cosa? No!- Esclamò, improvvisamente imbarazzato. -Non volevo dire questo! È solo che non pensavo che volessi così bene alla tua... ecco...-
-Sono cresciuta insieme a lei.- Spiegai. -È ovvio che le voglio bene.-
-Già, certo. Perdonami.- Sorrise imbarazzato. -È stata una domanda stupida.-
-Non è così.- Risi. -Non c'è nulla di male in ciò che mi hai chiesto. Tutti, conoscendomi, pensano che io provenga da una di quelle famiglie che possiedono più soldi che amore.-
-Io non ho mai pensato questo.- Rispose subito. -E quasi nessuno lo pensa. Hai una certa fama, qui a scuola.- 
-Questo perché sono super divertente e fantastica.- Lo presi in giro. 
-Davvero?- Rise. -E in cosa saresti fantastica?-
-In tutto, Cameron.- 
Lui scoppiò a ridere ed io lo seguii a ruota. 
-In realtà sono ben poche le cose che so fare, però non mi dispiace non essere brava in tutto.- Ammisi.
-E in cosa sei brava in particolare?- 
-Ehm...-
-Okay, rettifico.- Disse. -Quali sono i tuo hobby? Cosa fai dopo scuola, di solito?-
-Ballo.- Risposi subito. -Di solito, dopo scuola, seguo le lezioni.-
-Davvero?- Chiese. -Anche mia madre ballava, un tempo.- 
-Allora anche lei dev'essere fantastica come me!- Risi. -E adesso non balla più?-
-Purtroppo no.- Mormorò. -Sarebbe voluta diventare insegnante di danza ma, a ventitré anni, si è rotta il legamento crociato anteriore e ha subito una piccola operazione. Per i ballerini potrebbe essere fatale, come credo tu già sappia.-
-È terribile.- Commentai, pensando a come avrei reagito io se mi fosse successa una cosa del genere. 
-Lo è stato.- Alzò le spalle. -Ma lo ha superato. Insomma, poi si è sposata e ha avuto me. Cosa avrebbe potuto chiedere di meglio?-
-Oh mio Dio!- Scoppiai a ridere. -Questa sì che è bella!-
Lui ghignò soddisfatto.
-Quindi non hai fratelli o sorelle?- 
-No.- Rispose immediatamente, incupendosi. -Sono figlio unico. E tu, invece? Hai qualcun altro oltre a Theodore?-
-No.- Risi, confusa dalla sua reazione. -Non ancora, almeno.-
-Non ancora?- Esclamò, sorpreso. -Tua madre aspetta un bambino?-
-Cielo, no!- Risi. -Non è poi così vecchia, ma non aspetta nessun bambino. Papà voleva adottarne uno, però.-
-È una cosa bellissima- sorrise. -E a te piacerebbe?-
-Immagino di sì. Non saprei.- Ammisi. -Ma smettiamola di parlare di me. Perché non mi racconti un po' di te? Come mai ti sei trasferito qui?-
-Abitavo in una cittadina non troppo lontana da Seattle.- Raccontò. -Ma non mi è mai piaciuto vivere lì. Insomma, era un buco di città. Tutti sapevano tutto di tutti. Era... soffocante. Ho vissuto lì per diciassette lunghissimi anni. Progettavo già di andare via dopo i diciotto ma poi papà ha trovato lavoro qui e quindi i miei piani sono cambiati.-
-Quindi Seattle ti piace.-
-Eccome!- Esclamò. -E poi, qui sembrate molto più socievoli e meno soffocanti.-
-Si, beh...- sorrisi, spostandomi una ciocca dietro l'orecchio. -Seattle è proprio una bella città.-
-Già, è vero.- Confermò. -Anche i miei genitori sembrano essere più felici. Spero solo che papà riesca a mantenersi questo lavoro.-
-Ce la farà di sicuro.- Risposi, anche perché non sapevo bene cosa dire. 
Lui mi sorrise riconoscente e poi addentò una fetta di mela. 
-Che altro mi dici?-
-Cos'altro vuoi sapere?-
-Non so. Parlami dei tuoi di hobby.- 
-Non sono un grande sportivo.- Ammise, imbarazzato. -Anzi, io e lo sport non andiamo d'accordo per niente. Però nel tempo libero disegno.-
-Disegni? Davvero? E sei bravo?-
-Me la cavo...- mormorò. 
-Scommetto invece che sei bravissimo!- Battei le mani. -Oh, voglio vedere qualche tuo disegno!- 
-Okay.- Rise. -Immagino che te ne farò vedere qualcuno.-
-Ehilà, ragazzi!- Esclamò Sarah. -Tutto bene?-
-Credo di averle risollevato un po' il morale, si.- 
-Quindi era questo il tuo compito?-
-Già, e ci sono riuscito benissimo.- Mi fece l'occhiolino, facendomi arrossire.
-È vero. Grazie.- 
-Quando vuoi.- Sorrise. -Ci vediamo domani?-
-Certo, sa...-
-Potremmo vederci nel pomeriggio, ti va?- Esclamò Sarah, intromettendosi. -Phoebe resta da me, potresti raggiungerci.-
Le lancia un'occhiata. Cosa diavolo stava facendo?
Cameron mi guardò, quasi come mi stesse chiedendo il permesso, così, mi limitai a sorridergli. 
-Certo, perché no?- Alzò le spalle. -Passo da casa a farmi una doccia e vi raggiungo.- 
-Perfetto. Allora ecco a te.- Gli diede l'indirizzo di casa. -Ci sarà anche Alexander, non so se lo conosci. Dovrebbe seguire uno dei tuoi corsi.-
-Credo di avergli parlato una volta o due.- Mormorò, pensando. -Okay, ci vediamo dopo.-
-Certo a dopo.-
Mi guardò sorridendo e scosse la testa. -Vedi di non farti trovare di malumore.- E se ne andò.
-Phoebe, questa è un'opportunità perfetta!-
-Per cosa?- Chiesi, confusa.
-Sia per risollevarti il morale e sia per fare una bella uscita a quattro.-
-Ma io non posso, Sarah! Ho detto ai miei che sarei tornata per cena.-
-Bene. Vorrà dire che chiamerai e dirai che mia madre ti ha invitata a cena.- 
-Sarah...-
-Phoebe, ti prego!- Mise il broncio. -Lo faccio anche per te.-
-Certo, come no.- Alzai gli occhi al cielo.
-Ti prego.-
-Okay, va bene!- 
-Si!- Esclamò, fiondandosi su di me. -Grazie, grazie, grazie!-

ANGOLO AUTORE:
Ehilà! Spero che siate felici del fatto che abbia aggiornato anche oggi! Ho notato che molte di voi stanno preferendo leggere in silenzio, senza commentare. Non vi nascondo che un po' mi dispiace, ma va bene così. La storia, principalmente, la sto scrivendo per me stessa e mi sto divertendo tantissimo a farlo! Detto questo ci tengo a ringraziare tutti voi che leggete costantemente e, soprattutto, a voi che avete il tempo di spendere un minuto per lasciarmi il vostro parere.
Grazie a tutte...💓

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Capitolo 7
*** PENSA A TE STESSA ***


-Signorina Grey- mi richiamò la professoressa Lincoln, sorprendendomi con il cellulare in mano. -Nessuno in questa classe è costretto a seguire la mia lezione ma, se non interessa, le regole valgono per tutti. Quindi è pregata di uscire fuori.-
-Oh, no, no, no, no!- Sarah schizzò in piedi. -Mi dispiace professoressa, è colpa mia. Sono stata io a mandarle un messaggio.-
-Benissimo.- Sorrise lei. -Allora che ne dite di andarvi a riunire fuori dalla classe per parlare?-
Sbuffai sonoramente e presi le mie cose. Era inutile ribattere, così uscii, seguita da Sarah.
-Sei un genio.- Borbottai, lasciandomi scivolare verso il pavimento. -Perché ti sei presa la colpa?-
-Perché volevo farlo.- Si sedette accanto a me. -Cosa dicevano i messaggi di tuo fratello?-
-Che non aveva pensato, che gli dispiace e che vorrebbe chiarire. Mi ha pregato di chiamarlo.-
-E tu lo richiamerai?-
-Non lo so.- Ammisi. -Non vedo cosa ci sia da chiarire.-
-Ti ha trattata di merda, Phoebe. È giusto che tu sia arrabbiata con lui, ma non potrai evitarlo per sempre. È comunque tuo fratello.-
-Questo lo so anch'io, Sarah! Ma è tutto così sbagliato! Non dovrebbe cercare di chiarire con me, per adesso. Ma con Jennifer!-
-Manca poco alla fine dell'ultima lezione, okay?- Mi prese le mani. -Poi andremo a casa mia e passeremo una bella serata.-
-Sempre se i miei mi permettono di restare da te.-
-Non si rifiuta mai un invito a cena.- Alzò le spalle con fare non curante. -Quindi non possono dirti di no.-
-Finirei nei guai se venissero a sapere che non sono a casa tua e che i tuoi sono in gita.-
-Si, è probabile. Ma nessuno parlerà, quindi nessuno saprà niente.-
-Come no.- Alzai gli occhi al cielo. -Come se tu non conoscessi di cosa è capace mio padre.- 
-Senti, quello di cui hai bisogno adesso è di svagarti. Non di tornare a casa, giusto?-
-Si, ma...-
-Niente ma, Phoebe.- Mi fulminò con gli occhi. -Stasera penserai per un po' a te stessa e non agli altri. È deciso.-

-Phoebe!- Mamma rispose già al primo squillo.
-Ciao mamma, sei a casa?-
-Si, tesoro. Siamo appena tornati. E tu?- 
-Anch'io.- Mi torturai le mani. -Senti... la mamma di Sarah mi ha invitata a cena. Che dici, posso restare?-
-Pensavo avessi detto che saresti tornata per cena.-
-Lo so, ma ora Lizzie mi ha invitata, non posso dirle di no.-
-Lo so, tesoro. Ma ti vorrei con noi a cena.- Sospirò. -Gail voleva fare la pizza.-
Stava cercando di corrompermi, lo sapevo. 
-Mamma, ti prego.- La supplicai. -Ti prometto che domani sarò a cena con voi. Anche a pranzo!- Aggiunsi. -Domani facciamo solo metà giornata.-
Visto che lei non rispondeva le ripetei un: -Ti prego, mammina!-
-Tornerai presto?- Sospirò, sconfitta.
-Si, te lo prometto!- Squittì. -Grazie, grazie, grazie!-
-Fa la brava, mi raccomando.- Riuscii a percepire il suo sorriso. -E ringrazia Lizzie da parte mia.-
-Certo! Ciao mamma, saluta papà.- Attaccai. 
-Lo sapevo che non ti avrebbe detto di no!- Gridò Sarah, lanciandosi su di me. -Sarà una serata perfetta!-
Ne dubitavo seriamente; per quanto fosse piacevole passare una serata con gli amici, il mio umore era troppo nero. 
-Perché hai invitato Cameron?- Chiesi. -Avresti potuto invitare chiunque.-
-Cos'ha che non va? Sembra un ragazzo fantastico, credevo ti piacesse.-
-Non ho mai detto il contrario, infatti. Solo che non credevo che lo conoscessi anche tu.-
-Ci conosceremo meglio oggi, no?-
-Già, certo. Con Alexander nei paraggi è sicuro che tu voglia conoscere Cameron.-
-Okay, facciamo che lo conoscerai tu, per me.-
-Cameron sembra un caro ragazzo.- Constatai. -Anzi lo è di sicuro, ma mi è sembrato strano il fatto che tu lo abbia invitato. Insomma, credevo avresti chiesto a qualcun altro.-
-Tipo Logan?-
-Tipo Logan, si.-
-Beh, si dà il caso che tu e Logan siete soltanto dei buoni amici e poi- aggiunse. -Ad Alexander è piaciuto Cameron, così ho pensato: perché non farlo integrare al meglio, visto che è nuovo?-
-Okay...- risi. -Come vuoi tu.-

Alexander fu il primo ad arrivare.
-Ciao, piccola.- Entrò, baciando Sarah. -Ehilà, Phoebe!- Disse poi, lanciandomi un'occhiata.  
-Ehilà, Carter.- Gli feci un cenno. -Avete intenzione di fare i piccioncini per tutta la serata, oggi?-
-Probabile.- Mormorò, facendo a Sarah l'occhiolino.  -E tu farai il terzo incomodo?-
-Mi suicidio, piuttosto.- Alzai gli occhi al cielo.
-Ho pensato che sarebbe stato carino fare un'uscita a quattro.- Sorrise Sarah. -Così ho anche invitato Cameron.-
-Il ragazzo nuovo?- Chiese, sorpreso.
-Si, proprio lui.-
-Ti sei innamorata del ragazzo nuovo?- Si rivolse a me. 
Sbuffai sonoramente e lo spintonai per poter andare in cucina. 
Una decina di minuti dopo arrivò anche Cameron. 
-Wow. Hai una bella casa, Sarah.- Commentò. 
-Questo perché non hai visto quella di Phoebe.- Rispose lei, felice.
"E mai la vedrà." Pensai invece io. 
-Phoebe, perché non offri da bere a Cameron? Io e Alexander torniamo subito.-
La fulminai con lo sguardo e lei mi sorrise.
In cucina calò il silenzio fino a quando Cameron non disse: -Non pensavo che dovessimo fare un'uscita a quattro, questa sera.-
-Neanch'io.- Ammisi, dirigendomi verso il frigorifero. -Allora, abbiamo acqua, the, succo di mele e, oh, guarda! Anche della birra!- 
-Del the andrà benissimo.- Sorrise lui.
-Che c'è?- Chiesi. -Non bevi?-
-No, non bevo.- Vidi un'ombra nei suoi occhi, ma la cacciò subito via. -Perché, tu si?-
-Ogni tanto.- Gli avvicinai il bicchiere con il the. -Un bicchiere, al massimo.-
-Quindi non esci il sabato per ubriacarti.-
-No, non ho bisogno di ubriacarmi. Lo sono già di mio.- Dissi, facendolo ridere. -Non mi piace dover stare male il giorno dopo.-
-Mi fa piacere sentirlo.- Sorrise. -Allora, come stai adesso?-
Restai in silenzio. Non avevo voglia di parlarne. 
-Ookay.- Sorseggiò il suo the. -Credevo di averti detto di non forti trovare di cattivo umore.-
-Io non sono di cattivo umore.- Scattai, anche se sapevo che stava scherzando. -Non sono io a gestirlo, mi dispiace. Questa sera non sarò una buona compagnia.-
-Ci penserò io a tirarti su.- Rispose con un sorrisetto, per nulla turbato dal mio scatto. -E comunque, quale sarebbe esattamente il nostro ruolo, questa sera?-
-I terzi incomodo.- Borbottai, facendolo ridere. 
-Davvero? Io non ne sarei così sicuro.- Rise. -Insomma, quei due non sono più scesi. Sei sicura che riusciremo ad uscire, questa sera?-
-Spero di no.- Ammisi. -Non ne ho nessuna voglia.-
-Giusto per essere chiari- sorrise. -Non è per colpa mia che non vuoi uscire, no?-
Scoppiai a ridere. -No, Cameron. Non è per colpa tua.-
-Perché ti ostini a chiamarmi Cameron?-
-Perché è il tuo nome.- Scherzai. -Non lo so, in realtà. Mi piace di più, immagino.-
-Okay, allora dovrò abituarmi.-
-Nessuno ti chiama con il tuo nome completo?-
-Mia madre, ma solo quando è arrabbiata.- Ghignò. -E tu, invece? Tutti ti chiamano Phoebe?-
-Di solito si.- Alzai le spalle. -Mio fratello però, mi chiama Phé e ogni tanto anche Sarah.- 
-Phé.- Constatò. -Si, mi piace.-
Gli sorrisi senza aggiungere altro anche perché, dopo quella che mi parve un'eternità, Sarah e Alexander fecero il loro ritorno.
-Eccoci, siete pronti?-
-Porca miseria, ragazzi!- Li presi in giro. -La prossima cercate di fare più piano, si sentiva tutto da qui.- 
Sarah diventò rossa fino alla punta delle orecchie e mi fulminò con lo sguardo ma non riuscì a rimproverarmi poiché Alex la precedette. 
-Oh, è quello che pensavo!- Esclamò, stando al gioco. -Ho già detto a Sarah che le pareti della sua camera sembrano fatte di carta velina ma lei non mi crede. Glielo avevo detto di creare delle mura insonorizzate.-
-Alex!- Squittì lei, rossa come un pomodoro. -Smettila subito!- 
-È tutto okay, piccola. È la tua migliore amica.- Continuò a scherzare. 
Gettai una veloce occhiata a Cameron, sembrava confuso ma ovviamente divertito. 
-Vogliamo andare?- Proposi. -Non posso tornare tardi.-
-Si, è meglio!- Esclamò Sarah, trascinando fuori Alexander. 
-Siete davvero un sacco simpatici.- Commentò Cameron. -Non me l'aspettavo.-
-Sono io ad essere simpatica.- Risposi. -Poi c'è chi sceglie se stare al gioco o meno.-
-Okay, messaggio ricevuto.- Rise, porgendomi il braccio. -Vogliamo andare?-
-Sul serio?- Lo presi in giro. -Non stiamo andando al ballo di fine anno. Lo sai, vero?-
-Su, andiamo.- Rise, afferrandomi per il polso. 

Il resto della serata, tutto sommato, a differenza di ciò che mi aspettavo, fu abbastanza piacevole. Passeggiammo nel centro e, il primo quarto d'ora, Alexander e Cameron parlarono per i loro fatti mentre Sarah mi raccontò ciò che era successo. Poi Sarah tornò con Alexander ed io con Cameron. 
-È davvero bella Seattle di sera.- 
-Già.- Concordai. -Di solito mi metto sempre sul terrazzo ad ammirare la luna, quando non riesco a dormire.-
-E ti capita spesso?- Volle sapere Cameron. -Di non riuscire a dormire, intendo.-
-No.- Alzai lo sguardo sulle stelle. -Capita raramente, io adoro dormire, di solito.- 
-E questa notte cosa succederà?-
-Immagino che la passerò in bianco.- Alzai le spalle. -Ti hanno raccontato tutto quello che è successo questa mattina in corridoio, non è così?-
Lo guardai giusto per avere la conferma e, quando me la diede, distolsi lo sguardo velocemente.
-Mi dispiace, Phoebe.- Mi sfiorò il braccio, facendomi rabbrividire. -Me l'hanno raccontato senza nemmeno che lo avessi chiesto. Ma, ovviamente, ho sentito solo la loro versione. Potrebbe essere vera come potrebbe non esserla. Questo lo sapete solo voi.-
-E cosa ti hanno raccontato?- 
-Sei sicura di volerlo sapere?-
-Perché no?- Mormorai. -Comunque, non appena tornerò a casa, dovrò affrontare mio fratello.-
-Beh, i ragazzi dicono che tuo fratello è venuto ad aspettarti al tuo armadietto ma sembra che Jennifer lo abbia visto e abbia dato di matto. Tu vieni descritta quasi come una spettatrice, mentre Theodore e Jennifer si gridavano contro di non volersi vedere mai più. Poi, Jennifer ha ceduto, è scoppiata in lacrime e si è andata a rifugiare in bagno e tu, in quel momento, l'hai difesa. Hai mandato al diavolo tuo fratello e hai seguito Jennifer.-
-Magari potrebbe finire nella prima pagina del giornalino scolastico, questa storia.- Provai a scherzare. -Ma comunque è un racconto piuttosto fedele, tranne per il fatto che non ci sono state urla. Teddy stava facendo di tutto per far sì che gli altri non ci sentissero.-
Lui mi guardò e vidi una scintilla preoccupata nei suoi occhi ma, poi, scosse la testa e sorrise. -Avevo detto che avrei cercato di risollevarti l'umore. Devo mantenere la promessa.-
-E cosa vorresti fare?-
-Che ne dici di cominciare da un gelato?-
Guardai l'ora sul cellulare. Si, si poteva fare. 
-Okay, perché no.- Sorrisi. -Alexander, Sar... ma dove sono?- 
Cameron si guardò in giro e poi si passò una mano tra i lunghi capelli neri. -Non ne ho idea.- Ammise. -Prova a chiamarli.- 
-Li chiamerò dopo, non vorrei interrompere qualcosa.- Risi. -Andiamo. Ora ti farò conoscere il miglior gelato del mondo.-

-Oh mio Dio!- Gemette Cameron, gustando il suo gelato al pistacchio, vaniglia e panna. -Ma è...-
-Lo so.- Ridacchiai, mangiando il mio alla zuppa inglese. -È in assoluto il miglior gelato del mondo.-
-Non credevo ne esistessero di così buoni.- Rise. -Vuoi assaggiarne un po' del mio?-
-No, grazie.- Sorrisi ma, quando vidi il suo sguardo leggermente deluso, aggiunsi: -Sono allergica al pistacchio.-
-Davvero? È terribile?- 
-Forse per te.- Ridacchiai. -L'ultima volta che l'ho mangiato avevo tre anni. Mi sono riempita di bolle e da allora scoprii di esserne allergica. Oramai non ricordo più il suo sapore.-
-Non sai cosa ti perdi.- 
-Pazienza. C'è comunque la pizza nella mia vita, non ho bisogno d'altro.-
-Già, certo.- Rise.
Restammo in silenzio il tempo di gustare il nostro gelato fino a quando non cominciò a squillarmi il telefono. Mi aspettavo di trovare la chiamata di Sarah e invece era mia padre. 
-Cazzo.- Borbottai, prima di rispondere. -Papà.-
-Ciao, tesoro.- Disse. -Hai già cenato?- 
-Stiamo aspettando il dolce.- Cameron mi guardò interrogativo ed io lo supplicai con gli occhi di non dire nulla. 
-Ma che gentili i genitori di Sarah, vi hanno preparato anche il dolce?-
-In realtà è stata Lizzie a prepararla.- Risi nervosamente. 
-Okay, allora finisci il dolce e torni a casa?- Chiese. -È già tardi.-
-Sono solo le nove e mezzo, papà.- 
-Faccio venire Taylor tra mezz'ora, d'accordo?- Mi ignorò completamente.
-No!- Esclamai un po' troppo a voce alta, facendo sobbalzare persino Cameron. -Credo che il papà di Sarah mi aveva detto che mi avrebbe riaccompagnato lui a casa.-
-Ma non ce n'è alcun bisogno.-
-Lo so, ma si era offerto lui.- Mentii. -Senti, facciamo così. Ora parlo con Sarah e tra poco ti richiamo.-
-Va bene. Aspetto, sbrigati.-
-Si.- 
-Che succede?- Chiese Cameron.
-Merda, merda, merda!- Balzai giù dalla panchina del parco e composi velocemente il numero di Sarah. -Rispondi. Ti prego, rispondi.- 
Attaccò la segreteria, così passai ad Alexander ma non ci fu nessun segnale di vita.
-Dannazione!- Ringhiai.
-Phoebe.- Cameron mi afferrò per le spalle. -Stai tranquilla, respira. Che succede?-
-Si tratta dei miei.- Spiegai. -Non sapevano che questa sera sarei uscita ma sapevano che i genitori di Sarah mi avevano invitata a cena e se ora non torno subito a casa di Sarah, finirò nei guai e lei non risponde alle chiamate!-
-E hai detto a tuo padre che ti avrebbe accompagnata a casa il padre di Sarah?- Alzò le sopracciglia. -Allora non puoi chiederglielo?-
-No. I suoi genitori sono in gita.- Composi di nuovo il numero di Sarah. -Merda.-
-Potrei chiedere a mia madre se Sarah continua a non risponderti.- 
Girai la testa di scatto. -Dici sul serio?-
-Si, certo.- Rise leggermente. -La chiamo subito?-
-Oh Dio, Cameron!- Squittì, aggrappandomi al suo collo. -Mi salveresti la vita! Ti sarò riconoscente per sempre.-
Lui rise e mi afferrò per i fianchi per evitare di cadere. -D'accordo. La chiamo subito.-
-È tutto okay.- Disse, dopo aver chiuso la chiamata. -Sta arrivando.- 
-Sarei morta senza di te, quindi grazie!- Esclamai, componendo il numero di papà.
-Tesoro.-
-Papà, John ha detto che non sarebbe un disturbo per lui accompagnarmi anche perché accompagnerà anche Emily.-
-Chi è Emily?-
-Un'amica di Sarah.-
-Okay, va bene. Ma ci metterete tanto?-
-No.- Risposi. -Credo che entro mezz'ora sarò già a casa.-
-Va bene, ti aspetto.-
-Okay, a dopo.- Riattaccai e mi lasciai cadere sulla panchina. -L'ho scampata per un pelo.-
-Sei una brava bugiarda.- Rise lui. 
Scoppiai a ridere e dissi: -Si, beh. Ma non so cosa avrei potuto inventare se tu non fossi stato qui.- 
-Sono a tua completa disposizione.- Fece un cenno della mano. 
Sua madre arrivò una ventina di minuti dopo e, non so perché, iniziò a battermi velocemente il cuore non appena entrai in quella macchina. 
-Salve!- Esclamai. 
-Oh, ciao ragazzi!- Si illuminò. -Io sono Meredith.-
-Io Phoebe.- Sorrisi. -Grazie mille per il passaggio.-
-Nessun problema, cara.- Rispose. -Anzi, scusatemi per il ritardo. Sarei potuta arrivare prima ma non so ancora ambientarmi bene, qui.- 
-Non si preoccupi. Seattle è una città davvero grande.-
-Allora non ti dispiacerà indicarmi dove andare, vero?-
-Certo che no!-
Casa mia, in fondo non era lontana. Scoprii che Meredith era una donna e una madre davvero eccezionale e il suo umorismo spiccava. Passammo i cinque minuti di tragitto verso casa a ridere e a parlare di danza.
-Ecco è questa.- Dissi. 
Cameron e sua madre strabuzzarono gli occhi. -Wow.- Dissero all'unisono.
-Questa si che è una casa!- Aggiunse Meredith. 
-Ehm... grazie.- Sorrisi imbarazzata. -Scusi se le ho fatto perdere del tempo per accompagnarmi ma grazie mille.-
-Oh, ti prego.- Sbuffò lei. -Dammi del tu e, comunque, nessun problema tesoro. Sono più che felice di accompagnare i nuovi amici di mio figlio. Spero di rivederti presto. Magari potresti venire qualche volta da noi, potremmo...-
-Okay, mamma.- La bloccò Cameron. -Credo che Phoebe debba andarsene.-
-Certo, perdonami.- Arrossì. -Allora buonanotte.-
-Buonanotte e grazie ancora.- Sorrisi, aprendo la portiera. -Buonanotte, Cam.- Dissi poi, per intravederlo sorridere. 
Non lo avrei mai pensato, ma tornai con il sorriso a casa.

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Capitolo 8
*** MA CHE SUCCEDE? ***


Il senso di "felicità" svanii non appena varcai la porta di casa e il peso di tutta la giornata tornò a farsi sentire. 
-Ciao Gail!- Esclamai, raggiungendola al bancone della cucina.
-Ehilà, tigrotta!- Sorrise lei. -Ti sei divertita da Sarah?- 
-Molto.- Ammisi. -Ci sono novità? Dove sono tutti?-
-Tuo fratello è in camera e i tuoi genitori credo che siano in giardino.- 
-E Taylor? Lavora ancora?-
-No, Sawyer gli ha dato il cambio.-
-E perché tu sei ancora qui?-
-Wow- rise lei. -Sei piena di domande questa sera?-
-No, è solo che lavorate così tanto...!-
-E spero che continueremo a farlo.- Posò i piatti appena lavati. -Non devi preoccuparti per noi, Phoebe. Stiamo benissimo.-
Gail era davvero una donna straordinariamente dolce e paziente. L'adoravo per questo. Mi veniva voglia di abbracciarla ogni volta che la vedevo. 
-Okay. Vado a salutare mamma e papà.-
-Certo! Ti serve qualcosa?-
-No, va pure da Taylor.- Mi diressi in giardino. 
Mentre aprii la grande vetrata, cercai di fare il più rumore possibile per evitare di beccare, per la milionesima volta, mamma e papà in flagrante. Funzionò; quando scesi le scale mamma e papà erano già girati verso di me.
-Ciao, tesoro.- Sorrisero entrambi.
-Cosa fate?- 
-Ciao anche a voi. Grazie per avermi permesso di restare da Sarah, mi sono divertita molto.- Papà disse ciò che avrebbe voluto che dicessi e scosse la testa. 
-Si, si.- Mi sventolai la mano davanti la faccia. -Come vuoi. Che fate?-
-Ti piacerebbe se mettessimo un gazebo qui fuori?- Sorrise mamma. 
-Volete dare una festa, per caso?- Mi misi le mani in tasca. 
-Forse.- Rispose. -Per gli ultimi giorni che Teddy passerà qui. Che te ne pare?-
-Perché lo chiedi a me?-
-Volevo solo sapere cosa ne pensassi.- Il suo sorriso vacillò. -Non ti piace come idea?-
-Pensi che potrebbe piacere a tuo fratello, una festa a sorpresa?- Aggiunse papà. 
Socchiusi gli occhi, per niente convinta dal loro comportamento. -Non lo so, probabilmente si.- 
-Tesoro- papà si avvicinò a me, ma non del tutto. -Cosa volevi dire oggi, al telefono, con "se devi preoccuparti fallo per Teddy"?-
-Aah, ecco dove volevate arrivare.- Sospirai, facendo retromarcia. -Cosa vi fa credere che sarò io a dirvelo?-
-Teddy non vuole parlarci. È tornato a casa ed è andato dritto dritto in camera sua. È lì dentro da ore.- Mamma si portò le mani al petto.
-Non potete costringerlo a parlare, se non vuole.- Incrociai le braccia al petto. -E, ovviamente, non dovreste venire a chiederlo a me. Rispettate i suoi spazi, dannazione. Si arrabbierebbe ancora di più se venisse a sapere che state cercando di sapere i cavoli suoi da qualcun altro.-
-Phoebe, non si tratta di sapere i cavoli suoi.- Ringhiò papà. -Si tratta del fatto che tutto d'un tratto ha cambiato comportamento. Siamo preoccupati. Molto, preoccupati.-
-Gli passerà.-
-Tesoro, ti prego. Aiutaci a capire come potremmo aiutarlo.-
-Aiutarlo?- Scoppiai i ridere. -Fidatevi, lo aiuterete standone fuori, non mettendovi in mezzo. Mi dispiace ma, se non lo fa lui, io non posso dirvi nulla. Buonanotte.-
Non aspettai risposta e corsi su per le scale, chiudendomi la vetrata alle spalle.

Quando, alle 02.03, i miei occhi decisero di continuare a restare aperti, mi alzai con uno sbuffo. Meraviglioso. L'indomani avrei avuto delle occhiaie da far invidia a chiunque. 
Presi il cellulare, l'iPod, le cuffiette e mi diressi sul terrazzo. Il leggero venticello mi fece rabbrividire. 
Me la ricordo bene quella notte. La luna era oscurata dalle nuvole e anche da un po' di nebbia e la città sembrava spenta. Mi ero rassegnata al fatto che non mi sarei potuta neanche rilassare guardando le stelle, il cielo era troppo grigio per farle intravedere. Poi successe. Lo schermo del mio telefono si illuminò, segnandomi l'arrivo di un messaggio. Un messaggio da parte di Cameron. Strizzai gli occhi per vedere se avevo letto bene e, a quanto pare, si, avevo letto bene eccome. 
«Nottata in bianco, così come prospettavi?»Diceva il messaggio.
Io e Cameron ci eravamo scambiati il numero la sera —giusto per evenienza—, ma non mi aspettavo che mi avrebbe cercata subito. Tanto meno che alle 02 di notte. (O di giorno, per quel che importa.)
«Già.» Risposi. «Tu piuttosto, che ci fai sveglio?»
Aspettando una sua risposta, vidi che il mio cellulare segnalava anche una chiamata persa e due messaggi, tutti da parte di Sarah. Aprii il primo e vidi che diceva: «Phè, mi dispiace tanto! Ci siamo distratti! Dove siete?» e poi il secondo: «Ho un sacco di cose da raccontarti e, a quanto ho capito, anche tu! Cameron mi ha detto che ti ha accompagnata a casa. Scusa se ti ho messa quasi guai ma grazie per essere stata con me questa sera. (Più o meno😜) Ti voglio bene. Ci vediamo domani!»
Sospirai sonoramente e alzai gli occhi al cielo. Sarah era davvero irrecuperabile.
Cameron mi rispose con un: «Che c'è? Sei sorpresa? Anch'io passo le notti in bianco. Diciamo che io e la notte non andiamo molto d'accordo.»
Il suo messaggio mi incuriosii non poco, così scrissi: «Davvero? Non me lo avevo detto. Quali sono i tuoi demoni?»
«Il passato.» Rispose immediatamente. «Ma non voglio deprimenti. Come cacci la tristezza?»
Con quest'ultimo messaggio mi fece capire che non voleva spiegare il perché della sua risposa, così decisi di assecondarlo. 
«Mi sdraio sul terrazzo, metto la musica, alle orecchie, a tutto volume e osservo le stelle. Non so se serve a cacciare via la tristezza, ma mi tranquillizza. E tu, invece?»
«Non saprei.» Rispose. «Credo di non aver trovato ancora un modo.»
«Potresti sfogarti disegnando.» Proposi. «Potrebbe funzionare.»
«Si, potrebbe. Ma tu, come farai ora? Non ci sono stelle in cielo.»
«Potrei farmele dipingere nel tetto della mia camera. Conosci quelle stelle che con il buio si illuminano la notte? Così eviterei di uscire. D'inverno è piuttosto complicato.»
«È un'ottima idea.»
«Le mie idee sono sempre ottime, Cameron.»
«Davvero?» Scrisse. «Allora spero che tu trova un modo per far sì che nessuno capisca che abbia passato la notte in bianco.»
«Niente che un buon correttore non possa sistemare.»
«Un buon correttore? Sul serio?»
Mi misi a ridere. «Che c'è di male? Se riesci a fare una buona base nessuno se ne accorgerà.»
«Wow. Hai proprio ragione. Questa sì che è un'ottima idea -.-"» Digitò. «Hai chiarito con tuo fratello?»
«No. A quanto pare sembra che sia lui a volermi evitare. Si è rinchiuso nella sua camera.»
«Sono sicuro che farete pace, Phoebe.»
«Non è il rapporto che avrà con me a preoccuparmi. Sono pur sempre sua sorella.»
«E i fratelli dovrebbero amarsi comunque, non è così? Sia nel male che nel bene.»
«Immagino di sì.» Risposi, confusa dalla sua esplicita/implicita domanda. 
«Anche se dovesse ferirti nel peggiore dei modi?»
Il suo ultimo messaggio mi fece rabbrividire. «Mio fratello è una parte di me, Cameron.» Scrissi. «Per quanto possa essere arrabbiato in questo momento, so per certa che non farebbe mai nulla per ferirmi.»
«Devi volerlo un mondo di bene per scrivere questo.»
«Si, è così. Ma immagino che tutti i fratelli si debbano volere bene.»
«Certo, di sicuro sarà così.» Rispose. «È stato bello avere qualcuno con cui passare la serata, Phoebe. Ma credo che se non tento di dormire domani non basterà neanche il correttore. Buonanotte, sogni d'oro.»
Alt. Cambio di direzione. «Spero che sia tu a riuscire a fare sogni d'oro. Buonanotte, Cameron.»
Sembrava una normale conversazione, quest'ultima parte, eppure mi aveva inquietata non poco. Ero incuriosita e preoccupata. Cos'è che teneva sveglio Cameron? E perché aveva un così basso giudizio sui fratelli?
Raccolsi le mie cose e mi andai a gettare sul letto. Nonostante fossi tremendamente turbata e scossa, Morfeo decise comunque di accogliermi tra le sue braccia ma, i miei sogni furono comunque disturbati. I grandi e distrutti occhi azzurri di mio fratello mi inseguirono per tutta la notte supplicandomi di aiutarlo. Ma come si puoi aiutare qualcuno che non vuole essere aiutato?

-Phoebe?- Disse mia madre, bussando alla porta.
-Mh...- mugugnai, stiracchiandomi. -Che c'è?-
-È tardi, tesoro. Devi alzarti.-
-Tardi?- Guardai l'orario sullo scherzo del cellulare, segnante le 07.53. -Cazzo, è tardissimo!- Balzai giù dal letto. 
Mamma aprì la porta della mia camera e mi guardò male. -Cosa sono queste parole?-
-Scusa, scusa!- Borbottai, incespicando tra le lenzuola del letto. -Ma non potevi chiamarmi prima?-
-Di solito punti la sveglia.-
-Devo essermene dimenticata. Vado a fare la doccia, dì a Taylor o a chiunque mi accompagnerà che sto per arrivare.-
-Teddy ha detto che ti accompagnerà lui, a scuola.-
-Che cosa?- Mi bloccai di colpo. -Perché?-
-Perché lo chiedi a me?- Mia madre mi sbatté in faccia le mie stesse parole. 
-Okay, non importa.- Alzai gli occhi al cielo. -Mi sbrigo subito.-
In dieci minuti riuscii ad essere "pronta", così mi precipitai giù dalle scale e quasi non finii addosso a Teddy. 
-Sei pronta?- 
-Si!- Gettai un'occhiata alla sala da pranzo. -Dov'è papà?- 
-Aveva una colazione di lavoro.- Spiegò mamma. -Prima che me lo scordo, oggi non credo di riuscire a tornare per pranzo. Dì pure a Gail cosa farti preparare.-
-Okay, okay.- Le diedi un bacio in guancia. -Ci vediamo questa sera, allora.-
-Buona giornata, amore.- Sorrise. -Passi a prendere anche me, dopo, tesoro?-
-Si, mamma.- Rispose Teddy. -Fatti trovare pronta tra venti minuti. Andiamo, Phoebe.-
Lo seguii timorosa fuori dalla porta di casa e lui non disse niente fino a quando non entrò in macchina. 
-Ti prego, Phoebe. Non odiarmi.-
Mi aspettavo di tutto ma, di certo, non questo. È vero, ero delusa dal suo comportamento e dal modo in cui mi aveva trattata negli ultimi giorni, ma non sarei mai arrivata ad odiarlo.
-Sono stato uno stronzo.- Continuò. -Ti ho trattata di merda e, prima che lo dica tu, si, ho trattato di merda anche lei. Io l'ho fatto solo per la sua felicità, ma non mi sento apposto con me stesso.- Si toccò il cuore. -Non ho pensato, ieri. Non sarei dovuto venire, mi dispiace. E dirò che mi dispiace anche a Jennifer.-
Jennifer. Il suo nome mi roteava vorticosamente nella testa. Non mi aveva mandato nessun messaggio, alla fine, ieri sera, per farmi sapere che andava tutto bene ed io, da ottima amica quale non ero, non l'avevo per niente pensata. 
-Phoebe, ti prego, dì qualcosa.-
-Ti sei comportato da stronzo, è vero.- Ammisi. -E sei stato davvero stupido a venire a scuola, ieri, ma non potrei mai odiarti, Teddy.-
-Davvero?- Girò la testa di scatto.
-Tu l'avresti fatto?-
-No, certo che no.-
-Sono ancora arrabbiata con te.- Lo avvisai. -Non me le sono meritata quelle parole ma so che le hai dette solo perché stai soffrendo quindi sono disposta a perdonarti, ma ad un patto.- 
-Qualsiasi cosa!- 
-Devi chiedere scusa anche a Jennifer. Dirle perché hai fatto ciò che hai fatto. Non merita neanche lei di soffrire così tanto.- 
-Nel cruscotto.- Rispose lui, solamente.
-Che?-
-Apri il cruscotto.-
Obbedii e all'interno, in mezzo al macello che teneva mio fratello, trovai una lettera. 
-È per lei?- 
-Si.- Confermò. -È per lei. Potresti dargliela da parte mia? Voglio solo che la riceva; aprirla o meno sarà una scelta sua.-
-Le hai raccontato la verità?-
-Si. Scrivendo, forse, riesco ad esprimermi meglio che a parole.- Spiegò, guardando nello specchietto retrovisore. -Le ho chiesto comunque di non seguirmi. Se dovesse leggere questa lettera spero che mi ascolti.- 
Quando accostò vicino al cancello della scuola si girò verso di me e disse: -Mi hai perdonato?-
-E tu?- Chiesi. -Tu hai perdonato te stesso?-
Lui mi mostrò un sorriso triste ma non rispose alla domanda. -Phoebe, voglio che tu mi prometta una cosa.-
-Cosa?-
-Rendimi partecipe della tua vita anche quando sarò un po' più lontano da te. Non importa con cosa, voglio solo che tu sappia che io sarò sempre accanto a te, qualsiasi cosa succeda.-
-Qualsiasi cosa succeda?-
-Non fidarti troppo delle persone, okay?- Rispose, confondendomi ancora di più. -Sei così piccola. Non voglio che ti succeda nulla, quindi fa la brava. Ascolta mamma e papà e non metterti nei guai, Phoebe. Promettimelo.- 
-Ma che stai dicendo, Teddy?-
-Promettimelo, Phoebe. Promettimi che starai attenta.-
-Te lo prometto.- Sussurrai. -Starò attenta.-
-Vieni qui.- Mormorò, spalancando le braccia e accogliendomi in un caloroso abbraccio. -Ti voglio bene, ricordatelo sempre.-
-Anch'io...- 
-Okay.- Sorrise, con gli occhi lucidi. -Tre minuti al suo della campana. Farai meglio ad andare.-
-Si, ma che cosa volevi dir...-
-Phoebe!- Sarah mi salutò, con un sorriso a trentadue denti. 
-Su, vai.- Disse mio fratello, lasciandomi sul marciapiede, più confusa che mai.
"Ma che succede?" Fu tutto quello che riuscii a pensare.

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Capitolo 9
*** CASA GREY ***


-Era tuo fratello?- Mi chiese Sarah, affiancandomi. 
-Si...- mormorai. -Si, era lui.-
-E che ti ha detto? Come mai è stato lui ad accompagnarti? Avete chiarito?-
-Devo trovare Jennifer.- Mi guardai intorno, ignorando le sue domande. -L'hai vista?-
La sua espressione si incupì leggermente. -Si, l'ho vista entrare, prima. Che succede?-
-Te lo spiego dopo. Devo andare.- Strinsi la lettera al petto e corsi a cercarla.
Riuscii a trovarla un paio di minuti dopo, seduta nel suo banco. Quando mi vide fece un immenso sorriso.
-Phoebe!-
-Ehi.- Mi affrettai a raggiungerla e la scrutai per bene. -Stai bene?-
-Benissimo!-
-Che hai fatto ieri?-
-Una lunga corsa ristoratrice.- Sorrise. -È servita molto, te lo giuro.-
-E quindi oggi stai benissimo?-
-Phoebe.- Sospirò lei. -Ti prego.-
-Okay, okay.- Alzai le mani in segno di arresa e le posizionai la lettera sul banco.
-Cos'è?- Chiese, confusa. 
-Te lo dico solo se mi prometti di farmi parlare senza interrompermi.-
La sua espressione si incupì in un nano secondo. -Phoebe...-
-Jennifer, ti prego!- La supplicai. -Qui dentro c'è spiegato tutto. Nessuno ti obbliga a leggerla, ma forse potrebbe chiarirti molte cose.-
-È di tuo fratello.- La sua non era una domanda. -Perché mi ha scritto una lettera?-
-Leggila e basta, se vuoi.- Arretrai di qualche passo. -Parleremo domani, okay? Ci vediamo dopo.-
Non le diedi il tempo di rispondere e scappai —letteralmente— dalla classe. Andai così veloce però, da non riuscire a fermarmi in tempo alla vista di Logan. Mi ci buttai contro, praticamente.
-Ehi, piano piccola!- Rise lui, afferrandomi saldamente per evitare che cadessi. -Non c'è bisogno che tu ti butta su di me quando vuoi attenzioni.-
-Scusa.- Arrossii leggermente. -E non volevo buttarmi su di te.-
-Ah, no? E allora dove andavi tanto di fretta?-
-In classe.-
-Non è ancora suonata la campanella.-
-Avevo una ricerca da sistemare.- Mentii. -Quindi ora lasciami andare.-
-D'accordo, come vuoi.- La campanella suonò e lui mi lasciò andare. -Fammi un fischio quando hai bisogno di me.-
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai. -Certo, come no.-
-Ci potremmo divertire, lo sai.- Mi fece l'occhiolino e mi diede una pacca sul sedere, facendomi sobbalzare. -A dopo, piccola.-
-Logan!- Esclamai a gran voce, facendolo solo ridere.
Io e Logan eravamo buoni amici. Ci divertivamo, ogni tanto, insieme, ma non c'era mai stato nulla tra di noi e, ad essere sincera, dubitavo seriamente che ci sarebbe potuto essere qualcosa. Era proprio un bel ragazzo lui, non fraintendetemi. Anche gentile e premuroso, se voleva, ma non mi piaceva in quel senso. Sapeva essere una buona compagnia quando ne avevo bisogno e, a me, non bastava altro. 

-Ragazzi- disse il professore, scrivendo alla lavagna. -Sò che è ancora presto, ma voglio che svolgiate un tema sulla rivoluzione scientifica in massimo 1500 parole. Potete usare ciò che volete, un'enciclopedia, un Wikipedia... l'importante  è che sappiate lavorare nel giusto modo. Non voglio una ricopiatura, ma una stesura utilizzando diverse fonti. Farete un buon lavoro se riuscirete a dedicarvici, quindi vedete di non deludermi.-
La campanella segnante la fine della seconda ora suonò in perfetto orario. Mi alzai velocemente e raccolsi le mie cose dal banco.
-Allora, mi dici che succede?- Sibilò Sarah, affiancandomi. 
Glielo raccontai tutto d'un fiato, soffermando, specialmente, nella parte in cui mio fratello mi faceva promettere di stare attenta.
-Certo, è strano.- Commentò, aprendo il suo armadietto. -Non ti ha spiegato che cosa voleva dire?-
-No, perché in perfetto tempismo mi hai chiamata tu.- Alzai gli occhi al cielo, prendendo i libri per la prossima lezione. -Ma comunque non credo che me lo dirà.-
-E Jennifer? Ha letto la sua lettera?-
-Non lo so. Spero di sì.-
-Ciao piccola.- Alexander circondò i fianchi di Sarah per poi farla girare e baciarla. -Mi sei mancata.-
-Davvero?- Sbuffò lei. -Dove sei stato? Non mi hai detto che non saresti venuto.-
-Mi sono solo addormentato.- Rise lui. -Piantala di preoccuparti.-
Lei socchiuse gli occhi, poi sbuffò e gli diede un veloce bacio sulle labbra. -Okay, dobbiamo andare.- Mi afferrò la mano e mi trascinò via. 
-Sarah!- Esclamai, non appena fummo abbastanza lontane. -Che ti prende?- 
-Niente, perché?-
-Perché hai appena liquidato il tuo ragazzo piuttosto sgarbatamente. Hai presente il tizio che ti ossessiona dall'inizio dell'anno scorso?-
Lei prese un profondo respiro e, dopo essersi seduta al suo posto, mi guardò negli occhi. -Ho paura che mi tradisca.- 
-Perché lo pensi?- Spalancai gli occhi. -Oh mio Dio! Non dirmi che lo hai visto con un'altra perché se è così andrò subito a...-
-Phoebe!- Rise lei. -Non l'ho visto con un'altra.-
-E allora perché lo pensi?-
-Il lupo perde il pelo ma non il vizio, non si dice così?- Si strinse nelle spalle. -Insomma, lo ha già fatto una volta. Perché non dovrebbe rifarlo?-
-Forse perché ha percorso non so quanti chilometri per raggiungerti ad Amsterdam e scusarsi per l'immensa cazzata?-
-Non lo so- alzò lo sguardo verso il tetto. -È solo che ogni tanto ha dei comportamenti strani. Lo amo da morire ma non posso ancora fidarmi del tutto di lui.-
-Okay, hai ragione. E allora che facciamo?-
-In che senso?-
-Come facciamo a calmare i tuoi sospetti?-
-Non facciamo niente.- Socchiuse gli occhi. -Aspetteremo e basta.-
-Aspetteremo e basta? Sei seria?-
-Buongiorno ragazzi.- La professoressa Miller entrò in aula. -Scusate per il ritardo. Spero che siate pronti per il compito.-
Sarah si strinse nelle spalle e sospirò. -Parliamo dopo.-
-A casa mia.- Sibilai. 

Quando, a terza ora, Sarah sparì completamente, decisi che era inutile aspettarla, così mi avviai al mio armadietto. 
-Ehi, Phoebe!- Mi salutò Drake, accompagnato da alcuni ragazzi della squadra di hockey.
-Ciao, ragazzi.- Sorrisi. -Tutto okay?-
-Solite noie.- Rispose Stephan. -Così abbiamo deciso di dare una festa, questa sera.-
Drake mi passò un foglio. -Ci vieni?-
"E chi lo dice a mamma e papà?" Pensai, prima di piagnucolare un -proprio questa sera?-
-Già. Non puoi?- Chiese Harold, deluso. 
-Questa sera non credo proprio.- Mi strinsi nelle spalle. -Mi dispiace, ragazzi.-
-Okay, non è un problema.- Disse Drake. -Domani Danny ne darà un'altra a casa sua. È sabato, quindi non puoi mancare.-
-Certo, domani ci sarò di sicuro!-
-Perfetto! Allora porta pure chi vuoi. Conosci il motto: più siamo più ci si diverte.-
-È un motto del cazzo, amico.- Rise Harold, dando una pacca a Stephan. 
Lui alzò gli occhi al cielo e lo spintonò scherzosamente. -Fottiti.-
-Allora ci vediamo domani.- Sorrise Drake. 
-Solito orario?-
-Si, solito orario.- Rispose. -Non fare tardi. Devi animare la festa.-
-Io sono sempre puntuale.- Borbottai, dirigendomi al mio armadietto. 
-Ciao, Phoebe!- Cameron mi raggiunse con un sorriso splendente. -Vedo che sei riuscita ad alzarti, questa mattina.-
-Per un pelo.- Borbottai. -Tu invece, riesci addirittura ad essere felice?-
Il suo sorriso svanì in un nano secondo, lasciando posto ad un'espressione confusa.
-Stavo scherzando!- Alzai gli occhi al cielo. 
-È un crimine svegliarsi felici al mattino?-
Lo guardai come se mi avesse appena detto che la Terra in realtà è piatta. -Veramente si.- Dissi, per poi aggiungere: -almeno per me.- 
-Lo è anche per me.- Sogghignò lui. -Non credo che esista una singola persona capace di riuscire a svegliarsi con il sorriso ma, giusto per la cronaca, siamo già a terza ora, quindi non mi sono appena svegliato.-
-Buono a sapersi.- Mi chiusi l'armadietto alla spalle. -Posso chiederti una cosa?-
-Certo.- Rispose, sorpreso. 
-Che impressione ti ha dato Alexander? E, ti prego, dimmi la verità.-
-Ehm...- sembrò pensarci un attimo. -Mi sembra un tipo apposto. Molto socievole e simpatico. Perché?-
Abbassai le spalle, leggermente delusa. -Così, era solo una domanda innocua.-
-Davvero?-
-Davvero.- Confermai. -Allora, vai alla festa di questa sera?-
-No.- Alzò gli occhi al cielo con fare disgustato. -Non credo proprio. E tu?-
-Non oggi, ma domani si. Non ti piacciono le feste?-
-Non tanto.- Fece una smorfia. -In realtà non mi piacciono per niente.-
-Forse dovresti provare. Magari non ti piacciono perché non ti piaceva vivere nella tua vecchia città. Sono divertenti qui, le feste.-
-Mi stai invitando?-
-Si, Cameron.- Risi. -Ti sto invitando ufficialmente alla festa che domani sera darà Danny. Ci vieni?-
-Non lo so...-
-Oh, e dai!- Misi il broncio. -Non farti supplicare! Domani è sabato. Che altro hai da fare?-
-Potrei fare un sacco di altre cose.-
-Okay. Ad esempio?-
-Tu passi tutti i sabati alle feste?-
-No, certo che no.- Esclamai. -Ma non hai risposto alla mia domanda.-
-Non lo so. Potrei fare qualsiasi cosa, Phoebe. Uscire, guardare un film, mangiare una pizza.-
-È quello che faccio quando non vado alle feste.- Commentai. -Ma, giusto perché tu lo sappia, vado alle feste perché adoro ballare e poi si mangia, si beve, per chi vuole, e giochiamo. Facciamo tutti quei giochi scemi che fanno i ragazzi alle feste, di solito.-
-Come il gioco della bottiglia?-
-Come il gioco della bottiglia.- Confermai. -Però è divertente.-
-È divertente baciare o fare qualcosa che solo Dio sa, con un perfetto sconosciuto?- Un lampo di rabbia gli attraverso gli occhi. -No, grazie. Queste cose non fanno per me.-
-Guarda che non ti costringe nessuno a giocare. Ognuno si diverte come vuole. Non puoi criticare le persone per questo, Cameron.-
-Non le sto criticando ma, oh, andiamo, Phoebe!- Esclamò. -Guardami negli occhi e dimmi che c'è chi va alle feste giusto per ridere e scherzare con gli amici senza toccare un goccio di alcool e, magari, anche solo per ballare.-
Strinsi le labbra e lo guardai negli occhi, senza sapere cosa dire.
-Ecco, appunto.-
-Io non bevo, solitamente.- Dissi. -Ma mi piace giocare.-
La sua espressione si fece confusa e poi, d'un tratto, quasi arrabbiata. -Ah.- Fu tutto quello che riuscì a dire. -beh, ognuno si diverte come vuole, come hai già detto.-
-Il fatto che mi piaccia giocare non vuol dire che accetti di baciare gli sconosciuti o di "fare qualcosa che solo Dio sa"- lo citai. -Non sono una puttana, Cameron.-
-Non lo stavo insinuando.-
-Ma lo hai pensato quando ti ho detto che mi piace giocare.-
-E che cosa avrei dovuto pensare? Che ti piace rinchiuderti in una stanza con un tizio, magari ubriaco, senza fare nulla?- Chiese. -Mi dispiace, ma è impossibile.-
-Io mi diverto alle feste, anche se non mi ubriaco e se non bacio gli sconosciuti.-
-Questa conversazione è stupida.- Borbottò. -Non vedo come potrei divertirmi.-
-Okay, diciamo che per ora non sei pronto per le feste, ma prima o poi ti ci porterò e ti farò ricredere. Allora che facciamo, domani?-
Lui restò a bocca aperta ma si riprese subito. -In che senso?-
-Niente festa, abbiamo deciso. Ma dobbiamo fare qualcosa. Mi rifiuto di passare il sabato a casa.-
-Ehm...- la campanella segnante la fine del break suonò, impedendogli così di rispondere. 
-Okay. Hai ancora due ore per pensarci. Ti va di venire a casa mia a pranzare? I miei non ci sono. Ma dovrai essere fuori entro le 16.00. Mio padre non ama molto ritrovarsi ragazzi a casa sua, senza preavviso. E neanche con il preavviso, in realtà.-
-E allora come fa a mandarti alle feste, il sabato?-
-Piantala con queste feste.- Alzai gli occhi al cielo. -E vedi di pensare a cosa fare sabato. Ci vediamo direttamente all'uscita, a dopo!- 

Quando le lezioni finalmente finirono, sibilai a Sarah un: -dove diavolo sei stata, prima?-
Lei rise e si spostò un ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio. -Ho seguito Alexander.-
-Seguito? Non avevi detto che non avremmo fatto nulla?-
-Infatti.- Sospirò. -Avrei dovuto ascoltarmi perché dieci minuti dopo mi ha beccata.-
-Ma perché non hai chiesto il mio aiuto, Sarah?!-
-Perché sarebbe stato ancora più complicato non farci scoprire, in due!- Ridacchiò. -Comunque sia, abbiamo parlato e gli ho esplicitamente detto che non mi fido di lui a causa dei suoi strani comportamenti.-
-Wow, che audace.- Alzai gli occhi al cielo. -E che ti ha detto lui, a sua discolpa?-
-Non mi ha risposto. Mi ha invitata oggi a pranzo, premettendo che mi sarebbe piaciuto da morire.-
-Andare a pranzo da lui?- 
-Non lo so, immagino di sì.-
-Probabilmente farete sesso.- Alzai le spalle e mi diressi verso l'uscita. 
-Phoebe!- Gridò lei, rossa come i suoi capelli. -Non dirlo neanche! Non potrei mai! Non ora, almeno.-
-Quindi se dovesse esserci una certa atmosfera tra di voi, tu rifiuteresti?-
Lei restò a bocca aperta senza riuscire a parlare.
-Rilassati.- Risi. -Se non ti senti pronta non è un problema. Fallo aspettare, è meglio.-
-Non... non si tratta di farlo aspettare.- Balbettò. -Ma non mi va di farlo con lui se prima non mi fido ciecamente. E se poi dovesse lasciarmi?- 
-Lui soffrirebbe più di te perché lo manderei all'inferno a calci in culo.- 
Sarah scoppiò a ridere e mi abbracciò velocemente. -Perché ci siamo fermate qui? Alexander mi aspetta alla sua macchina.-
-Oh, sì, giusto.- Schioccai le dita. -Ho invitato Cameron a pranzo, gli ho detto che lo avrei aspettato qui.-
-Aspetta. Tu hai fatto cosa?-
-Già.- Risi alla sua reazione. -Dobbiamo decidere cosa fare sabato. Diciamo che l'ho invitato alla festa ma lui non ne vuole proprio sentire parlare.-
-E perché hai invitato lui? Che cosa c'è tra di voi?-
Alzai le spalle e le sorrisi. -Stiamo diventando amici.- Risposi. -Mi intriga.-
-Allora forse dovrei iniziare a preoccuparmi.-
-Forse sì, visto che oggi eri in programma anche tu con noi.- Risi. -Ora siamo a casa mia, da soli.-
-Oh mio Dio! Phoebe!- Rise lei. -Sarò io stessa a denunciarti per molestie sessuali!-
-Come no. Va dal tuo principe azzurro, piuttosto. Non è educato farlo aspettare.-
-Si.- Mi diede un bacio in guancia. -Ti chiamo non appena torno a casa. Fa la brava.-
-Si, mammina.- Risi.
Cameron arrivò tre minuti e mezzo dopo che Sarah andò via. Lo so perché lo cronometrai. 
-Non ti hanno mai insegnato che non è educato far aspettare una donna?-
-Sono solo passati cinque minuti dal suono della campanella.- Rise. -Credevo che saresti stata tu ad essere in ritardo.-
-Beh, ecco un'altra cosa in cui sono perfetta: sono sempre puntuale; tranne che alle lezioni.-
L'ultima mia affermazione lo fece ridere. -Okay, lo terrò annotato. Allora, qual é il programma di oggi?-
-Beh, innanzitutto dovremmo andare in macchina. Taylor ci porterà a casa e lì troveremo Gail che ci cucinerà qualcosa di buono.-
-E a loro non dispiacerà la mia presenza?-
-Che c'è? Sei preoccupato?- Risi. -Non c'è nessun problema, te lo assicuro.-
-Non sono preoccupato.- Distolse lo sguardo.
-Lo spero, perché adesso dovrai salutare Taylor.- Lo vidi impallidire prima che spalancassi la portiera dell'auto. -Buongiorno, Taylor!- Trillai. 
-Buongiorno, Phoebe.- Rise lui. -Sei di buon umore, oggi?-
-Buongiorno.- Cameron si sedette nei sedili posteriori. -Lei deve essere Taylor, è un piacere conoscerla. Phoebe mi ha parlato tanto di lei.-
Taylor alzò le sopracciglia, chiaramente stupito dalla sua entrata. -Il piacere è mio...-
-Cameron!- Rispose.
-Cameron.- Ripeté, lanciandomi un'occhiata. -Non sapevo che avresti portato degli amici a pranzo.-
-Già, è stata una cosa fatto all'ultimo momento.- Cinguettai, allegra. -Oggi sua madre lavora ed è era rimasto senza pranzo. Non potevo lasciarlo morire di fame, non credi?-
Cameron spalancò gli occhi ma non osò fiatare. 
Il resto del tragitto lo passammo in silenzio, ma non fu imbarazzante, almeno per me. Avevo alzato la musica ad un volume più alto del solito. 
-Lasciate pure gli zaini qui dentro.- Disse Taylor, accostando. -Li porto io.-
-Oh, ma non c'è bisogno.- Si affrettò a dire Cameron. 
-Già, non preoccuparti, Taylor.- Lo assecondai, scendendo dalla macchina. 
Cameron mi imitò per poi affiancarmi. 
-Sembra ancora più grande di quanto non mi fosse già sembrata ieri sera.- Commentò, osservando casa mia. -È un castello, per caso?- 
-Che esagerato!- Risi. -Su, entriamo, ho una fame da lupi.-

-Porca. Miseria.- Esclamò, non appena ci ritrovammo in salotto. -Ma questa è una corte reale, non una casa!-
-Sei davvero buffo, sai?-
-Buffo?- 
-Già.- Risi. -Andiamo in cucina a vedere che cosa prepara Gail.-
Cameron mi seguì in silenzio, ma vedevo che stava osservando ogni minimo particolare, stupito. 
-Ciao, Gail!- Esclamai, dandole un bacio in guancia e aprendo il frigo. -Che cosa prepari?-
-Ciao, tesoro!- Si illuminò lei. -Manicaretti. Ti vanno?- 
-Non lo so.- Feci un enorme sorriso. -Ci vanno i manicaretti, Cameron?-
Gail si girò di scatto verso di lui e rimase un attimo interdetta. -Oh, ciao! Tu sei...?-
-Cameron!- Trillò lui, velocemente, avvicinandosi per porgerle la mano. -Adoro i manicaretti. Spero che non sia un disturbo, per lei, avermi qui.-
Gail gli strinse affettuosamente la mano e sbuffò. -Ma figurati. Fa pure come se fossi a casa tua!-
Gli sorrisi beffarda e gli mimai un "visto? Non hai niente di cui preoccuparti." 
-Apparecchio?- 
-No, grazie.- Rise lei. -Ho già sistemato tutto.-
-Okay. Allora faccio fare a Cameron il giro della casa.-
-Certo. Vi chiamo non appena è pronto.-
-D'accordo, grazie.- Mi rivolsi a Cameron. -Iniziamo dalla sala da pranzo?-
-Certo.-
Gliela mostrai ed è inutile dire che ne rimase totalmente entusiasta. 
-Le dimensioni di questa sala da pranzo saranno quanto tutta la mia casa!- Esclamò sbalordito. -È pazzesco! È tutto così... sofisticato. È il paradiso.-
-Che sei scemo.- Risi. -Non è poi così grande.-
-Questo lo dici solo perché non hai visto la mia di casa.-
-Oh, andiamo! Non può mai essere grande quanto questa stanza!-
-Okay.- Si arrese. -Forse sto un pochino esagerando, ma è solo che è davvero strabiliante.-
-È solo una casa.- 
-Okay, okay.- Cercò di darsi un contegno. -Che altro mi fai vedere?-
-Qui c'è un secondo salotto.- Risposi. -È più grande di quello che c'è all'entrata, e più attrezzato, direi.- 
-Lo direi anch'io.- Rise. -Tutte queste console sono di tuoi fratello?-
-Qualcuna appartiene anche a mio zio Elliot.- Ammisi, ridendo. -Ogni tanto viene qui a giocare con Theodore. Ma non si fa problemi a giocare da solo, se lui non c'è.-
-Neanche io me ne farei, veramente.- 
Scoppiai a ridere dinanzi alla sua risposta e lui si strinse nelle spalle, imbarazzato, cosa che, tra l'altro, mi fece ridere anche di più. 
-Ragazzi!- Gridò Gail, dalla cucina. -È pronto!-
-Bene.- Lo affiancai. -Sei pronto ad assaggiare il miglior pranzo della tua vita?-
-Sono pronto a tutto.- Ammise, aprendosi in uno splendido sorriso.
-Bene. Era quello che volevo sentirti dire.-

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Capitolo 10
*** BECCATA ***


-Non le dispiace, vero, se d'ora in poi verrò a mangiare qui?- Scherzò Logan, rivolgendosi a Gail, decisamente più tranquillo.
-Sarò felice di cucinare per te ogni volta che vorrai.- Sorrise lei. 
-Ehi, ehi, ehi.- Borbottai, prendendo un sorso d'acqua. -Non familiarizzate.-
Gail scoppiò a ridere e mi pizzicò una guancia. -Stai tranquilla, non ti cambierei mai con nessuno.- Sussurrò, prendendo i piatti. -Vado a prepararvi il dolce. Mangiate pure.-
-Il dolce?- Cam alzò le sopracciglia, sorpreso. -Non c'era bisogno che si disturbasse così tanto.-
-A Gail piace fare così.- Alzai le spalle. -Ti consiglio di mangiare e farle i complimenti.-
-Ricevuto.- Rise lui, tagliando un pezzo di pane.
-Allora- iniziai, tagliando una fetta tenerissima di carne. -Proponimi i tuoi progetti per sabato.-
-Guarda che non sei costretta a non andare alla festa solo perché io non voglio andarci.- 
-Questo lo so benissimo.- Sorrisi. -Ma preferisco vedere come ti diverti tu, il sabato, piuttosto che andare alla festa.-
-Perché?-
-Perché no?-
-Questa non è una risposta.-
-E la tua non è una domanda.- Lo presi in giro. -Che male c'è? Sei nuovo qui, non conosci ancora tante persone. Io potrei essere un'ottima guida turistica.-
-Quindi sei disposta a sprecare il sabato sera per farmi da 'guida turistica'?-
-Ehi! Non si tratta di 'sprecare il sabato'.- Alzai gli occhi al cielo. -Ci divertiremo comunque.-
-E chi vorrai mai farmi conoscere? Saranno tutti alla festa, a quanto ho capito.-
-Qualcuno lo troveremo.- Feci un sorrisetto. -Tu cosa facevi, il sabato, prima di venire qui?-
-Nulla di speciale.- Alzò le spalle. -Di solito mi dedicavo al disegno.-
-E non avevi degli amici con cui passare il tempo, ogni tanto?-
-Beh, non li definirei esattamente "amici"- disse, finendo la carne. -Ma si, qualcuno c'era.-
-Dev'essere stato terribile.-
-Come ho detto, non ho mai sopportato di dover vivere lì. Non era tanto la città ad inquietarmi, ma le persone.- Abbassò lo sguardo sul suo piatto vuoto.
Il giorno prima era stato lui a risollevarmi il morale, quindi, in quel momento, toccava a me. 
-Okay, non importa!- Esclamai, richiamando la sua attenzione. -Ora sei qui, è questo che conta, giusto?-
-Si.- Sorrise senza esitazioni. -Si, non potrei essere più felice.-
-Ecco qui, ragazzi.- Gail entrò, con due piattini in mano. -Li ho appena fatti, quindi sono ancora un po' caldi.-
-Oh, grazie mille. Non doveva.-
-Nessun disturbo, caro.- Sorrise lei. -Phoebe tua madre mi ha chiamato e ha detto che ritornerà prima.-
-Davvero?- Chiesi, tra il felice e lo spaventato. -E papà?-
-È andato a New York, non ritornerà prima di questa sera sul tardi. Non lo sapevi?-
-No, non me lo aveva detto. Ma grazie, Gail.-
-Fammi sapere se il budino ti piace, Cameron.-
-Già l'aspetto mi fa venire l'acquolina in bocca.- Rise lui. 
Lei sorrise e lasciò la stanza. 
-Dio, Phoebe.- Gemette, non appena assaggio la prima cucchiaiata. -Ti prego, posso affittarla per un po'?-
-Neanche per idea.- Risi.

