The Right Side of War

di Ila_JL
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1



1 Settembre 1973. Primo anno
[Clarke]


“.. Quindi divertiti, Clarke, ma stai attenta. E SCRIVICI!”
Sento mia madre urlare l’ultima parola mentre il treno ha già iniziato a muoversi lentamente fuori dalla stazione, con degli sbuffi di vapore che colorano di bianco il cielo azzurro di questo primo giorno di settembre.  Guardo i miei genitori sporgendo ancora di più la testa dal finestrino e vedo mia madre con gli occhi lucidi che continua a sbracciarsi, mentre le braccia di mio padre la cingono da dietro confortandola, mentre sorride e annuisce nel suo solito modo gentile verso di me.
“A presto, vi voglio bene, ci vediamo a Natale!” grido loro, prima di sospirare una volta e rientrando nello scompartimento.
Jake e Abby Griffin sono i genitori migliori del mondo, per la prima volta nei miei undici anni di vita starò lontana da loro per più di un paio di giorni di seguito. Quattro mesi, per l’esattezza, e se da un lato sento già la loro mancanza, dall’altro mi basta solo guardarmi intorno per essere pervasa da un forte senso di eccitazione.
“Ci siamo Wells!” Esclamo al mio migliore amico seduto di fronte a me!
Lui mi risponde con il suo solito sorriso pacato. Non so come faccia ad essere sempre così tranquillo.
Io sto scoppiando: ci sto andando, sto andando a Hogwarts. Dopo anni a sentire i miei parlarne, raccontarmi delle loro avventure, sono veramente sull’Espresso, che ora sta viaggiando a tutta velocità verso la mia nuova casa.
Un colpo alla porta mi distoglie dai miei pensieri e con il sorriso sulle labbra mi volto verso una ragazzina che sembra avere la mia età.
“Possiamo? - chiede titubante portandosi una ciocca di capelli corvini dietro un orecchio? – stiamo cercando uno scompartimento e abbiamo visto che qui ci sono dei posti liberi.”
Il sorriso sul mio viso si allarga ancora di più.
“Certo! – esclamo – entrate pure!” E Wells annuisce.
La ragazza mi guarda grata ed entra nello scompartimento seguita da tre ragazzi, che iniziano a sistemare i bauli sui ripiani sopra i sedili.
“Io sono Raven- mi porge la mano la ragazza – Raven Rayes” si presenta con un sorriso e prende posto vicino a me.
“Clarke Griffin” ricambio senza smettere di sorridere, mentre Wells si presenta.
“Wells Jaha.” Dice sorridendo.
“Jaha? Come il ministro della magia? Sono Bellamy Blake comunque” si presenta il primo ragazzo ad accomodarsi. Ha un sorriso genuino che gli crea due fossette sulle guance.
Wells annuisce: “sono suo figlio.”
“Oh abbiamo una celebrità qui allora! Jasper Jordan!” Esclama entusiasta il secondo ragazzo, alto e magro, parandomi davanti e scuotendo forte la mia mano nella sua.
“Il mitico Jasper Jordan, e questo è il mio fedele compagno Monti!” continua indicandomi l’ultimo ragazzo.
Questo si avvicina, un sorriso gentile sul volto dai tratti asiatici: “Monti Green” mi dice, prima di rivolgersi a Jasper dandogli una pacca sulla spalla. “Da dove ti è uscita fedele compagno? Non sono mica un cane!”
Bellamy e Wells ridono e a me e Raven scappa un sorriso.
Una volta sistemati i bagagli è Jasper a riprendere la parola:
“In che casa vorreste finire?” chiede con gli occhi che brillano di eccitazione.
Prima che qualcuno possa rispondere Raven ci guarda con aria confusa.
“Casa? Pensavo stessimo andando a Hogwarts!” ci chiede dubbiosa.
Jasper la guarda come se fosse matta, ma intervengo io prima che possa dire qualcosa di compromettente.
“A Hogwarts tutti gli studenti vengono smistati in quattro case diverse, come quattro grandi gruppi che prendono il nome dai quattro fondatori della scuola.”
“Corvonero, per le menti brillanti” mi interrompe Jasper dando una gomitata scherzosa a Monti.
“Tassorosso, per chi è un amico leale” gli risponde l’amico.
“Grifondoro, culla dei coraggiosi di cuore!” interviene anche Bellamy.
“E Serpeverde” concludo io a denti stretti. “Scaltri e malvagi.” Informo Raven vedendo il suo sguardo confuso in risposta al mio cambiamento di umore.
“Diciamo che non è la casata che Clarke preferisce” sogghigna Wells davanti a me.
Gli rispondo con una linguaccia, mentre torno di buon umore.
“ Comunque praticamente si vive con i compagni di casa: ci sono quattro dormitori, quattro tavoli dove mangiare.. Si seguono le lezioni con i compagni di casa..”
“C’è il campionato di Quidditch!” mi interrompe Bellamy con fare orgoglioso.
“Quidditch?” chiede Raven ancora più confusa.
“Non sai cos’è?!” chiede Jasper esterrefatto.
Bellamy si porta una mano sul cuore con fare drammatico.
“Mettiti comoda, ragazza. Abbiamo qualche ora per informarti di tutte le cose del mondo magico che ancora non conosci.”
Sorrido, appoggiando la testa sullo schienale e ascolto i discorsi dei ragazzi attorno a me.
Ho il sospetto che saranno sette anni interessanti.
 

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“Clarke Griffin” sento la professoressa McGranitt chiamarmi ed emergo dal gruppo dei miei compagni camminando verso lo sgabello del cappello parlante.
Inizio adesso ad agitarmi, ho sempre pensato che sarei finita a Grifondoro come mio padre, ma anche Monti era convinto di diventare un Tassorosso e invece si è appena seduto al tavolo dei Corvonero.
Deglutisco e mi siedo.
“Ah una Griffin! – sento subito il cappello sussurrarmi nelle orecchie – vediamo un po’. Sembra proprio che audacia, fegato e cavalleria siano qualità che abbondano in te, vedo anche un’intelligenza fine e una forte lealtà per gli amici. Ma non ho dubbi… GRIFONDORO!”
L’ultima parola rimbomba nella sala e sollevata mi tolgo il cappello per correre verso la casa dai colori rosso e oro che sta applaudendo forte.
Mi avvicino e vengo accolta da saluti festanti: Bellamy, smistato prima di me, mi indica il posto vuoto al suo fianco e mi siedo.
“Ciao, io sono James Potter e sono al terzo anno, questo è Sirius, il mio migliore amico e quella è Lily Evans, la mia ragazza!” dice un ragazzo sporgendosi sul tavolo parlando velocemente e indicandomi un bel ragazzo che mi sorride e una ragazza dai capelli rossi che lo guarda infuriata.
“Nei tuoi sogni, Potter.” Gli dice prima di rivolgersi a me addolcendo lo sguardo.
“Benvenuta Clarke, idioti a parte – e mi indica James che sorride comunque -  sei nella casa migliore di Hogwarts!”
“Grazie!” le dico prima di tornare a osservare gli altri ancora in piedi.
Jasper viene spedito al tavolo di Corvonero, dove abbraccia contento Monti.
Raven mi guarda in cerca di conforto e le mostro i pollici in su come incoraggiamento, lei annuisce e quando tocca a lei cammina sicura verso la McGranitt.
Sembra passare un’eternità prima che il cappello si decida.
“GRIFONDORO” grida alla fine.
“SI’” esclamo io applaudendo e appena Raven si avvicina la abbraccio forte.
“Il cappello era indeciso tra Grifondoro e Corvonero, ma alla fine ha detto qualcosa riguardo al mio animo coraggioso che lo deve aver convinto!” mi dice lei sciogliendosi dall’abbraccio e guardando tutti gli altri al tavolo con il sorriso sulle labbra.
Wells viene spedito a Corvonero, dove si siede vicino a Jasper e Monti, lanciandomi uno sguardo di approvazione: sapevamo che sarebbe andata così e siamo entrambi contenti.
“Alexandria Woods” chiama la McGranitt e l’ultima ragazza della fila si avvicina allo sgabello.
Anche per lei il cappello impiega un po’ di tempo.
“SERPEVERDE” esclama alla fine, e la ragazza annuisce come se fosse un dato di fatto e con uno sguardo imperturbabile si rivolge verso il tavolo verde e argento che esulta.
Faccio in tempo a notare i suoi occhi verdi prima che si sieda voltandomi le spalle. James, davanti a me si gira e vede il mio sguardo incantato.
“Hai visto gli occhi di quella ragazzina, Sirius? Mi ricordano tanto quelli di Lily!” Lei si gira scocciata.
“Evans, Potter, solo Evans per te!” Gli risponde inviperita.
“Oh non essere gelosa, Lily cara, preferisco sempre i tuoi!” dice lui facendomi l’occhiolino.
Mezzo tavolo scoppia in una risata, io sogghigno mentre mi rivolgo verso Silente, ma dentro di me non posso proprio essere d’accordo con James.
 
 
.*.*.*.
 
1 Settembre 1979. Settimo anno.
[Clarke]

“Corri Raven, corri!” urlo senza fiato mentre spingo il mio carrello verso il muro che divide il binario 9 dal binario 10.
“Se non ti sbrighi lo perdiamo, poi lo spieghi tu a mia madre, ci siamo smaterializzate mezz’ora fa!”
Raven dietro di me sbuffa, ma continua a correre disperatamente anche lei.
“Non è colpa mia se quel ragazzo babbano all’ingresso ha insistito così tanto nel farmi vedere la sua auto sportiva, sai che ho un debole per queste cose.”
“Per i ragazzi o per le macchine?” le chiedo con un sorriso malizioso.
“Entrambi” mi dice sogghignando. “Ma ora muoviamoci che ci siamo, grazie a Merlino.”
Superiamo la barriera e l’espresso ci si para davanti agli occhi, con il solito caos di maghi e streghe di tutte le età che si affollano alle sue porte. Saliamo sul treno e subito Octavia ci si para davanti insieme a suo fratello Bellamy che ci saluta a sua volta.
“Alla buon’ora ragazze!” Ci abbraccia entusiasta.
“Provaci tu a correre con una gamba che non collabora, Blake, non è per niente facile!” esclama prima di cedere il suo baule a Bellamy con un sorriso angelico.
Il ragazzo lo afferra sbuffando, ma lo porta di buon grado nello scompartimento dove il resto dei nostri amici ci sta aspettando.
Loro entrano, ma io mi prendo un attimo prima di entrare.
Quante cose sono cambiate dalla prima volta che ho messo piede su questo treno.
Io sono cambiata, ma anche il mondo là fuori. E ora sto per iniziare il mio ultimo anno ad Hogwarts prima di essere catapultata nel pieno della guerra.
Questa guerra che si è già presa troppo da me, penso osservando il mio polso sinistro, dove fa capolino l’orologio di mio padre.
“Datti una mossa Griffin! “ urla Raven da dentro lo scompartimento.
“Si, dobbiamo sconfiggerti a gobbiglie come tradizione impone!” si aggiunge Jasper.
“E a scacchi” conclude Wells.
Certe cose non cambieranno mai, per fortuna.
 
*.*.*.*


[Lexa]
Cammino tranquillamente per la stazione di King’s Cross, una mano sopra la spalla di Aden per guidarlo in mezzo alla folla della stazione.
Vedo che si guarda in giro spaesato, così gli stringo la spalla e gli offro un piccolo sorriso tranquillizzante.
Lui annuisce e prosegue con la schiena un po’ più dritta e il mento più sollevato.
Come nostro padre ci ha insegnato, come è giusto per un Woods.
Mai mostrare le emozioni, noi che di emozioni ne avremmo anche troppe, la maggior parte delle quali negative, causate proprio dall’uomo che continuiamo a chiamare padre nonostante tutto.
Ma quest’anno è tutto diverso: non devo preoccuparmi ogni secondo di Aden, di cosa quell’uomo potrebbe fargli dopo che io sarò salita su quel treno che mi ha sempre portato via da loro. Non dovrò preoccuparmi della condizione in cui lo vedrò quando tornerò a casa per le vacanze di Natale.
Aden è qui vicino a me e per tutto l’anno scolastico sarà sotto il mio stesso tetto e potrò difenderlo, come ho fatto per tutta la mia vita. Oltrepassiamo la barriera senza problemi, e lui, da buon Woods, non mostra timore per dover andare contro un apparente solido muro di pietra. Solo quando arriviamo al binario lo vedo esalare un sospiro di sollievo per essere tutto intero.
“Bene Aden, ci siamo.” Lo guardo e lo vedo annuire.
“Il primo viaggio per Hogwarts è molto importante, conoscerai i tuoi nuovi compagni, sceglili con cura” gli dico duramente.
“D’accordo Lexa” dice prima di salire sul treno.
“Aden” lo richiamo esitante “Sarò con te, quest’anno.”
Lui mi guarda con un dolce sorriso: “lo so, Lexa.”
Io annuisco e lo guardo allontanarsi lungo il corridoio, verso la sua nuova vita.
 
 
Alzo gli occhi al cielo senza farmi vedere dagli altri.
Queste riunioni sono inutili e noiose, ma siccome Silente ha avuto la brillante idea di nominarmi Caposcuola sono costretta a parteciparvi.
Sono nel vagone riservato ai prefetti e ai Caposcuola, e l’unica cosa positiva di questa situazione è che mi sono liberata di quelli che in teoria dovrebbero essere i miei cari compagni di casa. Anya e Lincoln non sono male, ma darei qualsiasi cosa per non avere nulla a che fare con Rookwood, i Carrow e soprattutto con Ontari degli Azgeda e tutti gli altri. Purtroppo il mio essere Serpeverde, e soprattutto una Woods, mi costringe a relazionarmi con quelle persone.
Non li sopporto: loro e il loro venerato Signore Oscuro e tutti i loro ideali grandiosi sul sangue puro.
E la cosa peggiore è che devo far finta di apprezzare, quando devo costringermi anche solo a tollerare la loro presenza.
Chiudo gli occhi un secondo per scacciare questi pensieri pericolosi dalla mia mente e quando li riapro ritrovo la mia solita imperturbabilità.
Quando siamo tutti presenti la riunione ha inizio.
Osservo gli altri prefetti, tutte facce conosciute, e mi soffermo sugli altri tre caposcuola.
Maya Vie, una ragazza pacata di Tassorosso.
Wells Jaha, il Corvonero modello, figlio del ministro della Magia.
E infine Clarke Griffin, che sta parlando in questo momento presentandosi ai nuovi prefetti.
“Credo di parlare a nome di tutti i caposcuola e dei prefetti più anziani ricordando che il compito principale dei prefetti sia quello di contribuire al mantenimento dell’ordine tra gli studenti delle proprie case.
Comportatevi secondo le regole, siate un modello da seguire per gli altri, soprattutto per i più piccoli. E soprattutto non abusate del vostro potere, non togliete punti per scopi personali.”
Si interrompe per osservare i prefetti della mia casa, che sorridono malignamente, ma poi la vedo rivolgersi anche a quelli rosso-oro, e sono quasi stupita dalla sua correttezza.
“Capisco che ogni tanto sia una forte tentazione – si ferma per fare una smorfia che mi fa quasi sorridere – sappiate solo che per ogni punto sottratto a una casa dovrete compilare un rapporto, quindi a vostro rischio e pericolo.”
Vedo i ghigni abbandonare i visi di alcuni ragazzi e annuisco soddisfatta, incrociando quello sguardo blu che si sofferma per un attimo su di me. Non riesco ad interpretare il suo sguardo, ma lei mi toglie questo impiccio distogliendolo subito dopo.
Prende la parola Jaha, interrompendo i bisbigli suscitati dal discorso di Clarke.
“Per quanto riguarda le ronde, quest’anno ci sono delle novità. Considerati gli eventi esterni e interni alla scuola che si sono verificati l’anno scorso – si interrompe per lanciare uno sguardo a metà tra il preoccupato e il protettivo verso Clarke – Silente ha voluto intensificare i controlli. Tutte le sere della settimana i prefetti si alterneranno fino alla mezzanotte, alternandosi per casa e anno. I Caposcuola divideranno con i professori le ronde notturne e nei week-end” Dice dando uno sguardo gentile ai ragazzi più giovani.
“Gli abbinamenti sono come al solito Grifondoro- Corvonero e Tassorosso-Serpeverde.”
“No.” Interrompe Clarke e tutti ci rivolgiamo verso di lei.
Ha uno sguardo duro e risoluto, totalmente diverso da quello spensierato e eccitato che ho visto la prima volta che ho incrociato i suoi occhi mentre indicava il soffitto magico della sala grande a un’altra ragazza sette anni fa.
“No – ripete decisa – quest’anno sarà Grifondoro – Serpeverde.”
“Ma Clarke-“ interviene Wells.
“Ne ho parlato con Silente quando ho ricevuto la spilla e lui è stato d’accordo con me. C’è bisogno di un maggior controllo sui Serpeverde. Senza offesa “ si interrompe e penso che si stia rivolgendo a me, quando invece noto Maya al mio fianco accennare a un sorriso e fare un gesto della mano per tranquillizzare Clarke. “Ma io, e Silente concorda con me, ritengo che i Grifondoro possano evitare più facilmente che i Serpeverde facilitino i propri compagni di casa ad uscire e a infrangere le regole, o peggio le leggi. Dopo gli avvenimenti dell’anno scorso non è più una cosa da prendere alla leggera.”
Nessuno osa fiatare sotto il suo sguardo.
“Bene- riprende Maya per spezzare il silenzio – Tassorosso e Corvonero sia, allora – e rivolge uno sguardo rassicurante a Jaha – rivolgetevi ai direttori delle vostre case stasera per l’elenco dei turni e delle parole d’ordine.”
“Per ora è tutto, possiamo tornare nei nostri scompartimenti “ conclude Wells.
Tutti iniziano ad uscire, mentre io mi prendo il mio tempo. Certamente non muoio dalla voglia di tornare a chiudermi nello scompartimento insieme agli altri.
Quando ormai non posso più tergiversare mi dirigo verso la porta.
“Woods” mi sento chiamare.
Mi volto automaticamente e vedo Clarke con uno sguardo ancora più duro e severo di quello di poco fa.
“Griffin.” Le rispondo semplicemente.
“Tieni sotto controllo la tua casa” mi dice subito.
Io la guardo negli occhi, reggendo il suo sguardo. Negli ultimi due anni è cambiata in modo impressionante, non nel corpo, che è rimasto sempre quello di una ragazza, ma ha lo sguardo di una guerriera che ha dovuto sopportare innumerevoli battaglie. Lo riconosco perché è lo stesso sguardo che vedo ogni volta che osservo il mio riflesso. Lo sguardo di chi è cresciuto troppo in fretta.
Le volto le spalle decisa a non risponderle, perché in fondo quello che posso fare io è il minimo, considerando che i miei amati compagni prendono ordini direttamente dai mangiamorte, quindi quello che dico io non ha alcun peso.
Ma all’ultimo secondo mi fermo. Perché non ci sto, perché è frustrante, perché vorrei urlare a tutti che io non sono d’accordo, che purosangue e nato babbano non hanno differenze per me. Ringrazio di darle le spalle altrimenti vedrebbe la tempesta dentro di me.
“Ho le mani legate, Clarke.”
E proseguo senza mai voltarmi verso di lei, sentendo il suo sguardo bruciarmi sulla schiena e un lieve sussurro che assomiglia tanto a un: “Come sospettavo.”
 
 
Il resto del viaggio è trascorso come al solito. Sono riuscita a farmi gli affari miei mentre i miei compagni discutevano tra loro e sono riuscita a mantenere la calma davanti ai loro assurdi ragionamenti.
Ora attendo seduta al tavolo dei Serpeverde, mentre piano piano la fila dei ragazzini del primo anno si accorcia e applaudendo distaccatamente quando un nuovo Serpeverde si unisce a noi.
Quest’anno però, un senso di nervosismo e di agitazione mi pervade, man mano che i ragazzini vengono smistati. Aden è l’ultimo della fila, come me sette anni fa.
Non riesco a non chiedermi in quale casa andrà, vorrei che venisse qui solo ed esclusivamente per averlo più vicino e potermi prendere maggiormente cura di lui, ma non mi dispiacerebbe se finisse in una casa più.. sana. Forse Corvonero, cosa per cui l’ho sempre preso in giro per il suo atteggiamento saputello che ha sempre mostrato nei miei confronti, quando io fingevo di dimenticarmi il nome di un lontano parente o di una qualche pozione. Lui è invece convinto di finire a Tassorosso, perché sostiene di non avere molte qualità.
“Aden Woods” sento la McGranitt chiamare e mi concentro sull’esile figura di mio fratello che attraversa la sala. Il suo sguardo cade su di me che lo guardo sicura, e ancora vedo il suo mento alzarsi leggermente.
Sorrido lievemente.
Aden si siede e il cappello gli viene calato fin davanti agli occhi.
Passano i secondi e io mi ritrovo a stringere talmente tanto la forchetta che le nocche diventano bianche.
Poi all’improvviso le mie speranze si infrangono.
“GRIFONDORO” urla il cappello e il tavolo rosso-oro esplode in un applauso.
Io non riesco a muovermi.Tutto ma non Grifondoro.
Vorrei alzarmi e urlare che ci deve essere uno sbaglio, che non può essere vero, vorrei strappare il cappello dalle mani della McGranitt e rimetterlo sul capo di Aden dicendogli di essere serio e di smettere di scherzare, perché non è divertente. Per niente.
Aden si alza con uno sguardo impietrito, e so che è lo stesso presente sul mio viso in questo istante.
Ci guardiamo e sembra quasi che lui mi stia chiedendo il permesso per andare a sedersi dai suoi nuovi compagni.
Io mollo la presa sulla forchetta, che cade tintinnando rumorosamente nel piatto, ma non mi curo dell’attenzione degli altri, che so mi stanno già guardando da tempo. Abbasso lo sguardo prima di riportarlo su mio fratello, per annuire senza muovere la testa. Lui fa uno strano sorriso triste, e so che in questo momento sta provando sentimenti contrastanti, di orgoglio e di paura, di stupore e di tristezza.
Quando si siede iniziano i mormorii.
“Un Woods a Grifondoro.”
“Chissà il padre, ho sentito che Alexander Woods non è proprio un uomo tollerante”
Ma è quello di una ragazza a pochi posti da me che mi ridesta.
“Finalmente comincia a mostrarsi il marcio della famiglia Woods, un fratello a Grifondoro eh, Alexandria. Immagino che il paparino farà i salti di gioia.”
Ontari ha un ghigno cattivo sul viso, ed ho bisogno di richiamare tutta la mia forza di volontà per non scagliarle addosso qualsiasi incantesimo conosca, di magia oscura o meno.
“Chiudi quella bocca, Ontari. E anche voi” mi rivolgo a tutti gli altri.
Qualcosa nel mio tono li convince a fare quello che ho detto.
Noto Anya alla mia destra guardarmi con sguardo preoccupato, ma io non ci do peso e inizio a cenare come se niente fosse.
In realtà non mi rendo conto di cosa sto portando alla bocca e ben presto smetto di fare finta di godermi il pasto. Guardo verso il tavolo dei Grifondoro e vedo Aden scambiare timidamente qualche parola con i ragazzi seduti vicino a lui.
Non ascolto una parola del discorso di Silente e quando vedo che gli altri si stanno alzando lancio uno sguardo al prefetto Serpeverde del sesto anno:
“Portali nel dormitorio” dico semplicemente accennando ai ragazzini che si stanno alzando con aria spaurita.
Non aspetto neanche una sua risposta, ma mi dirigo velocemente all’uscita della Sala Grande, dove sono appena spariti i Grifondoro.
“Aden” quasi grido per attirare la sua attenzione sopra il chiacchiericcio.
Lui si volta a metà del corridoio e sembra sollevato quando mi vede davanti a lui.
Fa per muoversi verso di me quando una mano sulla sua spalla lo ferma. Lancio uno sguardo incredulo e arrabbiato a Clarke Griffin che con un “no” secco lo ha fermato.
Vedo che rivolge lo sguardo verso un punto alle mie spalle, poi si gira verso una sua compagna sussurrandole qualcosa all’orecchio.
“Forza primini, la nostra sala comune è al settimo piano, in qualche modo bisognerà pur smaltire il banchetto” e la ragazza, Raven Rayes, conduce gli altri nuovi Grifondoro alla sala comune.
Mi giro e vedo i miei compagni Serpeverde uscire dalla Sala Grande.
“Svelti, per di qua” dice Clarke, e prima che possano vederci ci infiliamo in un’aula vuota.
Capisco che ha fermato Aden dal corrermi incontro quando avrebbero potuto assistere anche occhi indiscreti.
Prima che possa dirle qualcosa che si avvicina a un ringraziamento Aden mi si scaraventa addosso.
“Lexa” dice disperatamente.
Noto Clarke dirigersi verso la porta della stanza, fingendo di non ascoltare e di guardare se qualcuno si avvicina. Per la seconda volta in pochi minuti sono stupita dal suo tatto.
Scelgo di non pensarci e stringo forte Aden, che intanto sta pronunciando parole sconnesse, quasi sull’orlo delle lacrime.
“Lexa.. non volevo. Il cappello parlante.. lui ha detto che era indeciso tra Corvonero e Grifondoro e mi sono risuonate in mente le tue parole e io..”
“Devi essere coraggioso, Aden.” Ripeto come un mantra le parole che tanto spesso gli sussurravo, quando entrambi portavamo i segni della rabbia di nostro padre. Ironicamente credo che le mie parole abbiano funzionato un po’ troppo.
“Esatto.. e appena le ho pensate il cappello ha urlato Grifondoro e non sapevo cosa fare… Lexa non volevo.. papà…”
Lo interrompo zittendolo. “shh, non ci pensare adesso. Va tutto bene, Aden. Va tutto bene.”
Lui si lascia andare nel mio abbraccio.
“Ma papà, lui..” riprende però, spaventato.
“Ci preoccuperemo di lui a tempo debito, Aden, fino a Natale non lo vedremo e quando arriverà… Quando arriverà ci penseremo, Aden. Lo affronteremo insieme, come al solito.” Concludo mentre sento i suoi singhiozzi.
“Stai calmo Aden. Concentrati su tutte le cose belle che potrai fare. Hogwarts è un posto meraviglioso, non farti rovinare questa opportunità.”
Lui annuisce e cerca di ricomporsi. Si asciuga le lacrime sfuggite al suo controllo e tenta un sorriso.
“Ce la faremo, Lexa.” Dice alzando il mento.
“Certo, piccoletto. E come è dimostrato resto io la più intelligente e furba della famiglia.” Dico prendendolo in giro.
“Ehi, i grifondoro sono intelligeni!” si indigna lui.
“Ben detto, Aden!” si intromette Clarke con un sorriso gentile, a cui Aden risponde immediatamente.
“Si certo, come no.” Mormoro io alzando gli occhi al cielo.
“Se avete finto sarebbe ora di andare…” interviene Clarke lanciandomi un’occhiata a metà tra il preoccupato e il comprensivo.
“Certo, datti una mossa Aden, i tuoi nuovi compagni e il tuo letto ti aspettano.” Lo incito ad andare.
Clarke lo precede fuori dalla stanza e i due Grifondoro si avviano sulla scalinata.
Aden si gira salutandomi con una mano.
“Griffin.” Sento dire dalla mia voce.
Lei si volta a guardarmi.
“Woods” dice lei, imitando il mio tono, come qualche ora fa sul treno.
Io non dico niente e per una volta lascio che siano i miei occhi ad esprimere quello che non posso dire a parole.
Grazie. Vorrei dirle. Grazie per aver capito, anche solo in parte.
E ti prego. Ti prego prenditi cura di lui quando io non potrò essere lì a farlo.
Inspiegabilmente lei sembra capire. Mantiene lo sguardo legato al mio e annuisce leggermente, come faccio io di solito. Poi accenna un sospiro e si volta ricominciando a camminare.
“Allora Aden – le sento dire – per prima cosa: attento alle scale. A loro piace cambiare..”
Lascio che un sorriso nasca sulle mie labbra e per il momento sento che Aden è al sicuro.


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NOTE:
Non posso dire di aver avuto in mente questa storia per tanto tempo perchè è nata in un quarto d'ora di follia domenica pomeriggio, ieri ho scritto il capitolo di getto e oggi eccolo qui.
Non so se possa piacere o non interessare, ma ho voluto condividere con voi l'inizio di questa follia. Sto scrivendo il secondo capitolo e spero vivamente che vi interessi sapere come prosegue e di avervi messo la pulce dell'orecchio con questo primo capitolo, che non ho voluto tagliare in due per darvi più informazioni su quello che sarà poi la storia, anche se siamo ancora all'inzio. Quindi fatemi sapere se vale la pena andare avanti, a me piacerebbe!
Spero di non aver deluso nessuno con l'assegnazione delle case, sono disponibile a sentire i vostri pareri!
Come detto nell'introduzione la storia è ambientata principalmente nel 1979, considerando che la Rowling ci dice che Harry nasce nel luglio 1980, siamo agli sgoccioli della guerra, e Clarke &co. frequentano Hogwarts gli ultimi cinque anni dei malandrini, che faranno delle sporadiche apparizioni nel flashback.
Scusate la lunghezza delle note ed eventuali errori nel capitolo,
spero di sentirvi presto,
Ila
P.S. il rating potrebbe cambiare nei prossimi capitoli...

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
 
 
[Clarke]
Mi sveglio di soprassalto con la sensazione spiacevole allo stomaco di essere appena uscita da un incubo, anche se, fortunatamente per questa volta, non ricordo cosa ha disturbato il mio già precario sonno.
Intorno a me sento i respiri pacati delle mie compagne di dormitorio, quindi mi tranquillizzo capendo che è ancora presto, nonostante i primi raggi del sole di settembre penetrino timidi dalla finestra.
Mi godo questi istanti di pace, che in questo castello si presentano solo a quest’ora del mattino o durante le ronde di notte, quando però sono troppo concentrata e pronta a captare il minimo rumore sospetto per godermi il silenzio della scuola.
Con un mezzo grugnito esasperato affondo la testa nel cuscino quando mi tornano in mente le ronde. Quelle ronde che, grazie a un suggerimento della sottoscritta non passerò più in compagnia del mio amico d’infanzia, ma di niente meno che Alexandria Woods.
In cuor mio so che è la soluzione migliore e più sicura, giusto l’anno scorso il Caposcuola di Serpeverde ha gentilmente schiantato quello di Tassorosso per permettere ai suoi compagni di dormitorio di uscire e aprire la strada ai Mangiamorte.
Sento un brivido al ricordo delle conseguenze di quel “piccolo avvertimento” del signore Oscuro, che è costata la vita di un ragazzo innocente che si trovava solamente al posto sbagliato al momento sbagliato.
Non avevo rapporti con Atom Dixon, eppure la sua perdita mi ha toccata nel profondo.
Forse perché è stata la prova tangibile che Hogwarts, come il resto del mondo magico, non è più un posto sicuro.
Ma quest’anno sarà diverso, almeno per quanto posso permetterlo. Mi assicurerò che i Serpeverde non provino a rovinare di nuovo questo già precario equilibrio. Non senza combattere, almeno.
Tuttavia non so cosa aspettarmi di Alexandria Woods: non ho mai avuto molti rapporti con lei.
Certo è una Serpeverde e la sua famiglia è spudoratamente dalla parte di Voldemort, eppure lei non si è mai schierata.
È come se fosse.. al di sopra di queste cose, delle scaramucce che ora sembrano sempre più vere battaglie tra noi Grifondoro e i suoi compagni di dormitorio.
Eppure sento la frase che mi ha rivolto sul treno rimbombarmi nelle orecchie:
“Ho le mani legate, Clarke”
E rimpiango di non essere riuscita ad afferrarla per farla voltare e cercare di interpretare quelle sue parole guardandola negli occhi. Chissà cosa ci avrei trovato, rabbia forse? Oppure rassegnazione?
Oppure.. e quasi mi sembra stupido pensarlo… oppure paura.
Quella stessa paura incondizionata che credo di aver visto quella sera stessa mentre stringeva a sé con disperazione suo fratello. Paura ben celata dietro un’ostentata sicurezza e un forte abbraccio. Eppure era lì che premeva per uscire.
La stessa paura che invece Aden non è riuscito a celare e ha lasciato trapelare.
Da quel momento non riesco a smettere di chiedermi quale segreto custodiscano i fratelli Woods.
Capisco che per una famiglia filo-Voldemort avere un figlio a Grifondoro di questi tempi non sia la cosa migliore che possa capitare, ma sembrava che ci fosse qualcosa di più nascosto in quell’abbraccio, come se lei volesse proteggere suo fratello da qualcosa di più profondo, di più.. pericoloso.
Mi chiedo se saprò mai scoprire i misteri di Alexandria Woods.
 
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La colazione del venerdì mattina è sempre un momento particolare in Sala Grande.
La stanchezza della settimana in procinto di finire si mischia con l’eccitazione per il week end, ed essendo questo il primo dell’anno scolastico, si sentono bisbigli per tutte le tavolate, mentre gli studenti decidono le attività dei prossimi giorni.
Io sono seduta tranquillamente in mezzo ai miei amici, mentre sorseggio il mio caffè leggendo la Gazzetta del Profeta.
Anche se ormai è all’ordine del giorno, è sempre un colpo al cuore leggere delle famiglie babbane assassinate, di attacchi di dissennatori e di giganti, di auror feriti o uccisi..
Chiudo il giornale quasi di scatto, quando sento una voce chiamarmi:
“Griffin”
È l’improvvisa tensione nell’aria accanto a me che mi porta ad alzare gli occhi verso l’intruso, solo per specchiarmi nello sguardo verde e distaccato di Alexandria Woods.
“Che vuoi Woods?” chiede secco Bellamy al mio fianco.
Lei non gli rivolge nemmeno lo sguardo, che continua a tenere inchiodato al mio, mentre mi porge una pergamena sigillata.
Sposto lo sguardo sulla sua mano, mentre afferro automaticamente il foglio.
“Sono i turni delle ronde dei Caposcuola – mi spiega mentre rompo la ceralacca e spiego il rotolo – ho incontrato la McGranitt sulla strada per la sala Grande e mi ha dato quelli di tutti e quattro, ho già dato gli altri a Jaha e Vie.”
“Grazie.” Le dico osservando l’elenco.
Perfetto, io e lei iniziamo stasera…
“A stasera, allora, ci vediamo nella sala d’ingresso” mi sento infatti dire, e non faccio in tempo a rispondere che ha già voltato le spalle per andarsene.
“Ancora non riesco a farmi piacere il fatto che farai le ronde con lei, Clarke” dice Raven a voce abbastanza alta per farsi sentire da lei, che tuttavia continua a camminare verso il suo tavolo.
“Esatto, sono d’accordo con Raven, che fine hanno fatto le sane vecchie ronde con Wells?” interviene Octavia dando man forte a Raven.
“Non possiamo permettere che i Serpeverde si prendano troppe libertà. È la cosa più sicura per tutti.” Taglio corto io alzandomi dalla panca.
“Io non sono d’accordo.” Dice un'altra voce, che ha il potere di congelare l’aria più dell’apparizione di Lexa.
In un attimo Bellamy, Raven e Octavia sono di fianco a me con fare protettivo.
“Beh, Finn, quello che pensi tu non ha alcun valore, quindi non vedo il motivo per cui ti debba intromettere.” Sancisco fredda, mentre comincio a incamminarmi verso la porta.
“No Clarke, tu mi devi ascoltare.” Interrompe Finn raggiungendomi e afferrandomi un braccio.
La stretta non è forte, ma decisa e gli occhi di Finn mi pregano di starlo a sentire, con quello sguardo che ormai mi rivolge da mesi.
Sono bloccata, ma è Raven a togliermi da questa situazione.
“Lasciala subito.” Quasi ringhia, puntandogli contro la bacchetta.
Bellamy è accanto a lei nella stessa posizione.
Tolgo il braccio dalla sua presa mentre sospiro.
“Lascia stare Finn, è meglio per tutti. Non hai alcun diritto di dirmi cosa devo o non devo fare.”
Lui non si muove più, limitandosi a osservarmi impotente.
Octavia mi passa un braccio sulle spalle rassicurandomi.
“Andiamo Clarke, stiamo attirando fin troppa attenzione.”
Mi guardo intorno costatando che ha effettivamente ragione, perché alcuni ragazzi seduti ai tavoli si sono fermati a guardare cosa stava succedendo.
Aumento il passo verso l’uscita sentendo un improvviso bisogno d’aria, quando i miei occhi incontrano quelli di Alexandria Woods seduta al tavolo Serpeverde.
Non so come, ma capisco che ha assistito a tutta la scena, e ora mi sta osservando con uno sguardo indecifrabile, che io ricambio fino a quando sto per oltrepassare l’ingresso della Sala Grande.
Mi chiedo se abbia trovato qualcosa nei miei occhi, perché io non ho idea di cosa ci sia nei suoi.
 
 
*.*.*.*
 
[Lexa]
Osservo la scena con estrema attenzione, anche se ad un occhio poco attento potrebbe sembrare pura indifferenza.
Quando vedo Collins afferrarle un braccio sento una stretta allo stomaco che non so spiegarmi.
Curiosità, suppongo. Curiosità di sapere cosa può essere mai accaduto per rendere così tesi i rapporti tra quella che tutti definivano la coppia migliore di Hogwarts dopo James Potter e Lily Evans.
Lui, affascinante, con un sorriso accattivante sempre abituato a spostarsi indietro i capelli troppo lunghi dal viso, sguardo penetrante e giocoso allo stesso tempo, che ora appare acceso solo da una luce folle di disperazione.
E lei.. beh lei è Clarke Griffin, e anche con quello sguardo rassegnato e le occhiaie pronunciate sul viso pallido resta comunque indescrivibile.
Quando il suo sguardo si posa sul mio, mentre cammina verso l’uscita, mi limito a ricambiare e non posso fare a meno di pensare che nonostante tutto, quella scintilla che accendeva il suo sguardo animandolo di entusiasmo deve ancora essere lì da qualche parte, pronta per tornare fuori da un momento all’altro.
 
 
Le lezioni del settimo anno sono interessanti, ma sono comunque contenta che siano finite, per questa settimana.
Mai come oggi sono contenta di avere l’abitudine da ben sette anni di recarmi in biblioteca nonostante sia venerdì, perché questo mi permette di allontanarmi dai miei compagni di casa senza destare troppa curiosità, mentre loro si dirigono verso i dormitori o all’esterno per godersi l’inizio del week end.
Così cammino velocemente nei corridoi ed entro nella biblioteca, che come sospettavo è quasi vuota. Individuo subito la testa bionda china su un libro sul tavolino più lontano e un sorriso mi nasce quasi spontaneo sulle labbra.  Mi avvicino silenziosamente e quando sono esattamente di fianco a lui sussurro:
“Un grifondoro in biblioteca di venerdì pomeriggio, questa sì che è una strana novità.”
Aden sussulta sorpreso e sembra quasi scocciato per i contenuti della mia frase, ma quando mi vede i suoi occhi si colmano di sollievo.
“Lexa!” esclama “Sei venuta!”
“Certo che sono venuta, cosa ti aspettavi? Vengo qui da sette anni e ora che posso condividere questi momenti con il mio caro fratellino Grifondoro non me li perderei per nulla al mondo.” Dico con un ghigno.
In realtà ho bisogno di sdrammatizzare, di elaborare questa questione del suo smistamento con il sarcasmo, perché altrimenti non saprei come fare.
Ovviamente Aden non sa niente della lettera di nostro padre, ripiegata in un libro nella mia borsa che in quest’istante sembra pesare il doppio.
Con nonchalance mi sfilo la borsa dalla spalla, appoggiandola per terra e prendo posto davanti a lui, mentre lui riprende a parlare con una smorfia.
“Beh, il tuo caro fratellino Grifondoro oggi ha fatto guadagnare ben 5 punti alla sua casa per essere riuscito a rispondere a una domanda sui bezoar di Lumacorno.”
Parla con tanto orgoglio e felicità nell’aver ottenuto un risultato in autonomia che la risposta sagace che sto formulando mi muore in gola, e devo mandarla giù insieme a un nodo di emozioni, mentre addolcisco lo sguardo e mi allungo per prendergli la mano sul tavolo.
Lui sembra capire il mio gesto e ricambia la stretta senza dire nulla.
Un istante dopo mi schiarisco la gola, torno composta e gli sorrido sorniona.
“Allora come va la vita dalle parti del settimo piano?”
I suoi occhi si illuminano mentre si tira dritto sulla sedia e inizia a parlare a macchinetta.
“Oh Lexa, la sala comune dei Grifondoro è bellissima, è così calda e accogliente, ci sono dei divanetti e delle poltrone morbide davanti al camino, i ragazzi più grandi organizzano partite di Sparaschiocco e Gobbiglie. La signora grassa nel quadro è sempre molto simpatica e chiacchiera sempre un po’ prima di aprirsi con la parola d’ordine, mi fa sempre piacere, a parte quando si mette a cantare, è ovvio. Lì diventa un po’ inquietante. “ Si interrompe con una smorfia, ma poi continua imperterrito.
“Anche il dormitorio è bellissimo, Lexa, dovresti vederlo. Ci sono tanti letti in cerchio e io ho quello vicino alla finestra e sono fortunato perché la sera prima di dormire rimango sempre un po’ a guardare il panorama fuori.”
“Ehi frana un attimo, piccoletto.” Lo interrompo divertita dalla sua eccitazione. “Puoi anche prendere fiato, sai, non fa mai male respirare un po’”
Lui mi guarda con un sorriso angelico.
“Lo so Lexa, ma è così bello. Vorrei solo..” e si ferma guardando verso il basso. “Vorrei solo che tu fossi lì con me.” Conclude mestamente.
Il cuore mi si stringe davanti a questa scena, ma reagisco nel solo modo che conosco.
“Oh non ne sarei così tanto sicura se fossi in te.” Vedo che rialza gli occhi per incontrare il mio ghigno. “Avrei iniziato a raccontare a tutti di cosa facevi da piccolo e di quella volta che per scappare dal cane dei vicini ti sei arrampicato sul ramo dell’albero in giardino e non riuscivi più a scendere. Chissà se il cappello parlante avrebbe cambiato idea sul tuo presunto coraggio se l’avesse saputo…”
Lui mi guarda ora con una faccia terrorizzata che mi fa quasi scoppiare a ridere, poi si ricompone come se nulla fosse.
“Sai, Lexa, credo che sia un bene che ci siano sette piani e i sotterranei a dividerci, in fondo.” Dice con aria da grand’uomo, ma vedo sotto la finta sicurezza che ostenta, la stessa patina di tristezza di poco fa, così cambio di nuovo argomento.
“Non importa, tanto i tuoi nuovi amici scopriranno da soli qualcosa di imbarazzante su cui prenderti in giro, a proposito, hai conosciuto qualcuno di abbastanza simpatico?”
I suoi occhi si illuminano di nuovo e io tiro un sospiro di sollievo mentre lui ricomincia a parlare a tutta velocità su quanto sia intelligente un certo Derrick Scott, della simpatia di John Price e della gentilezza di Christine Bell.
Mi accomodo meglio sulla sedia e sorridendo lo ascolto raccontare.
 
 *.*.*.*
 
Questa volta Octavia mi sente.
Ho rinunciato a una sessione di studio con Wells che mi avrebbe permesso di potermi godere il sabato senza la preoccupazione dei compiti, per aiutarla con gli incantesimi non verbali, ma ora non riesco a trovarla da nessuna parte.
L’ho aspettata per venti minuti in sala comune, ma ora scocciata sto andando a cercarla.
Cammino per il parco diretta al campo di Quidditch, il posto dove c’è la probabilità più alta di trovare Octavia Blake dopo il suo letto, dove, per inciso, ho già controllato che non ci fosse.
Sto camminando a passo di marcia quando vedo un gruppo di ragazzi seduti sotto un albero, e riconosco il taglio di capelli di Finn.
Vedo uno dei ragazzi con lui attirare la sua attenzione e indicarmi, ma prima che lui riesca ad alzarsi e ad avvicinarsi a me, io aumento drasticamente il passo cambiando destinazione, dirigendomi verso il primo luogo sicuro dove so che non mi seguirà.
Arrivo davanti alla porta della capanna di Hagrid senza fiato, e busso forte pregando che il guardiacaccia sia in casa.
La grande porta si spalanca e il mezzogigante si apre in un sorriso smagliante vedendomi sulla soglia.
“Clarke! Ce l’hai fatta a venirmi a trovare, entra, preparo una tazza di the.”
Io gli sorrido di rimando, tirando un sospiro di sollievo.
“Grazie Hagrid” dico mentre mi siedo al tavolo.
“Allora Clarke? -  inizia lui mentre smanetta con il bollitore – tutto bene le vacanze? E il ritorno a scuola? Caposcuola eh, lo dico sempre io che Silente è un uomo saggio.”
Il bello delle conversazioni con Hagrid è che non sono particolarmente impegnative: il guardiacaccia comincia a bombardarti di domande, genuinamente interessato e a te basta rispondere con qualche parola, da cui lui trae le sue conclusioni.
“Beh – gli rispondo – stiamo a vedere cosa combinerò quest’anno, prima di dire che Silente ha fatto una mossa saggia dandomi la spilla.” Gli rispondo con un sorriso malandrino.
Il mezzogigante scoppia a ridere, avvicinandosi al tavolo con un grosso bollitore.
“Non dire così, Clarke, non sei una cattiva persona, a volte hai infranto qualche regola, ma hai un gran cuore.” Conclude strizzandomi l’occhio e versandomi un po’ di the nella tazza.
“E dimmi -  prosegue – come sta tua madre? Mi sembra ieri che veniva qui a trovarmi lei!”
Io stringo più forte la tazza, con un improvviso cambiamento di umore.
“Beh.. lei sta bene, o almeno ci prova..” L’omone davanti a me mi guarda con uno sguardo dolce, che contrasta con la sua stazza.
“Si è buttata sul lavoro sai, è sempre molto disponibile per me, ma non è più la stessa cosa da quando…”
Mi fermo perché nonostante sia passato un anno e mezzo è ancora difficile parlarne.
“In ogni caso io e Raven ci siamo date da fare quest’estate, e ce la siamo cavata bene direi” concludo con un mezzo ghigno cambiando argomento.
“RAVEN! Anche lei dovrebbe proprio venire a trovarmi! Come sta? Ne combina sempre qualcuna delle sue?” Mi chiede, accettando il mio discorso, ma guardandomi con un’aria comprensiva.
“Beh, Raven è sempre Raven…”
E il pomeriggio continua su questi toni leggeri fino all’ora di cena.
 
