Rispose una voce assonnata dopo il terzo tentativo. <>
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Abigail sbuffò, come era possibile che Andrea fosse così smemorata?
<> Quasi urlò al citofono.
La porta d’ingresso si aprì improvvisamente e sulla soglia, appoggiata allo stipite, c’era una ragazza con capelli neri a caschetto, una frangia ribelle che le cadeva sulla fronte, occhi azzurri, alta e magra: poteva essere scambiata per una modella, se non fosse per i pantaloni larghi del pigiama e una maglietta a mezze maniche tutta bucherellata.
Andrea la prese per un braccio e la trascinò in casa. La abbracciò, e urlò: <>
Quest’ultima si divincolò dall’abbraccio, massaggiandosi l’orecchio. <>
<> Disse, a mo’ di scusa.
La casa era un disastro. In camera di Andrea posaceneri ovunque strabordanti di mozziconi, il letto sfatto. In cucina pentole sporche appoggiate nel lavandino. Solo la camera di Abigail e il bagno erano lindi.
Appoggiati il trolley e il borsone in stanza, la ragazza raggiunse Andrea, che era seduta sul letto a gambe incrociate intenta a rollarsi una canna.
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L’altra annuì, poi chiese: <>
Abigail si sedette anche lei sul letto, con uno sbuffo. <>
E mentre Andrea si accendeva una canna, Abigail prese una sigaretta dal pacchetto. Andò verso la finestra e l’aprì.
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