-Wow- mormorò stupito, non appena entrò in camera mia. 
-Sembra che tu non sappia dire altro da quando sei entrato in questa casa.-
-Hai ragione, mi dispiace.- Rise. -Però la tua camera è davvero fantastica.-
-Che c'è?- Lo presi in giro. -Ti aspettavi la camera di una principessa, tutta costernata di rosa e glitter?-
Lui scoppiò a ridere e si guardò intorno. -Beh...non l'avrei definita esattamente così.-
-Ma te lo saresti aspettato.- Lo spintonai scherzosamente. -Che stronzo. A me neanche piace il rosa. Smettila di farti idee sbagliate.-
-Hai ragione, scusa. Mi piace il blu, rispetto al rosa.-
-Guarda che le pareti non sono blu, ma azzurre. Turchesi, se vogliamo essere puntigliosi.-
-E che cosa cambia?- Rise. -Fa parte sempre del colore blu, l'azzurro.-
-Perché voi ragazzi non sapete distinguere i colori?- Sbuffai. -Siete così frustranti.-
-Siamo frustranti perché non sappiamo distinguere un blu dall'azzurro o un azzurro dal turchese?-
-Esattamente! E poi a te piace disegnare, i colori dovresti saperli distinguere!-
-A me piace disegnare, hai detto bene. Di solito uso la matita o la penna. Non ho mai colorato nessuno dei miei disegni, li rovinerei.-
-Okay, lasciamo perdere.- Sbuffai. -È una conversazione stupida.-
-A me piaceva.- Mi prese in giro lui. 
Alzai gli occhi al cielo, facendolo ridere.
-Allora, dovrò andarmene prima delle quattro?-
-No, resta pure quanto ti pare. Mia madre è più facile da domare, rispetto a mio padre. Non le dispiacerà.-
-È più facile da domare? Sul serio?-
-Già.- Ghignai. -Sul serio.-
-Sei davvero incredibile.- Sbuffò.
-Lo so.- Gongolai, offrendogli il posto a sedere sul mio letto. -È quello che dicono tutti.-
Lui alzò gli occhi al cielo e si lasciò andare pesantemente sul letto. -Credo che la tua vanità sia una vera malattia.-
-La mia vanità?- Scherzai. -Dico solo le cose per come stanno.-
Lui, per tutta risposta, prese il primo cuscino che gli capitò sotto mano e me lo sbatté in faccia, senza darmi il tempo di capire cosa stesse succedendo, poi, scoppiò a ridere, probabilmente divertito dalla mia espressione sbigottita. 
-Ehi! Sei sleale!- Esclamai, cercando di sovrastare la sua risata. -Mi hai colta all'improvviso, non è giusto.-
-Avresti dovuto vedere la tua faccia, Phoebe!-
Strinsi le labbra in una linea sottile e, approfittando della sua risata incontenibile, gli restituii il favore, centrandolo in pieno viso.
-Ma allora mi stai dichiarando guerra.-
-No!- Esclamai, balzando in piedi e capendo le sue intenzioni. -Volevo solo restituirti il favore.-
-E ci sei riuscita perfettamente.- Rispose con un sorrisetto, alzandosi. -Ma io odio perdere.-
-Anch'io.- Indietreggiai, mettendomi le mani davanti, a mo' di barriera. -Ma questo non lo definirei un 'aver perso'. Direi un 'aver pareggiato'.-
-Non mi piacciono neanche i pareggi. Io odio perdere, quindi devo vincere.- Scattò in avanti, cogliendomi di sorpresa, e mi afferrò la vita.
-No!- Squittì, e, quando le sue dita iniziarono a solleticarmi la pancia, capii quale sarebbe stata la sua vendetta. -Ti prego, no!-
-Menomale.- Sorrise vittorioso. -Temevo che non soffrissi il solletico.-
-Cameron!- Risi, contorcendomi e cercando inutilmente di liberarmi. -Ti ammazzo.-
-Chiamami 'Cam' e la smetto.-
-Cos'è un ricatto?- Ci provai con tutte le mie forze a liberarmi dalla sua stretta, ma lui, per quanto 'non amasse lo sport', era comunque più forte di me. 
-Hai intenzione di soffrire ancora a lungo, pur di non darmi questa soddisfazione?- Rise lui. 
-Sono piuttosto resistente.- Squittii, ormai con le lacrime agli occhi. -Ti prego, basta.-
Funzionò. La smise di farmi il solletico ed io riuscii subito a prendere una bella boccata d'aria. 
-Sei morto.-
-Sei piuttosto deboluccia.- Rise. -Dovresti allenarti.-
-Che cosa stai cercando di dire?- Socchiusi gli occhi. -E tu, comunque, per essere uno che non ama lo sport, sei troppo forte. Hai sviluppato muscoli a furia di disegnare?- Lo presi in giro. 
Lui cercò di ridere alla mia battuta ma la risata uscì piuttosto nervosa, così disse: -Si, qualcosa del genere.-
Lo fissai, indecisa se chiedergli il perché del suo strano comportamento. Decisi però che non potevano ancora essere affari miei, così mi limitai a dirgli: -Voglio che tu mi faccia un disegno, così lo appenderò in questa camera.-
Lui inarcò un sopracciglio e fece un sorrisetto. -Vuoi?-
-Per favore, Cameron.- Chiesi. -Vorresti deliziarmi con la tua grande abilità di artista, dedicandomi un disegno che stia bene nella mia umile cameretta?-
Lui scoppiò a ridere e scosse la testa. -Questa camera è tutt'altro che umile, Phoebe!-
-Non è vero!-
-Okay, okay. Che tipo di disegno vorresti fatto?-
-Non lo so, sorprendimi. Vorrei solo una cosa.-
-Cosa?-
-Che tu lo colorassi.-
Lui spalancò gli occhi. -È fuori discussione.- Scosse la testa. -Te l'ho già detto. Io non coloro i miei disegni.-
-E quindi non ho nessuna possibilità per convincerti?-
-No, mi dispiace.- Rise.
-Okay.- Mi arresi. -Ma fallo a penna, almeno.-
-A penna? Sei sicura?-
-No, non ne sarò sicura fino a quando non me lo mostrerai.- Lo presi in giro. -Ma voglio fidarmi del mio intuito.-
-E cosa ti dice questo intuito?-
-Che sarà bellissimo.-
Lui sorrise e poi disse: -Ho sentito dire che c'è un bowling, qui vicino.-
-Si, si trova in centro.-
-Allora potremmo andare lì, domani.-
-Finalmente ti sei deciso?- Sorrisi, prendendolo in giro. -Vada per il bowling, ma ti avverto: non stare vicino a me mentre lancio la palla. Potrei ferirti gravemente.-
-Ferirmi gravemente?- Scoppiò a ridere. -Sul serio?-
-Si, sono una frana in questo gioco.- Misi il broncio. -Però è divertente.-
-Vorrà dire che avrò la vittoria assicurata.-
-Perché? Tu sei bravo?-
-Me la cavo. Da piccolo giocavo un sacco.-
-Allora potresti farmi da insegnante.- Cinguettai. 
-No.- Ghignò lui. -Ci tengo alla mia vita.-
Spalancai la bocca. -Brutto stronzo!- Esclamai, facendolo ridere di più.
-Che c'è? Me lo hai detto tu di stare attento!-
Socchiusi gli occhi. -Io apprendo velocemente. Potrei batterti in un secondo, domani.-
-Staremo a vedere.- Sorrise, portandosi le mani dietro il collo. -Ricordati che a me non piace perdere.-
-E a chi piace?- Lo sfidai. -Sono piena di assi nella manica.-
-Certo, Phoebe.- Rise lui. -Continua a ripetertelo.-

Quando, un'oretta dopo, io e Cameron ci trovammo sul mio letto a fare commenti stupidi sul film che avevamo decido di vedere, qualcuno bussò alla porta. Immaginai fosse mia madre e, immaginai soprattutto, che lei fosse a conoscenza che in camera con me ci fosse un ragazzo. Lo sapevo perché mia madre non aveva l'abitudine di bussare prima di entrare.
-Si?- Chiesi, mettendo in film in pausa.
Mamma aprì la porta e fece un gran sorriso. -Ciao, tesoro!-
-Ciao, mammina.- La presi in giro. 
Cameron balzò in piedi alla sua vista, quasi come avesse appena preso la scossa. Mi fece ridere la sua reazione.
-Ciao.- Esclamò mamma. -Tu devi essere Cameron.-
-Esatto.- Rispose lui, imbarazzato. -Grazie per l'ospitalità, Mrs.Grey.-
-Oh, ti prego- sbuffò. -Chiamami pure Ana.-
-Okay, Ana.- La rimbeccai. -Grazie per essere venuta a salutarci. Tutto bene a lavoro?- 
Mamma alzò gli occhi al cielo e mi sorprese dicendo: -come tu faccia a stare qui con lei è un'enigma per me, Cameron.-
Lui sbatté gli occhi un paio di volte e poi scoppiò a ridere. Ovvio che ne ridesse il bastardo.
-Ah, ah, ah- sbuffai. -Sei esilarante, mamma.-
Lei, per tutta risposta, mi venne a dare un bacio in fronte e mi accarezzò il viso. -Teddy ha detto che non torna per cena. Quindi questa sera siamo solo noi due.-
Lessi il messaggio in codice. Mamma, quando voleva, sapere essere peggio di Sarah. Mi avrebbe fatto il terzo grado quella sera, un po' come succedeva con mia zia Kate. L'unica differenza era che zia faceva la giornalista, mamma no.
-Fantastico.- 
-Cameron, tu pensavi di fermarti a cena?- 
-Oh, no! La ringrazio Mrs.Grey, ma devo rientrare a casa.-
Mamma socchiuse gli occhi, probabilmente seccata dal fatto che l'avesse di nuovo chiamata 'Mrs.Grey', ma poi scosse la testa e gli sorrise dolcemente. Troppo, per i miei gusti. 
-Sarà per una prossima volta, allora.-
-Certo, con piacere!- 
-Bene, allora. Io vado a farmi una doccia. Avete bisogno di niente, ragazzi?-
-Nulla mamma, grazie.-
Lei ci sorrise e poi lasciò la stanza, lasciandoci al nostro film. 
-Tua madre sembra davvero fantastica!-
-Certo che lo è. Sono sua figlia.- Gli ricordai, facendolo ridere. -Ma ti avverto, potrebbe arrabbiarsi sul serio se dovessi chiamarla ancora Mrs.Grey. Lei si sente più a suo agio se la chiami Ana.-
-Ma è strano.- Ammise. -Però ci proverò.-

Fu ancora più piacevole di quello che mi aspettavo, passare il pomeriggio con Cameron. Scoprii di lui che, oltre ad essere bravo nel disegno, adorava fotografare i paesaggi. Mi aveva fatto vedere un paio di foto scaricate nel cellulare, ed è inutile raccontarvi che mi aveva già conquistata alla prima. 
-Quante qualità nascoste hai ancora?-
-Non saprei.- Rise, seguendomi in cucina. -Domani potrei sorprenderti a bowling.-
-Sinceramente mi sorprenderesti anche se tu riuscissi a buttare giù un solo birillo.-
Lui scoppiò a ridere e poi mi chiese: -Porterai anche Sarah?-
-Credo di sì, e ci sarà anche Alexander.- Risposi. -Ma devo vedere se non andranno alla festa. Comunque al bowling ci sarà anche un sacco di gente.-
-E dove andremo a mangiare?-
Gli rivolsi un sorriso a trentadue denti. -Al bowling c'è anche una pizzeria italiana.-
-Oh mio Dio!- Rise. -Dici sul serio?-
-Eccome! Cosa c'è di più bello, dopo una bruciante sconfitta, di una buona pizza?-
Lui continuò a ridere ma poi aggrottò le sopracciglia e uscì il cellulare dalla tasca. -Mia madre è qui.- Mi informò. -Devo andare.-
-Certo! Lo zaino dovrebbe essere ancora all'ingresso. Ci mettiamo d'accordo per l'orario, okay?-
-Ti manderò un SMS- sorrise, avviandosi all'ingresso.
-Mamma!- Gridai. -Cameron sta andando via!-
-Arrivo!- Rispose, scendendo le scale. -È stato davvero un piacere averti qui, caro. Spero che tu torna presto.-
-Con molto piacere.- Rispose lui. -Grazie per avermi ospitato Mrs... Ana.- Si corresse subito.
-Nessun problema.-
-Okay.- Mormorai, aprendogli la porta. -Sei stato un'ottima compagnia oggi, quindi grazie.-
-Grazie a te per aver evitato che morissi di fame a causa del fatto che mia madre fosse a lavoro.- Mi prese in giro lui. -Mi sono divertito.-
-Sarò felice di aiutarti ogni volta che vorrai.- Scoppiai a ridere. -Ci vediamo domani, allora.-
-Certo.- Mi baciò la guancia destra e, prima di voltarsi e andare verso la sua macchina, mi disse: -ti faccio sapere a che ora. A domani, Phoebe.-
-A domani...- mormorai alle sue spalle, arrossendo leggermente. 
Salutai la madre di Cameron e poi mi chiusi in fretta la porta alle spalle, appoggiandomici contro. Chiusi gli occhi e mi feci scappare una risatina ma, quando li riaprii, mamma era davanti a me, a fissarmi con un gran sorriso.

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Capitolo 11
*** UN NUOVO CAPITOLO ***


-Non è come sembra.- Sospirai, squadrando mamma. -È solo un amico. Si è appena trasferito a scuola, quindi deve farseli degli amici, no?-
-Ma guarda che stai dicendo tutto tu, tesoro.- Rise mamma. -Io non ti ho ancora chiesto niente.-
-Prevenire è meglio che curare. Non si dice così?-
-Non c'è niente da curare, te lo assicuro. Cameron sembra un bravo ragazzo.-
Aveva detto bene, mia madre. SEMBRA. Cameron sembrava davvero un bravo ragazzo, e lo era di sicuro, probabilmente, ma, i suoi strani comportamenti, mi facevano capire che c'era dell'altro. Nulla di troppo promettente.
-Si, ma lo conosco da tre giorni.-
-E questo che vuol dire?-
-Dovresti essere tu la mamma, o sbaglio?- Sbuffai. -Non è troppo presto per dargli un così bel giudizio?-
-Ho solo detto che sembra essere un bravo ragazzo, tesoro. Non vi sto preparando il matrimonio.-
-Già, certo.- Alzai gli occhi al cielo. -Ma se ci fosse stato papà, al posto tuo, sono sicura che non avrebbe esitato a preparargli il funerale.-
-Non è che c'è qualche problema, al di là di questo, Phoebe?- L'espressione di mamma diventò preoccupata. -A me puoi dirlo. C'è qualcosa che ti preoccupa?-
"Dopo il modo in cui mi ha lasciata oggi Teddy a scuola? Cavolo, si!" Avrei voluto gridarle. Invece mi limitai a fissarla in silenzio. Non è che avessi paura di Cameron o altro, però Theodore mi aveva spaventata davvero.
-Ti va se ci mettiamo un po' sul divano?-
-Okay.- Acconsentii, seguendola. -Come mai papà è andato a New York senza dire nulla?-
L'esile figura di mamma si irrigidì non poco alla domanda. -Lo hanno chiamato all'improvviso, non ha potuto rifiutare.-
-E per cosa l'hanno chiamato?-
-Una conferenza...-
-Su cosa?-
-Phoebe- mi rimproverò lei. -Stai cercando di sviare il discorso.-
"Anche tu." Avrei voluto dirle. 
-Tuo fratello mi ha raccontato tutto.-
Alzai lo sguardo di scatto. -Davvero?-
-Si.- Mormorò. -Era distrutto. Mi ha raggiunta a lavoro e ha buttato fuori tutto quello che aveva da dire.-
-E...?-
-Gliel'ho detto anch'io che ha sbagliato di grosso. Ma... visto che lo ha fatto solo per amore, potrei anche chiudere un occhio. Adoravo quella ragazza. Non immagino neanche di come stia. Teddy ora è più tranquillo, però. Mi ha detto che hai dato a Jennifer una lettera da parte sua.-
-Si.-
-E credi che lei la leggerà?-
-Stava cercando di essere davvero forte, mamma. Vuole superare la cosa, ma io credo che non riuscirà a non aprirla.- Ammisi. -Ma non voglio che Teddy vada via.-
Lei sorrise tristemente. -Tesoro, questo è uno dei giorni peggiori e migliori al tempo stesso che due genitori possano mai pensare.- Mi accarezzò il viso. -Siete stati proprio tu e Teddy a rendere me e tuo padre una famiglia completa. Non potrei mai immaginare la mia vita senza uno di voi, ma so che un giorno dovrò lasciare andare i miei due pargoletti. Ormai siete grandi, Phoebe, ed è giusto così.-
-E come fai ad accertarlo così facilmente, mamma? Come farò senza Teddy?-
-Oh, tesoro! Non sta andando via per sempre. Lui tornerà. E poi...- aggiunse. -Con tutti gli aggeggi che ci sono oggi potrete vedervi ogni giorno.-
-Crescere fa schifo.-
-Crescere può anche essere una delle avventure più belle che una persona possa superare. Sai cosa mi ripetevi sempre da bambina?-
-Che avrei voluto poter essere come Peter Pan?-
-Già. Me lo ripetevi costantemente. Mi dicevi sempre che non saresti cresciuta, che avresti vissuto per sempre con me, papà e Teddy. E ora guardati, Phoebe. Sei una bellissima ragazza. Non c'è nulla che tu non possa fare se te lo metti in testa.(CIT.)-
-Oh, mammina!- Risi, abbracciandola. -Tornerò ogni giorno a stressarvi, te lo prometto.-
-Io e tuo padre saremo qui ogni volta che ne avrai bisogno, tesoro.-
-Lo so, mamma.- Sorrisi. -Lo so.-

«Phoebe!!» Mi scrisse Sarah. «Ho un sacco di cose da raccontarti! E, visto e considerato che hai passato un intero pomeriggio con Cameron, voglio che mi racconti tutto anche tu!»
«Guarda che non c'è nulla da raccontare!» Le risposi subito, alzando gli occhi al cielo. «È andato tutto bene con Alex? Lo ami come prima?»
«Io credo proprio di sì. ;)» Scrisse. «Forse lo amo anche di più, ma ti spiegherò meglio domani. Alle 10.00 sarò a casa tua. Preparati😍»
«Per cosa!?»
«Non ti racconterò nulla fino a domani.🤐»
«Ti odio quando fai così.»
«Ti voglio bene anche io!❤️ Vado a cena con i miei, vedi di svegliarti puntuale o ci penserò io a farlo, domani!»
«Fottiti.» Fu tutto quello che le dissi.
Adoravo dormire e, quindi, era ovvio che odiassi il fatto di dover essere svegliata presto, sopratutto nei giorni "feriali" come il sabato. 
-Cucciola?- Mamma entrò in camera mia, cautamente. -Ceniamo?-
-Certo.- Mi ravvivai i capelli e poi le sorrisi. -Che si mangia?-
-Polpette al sugo.- 
-Mamma, sappi che, quando andrò a vivere da sola, mi porterò dietro Gail.-
Lei scoppiò a ridere. -Non sono d'accordo.-
-Gail, che profumino!- Esclamai, andandola ad abbracciare. -Non puoi viziarci così.-
-Qualsiasi cosa per te, tigrotta.- 
-Cenate con noi, tu e Taylor?-
-No, tesoro.- Sorrise, ma mi parve di scorgere una nota triste nel suo tono. -Ha ancora un paio di cose da sbrigare. Preferirei aspettarlo.-
-Possiamo aspettarlo anche noi.- Proposi, guardando mamma. -No?-
-Non preoccuparti, Phoebe.- Disse. -Ne ha ancora per un po'. Mangia tranquilla.-
-Okay...- mormorai, accomodandomi al mio posto.
Mamma accese la TV e, così, restammo per un po' in silenzio, a mangiare. Poi decisi che volevo saperne di più, così afferrai il telecomando e tolsi il volume alla televisione.
-Come mai Taylor non è andato a New York con papà?-
Mia madre si strozzò con un pezzo di carne ma, in realtà, sapevo che era successo a causa della mia domanda, così mi limitai ad aspettare che si riprendesse. 
-Non lo so.- Gracchiò, bevendo un sorso d'acqua. -Non è stato con lui, oggi. C'era Luke.-
-E perché c'era Luke?- Socchiusi gli occhi, sempre più diffidente. -Papà non si muove mai senza Taylor.-
-Era una cosa urgente, Phoebe. Taylor in quel momento non era con lui, ma c'era Sawyer. Perché tutte queste domande?-
-Una conferenza urgente?- Chiesi, ignorando la sua ultima domanda. 
-Non è esattamente una conferenza...- mamma era in difficoltà.
-Okay, mamma.- Sospirai. -Mi state preoccupando. Che succede?- 
-Non succede niente, Phoebe! Non c'è nulla di cui tu debba preoccuparti.-
-E allora perché non sai darmi una risposta concreta?- Scattai. -Prima Teddy, ora tu. Che diavolo avete tutti quanti?-
-Cosa ti ha detto Teddy?-
-Che importa? Tu non mi dici nulla, perché dovrei farlo io?-
-Phoebe, piantala.- Sospirò lei. -Non è una cosa che ti riguarda.-
-Non è una cosa che mi riguarda.- Ripetei, estraendo fuori il mio cellulare. -Okay, bene.-
-Che stai facendo?-
-Chiamo papà.- Risposi, componendo il suo numero. -Insomma, una banalissima conferenza non potrà mai essere più importante di me.-
-Ora stai facendo la bambina!- Esclamò lei. -Prima ti ho detto che sei ormai una ragazza e adesso ti comporti così?-
-Così come? Il fatto che rivoglia il mio papà a casa è un comportamento da bambina?-
-Phoebe, chiudi la telefonata.-
-E tu dimmi cosa succede.-
-Phoebe.- Mi avvertì. 
-Ciao, piccola.- Rispose papà.
Sorrisi dolcemente a mamma e sussurrai un: -troppo tardi.-
-Ciao, papà. Avresti anche potuto dirmelo che saresti stato a New York, oggi.-
-Hai ragione, mi dispiace. È stata una cosa dell'ultimo momento.-
-Dove sei?-
-Nella sala dell'albergo per le conferenze.- Mormorò. -Perché?-
Mamma mi strappò il telefono dalle mani. 
-Ehi!- Esclamai. -Ci stavo parlando io!-
-Christian.- Lei mi ignorò. -Si. No. Tutto okay, non è nulla. Non preoccuparti, fa con calma. D'accordo. Ti aspetto, a dopo.-
La fissai in silenzio e lei mi sorpassò senza dire una parola.
-Credi che sia giusto tenermi all'oscuro di tutto?- Le gridai dietro. -Siete ingiusti nei miei confronti!-
-Non ti stiamo tenendo all'oscuro di un bel niente, Phoebe!- Esclamò mamma, arrabbiata. -Ma se io ti dico di starne fuori tu devi starne fuori. Che cos'era quella minaccia implicita?-
-Minaccia?- Impallidii. 
-Non mi è piaciuto per niente questo tuo gesto, Phoebe.- Incrociò le braccia. -Siamo i tuoi genitori. Saresti stata disposta a far ritornare tuo padre da New York pur ti averla vinta, te ne rendi conto?-
-E io sono vostra figlia! Cosa avrei dovuto fare? Perché non volete dirmi che cosa succede?-
-Non te lo ripeterò un'altra volta: non c'è nulla da dire. Ti ho detto di lasciare perdere. Sono cose nostre, non tue.-
-Ma di Teddy si, a quanto ho capito.-
Lei prese un profondo respiro. -Non c'entra neanche Teddy, okay? Lui però è più grande e sta per andare via.-
-E questo che vuol dire? Lo vedi? Siete ingiusti nei miei confronti!-
-Phoebe...-
-Non dire altro.- Le strappai il mio cellulare dalle mani. -Non c'è nulla da dire perché non succede niente. Certo. Buonanotte.-

Per cercare di distrarmi dal sentimento non ancora identificato che stavo provando, decisi di cimentarmi nei compiti. Quando, però, mezz'ora dopo, mamma bussò alla porta della mia camera, scagliai la mia penna verso il muro e gridai un: -Vattene via! Sto dormendo!-
-Strano modo di dormire.- Constatò, la voce di Theodore. -Dai, apri la porta. Fammi entrare.-
-Non ne ho voglia. Lasciami in pace.-
-Phoebe, ti prego.-
-Sono stanca, Theodore.- Digrignai i denti. -Puoi, per favore, lasciarmi in pace?-
-Voglio solo cercare di spiegarti.-
-Che cosa?- Mormorai. -Non sono in vena di litigi.-
-Non ti porterò via tanto tempo, promesso.-
Sospirai sonoramente e, a passi felpati, mi diressi verso la porta e, prima di aprirla, sibilai un: -hai due minuti.- 
La prima cosa che Teddy fece, entrando in camera mia, fu quella di abbracciarmi. Io non ricambiai, però. Ero stufa di quel suo comportamento. 
-L'orologio va avanti.-
Teddy rabbrividì e mi lasciò andare. -Noi ti vogliamo bene.-
-Teddy, ti sto per spedire fuori, a calci in culo, se non ti sbrighi a spiegarmi ciò che hai da spiegare.-
-Modera i toni.- Ringhiò lui. -Non posso dirti cosa sta succedendo e, prima che tu ti metta a gridare, voglio anche aggiungere che se non lo facciamo non è perché non ci fidiamo di te o perché vogliamo tenerti all'oscuro. Noi vogliamo proteggerti, Phoebe.-
-Da chi?- Esclamai. -C'è qualcuno che ha minacciato di uccidermi, per caso? Quello che dici non ha senso, Teddy! Perché non dovreste dirmelo? Potrei stare anche più attenta se sapessi da cosa debba difendermi!-
-Nessuno ha minacciato di ucciderti.- Impallidì. -E nessuno lo farà. Ci sono solo dei piccoli problemi che preoccupano papà, ma è tutto okay. Presto risolveremo tutto, ma tu devi comunque fare attenzione.-
-Come fai a chiedermi di fare attenzione se non so neanche da chi o cosa guardarmi le spalle, Teddy?!-
-A questo ci penserà Luke o Taylor.-
-No.- Spalancai la bocca. -Non dirmelo!-
-Phoebe. È solo per precauzione, non...-
-No! Non potete farmi questo, un'altra volta!- Gridai. -Io non la voglio la guardia del corpo! Ti rendi conto di quanto sia umiliante doversi spostare avendo qualcuno che ti segua anche quando vai al bagno?- 
-Umiliante o meno, è per la tua sicurezza, Phoebe. Ti prego, non ribellarti.- 
-Mi ribello eccome!- Ringhiai. -Ho sedici anni! Non sarò super responsabile di me stessa, okay, ma voglio avere una vita autonoma. Non potete costringermi ad accettare il fatto che da ora in poi Taylor e Luke cominceranno a seguirmi dappertutto. È fuori discussione, Theodore!-
-Phoebe...-
-Una volta litigavi un sacco anche tu con papà, per questo.- Lo bloccai. -Cos'è successo ora? Stai diventando come lui solo perché adesso sei maggiorenne?-
-Non sto diventando come lui. È solo che sei troppo importante, Phé. Non ci perdoneremmo mai se ti dovesse accadere qualcosa.-
-Non è un problema mio, mi dispiace.- Incrociai le braccia. -Trovate un altro modo. Non volete dirmi nulla? Okay, bene. Ma non azzardatevi a mettermi in mezzo, vi creerei soltanto altri problemi.-
-Tu non capisci, Phoebe.-
-E come potrei, se non mi spiegate nulla?- Scossi la testa. -Ti ho concesso più di due minuti, ora va via.-
-Phé, cerca di capire...-
-Vattene via, Teddy.- Ripetei. -Non voglio più parlarne.-
Era ovvio che lui volesse continuare a farlo ma, decise saggiamente di ascoltarmi, quindi lasciò silenziosamente la mia stanza. 
"Fantastico!" Pensai. "Andiamo di bene in meglio."

-Ciao!- Squittì, non appena vidi comparire il numero di Cameron sul cellulare. -Stavo per perdere le speranze, ormai.-
-Si?- Lo sentì ridere. -Meno male, volevo farti preoccupare.-
-Che stronzo.- Alzai gli occhi al cielo. -Non sentirti importante.-
-Che c'è? Credevi che ti avrei dato buca?-
-Nessuno mi ha mai dato buca, finora.- Constatai. -Quindi, no. In realtà non mi era neanche passato per la testa.-
-Ah, davvero?- Rise. -E allora perché hai detto che stavi per perdere le speranze?-
-Non saprei. Non si dice così, di solito?-
-Certo, Phoebe. Come vuoi tu.- 
-Ehi, cosa vorresti dire? Guarda che attacco subito e ti do io buca, per domani.-
-Okay, okay. Scusa!- Scoppiò a ridere lui. -Ti passo a prendere alle sette?-
-Ecco, ora va meglio.-Borbottai. -Si, alle sette va benissimo. Domani ne parlerò anche con Sarah e ti farò sapere cosa farà lei.-
-Va bene. E scusa se ti ho chiamata così tardi, ho aiutato mia madre in alcune commissioni.-
-Non devi spiegarmi nulla, Cameron.- Sorrisi. -Allora ci vediamo domani. Sii puntale, questa volta.-
-Si, signora.- Ridacchiò lui. -Buonanotte, Phoebe.-
-Buonanotte, Cameron.-
Sperai con tutto il cuore di riuscire a passare una buona notte ma, i nuovi demoni, tornarono a farmi visita, tenendomi sveglia, inquieta e spaventata per tutta la notte. Il capitolo migliore e, al tempo stesso peggiore, della mia vita stava per aprirsi. Ero pronta ad affrontarlo?

ANGOLO AUTRICE:
È da un po' che non mi faccio sentire e ho approfittato del momento per ringraziarvi delle visualizzazioni e delle recensioni! Siete davvero dolcissimi! Volevo anche chiedervi: avete già visto il trailer di cinquanta sfumature di nero? Cosa ne pensate? E cosa ne pensate delle nuove voci di Christian e Anastasia? 
Un bacione a tutti!

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Capitolo 12
*** LA FAMIGLIA SI DISGREGA ***


N.A: PASSATE A LEGGERE L'ANGOLO AUTRICE, DOPO AVER LETTO!

|POV'S PHOEBE|
Dormii tre ore e quarantacinque minuti in tutto, quel giorno. Era un record per me, ma non ne andai per niente fiera. Avevo l'umore a pezzi ma m'imposi comunque di non dare quella soddisfazione a nessuno della mia famiglia, quindi, quando alle 06.36 il mio stomaco iniziò a brontolare, decisi che avrei fatto colazione senza nessuno in giro.
La casa era ancora buia e spaventosamente silenziosa, tranne che per il leggero strascicare delle mie pantofole. La luce del frigorifero mi accecò, non appena lo aprì, tant'è che dovetti socchiudere gli occhi per un paio di minuti. 
-Oh, ti prego, Gail.- Bisbigliai. -Dimmi che mi hai lasciato qualcosa da mangiare.-
In frigo erano ancora presenti ben sei budini che Gail stessa aveva preparato per me e Cameron il giorno precedente. L'idea di mangiare qualcosa di freddo alle 06.45 del mattino non mi entusiasmava per niente, ma non avevo voglia di aspettare che Gail preparasse qualcosa che poi avrei dovuto mangiare con i miei genitori, così afferrai il budino, dello zucchero a velo e un cucchiaino e mi diressi nuovamente in camera. Nel farlo, però, mi scontrai con la figura di papà, il quale, sobbalzò non appena mi vide.
-Cristo santissimo, Phoebe!- Esclamò, a voce non poi così alta. -Mi hai fatto spaventare.-
-Mi dispiace.-
Lui aggrottò le sopracciglia, fissando ciò che avevo in mano. -Hai mangiato ieri sera?-
-Si.- Alzai gli occhi al cielo. -Sto guardando un film. Volevo qualcosa da mettere sotto i denti.-
-Stai guardando un film alle sette del mattino?- Incrociò le braccia, chiaramente diffidente. -Perché sei sveglia così presto?-
-Ho iniziato una nuova serie TV e volevo finirla. Ormai mancano pochissime puntate per la fine.- Mentii, stringendomi nelle spalle. -Abbiamo finito?-
-Non puoi continuare a vedere questa serie TV dopo aver dormito un po'? Ne hai bisogno.-
Socchiusi gli occhi, cercando di capire cosa intendesse dire con 'ne hai bisogno', ma poi decisi di lasciar perdere, scuotendo la testa. -Non posso. Avrò da fare.-
-Cosa devi fare?-
-Papà.- Digrignai i denti, imponendo a me stessa di non dare i numeri. -Mi stai togliendo del tempo prezioso. Puoi farmi ritornare in camera, per favore?-
Papà distolse lo sguardo e, senza dire una parola, mi lasciò passare. Lo superai come una furia e mi andai a rinchiudere in camera. Possibile che dovessero essere tutti in mezzo ai piedi?

|POV'S ANASTASIA|
Aprii lentamente la porta della camera da letto, giusto in tempo per sentire dire a Christian: -cosa devi fare?-
-Papà.- Rispose l'arrabbiata voce di Phoebe. -Mi stai togliendo del tempo prezioso. Puoi farmi ritornare in camera, per favore?-
La figura del mio dolce e un po' maniaco marito si drizzò all'istante. Phoebe gli passò accanto come una furia e andò immediatamente a rinchiudersi nella sua stanza. Christian, invece, si passò le mani tra i capelli, con fare disperato e, dopo un attimo di esitazione, scomparì tra le scale.
Era tornato più irrequieto che mai da New York e, di certo, quel breve scontro con sua figlia non lo aveva aiutato. Decisi perciò di raggiungerlo al piano di sotto e lo trovai già alla postazione difronte il pianoforte. Stava per iniziare a suonare ma, non appena mi vide, si bloccò immediatamente.
-Ana.- Inspirò brutalmente. -Che ci fai sveglia?-
-Ti volevo nel nostro letto.- Bisbigliai, raggiungendolo. -Devi riposare. È stata una giornata faticosa.-
Lui, per tutta risposta, si prese la testa tra le mani ed emise un sospiro.
-Ehi.- Mi sedetti accanto a lui e lo abbracciai. -Sistemeremo tutto.-
-Hai un profumo così bello.- Mormorò, baciandomi i capelli. -Sento di star sbagliando tutto, Anastasia.-
Alzai lo sguardo verso di lui e gli accarezzai la mascella. -Shh. Non è vero.-
-È mia figlia.- Mormorò, afflitto. -Sangue del mio sangue. Farei di tutto per lei, Teddy e per te. Eppure... mi guardava come se non volesse avere niente a che fare con me.-
-Non è affatto così, Christian!- Risposi. -È ferita, e io non posso neanche biasimarla. So esattamente cosa si prova a restare all'oscuro di tutto.-
Lui mi lanciò un'occhiataccia a e scosse la testa. -Io devo proteggervi.-
-Si.- Mi appoggiai al suo petto. -Ed è per questo che ti amiamo. Tutti noi.-
Lui appoggiò la testa su di me ed emise un ennesimo sospiro. -Non potrei mai perdonarmi se dovesse succedervi qualcosa.-
-Basta. Non pensarci più. Non succederà niente.-
-Oh, Ana.- Sospirò, alzandomi il viso per poi baciarmi. -Ho bisogno di te.-
-Sono qui per te, Christian.- Risposi, senza esitazioni. -Solo per te.-

|POV'S PHOEBE|
Dopo la piccola interruzione con papà, mi sedetti sul mio letto, afferrai il computer, misi gli occhiali, mi armai di plaid e budino e iniziai a vedere una nuova serie TV per due lunghe ore di fila. Avrei continuato per tutta la mattinata se non avessi saputo che la mia migliore amica sarebbe venuta a farmi visita. Così, armata di buona volontà, decisi di concedermi una lunga doccia ristoratrice e, dieci minuti prima che Sarah arrivasse, cercai di rendermi presentabile. 
Quando scesi al piano di sotto, mamma, papà e Teddy erano ancora seduti a fare colazione e a chiacchierare allegramente come se la tensione degli ultimi giorni si fosse magicamente dissolta.
-Buongiorno, Phe!- Esclamò allegro, mio fratello, non appena mi vide.  
Mamma e papà mi sorrisero ma, nessuno dei due, osò proferire parola.
-Buongiorno.- Mormorai, socchiudendo gli occhi e cercando di decifrare il loro comportamento.
-Fai colazione con noi?-
-No, l'ho già fatta.- Incrociai le braccia. -Come mai state mangiando a quest'ora?-
-È sabato.- Spiegò Teddy. -Una volta tanto possiamo anche concederci una pausa. Non pensare di poter essere l'unica.-
Li fissai, senza sapere bene cosa si aspettassero che dicessi. 
-Abbiamo pensato che sarebbe bello concederci una piccola vacanza.- Disse mamma, sorridendomi caldamente. 
-Veramente siamo appena rientrati dalle vacanze.-
-Certo, hai ragione. Ma tuo fratello la prossima settimana andrà via. Dovremmo passare il più tempo possibile insieme.-
-E perché dovremmo partire?- Li sfidai. -Possiamo benissimo restare qui a casa.-
-Saremmo distratti dai continui impegni, tesoro.- Rispose papà. -Partendo non dovremmo pensare a niente.-
-Io ho le mie cose a cui pensare. Se volete partire fate pure, ma non includete me, nel vostro viaggetto di famiglia.-
-Ma tu fai parte della famiglia.-
-No. Io faccio parte del piano 'teniamo al sicuro Phoebe senza dirle da cosa lei debba proteggersi'.- 
Papà spalancò la bocca e fece per constatare ma, l'imminente suono del campanello, lo bloccò. 
Misi le mani dietro la schiena e sorrisi dolcemente. -Sarah è qui. È probabile che si fermi a pranzo. Siate carini, almeno con lei.-
Andai ad aprire la porta e Sarah entrò —letteralmente– volando, fiondandosi su di me.
-Oh, Phoebe!- Squittì, stritolandomi. -Non sai quanta voglia avevo di chiamarti nel bel mezzo della notte per raccontarti tutto!- 
-Peggio per te.- La presi in giro. 
-Dovevo raccontartelo di persona!- Esclamò eccitata. 
Non ci voleva uno scienziato per capire cosa fosse successo.
-Buongiorno!- Disse, salutando i miei genitori e Teddy. 
-Ciao, Sarah!- Esclamarono all'unisono, tutti e tre. 
Alzai gli occhi al cielo e misi le mani in tasca. Erano vomitevoli. 
-Tutto bene, tesoro?- Le chiese mamma. -È da un po' che non ti vedevo.-
-Ti sono mancata?- Rise, andandola ad abbracciare. -Da ora in poi mi vedrai molto più spesso!-
-Certo che mi sei mancata.-
-Allora potrei trasferirmi nella stanza di Teddy, non appena se ne andrà.- Scherzò. -Così non sentiresti più la mia mancanza.-
-Neanche per idea.- Borbottò mio fratello. -È già tanto che io tolleri il fatto che passi ogni giorno in questa casa! Non ti cederò anche la mia stanza.-
Papà scosse la testa con fare divertito e le disse: -ti farò costruire una camera tutta tua, se vuoi.-
-Nah.- Rise Sarah. -Comunque non la userei. Al massimo puoi far mettere un altro letto in camera di Phoebe. Si muove un sacco la notte. È impossibile dormire con lei.- Constatò facendo ridere tutti.
-Okay.- Mormorai, afferrandole il braccio. -Dobbiamo parlare un sacco, andiamo?-
-Oh, Sarah!- La blocco mamma. -Vuoi fermarti a pranzo?-
-Con piacere!-

-Allora- mi chiusi la porta alle spalle. -Avete fatto sesso?-
Sarah me lo confermò, diventando rossa come un peperone. 
-Mh...- mi misi la mano sotto il mento. -Cos'è che mi avevi detto ieri, a scuola? Qualcosa del tipo 'non mi va di fare sesso con Alexander se prima non mi fido ciecamente. E se poi mi lascia?'-
-Carpe Diem.- Rise Sarah, girandosi una ciocca di capelli rossi attorno all'indice.
Spalancai la bocca e scoppiai a ridere. -Oh mio Dio! Non posso credere che tu l'abbia fatto davvero! Com'è stato? Ti ha fatto tanto male? È stato troppo grezzo? Hai perso tanto s...-
-Phoebe!!!- Gridò, bloccandomi. -Smettila di fare tutte queste domande. È troppo imbarazzante!-
-Cosa? Ma sono la tua migliore amica! Io ti ho raccontato tutto della mia prima volta.-
-Già. E ricordo che mi bloccasti la crescita.-
-Che stupida.- Alzai gli occhi al cielo. -Almeno raccontami l'essenziale!-
-Beh...- si sedette sul mio letto e ripiegò le gambe sotto di se. -Quando l'ho raggiunto in macchina era parecchio nervoso. E dico sul serio! Gli tremavano addirittura le mani, Phoebe. Se tu avessi potuto vederlo lo avresti preso in giro a vita. Comunque sia... alla vista del suo nervosismo sono diventata nervosa anch'io. Ho iniziato a pensare le cose peggiori e...-
-E...?- Chiesi, non capendo il perché della sua pausa. 
-Oh mio Dio. Sono stata così stupida!-
-Che hai fatto?-
-Eravamo già in viaggio verso casa sua e, visto che lui continuava a stare in silenzio senza dire una parola, io avevo già dato per scontato che volesse lasciarmi per un'altra. Così ho cominciato ad urlargli contro. Sono stata così stupida, Phoebe! Mi sono per giunta inventata di averlo beccato più volte con un'altra.-
-No!- Scoppiai a ridere. -Oh mio Dio! Non ci posso credere!-
-E non è la parte peggiore!- Esclamò. -Sembrava che lui non mi sentisse neanche! Ho pensato che stava in silenzio perché avevo ragione su tutto e così ho iniziato anche ad insultarlo fino a quando non siamo arrivati a casa sua.- Rise. -Mi sono messa a gridare e l'ho minacciato di chiamare la polizia se non mi avesse riportata subito a casa. Lui, invece, mi ha pregata di seguirlo, perché non era come pensavo. E così, dopo varie minacce da parte mia, mi ha caricata in spalla e mi ha trascinata dentro casa sua.-
-Ti ha praticamente rapita.-
-E ringrazio il cielo, per questo!- Rise. -Avresti dovuto vedere casa sua. Dio, era così... bella.-
-In che senso?- Aggrottai la fronte. -Ti ha fatto la proposta di matrimonio?-
-Quasi.- Chiuse gli occhi con aria sognante. -C'erano fiori dappertutto e anche dei petali sparsi per terra. Poi mi ha portata in camera sua: c'erano palloncini attaccati al soffitto, il letto era pieno zeppo di petali e sopra c'era un peluche gigante. Ti rendi conto? Un peluche!-
-Si è comportato da ragazzo romantico?- Feci una smorfia. -Che schifo.-
-Che schifo lo dici solo perché sei invidiosa.-
-Come no.- Alzai gli occhi al cielo. -E poi cos'è successo? Per ringraziarlo hai accettato a fare sesso con lui?-
-Guarda che io non sono te.- Rise, prendendomi in giro. -Mi ha chiesto scusa, un'altra volta, per come mi ha trattata durante tutto l'anno scorso. Ha detto che erano giorni che progettava quella sorpresa e, come ciliegina sulla torta, mi ha preparato un pranzetto con i fiocchi.-
-Credevo avessi detto che in cucina faceva pena.-
-Beh, è il pensiero che conta, no?- Rise lei. -Non è migliorato per niente, ma ho apprezzato l'impegno. Beh, comunque, per ringraziarlo, l'ho baciato. E intendo sul serio.-
-L'hai baciato sul serio. Wow, che brava!- La presi in giro. 
-Tu non capisci.- Scosse la testa. -Ho davvero apprezzato il suo gesto. Sembra essersi pentito veramente di ciò che ha fatto, tant'è che quando ci siamo spinti un po' oltre, lui mi ha bloccata.-
-Lui ti ha bloccata?- Ripetei, sconvolta. -Non stai dicendo sul serio!-
-E invece sono seria eccome!- Esclamò, con occhi scintillanti. -Ha detto che non era necessario e che sapeva che non ero ancora pronta. Mi ha detto che mi avrebbe aspettata per tutto il tempo di cui avevo bisogno e, questo, per farmi capire che non voleva una botta e via, ma una relazione più che seria.-
-Wow...- sospirai. -E allora come ci siete finiti a letto?-
-Beh, l'ho praticamente costretto.- Rise lei, imbarazzata. -Gli ho detto che ero pronta per lui, che non avevo più paura. Lo volevo.-
-Complimenti, amica mia!- Le diedi una pacca sulla spalla. -E chi lo avrebbe mai detto?-
-Non sono sicura del fatto che stessi pensando lucidamente.- Ammise. -Ma non me ne sono pentita. Lo rifarei altre mille volte.-
-Oh, ci credo eccome!- Risi. -Com'è stato? Come ti senti?-
-Beh, si...- tornò ad arrossire. -Ha fatto un po' male all'inizio, ed ora sono anche un po' indolenzita, ma niente in confronto a dopo e a ciò che succederà d'ora in poi.-
-Quindi lui è ufficialmente il tuo principe azzurro?-
-Spero vivamente di sì.-
Le sorrisi. Ero davvero felice per lei e, in un certo senso, anche un po' invidiosa. Io non ero mai stata innamorata. Si, insomma, avevo avuto delle relazioni passeggere con dei ragazzi, ma mai nulla di così importante. Me ne resi conto solo in quel momento.
-Ora tocca a te.-
-Tocca a me?-
-Oh, non farti strappare le parole di bocca! Com'è andata con Cameron?-
-Ah, con lui.- Ridacchiai. -Ancora meglio di quello che mi aspettavo. Sembra simpatico. L'ho invitato alla festa che ci sarà domani.-
-Si? Perfetto! Allora potremmo andarci insieme. Credo che Alex ci volesse andare.-
-Già, beh... lui ha rifiutato.-
-Aspetta.- Si bloccò. -Ha rifiutato? In che senso? Non può essere.-
-Rilassati!- Risi. -Non ha rifiutato me. È solo che non gli piacciono le feste.-
-Ah. Come mai?-
-Pensa che ci si vada solo per ubriacarsi o per baciare persone a caso.- Alzai gli occhi verso il soffitto. -Quindi gli ho chiesto di decidere cosa avremmo fatto e lui ha optato per il bowling.-
-Il bowling? Sul serio? Ma se tu lo odi.-
-Lui ha detto di essere bravo.- Alzai lei spalle. -Magari riesce ad insegnarmi qualcosa.-
-Pff.- Sbuffò. -È più probabile che tu lo manda in ospedale con un lancio sbagliato.-
-Oh, che cattiva!-
-Ma è un appuntamento, quindi?-
-No, non credo proprio.- Pensai. -Non l'abbiamo definito così. Gli ho detto che gli avrei fatto conoscere delle persone nuove e che, forse, mi sarei portata dietro anche te.-
-Ma ti interessa? Insomma, è un buon segno il fatto che tu non te lo sia portato a letto.- 
La guardai male e lei scoppiò a ridere. 
-Sto scherzando! Stai tranquilla! Ma ti ho fatto una domanda: ti interessa? Perché sembra davvero un bel ragazzo.-
-Non saprei...- constatai. -Però, si. È davvero simpatico. Sono stata bene con lui, ieri.-
-Potreste frequentarvi, allora.- Batté le mani. -E poi vedremo come si svolgerà la situazione.-
-Non so se mi piace in quel senso, Sarah.-
-Scoprilo.- Rispose. -Che male c'è?-
-Nessuno. Solo... non dare di matto quando ci vedi insieme.-
-E tu prova ad interessarti a lui.- Ridacchiò. -Domani giocherete e poi lui ti offrirà la cena.-
-Mangeremo pizza.-
-Okay. Vorrà dire che ti offrirà la pizza.-
-Ma io non la voglio offerta.-
-Guarda che agli appuntamenti sono i ragazzi che pagano!-
-Si, ma il nostro non è un appuntamento.-
-Oh, andiamo! Se vorrà pagare la tua pizza lascialo fare, d'accordo?-
-Non mi sembra giusto.-
-Ma lo è. Quindi non pensarci.-
-Cos'è, sei tu l'esperta, adesso?-
-In questo campo si.- Si vantò. -Ognuno è bravo in qualcosa.-

-Ana, il pranzo era buonissimo come sempre. Grazie!-
-È stato un piacere, tesoro.- Sorrise mamma, a Sarah. -Lo sai che sei la benvenuta! A qualsiasi ora del giorno e della notte.-
-Stai attenta.- Rise lei. -Potrei anche prendere sul serio le tue parole.-
-Devi prenderle sul serio!-
Sarah le sorrise e poi si rivolse a me. -Allora, ci vediamo più tardi?- Mi fece l'occhiolino.
-Certo, inizio a prepararmi.-
-Cos...cosa fate, dopo?- Balbettò mamma, sbiancando.
-Ciao, Sarah!- Sorrisi, chiudendomi la porta alle spalle. -Usciamo. Come ogni sabato.-
-Ma se non vuoi partire almeno resta a casa questi ultimi giorni, per Teddy!-
-Per fare cosa?- Mi diressi verso le scale. -Passeremmo insieme un paio d'ore al massimo. Poi io finirei nella mia camera e lui nella sua. Come al solito.- 
-Non puoi fermarti, mentre parliamo?-
Sospirai sonoramente e mi fermai sul primo gradino. -Che c'è?-
-Phoebe.- Papà raggiunse me e mamma e incrociò le braccia. -Stai assumendo un comportamento ai limiti del tollerabile. Smettila di trattarci come se fossimo degli estranei, siamo i tuoi genitori.-
-I miei genitori?- Sbottai in una risata amara. -Il fatto che voi siate i miei genitori non vi dà nessun diritto di trattarmi come se fossi una bambina, eppure lo fate. Non posso far parte della famiglia solo e quando lo decidete voi. O sono dentro o sono fuori. La decisione spetta a voi, ma poi non aspettatevi rispetto da parte mia.-
-Tesoro, io lo so che ti senti ferita. Credimi, anch'io...-
-Devo prepararmi.- Le misi una mano davanti, interrompendola. -Risparmiatevi la parte in cui mi dite che fate tutto questo per me. Non mi interessa.-
-Phoebe!- Gridò papà, dalle scale. -Prepararti per cosa? Tu non andrai da nessuna parte, questa sera!-
-L'unico metodo che hai per farmi restare a casa è la forza, mio caro papà. Ma dubito seriamente che tu lo farai.- Mi sbattei la porta della mia camera alle spalle, mettendo fine a quell'assurda conversazione.
Gli occhi iniziarono ad inumidirsi ma ricacciai immediatamente indietro le lacrime. Non avrei permesso, per nulla al mondo, ai miei genitori di rovinarmi la serata o l'esistenza, per quel che importava. Io odiavo piangere, odiavo vedere le persone farlo ma, odiavo, soprattutto, farmi vedere debole e vulnerabile davanti alle persone. Non avevo mai pianto durate tutta la mia vita, tranne, forse, nei primi anni, e non avrei cominciato a farlo in quel momento.

ANGOLO AUTRICE:
Ehilà! 
Spero che vi stiate accorgendo dei miei continui aggiornamenti. Cercherò di aggiornare il più possibile poiché dal 22 dicembre al 2 gennaio, sarò in vacanza e quindi, sarà per ,è impossibile aggiornare. 
Grazie a tutti!