 

Sto riattraversando il parco verso il castello già illuminato con lo stomaco che mi brontola, quando sento un rumore di rami spezzati al limitare della foresta alla mia sinistra.
D’istinto ho già la bacchetta in mano.
“Lumos” sussurro per vedere meglio tra i cespugli.
Dalle fronde esce nientemeno che Octavia Blake, in tutto il suo splendore.
“Ehi, abbassa quella bacchetta, mi stai accecando” dice coprendosi gli occhi con una mano.
“Cosa diamine ci fai qui fuori O?” quasi gli urlo in faccia preoccupata.
“CLARKE?!” esclama lei riconoscendomi. “E tu cosa ci fai qui?”
“Te l’ho già fatta io questa domanda, O, e comunque io stavo tornando al castello dopo un the con Hagrid, di certo non ho infranto nessuna regola, al contrario di te.”
“Allora è una fortuna avere per migliore amica la Caposcuola eh” mi risponde lei con un ghigno. “Comunque avevo un appuntamento e ho perso la concezione del tempo.”
In quel momento mi torna in mente che questo suo appuntamento misterioso ha fatto in modo che io perdessi tutto il mio pomeriggio a cercarla.
“Tu!” la accuso immediatamente puntandole addosso il dito.
“Si, pensavo avessimo superato questo punto. – mi dice lei indisponente – sono Octavia Blake, la tua amica e sono qui fuori. Che ne dici se torniamo dentro, comincio ad avere freddo e fame.” Dice iniziando a incamminarsi.
“Tu mi hai dato buca dopo avermi chiesto disperatamente di aiutarti a studiare! Ho rinunciato a una sessione di studio per te e non ti sei fatta viva!”
“Ah quello.. Beh mi dispiace Clarke, davvero, come ti ho detto mi è sfuggita l’ora, non volevo..” mi propone la sua peggior faccia da cucciolo bastonato e a me non resta che sbuffare e scrollare le spalle.
“Quindi con chi era questo misterioso appuntamento che ha rovinato il mio fine settimana?”
La vedo innervosirsi, e per una piccola vendetta mi rigiro verso la parte di foresta da cui è uscita per vedere se riesco a scorgere qualcuno.
“NESSUNO! – urla quasi lei, prendendomi per le spalle e facendomi rigirare verso il castello, ma al mio sguardo inquisitorio sospira rassegnata – Nessuno di importante, intendo. Solo uno che ho conosciuto un po’ di tempo fa, ma proprio per evitare che tu e Raven mi faceste il terzo grado non vi ho detto niente.”
C’è qualcosa che non mi torna nel suo comportamento e la guardo sospettosa.
“Oh andiamo Clarke – sbotta lei – sai come diventa mio fratello quando frequento qualcuno, siccome è una cosa nuova e senza importanza non voglio che lo sappia e mi renda la vita un inferno. Quindi ti sarei molto grata se non dicessi niente a nessuno.” Conclude lei, con un altro sorrisone angelico.
Continuo a fissarla con sospetto.
Quello che ha detto è vero: Bellamy diventa davvero un fratello maggiore iperprotettivo quando lei frequenta qualcuno, ma c’è ancora qualcosa che non mi convince.
“Eh va bene.” Le dico alla fine. “Ma dovrai trovare qualcun altro che ti aiuti negli incantesimi non verbali questo finesettimana. Stasera ho la ronda e domani ho tutte le intenzioni di recuperare le ore di sonno che perderò stanotte.” Continuo incamminandomi verso i portoni ormai vicini.
“Ecco a proposito di ronde, Clarke – “
“Io non faccio domande a te e tu non stressi me, ci stai?” le chiedo voltandomi di scatto verso di lei.
Octavia sembra pensarci un po’ su combattuta, poi emette un sospiro di rassegnazione.
“Affare fatto, Griffin.” E mi tende la mano.
Io gliela stringo, fissandola.
Mi sta nascondendo davvero qualcosa di importante per accettare di non parlarmi più delle ronde.
 
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“Clarke, aspetta! Non andartene così, dovremmo concordare un segnale così se ti dovesse succedere qualcosa..”
Sbuffo per l’ennesima volta nei confronti di Raven che sta tentando fino all’ultimo di convincermi a non andare a svolgere i miei doveri da Caposcuola.
“Ancora, Rae? Andrà tutto bene, stai tranquilla. Ti conviene arrenderti all’evidenza perché sarà così per tutto l’anno e io non ho intenzione di affrontare questo discorso ogni settimana.” Replico secca avvicinandomi alla porta.
“Ma Clarke, tu non capisci..”
“Adesso basta, Rae. – si intromette Octavia – lasciala andare. Clarke è una delle più brave del vostro anno in tutte le materie, se mai dovesse capitarle qualcosa se la caverà.”
Osservo la mia amica più piccola, mentre lei ricambia il mio sguardo.
Annuisce appena, mentre ripenso al nostro accordo di qualche ora fa.  Vedo comunque una certa preoccupazione nei suoi occhi, e capisco che anche lei non è tranquilla, ma crede davvero in quello che hai detto.
“Grazie O. – le dico con un sorriso – ma, Rae, se ti fa sentire meglio, pensa pure a un modo con cui possiamo comunicare a distanza in caso di bisogno, potrebbe tornarci utile e almeno utilizzi quel cervello geniale che ti trovi per qualcosa di intelligente che non sia perseguitarmi.” Mi rivolgo a Raven con un sorrisetto.
Lei sbuffa, ma si riprende subito.
“Sarà fatto, Griffin, ho già qualche idea in questo “cervello geniale” che ti sorprenderà.” Mi risponde picchiettandosi la fronte.
“D’accordo allora. Buona serata”
E con questo esco dalla sala comune diretta alla sala d’ingresso.
Non posso negare di essere agitata, sebbene abbia cercato di non farlo vedere alle mie amiche, già abbastanza preoccupate così.
Anche perché la mia agitazione ha una natura ben diversa: non mi preoccupo del fatto che Alexandria Woods possa attaccarmi o ferirmi in qualche modo. Non solo almeno.
Per qualche strana ragione sento che non lo farebbe, non di sua spontanea iniziativa, per lo meno.
È lei stessa a mettermi in difficoltà, la sua persona allo stesso tempo così distaccata ma così accattivante, come se il suo essere indecifrabile mi spinga a volerne sapere di più di lei e della sua storia.
E non riesco a non essere spaventata da questo mio desiderio.
Mi scrollo di dosso questi pensieri quando la vedo ai piedi della scalinata della sala d’ingresso.
Mi avvicino e quando mi vede accenno a un saluto con una mano, che lei ricambia avvicinandosi.
“Griffin.” Esordisce lei affiancandomi.
“Woods” replico io adattandomi al suo tono pacato. “Come ci organizziamo?”
“Ho incontrato il professor Lumacorno e la professoressa McGranitt poco fa – mi risponde – loro partono dai sotterranei e salgono, penso che noi potremmo fare il contrario.”
“D’accordo” acconsento io, rivolgendomi verso la scalinata. “Saliamo allora.” Sbuffo pensando alle scale che ho appena percorso e che ora devo ripercorrere al contrario, per poi riscendere e infine risalire per poter finalmente tornare a letto. Ha senso? Non lo so, ma odio l’attività fisica, e la odio ancor di più quando avviene in un orario che dovrebbe prevedere solo un cuscino morbido e delle calde coperte.
Sento la ragazza accanto a me ridacchiare leggermente quando inizio a salire i gradi enfatizzando ogni passo senza accorgermene, spinta dalla mia pigrizia. Quando mi volto a guardarla lei però torna seria.
“Possiamo trovarci direttamente al settimo piano, dalla prossima volta.” Mi dice, con le labbra che accennano a sollevarsi in uno strano sorriso, come se avesse sentito i miei pensieri di un istante fa.
Io ci penso un attimo, ma quando sposto lo sguardo avanti verso le scalinate che ancora mi separano dal settimo piano mi arrendo.
“Non sarebbe una brutta idea, sai.” Le dico fingendomi disinteressata. “Così iniziamo subito senza perdere tempo a risalire.”
“Certo, solo per questo.” Sussurra lei sarcastica e io arrossisco leggermente, ma decido di non risponderle.
Mi torna in mente che comunque la ragazza che cammina al mio fianco è una Serpeverde brillante, e che io sono qui per controllare che non aiuti i suoi compagni a girare liberi per il castello. Così ritorno seria e concentrata, e una volta arrivate all’ultimo piano iniziamo a perlustrare attentamente aule e corridoi.
Lei sembra aver capito e rispettare questo mio distacco, e si limita a camminare al mio fianco.
Noto che non ha tirato fuori la bacchetta, diversamente da me, e mi soffermo un attimo sulle sue braccia lasciate tranquillamente lungo i fianchi. Lei segue il mio sguardo, per poi tornare a guardarmi con serietà, quando i miei occhi si riallacciano ai suoi.
Dura un istante, o forse me lo sono completamente immaginato, ma vedo un leggero sorriso triste attraversarle il volto, e ricordo che ha sicuramente sentito le parole di Raven sul suo conto stamattina a colazione.
E inspiegabilmente capisco che con questo gesto vuole rassicurarmi del fatto che non mi attaccherà, che mi sta concedendo il vantaggio di avere già la bacchetta in mano in caso di bisogno.
Non è l’atto in sé, ma è il pensiero che ci sta dietro che ha il potere di rassicurarmi del tutto, togliendo quell’ultimo dubbio che mi era rimasto sulle sue intenzioni.
Annuisco soltanto, e lei scrolla le spalle, mentre continuiamo a camminare.
 
*.*.*.*
 
[Lexa]
Camminare per i corridoi con Clarke Griffin è un’esperienza nuova e curiosa.
Lei cammina a passo sicuro, bacchetta alla mano e sguardo fiero. Ha un futuro da auror, come suo padre.
Potrebbe quasi sembrare intimidatoria se non riuscissi a cogliere la tensione dietro quest’ostinata determinazione.
Il silenzio tra noi non è teso, anche se non si può dire che sia come una passeggiata tranquilla tra due vecchie amiche.
È scattato il coprifuoco e il castello è avvolto in una quiete insolita, niente schiamazzi, incantesimi urlati nei corridoi, risate e studenti che corrono per arrivare in orario a lezione.
Solo una Clarke Griffin che cammina in versione combattimento e io che tengo il suo passo con tranquillità.
All’improvviso sento un rumore e alcuni sussurri provenienti da un’aula alla nostra destra.
In un istante ho già la bacchetta in mano e l’attenzione a mille.
Noto che la ragazza al mio fianco fissa con aria sconcertata la mia mano che ora impugna la bacchetta sicura, stupita dalla mia rapidità. Subito dopo però si ricompone, lasciandosi scappare uno sbuffo come se stesse rimpiangendo di avermi concesso quel po’ di fiducia poco fa.
Abbozzo un sorriso di scuse, e per farmi ulteriormente perdonare mi dirigo per prima verso la porta dell’aula in cui si nascondono almeno due studenti.
Appoggio la mano sul legno e spingo lentamente.
Mi basta pensare “lumos” perché la punta della bacchetta si accenda, e con un gesto fluido apro la porta e mi infilo nella stanza.
Sento Clarke subito dietro di me e sposto la luce della bacchetta sul fondo della stanza, dove vedo due ragazzi in atteggiamenti inequivocabilmente intimi: capelli arruffati, camicie fuori posto e respiro pesante.
“Davies!” riconosco un Serpeverde del sesto anno.
“E McKinzie” interviene Clarke dando un nome alla ragazza Corvonero accanto a lui.
“Il coprifuoco è scattato un’ora fa – prosegue lei – 30 punti in meno a-“
“Corvonero – intervengo io interrompendola – e 40 in meno a Serpeverde.”
Ora sono tre le facce curiose e stupite che mi guardano nella stanza.
È Davies a parlare: “Ma Woods, non è-“
“Almeno lei è sul suo piano, lo stesso non si può dire di te, Davies, quindi se ora non hai più niente da dire ti consiglio di tornare nel dormitorio e restarci fino a domani mattina.” Dico secca.
I due ragazzi escono mesti dalla stanza, mentre Clarke continua a guardarmi stranita.
“Che c’è?” le dico diretta.
Lei si ricompone e guardandomi seriamente dice: “Sai che non dovevi farlo, vero? Non devi provarmi niente.”
Io non trattengo il sorriso soddisfatto.
“Oh, ma io volevo farlo.” Dico semplicemente.
Ed è vero, a me non importa assolutamente che Serpeverde vinca la coppa delle Case, anzi. Sono sempre stata competitiva, ma se la mia vittoria corrisponde anche a quella dei miei compagni di casa.. beh accetto volentieri anche la sconfitta. Almeno per queste cose così poco importanti posso fare qualcosa, visto che per tutto il resto ho le mani legate.
Lei sembra seguire e comprendere questo mio ragionamento, e mi chiedo se sono io che inizio a perdere colpi nel celare le mie emozioni o se è lei che ha un qualche potere su di me, o un intuito eccezionale.
Perché si avvicina e mi guarda fissa negli occhi, mentre io trattengo l’istinto di deglutire e indietreggiare di un passo. Reagisco invece da Woods, alzando il mento e ricambiando fermamente il suo sguardo.
“Ora si è trattato di qualche punto in meno, Woods -  comincia diretta – ma cosa succederà se incontreremo qualcuno di più pericoloso di una coppia appartata in un’aula vuota? Forse non aiuterai direttamente i tuoi amici Mangiamorte, ma se loro approfittassero della tua presenza per svolgere i loro affari? Cosa succederà se li incontreremo in un corridoio e mi attaccheranno? Toglierai dei punti anche a loro?” Sorride beffarda e la mia mente va in tilt, perché so perfettamente che ha ragione.
Non si può dire che io abbia mai partecipato attivamente alle loro imprese, ma non mi sono mai opposta, non li ho mai fermati. Ero sempre presente perché mi era richiesto, ma mi sono sempre limitata a difendere me, Anya e Lincoln.
Non faccio fatica a immaginarmi lo scenario che ha appena descritto, posso vedere i miei compagni uscire dai dormitori nel silenzio, Ontari, Rookwood e i Carrow in prima linea, trovare qualche ragazzo da insultare per il suo stato di sangue e torturarlo crudelmente.
Riesco anche a immaginare Clarke, che si oppone fieramente e inizia a combattere contro di loro per difendere ciò in cui crede, la vedo chiaramente mentre lotta elegantemente con la concentrazione e la determinazione negli occhi.
Ma io? Io cosa farei?
So perfettamente che se dipendesse solo da me sarei al suo fianco e cercherei di fermare i miei compagni di dormitorio senza pensarci due volte, e non lo farei solo per difendere lei, ma per difendere i miei ideali.
Eppure non l’ho mai fatto.
Non l’ho mai fatto perché qualsiasi mossa io faccia qui viene monitorata da mia cara cugina Ontari, che riporta tutto alla sua adorata madre, nonché sorella di Alexander Woods, mio padre.
E mia zia Nia non aspetta altro che comunicare a suo fratello di quanto poco Serpeverde io sia, di quanto poco mi importi della purezza del sangue. Per vendicarsi su di me, visto che su mia madre non può più farlo.
E a casa a pagare le spese del mio comportamento ci sarebbe stato Aden, indifeso e innocente.
Così ho sempre mantenuto un profilo basso, cercando di offrire meno possibilità a Ontari e Nia di far scatenare l’ira di mio padre su mio fratello.
Ma quest’anno non riesco a reprimere un senso di speranza. Aden non è più solo con mio padre nella nostra grande casa, è qui, e anche se c’è stato l’inconveniente dello smistamento è comunque in un posto sicuro.
“Forse quest’anno…”
Mi trovo a sussurrare senza accorgermene, e appena lo realizzo torno silenziosa e mi riconcentro sulla ragazza che a pochi centimetri da me non ha mosso un dito, osservando il percorso dei pensieri dietro ai miei occhi.
Mi sta guardando con uno sguardo che nessuno mi ha mai rivolto, e per l’ennesima volta dal viaggio in treno ci ritroviamo a fissarci, senza essere ben consapevoli di cosa vogliamo trasmetterci.
Io vorrei chiederle una fiducia che non ho alcun diritto di meritare.
Vorrei chiederle di capire che io non sono quello che lei e i suoi amici credono.
E allo stesso tempo vorrei anche dirle che è facile giudicare per lei, che non ha mai avuto problemi ad agire in linea con i suoi pensieri, che non sa cosa vuol dire stare in una casa di Mangiamorte e celare il disgusto dietro una facciata indifferente.
E soprattutto non sa quali sono le conseguenze nel caso in cui quella facciata non tenga e lasci trapelare qualcosa, l’odio verso la tua stessa famiglia.
E l’odio, in casa Woods e Azgeda, è sempre stato combattuto con altro odio e violenza, di cui porto i segni sul corpo.
Non so cosa capisca dal mio sguardo, così come io non sono certa di leggere correttamente il suo.
Quindi mi sento in dovere di parlare.
“Non posso dirti che combatterò a spada tratta al tuo fianco, Griffin, non ora. Non posso dirti che li fermerò con tutte le forze che possiedo, perché sarebbe una bugia.”
Vedo il suo sguardo indurirsi, ma mi sembra di leggerci una specie di delusione all’interno.
“L’unica cosa che posso dirti è che se mai dovessi venire a conoscenza di qualche loro piano o macchinazione, se sarà nelle mie possibilità ti avviserò in modo tale che tu possa organizzarti con i tuoi amici e non farti trovare impreparata.”
Le dico tutto d’un fiato prima di ripensarci. Vedo, chiaramente questa volta, la sorpresa farsi largo nel blu dei suoi occhi.
È una promessa che non vale nulla, non è detto che i miei compagni organizzino qualcosa in mia presenza, e anche in quel caso se non fosse assolutamente sicuro per me e per Aden non riuscirei a comunicarglielo, quindi saremmo punto a capo.
Eppure a lei sembra bastare.
“Davvero lo farai?” mi chiede con uno sguardo più dolce.
Io mi limito ad annuire, ricambiando lo sguardo.
“Grazie.” Mi dice. “Significa molto per me.”
“Non una parola con nessuno Griffin, nemmeno con i tuoi amici.” Le dico seriamente facendole capire che è importante.
“Perché dovrei nascondere loro il tuo lato migliore?”
Io faccio una smorfia, perché questi discorsi da Grifondoro non fanno davvero per me.
“Non è per niente il mio lato migliore, ma se non vuoi farlo per me, almeno fallo per Aden, non sarebbe sicuro neanche per lui.”
Lei mi guarda e ancora so che capisce.
“Non abbiamo mai avuto questa conversazione, Alexandria Woods.” Mi dice accennando a un sorriso.
Rabbrividisco sentendo il mio nome intero pronunciato da lei, che sembra accorgersi del mio cambiamento guardandomi con aria interrogativa.
“Puoi chiamarmi Lexa, se vuoi, o solo Woods.” Dico quasi senza rendermene conto.
Lei annuisce, finalmente allontanandosi di qualche passo da me, così che io possa tornare a respirare tranquillamente.
“D’accordo, Lexa, a patto che io sia Clarke, ma questo lo sai già.” Mi dice con un sorriso leggero, e mi torna in mente la nostra breve conversazione sul treno, quando per la prima volta l’ho chiamata per nome.
“Affare fatto, Clarke.” Le dico enfatizzando il nome.
Lei sorride, per l’ennesima volta. È davvero una strana ragazza.
“Allora, credo proprio che abbiamo una tregua.” Dice.
“Già sembra proprio così.” Le rispondo, ma ho bisogno di allontanarmi da questa situazione, così mi avvicino alla porta.
“Ora muoviti, Clarke, abbiamo ancora un castello da controllare.” Le dico uscendo.
Lei mi raggiunge tranquillamente e insieme ricominciamo a camminare.
Impiego il tempo di un corridoio per accorgermi che anche lei non ha più la bacchetta in mano.



NOTE
Capitolo un po' lungo e poco ricco di fatti. Mi dispiace ma era necessario per mettere un po' di carne al fuoco per i prossimi capitoli.
Mi scuso per gli errori, ma sto rubando il wifi di un'amica, essendo fuori città per motivi di studio (ho l'inconveniente della laurea tra due settimane)
Ci tenevo però a non far passare troppo tempo tra i capitoli.
Ringrazio le splendide persone che hanno recensito lo scorso capitolo, spero continuerete a darmi il vostro parere!
A presto,
Ilaria

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3


FUNZIONARIO DEL MINISTERO REINTEGRATO DOPO DICIOTTO MESI DI SOSPENSIONE.
In data odierna il funzionario ministeriale Diana Sydney ha ripreso servizio nell’ufficio dell’Applicazione della Magia a seguito della sospensione richiesta dal Ministro della Magia Thelonius Jaha in persona.
La signora Sydney era stata processata in quanto persona coinvolta nei fatti del 23 maggio del ’77, giorno che tutti noi conosciamo come data della “battaglia del Ministero”, che ha visto uno scontro tra impiegati del ministero e Auror e i Mangiamorte, scontro che ha comportato la morte di 16 maghi, tra i quali il capo dipartimento degli Auror, Jake Griffin.
Il ministero non ha rilasciato dichiarazioni riguardo l’accaduto e i fatti di quella notte rimangono ancora sconosciuti alla maggior parte della popolazione magica.
“Sono contenta di essere tornata al lavoro – afferma Diana Sydney – ciò che è successo è stato terribile, ma sono contenta che appartenga al passato, e ora voglio solo riprendere il mio lavoro da dove l’ho lasciato un anno e mezzo fa.”
 
[Clarke]
Chiudo il giornale di colpo, con le mani che mi tremano.
Accanto a me i miei amici fanno colazione come se niente fosse, ed è solo quando sposto indietro la sedia e mi alzo dal tavolo che rivolgono a me la loro attenzione.
“Clarke, ma non hai mangiato niente!” mi dice Octavia, ma non le do ascolto.
“Non ho fame, ci vediamo a Pozioni.” Dico semplicemente mentre mi allontano. Ho solo bisogno di prendere un po’ d’aria e di calmarmi, prima di affrontare la giornata.
Attraverso i portoni e l’aria decisamente fredda del mattino mi colpisce il viso.
Mi fermo sull’ingresso, tanto a quest’ora non c’è nessuno e voglio evitare di allontanarmi troppo.
Rimpiango questa scelta non appena mi sento chiamare da dietro, ma non mi giro neanche a guardare chi è.
Può essere solo una persona, così sospiro e aspetto che Raven mi raggiunga. Quando vedo che ha il giornale di poco fa in mano capisco che non ha bisogno di spiegazioni.
Infatti non parla, si limita a guardarmi e ad aspettare.
“È di nuovo libera.” Dico alla fine.
“È di nuovo libera, sì” conferma lei, cingendomi le spalle con un braccio.
“È così ingiusto.” Mi lascio andare, e mi appoggio a lei, appoggiando la testa sulla sua spalla.
Se c’è qualcuno che può capirmi in questo momento è lei. Perché Jake Griffin era un po’ anche suo padre da quando l’estate del secondo anno è scappata di casa ed è stata accolta dalla mia famiglia come una seconda figlia. E per me è a tutti gli effetti una sorella.
“Ce la faremo.” Dice stringendomi in un abbraccio rassicurante. E io le credo.
Senza più dire una parola rientriamo nel castello, dirigendoci verso i sotterranei.
Doppia ora di pozioni con i Serpeverde non è proprio ciò che mi ci vorrebbe, ma non voglio saltare le lezioni, tanto vale provare a pensare ad altro.
Appena arriviamo davanti all’aula, tuttavia, rimpiango di non essermi presa una mattinata libera.
“Piangi ancora per il tuo papà, Griffin, ne è passato di tempo ormai.” Sento una voce sarcastica rivolgersi a me e con lo sguardo individuo la ragazza che ha parlato.
Lineamenti duri, fisico atletico.. potrebbe essere anche una ragazza carina se non avesse quell’aria di pura cattiveria addosso, ben visibile nei suoi occhi.
Raven stringe di più la presa sulle mie spalle, in una muta richiesta di mantenere il controllo.
Ha scelto la giornata sbagliata per punzecchiarmi, tuttavia riesco a distogliere lo sguardo e a proseguire sul mio cammino.
“Sono molto arrabbiata, quella signora brutta e cattiva è di nuovo libera..” sento Alecto Carrow farmi il verso e a questo punto perdo la pazienza.
Mi scrollo Raven di dosso e afferro la bacchetta, rivolgendomi verso i Serpeverde.
Ontari è già pronta e mi guarda con un sorriso di sfida sul volto malvagio.
“Paura che venga a finire l’opera e ad uccidere anche te, Griffin?”
Raven, che fino a qualche istante fa cercava di fermarmi, è al mio fianco con un’aria da guerriera esperta.
“Che ne sai tu?” le chiede con tono glaciale.
Il ministero non ha rilasciato informazioni sulla morte di mio padre. << un tragico incidente >> è tutto ciò che è stato detto al funerale dal Ministro Jaha, amico di famiglia.
“Oh, so molto più di quello che dicono i giornali, Rayes. Forse so addirittura più di voi.” Conclude soddisfatta di avere tutta l’attenzione su di sé.
Qualcosa scatta nel mio cervello, una rabbia tenuta repressa per quasi un anno e mezzo, mai svanita, sempre pronta a riaffiorare. Rabbia per non sapere, rabbia per le mezze bugie che ci sono state dette come giustificazione.
Punto la bacchetta verso la ragazza che ancora sorride davanti a me.
So che non dovrei iniziare una lotta qui davanti, la spilla da Caposcuola appuntata sul petto dovrebbe ricordarmelo.
Ma sono così stanca di comportarmi come se nulla fosse, di rispettare le regole.
“Ancora una parola, Ontari, e sarò io a sorridere.”
Sento dei fischi tra i Serpeverde e qualche risata di scherno.
Sento Bellamy dietro di me dire a Raven di tenersi pronta.
“Non vedo l’ora.” Dice Ontari sfidandomi con lo sguardo.
“STUPEFICIUM” urlo allora carica di frustrazione.
Guardo il getto rosso che si avvicina alla ragazza in piedi davanti a me, e impotente lo osservo mentre cambia improvvisamente traiettoria, tornando indietro e colpendo il muro di fianco a me.
Sento Bellamy chiedere informazioni a Raven, perché nessuno ha formulato l’incantesimo di protezione ad alta voce.
Ma io so che c’è solo una persona che padroneggia così bene gli incantesimi non verbali, la stessa persona che qualche sera fa ha illuminato una stanza intera sollevando la bacchetta senza pronunciare una parola.
Incontro i suoi occhi verdi carichi di avvertimento. Non l’ho neanche vista avvicinarsi, eppure è qui davanti con la bacchetta sguainata.
“Sempre a rovinare il divertimento, Alexandria.” Sbuffa Ontari con aria delusa.
Io mi limito a guardarla con la mascella serrata e tutti i muscoli del corpo in tensione.
“Silente mi ha nominata Caposcuola, faccio solo il mio dovere per evitare noiosi provvedimenti.” Ribatte lei senza degnarla di uno sguardo, ma guardando me come per ricordarmi il mio ruolo.
La tensione è palpabile.
I Grinfondoro la guardano con aria cattiva per aver impedito che il mio incantesimo andasse a segno.
I Serpeverde la osservano con sguardi dubbiosi per aver bloccato sul nascere una bella lotta, in cui probabilmente pensavano di poter sperimentare nuovi incantesimi oscuri.
Io sono combattuta, in cuor mio so di doverle essere grata per avermi impedito di finire nei guai. So anche che si è esposta più di quanto avrebbe voluto. D’altro canto ho veramente, veramente bisogno di sfogare tutti i sentimenti repressi per questi anni.
Così non accenno neanche ad abbassare la bacchetta, ma mi limito a guardarla duramente. Lei sembra quasi alzare gli occhi al cielo.
“Mettete via le bacchette, tutti quanti.” Sentenzia lei decisa.
Sto quasi per ribattere, ma la porta dell’aula si apre e la faccia allegra di Lumacorno mi si para davanti
Ci mette qualche secondo per processare la scena che gli si para davanti.
“Cosa sta succedendo qui?” chiede confuso.
“Niente, professore. Piccole divergenze, ma stavamo per entrare.” Risponde Lexa per tutte, mettendo via lei stessa per prima la bacchetta e alzando un sopracciglio nella mia direzione.
Sbuffo contrariata ma alla fine abbasso il braccio.
“Se lo dice lei, signorina Woods..” commenta il professore. “Entrate ragazzi, la lezione sta per iniziare.”
Seguo gli altri all’interno della classe. Sarà una lunga giornata.

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Le lezioni di oggi sembrano non finire mai. Sono così distratta ad osservare l’orologio e il lento movimento delle lancette che non ascolto una parola della lezione della McGranitt e so già che me ne pentirò.
Al suono della campanella mi alzo di scatto e raccolgo le mie cose.
“Vado in biblioteca, ci vediamo a cena.” Dico a nessuno in particolare.
“Clarke.” Mi richiama Raven, e mi giro a guardarla. Ha un’aria interrogativa, capisco che mi sta chiedendo se voglio compagnia o è uno di quei momenti in cui voglio restare da sola.
Scuoto la testa abbozzando un sorriso triste, e mi dirigo verso la porta.
Siamo ancora all’inizio dell’anno e la biblioteca è praticamente vuota, con l’eccezione di qualche Corvonero e di qualche ragazzo più piccolo.
Noto seduto a un tavolino nell’angolo un ragazzino biondo con i colori Grifondoro sulla cravatta.
“Aden!” lo chiamo mentre mi avvicino.
Lui alza gli occhi sorpreso dall’interruzione.
“Ciao Caposcuola Clarke” mi risponde alla fine.
“Solo Clarke, Aden, lo sai – gli faccio un occhiolino – aspetti qualcuno?”
Lui deglutisce un po’ imbarazzato.
“In realtà no, di solito vedo Lexa qui il venerdì, ma oggi è giovedì e ha un’altra ora di lezione, mi sembra” mi risponde mentre io rimango in piedi davanti a lui con un sorrisetto.
“Ti dispiace se mi siedo qui, allora? Mi farebbe piacere avere un po’ di compagnia mentre studio.”
In teoria sono venuta qui per stare da sola, ma c’è qualcosa in Aden che mi infonde tranquillità, sarà la sua aria ingenua e pacata.
Lui annuisce, ma noto un certo nervosismo mentre mi fa spazio sul tavolo spostando le sue cose.
“Se è un problema cerco un altro tavolo, tranquillo!” gli sorrido rassicurante.
“No, non è questo.. è che ho un problema con un incantesimo e volevo esercitarmi, ma..” borbotta lui passandosi una mano tra i capelli.
“Che incantesimo è? – gli chiedo curiosa – magari posso darti una mano.”
“È stupido in realtà, mi sono distratto a lezione di Incantesimi perché Christine mi stava parlando della sua squadra di Quidditch preferita e mi sono perso un pezzo di spiegazione…” sospira mentre tira fuori una piuma bianca tra le pagine del libro di incantesimi.
“L’incantesimo di Levitazione!” esclamo io ricordandomi del mio primo anno. “Ci ho messo anche io un bel po’ per impararlo al primo anno” gli sorrido in modo rassicurante.
Lui annuisce, ma il suo nervosismo sembra crescere.
“Allora – inizio mettendomi più vicino a lui e sollevando la bacchetta. – prima di tutto la formula: Wingardium leviosa. Pronunciala bene, accentando la o, non l’ultima a.
Lui la ripete un paio di volte, mentre io annuisco incoraggiante.
“Bene, ora aggiungiamo il movimento del polso con la bacchetta. Mentre dici Wingardium agita la bacchetta, e contemporaneamente a Leviosa colpisci l’oggetto che vuoi far sollevare, d’accordo? Ti faccio vedere.”
Mi schiarisco la gola ed eseguo l’incantesimo: la piuma bianca si solleva dal tavolo e Aden la guarda quasi incantato.
“Ecco, prova tu.”
Aden stringe forte la bacchetta.
“Wingardium Leviosa!” esclama.
La piuma si limita a un leggero tremolio, ma non si solleva. Aden la guarda delusa.
“Ci siamo quasi Aden – intervengo – prova a immaginare la piuma sollevarsi, pensalo nella tua mente al punto da vederla librarsi leggera.”
Parecchi tentativi dopo Aden è sempre più disperato e la piuma sembra incollata al tavolo.
È strano, non è un incantesimo difficile, e più lui si impegna meno risultati ottiene.
Sembra quasi che abbia un blocco, che ci sia qualcosa che gli impedisce di usare bene questo incantesimo.
Allora mi viene un’idea.
“Vieni con me, proviamo una cosa” gli dico velocemente mentre mi alzo.
Lui mi segue riluttante fino a una porta di uno dei reparti della biblioteca-
“Colloportus” eseguo io e la porta si chiude. “Bene Aden, ora la porta è chiusa, ma c’è una semplice formula per aprirla.”
“Alohomora.” Sussurra lui.
“Esatto! Pronunciala colpendo la serratura con la bacchetta e immagina la porta aprirsi.”
Lui si schiarisce la voce ed esegue.
La porta di apre con uno scatto della serratura.
“Ottimo Aden! Torniamo al tavolo.” Gli dico.
È la prova che c’è qualcosa che non va solo con l’incantesimo di levitazione.
Quando ci risediamo è lui a parlare.
“Non capisco cosa c’entri con Wingardium Leviosa..”
“Hai ragione Aden, vedi, sei riuscito ad aprire la porta al primo tentativo, significa che non c’è niente che non va nella tua magia.. piuttosto sospetto che ci sia qualcosa che ti impedisce di eseguire correttamente l’incantesimo di levitazione.” Lo guardo seriamente e lui distoglie lo sguardo.
“Qualche brutto ricordo legato a questo incantesimo, forse…” sussurro mentre lo guardo deglutire.
Sembra che sia in corso una battaglia interiore nella sua mente. Alla fine sospira e torna a guardarmi.
“In effetti qualcosa c’è, ma non so se dovrei…” si interrompe.
“Non preoccuparti, Aden, va tutto bene, non devi parlarne per forza con me, ma sappi che io sarò qui ad ascoltarti se vorrai.” Lo rassicuro.
Lui sospira un’ennesima volta e alla fine comincia a parlare sorprendendomi.
“Quando ero più piccolo, ogni tanto succedevano cose strane senza che potessi controllarle.. Lexa mi spiegava che era la mia magia che cominciava a venire fuori, ma io mi spaventavo..” si interrompe imbarazzato.
“Oh si – intervengo anche io – io spostavo le pedine degli scacchi del mio amico Wells mentre giocavamo, e lui si arrabbiava sempre, ma io non facevo apposta, volevo solo vincere!” gli dico accennando una risata.
Lui mi risponde con un abbozzo di sorriso.
“Un’ estate ero in giardino con Lexa, lei era appena tornata dopo il suo primo anno e mi stava raccontando un sacco di cose. Sentii dei rumori dall’altra parte della siepe, erano dei bambini che giocavano e io volevo tanto vedere cosa stavano facendo. Così mi sono avvicinato e ho ripetuto la formula che mi aveva appena detto mia sorella. Subito mi sono sollevato e con la testa riuscivo a sporgermi da sopra la siepe. Li ho visti rincorrere una palla nell’erba, ma prima che potessi guardare meglio Lexa ha iniziato a chiamarmi e a dirmi di tornare giù. Io non riuscivo a scendere e quando lei ha iniziato a tirarmi per le gambe è arrivato nostro padre.” Si ferma e rabbrividisce, e io con lui, perché so che sto per sentire qualcosa di poco piacevole.
“Lexa ovviamente si è presa la colpa, come sempre, e lui si è arrabbiato tanto con tutti e due…”
“Ok – lo interrompo, perché vederlo così triste non mi piace per niente – ho capito Aden, non ti preoccupare. Capisco che sia difficile per te.”
Allungo una mano per stringere la sua sul tavolo.
“Ora sei qui, ad Hogwarts e al sicuro. C’è anche Lexa e puoi far levitare qualsiasi cosa tu voglia, anche la gatta di Gazza se ci riesci, una volta ci ho provato, si è messa a miagolare talmente forte che Gazza l’ha sentita da un altro piano ed è corso a vedere cosa stava succedendo. Sono scappata per mezzo castello per non farmi beccare.” Gli dico per sdrammatizzare.
Vedo che si lascia sfuggire un sorriso divertito mentre immagina la scena.
“Non pensare al passato, Aden. Sei un mago, era normale per te fare cose magiche spinto dalle emozioni e dai desideri. Ora puoi fare tutto con maggior consapevolezza, devi solo rilassarti e pensare che andrà tutto bene, che nessuno ti sgriderà, anzi, i professori ti daranno anche dei punti e tu ci aiuterai a vincere la Coppa delle Case!” sorrido orgogliosa.
Lui annuisce, e sembra essere più tranquillo.
“Ti va di riprovare?” gli chiedo cauta.
“D’accordo” dice, con una nota di sicurezza nella voce, questa volta.
“Wingardium Leviosa!” esclama.
Rimaniamo tutti e due stupiti quando la piuma si alza e vola vicino al soffitto.
“Sì ADEN! Bravissimo!” grido quasi mentre mi lascio andare e batto anche le mani.
Lui sorride, raggiante e sto per congratularmi ancora quando una voce ci interrompe.
“Cosa sta succedendo qui? Signorina Griffin, siamo in biblioteca, non in sala comune, si contenga o sarò costretta a sbatterla fuori.” dice Madama Prince arrabbiata.
“Mi scusi, signora, ha ragione” dico io mettendo su una finta faccia triste, ma facendo l’occhiolino a Aden senza che lei mi veda.
“sì – interviene lui – ora ce ne andiamo così non disturbiamo più gli altri.” Dice con una faccia angelica che riesce a zittire anche la scorbutica bibliotecaria.
Insieme raccogliamo le nostre cose e usciamo dalla biblioteca.
Appena fuori Aden scoppia a ridere e io lo osservo divertita.
“Quasi buttato fuori dalla biblioteca! Questo devo raccontarlo a Lexa, almeno la smette di prendermi in giro dicendomi che sarei dovuto finire a Corvonero!”
È così soddisfatto che rido anche io, contenta che la tristezza di poco fa abbia lasciato spazio a questa spensieratezza.
“Bene bene bene, chi abbiamo qui?” ci interrompe una voce cattiva.
“La nostra cara caposcuola Griffin.. vedo che ti sei ripresa da stamattina, non piangi più?” Ontari si rivolge a me e io cerco inutilmente di nascondere Aden dietro di me. L’allegria di poco fa completamente sparita.
“E il mio caro cugino Aden! Mi sorprende di vederti così allegro, aspetta solo di tornare a casa a Natale, non credo che sarai ancora così felice.” Sento Aden irrigidirsi ed estrarre la bacchetta.
“Stai calmo, Aden.” Gli sussurro.
Siamo in una situazione di svantaggio, Ontari è con i suoi due scagnozzi, i Carrow, che sebbene non brillino di intelligenza hanno comunque più esperienza negli incantesimi offensivi rispetto ad Aden. Così siamo tre contro uno e non posso permettermi distrazioni.
“Cosa vuoi ancora, Ontari?” le chiedo io mentre cerco di pensare a come uscire da questa situazione.
“Vorrei tante cose, Griffin, in questo momento dare una lezione al mio cuginetto è una delle mie priorità sai, giusto per punirlo per aver infangato il nome della famiglia.” Dice guardandolo con cattiveria.
“Vediamo un po’.. DIFFINDO!” urla e faccio appena in tempo a dare una spinta ad Aden per toglierlo dalla traiettoria.
Il getto di luce colpisce la sua borsa che si taglia riversando tutti i suoi libri per terra.
“Oh che sbadata..” dice con tono fintamente contrito.
“Reparo” borbotto aggiustando la borsa. “Raccogli le tue cose e preparati a correre” gli sussurro senza farmi sentire dagli altri.
“Non ti lascio qui.” Mi risponde lui risoluto, guadagnandosi uno sbuffo da parte mia.
“Tieniti pronto comunque.” Chiudo gli occhi un istante e lascio che a concentrazione si impossessi di me, non un passo falso, mi ripeto.
“Che c’è Griffin? Troppo stanca per un po’ di divertimento?” sghignazza Alecto.
“STUPEFICIUM!” urla il fratello, Amycus.
Ma io sono pronta.
“Protego.” Esclamo tranquillamente. “Pietrificus Totalus” dico subito puntando la bacchetta contro Alecto che si blocca sul posto.
“Tu! – ringhia il fratello – sporca traditrice del tuo sangue come hai osato..” Ma io sono stanca, davvero stanca, e davvero molto arrabbiata di sopportare tutte queste inutili provocazioni. Aggiungiamo anche stufa di comportarmi bene.
“Silencio!” mi rivolgo contro di lui che si zittisce all’istante. “Expelliarmus” completo l’opera guardando la sua bacchetta volare lontana.
Mi rivolgo ad Ontari, che è rimasta immobile per tutto il tempo osservando con aria disgustata i suoi compagni di dormitorio.
“Inutili – dice infine con aria di superiorità – ci penso io a te Griffin!”
Fa un passo avanti e io aspetto cercando di calcolare le sue mosse.
Ontari non è incapace come gli altri due, anzi. È anche così cattiva e spregiudicata che so perfettamente che potrebbe maledirmi in questo corridoio.
Mantengo la guardia alta e paro il suo primo attacco. Vedo che sogghigna, come se si stesse solo divertendo.
“STUPEFICIUM” tento come stamattina.
Lei si sposta all’ultimo momento, spedendomi addosso uno strano getto di luce viola.
Preferisco non rischiare con un sortilegio scudo perché non so che tipo di incantesimo sia, così impulsivamente mi getto su un fianco, cadendo a terra stringendo forte la bacchetta per non perderla.
“Attenta Clarke!” urla Aden spaventato indicandomi Amycus che è riuscito a recuperare la sua bacchetta costringendomi di nuovo a un’inferiorità numerica.
“Incarceramus” grido puntandogli contro la bacchetta, mentre sento Ontari gridare “Impedimenta”
Tutti e due gli incantesimi vanno sfortunatamente a segno, e mentre il ragazzo viene avvolto da funi strette, io vengo sbalzata con forza all’indietro e colpisco il muro, rimanendo senza fiato.
Ontari troneggia qualche passo più avanti e si avvicina, mentre io cerco di riprendermi.
“Ci hai provato, Griffin. Peccato che non sia servito a nulla.” Sorride sarcastica.
Io la guardo fieramente, come se non fossi accasciata sul pavimento davanti a lei.
“Ora mi occuperò di te, devo ancora vendicarmi per quello che mi ha fatto il tuo ragazzo.. poi mi dedicherò al mio caro cugino..”
Stringo forte la bacchetta pronta a reagire in qualche modo, ma vengo interrotta.
“Wingardium leviosa!” sento Aden urlare e osservo sbalordita un’armatura davanti a me sollevarsi e dirigersi verso Ontari. L’armatura ondeggia pericolosamente, per poi schiantarsi al suolo con un gran fracasso.
Ontari ha solo il tempo di scansarsi per non essere travolta.
Io reagisco all’istante, mi alzo in piedi e afferro il polso di Aden, ancora sconvolto dalle sue azioni, trascinandolo via.
Corriamo a perdifiato, finchè arriviamo davanti ad un arazzo, che scosto rivelando un passaggio segreto.
Una volta dentro ci fermiamo a prendere fiato, mentre sentiamo nel corridoio voci concitate che si chiedono cosa sia successo.
Il ragazzo al mio fianco è ancora sorpreso, ma un sorriso orgoglioso si fa largo sul suo viso.
“Ben colpo, Aden!” gli dico io ammirata.
Ci sorridiamo e torniamo nella sala comune di Grifondoro.
 
 
*.*.*.*
 
[Lexa]
“.. e così ho urlato: Wingardium Leviosa! E l’armatura si è alzata, Lexa! Si è alzata e si è avvicinata ad Ontari per poi quasi travolgerla ed è caduta. Un attimo dopo e io Clarke stavamo correndo via e ce ne siamo andati! È stato GRANDIOSO!”
È venerdì pomeriggio e come settimana scorsa sono seduta a un tavolino della biblioteca con un entusiasta Aden seduto davanti a me che gesticola raccontando le fantastiche avventure di “lui e Clarke”.
“Molto bene Aden, sei stato bravo.” Gli dico con un sorriso.
In realtà sono decisamente spaventata, è la seconda settimana di scuola e Ontari ha già provato a far del male a mio fratello. Non posso pensare a cosa sarebbe successo se con lui non ci fosse stata Clarke, ma un suo compagno del primo anno, inesperto come lui.
“Oh si! E ho anche scoperto il passaggio segreto dal terzo al quinto piano, grazie a Clarke!”
Metto da parte i pensieri negativi per offrirgli un ghigno.
“Oh quello.. io ne conosco di altri più interessanti, ma se ormai solo Clarke può insegnarti qualcosa mi sa che li terrò per me.”
Lui spalanca la bocca. “Ce ne sono altri? Me li faresti vedere, Lexa? Per favore!”
Mi scappa una risata, ma decido di farmi pregare ancora un po’.
“Mmm, non saprei sai.. Non so se Clarke vorrebbe che tu andassi in giro con una Serpeverde, ormai siete così amici…” faccio finta di pensarci su.
“Ma tu sei mia sorella!” dice lui come se stesse esplicitando l’ovvio. “Non essere gelosa!” mi prende in giro.
“Gelosa? Io? Affatto, ti mostrerò tutti i passaggi segreti che conosco, vedrai, non ti ricorderai nemmeno più di quello di Clarke!” e Aden ride alla mia aria risoluta.
“D’accordo sorellona, affare fatto.” Dice sorridendo tranquillo.
Credo davvero che fargli vedere un po’ di scorciatoie e di passaggi segreti sia una cosa utile per lui, per lo meno potrebbe avere una possibilità di scappare se provano a fargli di nuovo del male.
“Allora andiamo? Ce ne sono un paio qui vicini che potrei mostrarti prima di cena.” Gli dico.
Lui si passa nervosamente una mano tra i capelli.
“Ehm.. in realtà io dovrei vedere Catherine e John in sala comune per passare dal nuovo passaggio per scendere in sala Grande.. ma se ti dispiace vado a dirgli che non posso più.”
Io mi porto la mano al petto con fare drammatico.
“Vai, fratello traditore, vai dai tuoi nuovi amici e non pensare alla tua povera sorella.” Gli dico, ma finisco con un occhiolino.
“Eddai Lex!” sogghigna lui, mentre raccoglie le sue cose dal tavolo.
“Meglio anche per me comunque – riprendo mentre ci incamminiamo – vado subito a cena così dopo mi preparo con la ronda.”
“La ronda con Clarke? Me la saluti?” chiede lui sorridendo angelicamente.
Io sbuffo esageratamente.
“Certo che te la saluto, le dirò anche che ha un nuovo fan!” lo prendo in giro.
“Non azzardarti” dice lui, arrossendo.
Gli do una giocosa spallata e quando le nostre strade si dividono ci salutiamo con un sorriso.
 
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È solo la seconda ronda con Clarke, eppure mi sembra già diventata una routine.
Come stabilito settimana scorsa sono andata direttamente al settimo piano per evitare di farle fare su e giù per le scale della scuola.
Nonostante la tregua instaurata sono molto nervosa, e lo manifesto camminando avanti e indietro davanti al ritratto che conduce alla loro sala comune. La signora grassa, l’ha chiamata Aden, spero vivamente che non si metta a cantare a quest’ora.
Scuoto la testa davanti a questo pensiero assurdo, e torno a concentrarmi sui miei problemi con Clarke.
Prima di tutto non ho idea di come abbia preso la mia intromissione di ieri prima di Pozioni.. è stato un gesto impulsivo il mio, per evitare che nascesse un vero e proprio scontro e per evitare di dovermi schierare. Ho notato però la rabbia e la frustrazione nei suoi occhi blu.
Inoltre c’è anche la grande questione che mi ha raccontato prima Aden.. Mi duole ammetterlo ma devo ringraziarla per averlo protetto. Ringraziare non è proprio una cosa che mi viene spontanea, però.
Lascio che una smorfia compaia sul mio viso mentre continuo a camminare.
Guardo nuovamente l’orologio al mio polso e sto quasi per pensare che sia in ritardo quando il ritratto si apre rivelando una Clarke Griffin in tutto il suo glorioso splendore.
Divisa disordinata, cravatta allentata, capelli scompigliati.. ha l’aria di essere appena uscita indenne da una battaglia.
Ma da come sbuffa e cerca di seminare la ragazza dietro di lei credo che la suddetta battaglia sia ancora in corso.
“Clarke” la saluto quando incontra il mio sguardo.
“Lexa” risponde lei mantenendo il nostro strano rituale, che ora è passato all’uso dei nomi e non più dei cognomi.
“E Raven” continua Clarke alzando gli occhi al cielo.
“Woods! – esclama la ragazza – sei proprio tu la causa dei nostri problemi”
Io mi limito a guardarla aggrottando le sopracciglia mentre Clarke sbuffa per quella che sembra essere l’ennesima volta in pochi minuti.
“Ti ho detto che non devi preoccuparti per me Rae, andrà tutto bene”.
Raven le si avvicina scuotendo la testa.
“Errato, Griffin, mi hai detto di preoccuparmi in modo costruttivo e di utilizzare il mio cervello geniale per trovare un modo di comunicare a distanza. – fa una pausa teatrale mentre estrae qualcosa dalla borsa a tracolla – ed è proprio quello che ho fatto.”
Le porge quella che ora riconosco essere una strana penna color verde acido.
Noto che il mio sguardo confuso è lo stesso che alleggia sul volto di Clarke.
“E questa cosa sarebbe?” le chiede la bionda.
“Questa – risponde la Rayes -  è la soluzione dei nostri problemi: ti basterà pensare a quello che mi vuoi dire mentre tieni in mano la penna, e automaticamente il tuo pensiero verrà scritto su un foglio in mio possesso.” Termina soddisfatta del suo lavoro.
Clarke, come me del resto, è genuinamente sorpresa.
“Mi puoi spiegare come diamine hai fatto?” le chiede infatti.
Raven si stringe nelle spalle con finta modestia.
“Beh è stato semplice in realtà.. ho solamen-“ inizia
“Hai creato una penna Prendiappunti unendola a una pergamena, per poi dividere i due elementi e applicare un’estensione all’incantesimo in modo che la distanza tra penna e foglio possa aumentare.” Dico io senza nascondere una nota di ammirazione nel mio tono.
La mora mi guarda sbalordita.
“Si può sapere che cosa ci fai a Serpeverde, Woods? Hai impiegato circa tre secondi per capire cosa ho fatto.. questa è roba da Corvonero!”
La solita smorfia di quando si parla di Casate sorge sul mio viso.
“Si potrebbe dire lo stesso di te, Rayes.. Com’era? Audacia, fegato e cavalleria? Grifondoro non parla di intelligenza da nessuna parte..” le rispondo..
“Touchè, Woods.. Mi sa che siamo l’eccezione delle nostre casate – ride leggermente, poi si rivolge nuovamente a Clarke che si è limitata ad osservarmi con interesse per tutto lo scambio – in ogni caso Clarke, se avrai bisogno di mandarmi un messaggio, stringi la penna e comparirà sul mio foglio.”
“D’accordo Rae, ora puoi lasciarci andare? Prima iniziamo prima possiamo andare a dormire.” Conclude la ragazza.
“Va bene, va bene.. Ma non esitare a scrivermi!” e con un occhiolino a lei e un cenno di saluto a me, Raven Rayes rientra nella sala comune rosso-oro.
Noi due iniziamo a camminare per il corridoio, manca qualche minuto al coprifuoco e gli studenti si stanno affrettando a rientrare per non finire in punizione.
Il silenzio è nuovamente calato tra noi, ma sono troppe le cose non dette, almeno da parte mia, che non riesco ad essere totalmente a mio agio.
“Allora i tuoi amici non si fidano proprio di me..” inizio titubante attirando l’attenzione della ragazza al mio fianco.
Lei sorride leggermente, come se si perdesse un istante nei suoi pensieri.
“Sono solo iperprotettivi, ho detto loro cento volte che non devono preoccuparsi per me, che me la saprei cavare.. certo il tuo fantastico intervento di ieri mattina non li ha proprio rassicurati..” mi dice lanciandomi un’occhiata storta.
Dritta al punto, bene, almeno non devo girarci intorno neanche io.
“Beh si.. a questo proposito.. Mi avrebbe fatto incredibilmente piacere vedere Ontari schiantata al suolo, più di quanto immagini, ma ho ritenuto che dare il via a una battaglia in corridoio non fosse una grande idea, specialmente perché se fosse stato così…” mi interrompo incerta ma è lei a completare la mia frase.
“Ti saresti dovuta schierare e sarebbe stato peggio.” Conclude lei annuendo per le sue stesse parole.
“L’ho capito Lexa, ma non ti nego di averla presa male.. sarebbe stato molto soddisfacente per me farla stare zitta in quel momento.” La guardo mentre un velo di malumore si posa sui suoi occhi, che tornano a puntare verso il corridoio.
“Immagino, ma Aden mi ha detto che hai avuto un’altra occasione per farlo…” inizio titubante.
Lei mi guarda negli occhi come per capire dove voglio arrivare.
Se solo riuscissi a dirti semplicemente grazie.
Non so cosa trovi nei miei occhi, ma riprende.
“Non è andata proprio come speravo, però.. fortunatamente ho avuto un valido aiutante che è intervenuto al momento giusto.” Accenna a un sorriso raccontandomi del maldestro ma fondamentale aiuto di Aden.
“Eravate tre contro uno, Clarke, un tipico schema Serpeverde, o forse da Mangiamorte.. direi che te la sei cavata più che bene, tanto più che a quanto mi ha raccontato Aden, l’incantesimo che lui ha usato gliel’hai insegnato tu poco prima… un’altra cosa per cui…”
Ma mi blocco di nuovo, sento le parole scorrere dalla mia mente alle mie labbra e fermarsi lì, a un millimetro dall’essere espresse.
La frustrazione è tale che mi blocco e le afferro delicatamente un braccio per farla fermare e per cercare un contatto per esprimere quello che a parole non riesco.
“Clarke, quello che hai fatto, io davvero..”
Vedo che lei mi guarda seriamente, ma con uno sguardo di dolce comprensione che mi rincuora.
Allunga la mano e afferra a sua volta il mio braccio che la sta tenendo, rendendo il nostro contatto uno scambio reciproco di sentimenti non espressi.
A differenza mia, però, lei parla.
“Non conosco bene Aden, gli ho dato una mano in biblioteca solo ieri ed è stato un vero piacere da parte mia. Quello che ho capito è che è un ragazzo molto intelligente, dotato e soprattutto coraggioso, considerando che è riuscito a far levitare un’armatura e a scaraventarla contro una ragazza che non solo lo stava minacciando, ma che è anche sua cugina..”
Io deglutisco in difficoltà, non so se ha scoperto la nostra parentela ieri o tempo fa, ma è una cosa di cui non vado molto fiera, e sentirne parlare da lei mi crea una strana sensazione di disagio.
“Beh, in ogni caso – inizio io – sei comunque stata molto – “
Ma non scoprirò neanche io cosa stavo per dire, perché in quel momento una terza persona interrompe la solitudine del corridoio che stavamo perquisendo.
“Lasciala andare, subito! Non azzardarti a mettere le tue mani da Mangiamorte su di lei!”
Finn Collins irrompe con la bacchetta puntata verso di me, la stessa aria disperata che mostra recentemente. Ci impiego un secondo di troppo per capire che si sta riferendo alla nostra stretta sugli avambracci.
È Clarke a reagire per prima: scioglie la presa e prende subito la bacchetta.
Riesco a sentire mentre borbotta qualcosa di estremamente simile a “Ci mancava lui… che settimana...”
“Clarke!” la chiama il ragazzo distogliendo l’attenzione da me.
“Finn, per l’amor del cielo, torna in sala comune e lasciami in pace.” Le dice duramente, senza lasciare possibilità di replica al ragazzo.
“Ma Clarke, ti stavo cercando, ho letto solo oggi la notizia della scarcerazione di Diana Sydney e pensavo che avessi bisogno di qualcuno?” tenta lui. Ma ha innescato una bomba.
“BISOGNO DI QUALCUNO? – scoppia lei - E sentiamo, cosa ti ha fatto credere che quel qualcuno potessi essere tu? Proprio tu, Finn? Non dovresti parlarmi di niente che si avvicini anche minimamente alla morte di mio padre. Non tu.” La durezza del suo tono riesce quasi a nascondere del tutto la tristezza che si cela dietro le sue parole.
“Io ti ho chiesto scusa, Clarke! Ti ho chiesto scusa migliaia di volte! L’ho fatto perché ti stava per attaccare, il Sectumsempra è un incantesimo pericoloso! L’ho fatto per salvarti!” dice lui ora sull’orlo del crollo.
Io osservo la scena senza dire niente: vedo Clarke arretrare di qualche passo, scuotendo la testa.
“Non dovevi farlo così.” Dice semplicemente mentre mi fa gesto di seguirla per continuare la ronda.
Ma Finn, come ogni disperato, non demorde.
Si sporge e le afferra il braccio, nel punto vicino a dove la stavo tenendo io pochi istanti fa.
Non so se sia questo a farmi scattare o la sola presenza di questo ragazzo che sta evidentemente sorpassando ogni limite.
“Adesso basta. - Ringhio io puntandogli la bacchetta contro. – Il coprifuoco è appena scattato, Collins. Puoi scegliere se finirla qui e tornare nel tuo dormitorio oppure se finire in grossi guai. Avrei chiuso un occhio se Clarke fosse stata d’accordo con la tua presenza qui, ma evidentemente non lo è, quindi ti conviene lasciarla stare e andartene. Subito.”
Lo guardo mentre decide cosa gli conviene fare al momento.
Sono tesa e pronta a colpire, ma con un sospiro il ragazzo lascia andare Clarke e fa un passo indietro.
“Saggia mossa - dice Clarke – e ora andiamo Lexa.”
Con una mano sulla spalla mi spinge ad abbassare la bacchetta che inconsciamente tenevo ancora alta.
Automaticamente abbasso il braccio e mi volto per andarmene.
Finn non ci segue e Clarke non si volta nemmeno a guardarlo.
Quando giriamo l’angolo e entriamo in un altro corridoio, tuttavia, lascia andare un sospiro.
“Scusa – mi dice – è da quando ci siamo lasciati che non mi dà tregua.”
Io annuisco, senza dare tanto importanza, ma poi penso alla luce folle nel suo sguardo e sento il bisogno di informarmi di più.
“È pericoloso?” le chiedo, mal celando la mia preoccupazione.
Lei sembra sorpresa dal mio tono e mi osserva, come ponderando la risposta.
“A maggio ti avrei risposto con una risata, chiedendoti di essere seria, perché pensavo davvero che fosse una delle persone più pure rimaste in questo mondo incasinato. Ad oggi non lo so, ma non credo che mi farebbe mai del male.” Dice con un sorriso amaro sul volto.
Sono sorpresa dalla sua risposta sincera, e trovo un po’ di coraggio per chiederle altro.
“Cos’è successo? – le chiedo sussurrando – a Maggio..”
Prende fiato e nuovamente mi sorprende rispondendomi.
“Era uno dei soliti scontri con Ontari e la sua banda, ma c’erano anche ragazzi più grandi, del settimo anno, che ora sicuramente sono tra le fila di Voldemort.” Comincia a spiegare mentre camminiamo.
“La situazione era quasi in parità, io ero con Bel, Raven, Ontari, Finn e c’erano anche Jasper e Monti… Sarebbe stata una lotta alla pari se i Serpeverde non avessero iniziato ad usare incantesimi pericolosi. Noi provavamo a rispondere con incantesimi bloccanti, o comunque poco offensivi, finchè Ontari non mi ha disarmata e stava per colpirmi con un Sectumsempra.”
Serro la mascella, conosco quell’incantesimo, l’ha inventato Piton qualche anno fa ed è tremendo. Proprio per questo motivo ha riscosso un grande successo tra i sostenitori del Signore Oscuro.
Il solo pensiero di Ontari che prova ad usarlo contro Clarke mi fa venire voglia di andare nei sotterranei e occuparmi della mia cara cugina.
È Clarke che interrompe i miei pensieri.
“Pensavo davvero che sarebbe finita male, finchè Finn non si è liberato del suo avversario ed è accorso in mio aiuto. Pensavo la legasse, immobilizzasse o schiantasse. Invece ho visto Ontari cadere a terra e contorcersi sotto l’effetto della maledizione Cruciatus. Appena ho capito cosa stava succedendo mi sono scaraventata su di lui per farlo smettere.”
Io metabolizzo le informazioni che ho appena ricevuto, e richiamo alla memoria qualcosa che avevo sentito dire dai miei compagni riguardo questi eventi.
“Può sembrare esagerato da parte mia, ma lui mi conosceva, sapeva che non doveva farlo.” Conclude con rabbia.
Mi tornando in mente le parole che i due si sono scambiati riguardo la questione di suo padre poco fa e sento di essere vicina a trovare il collegamento e a schiarire tutta la situazione.
Eppure quando lancio uno sguardo alla ragazza al mio fianco decido di lasciar perdere. È stanca, arrabbiata, ma anche abbattuta. E con uno strano senso di speranza penso che avremo ancora tante occasioni per condividere parte dei nostri passati.
“Immagino che ciascuno di noi abbia le giuste motivazioni per le proprie prese di posizioni.” Le dico offrendole un mezzo sorriso di comprensione e facendole capire che non deve continuare il discorso.
Lei mi guarda e noto uno scintillio di riconoscenza nel blu dei suoi occhi.
“Sai, credo che Raven abbia ragione, infondo. Sei davvero una Serpeverde anomala.”
Io sbuffo esageratamente.
“C’è già un Woods che non è a Serpeverde, lasciami dove sono, Griffin. E ora muoviamoci.”
Sento la sua risata e il mio cuore si apre un po’ in risposta.


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NOTE:
ho un po' di cose da dire e poco tempo, ma ci provo ;)
1. scusate per il ritardo, davvero, tra studio, esame di stato, viaggi a destra e a sinistra per ripassare in compagnia e visite a sorpresa sono stati giorni intensi,
2. riguardo al capitolo: è lunghissimo perchè non volevo tagliare senza iniziare a dare alcune spiegazioni su Finn, visto anche l'interesse nelle recensioni. So che non ho ancora spiegato esattamente tutto, ma ogni cosa a suo tempo. fidatevi ;)
3. La penna prendiappunti di Raven è liberamente ispirata a quella di Rita Skeeter nei libri di Harry Potter, con delle mie modifiche, spero non sia una stupidata ma potrebbe tornarci utile in futuro.
4. Scusate eventuali errori, volevo postare assolutamente oggi per non far passare dell'altro tempo, e l'ho riletto velocemente.
5. Grazie a tutti per le recensioni e l'incoraggiamento!
A presto, 
Ila

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


[Clarke]

Non so quante volte ho già percorso questo maledetto corridoio avanti e indietro negli ultimi minuti.
Eppure non riesco a fermarmi. Sono fisicamente e mentalmente stravolta, ho i vestiti strappati in più punti, il taglio sul braccio che ho curato io stessa fa male e anche se ha smesso di sanguinare un po’ di tempo fa ha lasciato una discreta macchia rossa sulla manica. Non mi sono guardata allo specchio, ma posso immaginare il mio volto coperto di povere e fuliggine, gli occhi arrossati per tutto il fumo che era presente nell’aria, i capelli arruffati..
Ogni cellula del mio corpo mi sta implorando di fermarmi, di salire in sala comune dove ho spedito poco fa tutti gli altri a cambiarsi, o per lo meno di sedermi e di smetterla con questo imperterrito avanti e indietro.
Ma sembra esserci un’energia più forte che mi spinge a muovere le gambe una dopo l’altra, incurante delle proteste dei miei muscoli.
È la paura, è la strisciante paura che so mi raggiungerà nel momento in cui mi fermerò, in cui mi ritroverò a guardare quella porta chiusa davanti a me, paralizzata.
Non morire, ti prego.
All’improvviso un rumore. Passi veloci si avvicinano al corridoio e automaticamente ho già la bacchetta in mano rivolta verso l’intruso.
Non la abbasso nemmeno quando noto chi è, non la abbasso nemmeno quando vedo sul suo volto la stessa angoscia che so essere presente sul mio.
“Griffin, ti prego.” Dice e il suo tono è così disperato che finalmente abbasso il braccio.
“Come sta?” continua guardandomi con un luccichio di gratitudine nello sguardo.
Io osservo i suoi abiti prima di rispondere, quel verde-argento che tanto cozza con la battaglia a cui abbiamo appena partecipato, quel verde-argento che ha sconvolto tutti ponendosi dalla nostra parte e contrastando i suoi stessi compagni di casa e i Mangiamorte.
Quel verde-argento che comunque, non riesco a reprimere il pensiero amaro, non era il tuo.
“Non si sa nulla, ancora.” Rispondo.
Lincoln appoggia la schiena al muro e si lascia scivolare sul pavimento trattenendo a stento un lamento.
“Non posso perderla, non posso, non ora.” Dice coprendosi gli occhi con le mani.
“Ce la farà. Octavia è forte. Ce la farà.” Gli dico, e con queste parole capisco che è davvero vero. Che la mia amica, la dolce, irritante, folle migliore amica è davvero dietro quella porta circondata da persone che cercano di salvarle la vita. Senza dire una parola imito il ragazzo grande e grosso che ora appare così indifeso e mi lascio scivolare sul pavimento accanto a lui.
Parleremo più tardi, e lui lo sa. Parleremo quando tutto sarà tornato al proprio posto.
 

Sei ore prima.

Socchiudo gli occhi e lascio che il sole colpisca direttamente il mio viso scaldandomi appena. È l’inizio di ottobre e stranamente il clima della Scozia ci sta dando un po’ di tregua concedendoci una bella giornata.
Stiamo andando ad Hogsmeade, sono ancora stupita dal fatto che nonostante tutto il caos in cui versa il mondo magico ci sia ancora permesso di concederci delle giornate di svago come questa.
Le risate dei miei amici mi richiamano alla realtà.
“Terra chiama Griffin!” mi sento chiamare e riapro gli occhi appena in tempo per schivare una giocosa spallata di Raven.
“Dormi in piedi, Clarke?” mi prende in giro Bellamy.
Io mi limito a sbuffare, evidentemente il miglior passatempo dei miei amici è prendersi gioco di me.
Infatti è il turno di Jasper.
“Fatto tardi con qualcuno, ieri sera?” chiede con un occhiolino.
“Piantatela, tutti quanti. Avevo la ronda, sapete.. Caposcuola.. responsabilità..” continuo con voce da maestrina, ma lasciandomi scappare una risata.
Non mi sono accorta di Raven che è tornata al mio fianco finchè non sento sussurrare al mio orecchio.
“E Alexandra Woods, o meglio, Lexa, come la chiami tu…” dice facendomi un occhiolino malizioso.
Sbuffo ma non riesco a fare a meno di arrossire per il suo commento.
Ultimamente Raven sembra aver cambiato il suo atteggiamento da amica ansiosa e iperprotettiva a pettegola. Continua a fare questi commenti su Lexa come se fosse a conoscenza di qualcosa.
In realtà tra i miei amici è l’unica al corrente del fatto che io e la serpeverde abbiamo una sorta di tregua, essendo una mia compagna di dormitorio qualche volta mi ha aspettata sveglia per sapere come fosse andata e alla fine le ho raccontato qualcosina. Non troppo, come mi ha chiesto Lexa.
Da quel momento, però, non la smette di lanciarmi frecciatine con l’aria di chi la sa lunga.
Come se fosse una cosa possibile.
Tralasciando me e tutto quello che frulla nella mia testa, che da quando Diana Sydney è stata rilasciata è tanto, Lexa non potrebbe mai provare qualcosa per me.
È sempre così distaccata, così indifferente. Dal suo sguardo emerge sempre un suo disinteresse nelle cose comuni che succedono intorno a lei. Certo, forse non sempre. Ci sono quegli attimi in cui sembra che qualcosa dentro di lei si incrini, che si formino delle piccole fessure in quella facciata, che lasciano fuoriuscire, in modo discreto ma palese ad un occhio attento, una miriade di emozioni represse. Rabbia, quando parla della sua casata e della sua famiglia, affetto quando i suoi pensieri volano ad Aden.. Poi c’è stato quel lampo di calore non ben identificabile mentre cercava di ringraziarmi per aver tirato suo fratello fuori dai guai con Ontari.. e ancora quella strana determinazione mista a fermezza mentre affrontava Finn per mandarlo via. E poi quel mezzo sorriso quando mi ha salutata ieri sera prima di tornare nel suo dormitorio… In questi momenti i suoi occhi sembrano così..verdi. Così vivi.
Scuoto la testa fermando questi improvvisi assurdi pensieri. Io non la conosco, siamo solo persone che da un mese sono costrette a trascorrere insieme alcune serate per controllare il castello.
Lexa probabilmente considera i nostri incontri solo una scocciatura, che le tolgono il tempo per lo studio, il riposo, gli amici.. magari uscire con qualcuno..
Basta. Mi sono di nuovo persa nei pensieri, questa volta alzo lo sguardo decidendo di concentrarmi sulla conversazione dei miei amici ed essere di compagnia.
Siamo in tanti: Jasper e Monti camminano vicini, probabilmente confabulando sui prossimi scherzi da fare a noi povere vittime. Wells e Bell sono alla mia destra mentre si scambiano informazioni sul campionato di Quidditch e sulla loro squadra preferita, i Cannoni di Chudley.
Raven accanto a me cammina tranquillamente, talvolta intervenendo nella conversazione dei due Corvonero.
“Cos’hai detto che aveva da fare Octavia oggi?” mi chiede ad un tratto la ragazza.
“Un lavoro di gruppo con dei suoi compagni di Pozioni, mi ha detto.” Cerco di rimanere sul vago perché in realtà Octavia è con il suo ragazzo misterioso e mi ha chiesto di coprirla con gli altri, memore del nostro patto. Ho acconsentito solo dopo che mi ha assicurato che non avrebbe fatto nulla che la mettesse nei guai.
“Peccato, si perde una bella giornata, ma sono contento che si dedichi allo studio.” Interviene Bellamy e io devo nascondere una smorfia.
“Allora dove si va?” chiedo per cambiare argomento e perché ormai siamo alle porte del villaggio.
“Zonko!” rispondono immediatamente Jas e Monti.
“Io in realtà dovrei andare da Scrivenshaft a comprare della carta da lettere che ho quasi finito.” Dice Wells tranquillo.
“Oh sì! Anche io devo andarci, ho rotto una piuma ad Octavia e le ho detto che gliene avrei comprata una nuova..” aggiunge Bellamy, pensieroso.
“Che bravo fratello maggiore..” lo prende in giro Jasper.
Io e Raven però ci guardiamo con lo stesso sorrisetto sulle labbra.
“Mielandia!” esclamiamo contemporaneamente.
“Ho proprio bisogno di una buona dose di zucchero.” Aggiunge Raven.
“Vedete di comprare qualcosa di buono per tutti. E questa volta non solo pallini acidi e lumache gelatinose, quelle cose piacciono solo a te, Clarke.” Dice Bellamy rivolgendosi a me.
Io mi stringo nelle spalle con un sorriso angelico. “Sono buoni!” gli dico con una linguaccia.
Lui alza gli occhi al cielo con fare melodrammatico.
“Bene allora direi che ci vediamo tutti ai tre manici di scopa tra un’oretta, i primi che arrivano prendono un tavolo!” dice Monti tranquillo.
Ci salutiamo e io e Raven ci dirigiamo verso il negozio di dolci.
Cala un silenzio tranquillo mentre passeggiamo per le vie del villaggio. Hogsmeade è sempre bellissima: si respira un’aria di pura magia, la percepisco anche io, che vivo nel mondo magico sin da bambina, ma ogni volta non posso fare a meno di apprezzarla.
Anche Raven sembra tranquilla, così non forzo il nostro silenzio che prosegue fino all’entrata nel negozio.
Qui iniziamo a commentare i nostri dolci preferiti e a scegliere quelli da comprare per tutti gli altri.
“Prendiamo del cioccolato per Bell e Monti” dice lei guardando pensierosa le mille tavolette sullo scaffale.
“Le piperille per Octavia direi, sarà contenta di sapere che abbiamo pensato a lei.” Dico con un sorriso.
“Credo sia una delle poche persone a cui piacciono queste cose..” dice Raven dubbiosa mentre afferra la confezione.
“Se vuoi possiamo provare anche le mosche al miele..” le dico ghignando.
“No grazie, per voi purosangue sarà anche normale, ma io sono ben contenta di portare avanti l’abitudine babbana di scacciarle, le mosche, non di mangiarle.” Risponde con una smorfia.
Mi lascio andare a una leggera risata. Prendiamo delle api frizzole, delle cioccorane per la collezione di Jasper e un pacchetto di lumache gelatinose, tutte per me.
Mi chiedo quale sia il tuo dolce preferito, forse alla prossima ronda potrei chiedertelo
“Due galeoni e sette falci.” La voce della cassiera mi distrae e prendo velocemente il mio portamonete per pagare.
“Sette anni che vivo nel mondo magico e ancora non capisco quale fosse il problema mentale di chi ha deciso il valore delle monete, sai” mi dice Raven mentre usciamo dal negozio.
Faccio spallucce, è un discorso che Raven tira fuori di tanto in tanto.
“Diciassette falci d'argento fanno un galeone e ventinove zellini fanno un falce: facilissimo, no?” le dico in risposta.
“Facilissimo” mi fa il verso lei, dandomi una giocosa spallata.
Camminando per la strada principale mi guardo intorno, chissà se Lexa è venuta a Hogsmeade oggi.
“Lei non c’è.” Dice Raven ad un tratto.
“Come scusa?” le dico facendo finta di non sapere di cosa sta parlando.
“Lexa. Non c’è. È rimasta al castello con un paio di suoi amici. Li ho sentiti parlare stamattina mentre uscivamo dalla sala Grande dopo colazione.” Dice continuando a guardare davanti a sé.
Smetto immediatamente di guardarmi intorno. Probabilmente sfrutterà la giornata per stare un po’ con Aden..
“Comunque non stavo cercando lei, mi guardavo solo intorno.” Preciso a Raven che però non si cura delle mie parole.
“Certo certo, se lo dici tu.” conclude con un ghigno.
“E tu invece? Come mai sei qui con me e non con qualche conquista?” le chiedo per cambiare argomento.
Lei sbuffa soltanto.
“A parte gli scherzi, come sta andando? Wick?” le chiedo questa volta sinceramente interessata.
Lei sembra pensarci un po’ su.
“Wick non è male, quando sta zitto. – si interrompe per una smorfia e a me sfugge una risata – insomma, è carino, ma è talmente pieno di sé che a volte penso che possa esplodere..”
“Immagino che Raven Rayes conosca molti trucchi per zittire un ragazzo…” le dico prendendola in giro.
“Certo – risponde lei orgogliosa – e all’inizio era anche divertente, ora comincia a diventare stressante.” Conclude con un sospiro.
“Sono sicura che troverai una soluzione… o qualcun altro.” Sdrammatizzo io ridendo.
“Sei solo invidiosa, Griffin!” risponde a tono lei.
Io le poso il braccio sulle spalle.
“Andiamo seduttrice, la burrobirra ci aspetta.” Dico trascinandola verso il pub alla fine della via.

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Siamo seduti ormai da un po’ su questo tavolino abbastanza in disparte rispetto all’affollamento vicino al bancone. Siedo tranquillamente vicino a Wells e mi faccio invadere dalla calma che sembra solitamente accompagnare il mio amico d’infanzia. Raven e Monti stanno discutendo degli acquisti di quest’ultimo da Zonko, e già temo perché so che l’unione delle loro menti probabilmente porterà all’esplosione di almeno un’ala del castello, e prego egoisticamente che ciò non avvenga un giorno in cui sono io di guardia.
A pagarne le conseguenze in quel caso sarebbero l’appena citato amico d’infanzia e la caposcuola di Tassorosso, Maia, che casualmente è seduta al nostro tavolo e chiacchiera con un nervoso Jasper.
Mi lascio scappare un ghigno malefico al pensiero che ho appena formulato, e questo viene intercettato proprio da Jasper, che arrossisce furiosamente, probabilmente pensando che sia rivolto a lui e alla situazione in cui si trova con la ragazza per cui ormai ha una cotta da mooolto tempo.
La reazione di Jasper allarga il mio ghigno e quando incontro il suo sguardo subito dopo gli faccio un occhiolino malizioso. Se possibile arrossisce ancora di più e allunga la mano per afferrare il tovagliolo e lanciarmelo addosso.
Scoppio definitivamente in una risata nei confronti del ragazzo che ama tanto prendersi gioco di noi tutti e che per una volta si trova ad essere bersaglio designato.
Così facendo Jasper ha peggiorato la situazione, perché ormai tutti hanno concentrato l’attenzione su noi due distogliendosi dai rispettivi discorsi.
“Che ti prende Jas?” gli chiede Monti da buon amico.
Prima che possa rispondere intervengo io.
“Già che succede Jas?” ripeto io con fare malizioso trattenendo un’altra risata.
Fortunatamente per lui è madama Rosmerta a toglierlo dall’imbarazzo generale.
“Avete finito, cari? Posso portarvi qualcos’altro?” chiede con fare seducente scoccando un’occhiata ardente verso Bellamy.
Lui si passa una mano nei capelli con fare a metà tra l’imbarazzato e il compiaciuto.
“Siamo a posto, Rosmerta, grazie!” risponde lui e vedo Raven pronta a prenderlo in giro.
“D’accordo, nel caso fatemi sapere.” Conclude la cameriera, che si allontana con un ultimo occhiolino.
“Qualcuno ha fatto colpo.” Commenta subito la mia amica.
“Oh smettila tu” gli risponde scherzoso.
“Io direi di tornare al castello, comincia ad essere un po’ affollato qui!” si intromette.
Bellamy e Jasper sono subito d’accordo. Evidentemente vogliono togliersi da qualsiasi situazione potenzialmente imbarazzante e motivo di presa in giro da parte degli altri.
“D’accordo” dico anche io. Sono curiosa di tornare al castello per vedere cos’ha combinato Octavia e farmi raccontare qualcosa in più sul suo ragazzo misterioso.
Usciamo dal locale e ci dirigiamo verso il castello.
Siamo all’ultima curva prima di arrivare al castello e Raven è al mio fianco, mentre Jasper e Monti parlano dei prossimi scherzi.
“Non pensateci nemmeno! Stasera io e Maia abbiamo la ronda e non abbiamo la minima intenzione di pulire un intero corridoio ricoperto di uova di rana o qualsiasi altra cosa! Vero Maia?” si intromette Wells che probabilmente ha sentito i discorsi dei due.
Vedo Jasper combattuto guardare Maia che annuisce con un sorriso nella sua direzione.
“Beh allora un altro giorno, magari..” borbotta alla fine.
“Eh no! – mi intrometto – un altro giorno significa che potrebbe essere durante una delle mie ronde! Attento Jordan…” concludo guardandolo con sguardo cattivo.
Monti mette una mano sulla spalla dell’amico con fare consolatorio.
“Andiamo amico, è il problema di uscire con ben tre Caposcuola su quattro!” commenta.
Sento un sussurro nell’orecchio che quasi mi fa spaventare.
“Peccato non ci sia anche la quarta, eh Griffin..” Raven mi fa un occhiolino.
Sto per ribattere ma qualcosa attrae la mia attenzione. Passi di corsa e urla in lontananza, ma… non può essere possibile.
Zittisco Raven che ricomincia a parlare offesa.
“Eddai Clarke, non si può neanche più scher-“
“Attenti!” urlo io quando capisco cosa sta succedendo.
Dei ragazzi del terzo anno quasi ci vengono addosso nella loro disperata corsa.
Sono visibilmente spaventati e non riescono a formulare frasi coerenti. Ne afferro uno per le spalle.
“Calmati, dimmi cosa succede.”
Non riesce ancora a rispondermi, ma si dirige verso la curva della strada da cui è visibile il castello.
Guardo agghiacciata alcuni individui con mantelli neri scagliare incantesimi tutto intorno. Il gargoille sul pilastro del cancello d’ingresso è a terra e il fumo comincia ad invadere l’aria da un albero in fiamme.
Assistiamo tutti alla scena immobili, finchè non è proprio il ragazzo a rompere il silenzio.
“Mangiamorte.” Dice senza fiato.
Non c’è neanche bisogno di guardarci o di metterci d’accordo in qualche modo.
Tutti iniziamo a correre verso la battaglia, con la bacchetta in mano.
Da quel momento è il caos.
 
*.*.*.*
 
[Lexa]

Lincoln si è stranamente dileguato dopo colazione con una vaga scusa e non si è visto neanche a pranzo.
Non mi lamento: questo mi ha permesso di trascorrere un po’ di tempo con Anya, ed era da un bel po’ che non mi capitava di stare un po’ con lei senza altri serpeverde intorno. In parte è colpa mia, con i miei incontri con Aden e le ronde con Clarke, in parte è per i suoi allenamenti di Quidditch.
Così ci ritroviamo in sala comune, praticamente solo io e lei e i pochi alunni dei primi due anni che non possono andare ad Hogsmeade e che non stanno sfruttando il bel tempo fuori.
“Allora – inizia lei – come va?”
Io scrollo le spalle con aria indifferente.
“Tutto come al solito, in realtà. Solita vita da Hogwarts.” Le rispondo.
“Ho sentito che Ontari e la sua banda hanno provato ad attaccare Aden qualche settimana fa.” Dice lei con aria noncurante, ma sapendo bene dove va a colpire.
“Già, fortunatamente era con Clarke e sono riusciti a cavarsela.” Rispondo sempre con tono distaccato.
“Clarke eh? E da quando è diventata Clarke e non più Griffin?” mi dice lei con un sorriso malizioso sul viso.
Uso tutto il mio autocontrollo Woods per non arrossire e non darle soddisfazione.
“Da quando passiamo una o due sere a settimana a controllare insieme il castello.” Sono fiera del mio tono tranquillo.
Ma lei non demorde, perché in fondo sa benissimo quanto sono abile nel mascherare le emozioni e non si fa ingannare.
“Sembrerebbe proprio tanto tempo da trascorrere insieme a una bella ragazza, non credi anche tu?” continua.
“Siamo solo costrette. Scommetto che lei preferirebbe fare tutt’altro invece che stare in giro con me.” Sono quasi orgogliosa della mia risposta ma la sua ribattuta mi colpisce in pieno.
“E tu? Tu preferiresti fare altro?” domanda, questa volta un po’ più seriamente.
Non so cosa rispondere, sinceramente.
Dal quinto anno ho sempre considerato le ronde un dovere noioso e una perdita di tempo.
Ma quest’anno c’è qualcosa di diverso, c’è qualcosa nella calma e nei silenzi condivisi con Clarke che ha il potere di rilassarmi e allo stesso tempo di mettermi in guardia. Mettermi in guardia in un modo particolare, non come se fosse pericoloso, ma come se dovessi ponderare ogni mio gesto, come se mi dovessi impegnare per non farla allontanare, come se volessi..
Scuoto le spalle e riprendo controllo dei miei pensieri.
“In ogni caso devo farlo, quindi tanto vale farselo piacere non pensare ad altro.” Concludo secca.
Anya mi osserva attentamente e so che ha notato il cambiamento nel mio sguardo.
“Farsi piacere le ronde, o farsi piacere Clarke?” chiede imperterrita.
“Oh smettila Anya! – sbotto infine – è solo una ragazza con cui ho a che fare e le sono grata perché ha tirato fuori dai guai mio fratello e si prende cura di lui quando io non posso.” Le dico con una sincerità che uso solo con lei.
E lei sembra capire e stranamente accetta la mia risposta senza aggiungere altro.
“Ok ok, hai ragione tu.. Comunque, notizie da tuo padre? Non mi hai più detto niente della reazione allo Smistamento.” Chiede sincera.
Io abbasso lo sguardo, soppesando se condividere con lei o meno i risvolti della mia situazione familiare.
Sospiro, alla fine, e decido di aprirmi perché so che lei mi può capire, e siccome io non so minimamente cosa fare avere un parere in più non può che farmi bene.
“Mi ha scritto una lettera. – inizio e vedo che lei mi guarda sorpresa come se non si aspettasse una mia risposta. – Mi è arrivata qualche giorno dopo lo smistamento. Quella stronza di Ontari non ha saputo resistere dal rivelargli la notizia il prima possibile.” Commento stringendo i denti per la rabbia.
“Cosa diceva?” chiede cauta Anya.
Con un sospiro allungo la mano nella borsa dei libri su cui abbiamo studiato prima io e lei. Afferro il libro di Pozioni in cui è ancora ripiegata dalla prima volta che l’ho aperta.
Non l’ho mai tolta da lì per ricordarmi quanto non importi la mia tranquillità all’interno della scuola, quanto non debba abbassare la guardia perché i problemi sono proprio dietro l’angolo.
Spiego il foglio e lo allungo ad Anya senza una parola. Lei lo afferra e dopo avermi guardata dritto negli occhi inizia a leggere quelle parole che ormai sono stampate nella mia testa come un’inevitabile condanna.

Alexandria,
Nia mi ha informato dell’accaduto, avendo ricevuto una lettera da Ontari.
Sono negativamente colpito dal tuo silenzio al riguardo.
Tuo fratello non ha mai portato niente di buono nella nostra famiglia e questa ne è l’ennesima e la più grave conferma.
Comprendi anche tu che avere un figlio Grifondoro è un problema per la nostra famiglia, per questo è necessario muoversi di conseguenza.
Per quanto riguarda lui, ci penserò durante le festività a Dicembre.
Ma c’è qualcosa che puoi fare tu per rendere nuovamente onore al nome dei Woods.
Schierati definitivamente con il Signore Oscuro e i suoi seguaci e non saremo disonorati.
Accogli e abbraccia gli ideali dei Mangiamorte e troveremo di nuovo la posizione che si addice alla nostra famiglia.
Unisciti a tua cugina Ontari e agli altri Serpeverde nella lotta contro i Mezzosangue e ai Traditori.

Solo così riotterremo fama e fiducia.
Spero che tu non mi deluda più di quanto non l’abbia già fatto,
Alexander Woods

“Questo è un bel problema.” È il primo commento che esce dalla bocca di Anya.
“È il più grosso idiota del mondo.” Ringhio io riprendendomi la lettera.
“Su questo non c’è dubbio. Ma il problema rimane.” Ribatte.
“Già.” Dico semplicemente.
Inizialmente non ci ho dato tanto importanza. Mi preoccupava soprattutto la parte in cui parla di punire Aden durante le vacanze. È da quando Ontari ha iniziato a lanciarmi strane occhiate in tutti i momenti come a provocarmi e allo stesso tempo invogliarmi a seguirla che ho iniziato ad agitarmi sul serio.
“Cos’hai intenzione di fare?” mi chiede seriamente Anya.
La guardo fissa mentre cerco una risposta anche per me. Infine sospiro.
“Non lo so, Anya. Non lo so.”
“Non vorrai dirmi che sei tentata di entrare nei Mangiamorte!” dice sgranando gli occhi.
“No, certo che no!” Rispondo punta sul vivo. “Certo che non sono tentata! Sai che non mi interessa niente dello stato di sangue e cose simili! Se dipendesse da me avrei già salutato mio padre e non starei alle sue dipendenze e peggio a quelle di Nia. Sai cosa mi hanno fatto in questi anni, sai cosa ho dovuto subire e non l’avrei sopportato se non fosse stato-“
“Per Aden. Lo so.” Annuisce comprensiva.
“Ho fatto di tutto per lui, per cercare di fargli avere un’infanzia il più possibile normale. Mi sono presa le colpe per qualche disastro e ho cercato di attirare le ire di nostro padre per evitare che si sfogasse con lui. Ma ogni anno sapeva di avermi in pugno quando tornavo qui e lasciavo Aden da solo. Se non fosse stato per Indra..” deglutisco scacciando la paura e ricordandomi che è andato tutto bene, o per lo meno non così male come poteva andare. “In ogni caso non posso smettere di proteggere Aden ora, e se lui vuole così…” lascio la frase in sospeso perché sono terrorizzata e schifata anche io dalle mie stesse parole.
“Ma quest’anno è diverso Lexa – dice dolcemente Anya – quest’anno Aden è qui e tu sei maggiorenne, puoi usare la magia anche fuori da scuola.”
Scuoto la testa, ci ho pensato anche io. È quello che mi ha spinto all’improbabile patto con Clarke durante la nostra prima ronda. Ma ora non sono così sicura.
“Lui riuscirebbe comunque a farci del male. Se non lui Nia, sai che cosa è in grado di fare quella donna.” Dico con tono piatto.
Anya mi guarda con comprensione.
“Troveremo una soluzione. Magari Indra e Gustus possono aiutarti, ne hai parlato con lei?” chiede.
Scuoto nuovamente la testa senza dire niente.
“Pensaci, Lexa. Almeno pensaci.” Conclude appoggiandomi una mano sulla spalla.
 