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Capitolo 13
*** APPUNTAMENTO O MENO? ***


COMMENTATE IN TANTI E DOMENICA, MASSIMO LUNEDÌ, AVRETE IL NUOVO CAPITOLO :D (SE MI VENITE A LASCIARE TANTI PARERI, OVVIAMENTE, POTREI ANCHE FARVI UNA SORPRESINA... :P) 

Chiusi la porta della mia camera a chiave, accesi lo stereo e, dopo aver inserito il mio iPhone, misi la musica a tutto volume. Dopo un'infinità di tempo passato a scegliere il mio outfit serale, scelsi di indossare un tubino, semplice, nero con sopra una giacca di jeans. Non ero né troppo elegante, né troppo sportiva. Perfetta per il sabato sera.
Composi subito il numero di Cameron e sorrisi non appena mi rispose con un : -stavo per perdere le speranze!-
-Ma bravo.- Lo rimbeccai. -Continua pure a prendermi in giro!-
Lui rise. -Vuoi darmi buca?-
-Per niente. Volevo solo avvisarti che questa sera Sarah ed Alexander non saranno con noi. Però ho saputo che ci saranno un sacco di ragazzi, al bowling.-
-Perfetto.- Rispose. -Pronta ad essere stracciata?-
-Sono pronta ad imparare a giocare, veramente.-
-Non ti ho mai promesso nulla.-
-Oh, andiamo! Che bello c'è a vincere contro qualcuno che non sa giocare? Non è giusto!-
-Okay, okay.- Rise. -Vedrò cosa posso fare.-
-Bene. Ci vediamo alle sette, allora. Corro a prepararmi.-
-Sicura di riuscire ad essere puntuale?-
-Come un orologio svizzero.- Alzai gli occhi al cielo. -Ma se non mi fai chiudere non ne sarò più tanto sicura.-
-Lungi da me farla tardare, Miss.- Ridacchiò. -Ci vediamo tra poco.-
-Si.- Risi. -A tra poco.-
Dopo essermi lavata e coccolata il corpo, passai ad acconciare i capelli. Li avevo sempre lisci come un filo di spaghetto, quindi, giusto per cambiare, quella sera decisi di arricciarli in morbidi boccoli. Dopodiché mi dedicai al make-up. Amavo un sacco il trucco, io però ero negata nell'applicarlo su me stessa o su qualsiasi altra persona. È per questo che spesso mi limitavo a mettermi solo del mascara e, nelle giornate "più importanti", dell'eye-liner. Quel giorno, decisi di applicare anche una bella dose di correttore, giusto per eliminare quei profondi solchi sotto agli occhi che erano gentilmente venuti a trovarmi. Dopo vari 'coraggiosi' tentativi di applicazione di eye-liner, riuscì ad essere soddisfatta di ciò che avevo creato. Due luminosi occhi grigi mi fissavano allo specchio. "Sì. Così può decisamente andare." Alle 18.39 ero di nuovo in camera mia, pronta per vestirmi. Misi tre anelli —gli unici gioielli che apprezzassi veramente— e poi, conclusi l'opera allacciando le mie adorate All Star nere. Mi guardai allo specchio. Di certo avevo l'aria di una ragazza spensierata e pronta per trascorrere un buon sabato sera con gli amici e non di una che si sentiva esclusa dalla propria famiglia. Avevo fatto proprio un ottimo lavoro, dovevo ammetterlo.
Decisi, anche se con un quarto d'ora in anticipo, di scendere al piano di sotto, pronta per affrontare un nuovo scontro con i miei genitori. L'unica persona che trovai però, fu Gail, intenta a preparare la cena.
-Ciao, Gail.- Dissi, guardinga. -Cosa prepari?-
-Tesoro!- Esclamò lei, illuminandosi. -Non preparo nulla di eccezionale. Tu, piuttosto, dove stai andando?-
-Esco con un paio di amici.- Feci un giro su me stessa. -Come sto?-
-Sei bellissima.- Mi diede un bacio in fronte. -Come sempre.-
-Grazie! Taylor è nel suo studio?-
-Si, lo cercavi?-
-Volevo solo salutarlo. È da ieri che non lo vedo.- Sorrisi. -C'è anche mio padre, con lui?-
-No, tuo padre è al piano di sopra.-
-Perfetto.- Le diedi un bacio in guancia. -Vado a salutare Taylor. Ci vediamo questa sera!-
-Certo, stai attenta!-
Le mandai un bacio volante e corsi allo studio di Taylor. "Ma perché mia madre non poteva essere così?" Fu quello che pensai, prima di bussare ed entrare. Sul viso di Taylor c'era un'espressione corrucciata che mutò in felicità non appena mi vide.
-Ciao, Phoebe!- Fece un gran sorriso. -Sei pronta?-
-Non dovresti lavorare così tanto.- Lo rimproverai. -Ieri sera non abbiamo neanche potuto cenare assieme.-
-Hai ragione.- Sorrise. -Non succederà più.-
-Bene, lo spero. Sono venuta solo a salutarti.-
-Dove vai?- Aggrottò la fronte. -Devo venire con te.-
-No, non devi.- Scattai. -Sono con degli amici, non ho bisogno della guarda del corpo, grazie.-
-Lascia almeno che ti accompagni.-
-Magari la prossima volta.- Feci un paio di passi indietro. -Ho già chi mi accompagna. Ma magari ti chiamo per farmi venire a prendere, d'accordo?-
-Va bene.- Si arrese, troppo velocemente, per i miei gusti. -Ma fa' attenzione e chiamami per qualsiasi cosa.-
-Ookay.- Mormorai, aprendo la porta. -Allora ci vediamo dopo.-
Lui mi sorrise prima di tornare a guardare lo schermo del suo computer e  di riassumere lo sguardo corrucciato di poco prima.
Scrollai le spalle e chiusi la porta del suo studio. "Strano."
-Dove credi di andare, così vestita?- Sibilò mio padre, facendomi spaventare. 
-Cosa ho che non va?- Chiesi, guardandomi. -Vado a giocare al bowling.-
-Phoebe.- Sospirò, passandosi una mano tra i capelli. -È una gonna cortissima. Non puoi metterti dei pantaloni?-
Lo fissai, chiedendomi se stessi sognando o meno. Voleva davvero litigare sulla mia gonna e non sul fatto che mi avesse proibito di uscire e che io lo avessi disobbedito?
-Ma se mi arriva quasi al ginocchio, papà!-
-Si, ma non giocheresti bene con una gonna.- 
Socchiusi gli occhi e sbuffai. -Non giocherei bene comunque.-
-Con chi sei?-
-Con degli amici.-
-Dimmi il nome di questi amici.-
-Papà.- Alzai gli occhi al cielo. -Dovrebbero esserci Kim e Juliet, e forse anche Sam e Drake.-
-Dovrebbero?-
-Si, dovrebbero. Non ho chiesto conferme.-
-E con chi vai?-
-Con la madre di Cameron.-
Papà sbiancò in un nano secondo, sentendo il suo nome. -Chi diavolo è Cameron?-
-Oh, hai ragione, me ne ero dimenticata.- Decisi di fargli venire un infarto. -Cameron è il mio ragazzo.-
Papà spalancò la bocca e diventò ancora più bianco del gesso. -Il tuo...- deglutì rumorosamente. -Il tuo cosa?-
Con perfetto tempismo, Cameron suonò al campanello.
-Rilassati.- Risi, dandogli un leggero buffetto sulla spalla. -Stavo scherzando. È solo un amico, si è appena trasferito nella nostra scuola. Ho pensato che gli facesse bene uscire un po'.-
Mi diressi alla porta d'ingresso e la spalancai. -Ciao! Sei stato super puntuale, i miei complimenti.-
-Guarda che ho ritardato solo di pochi minuti, una sola volta!- Rise lui. -Non c'è bisogno che tu ne faccia un dramma.-
-Volevo essere sicura.-
-Salve!- Esclamò, vedendo mio padre. -Io sono Cameron.-
-Ciao.- Mio padre mi affiancò e incrociò le braccia. -Non tornate tardi e non metterla nei guai. Non ti conviene.-
-Ehm...-
-Papà.- Sbuffai, alzando gli occhi al cielo. -Non hai nessun altro da intimorire?-
-Phoebe, dico sul serio. Non muovetevi dal bowling, se potete.-
-Che noioso.- Affiancai Cameron. -Ci vediamo questa sera.-
-È stato un piacere conoscerla, Mr.Grey...-
-State attenti.-
Alzai gli occhi al cielo e aprii la portiera della macchina della madre di Cameron.
-Buonasera, Meredith!-
-Oh, Phoebe, cara!- Rispose, girandosi verso di me e facendo un'enorme sorriso. -Com'è bello poterti rivedere. Come stai?-
-Molto bene. Lei?-
-Oh, si va avanti.- Sorrise leggermente. -Dove vi porto, ragazzi?-
Le spiegai la strada e in una decina di minuti riuscimmo ad arrivare al bowling.
-Bene. Non è molto distante dal posto in cui sono venuta a prendervi l'altra sera.-
-No, infatti.- Sorrisi. -Grazie mille per il passaggio. Le riporterò io Cameron a casa.-
-Ma non ce n'è alcun bisogno!-
-Già, Phoebe.- Si intromise Cameron. -Può tornare a prenderci.-
-Ho già detto a Taylor di venire a prendermi. È inutile farvi uscire tutti e due. Non preoccupatevi.-
-Okay. Grazie allora.- Mi sorrise Meredith. -Divertitevi.-
Cameron venne ad aprirmi la portiera della macchina e mi fece venire in mente un sacco di battute che avrei potuto fargli ma, mi ricordai della presenza di sua madre, così decisi di tenere la bocca chiusa.
-Grazie ancora! Buona serata!-
-Simpatico, tuo padre.- Disse lui, salutando sua madre. -Molto protettivo.-
-Si, beh... mi dispiace per il suo comportamento. Ha questa tendenza ad essere troppo appiccicoso.-
-Almeno puoi stare certa che ti voglia bene.-
-Non ne sarei tanto sicura.- Mormorai, rabbrividendo. 
-Perché no?-
-Non ho voglia di parlare di lui. Mi tornerebbe il cattivo umore. Possiamo solo divertirci?-
-Certo, scusa!-
-È tutto okay.- Mormorai. -Allora, lì c'è il bowling, ma direi di aspettare un po' prima di entrare e giocare. Ti va una passeggiata?-
-Trasgredirai le regole?- 
-Qualcosa del genere.- Feci un sorrisetto. -E, quella di mio padre, non era una regola, ma una supplica.-
-Okay, bene.- Rise. -Dove andiamo?-
Gli afferrai il braccio e lo trascinai verso "il centro". Il sole era già calato e, le luci che illuminavano la lunga via piena di negozi, rendevano il tutto più bello.
-Questo è il cosiddetto centro.- Spiegai, indicandolo. -Non so se ne avevi già sentito parlare.-
-Mh...si.- Constatò. -Qualche ragazzo, ieri, parlava di venire a fare una passeggiata qui.- 
-Okay, perfetto. Sappi che questo è il regno di noi ragazzi, in un certo senso.- Spiegai. -Se non sai cosa fare o con chi stare, il sabato sera, basta che tu venga qui e non ti annoierai, come puoi vedere. Questa via brulica di ragazzi. Ci sono un sacco di negozi e fast-food qui, quindi non bisogna allontanarsi troppo.-
-Wow- rise. -Allora sembra essere stata creata apposta.-
-Te ne innamorerai ben presto. Un po' come tutti a...-
-Ehi, Phoebe!- Lizzie mi salutò, raggiungendomi insieme a tutto il suo gruppo. 
-Ragazze!- Sorrisi. -Tutto bene?-
-Alla grande!- Squittì Edison.  -Credevamo che saresti andata alla festa di Danny.-
-Cambio di programma.- Mi strinsi nelle spalle e indicai Cam. -Lui è Cameron. È arrivato da poco, nella nostra scuola.-
Le ragazze lo squadrarono per benino.
-Cameron loro sono Lizzie, Josefin, Edison e Margaret. Frequentano il corso avanzato dell'ultimo anno.-
-È un piacere.- Sorrise lui, educatamente.
-Piacere tutto mio!- Margaret si fece avanti e gli porse la mano. -Ti andrebbe di sposarmi?-
-Ehm... non saprei cosa risponderti, così, su due piedi.- Rispose lui, facendoci scoppiare a ridere.
-Oh, andiamo! Potrei renderti felice!-
Lui spalancò gli occhi e rise insieme a noi. -Beh...-
-Okay, okay, ragazze. Basta.- Cercai di non ridere più. -È con me, questa sera. Non fategli troppe pressioni.-
-Phoebe Grey, eh?- Constatò Josefin, che fino a quel minuto non aveva detto una parola. -Ottima scelta, Cameron. È di prima classe.-
-Oh, l'ho visto.- Scherzò lui. -Supererebbe anche la prima, di classe.-
-Ehi!- Esclamai, spingendolo. 
-Che c'è? Era solo un complimento!-
Alzai gli occhi al cielo e dissi: -noi continuiamo il nostro tour, ragazze. Ci vediamo in giro!-
-Oh, aspettate!- Margaret tirò fuori dalla sua borsa un bigliettino e lo mise nelle mani di Cameron. -Fammi sapere se hai bisogno di qualcuno o... di qualcosa.- Gli fece l'occhiolino. Poi, prese le sue amiche sottobraccio, e se ne andò via, sculettando. 
L'espressione del ragazzo che mi stava accanto era davvero esilarante. Era un misto tra il divertito e lo sconcertato. 
-Hai già fatto colpo.- Risi. -Dovreste andarne fiero!-
-Ma fate così con tutti?- Volle sapere. 
-Ehi, non parlare al plurale! Non mi pare di averti accolto così, la prima volta che ci siamo conosciuti.- 
-È vero.- Rise, portandosi le mani in tasca. -Hai soltanto rovesciato il mio pranzo.-
-Ma poi hai guadagnato una fantastica fetta di pizza!-
-Non era poi un granché.-
Misi il broncio e incrociai le braccia al petto. -Lo so. È orribile la pizza della mensa. Ma, per un amante come me, devo accettarla comunque.-
-Oddio.- Scoppiò a ridere, lui. -Ma sei seria? Non puoi vivere ogni giorno di pizza.-
-Lo so. Vorrei, ma non posso.- Scrollai le spalle. -Ma questa sera ne mangerai una buonissima.-
-Più di quella italiana?-
-Beh, tecnicamente la pizzeria dovrebbe essere italiana. Però non saprei.-
Lui scosse la testa e sorrise. -Ci avviamo.-
-Si! Sono pronta ad imparare.-

-Okay, ascolta.- Sospirò Cameron, mettendosi dietro di me e afferrandomi per i fianchi. 
-Che... che cosa fai?- Sbottai, arrossendo. 
Lui mi sfiorò lievemente la spalla destra con il mento e mi indicò i birilli. -Non è complicato, devi solo trovare un buon equilibrio e poi sarà tutto più semplice.-
Il mio cuore iniziò inspiegabilmente a battere più velocemente ed io imposi a me stessa di mantenere la calma. Il perché di quella reazione non la capivo neanch'io, però. 
-Okay.- Mormorai, tenendo lo sguardo fisso sui birilli. -Come faccio?- 
-Per prima cosa rilassati. Non stare così rigida.- 
"Una parola!" Presi un profondo respiro e cercai di rilassarmi.
-Forse non ti sembrerà importante ma, per poter avere un lancio migliore, devi scegliere anche il giusto peso della palla. Generalmente, è meglio usare una palla più pesante perché avrà più forza al momento dell'impatto. La regola generale è che la palla dovrebbe pesare il 10% del tuo peso corporeo, perciò se pesi 70 kg, dovresti giocare con una palla da 7.-
-70 kg?- Sbiancai. 
-Era solo un esempio, Phoebe.- Rise lui. -Non sto insinuando che tu abbia questo peso.-
-Okay, okay.- Mi passai una mano tra i capelli. -Cosa devo fare, poi?-
-Migliorare la tua postura. Come prima cosa devi avvicinarti alla linea di fallo. Devi stare con la schiena dritta, le spalle perpendicolari al bersaglio e le ginocchia piegate. Dovresti tenere il braccio che tiene la palla dritto al tuo fianco.- Cercò di sistemare la mia posizione. -Inclina leggermente la schiena in avanti e tieni i piedi leggermente distanti; il piede di scivolamento è quello opposto alla tua mano dominante.-
-Sembri un professore.- 
-Devo prenderlo come un insulto?-
-Non proprio.- Risi. 
Lui afferrò la mia mano e spiegò: -Oscilla il braccio indietro e poi in avanti per rilasciare la palla.- Mi fece vedere il movimento. -E poi rilascia quando il tuo braccio ha raggiunto il punto più lontano della sua traiettoria. Per rilasciare la palla in modo corretto, il tuo pollice dovrebbe uscire leggermente prima delle altre dita. In questo modo ti verrà più semplice far rotolare la palla.- (SPIEGAZIONE NON MIA. L'HO PRESA DA UN SITO SU INTERNET)
-Sei sicuro di non essere un insegnante privato?- 
Lui scoppiò a ridere e mi lasciò andare. Il calore delle sue mani se ne andò con lui, facendomi rabbrividire.
-Allora, vuoi provare?-
-Certo.- Sorrisi. -Ma ti consiglio comunque di non starmi vicino, mentre lo faccio.-
-Non pensavo di farlo.- Scherzò, facendo un paio di passi indietro. -Ci tengo alla mia vita, ricordi?-
-Stronzo.- Borbottai, cercando di posizionarmi il meglio possibile.
-Piega un po' di più le gambe.-
Lo ascoltai e presi un bel respiro; poi lanciai e... la palla buttò giù ben quattro birilli.
-Oh mio Dio!- Gridai, saltando. -Ce l'ho fatta! Non l'ho fatta cadere fuori!-
-È stato semplice, non credi?- Rise lui, avvicinandosi. 
-Ma tu sei un mago!- Mi ci fiondai contro e lui mi afferrò, ridendo. -Non ero mai riuscita a centrare un birillo, prima d'ora!-
-Beh, si. Devo dire che sono piuttosto soddisfatto di me stesso.-
-Tu sei...-
-Incredibile? Fantastico? Super talentoso?-
-Si, si. Tutte quelle cose lì.-
-Wow, grazie.- Mi prese in giro. -Sono onorato.-
Mi morsi un labbro e scoppiai a ridere.
Lui seguì il mio esempio e poi disse: -facciamo un'altro giro di prova e poi giochiamo sul serio?-
-Fatti sotto.-

Mai, in vita mia, mi ero divertita come quella volta. E lo diceva una che era abituata a divertirsi. La serata passata a giocare passò davvero velocemente e, anche se non feci schifo come le poche volte prima in cui avevo giocato, Cameron riuscì a battermi, ovviamente.
-Sono impressionato, dico sul serio.- Si complimentò. -Hai imparato un sacco, oggi.-
-Io imparo molto in fretta, Cameron. In tutto.-
-Lo vedo.- Rise. -E spero che tu sia affamata adesso.-
-Io sono sempre affamata.-
-Allora sarai invidiata da tutti, se continui ad essere così magra.- 
-Guarda che non appena ricominceranno le lezioni di danza io ricomincerò a mangiare sano. Magiare bene e fare dell'attività fisica è uguale ad avere un corpo snello. Io me lo sudo per mantenerlo così. Diciamo solo che ,durante le vacanze, sgarro un po', ma neanche tanto.-
-Mi fa piacere sentirlo.- Sorrise, consegnando le nostre scarpe da bowling all'addetto. -L'importante è che tu non sia anoressica.-
-Anche se volessi non potrei esserlo mai. Mio padre impazzisce anche solo se viene a sapere che ho saltato la merenda.-
-Come fai a dubitare del fatto che lui ti voglia bene, allora?-
-È complicato...- ammisi. 
-Scusa.- Disse. -Non sono affari miei e poi, ti avevo detto che ci saremmo solo divertiti, questa sera.-
-Grazie.-
Lui si accomodò e mi sorrise. -Che pizza prendi?-
-Questa sera ho voglia di una bella parmigiana. E tu?- 
-Direi panna e funghi.-
-Ottima scelta! È davvero buonissima.-
-Ma non te ne farò assaggiare nemmeno un pezzo.- Mi prese in giro.
Misi il broncio e sbattei le ciglia. -Potrei convincerti. Conosco diverse tecniche per farlo.-
-Non ne dubito, Phoebe.-
-Che vorresti dire?-
-Tu cosa pensi che io voglia dire?-
-Lo stai facendo di nuovo.- Alzai gli occhi al cielo. -Rispondere con un'altra domanda.-
Cameron ghignò e si passò una mano tra i capelli. -È vero.-
-Ehilà, dolcezza.- Mathew mi raggiunse e squadrò Cameron. -Che ci fai qui? Credevo fossi alla festa.-
-Sei la seconda persona che me lo fa notare, oggi. Non posso cambiare programmi?-
-Rinunci ad andare alla festa per uscire con il tizio nuovo? Sul serio?-
Cameron si drizzò immediatamente ed io risposi subito, per evitare che iniziassero a litigare nel locale. 
-Già. È una compagnia centomila volte più divertente di voi altri.-
-Divertente nel senso che...-
-Tu lo sai che sono seduto anch'io in questo tavolo, vero amico?- Scattò Cameron, impedendogli di finire la frase. 
-Che problemi hai?- Rise Mathew, con fare prepotente. -Se non è abbastanza soddisfacente me la prendo io, al posto tuo.-
-Matt!!-
-Come, scusa?- Ringhiò, contemporaneamente a me.
-Che c'è? Sei anche sordo?- Continuò a ridere. -Andiamo, Phoebe. Ti ha pagata per passare del tempo con lui? Non è da te stare con i perdenti.-
-Dimmi che non l'hai detto.- Esclamò, alzandosi bruscamente. 
-No, non l'ha detto!- Mi alzai anch'io, e mi piazzai difronte a Cameron. -Lascialo perdere, okay? Non ne vale la pena. Mathew- aggiunsi, rivolgendomi a lui. -Va' ad infastidire qualcun altro.-
-Sei sicura di non voler essere salvata?-
-Da uno come te?- Risi. -Piuttosto me ne andrei all'inferno.-
La faccia di Matt diventò rossa e, dopo essersi scambiato un'occhiata cocente con Cameron, sibilò un: -bene.- e se ne andò.
-Scusa.- Mormorai, girandomi verso Cameron. -Non credevo che avrebbe det...- mi bloccai alla vista della sua espressione. Assomigliava decisamente a quella di papà quand'era arrabbiato seriamente. Mi spaventò vederlo in quel modo. 
-Cam- gli afferrai la mano, facendolo riscuotere. -Lascialo stare, ti prego.-
Lui guardò me, poi le nostre mani e poi nuovamente me. 
-Mi hai davvero chiamato Cam?-
-Già...- sorrisi leggermente, confusa dalla sua espressione. 
-Non pensavo si dovesse arrivare ad una situazione tanto drastica, per convincerti a farlo- mormorò, stringendomi le dita e mandandomi una scarica elettrica che percorse tutta la mia spina dorsale. 
-Sembravi davvero arrabbiato. Stai bene?- Chiesi. -Mi dispiace, non credevo che avrebbe detto quelle cose. Non si era mai comportato così, prima d'ora.-
Lui spalancò gli occhi. -Chiedi a me se sto bene? Phoebe, non è per cosa ha detto a me che sono arrabbiato, ma per come ha trattato te.-
-Ah...- arrossii, abbassando lo sguardo. -Non importa.-
-Certo che importa. Ehi.- Disse, costringendomi a guardarlo negli occhi, che, in quel momento, erano di un colore simile al ghiaccio. -Non puoi farti trattare così e poi dire che non importa.-
-Hai ragione, mi dispiace. È solo che non volevo che ci rovinasse la serata.-
-Non l'ha fatto.-
-Signori.- Il cameriere ci raggiunse, squadrandoci. -Le vostre pizze.-
-Ci penserò io a te.- Mormorò, tornando a sedersi. -Non preoccuparti.-
Quelle semplici parole mi fecero sorridere. Forse avrebbe potuto cominciare anche a piacermi, Cameron. Scossi la testa e mi sedetti. "Toglitelo dalla testa."

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Capitolo 14
*** CONTROLLO PERENNE ***


PENULTIMO CAPITOLO!! (PRIMA DELLA PAUSA, OVVIAMENTE :P) RICORDATEVI DI LASCIARE IL VOSTRO PARERE😘

-Hai vinto, tu.- Mormorai. -Dovrei offrirtela io la pizza.-
-Piantala.- Rispose Cameron, alzando gli occhi al cielo. -È un'onore poterti offrire ciò che più ami nella tua vita.-
-Davvero?- Scoppiai a ridere e mi spostai un ciocca di capelli, dietro l'orecchio. -Beh, in tal caso, grazie.-
-Figurati.- Sorrise, spensierato. Lo spiacevole inconveniente era già stato dimenticato. -Che ti va di fare, adesso?-
-Andiamo al centro.- Proposi. -Mi piace passeggiare lì, di sera.-
-Okay, allora.- Sorrise. -Avviamoci pure.-

-Wow! Ma allora dicevi sul serio quando mi ha detto che questo "centro" appartiene ai ragazzi!-
-Certo che dicevo sul serio.- Mi portai le mani dietro la schiena. -È divertente stare qui, tutti insieme.-
-Phoebe!!- Gridò Kim, correndo, insieme alle altre, verso me e Cameron. 
-Ehi, ragazzi!- Feci un mega sorriso, vedendoli. -Posso presentarvi Cameron? Cam, loro sono Kim, Juliet, Sam e Drake.-
-Noi ci siamo conosciuti a scuola, ricordi?- Chiese Drake.
-Come no- rispose, Cameron. -È un piacere conoscervi, ragazze.-
-Piacere nostro.- Risposero loro.
-Ehi, Phoebe.- Disse Kim. -Ho saputo cos'è successo al bowling, mi dispiace. Matt ultimamente ha uno strano comportamento.- 
-Ma che gli è successo?- Mormorai, approfittando del fatto che Cam avesse cominciato a parlare con Drake. -Non mi sarei mai aspettata quelle parole. Sembrava avesse voglia di litigare con Cameron. Sembrava quasi ubriaco.-
-Non lo so. È da un periodo che ha un comportamento così strafottente. Prende brutti voti a scuola e, ad ogni minima cosa, attacca chiunque. L'ho anche visto frequentare Jeremy, e la cosa mi preoccupa.-
-Jeremy?-
-Già. Mamma e papà sono molto preoccupati per lui.-
Kim era la sorella gemella di Matthew; era ovvio che fosse preoccupata per lui e, al tempo stesso, dispiaciuta per me. Lei, al contrario del fratello, era sempre stata solare e piena di vitalità. Era un'ottima amica. 
-Hai provato a parlarci?-
-Già.- Mormorò, afflitta. -Ma mi ha sempre sbattuto la porta in faccia. Non mi vuole tra i piedi, ha detto. Vuole che lo lasci in pace e basta.-
-Quanti problemi danno i fratelli.- Sospirai. -Ne parlerà quando sarà pronto a farlo. Non forzarlo. Fidati, ne usciresti perdente.-
-Grazie per il consiglio, ma... è tutto okay con Theodore?-
-Si, si!- Mi drizzai. -Tutto alla grande.-
-Dove stavate andando tu e Cameron, Phoebe?- Mi chiese Juliet.
-Non avevamo una meta precisa, stavamo solo passeggiando.-
-Il vostro è un appuntamento?- Bisbigliò Sam, per non farsi sentire dai ragazzi. 
Juliet e Kim si avvicinarono di più a me, per poter sentire la risposta. Mi fece ridere il loro comportamento.
-Non è un appuntamento, ma Cam è nuovo ed è simpatico; uscire e fargli conoscere nuove persone mi è sembrato l'ideale.-
-Sei sicura che sia tutto qui?- Mormorò maliziosa, Kim.
Drake l'afferrò per la vita, facendola strillare. -State complottando qualcosa, ragazze?-
-Drake, mettimi giù!- Gridò, la sua ragazza. 
-A tempo debito, piccola.-
-Allora, Cameron.- Juliet sbatté i suoi occhioni color nocciola. -Come mai ti sei trasferito, qui, a Seattle?-
Lui mi affiancò e si mise le mani in tasca. -Mio padre ha trovato lavoro qui. È una città bellissima, nonostante non abbia visto ancora molte cose.-
-Puoi dirlo forte!- I suoi occhi si illuminarono e, prima di continuare a parlare, il suo colorito aumentò. -Potrei, ehm... farti da guida, se ti andrebbe, qualche volta.-
Le sopracciglia di Cameron schizzarono verso l'alto, immediatamente. Di certo non si aspettava quella proposta. Lo vidi nervoso, nel rispondere.
-In realtà, immagino che esplorerò questa città con mia madre.-
-Ah- Juliet fece un passo indietro, per poi improvvisare una risatina nervosa. -No, beh, certo. È logico.-
-Entrerai a far parte di qualche squadra, a scuola, Cameron?- Chiese Sam, spintonando Juliet.
Cameron sbuffò, facendomi ridere. -Non penso proprio. Odio gli sport e odio dover far parte di una squadra.-
-Davvero? Dal fisico che ti ritrovi non sembrerebbe proprio.-
-Corro tanto, per mantenermi in forma. È l'unica cosa che faccio tutte le mattine.-
-Davvero?- Chiesi. -Potresti portarmi con te, qualche volta.-
-Dipende.- Fece un sorrisetto. -Io vado molto veloce.-
-E io potrei superarti.-
-Davvero?-
-Oh, eccome.-
-È una sfida, la tua?-
-Si, potrebbe.- 
-Allora dovrai prepararti alla seconda sconfitta.-
-Ehi! Sono molto veloce, anch'io! Il bowling non c'entra!-
-Il bowling?- Si intromise Sam, divertita. 
-Già. Lo sai, vero, che Phoebe era perfettamente negata in questo gioco?-
-Era?- 
Sam e Cameron iniziarono un acceso dialogo su quanto fossi tremenda in quel gioco e su quanto, grazie all'aiuto del mio sommo "eroe", fossi migliorata. 
-Mi rifiuto di crederci!- Rise Sam, ormai con le lacrime agli occhi. -Non è possibile che Phoebe sia addirittura arrivata a buttare giù, in due colpi, tutti i birilli!-
-Ma grazie.- Borbottai, imbronciata. -Continuate pure come se non ci fossi.-
-Un 'grazie' non farebbe male.- Rise Cam.
-Guarda che ti ho già ringraziato, stupido.- Scossi la testa e lo spintonai. -Dove sono Drake e Kim?-
-Credo che per loro sia arrivato il momento di restare un po' da soli.- Ghignò, Sam. -Sai com'è.-
-E come mai voi non siete andati alla festa?-
-Oh, beh... Drake inizia ad essere geloso per ogni piccola cosa. Le feste, per Kim, ormai, sono fuori discussione. È bello passare le serate insieme, non importa dove. È divertente anche solo passeggiare, quindi eccoci qui. Voi, invece?-
-A me non piacciono le feste.- Rispose Cameron, precedendomi. -Quindi abbiamo optato per un'uscita.-
Juliet mi lanciò un'occhiataccia ed io mi strinsi nelle spalle.
-Capisco.- Mormorò Sam, pensosa. -Phoebe, sai che ha aperto, in fondo alla strada, un bar davvero adorabile? Vende dolci di tutti i tipi. Potreste andarci, è favoloso.-
-Dolci di tutti i tipi??-
Mi girai verso Cameron e scoppiai a ridere. -Ti piacciono i dolci?-
-Un po' come la pizza.- Ammise lui, imbarazzato.
-Allora dobbiamo andarci assolutamente.- Sorrisi. -Voi venite, ragazze?-
-Certo!- Squittì Juliet, facendosi avanti.
Sam la prese per un braccio e ridacchiò. -In realtà, no. Dobbiamo aspettare qui Kim e Drake. Magari vi raggiungiamo dopo, d'accordo?-
-Possiamo aspettare con voi, se volete.-
-Già, così andiamo tutti insieme.- Borbottò Juliet, fulminando Sam con lo sguardo. 
-Non ve lo consiglio. Il bar ha aperto da poco e ho sentito dire che fa delle cose buonissime. È strapieno a tutte le ore. Vi consiglio di iniziare a prendere i posti.-
-Okay!- Rispose Cameron, eccitato. -Allora vi aspettiamo lì.-
-Manderò a Phoebe un messaggio per farle sapere se vi raggiungiamo.- Mi sorrise enigmatica. -Non preoccuparti.-
-Okay...- mi avvicinai per salutarla, e le sussurrai all'orecchio un: -che stai facendo?-
Sam mi abbracciò e rispose: -più in là mi ringrazierai.-
-Per cosa?-
-Allora ci vediamo dopo, Cam.- Juliet arrossì. 
-Certo.- Cameron mi afferrò la mano. -Dai, andiamo, Phoebe!-
Mi girai giusto in tempo per arrivare a scorgere l'occhiata soddisfatta di Sam e quella cocente di Juliet. Che diavolo stava architettando, Sam? Fu quello che mi chiesi, prima di rimettermi in pari con la velocità di Cameron. Le nostre mani erano ancora intrecciate.

-Io. Amo. Questo. Posto.- 
-Ma è una fontana di cioccolato, quella?- Spalancai gli occhi. -Ti andrebbe se ci venissimo a trasferire qui? Potrei convincere mio padre ad acquistare tutto il locale.-
-Si, ti prego.-
-Buonasera, ragazzi!- Una ragazza di circa vent'anni, ci accolse con un gran sorriso. -Benvenuti allo ChocoShoop. Volete accomodarvi?- 
Io e Cameron ci guardammo per un breve istante prima di trillare un: -Si!-
La ragazza sorrise. -Prego, da questa parte.-
Il negozio non era molto spazioso ma aveva tre stanze, due delle quali erano dedicate ai tavolini e al reparto bar; la prima, invece, era allestita con ogni tipo di dolce possibile ed immaginabile. Fu amore a prima vista. 
-Ecco qui.- La ragazza ci porse dei grandi menù a forma di muffin glassati. -Vi do il tempo di decidere cosa prendere. Fatemi pure un cenno, non appena sarete pronti.-
-Certo, grazie mille.-
Cameron aspettò che la ragazza se ne andasse prima di mostrarmi il menù e dire: -è un muffin! Ma te ne rendi conto? Potrei mangiare persino il menù, Phoebe!-
-Mio Dio- mormorai, osservando il luogo. -Questo è il paradiso. Credevo non esistessero posti come questi. Credevo fossero soltanto delle utopie.-
-Forse stiamo sognando.-
-Sbrighiamoci ad ordinare, prima che qualcuno venga a svegliarci, allora.- Risi. 
-Pancake con glassa al pistacchio, gelato alle mandorle e con una spolverata di zucchero a velo e cristalli colorati.- Lesse, quasi in estasi, Cameron. -Credo di essermi appena innamorato.-
-Io credo proprio che prenderò la torta agli Oreo e Nutella, con granella alla nocciola.-

-Sembra che tu stia avendo un orgasmo.- Constatai, gustando la mia torta. 
Cameron, sentendo le mie parole, si strozzò e iniziò a tossire, attirando l'attenzione di alcuni ragazzi. 
-Scusi, potrebbe portarci dell'acqua?- Imposi a me stessa di non scoppiare a ridere, mentre lo chiedevo alla signorina. 
-Ecco.- La signorina accorse subito e porse a Cameron il bicchiere. -Tutto apposto?-
-Si, si.- Gracchiò, bevendo una lunga sorsata d'acqua. -Grazie.-
La biondina fece quello che mi sembrò essere una sorta d'inchino e se ne andò, dandomi così la possibilità di poter ridere. 
Cameron mi lanciò un'occhiataccia e, dopo aver finito l'intero bicchiere d'acqua, sibilò un: -preparati ad una vendetta.-
-Per cosa?- Chiesi, innocentemente. -Ti ho solo detto cosa sembrava che stessi facendo.- 
-Tu sei...- prese un profondo respiro. -Impossibile.-
-Mi hanno definita in modi peggiori.- Mi vantai, prendendo un pezzo del sul pancake. 
-Ehi!- Borbottò. -Non te ne meriti.-
-Ormai l'ho mangiato.- Lo rimbeccai. -Vuoi favorire, con la mia torta? È squisita quasi quanto il tuo pancake.-
-Certo.- Disse, prendendone un pezzo.
-Posso offrirti io il dolce? Così siamo pari.- Spiegai. -Tu mi hai offerto ciò che io amo più nella mia vita e io ti ricambio il favore.-
-Non voglio ricambiato il favore. L'ho fatto con piacere.- 
-E lo farei anch'io con piacere!-
-No, non se ne parla. Non è così che funziona.-
-Non è così che funziona negli appuntamenti, tecnicamente.- Gli feci notare. -E il nostro non è un appuntamento, no?
Cameron sembrò pensarci. Aggrottò le sopracciglia e scosse la testa. -No, non credo. Non è così che l'abbiamo definita, l'uscita di questa sera.- Ma, prima che potessi rispondere, aggiunse: -però è stato come se lo fosse.-
-Davvero?-
-Credo di sì.- Prima di continuare, inghiottì il pezzo di pancake. -Non dovresti essere tu, l'esperta negli appuntamenti?-
-Cosa te lo fa credere?- Risi. 
-Non lo so. A scuola i ragazzi parlano tutti di te. Avrai avuto una centinaia di appuntamenti.-
-In realtà ne ho avuti relativamente pochi.- Risposi. -Di solito preferisco le uscite di gruppo.-
-Quindi io sarei uno dei privilegiati?-
-Guarda che tu sei privilegiato anche solo perché ti rivolgo la parola!- Scherzai. -E comunque, si. Se vuoi metterla così, allora, si. Sei un privilegiato.-
-Questo mi fa doppiamente onore, allora.- Si vantò. -Come mai hai avuto pochi appuntamenti? Sei stata tu a rifiutare i ragazzi perché è categoricamente impossibile che loro non ti abbiano invitata ad uscire.-
-Guarda che non sono una vip- lo presi in giro. -Te l'ho detto. Preferisco le uscite di gruppo. Non lo so, non mi sono mai interessata veramente a qualcuno.-
-Mai?!- 
-Perché sei così sorpreso?- Ridacchiai. -Ho solo sedici anni, Cameron! Che male c'è?-
-Innamorarsi o, perlomeno, infatuarsi di qualcuno non è un male.-
-Non sono mai arrivata ad innamorarmi.- Risposi. -Però è ovvio che abbia preso qualche piccola sbandata per qualcuno.-
-Avevo dato per scontato che tu avessi avuto un sacco di relazioni.-
-È per questo che io odio i pregiudizi.- Risi. -Immagino che, a questo punto, tu stia scoprendo una persona molto diversa da quella che ti eri immaginata.-
-Decisamente.-
-Tu hai avuto un sacco di appuntamenti, invece?-
-No, per niente.- Rise. -In diciassette anni ne avrò avuti due o tre. Lo sai che non mi piaceva la gente di quel posto.-
-E quindi non ti sei mai innamorato?-
-Una volta si.- Rispose, per poi assumere un sorrisetto. -Avevo cinque anni. Era il mio primo giorno di elementari e la vidi entrare insieme a sua madre. Credevo fosse un angelo. Era biondissima e aveva degli occhi blu, come il mare. Ma sai qual è la cosa strana?-
-Che eri troppo piccolo per essere davvero innamorato?-
-A parte questa.- Ridacchiò. -Ho la sua immagine perfettamente impressa nella mente, eppure non riesco a ricordare il suo nome. Non ricordo nulla, in realtà, a parte la prima volta che la vidi.-
-Beh, forse perché non ti ha mai degnato di uno sguardo.- Lo presi in giro.
-È probabile.- Ghignò. -Però ero davvero cotto per lei.-
-Dimmi qualcos'altro dei tuoi appuntamenti.-
-Qualcos'altro?- Alzò le sopracciglia, sorpreso. -In che senso?-
-I due, o i tre, appuntamenti sono avvenuti tutti con la stessa ragazza?-
-I primi due, si. Mi è bastato portarla a cena per la seconda volta per capire che non era la mia anima gemella.- Rise. -Il terzo è stato con un'altra ragazza. Sai che forse aveva delle origini italiane?-
-Oh mio Dio, davvero?- Risi. -Allora forse dovresti presentarla a me.-
-Sicuro. Peccato per il fatto che, il giorno dopo, la ragazza è totalmente scomparsa.-
-Davvero? Allora devi avergli proprio fatto schifo.- 
-Già.- Scoppiò a ridere. -E da allora ho perso l'autostima in me stesso.-
-Aah, ora si spiega tutto.- Lo presi in giro. -Stringerei la mano a quella ragazza.-
-Che cattiva!-
-Si, vero?- Gli feci l'occhiolino. -Secondo te, dovremmo aspettare gli altri?-
-Sam non ti ha scritto nulla?-
-No.- Controllai il cellulare. -Provo a chiamarla?-
-Certo, così, in caso, andiamo via. Questo posto si sta riempendo sempre di più.-
-Okay, faccio subito. Vado fuori perché qui non prende.-
-Okay.-

-Sam? Mi senti?-
-Phoebe.- La sua voce gracchiò. -Ti sento malissimo! Dove sei?-
-In quel bar che mi hai consigliato! Voi non venite?-
-Non oggi.- Rispose. -Ordinate pure per voi.-
-In realtà abbiamo già finito.- Ridacchiai, guardandomi intorno. -Allora andiamo via. Voi dove siete?-
-In realtà stiamo per tornare a casa. Juliet si sente male.-
-Davvero? Da quanto? Sembrava stare bene prim...- mi bloccai, scorgendo, dall'altra parte della strada, una figura a me conosciuta. 
-Phoebe? È caduta la linea?- 
Oh. Mio. Dio. Riconobbi, all'interno della lucente e, quasi inconfondibile, macchina nera di Taylor, la figura di Luke. Lui stava momentaneamente parlando al telefono, quindi non mi vide, ma sapevo che papà lo aveva mandato a spiarmi. 
-Phoebe!-
-Si, sono qui. Scusa.- Mormorai, arretrando. -Senti, devo andare. Ci sentiamo domani, ciao!-
-Poi devi raccontarmi tutto!-
Attaccai e corsi all'interno del locale, pregando tutti gli dei possibili ed immaginabili che Luke non mi avesse vista. Il sangue mi ribolliva nelle vene. Dio, avrei preso a calci mio padre, se avessi potuto.
-Ce ne possiamo andare?- Chiesi, facendo sobbalzare Cameron. 
-Cos'è successo?- 
-Niente.- Ringhiai, afferrando la mia borsa. -Voglio solo andarmene.-
-Vado a pagare, arrivo subito.-
Mentre aspettavo Cameron, compii un gesto disperato e, molto probabilmente, infantile. Fermai la cameriera bionda e, quasi con aria di supplica, le chiesi: -signorina, mi scusi. Non è che disponete di un'altra uscita? Sul retro, magari? C'è un tipo che non voglio vedere, fuori.-
La ragazza strabuzzò gli occhi e si guardò intorno. -Vuoi che chiami la polizia?-
-No!- Esclamai. -Non ha fatto niente, per ora. Ma non voglio vederlo.-
-Okay. Allora potrei farti uscire dalla stanza riservata al personale.- Si mordicchiò un unghia. -Sicura che non vuoi che chiami la polizia?-
-Phoebe, andiamo?- Cameron mi raggiunse.  
-Si.- Gli afferrai la mano e lo trascinai dalla parte opposta all'entrata di servizio. 
-Che fai? L'uscita è dall'altra parte!-
-Ecco qui, ragazzi.- La biondina ci aprì la porta. -State attenti.-
-Ma che...-
Non diedi a Cameron il tempo di completare la frase e lo trascinai fuori. 
-Phoebe!- Esclamò, tirandomi indietro. -Che ti prende? Che succede? Dove stiamo andando?-
-Ti prego, Cameron.- Lo supplicai. -Non possiamo uscire da lì. Mi vedrebbe.-
La sua espressione di indurì subito. -Chi ti vedrebbe? C'è qualcuno che ti minaccia?!-
-No, è solo che... Dio.- Mi passai le mani tra i capelli e mi accovacciai. -Perché si comportano così?-
-Phoebe- Cameron si accovacciò difronte a me e mi afferrò per le spalle. -Mi stai spaventando. Di cosa parli? Che succede?-
-È mio padre.- Sussurrai, abbracciandomi le gambe. -Ha mandato Luke a spiarmi.-
-Luke a spiarti?- Ripeté, alzando le sopracciglia, sorpreso. -Perché?-
-Non lo so. Nessuno, nella mia famiglia, vuole dirmi che succede.- Mi alzai di scatto. -Avevo detto chiaro e tondo che non volevo la guardia del corpo! Mi sembrava strano il fatto che mio padre mi avesse lasciata uscire così! Dio, quanto sono stupida! Come può comportarsi in questo modo? Come può agire alle mie spalle?-
-Ehi, calma.- Mormorò lui. -Credi di essere in pericolo?-
-Non lo so, forse. Te l'ho detto, nessuno vuole dirmi nulla. Ma, ad un tratto, tutti hanno cominciato ad essere strani e ora mio padre mi controlla più di prima.-
-Vieni qui.- Mi sorprese, stringendomi tra le sue braccia. -Non essere arrabbiata con lui. Vuole solo proteggerti.-
-Vuole proteggermi senza dirmi da cosa!- Scattai. -Non dirmi che sei d'accordo anche tu, con loro! Non è giusto che mi tengano all'oscuro ma che pretendano che accetti di essere accompagnata costantemente da qualcuno che mi controlli. Sai cosa significa, per una ragazza della mia età?!-
-Lo so, mi dispiace.- Mormorò. -Non sono d'accordo con loro, non è giusto tenerti all'oscuro. Ma capisco che vogliamo proteggerti.-
-Non gli permetterò di farlo alle mie spalle. Di farlo a modo loro.-
-Phoebe...-
-C'è un laghetto, qui vicino.- Cambiai discorso. -Ti va di andarci?-
-Certo.- Mormorò. -Certo, andiamo.-

Restammo al lago per un'ora, circa. Fu rilassante e curativo. Lo fu, almeno, fino a quando papà non iniziò a chiamarmi. 
-Non rispondi?-
-No.- Chiusi la chiamata. -Non voglio parlare con lui.-
-Ma prima o poi dovrai farlo. Lo sai, vero?-
-Lo so.- Chiusi gli occhi e mi distesi sull'erba. -Ma non ora.-
Papà, neanche cinque minuti dopo, ritornò a chiamarmi.
-Forse dovresti rispondere.- Cameron si venne a sedere vicino a me. -Così lo fai preoccupare.-
-Che si preoccupi, allora.- Aprii gli occhi e guardai le stelle. -Non mi interessa.-

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Capitolo 15
*** VERITÀ ***


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Una ventina di minuti dopo il continuo tartassare di chiamate, da parte di mio padre, Cameron mi convinse —per non dire che mi costrinse— a rispondergli.  
-Papà.-
-Cristo santissimo, Phoebe!- Riuscì a percepire la sua rabbia mischiata al senso di sollievo. -È da un sacco che continuo a chiamarti! Perché diavolo non rispondi?-
-Giocavo.-
-Dove? È tardi, lo sai.-
-Sono solo le dieci e mezza.-
-Non importa, torna a casa.-
-Mi hai sentita. Sono ancora viva, nessuna mi ha assassinata. Ora posso tornare a giocare?-
-Perché sei arrabbiata?- Ringhiò. -Ti ho lasciata uscire nonostante te lo avessi proibito.-
Sbottai in una risata amara, ma mi costrinsi a non litigare con lui per telefono. -È il mio turno, ciao.-
-Phoebe!- Esclamò. -Quando torni?-
-Chiamo io Taylor, quando deve venire a prendermi. CIAO.- Attaccai, senza aspettare che rispondesse e mi distesi di nuovo sull'erba.
-Tutto okay?-
-No.- Mormorai, chiudendo gli occhi. -Ma andrà tutto bene.-
-Ti va di fare un bagno?-
Aprii un occhio e lo squadrai. -Sei serio?-
-Si.- Ghignò. -Andiamo, devo togliere quell'espressione triste dal tuo viso.-
-E con cosa dovremmo farlo?-
-Con i vestiti.-
-Si bagneranno!- 
-Grazie per la notizia.- Rise, alzandosi e porgendomi la mano. -Ma ne vale la pena, non credi?-
Afferrai con decisione la sua mano e mi tirai in piedi. -Okay. Ma se mi ammalerò sarà solo colpa tua.-
-Smettila di lamentarti.- Alzò gli occhi al cielo e si tolse la giacca. -Entriamo e basta.-
Seguii il suo esempio e mi tolsi la giacca di jeans. 
-E se è fredda?-
-Non ti facevo così fifona.-
-Fifona?- Risi. -Come ti permetti? Io non sono affatto fifona.-
-Allora che ne dici di un bel tuffo?-
-Ma è un laghetto.-
-Oh, andiamo! È abbastanza profondo.- 
-Tu sei completamente pazzo.- Sorrisi. -Su, facciamolo, prima che cambi idea.-
Lui mi afferrò la mano e iniziò ad indietreggiare. -Al mio tre. D'accordo?- 
-Se mi ammalo...-
-Uno.-
-Perché lo sto per fare?- Piagnucolai.
-Due.- Rise lui. 
-Tre!- Esclamò, prendendo la rincorsa. 
Lo seguii e ci lanciammo all'interno di quella che mi parve essere più calda del solito, acqua del lago. Restai sott'acqua per un paio di secondi, per poi riemergere e scoppiare a ridere. 
-Oh mio Dio!-
-Ti è piaciuto?- Ghignò. -Ammettilo. È stato fantastico.-
Mi passai una mano tra i capelli bagnati. -Si, è stato divertente. Ogni tanto hai delle belle idee.-
-Ogni tanto?- Inarcò un sopracciglio e poi, prendendomi alla sprovvista, iniziò a schizzarmi l'acqua.
-Ehi!- Squittì, girandomi di spalle. -Scusa! Hai sempre delle ottime idee.-
Lui smise di schizzarmi e scoppiò a ridere, soddisfatto.
-Sei davvero cattivo!-
-Ah, davvero?- Si avvicinò a me e mi afferrò per la vita.
-No, ti prego! Stavo scherzando! Stavo scherzando!- 
-Troppo tardi- ghignò lui, per poi prendermi in braccio e immergermi di nuovo.
"Maledetto!" Socchiusi gli occhi e, invece di riemergere, decisi di andare più a fondo e di tirarlo giù con me. Poi riemersi soddisfatta e iniziai a schizzarlo.
-Non devi mai metterti contro di me.- Lo presi in giro. -Perderesti su tutti i fronti.-
-Ma proprio su tutti?- Si passò una mano tra i capelli, avvicinandosi.
-Si.- Mantenni il contatto visivo e non indietreggiai. -E, per colpa tua, ho rovinato i miei capelli.-
-Oh, non preoccuparti per quelli.- Fece un sorrisetto. -Sei bellissima comunque.-
Il suo commento mi fece perdere il respiro. Sembrava innocuo, eppure, sembrava essere sincero. 
-Grazie...- arrossii. 
Lui sorrise e, fece per avvicinarsi, ma si tirò subito indietro, non appena delle voci si avvicinarono. 
Mi girai di scatto e riuscii a scorgere le figure di Jonatan ed Isabelle, i quali, invece, non sembravano essersi accorti di noi.
-È meglio uscire.- Proposi, con il cuore che batteva ancora a mille. 
-Si, è meglio.-

-Ma che hanno oggi, tutti quanti?- Sbottai, non appena Taylor iniziò a chiamarmi. 
-Phoebe, i tuoi genitori non sono giusti nei tuoi confronti, però tu sai che c'è un qualche pericolo. Ti prego, rispondi.-
Alzai gli occhi al cielo e acconsentì. -Taylor. Ti avevo detto che ti avrei chiamato io.-
-Phoebe, devi dirmi esattamente dove sei. Ti prego, risponderò a tutte le domande che vuoi, ma dimmi dove sei.-
-Perché?- Mi guardai intorno, spaventata dalla gravità della sua voce. -Che succede?-
-Ti prego- ripeté, supplicandomi. -Ti dirò tutto in macchina.-
-Va bene.- Mi arresi. -Siamo al laghetto. Quello in cui andavamo sempre.-
-Perfetto, non muoverti. Arrivo subito.- Attaccò.
-Che succede?-
-Non lo so.- Risposi a Cameron, rabbrividendo. -Ma Taylor ha detto che avrebbe risposto ad ogni mia domanda, in macchina.-
-Che strana situazione.- Mormorò, con gli occhi scuri. -Promettimi che starai attenta.-
-Te lo prometterò non appena saprò da cosa dovrò proteggermi.-
-Non sto scherzando, Phoebe.-
-Neanch'io.- Sospirai. -Mi dispiace, sono solo le dieci e mezza. Magari la prossima volta andrà meglio.-
-Guarda che io mi sono divertito molto, questa sera. Meglio che passare la serata rinchiuso a casa. Non hai niente di cui scusarti, Phoebe. Non essere sciocca.-
-Beh, se fossi stata una ragazza con una famiglia più normale, magari sarebbe andata meglio. Magari saremmo riusciti a concludere questo "più o meno appuntamento" con un bacio.-
Lui scoppiò a ridere e scosse la testa. -Nessuno ha una famiglia normale, tantomeno perfetta. Le cose facili non mi piacciono e...- si bloccò un attimo e mi scrutò. -Potremmo uscire tutte le volte che vuoi.-
-Per un appuntamento ?- Risi. 
-Io pensavo per andare a stabilire la data delle nozze.- Scherzò. -Ma immagino che dovrò accontentarmi.-
-Che stupido che sei!- Risi.
Di una cosa ero certa: Cameron era uno dei pochi che riusciva a tirarmi su di morale con poco, il che era alquanto strano visto e considerato che lo conoscevo da poco più di mezza settimana. 

-Ciao, Cameron!- Esclamò Taylor, con un sorriso tirato. -Tutto bene?-
-Salve Taylor. Si, tutto benissimo, grazie.- 
-Vi siete divertiti?-
Gli lanciai un'occhiataccia e incrociai le braccia. -Si. Almeno fino a quando non ho scoperto di essere costantemente spiata da Luke e fino a quando tu e papà non avete cominciato ad interrompermi con le vostre chiamate.- 
Taylor mi ignorò e chiese a Cameron: -dove ti lascio?-
Cameron gli diede l'indirizzo di casa sua e, Taylor, si immerse nel traffico, non prima di aver acceso la radio per eliminare il silenzio opprimente e imbarazzato che invadeva l'auto.

-Grazie mille per il passaggio!-
-Quando vuoi.- Sorrise Taylor. -Buonanotte.-
Cameron mi sfiorò una spalla e sussurrò un: -ti chiamo questa notte?-
-Certo. Chiamami alle due.-
-Buonanotte.- Mi sorrise. -E grazie ancora.-
Aspettammo che Cameron entrasse in casa per rimettere in moto e avviarci verso la nostra, di casa. 
-Voglio tutta la storia.-
-E io voglio che tu sappia, innanzitutto, che, facendolo, andrò contro tuo padre. Ma sappi che neanch'io sono d'accordo con la sua scelta.-
-Grazie. Lo apprezzo davvero.-
Taylor sospirò e poi iniziò con il racconto. -Quasi diciannove anni fa, uno squilibrato, ai tempi capo di tua madre, per invidia nei suoi confronti e in quelli di tuo padre, decise di chiedere una somma di denaro eccessivamente alta a tua madre e, successivamente, di rapirla, in un certo senso.-
-Che cosa?- Scattai. -Diciannove anni fa, mamma è stata rapita?!-
-È una storia davvero troppo lunga da raccontare, Phoebe, ma sì. Sostanzialmente è stata rapita. Siamo riusciti a trovarla una manciata di minuti dopo il suo incontro con Jack, il nome del suo ex capo lavorativo, ma lei era già priva di sensi.-
-Che cosa gli aveva fatto?- 
-L'aveva violentemente gettata a terra, facendole sbattere la testa. Tua madre era anche incinta, in quel momento, quindi lo stress e i dolori vari non l'aiutarono. Tutta via, riuscì a guarire poco dopo e Theodore non subì nessun danno. Prima di perdere i sensi, tua madre è riuscita a sparare ad una gamba, Jack.-
-Mi stai raccontando un thriller?-
-Purtroppo no, tesoro.- Sorrise, tristemente. -Lui era già stato arrestato per atti... insomma, era già finito in galera. È, tuttavia, riuscito ad ottenere una revoca, quindi ha pensato bene di vendicarsi di tuo padre, tramite tua madre.-
La testa mi scoppiava ma mi imposi di continuare ad ascoltare. -Perché? Cosa c'entrano i miei genitori?-
-È un lungo racconto, te l'ho detto. E noi abbiamo pochissimo tempo.- Rispose. -Jack, esattamente cinque giorni fa, è riuscito ad evadere dalla cella. È un pazzo squilibrato e non sappiamo né dove sia nè che intenzioni abbia. Sappi solo che, pochi mesi dopo essere stato sbattuto in cella, ha messo incinta una donna, la quale ha avuto un bambino. Non riusciamo a spiegarci come ma, abbiamo perso tutte le tracce della donna e del suo bambino. Molto probabilmente, secondo alcune fonti, la donna con cui Jack ha avuto il bambino, ha dato fuoco alla sua macchina, posteggiata fuori dall'ospedale, con lei e il bambino dentro.-
-Oh mio Dio...- rabbrividii. -Ma... è terribile.-
-Jack avrà sicuramente avuto degli informatori durante tutti questi diciannove anni e sappiamo che se il suo intento è quello di vendicarsi, questa volta cercherà di arrivare a te. È per questo che dobbiamo stare con te, Phoebe. Sei troppo esposta. Troppo in pericolo.-
-Pensate che voglia fare qualcosa di simile, a me?-
-Anche se volesse non potrebbe farlo, te lo giuro. Non permetterò mai che accada.-
-E quindi qual è il piano? Tenermi segregata in casa? Fornirmi di una personalissima guardia del corpo che mi segua anche al bagno?-
-Non vogliamo impedirti di vivere, Phoebe.-
-Perché parli al plurale? Tu sarai l'unico, probabilmente.-
-Non è vero, e lo sai. Tuo padre ti ha lasciata uscire, questa sera.-
-E ha mandato Luke a spiarmi!-
-Luke non ti stava spiando. Stava solo svolgendo il suo lavoro. Quello di tenerti d'occhio ed evitare che nessuno ti avvicinasse.- Spiegò. -Si è preoccupato un sacco quando non ti ha più vista uscire e quando non ti ha trovata dentro il bar.-
-Lo so, mi dispiace.- Abbassai lo sguardo. -Ma ero così arrabbiata del fatto che mio padre stesse agendo alle mie spalle, un'altra volta! Non voglio essere trattata come un irresponsabile e, per la rabbia, sono uscita dall'entrata riservata ai dipendenti, sul retro.-
-Beh, questo è stato davvero irresponsabile, visto e considerato che comunque sapevi che c'era qualcosa che non andava.- 
-Si, ma...-
-Phoebe.- Mi bloccò lui, posteggiando la macchina, in garage. -L'ho ripetuto più e più volte, a tuo padre, che non avrebbe dovuto nasconderti tutta questa situazione, ma lui non ha voluto darmi ascolto. Quindi sappi che io mi sono messo contro di lui per venire incontro a te, okay? Tutto quello che ti chiedo è di non cercare di sfidare nessuno. Stai alle regole e nessuno si farà male. Lo so che sarà difficile essere costantemente controllata, ma devi capirlo che noi lo facciamo per proteggerti!-
-Essere ricchi è una tortura.- Sbuffai, slacciando la cintura di sicurezza. 
-L'importante è essere amati, però, non credi?-
-Già.- Gli sorrisi. -Grazie. Davvero, grazie mille, Taylor. Non so come avrei potuto fare, senza di te.-
Lui mi sorrise caldamente e poi mi aprì la porta di casa. Mamma e papà erano già in salotto, ad aspettarmi.
-Phoebe!- Papà scattò in piedi e corse verso di me, abbracciandomi. -Dio santo.-
-Tesoro!- Anche mamma ci raggiunse. -Siamo stati così in pensiero!-
-Per cosa?- Li sfidai. -Sapevate esattamente dove mi trovassi.-
-Certo. Al bowling- mormorò papà. -Ti sei divertita?-
-Oh, andiamo!- Sbottai in una risata amara. -Non fate i finti tonti. Quando ho detto che sapevate esattamente dove mi trovassi, lo intendevo nel vero senso della parola.-
-Che vuoi dire?- 
-Voglio dire che, mentre cercavo di chiamare una mia amica, ho accidentalmente scoperto la figura di Luke dentro la macchina di Taylor. E sapete cos'ho fatto? Ho chiesto ad una delle cameriere se c'era un'altra uscita, e così sono uscita dal retro con Cameron. E pensate che, la parte più buffa, è avvenuta quando, GUARDA CASO, dieci minuti dopo, papà mi ha telefonata chiedendomi dove fossi.- 
-Phoebe...- 
-Non dire niente.- Alzai la mano, per bloccare papà. -Quello che sta succedendo mi è già stato riferito. Volevo solo dirvi che non farò nulla per mettervi in difficoltà o per mettere me in pericolo, ma voglio che voi mi giuriate che non mi rinchiuderete a casa e non mi farete seguire da una guardia personale. Luke può continuare a spiarmi da lontano, non importa. L'importante è che nessuno lo veda.-
Mamma e papà sbiancarono all'istante, sentendo le mie parole.
-Chi... chi ti ha raccontato tutto?- Balbettò papà. 
-Voi non di certo.- Incrociai le braccia. -Nonostante vi avessi supplicati, non avete spiaccicato una parola. Questo sì che è sentirsi parte della famiglia! Grazie mille, davvero!-
-Tesoro, noi non è che non volessi...-
-Mamma. Tu, più di tutti, avresti dovuto mettermi al corrente di questa situazione. Quel tipo ti ha rapita e ti ha mandata in ospedale eppure, ora che la situazione si sta ripresentando, preferisci tacermi tutto? E per cosa, poi?-
-Ora basta, Phoebe.- Mi interruppe, papà. -La colpa non è sua, ma mia.-
-Oh, non ne avevo dubbi.-
Visto che entrambi decisero restare in silenzio, continuai a parlare. -Beh, comunque, come potete vedere, sono ancora viva. Non mi è successo nulla e, a dirla tutta, mi sono divertita un sacco, questa sera.-
-Chi ti ha raccontato tutta la storia?- Sibilò papà, stringendo i pugni. 
-Io, Christian.- Rispose, Taylor. -Sono stato io. Non potevamo più tenerla all'oscuro, lo sai anche tu.-
Papà sbiancò nuovamente, sentendo la voce del suo braccio destro. Di sicuro aveva preso in considerazione tutte le persone possibili ed immaginabili, ad eccezione di Taylor.
-Credevo fossimo d'accordo.-
-La decisione è stata tua, non mia. L'ho espresso chiaramente di non essere d'accordo.-
-Ma sono io suo padre, Taylor. Io! Non tu!-
-Ma finora, l'unico ed essersi comportato da tale, è stato lui, non tu, papà.- Esclamai. -Se devi prendertela con qualcuno, fallo con te stesso, non con Taylor! Lui è stato giusto e leale, nei miei confronti. Ci tiene a me, e me lo ha dimostrato, a differenza tua.- Lanciai uno sguardo anche a mamma e aggiunsi: -a differenza vostra.-
Almeno, entrambi ebbero la decenza di sembrare realmente feriti. Nessuno dei tre osò più proferire parola, quindi girai sui tacchi e mi diressi verso la mia camera. 
Me lo ricordo bene, questo giorno. E sapete perché? Fu la prima volta, dopo tantissimo tempo, che piansi. Io odiavo piangere e odiavo vedere le persone piangere. È per questo che avevo sempre preferito essere arrabbiata, piuttosto che arrendermi e dimostrarmi debole, ma, quel giorno, per me fu troppo. Il peso di quella quell'assurda situazione riuscì a spezzarmi. A spezzarmi inevitabilmente.