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Aspetto Aden nella sala d’ingresso per il nostro appuntamento pomeridiano. Oggi possiamo fare un giro nel parco, visto che praticamente tutti sono ad Hogsmeade, o almeno tutti quelli che potrebbero infastidirci.
Cammino nervosamente seguendo una linea immaginaria sul pavimento quando sento il rumore di qualcuno che scende velocemente per la scalinata.
Sorrido istantaneamente quando mi sento chiamare.
“Lexa! Scusami ti ho fatto aspettare!” dice Aden tutto trafelato e si ferma a riprendere fiato.
“Sei in orario, Aden, tranquillo. E se anche fosse ti avrei aspettato, ho tolto tutti i miei impegni del pomeriggio per stare con te.” Concludo con aria fintamente altezzosa.
Lui risponde con una mezza risata.
“Tutti i tuoi impegni, ma se non hai mai niente da fare!” ribatte lui scherzoso.
“Ehi! Sono Caposcuola, ho sempre da fare e posso anche toglierti dei punti per quello che hai appena detto!” rispondo a tono.
Lui sgrana gli occhi sorpreso poi mi guarda come per decidere se oserei farlo o meno.
Assottiglio lo sguardo di rimando, come a sfidarlo.
Lui decide saggiamente di cambiare argomento.
“Allora, andiamo?” dice angelicamente e io non posso fare a meno di farmi scappare una mezza risata.
Come ogni volta che ci vediamo mi aggiorna su quello che gli è successo, sui suoi amici e sulle cose che ha imparato, mentre passeggiamo vicino alle serre.
Inizio a scorgere qualche studente che torna dal villaggio e sospiro pensando che tra poco dovrò salutare Aden e riaffrontare i miei compagni di dormitorio.
Mi chiedo distrattamente cosa stia facendo Clarke in questo momento, probabilmente si starà divertendo con i suoi amici, magari davanti a una burrobirra ai tre manici di scopa. Ieri mi ha detto che ci sarebbe andata insieme ai suoi amici.. Per un attimo provo ad immaginare come mi sentirei se fossi lì con loro, seduta al loro stesso tavolo, a ridere, a scherzare, ma anche ad affrontare la guerra e il mondo esterno insieme ad amici fidati, e non incastrata in questa situazione assurda.
“Cosa sta succedendo?” La voce di Aden mi riscuote da questi pensieri senza senso.
Ci metto un secondo di troppo a capire a cosa si sta riferendo, e quando il mio sguardo si posa sul punto che mi sta indicando il mio cuore salta un battito.
Una decina di figure incappucciate sembrano essere uscite dal nulla e mentre alcune iniziano a scagliare incantesimi casuali e di dubbia legalità, altri si divertono a distruggere il cancello. Ne vedo uno staccarsi e dare fuoco ad un arbusto. Osservo nel panico il fuoco ardere fino ad intaccare l’albero vicino da cui iniziano ad alzarsi colonne di fumo.
Comincio a sentire alcuni ragazzi gridare e correre verso il castello.
Finalmente reagisco ed esco dallo stato di torpore in cui ero caduta.
Un ragazzino con i colori di Tassorosso, avrà forse un anno in più di Aden, mi corre di fianco e lo fermo.
“Fermati! – ma lui non sembra sentirmi allora lo afferro per un braccio – guardami, sono Alexandria Woods, una dei Caposcuola. Devi aiutarmi adesso, d’accordo? Ascoltami solo un momento. Come ti chiami?”
Finalmente ho la sua attenzione. “Greg Smith” mi risponde
“Bene Greg, devi fare una cosa per me che aiuterà anche tutti gli altri. Sai dov’è l’ufficio della professoressa McGranitt?” gli chiedo cercando di parlargli con calma.
Lui annuisce ancora spaventato a morte.
“Allora corri lì e spiega alla McGranitt cosa sta succedendo. Lei avviserà Silente e verranno ad aiutarti. D’accordo, Greg? Sei stato coraggioso, puoi farcela.” Cerco di infondergli sicurezza.
Lui annuisce ancora, un po’ più convinto e io lo lascio andare.
Lo osservo correre dentro al castello e mi giro verso Aden.
“Entra anche tu, corri. Mettiti al sicuro nel tuo dormitorio, ti contatterò io quando tutto sarà finito.” Gli dico decisa.
Ma mio fratello scuote la testa.
“Non ti lascio qui.”
“Devi farlo, Aden! Non puoi fare niente qui e ti metteresti solo nei guai.” Gli dico sull’orlo della disperazione.
Non so neanche io cosa ho intenzione di fare, so solo che lo voglio il più lontano possibile da qui. Devo saperlo al sicuro prima di pensare a come comportarmi.
Rivolgo nuovamente lo sguardo verso lo scontro e ciò che mi si para davanti riesce a sconvolgermi ancora di più. Un gruppo di studenti del settimo anno si è unito allo scontro. E anche da questa distanzia riesco a riconoscere una chioma bionda che lotta contro due avversari incappucciati.
Il panico mi assale ancora di più, ma improvvisamente un’idea mi balena in mente e senza pensarci due volte inizio a sfilarmi la cravatta.
“Tieni” gli dico porgendogliela.
Lui mi guarda senza capire, ma alla fine sembra cedere davanti al mio sguardo perentorio e allunga la mano.
“Almeno stai fermo qui e se qualcosa va storto corri nel castello.” Ripeto. “Per favore.” Aggiungo e qualcosa nel mio sguardo sembra convincerlo.
Lo lascio all’ombra delle serre mentre corro verso lo scontro.
Due figure mi affiancano.
“Lincoln?” dico stupita riconoscendo il mio compagno di dormitorio.
So che non è il momento di fare domande, ma quando riconosco la ragazza che corre al suo fianco non riesco a trattenermi.
“Cosa ci fai con lei?”
Octavia Blake non mi risponde, lo sguardo fiero da combattente è diretto allo scontro, dove suo fratello e i suoi migliori amici stanno combattendo contro i Mangiamorte.
“Dopo, Lexa.” Mi liquida il ragazzo.
Senza fiato arriviamo dove i getti di luce si fanno più fitti. L’albero colpito è ormai in fiamme e il fumo invade l’aria mentre l’incendio si estende alla vegetazione limitrofa.
Sento Octavia rivolgersi a suo fratello urlandogli qualcosa che riguarda il non volergli lasciare tutta la gloria, ma io ho un altro obiettivo.
Il fumo ha invaso completamente l’aria e la visuale è pessima. Cerco di non farmi prendere dal panico mentre mi muovo tra le diverse figure che si lanciano addosso getti di luce che illuminano l’aria in modo sinistro.
Respira, Lexa. Lei sta bene, è qui da qualche parte e può cavarsela. Devi solo trovarla.
Continuo a farmi largo, gli occhi che mi lacrimano peggiorano ulteriormente le mie capacità visive.
“STUPEFICIUM!” sento gridare poco più avanti e il mio cuore si riempie di sollievo ancora prima che il mio cervello riconosca quella voce.
Senza indugio mi avvicino tra le volute di fumo e la vedo lottare ancora contro i due Mangiamorte.
Sono alle spalle dei suoi avversari e in una mossa tipica Serpeverde ne Schianto uno con un incantesimo non verbale. Lei sembra stupita di vedere un avversario cadere al suolo senza che l’abbia colpito, ma attraverso il fumo i miei occhi si agganciano ai suoi e tiro un sospiro di sollievo, vedo nel suo sguardo la sorpresa di vedermi e la gratitudine per averla aiutata.
Sensazione che dura poco perché il secondo Mangiamorte sembra voler vendicare il suo compare e non avendomi ancora visto sfoga tutta la sua rabbia contro di lei.
“Come hai osato, Griffin? Come hai osato tu, traditrice del tuo sangue, colpire un purosangue come mio fratello?” riconosco Rabastan Lestrange, e capisco che quello che ho appena schiantato è il fratello Rodulphus. Questo significa che da qualche parte c’è anche la cara Bellatrix, e che le cose si mettono male.
Infatti sento poco distante la sua risata pazza e la intravedo lottare con i fratelli Blake. I folti capelli ricci le escono dal cappuccio del mantello. Dura un istante, ma vedo lo sguardo di Octavia congelarsi mentre un lampo di luce le passa sotto il braccio teso e la colpisce in pieno petto. Tutto sembra congelarsi.
Suo fratello urla il suo nome disperatamente, mentre la ragazza si inginocchia a terra con una smorfia di dolore sul viso, portando le mani al petto e infine accasciandosi al suolo inerme. Lincoln è al suo fianco in un attimo mentre Bellamy continua il duello con la Mangiamorte, anche se visibilmente sconvolto.
Anche Clarke si distrae osservando la scena con orrore e faccio appena in tempo a proteggerla con un sortilegio scudo dall’attacco del Mangiamorte, che però è solo leggermente deviato e le raggiunge il braccio, lacerandole la manica. Quando si accorge di cosa è successo sembra tornare in sé e ricomincia a combattere. Ma ha troppa rabbia e disperazione addosso per essere efficace.
Sento Rabastan, infatti, prenderla in giro.
“Non ti insegnano l’Occlumanzia ad Hogwarts, ragazzina? Non sai che bisogna chiudere la mente e lasciare fuori le emozioni mentre si combatte? Peccato non abbia tempo per insegnartelo ora. Ma potrei comunque farti una dimostrazione pratica.”
I due continuano a danzare scagliandosi getti di luce. Clarke urla disperatamente i suoi incantesimi, mentre Lestrange si limita a pararli e a spedirle contro maledizioni e fatture dal colore inquietante.
I duelli sono più accesi e Monti e Jordan mi coprono la visuale passandomi davanti mentre combattono contro un’altra figura incappucciata. Ho paura ad intervenire per non colpire per sbaglio lei o gli altri, ma alla fine riesco ad avvicinarmi ulteriormente a Schiantare anche il secondo dei fratelli Lestrange.
Finalmente riesco ad avvicinarmi a Clarke, che senza fiato mi guarda soltanto.
“Grazie.” Mi dice e io annuisco.
In un attimo si riprende.
“Ora prendi quello mentre io vado ad aiutare Bellamy con la Black.” Dice seria indicandomi un mangiamorte che sta duellando con Wells Jaha.
Ma ora che la vedo tutta intera, la spinta che mi aveva portato ad intervenire si blocca.
Le parole di mio padre mi riecheggiano nella mente.

Schierati definitivamente con il Signore Oscuro e i suoi seguaci e non saremo disonorati.

Se mi riconoscessero? Se riferissero a mio padre che non solo non ho combattuto con loro, ma mi sono anche palesemente schierata contro alcuni Mangiamorte?
Ho tolto la cravatta, ma possono ancora riconoscere il mio viso, nonostante il fumo.
“Lexa.” Mi richiama Clarke e io vado ancora più in crisi.
Non posso. Vorrei dirle. Non posso schierarmi adesso. Non ho ancora deciso come affrontare la situazione, non ho ancora pensato a come difendere Aden da tutto questo.
Per un attimo rimpiango di essere intervenuta per proteggerla, ma qualcosa mi ha spinto a farlo e so con una certezza disarmante che lo rifarei ancora mille volte.
Ma non posso continuare adesso.
“Lexa.” Mi chiama di nuovo la ragazza davanti a me e sembra pregarmi con lo sguardo di reagire ed aiutarla.
Ma io scuoto la testa e sono talmente in preda alle emozioni che non riesco a pensare.

Per quanto riguarda lui, ci penserò durante le festività a Dicembre

La paura mi avvolge, ripenso a tutte le punizioni che mio padre mi ha inflitto, vedo chiaramente il volto di Aden contorcersi dal dolore e mio padre urlargli addosso che merita di essere punito, e io con lui, per il nostro comportamento.

Accogli e abbraccia gli ideali dei Mangiamorte e troveremo di nuovo la posizione che si addice alla nostra famiglia.

“Lexa.” Al terzo richiamo riesco a guardarla negli occhi e li vedo dilatarsi dalla sorpresa e dalla paura quando scorge il mio sguardo.
“Mi dispiace.” Dico soltanto distogliendo lo sguardo. “Mi dispiace, non posso.”
Non posso farlo, non posso unirmi a loro in questa battaglia, non posso rischiare di farmi riconoscere e di far sapere a mio padre che disubbidisco apertamente ai suoi ordini. Non quando Aden è a portata delle sue maledizioni.
Scuoto la testa e mi volto per non dover più vedere il suo sguardo stupito e questa volta deluso.
“Lexa.” Mi richiama per la quarta volta. “Non farlo.”
E io devo usare tutto l’autocontrollo che riesco a recuperare dentro di me per non voltarmi e iniziare a combattere al suo fianco. E mi insulto per il comportamento vile che sto mettendo in atto.
Non sono una Serpeverde anomala. Vorrei dirti. Non sono quella che pensavi, mi dispiace.
Un gelo sembra pervadermi nelle ossa fino ad arrivare al mio cuore.
Credo che sia il senso di dispiacere e di tristezza che provo in questo momento, ma un secondo dopo mi dico che questo freddo è così innaturale da sembrare quasi…
“DISSENNATORI!” sento gridare Maia Vyne che combatte poco più avanti. Seguo il suo sguardo e vedo due dissennatori alleggiare al limitare del parco, proprio vicino alle..
“Aden..” sussurro io quando mi accorgo che sono proprio nelle vicinanze delle serre, e senza più voltarmi indietro comincio a correre disperatamente verso il luogo dove ho lasciato mio fratello.
Lo vedo poco dopo stringere la bacchetta spasmodicamente mentre i due dissennatori si avvicinano. Non sa cosa fare, e sfortunatamente neanche io posso aiutarlo più di tanto.
Concentrati, Lexa. Mi dico mentre sono quasi al suo fianco.
Quando lo raggiungo mi paro davanti a lui come per fargli scudo con il mio corpo.
Stringo la bacchetta come se la mia vita dipendesse da lei, e in un attimo realizzo che è proprio così.
Expecto patronum!” esclamo cercando disperatamente un ricordo felice nella mia testa.
Tutto quello a cui riesco a pensare, però, è lo sguardo deluso che Clarke mi ha lanciato qualche istante fa.
Non pensarci, non pensarci, sistemerai tutto più tardi, ora devi tirare fuori Aden da qui.
Penso a tutti i momenti felici che ho passato con mio fratello.
Expecto patronum!” riprovo. Esce una leggera nebbiolina d’argento e i dissenatori si fermano un istante.
Ma l’ombra minacciosa di mio padre cala fra i miei pensieri, e i sorrisi di gioia che un attimo fa riuscivo a scorgere nella mia mente si trasformano in smorfie di paura.
La luce si spegne e il gelo torna ad invadermi. I dissennatori sono a pochi metri da noi.
Ormai le voci nella mia testa sono troppo forti. Cerco di scacciarle in un ultimo tentativo.
Chiudo gli occhi e penso a mia madre, ai suoi occhi uguali a quelli di Aden che mi guardano con fare amorevole.
Expecto patronum” di nuovo la nebbiolina argentea.
Mia madre è morta, non mi guarderà mai più gentilmente, non ci proteggerà mai più.
Così mi arrendo. Abbasso la bacchetta e l’aurea luminosa che avevo prodotto si dilegua definitivamente.
Impotente non mi resta che prendere tra le braccia il corpo scosso da tremiti di mio fratello e sperare che qualcuno venga in nostro aiuto. Sono proprio qui a un passo da noi.
Perdonami, Aden.
Quasi come richiamato dai miei pensieri, un leone argenteo si fa largo nelle tenebre che mi stanno invadendo.
Fa quasi male guardarlo e la luce che emana mi colpisce come un lampo.
I dissennatori si bloccano e incalzati dal felino iniziano ad indietreggiare permettendomi di ricominciare a respirare.
Quando ho riacquisito il controllo dei miei polmoni mi rivolgo indietro cercando l’evocatore di un patronus così potente.
Il mio sguardo si posa sulla figura di Clarke Griffin e penso davvero che il destino ce l’abbia con me. La ragazza a cui ho appena voltato le spalle è comunque corsa in mio aiuto e ha salvato me e mio fratello da un destino peggiore della morte.
Vorrei parlare e dirle qualcosa di sensato, esprimere la mia gratitudine, ma lei mi rivolge uno sguardo duro, prima di spostare la sua attenzione su Aden, ancora tremante tra le mie braccia.
“Tutto bene, Aden?” gli chiede addolcendo lo sguardo.
Lui annuisce incerto.
“Credo di si.. G-Grazie..” risponde.
“Bene, allora torno dagli altri per vedere come sta Octavia.”
E con queste parole e non uno sguardo in più per me, Clarke Griffin si volta lasciandomi senza fiato per l’ennesima volta in poco tempo.
Solo in questo momento mi riscuoto e scorgo silente insieme ad altri professori e agli studenti che hanno combattuto contro i mangiamorte.
Questi ultimi si stanno dileguando, quelli colpiti sono stati immobilizzati dal preside.
Tiro un sospiro di sollievo, ma so che i miei problemi inizieranno proprio da questo istante.
“Lexa.” Mi sento chiamare, ma questa volta è la voce timida di mio fratello che mi riscuote.
“Va tutto bene, Aden. Sei al sicuro adesso. Siamo al sicuro.” Gli dico stringendolo nel mio abbraccio e sentendolo rilassarsi leggermente.
È al sicuro, e per il momento mi faccio bastare questa certezza.
 
*.*.*.*
 
[Clarke]

Non so da quanto sono appoggiata a questo muro al fianco di Lincoln, davanti a quella porta.
Vedermelo spuntare sul luogo dello scontro con Octavia mi ha sorpreso, ma ora vanno a posto molte cose che nell’ultimo mese non comprendevo.
Lo guardo e vedo nel suo sguardo la stessa angoscia presente nel mio, in quello di Bellamy, di Raven e di tutti gli altri.
Le parole mi muoiono in bocca e torno ad osservare la porta davanti a noi.
Mi concedo di pensare un attimo a te. Al profondo senso di sicurezza che mi ha invaso quando ti ho intravista nel fumo, nonostante la situazione pericolosa in cui ci trovavamo.
E poi alla delusione cocente quando mi hai voltato le spalle.
Non capisco.
Perché sei intervenuta per poi lasciarmi senza dire nulla se non un “Mi dispiace”?
Perché salvarmi per poi abbandonarmi subito dopo?
Credo che non dimenticherò facilmente il tuo sguardo spento e il tuo colletto aperto senza la cravatta con i tuoi colori.
Perché, Lexa?
Chiudo gli occhi e torno nel mio stato catatonico di attesa.
Non so da quanto sono davanti a quella porta, ma alla fine, quella porta, si apre.
La figura si Madama Chips sbuca nel corridoio e ci individua per terra.
Io guardo la persona che ha in mano tutte le risposte che mi servono e so che da quello che dirà dipenderà il futuro mio e di tutti i miei amici. E anche di Lincoln, a questo punto.
Apre la bocca e mi sembra che il tempo vada avanti al rallentatore.
“La signorina Blake ce la farà. È stata colpita da un brutto incantesimo ma con qualche pozione e un bel po’ di riposo tornerà come prima.” Dice accennando a un sorriso.
Vedo Lincoln prendersi la testa tra le mani e respirare forte.
Io mi alzo, non riesco più a rimanere ferma.
Il sollievo invade ogni fibra del mio corpo.
“Posso vederla?” chiedo all’infermiera.
Lei scuote la testa.
“Ora sta dormendo, signorina Griffin. Ed è meglio che vada a farlo anche lei. Domani mattina saranno possibili le visite. Andrà tutto bene.” Conclude.
Io annuisco un po’ delusa, ma voglio subito correre in sala comune a dare la notizia.
Ora non ho tempo di pensare a nient’altro, anche se due occhi verdi pieni di rimorso continuano a balenarmi nella mente.
Da domani affronterò tutto, ma ora devo solo concentrarmi sulla salute di Octavia.
Si riprenderà.
Andrà tutto bene.



NOTE:
Innanzitutto scusate per il ritardo mostruoso. Posso solo dire che la mia vita post laurea è stata molto caotica e non sono stata nella stessa città per più di una settimana di seguito, ma ora sono tornata a casa e spero di poter tornare a ritmi decenti.
Ho scritto il capitolo in queste tre settimane in momenti anche di viaggio e di stato leggermente alcolico, quindi mi scuso per errori e incongruenze, e per il ritmo a volte un po' macchinoso.
Resta comunque un capitolo di snodo abbastanza importante e spero che vi sia piaciuto almeno un po'! Fatemi sapere cosa ne pensate.
Al prossimo con spiegazioni e chiarimenti delle protagoniste.
A presto,
Ilaria

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


[Lexa]

Osservo la sala comune svuotarsi pian piano mentre i miei compagni di dormitorio vanno a letto.
Anya è stata seduta accanto a me tutta la sera, ma poco fa, arresa davanti al mio silenzio, è tornata nella nostra stanza senza più aggiungere una parola.
Io aspetto, ormai sola in questa stanza dai riflessi verdi che ho sempre trovato inquietanti.
Sembra che il verde mi perseguiti ormai. Un tempo conoscevo solo quello degli occhi di mio padre, che mi guardava felice abbracciandomi, poi tutto ad un tratto il verde gentile è diventato gelido. Lo vedo in lui quando guarda me o Aden, lo vedo in questi colori che fanno parte della mia quotidianità, della mia divisa. Lo vedo ogni volta che mi guardo allo specchio e mi chiedo cosa stia diventando.
Finalmente il passaggio si apre e Lincoln fa il suo ingresso nella sala.
“Lexa” mi dice a mo’ di saluto prendendo stancamente posto sulla poltrona di fronte a me.
Ha l’aria stanca, non si è ripulito dai danni causati dalla battaglia, al contrario di me.
Non ha cancellato le tracce. Non ha nascosto le sue azioni.
Scrollo le spalle per scacciare questi pensieri.
“Come sta?” chiedo semplicemente.
“Chi? Octavia o Clarke Griffin?” usa un tono secco, così in contrasto con la sua presenza solitamente calma e gentile.
Lo studio per un attimo. Cosa sta insinuando? Stringo gli occhi mentre lui mantiene il suo sguardo e alla fine scelgo di non rispondergli.
Lui sospira e lascia cadere la schiena e la testa contro lo schienale della poltrona.
“Si riprenderà, è stata colpita da una maledizione potente di Bellatrix, ma Madama Chips ha detto che tra qualche giorno potrà uscire dall’infermeria.”  Continua alla fine.
Io annuisco soltanto, mostrandogli che ho capito.
“Clarke, tuttavia – riprende e io mi irrigidisco istantaneamente – sembrava… turbata.” Si sente incertezza nella scelta della sua ultima parola.
Distolgo lo sguardo e metto su tutta l’aria di indifferenza che riesco a recuperare.
“Sarà stata preoccupata per le condizioni di una delle sue migliori amiche.” Dico.
“Sicuramente. Ma mi è sembrata anche arrabbiata. Delusa azzarderei.” Continua implacabile.
Anche se non lo sto guardando sento i suoi occhi su di me che sembrano bruciare sul mio viso.
“Ti ho vista, sai? All’inizio ero sconcertato ma contento che prendessi parte alla battaglia, ma quando Octavia è stata ferita ho smesso di combattere per soccorrerla e ho alzato gli occhi per vedere come te la stavi cavando.. giusto in tempo per vedere lei che ti chiamava e tu che te ne andavi.”
Continuo a non rispondergli, fissando con finto interesse il divano vuoto accanto a noi.
“Cosa stai facendo, Lexa? – chiede infine con aria rassegnata. Cosa ti prende? Sei intervenuta a spada tratta e hai steso due mangiamorte per salvarla, poi le hai voltato le spalle senza una parola.”
Mi dispiace.
Anche se capisco il significato di quello che sta dicendo Lincoln queste due parole si ripetono nella mia testa come un disco rotto. Non senza una parola, ma con le due parole più banali e inutili del mondo.
Mi dispiace.
Ma non posso permettermi di perdere lucidità in questo momento.
“Stavo solo difendendo la scuola, in quanto Caposcuola è un mio dovere. Poi dovevo salvare Aden, perché è mio fratello.”
Il ragazzo davanti a me sospira con rassegnazione per l’ennesima volta.
“Se lo dici tu, Lexa. Puoi mentire a me quanto vuoi, non so se funziona con te stessa.”
Mi guarda con lo sguardo di chi comprende nonostante tutto. Di chi capisce e accetta la situazione e che sarà pronto a sostenermi quando la capirò anche io.
Se io sono una serpeverde anomala, cosa di cui comunque dubito seriamente, non passa giorno in cui non mi chieda cosa ci faccia Lincoln nei sotterranei quando dovrebbe essere almeno sette piani più su, immerso nei colori rosso-oro.
“Quindi tu e Octavia, allora.” Gli dico per cambiare discorso. “Sei sicuro?”
“Ho scelto lei, lo rifarei mille volte.” Mi dice sicuro, e ha negli occhi una luce in grado di rendere la stanza meno tetra e più accoglienti. È in momenti come questi che Lincoln sembra avere almeno dieci anni più di me, nonostante la nostra età anagrafica ci dichiari coetanei.
È l’amore. Mi dico. È l’amore che lo rende così.
E sono contenta per lui, davvero. Eppure sento uno strano sentimento nella bocca dello stomaco. Non riesco a riconoscerlo ma è spiacevole e mi mette a disagio.
Sarà la stanchezza.
Ma poi Lincoln parla di nuovo e tutto esplode.
“Puoi farlo anche tu.” dice serio.
Se non fossi una Woods probabilmente farei una scenata o qualcosa di simile.
Invece la mia reazione è contenuta tutta nei pugni stretti e nella mascella contratta. E nel tono di voce gelido quando prendo la parola.
“No che non posso, invece. La mia famiglia mi sta con il fiato sul collo affinchè io faccia la scelta contraria alla tua, sai? Ma comunque non mi importerebbe niente se non usassero Aden per ricattarmi. Cosa dovrei fare? Unirmi alla lotta contro Voldemort, fare l’eroina e salvare il mondo magico? E a cosa servirebbe se Aden ne pagherebbe le conseguenze, se mio padre e mia zia lo torturassero per quello che ho fatto? Dimmi Lincoln, tu lo faresti al mio posto?”
Il ragazzo sopporta il mio sfogo senza dire niente, ma io non sopporto ugualmente il suo sguardo così carico di comprensione.
Tu non capisci, vorrei urlargli. Tu hai potuto farlo. I suoi genitori sono morti quando era piccolo e da allora vive con una vecchia zia che non si interessa delle guerre dei maghi, al sicuro grazie al suo stato di sangue.
Non ha fratelli da proteggere con tutto se stesso. E neanche una zia folle che ha fatto il lavaggio del cervello a suo padre per portarlo dalla sua parte.
Lui lascia comunque che mi calmi e che mi rilassi nuovamente sulla poltrona.
“Lo so che la situazione è diversa – inizia cauto – ma puoi parlare con Silente, lui saprà aiutarti in qualche modo. Credo che l’ostacolo più grande sia la tua paura. Una volta che tu deciderai di affrontarla, una soluzione si troverà.”
Fa per alzarsi, ma non posso lasciarlo andare così. Non dopo aver confidato il mio ennesimo dubbio, a lui che sembra già sapere tutto di me.
“Tu hai avuto qualcuno da scegliere e hai scelto. Io non credo di aver nessuno, né da scegliere né che voglia essere scelto da me.” Concludo abbassando gli occhi al pavimento.
Lincoln si alza definitivamente e mi appoggia una mano sulla spalla.
“Prima di scoprire se c’è o meno devi almeno accettare l’idea che possa esserci una persona di questo tipo.”
E, con questa frase ad effetto, Lincoln mi lascia sola con il turbine dei miei pensieri.
 
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Giro il the con il cucchiaino in modo distratto, soffocando uno sbadiglio.
La scuola è ancora sottosopra dopo l’attacco di ieri. Per pura fortuna l’unica ed essere ferita è stata Octavia, è un miracolo che qualche ragazzino più piccolo non sia stato colpito dalle maledizioni dei Mangiamorte.
In sala grande ci sono solo pochi studenti, la maggior parte dei quali consuma in modo silenzioso la propria colazione, mentre gli altri saranno ancora nei loro dormitori.
Sorvolo con lo sguardo tutte e quattro le tavolate finchè i miei occhi si posano su quella di Grifondoro. È la più silenziosa: vedo Aden mangiare accerchiato dai suoi nuovi amici.
Sono contenta che si sia ripreso e che non stia affrontando tutto questo da solo.
Ma i grandi assenti sono loro: gran parte dei ragazzi del settimo anno di Grifondoro e dei loro amici non sono seduti ai loro soliti posti, a bisticciare e a contribuire agli schiamazzi tipici della colazione della domenica mattina.
Non c’è nessun Bellamy Blake che ride sguaiatamente attirando l’attenzione delle ragazze più piccole. Nessuna Octavia Blake che lo rimprovera di essere il solito esibizionista, magari accompagnando le parole con qualche gomitata giocosa.
Nessun Jasper Jordan e nessun Monti Green che lanciano cibo di vario genere usando in un modo del tutto inappropriato le posate per costruire delle vere e proprie catapulte che scaraventano pezzetti di pane tostato con una precisione sorprendente sulle teste degli amici dell’altro tavolo.
Nessuna Raven Rayes che promette vendetta nei loro confronti a gran voce mentre cerca di togliersi le briciole dai capelli.
Ma soprattutto nessuna Clarke Griffin, che con uno sguardo tra il divertito e l’esasperato osserva la scena  scuotendo leggermente la testa.
Non so quando ho iniziato a dar loro tanta importanza, ma ora che non sono qui… se non fossi Alexandria Woods ne sentirei quasi la mancanza.
Un lieve tocco sul braccio mi riscuote.
“Caposcuola Woods” mi chiama titubante una ragazza del secondo o del terzo anno.
Mi giro e la fulmino con lo sguardo mentre discosto il braccio dalla sua mano.
Lei si ritrae immediatamente, spaventata dal mio gesto brusco.
“Che c’è?” le dico secca reprimendo la parte di me che sta criticando il mio atteggiamento scortese.
“S-scusa se disturbo la tua colazione, ma il professor Silente mi ha chiesto di consegnare queste lettere ai Caposcuola.”
Mentre parla mi porge un foglio di pergamena con scritto il mio nome, nell’inconfondibile calligrafia del nostro preside.
Io la afferro senza dire niente, ma la ragazzina non accenna ad allontanarsi.
Torno a guardarla e lei ancora più titubante di prima riprende la parola.
“Ho consegnato gli altri al Caposcuola Jaha e alla Caposcuola Vie, ma non ho trovato la Caposcuola Griffin..”
Lascia la frase in sospeso, ma ottiene l’effetto desiderato.
“Lascialo a me, vedrò di farglielo avere in qualche modo” le dico secca e questa volta la ragazza mi lascia la seconda lettera e se ne va quasi di corsa.
Non so perché mi sono proposta di consegnarlo io stessa a Clarke, avrei potuto benissimo far finta di niente e lasciare che lei girasse tutto il castello per trovarla.
Forse perché credo di sapere dove si trova, ma forse, soprattutto, perché spero di cancellare dalla mente lo sguardo duro che mi ha lanciato l’ultima volta che ci siamo viste, e sperare di ottenerne uno diverso, uno più gentile.
“Certo che l’hai proprio terrorizzata quella ragazzina.”
Alzo gli occhi verso la ragazza che ha parlato e quasi sbuffo.
“Ontari” dico a mo’ di saluto.
“Cugina” mi risponde lei con un ghigno sarcastico.
“Alexandria” si aggiunge una terza voce, appartenente a una ragazza che non avevo ancora notato.
“Echo” saluto anche lei quasi sorpresa e osservo con malcelato disappunto le due ragazze sedersi di fronte a me, seguite da Alecto e Amycus Carrow.
Mi distolgo da questa situazione scegliendo di aprire il foglio con il mio nome:

Gentile signorina Woods,
la prego di presentarsi alle ore 11 nella sala adiacente alla sala Grande per una riunione di emergenza con i Caposcuola e parte del corpo insegnanti, a seguito degli avvenimenti di ieri.
Buona colazione,
preside Albus Silente


“Qualcosa di interessante?” mi chiede Echo, e quando alzo gli occhi su di lei capisco che mi ha osservato da quando si è seduta.
“Affatto – le rispondo – solo una riunione tra Caposcuola e professori”
Spero che non insisti sull’argomento e che mi lasci in pace.
Echo non mi piace. Ha tenuto un profilo basso, senza dare nell’occhio per i primi cinque anni. L’anno scorso, invece, ha creato scalpore iniziando a frequentare nientemeno che Bellamy Blake, per poi tradirlo e svelargli che lo stava solo prendendo in giro. Da allora ha iniziato a frequentare Ontari e la sua banda di futuri Mangiamorte, sempre rimanendo leggermente in disparte.
“Il vecchio Silente si sarà spaventato dell’avvertimento di ieri dei nostri amici e cercherà qualche modo inutile per proteggere i suoi pupilli.. è un vero peccato che la Blake si riprenderà, però, per un attimo ci ho sperato..” si intromette Ontari, con la sua solita malignità.
“A proposito di Blake.. – inizia Alecto – Lincoln si è fatto fregare da quei begli occhietti eh.. Andare contro alla sua stessa casa per una Grifondoro.. Temo dovremo dargli una bella lezione, che ne pensi Ontari?”
Mia cugina osserva il ragazzo mangiare silenzioso dall’altra parte del tavolo.
“Già – inizia pensierosa – dovremo proprio pensare a qualcosa.. dopo colazione potremmo trovarci al solito posto e trovare come fargli capire qual è la parte giusta da prendere in questa guerra.”
Sto pensando a come avvertire il prima possibile il ragazzo quando Echo parla di nuovo, e ci metto un attimo a capire che si sta rivolgendo proprio a me.
“Dovresti venire anche tu, Alexandria.” Lascia che il mio nome le esca dalle labbra con lentezza seducente, mentre mi guarda con occhi maliziosi.
Ontari ha un lieve sussulto e passa lo sguardo da lei a me come soppesando questo risvolto della situazione.
Infine con l’ennesimo ghigno cattivo prende la parola.
“È una buona idea, in effetti. Tuo padre sarebbe contendo di sapere che hai preso parte alla punizione di uno che ha tradito la sua stessa casata per una insulsa Grifondoro.”
Sembra come sfidarmi a dire di no, capisco che la mia risposta sarà parte di una lettera che scriverà a sua madre, e che quindi arriverà alle orecchie di mio padre.
Rabbrividisco, ma sono contenta di avere una scusa pronta.
“Mi dispiace, ma come dicevo, ho una riunione con Silente e gli altri professori alle 11” dico mostrando loro la lettera, lasciando che leggano gli orari.
Ontari sembra delusa per non poter riferire niente di negativo nei miei confronti.
Stranamente non è lei ad insistere.
“Potresti raggiungerci dopo, oppure potremmo trovarci dopo pranzo…” lascia la frase in sospeso Echo, di nuovo guardandomi intensamente.
Trattengo un altro brivido.
“Dipende da quanto durerà la riunione, ora se non vi dispiace, devo proprio andare.” Afferro le pergamene e mi alzo dalla panca.
“A più tardi, allora.” Mi saluta Echo con quello che dovrebbe essere un occhiolino accattivante.
L’unico effetto che ottiene è quello di farmi aumentare il desiderio di essere fuori da qui nel più breve tempo possibile.
Esco dalla sala grande e devo quasi trattenere un sospiro di sollievo.
Sono le nove e trenta, ho tutto il tempo di trovare Clarke, consegnarle il messaggio di Silente, correre ad avvertire Lincoln di stare attento e poi recarmi alla riunione.
Mi incammino verso l’infermeria, dove penso di trovare Clarke.
Cosa potrei dirle, però?
Ecco, questo è un messaggio di Silente, ci vediamo lì, a dopo?
Non sarebbe proprio l’ideale considerando come ci siamo lasciate ieri.
Scusa, sono troppo incasinata perché tu possa capire cosa mi passa per la testa, ti conviene lasciarmi in pace e dimenticarti di me?
Troppo melodrammatico, e se poi lo facesse davvero? Non posso neanche pensarci.
Cerca di capirmi, ti prego, non lasciarmi da sola o non so dove finirei.
Questo potrebbe andare, ma non sarei mai in grado di trasformarlo in parole vere, inutile che mi prenda in giro.
Ma non ho più tempo per pensarci perché lei è proprio qui di fronte a me.
 
*.*.*.*
 
[Clarke]

“Smettila Bellamy, Octavia ormai è grande abbastanza per fare le proprie scelte e se pensa che Lincoln sia la persona giusta per lei, non sta a te intrometterti.” Dico al mio amico per quella che potrebbe essere la duecentesima volta.
“Come può essere proprio lui la persona giusta per lei? Andiamo, Clarke, è un Serpeverde!” risponde nuovamente lui.
“Sarà anche un Serpeverde, ma sembra aver scelto la parte giusta in questa guerra e l’ha dimostrato combattendo al suo fianco.” Senza voltare le spalle cinque minuti dopo.
Sbuffo rumorosamente, mentre camminiamo verso la sala Grande, dopo aver lasciato Octavia in infermeria.
“Andiamo, smettila di lamentarti Bell, e andiamo a fare colazione che muoio di fame.” Taglia corto Raven e le lancio uno sguardo di gratitudine.
Parlerò con Octavia da sola quando ne avrò l’occasione, per ora importa solo che stia bene e che presto uscirà dall’infermeria.
Monti e Jasper sono davanti a noi che camminano tranquilli, ma appena girano l’angolo si fermano all’improvviso e quasi io e Bell andiamo loro addosso.
Scostandomi leggermente per liberarmi la vista noto cosa, o meglio chi, ha scatenato questa reazione.
“Ed ecco qui l’altra..” sento Bellamy borbottare.
Lo fulmino con lo sguardo, per poi spostare l’attenzione su Lexa, senza addolcire la mia espressione.
Mi chiedo quando ho imparato a comprendere le sue espressioni, perché se tutti gli altri intorno a me pensano che in questo momento Lexa sia perfettamente imperscrutabile e totalmente disinteressata, io so che è l’esatto contrario.
Lo vedo dal modo in cui alza il mento, che ho compreso essere un’arma di difesa rispetto alle situazioni che la mettono a disagio.
Lo vedo dal modo in cui irrigidisce i muscoli del collo, come se si stesse sforzando di non deglutire il groppo che deve avere in gola.
Lo vedo dal mondo in cui tende le dita, per non stringere il pugno in un chiaro gesto di tensione.
Ma soprattutto lo vedo nei suoi occhi, dove vive un miscuglio di paura, di dispiacere, di richiesta di comprensione e di orgoglio.
“Bene ragazze, noi cominciamo ad andare a prendere i posti per la colazione.” Rompe il ghiaccio Raven mentre afferra Jasper e Bellamy per i gomiti trascinandoli verso la fine del corridoio.
Bellamy, tuttavia, si divincola dalla presa della ragazza e si rivolta a guardarmi.
“Clarke?” mi chiede come se volesse la mia conferma prima di lasciarmi qui con Lexa.
Io annuisco semplicemente per rassicurarlo e lo osservo allontanarsi.
Torno a guardare la ragazza davanti a me.
Ora i segni di nervosismo sono ben presenti in Lexa, la mascella è completamente serrata, i pugni chiusi.
“Ha paura che ti faccia male? Sai che non sono una minaccia.” Chiede con tono gelido.
“Lo so, Lexa? Perché io so solo che quando ho avuto bisogno, tu mi hai voltato le spalle.” Le rispondo con lo stesso tono.
Il suo sguardo parla più di lei, e mi stupisco nuovamente di riuscire a capirlo così tanto, quando comprendo così poco le sue azioni. Ora esprime rabbia, ma anche tormento.
“Sbagliato, quando hai avuto bisogno ho schiantato due mangiamorte per darti una mano.” Replica, ma non ne è sicura neanche lei.
Ma ormai non ho intenzione di tenere per me le mie domande, e nemmeno la mia rabbia nei suoi confronti.
“Ed è proprio questo che non capisco. Perché aiutarmi per poi lasciarmi nuovamente? Tanto valeva lasciarmi nelle mani dei mangiamorte sin dall’inizio.” Replico.
Paura, vedo. Seguita subito dopo da ostentata determinazione.
“Non ti devo alcuna spiegazione, Clarke, ho fatto quello che ritenevo più giusto.” Dice.
“Quindi salvarmi dai Mangiamorte era la cosa giusta?” commento logica.
Se la situazione non fosse talmente delicata, vederla impietrita per come ho rigirato le sue stesse parole potrebbe essere quasi divertente. La osservo mentre si dimena tra i suoi stessi pensieri per trovare un’uscita da questa situazione complicata.
Infine sospira e rilassa le mani.
“Sono Caposcuola, dovevo assicurarmi che la situazione fosse sotto controllo. E a proposito di Caposcuola, ti stavo cercando solo per darti questo.” Si avvicina con un foglio in mano.
Sbuffo scocciata per come è riuscita a cavarsela e a dirottare la mia attenzione.
Afferro il foglio che mi porge e gli do un’occhiata veloce.
Perfetto, una riunione tra poco più di un’ora era proprio quello che mi ci voleva.
Ma siccome non voglio ancora lasciar cadere l’argomento, sfrutto il messaggio di Silente a mio vantaggio.
“Chissà cosa ci vorrà dire Silente… sicuramente non congratularsi con te per come ci hai aiutati a fermare i Mangiamorte.” Dico pungente.
So di essere infantile e soprattutto di non avere alcun diritto di parlarle in questo modo.
Tuttavia non riesco a fare a meno di sentirmi ferita dal suo comportamento, come se fosse una questione personale.
Mi sento tradita. Perché l’hai fatto, Lexa?
Forse nell’ultimo mese ho riposto troppa fiducia nella ragazza di fronte a me, quando lei mi ha detto sin dall’inizio di non poter ancora schierarsi.
Cosa credevo? Che scegliesse di schierarsi contro i Mangiamorte e Voldemort per me?
È un pensiero assurdo, eppure non riesco a fare a meno di provare un dolore quasi fisico quando ripenso al suo sguardo e al suo “mi dispiace”.
Durante tutto il mio giro di pensieri, Lexa non ha risposto alla mia provocazione, ma è ancora ferma davanti a me, mentre sposta il peso da un piede all’altro.
“Senti Clarke, lo so che non capisci le mie azioni. Ma io non posso… Non posso.. Ci sono delle cose, delle.. complicazioni.. non posso farlo.. mi dispiace..”
Al risentire quelle parole scatto nuovamente.
“Perfetto, un altro mi dispiace! Ora cosa farai, ti volterai e te ne andrai anche da questo corridoio, lasciandomi un’altra volta?”
Sebbene abbia iniziato con un tono arrabbiato, mi stupisco di sentire quasi un tocco di disperazione alla fine della mia frase.
Perché è vero, lei non ha lasciato la battaglia, ha lasciato me.
Lo stesso tormento dentro di me si riflette nel suo sguardo, e nella sua mano che si passa con aria stravolta tra i capelli.
“Tu non capisci, Clarke…” dice il mio nome quasi come se mi implorasse di comprenderla, ma io non posso.
Addolcisco lo sguardo però, e mi avvicino per sfiorarle una mano.
Cerco di non pensare a ciò che sfiorarla causa al mio corpo, e mi godo il contatto.
“Allora spiegami, Lexa. Raccontami tutto, scegli di fidarti di me.” Dico dolcemente.
Lei deglutisce e la sua mano sembra quasi tremare sotto la mia, come se non sapesse se vuole toglierla o lasciarla dov’è.
Resta in silenzio per parecchi istanti, che a me sembrano ore.
Alla fine abbassa la testa, scuotendola appena.
La delusione mi invade e mi sento completamente travolta.
Mi chiedo perché con te non riesca a modulare le mie emozioni, sembrano o tutto o niente.
E io non sono più in grado di gestire questo tutto.
Tolgo la mano e le volto le spalle io prima che lei possa farlo nuovamente a me.
“Allora non abbiamo più niente da dirci.” Dico piatta.
Cammino cercando di non farmi travolgere da questa assurda sensazione di impotenza e di tristezza, e soprattutto cercando di non pensare a quanto sembra essere fredda la mia mano dopo aver sfiorato la sua per qualche istante.
Sono quasi a metà corridoio quando sento la sua voce.
“Clarke! Aspetta.”
 