🙅🏽ANGOLO AUTRICE:🙅🏽
Vi annuncio che, con questo quindicesimo capitolo, me ne vado ufficialmente in vacanza! Non pubblicherò più fino al 2 gennaio, quindi ritornerò il 3! Spero che siate carichi, il prossimo anno! Saranno presenti un sacco di suspence! Tenetevi pronti!
Ci tengo, ancora una volta, a ringraziarvi per tutto l'affetto che mi dimostrate capitolo dopo capitolo e per augurarvi un felice Natale e un buon anno nuovo! 
Grazie di cuore a tutti! Ci si "vede" il 3 gennaio. Non mancate!💓

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Capitolo 16
*** EPPURE... ***


-Ciao.- Sorrisi leggermente, quando vidi la chiamata da parte di Cameron. -Sei in ritardo di quasi un minuto e mezzo.-
-Oh mio Dio!- Rise lui. -Tieni un cronometro accanto a te, per caso?-
-Il cronometro è installato dentro di me, veramente.-
-Buono a sapersi.- Commentò. -Allora, com'è andata?-
-Beh...- osservai il soffitto e sospirai. -Diciamo che ho saputo che, circa diciannove anni fa, un pazzo ha rapito mia madre e l'ha mandata in ospedale. È ovviamente finito in galera ma, a quanto pare, un paio di giorni fa è evaso e Taylor ha perso ogni traccia di lui.-
-Stai scherzando.-
-Io ho chiesto a Taylor se mi stesse raccontando un thriller, quindi non mi sorprende la tua domanda/affermazione.- 
-Ma allora è più grave di quanto pensassimo!-
-Non è detto.- Mormorai. -È evaso dalla prigione dopo diciannove anni. Pensi che sarebbe così stupido da restare qui e attuare un qualche piano?-
-Una persona intelligente non lo farebbe, effettivamente.-
-Credo che Taylor lo abbia definito con le parole "pazzo squilibrato".-
-E non sei spaventata? Voglio dire, lo sono io, figuriamoci tu!-
-Da un lato si.- Ammisi. -Ma dall'altro no, perché so che Taylor e Luke non mi perderanno di vista, nemmeno per un secondo.-
-Che situazione...-
-Tu perché sei spaventato? Taylor e Luke terranno d'occhio anche tutti i miei amici, sta tranquillo.-
-Sono preoccupato per ciò che potrebbe succedere a te, stupida.-
-Non mi succederà nulla.- Uno stupido sorriso mi solleticò le labbra. -Te lo prometto.-
-Non vorrei fare l'uccello del malaugurio, Phoebe. Ma non puoi promettere una cosa così, come se fosse poco importante.-
-Ma devo essere positiva, Cameron. Non posso permettermi di iniziare a pensare negativo o sarebbe la fine.-
-Sei anche più forte di quanto pensassi.-
Sospirai, pensando a quanto non fossero vere le sue parole. Ero tutt'altro che forte. 
Mi tirai sù e mi portai le gambe al petto. -Beh... le cose non stanno andando esattamente per il verso giusto e, in più, martedì, Teddy andrà via.-
-Oh, sono sicuro che tornerà a trovarvi ogni fine settimana. Scommetto che i mezzi per tornare non gli manchino.- Scherzò. -Vedrai che riuscirai a stare comunque bene.-
-Si, certo- sussurrai. -Di sicuro.-
-Ho iniziato il disegno per te.-
-Davvero?- Il mio malumore cambiò immediatamente. -Cosa disegni?- 
-Oh, non te lo dirò. Ma sarà fantastico.-
-Ci metterai tanto?- Piagnucolai.
-Abbastanza.- Rispose. -È piuttosto grande ed è perfetto per la parete, posta sopra al Mac.- 
-Wow, hai già organizzato tutto.- Lo presi in giro. -Allora non mi resta che aspettare, immagino.-
-Ne varrà la pena.-
-Oh, non ho dubbi.- Sorrisi. 
-Dovresti- mi prese in giro. -Visto che non hai mai visto un mio disegno.-
-Te l'ho già detto, mi fido del mio intuito.-
-Ah, già. È vero, è vero.-  Rispose con ironia. -Cosa fai domani?-
-Credo che mamma e papà abbiano organizzato la festa a sorpresa per Teddy.- Sospirai. -Quindi immagino che passerò tutta la serata con i miei parenti.-
-E vai d'accordo con tutti loro?-
-Si, eccome.- Risposi. -E tu?-
-Beh, mio padre ha solo un fratello e non sono in buoni rapporti. Quindi è come se non ci fosse nessuno.-
-Oh...-
-Non è un problema.- Rise. -Insomma, noi stiamo bene anche così.- 
-Posso chiederti una cosa?-
-Certo.-
-Tu resti sveglio tutte le notti?- 
-No...- riuscii a percepire il disagio. -Non succede sempre.-
-Hai degl'incubi?- Azzardai.
-Alle volte...- sussurrò.
-Non ti chiederò qual è la causa, se è questo che ti spaventa.- Lo rassicurai. -Me lo dirai quando e se vorrai.-
-Ci stiamo deprimendo.-
-Si, forse un po'.- Sorrisi, allegra. -Sembra essere inevitabile.-
-Allora dovremmo renderlo evitabile. Sono piuttosto deprimenti le nostre situazioni.- 
-Okay. Allora, per risollevarci di morale, ti va di fare lo spuntino di mezzanotte?-
-Sul serio?- Rise. -Che hai in mente?-
-Nutella o cioccolato?-
-Cioccolato- rispose, immediatamente. -Preferisco la cioccolata alla Nutella.-
-Okay, allora spero che tu ne abbia in casa.-
-Vuoi che mangi ora della cioccolata?- Chiese. -Sono le due e mezza.-
-Grazie per l'informazione.- Balzai giù dal mio letto. -Proprio cinque minuti fa pensavo che avremmo dovuto avere un orologio, in questa casa.-
-Ah,ah, ah. Sei esilarante.-
-Lo so.- Aprii lentamente la porta della mia camera. -Dove sei?-
-In camera mia.-
-Ancora? Forza atleta, muovi il culo e vatti a procurare della cioccolata.-
-Se me lo chiedi così gentilmente...- Mi prese in giro. -Vado subito.-
-Io sto scendendo le scale.-
Mi diressi in cucina e aprii il frigorifero. Era come se avessi appena aperto la porta per il paradiso. 
-Trovata!- Esclamai, a bassa voce. -Tu?-
-Ce l'ho!-
-Non mangiarla!- Istruii. -Prima ritorna in camera.-
-Agli ordini- ridacchiò.
Salii velocemente le scale e mi andai a rinchiudere in camera. -Adoro mangiare dolci, la notte.- 
-Io non l'ho mai fatto.-
-Sai, per distrarti dai brutti pensieri potresti guardare un film o una serie TV, mangiando quello che vuoi. Funziona sempre, fidati.-
-Immagino che comincerò d'ora in poi.-
-Ti va di farlo adesso?-
-Adesso?-
-Si, possiamo vederne uno insieme e commentarlo.-
-Okay, dammi il tempo di prendere il computer.-
-Bene! Vado ad accendere il mio!-

Restammo svegli fino alle quattro del mattino, circa. Commentammo per tutte le due ore il film, segnalandoci gli errori più stupidi che potessero esserci. Non pensavo che avremmo potuto guardare un film anche in quella maniera, ma fu comunque piuttosto divertente. 
-Non credo che abbia funzionato il film. Ora mi sento più carico di prima.-
-Questo perché devi guardarlo da solo, stupido.- Risi. -Grazie per avermi tenuto compagnia.-
-Insulti e poi ringrazi, eh?- Ridacchiò. -Simpatica, la tua tecnica.-
-Sono piuttosto innovativa, io.- 
-Oh, non dubiterò mai più di te, dopo essermi ritrovato a guardare un film, alle due della notte, divorando un'intera stecca di cioccolato.- 
-Guarda che la parte innovativa è stata il guardare un film insieme ma separati.- Lo presi in giro. -Il guardarlo alle due di notte, mangiando qualcosa, è normale, invece.-
-Normale per te, forse.-
-Da ora in poi lo sarà anche per te.- Sorrisi. -Credo che sia giunta l'ora di andare a dormire.-
-Già.- Sospirò lui. -È stato bello passare il tempo in questo modo. Quindi immagino di dover essere io a ringraziarti.-
-Oh, non preoccuparti, non ce n'è bisogno. Lo so già, di essere fantastica.-
Lui rise. -Beh, si, qualche volta.-
-Qualche volta?- 
Prima che Cameron riuscisse a rispondere, qualcuno bussò alla porta della mia camera. 
-Phoebe? Con chi diavolo parli, a quest'ora?-
-Merda.- 
-Che succede?- Chiese Cameron.
-È mio fratello.- Sussurrai. -Deve avermi sentita parlare. Devo staccare, prima che mi uccida. Buonanotte, Cameron. E grazie!-
-Buonanotte, Phoebe.-
-Phoebe, non far finta di star dormendo! Ti ho sentita parlare. E ridere, anche.- 
-Sono sonnambula.-
-Andiamo, apri la porta. Non farmi svegliare anche mamma e papà come tu hai già fatto con me.- 
-Che palle.- Sospirai, alzandomi e andandogli ad aprire la porta. -Me ne vado a letto, okay? Stavo solo guardando un film.- 
-E con chi parlavi?-
-Con lo schermo?- 
Lui scrutò la mia camera e poi tornò a guardare me. -Beh, vedi di dormire. È tardissimo.- 
-Si, signore.- Alzai gli occhi al cielo e chiusi la porta della mia camera.
-E non chiudere a chiave questa porta!-
-Va a dormire, Teddy!-
Mi gettai sul letto e fissai il soffitto. Era incredibile come la mia —più o meno— pacifica vita, fosse stata stravolta in un attimo. L'unica cosa di cui avrei dovuto preoccuparmi, fino al giorno prima, era del fatto che la professoressa mi interrogasse proprio nell'argomento che non avevo studiato, e in ora, invece... dovevo preoccuparmi del fatto che un pazzo voleva forse rapirmi o chissà cos'altro. Jack Hyde. Questo era il suo nome. Decisi di documentarmi di più sul fatto, e così, scrissi il suo nome sul motore di ricerca, al computer. C'erano centinai di siti, "dedicati" a lui. Avevo l'imbarazzo della scelta. Scoprii, sul caso di mia madre, che, ad aiutare Jack, vi era stata anche una donna: Elizabeth. Memorizzai il viso di entrambi, nel caso di necessità, e poi tornai a pensare sul mio amatissimo letto. Ben presto, però, Morfeo, decise finalmente di accogliermi tra le sue braccia. Mi addormentai così: inquieta ma, per una piccola parte, felice.

Quella mattina, dopo essermi addormentata intorno alle cinque, mi svegliai alle undici inoltrate, e non per mia volontà, ci terrei a sottolineare, ma perché mia madre iniziò a bussare come un'ossessa alla porta della mia camera.
-Mamma, ho detto un attimo!- Gridai, irritata. 
Dopo che riuscii ad infilarmi una maglia lunga, mamma si catapultò dentro la camera e disse: -mi dispiace, non credevo che dormissi ancora.- 
-Ormai il danno è fatto.- Incrociai le braccia. -Quindi...-
-Mi dispiace.- Mi mise una mano davanti, per bloccarmi. -Mi dispiace così tanto, tesoro.-
-Per cosa?- 
-Per tutta questa situazione. Per un paio di anni, quando ci siamo conosciuti, tuo padre nascondeva anche a me tutto ciò che succedeva, e io lo detestavo per questo.- 
-Con questo, mamma, mi verrebbe voglia di sbatterti la porta in faccia e non quella di continuare ad ascoltarti.-
-Lo so, lo so!- Esclamò, iniziando ad andare avanti e indietro per la stanza. -Ma ti prego di fare uno sforzo.- 
Io restai in silenzio, intimandole implicitamente di continuare. 
-È proprio perché Christian nascondeva le cose a me, che io non avrei dovuto farlo con te, ben sapendo come ci si sente. Ma tu, tesoro mio, non sai neanche come ci si sente nel momento in cui un pazzo...- la sua voce si affievolì ed io capii al volo che si riferiva al giorno in cui Jack la rapì. -Quello che voglio dire è che mi dispiace. Ma ho avuto così paura quando tuo padre mi ha detto che era evaso... che Jack fosse scappato dalla prigione.- Si corresse. -Tu, Teddy e tuo padre, siete la mia famiglia, la mia vita. Non posso vivere senza di voi.-
-Mi sembra di averla già sentita questa frase.- Borbottai. 
-Abbiamo avuto un comportamento irrispettoso nei tuoi confronti, hai ragione. E non abbiamo scuse, per questo. Ma, Phoebe- mi prese le mani. -Noi ti amiamo, insieme a tuo fratello, più di ogni altra cosa. Abbiamo sbagliato, è vero. Ma tutti sbagliano, no? Non devi sentirti esclusa dalla famiglia o voluta meno bene. Noi ti amiamo. Capisci?-
-Non lo so.- Tirai via le mani e mi abbracciai. -Non capisco, mamma. Non capisco perché tenermelo nascosto, soprattutto dopo quello che mi hai detto.-
-La paura gioca brutti scherzi, alle volte...-
-Okay, ma non sono solo io, il suo bersaglio! Potresti essere tu, come potrebbe essere Teddy o papà! E invece, l'unica a non sapere nulla di tutta questa faccenda, ero io! È questo che non capisco.- 
-Hai solo sedici anni, tesoro. Non dovresti vivere nella paura.-
-Quindi era meglio che venissi rapita e Dio sa solo cos'altro, senza sapere da chi e perché. È questo che vuoi dirmi?-
-Non verrai rapita, ne altro!- Mamma impallidii. 
Incrociai le braccia al petto e aspettai, ma mamma rimase in silenzio. 
-Tu non riesci a rispondermi perché, in realtà, non sai neanche tu perché l'hai fatto. Non è così?-
-Phoebe...-
-Io posso capire che all'inizio, l'impatto della notizia ti abbia spaventata da morire, ma sono passati giorni, ormai! Hai avuto tutto il tempo per assimilare la cosa e hai anche avuto il tempo di preparare, insieme a papà, un bel discorso, non troppo terrificante, che avreste potuto farmi. E invece no. Lo avete detto a Teddy, ma non a me. Adesso, tu non puoi pretendere che io non mi senta esclusa dalla famiglia, se vi comportate così.-
-Hai ragione. Non abbiamo scuse- sospirò. -Tutto quello che voglio dirti e che mi dispiace. E dispiace anche a tuo padre. Non succederà mai più, te lo prometto e, spero che un giorno tu possa perdonarci.-
-Ah, davvero? E perché parli al plurale? Papà si vergognava troppo di se stesso, per non essere venuto qui, a parlare con me?-
-Lo farà senz'altro, Phoebe. Ha solo bisogno di più tempo. Tu lo sai qual è il suo carattere.-
-Questa non può essere usata come scusa. Me l'hai ripetuta costantemente, per sedici lunghi anni. Ormai non ci casco più.-
Lei sorrise tristemente ma non aggiunse nient'altro, anzi, cambiò totalmente argomento. 
-Questa sera verranno tutti i parenti e gli amici di Teddy, per la sua festa a sorpresa. Vuoi chiedere anche a Sarah di venire?-
-A che ora?-
-Intorno alle sei.-
-Okay, glielo chiederò più tardi.-
-Okay- ripeté, facendo qualche passo indietro. -Vieni a fare colazione?-
-No, tra poco pranziamo.-
-Certo. Allora ti chiamo quand'è pronto.- Lei fece per andarsene, ma io la fermai.
-Mamma!-
-Si, tesoro?- 
Restai un attimo in silenzio, incerta se parlare o meno, ma poi le chiesi: -hai paura?-
Lei sembrò sorpresa dalla mia domanda ma, poi, scosse la testa. -No. So già che tuo padre non mi perderà di vista nemmeno per un attimo.-
-E diciannove anni fa, invece, lo ha fatto?- 
-L'ho costretto io a farlo. Lui non c'entrava niente.-
-E questo Jack, non potrebbe prendere di mira Teddy? Insomma, lui sta per andare via da qui. Sarebbe più facile fargli del male.-
-Tuo padre ha assunto due... chiamiamole guardie del corpo, per lui.- Rispose. -Non gli succederà assolutamente nulla.-
-Ma magari vi state preoccupando per niente. Magari Jack vuole solo rifarsi una vita altrove.-
-Non può restare libero, tesoro.-
-Non ho detto questo, è solo che, magari, non vuole avere più niente a che fare con noi.- 
-Certo, lo spero. Ma non saremo tranquilli fino a quando lui non sarà ritornato in cella.-
-Certo.- Mormorai. -Beh, allora chiamo Sarah.-
-Oh, va bene.- Si avvicinò alla porta. -Ti chiamo dopo, allora.-
-Si. Dopo.-

-Phoebe!- Squittì Sarah, rispondendo al primo squillo. -Com'è andata, ieri sera?-
-Ciao, Sarah. Si, sto bene. Grazie per avermelo chiesto.-
-Piantala, Grey. Adesso sono io a voler sapere tutto.-
-Te lo racconterò non appena verrai.- Risi. -Oggi c'è la festa a sorpresa per mio fratello. Vieni?-
-Certo, a che ora?-
-Mamma ha detto alle sei.- 
-Okay, preparati un bel discorso dettagliato. A dopo!- 
-Si, si. A dopo.- Risi, attaccando.
Composi anche il numero di Cameron e mi sedetti sul letto. 
-Pronto?- Rispose, la sua voce, a stento riconoscibile.
-Buoongiorno!- Trillai. -Cos'è questa voce addormentata? Hai fatto le ore piccole?-
-Phoebe?!-
-E chi altro potrebbe essere?- 
Lui grugnì. -Ma che ore sono?- 
-È quasi mezzogiorno. Devi preparare il pranzo, e così, di buon cuore quale sono, ho deciso di svegliarti.-
-Preparare il pranzo?- Biascicò. -Io non so neanche riascoltare un toast al microonde.-
-Allora devi rimetterti in pari! Potrei farti impartire delle lezioni da Gail, a prezzi modici.-
-Mi hai chiamato per fare della pubblicità? In questo momento sembri uno di quei tizi che lavorano ai call-center.-
-Oh, ehi! Ti sei svegliato con la luna storta?- 
-No. È solo che non ho dormito un granché, questa notte.- Rise. -Tu che ci fa già sveglia?-
-Mia madre è venuta a buttarmi giù dal letto. L'ozio è proibito, in questa casa.-
-Beh, nella mia no, quindi buonanotte.- 
-Okay. Buonanotte, pigrone.- Risi, attaccando. 
Non aveva avuto molto senso, la telefonata, ma fu piuttosto piacevole comunque. Uscii sorridente dalla mia camera e trascorsi il resto della mattinata serena.

Sarah mi richiamò subito dopo la "conversazione" con Cam, supplicandomi di raccontarle tutto. Mi arresi e quindi le narrai per filo e per segno, così come mi aveva chiesto, tutto ciò che era successo e, dopo aver discusso un po' di ciò che mamma e papà mi avevano tenuto nascosto, lei mi chiese: -adesso fammi capire: Cameron stava per baciarti?- 
-Si è solo avvicinato, Sarah!- 
-E non sai fino a dove si sarebbe avvicinato se non fosse stato interrotto!- 
-No, non lo so.- Borbottai. -Ma comunque è stato interrotto, quindi non importa.-
-Ma certo che importa! Tra di voi c'è una passione chimica.-
-Una passione chimica?- Scoppiai a ridere. -Ma sei fatta?- 
-Un colpo di fulmine!- Esclamò, ignorandomi. -Vi conoscete da pochissimo, e intanto avete legato subito!- 
-Okay. E con questo?-
-Lui è destinato a stare con te! Nascerà un amore spettacolare, tra voi due!-
-Okay. Sei fatta.-
-Sono seria!- Sbottò. -Andiamo! Non penso che voi vi interessiate solo come amici. Non esiste l'amicizia tra maschio e femmina.-
-Certo che esiste!-
-Okay, come vuoi. Ma comunque non è questo il caso.-
-Come fai a dirlo?-
-È palese, Phoebe. Tu gli piaci e, neanche tu, furbetta, sembri essere tanto indifferente a lui.-
-Non mi interessa innamorarmi.- 
-E invece dovrebbe. Sei già abbastanza grande.- Rise. -Ti faccio una domanda: se ti avesse baciato avresti ricambiato?-
-Certo.- Scrollai le spalle. -Non è che potevo tirarmi indietro. Ma questo che c'entra?-
-Oh, sei così stupida anche tu, alle volte!- 
-Non lo sarò mai quanto te.- Le sorrisi dolcemente. 
-Dico sul serio, Phoebe. Potrebbe nascere qualcosa, tra voi due.-
-Potrebbe.- Constatai. -Ma siamo ragazzi. Quanto durerebbe? Un mese? Un anno? Poi lui potrebbe trovare una bella ragazza bionda con gli occhi blu come il mare, alta e prosperosa e, allora, lascerebbe indietro la povera Phoebe, con il suo cuoricino a pezzi, per andare dietro a quella bionda.-
-Tu hai dei seri problemi mentali, amica mia.- 
-Penso solo al mio futuro. Vorrei finire le superiori incolume ma comunque divertita, okay?-
-Okay. Allora perché non gli proponi di essere il tuo scopamico fino alla fine del quinto anno?-
-Sarah!-
-Cosa?! Così sarai soddisfatta e incolume. Ma prima o poi dovrai affrontare anche tu questo "tabù".-
Alzai gli occhi al cielo. -Ora sei davvero stupida.-
-Non è vero. Tu hai bruciato tutte le tappe e sei passata direttamente al sesso. Non è così che sarebbe dovuta andare.-
-Ma a me va bene, per ora. Quindi non è uno sbaglio.-
-Puoi negarlo quanto vuoi, a te stessa, che Cameron è ti totalmente indifferente, ma io scommetto che già, entro un mese, a voler essere generosa, vi sarete già baciati e non "solo perché ti andava di farlo".-
-Tu ti fai troppo film mentali.-
-Oh, non posso più, per oggi. È da quando mi sono svegliata che ho un mal di testa terribile. Ora va un po' meglio perché ho preso la pillola, ma fa comunque male.-
-Non si direbbe proprio.- La presi in giro. 
-Prendimi in giro quanto vuoi. Avrò la mia vendetta non appena verrai a chiedermi il modo in cui potresti dichiararti a Cameron.- 
-Oddio.- Mi sbattei i cuscini in faccia e sprofondai tra lei coperte del mio letto. 
Io e Cameron come coppia? Era inconcepibile pensarlo, per me. Eppure...

ANGOLO AUTRICE:
Eccomi tornata!🎉🎉
Avete passato delle buone feste? Spero di sì e, spero anche, che vi sentiate carichi per i nuovi capitoli! 
Pubblicherò un capitolo a settimana, ve lo garantisco (tranne nel caso in cui dovesse succedere qualcosa che me lo impedisse🤘🏻) ma, cercherò (se riesco) di pubblicarne anche più di uno [ciò dipende da voi e dal mio tempo]. Quindi, ora vi voglio tutti carichi qui sotto. ⬇️ La famiglia Grey è appena ritornata in carreggiata!!

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Capitolo 17
*** FESTA D'ADDIO ***


Una volta finito di pranzare, il mio umore cercò di destarsi dai sentimenti contrastanti che vigevano in lui, in quel momento. Il pranzo era stato piuttosto "imbarazzante", diciamo. I miei genitori non sapevano né cosa dire né, tantomeno, cosa fare. Erano esilaranti, da un certo punto di vista. Mio fratello fu l'unico a mostrarsi irritato. Continuò a scuotere la testa e a sbuffare per tutta la durata del pranzo, fino a quando non ne poté più. Prese il suo piatto, lo abbandonò nel lavandino e, senza rivolgere la parola a nessuno di noi, se ne andò. 
-Che carattere.- Borbottai, infilando un pezzo di carne in bocca. 
Papà alzò lo sguardo su di me e, perlomeno, sembrò essere davvero distrutto. Non ne capii il motivo, visto e considerato che avrei dovuto averla io quell'espressione, non lui. 
Dopo svariati minuti, papà azzardò con un: -come stai? Hai dormito bene?-
-Io sto benissimo, papà.- Risposi, guardandolo negli occhi. I miei, grigi ardenti, si rispecchiavano perfettamente nei suoi, spenti e senza alcuna vitalità. Sembravano quasi intimoriti. -E sì, ho dormito benissimo, grazie. E tu, invece? Come stai?- 
-Io sto bene, se voi state bene.-
-Oh, e piantala con questa stupida frase! Hai fatto la tua scelta, ora non te ne puoi uscire con questa frase fatta.-
-Non è una frase fatta, è la verità, Phoebe. Non posso funzionare senza di voi...-
Vidi che la mamma gli strinse la mano, con fare rassicurante.
-Ne sei sicuro? Perché mi sa che tu non funzioni neanche con noi.-
-Phoebe!- Scattò mamma. 
Da un lato mi pentii di averlo detto. Papà aveva la stessa espressione di qualcuno che era appena stato colpito al petto. Dall'altro lato, però, la Phoebe furiosa che stava in me, mi incitava ad andare avanti; mi incitava a dargli una bella lezione. 
Io volevo bene a mio padre, lo giuro, ma spesso uscivo fuori di testa per colpa sua e del suo comportamento; eppure, in quel momento, l'espressione sul suo viso, mi spaventò, tant'è che decisi di interrompere subito la conversazione. 
Forse mi ero spinta oltre. 
Abbassai lo sguardo e continuai a mangiare, ma riuscii a percepire benissimo il respiro tremolante di papà. 
Era assurdo che mi sentissi in colpa! Eppure era così. Sapevo che si era appena spezzato qualcosa in mio padre. 
-Ho alcune faccende da sbrigare.- Lo zombie di papà si alzò in piedi. -A che ora vengono tutti?-
-Christ...- mormorò mamma, ma fu bloccata dalla mano di papà. 
-A che ora?-
-Alle sei...-
-Vedrò di sbrigarmi, allora.- Se ne andò a passo felpato.

-Non lascerò che tutta questa assurda situazione rovini la nostra famiglia!- Esclamò mamma, pochi minuti dopo che papà si rinchiuse nel suo studio. 
-Beh, buona fortuna, allora.- Digrignai i denti e afferrai il mio piatto. 
-Phoebe posso capire che tu sia arrabbiata, ma ora hai davvero esagerato!-
-Lo so, okay?- Afferrai il bordo del lavandino. -Ho esagerato, mi dispiace. Ma è solo colpa vostra se sto uscendo fuori di testa!- 
-Ti prego.- Mi supplicò mamma. -Se devi prendertela con qualcuno prenditela con me, non con tuo padre.- 
-Gli chiederò scusa.- Mormorai. -Sono arrabbiata, ma non volevo ferirlo.-

Restai impalata una manciata di minuti difronte la porta dello studio di papà, indecisa se entrare o meno. Poi, mi armai di coraggio e aprii la porta senza bussare. 
La figura rannicchiata di papà, che teneva la testa tra le mani, si drizzò immediatamente. 
-Phoebe-
-Senti, papà.- Decisi di buttare tutto fuori. -Tu hai sbagliato, okay? Hai sbagliato in tutto, in questa situazione. Non potevi di certo aspettarti che per me fosse tutto apposto dopo aver saputo che tu e la mamma mi avevate mentito, mi avevate nascosto che c'è un folle in giro. Sbaglio?-
Lui restò in silenzio, ma scosse la testa. 
-Bene. Sono davvero arrabbiata, per non dire delusa, da voi. Siete voi ad aver ferito me, non io voi. Eppure...- mi strinsi una spalla e abbassai lo sguardo. -La rabbia non mi da il diritto di dire certe cose, mi dispiace. Non dicevo sul serio, prima, quando ho detto che non funzioni neanche con noi. Devo ancora digerire tutta questa situazione ed ero anche arrabbiata del fatto che mamma fosse venuta a parlarmi e a scusarsi, mentre di te non ho visto neanche l'ombra. Io non so più cosa pensare, papà.-
Lui continuò a restare in silenzio, mandando così a far benedire ciò che restava della mia pazienza. 
-Dannazione, ma almeno prova a mormorare un misero 'scusa'!!- Gridai. -Che cosa ti costa? Oppure vuoi ancora dire che sei tu ad aver ragione, e non io?- 
Papà mi afferrò per un braccio e mi strinse al suo petto, cogliendomi totalmente alla sprovvista. Il suo sospiro tremolante mi accarezzò i capelli. Mi strinse così forte da togliermi il fiato. 
-Mi dispiace.- Bisbigliò, inizialmente quasi impercettibilmente, poi sempre più forte. -Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace.- 
Avrei tanto voluto sbagliarmi ma, in quel momento, mi sembrava proprio che papà stesse singhiozzando; il che mi fece sentire terribilmente in colpa. Probabilmente mi teneva così stretta per evitare che lo vedessi e, in effetti, ad essere sincera, in sedici anni non avevo mai visto mio padre piangere. Mai. 
-Ti prego- la sua voce tremò. -Non odiarmi.-
-Non ti odio, papà.- Risposi subito. -Anche se sono arrabbiata non vuol dire che ti odi.-
-Eppure hai ragione. In tutto.- Bisbigliò, continuando a tenermi stretta. -Non sono un buon padre.-
-Tutti fanno degli errori, no?- Citai le parole di mamma. -Non avrei dovuto dirti quelle cose, ero solo arrabbiata. Ciò, però, non vuol dire che io ti odi. Papà, tu e mamma avete cresciuto me e Teddy al meglio possibile. Non ci avete mai fatto mancare nulla e ci avete educato fin da piccoli.- Presi un gran respiro, prima di continuare. -Quello che hai fatto in quest'ultima situazione è stato un grande sbaglio, perché lo sapevi già da prima che non era giusto nei miei confronti, eppure hai continuato imperterrito. È per questo che io mi sono arrabbiata. Non è stato giusto, papà. Avevo il diritto di saperlo tanto quanto te, la mamma e Teddy, soprattutto se sono implicata nella situazione. Mi hai ferita.-
-Mi ero ripromesso che non avrei mai fatto nulla per ferire te o tuo fratello, tua madre inclusa, e invece ho fallito.-
-Si, è vero.- Risposi. -Ma almeno hai capito e so che non succederà più.-
Dio, in quel momento, l'adolescente sembrava essere lui ed io la madre. 
-Si- sussurrò, accarezzandomi i capelli. -Te lo prometto.-
-Ti perdono.-
-Mi perdoni?- 
-Io ti voglio bene, papà. Anche se i tuoi comportamenti mi fanno uscire fuori di testa e anche se questa volta hai sbagliato. Lo so che te ne sei pentito. L'ho visto. È per questo che ti perdono.-
-Sei una ragazza straordinaria, Phoebe.-
-Lo sono grazie ai miei genitori.-

Quando tutti gli invitati per la festa a sorpresa di Teddy arrivarono, il piccolo litigio familiare era ormai dimenticato.
-Ecco la mia nipotina preferita!- Esclamò zio Elliot, prendendomi in braccio.
-Zio!- Squittii. -Mettimi giù!-
-Che c'è?- Rise. -Non dirmi che stai cominciando a crescere anche tu. C'è già Rosalie che fa storie, ogni volta.- 
-Continueremo a crescere e a crescere.- Risi. -E Rosalie ha solo nove anni ed è già intelligente.-
-Che vorresti dire?-
-Che ha preso tutto dalla madre.- Lo presi in giro. -Ormai non è più una bambina.-
-Già, papà- mi diede ragione il piccolo angelo dorato dagli occhi verdi. -Ormai non sono più una bambina.-
-Certo che lo sei.- Elliot alzò gli occhi al cielo. -Fino a quando lo deciderò io.-
Rosalie imitò il padre e scosse la testa. -Puoi tenerti Genevieve.-
-Io sto per compiere quindici anni, pulce.- Sbuffò sua sorella. -Sei tu la bambina, non io.-
-Non è vero!-
-Si che è vero!
-Okay, okay.- Elliot si passò una mano tra i capelli, facendo ridere tutti. -Facciamo che nessuno delle due è più una bambina. Siete tutte e due grandi. Tanto che importa? Ho il mio J-J. Vero, ragazzo mio?- Rise, abbracciando il suo terzo figlio. 
-Certo, papino. Io sono il tuo bimbo.- Lo prese in giro, il più grande tra le due sorelle. John era più piccolo di Theodore di circa sei mesi. 
-Elliot siamo qui da solo cinque minuti e, finora, sei stato l'unico a palare ininterrottamente.- Sospirò, zia Kate. 
-Ma se non parla nessuno...- Elliot baciò Kate. -Devo per forza farlo io.-
-Come tu faccia a sopportarlo è davvero inconcepibile da pensare per me, Kate.- Disse zia Mia, tenendo in braccio il suo unico figlio: Malcom. 
-Già.- Concordò mio padre. 
-Brutti stronzi!- 
Rosalie spalancò la bocca e ghignò, prima di girarsi verso la sorella. -Papà ha detto di nuovo una brutta parola! Dammi i soldi!-
-Papa!!-
-Elliot!- Gridarono all'unisono Kate e Mia.
-Sei peggio di un bambino.- Mio padre scosse la testa e sorrise. 
-Ti ricordo che ci sono dei bambini.- Rise Ethan, accarezzando la testa del figlioletto di quattro anni e mezzo. 
-Che posso farci se ho un fratello e una sorella str...-
-Elliot!!- Gridò Kate, facendoci ridere. 
-Okay, okay. Basta.- Rise mamma. -Manca qualcuno?-
-Solo Sarah.-
-Che fine ha fatto? Sono già le sei passate. Tuo fratello arriverà a momenti.- 
-La chiamo subito.- 
Non feci neanche il tempo a comporre il suo numero che il campanello suonò. 
-Dev'essere lei. Vado io!-
Ciò che mi ritrovai davanti, aprendo la porta, non era la solita figura fresca ed arzilla di Sarah, ma una sua copia scadente. 
-Sarah- mormorai, inorridita. -Che diavolo ti è successo?-
-Sto così male?- Fece una smorfia. -Ho vomitato perfino l'anima, prima.-
-Hai preso l'influenza?- Le testai la fronte. -Non sembri calda ma se stavi male perché sei venuta?-
-Mi sento così solo da poco tempo. Presto passerà. L'aria fresca mi fa bene.- 
-D'accordo, ma se stai peggio ti farò riportare a casa.- 
-Si, signora.- Accennò un sorriso.

-Eccolo, è qui!- Disse Ethan, spegnendo le luci. -Tutti a nascondersi!-
Nell'attimo di attesa in totale silenzio, riuscimmo a sentirle persino le chiavi che venivano infilate nella serratura, prima che il silenzio si tramutasse in un chiassoso: -sorpresa!!-
Teddy spalancò gli occhi e ci guardò. -Sorpresa? Per cosa? Non è il mio compleanno, ragazzi.-
-No, certo.- Rispose, zio Elliot. -È solo che non vediamo l'ora di liberarci di te e quindi, per evitare che tu pensassi che non ci importa nulla di te, abbiamo organizzato questa festa a sorpresa per te. Chiaramente falsa.-
Kate lo picchió ad un braccio. 

La festa andò per il verso giusto. Riuscii a divertirmi e ad allontanare i pensieri negativi. Anche Sarah riuscì a divertirsi. Si sentì molto meglio grazie al farmaco preso poco prima.
-Com'è possibile che anche una misera festa "d'addio" riesce ad essere grandiosa, a casa vostra, Phoebe?- Sospirò Stephan, il migliore amico di mio fratello. 
-Perché siamo ricchi.- Alzai le spalle, prendendolo in giro. -Non vi divertirete più una volta partiti.- 
-Cazzo, hai ragione.- Scosse la testa. -Speriamo che sia una città divertente.-
-Non finché non verrò anch'io.-
-Certo, come no, nana.- Rise, appoggiandosi il braccio sulla mia testa.
Stephan, in quanto giocatore di basket, era mostruosamente alto. Così alto da riuscire a sfiorare i lampadari attaccati al soffitto. Superava, anche se di poco, il metro e novanta.
-Smettila di chiamarmi così, mostro gigante.- 
-Ehi, Stephan! Brutto stronzo!- Rise mio fratello, raggiungendoci. -Quante volte devo dirtelo di non provarci con mia sorella?-
-È più forte di me, amico.- Ghignò lui, per tutta risposta. -Questo è l'ultimo giorno. Lasciamici almeno provare.-
-Ci tieni ad arrivare al college, Steph? Perché ti spezzo le gambe, se continui.-
-Okay, okay, ricevuto.- Rise, alzando le mani in segno di arresa. 
Io alzai gli al cielo e scossi la testa prima che Stephan mi afferrasse il mento e mi stampasse un sonoro bacio sulla fronte. Poi mi scompigliò i capelli. 
-Mi raccomando, nana.- Sorrise. -Fa la brava e non metterti in pericolo. Sarah, te la posso affidare, vero?-
-Certo, gigante.- Rise lei. -È in ottime mani con me e presto troverà qualcuno che prenderà il mio posto.-
-Cosa?- Scattò Teddy, in contemporanea con Stephan che con un'espressione divertita disse: -davvero??-
-Niente affatto!- Spintonai Sarah. 
-Sarà meglio.- Borbottò mio fratello. 
-Amico, che palle che sei. Lasciale fare qualche esperienza.-
-A trent'anni, sicuramente.-
-Certo, non farò niente fino ad allora.-
Se solo mio fratello avesse saputo... Sarah, di fatti, scoppiò a ridere, strozzandosi anche, cogliendo l'ilarità, confondendo mio fratello.
-Scusate- gracchiò, cercando di riprendersi. -Mi sono andate di traverso delle stronzate. Ho bisogno di un po' d'acqua.-
Mio fratello alzò le sopracciglia, sorpreso e, quando Sarah andò a prendersi da bere, disse: -che intendeva?-
-Chi lo sa? Magari stava pensando a se stessa. Si è fidanzata.-
Mio fratello mi guardò diffidente ma poi, distratto dai suoi amici, tornò a godersi la festa.

-Mi raccomando, nipote- sorrise zio Elliot. -Fatti sentire ogni tanto e fai il bravo.-
-Tornerò ogni volta che posso, zio. Grazie per essere venuto.- 
Tutti, dal primo all'ultimo, salutarono Teddy. Nonna Grace scoppiò addirittura a piangere, per non parlare di nonna Carla. Sembrava che mio fratello stesse partendo per la guerra e non per andare a studiare. 
-Mi raccomando, Stephan- rise mia madre, accarezzandogli un braccio. -Tieni d'occhio mio figlio e non fate nulla di pericoloso.-
-Stai tranquilla, Ana.- Poi si rivolse a Gail. -Mi mancheranno i suoi manicaretti, Gail.-
-Ve li cucinerò ogni volta che tornerete a casa.- Rise lei. 
-Taylor, a te nessun saluto. Domani ci accompagnerai tu in aeroporto, giusto?-
-Certo!-
-Bene. Allora ciao, Christian. Immagino che non ci vedremo più tanto spesso.-
-Ma comunque ci vedremo più volte di quanto possiate immaginare.- 
-Oh, non ne dubito.- Rise, dandogli la mano. -Grazie di tutto.-
-Abbi cura di te, e buona fortuna.-
Prima di andarsene, Stephan mi scompigliò nuovamente i capelli e, dopo che gli lanciai un'occhiataccia, se ne uscì ridendo.
-A presto!- Poi si rivolse a mio fratello. -A domani Ted.-

-Sei sicura di sentirti meglio?- Chiesi a Sarah, per quella che mi parve la milionesima volta.
-Si, piantala di fare la mamma chiocca. Mi sento come se non avessi mai avuto niente.-
-Come diavolo è possibile?-
-Non lo so, ma è successo. Non farmici pensare prima che mi senta male di nuovo.-
-Okay, ma dimmelo se dovessi avere problemi. A domani.-
-Si, sta tranquilla. Ho già Alex che si preoccupa a sufficienza.-
-Sono felice di sentirlo.- Sorrisi. -Allora riposati.-
-Si, mammina.- Alzò gli occhi al cielo e mi diede un rapido bacio in guancia. -A domani!-
Non appena chiusi la porta di casa, trovai Teddy ad aspettarmi, con le braccia conserte.
-Piaciuta la festa?-
-Si, certo. Grazie.-
-Non ringraziare me. Non sono io ad averla organizzata.- 
-Grazie per non aver rovinato tutto.- 
Socchiusi gli occhi e sbuffai. -Questa frase non l'aria di un ringraziamento.-
Lui sorrise e mi accarezzò i capelli, ignorandomi. -Quindi Sarah si è fidanzata ufficialmente?-
-Già, con Alexander. Credo che lo conosci, hanno già avuto una sorta di relazione.-
-Come no, me lo ricordo.- Rispose. -E com'è?-
-Alexander? In che senso?-
-È un bravo ragazzo?-
-Si, suppongo di sì. Perché me lo chiedi? Non il mio ragazzo.-
Teddy socchiuse gli occhi e mi scrutò per un paio di secondi prima di prendere un bel respiro e chiedermi: -e tu? Ce l'hai il ragazzo?-
-No.- Alzai gli occhi al cielo. -Non ce l'ho, non ti preoccupare.-
-Perché no?-
-Che domanda è?-
-Oh, andiamo, Phoebe! Facevo parte della tua stessa scuola, fino all'anno scorso. Sapevo quanto fossi apprezzata da quelle teste calde dei ragazzi.-
-Il fatto che loro mi apprezzino non vuol dire che io apprezzi loro. Non sono interessata, per ora. Tutto qui.-
-Bene.- Sorrise. -Sono contento di sentirlo. È molto meglio così. Starò più tranquillo, sapendolo. Adesso vado a finire la valigia, dopo parleremo meglio.- 
-Aspetta!- Lo bloccai, non appena lo vidi allontanarsi.
-Cosa c'è?-
-Taylor mi ha raccontato tutto.-
-Si, lo so.- Aggrottò le sopracciglia. -Mi dispiace che tu...-
Gli misi una mano davanti, bloccandolo. -Risparmiati le scuse. Non hanno più importanza, ormai. Non è per questo che te l'ho detto.-
-E per cosa, allora?-
-Tu sei come papà.- Spiegai. -Tendi ad essere piuttosto protettivo, soprattutto nei miei confronti.-
-Phoebe, se io fossi come papà, a quest'ora vivresti in un castello incantato, lontana da qualsiasi essere vivente.-
-Ma sei comunque eccessivamente protettivo. So' che scherzi, ma sembra che alle volte non ti fida neanche del tuo migliore amico. Ti incavoli per un niente, con lui.-
-È più grande di te!-
-Non importa.- Tagliai corto. -Ma questa tua protezione nei miei confronti mi ha fatta pensare.-
-A cosa?-
-A te.- Lo guardai negli occhi, pronta a ricevere una qualsiasi reazione. -E a Jennifer.-
La ottenni. La sua figura, seppur impercettibilmente, si drizzò. Teddy spalancò gli occhi e sembrò essere nervoso, ma fece finta di nulla.
-Non capisco.- 
-Tu non l'hai lasciata solo perché non vuoi distruggerle tutti i suoi sogni. Non è così? Tu hai paura. Hai paura di non riuscire a controllarla come si deve e hai paura che, se dovessi avere un minimo rapporto con lei, questo tizio... questo Jack- mi corressi. -Potrebbe prendere di mira pure lei. È per questo che l'hai lasciata senza pensarci due volte.-
Mio fratello, per confermarlo, rimase in silenzio.
-Voi uomini siete tutti uguali.- Commentai. -Ma, visto e considerato che stai per andare via, diciamo che è meglio così. Ma tu starai bene?-
-Sapendo che lei è al sicuro? Certo.-
-E tu? Tu sarai al sicuro?-
-Non mi succederà nulla, te lo garantisco, Phé.-
-Ma è davvero così pericoloso, Jack...?-
-No.- Scattò, avvicinandosi. -Vedrai che presto ritornerà al suo posto, in prigione. Non devi assolutamente preoccuparti.-
-Okay.- Mormorai. -Mi mancherai, Ted.-
-Oh, Phe...- rispose, prendendomi fra le sue braccia. -Anche tu mi mancherai.-
Gli occhi, per la seconda volta in una settimana, tornarono ad essere lucidi. Ricacciai immediatamente indietro le lacrime, però. Avrei preferito scoppiare, piuttosto.
-Ti voglio bene, non scordarlo.-
Guardai il giardino, fuori dalla finestra, con l'impressione che lui, il pazzo, ci stesse spiando, e rabbrividii. Non c'era nessun in giardino, però. Nessuno che ci stesse guardando.
-Ti voglio bene anch'io.-

N.A
SECONDO VOI, A PARTE I PERSONAGGI GIÀ PRESENTI NEL FILM, CHI POTREBBE INTERPRETARE LA PARTE DI THEODORE E PHOEBE E I PERSONAGGI DA ME AGGIUNTI?
Vi prego di recensire se il capitolo vi è piaciuto!

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Capitolo 18
*** PARTENZA ***


MI SCUSO IN ANTICIPO PER LA MIA ASSENZA: PURTROPPO HO UNA FEBBRE TREMENDA E NON CE LA FACCIO NEANCHE A PENSARE (MI SCUSO INFATTI SE IL CAPITOLO NON È UN GRANCHÉ) , ED È PER QUESTO CHE VOLEVO AVVISARVI CHE NON SONO SICURA DI RIUSCIRE A PUBBLICARE, LA PROSSIMA SETTIMANA. NON RIESCO A FARE NULLA IN QUESTO MOMENTO.
SCUSATE PER IL DISAGIO...


-È andata bene la festa?- Mi chiese Cameron. 
Misi il cellulare in viva voce e lo gettai sul letto. Poi, prima di rispondere, mi stesi sul tappeto, pronta per riscaldare i muscoli. -Si, è stata più divertente di quello che mi aspettavo. Ma ora è uno schifo.-
-Sei triste?-
-Abbastanza.- Mi toccai la punta del piede sinistro con entrambe le mani. -Ma passerà. Insomma, ci vedremo spesso con mio fratello. Meno, rispetto a quando stava a casa, certo. Ma comunque spesso.-
-È davvero bello.-
Mi bloccai. -Cosa?-
-Il fatto che tu voglia così bene a tuo fratello. Io non ne ho, quindi non so come ci si potrebbe sentire, ma mi sarebbe piaciuto poter conoscere questa sensazione tramite mio padre e mio zio.-
-Perché non provi a farli chiarire, allora? Sono fratelli, non possono odiarsi.- 
-Anche se volessi non potrei. Io non so neanche il suo nome, e papà, ogni volta che provo a parlargliene, diventa nervoso ed irritato.-
-Hai provato a chiedere a tua madre?-
-Anche lei sa poco e niente. Quando si è messa insieme a mio padre, lui le ha detto di essere figlio unico. Solo dopo è venuta a sapere che le aveva mentito.-
-Devono avere avuto una di quelle liti davvero toste, allora.-
-Beh, non importa. Alla fine non è così grave se lui sta bene senza che con il fratello.-
-Però a te piacerebbe conoscerlo.-
-La più grande parte razionale di me, dice di no. Insomma, se mio padre odia suo fratello, un motivo ci deve pur essere. Ma la parte più piccola, quella più curiosa, diciamo, vorrebbe.- 
-Spesso la curiosità prevale su tutto.- Distesi le punte dei piedi. -Posso aiutarti, se vuoi.-
-Vuoi aiutarmi a rintracciare mio zio? È impossibile, Phoebe!-
-Non in casa Grey. Qui, potremmo aiutarti anche a ritrovare il tuo gatto.- 
-Okay, ora stai facendo la stupida- rise. 
-Non sono stupida. Ci metteremo una decina di minuti, al massimo. Non immagini neanche che sistema abbiamo in questa casa.- 
-E tu vorresti chiedere a tuo padre di rintracciare mio zio?-
-Pff- sbuffai. -Ovviamente no. Lo cercheremo da soli.-
-Lo cercheremo?-
-È una cosa che riguarda te. Devi collaborare.- 
-Finiremo nei guai.-
-Non è vero.- Molto probabilmente era una bugia, la mia, ma non serviva che lui lo sapesse. -Andrà tutto bene.-
-Okay, ma non importa.-
-Come non importa?
-Phoebe, io di solito tendo a seguire la parte razionale. La curiosità non porta mai a nulla di buono. Ho vissuto diciassette anni senza sapere chi fosse mio zio, ma ho comunque vissuto, okay? Non mi interessa sapere chi sia, ormai.-
Le sue parole mi fecero ritornare in mente la stanza segreta che veniva sempre tenuta a chiave.
-Phoebe?-
Mi destai dai miei pensieri. -Ci sono. Okay, non posso mica costringerti. Ma se dovessi cambiare idea sai dove trovarmi.- 
-Non succederà.-
Divaricai le gambe e afferrai le punte. -Questo... questo lo dici tu.-
-Ma che stai facendo?-
-Mi alleno.- Tornai su e scaldai il collo. -Domani ricominciano le lezioni.-
-Ti alleni alle nove della sera?-
-Solitamente si, perché? Ti sembra così strano? Io non avrei la forza né la voglia di alzarmi alle cinque del mattino per andare a correre.-
-Dovresti. È piuttosto rilassante.-
-Non succederà mai.- Risi. -Preferisco allenarmi che correre. E lo preferisce anche il mio partner.-
-Il tuo partner?-
-Si, stiamo lavorando ad una coreografia stupenda. È piuttosto difficile, però. Devo allenarmi, se voglio essere discreta.-
-Quindi starai in tutù?-
-Cosa te lo fa pensare?- Scoppiai a ridere.
-Non lo so. Quando mi hai detto che balli la prima immagine che mi è venuta in mente è stata la tua in tutù.-
-C'è un qualche messaggio sublimale in questa frase?- Lo presi in giro. 
-No, nessuna.- 
-Non avrò il tutù, mi dispiace deluderti.- 
-Pazienza. Me ne farò una ragione.- Ghignò. -E io che stavo per ritrarti così..-
-Davvero!?-
-No, ma potrei farlo.- Rise. -Ti ci immagino con la calzamaglia, tutta vestita di rosa.-
-L'unica volta che ho indossato il tutù, avevo tre anni, credo. Dovrei avere una foto, da qualche parte. Te la farò vedere.- 
-Oh, non vedo l'ora!-
-Vedi di non sfottere.- Lo avvisai. -Te ne farei pentire amaramente.-
-Oh, andiamo! Non potrei mai sfottere una bimba di tre anni.-
-Ed una di sedici, si?-
-Dipende.-
-Da cosa?- 
-Da se è lei a sfottermi, per prima.- Rise. -Non si sa mai. Forse è meglio prevenire, non credi?-
-Dipende da ragazza a ragazza.- Risi. -C'è chi potrebbe offendersi.-
-Non offenderei mai una ragazza.-
-Quindi sei educato?-
-Ti ho dato un'impressione diversa?-
-No- risi. -Non ancora, almeno. Potresti rivelarti tutt'altra persona.-
-Hai ragione.- Ridacchiò. -Potrei.- 
-Ookay.- Mi tirai su. -Credo che l'allenamento sia finito. Vado a fare una doccia. Ci vediamo domani?- 
-Se proprio dobbiamo...-
-A domani, pigrone.- Risi, attaccando.

Alla fine decisi di concedermi un rilassante bagno, lungo tre quarti d'ora. Ovviamente dedicai il tempo anche alla cura del mio corpo, rilassandomi un sacco. Tuttavia, non appena tornai in camera, per poco non mi venne un colpo al cuore.
-Papà!- Gridai, stringendomi l'accappatoio. -Sono quasi nuda, esci!!- 
Lui mi rivolse un sorriso divertito e non accennò a muoversi. -Volevo solo assicurarmi che non ti fossi rinchiusa in bagno.-
-Mi sono lavata, ora esci.- 
-Okay, okay.- Rise, alzando le mani. -Esco. Ma vieni a darmi la buonanotte, dopo.-
-Si, va' via.- 
Lanciai un cuscino contro la porta, non appena se ne fu andato. Odiavo quando si comportava in quel modo. In quei casi, sembrava essere mio fratello, non mio padre.

Mi addormentai presto, quella notte, ma riuscii anche a dormire tranquilla fino all'odioso suono della sveglia. Il "gran giorno" tuttavia, era appena arrivato. 
-Ti prego, Phé- sospirò mio fratello, vedendomi. -Non fare quella faccia.-
-Vuoi che stia sorridente per tutto il tempo?-
-Si.- Ammise. -Non me ne sto andando per sempre, mi trasferisco soltanto. Non farne una tragedia anche tu. Mi è già bastata mamma.- 
-Sembra che tu non veda l'ora di andartene.-
-Non è così. E lo sai.- Mi fulminò con lo sguardo. -Odio dovermene andare —soprattutto ora, con questa assurda situazione— ma ho la mia vita da portare avanti.-
-Hai ragione, scusa.- Accennai un sorriso e lo abbracciai. -Vedi di non fare il sapientone lì, e vedi anche di non fare troppo il figo, o finirai per scordarti di tua sorella.-
-Ma per favore! Io lo sono sempre, in qualsiasi città.- Rise, scendendo le scale. -Ma non mi scorderei mai della mia pestifera preferita.-
-Io non sono una pestifera!- Gli gridai dietro, seguendolo. -Lo eri tu!-
-Certo, continua a ripetertelo.- Rise, per poi esclamare un: -buongiorno!-
Mamma e papà erano già in sala da pranzo ad aspettarlo. 
-Sicuro di non volere nulla da mangiare, Ted?-
-No, papà. Mangerò non appena arriverò lì. Lo sai che io e gli aerei non andiamo troppo d'accordo.-
Papà stava per aggiungere qualcosa ma la mamma gli afferrò la mano, facendolo bloccare.
-Sapete già dove andare una volta arrivati?- Chiese mamma. 
-Si.- Sbuffò. -So tutto, state tranquilli. Farò una normale vita di un universitario che vive in una squallida stanza con il suo compagno.- 
-Quando invece avresti potuto...-
Mamma diede una gomitata a papà e Teddy alzò gli occhi al cielo.
-Ne abbiamo già parlato, papà. A me non dispiace vivere lì. Me la caverò, promesso.- 
-Telefonaci non appena sarete atterrati, tesoro.- Disse mamma, accarezzandogli il viso. -Verremo da te nel fine settimana.-
-Mamma, non ce n'è bisogno. Lasciami sistemare, prima. Facciamo la prossima settimana, okay?-
-Okay.-
-È tutto pronto?- Taylor comparse in cucina. 
-Certo Taylor, grazie.-
-Ho già caricato le valigie.- Sorrise. -Buongiorno, Phoebe.-
-Ciao, Taylor!- 
-Okay, d'accordo.- Disse Teddy, battendo le mani. -È arrivato il momento di salutarsi.-
Mamma fu la prima ad abbracciarlo —per non dire: fiondarsi su di lui e strangolarlo tra le sue braccia— e poi fu la volta di papà. 
-Mi raccomando, stai attento.- 
-Si, papà.- Sorrise suo figlio. -Mi raccomando, fammi sapere se dovessero esserci delle novità...-
-Certo.-
Teddy spostò lo sguardo su di me e fece un sorrisetto. -Puoi venire tutte le volte che vuoi, tu.-
-Allora parto direttamente con te.-
Lui scoppiò a ridere e mi prese tra le braccia. -Ricordati che sono troppo grande e troppo figo per poter stare con mia sorella.-
-Oh, che stronzo!- 
Lui mi abbracciò più stretta. -Non mi allontanerò da te, Phé. Mi puoi chiamare o raggiungere ogni volta che ne hai bisogno. Io sono qui.-
-Lo stesso vale per te.- Mormorai. -Ma mi mancherai tanto lo stesso, però.-
Lui mi toccò il naso e sorrise. -Ci vediamo presto.- Mi diede un bacio in fronte. -Fai la brava.- 
Teddy prese il suo zaino e se lo caricò in spalla, poi si rivolse a Taylor e disse: -andiamo?-
-Certo.-
-Non ti scordare di chiamarci, non appena arrivi, Ted.- 
-Si, papà. Ciao.- Rispose lui. -Ciao, mamma.- 
-Teddy, aspetta!- Esclamai, facendolo bloccare.
-Che c'è?-
Gli feci un sorrisetto e risposi: -salutami quel gran figo di Stephan.-
Lui spalancò la bocca e papà si strozzò con la sua stessa saliva. Mamma, invece, scoppiò a ridere.
-Occhio.- Mi avvisò, scuotendo la testa. -Mi farai arrivare in ritardo, così. Vi chiamo presto, ragazzi. Ciao!- 

-Phoebe!- Esclamò Sarah, venendomi ad abbracciare. -È già andato via, tuo fratello?-
-Si- sospirai, ricambiando l'abbraccio. -Probabilmente è appena arrivato in aeroporto.-
-Non fare quel musone! Tuo fratello starà benissimo, e anche tu. Non è questo l'importante?- 
-Se n'è andato da poco più di un'ora, Sarah! Non posso essere triste di questo? Lo so che staremo benissimo ma mi manca.- Spiegai, irritata. -Non riesco ad esserne felice, per ora.-
-Hai ragione, hai ragione.- Si arrese subito. -Mi dispiace, volevo solo cercare di tirarti su il morale.-
Abbassai lo sguardo e decisi di cambiare discorso. -Come stai tu, piuttosto?-
-Molto meglio. Oggi, quando mi sono svegliata, mi sono sentita praticamente rinata.- Spiegò. -È passato tutto.-
-Sarà stata una leggera influenza, allora. Meglio così.- 
-Ehi, Phoebe!- Esclamò Drake, raggiungendomi. -Che fine hai fatto? Credevo che mi avessi detto che saresti venuta alla festa.- 
-Oh, già, è vero.- Mi passai una mano tra i capelli. -Mi dispiace, ho avuto un cambio di programma. Avrei dovuto avvisarti.- 
-Per cambio di programma intendi l'uscita con quello nuovo?- Notai un segno di sfida, nei suoi occhi. 
-Ma che avete tutti quanti con questa storia di "quello nuovo"?!- Sbottai. -Si, sono uscita con il ragazzo nuovo, che si chiama Cameron, tra parentesi, e mi sono divertita, okay?- 
-Non avevi mai bidonato i tuoi amici per uscire con qualcuno. Tu non esci mai da sola con qualcun altro, quindi cos'è successo? Cos'ha questo Cameron?- Calcò con rabbia il suo nome. -Ho saputo che hai anche litigato con Mathew, per questa storia.-
-Non c'è nessuna storia, Dio santo. Cameron è simpatico e presto anche lui farà parte di un gruppo. Ho solo pensato che sarebbe stato carino farlo conoscere a qualcuno e fargli girare il centro.-
-Ehi, ehi, ehi.- Esclamò Alex, andando ad abbracciare la sua ragazza. -C'è qualche problema, qui?- 
Drake strinse i denti. -No, nessun problema. Stavamo solo chiarendo una piccola questione.-
-Non c'è nessuna questione da chiarire.- Incrociai le braccia. -Ho solo fatto un cambio di programma. Non mi sembra un problema.- 
-Certo, figurati. Nessun problema- la sua risata risultò amara. -Magari farò entrare nel nostro gruppo questo ragazzo, così vedrò cosa ci trovi di tanto speciale in lui.-
-Di che ragazzo parlate?-
-Di quello nuovo.- Sputò Drake. -Cameron.- 
Alex incrociò le braccia e lo fissò. -È un ragazzo apposto, a differenza di molti altri. È anche molto simpatico. Qual è il tuo problema?-
-Spero solo che tu non cambi, Phoebe, stando a contatto con lui.- Ringhiò. -Faccio tardi a storia. Ciao.-
-Ma che problema ha, quel tizio?- 
-Si è solo arrabbiato perché avevo detto che sarei andata alla festa, mentre poi sono uscita con Cameron.-
-E allora?-
-E allora niente.- Sospirai. -Grazie per l'aiuto, Alex. Ci vediamo dopo, ragazzi.-
Sentì la voce di Sarah che mi chiamava, ma io continuai imperterrita a camminare, dirigendomi verso il mio armadietto.