*.*.*.*
 
[Lexa]

Devi almeno accettare l’idea che possa esserci una persona di questo tipo.
Le parole che ieri sera mi ha rivolto Lincoln mi risuonano nella testa mentre osservo Clarke allontanarsi nel corridoio.
Allontanarsi da me.
All’improvviso tra tutto il mix di emozioni che mi sta tormentando da giorni ne prevale chiaramente una su tutte.
Paura.
Paura che se lei mi lasciasse definitivamente a me stessa, io mi perderei del tutto.
Paura che senza il suo sguardo blu che si posa gentile e speranzoso su di me io finirei nel nero della disperazione e della paura. Nel nero di mio padre, nel nero del marchio di Voldemort.
E tutto questo è troppo.
“Clarke! Aspetta.”
Il mio corpo si muove ancor prima che le parole escano completamente dalle mie labbra.
Il mio braccio si alza come se volesse toccarla nonostante i passi che ci dividono.
E un istante dopo le mie gambe scattano facendomi avvicinare il più rapidamente possibile a lei.
Clarke si è fermata. Non si è girata e non mi ha risposto, l’unico segnale del fatto che mi ha sentito è la sua immobilità in questo corridoio.
In qualche modo inconscio so che sta a me avvicinarmi questa volta, così come prima lei mi ha sfiorato la mano in modo rassicurante. La stessa mano che ora sembra implorarmi di riconquistare il calore e le sensazioni scaturite da quel contatto.
Sto quasi per afferrarle delicatamente la mano, ma mi fermo.
Non ne ho alcun diritto. Non ho alcun diritto di bearmi delle sensazioni che mi fa provare. Non quando lei è arrabbiata con me, non senza una spiegazione del mio comportamento riprovevole che ho messo in atto negli ultimi tempi.
Lei gira lentamente la sua testa per guardarmi, mentre ancora mi volta le spalle.
Osserva la mia mano ancora a mezz’aria e mi decido a riabbassarla, stringendo il pugno.
Prendo fiato e parlo, prima che possa cambiare nuovamente idea.
“Mio padre vuole che mi unisca ai Mangiamorte.” Dico come se fosse la cosa più semplice del mondo, quando dentro di me sento un macigno enorme smuoversi appena.
Non capisco se è il primo passo per liberarmene o se segna l’inizio della mia completa annientazione.
Finalmente Clarke si gira e si limita a guardarmi negli occhi, aspettando che vada avanti.
Alzo gli occhi verso il soffitto per un istante.
O tutto o niente, mi dico, e siccome ho iniziato tanto vale finire. I suoi occhi sono troppo puri perché io possa guardarli mentre le racconto finalmente tutto lo schifo in cui mi trovo.
“Mi ha scritto una lettera, agli inizi di settembre. Vuole che riscatti il nome di famiglia dopo lo Smistamento di Aden a Grifondoro. Mia zia Nia e mia cugina si stanno facendo… insistenti.”
Prendo fiato, mentre torno a guardarla negli occhi, che vedo finalmente raddolcirsi.
Il suo sguardo comprensivo, però, sembra cercare una risposta nel mio.
Come se ci fosse una punta di affanno in quel blu, come se stesse cercando di capire da sola se c’è ancora una speranza, o se deve arrendersi e lasciarmi andare.
Non lasciarmi. Vorrei dirle. Non lasciarmi come io ho lasciato te.
C’è solo un modo per farle capire che ho bisogno di lei.
“Io non voglio, Clarke. Unirmi ai Mangiamorte è l’ultima cosa che vorrei fare. Li odio, li odio tutti. Odio Voldemort, odio i suoi seguaci, le loro idee, odio mia zia che ha fatto il lavaggio del cervello a mio padre e odio persino lui per non essere riuscito ad opporsi e ad aver accettato questi principi terribili. Non c’è nulla che voglia di meno che unirmi a loro.”
È sollievo, quello che sta provando Clarke.
In un attimo le spalle si rilassano, il respiro esce dal suo petto sotto forma di sospiro quasi felice.
Mi chiedo cosa posso aver fatto per meritarmi tutta questa preoccupazione e attenzione da parte sua.
 E la risposta è niente, anzi. Non mi merito niente.
Così quando è lei che allunga la mano verso di me, mi ritraggo bruscamente lasciandola sorpresa, forse ferita.
Prima che possa aprir bocca per chiedere qualche spiegazione scomoda, ricomincio a parlare.
“Non mi importerebbe nulla delle torture, del male che mio padre e mia zia potrebbero farmi per il mio rifiuto. Sarei pronta ad affrontare tutto. Ma…”
E mi fermo guardando il pavimento.
È lei a prendere parola, per la prima volta da quando l’ho fermata in questo corridoio.
“Aden.” Una sola parola, sussurrata con la voce triste di chi ha capito.
E a me non resta altro che annuire e sospirare.
“Aden ha subito l’ira di mio padre dal giorno in cui è nato. Ha pagato per colpe che non sono mai state sue. E ora mio padre minaccia di punirlo, anzi, lo punirà già per essere finito a Grifondoro, e lo punirà ancora di più per colpa mia. E io devo proteggerlo, Clarke. Devo proteggerlo.”
La voce mi si rompe sul finale, ma non mi importa.
Non mi importa che Clarke mi veda debole e spaventata.
L’unica cosa che mi importa in questo momento è la sua mano che con rinnovata decisione ha riafferrato la mia.
E la reazione del mio corpo è istantanea e mi colpisce con forza.
È come se il mio corpo volesse rilassarsi completamente davanti al suo tocco e lasciarsi andare, ma allo stesso tempo sento tutte le mie cellule attivarsi, mettendomi in uno stato eccitatorio che non comprendo.
Decido di lasciarmi andare.
Stringo la sua mano a mia volta, abbandonandomi all’incertezza e alla disperazione.
Porto anche l’altra mano a contatto con la sua e lei sembra capire il mio bisogno di sostegno e di supporto, perché improvvisamente mi trovo incastrata tra le sue braccia, la testa nell’incavo del suo collo, mentre mi stringe a sé in un abbraccio disperato.
È il colpo di grazia per le mie cellule e per il mio cervello.
So di essere perduta, in questo istante. Perché ora che so cosa vuol dire poter stare nel suo abbraccio, sono condannata a una vita fredda e vuota.
Ma scelgo di non pensarci per non rovinare il momento. Alzo le braccia e ricambio la stretta sulla sua schiena con uguale intensità.
Dopo parecchi lunghi istanti.. o forse mez’ora.. o forse parecchi giorni di sole.. rompo il silenzio.
“Io non voglio Clarke, non voglio farlo. – sento la sua stretta, se possibile, farsi più serrata – ma credo di non avere scelta.”
La sento allontanarsi leggermente da me per guardarmi negli occhi.
Non faccio in tempo a sentire la mancanza delle sue mani sulla mia schiena che queste tornano su di me, sfiorandomi le guance per poi fermarsi all’inizio del collo, con i pollici che continuano ad accarezzarmi, come per asciugarmi lacrime invisibili.
Sento il cuore che mi scoppia nel petto, e se pensavo non ci fosse niente di meglio dell’abbraccio di poco fa, mi sbagliavo di grosso.
“Ascoltami bene.” Dice lentamente.
Devo fare uno sforzo immane per non lasciar scivolare lo sguardo sulle sue labbra, quindi mi concentro sugli occhi. Non so se sia meglio o peggio però, perché capisco perfettamente che sta scivolando dentro di me, infilandosi tra tutte le barriere, entrando dagli occhi e arrivando direttamente al cuore.
È un clichè vecchio come il mondo, ma non so come altro descrivere quello che mi sta facendo.
Annuisco appena, con la paura che muovendomi troppo lei tolga le mani dal mio viso.
“Pensi di non avere la forza e il coraggio di ribellarti alla tua famiglia e ai suoi ideali, ma avresti la forza di fare il contrario? Avresti la forza di fare del male, di.. ucciderci tutti se la situazione lo richiedesse, per proteggere Aden?”
Lascio che le sue parole mi colpiscano. Provo ad immaginare la scena. Io che scelgo contro la mia volontà di unirmi ai Mangiamorte, riesco a vedermi chiaramente, anche se con un brivido di ribrezzo, mentre accetto il marchio nero e indosso il mantello dei mangiamorte. Tento di immaginarmi in battaglia, ma all’improvviso non riesco ad andare avanti. Vedo Clarke che combatte fiera davanti a me e so che non riuscirei a reprimere l’istinto di proteggerla, tanto meno a farle del male.
“Non tutti.. non..”
Vedo le pupille di Clarke dilatarsi, mentre le sue dita smettono di accarezzare il mio viso dalla sorpresa.
Non te. Urlerei. Non te.
Ma non riesco a dire l’ultima parola. Perché è troppo presto, perché non ho ancora provato a capire i miei sentimenti. Perché non ho ancora deciso cosa fare del mio futuro. E perché ho paura di rovinare tutto questo.
Chiudo gli occhi cercando di imprimere nella memoria queste sensazioni.
“Non potrei mai farlo.” Dico infine.
“Allora possiamo trovare una soluzione. Nascondere Aden… Silente magari potrà aiutarti. Devi solo farti aiutare. Non voglio metterti pressione, prendi il tuo tempo, ma ti prego. – stringe il mio viso tra le mani e il mio sguardo torna sui suoi occhi. – Ti prego, considera anche questa opzione. E ricorda che puoi fidarti di me, e se me lo permetterai, sarò qui per aiutarti come posso.”
Annuisco per l’ennesima volta.
Clarke sorride e qualcosa dentro di me sembra tornare al posto giusto.
Lentamente e nel modo più delicato possibile, allontana le mani dal mio viso, sfiora tutta la lunghezza del mio braccio fino ad arrivare alla mano, stringendola dolcemente.
Infine Clarke Griffin si allontana di un passo, si volta e mi lascia da sola in questo corridoio, con il dubbio che tutto quello che sia appena accaduto sia successo davvero o sia solo nella mia testa.
 
 
“…comprenderete anche voi che è la cosa più sicura per tutti gli studenti di questa scuola. Non possiamo permetterci un altro attacco come quello di ieri.”
La McGranitt conclude il suo discorso.
Breve e conciso. Le uscite ad Hogsmeade sono state sospese per tutti e per tutto l’anno per evitare che i Mangiamorte attacchino il castello o il villaggio.
Le difese magiche che proteggono le mura sono state irrigidite ancora di più.
Il coprifuoco scatterà prima e le uscite nel parco dovranno terminare al calar del sole, il che, grazie alla posizione del castello nel Nord della Scozia, significa metà pomeriggio.
Ronde raddoppiate, e questa è l’unica cosa positiva, perché egoisticamente sono contenta di poter passare del tempo in più con Clarke senza doverlo giustificare a nessuno.
Clarke. È seduta vicino a Wells dall’altra parte della stanza, ma sento la sua presenza come se fosse esattamente accanto a me. Ho fatto fatica a non far cadere il mio sguardo su di lei per tutto il tempo del discorso della McGranitt, cercando di ricordarmi che sono qui in qualità di Caposcuola e che quindi ho delle responsabilità.
Ma il leggero sorriso che mi ha lanciato mentre entrava in questa stanza non ha di certo contribuito.
“Bene, se non c’è altro, direi che possiamo tornare alle nostre attività.” Conclude Lumacorno.
“In realtà, Horace – interviene Silente per la prima volta -  ho io qualcosa da dire a tutti voi, cari ragazzi.”
Silente si alza in piedi, mentre ci scruta da dietro gli occhiali a mezzaluna.
“Volevo ringraziarvi personalmente per aver combattuto per difendere la nostra scuola. Ciascuno di voi.”
Il suo sguardo si posa su noi quattro e quando è il mio turno abbasso lo sguardo sul tavolo perché mi sembra proprio di non meritare i suoi ringraziamenti.
“Detto ciò – prosegue l’anziano preside – potete tornare dai vostri amici. Mi raccomando, fate attenzione, ora più che mai.”
Ci alziamo tutti e mi sto dirigendo verso la porta, notando che Clarke sembra aspettarmi sulla soglia per uscire.
Faccio per raggiungerla quando una voce mi richiama.
“Signorina Woods, se non è un problema vorrei scambiare due parole con lei.”
Mi volto stupita verso Silente e annuisco.
Torno con lo sguardo su Clarke che abbozza un sorriso prima di uscire.
Quando rimaniamo soli sento il nervosismo crescere.
“Si sieda pure, signorina Woods, le chiedo scusa, ma le assicuro che non ci vorrà molto.”
Io annuisco ancora e prendo il posto di prima al grande tavolo.
“Volevo ringraziarla in modo particolare.” Inizia il preside guardandomi negli occhi.
“Non ce n’è bisogno signore. Non ho fatto proprio niente.” Dico seria.
“Non mi risulta, invece. Ho saputo che è stata proprio lei a mandare un ragazzo dalla professoressa McGranitt per avvertirla, e che è andata in soccorso alla signorina Griffin contro i fratelli Lestrange.” Continua lui imperterrito.
“Le manca il pezzo in cui me ne vado dalla battaglia però.” Commento amaramente abbassando lo sguardo.
Il preside non si scoraggia.
“Esistono molti tipi di coraggio.. affrontare i nemici richiede notevole ardimento. Ma altrettanto, e direi anche molto di più, ne richiede andare contro la famiglia.”
Lascio che la sua frase venga metabolizzata dal mio cervello. Non avrei mai definito il mio gesto come coraggioso, anzi. Era spinto dalla paura che succedesse qualcosa a Clarke. Nulla a che fare con l’ardimento.
Silente mi lascia ragionare senza dire nulla, e quando torno a guardarlo abbozza un sorriso.
“Ora, signorina Woods, c’è qualcosa che vorrei chiederle.” Il tono si fa serio e anche io assumo una postura più rigida, su questa sedia.
“Sono a conoscenza della sua.. situazione famigliare diciamo.”
Sgrano gli occhi dalla sorpresa. Cosa può sapere? E soprattutto, come fa a sapere qualcosa?
“Oh, sono un vecchio impiccione, che si preoccupa per tutti i suoi studenti e che ha buona memoria.” Dice pensando di rassicurarmi, senza riuscirci minimamente.
Prende un bel respiro e ricomincia.
“Conoscevo i suoi genitori. Allora ero l’insegnante di Trasfigurazione, non il Preside della scuola, ma li ho avuti entrambi nella mia classe. Alexander Woods, un uomo ambizioso e abile, e Sterope Black. Tua madre era davvero una persona speciale.”
Deglutisco, l’argomento famiglia e specialmente di mia madre è sempre molto delicato per me.
“Ho sempre trovato affascinante l’idea della famiglia Black di dare i nomi di stelle e costellazioni a ciascuno dei figli. Anche perché in qualche modo sono sempre talmente azzeccati che sono quasi convinto che consultino una veggente prima di deciderli.”
Prende una breve pausa per guardarmi.
“Sterope, ostinata e scintillante. Non credo ci siano parole migliori per descrivere tua madre. Brillava di una purezza di cuore straordinaria, e con la sua ostinazione è riuscita a portare dalla parte del bene anche un uomo tutto d’un pezzo un componente degli Agzeda come tuo padre. La sua morte è stata davvero un brutto colpo. E posso solo immaginare la reazione di tuo padre.”
Io annuisco senza dire nulla, non sapevo che Silente li conoscessi così bene e sentirne parlare da lui mi causa delle strane sensazioni.
“Ora.. ho ragione di credere che la vita sua e del giovane Aden non sia stata delle più facili, e certamente il suo smistamento a Grifondoro sarà stato affrontato molto male da parte di suo padre, non è vero?”
Inutile mentire. “Sì, signore.”
“Vorrei chiederle una cosa, signorina Woods, e mi creda, non mi è facile affrontare cosa sto per dire.”
Mi guarda e ho come l’impressione che possa sentire i miei pensieri.
“Vorrei che lei diventasse una spia per me tra le fila degli studenti affiliati a Voldemort presenti in questa scuola.”
Sgrano gli occhi dalla sorpresa, senza pensare a tutte le tecniche di controllo insegnatomi da mio padre.
Una spia? Io?
Silente lascia che la sua richiesta si posi dentro di me.
Non sono ancora convinta della parte da prendere in questa guerra che lui mi sta chiedendo di prenderne due contemporaneamente, fingendo però di abbracciare gli ideali dei mangiamorte, con tutti i rischi che ne conseguono.
“Signore, io non credo di potere, né di essere in grado di farlo…” inizio titubante.
“Aspetti, signorina Woods, lasci che le spieghi la mia idea.” Ha il potere di zittirmi all’istante.
“Credo che lei, come sua madre, sia contraria alle idee sul sangue puro proposte da Lord Voldemort. – si ferma per vedere la mia reazione e io annuisco sicura – tuttavia immagino che non sia facile opporsi apertamente, soprattutto in casa con suo padre e sua zia, e con un fratello minore pronto a pagarne le conseguenze.”
Ma come è possibile che sappia tutte queste cose? Sta tirando ad indovinare o è una situazione così semplice da leggere?
“Ora, è inutile che neghi la delicatezza della situazione in cui ci troviamo. Voldemort ha sempre più potere e il ministero non riesce ad opporsi. Io ho bisogno di ogni mezzo e di ogni aiuto possibile. Dopo l’attacco di ieri proprio qui ad Hogwarts è necessario che prenda le dovute precauzioni. Ho ben ragione di credere che siano stati alcuni dei suoi compagni di Casata a passare le informazioni a Voldemort e ai suoi seguaci, in modo che attaccassero la scuola proprio nel momento in cui le difese erano abbassate.”
Il suo tono è duro.
“È un miracolo che nessuno ne sia rimasto ferito, e non posso permettere che capiti un’altra volta. Per questo ho bisogno che lei finga di essere dalla loro parte, ma che recepisca informazioni per me necessarie a impedire o per lo meno limitare un secondo attacco.”
Annuisco perché comprendo la situazione, tuttavia ancora non capisco perché ne stia parlando con me.
“Lei è la persona giusta perché credo che sia vantaggioso anche per lei, sebbene non sia da sottovalutare il rischio a cui andrebbe incontro. Fingere di essere dalla parte dei Mangiamorte farebbe contento suo padre, metterebbe in una posizione di iniziale sicurezza anche per suo fratello, e allo stesso tempo le permetterebbe di stare comunque dalla parte giusta di questa guerra.”
Silente finisce di spiegarmi il suo ragionamento e quasi mi metto a ridere per quanto sia logico e incredibile.
Tutto sarebbe più facile. Ontari riferirebbe a Nia che ho finalmente accettato di stare dalla loro parte, nel frattempo cercherei di assicurarmi che non tocchino più Aden, né mio padre a casa.
Contemporaneamente potrei contribuire alla loro sconfitta.
“Accetto. -  Dico immediatamente, senza pensarci due volte. – ma ad una condizione.”
Mi sembra strano porre questi limiti proprio al preside, ma è una cosa necessaria.
“Dimmi tutto” risponde lui sorridente.
“Se le cose si mettessero male, deve assicurarmi di proteggere Aden per quanto le è possibile.”
Cerco di tenere il mio tono il più deciso ma il più rispettoso possibile.
Silente annuisce. “Se dovesse essere necessario me ne occuperò personalmente. Altro?”
Ora che so che Aden sarà comunque al sicuro mi prendo un attimo per pensare alle conseguenze per me di questa mia scelta.
“Fino a che punto.. fino a dove dovrò arrivare con il doppio gioco?” Mi odio perché dal mio tono emerge una punta di paura.
Ma Silente addolcisce lo sguardo quando risponde.
“Questo sarai tu a deciderlo, non voglio che tu ti metta in pericolo o che arrivi a gesti troppo eccessivi come prendere il marchio. Soprattutto se mai ti trovassi in una posizione di pericolo ti prego di pensare prima alla tua incolumità che alla mia richiesta. Quest’anno è il tuo ultimo anno qui, dopodichè sarai una donna adulta e non dovrai più ascoltare i discorsi del tuo vecchio Preside.” Sogghigna alla fine, ma ho compreso il suo concetto.
Gli serve qualcuno che lo aiuti a proteggere la scuola e io posso farlo.
“D’accordo, signore.”
Lui annuisce contento.
“Ti ringrazio, signorina Woods, stai davvero facendo qualcosa di onorevole.”
Quasi alzo gli occhi al cielo, dimenticavo che Silente è il Grifondoro per eccellenza.
“Delle ultime raccomandazioni prima di lasciarti al tuo meritato pranzo. La posizione di doppiogiochista è molto delicata, suggerisco che ne siano a conoscenza il minor numero di persone possibile.”
Il mio pensiero vola immediatamente a Clarke. Riuscirò a parlargliene? Come la prenderà?
Sono quasi impaziente di farglielo sapere, di dirle che ho scelto questa parte, e in un qualche modo ho scelto lei.
Come Lincoln con Octavia.
Sono elettrizzata, mi sembra di non capire molto di quello che sta succedendo intorno a me.
“E infine – La voce di Silente mi riporta in questa stanza – un avvertimento. Stare dalla parte del potere e della violenza, anche solo per carpirne informazioni, può essere difficile, il potere può tentare anche i cuori più sicuri.. Ti prego di venire da me in qualunque momento ne sentirai il bisogno.”
“Con tutto il rispetto, signore – rispondo sicura -  non c’è niente che mi importi meno del potere. Voglio solo che le persone a cui tengo siano al sicuro.”
Silente mi guarda con gli occhi limpidi e annuisce.
“Sai.. a volte credo che lo Smistamento avvenga troppo presto..”
Quasi mi dimentico di avere davanti il mago più potente del nostro tempo, ma non riesco a trattenermi dallo sbuffare e dall’alzare gli occhi al cielo.
“Anche lei con la storia della Serpeverde anomala…”
Silente si limita a ridacchiare.
“D’accordo, d’accordo, non mi intrometto. Allora, la aspetto nel mio ufficio ogni volta che avrà bisogno di comunicarmi qualcosa. Per questo mese la parola d’ordine è “Cioccorana”, non se la dimentichi. Buon pranzo.”
E con quest’ultima stranezza, Silente esce dalla stanza.
Sono ancora scombussolata da tutti questi avvenimenti e devo ancora ragionarci bene.
Esco anche io e mi dirigo verso la sala Grande.
Faccio in tempo a fare una decina di passi che qualcuno mi afferra per un braccio.
Istantaneamente estraggo la bacchetta con il braccio libero e la punto verso il mio assalitore.
“Riflessi pronti vedo..” è Ontari che ha parlato, mentre Echo mi tiene ancora il braccio sogghignando.
“Ontari, Echo.. a cosa devo il piacere?” vorrei andarmene subito, vorrei cercare Clarke e comunicarle la notizia, ma non posso.
Tanto vale iniziare subito con il compito che mi ha affidato Silente.
Così indirizzo un sorriso malizioso a Echo, che sembra sorpresa ma lusingata dal mio gesto e mi rivolgo ad Ontari.
“Se sei dei nostri, direi che dopo pranzo dobbiamo vederci con gli altri nel dormitorio per discutere di alcune cose importanti.. altrimenti credo che comunicherò a tuo padre la tua decisione…”
Mi sta sfidando ma questa volta ho la risposta pronta.
“Credo proprio che ci sarò.” Dico mettendo su il mio ghigno peggiore.
Lei sembra stupita ma annuisce soddisfatta.
“Davvero? – si intromette Echo, che per tutto il tempo non ha mai lasciato il mio braccio – non te ne pentirai, vedrai..”
Sento dei passi venire verso la nostra direzione, e proprio nel momento in cui Echo si allunga per lasciarmi un leggero bacio sulla guancia spunta Clarke che si congela non appena mi vede.
Mi immobilizzo anche io mentre osservo diverse emozioni farsi strada nei suoi occhi.
Improvvisamente indurisce la mascella e stringe i pugni mentre inchioda lo sguardo su Echo, ancora addosso a me.
“Vedo che hai preso una decisione, alla fine. Non ci hai messo molto.”
Il suo tono è talmente tagliente che ne sono quasi ferita.
Il problema è che non posso dirle niente in questo momento senza tradirmi.
“Esatto – dico cercando di essere il più convincente possibile. – quindi non ci rimane che vederci alla prossima ronda.”
Clarke non si schioda, mentre Echo e Ontari ci guardano con un ghigno soddisfatto.
Infine è mia cugina a parlare.
“Non so cosa tu voglia, ma ti conviene andartene, Griffin.”
Clarke si rivolge a lei.
“Niente, non voglio proprio niente.”
E con questo si volta e sparisce dalla mia vista.
Merda.



NOTE:
Scusate l'attesa del capitolo, spero vi piaccia!
Colgo l'occasione per ringraziare le splendide persone che ogni volta perdono del tempo per dirmi cosa ne pensano della storia.
Scusate eventuali errori ma non volevo farvi aspettare troppo e quindi posto senza rileggere alcune parti perchè sono di frettissima!
Grazie mille, e per qualsiasi cosa sono disponibile a dare spiegazioni!
A presto e buon'epifania!
Ilaria

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


[Clarke]

Stupida, stupida Clarke. Stupida.
Come diceva quel detto babbano?
Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi.
Folle, Clarke. E stupida.
Mentre cammino, e non so bene ancora verso dove, continuano a viaggiarmi nella mente flash in successione delle emozioni provate nelle ultime ore.
La paura che non si fidasse di me, che non si confidasse con me.
Il sollievo nel sentirla finalmente aprirsi e spiegarmi cosa le stesse succedendo.
La felicità nel sentirle dire di non voler far parte dei mangiamorte.
Quel miscuglio di emozioni tanto vario quanto intenso nel momento in cui ha ricambiato l’abbraccio in cui l’ho stretta quando non potevo trovare parole per esprimerle il mio sostegno.
Il mio stesso corpo mi sta tradendo, il cuore che mantiene il suo battito erratico, il cervello che ancora non riesce ad esaminare la situazione con freddezza, perfino la schiena, dove giuro di sentire ancora con precisione chirurgica i punti in cui le sue mani mi stringevano, quasi imploravano di non lasciarla andare.
E infine le mani, queste maledette mani che l’hanno avvicinata, sostenuta, abbracciata. Accarezzata.
Queste mani che tremano, che quasi vorrei non facessero più parte di me per colpa della loro memoria sensoriale che mantiene i ricordi del calore del suo corpo, della morbidezza della sua pelle.
Queste mani che odio perché bramano ancora di toccarla.
Ma evidentemente lei non condivide queste emozioni.
Lei chiaramente non ha dato importanza ai nostri contatti, accettando subito quello di qualcun altro.
E per quanto la mia mente cerchi di impedirlo ecco l’immagine di Echo attaccata al suo braccio.
La sequenza al rallentatore della ragazza che si alza sulle punte e con un sorriso malizioso fa indugiare le labbra sulla sua guancia.
Quella guancia che inconsciamente cominciavo a considerare un po’ mia. Ma perché poi?
Stupida Clarke.
Lei non mi doveva niente, niente. Pensavo davvero che bastassero qualche parola di comprensione e un abbraccio per farla restare dalla mia parte?
Considerando il senso di profonda delusione e di dolore che sto provando in questo momento, direi di sì, lo pensavo davvero.
Alzo gli occhi e capisco dove sono arrivata nel mio vagare nella scuola.
Sarà il destino?
I miei passi mi hanno appena portata davanti alla porta dietro cui si trova la persona che è riuscita ad ottenere quello che io ho appena perso.
“Ehi Clarke! Sei già tornata a trovarmi? Allora è vero che non riesci proprio a stare senza di me!”
È il saluto di Octavia appena oltrepasso la porta dell’infermeria.
“Ehi..” è il mio saluto striminzito.
Lei socchiude subito gli occhi per studiare la mia espressione.
Cerco di metter su la mia faccia più rilassata, ma il tentativo deve essere pessimo perché Octavia si sporge verso di me afferrandomi una mano.
“Cosa ti è successo?” chiede preoccupata.
Io scrollo le spalle, accettando il suo tocco e sedendomi sulla sedia accanto al suo letto.
“Niente, O, tu, piuttosto, come stai?” le chiedo abbozzando un sorriso.
“Io sto esattamente come due ore fa quando siete venuti tutti a trovarmi, ma non mentirmi Clarke..”
Mi stringe la mano con più forza costringendomi a guardarla.
Ma io non voglio reggere il suo sguardo, così lascio cadere la testa sul suo letto chiudendo gli occhi.
“Davvero, non mi va di parlarne O…” la voce esce leggermente soffocata e spero davvero che lei lo attribuisca al fatto che ho la testa schiacciata contro il suo materasso, e non al groppo in gola che minaccia di prendere il sopravvento in questo istante.
Lei lascia la mia mano, e inizia delicatamente ad accarezzarmi i capelli.
“Come vuoi, Clarke, ma sappi che io sarò qui quando ne vorrai parlare..”
Io annuisco appena, senza alzare la testa.
Sento distrattamente la porta dell’infermeria aprirsi di nuovo, ma non me ne curo.
Octavia continua ad accarezzarmi i capelli, e tutto ciò che voglio in quest’istante è distrarmi da quanto è appena successo. Il conforto di un’amica fa proprio al caso mio.
“Eccoti, Clarke, ti ho cercata dappertutto! Deduco che il tuo incontro con Lexa non è andato come speravi..” sento dire da dietro di me.
“Oh no…” mi lamento io, proprio mentre Octavia interrompe il movimento della sua mano esclamando: “Lexa?!”
Faccio sprofondare la testa ancor di più nel materasso, coprendomi anche con le braccia, in un vano tentativo di isolarmi dal mondo.
Ma sono con Raven ed Octavia, e le conosco troppo bene per sperare che mi lascino in pace.
Pessima mossa venire qui…
Sento Raven prendere un’altra sedia e posizionarsi al mio fianco.
Attendo speranzosa che una delle due rompa il silenzio tirando fuori un argomento casuale, ma è tutto inutile.
Con un sospiro rassegnato alzo la testa, sperando che i miei occhi non siano così lucidi come credo.
Di nuovo capisco che probabilmente devo lavorare sulle mie doti teatrali perché vedo Raven stringere il pugno con un’espressione di rabbia
“Cosa ti ha fatto?” quasi ringhia.
Sospiro di nuovo, mentre penso a come dare loro minime informazioni per rassicurarle senza dover spiegare tutto quello che è successo.
“Non mi ha fatto niente, Raven. Ti ho detto mille volte che non mi farebbe mai qualcosa di male”
Certo questo era prima che scegliesse di stare dalla parte degli studenti affiliati a Voldemort, ma non mi sembra il caso di specificare.
Guardo entrambe le mie migliori amiche e mi odio perché so cosa sto facendo di nuovo.
Sto cercando di difenderti, di fare in modo che loro non pensino male di te. Ma perché? È chiaro che tu non voglia essere difesa da me, o avere anche solo più a che fare con me.
Deglutisco questo amaro boccone, mentre torno a parlare.
“Pensavo solo che avrebbe potuto fidarsi più di me...” lascio la frase in sospeso.
Di nuovo l’immagine di Echo così vicina al tuo corpo mi causa un brivido di orrore.
Scuoto le spalle e torno a guardare negli occhi Octavia.
“Ve ne parlerò ragazze.. davvero, solo non adesso.” Dico abbassando lo sguardo, e qualcosa nella mia voce deve averle convinte perché sento la mano di Raven posarsi sulla mia spalla, mentre Octavia annuisce.
Le ringrazio mentalmente, perché davvero non sono pronta adesso per affrontare questo discorso con loro.
Non sono pronta per affrontarlo nemmeno con me stessa.
“Dunque – interrompe il silenzio Raven – visto che siamo tutte e tre qui, lontane da orecchie di fratelli impiccioni, e visto che la nostra caposcuola sembra intenzionata a mantenere per sé i suoi segreti…. Direi che potremmo sfruttare comunque questo momento in modo producente.”
Si interrompe come per creare la giusta atmosfera drammatica..
“Tu! – esclama alla fine indicando Octavia – è il momento di raccontare alle tue amiche tutta la storia con il misterioso serpeverde, da come è iniziata a come è arrivata con lui che affronta i Mangiamorte per trarti in salvo.”
Octavia non trattiene un gemito di disperazione, portandosi le coperte fin sopra la faccia.
“Eddai, O – intervengo io – non pensavi davvero di potertela cavare così! Non abbiamo insistito davanti a tuo fratello perché lo conosciamo, tuttavia ora che siamo solo noi tre…” le dico con un sorriso sul volto.
Octavia si scopre la faccia e mi osserva: sembra essere sollevata dal mio cambiamento di umore, ma prima di iniziare a parlare mi guarda seriamente e io capisco cosa sta cercando nel mio sguardo.
Annuisco per rassicurarla e lei inizia finalmente a parlare.
“Beh.. tutto è iniziato nella primavera dello scorso anno..”
“Primavera dell’anno scorso?! – interrompe subito Raven – così tanto tempo? E perché non c’è l’hai detto prima?”
Octavia si limita a guardarla stringendo gli occhi.
“Vuoi che vada avanti o no?”
Raven si rassegna e si rilassa nuovamente sulla sedia.
“D’accordo, d’accordo Blake, ma sappi che non dimentico..”
Lei le lancia uno sguardo divertito.
“Dicevo, era circa metà aprile, e io ero sotto pressione per i GUFO.. passavo molto del mio tempo in biblioteca a studiare, finchè un giorno sono arrivata al mio solito tavolo e ho notato un libro che qualcuno doveva aver dimenticato lì. L’ho preso, pensando di rimetterlo al suo posto sullo scaffale, ma quando l’ho guardato bene ho visto che non era un libro, ma un blocco da disegno.”
“Un blocco da disegno?” Questa volta sono io ad interromperla.
“Già, un blocco da disegno, e sapete quanto io sia una persona curiosa… L’ho aperto e ho visto un sacco di disegni in bianco e nero..”
“A matita o a carboncino?” chiedo prima di riuscire a fermarmi.
“Oh Griffin! – interviene Raven – poi sarei io quella che si intromette! Che razza di domanda è a matita o a carboncino? Piuttosto chiedi cosa c’era disegnato, se proprio devi fare qualche domanda!”
Io abbasso gli occhi imbarazzata. Non ha tutti torti, mi sa. E anche Octavia sembra essere d’accordo.
“Credo che Raven abbia stranamente trovato il punto chiave della situazione… In mezzo a tutti quei disegni ne ho trovato uno della sottoscritta. Sono tornata alla prima pagina per vedere se ci fosse il nome del proprietario, ma prima che potessi vedere altro, Lincoln è arrivato di corsa e mi ha praticamente strappato il blocco dalle mani. Ha abbozzato qualche scusa, dicendo che era di un suo amico e se n’è andato lasciandomi in biblioteca senza aver capito cosa fosse davvero successo.”
“E poi?” domando quasi sottovoce mentre osservo il volto della mia amica.
Sta guardando un punto imprecisato davanti a sé, con un sorriso appena accennato sul viso, immersa in un mondo solo suo.
“E poi – sembra riscuotersi – il giorno dopo sono tornata in biblioteca, un po’ prima rispetto al mio solito orario, e Lincoln era seduto allo stesso tavolino. Mi sono avvicinata e ho visto il blocco da disegno tra i suoi libri. “Quindi non l’hai ancora ridato al tuo amico?” Lui ha fatto un salto di mezzo metro sulla sedia ed ha iniziato a balbettare parole sconnesse. Io ho riso e mi sono seduta accanto a lui senza aggiungere altro. Da quel giorno abbiamo studiato sempre insieme…”
“Finchè non siete passati dalle materie dei GUFO all’anatomia umana..” commenta Raven con un ghigno malizioso.
“RAVEN!” Octavia esclama arrossendo.
“Eddai O, non fare la santarellina!”
“Beh se la metti così, non sei andata molto lontana dalla verità.” Commenta infine con un’occhiolino.
Io abbozzo una risata mentre scuoto la testa rassegnata al comportamento delle mie due amiche.
Poi torno con lo sguardo su Octavia e intervengo più seriamente.
“E sei sicura, O?”
Lei mi fissa un istante, prima di rispondermi.
“Non sono mai stata più sicura di così su qualcosa.”
Mi limito ad annuire perché non trovo le parole davanti al tuo sguardo sicuro.
Raven sospira.
“Come farai con Bellamy? È entrato nel pieno della modalità fratello iperprotettivo, lo sai?”
Octavia stringe i pugni, lo sguardo prima sognante ora velato da uno strato di rabbia.
“Non rinuncerei a Lincoln per far contento Bellamy, non dopo che lui ha messo in pericolo se stesso schierandosi dalla mia parte contro i Mangiamorte. Bellamy dovrà accettarlo, volente o nolente.”
“Nolente, temo – risponde Raven mentre annuisce alle sue parole – la sta davvero prendendo male. Sarà che anche tutta la storia di Echo lo ha messo ancor più sulla difen-, Clarke?”
Raven si interrompe davanti alla mia reazione.
Non ho potuto evitarlo: sentire Octavia parlare della scelta di Lincoln mi ha ovviamente turbata, ma sentire Raven pronunciare il nome di quella vipera mi ha fatto scattare come una molla.
Mi sono alzata di scatto dalla sedia, che ha strisciato sul pavimento con un rumore sgradevole.
Con movimenti rigidi e nervosi mi avvicino alla finestra per guardare fuori cercando di calmarmi.
“Clarke?” tenta Octavia questa volta.
Chiudo gli occhi e so di dover loro una minima spiegazione dopo questa esagerata reazione.
“Pensavo di avercela fatta, di averla convinta a fidarsi di me, ad accettare il mio aiuto.” Sospiro mentre le mie amiche attendono pazientemente il “ma” che sta per arrivare.
“Invece neanche un’ora dopo l’ho trovata insieme a Ontari, con quella… Echo appiccicata come un’anguilla.”
La voce esce secca, anche se so perfettamente che le mie amiche hanno notato la nota di dolore celata dietro queste parole.
Mi volto a guardarle, appena in tempo per vedere Octavia stringere i pugni.
“Quella malede-“
Ma è Raven che la ferma poggiandole delicatamente una mano sul ginocchio.
Le lancia uno sguardo ammonitore prima di rivolgersi a me con cautela.
“La domanda è una, Clarke.. Per quale motivo ti fa stare così male?”
Lascio che le sue parole penetrino nel mio cervello e sento quel che rimane del mio orgoglio agitarsi inquieto.
Già: perché mi importa così tanto? Perché l’immagine di te nelle braccia di qualcun altro mi fa sobbollire di rabbia? Perché ogni volta che compi una scelta che non condivido la situazione mi colpisce come un dolore fisico?
Non voglio pensare alla risposta, non ne vale più la pena e dopo quello che ho visto non c’è più nemmeno bisogno di approfondire l’argomento.
Riempio i polmoni d’aria mentre lascio rilassare le spalle, e mi dico che è vero, che non ho motivo di reagire così, che non c’è una spiegazione.
Così torno vicino alle mie amiche e sorrido, genuinamente questa volta.
“Sai cosa ti dico, Raven? Che effettivamente non ha senso che mi importi così tanto. Peggio per lei dopotutto no?”
Le due mi guardano sorprese dal mio cambio improvviso d’umore.
Octavia è la prima a riprendersi, ricambia il mio sorriso ed esclama: “Ben detto, Clarke!”
Raven invece mi osserva ancora incerta.
“Non era esattamente quello che intendevo…” tenta di iniziare, ma la fermo subito con un gesto leggero della mano e un altro sorriso, che sembra però spaventarla un po’.
“Va bene, così Raven, davvero. È meglio per tutti. Torniamo alla situazione di O.”
La vedo sgranare gli occhi mentre si prende la testa tra le mani, ma non me ne preoccupo più di tanto.
Non ha più importanza, ormai, e va bene così.
 
*.*.*.*

 
[Lexa]

Sono passati cinque giorni. Cinque interi giorni in cui il mio umore non ha fatto altro che peggiorare, caratterizzandosi di una disperazione sempre più prepotente.
Inizialmente è successo tutto in modo così rapido e surreale da sembrare quasi comico.
Io, Alexandria Woods, che accetto con tutti i rischi connessi di diventare una spia di Silente tra le fila di Voldemort.
Io, Alexandria Woods, che prendo finalmente parte alla guerra, riuscendo a collocarmi dalla giusta parte.
Io, Alexandria Woods, che non vedo l’ora di comunicarle che sotto sotto aveva ragione, che una soluzione la si trova se si ha il coraggio di cercarla e di accettarla, che forse sono davvero le scelte che facciamo che dimostrano chi siamo veramente, non una stupida parola pronunciata da un vecchio cappello rattoppato.
Io, Alexandria Woods, che non posso fare altro che rimanere immobile mentre la osservo voltarmi le spalle con espressione ferita ma determinata, dopo aver tradito per l’ennesima volta la sua fiducia.
Da quella domenica mattina mi sembra di aver vissuto la vita di qualcun altro.
Ho assistito per la prima volta ai ritrovi degli studenti devoti al Signore Oscuro, ho ascoltato i loro piani contro alcuni studenti della scuola, ho assistito agli aggiornamenti che i figli dei Mangiamorte hanno riferito a tutti gli altri su quello che davvero sta succedendo nel mondo fuori da Hogwarts.
Ho perfino avvisato Lincoln del piano di ritorsione che stavano progettando contro di lui, e grazie a questo ho confessato a lui e ad Anya del mio nuovo ruolo in questa guerra.
Ho ascoltato le loro preoccupazioni, ho chiarito i loro dubbi sulle implicazioni della mia scelta.
Ho sorriso in risposta ai ringraziamenti di Lincoln e ho cercato di sedare il nervosismo di Anya.
Ho visto chiaramente gli sguardi orgogliosi e soddisfatti che mi hanno rivolto entrambi.
Tuttavia sento chiaramente che non è stato abbastanza, che manca qualcosa, o qualcuno, per completare il mio senso di soddisfacimento.
E finché quel qualcosa, o qualcuno, non mi darà la propria approvazione, tutto quello che ho fatto non avrà avuto un senso.
Da quella domenica mattina il sentimento di vittoria si è trasformato in incredulità, che è passato da una lieve ansia a una vera e propria angoscia. Fino a divenire quasi disperazione, perché è giovedì pomeriggio e non ho ancora visto quegli occhi blu guardarmi con calore e orgoglio.
Da quello sguardo ferito siamo passate a sguardi carichi di rabbia, poi di delusione e infine di indifferenza, quando dentro di me avrei solo voluto urlarle di smetterla, di tornare a guardarmi come prima che tutto questo accadesse, con quella luce gentile, con quella speranza che non l’aveva mai abbandonata, nemmeno quando le ho voltato le spalle durante il combattimento, quella speranza che non c’è più proprio ora che è diventata qualcosa di più concreto, qualcosa che si sta già realizzando.
Lascio uscire un lamento di frustrazione, prendendomi la testa tra le mani.
“Dovresti dirglielo, sai?”
Anya di fianco a me deve aver osservato il filo dei miei pensieri.
“Questa sì che è un’ottima idea, Anya! Non ci avevo ancora pensato, grazie!”
Lei sbuffa, mentre io stringo la presa delle mie mani sulla mia nuca, nascondendo la faccia con una cascata di capelli.
“Cos’è che dici sempre tu, Woods? Il sarcasmo non è il prodotto di una mente forte.” Mi scimmiotta e sospiro perché questa volta me lo sono proprio meritato.
“Intendo provarci sul serio, non quegli inutili tentativi dei giorni scorsi, se continui a guardarla sperando che lei capisca dal tuo sguardo supplichevole non risolverai mai la situazione.”
So che ha ragione, eppure qualcosa mi frena.. non so esattamente cosa sia, ma più il tempo è passato, nonostante l’angoscia crescente, più il bisogno di dirle la verità sembra essere diminuito.
Eppure qualcosa non mi torna.
“E se fosse più sicuro tenerglielo nascosto?”
Sollevo la testa, ma non ho comunque il coraggio di guardarla negli occhi.
Lei non dice niente, aspettando che continui.
“Sì.. insomma.. Silente mi ha detto di comunicarlo al minor numero possibile di persone, e comunque dovrei continuare a fingere, credo che sarebbe più credibile se lei continuasse a…”
Non riesco a finire, ma lo fa lei per me.
“Odiarti? Disprezzarti? Pensare che hai tradito nuovamente la sua fiducia, e cos’altro? Pensare davvero che tu sia interessata a quella troietta di Echo? Guardami, Lexa.”
Parla con un tono talmente duro da farmi rabbrividire.
Volente o nolente mi trovo a incontrare i suoi occhi.
“Io ti conosco, Lexa, anche se tu non ti sei mai aperta totalmente con me. Ma proprio questo ha permesso che imparassi a comprendere il tuo modo di pensare, interpretando segnali che involontariamente mi mandi. Per questo puoi mentire a te stessa, ma non a me.”
Addolcisce il tono mentre io rimango immobile ad osservare il suo viso.
Quando capisce che non otterrà alcuna risposta prosegue con un sospiro.
“Ho visto come la guardi e soprattutto ho visto come lei guarda te. So che negherete entrambe ma c’è qualcosa tra di voi.”
Apro la bocca per negare, ma lei mi anticipa zittendomi con un gesto della mano.
“Non è questo l’importante adesso, comunque. Ma pensa a questa domanda: chi è stata la prima persona a cui hai pensato quando hai accettato di fare la spia per Silente? Qualcosa mi dice che né io né Lincoln eravamo al centro dei tuoi pensieri in quel momento.”
Non rispondo perché sento che non ce n’è davvero bisogno. Sospiro distogliendo per un istante lo sguardo prima di riposarlo su Anya quando ricomincia a parlare.
“Come sospettavo… Quindi Lexa, fammi il piacere di non dire più stronzate su come sia più sicuro che lei non sappia, su come tu puoi reggere la sua indifferenza e il suo odio, perché non è vero. Lascia che sia lei a decidere cosa deve pensare di te facendole conoscere tutta la storia, tutta la verità. Inoltre questo mondo non è sicuro per nessuno, tanto meno per lei. La tua è solo paura di aprirti, di confidare la verità e di essere in qualche modo ferita dalla sua reazione. Ma se continui a pensare a tutte le cose che potrebbero andare male, finirà che perderai l’unica cosa per cui vale la pena lottare.”  
Mi guarda convinta, mentre io elaboro il significato di tutto quello che mi ha appena detto.
Lascio che il mio cervello ripercorra le sue parole e infine ammetto che ha dannatamente ragione, ma ovviamente questo non posso dirglielo, così dico la prima cosa che mi viene in mente e che non sia troppo compromettente.
“Stasera abbiamo la ronda insieme…” comunico con un tono di voce basso.
“Ottimo allora, tira fuori la Woods che c’è in te e fatti ascoltare!” conclude con un sorriso.
Sbuffo semi divertita alle sue parole e le do una leggera spinta sul braccio.
Lei risponde con una mezza risata e mi lascia da sola nel nostro dormitorio.
 
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Credo che ormai camminare nervosamente avanti e indietro al settimo piano della Torre di Grifondoro sia diventata una mia abitudine. Sbuffo e utilizzo tutto il mio autocontrollo per riuscire a fermarmi vicino a una finestra cercando di distrarmi guardando fuori.
Il sole è tramontato da un po’ ormai, e il parco è immerso nel buio. Riesco a scorgere però i riflessi nel Lago Nero dei corridoi illuminati dalle torce, e mi incanto a guardare il loro brillio, tremolante grazie alle increspature sulla superficie dell’acqua. È così strano guardarlo dall’alto.
Mi chiedo come sia poterlo osservare tutti i giorni dalla sala comune dietro questo ritratto, vedere il sole tramontare dietro le montagne ed essere svegliati dai suoi raggi al mattino.
La cosa che mi manca di più nel dormitorio è proprio potermi affacciare, farmi colpire dalla fresca aria scozzese e osservare il procedere del mondo esterno.
È solo una delle complicazioni di vivere nei sotterranei di un antico castello, niente finestre, solo spifferi.
“Woods.”
Odio non riuscire a controllare il battito del mio cuore.
Mi giro ma la ragazza davanti a me non è Clarke e rimango interdetta.
“Reyes? Che ci fai qui?”
Controllo a stento il panico che sento crescere.
Sei così delusa che non hai intenzione di fare le ronde con me? Hai intenzione di rinunciare addirittura ai tuoi doveri pur di non dover avere a che fare con me?
Calma Lexa, Clarke non è così. Sarebbe capace di non rivolgermi neanche uno sguardo fino alla fine dell’anno, ma non andrebbe mai contro le sue responsabilità.
Raven mi ha osservata per tutto questo tempo, quindi cerco di mantenere tutta la compostezza possibile e ricambio il suo sguardo.
“Come sospettavo – borbotta tra sé e sé. – tranquilla Woods, non ha mandato me a fare le sue noiose ronde, anzi, lei non sa neanche che sono qui a parlare con te in questo momento quindi vediamo di fare in fretta.” Dice sbrigativa occhieggiando il ritratto da cui è appena uscita.
Io rimango in silenzio in attesa che mi spieghi cosa vuole esattamente da me.
“Senti.. io non vorrei intromettermi – inizia con un tono titubante, ma quando vede il mio sopracciglio inarcato sbuffa e ricomincia a parlare con maggior schiettezza – d’accordo voglio intromettermi quindi ascoltami bene perché non ripeterò quello che sto per dire.”
Annuisco semplicemente.
“Non so cosa tu stia combinando, e sinceramente non sono neanche sicura di volerlo sapere. Quello che voglio dirti è che devi prendere una posizione chiara e comunicarla a Clarke senza più prenderla in giro.”
È diretta, meglio così.
Apro la bocca per ribattere e lei mi anticipa.
“No, devi ascoltarmi ora. Non so cosa tu abbia detto o fatto durante lo scorso mese per guadagnarti la fiducia di Clarke, ma lei ti ha sempre difesa, davanti a tutti. Ha sempre preso le tue parti, ci ha sempre rimproverati di giudicare senza conoscere. Ha sempre creduto che presto o tardi avresti scelto la nostra parte in questa guerra. E io, al contrario di tutti gli altri, ho voluto avere fiducia nel suo giudizio, ho osservato senza pregiudizi e ho visto qualcosa che confermava la versione di Clarke. Ti sei sempre comportata in modo diverso con lei, l’hai sempre.. guardata in un modo diverso. E l’hai aiutata contro i Mangiamorte, nonostante tutto.”
Si ferma a guardare la mia reazione, mentre cerco di non far trapelare assolutamente nulla di quello che sta succedendo dentro di me.
Davvero ti sei sempre battuta per me? Davvero mi hai sempre difesa e non hai riferito niente di tutto quello che sai su me e Aden?
Deglutisco, ma rimango in silenzio in attesa.
Vedo il suo sguardo indurirsi prima di continuare.
“È chiaro ormai che tieni a lei in un modo particolare, nello stesso modo in cui lei tiene a te. Ma se tu non vuoi affrontare i tuoi sentimenti e preferisci rifugiarti nelle prime braccia di qualche stronzetta serpeverde, allora lasciala in pace, smetti di illuderla e non tornare più da lei.”
La sua schiettezza mi ricorda quella di Anya, ma è dieci volte più irritante.
E quando mi interrompe nuovamente sbuffo infastidita.
“Voglio solo avvertirti, Woods. Perché non posso permettere che lei ci caschi ancora e si ritrovi nuovamente a pezzi.”
A pezzi. Queste ultime parole hanno il potere di sconvolgermi più di tutte le altre del suo bel discorso.
Davvero ti ho fatto così male? Davvero eri così tanto ferita dal mio comportamento?
I sensi di colpa mi invadono, perché è vero che non potevo fare molto per non smascherare la mia posizione ancor prima di iniziare davvero il doppio gioco. Ma è anche vero che avrei potuto fare molto di più. Avrei potuto scriverle un messaggio, fermarla di nascosto dopo una lezione in comune, costringerla in qualche modo ad ascoltarmi. Non lasciarla cinque giorni con la certezza di non essere stata scelta da me.
Ed ecco arrivare la vergogna quando penso a tutte le volte che in questi giorni ha visto Echo gironzolarmi attorno, sfiorarmi poco discretamente, lanciarmi sguardi provocatori davanti a tutti. Senza che io mi opponessi apertamente, anzi.
E mentre io mi preoccupavo del fatto che lei non comprendesse quanto fossi nauseata da quelle attenzioni nei miei confronti, non ho pensato che lei potesse soffrire così tanto, probabilmente sentendosi rimpiazzata, sostituita.
Non riesco ad esprimere l’orrore che provo in questo momento.
Raven è ancora davanti a me con sguardo indagatore e mi sento in dovere di dire qualcosa che possa migliorare la mia situazione.
“Io non… non pensavo che… insomma non..”
Ma lei mi interrompe per l’ennesima volta, ma questa volta le sono quasi grata.
“Non è a me che devi delle spiegazioni, Woods. Io ti ho solo avvertita, e la prossima volta non sarò così gentile.”
Non mi resta che annuire e vederla tornare nel dormitorio, mentre contemporaneamente ne esce Clarke.
Istantaneamente mi irrigidisco cercando di capire cosa sta per accadere.
Osservo i suoi movimenti rigidi mentre cammina verso la mia direzione.
Una parte di me muore ogni secondo che passa senza che lei posi il suo sguardo su di me.
Quando mi oltrepassa come se nemmeno esistessi capisco che è giunto il momento di reagire e di smetterla con tutto questo melodramma.
Forza Lexa, puoi farcela. Devi farcela.
“Clarke” la chiamo.
Non posso dire di essere sorpresa quando vedo che non fa il minimo accenno di aver sentito il mio richiamo.
Aumento il passo fino a ritrovarmi accanto a lei.
“Clarke” secondo tentativo. Non le ero così vicina dal nostro abbraccio e sembra che tutti e cinque i miei sensi non facciano altro che ricordarmelo.
Vorrei osservare i suoi occhi da vicino, specchiarmi nel suo blu ed osservarlo nei suoi minimi dettagli.
Vorrei udire il suo respiro leggero e lasciare che detti il ritmo anche del mio, che con la sua vicinanza sembra sempre avere qualche problema.
Vorrei sentire il profumo dei suoi capelli mentre mi stringe a sé.
Vorrei avere un’altra volta il privilegio di bearmi del contatto con lei e lasciare soddisfare il desiderio dei miei polpastrelli di esplorare nuovamente la sua pelle.
E per quanto riguarda il gusto…
Non ora, torno alla realtà, non ancora.
“Clarke” ultimo tentativo.
Osservo il suo sguardo determinato ad ignorarmi e così sbuffo leggermente prima di fare la mia mossa.
Faccio un passo più lungo per ritrovarmi in una posizione di vantaggio e con un movimento rapido le afferro un braccio dirottandola delicatamente ma fermamente in un’aula vuota alla nostra destra.
Lei libera immediatamente il suo braccio dalla mia presa, ma ormai l’ho incastrata.
Mi paro davanti alla porta impedendole di scappare e osservo mentre cerca una via d’uscita, risoluta nel voler mantenere il silenzio.
Nonostante la sua risolutezza riesco a vedere la sofferenza che le sto causando costringendola in questa situazione.
Sistemerò tutto, devi solo permettermelo.
“Clarke” questa volta parlo sottovoce, con un tono di preghiera
“Cosa vuoi, Lexa?” sbotta infine.
È assurdo che debba quasi trattenere un sorriso quando sento il mio nome uscire dalle sue labbra.
“Voglio solo che tu mi faccia spiegare.” Continuo dolcemente.
“Spiegare? E cosa c’è da spiegare? Se mi devi raccontare di come ti sia presa gioco di me e della mia fiducia, di come tu abbia scelto la via più facile solo perché hai paura delle conseguenze e soprattutto di come tu abbia trovato la ragazza ideale per proseguire sulla tua strada… no grazie, ne faccio volentieri a meno e preferisco tornare ai miei doveri sperando che questa serata finisca il prima possibile.”
Ha iniziato a parlare con rabbia, ma non posso fare a meno di notare che il tono finale contiene soprattutto.. tristezza.
Ingoio i sensi di colpa decisa a non lasciarmi sfuggire questa occasione di sistemare le cose.
“Non è così Clarke, davvero! Ti chiedo solo di ascoltarmi, poi se vorrai non avere più niente a che fare con me non ti disturberò più.”
Affermo guardandoti negli occhi.
Ti prego non farlo, non lasciarmi andare.
Il dubbio comincia a insinuarsi nel tuo sguardo e credo quasi di averti convinta a darmi retta, quando invece scrolli le spalle prolungando il mio tormento e tornando più determinata di prima.
“Non posso farlo, Lexa, non posso farlo un’altra volta ed essere di nuovo delusa. Ho imparato la lezione.”
È il suo sguardo rassegnato che mi spinge ad osare di più.
Faccio un passo verso di lei e lei di rimando indietreggia per mantenere la distanza tra i nostri corpi.
“Che ne è del tuo animo Grifondoro? Godric non vi ha insegnato a concedere seconde possibilità?”
Spero che il sarcasmo la faccia arrabbiare, perché voglio solo toglierle quell’aria di indifferenza e rassegnazione che mi sta uccidendo.
E come avevo predetto, toccare l’orgoglio è stata la mossa giusta.
“Seconda possibilità? Tu parli a me di seconda possibilità, quando io non ho fatto altro che darti fiducia, di difenderti davanti a tutti, di dirmi che dovevo essere solo paziente e di non metterti fretta perché presto o tardi avresti fatto la scelta giusta?”
È un fiume in piena, e vedere nuovamente quella scintilla di vita nei suoi occhi mi fa scappare un sospiro di sollievo, ma taccio aspettando il momento giusto.
“E io stupida che nonostante tutti mi dicessero di lasciar perdere, non ho fatto altro che offrirti il mio aiuto, ma tu non stai nemmeno considerando l’idea di accettarlo, di scegliere la parte giusta, di scegliere me.”
La voce le si spezza sull’ultima parola e so che si sta odiando per questo.
Ed è il momento per me di intervenire.
“Non lo sto considerando – la vedo chiudere gli occhi per quella che pensa essere l’ennesima batosta – lo so facendo.”
Li riapre di scatto e si limita a guardarmi con aria confusa.
Così prendo fiato e inizio finalmente a spiegarle.
“Avevi ragione, Clarke, avevi ragione su tutto. Avevo paura, non vedevo altre possibilità davanti a me se non esaudire i desideri di mio padre per tenere al sicuro Aden. Ma non avrei mai potuto farlo. Ma finalmente ho capito. È la differenza fra l’essere trascinato nell’arena ad affrontare una battaglia mortale e scendere nell’arena a testa alta. Prima pensavo che non fosse una gran scelta, ma ora lo so, lo so, che c’è tutta la differenza del mondo.” *
Nella foga del mio discorso non mi sono neanche accorta di essermi avvicinata così tanto, ma ora il suo viso è a pochi centimetri dal mio, e mi guarda con l’aria più confusa che possa assumere. Deglutisco mentre mi accorgo del mio cuore impazzito, ma non voglio allontanarmi, anzi.
Alzo la mano portandola all’altezza del suo viso, ma prima che possa avvicinarmi e sfiorarla devo chiarire una volta per tutte.
“Ti ricordi che Silente mi ha fermata dopo la riunione di domenica?”
La vedo annuire leggermente, la testa leggermente inclinata verso la mia mano a mezz’aria, ancora a pochi centimetri da lei.
“Lui ha trovato la soluzione a tutta questa situazione, è rischiosa ma è geniale, ed è l’unica cosa che possa fare in questo momento.”
La guardo negli occhi avvicinandomi ancora di più e ogni fibra del mio corpo mi sta spingendo a sfiorarla.
“Farò la spia per lui.” Sussurro alla fine e vedo i suoi occhi dilatarsi dalla sorpresa.
Quando è lei ad appoggiare il suo viso alla mia mano, permettendomi così di porre fine al mio desiderio di quell’agognato contatto, il mio cuore impazzisce definitivamente, e credo che l’unica cosa che mi sta tenendo in piedi in questo momento è il suo sguardo che finalmente si posa su di me dolce come solo lei sa essere.
È un’istante, ma sento prepotente dentro di me il desidero di avvicinarmi ancora di più e catturare le sue labbra con le mie. È la prima volta che desidero così ardentemente questo tipo di contatto, con lei o con qualsiasi altra persona.
Deglutisco mentre il mio sguardo scivola dai suoi occhi alle sue labbra e mi chiedo perché non lo stia già facendo.
Sto quasi azzerando la distanza tra noi quando la paura mi assale.
Non posso rischiare di allontanarla di nuovo con i miei stupidi sentimenti, non ora che l’ho appena ritrovata. Lei stava con Finn, un ragazzo, non voglio che prenda nuovamente le distanze da me perché non so gestire questa maledetta attrazione nei suoi confronti.
Così all’ultimo secondo devio la direzione del mio viso e mentre la mano sulla sua guancia la stringe un po’ di più iniziando delle leggere carezze, l’altra si posa sulla sua schiena, stringendola contro di me, facendo in modo che appoggi la testa sulla mia spalla.
Ed è quando sento le sue braccia stringersi sulla mia schiena per avvicinare ulteriormente i nostri corpi che ricomincio a respirare.
 

*.*.*.*
 
[Clarke]

Non so da quanto tempo ci stiamo abbracciando e onestamente è l’ultima cosa che mi interessa in questo momento.
Sentire il suo discorso accalorato, sentire finalmente la sua spiegazione, sentirla dire che non mi ha tradita veramente… era tutto quello di cui avevo bisogno.
Ho visto nei suoi occhi una totale sincerità che ha cancellato ogni mio dubbio, anche perché tutto torna al suo posto con una logica schiacciante.
E ora posso bearmi di essere tra le sue braccia, al contrario dell’ultimo abbraccio che ci siamo scambiate, dove ero io ad avvolgerla per tenerla ancorata a me.
Ora è lei a stringermi forte come se non volesse lasciarmi più andare via.
Eppure c’è una piccola parte di me che è distratta, e che ripensa al suo sguardo di qualche istante fa, prima che mi stringesse a sé. I suoi occhi hanno indugiato un attimo millesimale sulle mie labbra e solo per un momento ho pensato che stesse per baciarmi.
Un brivido mi percorre al pensiero. Una paura mischiata a una forte delusione.
Come avrei reagito? E soprattutto, perché non l’ha fatto?
Devo essermi immaginata tutto, d’altra parte lei non è mai stata interessata a me in quel senso. Non può essere.
I miei pensieri vengono interrotti dalla sua voce, che esce con un sussurro.
“Mi dispiace.” E al contrario del sentimento di delusione e di rabbia che hanno scatenato queste parole in me giorni fa, ora fanno scaturire solo un’immensa tenerezza.
“Mi dispiace, non avrei mai voluto farti passare tutto questo.” Continua accarezzandomi dolcemente i capelli.
E queste parole spengono qualsiasi dubbio nella mia testa, non mi importa che possa interessarle o meno, mi importa soltanto che lei sia qui adesso, che non si sia arresa e che mi abbia mostrato la scelta coraggiosa che ha fatto.
Mi distacco lentamente da lei e come cinque giorni fa le afferro il viso tra le mani fissandola negli occhi.
“Va tutto bene adesso.”
E lei annuisce ricambiando il mio sorriso.
“Quindi… – inizio tentennante insicura sul perché voglia tirare in mezzo questo argomento proprio ora – quindi quella ragazza, come si chiama…” fingo di non ricordare il nome di quella vipera per non manifestare il mio interesse.
“Chi? Echo?” risponde lei abbassando lo sguardo malcelando il sentimento di vergogna che invece si legge chiaro nel suo rossore.
“Si.. Echo… Quindi non sei interessata a lei?”
Rialza gli occhi con una smorfia a metà tra l’infastidito e il disgustato.
“Nel nome dei più consunti slip di Merlino, assolutamente no! Vedi che ho ragione a dire che voi Grifondoro non spiccate per intelligenza?”
Rimango a bocca aperta davanti alla sua esclamazione così entusiasta e così poco… da Lexa.
La cosa che più mi sconvolge è sentirle dire una cosa del genere incurante della situazione delicata in cui ci troviamo, ancora una nelle braccia dell’altra.
Ma evidentemente ha sortito l’effetto desiderato perché dopo il primo istante di shock non trattengo una mezza risata.
Lei mi guarda con un sorriso tenero sulle labbra prima di sussurrare nuovamente:
“Ti prego non farmelo ripetere, e non azzardarti a dirlo a nessuno.”
Tutto ciò non fa che alimentare la mia risata, ma mi ricompongo per stare al suo gioco.
“Altrimenti?” le chiedo e non posso fare a meno di notare la malizia contenuta nel mio tono, che si riflette nel suo sguardo.
“Beh – inizia e mi maledico perché sento che si sta allontanando da me – c’è un modo con cui ho sempre punito l’indisponenza di Aden in questi anni… Sei sicura di essere abbastanza Grifondoro da volerlo sperimentare?”
È così assurda questa situazione, questa leggerezza d’animo che si è venuta a creare tra noi e che credevo non ci sarebbe mai stata.
Scelgo di non interrompere questo momento e di risponderle a tono.
“Dimentichi con chi stai parlando, io sono il Grifondoro per eccellenza, lo dice anche il mio nome!” esclamo orgogliosa tralasciando la pessima battuta che ho appena fatto.
Lei sembra lasciarmela passare, perché non fa commenti, ma si avvicina pericolosamente al mio viso e un attimo dopo sento le sue labbra vicinissime al mio orecchio e il mio respiro si inceppa.
“L’hai voluto tu allora.”
Il suo sussurro è talmente seducente che ci metto un istante di troppo a elaborare le sue parole, troppo concentrata sul suo respiro caldo che mi solletica il collo.
Un istante dopo la mia respirazione ha di nuovo dei problemi, perché le mani di Lexa vanno ad intaccare dei punti precisi del mio collo e del resto del mio corpo.
“Le-Lexa.. sme-smettila! Ah… LEXA!”
Rido a crepapelle mentre lei continua impietosa a farmi il solletico costringendomi a scappare per la stanza.
La mia fuga ha vita breve, però, perché un istante dopo mi ritrovo nell’angolo della stanza con il suo corpo che mi schiaccia senza lasciarmi vie d’uscita e le mani appoggiate sul muro all’altezza del mio viso.
“Allora ti arrendi?” sussurra nuovamente, creando un’altra scarica di brividi sulla mia pelle.
Annuisco semplicemente.
Ho il fiato corto e respiro un po’ affannosamente per il solletico e la piccola corsa che ho fatto, così senza pensarci mi appoggio con le braccia sulle sue spalle in cerca di sostegno.
La vedo vacillare un istante, forse quando nota anche lei la nostra rinnovata vicinanza.
Non so spiegarmi il perché, ma voglio trovare un motivo per trattenerla così vicino a me ancora per un po’, così riprendo a parlare con un sorriso di scherno sulle labbra.
“Tranquilla, la tua segreta passione per i capi di intimo di Merlino è al sicuro con me..”
Lei sbuffa sonoramente, senza nascondere un sorrisetto.
“Non costringermi a ricominciare..” dice minacciosa.
“Non sia mai.” Commento io con un ghigno.
Ma vedo il suo sguardo tornare serio in un istante e fissarsi su un punto preciso del suo braccio, che le cinge la spalla.
Scosta lentamente la mano che aveva appoggiato al muro e con un tocco tanto delicato da far quasi male al cuore mi sfiora il braccio sopra il gomito, e ci metto un attimo a capire che sta accarezzando il taglio causato dalla maledizione del mangiamorte che lei ha deviato durante l’attacco di settimana scorsa.
“Avrei dovuto reagire prima, scusami, avrei dovuto impedirlo” dice piano.
Io uso l’altra mano per afferrarle delicatamente il mento in modo che i tuoi occhi tornino sui miei.
“Non credo di averti ancora ringraziato per questo.. non so cosa sarebbe potuto accadere se non fossi intervenuta tu.. Grazie a te ho solo un graffio su un braccio, non è nulla e non ti devi preoccupare, capito?”
Lei annuisce, ma il dispiacere è ancora presente nel suo sguardo, così decido di continuare per rassicurarla ulteriormente.
“Se c’è qualcuno che bisogna davvero incolpare, a parte il Mangiamorte ovviamente, quella sono io.. ero troppo sconvolta da quello che era successo ad Octavia per prestare la dovuta attenzione a quello che succedeva vicino a me.. in fondo Lestrange aveva ragione, dovrei studiare Occlumanzia…” dico abbassando lo sguardo.
“Potrei insegnarti io.”
Rialzo subito lo sguardo sui suoi occhi che mi guardano con incertezza.
“Tu sei capace?” le dico sorpresa.
Lei scrolla le spalle minimizzando le sue abilità.
“L’ho praticata un po’ con Indra d’estate, Indra è.. era la migliore amica di mia madre… ogni estate convince mio padre a far trascorrere me e Aden un po’ di tempo con lei.. è sempre lei che teneva d’occhio Aden quando io venivo qui ad Hogwarts e mi aggiornava su quello che succedeva a casa.”
Apprezzo davvero la sua apertura nei miei confronti e che mi abbia confidato alcune informazioni sulla sua vita fuori da qui. Così le sorrido dolcemente.
“E davvero mi insegneresti?”
Lei annuisce.
“Beh, data la mia situazione attuale direi che allenarmi maggiormente a chiudere la mente potrebbe tornare utile anche a me.” Commenta con un sorriso accennato.
“E sei sicura di voler passare un’altra sera alla settimana con me?” chiedo a metà tra il provocatorio e l’insicuro.
Lei fa finta di pensarci su e infine con aria accondiscendente mi risponde.
“Si beh.. diciamo che potrei sopportarlo…”
Io sbuffo fintamente infastidita.
“Oh andiamo, puoi anche ammetterlo che già non vedi l’ora!” le dico scherzosa.
Un istante dopo sento le sue dita sul mio viso mentre mi sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Potresti anche avere ragione..” sussurra e la risposta sarcastica mi muore sulle labbra mentre mi perdo nuovamente nel suo sguardo limpido.
Ci separiamo lentamente, staccandoci di un centimetro alla volta e mi illudo che così sentirò meno la mancanza del suo corpo a contatto con il mio.
Ma le spille appuntate alle nostre divise ci ricordano che abbiamo dei doveri da rispettare.
Così senza metterci d’accordo ci ricomponiamo e usciamo dall’aula per iniziare la nostra ronda.
Ormai il castello è silenzioso e il coprifuoco è scattato quindi non c’è più nessuno studente in giro.
Anche io e Lexa camminiamo in silenzio e non posso fare a meno di pensare a quanto sia diverso dal silenzio che le ho imposto all’inizio di questa ronda.
“Sai – interrompo i suoi pensieri – sono contenta di non doverti ignorare per tutto il tempo delle ronde come pensavo…” la guardo con un sorriso.
La vedo sbuffare.
“Oh non ce l’avresti mai fatta, Griffin”
Io alzo gli occhi al cielo e metto su un broncio.
“Sì, invece” replico testarda.
Sono in attesa della sua risposta, ma quando tarda ad arrivare sono costretta ad alzare gli occhi verso il suo viso, che vedo serio e concentrato mentre osserva il corridoio davanti a sé.
Sposto lo sguardo per vedere cosa ha attirato la sua attenzione causandole un improvviso cambio d’umore, ma non vedo niente di strano.
Così torno a guardare lei.
“Cosa c’è, Lexa?” dico controllando la preoccupazione nascente.
Lei torna a guardarmi seria, ma un attimo dopo si apre in un sorriso che mi lascia alquanto perplessa.
“Vedi? – scoppia a ridere – non resisti neanche dieci secondi senza parlarmi!”
Io sbuffo dandole una lieve spinta sul fianco, ma lei non smette di sorridere divertita.
“Oh ma smettila..” dico aumentando il passo.
Lei mi raggiunge facilmente.
“Tranquilla, Clarke, non è colpa tua. Sono io che sono irresistibile… “
E si lascia scappare un’altra risata, liberando un’allegria così insolita, ma che comunque le dona in un modo particolare.
Mi limito ad alzare gli occhi al cielo.
In realtà dentro di me sento una felicità che specchia la sua.
E mi odio per il pensiero sdolcinato che sto per formulare, ma sentendo la sua risata non posso fare a meno di pensare che sia una dei più bei suoni che possano esserci.
E vedere questo lato scherzoso e fintamente sicuro di sé, così in contrasto con la sua solita serietà e alterità, mi scalda il cuore.
Ma il pensiero più dolce risiede nel fatto di sapere che è destinato solo a me.
 


NOTE:
finalmente ho un po' di calma per scrivere delle note degne di questo nome. Mi scuso in anticipo se saranno un po' lunghine.
Ma andiamo con ordine.
1. l'asterisco nella storia che segue la frase pronunciata da Lexa a Clarke è posto appositamente perchè quella citata è una delle frasi secondo me più belle di tutti e sette gli Harry Potter, quindi non volevo rischiare che qualcuno la scambiasse per mia e prendermi un merito assai immeritato. (Anche quella sugli slip di Merlino è una citazione, lo dico così non pensate troppo male del mio cervellino...)
2. il punto più importante. Vorrei davvero ringraziare tutte le persone che seguono/preferiscono la storia e in particolare a chi le commenta. Siete davvero meravigliose e leggere i vostri feedback è sempre un piacere immenso. Grazie mille, davvero!
3. Mi scuso per il capitolo, originariamente non doveva essere proprio così e dopo il successo del precedente mi sento un po' in difetto nel postare questa schifezzina, ma è stato veramente difficile da scrivere.
4. Mi scuso anche per il ritardo, ma purtroppo è un periodo della mia vita un po' particolare, perchè dopo la laurea ho deciso di dedicarmi a un sacco di cose che durante l'università non ho avuto tempo di coltivare, il problema è che nelle due scorse settimane ho trovato due lavoretti diversi e mi sono ritrovata ad arrancare di nuovo alla ricerca di tempo, ma questo non vi importerà, scusate!
5. Qualcosa mi dice che le lezioni di Occlumanzia vi piaceranno in più di un senso...

Ho finito, credo..
buona serata e grazie ancora, 
alla prossima,
Ilaria

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


 
NOTE;
Ehm.. scusate se inserisco le note a inizio capitolo, vorrei solo scusarmi per l'ennesima volta per i ritardi, e dirvi che il capitolo parte direttamente dalla fine nel precedente, cioè al termine della ronda tra Clarke e Lexa.
Per farmi perdonare è il capitolo più lungo che abbia mai scritto e spero davvero che vi piaccia. 
Ci vediamo in fondo.


Capitolo 7

 
[Lexa]

So che è stupido e totalmente senza senso.
Va contro ogni logica, ogni raziocinio.
Eppure so perfettamente che se non guardassi i miei piedi poggiarsi ad ogni passo su questo pavimento di pietra, sarei sicura di essere metri e metri sopra la superficie terrestre.
È incredibile la leggerezza che mi sento addosso, che mi sento dentro.
E questa leggerezza si mischia a una strana sensazione di felicità.
La cosa assurda è che sono proprio io a provare queste emozioni. E la cosa ancora più importante è che non sto pensando a nient’altro che a camminare per questi corridoi al fianco di Clarke Griffin.
È come se fossi ubriaca, come quell’estate che Anya si è presentata a casa di mio padre con una bottiglia di Wishky incendiario e già dopo qualche bicchiere abbiamo iniziato a perdere il senso della realtà e a ridere per ogni minima cosa, cacciando nei luoghi più reconditi delle nostre menti la situazione in cui ci trovavamo.
Solo che questo è dieci volte meglio, e tecnicamente sono sobria.
Sono una ragazza normale che cammina nei corridoi della sua scuola con una sua.. amica?
Non so cosa sia questa ragazza per me e in questo preciso istante non voglio neanche pensarci, voglio godermi il momento, questa contentezza inspiegabile ma inesorabile.
Stanotte o domani permetterò alla mia mente di indugiare su questi pensieri, di rivivere le scene di questa serata prestando attenzione ai miei sentimenti.
Adesso mi limito ad osservare con un sorriso angelico sul volto lo sguardo dubbioso di Clarke, perché siamo arrivate davanti alla sala grande, che solitamente è il posto in cui ci salutiamo, e invece di fermarmi sto tirando dritto verso la scalinata di marmo come se niente fosse.
La vedo scuotere leggermente la testa, ma è il suo piccolo sorriso che mi informa che le sta bene che l’accompagni fino a su.
E so che dovrei sentirmi stanca, vista la settimana che abbiamo avuto, il poco sonno e i continui pensieri non hanno certo giovato al mio riposo.
Ma in questo momento non ricordo una volta in cui il mio corpo sia stato più pronto e scattante.
Mi costringo a mantenere un passo tranquillo e calmo, solo perché così la camminata non finirà troppo presto.
Piano dopo piano arriviamo davanti al ritratto della sua sala comune.
Il silenzio della scuola, insieme al nostro, forma qualcosa di davvero magico. Ed è stupido dirlo, perché siamo in una scuola di magia, circondati da maghi e streghe di ogni età.
Eppure non ho altre parole per descrivere quest’aurea che alleggia intorno a noi.
Mi fermo incerta e in un attimo una punta di nervosismo prende il sopravvento.
Cosa dovrei dirle?
Dovrei limitarmi a salutarla e a lasciarla andare.
Eppure le parole non ne vogliono sapere di lasciare la mia bocca.
Il mio sguardo traditore si posa sui suoi occhi e basta un attimo per cancellare tutta la serenità provata in questo momento. Il suo sguardo è serio e glaciale, senza il minimo accenno della gentilezza presente un attimo fa.
“Clarke... – inizio titubante – tutto bene?”
Lei non mi risponde, ma sempre con quello sguardo duro si avvicina di un passo e io deglutisco a vuoto, spero non troppo rumorosamente.
“Se mi tradirai di nuovo…”
Ed eccoci qui, sapevo che saremmo arrivate a questo punto, anzi, ero anche stupita che non fosse già successo.
Con tutta la serietà e la determinazione che riesco a trovare, la guardo negli occhi, cercando di arrivare là dove lei riesce a raggiungermi ogni volta.
“Non lo farò.” Dico sicura.
Ma in qualche modo so che non basta, nonostante il sospiro di sollievo che sfugge dalle sue labbra.
“Senti Clarke, lo so che ho tradito la tua fiducia più volte e ti ringrazio davvero, davvero immensamente per avermi concesso un’altra possibilità. Sappi che farò di tutto per non deluderti di nuovo, tutto quello che è in mio potere.”
La guardo e sento di non poter sostenere questa serietà, non quando l’unica cosa che vorrei fare è colmare la distanza che ci divide per cercare di convincerla del fatto che ora, ora, può fidarsi di me, appoggiando le mie labbra sulle sue per farle capire quello che provo per lei.
Ma cosa provo?
Non ora, non ancora. Ma forse…
Così come ogni volta che con lei non so come gestire tutte queste emozioni, trovo la soluzione nell’ironia, che lei sembra aver apprezzato tanto per tutta la sera.
“Mi metterei in ginocchio, se potesse servire a convincerti. Anzi sai cosa ti dico?”
Spalanca gli occhi davanti al mio sorrisetto e sembra star per fermarmi quando velocemente appoggio le ginocchia su questo pavimento freddo e con la schiena dritta alzo la testa per guardarla negli occhi.
“Cosa stai…” inizia lei, ma la zittisco velocemente.
“Giuro fedeltà a te, Clarke… di Grifondoro.”
So che questa è una scena assurda, e vedo che anche lei sta lottando per mantenere un certo livello di serietà, ma davanti alla mia faccia pensierosa in cerca delle parole giuste da dirle non riesce a trattenere uno sbuffo e ad alzare gli occhi al cielo con aria divertita.
Missione compiuta.
Ma intanto che ci sono…
“Prometto di trattare i tuoi bisogni come se fossero i miei, e la tua gente come la mia gente.”
Poi ci penso su un istante e abbandono il tono solenne.
“Ma ti prego non farmi fare cose troppo da Grifondoro, non so se posso farcela con tutte quelle storie su coraggio, audacia, fegato… Forse con la cavalleria posso farcela, attendi un istante.”
È chiaro che Clarke in questo momento sia sotto shock, lo sarei anche io e tra dieci minuti quando tutto questo sarà finito mi sentirò una totale e completa idiota.
Continuo la mia scenetta fingendo di cercare qualcosa nelle numerose tasche della divisa.
“Cosa stai facendo?” mi chiede infine abbandonandosi alla curiosità.
“Non è chiaro? – rispondo – cerco l’anello!”
Praticamente si strozza con la sua stessa saliva alla mia affermazione, perché inizia a tossire convulsamente e per la prima volta dall’inizio di tutto questo penso di aver esagerato.
Recuperato un po’ di contegno mi guarda a metà tra il divertito e il confuso.
“Chi sei davvero, Alexandria Woods?” chiede.
E so benissimo cosa intende, perché questa non è l’Alexandria Woods che tutti hanno visto in questi anni, quella che ho lasciato che tutti pensassero di conoscere.
Questa sarei io se non fosse successo tutto quello che è successo, sarei io se non avessi dovuto sopportare quello che la vita invece ha avuto in serbo con me.
Sarei una ragazza totalmente normale, con un pessimo senso dell’umorismo, imbranata più di quanto uno si possa aspettare, con una strana autoironia e un desiderio di provare e ricevere affetto, amore.
Invece no.
Ma con lei qualcosa mi spinge a tirare fuori quella parte di me talmente nascosta che pensavo fosse dimenticata.
Così torno seria per rispondere, e con un mezzo sorriso parlo guardandola negli occhi sperando che capisca.
“Sono Lexa, solo Lexa”
E lei è così meravigliosamente lei che capisce tutto da queste semplici parole.
E con uno sguardo dolce e un gesto delicato della mano, si sporge verso di me per aiutare ad alzarmi.
Afferro la sua mano, ma mi fermo ancora un istante.
“Un ultima cosa.. i prossimi giorni non saranno molto diversi da quelli appena passati.”
So che capisce che mi sto riferendo alla mia vicinanza ai Serpeverde e a come dovrò continuare a fingere di far parte della loro cricca.
“Vorrei che ogni volta che mi vedrai in mezzo a loro, che vedrai Echo avvicinarsi e fare qualsiasi cosa che io non vorrei mai che facesse… beh pensa a questo momento. A me con le ginocchia che fanno un male cane, davanti a te, mentre ti dichiaro dedizione eterna.”
Ci provo, ci provo davvero a non farmi colpire dalle mie stesse parole, ma i miei pensieri mi portano inesorabilmente verso altre situazioni, situazioni molto diverse da questa, in cui io potrei trovarmi inginocchiata davanti a lei, certo non per parlare, ma per..
Smettila, Lexa.
Torno a concentrarmi su Clarke mentre sento uno strano rossore sulle mie guance e spero ardentemente che lei non abbia captato il territorio minato dove ha viaggiato la mia mente un momento fa.
Scrollo le spalle cercando di migliorare leggermente la situazione.
“Ricorda che preferisco stare in questa posizione davanti a te piuttosto che vicino a lei.”
Ancora peggio.
Arrossisco ancora di più a queste parole che il mio cervello non sembra processare prima di dare l’ok alla bocca.
Ma cosa diavolo mi prende?
Fortunatamente lei si limita a guardarmi scuotendo la testa rassegnata, ma con un sorriso divertito.
Stringe un po’ di più la mia mano e questa volta mi lascio guidare, tornando in piedi.
Vorrei maledirmi in tutti i modi possibili perché ho messo su un teatrino pazzesco solo per togliermi dall’imbarazzo, senza accorgermi che ora la situazione è molto peggiore.
Soprattutto con i pensieri poco casti che continuano a insinuarsi nel flusso dei miei pensieri.
Ma per qualche strano motivo, Clarke è qui davanti e non è scappata a causa della mia follia, e qualcosa nel suo sguardo mi dice che non si prenderà gioco di me ridendo alle mie spalle per il mio comportamento assurdo.
Così quando si alza leggermente sulle punte e mi lascia un delicato bacio sulla guancia non posso fare a meno di sorriderle dolcemente in risposta.
“Buonanotte, Lexa
Dice il mio nome con una consapevolezza maggiore.
“Buonanotte, Clarke”
E non mi resta che guardarla sparire dentro al ritratto con il pensiero che forse, forse, non è stato poi così sbagliato mostrarle parte della vera me.
Mentre torno rapidamente nel mio dormitorio non posso fare a meno di pensare alla prossima volta che la vedrò, al nostro impegno per le lezioni di Occlumanzia.
Immagino salutarla, osservarla, magari sfiorarla ancora.
Sento il punto sulla mia guancia dove le sue labbra mi hanno sfiorato richiamare le mie dita, per essere sfiorato delicatamente, quasi per accertarsi che sia stato reale.
È in questo momento che una consapevolezza mi colpisce.
Devo parlare con Anya, lei è l’unica che potrebbe capire quello che mi sta succedendo.
L’unica che potrebbe capire che mi sto innamorando di Clarke Griffin.
 
*.*.*.*

 
[Clarke]

Mi arrampico attraverso il buco del ritratto senza riuscire a formulare un pensiero coerente.
Tutto quello che è successo è… assurdo.
Ma anche incredibilmente giusto.
Ma soprattutto assurdo.
Entro nella sala comune che trovo debolmente illuminata dal fuoco acceso nel camino e inizialmente penso che sia deserta. Dopotutto ormai è tarda notte e tutti gli studenti staranno già dormendo.
So che dovrei essere stanca anche io, ma il mio cervello sembra essere di tutt’altro avviso, carica il mio corpo di una strana energia, sono in uno stato di pari eccitazione e confusione.
All’improvviso un grugnito attira la mia attenzione.
Dirigo lo sguardo verso l’origine del suono e noto una figura.. appallottolata su una delle poltrone vicino al fuoco.
Trattengo una risata quando vedo che Raven sta dormendo in una delle posizioni più assurde che io abbia visto, rannicchiata sotto una coperta, con i capelli sparsi su tutta la faccia e la bocca aperta, mentre respira abbastanza rumorosamente.
Non vorrei svegliarla, ma se dorme tutto il resto della notte così credo che domani non farà altro che lamentarsi per i dolori alla schiena.. inoltre non credo faccia molto bene alla sua gamba stare in quella posizione per troppo tempo.
E poi se è qui a quest’ora e non nel suo letto significa che stava aspettando il mio ritorno.
Mi avvicino lentamente e mi siedo sul bracciolo della sua poltrona.
“Raven” sussurro mentre le sposto i capelli dal viso.
Lei reagisce chiudendo la bocca e contorcendo il viso in una smorfia infastidita.
Sorrido osservando quella che da anni ormai considero mia sorella.
“Ehi Raven, che ne dici di spostarci a letto?” la scuoto leggermente per le spalle.
Finalmente la mia amica apre gli occhi. Li sbatte più volte finchè sembra capire dov’è e perché.
Si siede dritta e allunga le gambe con una smorfia di dolore.
“Ecco, appoggiala qui.” Le dico indicandole il mio grembo.
Lei sbadiglia mentre esegue e io inizio a massaggiarle la coscia nel modo in cui mia madre mi ha insegnato ormai anni fa.
“Che ore sono?” dice con voce assonnata.
“Tardi, cosa ci fai ancora qui?” le rispondo senza smettere il mio massaggio.
Lei socchiude gli occhi dal sollievo che le sto procurando.
“Aspettavo te, Griffin, cos’altro se no? Non potevo salire a dormire mentre tu eri fuori con Woods.” Dice come se esplicitasse l’ovvio.
“Certo – le rispondo sarcasticamente – mentre stare qui a dormire è tutto diverso vero?”
Sbuffa sonoramente.
“Allora vuoi raccontarmi o no che cosa è successo? – apre gli occhi e mi osserva attentamente – sembri felice..”
Lascia la frase in sospeso mentre io abbasso gli occhi e so di arrossire.
“Diciamo che è andata bene – inizio senza sapere neanche io cosa le dirò. – Ci siamo spiegate e beh… non è come sembra diciamo.”
Arrossisco ancora di più ripensando a tutto quello che mi hai detto, ma soprattutto a come me lo hai detto.
Non eri Alexandria Woods, la serpeverde superiore a tutto e tutti, eri Lexa, sei Lexa… Solo Lexa.
E lo sei stata solo con me, nel tuo modo strano e assurdo.
E io non voglio condividere questa cosa con nessuno, nemmeno con Raven.
Per quanto possa essere egoista, per ora voglio pensare di avere l’esclusiva riguardo quella che ho scoperto essere la vera te.
“Quindi non è una stronza Serpeverde?” interrompe i miei pensieri.
Scuoto la testa e devo trattenermi dal ridere perché l’immagine di te in ginocchio che fingi di cercare un anello, più imbarazzata che convinta di quello che stavi facendo è tutt’altro che l’immagine di una stronza serpeverde.
“In realtà no. Anzi. Non posso spiegarti nei dettagli, ma credo che non dovremo proprio considerarla dalla parte dei Mangiamorte.”
“Ma com’è possibile? L’hai vista anche tu con Ontari e compagnia.”
Ha ragione, ma non posso svelare il tuo segreto, quindi mi limito a guardarla seriamente negli occhi cercando di trasmettere tutta quella sicurezza che sento quando penso a te.
“Lo so Rae, lo so che sembra assurdo, ma devi fidarti di me. Non è mai stata più dalla nostra parte che adesso.”
È una frase contorta e poco sensata, eppure qualcosa nel mio sguardo o nel mio tono sembra convincerla a fidarsi di me per l’ennesima volta.
“Spero solo che non ti deluderà di nuovo.” Commenta infine.
“Non lo farà.” Rispondo subito io e mi stupisco di quanto il mio tono sia stato simile a quello che ha usato lei poco fa.
“Ok, le concedo il beneficio del dubbio solo perché ho visto il suo sguardo quando le ho parlato di te.” Commenta con un sorrisetto malizioso.
Il mio cervello sembra incepparsi.
“Quando… Quando le hai parlato? Ma… Aspetta… quale sguardo?” balbetto confusa.
Lei mi guarda spalancando gli occhi.
“Andiamo Clarke, non è possibile che tu non te ne sei accorta.”
Io scuoto la testa perché ancora non capisco.
“Accorta di cosa, Raven?” ormai lascio che sia la frustrazione a guidare il mio tono.
Ma lei scuote soltanto la testa.
“Non ci posso credere Griffin, ma credo che lo capirai da sola.” Commenta alla fine e delicatamente sposta la gamba dalla mia presa.
“Grazie mille Clarke, davvero, mi ci voleva proprio” dice accennando alla gamba mentre si alza in piedi.
Io rimango seduta con lo sguardo perso nel vuoto mentre cerco ancora di dare un senso alle sue parole.
Cosa Merlino avrà voluto dire?
E cosa ti ha detto quando vi siete viste?
“Vieni su o no? Abbiamo ancora qualche ora di sonno prima delle lezioni di domani e sai che io ho bisogno del mio sonno di bellezza, anche se non sembra!”
Sbuffo alzandomi a mia volta.
“Ma se hai dormito fino ad adesso! Io cosa dovrei dire?” la seguo sulla scala a chiocciola.
“Tu sei senza speranza, Griffin” commenta mentre sbuffo.
Entriamo silenziosamente nella nostra stanza facendo attenzione a non svegliare le altre ragazze.
“Ma evidentemente a qualcuno non interessa…” sento sussurrare Raven.
Mi giro a guardarla ma la vedo già stesa a letto, senza neanche cambiata i vestiti, e credo di essermi immaginata l’ultimo commento.
Decido di non pensarci, mi cambio velocemente e mi infilo sotto le coperte.
 
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Socchiudo gli occhi mentre mi concedo uno sbadiglio, coprendomi stancamente la bocca con una mano.
Bene, ora che ho chiuso gli occhi non ho intenzione di riaprirli per un bel po’, non mi importa assolutamente nulla del fatto che sono seduta a tavola e che siano solo le due di domenica pomeriggio.
Davvero, mi chiedo come mai io abbia sempre così tanto sonno.
Sento la testa ciondolare sulle spalle così decido di appoggiare il gomito sul tavolo e far sprofondare il mio viso sul palmo aperto, concedendomi una posizione più comoda.
Devo chiedere a Raven se conosce una pozione o un incantesimo che faccia passare il sonno, sarebbe tutto così facile. Magari potremmo inventarlo noi, riceveremmo sicuramente un ordine di Merlino di prima classe per i servigi resi all’umanità.
Ovviamente il poco sonno mi sta dando alla testa.
Ma non è colpa mia se il mio riposo è ostacolato da continui incubi.. Anche se la colpa, devo ammettere, non è solo loro.
È da giovedì che nei miei sogni si infilano sempre un paio di occhi verdi che mi tormentano, non so ancora se in modo piacevole o meno.
Spengo tutti i miei pensieri e lascio che il rumore di sottofondo della sala Grande occupi tutta la mia mente.
Sento qualcuno prendere posto accanto a me, ma non me ne curo, continuando a tenere gli occhi serrati.
Il chiacchiericcio aumenta e mi concentro ancora di più per non uscire dalla bolla che mi sono creata, anche a costo di passare per pazza.
“Dite che dovremmo svegliarla?” sento la voce di Bellamy.
No, vi prego, lasciatemi qui.
“Naa” sento rispondere Raven.
Brava Rae, lo sai che ti voglio bene.
“Voglio proprio vedere la sua faccia quando si sveglierà tra cinque ore da sola qui dentro, senza sapere chi è e dove si trova.”
Come non detto, Rayes ti odio.
“Mmmm…” Lascio che un lamento esprima il mio corrente stato d’animo.
“È viva!” è l’esclamazione fintamente sorpresa di Octavia.
“E di pessimo umore..” commenta Jasper.
Perfetto sono tutti qui.
“Coraggio principessa, degnaci della tua compagnia.” Dice scherzoso Bell.
“No! Aspetta ancora un po’” dice sua sorella con tono serio.
E proprio questo tono serio sortisce l’effetto opposto e apro gli occhi sbattendo un paio di volte le ciglia.
“Oh…” sussurra Bellamy quando nota a cosa si riferisce Octavia.
Seguo stancamente il loro sguardo, finchè non capisco perché volevano che non aprissi gli occhi.
Sei appena entrata nella sala Grande con il tuo seguito di Serpeverde, con ormai la solita Echo al tuo fianco come un cagnolino fedele.
Seguo la tua figura elegante prendere posto al centro della tavolata.
Cerco di mantenere un’espressione impassibile, anche quando vedo Echo sfiorarti una mano con fare seducente.
Tu non alzi mai gli occhi su di me. Li tieni fissi sul tuo piatto e devo dire che ci sai fare con tutta la storia del doppiogioco. Non ti esponi troppo ma riesci a intervenire quanto basta per non far sospettare nulla.
Come quando Echo si sporge ancora di più verso di te con tutte le intenzioni di baciarti.
Trattengo il respiro il più silenziosamente possibile, ma ti sono estremamente grata quando all’ultimo momento ruoti il viso in modo che le sue labbra si posino sulla tua guancia.
Immediatamente le sorridi, come per farle capire che non si tratta di un rifiuto definitivo.
Non so perché ma fa male vederti così, anche se ormai so che è la cosa migliore da fare.
Eppure c’è qualcosa nel tuo sorriso verso di lei che cattura la mia attenzione, sembra così vero, anche malizioso. Nulla lascia sospettare che sia costruito, che faccia parte di una recita.
Lascio la mia mente vagare su tutti i sorrisi che hai rivolto a me, da quelli più piccoli, quasi impercettibili, quelli più sicuri, quelli felici, quelli imbarazzati, e quelli carichi di gratitudine. Non hanno assolutamente niente in comune con questo.
Immediatamente l’immagine di te in ginocchio riempie la mia mente.
Ricorda che preferisco stare in questa posizione davanti a te piuttosto che vicino a lei.
E questo è tutto.
È tutto quello che mi serve per distogliere lo sguardo e concentrarmi sui miei amici con l’ombra di un sorriso sulle labbra.
Poso gli occhi su Bellamy che mi osserva incerto, su Octavia che ha la mascella contratta dalla rabbia e su Raven, che invece mi guarda curiosa ma consapevole.
Cerco di spostare l’attenzione su qualcos’altro e noto che Bell e O hanno addosso le loro divise da Quidditch.
“Avete avuto gli allenamenti ragazzi?” chiedo ingenua.
Bell mi scruta ancora un istante prima di rispondere.
“Sì – risponde infine – la partita contro Tassorosso è alle porte, dobbiamo essere preparati.”
Io annuisco mostrando di aver capito.
“Com’è la squadra quest’anno?” continuo.
“Bah – interviene Octavia – come cacciatori e portieri ce la caviamo… i battitori sono ancora un po’ troppo delicati, ma il vero problema è il cercatore… da quando hai lasciato la squadra non ne abbiamo trovato uno decente.”
Faccio finta di non notare la nota accusatoria nella sua frase.
Ho giocato nella squadra di Quidditch come cercatrice solo l’anno scorso. James Potter, capitano e cercatore della squadra, mi aveva fatto promettere di prendere il suo posto dopo il suo diploma dopo avermi visto volare una sera.
Ma dopo gli eventi riguardanti la morte di mio padre e lo scandalo della battaglia del ministero, non ne potevo più di avere gli occhi di tutti addosso, nemmeno in un momento tanto liberatorio come una partita di Quidditch, così alla fine dell’anno mi sono ritirata, e considerando i miei doveri da Caposcuola direi che ho fatto bene. Non oso immaginare come sarei ridotta se oltre a riunioni e ronde, avessi anche tutti quegli allenamenti.
Così scrollo le spalle e proseguo facendo finta di niente.
“Scommetto che riuscirete a vincere lo stesso.” Dico con un sorrisetto.
“Ci puoi scommettere principessa!” esclama Bellamy con quel soprannome che tanto odio.
Sbuffo sorridendo mentre guardo l’orologio.
È ancora presto, magari riesco a finire i compiti di Trasfigurazione e a concedermi un po’ di riposo prima di cena.
La mia mente vaga implacabile su quello che mi aspetta dopo. È il giorno della prima lezione di Occlumanzia con Lexa, e sebbene una parte di me sia abbastanza preoccupata sul dover concedere il libero accesso alla mia mente, il resto di me non vede l’ora.
Quasi spinta dai miei stessi pensieri alzo lo sguardo verso il tavolo dei Serpeverde e mi accorgo che ti stai alzando con i tuoi compagni.
È quasi impercettibile, ma mentre ti giri ad afferrare la borsa appoggiata sotto la sedia i nostri occhi si incontrano per un attimo infinitesimale.
Li distogli subito e sono sicura che nessuno se ne sia accorto, nemmeno i miei amici al mio fianco.
Il tuo sguardo è altero e distaccato, ma sono sicura che tu abbia appena cercato di rassicurarmi.
Ci vediamo stasera.
Sospiro tranquillamente mentre finisco il mio pranzo.
 