-Phoebe...- mormorò Jennifer, affiancandomi. -Ho saputo della lite, mi dispiace.-
-Non c'è nulla di cui dispiacersi.- Non la guardai nemmeno. -Sono solo degli imbecilli.-
-Certo che lo sono. E poi, Cameron sembra essere carino.-
-Sono uscita con lui solo per fargli conoscere il posto e delle nuove persone. Piantatela tutti con questa storia. Sembra che la nostra uscita sia stata uno scoop.-
-Beh, certo che lo è. La temeraria Phoebe Grey che esce per la prima volta, dopo un po' di tempo, da sola con un ragazzo?-
-Guarda che non sono mica una VIP.-
-Ma sei popolare, qui a scuola. Stai facendo rodere i culi a tutti coloro ai quali hai detto di no, quando ti avevano chiesto di uscire.-
-Senti, possiamo chiudere questa stupida conversazione? Non sono dell'umore.-
-È successo qualcosa di grave?-
-No.- Scossi la testa. -Sono solo triste per la partenza di m...- mi bloccai subito e la guardai. Lei non ebbe nessuna reazione, però. -Beh, insomma, io...-
-Va tutto bene, Phoebe. È normale essere triste per tuo fratello.- Sorrise malinconica. -Vuol dire che gli vuoi bene.- 
Le sorrisi riconoscente. -Hai letto la sua lettera?- 
-Alla fine si.- Alzò le spalle. -L'ho letta, ho assimilato le parole che conteneva, ho cercato di capire le intenzioni di tuo fratello e l'ho perdonato.-
-Davvero?-
-Si, davvero. Poi ho bruciato la lettera, insieme alla mia vecchia vita.- 
Spalancai gli occhi. -Hai... hai bruciato la lettera?-
-Non prendermi per pazza.- Rise. -Prima mi sono fatta un bel pianto liberatorio e poi l'ho bruciata.- 
-E perché lo avresti fatto?-
-Perché credevo che mi sarei sentita meglio, e così è stato.-
Il suono della prima campanella ci interruppe, costringendoci così, a ritornare alla noiosa realtà scolastica. 
-Ci vediamo in giro, Phoebe.- Sorrise. -Sei una ragazza forte. Riuscirai a gestire la tristezza.-
Ammiravo Jennifer. Lei era più forte di quanto mi avesse dimostrato quel giorno al bagno. -Grazie, Jen.-

Quando la campanella che segnava la pausa pranzo suonò, Sarah mi raggiunse quasi correndo.
-Pranziamo insieme?-
-Quando mai lo facciamo separate?- Raccolsi i miei libri. 
-Phoebe, senti mi dispiace.- Mi afferrò un braccio. -Non avrei dovuto dire quelle cose, ma stavo davvero cercando di tirarti su di morale.-
Socchiusi gli occhi e la squadrai. -Non sono arrabbiata con te, Sarah.-
-Allora ce l'hai con Drake?-
-Ce l'ho un po' con tutti.- Ammisi. -Scommetto che ormai anche i professori sanno che sabato sono uscita con Cameron.-
-E da quando ti importa?-
-Non è questo il problema, Sarah. È solo che a tutti è sembrato come se io e lui ci...-
-Vi stavate frequentando?- Mi precedette lei. -E allora? Che male c'è?- 
-Non è il vero motivo! Volevo solo mostrargli il posto e...-
-Fargli conoscere nuove persone, e bla bla bla.- Alzò gli occhi al cielo. -Che t'importa? Lascia pensare a tutti ciò che vogliono.- 
-Oggi mi irritano tutti.-
-Ti irritano perché, in un certo senso, sai anche tu che il vostro è stato un appuntamento non programmato.- 
-Non mettertici anche tu, Sarah.- La avvisai. -Ci metto poco a mandarti a quel paese.-
-Fallo pure. Ma continuerei ad aver ragione anche da lì.-
-Ciao, dolcezza.- Alex raggiunse Sarah e le baciò il collo. -Ciao, Phoebe.-
-Ciao, Alex.- 
I due, esattamente come se non esistessi, iniziarono a fare smancerie che sarebbero dovute essere vietate in un luogo come la scuola.
Sospirai sonoramente e, anche se sapevo bene che stavo per parlare ad un muro, dissi: -vado a comprarmi il pranzo.-
Come preannunciato, i due innamorati non mi calcolarono di striscio. 
Mi diressi all'angolo bar e mi affrettai a prendere il biglietto. La pizza, lì ben esposta, supplicava di essere comprata ma, purtroppo, quel giorno mi sarebbero ricominciate le lezioni, quindi sarei tornata a mangiare sano.
-Phoebe!- 
-Ciao, Emily.- Sorrisi leggermente. -Come va?- 
-È vero che sei uscita con Cameron? Me l'ha raccontato Matt.-
Le parole di papà mi rimbombarono in testa: "quando sei arrabbiata, Phoebe, devi sempre contare fino a dieci. La rabbia gioca brutti scherzi. Devi saperla controllare." 
UNO.
-Ha detto di aver interrotto la vostra cenetta romantica.-
Chiusi gli occhi e presi un bel respiro. DUE.
-Ma che razza di ragazzo, al primo appuntamento, ti potrebbe mai portare a mangiare la pizza?-
TRE. 
-Dev'essere andata malissimo.- Ridacchiò.
QUATTRO. 
-Dopo quanto tempo l'hai scaricato?-
CINQUE. 
-Phoebe.- Mi distrasse un ragazzo, probabilmente del primo anno. -È il tuo turno. Per favore, potresti andare a prendere il pranzo?-
-Certo!- Gli sorrisi grata, facendolo arrossire. -E scusa.-
-Phoebe, aspetta.- 
-Ho fretta, Emily.- La liquidai. -È stato un piacere parlare con te.-
-Ciao, dolcezza.- Mi sorrise il capo del bar. -Cosa vuoi, oggi?-
-Una fetta di pollo e dell'insalata.- Poi aggiunsi: -e dell'acqua, grazie.-
Stavo per raggiungere Sarah e gli altri al tavolo, non appena preso il vassoio, ma la voce di Cameron mi bloccò.
-Ehi.-
-Ehi...- mormorai.  
-Sei arrabbiata?-
-Incazzata, veramente.-
-Con me?- 
-Con te?- Aggrottai le sopracciglia. -No. Perché dovrei esserlo con te?-
-Beh, è colpa mia.-
-Non è colpa tua, Cameron. È solo che agli altri piace parlare un po' troppo.-
-Non credevo che uscire il sabato avrebbe fatto tutto questo scalpore.-
-Avrei dovuto avvisare che non sarei andata alla festa. Forse, a quest'ora, tutto questo non sarebbe successo.- 
-Beh, mi dispiace.-
-Non devi.- Sospirai. -Non capisco perché tutti ne siano così sorpresi.- 
-Forse sono solo gelosi.- 
-E non possono essere gelosi in silenzio?- Piagnucolai. -Non li sopporto.-
-Aah! Ecco qui i due piccioncini.- Jeremy abbracciò me e Cameron. -Da quanto tempo va avanti questo vostro rapporto?- 
-Jeremy.- Spostai il suo braccio dalla mia spalla. -Va' ad infastidire qualcun altro.-
-Non c'è nessun altro sulla bocca di tutti, in questo momento.- 
-Ti conviene non infastidirci, amico.-
-Sennò?- Lo sfidò. -Sei quasi adorabile mentre cerchi di difenderla. Se metti il broncio potrei pure impietosirmi.- 
-Andiamo, Phoebe.- Ringhiò Cameron, afferrandomi il braccio.
-Oh, eddai!- Ci seguì Jeremy. -Perché volete rendere la vostra vita privata, mh... privata?-
Io e Cameron lo ignorammo, ma Jeremy disse qualcosa che riuscì a far scattare comunque Cam.
-Siete già andati a letto? Qui dicono tutti che Phoebe è grandio...-
Fu un attimo. Cameron gli fu addosso in un lampo.

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Capitolo 19
*** GUAI ***


AVETE PRESENTE COME CI SI SENTE DURANTE IL COSIDDETTO PERIODO DI GUARIGIONE? UNO SCHIFO. ESATTAMENTE COME MI SENTO IO. LA FEBBRE SEMBRA ESSERE PASSATA, EPPURE MI SENTO ANCORA PIUTTOSTO DEBOLE E SENZA FANTASIA. VI PUBBLICO IL CAPITOLO SOLO PERCHÉ AVEVO GIÀ STESO UNA PARTE DI ESSO MA ORA, NON HO PIÙ BOZZE IN STESURA, QUINDI MI CI VORRA' UN PO' PRIMA CHE IO RIPRENDA IL RITMO E TROVI L'ISPIRAZIONE. SPERO CHE POSSIATE CAPIRE.  
VI AUGURO UNA BUONA LETTURA E MI SCUSO SE IL CAPITOLO RISULTA ESSERE PIÙ CORTO RISPETTO AGLI ALTRI, COME HO GIÀ DETTO, NON HO ANCORA RIACQUISTATO A PIENO LE FORZE.




Nell'attimo in cui Cameron si fiondò su Jeremy, sembrò che anche l'intero gruppo di noi ragazzi restò con il fiato sospeso.
-Ho detto.- Ringhiò Cameron, ad un millimetro dalla faccia di Jeremy. -Di smetterla.-
Se conoscevo davvero Jeremy, sapevo che non si sarebbe arreso. Piuttosto, avrebbe preferito finire all'ospedale. 
-Oh, andiamo, amico! Se te la sei portata a letto non c'è nulla di cui tu debba vergognarti! Anzi, dovresti andarne f...-
Non riuscì a completare la frase perché Cameron lo colpì dritto dritto alla mascella, continuando a tenerlo per il colletto. Il mio grido di sorpresa però, non lo fece smuovere nemmeno di un millimetro. E, giusto per intenderci, nessuno, in quella mensa, sembrava essere disposto a mettersi tra i due. Anzi, c'era anche chi faceva il tifo.
-Cam- tentai. -Lascialo stare, è solo un idiota.-
-Ascolta la tua ragazza- biascicò Jeremy, pulendosi l'angolo della bocca, sporco di sangue. -Che problemi hai?-
-Stai alla larga...-
-Cam!!-
-Ehi, Cameron.- Alexander arrivò di corsa e lo afferrò per un braccio. -Va tutto bene, amico. Lascialo perdere. Andiamo via, prima che tu finisca nei guai.-
-Dovrebbe imparare a stare zitto.- Ringhiò.
-Si, certo. E lo farà- disse, lanciando un'occhiata di fuoco a Jeremy. -Ora lascialo stare, per favore.-
Jeremy fece per dire qualcos'altro ma, per la sacro santa provvidenza da parte di Dio, alcuni suoi amici lo afferrarono per le spalle e lo trascinarono via. Tra questi, vi era anche Mathew. 
-Che diavolo ti è saltato in mente, Cameron?- Lo rimproverò, Alex. -Credi che quelli del bar ora non parleranno?- 
-Hai ragione, hai ragione.- Sospirò, passandosi le mani in faccia. -Non so cosa mi sia preso.-
-Le questioni si risolvono fuori dalla scuola. Qui non ci mettono niente a farti il culo. Non sai quanto possa essere stronza la nostra preside.-
Cameron passò lo sguardo su di me e mi squadrò preoccupato. -Phoebe, mi dispiace tan...-
-Non importa.- Tagliai corto, indietreggiando. -Alex, dov'è Sarah?-
-È ritornata in classe. Aveva dimenticato la tessera, ma credo che tra un attimo sarà qui.-
-La raggiungo in corridoio, ho bisogno di un momento.-
-Phoebe!- Esclamò Cameron, ma riuscì perfettamente a sentire Alex che lo fermava. 

Praticamente corsi fuori dalla mensa e mi chiusi la porta alle spalle. 
Non feci neanche in tempo ad appoggiare la testa e a chiudere gli occhi che la voce di Sarah mi fece ritornare alla realtà. 
-Phoebe!- Esclamò lei, preoccupata. -Che c'è? Stai male?- 
-Mi sorprende che tu non lo sappia già.- Mormorai ironica. -Cameron ha dato un pugno a Jeremy.- 
-Cosa?!-
Alcune ragazze passarono accanto a noi, fissandomi e bisbigliando tra di loro quasi come se pensassero di passare inosservate. 
-Perché non parlate e basta, invece di bisbigliare?- Scattai. 
Una delle due arrossì e si strinse nelle spalle.
-Beh?- 
-Credo... credo che Cameron abbia fatto bene.- Balbettò la rossa. -Si meritava proprio una lezione quel Jeremy.-
Le sue parole mi colpirono. Mi aspettavo di tutto ma non che stessero dalla parte di Cam.
L'amica della rossa, si toccò un braccio e mi fissò. -È... ecco... è dal primo anno che non fa altro che prenderci in giro. Forse questo ci rende delle cattive persone, ma siamo felici che finalmente qualcuno gli abbia dato una lezione.-
-La violenza non è mai la risposta.-
-Forse per qualcuno si.- 
La sua risposta mi fece venire in mente Jack Hyde, ma scacciai immediatamente la sua immagine. 
-Mi dispiace.- Mormorai, lanciando un'occhiata a Sarah. -Non sapevo che vi avesse preso di mira. Dev'essere stato terribile.-
-Non credo che dopo oggi la smetterà.- Ridacchiò, senza allegria, la rossa. -Ma ne siamo comunque felici. Se lo merita, Phoebe.-
-Non succederà più, da oggi. Non glielo lascerò fare.- 
-Non preoccuparti.- Sorrise, l'amica della rossa. -Insomma, voglio dire, prima non sapevi neanche della nostra esistenza.-
La sua risposta mi spiazzò totalmente. -Ehm...-
La ragazza dalla bellissima chioma rossa le diede una gomitata e si scusò da parte sua. -Scusala, Phoebe. Non voleva dire così.-
-Però è la verità, okay?- Sbottò l'altra. -Nessuno fa caso a noi.-
-Per colpa di Jeremy?-
-Credo di sì. O allora siamo noi che abbiamo una qualche tipo di malattia infettiva che tiene lontani tutti.-
Sarah si mise a ridere ma la smise subito non appena la guardai male. 
-Jeremy non vi infastidirà più, ve lo prometto. Come vi chiamate?-
-Io Lisa!- Rispose la rossa. 
-E io Caroline.- 
-Lisa, hai dei capelli stupendi.- Sputò fuori Sarah, avvicinandosi a lei. 
La poveretta rimase talmente spiazzata dalla sua sparata che arrossì come un pomodoro. Caroline, invece, alzò gli occhi infastidita. 
-Mi dispiace davvero tanto, Caroline.- Mormorai. -Ma potreste cominciare da me e Sarah. Noi saremmo felicissime di essere vostre amiche.-
-Non voglio essere tua amica solo perché ti faccio pena, Phoebe. Grazie. Sto bene anche solo con Lisa.-
La sua amica spalancò la bocca. -Caroline!-
-Cosa?- Sbottò lei, irritata. -Credi davvero che diventerò loro amica solo perché hanno saputo che sono stata presa di mira da Jeremy? Fa pure, se tu vuoi. Ma io sto bene per conto mio. Non ho bisogno di diventare loro amica e di vedere che tutti i ragazzi di questa scuola riprenderanno a parlarmi solo perché mi frequento con Phoebe.-
-Car, adesso stai esagerando!-
-Vedila come vuoi. Io non ho bisogno di altre amiche.- Ringhiò, girando sui tacchi e dirigendosi verso le scale. 
-Mi... mi dispiace tanto!- 
-No, non preoccuparti!- La rassicurai. -Posso capirla e, per favore, non arrabbiarti con lei. Vai a parlarle.-
Lei mi sorrise riconoscente. -Sei ancora più gentile di quello che immaginavo. Grazie.-
-Non ho fatto nulla.- 
-È già tanto per me. Spero di rivedervi, ragazze!- 
-Però!- Esclamò Sarah, non appena anche Lisa se ne fu andata. -Simpatica Caroline.-
-Non dev'essere bello essere presi di mira da Jeremy, Sarah!- 
-Sono sicura che Lisa riuscirà a consolarla e noi riusciremo ad essere anche sua amica.-
-Lo spero...-

Dopo aver raccontato per filo e per segno ciò che era successo tra Cameron e Jeremy a Sarah, mi sedetti sul pavimento, nel retro della scuola. 
-Ancora non capisco.- La mia migliore amica, che era rimasta in piedi, incrociò le braccia. -Perché sei scappata via da lui?-
-Non sono scappata via!-
-Si che lo hai fatto.-
-No che non l'ho fatto.-
-Phoebe!-
-Che c'è?-
-Che ti prende?-
-Non lo so- abbassai lo sguardo. -Mi ha spaventata. Credo.-
-Ti ha spaventata?-
-Io...- chiusi gli occhi e presi un respiro profondo. -Non pensavo potesse essere un tipo violento.-
-Qui non si tratta di violenza, Phoebe. Si tratta di Cameron: lui si è già affezionato a te. È stata una reazione del tutto sensata, a mio parere. Jeremy ha esagerato. Stanno tutti esagerando, in realtà.-
-Cosa c'entra il fatto che lui si sia già affezionato a me?-
-È una domanda seria? Sei davvero così ottusa?-
Le lanciai un'occhiataccia ma lei scosse la testa e mi guardò severa. 
-È inutile che mi guardi così. Lui è stato protettivo nei tuoi confronti. Okay, forse non avrebbe dovuto colpirlo, ma non può averti davvero fatto paura.-
-Non è che mi abbia fatto paura, Sarah- sospirai. -Ma lo sai cosa ne penso della violenza.- 
-D'accordo. Ma tu pendi davvero che, se non lo avesse colpito, Jeremy si sarebbe fermato?-
La parola 'si' mi si formò tra le labbra, eppure sapevo che non era vero. 
-Esattamente.- Sarah mi si accovacciò davanti. -Ti dirò io cosa succede, Phoebe. Cameron ti piace. E anche tanto, ad essere sinceri. È per questo che ti comporti così. Sei eccitata e spaventata al tempo stesso, ma lo capisco, credimi! È da tanto tempo che non ti interessa qualcuno, è normale. Ti prego però, non respingerlo solo perché sei spaventata. Credo che lui possa renderti felice.-
-Come fai a saperlo? Non lo conosci bene. E non lo conosco bene neanch'io.-
-Hai ragione, ma conosco te.- 

Alla fine della giornata scolastica, decisi di andare alla ricerca di Cameron. Odiavo ammetterlo, ma Sarah aveva ragione. Dovevo almeno scusarmi per essermene andata in quel modo. Sapevo bene che se aveva fatto ciò che aveva fatto era solo  per "colpa" mia, o almeno lo speravo. 
Non fu molto difficile trovarlo. Era in cortile e, molto probabilmente, anche lui stava cercando me. 
-Cameron.-
Lui sobbalzò, sentendo la mia voce, e si girò di scatto. -Phoebe! Ti ho cercata dappertutto.-
-Lo so, mi dispiace.- Mormorai. -E mi dispiace anche per prima. Non sarei dovuta andarmene in quel modo.-
-Sono io a doverti dire di essere dispiaciuto! Non volevo spaventarti, prima, con quel tizio lì.-
-Non mi hai spaventata...- feci un passo indietro e poi uno in avanti. -È solo che non mi aspettavo quella reazione. Mi hai presa alla sprovvista.-
-Non ti aspettavi quella reazione?- Cameron impallidì. -Ma hai sentito anche tu cosa stava dicendo. Davvero ti andava bene?-
-Non è che mi andasse bene... è solo che ormai ci ho fatto l'abitudine, credo. Non sto più neanche ad ascoltarlo perché so che non mi rivolgerà mai la parola per dirmi qualcosa di carino.-
-Questa non è comunque una scusa, Phoebe. Non puoi lasciare che dica quelle cose.-
Chiusi gli occhi e sbuffai, prima di tornare a guardarlo. -Non possiamo fare finta che non sia successo?-
La mia domanda, a quanto pare, lo sorprese non poco. La sua figura si irrigidì notevolmente e lo fece, anche se per un millesimo di secondo, anche la sua mascella. -Io non ti capisco.- Digrignò i denti. -Potresti fare qualsiasi cosa affinché lui smetta di infastidirti e invece preferisci subire e basta. Perché?-
-Non è che mi maltratti o chissà cos'altro, Cameron!- Esclamai. -Io non sto subendo niente perché neanche lo ascolto quando parla. Non mi interessa e basta.-
I suoi occhi erano stretti a due fessure e riuscivo a malapena a scorgerne una sottile striscia verde intensa. -Se a te sta bene così, d'accordo.-
-Si, a me sta bene così.- 
Cameron mi fissò, e sembrava che volesse aggiungere dell'altro, ma poi ci ripensò: scosse la testa e si mise le mani in tasca. -Beh, c'è mia madre che mi aspetta. Passa una buona serata, Phoebe.-
Sbattei gli occhi difronte al suo comportamento. -Grazie, anche a te...-



Passò una settimana da quel litigio/incomprensione. Eppure, il rapporto tra me e Cameron, sembrava più freddo e distaccato. Sapevo che se l'era presa per ciò che avevo detto, ma non avevo capito il perché. 
Le cose a scuola, invece, erano andate decisamente meglio: Jeremy aveva deciso di non farsi vedere più e, la maggior parte degli studenti, aveva preferito tenere la bocca chiusa sul discorso, a quanto pare scandaloso. 
Sarah ed io eravamo anche riuscite ad avvicinarci di più a Lisa e a Caroline e, quest'ultima, il giorno successivo allo scandalo, era venuta a scusarsi, seppur spinta dalla sua "voce della coscienza". Così si era definita Lisa. 
Mio fratello ed io ci vedevamo, tramite webcam, ogni sera, dopo la mia lezione di danza, e, mamma e papà, seppur nostalgici del loro "piccolo pargoletto", sembravano essere più rilassati. 
Tutta sembrava star andando per il verso giusto, a parte io e Cameron. Noi stavamo andando ai versi opposti. Lui aveva cominciato a farsi sempre più amici e, anche se durante la pausa pranzo stavamo seduti nello stesso tavolo, avevo notato che cercava di stare distante. Avevo notato che cercava di parlare con me, ma senza mai sbilanciarsi troppo. Ormai, le nostre conversazioni non andavano mai oltre al fattore 'scuola'.
-Questa storia deve finire.- Sibilò Sarah, al mio orecchio. -Dobbiamo parlare.-
-Quale storia? Che ho fatto?-
Lei mi guardò come a volermi dire: "ma ci sei o ci fai?" e poi mi indicò con il mento Cameron. 
-Piantala.- Alzai gli occhi al cielo. -Te l'ho detto che non sarebbe mai potuto nascere qualcosa, tra di noi.- 
-Ma non posso credere che tu abbia fatto finire tutto così in fretta! Soprattutto dopo quello che ti avevo detto!-
-Cosa?! Perché dai la colpa a me? È lui che mi sta evitando!-
-E tu non stai facendo nulla per cercare di capire perché lo stia facendo. È ovvio che sia colpa tua, Phoebe.-
Socchiusi gli occhi e sbuffai. -E che dovrei fare, secondo te?- Bisbigliai. -Andare da lui e chiedergli "Ehi Cameron, posso sapere perché, ad un tratto, hai smesso di parlarmi?". Non essere ridicola, Sarah.-
-Non così esplicitamente, ma voi due avete un disperato bisogno di chiarirvi.-
-A me non sembra.-
-E a me sì, invece. Sei ancora più antipatica di prima, da quando Cameron ha iniziato ad essere più distante. E, anche se tu non lo vedi, ci sono io a vedere per te: lui, spesso e volentieri, quando parli con me, ti getta occhiate furtive. Una volta mi ha pure sorpresa a guardarlo. Avresti dovuto vedere com'è arrossito.-
-Secondo me, tu ti crei dei film. Queste cose accadono solo nella tua testa.-
Lei mi colpì un braccio, facendomi pizzicare la pelle. -La vuoi piantare una buona volta e affrontare il problema?-
Lanciai uno sguardo a Cameron. In quel momento, stava chiacchierando con Steve e Jacob e sembrava piuttosto rilassato. Magari si era solo stancato della mia compagnia.
-Phoebe- mi riprese Sarah. -Io lo so che tu non vorresti perdere la sua amicizia, ed è chiaro che per lui è lo stesso. Ti prego, non puoi fare, per una volta, la ragazza matura e prendere l'iniziativa?- 
-E che cosa dovrei dirgli?-
-Di aiutarti a capire dove hai sbagliato.-
-Perché dai per scontato che la colpa sia mia? Non è possibile che sia lui ad essersi stufato?-
-Certo, come no. Giusto l'altro giorno l'ho visto andarsi a scusare con Jeremy per via del pugno.- Commentò ironica. -È inutile che tu cerca una via di fuga. Non c'è.- 
-È se dovesse essere questa la verità?-
-Non lo è.-
-Ma se dovesse esserla?- Insistetti. 
-Nell'ipotetico ed impossibile caso in cui dovessi avere ragione, allora avrai il sacrosanto diritto di mandarlo a quel paese. E ti aiuterei anch'io, ma, visto che non accadrà, il problema non si pone.-
Sospirai e mi arresi. -Potrei chiamarlo questa sera e...-
-Oppure potresti dire a tuo padre che oggi resti a pranzo da me, così potrai fermare Cameron nel corridoio, alla fine delle lezioni, e potrete parlare.- 
-Da quant'è che pianifichi tutto questo?-
-Da abbastanza.- Sorrise soddisfatta. -E non abbiamo problemi di orario. Ci accompagna Alex, a casa.-
-Bene.- Sibilai, estraendo il cellulare dalla tasca e scrivendo a mia madre. -Spero per te che vada bene.-
-Finora non ho sbagliato un colpo, Phoebe. Lascia fare a me. In amore ho più esperienza.-
-Certo, come no.- Alzai gli occhi al cielo. -Continua a ripetertelo.-
-Vedrai.- Sorrise lei, enigmatica.

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Capitolo 20
*** Cameron Hughes ***


SORPRESAA🎉🎉🎉🎉
CAPITOLO SPECIALE PER LE 100 RECENSIONI!! GRAZIE DI CUORE ANCHE A TUTTI COLORO CHE, OLTRE AL SOSTENERMI CAPITOLO DOPO CAPITOLO, LO FANNO ANCHE IN SILENZIO! GRAZIE❤️❤️ 


Poco prima del termine delle lezioni, avevo lo stomaco in subbuglio e il cuore che minacciava di uscirmi fuori dal petto. Ero così nervosa che persino le mani avevano cominciato a sudarmi. E per cosa, poi? Non mi era mai successo, in vita mia, di dover "correre" dietro ad un ragazzo, eppure tutto era cambiato. Sembrava fosse un mondo parallelo, il mio.
-Sembra che tu stia per avere un'infarto.- Mi prese in giro Sarah, non appena suonò la campanella. 
-Simpatica.-
-Vedi di non peggiorare la situazione, Phoebe. Ci vediamo alla macchina di Alex e, ricorda, nessuna fretta.-
-Certo.- Raccolsi le mie cose e misi la borsa in spalla. -Facile a dirsi.-
-Stai tranquilla, sono sicura che chiarirete.-
-Si, si. Ci vediamo dopo.-

Cameron, come avevo immaginato, era vicino al suo armadietto ma, ciò che non avevo previsto, era il fatto che potesse essere in compagnia. Una parte di me avrebbe voluto cogliere al volo quella scusa e utilizzarla per scappare via ma, la parte più razionale, mi costrinse comunque a muovermi verso di lui.
Cameron mi era di spalle, quindi, i primi a vedermi, furono Mark e Will. O erano Chris e Arnold? Dio, il mio cervello era praticamente fritto. 
-Ciao, Phoebe!- Esclamò uno dei due. -Andate bene le lezioni?-
A sentire il mio nome, la schiena di Cam si drizzò, manco fosse stato colpito da una miriade di spilli. 
-Ciao...- mormorai. -Alla grande, grazie.-
Prima di girarsi, Cameron prese un profondo respiro e, dopo, mi rivolse un sorriso tirato. -Ciao.-
-Ciao!- Mi costrinsi a sorridergli. -Hai un minuto?-
Le sue sopracciglia schizzarono all'insù e poi si guardò intorno a disagio. I suoi amici, invece, captarono il messaggio implicito e dissero: -okay, amico. Siamo in ritardo. A domani.-
Li osservai andare via, prima di girarmi a guardare nuovamente Cameron. Lui, però, non mi guardava affatto. Finse di avere qualcosa da sistemare nell'armadietto.
-Allora?- Insistetti, un po' innervosita. -Ce l'hai un minuto, o no?-
-Per cosa?- 
-Dobbiamo parlare.-
-Di cosa?-
Incrociai le braccia e lo fulminai con lo sguardo. -Sul serio?-
-Phoebe, ho mia madre che mi aspetta fuori. Arriva al punto.-
-Cos'è successo?- Chiesi, spazientita.
-Dovrai essere più precisa, se vuoi che ti capisca.-
-Perché ad un tratto hai smesso di parlarmi?-
Lui sospirò e si mise le mani in tasca. -Non so di cosa tu stia parlando.-
Feci un passo indietro, ma non mi arresi. -E invece ho idea di sì. Voglio saperlo. Perché ti sei allontanato? Cosa ti ho fatto?-
Cameron si azzardò a lanciarmi un'occhiata ma non uscì nessuna parola dalla sua bocca.
-Oppure- decisi di continuare a parlare io. -Ti sei solo stancato di me e, esattamente come uno stronzo, ti sei allontanato senza nessuna spiegazione.-
Lui spalancò gli occhi, alla mia affermazione. -Davvero credi questo?-
-E cosa dovrei pensare, se hai smesso di parlarmi all'improvviso?-
-Phoebe, ti ricordo che ho quasi rischiato l'espulsione per un'idiota che ce l'aveva con te.-
-Questo non vuol dire niente visto e considerato che io non te lo avevo chiesto e, tra parentesi, dopo quell'episodio ti sei allontanato.-
-Ma sei seria?-
-Certo che lo sono. La tua non è affatto una spiegazione.-
-Phoebe, tu mi hai chiaramente detto che non ti interessa se quel tizio ti tratta male.-
-Cosa c'entra questo, adesso? Stai cercando di sviare il discorso. E, per la millesima volta, Jeremy non mi maltratta.- 
-Si che lo fa, e tu lo accetti come se nulla fosse.- 
-Non è affatto vero, Cameron! Non lo ascolto perché so che è uno stupido senza un passatempo.-
-Ti rendi conto che ti ha accusata di essere una troia, non è vero?-
-Che pensi quello che vuole. Io sapevo, esattamente come te, quale fosse la verità.- 
Cameron si passò una mano tra i capelli e si girò verso l'uscita. -Non ti capisco. Mi dispiace, ma io non sopporto le persone che parlano a vanvera.-
-Beh, questo è il mondo. Nessuno è perfetto e, per la cronaca, potrai spostarti di città in cittá quanto ti pare, ma troverai sempre persone così.-
-Il fatto che esistano persone così, non vuol dire che sia giusto sottomettersi a loro.-
-Io non mi sottometto a Jeremy. Quando mi fa girare le palle, gli rispondo e lo hai visto anche tu, quel giorno, alla mensa. Quindi non venirmi a dire che mi faccio maltrattare, perché sono tutte delle stronzate.-
-Come me?-
-Non lo so. Perché non me lo dici tu?- Lo sfidai. -E ci tengo anche a ricordarti che stiamo parlando di tutt'altro. Ancora non ho capito perché ti sei allontanato.-
-Perché tu mi confondi, okay?-
Restai un attimo interdetta. -Beh, immagina quanto mi abbia confusa tu, in questa settimana. Cosa c'entra Jeremy, in tutto questo?-
Lui prese un profondo respiro e poi tornò a guardarmi negli occhi. -Non avevo mai conosciuto ragazze come te, prima d'ora. Mai.- 
Prima che potesse continuare, lo bloccai. -Che intendi con "ragazze come te"?-
-Tu sei... un uragano, e non lo dico in senso negativo. Sei simpatica, solare, attiva, tranne durante la prima mattina, ma... insomma, con la tua turbolenza hai travolto anche me.-
Le sue parole mi fecero arrossire. -E allora? Che... che cosa c'entra questo?-
-Odiavo quella piccola città in cui vivevo, Phoebe. C'erano un sacco di ragazzi come Jeremy e anche peggio. Abitavo nel quartiere peggiore, io. Sai quant'è frustante ritrovarsi questo tipo di ragazzo difronte e non poterlo mai evitare? Ho avuto un grande senso di sopportazione per un po', ma poi non ce l'ho più fatta.-
-Che vuoi dire...?-
Lui si strofinò le mani sul viso, cosa che, per le tante volte che lo fece, interpretai come un gesto di nervosismo. Poi, prima di rispondermi, estrasse il cellulare dalla tasca. 
-Mamma.- Rispose. 
Probabilmente il suo cellulare era in modalità silenziosa, perché non lo avevo sentito squillare.
-Si, no, lo so. Mi dispiace, avrei dovuto avvertiti dei miei programmi pomeridiani.- Mi lanciò un'occhiata. -Okay, ci vediamo dopo. Si. Ciao.-
Non appena attaccò, incrociai le braccia, ansiosa di conoscere il resto della storia.
-Tu non hai nessuno che ti aspetta fuori?-
-Oggi sono con Sarah. Può aspettare. Completa ciò che stavi dicendo.-
-Non ce n'è bisogno.-
-Certo che ce n'è, invece!-
-Senti, Phoebe- sospirò. -Il fatto è questo: non mi sono mai piaciuti i ragazzi come Jeremy e neanche le ragazze che preferiscono subire in silenzio. Io... io non potevo ignorarlo quel giorno, alla mensa. Mi dispiace che il mio comportamento ti abbia spaventata, e non dire che non è così, perché l'ho vista l'espressione che avevi, poco prima di scappare via. Dopo, mi hai detto che non ti saresti aspettata quell'azione da parte mia, ma lasciami dire che neanch'io mi sarei mai aspettato quella risposta da parte tua. Soprattutto quando mi hai chiesto se potevamo fare finta che non fosse successo nulla. Quest'ultima frase è stato ciò che mi ha fatto fare retromarcia. Non capivo come tu potessi volerlo.-
-Perciò hai preferito allontanarti, piuttosto che provare a chiarire questa divergenza di idee?-
-Sono venuto qui grazie ad un miracolo divino. Volevo davvero cambiare aria, quindi si. Sono stato uno stronzo, ma l'ho fatto per proteggermi. Non posso cascarci un'altra volta.-
-In cosa dovresti cadere?- Lo spronai. -Credimi, io non subisco un bel niente. C'è una bella differenza tra subire e ignorare, Cameron.- 
-Ma tu non sei l'unica presa di mira, non è così?-
Le figure di Lisa e Caroline mi comparvero in mente. -Jeremy ce l'ha un po' con tutti.- 
-Ed io scommetto che sono in tanti coloro che riescono ad ignorarlo, Phoebe. Ma c'è anche chi non sa essere così forte. C'è chi può essere distrutto, da tipi come lui. Ricordalo.-
-Cam...- abbassai lo sguardo. -Io l'ho anche apprezzato il tuo gesto, alla mensa. Nessuno aveva mai fatto questo per me, ma ciò non vuol dire che sia giusto. Credo di capire ciò che pensi, e forse hai ragione. Però, Jeremy è solo un ragazzo. Dovrebbe avere la tua età. Che cosa dovremmo fare? Noi non sappiamo la sua storia.-
-Non sappiamo la sua storia, è vero. Ma pensaci: noi non conosciamo la vera storia di nessuno, in realtà. L'apparenza inganna. Non si dice così?-
Lo fissai. Chi era, in realtà, Cameron?
-Mi dispiace di essermi allontanato da te, Phoebe.- Mormorò. -Questa è stata di sicuro una delle idee più stupide, però ti ringrazio per essere venuta a parlare con me.-
-Non volevo lasciarti andare...- ammisi, arrossendo. -Non così, almeno.-
Lui alzò le sopracciglia, sorpreso, ma poi mi mostrò un sorrisetto. -Sei davvero carina anche quando arrossisci.- 
Spalancai la bocca. -Cos...-
Cameron non mi fece continuare, perché mi afferrò ridendo per un braccio e mi strinse a lui. -Abbiamo fatto pace?-
Pregai tutti i santi, affinché lui non avesse sentito a quale assurda velocità stesse andando il mio cuore. -Suppongo di sì.- 
-È assurdo.- Mormorò, sopra i miei capelli.
Io non mi mossi. -Che cosa?- 
-Come tu mi faccia sentire come se appartenessi a questo posto da sempre. Mi sei mancata, in questa settimana.-
La sua innocente affermazione fece sì che, oltre ad un banale rossore, la mie guance iniziassero ad andare a fuoco. Se avessi potuto essere un personaggio di un cartone animato, di sicuro mi avrebbero raffigurata con del fumo che mi usciva dalle orecchie, a parte la faccia rossa come un pomodoro.
In un attimo di coraggio, decisi di alzare lo sguardo verso di lui. I suoi occhi, di un azzurro ardente, sembravano essere incastonati perfettamente nei miei. -Anche tu mi sei mancato.- 
Cameron colse il mio sguardo e dischiuse le labbra, per poi deglutire. "Oh Dio, o la va o la spacca" fu tutto ciò che pensai, prima di mettergli le braccia al collo. Lui inclinò leggermente la testa ma, per la seconda volta, in poco tempo che ci conoscevamo, non avvenne nulla. 
-Cameron!- Esclamò una vocetta, facendo sì che ci staccassimo immediatamente. -Oh, ciao, Phoebe. Non avevo visto che ci fossi anche tu.-
-Ehi, Lizzie.- Mormorò lui, sorridendole imbarazzato. -Che ci fai ancora qui?-
-Tra poco ho allenamento e ho pensato di venire a prendere un snack. Tu piuttosto, che ci fai qui?-
-Ho bisogno del computer scolastico per una ricerca. Il mio è dal tecnico.-
-Ottimo. Allora potresti venire a vedermi, quando finisci.- Gli fece l'occhiolino. -Ti aspetto. Ciao, Phoebe.-
-Ciao a te.- Strinsi le labbra, per evitare di ridere. 
Dio, era davvero possibile che, ad un tratto, non potessi più essere fortunata?
-Una ricerca, eh?-
-È la prima cosa che mi è venuta in mente.- Ghignò lui. -Ma potrei farlo davvero. Mia madre non tornerà prima di un paio d'ore.-
-Mi dispiace che io ti abbia fatto scaricare qui.-
-A me no.- Ammise serio. -Mi farei scaricare altre cento volte pur di poterti parlare.-

-Oh. Mio. Dio!- Gridò Sarah, saltando –letteralmente– dal letto. -Lo sapevo! Lo sapevo che voi due vi amate segretamente.-
-E io lo sapevo che raccontarti tutto sarebbe stato rischioso.- Alzai gli occhi al cielo. -Avrei dovuto tenere la bocca chiusa.-
Sarah si mise a ridere, incontenibilmente. -Mi dispiace, sul serio! Ma sembra che tu e l'amore non andiate d'accordo.- 
Presi uno dei tanti cuscini poggiati sul tappeto, al centro della stanza, e glielo lanciai contro. 
-Ehi!- Rise lei, afferrandolo al volo. -Mi dispiace, scusa! Cercherò di essere seria.- 
-Certo.- Sbuffai, raccogliendo i miei libri. -Fammi un fischio non appena sarai ritornata in te.-
-Oh, andiamo, Phoebe! Fermati, non te ne andare.- 
-Non sono dell'umore giusto.-
-E invece dovresti, visto che hai chiarito con l'amore della tua vita.-
Le lanciai un'occhiataccia. -La vuoi piantare?-
-Sul serio, Phoebe.- Sospirò Sarah. -Perché sei di cattivo umore?-
-Perché è tutto così complicato, così assurdo! Non ho una grande facoltà mentale quando sono con lui.-
La mia amica strinse le labbra e poi sospirò sonoramente. -Dicendo queste cose, però, mi rendi tutto troppo facile.-
-Che dovrei fare?-
-Baciarlo.-
-Già, certo.- Mi lasciai andare sulla sedia. -A questo punto è più facile a dirsi che a farsi.-
-Dovreste scegliervi un luogo appartato. La prima volta che io e Alex ci siamo baciati...-
-Eravate nello sgabuzzino della palestra difronte casa sua.- Alzai gli occhi al cielo e ripetei esattamente ciò che avrebbe detto lei. -Lo so. Mi hai raccontato tutto, per filo e per segno, dieci minuti dopo e tutti i giorni successivi.-
-Beh, era solo per darti l'idea.-
-Siamo stati nel laghetto abbandonato dove MAI nessuno va, eppure siamo stati comunque interrotti. Cosa c'è di più appartato?-
-Mh... la tua camera da letto?-
-Guarda che non ho intenzione di invitare Cameron e stuprarlo nella mia camera.-
Sarah scoppiò a ridere e, non appena le lanciai un'occhiataccia, disse: -questa volta lo hai detto tu, non io!-
-L'importante è che non cerchi di allontanarsi ancora.-
-A parte nel caso in cui dovessi essere tu a costringerlo, non credo che lo farà. Sembra davvero preso.- 
Il mio cellulare iniziò a squillare e, nella schermata principale, comparve il numero di mia madre. 
-Mamma.- 
-Ciao, tesoro.- Notai subito che c'era qualcosa che non andava. La sua voce era tesa. -Dove sei?-
-Da Sarah.- Aggrottai le sopracciglia. -Lo sapevi, te lo avevo detto.-
-Ma sei proprio a casa sua?-
-Certo. In quale altro posto dovrei essere?- Il timore nacque in me. -Che succede?-
-I suoi genitori sono a casa?-
-No, siamo solo io e Sarah. Mamma, che succede?- 
-Nulla. Voglio solo essere certa che tu sia al sicuro.-
-Non ricominciare a nascondermi le cose. Ti prego.-
-Stai tranquilla, tesoro. Non muoverti da lì. Taylor verrà a prenderti tra un'oretta e non appena sarai a casa parleremo.-
-È grave?-
-Non ti preoccupare, Phoebe. Non ti succederà nulla, te lo prometto.-
-Va bene- sussurrai. -A dopo.-
-Che succede?- Chiese Sarah, allarmata. 
-Non lo so.- Mi misi le mani tra i capelli. -Mamma non ha valuto dirmelo per telefono.-
-Pensi che si tratti ancora di quello psicopatico?-
-Si.- 
-Okay, ma forse non è così grave o tuo padre avrebbe smosso mari e monti pur di riportarti a casa.-
-Questo è vero. Ma qualcosa deve pur essere successa. Era troppo tesa, mia madre.-
-Mi chiamerai non appena te lo avranno detto?-
-Non hai bisogno di stress ulteriori.-
-No. Sei tu che non dovresti essere sottoposta ad ulteriori stress, io sto benissimo.-
Mi massaggiai la testa. -Si, d'accordo. Ti chiamerò subito.-
-Oh, Phé...- Sarah venne ad abbracciarmi. -Vedrai che presto sarà in prigione.-
-Tu credi che ce l'abbia ancora con la mia famiglia?-
-È proprio questo il problema degli psicopatici, Phoebe. Non si sa mai cosa pensano o cosa faranno.- 
-Ho paura per Teddy...-
-Ted è grande e grosso e ha una guardia del corpo ancora più grande e grossa di lui. Sarà al sicuro al 100%.-

Quando, esattamente un'ora dopo, Taylor venne a prendermi, il nervosismo di impadronii di me. 
-Vuoi che ti accompagni giù?- Chiese Sarah.
-No. È più sicuro anche per te, se resti qui. Ti chiamo non appena avremmo finito.-
-D'accordo, sta attenta.-
Potrà sembrare anche stupido, ma ero letteralmente terrorizzata, mentre aspettavo che l'ascensore, dal dodicesimo piano, scendesse al primo. Quando le porte si aprirono, infatti, praticamente corsi verso la macchina di Taylor ed entrai in fretta e furia.
Taylor si girò verso di me, allarmato. -Che succede?-
-Non lo so.- Presi profondi respiri. -Perché non me lo dici tu? Mi farete venire un'infarto, prima dei vent'anni.-
-Dio, Phoebe. Sembrava che qualcuno ti stesse rincorrendo.-
-Mi dispiace, okay? Mamma mi ha spaventata. Che succede?-
-Devi stare tranquilla. Il panico è tuo nemico.- Mormorò. -Non appena sarai a casa i tuoi genitori ti diranno tutto.-
-Ne sei sicuro?-
-Si.- Affermò. -Non rifaranno lo stesso errore.-

Una volta varcata la soglia di casa, parte del nervosismo abbandonò il mio corpo. Attenzione però, ho detto 'parte', non tutto. Mamma e papà erano già seduti sul divano, posto sotto la grande finestra, ad aspettarmi. Girarono entrambi di scatto la testa verso di me, non appena mi videro, per poi balzare in piedi. 
-Che succede?- Mi portai un'unghia in bocca e cominciai a mordicchiarla. 
-Vieni a sederti.- Sorrise mamma. 
-Perché?- Feci un passo indietro e ripetei: -che succede?-
-Tesero, stai tranquilla.- Disse papà, porgendomi la mano. -Non devi mai farti prendere dal panico.-
-E come faccio se voi vi comportate così?-
-Vogliamo solo parlarti, stai tranquilla.-
Scrutai lo sguardo di papà e mi sembrò sincero, quindi presi un profondo respiro e mi andai a sedere trai due. 
-Come sta andando a scuola?-
-Volete parlare di scuola?- Squittii, incredula. -Non ditemi che mi avete fatta preoccupare per questo!-
-Phoebe, rispondi e basta.- Papà chiuse gli occhi per un attimo. -Per caso hai notato qualche comportamento strano, in qualche tuo amico, negli ultimi giorni?-
-Strani?- Le mani cominciarono a sudarmi. -Non saprei... strani in che senso?-
-Non ti viene in mente nulla? È andato tutto bene in questi giorni?-
-Perché non arrivate al dunque, invece di farmi scervellare? Che succede?-
-Phoebe- mamma mi prese una mano. -Che mi dici di Cameron?-
Spalancai gli occhi. -Cosa c'entra lui?-
-Vogliamo che tu ci parli di lui. Come ti sembra? Ha comportamenti sospetti?-
Restai a bocca aperta, senza sapere cosa dire. -Noi... abbiamo parlato oggi, dopo un po'.- Scossi la testa e cacciai via i brutti pensieri. -Ma perché stiamo parlando di lui? Che c'entra con Jack?-
-Jack è una storia a parte, tesoro.- Mormorò papà. -Abbiamo un'altro problema, oltre a lui.-
Lo supplicai, con gli occhi, di non dirmi che il problema fosse Cameron ma, papà, per tutta risposta, abbassò lo sguardo afflitto. 
-Non capisco. Che vuol dire tutto questo? Che c'entra Cameron?- 
-Cosa sai di questo ragazzo? Com'è?- 
-So che suo padre ha da poco trovato lavoro qui ed è per questo lui e tutta la famiglia si sono trasferiti a Seattle da una piccola cittadina che lui odiava.-
-Qual è?-
-Cosa?-
-La piccola cittadina da cui viene.-
Ammutolii e chiusi gli occhi. 
-Phoebe, tesoro, a parte il suo nome, di concreto cosa sai?- 
-Odia lo sport, ma il mattino presto, per tenersi in forma, va a correre.- Cercai di spremere le meningi per poterlo discolpare da qualsiasi assurda colpa i miei genitori gli avessero affibbiato. -È un anno più grande di me e non va pazzo per la pizza, ma per i dolci. Sua madre, sembra essere una donna davvero fantastica.-
-Sai il suo nome?- 
-Certo, si chiama Meredith.-
-È qual è il cognome di questa famiglia?-
Per la seconda o terza volta, restai senza parole. 
-Phoebe- sospirò papà. -Provvederò io stesso a mandare via da quella scuola quel ragazzo.-
-Che cosa?- Scattai. -Non puoi... non devi farlo! Il fatto che io non lo conosca bene è scaturito dal fatto che si è trasferito da poco!-
-È un ragazzo pericoloso.-
-Non è affatto vero!- Scacciai via dalla mente l'immagine di Cameron e Jeremy alla mensa. -State dicendo delle idiozie, e poi come fate a saperlo?-
Papà strinse le labbra. -Per la tua sicurezza, ho preferito fare delle ricerche su questo nuovo ragazzo.-
"Ovviamente." Incrociai le braccia, in attesa. 
-Il suo nome è Cameron Hughes e ha diciassette anni. Il 3 agosto ne compirà diciotto. Ciò che mi preoccupa, sono molti dati, di una relativa importanza, a non esistere. O meglio, esistono, ma neanche con il mio sistema riesco a trovarli.-
-Si chiama privacy.-
-C'è una sottilissima linea tra la privacy e il mentire, tesoro.-
-Che vuoi dire?-
-Oltre ad essere una persona violenta, potrebbe essere un sospettato. Troppo cose, della sua famiglia, non mi tornano.-
-Perché continui a dire che è violento? Non lo conosci neanche.-
Non ci capivo più niente e, al tempo stesso, cominciavo a capire tutto.
-Una cosa alla volta, tesoro. Ti ha mai parlato di un fratello?-
Alzai lo sguardo di scatto. -No, mi ha detto di essere figlio unico.-
-Stanno nascondendo qualcosa, Phoebe. È per questo che devo allontanarlo da te.-
-Ha fratelli...?-
-Uno. Ma, secondo le mie ricerche, sembra che sia morto in un incidente stradale. In macchina c'era tutta la famiglia, eppure l'unico deceduto è stato il bambino.-
-Ti sembra strano che sia deceduta solo una persona?-
-Mi sembra strano che di questa storia non ne abbia mai parlato nessuno. Non c'è nessun giornale, nessun sito web, di cui si parli di questo tragico giorno. Tutto questo non quadra. Il padre di Cameron, sembra avere anche un fratello, di cui non si hanno notizie.-
-Cameron questo me lo aveva detto! Suo zio e suo padre non si parlano più ormai da anni.- 
-Cameron ti sta mentendo su tutto, Phoebe.-
-Lo conosco da troppo poco, non puoi allontanarlo perché mi ha mentito sul fatto di avere un fratello. Lo ha perso. Non puoi fargliene una colpa.-
-Non è questo ciò che mi preoccupa di più. Ho saputo che ha avuto una rissa, a scuola. È vero?-
-Si, ma questo non vuol dire che...- 
-Phoebe.- Esclamò papà. -È stato messo ai domiciliari per un anno intero, per aver mandato in coma un ragazzo che, fortunatamente, si è risvegliato pochi giorni dopo. Sembra essersi immischiato in una rissa finita tragicamente.-
E ad un tratto, le sue parole... "Ho avuto un grande senso di sopportazione per un po', ma poi non ce l'ho più fatta." ebbero un senso.

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Capitolo 21
*** VICOLO CIECO? ***


"Respira, Phoebe." Continuava a ripetermi il mio cervello. "Prendi un profondo respiro. Calmati."
-Tesoro, mi dispiace così tanto...- mormorò papà, in ansia. -Avrei dovuto fare delle ricerche su di lui già da molto prima.- 
-C'è uno psicopatico che gira in libertà. E tu ti preoccupi dei ragazzi che frequento?-
Papà spalancò gli occhi. -Certo che me ne preoccupo, Phoebe. Guarda cosa ne è venuto fuori.-
-Non puoi cacciarlo dalla scuola solo perché hai scoperto che è stato messo agli arresti, papà.-
-È pericoloso.-
-Allora dovresti cacciare via dalla scuola centinaia di ragazzi. Non è così che funziona. Tu non sai niente. Magari se n'è pentito.-
-Phoebe...-
-No, aspetta. Fammi a finire.- Presi un profondo respiro. -Non voglio che tu lo cacci dalla scuola. Non è giusto. Però, ti posso assicurare che io e lui abbiamo chiuso. Non gli rivolgerò più la parola e se dovesse continuare ad avvicinarsi, gli farò capire chiaro e tondo che non voglio avere più niente a che fare con lui.-
Papà si scambiò un'occhiata preoccupata con mamma e poi acconsentì. -D'accordo. Ma se dovesse importunarti, voglio che tu me lo venga a dire.- 
-Okay.- Sospirai, balzando in piedi. -Credo che andrò a dormire, adesso.-
-Ma la cena è quasi pronta.- 
-Non credo che sia una buona idea mangiare in questo momento, e...- lanciai un'occhiataccia a papà. -Prima che tu me lo dica, farò una colazione super abbondante, domani.- 
Mi diressi verso le scale ma, la voce di papà, mi fermò. -Phoebe!- 
-Cosa?-
-Mi dispiace tanto...-
-Già.- Lo fissai. -Anche a me.- 

Mi assicurai che la porta della mia camera fosse ben chiusa a chiave e che mamma e papà stessero cenando, prima di telefonare a Sarah. Lei rispose al secondo squillo.
-Phoebe! Allora? Cos'è successo?-
Io avrei davvero voluto risponderle ma, per quanto ci stessi provando, dalla mia bocca non uscii alcuna parola. Come facevo a spiegarle, dopo che, tra l'altro, stava organizzando il matrimonio con il ragazzo in questione, che in realtà Cameron ci aveva mentito su tutto?
-Phoebe? Mi senti? Stai male?- Chiese, allarmata. -Non... non spaventarmi. Cosa ti hanno detto i tuoi genitori?-
-È tutto così ingiusto, Sarah.- Bisbigliai, trattenendo a stento le lacrime. 
-Ehi, Phé! Andrà tutto bene, non avere paura.-
-No, no, no!- Mi presi la testa tra le mani. -Sta andando tutto a rotoli.-
-Phoebe, ascoltami. Concentrati sulla mia voce.- Disse Sarah, cercando di mantenere la calma. -Qualsiasi cosa ti abbiano detto i tuoi genitori non deve farti andare in panico. Stiamo parlando anche di tuo padre, cavolo! Ricordi quando sei caduta da quell'albero? Tua madre me lo racconta sempre. Probabilmente avrebbero dovuto ricoverare tuo padre piuttosto che te. Non lascerà che ti accada qualc...-
-Jack non c'entra nulla con ciò che mi hanno detto.-
Dall'altro capo del telefono ci fu una piccola pausa. -E allora di cosa si tratta?-
-Io non...- mi bloccai e mi passai le mani sugli occhi. -Senti, Sarah. Lo so che è tardi, ma... non potresti venire a dormire qui da me? Chiedo a qualcuno di venirti a prendere, se vuoi. Ti prego, ho bisogn...-
-Certo.- Mi bloccò lei. -Stavo solo valutando come stessi. Sarei venuta senza che tu me lo chiedessi. Mio padre è già pronto per accompagnarmi. Sarò da te tra pochissimo. Stai tranquilla.-
-Okay...- sussurrai. -Ti aspetto.-

Dopo il dettagliato racconto sulla vera vita di Cameron, Sarah restò —per la prima volta in vita sua— senza parole. Per tre secondi, al massimo. 
-Non ci credo! Non è assolutamente possibile! Cameron non mi ha mai dato l'aria di essere un tipo violento. Nemmeno quando mi hai detto che aveva preso a pugni Jeremy. Devo esserci una spiegazione, Phoebe! Non puoi farti influenzare da questo.-
-Mi ha mentito su tutto, Sarah!- Esclamai, sbigottita. -Lui non voleva andarsene dalla città in cui viveva perché non gli piacevano le persone, ma perché non si piaceva lui stesso!-
-Questo non puoi dirlo! Scusa Phoebe, ma devo difenderlo. E no, non perché voglio che tra voi due funzioni, ma perché, tu e tuo padre, siete stati ingiusti nei suoi confronti.-
-Ingiusti?!-
-Senti, io capisco che tuo padre si preoccupi per te, ma non è giusto che vada a frugare nelle vite degli altri. Okay, probabilmente nessuno di noi poteva di certo aspettarsi che il dolce Cameron potesse essere finito ai domiciliari ma pensaci, vi conoscete ancora da pochissimo. Neanch'io, se fossi stata al suo posto, avrei condiviso con te quest'informazione. E lo stesso vale per suo fratello. Di certo non andrà fiero di essere finito ai domiciliari e forse, ha omesso questa parte e ne ha aggiunta un'altra, per poter valutare la tua reazione. Cosa ti aspettavi che ti dicesse? "Ehi, ciao, Phoebe! Adoro questa città, sognavo da un sacco di scappare da quella in cui ero costretto a vivere e sai perché? Ho mandato un ragazzo in coma e sono finito ai domiciliari."-
Restai in silenzio. In effetti, la teoria di Sarah, non aveva nessuna piega, eppure... non riuscivo a spiegare come, ma mi sentivo pur sempre tradita.
-Ho promesso a mio padre che avrei tagliato ogni ponte con lui...-
Sarah spalancò gli occhi. -Tu hai fatto cosa?!-
-Lo so cosa stai per dire.- La bloccai. -Ma se non lo avessi fatto, mio padre lo avrebbe cacciato via dalla scuola.-
-Quindi tu glielo hai detto solo per evitare che lo cacciasse via, non è così? Non è che hai veramente intenzione di non parlargli più... giusto?-
La fissai in silenzio, cosa che, giusto per essere chiari, la irritò non poco.
-Ma ti ha dato di volta il cervello, Phoebe!?!- Esclamò. -Non puoi piantarlo così, specialmente ora che avete chiarito.-
-Io non so se debba fidarmi o meno, Sarah- confessai. -Non lo so cosa devo fare. In questo momento, nel mio cervello c'è solo confusione. Sono spaventata ma, allo stesso tempo, non lo sono. Lo hai detto anche tu: lo conosco da troppo poco. Cameron potrebbe rivelarsi per ciò che mio padre pensa che sia, così come potrebbe rivelarsi ciò che noi pensiamo che sia. Ma come faccio a prendere una decisione, adesso?-
-Non hai nessuna decisione da prendere, Phoebe. Non è un serial killer. Se la scuola lo ha ammesso, di sicuro è a conoscenza di questo suo precedente perché...-
-Ne sei davvero sicura?-
-Al 99%.- Rispose lei, prontamente. -Sarebbe stato un motivo in più, per tuo padre, per cacciarlo via. Non ci avrebbe messo nulla ad incastrarlo. Pensaci.-
-In effetti hai ragione.- Mormorai pensosa. -E quindi cosa devo fare?-
-Continuare come se tu non sapessi nulla. Te lo dirà lui, quando sarà pronto.-
-Non devo dirgli nulla?-
-Certo che no! Sei stupida, per caso? Se glielo dicessi, sarebbe tuo padre a finire nei guai. Non so se ti sei mai fatta due conti, ma la tua famiglia non è immune alle leggi.-
-Ma io...-
-Phoebe!- Mi bloccò lei. -Dovete continuare come avete sempre fatto. Sono sicura che lui ti spiegherà tutto, prima o poi. Ora c'è solo da chiedersi se tu non stia usando questa scusa per tirarti indietro.-
-Adesso cominci ad essere davvero stronza, Sarah.-
-Voglio solo capire. E aiutarti, anche. Lui ti rende un'altra persona.-
-Perché devi esagerare come al solito?- Piagnucolai.
-E tu perché non puoi mai accettare la realtà per com'è?-
-Io non voglio dover mollare tutto.- La guardai seria negli occhi. -Ma mio padre m'impedirà di vederlo. E se non rispetto ciò che ho promesso, lo caccerà via lui.-
-Taylor e Luke ti seguiranno anche a scuola?-
-Non lo so. L'importante, ho detto a mio padre, è che non mi stiano addosso. Io non voglio neanche vederli, ma è questo il problema. In un modo o nell'altro, sono loro a vedere me.-
Sarah si massaggiò la testa, in cerca di un'idea che potesse aiutarmi. -Non puoi parlare con i tuoi e dirgli come la pensi?-
-Non mi ascolterebbero. Sono troppo spaventati per farlo.-
-E Taylor?-
-Neanche lui credo che sarebbe d'accordo ma, anche volendo, è pur sempre un dipendente di mio padre, non posso metterglielo contro.-
-Allora siamo in un vicolo cieco.-
-Ma tu credi davvero che Cameron mi parlerà di ciò che gli è successo veramente in quella città? Potrebbe sapere un sacco di cose che mio padre non è riuscito a trovare.-
-Credo che tu debba dargli solo un po' di tempo e lui, invece, debba riuscire a vedere in te qualcuno di cui possa fidarsi veramente. Forse è anche spaventato da tutta questa tua ricchezza.-
-E quindi che cosa dovrei fare? Andare a vivere sotto un ponte per fargli capire che può fidarsi di me?-
-Non essere stupida.- Brontolò lei, alzando gli occhi al cielo. -Ci faremo venire in mente qualcosa ma, fino ad allora, se vorrete parlare, dovrete stare là dove nessuno può vedervi.-
-Non posso farlo, Sarah. Desterei sospetti.-
-Che ne dici del bagno dei professori?-
-Ah sì? E con che scusa glielo dovrei portare, se non posso dirgli ciò che so?-
-Hai ragione. È un'idea stupida ma non so cosa potresti fare, per non essere vista.-
-Sono in un vicolo cieco...- ripetei le stesse parole di Sarah. -Dannazione.-

Non dormii quella notte, ovviamente. Avevo troppi demoni da affrontare e, il mostro che era venuto ad abitare sotto il mio letto, non mi aiutava per niente.
-Sarah?-
-Mh...- mugugnò lei, rigirandosi nel letto. 
-Sei sveglia?-
-Solo per questa volta.-
-Cosa succederà a scuola?-
Sarah si sedette e socchiuse gli occhi con un mugolio infastidito, non appena la luce del cellulare l'accecò. -Ho pensato a cosa potresti fare.-
-Quando?- Spalancai gli occhi. -Dio ti è apparso in sogno?-
-Simpatica.- Borbottò, venendosi a sedere nel mio letto. -Puoi parlare con i tuoi genitori, domani, e dir loro quello che io ho detto a te.- 
-E cos'è che hai detto a me?-
-Che anche voi dovete rispettare le leggi. Dirai ai tuoi genitori che cercherai di allontanarti passo dopo passo da Cameron perché potrebbe sospettare di qualcosa se tu ti allontanassi all'improvviso e, visto e considerato che tu non puoi dirgli nulla, è meglio non rischiare.-
-Già, certo. Mio padre mi direbbe di non preoccuparmi di questo.-
-E tu ribadisci sul fatto che le leggi valgano anche per lui. Non puoi lasciare che lo cacci via o chissà cos'altro.-
-Non succederà.- Confermai. -E la tua idea potrebbe funzionare. Ma che cosa farò quando verrà a sapere che non sto facendo nulla per allontanarlo?-
-Per ora facciamo un passo alla volta. Ti va? Il mio cervello non può elaborare così tanto, sono appena le tre del mattino.-
-Hai ragione.- Sospirai. -Mi dispiace di averti svegliata.-
-E a me dispiace di non essere Cameron.- Rise, mettendosi sotto le coperte.
-Che intendi?-
-Che a quest'ora voi due sareste a parlare come se fossero le tre del pomeriggio e non del mattino.-
-È vero.- Risi, prima di arrivare a capire quale fosse il motivo dell'insonnia notturna di Cameron.
-Se vuoi chiamarlo, fa' pure.- Disse la mia amica. -Non te lo impedirò.-
-No- mormorai. -Non tiriamo troppo la corda.-
-Allora dormi.-
-Buonanotte, Sarah.-
-Per quel che resta, "buonanotte" a te, Phoebe.-

-Buongiorno!- Esclamai, arzilla. -È pronta la mia super colazione?-
Mamma e papà, prima di rispondermi, si lanciarono uno sguardo preoccupato, poi mamma disse: -buongiorno a te, tesoro. Dormito bene?-
-In realtà non ho chiuso occhio, questa notte.- Mi accomodai difronte a loro e, dopo essermi presa un pancake, lo cosparsi di sciroppo d'acero. -Però ho fatto qualcosa di produttivo. Ho pensato.-
Papà si guardò intorno, a disagio, prima di chiedermi dove fosse Sarah.
-Sta ancora dormendo.- Risposi. -Prima ora buca, stai tranquillo.-
-A cosa hai pensato?-
-A quello che devo fare con Cameron.-
-Non c'è nulla da fare.- Il tono di papà si alzò leggermente. -Hai promesso che lo avresti allontanato. Non voglio che quel ragazzo ti stia attorno.-
-Si, ma non posso allontanarlo così di botto.-
-Certo che puoi, ma se ti viene difficile posso mandarlo io via. Non devi fare altro che dirmelo, Phoebe!-
-No, papà. Non puoi farlo neanche tu.- Risposi, lanciando un'occhiata a mamma. -Le ricerche che hai fatto su Cameron e la sua famiglia... potrebbero denunciarti, se venissero a saperlo. Lo sai, vero?-
-Queste non sono cose di cui tu debba preoccuparti.-
-Guarda che la legge vale anche per te! Non puoi rischiare così tanto solo perché vuoi allontanarlo il più possibile da me. Te lo ripeto, dovresti mandare via quasi la maggior parte dei ragazzi presenti nella mia scuola, allora. E non puoi farlo.- Aggiunsi. -Mi allontanerò gradualmente, in modo che lui non sospetti di nulla. Ma non voglio che tu interferisca. È già abbastanza brutto così.-
-Non è brutto. È per la tua sicurezza.-
-Credo che tutti sbaglino.- Mamma abbassò lo sguardo, a sentire queste parole. -Magari se n'è pentito. Tu non puoi saperlo.-
-No, non posso saperlo. Ma ora come ora, con tutti i problemi presenti, vorrei che tu gli stessi il più lontano possibile. Devo saperti al sicuro e non mi è tanto facile sapendo che nella tua scuola è presente un...-
-Christian, smettila.- Lo interruppe mamma. -Ha detto che si allontanerà. Ora smettiamola con questa discussione.-
Papà spalancò la bocca e vidi nascere una scintilla nei suoi occhi, chiaro segno che dopo avrebbero avuto una di quelle liti toste. Io, invece, guardai mamma riconoscente. Forse, avevo trovato un alleata.

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Capitolo 22
*** SOSPETTATA ***


POV'S ANASTASIA
Non appena Phoebe se ne fu andata, Christian smise di parlarmi. Sapevo quanto gli fosse bruciato il fatto che gli avessi detto di piantarla, ma non poteva comportarsi in quel modo. Lui, tra tutti, doveva sapere bene cosa si provasse nel perdere il controllo. 
-Adesso non mi parlerai più per tutta la giornata?- Tentai, osservandolo attentamente. -Tua figlia ha ragione, Christian. Tu non lo conosci quel ragazzo.-
-E tu si, invece?- Scattò. -Potrebbe farle del male. Ci sono troppe cose che non sappiamo di lui.- 
-È vero. Potrebbe. Ma potrebbe anche renderla felice. Dimostrarsi molto diverso dal ragazzo che perse il controllo per un attimo.-
Una scintilla si accese negli occhi di mio marito. -Che vuoi dire con 'renderla felice'?- Strinse gli occhi a due fessure. -Non penserai che mia figlia e quel tizio possano essere...-
-Quel 'tizio'- lo bloccai, alzando gli occhi al cielo. -Si chiama Cameron. Non so cosa ci sia tra lui e Phoebe, ma lei mi sembra più...-
-Non provare a dire felice. È fuori discussione.-
-Perché ti comporti così, Christian?- Sospirai. -Tu, più di chiunque altro, dovresti sapere cosa si prova a perdere il controllo.-
-Questa è tutta un'altra cosa!-
-Non puoi saperlo!- Decisi di non mollare. -Io non dico di non controllarlo, ma Phoebe è già seguita 24 ore su 24. Taylor, Luke o chiunque altro la seguirà, vedrà immediatamente se Cameron, come tu sospetti, ha delle cattive intenzioni.-
-Ma è finito ai domiciliari, Anastasia! Ha mandando in coma un ragazzo!-
-Ed è stata punito. Per ben un anno.- Gli ricordai. -Tre volte alla settimana si è occupato dei compiti che andavano svolti in città e, ancora oggi, frequenta delle sedute per la gestione della rabbia.-
-E che cosa succederebbe se dovesse perdere il controllo quando è con Phoebe? Ti ricordo che ha anche picchiato un ragazzo, a scuola.-
-Luke e Taylor seguono Phoebe proprio per tenerla al sicuro, Christian, e questo lo sai anche tu. Non puoi tenerla in una campana di vetro solo perché hai paura.-
-Quindi dovrei lasciarla mettere in pericolo?!-
-Dovresti farle fare le sue esperienze.- Sospirai. -A tenerla al sicuro ci penseranno Luke e Taylor.-
-Come fai ad esserne tanto sicura?-
-Perché tu sei suo padre e perché mi fido della vigilanza che c'è su di lei.-
-Io voglio solo che...- la sua voce si incrinò. 
-Lo so.- Gli afferrai la mano e gli sorrisi rassicurante. -Lo so che vuoi che non le capiti nulla di male ma, come ti ha già detto lei, allora dovresti allontanarle un sacco di persone presenti in quella scuola. Christian, ciò che leggi non sempre determina il ragazzo.-
Lui aggrottò le sopracciglia e abbassò lo sguardo, pensieroso. Il mio piccolo bambino smarrito era tornato. 
Mi avvicinai a lui e gli cinsi le spalle. -Vedrai che andrà tutto bene.- Gli baciai uno dei lobi. -Te lo prometto.-

POV'S PHOEBE
-Sarah, svegliati!!-
-Che diavolo succede?- Esclamò lei, con una voce leggermente velata di sonno. 
-Forse mia madre è dalla mia parte! Non vorrei sbagliarmi, ma credo che lei non sia d'accordo con ciò che pensa mio padre su Cameron!-
Sarah spalancò gli occhi. -Ma allora è come se la faccenda si fosse già risolta! È fantastico, Phoebe!-
-Non cantiamo vittoria troppo presto. Ho detto 'forse'.-
-Allora devi parlarle e accettartene.-
-Lo farò.- L'assicurai. -Ma devo trovare il momento giusto in cui è da sola.-
Sarah mi guardò male. -E suppongo che questo momento giusto sia dopo la fine della scuola.-
-Probabilmente anche dopo danza.- L'avvisai. -Ma stai tranquilla, non mi tirerò indietro. Hai ragione, Cameron non può essere davvero ciò che mio padre pensa che sia. È impossibile.-
-Quindi non mollerai?-
-No.- Le sorrisi leggermente. -Non lo farò.-

-Grazie mille per il passaggio, Taylor!- Squittì Sarah, scendendo velocemente dalla macchina, per andarsi a fiondare tra le braccia di Alexander. 
Sembrava che quei due non si vedessero da mesi e invece non era passato neanche un giorno. Ma che cosa potevo capirne io? 
Alzai gli occhi al cielo e scossi la testa, prima di rivolgermi a Taylor. -Ma tu e Luke dove state mentre aspettate che le mie lezioni finiscano?-
Taylor sorrise enigmatico e mi passò la borsa. -Che t'importa? Hai chiarito bene che non vuoi sapere dove stiamo.-
-Okay, hai vinto tu. Ci vediamo dopo?-
-Certo, stai attenta.-
Feci per aprire la portiera della macchina, ma mi bloccai e mi rigirai verso di lui. -Anche tu pensi che Cameron sia pericoloso?-
Taylor alzò le sopracciglia, sorpreso. -Non mi ha dato quest'impressione, la prima volta che l'ho visto, ma ora...-
-Non devi cambiare la tua opinione solo per quello che hai saputo! Quello era il suo passato.-
-Vorrei poterti credere, Phoebe. Ma ha anche aggredito un ragazzo a scuola, lo sai bene.-
-Si, ma quello che nessuno di voi si è chiesto è il perché della sua azione.- Risposi. -Vuoi sapere perché l'ha fatto?-
Taylor restò in silenzio, in attesa. 
-Uno dei ragazzi del mio gruppo mi ha dato della troia.- Afferrai la maniglia della portiera e l'aprii. -Più e più volte mi ha accusata. Cameron non ha retto più e, dopo averlo avvisato di stare lontano, lo ha colpito.- Presi la mia borsa e scesi dalla macchina, non prima di ammirare il viso sbigottito di Taylor. 
-Come mai ci hai messo così tanto?- Mi chiese Sarah. 
-Ciao Alex.- 
-Ciao, dolcezza!- 
-Stavo solo chiarendo alcune cose a Taylor.- Risposi a Sarah. 
-E...?-
-E mancano due minuti al suono della campanella, quindi vi lascio, piccioncini. Ci vediamo dopo in classe.-
Mi diressi verso l'entrata, senza aspettare la loro risposta. Ero felice per Sarah, ma non avrei fatto il terzo in comodo per lei. Era proprio fuori discussione.
-Ciao, Phoebe!- Esclamarono due ragazze, senza neanche fermassi. 
-Ciao a voi...-
Quando arrivai al mio armadietto, vidi la figura di Mathew che mi aspettava. Non appena mi vide, infatti, esclamò un sonoro e nervoso: -Ciao, Phoebe!-
Lo squadrai dubitante e poi gli rivolsi un sorriso tirato. -Ciao, Matt.-
-Possiamo parlare?-
-Veramente ho...-
-Ti ruberò solo un minuto!- Mi bloccò. -Per favore.-
-Okay, parla.-
-Io...- si passò una mano tra i capelli e si guardò intorno a disagio. -Volevo chiederti scusa. Mi sono comportato da stronzo. Non so bene cosa mi stia succedendo in questo periodo e ovviamente questa non è una scusa ma volevo dirti che mi dispiace per ciò che ti ho detto. A modo mio stavo solo scherzando non volevo insinuare niente ma...-
-Matt, respira!- Esclamai, bloccandolo. -Non capisco niente se parli così veloce.-
Lui prese un profondo respiro e mi guardò negli occhi. Le sue pupille erano così dilatate che riuscivo a scorgere solo una sottile striscia marrone. -Mi dispiace. Sono stato uno stronzo. Non avrei dovuto dirti quelle cose.-
Sorrisi leggermente. -No, non avresti dovuto.-
-Non è che io voglia il tuo perdono o cose del genere.- Rise nervosamente. -Lo so che mi sono spinto oltre, ma volevo solo farti sapere che me ne sono pentito. Mi sono già scusato anche con Cameron.-
-Davvero?-
-Oh, sì, certo. Le scuse le dovevo anche a lui.- Mormorò. -E forse dovrei anche scusarmi da parte di Jeremy.-
-Non penso di poter essere così fortunata con lui. Ma perché sei diventato suo amico?-
-Perché lui non è così cattivo come sembra. Non avrei mai pensato di arrivare a dirlo, ma è così. Mi ha aiutato quando ne avevo bisogno.-
-Allora adesso dovresti essere tu ad aiutare lui, non credi?-
-È quello che ho intenzione di fare.-
La campanella segnante l'inizio della seconda ora, suonò per la seconda volta, facendo arretrare Mathew. 
-Beh, passa una buona giornata, Phoebe.-
Si era già avviato verso la sua classe, ma io lo bloccai con un sonoro: -Matt, aspetta!-
-Si?-
Il suo viso pentito mi fece sorridere. -Considerati perdonato.-

-Ricordatevi che il test della prossima settimana sarà su questi due argomenti, ragazzi!- Esclamò la professoressa, non appena suonò la campanella. -Studiate!-
-Hai già visto Cameron, oggi?- Mi chiese Sarah, già pronta, con i libri in mano.
-In realtà no, ma ho visto Mathew.-
-Mathew?- Ripetè lei, sbigottita. -Aspetta, ti ha infastidita di nuovo? Perché se è così andrò direttamente...-
-Ei, ei, ei, piano!- Risi. -Non ha fatto nulla di male, si è solo scusato. E mi è sembrato sincero.-
-Davvero?-
-Si, davvero.- Afferrai la mia borsa e mi alzai. -Quindi non preoccuparti. Adesso è tutto okay.-
-Quindi l'hai perdonato? Sei seria?-
-Te l'ho detto: sembrava sincero. E poi...- aggiunsi. -Mi ha anche detto di essersi scusato con Cameron.-
-Aah!- Rise lei. -Adesso si spiega tutto.-
Le lanciai un'occhiataccia, facendola ridere solo di più. -Piantala.-
-Su, andiamo. Andiamo a cercare l'amore della tua vita.-

Intravidi subito la chioma scura di Cameron, non appena andai in mensa. Sarah, nel frattempo, si era ricongiunta con la sua 'dolce metà' e mi aveva lasciata sola ad affrontare la situazione. Ovviamente. 
In quel momento, mi sentivo come se stessi rivedendo Cameron dopo tanto tempo. Ero spaventata, felice, arrabbiata e mi sentivo in così tanti modi diversi che quasi non mi scoppiò la testa —e il cuore, per quel che importa—. Anche lui era implicato visto che, come al solito, aveva accelerato il suo battito, come se avessi corso per una maratona.
-Ehi, Phoebe!- Lisa mi affiancò, insieme a Caroline, facendomi spaventare. -Stai bene? Sei bianca da far paura.-
Scossi la testa e feci ritorno sul mondo terreno. -Si, certo. Ciao, ragazze!-
-Non sembra affatto.- Caroline mi guardò male. -Fai davvero paura.-
-È solo che oggi è stata una giornata pesante.- Mentii. -Un buon pranzo e tutto passerà.-
Dannazione. Da quand'è che non riuscivo più a nascondere le mie reazioni?
-Allora ti terremo d'occhio.- Rise Lisa. -Non vorrei che svenissi.-
Alzai gli occhi al cielo e feci un paio di passi avanti. -Non succederà, state tranquille.-
-Meglio prevenire che curare, no?-
Lanciai un'occhiata a Cameron; aveva già preso il suo pranzo e si stava dirigendo verso il suo tavolo, con alcuni amici. 
-Ho già Sarah e i miei genitori, a controllarmi.- Risi. -Quindi non preoccupatevi, davvero.-
-Mh...- mormorò, Caroline. -E il ragazzo che ti stai mangiando con gli occhi non si preoccupa per te? Com'è che si chiama...?- 
-Cameron, mi sembra.- Rispose Lisa, prontamente. -È il ragazzo che ha preso a pugni Jeremy.-
Il mio viso prese a fuoco in un nano secondo. -Che diavolo dici?! Non me lo sto mangiando con gli occhi!-
-Non c'è nulla di male e... oh mio Dio!- Esclamò all'improvviso. -Ti sta guardando, Phoebe!-
Mi girai verso la direzione in cui lo vidi andare e constatai che Caroline aveva ragione: mi stava guardando. Non appena si accorse che anch'io lo vidi, infatti, il suo viso si aprì in un sorriso e mi salutò con la mano. 
Gli sorrisi leggermente e gli feci un cenno della testa, osservandolo attentamente. Ero sempre più sicura del fatto che lui non potesse essere cattivo. Era impossibile.

Non appena riuscii a liberarmi di Lisa e Caroline, e delle loro assurde battute, mi diressi —un po' titubante, lo ammetto— verso il tavolo di Cameron. "Forza, Phoebe!" Mi incitò il mio cervello. "Ce la puoi fare."
-Ciao, ragazzi!- Posai il mio vassoio accanto a quello di Cameron, che mi sorrise. -Tutto bene?-
-Oh, solite noie.- Sbuffò Finn, spiluccando il suo cibo. -È cominciata ancora da pochissimo la scuola e la maggior parte degli studenti vorrebbe già suicidarsi.-
Ridacchiai e mi sedetti vicino a Cameron. Adoravo Finn: era uno di quei nerd super intelligenti ma con un alto tasso di umorismo. 
-Beh, possiamo sopravvivere.- Guardai Cam, sorridendo. -Come abbiamo sempre fatto.-
-Facile per te, sei ancora al terzo.-
-E voi ancora al quarto.- Gli lanciai un'occhiataccia. -Non fare il melodrammatico.-
I ragazzi scoppiarono a ridere, mentre Cameron, scosse la testa divertito. Poi mi fissò per un minuto, inarcando un sopracciglio. 
-Che c'è?-
-Stai bene? Sembri pallida.-
"Merda!" -Si, si. Sto benissimo.- Mi sistemai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. -Non posso farci nulla. Ho preso questa carnagione da mia madre.-
Lui fece un leggero sorriso, senza aggiungere altro, ma non ero sicura che mi avesse creduta.
-Ehi, Phoebe. Ho un favore da chiederti.-
Addentai una fetta di pane e fissai Alaric. -Chiedi pure, vedrò cosa posso fare.-
-Ho notato che hai due nuove amiche.- Fece un sorrisetto. -Mi ha colpito molto la rossa. Me la presenti e magari metti una buona parola per me?-
-Chi? Sarah?- Chiesi, innocentemente. -Lo sai che è già occupata. Non vorrai mica fare incazzare Alex, vero?-
-Non parlavo di lei.- Sbuffò. -Lo sai bene. Dai, ti prego, fammela conoscere.-
-Vedremo che posso fare.- Risi. 
Il pranzo fu piuttosto tranquillo e altrettanto divertente. Fu piacevole restare con i nuovi amici di Cameron. Almeno fino a quando non iniziarono ad andarsene. Mancava ancora un quarto d'ora al suono della campanella che avrebbe stabilito la fine della pausa pranzo, eppure, tutti gli amici di Cameron, avevano già iniziato ad andarsene, lasciandoci soli. Questo, mi rese parecchio nervosa. 
-Ieri notte ho cominciato una nuova serie TV.- Disse Cameron, sorridendomi. -Si chiama Lost. (SCUSATE, È LA PRIMA CHE MI È VENUTA IN MENTE.) La conosci?-
Mi girai verso di lui, intimorita. -Certo. Dovrei avere tutte le serie in DVD.- Mormorai. -Ma ogni tanto dovresti cercare di dormire.- 
Cameron sbuffò. -Insomma, mi vuoi dire cos'hai? Credevo che ieri avessimo chiarito.-
-E infatti è così. Abbiamo chiarito!-
-E allora qual è il problema? Sei strana.-
Spalancai gli occhi. "Dannazione." -Non lo so. Non mi ero accorta di essere strana.-
Lui sorrise alla mia risposta. -Sono serio. Va tutto bene?-
 -Finora si. E spero che continui ad essere così.- Mormorai. -Vieni con me all'armadietto?-
-Certo.- Rispose, sorpreso. -Che fine ha fatto Sarah?-
-È con Alex.- Sbuffai. -È sempre con Alex.-
-Beh, suppongo che le relazioni siano tutte così se si è innamorati.- Rise lui. -Non puoi farci niente.-
-Già. E mia madre e mio padre sono ancora peggio.-
-Per quanto possa essere vomitevole, Phoebe, è anche bello. Si amano e non c'è cosa più bella.-
-Okay, ti prego.- Chiusi gli occhi. -Non cominciare a fare il filosofico.-
-È una delle mie materie preferite, la filosofia. Come non potrei?-
Alzai gli occhi al cielo e aprii l'armadietto. 
-Ho saputo che c'è una festa in piscina, questo fine settimana.- Mi informò. -Per dire addio all'estate.-
Lo guardai diffidente. -Si... e allora?-
-E allora ci vai?-
-Credo di sì.-
Lui fece un sorrisetto e incrociò le braccia. -Allora potremmo andarci insieme. Tranne nel caso in cui vorresti fare il terzo incomodo.-
-Che razza di stronzo!- Esclamai. -E poi, mi sembrava di aver capito che le feste non ti piacciono.-
-È vero. Ma questa cosa della piscina mi intriga.-
-Si, certo. E il vero motivo qual è?-
-Dovrei dare una possibilità alle feste.- Quando vide l'occhiataccia che gli avevo lanciato, si arrese. -Okay, okay. Ho fatto uno scommessa con Finn e Derek, e ho perso, ovviamente. Quindi la mia penitenza è quella di venire alla festa.-
-Wow! Avrei dovuto pensarci io, prima.-
-Simpatica.- Borbottò. -Ma potrei fingermi malato.-
-Non sei davvero costretto a venire, Cameron. Ma, anche se questo non ti farà cambiare opinione, le feste in piscina sono davvero divertenti. Non si beve tanto quanto in una festa normale e potresti andartene in qualsiasi momento.-
-Tu dici?-
-Beh, mettila così: c'è qualcosa a cui non puoi rinunciare, per cui non puoi restare a casa.-
-Ah, si? E qual è?-
-Potrai vedere le ragazze in bikini.- Gli feci l'occhiolino. 
Lui mi guardò a bocca spalancata, per poi scoppiare a ridere. -Wow, adesso sì che ci vengo!-
-Occhio.- "Phoebe, fermati." -Si guarda ma non si tocca. Non sono ammessi i cattivi ragazzi.-
Non appena quelle parole lasciarono la mia bocca, avrei voluto ritirarle indietro. Il cuore riprese a battermi velocemente ma, questa volta, per la paura. 
Cameron, al contrario, rise alle mie parole. -Stai tranquilla. Non sono un cattivo ragazzo.-
Gli sorrisi nervosamente. -Già. Lo so.- Sbattei, forse con troppa violenza, l'anta del mio armadietto, facendolo spaventare. -Non ne hai l'aria.-
Ed era così. Non poteva che essere così.
-Continui ad essere strana.- Borbottò, prima che la campanella suonasse. -Spero davvero che sia tutto okay.-
-Lo è!-
Lui mi scrutò attentamente e poi sorrise. -Allora ci vediamo dopo.- Mi baciò la guancia. -Cerca di essere più convincente.-

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Capitolo 23
*** NON TIRARE LA CORDA, PHOEBE ***


-Non ho idea di cosa mi stia succedendo, Sarah!- Ammisi, alla fine delle lezioni. -Non lo so, mi sembra di impazzire.-
-Sei solo confusa, Phé. È normale che, dopo la notizia bomba che tuo padre ti ha sganciato, sei un po' incerta su Cameron.-
-E quindi che devo fare?-
-Darti una calmata e prendere un bel respiro.- Mi afferrò per le spalle e mi guardò seria. -Non farti prendere dal panico, ma lui sta venendo verso di noi.-
-Cosa?!- Spalancai gli occhi. -Oh, cavolo. No!-
-Stai tranquilla, comportati normalmente. Sta per arrivare.- Fece un'enorme sorriso. -Ehi, Cameron!-
-Ciao, Sarah. Tutto okay?-
-Alla grande. E tu?-
Cameron mi sorrise e poi tornò a focalizzarsi su di lei. -Non mi lamento.-
-Non ti è concesso farlo, in questa scuola.- Scherzai. -Molti dei professori sono una vera spina nel fianco.-
-Oh, posso confermare eccome.- Approvò. -Credo che il professor Bailey mi abbia già preso in antipatia.-
-Allora sei fregato.- Rise Sarah. -Non ho mai avuto una lezione con lui, ma girano voci terribili.-
-Grazie, Sarah. Adesso mi sento meglio.-
Lei scoppiò a ridere. -Mi dispiace, sono solo realista!-
-Già, l'ho notato.- Rise. -Beh, comunque è meglio così.-
-Certo che lo è. Io sono un'amica perfetta.- Quando vide che alzai gli occhi al cielo, mi diede una gomitata e disse: -ma ci sono persone troppo poco intelligenti, per poterlo capire.-
-Sono sicuro che queste persone siano solo troppo orgogliose per ammetterlo.- 
-Okay, okay.- Li bloccai. -La smettete di parlare come se non ci fossi? Io non sono orgogliosa e tu, Sarah, non sei perfetta. Ora la piantate?-
-Vedi com'è, Cam? Un ingrata.-
Cameron scoppiò a ridere così tanto, che perfino le lacrime gli spuntarono. La sua risata fece sorridere anche me, ma m'imposi di apparire seccata. 
-Sono felice di vedere che vi divertite a mie spese.-
Sarah mi abbracciò e mi diede un sonoro bacio. -Ti voglio taaaanto bene. Devo andare da Alex, ci vediamo domani?-
-Certo, certo. Corri pure dal tuo fidanzatino.-
-Lo so che mi adori. A domani!- Mi scoccò un'altro sonoro bacio sulla guancia. -Ciao, Cam!-
-Ciao, Sarah!- Esclamò, per poi girarsi verso di me. -Lo sai che stavamo scherzando prima, vero? Non dicevo sul serio quando ho detto che sei orgoglios...-
-Si, lo so.- Gli feci un sorriso. -Non preoccuparti. Non sono arrabbiata.-
-Però ho ancora quell'impressione sul fatto che non tutto vada bene.- Constatò. -C'entra quel tipo, per caso?-
-No. Non ho più notizie di Jack da un paio di giorni, ormai. Forse ha deciso di lasciarci in pace.-
-Ma sei comunque preoccupata.-
Mi strinsi nelle spalle. -Tu non lo saresti, al posto mio?-
Lui mi guardò, e gli passò un lampo di incertezza negli occhi. -Si. Si, certo.-
-Preferirei che tornasse in cella.-
-È ovvio. Mi dispiace, la mia è stata un affermazione stupida.-
Lo guardai dritto negli occhi. -Non importa. Credo che ti risulti alquanto strana tutta questa situazione.-
Le sue pupille si dilatarono leggermente, ma lui non fece una piega. -Okay. Basta con i cattivi pensieri. Passiamo il resto del pomeriggio insieme?-
-Magari un'altra volta.- Feci un passo indietro. -Oggi ho danza.-
-E domani?-
"Dannazione." Cercai di trovare in fretta una scusa per tirarmi indietro, sapendo bene che mio padre non me lo avrebbe mai permesso dopo ciò che gli avevo promesso. 
Lui notò la mia esitazione e aggrottò le sopracciglia. -Ovviamente non devi sentirti obbligata. Se non vuoi...-
-No, no!- Esclamai. -Non è che non voglia, ma il problema è che mio padre è piuttosto protettivo. Non credo che accetterà a farmi uscire da sola e non voglio che mi assegni una guardia del corpo.-
-Mh... e credi che avrebbe qualche problema se, invece di uscire, restassi in un ambiente chiuso?-
-Che hai in mente?-
-Nulla di eclatante. Potremmo passare il pomeriggio in biblioteca.- Disse. -O in qualche sala giochi, se ti annoia essere una secchiona.-
-Vedrò cosa posso fare.- Gli rivolsi un sorriso enigmatico. -Ti farò sapere questa sera.-
-Ah, quindi vuoi lasciarmi con l'ansia.-
-Una buona dose al giorno dovrebbe essere sufficiente.- Scherzai. -Adesso però devo scappare, o Taylor verrà a cercarmi. Meglio non farlo preoccupare.- 
-Certo. Allora a domani.-
Lo guardai e sorrisi. I suoi occhi parvero inquieti ma, forse, fu solo una mia impressione. -A domani.-


Quando tornai a casa dalla lezione di danza, fui molto fortuna nel trovare papà impegnato in una telefona. Non si accorse, infatti, del fatto che zoppicassi un po'. La lezione era stata fantastica ma, mi rincresce ammetterlo, non ero riuscita ad "atterrare" bene, durante l'ultimo volteggio. Sapevo benissimo che non si trattava di nulla di troppo preoccupante, anche perché, come la storia di ogni ginnasta/ballerina, una piccola storta, era niente rispetto alle prime volte in cui non riuscivi più a sentirti neanche le ossa. Con mamma, tuttavia, non riuscii ad essere più fortunata. Iniziò il suo terzo grado, non appena mi vide, e ci misi una vita, cercando di farle capire che non stavo morendo.
-Sei davvero sicura di stare bene, tesoro?-
-Si, mamma.- Sospirai. -È solo una storta. Domani mi passerà.-
-Cadere da non so quale altezza non credo che implichi 'solo una storta'.- 
-Non era poi così alto il salto, ed è a questo che servono i materassi: ad evitare che ci facciamo male.-
-Almeno metti un po' di ghiaccio, Phoebe.-
-Va bene, se ti fa stare più tranquilla. Ma ti prego, non dirlo a papà o chiamerà l'ambulanza.-
Mamma sorrise e poi mi passò un sacchetto con del ghiaccio. -Se dovesse essere peggio di ciò che sembra, lui...-
-Non lo è. Te lo giuro.- La fermai. -Domani sarà come nuova.-
-Spero per te che sia così.- Mi guardò severa. -Hai già parlato con Teddy, oggi?-
-No, ma se mi lasci andare vado a fargli subito una video chiamata.-
-D'accordo.- Si arrese. -Riesci a salire le scale?-
Alzai gli occhi al cielo e presi le mie cose. -Non è che mi debbano amputare il piede o cose del genere, mamma. Smettila di preoccuparti.-
-Vedi di non sforzarti troppo, comunque!- 
-Si, si. Tu non vieni a parlare con Teddy?-
-No, l'ho già fatto questa mattina. Magari vengo a salutarlo prima che chiudiate.- Mi rivolse un sorriso. -Ora vai.-
Andai dritta dritta verso la mia camera e, dopo aver lasciato andare "moolto dolcemente" lo zaino, mi fiondai sul computer. Mentre aspettavo che si accendesse, mandai un messaggio a mio fratello:
"Vedi di interrompere ogni cosa che stai facendo, sto per farti una videochiamata." 
La sua risposta fu quasi del tutto immediata: "Cos'è questa minaccia implicita? Io ti sto aspettando da un pezzo, sei tu ad essere in ritardo."
Attivai la videochiamata e Ted mi rispose immediatamente.
-Certo che ce ne hai messo di tempo!-
Gli feci un grande sorriso. -Mi dispiace. Mamma mi ha trattenuta.-
-Qual sorrisone è per me?- Rise. -E perché mamma ti ha trattenuta? La stai facendo arrabbiare?-
Alzai gli occhi al cielo. -Smettila di chiedermelo. Non sono una bambina. E si, questo sorrisone è tutto tuo. Sono contenta di vederti.-
Lui sorrise. -Anch'io. Mi manchi un sacco, Phé.-
Non riuscii a rispondergli perché, dall'altro lato dello schermo, mi arrivò un sonoro: -Amico! Potevi anche dirmelo che eri con la nanerottola in videochat!-
Non ci misi molto a capire di chi fosse la voce e, infatti, in meno di un secondo, Teddy fu "brutalmente" scaraventato via dalla sua postazione da Stephan. 
-Ehi, nana!-
-Ehi, gigante!- Risi. -Spero che tu non abbia rotto nessun osso a mio fratello.-
-Sta tranquilla, questo stronzo ha la pellaccia dura.-
-Stronzo a chi?- Ringhiò mio fratello, ritornando nell'inquadratura. -Brutto figlio di...-
-Oh, ehi! C'è tua sorella in ascolto!-
-Levati dai piedi!- Lo cacciò via, tornandosi a sedere. -Vai ad infastidire qualcun altro.-
-D'accordo. Vado a prendermi una sbronza da Clarisse. Ciao, nanerottola.-
-Vedi di non mettere nessuno incinta, Stephan!- Risi.
-Ah, non posso assicurartelo.- Mi fece l'occhiolino. -Ti aspetto lì, Ted.-
-Woow!- Esclamai, non appena il suo migliore amico se ne fu andato. -Questa sera si prevede una notte in bianco?-
Mio fratello ghignò. -Si, ma solo i maschi possono farlo.-
-Non credo proprio.- Lo presi in giro. -Anch'io, vado alle feste.-
-Non se ne parla neanche! Prima potevi andarci perché c'ero io. Adesso non puoi muoverti da casa.-
-Si, certo. L'importante è crederci.- Risi. -Allora, ci sono novità?-
-Qui no. Tu, piuttosto, perché non mi racconti meglio la storia di Cameron?-
-Credo che tu sappia tutto molto bene.- Sospirai. -Io non credo a ciò che dice papà. Lui non può davvero essere così violento.-
-Lo dici perché ti piace?-
-Lo dico perché non mi ha dato questa impressione!- Sbottai, sperando che non vedesse quanto fossi arrossita. -Ma suppongo che neanche tu, come papà, mi creda.-
-Che vuoi che ti dica, Phoebe? È ovvio che se vengo a sapere che quel tizio è stato agli arresti un motivo ci sarà. Questo non mi da una buona impressione su di lui.-
-Ma ce l'ha su di me.- Sospirai. -Voi altri non fate altro che giudicare, ma non pensato a ciò che provo io.-
-E che cosa provi tu?-
-Voglio dargli una possibilità per cercare di capirlo meglio. Se mi avesse dato una brutta impressione, mi sarei allontanata subito.-
-E se sta fingendo?-
-E se invece non lo stesse facendo?-
Mio fratello sospirò. -Non lo so, Phé. Ovviamente non lo conosco come lo conosci tu, ma...-
-Dovresti provare a fidarti di me.-
-Qui non si tratta di fiducia, Phoebe. Si tratta di paura. Se dovessimo lasciarlo accanto a te, come se nulla fosse, e poi, un giorno, venire a sapere che è arrivato quasi ad ucciderti? Che cosa dovremmo fare, allora, a parte darci la colpa?-
-Ted, lui non è un serial killer e non dico di non continuare a proteggermi come avete sempre fatto. È solo che papà vorrebbe che io tagliassi i ponti con lui, come gli ho promesso, o lo caccerà via dalla scuola. È questo che non voglio.-
-Ne vale la pena?-
-Credo di sì. Non è giusto allontanarlo per il suo passato.- "Anche se ha mentito." Aggiunsi, dentro di me. -Tutti meritano una seconda possibilità, no?-
-E hai già parlato di questo, a papà?-
-No. Perché dovrei? Tanto non mi ascolterebbe. Potrei peggiorare la situazione.-
-No, non credo. Dovresti parlargli. Secondo me, a patto che ci sia una vigilanza costante su di te, accetterà a far sì che tu non tagli i ponti con lui. Anche la mamma è in disaccordo con ciò che pensa papà.-
"Lo sapevo!" -Allora prima parlerò con mamma e poi con lui. Ma devo farlo adesso.-
-Perché?-
-Perché, per domani, mi ha chiesto di andare in biblioteca o in qualche sala giochi con lui.-
-D'accordo. Allora vai a parlare con loro. Mi scriverai l'esito finale?-
-Si. E spero che sia positivo.- Risi. -Ci vediamo presto, Ted. Vedi di non ubriacarti fino ad arrivare a non sapere neanche chi tu sia.-
-E tu vedi di non toccare completamente un goccio di alcool, signorina.- Mi puntò il dito contro. -Dicevo sul serio, prima. Niente più feste, senza di me.-
-Si, signore.- Risi, sapendo bene che entrambi ci stessimo mentendo. -A presto!-
-Notte, Phé.-

-Mamma?- Dopo essermi accertata che papà fosse ancora impegnato nel suo studio, bussai alla porta della loro camera ed entrai. 
La trovai sul letto, con il computer tra le gambe. Alzò lo sguardo di scatto, non appena entrai, con fare preoccupato. 
-Che c'è? Ti fa male la caviglia?-
-No.- Sospirai, richiudendomi la porta alle spalle. -Volevo parlarti. Di Cameron...-
Mamma inarcò un sopracciglio, chiuse il portatile e incrociò le braccia. -Chissà perché, ma sospettavo che saresti venuta a parlarmi di lui, dopo aver parlato con Theodore.-
-Ho promesso a papà una cosa che non avrei dovuto promettergli. Io non voglio allontanarlo.-
-E non è giusto che tu lo faccia, infatti.- Mi fece cenno di andarmi a sedere accanto a lei. -Ma questo non vuol dire che io mi fida al 100%.-
-E neanch'io. Lo giuro! Ma voglio dargli una possibilità.-
-E io voglio che tu gliela dia, se è così importante, per te.- Sorrise. -Ma non possiamo diminuire la sicurezza. È già tanto che tuo padre ti abbia accontentato sul non essere seguita.-
Restai un attimo in silenzio. -Perché sei d'accordo con me e non con papà?-
-Anche papà è d'accordo con te, Phoebe. È solo che lui è troppo preoccupato e, a volte, la preoccupazione non lo fa ragionare bene. Tutti hanno bisogno di una seconda possibilità.-
Le sorrisi riconoscente. -Quindi, se questa sera gli parlassi, pensi che si farà andare bene il fatto che io e Cameron continuassimo ad essere amici?-
-Si.- Mi accarezzò il viso. -Se lo farà andare bene.-

Quando, durante la cena, buttai fuori, tutto d'un fiato, ciò che pensavo su Cameron e che volevo fare con lui, papà restò in silenzio, facendomi pentire di avergliene parlato. 
Dopo quella che mi parve un'infinità di tempo, però, alzò lo sguardo e mi chiese: -perché è così importante?-
-Perché è mio amico e perché non è giusto che io lo pianti in asso solo a causa del suo passato che, tra parentesi, non mi ha raccontato lui.-
-Ma questo dovrebbe essere un motivo in più, per volerti allontanare da lui.-
-Non è vero.- Decisi di dirgli ciò che Sarah aveva detto a me. -Non posso incolparlo per non avermi raccontato questo fatto. Ci conosciamo ancora da pochissimo e di sicuro se ne sarà pentito. Neanch'io, al posto suo, lo avrei fatto.-
Funzionò. La mia risposta fece ammutolire papà. 
-Senti, papà- sospirai. -Io non voglio mettermi in pericolo, né tantomeno farti preoccupare, quindi la vigilanza resta. Voglio solo non doverlo allontanare. Non è giusto.-
Intravidi mamma sorridere, ma mi focalizzai sulla figura in eterna decisone di papà.
-Devi promettermi che non ti fiderai mai troppo di lui e, anche al minimo gesto sospettoso, ti allontanerai e verrai a riferirmelo.-
-Quindi è un si?-
-Quindi è un 'vediamo come va la situazione'.-
-Oh, grazie, grazie, grazie!- Esclamai, andando ad abbracciarlo. -Vedrai che si rivelerà essere al di sopra delle tue aspettative!-
Papà mi baciò i capelli. -Lo spero con tutto il cuore.- Mormorò. -O dovrà vedersela con me.-


Tutto sommato, al fine settimana, riuscii ad arrivarci ben presto. Cosa strana, vista la scuola. 
Cameron ed io, quel ormai "lontano" martedì, avevamo deciso di trascorrere la giornata in biblioteca, ma ce ne pentimmo dopo poco. Non riuscivamo a restare in silenzio, avevamo sempre qualche battutina pronta a farci ridere. Alla fine, la bibliotecaria dovette "gentilmente" invitarci ad uscire fuori, dove potemmo finalmente ridere a pieni polmoni. Fu piuttosto divertente e fuori dalla mia normale routine e, giorno dopo giorno, mi convinsi sempre più che Cameron fosse tutt'altro che pericoloso. 
-Terra chiama Phoebe Grey.- Disse Sarah. -Concentrati. Sei in un'altro pianeta?-
Scossi la testa e sorrisi. -Stavo solo pensando a questa sera e a quanto potrei essere nei guai se i miei dovessero scoprirmi.-
-Rilassati. Non lo scopriranno. Questa sera nessuno ti spierà visto che i tuoi sanno che sei a dormire da me.- 
Mi guardai allo specchio e sistemai la gonna. -Forse sto tirando troppo la corda.-
-E cosa vorresti fare? Restare a casa?-
-No.- Sospirai. -Ma se mi dovessero scoprire, sarei nei guai fino al collo e allora la fiducia che i miei genitori stanno riponendo in me, Teddy compreso, andrebbe a farsi benedire. Non posso rischiare. Devo chiamarli.-
-Non ti faranno andare alla festa.- La voce di Sarah risultò stranamente calma. -Ma forse hai ragione. Chiamali.-
Mamma rispose al secondo squillo e, dalla voce leggermente affannata, capii che era con papà.
-Ti ho... mh... interrotta?-
-No, no!- Esclamò lei. -Che succede?-
-Io e Sarah ci annoiamo da morire a stare a casa.- Spiegai. -E Jill ci ha detto che sta dando una piccola festa, a casa sua. Nulla di troppo emozionante, ma sarà in piscina, per dire addio all'estate. Posso andarci?-
-Jill?-
-Già. È una nostra amica.-
-La conosco? Dove abita? E come farete a raggiungere casa sua?-
-È tutto apposto. Il padre di Sarah si è offerto di accompagnarci. La casa non è lontana da qui e torneremo per il coprifuoco. Ti prego, mamma. È solo una piccola festicciola.-
-D'accordo.- Sospirò, dopo essersi consultata con papà. -Ma dammi l'indirizzo di casa. Mandiamo Luke.-
-Non ce n'è bisogno, mamma. Siamo solo quattro amiche in piscina e poi, sarà presente anche il padre di Sarah. Resta a guardare la partita con il padre di Jill.- Mentii, sperando che mi credesse. -Andrà tutto bene. Se vuoi ti chiamo non appena torno.-
-Lo sai che non è sicuro...-
-Non mi muoverò da casa, promesso.- Piagnucolai. -Allora, posso andare?-
-A che ora è il coprifuoco?-
-Alle undici.- Risposi prontamente. -E io alle undici e due minuti ti chiamerò e ti farò sapere che sono già sotto le coperte.-
Mamma sospirò sonoramente. -Stai attenta e, per qualsiasi problema, chiama me o papà. Vedi di non tirare troppo la corda, Phoebe.- Rispose. -Comportati bene.-
-Seguirò le regole! Grazie, mamma. Ci sentiamo più tardi.-
-Mi raccomando, sii puntuale.-
-Te l'ho promesso. Ciao!-
Mi girai verso Sarah e lei inarcò un sopracciglio. -Alla faccia dell'onestà.-
-Ho solo aggiunto qualche piccola bugia per farli stare tranquilli. Sanno che sono alla festa.-
-Così come sanno che alle undici e due minuti sarai sotto le coperte. Ti ricordo che dovremmo essere a casa di Jill alle nove. Non credo che per le undici sarà tutto finito.-
-Per quello mi inventerò qualcosa, non preoccuparti.-
-Okay, ma vedi di non metterti nei guai.-
-Andrà tutto bene.- Dissi. -Andremo alla festa, ci divertiremo, ci faremo qualche tuffo in piscina e poi torneremo a casa.-
-Bene, allora. È ora di prepararsi.-

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Capitolo 24
*** FESTA IN PISCINA ***


BUON WEEKEND, PARGOLI! PROBABILMENTE NON RIUSCIRÒ AD ESSERE MOLTO PRESENTE LA PROSSIMA SETTIMANA, QUINDI SPERO CHE IL CAPITOLO VI POSSA SAZIARE PER UN PO' DI TEMPO. NON DIMENTICATEVI DI VENIRE A LASCIARMI UN VOSTRO PARERE QUI GIÙ. VI ASPETTO!!

-Secondo te, dovrei mettere una gonna o dei pantaloncini?- Mi chiese Sarah, alternandosi i due capi, difronte lo specchio. -Questa gonna mi piace da morire.-
-Che t'importa? Tanto, alla fine sarai in costume.- Risi. -E comunque non devi far colpo su nessuno.-
-Hai ragione. Metterò la gonna e una maglietta.- Lasciò andare i suoi vestiti sul letto e si avvicinò a me. -Sei tu che hai bisogno d'aiuto, in questo momento.-
-Perché? Io ho già deciso cosa mettere.-
-Oh, andiamo!- Esclamò. -Devi far colpo su Cameron! Non puoi metterti un costume intero.-
-Io non devo far colpo proprio su nessuno.- Risi. -E, tra parentesi, questo, anche se intero, è uno dei costumi più belli che abbia.- 
-Non dico che non sia bello, anzi. È molto particolare. Però... speravo mettessi un due pezzi.-
-Non oggi. Magari l'anno prossimo.-
Sarah alzò gli occhi al cielo e mi colpì ad un braccio. -Non essere stupida.-
-Non lo sono affatto.-
-Okay, hai vinto. E che cosa metti sopra il costume?-
-Questi pantaloncini e questa canottiera.- Afferrai i miei vestiti e glieli feci vedere. -E poi questa giacca, di sopra.-
-Wow.- Incrociò le braccia. -Ci terrei a ricordarti, però, che stiamo andando ad una festa, non a fare la spesa.-
-Ehi, guarda che potrei anche offendermi!- Risi. -Lo sai che è inutile vestirsi bene, per una festa in piscina.-
-Come dici tu. Ma cerca almeno di essere seducente.-
-Da quando in qua sei tu a darmi dei consigli su come comportarmi con un ragazzo?-
-Da quando tu hai perso la testa.- Mi mise al collo una collana vistosa. -Non c'è di che.-
-Beh, comunque Cameron potrebbe dare buca ai suoi amici all'ultimo momento.- Risposi, infilandomi i pantaloncini. -Lo sai che odia le feste.- 
-Che odi le feste o meno, sono sicura che non darà buca a nessuno, questa sera.-
-Se ne sei tanto sicura...- sorrisi. -Staremo a vedere.-
-Vogliamo scommettere qualcosa?-
-No, per carità.-
-Ecco. Non ti conviene mettere in dubbio le mie parole.- Rise. -Muoviti a sistemarti. Mio padre ci aspetta.-

-Phoebe! Sarah!- Strillò Jill, non appena ci vide. -Lo sapevo che sareste arrivate per prime!-
Mi guardai intorno e aggrottai le sopracciglia. -Infatti. Ma come mai non c'è nessuno?-
-Pensavo che mi avreste potuto aiutare con i cocktail.- Rispose, un po' imbarazzata. -Gli altri saranno qui tra poco, non preoccupatevi.-
-Ci hai fatto venire prima, con l'inganno?- Sarah spalancò gli occhi. -Wow! Tu si che hai una mente diabolica.-
Jill scoppiò a ridere e ci prese sottobraccio. -Già, ma ho paura che la festa non durerà molto. Il tempo non promette bene.-
-Allora non sarebbe meglio mettere le bibite dentro casa?-
-Ci ho già pensato io, a quelle. Dobbiamo solo allestire un po' l'esterno.-
Posso almeno confermare che Jill non aveva mentito sul fatto che tutti gli altri sarebbero arrivati dopo poco. La casa, inizialmente vuota, non ci mise nulla a riempirsi e, dopo neanche cinque minuti, già molte ragazze era praticamente nude. 
Di Cameron non c'era nessuna traccia. Eppure, parte dei suoi amici, erano già li. Non ne restai sorpresa, però. Non era obbligato a venire.
-Ehi, Phoebe!- Esclamò Paul, venendo verso di me. -Che ci fai qui, tutta sola?-
Mi soffermai un minuto di troppo ad osservare i suoi addominali scolpiti e, quando alzai lo sguardo verso di lui, trovai un sorriso soddisfatto stampato sulla sua faccia. -Sarah mi ha appena abbandonata.-
-Già, sembra che lei ed Alexander se la stiano spassando.-
-Sono molto presi l'una dall'altro.- Mi strinsi nelle spalle. -Che posso farci? A quanto pare Sarah preferisce lui a me.-
Paul scoppiò in una risata divertita e poi mi accarezzò la spalla. -Sono sicuro che ci saranno molte altre persone pronte a darti un po' di sostegno morale.- Mi fece un sorrisetto. -Che ne dici? Posso portarti qualcosa da bere?-
Feci un passo indietro. -No. Sono apposto così, per ora. Ma grazie.-
Lui fece ricadere la mano lungo il fianco, deluso. -Davvero? Non hai intenzione di bere, questa sera?-
-No. Voglio restare lucida.-
-Perché? Sei ad una festa!-
-Perché non sono alcolizzata.- Risposi, irritata. -Non ho bisogno di bere, per divertirmi.- 
Lui alzò le mani, in segno di arresa, e si mise a ridere. -Okay, sta calma. Non c'è bisogno di innervosirsi per questo. Magari posso trovarti dell'acqua o qualcosa di analcolico.-
-Grazie ma, come ti ho già detto, sono apposto così.- Lo sorpassai e mi diressi verso la piscina. 
Mi fermai vicino all'altalena e controllai il cellulare: 21.41 e nessun messaggio. Nessuna sorpresa ma, in cuor mio, speravo ancora che Cameron venisse, nonostante il suo 'non amore' per le feste. Quando però, alle 21.53, mi convinsi sul fatto che non sarebbe venuto, ecco che lo vidi uscire dalla casa di Jill, diretto verso la piscina. Accanto a lui c'erano Norman e Phill. Sul mio viso si creò un'enorme e stupido sorriso. Quasi non ci credevo che fosse venuto veramente.
-Ehi, Phoebe.- Mi bloccò, Patrick. -Sei qui da sola?-
Chiusi gli occhi e imposi a me stessa di non mandarlo al diavolo. -Ciao, Patrick! No, non sono sola. E tu?-
Lui aggrottò le sopracciglia e, dopo aver guardato un punto indeterminato, dietro la mia spalla, fece un sorrisetto. -Fammi indovinare: Sarah ti ha bidonata per limonarsi il suo ragazzo.-
-Sarah è fidanzata. È ovvio che stia con il suo ragazzo.-
-Si, ma potrei fare io compagnia a te.-
Gli rivolsi un sorriso nervoso. -Grazie, ma per questa sera passo. Ho già compagnia.-
-Peccato.- Bevve un sorso di birra, dalla sua bottiglia. -Fammi un fischio, se cambi idea.-
-Certo, senz'altro.-
Praticamente mi andai a gettare tra le braccia di Cameron e, quest'ultimo, per evitare che cadessimo entrambi, mi afferrò per la vita, ridendo, non appena gli misi le braccia al collo. 
-A cosa devo tutto questo affetto?-
-A niente, sono solo felice che tu sia qui.-
Il suo sorriso aumentò. -Lo sapevi che sarei venuto.-
-Beh, sei in ritardo di quasi un'ora.-
-Ho pensato che una buona dose d'ansia facesse bene anche a te.- Rise. -E a quanto pare ha funzionato.-
-Copia pure le battute degli altri.- Alzai gli occhi al cielo. -L'importante è che tu sia qui.-
Lui mi rivolse un sorriso felice.
-Cameron!- Lo chiamò Norman. -Sapevi che c'era Phoebe ad aspettarti e sei arrivato a quest'ora?-
-Già, Norman, diglielo anche tu!- Risi. -Non è carino far aspettare una ragazza. Di solito dovrebbe accadere il contrario.-
-Questo vuol dire che ho perso punti?-
-Si, ma ne hai comunque acquistati per essere venuto.- Lo presi in giro. -Non preoccuparti ma, ad un altro ritardo, i tuoi punti potrebbero precipitare a picco.-
-Oh, amico. Io non rischierei.-
-Starò più attento, promesso.- Rise lui.
-Come mai hai ancora i vestiti, Phoebe? Sarai l'unica ragazza, probabilmente.-
Scoppiai a ridere. -Mi stai invitando a spogliarmi?-
-Oh, sì.- 
-Dovrete spogliarvi anche voi, Phill.- Gettai un'occhiata a Cameron, che mi guardava divertito. 
-Affare fatto!- Phill e Norman si guardarono negli occhi e si spogliarono in tempo record. -Ora tocca a te!- 
Feci un sorrisetto e mi girai verso Cameron. -Tu vuoi fare il furbo?-
-No.- Rise. -Ma non ho il costume.-
-Sul serio? Sei venuto ad una festa in piscina senza il costume?- Sospirai. -Ma che amico idiota vi siete trovati?-
Cameron scoppiò a ridere. -Ehi! Ho solo pensato che non saremmo durati molto, qui fuori.- 
-Eh no, amico. Phoebe ha ragione: sei un idiota.-
-Beh, grazie tante.-
-Oh, non importa.- Lo guardai dritto negli occhi e gli mostrai un sorrisetto, mentre sbottonavo i jeans. -Io non ho intenzione di perdermi il bagno in piscina.-
Quando mi tolsi anche la canottiera, mi arrivò un fischio da Norman. 
-Wow, ragazza! Vuoi farci morire tutti, qui.-
Gli feci l'occhiolino e mi rivolsi a Cameron. -Vado a posare dentro, i vestiti. Mi aspetti qui?-
Lui deglutì prima di mormorare un: -certo!-

Prima di tornare da Cameron e dopo essere andata a posare i miei vestiti in camera di Jill, decisi di prenderci da bere. Sorrisi, consapevole che il cocktail analcolico che io stessa avevo preparato, sarebbe piaciuto a Cam. 
Quando tornai in giardino, lo trovai esattamente dove lo avevo lasciato, solo che di Norman e Phill non c'era nessuna traccia.
-Ehi.-
-Ehi.- Il suo viso si illuminò. -Pensavo fossi fuggita.-
-No, ti ho portato da bere.- Gli porsi il bicchiere ma, quando lui mi guardò diffidente, alzai gli occhi al cielo e aggiunsi: -è analcolico, stai tranquillo. Te l'ho preparato io stessa.-
-Me l'hai preparato tu?- Chiese sorpreso, afferrando il bicchiere. 
-Già.- Mi avviai verso il bordo piscina e lui mi seguì. -Jill ha fatto venire me e Sarah mezz'ora prima, per poterla aiutare, e così ho pensato che lo avresti gradito.-
Lui mi sorrise riconoscente e, dopo aver preso un sorso, disse: -è davvero buono. Grazie.-
Alzai il bicchiere verso di lui e, prima di sorseggiare il cocktail, dissi: -Alla festa!-
-Finora non si sta rivelando essere così male.-
-Si, ma sarebbe stato meglio se tu ti fossi portato un costume da bagno, stupido. Ti saresti potuto divertire un sacco.-
-Sarà per una prossima volta...-
Gli mostrai un mega sorriso. -Questa tua frase è un'enorme passo avanti.-
-Tu dici?- Ghignò. -Io non ne sarei tanto sicuro.-
-Se io sono presente, le feste saranno sempre divertenti.-
-Davvero?-
-Davvero.- Misi le mani dietro la schiena. -E te lo posso anche provare.-
-Ah, si?- Inarcò un sopracciglio, con gesto di sfida. -E come?-
Gli mostrai un sorrisetto prima di fiondarmi su di lui e spingerlo, con tutte le mie forze, in acqua. Il tonfo fu rumoroso e, Cam, fu preso così alla sprovvista, che lasciò andare per aria anche il bicchiere con tutto il cocktail. Molte persone iniziarono a ridere e a fischiare e, quando Cameron riemerse, anch'io scoppiai a ridere. La sua espressione era un mix tra sbigottimento e divertimento. 
Quando mi guardò male, però, dissi: -mi dispiace! Ma dovevo farlo per forza!-
Molti ragazzi e ragazze, spronate da ciò, iniziarono a tuffarsi in acqua, uno dopo l'altro. 
Cameron, invece, si passò una mano tra i capelli bagnati, per scostarli dalla fronte e si avvicinò al bordo. -Devo ammettere che questo non me lo aspettavo.-
Mi misi le mani sui fianchi e gli mostrai un sorriso vittorioso. -Non potevo permettere che tu non ti facessi nemmeno un bagno.-
-Okay, ora l'ho fatto e ho i vestiti inzuppati, per colpa tua.- Mi porse una mano. -Aiutami ad uscire, prima che mi prenda una broncopolmonite.-
-Che esagerato!- Risi, porgendogli la mano. Prima che lui l'afferrasse, però, la ritirai indietro. -Prima ammetti quanto ti sia piaciuto. Ammetti che è stato divertente.-
Lui cercò di mantenere un'espressione seria, ma poi cedette e rise. -Si. Si, hai vinto, okay? È stato divertente. Ora aiutami ad uscire.-
-Ah, che soddisfazione.- Risi, porgendogli la mano.
Lui l'afferrò con decisione e, proprio nel momento in cui sentii con che forza l'afferrò, capii che non voleva affatto essere aiutato. Mi fregò, devo ammetterlo. E, prima che con uno strattone mi facesse finire sott'acqua, lanciai uno grido. 
Quando riemersi, lo trovai ancora totalmente immerso in acqua ma con le braccia appoggiate al bordo della piscina. Non appena mi vide, il suo sorriso vittorioso si aprì in una grande risata.
Socchiusi gli occhi e sibilai, prima di iniziare a schizzargli l'acqua, un: -ma allora vuoi la guerra!-
-Sei tu ad aver iniziato!- Esclamò, cercando di avvicinarsi a me. -Devi essere punita!-
-No, no! Ti prego!- Risi, non appena mi prese in braccio. -Scusa, scusa!-
-Ormai è troppo tardi.- Mi guardò un attimo, prima che mi facesse andare sott'acqua ancora una volta.
"Brutto stronzo!" Riemersi e mi sistemai i capelli, cercandolo in mezzo alla folla che stava riempendo la piscina. Lo notai di spalle, probabilmente intento a cercarmi, così decisi di aggrapparmi alla sua schiena. 
-Ehi!- Esclamò. -Stai barando!-
-Sei tu che hai tentato di annegarmi per due volte!- 
-Che esagerata!- Rise. -Dovevo restituirti il favore per avermi bagnato i vestiti.-
-Te ne comprerò dei nuovi, se è questo il problema.-
-Dai, vieni giù dalla mia schiena. Facciamo una tregua.-
Socchiusi gli occhi. -No. Non mi fido.-
-Oh, andiamo!- Si portò una mano al cuore. -Te lo giuro. Non farò nulla. Tregua.-
Mi staccai cautamente dalla sua schiena ma, non appena lo feci, con un gesto fulmineo, mi afferrò per la vita, facendomi strillare, e mi mise davanti a lui. 
-Avevi detto che non avresti fatto nulla!- Strillai, coprendomi la faccia. -Fai schifo a mantenere la parola!-
-Non è vero!- Rise. -Non ho fatto nulla.-
Aprii un occhio e lo sbirciai. Non sembrava avesse intenzione di "attaccarmi". -Mi vuoi annegare di nuovo?-
-No, stai tranquilla, io...- non riuscii a completare la frase, perché venne spintonato in avanti, da alcuni ragazzi che iniziarono a tuffarsi. 
Gli mostrai un sorrisetto e mi sedetti sul bordo piscina. -Te l'ho detto che qui ci si diverte.-
-Hai ragione.- Si passò una mano tra i capelli. -Devo ammetterlo.-
Gli misi le braccia al collo e lo attirai più vicino. Poi, avvicinai le labbra al suo orecchio e gli bisbigliai un: -io ho sempre ragione.-
"Ora o mai più, Phoebe." Mi incitò la mia testa. "È l'occasione perfetta."
Cameron rimase immobile e, quando lo guardai, lui mi fissò le labbra e dischiuse le sue. -Non... non crederci troppo.-
-Credere in me stessa è l'obiettivo principale.- Mi morsi un labbro e, prima che potesse rispondermi, lo baciai.
Una serie di dubbi e domande pervasero la mia mente, non appena le mie labbra incontrarono le sue ma, quando sentii la sua mano sfiorare la mia guancia, tutti i dubbi svanirono. Sentii ogni brivido, di freddo e di caldo, attraversare ogni cellula del mio corpo. È difficile spiegare come mi sentissi in quel momento; il che è alquanto strano, visto che non era la prima volta che baciavo qualcuno, eppure non riuscivo a capacitarmi di tutto quello che stava accadendo dentro di me. 
Capii immediatamente che anche Cameron doveva aver già baciato qualcuno, perché le sue labbra, non appena incontrarono le mie, iniziarono a muoversi con determinatezza. Sembrava sapere perfettamente ciò che stesse facendo. Quando la sua lingua spronò le mie labbra ad aprirsi per lui, aprii le gambe e, con la mano che tenevo dietro il suo collo, lo attirai più vicino. Era bello sentire le nostre labbra giocare, quasi quanto lo era il sentire le nostre lingue sfiorarsi gentilmente. Poi, le sue mani si spostarono sulla mia schiena seminuda e fu quasi come se venissi marchiata. 
Dio! Cameron ci sapeva fare eccome. Dovevo ammetterlo.
Il mio cervello aveva smesso di funzionare e, al tempo stesso, stava funzionando anche troppo bene. Le labbra di Cameron erano morbide, calde e sicure. Mi fece impazzire ma, quando i miei polmoni iniziarono ad implorare un po' di ossigeno, imposi a me stessa di rallentare, anche perché eravamo pur sempre un luogo pubblico.
Presi un profondo respiro e allontanai Cameron, poi appoggiai la mia fronte sulla sua. Lui ansimò un poco, ma non disse nulla; continuò a tenere le mani sulla mia schiena, quasi come se non volesse lasciarmi andare.
-Non mi aspettavo che tu fossi un così bravo baciatore.-
Lui sbuffò in una risatina. -Potrei stupirti in molte cose.-
Inarcai un sopracciglio e lo guardai con finto sbigottimento. -Oh mio dio, è un invito a fare qualcosa?-
Lui scoppiò a ridere e si passò entrambe le mani sul viso, come se ne fosse imbarazzato. 
Dietro la sua figura, vidi che, dall'altro lato della piscina, c'era Sarah che mi stava salutando. La guardai confusa e, quando le feci un cenno, le iniziò ad indicarsi il polso. 
Spalancai gli occhi. -Oh, merda!- 
-Che c'è?- Chiese Cameron, guardingo. -Che succede?-
Mi alzai di scatto. -No, niente! Ho solo dimenticato la tovaglia per asciugarmi, torno subito!-
Non avevo idea di che ore fossero, visto che avevo lasciato il cellulare insieme ai miei vestiti, ma speravo con tutto il cuore che non fosse scoccata l'ora X, o mi sarei potuta andare a scavare la fossa. Arrivai in lampo alla camera di Jill, al secondo piano, e, con immensa gioia, notai che mancava ancora un minuto alle 23.00. Decisi di cambiarmi, mentre aspettavo l'ora prestabilita e, quando arrivò, mia madre rispose subito. 
-Sei già sotto lo coperte?-
-In realtà mi sto ancora struccando.- 
Mamma tirò un respiro di sollievo. -Ti sei divertita?-
-Oh, da morire! Dovrei dare anche io una festa in piscina, mamma.- Quasi saltavo dalla gioia. -È stato fantastico.-
-Certo, puoi darne una quando vuoi.- Rise lei. -Come mai è stato fantastico?-
Mi bloccai al centro della stanza. -Perché io adoro queste tipo di feste...-
-Certo, vallo a raccontare a qualcun altro.- Rispose. -Quando torni, domani?-
-Ti chiamo non appena sono pronta.- 
-D'accordo tesoro. A domani, allora. Buonanotte.-
-Buonanotte, mamma.-
Attaccai e poggiai il cellulare sul cuore, il quale, ovviamente, aveva un battito irregolare. Sembrava quasi surreale il fatto che io e Cameron ci fossimo baciati, eppure era successo e ne ero estremamente felice. Sembrava quasi che avessimo continuato ciò che non eravamo riusciti a completare quella sera al lago. 