“Andiamo ragazzi? I compiti della McGranitt ci aspettano!” esclamo infine.
Raven sbuffa sonoramente.
“Non stavi dormendo un attimo fa, Griffin? Perché devi trascinare anche noi con il tuo senso del dovere?”
Mi limito a sorriderle candidamente mentre mi alzo e prendo le mie cose.
Non mi volto a controllare, ma so che mi stanno seguendo tutti.
Saliamo le scalinate di marmo diretti alla sala comune, e siamo arrivati al quarto piano quando mi sento afferrare per un braccio, costringendomi a rallentare.
Alzo la testa e osservo il volto di Bellamy che si avvicina al mio orecchio.
“Sono contenta che tu abbia superato la questione Woods – sussurra – non avrebbe portato a nulla di buono, ora non devi pensarci più.” Conclude con un sorriso.
Io ricambio titubante.
Non sai quanto ti stai sbagliando, Bell, non riesco a pensare ad altro che a lei.
 
*.*.*.*

 
[Lexa]
Chissà perché Clarke ha voluto che ci incontrassimo qui. Sono d’accordo sul fatto che non possiamo metterci in un aula qualsiasi con il rischio di essere scoperte, ma mi chiedo perché abbia scelto proprio questo corridoio del settimo piano, davanti a questo arazzo assurdo che raffigura Barnaba il Babbeo mentre cerca di insegnare danza classica ai troll, per poi finire bastonato dai suoi suddetti allievi.
 
È un disegno quasi grottesco direi, tutti quei troll in tutù che brandiscono dei bastoni con aria tutt’altro che amichevole. Non vorrei proprio essere nei panni di Barnaba, ma dopotutto deve essersela cercata.
“Vuoi studiare danza classica anche tu? Non so se ti ci vedo con tutto quel tulle rosa addosso!”
Sbuffo divertita davanti all’affermazione di Clarke, ma prima di rivolgermi verso di lei do un’occhiata a tutto il corridoio per assicurarmi di essere sole.
Appurata l’assenza di estranei sposto il mio sguardo su di lei.
È qualcosa di surreale, sembra che la divisa di Hogwarts sia stata disegnata solo per essere indossata da lei.
Devo darmi una svegliata, lei non deve assolutamente avere il minimo sospetto sui miei sentimenti, checche ne dica Anya, non sono ancora pronta a rivelarglieli, e credo che non lo sarò mai. Ma cerco di non pensarci.
“Solo se sarai tu la mia insegnante, Griffin.” Le rispondo a tono.
Sto davvero flirtando con lei? Penso inorridita.
“Affare fatto, Woods, ma mi assicurerò di tenere qualunque tipo di bastone fuori dalla tua portata.” Risponde con un sorriso.
Sta davvero flirtando con me? Spalanco gli occhi. Non può essere.
“D’accordo Barnaba Griffin, come mai mi hai fatto venire fino a qui?” chiedo.
“Oh questa è la parte divertente, non hai idea di cosa ci sia nascosto qui, vero?”
Scuoto la testa, guardandola senza sapere di cosa sta parlando.
“Allora lascio a te l’onore. Cammina davanti e indietro per tre volte lungo quella parete, mentre pensi alla stanza ideale per le nostre lezioni.” Mi dice con un sorriso incoraggiante.
La guardo incerta, corrugando le sopracciglia.
Lei sbuffa e mi dà una leggera spinta.
“Coraggio Lexa, fidati di me.”
E sono irrimediabilmente fregata perché davanti alle sue parole non posso fare altro che eseguire la sua richiesta.
Mi sposto davanti al muro e lo guardo ancora diffidente.
“Chiudi gli occhi, rilassati e concentrati.” Sento il sussurro di Clarke pochi centimetri dietro di me e trattengo un brivido.
Chiudo gli occhi e inizio a camminare.
Ho bisogno di una stanza tranquilla e accogliente in cui studiare Occlumanzia con Clarke.
Torno indietro.
Ho bisogno di una stanza carina, semplice in cui passare del tempo in tranquillità, senza essere scoperte da nessuno.
Ultima volta.
Ho bisogno di una stanza in cui studiare Occlumanzia, ti prego niente di troppo compromettente.
Mi fermo e apro gli occhi.
Non posso crederci. Ho sempre pensato che la stanza delle Necessità fosse una leggenda, come la Camera dei Segreti, e invece c’è una robusta porta di legno proprio davanti a me, dove un attimo fa c’era solo una parete candida.
“Ce l’hai fatta, Lexa, ora vediamo come te la sei cavata” interviene Clarke mentre si avvicina alla maniglia.
Trattengo il fiato mentre entro.
Davanti a me si para una stanza di medie dimensioni, con un camino che scalda e illumina l’ambiente. Una grande libreria carica di libri e al centro un divano dalla fodera rossa dall’aria comoda, con ai piedi un tappeto persiano dall’aria antica.
“Mmm… - commenta Clarke – devo dire che hai abbastanza stile, Lexa.”
Io arrossisco impercettibilmente, spero.
Mi avvicino alla libreria e noto che contiene libri su Legilmanzia e Occlumanzia. Ne afferro uno e inizio a sfogliarlo.
“Questi potrebbero tornarci utili, Clarke.” Dico senza alzare gli occhi dalla copertina del libro che ho in mano.
“Non avevo dubbi.” Commenta lei lasciandosi cadere sul divano.
“Allora, iniziamo?” attira la mia attenzione.
Mi avvicino e mi siedo accanto a lei, facendo attenzione a lasciare dello spazio tra i nostri corpi.
“Prima di iniziare – parlo titubante – volevo avvertirti che né io né te riusciremo a controllare i nostri pensieri durante queste lezioni… Soprattutto all’inizio non riusciremo a bloccare facilmente le incursioni esterne. Se ci sono delle… cose che non vuoi che io sappia… beh siamo ancora in tempo per fermarci, non sentirti obbligata, Clarke.”
La osservo mentre rielabora quanto le ho detto con estrema serietà.
Infine alza lo sguardo per incrociare il mio.
“Ci sto. Voglio imparare a bloccare la mente, e accetto i rischi che ne conseguono. Ma tu ne sei sicura, Lexa?”
Ribalta la domanda a me, e non posso negare di averci pensato a lungo nei giorni scorsi.
Ci sono cose di cui non ho parlato a nessuno e che non vorrei che nessuno sapesse.
Cose di cui non riuscirei mai a parlare e cose che fanno ancora male, se lascio che i miei pensieri vi indugino.
Eppure non riesco a credere che questa sia una cattiva idea, riesco solo a pensare che è Clarke e che sono al sicuro con lei, che saprà prendersi cura di me e dei miei ricordi.
Così annuisco semplicemente, ma lei deve aver notato il tocco di ansia nei miei occhi, perché si sporge lentamente verso di me per sfiorarmi delicatamente la mano, che senza accorgermi ho stretto in un pugno lungo il mio fianco.
Mi rilasso immediatamente sotto al suo tocco e la guardo negli occhi.
“Può anche essere un modo per conoscerci meglio. Di te non so praticamente nulla, se non che hai una fissazione con le dichiarazioni melodrammatiche.”
 Sbuffo con finto fastidio.
“Non far finta di non aver apprezzato, Griffin” le dico sorridendo.
“Infatti non ho mai detto il contrario.” ribatte con un sorriso angelico.
“Promettimi solo – prosegue più seria – che se in qualsiasi momento ti sentissi a disagio e vorrai fermarti, me lo dirai. E io ti assicuro che non ti chiederò spiegazioni di quello che vedrò, se tu non vorrai darmene.”
Mi perdo a guardarla. Com’è possibile che esista una persona così?
“Sei vera, Clarke Griffin?” mi sfugge dalle labbra mentre la osservo come se potesse scomparire da un momento all’altro.
Lei accenna una risata e sposta la mano dalla mia per passarsela tra i capelli con fare imbarazzato.
Sorrido leggermente.
“Direi che possiamo iniziare allora.” Dico alzandomi in piedi.
Clarke mi imita, con espressione determinata.
“Dunque – inizio – l’Occlumanzia è quella branca della magia che permette di chiudere la mente alle intrusioni e alle influenze esterne. Si contrappone alla Legilmanzia, ovvero la capacità di estrarre emozioni o ricordi dalla mente di un’altra persona.” Dico seriamente tutto d’un fiato.
Clarke mi guarda con aria stupita.
“Come sai tutte queste cose così bene?” chiede infine.
“Semplice, le ho appena lette in quel libro.” Dico con un sorrisetto indicando la libreria.
Lei sbuffa alzando gli occhi al cielo, borbottando qualcosa che assomiglia terribilmente a “I soliti Serpeverde”.
“Per iniziare – intervengo – direi che sarebbe meglio che io provassi ad usare la Legilmanzia su di te. Puoi usare la bacchetta per tentare di disarmarmi, o difenderti in qualunque modo.” Le dico tirando fuori la mia.
“E se ti facessi male?” chiede con aria preoccupata.
“Credo di potermela cavare..” le rispondo con un ghigno.
“In ogni caso ricorda che la migliore difesa è nella mente, non nella bacchetta. È un potere simile a quello che si usa per opporsi alla maledizione Imperius. Devi concentrarti e svuotare la mente, devi riuscire a non pensare a nulla.” La osservo mentre prende posizione chiudendo gli occhi davanti a me.
“Quando sei pronta…” le sussurro.
Lei si prende il suo tempo, mentre rilassa i muscoli del suo corpo.
Solleva la bacchetta e risponde imitando il mio tono. “Vai.”
Chiudo gli occhi e mi concentro anche io.
Legilmens
In un attimo la mente si riempie di ricordi non miei.

Una bambina dai capelli biondi come il sole corre ridendo in un giardino, mentre un uomo dallo sguardo gentile la insegue facendo finta di non riuscire a raggiungerla. La bambina si fa scappare dei piccoli urletti eccitati, salendo su un patio dove una donna osserva la scena intenerita. “Mamma aiuto”. La donna prende in braccio la bambina. “Sei salva adesso, amore.” “E invece no!” esclama l’uomo raggiungendole e stringendole entrambe in un dolce abbraccio. “Vi ho prese tutte e due!”…
 
Una Clarke undicenne salta su e giù in un salotto stringendo una familiare lettera tra le mani! “Andrò a Hogwarts! Andrò a Hogwarts!”. Lo stesso uomo di prima la osserva amorevolmente dal divano. “Si che ci andrai piccola mia, e sarà meraviglioso. Cerca di non dimenticarti del tuo papà mentre sarai lì.” “Non potrei mai dimenticarmi di te papà!”…
 
È Natale e la neve sta ricoprendo il giardino di casa Griffin. “Papà, papà, sono tornata!” una Clarke entusiasta entra in cucina e salta letteralmente tra le braccia del padre che ricambia calorosamente. “Ciao piccola mia! Tutto bene il viaggio? Devi raccontarmi tutto del tuo primo mezzo anno ad Hogwarts! Scommetto che sei la migliore della classe!” La piccola Clarke risponde con pari entusiasmo. “Hogwarts è bellissima! È magica davvero! Le lezioni sono interessanti ed io e Raven siamo tra le più brave. Ma c’è anche un’altra ragazza, Alexandria, è in Serpeverde, ma è molto più brava di quasi tutti i Corvonero, mi sa anche di me…” Jake stringe la figlia tra le braccia. “Sembra proprio una ragazza interessante.” …
 
Un ragazzo con i capelli scuri un po’ troppo lunghi si siede allo stesso tavolo della biblioteca a cui è seduta la bionda. “Ciao, io sono Finn, Finn Collins, ti dispiace se mi siedo vicino a te?” E la bionda sorride educatamente iniziando a spostare le sue cose per far posto al ragazzo. “Io sono Clarke!”…
 
Una Raven e una Octavia quattordicenni continuano a cercare di attirare l’attenzione della ragazza bionda davanti allo specchio. “E quindi lui ti ha invitata?” chiede Octavia con gli occhi che luccicano. “Già!” risponde Clarke. “Quindi ci andrai? Andrai a un appuntamento con Finn?” chiede Raven. “Esattamente.” Risponde Clarke con un sorriso…
 
“Lasciami stare, Finn! È finita!” urla Clarke con sguardo ferito. “No Clarke, aspetta!” Ma la ragazza corre via e si infila nel primo bagno delle ragazze che incontra. Si sta sciacquando il viso mentre un’altra ragazza con i colori di Tassorosso entra e le si avvicina. “Ehi, tutto bene?” Clarke si asciuga il viso velocemente. “Si si, soliti litigi tra ragazzi.” Accenna un sorriso triste. “Sei Clarke, giusto?” le chiede e dopo un cenno d’assenso le offre una mano. “Piacere, io sono Niylah.” Clarke osserva diffidente la mano tesa dell’altra, prima di afferrarla e concederle un sorriso…
 
Una Clarke affannata arriva nella sala d’ingresso. “Scusa scusa scusa, sono in ritardo!” La ragazza di prima, Niylah, le si avvicina con un sorriso rassicurante. “Non preoccuparti Clarke, ti avrei comunque aspe-“
 
Le immagini si fermano di scatto e mi ritrovo senza bacchetta, con Clarke che respira affannosamente con un ginocchio appoggiato mentre si tiene la testa con le mani.
Senza pensare alla mia bacchetta finita chissà dove mi avvicino rapida alla ragazza.
“Ehi, tranquilla.” Lei alza gli occhi verso di me e la aiuto a rialzarsi.
Ci sediamo sul divano.
“Come ti senti?” le chiedo infine.
“Un po’ sottosopra, è come se avessi incasinato tutti i miei pensieri.”
Capisco la sensazione, quando studiavo Occlumazia con Indra ne uscivo sempre con un gran mal di testa.
“Tranquilla, Clarke, sei andata alla grande. Ti sei agitata un po’ ma sei riuscita a fermarmi a un certo punto.” Le dico con un sorriso rassicurante.
“Si beh, non c’era bisogno di andare avanti.” Sussurra con tono amaro.
La guardo dubbiosa, ma lei scuote la testa e cancella quella strana espressione dal viso per tornare alla consueta gentilezza.
Cosa vorrà dire? E soprattutto, cosa c’entrava quella ragazza?
Non ho il tempo di soffermarmi troppo su questi pensieri perché Clarke si rialza in piedi.
“Riproviamo.” Dice sicura.
Continuo a guardarla incerta, non credo sia una buona idea, ma se so una cosa di Clarke Griffin è che è molto difficile farle cambiare idea.
Così mi alzo rassegnata e recupero la mia bacchetta dal pavimento.

 
*.*.*.*
 

[Clarke]
Ho ancora la testa sottosopra, ma sono certa di voler cancellare le immagini che ho appena visto nella mia mente.
Lexa sta raccogliendo la sua bacchetta che sono riuscita a spedire chissà come sul pavimento.
Non credevo che sarei stata in grado di oppormi, era una sensazione talmente nuova che non avevo idea di come gestirla. Ero ormai rassegnata al fatto di veder scorrere i miei ricordi uno dopo l’altro finchè Lexa non si fosse interrotta, ma poi qualcosa è scattato nella mia mente quando è comparsa Niylah.
Perché non volevo che lei vedesse fino a che livelli mi sono abbassata dopo la morte di mio padre e la rottura con Finn. Non volevo che vedesse come mi sono lasciata andare, sfruttando la presenza della prima persona che si è dimostrata interessata a me. Non volevo farle sapere della notte passata con lei e soprattutto della mia camminata della vergogna fuori dal suo dormitorio, seguita poi da continui tentativi di evitarla.
Così non so nemmeno come io abbia fatto, ma mi sono opposta, e sono grata alla mia mente per questo.
“Clarke” mi richiama Lexa e mi accorgo di essermi persa di nuovo nei miei pensieri. Non mi stancherei mai di ascoltare il mio nome pronunciato da lei.
Le rivolgo un piccolo sorriso abbozzato, che lei ricambia prontamente.
“Sei sicura di essere pronta a ricominciare?” chiede premurosa.
Io annuisco, prima di chiudere nuovamente gli occhi e provare a concentrarmi.
Svuota la mente Clarke, fai vedere a Lexa di cosa sei capace. Rendila fiera di te.
Legilmens!”

Ho dodici anni e sono seduta al tavolo di Grifondoro con i miei amici, a cui si è appena aggiunta Octavia, la sorella di Bellamy, fresca di smistamento. Tutti applaudono e la mora prende posto davanti a me. “Benvenuta Octavia, sei finita nella casa migliore di Hogwarts!” la accoglie Raven. “Io sono Clarke, e lei è Raven, sarà un anno fantastico, vedrai!” Octavia sorride grata dell’accoglienza…
 
Cammino mano nella mano con Finn tra le vie di Hogsmeade, mentre lui parla dei suoi programmi per le vacanze di Natale. “E tu cosa farai? Torni a casa o resti qui a scuola?” “Io e Raven torneremo a casa, come ogni anno.” Rispondo con un sorriso. “Ah è vero, mi dimentico sempre che vivi con Raven, ma come mai?” Sospiro. “La famiglia di Raven non è di quelle ideali, il padre se n’è andato quando era piccola, non sa se sia un mago o un babbano, la madre è una babbana ed è alcolizzata. L’estate tra il primo e il secondo anno Raven è scappata di casa dopo una lite, non mi ha mai detto cosa sia accaduto, ma non ha più voluto tornare a casa sua. Da allora vive con me.” Concludo la spiegazione. “Sei un’amica meravigliosa.” È l’unico commento del ragazzo, che si sporge per lasciarmi un tenero bacio sulla fronte…
 
Concentrati Clarke, concentrati.
 
È il 23 maggio del 1977 e siamo alla fine del quinto anno. Mio padre è appena morto. Silente mi ha dato la notizia. Cammino fra i corridoi della scuola senza una meta precisa, ma non mi interessa assolutamente nulla. Sfioro con le dita l’orologio che ho appena messo al polso, dopo che mia madre me l’ha consegnato in lacrime nell’ufficio di Silente. Arrivo in una parte deserta del castello e mi lascio scivolare contro la parete, prendendomi la testa tra le mani.

Qualcosa scatta nel mio cervello, ma al posto di farmi prendere dal panico come prima, cerco di mantenere la concentrazione. Riesco a intravedere Lexa davanti a me, e le pareti del mio ricordo sfumano, mentre questa stanza diventa sempre più nitida.
Alzo la bacchetta.
Protego!”
Lexa barcolla leggermente, ma un attimo dopo non riesco più a vederla.
 
Una bambina dai capelli scuri e dei brillanti occhi verdi siede a un tavolo in una bella cucina dai mobili antichi. “Ecco qui, tesoro.” Le dice una bella donna porgendole una tazza di cioccolata calda. “Grazie mamma!” esclama la bambina felice. La neve cade copiosa fuori dalla finestra e la bambina la guarda incantata. La madre se ne accorge e sorride dolcemente. “Che ne dici se quando torna tuo padre dal lavoro tutti e tre costruiamo un bel pupazzo di neve in giardino?” La bambina spalanca gli occhi felice e appoggia la tazza sul tavolo. La bevanda le ha lasciato due baffi marroni agli angoli delle labbra, ma lei non sembra curarsene. “Sì” esclama felice…
 
“Vieni qui, Alexandria” un uomo dall’aria burbera ma con lo sguardo gentile richiama l’attenzione della bambina, un paio d’anni più grande rispetto alla scena di prima. L’uomo cinge la vita della moglie, ma quando Lexa si avvicina, si abbassa sulle ginocchia per essere al suo livello. “Dobbiamo dirti una cosa importante.” Lexa annuisce seria, spostando lo sguardo da un genitore all’altro. “Tra qualche mese avrai un fratellino..” dice infine la madre con gli occhi lucidi. “Un fratellino? E dov’è adesso?” chiede curiosa la bambina. “È qui dentro” risponde il padre con delicatezza, mentre sfiora il ventre della moglie. La bambina li guarda sorpresa per poi appoggiare a sua volta la manina sulla pancia della madre. “Mi prenderò cura di te, fratellino.” Esclama con tutta la serietà che una bambina di sette anni può avere…
 
 Una Lexa di circa la stessa età cammina con sguardo angosciato lungo il corridoio di casa sua. Il padre è seduto con la testa fra le mani su una sedia. All’improvviso una porta si apre e ne esce una donna dalla carnagione scura, con un fagotto in braccio. Lo sguardo della donna passa dalla piccola Lexa all’uomo, incerta su cosa dire. “Indra.” Rompe il silenzio il padre, con tono angosciato. La donna scuote la testa con disperazione. “Ha perso troppo sangue, Alexander.” “NO!” esclama il padre disperato. “Ma qui c’è il piccolo Aden.” Riprende la donna cercando di farlo ragionare. L’uomo tira un violento pugno contro il muro. “Non mi importa! Non mi importa niente di lui, neanche lo volevo un secondo figlio e ora lei è…” Non riesce a finire la frase e se ne va dal corridoio. La donna sospira cullando il bimbo fra le braccia. Non si accorge della piccola Lexa che le si è avvicinata, finchè questa non le tocca il ginocchio. “Dallo a me, Indra.” Dice la bimba che ha appena capito di aver perso la madre. La donna si abbassa delicatamente e le porge il fratellino, attenta che Lexa riesca a prenderlo bene. Lexa osserva il fratellino con sguardo serio. “Devi essere coraggioso, Aden.” Gli sussurra, senza accorgersi che alla donna è sfuggita una lacrima mentre osservava la scena…
 
Lexa è più grande. Quattordici anni, forse quindici. Sul suo viso non c’è più traccia della dolcezza che caratterizzava il suo viso da bambina. Il suo sguardo è glaciale mentre osserva suo padre e sua zia, mentre cena con Aden e sua cugina Ontari. “Quando Ontari riceverà il marchio – dice la donna dagli occhi di ghiaccio e sguardo crudele – sicuramente sarà tra i seguaci più apprezzati del signore oscuro, proprio come suo fratello Roan.” “Quale marchio?” chiede un Aden di sette o otto anni. Lexa interviene prontamente, senza riuscire a celare l’espressione di disgusto nel suo sguardo. “Nulla di importante, Aden” Lo sa, lo sa che deve tacere e continuare la sua cena senza intervenire, ma è più forte di lei questa volta. “Solo una cosa da invasati.” Continua e sa di aver appena sganciato una bomba. “Come osi ragazzina?” La donna si alza ed estrae un pugnale dalla tasca della veste. “Aden, nella tua stanza. Adesso.” Sono le uniche parole di Lexa, alle quali Aden non può che obbedire. Il padre distoglie lo sguardo dalla scena, senza però dire niente per fermare la sorella. “Adesso, Alexandria, scoprirai qual è l’unico marchio che sei degna di portare tu.” La donna afferra una manica del maglione di Lexa, che non fa assolutamente nulla per opporsi, limitandosi a guardare la donna con rabbia. Non può opporsi, però, alle urla che le scappano dalla bocca quando la punta del coltello incide il suo avambraccio, macchiando la pelle di rosso…

“Lexa, LEXA! Guardami!” scuoto le spalle della ragazza, che è caduta in ginocchio urlando disperatamente.
Non so esattamente come le immagini si siano interrotte, so solo che Lexa ha iniziato ad urlare e che la bacchetta mi è sfuggita dalle mani.
Sono corsa accanto a lei e tento di tranquillizzarla.
“Ehi. Tranquilla. Sei al sicuro.” Cerco di rassicurarla. Ha smesso di gridare, ma sono sicura che il suono delle sue urla mi tormenterà per molto tempo.
Prende un respiro incerto e cerca di calmarsi, mentre io non riesco a rielaborare le immagini che ho appena visto. Com’è possibile che un padre permetta che sua figlia venga torturata sotto ai suoi occhi senza dire nulla?
Mi occuperò di questo e della mia rabbia quando Lexa starà meglio, però.
“Vieni.” Le dico dolcemente afferrandola per un braccio e conducendola verso il divano.
Lei si lascia trascinare e si siede accanto a me.
Io attendo pazientemente, mentre lei si prende la testa fra le mani e cerca di regolarizzare il respiro.
Anche se sento il bisogno fisico di toccarla, di stringerla a me per farle capire che è al sicuro, che è tutto finito e che non ha nulla da temere qui con me, mi sforzo di rimanere ferma.
Dopo qualche altro respiro incerto, Lexa si volta a guardarmi. Nonostante non abbia versato neanche una lacrima, i suoi occhi sono lucidi e sembrano ancora più limpidi.
Questa volta non riesco a fermare la mia mano che si dirige verso una ciocca dei suoi capelli, per riportargliela dietro l’orecchio.
Lei segue il movimento della mia mano con lo sguardo, e quando la riporto sul mio grembo riesce a mettere insieme un sorriso triste.
“Sembra che l’allieva abbia superato la maestra. Scusa Clarke, sono una terribile insegnante a quanto pare.”
È così assurdo che lei si stia scusando in questo momento. È così in stile Lexa Woods che vorrei scuoterla dicendole che non è di me che si deve preoccupare.
“Non dire stupidaggini Lexa, piuttosto scusa tu, non sapevo che respingendo il tuo incantesimo le parti si sarebbero ribaltate.” Le dico cauta.
Lei scrolla le spalle. “Di certo non è colpa tua Clarke, anzi.”
Prende un altro bel respiro prima di ricominciare a parlare.
“Beh, direi che abbiamo conosciuto le nostre famiglie..” comincia incerta.
“Ne vuoi parlare?” chiedo cauta.
Ma che razza di domanda faccio? Ha appena rivissuto alcuni momenti peggiori della sua vita, o almeno spero che non ci siano state cose peggiori di queste, e io le chiedo di parlarne?
Sto per scusarmi per la mia frase quando lei appoggia stancamente la schiena sul divano e chiudendo gli occhi annuisce.
Ho paura di interrompere il momento delicato, così taccio e mi accomodo meglio anche io per ascoltare.
Inizia a parlare con gli occhi ancora chiusi.
“I miei genitori… loro erano una coppia felice, nonostante tutto. Mio padre amava mia madre, il loro matrimonio era stato accettato nella comunità dei purosangue perché venivano entrambi da antiche e nobili casate. Mia mamma dai Black e mio padre dai Woods. Entrambe sono famiglie apertamente devote a Voldemort, ma mia madre era… diversa. Lei aveva degli ideali giusti ed era contraria a tutti gli spargimenti di sangue, e in qualche modo aveva convinto mio padre a stare fuori dalla guerra. Mio padre aveva accettato, nonostante le insistenze di sua sorella, Nia, che invece aveva sposato un discendente degli Azgeda e aveva giurato fedeltà al signore oscuro.”
Prende fiato, mentre tiene gli occhi chiusi. Stringe anche i pugni e anche questa volta non freno la mia mano dall’andare a sfiorare il dorso della sua.
Spero di non rovinare tutto, e qualcuno, Godric o Merlino, deve avere ascoltato le mie preghiere, perché Lexa non solo non si sottrae al mio tocco, ma schiude la mano e la rivolge verso l’alto, per intrecciare le sue dita alle mie con forza.
Ricambio la stretta, mentre, non so perché, il mio cuore aumenta drasticamente il numero dei battiti.
Ma Lexa riprende a parlare e la mia attenzione si risposta su di lei.
“I primi sette anni della mia vita sono stati i più felici. Certo mio padre non era particolarmente espansivo, ma mi voleva bene e me lo dimostrava. Mia madre si prendeva cura di entrambi, sempre con il sorriso sulle labbra. Finchè… Finchè non è arrivato Aden. Già prima che nascesse li sentivo litigare, era qualcosa rispetto ad alcune complicazioni che mia madre aveva avuto durante il primo parto, che avevano aumentato i rischi nell’avere un secondo figlio. Ma mia madre era così contenta di dare alla luce Aden, che zittiva ogni preoccupazione di mio padre.”
Prende un bel respiro e apre gli occhi, guardandomi.
Non mi è mai sembrata tanto coraggiosa e tanto vulnerabile allo stesso tempo.
Stringo ancora di più la sua mano perché so cosa sta per raccontarmi, l’ho visto accadere poco fa.
“Mia madre è morta subito dopo il parto. Mio padre è impazzito dal dolore e contro ogni logica ha dato la colpa ad Aden. Non ha voluto vederlo per un’infinità di tempo, mentre io e Indra cercavamo di prenderci cura di lui al meglio. Poco tempo dopo ha ricominciato a vedere mia zia Nia. Il dolore si è trasformato in odio, e qualche volta ho avuto davvero paura che potesse fargli del male.”
Sospira pesantemente prima di riprendere.
“Crescendo Aden ha capito che qualcosa non andava, ma non ha mai saputo perché nostro padre non riuscisse nemmeno a guardarlo in faccia. Ogni scusa era buona per urlargli contro, ed Aden fuggiva spaventato a morte. Così… così ho iniziato a farmi punire io al posto suo, a cercare delle scuse per attirare la sua rabbia su di me, così da concedere una tregua a mio fratello. Così mio padre ha iniziato ad odiare anche me, e Nia ha avuto sempre più potere su di lui. Se non fosse stato per Indra, non oso immaginare cosa sarebbe potuto accadere, specialmente quando prendevo il treno per venire qui.”
Una lacrima fa capolino sul suo viso, e senza pensarci troppo tendo la mia mano libera verso la sua guancia per spazzarla via, per poi essere ringraziata da un suo piccolo sorriso triste.
Riallontano la mano, e il suo viso viene attraversato da un lampo di… delusione? Impossibile, devo smetterla di immaginarmi queste cose.
“Il primo anno è stato il più difficile, ero talmente spaventata che ho praticamente implorato il Cappello Parlante di mettermi a Serpeverde, perché pensavo che mio padre avrebbe apprezzato e avrebbe dato un po’ di tregua a me e Aden. Stranamente ha funzionato ed è andata un po’ meglio, a parte quando ho iniziato a ribellarmi a Nia, ma come hai visto non sortiva mai risultati producenti…”
Termina la frase con un tono triste e rassegnato e io sento la mia mascella stringersi al pensiero di quanto ha dovuto sopportare.
Un moto di rabbia mi assale e ne sono sorpresa. Quando ho iniziato a preoccuparmi così tanto per la ragazza davanti a me, al punto da sentire il suo dispiacere come se fosse il mio, la sua rabbia come se fosse la mia, e anche peggio?
Lexa sembra capire il mio cambiamento e mi guarda preoccupata.
Abbasso lo sguardo mentre lascio che una nuova consapevolezza si faccia largo in me.
“Li odio.” Sussurro infine. “Li odio per quello che ti hanno fatto, per quello che hanno fatto ad Aden.”
“Oh no, no, Clarke!” interviene lei e sento una mano sfiorarmi delicatamente il mento per far tornare il mio sguardo nei suoi occhi.
“Loro non meritano il tuo odio, tu sei troppo… tu perché io possa permettere che le loro azioni corrompano anche solo in parte la persona meravigliosa che sei.” Parla con una sincerità che fa quasi male.
“E tu invece?” sussurro.
È lei a distogliere lo sguardo questa volta.
“Io… non lo so… la cosa peggiore è che ricordo perfettamente la vita prima che mia madre morisse e che mio padre cambiasse. Era perfetta, eravamo felici… era vita, vita per davvero. Da quel giorno di undici anni fa mi sembra di non aver più vissuto veramente, ho arrancato cercando di assicurare a me e a Aden la possibilità di sopravvivere.”
È un discorso talmente triste e privo di qualsiasi barlume di speranza che mi porta a volermi opporre.
Così lascio la presa che per tutto questo tempo ho avuto sulla sua mano e la sposto sul suo viso.
Il mio gesto sortisce l’effetto desiderato perché Lexa torna a guardarmi con sguardo confuso.
Porto anche l’altra mano sulla sua guancia in modo da stringerle il viso, in quello che ormai è il nostro modo.
“Forse la vita dovrebbe essere più della mera sopravvivenza. – dico guardandola intensamente – non meritiamo forse qualcosa di meglio?”
Osservo Lexa deglutire mentre mi guarda con gli occhi spalancati.
Non mi ero accorta di quanto mi fossi avvicinata a lei con il mio gesto ma ora sono a pochi centimetri dal suo viso.
Il suo sguardo si posa, questa volta innegabilmente, sulle mie labbra, e io non riesco ad evitare di fare lo stesso.
Mi basterebbe avvicinarmi ancora di qualche centimetro per sfiorarle.
La osservo rapita mentre si inumidisce le labbra con la lingua.
È solo quando sento la sua voce che rialzo gli occhi scontrandomi con i suoi.
“Probabilmente dovremmo.”
Faccio fatica a ricordare a cosa si sta riferendo, e smetto di provarci quando sento la sua mano agganciarsi al suo collo, mentre si avvicina lentamente ma con decisione al mio viso.
Impiego un istante a capire cosa sta succedendo, ho tutto il tempo per tirarmi indietro prima di metterci in una posizione difficile, eppure qualcosa ha cortocircuitato nel mio cervello già provato dalle invasioni appena subite.
In questo momento non c’è nulla che mi sembri più giusto che andarle incontro e colmare finalmente il vuoto tra noi.
Così accade.
Un istante dopo le sue labbra sono sulle mie e ogni pensiero scompare.
Sento Lexa dappertutto, il suo profumo, il solletico dei suoi capelli sulle mie mani che si sono spostate sulla sua nuca per attirarla ancora di più a me, apro gli occhi un’istante solo per specchiarmi nel suo verde, ma quando li richiude, aumentando la stretta su di me, la imito immediatamente e torno a farmi avvolgere dalla consapevolezza di questo bacio.
È casto, è tenero, è dolce, è rassicurante.
Ha il sapore di una promessa, una promessa di prenderci cura l’un l’altra nonostante il nostro passato difficile e il futuro incerto.
L’unica cosa che conta sono le sue labbra che continuano a muoversi mentre le mie stanno dietro al suo ritmo, accarezzandosi, scoprendosi, rincorrendosi.
Sono appena consapevole del mio cuore che batte all’impazzata, del mio respiro che comincia ad andare in affanno.
Non riesco a pensare ad altro se non alle sensazioni che mi sta procurando, sensazioni che non sentivo con questa intensità da anni o che forse non ho mai davvero provato.
Ed è proprio questo il pensiero che è in grado di bloccare questo momento.
Cosa sto facendo?
In questi giorni ho sempre evitato il pensiero di noi due in questi termini, non ho elaborato le emozioni che provavo, né quelle positive né quelle negative, quando soffrivo senza soffermarmi sul perché fossi colpita così nel profondo dai suoi gesti.
Ora inizio a capire.
Ma non posso rielaborare tutto adesso, non sarebbe giusto nei suoi confronti.
Premo un’ultima volta con più convinzione le labbra sulle sue, assaporo ogni istante e lascio che un brivido percorra la mia colonna vertebrale quando Lexa si concentra sul mio labbro inferiore, catturandolo delicatamente ma anche con estrema sensualità.
Sento che si allontana delicatamente per riprendere fiato e so che devo agire adesso prima di ricominciare e perdermi nuovamente in lei.
Così, andando contro a ogni cellula del mio corpo, quando si riavvicina a me, sposto una mano dai suoi capelli per appoggiare delicatamente la punta delle dita sulle sue labbra, fermando il suo movimento.
Apro gli occhi e trovo i suoi che mi guardano incerti.
Deve trovare qualcosa nei miei perché improvvisamente tenta di allontanarsi, mentre io cerco di tenerla vicino a me.
“Oddio, Clarke, scusami… non avrei dovuto, io…”
La zittisco immediatamente.
“No Lexa, ascoltami.” Dico calma.
Devo riordinare le idee e spiegare quello che voglio dire con calma, non posso permettermi di rovinare tutto solo perché vado in confusione.
I miei occhi tornano inevitabilmente sulle sue labbra. Ecco cosa non devo fare per mantenere l’attenzione sui miei pensieri.
Torno a guardarla negli occhi e la vista del suo sguardo basso, quasi smarrito mi colpisce nel profondo.
“Ehi…” richiamo dolcemente la sua attenzione.
Quando mi guarda le sorrido.
“Lo volevo anche io – inizio – lo voglio anche io.” Cerco di rassicurarla.
“Perché credo che alla tua frase seguirà un ma?” chiede abbozzando un tentativo di sorriso.
“Perché sei incredibilmente perspicace, Woods.” Le rispondo cercando di abbassare la tensione.
Lei arrossisce leggermente e io continuo.
“Non ho mai pensato a noi in questi termini, non ho mai pensato che tu fossi interessata a me in questo senso.” Ora è il momento del mio di imbarazzo.
“Però adesso capisco tante cose, tutto quello che è successo in questi giorni e tante mie reazioni che prima non riuscivo a spiegarmi.” Mi fermo un istante.
“Cavolo!” esclamo colpendomi la fronte con una mano.
“Cosa?” chiede subito Lexa preoccupata.
“Ora capisco anche a cosa si riferiva continuamente Raven!” rispondo.
Lexa mi guarda ancora più confusa.
“Niente, non importa. Il punto è che tengo a te. Tanto.” La guardo più dolcemente e lei arrossisce ancora di più.
“Ti chiedo solo di lasciarmi un po’ di tempo per venire a capo con tutto quello che sento. Devo solo essere sicura che non rovinerò tutto… come faccio solitamente.” Concludo abbassando lo sguardo.
Se c’è una cosa che tutta la storia con Niylah mi ha insegnato è che devo evitare di prendere decisioni alla leggera su situazioni come queste.
E so perfettamente che la situazione è totalmente diversa, che Lexa è la meravigliosa ragazza qui davanti a me, da cui posso avere molto di più che un semplice conforto fisico.
Ed è quel molto di più che mi eccita e mi terrorizza nello stesso modo.
È quel molto di più su cui devo riflettere per non commettere errori e iniziare questa cosa con cognizione di causa.
“Voglio essere sicura di fare questa cosa per bene, di non rischiare di rovinare il nostro rapporto.” Le sorrido mentre spero disperatamente che capisca che il mio non è un rifiuto.
“Non sono totalmente pronta in questo momento. Non ancora.” Concludo.
Lexa mi osserva attentamente, mentre sembra ripercorrere nella mente tutte le mie parole.
Alla fine dei suoi ragionamenti finalmente mi risponde.
“Non avevo programmato tutto questo.” Ammette con un piccolo sorriso di scuse.
“Sinceramente avevo deciso di tenere per me i miei… sentimenti, ma qualcosa è scattato prima e mi dispiace.”
Cerca disperatamente di trovare le parole giuste e so che sta facendo uno sforzo immane nell’esternare i suoi pensieri.
“Non essere dispiaciuta – le rispondo – io non lo sono, anzi.” Aggiungo con un sorrisetto.
“Quindi non ho rovinato tutto?” mi chiede e sembra che dalla mia risposta dipenda la sua sopravvivenza.
“Assolutamente no, anzi, ti ringrazio per avermi aperto gli occhi.” Sembra tirare un sospiro di sollievo alle tue parole.
“Ma tu.. stavi con Finn…” inizia titubante e io alzo gli occhi al cielo.
“Beh diciamo che ho evitato di mostrarti la fine del mio rapporto con Niylah poco fa.” Dico accennando ai ricordi che abbiamo visto entrambe prima.
Lei sgrana gli occhi un istante quando capisce il significato delle mie parole.
“Quindi… tu e lei…” inizia e mi viene quasi da ridere davanti alla sua espressione incerta.
“Quella storia te la racconterò un altro giorno, comunque sappi che non hai niente di cui preoccuparti.” Concludo con un sorriso e un occhiolino, che hanno come unico effetto quello di farla arrossire ancora di più.
Merlino è così divertente metterla in imbarazzo. È incredibile pensare che si tratti della stessa ragazza che ha messo ko due Mangiamorte in cinque minuti senza proferire una parola.
Si ricompone un istante, prima di annuire impercettibilmente ai suoi stessi pensieri.
Infine mi guarda seriamente negli occhi.
“D’accordo.” Dice infine.
Questa volta sono io ad essere confusa.
“D’accordo?” le chiedo.
“Prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno, non voglio metterti fretta.” Chiarifica.
Serve tutta la mia forza di volontà per non tornare a baciarla quando capisco che ha compreso i miei ragionamenti contorti e li condivide in qualche modo.
“Io… - ricomincia – io non ho molto da offrirti… hai visto anche tu che la mia vita è piuttosto incerta, non so nemmeno se potrebbe essere una cosa realizzabile, e odio pensare ai pericoli in cui sare-“
La interrompo coprendole la bocca con una mano.
“Shh – la zittisco – lo so che è complicato. So che hai mille ripensamenti, ma hai fatto bene, era quello che mi serviva per avere maggior consapevolezza di noi. I rischi li conosco bene, credimi, non è per quello che ti ho fermata.”
La guardo seria.
“Voglio solo fare le cose nel modo giusto, per Lexa e Clarke, non per Alexandria Woods, la spia tra i Mangiamorte e Clarke Griffin, orfana di padre per colpa della guerra e dalla parte di Silente.”
Lei continua ad osservarmi.
“Lexa e Clarke…” sussurra alla fine, annuendo ancora.
Comincio già a pentirmi della mia decisione, perché vorrei rassicurarla ricatturando le sue labbra, invece mi sporgo verso di lei e le lascio un delicato bacio sulla fronte.
Lei sembra trarne ugualmente sollievo, perché quando torno a guardarla mi sorride dolcemente.
Ma prima di lasciarla andare devo fare un’ultima cosa.
Le afferro con cautela il braccio sinistro e sento subito che si irrigidisce.
Non mi fermo, ma le sollevo lentamente la manica del maglione, rivelando centimetro per centimetro la lunga cicatrice sul suo avambraccio.
La sfioro delicatamente per tutta la sua lunghezza, mentre reprimo la rabbia e il dolore che mi provoca pensare a di chi è la colpa.
Sospiro, infine, e le riposiziono la manica.
“Aden non potrebbe desiderare una sorella migliore di te.” Le dico seriamente.
E il sorriso che si apre sul suo viso è la migliore delle risposte che mi può dare.
 
Con calma ci ricomponiamo, si è fatto tardi, e la serata è stata abbastanza intensa, così decidiamo entrambe di tornare nei nostri dormitori.
La strada da qui alla mia sala comune è abbastanza corta e senza scale, per fortuna.
Sono contenta che il silenzio che ci accompagna non sia troppo imbarazzante, anche se quando incrociamo gli sguardi sorridiamo e arrossiamo come due ragazzine.
Davanti al ritratto della signora Grassa ci fermiamo e le afferro d’istinto una mano.
“Grazie davvero – inizio – per tutto, soprattutto per aver capito.”
Lei si passa l’altra mano con fare imbarazzato nei capelli prima di rispondere.
“Beh so che come prima lezione non è stata un granché, ma credo che le altre saranno meglio, se vorrai provarci ancora.” Risponde.
“Non ci resta che scoprirlo..” concludo con un ghigno.
“Ah dimenticavo – mi interrompe lei noncurante della mia frase ambigua – cerca di svuotare la mente ogni sera prima di addormentarti, ti aiuterà per la prossima volta!” mi dice.
“Ok capo..” rispondo… Svuotare la mente, come se dopo tutti gli eventi di stasera fosse una cosa semplice.
“Allora… ci vediamo nei prossimi giorni.” Dico spostando il peso da un piede all’altro.
Non vorrei davvero salutarla, ma non ho più motivi per farla rimanere quassù.
“Buonanotte Clarke.” E al contrario della nostra ultima ronda è lei che si sporge verso di me, lasciandomi un bacio su una guancia.
Arrossisco leggermente, prima di ricambiare il saluto e voltarmi verso il ritratto.
“Algabranchia” dico alla signora Grassa, che svogliatamente si apre per lasciarmi entrare.
Sto per arrampicarmi quando mi sento richiamare.
“Ah Clarke!” mi giro a guardare Lexa, che era quasi giunta alla fine del corridoio.
Quando vede che la sto ascoltando continua.
“Scusa se per colpa mia non hai potuto dire a tuo padre che eri la migliore del tuo anno!” dice e accenna a una risata scherzosa.
Io le rispondo solo con un verso scocciato e un gesto fintamente stizzito della mano, mentre ritorno nella sala comune con la mente piena di pensieri e di emozioni.
Svuotarla sarà un compito davvero arduo.
 