Quando scesi le scale, trovai Abbie ad aspettarmi. Non eravamo molto amiche, noi due, ma non perché non volessimo, ma perché non avevamo avuto molte occasioni per parlare. 
-Ciao, Abbie!- Sorrisi.
Lei non sembrava altrettanto felice di vedermi. Infatti, mi mostrò un sorriso nervoso. -Possiamo parlare?-
-Certo.- Scesi lentamente gli ultimi gradini. -Qualcosa non va?-
-Spero di no.-
-Okay... che succede?- 
-Senti, Phoebe: sarò schietta con te, va bene?-
-Certo.- Feci un passo indietro, allarmata. -Qual è il problema?-
-Tu.- Chiuse gli occhi, non appena lo disse. -Io ti rispetto e so benissimo che non potrò mai competere con te. Chi mai potrebbe? Sei bellissima, talentuosa, simpatica e anche gentile...-
-Cosa c'entra questo?- Incrociai le braccia. -Credo che tu esageri. Non c'è nessuna competizione, tra noi ragazze.-
-Già. Ma la prima scelta di ogni ragazzo sei sempre tu.- 
-Guarda che non è affatto vero!-
-Ti ho vista baciare Cameron, in piscina.-
Mi guardai attorno, a disagio. -Si, beh...-
-Io so che ti piace dedicarti ai ragazzi e non ti giudico per questo.- Mi guardò dritta negli occhi. -Ma Cameron non è come gli altri. Vorrei che tu lo lasciassi in pace.-
Spalancai gli occhi. -Ehm...-

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Capitolo 25
*** OSPEDALE ***


PERDONATEMI PER LA MIA ASSENZA!! NON AVREI MAI PENSATO DI NON RIUSCIRE A PUBBLICARE PER COSÌ TANTO TEMPO! TORNERÒ A PUBBLICARE CON IL RITMO DI PRIMA, SPERO! GODETEVI IL CAPITOLO💕

-Io lo so che ti piace dedicarti ai ragazzi e non ti giudico per questo.- Disse Abbie, guardandomi dritta negli occhi. -Ma Cameron non è come gli altri. Vorrei che tu lo lasciassi in pace.-
Spalancai gli occhi. -Ehm...-
-Per favore, Phoebe! È stato già abbastanza brutto vederlo baciarsi con te. Non puoi lasciarlo e prendere qualcun altro?-
-Lasciarlo e prendere qualcun altro?- Ripetei, inorridita. -Guarda che i ragazzi non sono mie bambole, Abbie!-
-E allora dimostralo! Per favore, lascia che si accorga di me.-
-Non ti impedirò di farlo, ma siamo amici, non posso fare ciò che mi chiedi.-
-Certo, siete amici.- Mi guardò con disprezzo. -Ecco perché questa sera te lo stavi quasi per scopare sul bordo della piscina.-
Spalancai la bocca e mi preparai ad attaccarla ma lei, non appena si accorse di ciò che aveva appena detto, si tappò la bocca con entrambe le mani.
-Mi dispiace! Non avrei dovuto dirlo così!- Esclamò, quasi con le lacrime agli occhi. -È solo che io...-
-Mi dispiace che tu ci abbia visti, se provi dei sentimenti per Cameron. Ma questo non ti dà il diritto di rivolgerti a me così. Non farlo mai più Abbie, o non sarò più tanto carina e simpatica, la prossima volta.-
-Si, mi dispiace. Hai ragione, non avrei dovuto...-
-Phoebe!- Esclamò Cameron, raggiungendoci. 
Non appena lo vide, Abbie si rianimò. -Ciao Cameron! Ti sta piacendo la festa?-
Lui le rivolse un sorriso distratto. -Si, davvero fantastica.- Poi si rivolse a me. -Devi uscire subito in giardino!-
-Perché?-
-Si tratta di Sarah. È svenuta all'improvviso.-
Spalancai gli occhi. -Che cosa? Che stai dicendo?!- Corsi verso la porta, con lui al mio fianco. -Cos'è successo?-
-Non ne ho idea. Ho solo visto Alexander iniziare a gridare come un forsennato. Se qualcuno si avvicina ancora a Sarah, sono sicuro che non riuscirà ad arrivare a domani.-
Vicino alla piscina, si era creato un cerchio di ragazzi, così iniziai a spingerli ad uno ad uno, per poter raggiungere la mia migliore amica. Sarah era molto pallida e, a reggerla, c'era Alex, che sembrava stesse per avere una crisi nervosa.
-Ho detto di stare lontani, cazzo!- Sbraitò. -Non la fate respirare!-
-Sarah!- Esclamai, prendendole una mano. -Ehi, riesci a sentirmi?-
-Che cazzo avevate messo nel suo bicchiere?!-
-Andiamo, apri gli occhi.- Feci io, accarezzandole i capelli. -Hai già chiamato l'ambulanza?- Chiesi ad Alex.
-Certo che l'ho chiamata. Ma lei non si sveglia!-
-Cameron!- Esclamai, nel panico. -Per favore, tienile le gambe alzate!-
-Certo.- Rispose lui, eseguendo l'ordine.
-Le ho portato un po' d'acqua con lo zucchero.- Mormorò Jill. 
-Bravissima.- Le strappai il bicchiere dalle mani e lo tirai in faccia a Sarah. 
Pregai che funzionasse, visto che era l'unico modo che vedevo usare spesso nei film. Lì funzionava, di solito. 
-In realtà, non lo avevo portato per questo...-
Sarah strizzò gli occhi e poi, li aprì confusa. -Che... che succede?-
-Oh mio Dio- sospirò Alex, chinandosi su di lei. -Succede che mi hai fatto prendere un'infarto, piccola.-
Lasciai andare un profondo respiro, anche se non sapevo di averlo trattenuto.
Sarah provò a tirarsi su, ma Alex, trattenendola, la guardò severo. -Non muoverti. L'ambulanza sta arrivando.-
E, proprio con perfetto tempismo, in lontananza, si iniziarono a sentire le sirene.
-Alex, non ce n'è bisogno.-
-Cazzo, ma se mi sei svenuta davanti gli occhi! Non provare a dire che non ce n'è bisogno, Sarah!-

Se c'era una cosa che odiavo, di sicuro erano gli ospedali. Può sembrare una frase fatta, lo so. Ma è la verità. 
Fin dalla prima volta in cui caddi dall'albero e finii all'ospedale, ne rimasi completamente terrorizzata, anche se a curarmi fu mia nonna. 
-Phoebe.- Sospirò Cameron, per la milionesima volta. -Devi stare calma. Andare avanti e indietro non ti aiuterà. E poi l'hai vista Sarah, aveva già ripreso del colorito, quando si è svegliata.-
-E allora perché ci mettono così tanto?- Sbottai. -Voglio dire: sarà stato uno svenimento causato dalla troppo confusione e, di conseguenza, dal troppo caldo. Sarah non è una che beve molto.-
-Certo, di sicuro. Ma lo sai quanto sono lenti, qui.-
-Allora, forse, dovrei andare a prendermela con qualche infermiere.-
-L'hai già fatto.- Gli apparve un accenno di sorriso. -E non è servito a nulla. Tutto questo stress farà svenire anche te.-
-No, io ho la pellaccia dura.-
Lui sorrise e congiunse le mani sotto il suo mento. -Allora vedila così: finirai per bucare il pavimento se continui ad andare avanti e indietro, per non parlare del terribile torcicollo che mi stai facendo venire.-
-Nessuno ti obbliga a restare qui.- Mi bloccai e mi passai una mano tra i capelli. -Mi dispiace. Ma dico sul serio: se sei preoccupato per me, non farlo. Io me la caverò. Non sei obbligato a restare.-
-Non vado da nessuna parte.-
-Cameron, è tardi. Dovresti davvero tornare a casa. Almeno tu, evita i guai. Tua madre sarà preoccupata, no?-
Lui aggrottò le sopracciglia. -Ho già scritto a mia madre.- Mormorò. -Che genere di guai dovrei evitare?-
Mi passai entrambe le mani tra i capelli e mi andai a sedere vicino a lui. -Nessuno.- Bisbigliai. -Non preoccuparti.-
-Phoebe. Andiamo, che succede?-
Presi un profondo respiro e lo guardai dritta negli occhi. -I miei genitori mi uccideranno, non appena verranno a sapere che non sono mai tornata a casa di Sarah.-
Le sue sopracciglia scattarono all'insù, chiaramente sorprese. -Hai mentito?-
-Non è che io mi diverta a farlo.- Chiarii. -È solo che odio dover essere costantemente controllata. Dover sempre avere degli orari.-
-Phoebe, non voglio essere di parte, ma, lasciando stare il controllo che c'è su di te, gli orari devono esserci. Hai ancora sedici anni.-
Restai in silenzio. Sapevo che aveva ragione da vendere, ma non potevo ammetterlo. 
-E comunque- continuò lui. -Se sei costantemente controllata, i tuoi genitori sapranno già che sei qui e non a casa di Sarah.-
Estrassi il cellulare e controllai che non ci fossero chiamate o messaggi persi. -Immagino di sì. Ma, a quest'ora, mio padre mi avrebbe di sicuro chiamata. O, perlomeno, sarebbe venuto qui.-
-Magari non lo hanno saputo e stanno già dormendo.-
Alzai gli occhi verso il soffitto e sospirai. -Non importa. Per ora sono le condizioni di Sarah a preoccuparmi.-
-Vedrai che lei starà bene.-
-Sei davvero deciso a voler restare?- Chiesi. -Probabilmente ci vorranno ancora delle ore.-
Lui mi guardò dritto negli occhi. -Si. Sono ancora deciso a restare.-
-Allora mi dovrai aiutare.-
-A fare cosa?-
-Devo vedere con i miei occhi se Sarah sta bene. Non è giusto che ad Alex è permesso entrare e a me no. Io la conosco da più tempo.-
-Okay, okay, okay.- Mi bloccò. -Ecco cosa faremo: resteremo comodi su queste adorabili poltroncine e aspetteremo che un infermiere ci venga ad avvisare che Sarah sta più che bene.-
Sbuffai sonoramente. -Mi dispiace, Cameron, ma lasciatelo dire: i miei piani sono decisamente più brillanti dei tuoi.-
-Non c'è bisogno che tu ti metta ancora più nei guai.-
-Già, ma a quanto pare sembra che io non sappia fare altro, ultimamente.-
Lui mi sorrise, ma non aggiunse altro. 
Restammo in silenzio per un paio di minuti, fino a quando non si sentirono delle voci nel corridoio. Riconobbi subito la figura dei genitori di Sarah e quella di Alexander. Mi alzai scattante e mi diressi verso di loro ma mi bloccai, non appena vidi il padre di Sarah, inveire malamente contro Alex. Non lo avevo mai visto così furioso.
-Lo sapevo che non avrei mai dovuto permettere a mia figlia di entrare in contatto con te!-
-Tesoro, ti prego...- lo supplicò la moglie, con le lacrime agli occhi. -Non qui.-
-Qui, a casa nostra o a scuola, non cambierebbe nulla!-
-Mi dispiace, io non credevo che...-
-Non credevi?! Ma mi prendi per il culo?- Ringhiò. -L'hai fatto apposta, Alexander?-
Lui impallidì e fece un passo indietro. -No. Certo che no. È stato uno shock anche per me...-
Cameron mi raggiunse e mise una mano sulla mia spalla, con fare rassicurante.
-Uno shock!- Il padre di Sarah sbottò in una risata amara. -Cos'hai al posto del cervello? Un fagiolo?-
-Io non...-
-Cazzo, cazzo, cazzo!- 
-Tesoro...-
-Tesoro un cazzo!- Esclamò, scansando bruscamente la moglie. -Te lo avevo detto che non avrebbe dovuto frequentarlo e tu mi hai detto che era un bravo ragazzo!-
Che Alexander avesse passato qualche strana malattia a Sarah? Avrei voluto sbraitare ancora più del padre, per poter capire che diavolo fosse successo. Ma il mio corpo aveva smesso completamente di ascoltare i miei ordini. 
-Io amo sua figlia, più di qualsiasi altra cosa.-
-Brutto figlio di...-
-Bernard!!- Esclamò sua moglie, afferrandolo per un braccio. -Adesso basta! Nostra figlia ha bisogno di noi.-
Lui prese un profondo respiro e poi puntò il dito verso Alex, riducendo gli occhi a due fessure. -Se ti azzardi ad avvicinarti a nostra figlia giuro su Dio che mi assicurerò che tu non possa vivere un altro giorno su questo mondo.-
Alexander spalancò sia gli occhi che la bocca e, quando i genitori di Sarah si avviarono verso l'uscita del corridoio, lui gli gridò dietro: -non riuscirai a tenermi lontano da lei!-
-Alex...-
-Dannazione!- Gridò lui, colpendo uno dei tanti distributori di bibite che c'erano nei corridoi. 
Cameron balzò verso di lui e lo afferrò per le spalle, allontanandolo. -Alex, smettila!-
-Come può dirmi una cosa del genere? Io non posso stare lontano da Sarah!-
-Ma perché sono così infuriati, i suoi genitori?- Rabbrividii, pronta al peggio. -Cosa le è successo?-
Alex si bloccò per un attimo e deglutì rumorosamente. -Io non volevo che accadesse...-
-Qualsiasi cosa sia successa- lo confortò Cameron. -Riuscirete a risolverla.-
-No, no no! Voi non capite. Sarah è... rimasta incinta.-
Spalancai gli occhi. -C...cosa?-
-Dio- esclamò, portandosi le mani agli occhi. -Aspetta un bambino. Io. Io l'ho messa incinta.-
Di colpo, i suoi malesseri, mi tornarono in mente e tutto iniziò a prendere una forma.
-Scusa, Alex- mormorò Cameron, bianco come un cencio. -Ma siete stati davvero così stupidi?-
-Lei... mi aveva detto di aver preso la pillola del giorno dopo.-
-E Sarah...?-
-È sconvolta. Lo siamo tutti. Ma lei... ha completamente smesso di parlarci. Ha solo detto che voleva essere lasciata sola.- Si passò una mano tra i capelli. -Cazzo! Non mi ha nemmeno guardato negli occhi.-
Non mi era mai passato per la testa che lei potesse essere realmente incinta, neanche con i malori che mi aveva accusato. Come diavolo avevo fatto ad essere così stupida? 
-Com'è possibile che sia rimasta incinta, allora?-
-Gesù, Cameron! Non c'è nulla di sicuro al 100%.- 
-Quindi...- sussurrai. -Adesso cosa si fa?-
-Non l'ho fatto intenzionalmente, Phoebe!-
-Lo so. Ti credo.- Mormorai. -E lo sa anche Sarah, questo. Era al settimo cielo. Non se n'è pentita.-
-Ma tu non l'hai vista...-
-È sotto shock, Alex. Puoi biasimarla?- Chiesi. -Non siete pronti a fare i genitori.-
-E quindi cosa dovrei fare?- 
-Darle del tempo.- Mi strinsi nelle spalle. -Ti va se provo a parlarle?-
-Certo! Tu sei l'unica che ascolterà.-
-Allora adesso prendi qualcosa da bere e aspetta qui con Cameron. Io cerco di fare il prima possibile.-
-Phoebe, aspetta.-
-Che c'è?-
I suoi tristi occhi mi fecero vacillare. -Dille che mi dispiace. Che mi dispiace tanto.-

-Sarah non vuole vedere nessuno. Mi dispiace, Phoebe.-
-Beh, io non posso aspettare più.- Incrociai le braccia. -Quindi entrerò comunque.-
Non bussai neanche, prima di entrare nella piccola camera in cui stava la mia migliore amica.
-Perché non riuscite a capire che voglio stare da sola?- Sbraitò Sarah. -Uscite subito!-
-Sono io.- Dissi, avvicinandomi lentamente al suo letto. -Stai tranquilla.-
I suoi occhi, non appena mi videro, si riempirono di lacrime. -Oh, Phoebe...-
-Ehi. Va tutto bene.-
Lei scoppiò in lacrime e mi abbracciò. -No, non va tutto bene. È un grosso casino.-
La lasciai piangere sulla mia spalla, accarezzandole i capelli e mormorandole parole di conforto.
Quando riuscì a riprendersi, si asciugò il naso e mi guardò ad occhi spalancati. -Ho fatto un casino...-
-Non hai fatto un casino, Sarah. Smettila di darti la colpa.-
-Ma sono incinta, Phe.- Le rispuntarono le lacrime. -Come faccio adesso?-
-Tu ed Alex troverete un modo.-
Lei abbassò lo sguardo. -Alex mi lascerà.-
Spalancai gli occhi. -Che sciocchezze vai dicendo?-
-Devi essere realistica, Phoebe. Alex è un ragazzo meraviglioso, pieno di vitalità e soprattutto ancora troppo giovane. Non vuole un figlio. Perché dovrebbe?-
-Alex ti ama e se tu pensi questo di lui, allora non lo conosci abbastanza. Tu non l'hai visto in che condizioni è. Tuo padre gli ha appena vietato di avvicinarsi a te e lui adesso è distrutto.-
-Ma io ho appena distrutto la nostra vita...-
-No, non è vero. Lui ti ama incondizionatamente e mi ha detto di dirti che gli dispiace da morire.-
Sarah tirò su col naso e mi guardò. -Per cosa?-
-Per tutta questa situazione. Tuo padre lo ha accusato di averti messa incinta apposta.-
-Oh mio Dio- chiuse gli occhi. -Cosa devo fare, Phoebe?-
La guardai a disagio. -Intendi... intendi con il bambino?-
-Si.- Bisbigliò. 
Le afferrai le mani. -Voglio che tu sappia che qualunque decisione tu prenderai, io la accetterò. Ma purtroppo non sono io a decidere. Questa è una decisione che spetta a te e ad Alex.- 
-Sei sicura che lui voglia ancora avere a che fare con me?-
-Più che sicura.- Confermai. -Ma c'è anche un'altro problema.- 
-Quale?-
-Tuo padre. Non permetterà ad Alex di parlarti.-
-Dovrà passare sul mio cadavere, allora.- Strinse le labbra. -Per favore. Vai a chiamare Alex e, nel frattempo, fai entrare i miei genitori.-
-Certo. Andrà tutto bene, Sarah.- Le baciai la fronte. -Te lo prometto.-

Quando mi vide, Alex balzò in piedi e corse verso di me. -Sei riuscita a parlarle?-
-Si.- Gli sorrisi rassicurante. -È molto scossa, ma vuole parlarti.-
-Davvero?-
Gli raccontai brevemente ciò che mi aveva raccontato e, quando finii, spalancò gli occhi. 
-Come può anche solo pensare che io voglia lasciarla?-
-È molto scossa, Alex. Ti prego, va' a parlare con lei. Avete una decisione da prendere.-
Lui impallidì. -Ma suo padre...-
-Ha detto che avrebbe parlato con lui.- Risposi. -Si tratta di vostro figlio. Bernard può opporsi quanto gli pare, ma non potrà separarvi.-
-Nostro figlio.- Ripeté. -Vuole abortire?-
-Vuole fare ciò che è meglio per voi due e, per farlo, deve parlare con te. Sono sicura che prenderete la decisione più giusta.-
Il panico lo fece rabbrividire ma, ciononostante, prese un profondo respiro e disse: -grazie, Phoebe. Sei davvero la sua salvezza.-
-Lo so.- Feci un sorrisetto. -Adesso vai da lei, prima che suo padre la rinchiuda in una campana di vetro.-
-D'accordo. Grazie ancora. E grazie anche a te, Cam.-
Lui gli sorrise. -Non c'è di che.-
Non appena Alexander se né fu andato, Cameron si rivolse a me. -Staranno bene?-
-Si. Hanno solo bisogno di superare lo shock.-
-Secondo te cosa faranno?-
Aggrottai le sopracciglia. -È una domanda difficile. Tu cosa avresti fatto, al loro posto?-
-Avrei fatto sì che Sarah tenesse il bambino.- Rispose, immediatamente. -Sono contro l'aborto. È pur sempre un bambino quello che si svilupperà nella sua pancia e, anche se non lo avrebbero voluto, non dovrebbero ucciderlo. Al massimo, potrebbero darlo in adozione.-
-Si, immagino che non vorranno abortire, o entrambi ne avrebbero espresso subito il desiderio.-
-Lo spero.-
-Beh, grazie.-
-Per cosa?- 
-Per essere rimasto.-
-Non devi ringraziarmi. Non me ne sarei andato neanche sotto tortura.-
-Perché?-
-Perché so quanto è importante per te Sarah.-
Gli rivolsi un sorriso timido ma, quando il cellulare iniziò a squillarmi e vidi il nome che comparve, quasi svenni.
-Mi hanno scoperta.- È tutto ciò che dissi, prima di rispondere. -Papà.-
-Phoebe, dove diavolo sei?!- Sbraitò. -E non inventarti cazzate.-
-Senti, papà...-
-Luke mi ha detto che la festa in cui sei andata era tutt'altro che una semplice festa in piscina con poche persone! Come faccio a fidarmi di te se non fai altro che mentire?! Sei in un mare di guai, Phoebe, e questa volta puoi arrabbiarti quanto ti pare! Non ti concederò più nulla. Non ti azzardare ad uscire da quella casa. Sto venendo a prenderti.-
-Sono in ospedale.-
Lui restò un attimo in silenzio. -Cosa? Che ci fai in ospedale? Cos'è successo?-
-Io sto bene.- Dissi subito, prima che si facesse venire un'infarto. -Ma Sarah si è sentita male.-
-Merda.- Mormorò. -Non muoverti da lì. Sto arrivando.-
-Ma papà non ce n'è...- aveva già attaccato.
-Guai in vista?-
Mi presi la testa tra le mani e mi accasciai per terra. -Si. Grossi guai.-

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Capitolo 26
*** AVREI VOLUTO AVERE UNA FAMIGLIA NORMALE ***


-Ormai il danno è fatto, Phoebe.- Cameron si accovacciò insieme a me. -Ma se pensi davvero di finire in guai grossi, allora dovresti inventarti qualcos'altro. Potresti dire a tuo padre che Sarah è svenuta proprio mentre vi stavate per mettere a letto.-
Gli rivolsi un sorriso riconoscente. -Grazie, Cam. Ma suppongo che non servirebbe a molto. Mio padre non ci metterebbe niente a scoprire la verità vendendo te, Alexander e i genitori di Sarah.-
-Quindi ti darà una punizione con i fiocchi?-
-Non so se possa ancora essere chiamata punizione.- Risi. -Non mi farà più uscire di casa. Magari neanche per farmi andare a scuola.-
-Davvero?- Spalancò gli occhi. -Ne sarebbe capace?-
Ci riflettei un attimo e sospirai. -Non lo so. Forse si, forse no. Ma comunque adesso posso anche scordarmi la libertà vigilata.-
-Mi dispiace, Phoebe.-
-Non importa.- Accennai un sorriso. -Me la sono cercata.-
Lui si morse un labbro, cercando di reprimere un sorriso. -È vero. Te la sei cercata.-
Alzai gli occhi al cielo e mi tirai su. -Secondo te, Alexander è riuscito a parlare con Sarah?-
-Immagino di sì.- Si strinse nelle spalle. -O a quest'ora sarebbe ritornato qui.-
-Sarebbe divertente poter diventare zia.-
Cameron restò a bocca aperta ed io scoppiai a ridere difronte la sua espressione.
-Che c'è? È ancora troppo presto, per dirlo?-
-Allora neanche tu vuoi che abortisca.-
-Non vado particolarmente pazza per i bambini piccoli.- Constatai. -Però sono d'accordo con te. Non è giusto ucciderli.-
-Non vai particolarmente pazza per i bambini piccoli, però troveresti divertente diventare zia?-
-Oh, eccome! Una cosa è vedere i marmocchi un paio d'ore al giorno, un'altra è averli sempre tra i piedi. Preferisco essere zia che mamma.-
-Non vuoi avere dei figli tuoi, un giorno?-
Sbuffai sonoramente. -No. Assolutamente no.-
-Perché mai? I bambini sono delle creature meravigliose.-
-Già. Ma non sei tu a dovertelo portare dentro la pancia per ben nove mesi. Non sei tu a dover ingrassare, e poi... parliamoci chiaro: io non ho intenzione di far uscire un bambino da... beh, da lì sotto.-
Cameron mi fissò sbigottito, per poi scoppiare a ridere. -Beh, sono tutte delle giuste argomentazioni, immagino.-
-Certo che lo sono.-
-Magari cambierai idea.-
-No, non credo.-
Cameron tornò ad essere serio. -Quindi, se tu fossi stata al posto di Sarah, avresti abortito?-
-Non avrei potuto farlo, perché mio padre mi avrebbe uccisa prima.-
-Sono serio, Phoebe.-
-Che importa?- Abbassai lo sguardo. -Non sono io ad essere incinta.-
Le porte del corridoio si spalancarono, rivelandomi la figura di papà, accompagnata da quella di Taylor. Entrambi lasciarono andare un sospiro di sollievo, non appena mi videro. 
-Phoebe!- Esclamò papà, raggiungendomi. -Dio, sono morto mille volte...-
Le sue parole rimasero sospese nell'aria non appena si accorse di Cameron. 
-Salve Mr.Grey.- Sorrise, leggermente incuriosito. -Salve Taylor.-
Papà gli rivolse un'occhiata gelida che lo fece vacillare, prima di rivolgergli un secco: -ciao.-
-Stavamo aspettando che lasciassero uscire Sarah.-
-Ma cosa le è successo?-
Lanciai un'occhiata nervosa a Cameron e mi strinsi nelle spalle. -Beh, è... rimasta incinta.-
Papà impallidì e fece un passo indietro. -Ma... ma che dici?-
Annuii nervosamente e vidi che anche Taylor era sbiancato. -Suppongo che la manderanno molto presto a casa.-
-Incinta...-
-Già.-
-Com'è potuto succedere?-
Lo fissai, indecisa se mettermi a ridere o a piangere. -Credo che sia avvenuto allo stesso modo grazie al quale tu e mamma avete avuto me e Teddy.-
Cameron sbuffò in una risatina ma, quando papà lo fulminò con lo sguardo, si ricompose immediatamente.
-Non posso credere che tu lo abbia fatto entrare!- Ringhiò Bernard, raggiungendoci. -Quel dannato ragazzo ha messo incinta nostra figlia!-
-Ed è per questo che devono parlare. La decisione non spetta a te.-
-Certo che spetta a me! Sono suo padre!-
-Ti prego, non dare spettacolo.-
-Spettacolo?- Ripeté lui, sbigottito. -Mia figlia è incinta e tu ti preoccupi del fatto che io non dia spettacolo?-
Vidi papà impallidire, quasi sentitosi in colpa. 
-Salve, Christian.- Disse gentilmente, la mamma di Sarah. -Mi dispiace che tu sia dovuto venire a quest'ora.-
-Non c'è problema.- Mormorò. -Come sta Sarah?-
-Per fortuna bene. Ci ha fatto prendere un bello spavento.-
-Bene!- Sbottò il marito. -Oh, vai al diavolo.- Uscì di corsa dal corridoio principale. 
-Mi dispiace. Bernard non l'ha presa troppo bene...-
-Ha bisogno di qualcosa?-
-No. Potete pure andare a casa. Noi stiamo portando via da qui Sarah.- Sorrise. -Ero solo venuta a riferirvelo.-
-Passerò domani a trovarla!-
Papà strinse le labbra in una linea sottile, ma non disse nulla. 
-Certo, tesoro. A domani. Buonanotte.-
-Ora andiamo a casa, Phoebe.-
-Dobbiamo accompagnare Cameron, prima.-
Cameron spalancò gli occhi. -Non ce n'è bisogno. Chiamo mia madre.-
-Non farla uscire di casa a quest'ora.- Lanciai un'occhiataccia a papà. -Non è un problema, per noi, accompagnarti.-
-Certo.- Sibilò papà. -Nessun problema.-

-Grazie mille, Mr.Grey- mormorò educatamente, Cam. -Ci vediamo lunedì, Phoebe. Buona serata Taylor.-
-A lunedì, Cam.-
Lui mi scoccò un sorriso radioso, prima di chiudere la portiera della macchina e dirigersi verso casa sua. 
-Sembra educato.- Borbottò papà. -Non mi piace.-
Le mie sopracciglia scattarono all'insù. -Non ti piace perché è educato?-
-Quel ragazzo nasconde troppe cose, Phoebe.-
-Ne abbiamo già parlato. Ti prego, non ricominciare.-
-No, non ricomincerò. Ho una questione ben più importante da risolvere.- Mi lanciò un'occhiata gelida. -Puoi anche dire addio alla tua vita sociale.-
Alzai gli occhi al cielo e guardai fuori il finestrino. -L'ho già fatto.-
-Bene.- Mormorò lui, terribilmente calmo. -Ti avevamo avvisata, Phoebe, e tu hai deciso di sfidarci comunque.-
-La mia non era una sfida nei vostri confronti. Mi stavo solo divertendo.-
-Avresti potuto benissimo divertirti anche seguendo le regole.- 
-È facile per te, dirlo.- Sbuffai. -Avrei davvero voluto vedere cosa avresti provato tu, alla mia età, ad essere sempre seguito. Ad avere la consapevolezza che i tuoi genitori sapessero ogni cosa di te.-
Papà rimase in silenzio, quasi come stesse riflettendo sulle mie parole. Era difficile decifrare la sua espressione.
-Voglio solo che tu sia al...-
-Al sicuro.- Continuai io. -Lo so. Ma non c'è bisogno di tutto questo. Vorrei che tu e mamma vi comportaste da genitori normali, non da maniaci del controllo.-
Papà fece un sorrisetto, facendomi irritare. -Maniaci del controllo, eh?-
-Già. È esattamente ciò che siete.-
-Non possiamo comportarci da genitori normali se hai un serial killer accanto e uno squilibrato a piede libero.-
Gli lanciai un'occhiataccia. -Cameron non è un serial killer! E di Jack non c'è stato alcun avvistamento. Le vostre sono solo scuse, papà. Il controllo c'è sempre stato, fin da quando sono nata.-
-Ti senti in trappola?-
-Mi sento soffocare.- Incrociai le braccia. -Molto spesso, tra l'altro.-
-Non posso fidarmi di te, Phoebe.-
-Oh, al diavolo la fiducia- Sbottai. -Ho sedici anni, papà! È normale che io mi comporti così! Vorrei davvero poter vedere cosa combinavi tu, alla mia età, e rinfacciarti tutto!-
Papà sbiancò ed io, presa dalla rabbia, ignorai il protocollo e saltai giù dalla vettura prima che qualcuno venisse ad aprirmi.
Non era delle regole che mi lamentavo, ma del loro comportamento appiccicoso. Non m'importava di aver trasgredito le regole. Era la volta buona che capissero che non potevano tenermi in una campana di vetro.

Ciò che restava della notte, lo passai in bianco. Tentare di prendere sonno era inutile: la mia mente stava ancora elaborando ciò che era accaduto alla mia migliore amica. Provai anche a chiamarla ma, essendo le tre passate, il suo cellulare era staccato. Ammetto che una piccola voglia di comporre il numero di Cameron l'avevo, ma decisi di reprimerla. Papà aveva smesso di rivolgermi la parola e di mamma, non appena ero tornata, non c'era nessuna traccia. 
L'indomani fu ancora più complicato. Mamma e papà sembravano davvero essere arrabbiati. Nessuno dei due mi degnò di uno sguardo quando mi alzai, ma colsi comunque l'occhiataccia che papà mi gettò non appena decisi volutamente di saltare la colazione. 
-Vorrei andare a trovare Sarah.-
Papà finse di essere interessato a ciò che trasmettevano in TV, quindi, senza guardarmi, disse: -chiedi a Taylor di accompagnarti. Tra un'ora devi essere a casa.-
-In realtà, pensavo...-
-Non mi interessa sapere cosa pensavi.- Mi bloccò lui, mostrandomi il palmo della mano. -Tra un'ora devi essere a casa.-
Strinsi le labbra, per evitare di urlargli contro una vagonata di cose che non avrebbero aiutato affatto a migliore la situazione. Piuttosto, girai sui tacchi e mi diressi all'ufficio di Taylor. 
-Taylor?- Chiesi, dopo aver bussato. 
Lui mi rivolse un sorriso tirato. -Si?- 
Capii immediatamente che doveva essere arrabbiato con me. Deglutì e lo guardai negli occhi. -Puoi accompagnarmi da Sarah?-
-Devi chiederlo ai tuoi genitori.-
La me interiore avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo, ma si trattenne. -Si. Devo essere a casa tra un'ora.-
-Dimmi quando sei pronta, allora.-
L'avevo fatta davvero grossa. Sospirai. -Si, certo.-

La porta della camera di Sarah era chiusa. Cosa molto strana. Lei non la teneva mai chiusa. Decisi di bussare ma di entrare senza aspettare la risposta.
La sua esile figura, dapprima rannicchiata nel letto, si alzò di scatto. -Oh, Phoebe... ciao.-
-Ciao.- Risposi guardinga, chiudendomi la porta alle spalle. -Tutto bene?-
-Si, si. Non ti ho sentita arrivare.-
-Davvero?- Aggrottai la fronte. -Ho suonato al campanello.-
Lei restò in silenzio e abbassò lo sguardo, senza dire nulla.
Feci un passo avanti, a disagio. -Allora...?-
Gli scintillanti occhi verdi di Sarah raggiunsero i miei, un po' incerti. -Io e Alex... vogliamo tenerlo, Phoebe. Vogliamo tenere il bambino.-
Sorrisi. -Sapevo che avreste preso la giusta decisione.-
-Non sei arrabbiata?-
-Perché dovrei esserlo? Te l'ho detto che ti avrei appoggiata, indipendentemente da ciò che avresti deciso.-
-È solo che...- distolse lo sguardo. -Sedici anni e incinta, eh?-
-Beh...-
-Sarò lo zimbello di tutti. Diventerò grassa e facilmente irritabile.- Ammise. -Ma non potevo ucciderlo.-
-Sarah, il fatto che tu ed Alex vi stiate prendendo la responsabilità di prendervi cura di un bambino, vi rende migliori di moltissime altre persone. Questo vi fa onore.-
Lei tornò a guardarmi, facendosi sfuggire una lacrima. -Ma io non voglio condannare anche Alex, a questo destino. Un bambino è una bella responsabilità e lui è ancora così giovane...-
-Alex ti ama, Sarah.- Incrociai le braccia. -Quante volte dobbiamo ancora ripetertelo, prima che tu lo capisca?-
-Anch'io lo amo.-
-Allora non respingerlo!- Mi sedetti accanto a lei. -E poi, non sarai da sola. Ci sarò anch'io ad aiutarti a crescere il mio futuro nipotino.-
-Futuro nipotino?- Rise. -Vuoi farlo davvero?-
-Si. Lo vizierò come una brava zia.-
-E se fosse una bambina?-
-Allora vizierò una bambina.- Risi. -Te lo prometto.-

Quando ritornai a casa mia, trovai solo Gail in cucina. Decisi di tentare a parlare almeno con lei e vedere se ce l'avesse con me o meno. 
-Ciao, Gail.-
Lei alzò lo sguardo da ciò che stava preparando e mi sorrise. -Ciao, Phoebe! Come sta Sarah?-
Mi sedetti in uno degli sgabelli rossi davanti il bancone della cucina e decreterai che forse, almeno lei, non ce l'aveva con me. -Bene. Un po' stanca, forse.- Sorrisi leggermente. -Ha deciso di tenere il bambino.- 
-È una bella responsabilità, però.-
-Si, ma io e Alexander la aiuteremo, e la sua famiglia non si tirerà indietro, anche se suo padre non l'ha presa molto bene.-
-È normale che sia arrabbiato.- Disse. -Non pensi che abbia ragione?-
-Relativamente. La colpa non è di Alex.-
-Questo giovanotto è anche venuto qui, qualche volta, non è vero?-
-Si.- Risi. -Era comunque un amico di Teddy. È grazie a lui che Sarah l'ha conosciuto.-
-Non sembra un cattivo ragazzo.-
-No, non lo è.- La guardai dritta negli occhi. -Te lo assicuro.-
-'Giorno, Gail.- Mormorò papà, raggiungendoci in cucina. -A tavola tra mezz'ora?-
-Certo, Mr.Grey.-
-Non sei venuta ad avvisarmi sul fatto che fossi tornata.-
Addentai una mela. -Sono sicura che ci abbia pensato Taylor, a farlo.-
-È un compito che spetta a te, non a lui.-
-Oh, mi dispiace, capo.- Ironizzai. -Cercherò di fare più attenzione, la prossima volta.-
Lui mi guardò per un attimo, prima di girarsi e avviarsi verso il suo ufficio.
-Dov'è mamma?-
-È uscita con le tue zie. Dovrebbe ritornare a momenti.-
-Okay...-
Lui respirò bruscamente e si passò una mano tra i capelli. -Okay.-

-Allora,- disse Cameron. -come va con i tuoi genitori?-
Sbuffai e mi gettai sul letto. -Male. A malapena mi rivolgono la parola, e lo stesso vale anche per Taylor.-
-Forse potresti provare a chiedergli... che so io... scusa, ad esempio.- Ironizzò. -Sarebbe un passo verso la pace.-
-Ah, ah, ah.- Alzai gli occhi al cielo. -Davvero spiritoso. Vuoi fare la mia voce della coscienza, adesso?-
-Si. Te ne servirebbe proprio una.-
-Okay, sapientone. Secondo te dovrei scusarmi perché loro non fanno altro che controllarmi?-
-No. Dovresti scusarti perché sai che, anche se ti avevano dato la loro fiducia, tu hai deciso di rovinarla, mentendo ad entrambi.-
-Oh, andiamo! È stata solo una stupida festa! Non è che volevo ritirarmi alle prime ore del mattino.-
-Già. Ma così facendo ti sei bruciata la tua unica possibilità.- Rispose. -Ci hai pensato? Se magari avessi fatto ciò che avevi promesso, i tuoi genitori avrebbero accettato a diminuire il controllo su di te, perché sapevano di potersi fidare.-
Ebbi un attimo esitazione. Che Cameron potesse avere ragione? "Ma no!" Gridò la me interiore. "Non avrebbero diminuito comunque il controllo!"
-Non penso che sarebbe stato così semplice. Non con i miei genitori, almeno.-
-Beh, dovresti comunque provare a scegliere la via più semplice, invece che complicarti la vita e ottenere una punizione.-
-È quello che mi ha sempre ripetuto mio fratello, più o meno.-
-Ne sono onorato, allora.- Rise. -Sono sicuro che tu sia molto più furba di così, Phoebe.-
-Beh, comunque è ormai troppo tardi.-
-No, non è mai troppo tardi per aggiustare le cose.-
Alzai gli occhi al cielo e guardai il mio cellulare. -D'accordo, grazie per i tuoi preziosi consigli. Vedrò di farne tesoro. Mio fratello mi sta chiamando, ti dispiace se stacchiamo?-
-No, per niente. Fammi sapere come andrà.-
-D'accordo. Magari ti chiamo più tardi.-
-Lo spero.-
Sorrisi e attaccai senza rispondergli, componendo subito il numero di mio fratello. 
Lui rispose già al primo squillo. -Phé! Stai bene?-
-Certo.- Aggrottai la fronte. -Perché non dovrei?-
-Oh mio Dio- gettò un sospiro di sollievo. -Non lo so. Ma che diavolo è successo? Ho sentito papà, oggi, ma era di fretta e ha iniziato a dire cose a caso.-
-Si. Credo che sia sconvolto.- Dissi, cautamente. -Sarah è incinta.-
Restai in ascolto, cercando di comprendere la reazione di mio fratello. Lui infatti, restò in silenzio per un minuto intero, completamente sconvolto, suppongo.
-Stai scherzando?-
-No. Non questa volta.- Sospirai. -Sarah è davvero incinta, Ted.-
-Merda.- Ringhiò lui. -Com'è possibile? Io le affido la tua sicurezza e lei mi resta incinta? Di Alexander?-
-Si, di Alexander. Ma aveva preso la pillola del giorno dopo- spiegai. -Ma a quanto pare non ha funzionato.-
-E adesso cosa faranno?-
-Hanno deciso di tenerlo.-
-Sul serio?- Chiese, sbigottito. -Hanno davvero intenzione di crescere un bambino?-
-Non saranno soli.-
-Questo lo so, ma... sono ancora dei bambini, Phoebe.- 
-Si, ma non sono menefreghisti. Sapevo che non avrebbero mai ucciso loro figlio.-
-Che situazione del cavolo.-
-Beh, pensala così: tra poco meno di nove mesi, super giù, diventeremo zii.-
Lui scoppiò a ridere. -Non posso credere che tu l'abbia detto! Visto e considerato, anche, che i bambini non ti piacciono.-
-Sono carini, quelli neonati.-
-Si, certo. Ti ci vedo a fare la zia, sai?- Rise. -Saresti proprio perfetta.-
-Non farti strane idee. Mi va bene avere un nipotino soltanto, per ora. Ai tuoi figli ci penseremo più in là.-
-Peccato. I tuoi nipotini sarebbero potuti essere delle bombe sexy.-
-Aspetta a dirlo. Hai ancora un sacco di tempo per invecchiare e procreare bambini brutti.-
Lui rise. -Che cattiva. E io che ti avevo chiamato per farti una proposta...-
-Che proposta?-
-Il prossimo weekend vieni qui da me?-
-Solo io?-
-Si, solo tu. Il venerdì sarà l'anniversario di mamma e papà. Non gli dispiacerà avere la casa tutta per loro.-
-Okay. Ma prima devo avere il consenso dei padroni.- Sospirai. -Ti faccio sapere più tardi.-
-Da quando chiedi il consenso?-
-Da quando papà mi ha messa in punizione.-
-Punizione? Perché?-
-Perché ho mentito sull'orario in cui sarei tornata dalla festa di ieri. Lui, ovviamente, ha mandato qualcuno a spiarmi e lo ha scoperto.-
-Ti avevo detto di non andare a nessuna festa, Phoebe!-
-Già. E io ci sono andata comunque e adesso né mamma né papà mi rivolgono più la parola. Aggiornami su qualcosa che non so già.-
-Non sei simpatica.-
Qualcuno bussò alla porta della mia camera. -Aspetta un attimo, Ted.- Dissi. -Si?-
Mamma aprì la porta e guardò all'interno della stanza. -Vieni a mangiare?-
-È mamma?- 
-Si, è lei.-
-Dai, passamela. Glielo chiedo io per il weekend.-
Mamma aggrottò la fronte quando le passai il cellulare.
-È Teddy.-

A pranzo, la prima a rivolgermi la parola fu mamma. 
-Vuoi andare da Teddy, nel prossimo weekend? Oppure puoi restare dalla nonna.-
-È una domanda che ha già una risposta, o posso scegliere davvero?-
Papà mi lanciò un'occhiata fulminante che non mi fece scomporre per niente. Ormai mi ero abituata alle sue occhiatacce.
-Mi piacerebbe andare da Teddy, si.-
-Bene.- Ringhiò papà. -Luke verrà con te.-
-Solo lui?- Ironizzai. -Wow, grazie!-
-Adesso basta, Phoebe!- Scattò mamma. -Non siamo noi ad essere dalla parte del torto, questa volta.-
Le parole di Cameron mi risuonarono in testa e quindi, grazie a lui, decisi di restare saggiamente in silenzio. A fine pranzo, però, decisi che non mi piaceva la situazione, così parlai: -su una scala da 1 a 10, quanto siete arrabbiati con me?-
-Undici.- Risposero all'unisono, i miei genitori. 
-Perché?-
-Perché ci hai mentito, Phoebe. Ci hai detto di essere a casa quando in realtà eri ancora alla festa.-
-Ma anche voi lo avete fatto quando avete detto che non avreste mandato nessuno a controllarmi. Eppure io non sono così arrabbiata, perché ormai ci sono abituata.-
-Per fortuna ho mandato qualcuno a controllare- ringhiò papà. -Non ce lo avresti detto, in caso.-
-Certo che no. E neanche voi lo avreste fatto, al posto mio. Credo che questo termine si chiami... "essere adolescente." Dovreste studiare più psicologia.-
-C'è una linea sottile tra l'essere adolescente e l'essere in pericolo, Phoebe. Le bravate giovanili stanno bene solo in un contesto normale, non in uno come il nostro, con un pazzo in giro.-
-Okay. Hai ragione, papà.- Mi arresi. -Mi dispiace di avervi mentito. Non avrei dovuto farlo.-
-Bene.-
-Adesso non sono più in punizione?-
-Neanche per idea. Ti puoi comunque scordare la tua libertà.-
Spalancai la bocca. -Che cosa? Ma ti ho detto che mi dispiace.-
-Non me ne faccio nulla del tuo dispiacere, Phoebe.-
Mamma gli diede una gomitata e si rivolse a me con tono più conciliante. -Quello che voleva dire papà... è che apprezziamo che tu abbia capito di aver sbagliato, ma dobbiamo essere sicuri che una cosa del genere non succederà più. C'è in mezzo la tua vita, Phoebe. Non possiamo rischiare.-
Sospirai pesantemente e guardai mamma dritta negli occhi. -Sarebbe bello avere una famiglia normale. Una che si preoccupi di non riuscire a pagare le bollette a fine mese, piuttosto che avere il terrore che un pazzo possa uccidere tutti.-

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Capitolo 27
*** L'AMORE ***


[...IO SONO UNA PRINCIPESSA. E NON PERCHÉ HO UN PRINCIPE, MA PERCHÉ MIO PADRE È UN RE.] 


-È tutto inutile, Cameron.- Mi gettai sul letto, sospirando. -I miei genitori non ne vogliono sapere delle mie scuse. Sono ancora in punizione.-
-Dagli tempo, Phoebe. Sono sicuro che entro la fine della settimana avranno già dimenticato tutto.-
-Ho paura che tu la faccia troppo semplice.- Guardai il soffitto. -Ma domenica sera, quando tornerò, sono sicura che avranno un umore molto più accettabile di questo.-
-Ah sì? E perché? E quando tornerai da dove?- 
-Venerdì sarà il loro anniversario di matrimonio e mio fratello mi ha proposto di raggiungerlo, così sto alla larga da loro per un po'. Sono sicura che farà bene a tutti e tre.- 
-Non penserai mica che ti odino, vero?-
Ci riflettei un attimo. -Non lo so...- ammisi. -Ma so che non deve essere facile per loro, avere a che fare con me. Forse... a volte farebbe bene ad entrambi non dovermi avere tra i piedi e non doversi preoccupare di ciò che potrebbe succedermi.- 
-Non è da te pensare a queste cose, Phoebe!-
-Eppure devo farlo. Penso che se mi trovassi al loro posto, mi sarei già presa a calci in culo e sbattuta fuori di casa un sacco di volte. Voglio dire... a volte sembro proprio una bambina viziata.-
-Adesso sono confuso. Io non ti vedo così, però... se è questo che pensi, forse dovresti fare qualcosa per cambiare.- 
-Per esempio?-
-Per esempio dovresti smetterla di non seguire le loro regole. Anche se ti sembrano ingiuste.- Completò, precedendomi. 
-È... difficile.-
-Oh, ma sono sicuro che la grande Phoebe Grey riuscirà a cavarsela.- 
Strinsi le labbra. -Come ci riesci?-
-A fare cosa?-
-A dire sempre la cosa giusta.- Sospirai. -Insomma... a volte sei proprio irritante.-
-Irritante, eh?- Rise. -Immagino che questo sia il nuovo modo che i giovani utilizzano per dire grazie.- 
-Certo, come vuoi. Adesso, però, credo di dover andare a fare delle scuse sincere ai miei. Ci sentiamo dopo.-
-No, aspetta Phoebe.- 
Mi tirai su a sedere e aggrottai le sopracciglia. -Che c'è?-
-Quand'è che parleremo di ciò che è successo...- si bloccò un attimo. -Insomma, parleremo mai di ciò che è successo alla festa?- 
Mi guardai allo specchio e scostai una ciocca ribelle. -Ehm... okay.- Mi schiarii la voce. -Voglio dire: certo che ne parleremo.- 
-Bene.- Sembrò sollevato. -Vai a fare ciò che devi, allora.-
-Si, ci sentiamo dopo.-
-A dopo, Phoebe.-

-Ehi, mamma.- Mi bloccai sull'ultimo gradino delle scale, guardandola infilarsi la giacca. -Dove stai andando?-
-Kate ed io andiamo a cercare un regalo per tuo cugino. A proposito, lunedì andremo a cena dalla nonna a festeggiare lì il compleanno di Malcom.-
Abbassai lo sguardo. -Okay.-
Mamma restò un attimo interdetta. -Vuoi venire con noi?-
-No, no. Andate pure. Io ho delle cose da fare, qui.- 
-D'accordo.- Mi diede un bacio veloce e afferrò la borsa. -Gail arriverà tra poco e papà e Taylor sono nel loro studio, se hai bisogno. Ci vediamo dopo.-
-Mamma, aspetta!-
Lei si bloccò e mi lanciò uno sguardo interrogativo e anche un po' seccato. -Che c'è?-
Mi guardai intorno e scossi la testa. -Nulla, è solo che... ti voglio bene.-
Mamma mi fissò e, con una velocità incredibile, lascio andare la borsa e venne ad abbracciarmi. -Anche io, Phoebe.-
"Oh, grazie a Dio." 
-Bene.- Mi baciò la fronte. -Ora devo andare, Kate è già qui sotto. Quando tornerò parleremo di cosa diavolo ti sta succedendo. Fa la brava.-
-Si, mamma.- Sorrisi leggermente e la guardai andare via. 
Esternare i propri sentimenti, era più complicato di quanto potessi mai immaginare. Ma dovevo ammetterlo: ne era sicuramente valsa la pena. 
Con papà fu ancora più complicato. Era dannatamente difficile, ogni volta, bussare alla porta del suo studio. Ero arrivata a credere che forse c'era qualche forza oscura ad ostacolarmi. Così, decisi di vincerla non bussando ed entrando nella stanza come una maleducata. 
Sia il volto di Taylor che quello di mio padre scattarono verso di me, con l'unica differenza che quello di Taylor restò impassibile, mentre quello di papà, dapprima sorridente, si tramutò in arrabbiato. 
Mi aggrappai alla maniglia della porta, sentendomi inadeguata. -Disturbo?-
Papà strinse i denti. -Ti serve qualcosa?-
Guardai Taylor a disagio e lui, per tutta risposta, si strinse nelle spalle. 
-Papà, tu mi odi?-
Le sue sopracciglia scattarono all'insù, probabilmente per l'inaspettata domanda e, dopo aver fatto un cenno a Taylor, il quale si alzò e lasciò silenziosamente la stanza, si alzò in piedi e si sedette sulla sua scrivania. 
Aspettai la risposta in silenzio, con il cuore che andava a mille. 
Gli occhi tristi di papà raggiunsero i miei. -Essere arrabbiati non vuol dire odiare, Phoebe.- 
-A volte potrebbe anche essere così, però.-
-Non nei confronti dei propri figli.- Nei suoi occhi passò un'ombra. -Non potrei mai odiarti, Phoebe. Perché me lo chiedi?-
-Non lo so. A volte penso che forse tu e la mamma stareste meglio senza dovervi preoccupare di tutto ciò che riguarda me.- 
Papà scattò in piedi, con aria allarmata. -Phoebe, no.- Si avvicinò a me. -Questo non devi mai pensarlo, tesoro. Tu e tuo fratello completate me e la mamma. Non potrei mai immaginare di vivere la mia vita senza uno di voi. Credimi, ti prego.-
-Ma forse sarebbe stato meglio non avermi intorno, ci pensi mai?- Feci un passo indietro. -Insomma, io non faccio altro che farvi preoccupare e arrabbiare. Perché mai non dovresti immaginare una vita senza di me? Stareste tutti molto megl...-
Papà catturò le ultime parole, stringendomi in un abbraccio tremante. -Ti prego. Ti prego, non pensare queste cose. Tu sei tutta la mia vita. Anche se mi fai arrabbiare o preoccupare.- 
-Ma papà...-
-Phoebe.- Lui mi costrinse a guardarlo dritto negli occhi. Le sue pupille erano così dilatate che quasi non riuscivo a scorgere il colore dei suoi occhi. -Tu sei il sangue del mio sangue. Io ti ho voluta. Sei una delle mie gioie più grandi, esattamente per come sei.-
A quelle parole, proprio come una poppante, mi spuntarono le lacrime agli occhi. -Ne sei sicuro?- 
-Si, tesoro.- I suoi occhi straziati cercarono i miei. -Tu sei una delle poche certezze che ho nella vita. Credimi.- 
-Anche se ti faccio disperare?-
Lui appoggiò la fronte sulla mia e chiuse gli occhi. -Soprattutto quando mi fai disperare.- 
-Mi dispiace così tanto, papà...- singhiozzai. 
-Shh...- mi cullò lui, dolcemente. -Va tutto bene, piccola. Andrà tutto bene, te lo prometto.-

Non avevo mai pianto tra le braccia di mio padre. Mai. (Escludendo gli anni infantili, ovviamente.) Era stato così inaspettatamente liberatorio che quasi quasi mi pentii di non averlo fatto prima. 
Papà mi spiegò che, anche se magari non riuscivo a credergli del tutto, era normale sentirsi in quel modo, vista la situazione. Stavo reagendo a modo mio, secondo la sua teoria. Papà mi disse qualcosa che mi fece aprire gli occhi: avevo rielaborato a modo mio la notizia su Jack Hyde e, sempre a modo mio, avevo agito di conseguenza. Ero sotto pressione. Forse, avevo appreso troppe cose assieme. Comunque, papà aveva concluso il discorso rassicurandomi —ancora una volta— che non mi avrebbe cambiata per nulla al mondo e che non si fosse mai pentito, nemmeno per un singolo istante, di avermi messa al mondo. 
Quando ironicamente dissi: -beh, ti sei dato da fare con la mamma, per mettermi al mondo.- vidi scivolare via dalle sue spalle la maggior parte della tensione. 
Non potevo chiedere di meglio dalla mia famiglia, se non l'amore. Quello era tutto ciò di cui io avessi bisogno. L'amore della propria famiglia è quello di cui ogni adolescente avrebbe davvero bisogno. 

La mano di mamma mi fece sobbalzare.
-Scusa.- Sorrise lei. -Non volevo spaventarti.-
Mi strofinai gli occhi e mi tirai su. -Che ore sono?-
-Quasi le nove. Hai fame?- 
-No, per niente.-
-Sicura? Ti ho lasciato dormire fino ad ora, ma ho pensato che volessi mangiare qualcosa.- 
-No, mamma.- Sbadigliai. -Davvero, non ho fame.-
-Ma stai bene?- 
-Si, sto bene.-
-Papà mi ha raccontato di ciò che è successo prima...- mormorò, quasi timorosa. 
-Ah, è per questo che mi chiedi come stia?- 
-Credo che dovremmo parlare.-
-Volete mandarmi dallo psicologo? Con papà ho chiarito, credo, ma sembrava nel panico.-
-Ah, sì?- Mamma sorrise divertita. -Non ti manderemo dallo psicologo, tranne nel caso in cui fossi tu a volerci andare.-
-No. Preferisco poter parlare con voi.-
-Bene. Allora dimmi: pensi davvero che noi non vorremmo averti intorno?-
Abbassai lo sguardo sulle mie mani intrecciate. -Qualche volta...-
-È vero che sei difficile, Phoebe. Ma sapessi quanto lo è stato tuo padre!- Scherzò. -Ma io ti amo esattamente per come sei. Proprio come con tuo padre e con tuo fratello.- 
-Lo so. E mi dispiace comportarmi così, è quasi impulsivo.-
-L'impulsività non è sempre una buona cosa, tesoro. Noi non vogliamo essere severi o restrittivi con te, ma dobbiamo anche cercare di darti un freno o rischiamo di lasciarti mettere in pericolo. Lo capisci questo?- 
-Si...-
Mamma mi accarezzò una guancia. -So che te lo ha già detto papà, ma forse, in tutti questi anni, non te lo abbiamo ripetuto abbastanza: tu, insieme a Teddy, sei la nostra felicità e questo non cambierà mai. Mai. Capito?-
-Lo so, mamma. Grazie.- Sorrisi. -Anche voi siete la mia felicità, anche se non ve lo dico... praticamente mai.-
Mamma scoppiò a ridere. -Bene. Ora che anche questa piccola crisi familiare è superata: sicura di non voler mangiare niente?-
-Si. Voglio solo poter dormire fino a domani, d'accordo?-
-D'accordo. Ma non ti posso assicurare che anche tuo padre lo sarà.- Mi prese in giro, baciandomi la fronte. -Buonanotte, amore mio.-
-Buonanotte, mamma.- Sorrisi. -Ti voglio bene.-
-Si. Ma io te ne voglio di più.- 

Prima di tornare a dormire, con mani tremanti, scrissi a Cameron un messaggio dove chiedevo se potessimo vederci l'indomani. Cominciavo già ad essere nervosa: in fondo non avevo mai parlato con nessuno sul perché ci fossimo baciati e, comunque, nessuno rappresentava Cameron.  
Lui rispose —come sempre— molto velocemente, dicendomi che era nervoso e curioso al tempo stesso. 
"Su cosa saresti curioso, esattamente?" Scrissi. 
"Su come è andata con i tuoi genitori." 
"Meglio di quanto pensassi. Mi sento più leggera, ora."
"Non c'è di che." Rispose. "Sono contento che abbiate risolto."
"Il merito è solo mio, non tuo😜" scherzai. "Si. Sono contenta anch'io." 
"Sono un'ottima voce della coscienza, solo che tu non sei ancora pronta ad ammetterlo." Scrisse. "Tranquilla. Non me la prendo. So qual è la verità." 
"Wow! Che ego smisurato che abbiamo qui, Cameron." 
"Ego? È solo la verità🙄" 
"Okay, voce della coscienza" scrissi. "Il mio cervello è troppo sovraccarico per oggi, credo che andrò a dormire." 
"Ma sono appena le nove."
"È vero. Eppure mi sento come se fosse passata la mezzanotte." 
"Ma stai bene?"
Sorrisi, leggendo il suo ultimo messaggio. "Si. Ho solo bisogno di dormire, stai tranquillo." 
"Allora a domani." Scrisse. "Buonanotte, PHÉ." 
Alzai gli occhi al cielo e scrissi: "Buonanotte a te, CAM."  


ANGOLO AUTRICE:
Sono passati due... tre mesi? Oddio, non potete nemmeno immaginare i casini che sono successi durante questo periodo. Non ho intenzione di farvi perdere tempo a leggere, sappiate solo che la mia scusa è che ho avuto un incidente di una certa "importanza", ma ora sto decisamente meglio. Spero con tutto il cuore che non vi siate scordati di me e della mia storia! 
Un bacione a tutti😘

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Capitolo 28
*** INCONTRO ***


Vi confesso che mi sentii più nervosa in quel momento che quando uscii per la prima volta sola con Cameron. In fondo, era la prima volta, per me, parlare di un bacio con un diretto interessato. E che cosa si aspettava che gli dicessi, poi? "È stato un bel bacio, Cameron. Ci sai fare!" 
Scossi la testa e sbuffai sonoramente. Perché voleva parlarne? Cosa c'era da dire?
-Phoebe?- Mamma bussò alla porta della mia camera ed entrò. -Mi era sembrato di sentirti. Come mai sei in piedi così presto?-
-Perché ieri sono andata a letto alle nove.- Sorrisi nervosamente e mi legai i capelli. -Ho dormito troppo.-
-Ma stai bene?-
-Si, si! È solo che...- mi passai le mani sui leggins. -Pensi che posso uscire per un po', oggi?- 
Mamma alzò le sopracciglia, sorpresa. -Per andare dove?- 
-Devo parlare con Cameron. E poi volevo andare a trovare Sarah.- 
-Sei ancora in punizione, Phoebe.- Sospirò mamma. - Ma credo che tu possa andare almeno da Sarah.-
-Mamma, lo so che sono in punizione- piagnucolai. -Ma ho bisogno di vedere anche Cameron. Devo parlargli.-
-Di cosa?-
Arrossii. -Beh...- 
-È successo qualcosa?-
-Problemi adolescenziali. Dobbiamo solo chiarire un paio di cose.- Non la guardai negli occhi. -Ovviamente Taylor o Luke starebbero con me. Non ci metterò tanto, ti prego.-
Mamma sospirò sonoramente. -Dovrai avere anche il consenso di tuo padre.-
-Grazie, grazie, grazie!- Saltai giù dal letto e la strinsi. -Lo chiederò anche a Gail e a Taylor se dovesse servire! Ci vediamo dopo.-
-Phoebe!-
Mi bloccai. -Si?-
-Taylor o Luke dovranno starti appiccicati mentre sarai con Cameron e non ti fermare troppo da Sarah. Voglio che tu torna a casa per l'ora di pranzo. Anche prima, se puoi.-
-D'accordo, promesso.- Le mandai un bacio. -Farò la brava.-

-Buuongiorno, Gail!-
-Buongiorno a te, Phoebe.- Rispose lei, facendomi un immenso sorriso. -Bella giornata?-
Mi fermai a rifletterci. In realtà non avevo tutti questi motivi per essere così emozionata. Probabilmente con Cameron sarebbe andato un disastro e, per il troppo imbarazzo, non ci saremmo più nemmeno rivolti la parola, eppure... nonostante l'ansia, il nervosismo e l'agitazione, ero anche felice di poterlo rivedere. 
-Non lo so.- Ammisi. -Lo spero. Dov'è papà?-
-Non è ancora sceso.-
-Davvero? Ma lui non dorme mai fino a quest'ora.-
-Credo che ieri abbia lavorato un sacco.- Scrollò le spalle. -Magari è solo stanco, non preoccuparti.-
-Ha scoperto dell'altro su Jack?-
-Non che io sappia.- Mi sorrise. -Vuoi la colazione?-
-Oh si, per favore. Sono affamata.-
-Pancake?-
Mi avviai verso le scale, proprio mentre mamma le scendeva. -Non lo so. Stupiscimi.- 
-Vedi di fare una bella colazione, visto che ieri non hai cenato.-
-Sissignora.- Risi. -Papà dorme ancora?-
-È sotto la doccia. Dovrebbe arrivare a momenti.-
-Bene, vado ad aspettarlo su.- 

La camera dei miei genitori era un vero gioiellino. Sempre scintillante e ordinata. Non c'era mai una cosa che fosse fuori posto. Sembrava quasi inutilizzata, se non per la presenza del grande letto matrimoniale disfatto. Mi ci sdraiai molto volentieri, sperando che mamma e papà non lo avessero usato come base per le loro sporche cose. 
Avevo sempre adorato quel letto, sembrava di dormire su una nuvola. A volte, quando ero più piccola, fingevo di avere degli incubi per poter avere la giusta scusa per dormirci. Quando però vidi che i miei presunti incubi iniziarono a spaventare papà, smisi di farlo. 
Quando la serratura del bagno si sbloccò e dalla stanza uscii del vapore, mi tirai su a sedere, sperando che papà non uscisse nudo. 
Per fortuna non lo era, anche se fu lo stesso piuttosto imbarazzante vederlo con solo un asciugamano a cingergli i fianchi. 
Papà resto con una mano a mezz'aria e spalancò gli occhi. -Dio mio, Phoebe. Che diavolo ci fai qui?-
-Ci vivo.- Aggrottai le sopracciglia. -Credo.-
Lui alzò gli occhi al cielo e si diresse verso la cabina armadio. -E da quand'è che vivi nella mia camera?- 
Mi girai verso l'imponente quadro posto sopra al comò e sorrisi. -Dovevo chiederti una cosa. Così ho pensato di aspettarti.- 
Lo sentii vestirsi velocemente. -E non potevi aspettarmi fuori?-
-Oh, andiamo! Cos'è, adesso ti vergogni?- 
Lui aggrottò le sopracciglia e venne a sedersi accanto a me. -Dovresti essere tu quella imbarazzata, immagino.-
-Non è la prima volta che ti vedo senza maglietta, papà.- Decisi di metterlo ancora più in imbarazzo. -Ora però capisco perché mamma ha accettato a sposarti.-
La sua reazione fu totalmente impagabile. Diventò rosso come un peperone e iniziò a balbettare cose senza senso. 
-Rilassati, papà!- Risi. -Posso uscire?-
A quella domanda, non ci mise quasi nulla a ricomporsi. -Con chi?-
-Devo vedermi con Cameron e poi volevo andare a trovare Sarah.-
-No.-
-Perché no?-
-Lo sai che non mi piace quel ragazzo.-
-Ma a me piace.- Incrociai le braccia. -Dobbiamo solo chiarire una piccola questione, papà.- 
Lui mi fissò, guardingo. -Ti piace?-
Diventai paonazza a quella domanda. -S...sì, ma non...non nel senso che intendi tu.- "Sei imbarazzante, Phoebe." -Insomma, è un buon amico.-
-E questo buon amico- ringhiò. -Non potrebbe venire qui?- 
-Assolutamente no!- 
-Perché no?- 
-Perché gli staresti con il fiato sul collo e finiremmo per non parlare. Sarebbe troppo imbarazzante, papà.-
-Io ti metto in imbarazzo?-
-Si. Lo faresti eccome.-
Lui, per tutta risposta, sbuffò. -In realtà saresti ancora in punizione.- 
-Lo so. Ma non può essere nemmeno considerata un'uscita. Staremo poco assieme e poi andrò da Sarah. Per pranzo sarò di ritorno.-
-E dov'è che dovreste incontrarvi?-
-Mi stai dando l'okay?-
-Dove devi incontrarlo?- Ripeté, ignorando la mia domanda. 
Gli feci un immenso sorriso. -Non lo so. Devo ancora dirglielo.-
-Bene, allora digli al centro, così che Luke ti possa tenere d'occhio.-
Gli scoccai un sonoro bacio sulla guancia. -D'accordo. Grazie papà!-
-Ehi, signorina.-
-Si?-
-Mi sto fidando di te.- Mormorò. -Non farmene pentire.-
-Non succederà.- Scossi la testa. -Non più.-

-Ti aspetto qui, d'accordo?-
-Certo.- Presi un profondo respiro, imponendo alle mie gambe di scendere dalla macchina e raggiungere Cameron. -Grazie, Luke.-
-Non allontanatevi.-
Alzai gli occhi al cielo e aprii la portiera. Cameron era già arrivato. Mi stava aspettando seduto sull'unica panchina non ancora marchiata dai vandali e probabilmente non mi aveva ancora vista. Nonostante fosse seduto, le sue gambe si muovevano nervosamente, chiaro segno del fatto anche lui fosse in ansia. 
Io avrei davvero voluto alleggerire il suo nervosismo facendogli qualche scherzo, ma costatai che ero ancora più spaventata di quello che pensassi per farlo, così mi limitai ad affiancarlo. 
-Ehi.-
Lui alzò di scatto lo sguardo verso di me e fece un sorrisetto. -Sei in ritardo.-
-Non è affatto vero- sbuffai. -Sono in perfetto orario. Forse sei tu ad essere arrivato in anticipo.-
-È vero.- Rise. -Sono qui dalle nove.-
-Davvero? E perché?-
-Non lo so- si passò le mani sui jeans. -Nervosismo, immagino. Avevo bisogno di pensare all'aria aperta.-
-Beh, sei tu che hai voluto parlare.- Borbottai. -Avremmo potuto risparmiarcelo.-
-Avresti preferito far finta di niente? Far finta che non fosse mai successo?-
-Non ho mai detto questo, Cameron.-
-Okay, ma lo fai sembrare così, Phoebe.- 
Presi un profondo respiro. Stavamo già cominciato a riscaldarci. -Non volevo darti quest'impressione.-
Lui mi fissò dubbioso. -Per te è una cosa normale?-
-Che cosa?-
-Parlare di queste cose- mormorò. -Sei così calma. Quasi come se non te ne importasse.-
Quasi gli scoppiai a ridere in faccia. Io? Calma? Avesse saputo quanto mi sentissi in agitazione!
-A quanto pare io riesco a nascondere le mie emozioni meglio di te.- Scrollai le spalle. -Questo non vuol dire che non mi interessi. E, per risponde alla tua domanda, no, non è una cosa normale. Non avevo mai parlato di un bacio.-
-Eppure ne avrai dati un sacco.- Rispose, spontaneamente. 
Inclinai la testa di lato, cercando di capire dove volesse andare a parare. -E quindi? Questo cosa c'entra? E poi, non mi è sembrato che tu fossi da meno.-
-Dovrebbe essere un complimento?-
-Si.- Lo guardai dritto negli occhi. -Dovrebbe esserlo.-
Restò un attimo in silenzio, prima di dire: -quindi ti è piaciuto.-
La sua domanda mi lasciò interdetta. Cercava di mettermi in imbarazzo? -Immagino che avrei cercato di allontanarti in qualche modo se così non fosse stato così.-
-Eppure dopo siamo andati avanti come se non fosse mai accaduto.-
-Si, beh... la situazione non è stata delle più normali.-
-Certo, lo so. E potevo anche capirlo, all'inizio. Ma ormai sono passati due giorni, Phoebe.- 
Sospirai pesantemente. -Non credo che sia stata una cosa non voluta, quel bacio.- 
-Bene.-
Aggrottai le sopracciglia. -Bene?-
-Sono felice di saperlo.- Mi guardò, forse aspettando che dicessi qualcosa ma, quando vide che non ero intenzionata a farlo, continuò: -mi è piaciuto.-
Nessuno si era mai lamentato di come baciassi ma, in quel momento, il mio cuore si sentii più leggero eppure così tormentato. -Quindi abbiamo chiarito?-
-Chiarito?-
-Si, beh... abbiamo parlato, sappiamo che ci è piaciuto. Cos'altro c'è da dire?-
Lui parve spiazzato dalla mia risposta. -Quindi finisce qui?-
-Finisce qui, cosa?-
-Ci siamo baciati, è stato bello e... fine?-
Mi grattai la testa, costatando che forse si aspettava di più. -Vorresti che ti baciassi di nuovo?-
-Mi prendi per il culo?- Scattò in piedi. -Non riesco a capirlo. Stai scherzando?-
Mi guardai attorno, confusa. -Perché dovrei scherzare? Sono io a non capire, Cameron. Insomma, hai voluto parlare e lo ha abbiamo fatto. Cosa vuoi che ti dica ancora?-
-Magari perché mi hai baciato?-
-Ma che razza di domanda è?- Iniziavo a perdere le staffe. -Tu perché le baci le ragazze?-
-Fino ad adesso ho baciato solo quelle che mi sono piaciute!-
Restai in silenzio, guardando Cameron passarsi le mani tra i capelli, forse pentito per ciò che aveva detto.
-Io non...-
-No, lascia stare.- Mi bloccò, con una strana risata. -Sono stato io ad essere stupido nell'aver pensato che per te potesse essere lo stesso. Fa finta che non sia mai successo, è meglio.-
Restai senza parole per un attimo. -Non è così.-
I suoi occhi cercarono i miei. -E com'è?-
-Complicato.- Accennai un sorriso. -Anche tu mi piaci, Cameron. È difficile da spiegare ma... credo che sia così. Insomma, tu sei riuscito ad entrare nella mia vita in un attimo ed è difficile non averti costantemente intorno.- Arrossii e abbassai lo sguardo, prima di continuare. -Ma io non credo di essere un tipo da relazione.-
Lui incrociò le braccia, deluso da quell'ultima mia affermazione. -E io purtroppo non sono un tipo da 'una botta e via'. Ma non credo che sia questo il problema, Phoebe. La tua suona tanto come una scusa.-
-Cameron io sono... strana.- Aggrottai la fronte, non sapendo cosa stessi per dirgli. -Non faccio altro che combinare guai e far disperare la gente, ti trascinerei soltanto con me e io non voglio. Non l'ho mai voluto. E questo è uno dei motivi per cui non ho mai avuto una relazione stabile. Sono io ad essere ancora troppo instabile. Non voglio ferirti come le mie bambinate.-
-Tu hai paura- il suo sguardo sembrava capire tutto. 
-Non ho paura!- Borbottai. -Solo... non voglio dover mettere in mezzo altre persone.-
Cameron si sedette accanto a me e disse: -questo è avere paura e nessuno se lo aspetterebbe dalla grande Phoebe Grey.-
-Io sono tutt'altro che grande, Cameron.-
-A volte dovresti provare a fidarti delle persone.- Mormorò, guardando le nuvole. -Potrebbero stupirti. Potrebbero rivelarsi ciò che avevi sempre sognato.-
-O il peggior incubo che ho sempre temuto...-
-È vero. Potrebbe succedere anche questo.- Rispose. -Ma io credo che ne valga la pena provarci.- 
Mi morsi un labbro. Come al solito, Cameron aveva ragione. Io avevo paura. Non solo per lui e per ciò che avrei potuto causargli, ma anche per me e per ciò che lui avrebbe potuto causarmi.
-Non rinunciare solo perché le cose sono difficili[CIT.], Phoebe.- Mi accarezzò un braccio. -Okay?-
-Vorrei poterlo fare...-
-Sei una ragazza forte. Sono sicuro che farai la scelta giusta.- Disse, baciandomi la guancia. -Ci vediamo domani?-
-Domani?-
Lui sorrise, divertito dalla mia domanda. -A scuola.-
-Oh, sì.- Scossi la testa, sentendomi un idiota, e mi tirai su. -Certo, ci vediamo domani.-

-Caspita, Phoebe.- Sarah ingoiò una manciata di popcorn, prima di continuare. -Io adoro Cameron. Ti sta aprendo gli occhi su un sacco di cose.-
-Tu credi che lui voglia stare assieme a me?-
La mia migliore amica mi guardò come se fossi stupida. -Phoebe, ti ha esplicitamente detto che gli piaci e che vorrebbe qualcosa di più. Che altro segnale stai aspettando? Un invito ufficiale?-
-E se poi va male?-
-E se invece va bene?- Borbottò, passando ai Reese's. -Non puoi bagnarti prima di piovere. L'amore è una cosa bellissima, Phoebe.-
-Ci conosciamo da poco e c'è stato un solo bacio finora. Non possiamo parlare d'amore, Sarah.-
-Che ne dici di proporgli la via della frequentazione? Ovviamente tu non dovrai vedere nessun altro.-
-Non vedo nessun altro da quando lo conosco.- Dissi. -Quindi non credo che sia un problema.-
-Allora dovreste cominciare così. Poi si vedrà.-
-Tu vuoi davvero che io lo faccia?-
-No, Phoebe- prese una manciata di patatine. -Sei tu che lo vuoi. Io ti sostengo e ti do una piccola spinta. Tutto qua.- 
-D'accordo. Hai ragione. È quello che voglio anch'io.-
-Oh, non c'è bisogno che tu mi dia ragione.- Borbottò, con la bocca piena. -So già di averla.- 
Scoppiai a ridere e le rubai alcune patatine. -Come sta il mio nipotino?-
-Ancora è quasi del tutto inesistente, Phoebe.- 
-È vero, però non vedo l'ora che nasca.- 
Lei sbuffò, lasciando andare i popcorn sul letto. -Anche Alex non vede l'ora. Sembra aver perso la testa, in realtà. Ha già iniziato a comprare i giocattoli e i completini e, visto che non sappiamo se sia maschio o femmina, ha pensato bene di prenderne per entrambi.-
-Beh, allora se siete fortunati nasceranno due gemelli.-
-Non dirlo neanche per scherzo!-
-Perché?- Scherzai. -Avresti più amore da dare.-
-Non ora, grazie. Me ne basta uno, per adesso.-
-Peccato. Sarebbe stato bello avere più nipotini.- Riflettei. -Magari chiedo a Teddy di procreare.-
-Perché piuttosto non lo chiedi a Cameron e ti fai un bambino tutto tuo?- Mi sfidò.
-Okay, okay.- Risi. -Hai vinto. La smetto.-
-Non capisco perché tu sia così gasata nonostante i bambini non ti piacciano.-
-Non lo so. Forse sto guardando tutto da un lato diverso.- Commentai. -E poi, il bambino non è mio.-
-Secondo te riuscirò a fare la mamma?-
-Certo.- La guardai incuriosita. -Perché non dovresti?-
-Perché fino a qualche giorno fa ero ad ubriacarmi ad una festa.-
-Ma se non avevi toccato neanche un goccio!- Risi. -Piantala di crearti paranoie, questo bambino accetterà anche una madre ubriacona.-
Sarah mi mostrò un sorriso tentennante, non ancora del tutto convinta. -Beh, almeno a consolarmi c'è il fatto che avrà una pessima zia.-
-Ehi! Non è affatto vero! Io sarò fantastica.- 
-Spero che con te ci sia anche lo zio Cameron.- Mi prese in giro. -Lui si che sarebbe fantastico.-
Alzai gli occhi al cielo e, dopo essere scesa dal letto, le tirai un cuscino dritto in faccia. -Bene, mammina. Credo che per oggi sia abbastanza. Domani verrai a scuola?-
-Non lo so.- Mormorò. -Non sono pronta a vedere le persone sparlarmi dietro.-
-Prenderò a calci chiunque oserà farlo. Non puoi mancare per nove mesi, Sarah.- 
-Certo, lo so. Ma non credo di riuscire a sentirmela per domani, capisci? Ho bisogno di tempo.- 
-D'accordo, ma martedì vengo a trascinarti per i capelli.- Le diedi un bacio. -Vedi di non stressarti troppo. Ci vediamo martedì.-
-Non te lo assicuro.-
-Oh, te lo assicuro io.- Risi. -Ciao!-

-Ehi, ragazzi!- Buttai la mia giacca sul divano. -Sono tornata. Puntuale come un orologio svizz... oh mio Dio!! Ma non mi avete sentita entrare?!-
Mamma, scansando bruscamente da papà, cercò di sistemarsi i capelli alla meno peggio. 
-Ormai mi avete bloccato la crescita.- Scherzai, con un'espressione di finto orrore. -È inutile cercare di far finta di nulla.-
Papà inarcò un sopracciglio, per nulla turbato, e riafferrò la mamma. -Allora, visto che il danno è fatto, non ti dispiacerà se continuiamo, vero?- 
Presi un bicchiere di spremuta e rabbrividii. -Non davanti a me.-
-Okay- rispose lui, caricandosi la mamma in spalla, la quale, presa alla sprovvista, emise un grido. -Allora andiamo in camera.-
-Christian!- 
-Che c'è, piccola?- Sorrise lui, sfrontatamente. -La nostra bambina ha voglia di poter crescere.-
-Già.- Incrociai le braccia. -Ma sappi che così non fai altro che sconvolgermi.-
Papà rise e mise giù la mamma, non prima di averle stampato un bacio sull'angolo delle labbra. -È andato tutto bene?-
-Si, certo.-
-E hai chiarito la questione con il tuo amico?-
Socchiusi gli occhi, cercando di non ridere per come avesse detto 'il tuo amico'. -Si. Il mio amico ed io abbiamo chiarito.- Aggrottai la fronte. -O almeno credo. Non lo so. Immagino che lo scoprirò domani a scuola.-
Papà inclinò la testa di lato, seriamente interessato. -È successo qualcosa di grave?-
-No, non grave. Solo differenze di idee.- Strinsi il bancone da cucina. -Vado a preparare le cose per domani. Per favore, non fate un'altro bambino. Ho già un nipotino in arrivo di cui preoccuparmi.-
La risatina di mamma mi raggiunse anche mentre salivo le scale. 
Ero contenta di sapere quei due così felici, avevo un esempio di amore proprio a due passi, eppure non riuscivo a fidarmi al cento percento. Se a loro era andata bene però, non voleva dire che lo sarebbe andata anche me. In fondo, le situazioni non erano uguali e per mio padre e mia madre deve essere andato tutto liscio. 
Scossi la testa e raggiunsi la mia camera. Ma si, valeva la pena provarci. Cameron ne valeva. 

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Capitolo 29
*** AUTOSTIMA? ***


-Taylor posso farti una domanda?- Chiesi all'improvviso, sorprendendo tutti e due. -Però abbiamo poco tempo, quindi devi darmi una risposta veloce e concisa.-
-Puoi farmi sempre delle domande, Phoebe.- Rispose lui, parecchio sorpreso. -Spara. Cercherò di essere veloce.-
-Perché tu e la tua ex moglie avete divorziato?-
A quella domanda, quasi si strozzò con la sua stessa saliva, facendomi pentire di averglielo chiesto. 
-Scusa.- Mormorai. -Non avrei dovuto chiedertelo, mi dispiace.- 
-No, non c'è problema. Mi hai solo preso alla sprovvista ma va tutto bene.- Sorrise leggermente. -Perché abbiamo divorziato? Beh... immagino che sia perché non andavamo più d'accordo. Alla fine, io e la mia ex moglie, abbiamo capito di non essere fatti l'una per l'altro. Forse abbiamo fatto le cose troppo velocemente e abbiamo finito per sbagliare in tutto. Non lo so...- ammise. -Dopo la convivenza e la nascita di Sophie abbiamo notato che non riuscivamo ad essere più in sintonia. Volevamo cose diverse e così abbiamo finito per prendere strade diverse.-
-Ma è possibile che un amore finisca così all'improvviso?- Guardai fuori dal finestrino. -Anche dopo una bambina?-
-Eravamo piuttosto giovani quando ci siamo messi insieme, Phoebe. Eravamo giovani e inesperti, convinti che il nostro fosse vero amore. E lo sembrava, all'inizio. Ma già dalla convivenza iniziano a cambiare un sacco di cose.- Rispose, fermandosi al secondo semaforo. -Jocelyn non è una cattiva persona, anzi. Mi ha dato ciò di più bello che potessi mai desiderare. Andando avanti con gli anni, però, abbiamo capito che non eravamo più fatti l'una per l'altro, che non c'era più niente tra di noi se non l'amore per nostra figlia, e questo ci ha spinti a divorziare.-
-E non avete sofferto?-
-No. È stata quasi una liberazione, per tutti e due. Se non stavamo bene insieme non avevamo motivo di continuare, non credi?- 
-Eppure hai avuto la forza di ricominciare e sposare Gail.- Constatai. -Come hai fatto?-
-Come mai questo discorso così profondo di lunedì mattina?-
-Ho bisogno di svegliarmi.- Risi. -Ed è bello conoscere la tua storia.- 
-Credo di dover ringraziare tuo padre per Gail. Con lei è stato... diverso. Abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto e abbiamo passato insieme più tempo di quanto potreste mai immaginare. Lei è fantastica.-
-Oh, ti capisco.- Ammiravo Taylor, era un grand'uomo. -È impossibile non amarla.-
Taylor sorrise e mi guardò per un attimo. -E dimmi un po': ti sei innamorata di qualcuno? È per questo che mi fai tutte queste domande?-
Ero talmente imbarazzata da quella domanda che probabilmente le mie guance avevano preso a bruciare. Avrei anche potuto provare a friggerci un uovo sopra. 
-Ma... ma che dici!- Balbettai. -Ero solo curiosa, tutto qui.-
Lui sorrise, come chi ne sapeva tante, ma non commentò. Posteggiò l'auto al solito posto, difronte scuola, e mi passò il mio sandwich. -Vedi di fare la brava. Le farfalle allo stomaco possono essere una brutta bestia.-
Spalancai la bocca e praticamente mi gettai giù dall'auto, pur di non starlo più a sentire. Era così imbarazzante! 
-Ciao, Phoebe!-
Alzai lo sguardo e mi illuminai. -Ciao, Jen!-
-Stai bene?-
-Si, si.- Cercai di ricompormi e salutai Taylor. -È solo che il lunedì è sempre molto difficile.-
Lei sorrise. -È vero, ma almeno abbiamo il fine settimana per riposarci. Lo hai passato bene?-
Bene. Che eufemismo!
-È stato un weekend insolito, ma non posso lamentarmi.-
-Ti riferisci a Sarah?- Chiese, quasi imbarazzata. -In giro si dice che è incinta.-
-Che velocità...-
-È la verità?!-
-Già.- Annuii. -Ma ti prego di non farlo sapere troppo in giro, per ora. Sarah è già piuttosto scossa.-
-No, certo che no.- La sua espressione si incupì. -Ma temo che lo sappiano già un po' tutti.-
-Vedrò di fare qualcosa di stupido per far chiudere la bocca a tutti, allora.- Sospirai. -Mi inventerò qualcosa tra la seconda e la terza ora.-
Jennifer rise, prima di tornare seria. -Ma lei come sta, adesso?-
-Bene, tutto sommato. Deve solo riuscire a metabolizzare a pieno il fatto che tra poco meno di nove mesi avrà un bambino.-
-Deve essere difficile...-
-Forse lo è solo per adesso. Ma tra me e Alex riuscirà a superarla ben presto e anche i suoi genitori la sosterranno.-
-Certo, di sicuro.- Rispose. -Ma dimmi un po'... hai combinato qualcosa in questo fine settimana?-
-In che senso?-
-Tuo fratello mi ha chiamata.-
Le mie sopracciglia si alzarono di scatto. -Davvero? Perché? Che cosa ti ha detto?-
-Non molto, in realtà. Era preoccupato, voleva sapere se fossi con te.-
-Oh... È mio padre che lo ha fatto preoccupare. Lui è così.- Dissi. -Non ti ha detto altro?-
-Voleva sapere come stessi.-
-E...?-
-E mi ha detto che gli dispiace ma che andava fatto e che fosse felice che io stessi andando avanti.-
-Oh, a volte è così stupido!-
-No, va bene.- Rise. -Sai qual è la cosa che mi ha sorpresa?-
-Cosa?-
-Non mi ha fatto così male. Non come pensavo che avrebbe potuto farmi.- Spiegò. -È un grande passo avanti.-
-Allora non è così difficile dimenticare un grande amore.-
-Se alla fine il ragazzo si rivela uno stronzo, no.- Rispose. -Non è che io lo abbia del tutto dimenticato. È ancora troppo presto...-
Smisi di ascoltarla non appena i miei occhi videro Cameron passare per il cortile della scuola con alcuni amici. Dovevo farlo. Me lo ero ripromessa.
-Jen, scusa. Non vorrei interromperti.- Piagnucolai. -Ma mi sono ricordata di una cosa urgente che dovevo fare prima delle lezioni. Ti va se ci vediamo a pranzo?-
-Magari domani.- Rispose. -Oggi salto le ultime ore.-
-Perfetto. Allora continueremo a parlare domani.- Iniziai ad allontanarmi. -Ciao, Jen!-

-Ehi, Cam!-
Lui, insieme a Jason ed Harrison, si girò verso di me e sorrise. -Ehi, Phoebe.-
-Ragazzi vi spiacerebbe lasciarci parlare un attimo?-
Cameron mi guardò sorpreso mentre Jason diceva: -come no! È tutto tuo. Ci vediamo dopo, Cam.-
Aspettammo che se ne andassero e, non appena furono abbastanza lontani, mi chiese: -allora, che succede?-
-Ho pensato a lungo, ieri.-
-E a quale conclusione sei giunta?-
-Mi sono resa conto che mi stai facendo il lavaggio del cervello.-
-Ehm...-
-Senti io non so cosa voglio, okay?- Dissi. -So solo che da quando ti ho conosciuto ho messo in dubbio ogni cosa, che fosse giusta o sbagliata. Non avevo mai pensato ad una relazione duratura con qualcuno, eppure sei arrivato tu e ho dovuto mettere in dubbio pure questo.-
-Sono confuso.- Mise le mani in tasca. -Mi stai rimproverando? Mi dispiace, non volevo metterti in difficoltà o distruggere ciò a cui cred...-
Catturai le ultime parole con la bocca, avvicinandolo a me. Le sue labbra erano come sempre morbide e, con enorme stupore, scoprii che forse era davvero ciò che volevo. 
Quando la campanella suonò, lo allontanai dolcemente ma lui aspettò un po' prima di riaprire gli occhi. Erano così azzurri che sembrava quasi che avesse messo le lenti a contatto. 
-E questo per cos'era?-
-Non so cosa potrebbe esserci tra noi, Cam- spiegai. -Ma voglio provarci. Potremmo frequentarci e vedere come va. Potrai tirarti indietro in qualsiasi momento.-
-Tirarmi indietro? Hai davvero una così bassa considerazione di te stessa?-
-Mi conosco.- Scrollai le spalle. -Ci vediamo a pranzo?-
-D'accordo.-
Mi avviai verso l'entrata, soddisfatta per ciò che avevo fatto, prima che lui mi richiamasse. 
-Cosa c'è?-
-Grazie.-
-Guarda che non lo faccio solo per te- gli sorrisi sfacciatamente. -Lo faccio anche per me.-
-È per questo che ti ringrazio.-

Quando, all'ora di pranzo, più di un paio di ragazze vennero a chiedermi se io e Cameron ci fossimo fidanzati, mi resi conto che il nostro bacio forse non era passato inosservato. 
-Beh- rise Cameron, affiancandomi. -Probabilmente domani vorranno sapere se ti ho già chiesto di sposarmi.-
-È vero. Forse dovrei mettermi un anello.-
-Cos'è una proposta?-
Gli diedi uno spintone a andai a cercare un tavolo che non fosse già occupato. 
Non mi era mai piaciuta la gente che si faceva gli affari degli altri, ma sperai che questo "grande scoop" potesse distrarre tutti dal "problema" di Sarah. 
-Quindi ora fate coppia ufficiale?- Chiese Brendon, addentando una mela. -Carini.-
-Non c'è nulla di ufficiale.-  
-Oh, andiamo, Phoebe. Ti abbiamo vista tutti baciarlo.-
-Era un bacio di cortesia.- Scherzò Cameron. -Non gasatevi troppo.-
-Amico, tu non ti rendi nemmeno conto di cos'hai accanto.- Rispose lui. -Ma se davvero è stato un bacio di cortesia, potrei averne uno anch'io, Phoebe?-
-Spiacente. Non posso.- Sorrisi enigmatica. -Ma sono sicura che Jessica sarà più che felice di dartene uno.-
Lui scoppiò a ridere. -Voi ragazze non la smettete mai di parlare, non è così?-
-Neanche voi ragazzi siete da meno, Bred.-
Lui sorrise alla mia risposta e si rivolse a Cameron: -sei un uomo molto fortunato, Cam. Trattala bene.- Gli diede una pacca sulla spalla e se ne andò.
-Wow- commentò lui. -E' stato...-
-Strano- continuai io, posando il mio piatto sul tavolo. -Ma anche divertente. È simpatico il fatto che voi ragazzi vi definiate essere uomini.-
-E questo cos'è? Un insulto?-
-Si.-
-Vacci piano, dolcezza.- Fece un sorrisetto. -O chiedo il divorzio.- 
Presi una manciata di tortellini. -Oh, ma sta zitto.- 
-Ti va di parlare un po'?-
-Credevo che lo stessimo già facendo.-
-Vorrei parlare seriamente, adesso.- 
-D'accordo.- Acconsentii. -Qualcosa non va?-
-Prima, quando hai detto che avrei potuto tirarmi indietro, dicevi sul serio?-
-Certo che dicevo sul serio.-
-Perché?-
-Te l'ho detto- sospirai. -Mi conosco.-
-Ma Phoebe... sembra che le persone qui attorno abbiano un'alta considerazione di te, più di quanta tu ne abbia per te stessa.-
-Cameron, so che a te sembra che qui siano tutti miei amici. Ma credimi, sono pochissimi ad esserlo veramente. Qui i ragazzi apprezzano l'idea della ragazza simpatica che proviene da una delle famiglie più ricche di tutta Seattle. Tutto qui.- Spiegai. -Non è che tu debba pensare che io sia una di quelle ragazze perennemente tristi, eh. Dico solo che io ho un modo tutto mio di agire... non esattamente corretto, qualche volta. Mi piace trasgredire le regole.-
-Forse è anche per questo che mi piaci.-
-Forse è proprio per questo che piaccio a tutti.- 
-Ma io so che tu sei molto più di una ragazza ribelle.- 
-Magari ti illudi solamente- mormorai. -Potrei non essere all'altezza delle tue aspettative.- 
-Non ho grandi aspettative- scherzò. -Ma facciamo così: usciamo insieme. Per un vero appuntamento, questa volta. Così potrò constatare se lo sei o meno.-
Feci un sorriso. -Quando?-
-Potrei anche dire questa sera, ma per tutta la settimana avrò da studiare per i test. Quindi che ne dici della sera prima che tu vada da tuo fratello?-
-Mi può andare bene- feci un sorrisetto. -Hai intenzione di portarmi in un ristorante a cinque stelle?-
-Neanche per idea. Non potrei mai permettermelo.- Rispose, facendomi ridere. -Ma non ti dirò dove ti porterò.-
-Mh... quindi è una sorpresa?-
-Oh, sì. Lo sarà. Te lo assicuro.-
Gli sorrisi riconoscente. 
Più stavamo insieme e più mi convincevo che Cameron fosse davvero stupendo. Sembrava davvero tutto fantastico. Davvero tutto. 

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Capitolo 30
*** PARADISO E INFERNO ***


Mi presi la testa fra le mani e mi afflosciai a terra, incapace di comprendere appieno la situazione. Era mai possibile che i bei momenti fossero sempre destinati a finire in un battibaleno? 
-Phoebe.- Mi richiamò papà. -Dobbiamo andare a casa, tesoro.-
-No. Ti prego, no. Prima devi farlo uscire.-
Lui si accovacciò davanti a me. -Non posso fare nulla, per ora.- Spiegò. -È stato denunciato.-
-Ma non ha fatto nulla! Lui era con me! Ti prego- lo supplicai. -Ti prego, papà! Paga la cauzione.-
Papà sospirò pesantemente e mi prese per un braccio, aiutandomi ad alzarmi. -Dobbiamo andare.-
-No!- Gridai. -Non me ne andrò fino a quando non lo avrai fatto uscire!-
Lui non si fece troppi problemi prima di prendermi per la vita e, come fossi una bambina, trascinarmi fuori, sotto gli occhi allibiti dei presenti.
-Papà, lasciami andare!-
-Mi dispiace, tesoro. Non possiamo restare.-
-Ma non possiamo lasciarlo lì!-
-È un problema suo e dei suoi genitori, Phoebe. Ci penseranno loro. Se è stato denunciato, qualcosa deve aver pur fatto.- Mi guardò dritto negli occhi. -E noi sappiamo già cosa potrebbe aver fatto, giusto?-
-Deve esserci un errore...- sussurrai. -Ne sono sicura.-
-Mi dispiace tanto, piccola. Non avrei mai voluto che questa cosa ti ferisse.-
.
.
.
~QUATTRO ORE PRIMA: GIOVEDÌ, ORE 07.30 P.M.~
-Mi porti a giocare di nuovo a bowling?- Chiesi, curiosa. -Perché ti avverto: potrei batterti ora che so come si gioca.-
Cameron fece un'enorme sorriso. -Non ho intenzione di farmi battere oggi, così ho pensato di aspettare che arrivi l'orario facendo una passeggiata in centro.-
-Aspettare l'orario per andare dove?-
-Non ho intenzione di dirtelo.-
-Cosa? Perché?-
-È una sorpresa. Di solito non deve essere "l'uomo"- fece le virgolette con le dita, mentre lo diceva. -A dover far colpo sulla ragazza?-
-Aspetta, aspetta, aspetta- scossi la testa. -Perché tu uomo e io ragazza? Noi femmine siamo molto più mature di voi maschi.-
-Okay.- Rise. -Allora è il ragazzo a dover far colpo sulla donna. Così va meglio?-
Gli feci la linguaccia e passai avanti, guardando i negozi illuminati. 
-Che c'è?- Chiese, seguendomi. -Non ti piacciono le sorprese?-
-Si. Se sono belle, sì.-
-Riuscirò a sorprenderti.- Aggrottò la fronte, dopo averlo detto. -O forse no. Probabilmente avrai girato ogni singolo locale di ogni città.-
-Non è così.- Cercai di rassicurarlo, vedendo che la sua espressione da fiera si era tramutata in delusa. -Ti assicuro che da quando sono cresciuta ho smesso di seguire i miei genitori in tutti quei locali super belli in cui andavano sempre.-
-Beh, se dovessi conoscerlo, fa almeno finta che ti piaccia.-
Sorrisi intenerita. -Non hai bisogno di far colpo su di me con un locale, Cameron.-
-Lo so, lo so. Sono già perfetto così.- Sbuffò. -Considerala solo una piccola aggiunta da parte mia.-
-Guarda che qui l'unica ad essere perfetta sono io.- Scherzai. 
-No, no. Ti assicuro che sono io ad esserlo.-
Socchiusi gli occhi e incrociai le braccia. -Allora sai cosa ti dico? Dovrei tornare a casa. Non mi piacciono i palloni gonfiati.-
Lui scoppiò a ridere e mi appoggiò un braccio sulle spalle. -Okay, okay. La smetto.-
-Adesso si che ci siamo!- Sorrisi soddisfatta. -Mi dici almeno fino a che ora ci toccherà aspettare?- 
-Che c'è? Hai già fame?-
-Oh, io ho sempre fame.-
La mia risposta lo fece ridere. -Tra una ventina di minuti potremmo iniziare ad avviarci.-
-A piedi?-
-Certo.-
-E sei sicuro che non sia lontano?- 
Cameron alzò gli occhi al cielo. -Sono sicuro che riuscirai a sopravvivere.-
-Mi stai irritando.-
-Solo perché non stai nella pelle di sapere dove mangeremo.- Rise. -Se magari parlassimo di qualcos'altro ti riusciresti a distrarre.- 
-Per esempio?-
-Sei felice di poter andare da tuo fratello, domani?-
Decisi di assecondarlo, rilassandomi. -Si. E lo sono anche di più, visto che i miei genitori non ci saranno.-
-Perché? Hai intenzione di trasgredire ancora le regole?-
-No- sbuffai. -Mio fratello è quasi come mio padre, quindi non potrei. Però sarà divertente essere solo con lui e i suoi amici.-
La sua espressione diventò subito dubbiosa, quindi mi affrettai ad aggiungere: -ma mi comporterò bene, te lo prometto.-
-Che aereo prenderai?-
Strinsi le labbra per impedirmi di ridere. -Dovrei essere con il jet di papà.-
Cameron parve imbarazzato. -Già, certo...-
-Essere ricchi ha anche i suoi vantaggi.- Risi. -Non è male viaggiare lassù.-
-Ti credo sulla parola.- Rise anche lui. -Quanti mezzi ha tuo padre?-
-Un bel po'. Sai, ha anche un elicottero, si chiama Charlie Tango e sa pilotarlo.-
Cameron spalancò gli occhi. -Sul serio? Tuo padre sa pilotare un elicottero?-
-Già. Ma lui è bravo in un sacco di cose.-
-Wow- sospirò. -Dev'essere meravigliosa la vista da lassù.-
-Non lo so. Mamma non ha mai voluto che ci salissi e papà è sempre stato d'accordo con lei.-
-Davvero? E perché?-
-Non lo so. Si spaventano perché una volta ha avuto qualche problema, durante un volo.-
-È davvero un peccato.-
Scrollai le spalle e ammisi: -non mi dispiace più di tanto.-
-Ti invidio.-
-Oh, non devi. Qualche volta potrei portarti sul jet. Oppure potremmo andare a fare un giro sulla Grace, sarebbe divertente.-
-Sulla Grace?-
-Si, è il catamarano di papà.- Gli sorrisi dolcemente. -E sa guidare anche questa.-
-Credo di volermi prostrare ai piedi di tuo padre.-
A quella risposta, scoppiai a ridere. -Che esagerato!-

-Wow, Cam...- sussurrai allibita, ammirando il panorama. -Credevo che questi luoghi esistessero solo nei film fantasy.-
-Quindi ti piace?-
Mi guardai attorno. Cameron mi aveva portata ad un ristorante davvero delizioso. Se dovevo essere sincera, lo conoscevo già, ma c'ero stata una sola volta e non avevo mai visto la bellezza del giardino sul retro. Era mozzafiato e io davvero senza parole. 
Tutto era curato nei minimi dettagli, non una cosa che fosse fuori posto. Al centro, sotto l'imponente fontana, si trovava una lastra di vetro dalla quale si riusciva a scorgere la piscina sottostante. Tutt'attorno era cosparso d'erba e, nella parte sinistra, dopo il piccolo ponticello in mogano, dominava la scena la grande cascata cristallina. 
-Se mi piace?- Risposi, senza fiato. -È bellissimo...-
-Lo dici come se non lo avessi mai visto.-
-Infatti è così! Smettila di pensare che io conosca già il posto. Non avevo mai visto questo giardino.- Mi guardai attorno, accorgendomi tristemente che non ci fosse nessun tavolo, escluso per qualche panchina. -Mangiamo dentro?-
-No, Miss.Grey.- Uno degli elegantissimi camerieri ci raggiunse, con in mano una grande tovaglia. -Perché non sceglie lei dove mettersi?-
Guardai Cameron interrogativa, ma tutto ciò che mi mostrò lui fu il suo enorme sorriso soddisfatto. 
-Mh... sotto la cascata?-
Il cameriere sorrise, apprezzando la mia scelta. -Godrete di una magnifica. Prego, da questa parte.-
Cameron mi prese per mano, facendomi arrossire leggermente, e mi condusse oltre il ponte, là dove il cameriere stava stendendo la tovaglia.
-Potete cominciare ad accomodarvi. Verremo subito a servirvi.-
-È un picnic?-
-Si.- Sorrise, sedendosi. -Ma di classe.-  
Mi sistemai la gonna, prima di sedermi, poi osservai la cascata. Era illuminata da luci blu e viola ed era comunque abbastanza lontana, affinché il suo scroscio non ci disturbasse troppo. 
-Non pensavo che sarei riuscito a sorprenderti così tanto.-
-Eppure lo hai fatto. Cam, tutto questo è stupendo! Non sapevo che si potessero fare i picnic, qui.-
-E in effetti hai ragione, non credo che lo abbiano mai fatto.-
Lo guardai interrogativa, cercando di capire come fosse possibile. 
-Vedi,- mi spiegò. -Il proprietario di questo ristorante è il fratello del socio di mio padre e suo figlio è da poco diventato un mio amico. Diciamo solo che ho approfittato un po' della situazione e ho chiesto loro questo piccolo favore.-
-E hanno fatto tutto questo per noi?- Chiesi sbigottita. 
-Solo per noi.-
-Porca miseria.-
-Ragazzi, scusate l'interruzione.- Disse il cameriere, cominciando ad imbandire la tovaglia. -Che ne dite di cominciare con un sobrio antipasto? Dopo mi direte cosa vorreste per cena.-
-La fate la pizza?- Scherzai io. 
Il cameriere sorrise, per nulla intimorito. -Questa sera abbiamo chi potrebbe farla, si.-
Spalancai gli occhi, guardando Cameron e poi di nuovo il cameriere. -Sul serio?-
-Certo, miss. Questa è la sua serata.- Annuì educatamente. -Godetevi l'antipasto.-
-Certo. Grazie, Joel.- Rispose Cameron. 
-Hai seriamente pensato anche alla pizza?-
-Si. Ma non ero del tutto sicuro di farla servire. Mi sembrava... inappropriata ad un appuntamento.-
-Non ad una come me. Mi rendi molto più felice con una pizza che con una cena da un sacco di soldi, credimi.-
-Allora sono contento di aver pensato anche a questo.-
Gli sorrisi riconoscente, convincendomi sempre di più della sua perfezione.
.
.
.
~DUE ORE DOPO: 10.00 P.M.~
-È stata una delle pizze più buone che io abbia mai assaggiato, dopo quella italiana!- Mi sgranchii le braccia. -Grazie!-
-Non c'è di che. Sono contento che tu sia soddisfatta.- Rise. -Ma ora arriva il mio pezzo preferito.-
-La pizza era buona, ragazzi?- Chiese Joel.
-Da leccarsi i baffi.-
-E ditemi, avete già scelto il dolce?-
-Io vorrei un tortino al cioccolato con cuore fondente. Dev'essere una prelibatezza.-
-Lo è, Cameron. Te lo assicuro.- Sorrise lui. -E per lei, miss?-
-Credo proprio che ne prenderò uno anch'io.-
-Perfetto. Gradite dell'altro?-
Cameron scosse la testa e mi guardò interrogativo.
-No, grazie. Siamo apposto così.-
-Bene, ve lo serviremo tra un momento.-
-Grazie mille.- Rispose Cameron.
Mi assicurai che il cameriere se ne fosse andato, prima di avvicinarmi a quel ragazzo troppo perfetto. 
-Ehi- disse, sorpreso, non appena gli misi le braccia al collo.
-Ehi.-
-Che cosa fai?-
-Avevo intenzione di ringraziarti.- Sussurrai, vicino il suo orecchio. -Ti sembra una cattiva idea?-
-No...- lo sentii inghiottire. -Non credo.-
Gli accarezzai una guancia e lo guardai dritto negli occhi. -Grazie- gli sfiorai le labbra con le mie, prima di baciarlo sul serio. Quando però, lui dischiuse le labbra, mi tirai indietro, provocando un gemito infastidito da parte sua. 
-Sarebbe imbarazzante se venisse il cameriere.- Spiegai. -Non essere impaziente. Ora devi essere tu ad aspettare.-
-Cos'è? Una punizione?-
-Più o meno.- Risi. -Ma stai tranquillo, non durerà molto.-
.
.
Quando arrivarono i due tortini, dovetti ammettere che erano davvero squisiti. Come tutto, del resto.
-Su, dai. Ammettilo! Voglio sentirti dire che era ottimo.-
-Okay, okay.- Scoppiai a ridere. -Il tortino era davvero buonissimo, Cameron. Ma preferirò sempre la pizza a qualsiasi cosa.-
-Mi può andare bene anche così.- Rispose, alzandosi e porgendomi la mano.
La afferrai con decisione e mi tirai su anch'io. -Nessuno aveva mai fatto così tanto per me, Cameron. Mai.-
-Sono onorato di essere stato il primo.- Rispose, prima di aggrottare la fronte. -E spero anche di essere l'ultimo.-
Il suo ultimo commento mi fece arrossire, ma Cam non mi diede possibilità di rispondere, poiché mi portò oltre il ponte.
-Pronta ad andare?-
-Per andare dove?-
-È una sorpresa.-
-Un'altra?-
-Si, Phoebe.- Rise. -Un'altra. Ma è l'ultima, te lo prometto.-
Non sapeva quanto si sbagliasse.
.
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~ORE 10.45 P.M. = QUARANTACINQUE MINUTI ALLA FINE~ 
-Che ci facciamo qui?- Chiesi, guardandomi nuovamente intorno. -Vuoi uccidermi?-
Lui rise, ma la sua risata non fu come le altre. Era spenta. -No, non voglio ucciderti. Non oggi, almeno.-
-Buono a sapersi...-
-Vieni a sederti qui.- Mi invitò vicino a lui. 
Io obbedii immediatamente e guardai il cielo che si apriva sopra le nostre teste. -Ci sono un sacco di stelle.-
-Mi piaceva un sacco, guardarle da bambino.-
Lo guardai. -E ora non più?- 
-Si, ma non come una volta.- Mormorò. -Ma restano comunque bellissime.-
Lui si girò di scatto, quasi come se avesse sentito qualcosa, ma invece mi chiese: -posso baciarti?-
Lo guardai per un attimo, prima di rispondergli: -si.-
Non se lo fece ripetere due volte. Mi stupiva ogni volta la morbidezza delle sue labbra e quando mi accarezzò una guancia, quasi mi sciolsi. 
Sperai di non spaventarlo o confonderlo quando mi misi a cavalcioni su di lui, ma lui, al contrario, sembrò accettarmi, mettendomi una mano sul fianco destro e una tra i capelli, spingendomi più vicina. Io lo assecondai e affondai le dite tra i suoi capelli, beandomi del calore delle sue labbra e della sua lingua e della morbidezza dei suoi capelli e dei suoi polpastrelli su di me.
Ci staccammo giusto il tempo per riprendere fiato, prima che Cam iniziasse a mordicchiarmi il collo, facendomi sfuggire un gemito. Lo strinsi di più a me e cercai nuovamente le sue labbra ma, quasi mi venne un colpo al cuore, quando sentii uno sparo improvviso. 
-Stai tranquilla- disse, col fiatone. -Sono i fuochi d'artificio.-
Alzai lo sguardo verso l'alto e constatai che in effetti Cameron aveva ragione. Adoravo i fuochi d'artificio e, nemmeno un attimo dopo, i colori iniziarono ad esplodere in mezzo alle stelle. 
-Ma è bellissimo!- Esclamai, tenendomi in equilibrio con le sue spalle. -Era questa l'ultima sorpresa?-
-Si.- Mi mostrò un sorriso a trentadue denti, riportando le mani sui miei fianchi. -Era questa.-
Abbassai la testa per dargli un casto bacio sulle labbra. -Grazie. È stato tutto meraviglioso.-
-Sarò felice di sorprenderti ogni volta che vorrai, Phoebe.-

La strada per ritornare al centro, non era molto illuminata e fu per questo che Cameron mi tenne la mano per tutto il tragitto. 
Di sicuro quella era una sera che non avrei mai dimenticato. Era stata una delle serate più belle della mia vita, ma non sempre le cose finiscono bene, giusto? 
Quando sentii in lontananza il suono delle sirene, non mi preoccupai e nemmeno Cam. Ma, quando il suono iniziò ad avvicinarsi a noi e, più di una macchina della polizia, ci aggirò, iniziai a sudare freddo, non capendo cosa stesse succedendo. Il suono era assordante e le luci dei fari delle macchine mi stavano accecando.
-Ma che succede?!-
-Non lo so.- Rispose teso, spingendomi dietro di lui. -Vedrai che non è niente.-
Sarebbe stato bello se non fosse accaduto niente ma, quando un poliziotto scese dalla macchina puntandoci contro una pistola, iniziai ad avere paura. 
-Cameron Hughes- disse. -Lascia andare la ragazza.-
Spalancai gli occhi e per un nano secondo credetti che i miei genitori potessero aver denunciato la mia scomparsa, ma era impossibile visto che sapevano esattamente dove fossi. 
-Phoebe- sussurrò lui. -Ora ti lascio andare. Ti prometto che non ti faranno nulla, quindi non farti prendere dal panico.-
Cameron mi lasciò andare e, lentamente, iniziò ad alzare entrambe le mani. 
-Signorina, si allontani da lui e venga qui.-
-Perché? Non abbiamo fatto niente!-
-Phoebe, fa come ti dice.-
-No!- Mi misi davanti a lui. -Voglio sapere che succede.- 
Il poliziotto mi afferrò per un braccio, spingendomi lontana da Cameron.
-Cameron Hughes, ti dichiaro ufficialmente in arresto.-
Oddio. Forse mi ero ingozzata troppo con la pizza e avevo finito per svenire e ora stavo facendo quello strano sogno. Sembrava troppo reale per esserlo, però.
-Tutto ciò che dirai potrà essere usato contro di te in tribunale.-
-No, no, no!- Scossi la testa e mi avventai sul poliziotto, proprio mentre lo ammanettava. -Lo lasci stare! Non ha fatto nulla!-
Alcuni agenti dovettero intervenire per bloccarmi. 
-Phoebe, va tutto bene.-
-Non è vero! Non puoi farti arrestare senza aver fatto nulla.-
-È stato denunciato per tentato omicidio.- Disse. -Dobbiamo portarlo in centrale.-
Smisi di opporre resistenza, incapace di elaborare ciò che le mie orecchie avevano appena sentito.
Non stava succedendo. Mi rifiutavo di crederlo.

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