 
 NOTE2:
Eccoci qui... che ne pensate? Spero di non aver rovinato tutto, come per Lexa anche io non avevo nessuna intenzione di inserire qui il primo bacio, ma purtroppo sembra proprio che io non abbia più potere decisionale sulla trama, è venuto da sè.
E' stato abbastanza difficile scrivere le ultime scene, spero davvero che vi piaccia! Fatemi sapere, se è troppo dolce, troppo poco, troppo prolisso o da approfondire.
Colgo l'occasione per scusarmi anche qui, ma (anche se probabilmente a nessuno interessa) ho cambiato nuovamente lavoro e questa volta sembra essere definitivo, solo che devo prendere un po' il ritmo e lavorando anche il sabato è un po' un casino...
Comunque la storia sarà finita, e cercherò di impegnarmi a non far passare troppo tempo tra i capitoli.
Detto questo, grazie mille a tutte le ragazze che seguono/preferiscono e soprattutto a chi commenta, spero di non avervi deluse!
So che il discorso di Clarke è un po' caotico, ma prometto che non ci vorrà molto prima che prenda la sua decisione :)
Spero a presto,
Ilaria

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8
 
Primo giorno, Lunedì.

[Lexa]
 
 
Qualcosa mi dice che è mattina, anche se non ne sono molto sicura. Sento le mie compagne di dormitorio alzarsi e prepararsi per la giornata, e per la prima volta nella storia della mia carriera scolastica sto seriamente considerando di saltare le lezioni e di rimanere nel mio letto a crogiolarmi in questi sentimenti di… felicità? Tristezza? Ansia?
Sono confusa, ed aver chiuso occhio solo per un paio d’ore al massimo non mi aiuta a schiarirmi le idee.
Sono sicura solo di non voler affrontare questo lunedì, anche se so già che alla fine lo farò perché il mio senso del dovere prevarrà su tutto il resto.
Ciononostante non accenno a spostare le tende del baldacchino, rimanendo isolata dal resto della stanza.
Percepisco le mie compagne uscire una alla volta, e se non ho fatto male i conti dovrebbe mancarne solo una.
“Allora? Ti vuoi dare una mossa?”
Eccola qui, quella che dovrei considerare la mia migliore amica.
Sento il fruscio delle tende e la luce colpirmi gli occhi, costringendomi a far sprofondare la testa nel cuscino con un lamento infastidito.
“Come mai sei ancora vestita?” questa volta il tono di Anya è meno irritato e più confuso.
Io tengo bocca e occhi serrati sperando che si arrenda e mi lasci in pace.
“Si può sapere cosa diamine ti è successo?” continua imperterrita.
Mugugno leggermente prima di arrendermi.
Umaciaoclac” sono le mie prime parole della giornata.
Forse avrei dovuto spostare la faccia dal cuscino… Dettagli.
“Per quanto io sia brillante, non mi è chiaro il concetto.” È la risposta piccata di Anya.
Sospiro e mi decido finalmente a spostarmi. Rimango sdraiata, ma rivolgo la testa verso la mia amica, strizzando gli occhi un paio di volte finchè non si abituano alla luce verdastra del nostro dormitorio.
“Ho baciato Clarke” ripeto tenendo un tono di voce piatto.
Osservo la reazione della ragazza davanti a me: sgrana gli occhi per la sorpresa, mentre cerca di trovare le parole per rispondermi. Sarebbe comico se la situazione non fosse così delicata.
Alla fine si riprende.
“Come sarebbe a dire che hai baciato Clarke? Tu che fino a cinque giorni fa continuavi a dire che non le avresti mai rivelato i tuoi sentimenti, che sicuramente non era interessata alle ragazze, men che meno a te!”
Ha centrato il punto.
Sospiro nuovamente.
“Già.” È la mia unica risposta.
“Aspetta – interviene lei – lei ha risposto al bacio?”
“Sì.”
Pausa.
“Sei tornata tardi perché avete passato la serata a recuperare sei anni di indifferenza?”
“No.”
“Ma lei ha ricambiato?”
“No.”
“Ma ti ha baciata?”
“Sì.”
Pausa.
“Sono confusa.”
Oh anche io Anya, non sai quanto.
“Forse se evitassi di rispondere a monosillabi e mi spiegassi cos’è successo in modo coerente potremmo capirci qualcosa entrambe.”
Sospiro per l’ennesima volta.
“Ha risposto al bacio, poi mi ha fermata dicendomi che non era ancora pronta, che non si era accorta di pensare a me in quel senso e che doveva chiarirsi le idee prima di fare qualsiasi cosa.” Dico usando sempre lo stesso tono distaccato.
Come se tutto questo non mi stesse consumando il cervello.
“Ok, allora questa è una cosa buona.”
“Sì.”
“Ma tu non stai saltando di felicità per tutto il dormitorio come mi sarei aspettata.”
“No.”
“Oh ti prego Lexa non ricominciamo!”
Mi limito a guardarla sperando che lei capisca quello che mi sta succedendo. E che poi me lo spieghi.
Lei si prende la testa fra le mani e si siede sul bordo del mio letto.
“Certo che Griffin non è proprio una tipa sveglia.” È il suo turno di sospirare.
“Com’è stato il bacio?” chiede poi guardandomi con aria maliziosa.
Socchiudo gli occhi al ricordo lasciandomi invadere da tutte quelle sensazioni che sembrano essersi impresse a fuoco nel mio cervello. Le sue soffici labbra sulle mie, il suo respiro affannato che si mischiava con il mio, il suo profumo, le sue mani fra i miei capelli e le mie che la stringevano a me.
“Ok non rispondermi, basta guardare la tua aria sognante.” Anya interrompe i miei pensieri.
La fulmino con lo sguardo ma lei si limita ad alzare gli occhi al cielo.
“Ma lei come ti è sembrata dopo, pentita?”
Mi fermo un attimo per pensarci.
“No, ero più dispiaciuta io in realtà. Lei ha detto che era contenta che le avessi aperto gli occhi, che vuole fare tutto nel modo giusto.”
“Per quanto sia una cosa molto melodrammatica direi che è una cosa buona, no? Devi solo aspettare che realizzi che anche lei è innamorata persa e poi potrete iniziare la vostra relazione clandestina.”
Si merita un altro sguardo cattivo da parte mia, a cui risponde con un ghigno sarcastico.
Poi torna seria.
“La aspetterai, vero?” mi chiede guardandomi negli occhi.
“Certo che la aspetterò…” le rispondo abbassando però lo sguardo.
“Ma…” mi sprona lei a continuare.
“Ma se lei capisse che la scelta migliore è starmi lontano? Oppure che non mi vede davvero in quel modo? Oppure se decidesse che non varrebbe la pena mettersi in mezzo al casino della mia vita?”
Anya si prende un momento prima di rispondermi.
“Non c’è una risposta certa per tutte le tue domande. Potrebbe accadere, ma potrebbe anche accadere il contrario. Ma lei è Clarke Griffin, se lei ricambia i tuoi sentimenti, cosa di cui sono abbastanza certa visto il modo in cui ti guarda, non si farà spaventare dalla situazione.”
Io annuisco, e finalmente lascio che la felicità e la speranza si impossessino di me.
Almeno ci ho provato, sono scesa nell’arena.
Un sorriso gigantesco si impossessa del mio viso e Anya mi guarda leggermente spaventata.
“Questa versione di te mi fa quasi paura.”
Non lascio che la sua frase rovini queste emozioni.
Mi alzo dal letto e mi preparo per la giornata.
Prima di aprire la porta del dormitorio mi fermo con la mano a mezz’aria.
“Anya?”
“Sì?”
“Ho baciato Clarke.”
“Sì, l’hai già detto.”
“No Anya, non hai capito, ho baciato Clarke!”
Lei scosta la mia mano per aprire da sola la porta.
“Che Merlino ci aiuti.” La sento sussurrare.
 
*.*.*.*
 
[Clarke]

Non riesco a smettere di sorridere, mi sembra così strano.
Proprio quando nulla sembrava più essere in grado di portare un po’ di luce nella mia vita, è arrivata lei.
La morte di mio padre, i continui attacchi dei Mangiamorte, l’ideologia pazza e malsana di Voldemort, le sparizioni e l’assassinio di tutte quelle famiglie di Babbani, il continuo stato di paura in cui verte l’intero mondo magico… Nulla aveva lasciato presagire che io avrei trovato un po’ di pace in colei che viene proprio da quel mondo.
Una gomitata mi riscuote dai miei pensieri.
“Cosa vuoi Rae?” le sussurro infastidita.
“In realtà, signorina Griffin, è colpa mia se la signorina Reyes l’ha disturbata, ma le ho fatto una domanda.”
Alzo gli occhi sul professor Lumacorno mentre arrossisco inesorabilmente.
Il professore mi guarda con aria bonaria e non sembra arrabbiato per la mia distrazione, anzi.
“Mi scusi, professore, ero distratta.” Dico con abbassando gli occhi mortificata.
“Non si preoccupi, problemi di cuore immagino…”
Certamente… stiamo solo vivendo la guerra più crudele e violenta della storia del mondo magico, rivolta dei Troll compresa, ma ovviamente secondo lui noi ragazzi ci preoccupiamo solo di questioni d’amore.
Il problema è che ora tutti mi stanno guardando, Serpeverdi compresi… Lei compresa.
Ci vuole tutta la mia forza di volontà per non spostare lo sguardo su di lei, che in effetti era al centro dei miei pensieri.
“Diceva, signore?” taglio corto cercando di mantenere un tono adeguato.
“Ah sì sì.. – riprende lisciando le pieghe del suo panciotto di velluto, i bottoni d’oro che si tendono in modo preoccupante – dicevamo, qual è l’ingrediente fondamentale del Distillato della Morte Vivente?”
“Succo di Fagiolo Soporoso, professore.” Rispondo sicura.
“Esattamente, esattamente. Dieci punti a Grifondoro, anche se le consiglio di prestare attenzione, signorina Griffin, un giorno troverò qualcosa su cui non è preparata e non riuscirà a cavarsela così facilmente.” Conclude con una risatina.
Io trattengo uno sbuffo divertito, è pur sempre un professore.
“A proposito signorina Griffin, ho in programma una cenetta con un po’ di studenti del Lumaclub e miei cari amici, tutti ex studenti che ora ricoprono importanti funzioni al ministero, spero riuscirà a partecipare.”
Poi si rivolge al resto della classe. “Ovviamente anche il signor Jaha, la signorina Woods e il signor Whittle sono invitati – continua guardando Lincoln – vi invierò un messaggio con tutti i dettagli.”
Lumacorno torna finalmente alla sua lezione e io mi concedo un sospiro.
Con la coda dell’occhio capto un movimento dalla parte opposta dell’aula e appena vi rivolgo lo sguardo incrocio due occhi verdi che mi guardano con una strana aria divertita.
Dura un istante, prima che Lexa raccolga la sua piuma dal pavimento e torni a prestare attenzione al professore.
E per me è inevitabile perdermi, ancor più di prima, nei miei pensieri.
 
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“Si può sapere a cosa stai pensando? È tutto il giorno che sei distratta.” Raven mi riscuote mentre camminiamo verso la Sala Grande per la cena.
“Niente, niente.” Liquido io con un gesto della mano.
Per quanto tutto quello che è successo ieri sera mi renda felice, una parte di me ne è anche profondamente spaventata, e parlarne con qualcuno renderebbe tutto terribilmente vero.
È anche vero che devo pensarci, lo devo alla ragazza che ieri sera mi guardava con occhi tanto impauriti quanto speranzosi. Non posso lasciarla troppo tempo in sospeso, non è giusto e non voglio.
Ma quando Raven mi ferma appoggiandomi una mano sulla spalla prima di entrare nella Sala Grande, facendomi un cenno con la testa indicandomi la direzione del giardino, non sono pronta ad accettare il suo muto invito a raccontarle tutto.
Abbasso lo sguardo scuotendo abbattuta la testa e mi dirigo verso il nostro tavolo, rimanendo la sola con l’accesso ai miei pensieri.
 
Secondo giorno, Martedì.

[Lexa]

È passato un giorno. Un giorno e 18 ore per l’esattezza, dato che questo martedì è quasi giunto al termine.
Un giorno e 18 ore, e mi costringo a non guardare i minuti.
Un giorno e 18 ore di sentimenti contrastanti di estrema gioia sostituita immediatamente da intensa ansia, per poi essermi rassegnata ad una speranzosa attesa.
Un giorno e 18 ore in cui non posare lo sguardo su di lei è stato quasi impossibile, e altrettanto difficile non soffermarmi sui suoi lineamenti delicati, sulla sua figura, sull’elegante movimento delle sue mani…
Per non parlare dei suoi splendidi occhi blu, del suo naso sottile e leggermente all’insù, delle sue labbra… le sue labbra…
Basta, Lexa, concentrati.
Devo assolutamente finire questo tema per la McGranitt entro oggi, e se continuo con questo passo dovrò stare qui fino a notte fonda.
Così quando si apre il passaggio e sento qualcuno entrare in sala comune non alzo gli occhi dal manuale di guida alla trasfigurazione avanzata sperando che chiunque sia entrato non abbia nulla a che fare con me.
Fino a qualche settimana fa non mi sarei neanche posta il problema, ma da quando ho accettato di far parte dell’esclusivo club di Mangiamorte in erba le cose sono un po’ cambiate.
E come al solito la fortuna non è dalla mia parte, perché pochi istanti dopo sento il tocco deciso di due mani farsi strada partendo dalla mia schiena, sfiorandomi le spalle fino ad unirsi nella parte alta del mio petto, mentre una cascata di capelli biondi occupa metà del mio campo visivo e le mie narici sono invase da un profumo dolciastro.
“Mi sei mancata a cena, Alexandria” mi sussurra Echo nell’orecchio.
Dimenticavo.
Un giorno e 18 ore in cui ho dovuto sopportare il tocco di altre mani e di altre labbra, così diverse, più esigenti, meno gentili… Non le sue.
“Oh sì, scusatemi ma dovevo proprio finire questo tema per la McGranitt.” Dico secca, indossando la mia maschera da Serpeverde disinteressato.
Ontari prende posto sulla poltrona di fronte alla mia, mentre Echo rimane in piedi dietro di me, posizionando la testa sulla mia spalla, continuando a tenermi stretta.
“La perfetta Caposcuola Woods non perde un colpo, vedo..” sogghigna Ontari guardandomi con sguardo cattivo.
So bene quanto le bruci che abbiano dato a me la spilla, proprio come due anni fa quella da Prefetto, ma la mia carriera scolastica non è macchiata da strani incidenti e attacchi a ragazzi mezzosangue e sanguesporco, al contrario della sua.
Così lascio che un sorriso malizioso si faccia strada sul mio viso prima di risponderle.
“Ebbene sì, Ontari, sai quanto ci tenga a rispettare la mia posizione, dopo essermela guadagnata.”
Non le cancello il sorriso dalla faccia, ma almeno non mi risponde.
Echo, al contrario, si sporge ulteriormente su di me, spostando le mani fino alla base del mio collo, che inizia a massaggiare con movimenti lenti e credo a suo parere sensuali.
Avvicina le labbra al mio collo e al lobo del mio orecchio.
“Sei un po’ tesa, però, in questo posso aiutarti io…”
Non riesco a trattenere un brivido e spero ardentemente che lo scambi per un sintomo di piacere più che di ribrezzo.
Normalmente arrossirei e inizierei a balbettare davanti a una proposta del genere, ma qui non sono Lexa, non posso permettermi queste debolezze, quindi mi giro verso di lei, avvicinando ancora di più il mio viso al suo.
“Proposta allettante... – inizio con un sorrisetto provocante, inarcando leggermente il sopracciglio – è un vero peccato non poterne approfittare…”
Approfitto del momento in cui lei si distrae guardando le mie labbra per allontanarmi.
“Vado a vedere se è rimasto ancora qualcosa con cui cenare… A presto” dico sempre con un sorrisetto sulle labbra e un occhiolino all’indirizzo della bionda, che ora mi guarda con un’aria affamata che mi mette sul serio i brividi.
Ripongo pergamene e libri nella borsa ed esco dalla sala comune.
Nel buio e nella solitudine del sotterraneo mi concedo di fermarmi, appoggio la schiena alla fredda pietra e prendo un bel respiro.
Un giorno, 18 ore e 37 minuti.
Ti prego Clarke, fai in fretta.
 
*.*.*.*
 
Terzo giorno, Mercoledì.

[Clarke]

Prendo un bel respiro.
“Raven.”
La mia amica è troppo impegnata a scarabocchiare appunti dall’aria indecifrabile su una pergamena.
“Raven.” Provo di nuovo.
Ti prego, ti prego Rave, o lo faccio adesso oppure non so quando riuscirò a ritrovare il coraggio.
Ma la ragazza davanti a me ha iniziato a borbottare parole incomprensibili mentre stringe la piuma tra i denti con aria pensosa.
Calma, Griffin.
“RAVEN REYES!”
“Clarke! Si può sapere perché stai urlando?” dice finalmente la ragazza alzando gli occhi su di me.
Alzo gli occhi al cielo, ma non inizio neanche a litigare.
Riporto lo sguardo sul suo viso e la guardo seriamente.
“Possiamo fare una passeggiata?” le dico abbassando lo sguardo.
Un istante dopo sento una mano calda appoggiarsi sulla spalla e torno a concentrarmi sul viso di Raven, che ora mi guarda con rassicurazione.
“Andiamo.” E mi precede fuori dal buco del ritratto.
 
“Allora – inizia Raven una volta giunte nel parco – stai finalmente per dirmi qual è la causa dei tuoi continui sospiri?”
L’aria fredda di metà ottobre ci colpisce il viso, ma il parco è talmente bello, con raggi di sole che sbucano dai nuvoloni, che non ci importa.
“Si tratta di Lexa.” Inizio, effettivamente lasciando uscire l’ennesimo sospiro.
“Questo avrei potuto indovinarlo, sai?” mi risponde accennando un sorriso.
Ne abbozzo uno imbarazzato anche io.
“Lexa mi ha baciata.” Dico continuando a camminare.
Faccio ancora qualche passo prima di realizzare che Raven non è più al mio fianco. Mi volto e la vedo ferma un paio di metri indietro.
“Come sarebbe a dire ‘Lexa mi ha baciata’?” dice infine.
“Beh, vedi Raven, quando due persone si avvicinano tanto che…” inizio con un sorriso sarcastico.
“Oh andiamo Griffin, non in quel senso! Hai appena detto che Lexa, Alexandria Woods, la Serpeverde con famiglia mangiamorte ti ha baciata! E oltre al fatto che era anche ora, è comunque una notizia scioccante!”
Sbuffo roteando gli occhi e aspetto che mi raggiunga.
Quando torna al mio fianco mi circonda la vita con un braccio e io appoggio stancamente la testa sulla sua spalla.
“Da dove vuoi iniziare il racconto?” chiede dolcemente.
I cambiamenti di Raven sono sempre imprevedibili, come quando mi ha abbracciata forte subito dopo la nostra prima litigata al quarto anno.
“Sta facendo la spia per Silente, in modo che la sua famiglia lasci in pace Aden e lei riesca comunque a stare dalla parte giusta di questa guerra.” Inizio e la sento annuire sopra la mia testa, ma non mi interrompe.
“Lei non è come sembra, Raven, è così… diversa.. non è altera e indifferente, è timida, arrossisce praticamente a qualsiasi cosa le dica, ha un senso dell’umorismo improbabile.. è pura. E ne ha passate così tante…” lascio che la mia voce si spenga verso la fine del mio discorso e sento la presa di Raven stringersi un po’ di più sul mio fianco.
“Quindi è chiaro che ti piace…” tenta lei.
“Certo che mi piace.” Rispondo.
“E ti ha baciata.”
“Ed è stato meraviglioso.” Non riesco a trattenere il tono sognante.
“Se non che?”
“Se non che a metà mi sono tirata indietro.” Dico piattamente.
Raven aspetta pazientemente che sia io a riprendere la parola per ulteriori spiegazioni.
“Lo so che tutti ve lo aspettavate, che tu avevi già capito, che i segnali, di fondo, erano davanti ai miei occhi, sia per quello che prova lei sia per quello che provo io. Ma io non avevo capito niente, ho realizzato tutto durante il bacio e non potevo…”
“Ehi ehi.. tranquilla Clarke, è normale. Io vedevo tutto da fuori e potevo analizzare meglio tutta la situazione. Dall’interno è tutto diverso.” Cerca di rassicurarmi dolcemente.
Io annuisco, anche se non ne sono molto convinta.
Smettiamo di camminare per sederci ai piedi di un grande faggio.
“A cosa pensi?” mi riscuote Raven.
Appoggio la testa contro la corteccia dell’albero.
“Non lo so… Da una parte so che sarebbe molto più facile per me non avere niente a che fare con lei, dall’altra..”
“Dall’altra?” incalza.
“Dall’altra non c’è cosa che desideri di più.” Confesso infine.
Ci perdiamo entrambe nei nostri pensieri, mentre osservo il profilo di quella che è diventata la mia casa. Ho iniziato a disegnare il castello, proprio da questo punto, al terzo anno. Era una sfida con mio padre, lui diceva che era nostalgico e che i miei disegni gli facevano sentire la mancanza di Hogwarts, ma in realtà era solo una scusa per riempirmi di complimenti, perché di anno in anno i disegni si riempivano di dettagli, i tratti miglioravano, il carboncino era usato sempre meglio, fino a creare giochi di luce e ombre quasi reali.
Accarezzo il cinturino dell’orologio, mentre ripenso a quel disegno rimasto incompiuto, ancora da qualche parte nel mio baule… Sapevo sarebbe stato il più bello. Avevo quasi sedici anni, tenere in mano il carboncino era diventato facile quanto stringere la bacchetta, era naturale.
Non ho mai finito il castello di Hogwarts del quinto anno, mio padre non ha mai osservato con finta aria critica il disegno, per poi guardarmi con sguardo quasi commosso. E in una scatola di cartone leggermente rovinata, nell’angolo del mio baule ci sono ancora tutti i carboncini che non ho più toccato da allora.
Ho riposto le matite e impugnato solo la bacchetta, e a sedici anni non sono più stata un’artista, ma una combattente.
“Ti manca, vero?” la voce dolce di Raven mi riporta alla realtà.
“Immensamente.” Le rispondo senza pensarci, almeno di questo sono sicura.
“Lui mi conosceva talmente bene che avrebbe saputo farmi capire quale sia la cosa migliore da fare.” Continuo, ancora presa dai miei pensieri da non essere in grado di formulare una frase corretta.
“Hai ragione Clarke – interviene Raven afferrandomi la mano – ma anche tu conoscevi bene lui, cosa ti direbbe se fosse qui?” sussurra.
Mi prendo un istante per pensare a tutte le conversazioni avute con mio padre negli anni scorsi, anche se fa ancora male.
“L’importante è quello che vuoi tu.” diciamo contemporaneamente e un sorriso ci solca il volto nello stesso istante.
È una frase strana, può sembrare egoista, ma lui sapeva che io avrei capito. Conosceva bene il lato del mio carattere che mi spinge a prendermi cura di tutti i miei amici, di tutta la mia famiglia, era lì quando ho insistito per accogliere Raven in casa, era lì quando i Mangiamorte hanno attaccato casa nostra e non mi sono tirata indietro nonostante sapessi appena qualche incantesimo offensivo, è riuscito a fare in modo che non fossi sopraffatta dai sensi di colpa quando abbiamo saputo che la gamba di Raven non sarebbe stata più quella di prima.
Sapeva che non sarei rimasta ad osservare questa guerra, che avrei lottato per difendere le persone che amo ancor prima di me stessa. Sapeva che ero come lui.
“E cosa vuoi, Clarke?”
Prima che possa impedirlo l’immagine di due profondi occhi verdi si fa strada nei miei pensieri, accompagnata dal suono di una voce incerta seguito da una risata limpida e libera.
Così capisco.
“Voglio lei, Raven. La voglio così tanto che mi terrorizza, così tanto da scappare quando ho capito che anche lei prova qualcosa per me. Sono terrorizzata. Ho così tanto da perdere, è così tanto che non so se riuscirei a sopportarlo. Dopo tutto quello che è successo con Finn mi sembra così stupido trovarmi in questa situazione, è così rischiosa! Una serpeverde di famiglia Mangiamorte, da sempre indecisa su che parte stare, che ora ha scelto di fare da spia per Silente… Potrebbe cambiare idea da un giorno all’altro, e io non riuscirei a biasimarla perché quello che sta facendo è la cosa più coraggiosa che esista, ma non riuscirei a perdonarla se lo facesse, soprattutto se accettassi i miei sentimenti per lei.”
So che ha capito anche se è il discorso più assurdo che abbia fatto, contorto come i miei pensieri in questo momento.
“Come sarebbe se cambiasse idea adesso?” chiede cauta.
“Doloroso – rispondo – molto doloroso. Lo so per certo perché è stato così quando l’ho vista per la prima volta tra le braccia di Echo, quando non sapevo che aveva iniziato il doppiogioco, ma non sarebbe nemmeno lontanamente comparabile a cosa accadrebbe se lo facesse dopo che io… mentre noi…”
“Sai che potrebbe non accadere, vero? Specialmente se avesse te al suo fianco.”
Ha ragione, e detto da lei ha molto più senso che nei miei pensieri.
Non sembra solo una speranza disperata, allora è vero che lei potrebbe scegliere me.
Ma tu hai già scelto me.
E l’hai fatto senza pensare ai miei sentimenti, l’hai fatto solo spinta dai tuoi.
“Lexa è speciale.” Chiudo il cerchio dei miei pensieri ad alta voce.
“Allora parla con lei, raccontale tutto quello che ti è successo, le tue paure e i tuoi desideri. Trovate una soluzione insieme.”
Ha ragione, di nuovo. Non posso chiarirmi le idee da sola, devo parlarne con lei, essere sincera sperare che lei capisca tutto quello che devo dirle. E solo dopo lasciarmi andare.
“Lo farò, Raven.” Le dico sicura.
“Prenditi tutto il tempo che ti serve.” Risponde con un sorriso.
 
*.*.*.*
 
Quarto giorno, Giovedì.

[Lexa]

È giovedì.
Per quanto io cerchi di rimanere impassibile e sicura, inizio a vacillare. Lunedì ero piena di speranza: da quel poco che mi sono permessa di osservare, Clarke era distratta ma felice. Martedì mi sono detta che era solo questione di ore, che presto mi sarebbe arrivato un messaggio di qualsiasi tipo, oppure un cenno, un segnale che avrebbe interrotto quest’attesa.
Mi sono attardata a cena ieri, poiché sapevo che il mercoledì i Grifondoro cenano tardi perché hanno gli allenamenti di Quidditch, e Clarke e Raven aspettano sempre i loro compagni per mangiare insieme.
Ma lei non c’era, non è entrata nella Sala Grande insieme agli altri.
E il mio pessimismo ha preso il sopravvento, troppo radicato negli ultimi anni per lasciare ancora dello spazio a quel nuovo ottimismo, nato solo qualche giorno fa.
Le mie giornate sono trascorse in compagnia dei miei compagni di dormitorio, e so che è passato poco tempo da quando ho acconsentito di essere la spia di Silente, ma per ora a parte far andare a vuoto il tentativo di punizione di Lincoln, non è successo proprio niente: le loro discussioni vertono più su cosa sta succedendo fuori dal castello, anche se è da qualche giorno che vedo mia cugina sorridere più del solito, come se fosse a conoscenza di qualcosa che la rende estremamente soddisfatta.
Vorrei solo che questo doppiogioco serva a qualcos’altro che non sia complicarmi ulteriormente la vita.
Sospiro mentre seguo Ontari e Echo nella sala comune, senza farmi sentire dalla ragazza che ormai non deve neanche più cercare una scusa per sfiorarmi, per toccarmi, per sedurmi.
La lascio fare, da ieri sera, perché rispondere alle sue provocazioni con frecciatine ammalianti solo per crearmi una via d’uscita non è stata poi un’idea così brillante e ha avuto l’unico risultato di aumentare la sua fame.
Ontari si sposta verso un gruppetto di ragazzi del sesto anno, mentre io mi lascio condurre da Echo verso una poltrona più in disparte. Mi fa sedere e lei prende posto sul bracciolo, appoggiando le gambe sul mio grembo e passandomi un braccio dietro la schiena.
“Sei sempre così silenziosa, così misteriosa.” Sussurra mentre con la mano libera mi accarezza la cravatta.
“Non c’è nulla di misterioso in me, sono solo fatta così.” Rispondo sperando di tenerla impegnata in una conversazione, per quanto fittizia.
Lei continua come se non avessi detto nulla.
“Sembra che nulla possa turbarti, eppure io lo sento che ti succede qualcosa quando faccio… questo.” Senza preavviso inizia a lasciarmi una scia di languidi baci dal lobo dell’orecchio per tutta la lunghezza del collo, mentre la sua mano lascia la cravatta e inizia a vagare per il mio corpo.
Il mio battito aumenta mentre cerco disperatamente una via d’uscita, e il solito brivido mi percorre la spina dorsale fino alla punta delle dita.
“Vedi? – finalmente si stacca e appoggia la mano con più forza sul mio petto, all’altezza del cuore. – Sento che mi vuoi.” Conclude convinta del suo ragionamento.
Riesco ad abbozzare una specie di sorriso sicuro, ma in realtà non ho idea di come cavarmela.
Il mio sguardo si posa su mia cugina.
“Beh, in realtà non credo che Ontari sarebbe molto contenta…” lascio la frase in sospeso.
Vedo il sorriso di Echo farsi ancor più grande e il cuore sprofonda di nuovo. Si avvicina e sento l’odore dolciastro dei suoi capelli, che mi lascia nauseata.
“Ah allora è questo il problema… Ne ho già parlato con lei, e non le interessa nulla. D’altronde io sono single, tu sei single… non c’è nulla di male a divertirsi un po’, sei d’accordo?”
Annuisco come se stessi firmando la mia condanna morte.
Ed evidentemente è così perché il mio piccolo cenno deve essere proprio quello che Echo stava aspettando: si sporge verso di me e non c’è nulla che io possa fare per evitare che appoggi le labbra sulle mie per la prima volta.
Tutto nel mio corpo urla che è sbagliato, che non sono le sue labbra, che non sono le sue mani.
Eppure mi costringo a ricambiare, forzando le mie braccia a cingere la sua schiena, mentre lei si lascia scivolare dal bracciolo per sedersi in braccio a me, stringendosi ancor di più al mio corpo.
Sento la sua lingua premere contro le mie labbra e le schiudo mentre la mia testa urla che non è giusto, che è più di quanto è successo con Clarke e che è così sbagliato e così…. sporco.
Nessun’ emozione piacevole mi pervade mentre il bacio continua, mentre Echo si fa sempre più audace fra le mie braccia, mentre le sue mani scivolano sul mio corpo senza chiedere alcun permesso, invadenti.
Stringo di più la mia presa sulla sua schiena perché se lascio le mie mani senza controllo la spingerei via, e lei risponde al mio gesto con un piccolo gemito che dovrebbe contribuire a rendere la situazione ancor più eccitante, ma che aumenta incredibilmente la mia nausea.
Ho paura ad interrompere questo momento perché temo che quello che verrebbe dopo sarebbe ancora peggio.
“Ehm..” qualcuno si schiarisce la voce ed Echo si separa appena da me, solo dopo aver lasciato un a suo parere sensuale morso sul mio labbro inferiore.
Anche se si sposta solo di qualche centimetro io torno a respirare e mi concentro sulla persona che mi ha salvata.
Anya è in piedi davanti a noi, vestita con la sua divisa da Quidditch mentre trattiene un’espressione schifata e mi lancia uno sguardo accusatore.
“Cosa vuoi?” interviene Echo accarezzandomi un braccio come se volesse rassicurarmi.
“Non vorrei interrompere – inizia la mia amica nonostante sia chiaro che voglia dire il contrario – ma abbiamo dei problemi con i turni degli allenamenti con la squadra di Tassorosso e loro sono subito corsi a chiamare la Vie in loro soccorso e lei ha richiesto te.”
“Maya vuole parlare con me? Adesso?” chiedo fintamente scocciata, indicando con la testa la situazione in cui mi trovo con Echo.
Lei mi offre un sorriso malizioso, evidentemente soddisfatta dalla mia risposta.
Ti prego, Anya, insisti.
“Senti Woods, non è colpa mia se i Tassorosso non sono bravi a risolvere da soli i loro problemi, la Vie parlava di coprifuoco maggiori imposti da Silente e ha richiesto te per un consulto sugli orari degli allenamenti dei Serpeverde… è solo una scusa perché vogliono allenarsi di più perché sperano di vincere contro Grifondoro questo sabato.”
È un discorso assolutamente senza senso, ma faccio finta di capire a cosa si riferisce.
Emetto un sospiro forzato, sperando che trasmetta abbastanza fastidio poi mi sporgo verso Echo.
“Scusami” le sussurro seducente in un orecchio.
Lei mi fa un occhiolino malizioso, ma finalmente si sposta per lasciarmi alzare.
Seguo Anya fuori dalla sala comune senza dire una parola.
Superiamo l’intero corridoio prima che Anya inizi.
“Si può sapere cosa diamine stavi facendo?”
Io mi passo una mano tra i capelli sistemandomi la camicia e la cravatta.
Non le rispondo perché non mi fido della mia voce e ora che sto realizzando cos’è successo la nausea è dieci volte peggio.
Prendo un bel respiro e lascio che il respiro si regolarizzi, cercando di cancellare le sensazioni del tocco di Echo sulla mia pelle.
“Grazie Anya.” Dico infine e lei si ferma ad osservarmi.
Credo sia la prima volta che la ringrazio, e lei sa che è una parola che non dico praticamente mai.
La stessa che non sono ancora riuscita a dire a Clarke.
Sospira prima di parlare di nuovo.
“Figurati, Lex, ma non so se sarò sempre lì a salvarti sai? Perché non ci dai un taglio?” chiede più dolcemente.
“Perché è stato il mio biglietto di ingresso nel club dei Mangiamorte. Ontari ha iniziato a fidarsi almeno un po’ di me quando ha visto che non rifiutavo le avances di Echo, sa che non l’avrei mai fatto prima e che significa che ho iniziato a pensarla come loro.” Sospiro pesantemente.
“Credimi Anya, non c’è nulla che voglia di meno, ma per quanto sia assurdo sta funzionando e io ho bisogno di rimanere nel loro giro per scoprire se stanno organizzando qualcosa. Aden non è più preso di mira e Silente mi ha assicurato che l’avrebbe tenuto al sicuro, quindi questa cosa deve continuare. Avevo pensato di trovare una soluzione nel caso in cui…” interrompo la frase per un groppo in gola.
“Clarke ti avesse ricambiato.” La completa lei.
“Sì, ma evidentemente non ha intenzione di farlo, quindi non ho alcun motivo per rischiare di rovinare tutto.” Concludo piattamente lasciando che per un attimo lo sconforto di quest’inutile attesa prenda il sopravvento.
“Quindi rischieresti per lei?” chiede cauta.
“Certo.” Rispondo senza esitazione.
Lo sto già facendo, dopotutto.
“Spero che si sbrighi allora.” Commenta infine.
Anche io, Anya, non sai quanto.
 
*.*.*.*
 
Quinto giorno, Venerdì.

[Clarke]
 
Sto evitando Lexa da due giorni e mi sento uno schifo. Eppure è stato necessario per arrivare dove sono ora. Ho riflettuto molto e ora mi sento decisamente meglio.
Ho pensato al mio passato, soffermandomi su quei ricordi che avevo accuratamente evitato negli ultimi tempi.
Ho pensato a Finn: all’inizio con lui è stato tutto nuovo ed emozionante. Ero così felice quando abbiamo iniziato a frequentarci e la nostra relazione è stato qualcosa di tranquillo, di sicuro, il luogo dove rifugiarmi per scappare dai miei pensieri, è stato anche l’unica persona oltre a Raven a cui ho permesso di avvicinarmi dopo la morte di mio padre. Poi improvvisamente quel ragazzo tanto dolce è diventato la persona che più mi spaventava, era così terrorizzato che mi accadesse qualcosa che si è trasformato in una persona totalmente diversa. Era teso, spaventato, sempre all’erta, fino al punto di rottura. Quando ha maledetto Ontari, ho capito che non era più il ragazzo che due anni prima mi teneva la mano nelle stradine di Hogsmeade. Ed è finita.
Ho pensato a Niylah, così inaspettata e così illuminante. Niylah è stata confortante, l’unico tocco che mi sono concessa quando tutto il resto è andato a rotoli, dopo aver lasciato Finn e allontanato tutti i miei amici per ritrovare me stessa. E l’ho fatto, ho scoperto un altro lato di me, a cui non avevo mai pensato. Sono cresciuta con le favole che mi raccontava mio padre, oltre alle tradizionali di Beda il Bardo, mi narrava anche fantastiche avventure di eroi che salvavano le principesse dopo difficili imprese. E lui rideva quando gli dicevo che io mi sarei potuta salvare anche da sola. Allora cambiava la trama inserendo la coraggiosa principessa che, aiutata dal principe, salvava le persone in difficoltà. Ho sempre pensato che avrei trovato la persona con cui condividere tutto questo, e quando è arrivato Finn ci avevo davvero creduto. Poi Niylah ha scardinato le mie credenze e con il suo fare seducente e accattivante è riuscita a farmi accettare l’idea che potessero piacermi anche le ragazze, senza dover sottostare a giudizi da parte sua. Raven e Octavia sono le uniche con cui ho condiviso questa parte di me, e mi hanno riaccolta a braccia aperte quando sono tornata da loro ugualmente spezzata dopo aver lasciato il letto della Tassorosso in piena notte.
Ma Niylah è stata una persona fondamentale in quel momento della mia vita, e non so se avrei accettato così facilmente i miei sentimenti per Lexa se non ci fosse stata lei.
È lei che è comunque stata al centro dei miei pensieri, anche quando avrei dovuto svuotare la mente prima di dormire, anche quando avrei dovuto concentrarmi sulle lezioni e tutto il resto.
Lexa rappresenta tutto ciò da cui dovrei tenermi lontano e tutto ciò a cui non riesco a resistere.
L’ho evitata per due giorni interi, e sono bastati questi per farmi capire che non posso tirarmi indietro ancor prima di averci provato. Posso solo tentare e continuare a sperare che nulla vada storto.
Per questo sono finalmente tornata a frequentare la Sala Grande ad orari normali, e per questo per quanto cerchi di impedirlo i miei occhi sono fissi sul tavolo di Serpeverde, dove la ragazza che è stata al centro dei miei pensieri è seduta con il capo chino, fortunatamente circondata da posti vuoti.
Solo guardarla e vedere che sta bene mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo.
“Allora domani vedrai a vedere la tua squadra che rischia di perdere perché la migliore cercatrice dopo James Potter ha deciso di disertare?” mi chiede Octavia in tono sarcastico.
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo sonoramente, ma colgo volentieri la distrazione.
“Sono sicura che vincerete comunque, O” rispondo.
“Certo, ma solo perché io e Bell segneremo abbastanza punti per permettere al cercatore di Tassorosso di prendere il boccino e assicurarci comunque la vittoria.” Risponde a tono, dando il cinque al fratello.
“Ben detto, sorella!” esclama lui.
Sorrido e torno a guardarmi in giro, giusto in tempo per osservare il resto dei Serpeverde entrare nella sala.
I miei occhi si fissano su Echo, mentre la guardo camminare elegantemente verso la sua tavolata, i capelli biondi che le ondeggiano sulle spalle.
Sembra che la ragazza percepisca il mio sguardo perché alza la testa verso di me. Immediatamente mi irrigidisco, stringendo la forchetta.
Ci guardiamo finchè lei arriva al posto vuoto accanto a Lexa, dove, dopo avermi rivolto un ghigno, si siede.
Lexa non sembra essersi accorta di nulla, la testa ancora china sopra quello che penso essere il libro di Antiche Rune. Si riscuote solo quando la bionda le mette un braccio dietro la spalla e avvicina il suo volto al suo.
Ha solo il tempo di alzare la testa verso la nuova arrivata prima che quest’ultima si impossessi prepotentemente delle sue labbra.
Sgrano gli occhi dalla sorpresa, e solo una piccola parte del mio cervello recepisce che è la stessa reazione avuta da Lexa.
Poi posso solo osservarla mentre ricambia il bacio, facendomi sprofondare ancor di più in queste strane sensazioni. È come se tutto intorno a me si sia congelato, lasciandomi con l’assurda sensazione di non riuscire a comprendere se il mio cuore ha smesso di battere o stia battendo troppo velocemente.
Una mano sfiora la mia, ma solo quando sento una stretta più forte riesco a trovare la forza di distogliere lo sguardo e posarlo su Raven, che mi guarda cautamente.
“Ricorda che preferisco stare in questa posizione davanti a te piuttosto che vicino a lei.”
Cerco davvero di concentrarmi su queste parole, ma l’immagine di loro due si intromette e io cerco di aggrapparmi allo sguardo di Raven per non lasciarmi sopraffare da tutto questo.
E se fosse troppo tardi? Se avessi aspettato troppo?
Sono le mute domande che spero Raven comprenda nel mio sguardo.
Lei stringe ancor di più la presa sulla mia mano e scuote leggermente la testa cercando di infondermi tranquilla.
L’importante è quello che vuoi tu.
Quello che voglio in questo momento è cancellare quest’immagine dalla mia testa, e c’è solo un modo per farlo.
Mi libero dalla sua presa mentre mi alzo dal tavolo di Grifondoro senza dire una parola, dirigendomi verso l’unica persona che può aiutarmi a smettere di pensare a loro.
 
*.*.*.*
 
[Lexa]

Certo che Merlino o Godric o Salazar o qualsiasi altra strega o mago famosi devono proprio avercela con me. Non appena Clarke Griffin ha deciso di mostrarsi nuovamente ai miei occhi ho dovuto rovinare tutto facendomi sorprendere con un’altra ragazza.
Poco importi che sia la stessa ragazza da cui sono riuscita a sfuggire quasi per miracolo ormai parecchie volte negli ultimi giorni. Oggi ero troppo concentrata sul mantenere il mio sguardo lontano dalla Grifondoro per reagire in tempo.
Così quando riesco a staccarmi da Echo dopo un tempo che spero consideri sufficientemente lungo (e che per me è decisamente troppo lungo) riesco a far sorvolare in modo casuale lo sguardo su tutta la sala, mentre noto con una stretta al cuore che Clarke non è più seduta al suo posto.
Rivolgo ad Echo un sorriso malizioso, in cui in realtà nascondo tutta la mia ansia, ma la ragazza sembra soddisfatta e inizia il suo pranzo.
Trattengo un sospiro frustrato mentre torno a concentrarmi sul libro davanti a me.
Ancora due ore di lezione e poi inizierà il week end. Questo pomeriggio vedrò Aden, come al solito, dopo di che sarà una grande incognita. Domenica avrò la ronda con Clarke, in teoria oggi o domani ci saremmo dovute vedere per le nostre lezioni di Occlumanzia, ma evidentemente dovrò mettermi l’anima in pace e sperare che domenica Clarke tornerà a parlarmi, qualsiasi cosa debba dirmi.
All’inizio della settimana ero trepidante all’idea di parlare con la bionda, ora invece questo pensiero mi terrorizza non poco.
Ma ormai ho deciso di accettare qualsiasi cosa.
Guardo l’orologio al mio polso e decido di alzarmi per iniziare a dirigermi verso l’aula di Antiche Rune, dove fortunatamente non incontrerò né Echo né Clarke.
 
Qualcosa in Antiche Rune mi ha sempre affascinata, al punto da voler continuare questa materia anche dopo i G.U.F.O. , nonostante non mi servirà più, una volta fuori da qui.
Eppure trovo intrigante scoprire una nuova lingua, con le sue regole e le sue caratteristiche, e per due ore alla settimana riesco a fare qualcosa che piace anche alla vera me, anche se tutti continuano a chiedersi per quale motivo preferisca passare il tempo a tradurre antichi testi piuttosto che riposarmi o portarmi avanti con lo studio.
Prendo posto al mio solito banco e attendo che la professoressa Babbling inizi la lezione.
Dopo due ore il mio cervello è decisamente provato, ma sono molto soddisfatta delle mie traduzioni, così con un umore leggermente migliore, cammino rapidamente per i corridoi diretta verso la biblioteca, dove finalmente incontrerò Aden dopo questa lunga settimana.
Ma all’improvviso qualcuno mi afferra per un braccio, dirottando il mio percorso in una stanza vuota e chiudendo la porta sbattendoci contro il mio corpo.
Non faccio in tempo ad afferrare la bacchetta, e la paura che stava nascendo dentro di me si trasforma rapida in sbalordimento quando il mio rapitore inizia a baciarmi.
 
-----------------------------
 
 
Per la prima volta in sei giorni il mio corpo reagisce nel modo giusto davanti a un bacio.
Non devo controllare con attenzione le mie braccia affinché non reagiscano spingendo via il corpo addosso al mio, anzi, questa volta lo stringono disperatamente il più vicino possibile.
Le labbra non si muovono forzatamente, ma lottano per conquistare il controllo su questo bacio.
Il respiro accelera e il cuore lo segue, i brividi sono di puro piacere.
Perché ogni cellula del mio corpo ha riconosciuto perfettamente cosa rende questo bacio così diverso dagli altri. Come se da sei giorni avessi messo le emozioni in pausa solo per ripartire da questo punto.
Per ripartire da Clarke.
Un momento, Clarke?
Sfrutto un momento in cui le nostre labbra si separano di qualche millimetro per dar voce ai miei pensieri, con quel poco fiato che mi rimane. Apro anche gli occhi per specchiarmi nei suoi che mi guardano carichi di una nuova luce, che faccio fatica a interpretare.
“Clarke? Cosa.. Ma.. ehm..” eccolo il balbettio, per quanto sembri assurdo sono contenta di non riuscire a formulare una frase.
Lei mi sorride dolcemente.
“Shh – mi zittisce appoggiandomi un dito sulle labbra, per poi fargli proseguire il percorso sul mio mento e infine sul collo, facendo bruciare la mia pelle al contatto – fermami solo se è quello che vuoi veramente.”
Si avvicina di nuovo, molto lentamente, studiando la mia reazione, gli occhi leggermente timorosi che mi tiri indietro come ha fatto lei sei giorni fa.
Vorrei rassicurarla dicendo che non sono abbastanza forte per respingerla, perché è lei che ha il controllo sulle mie emozioni in questo momento. E so che dovremmo parlare di quello che è successo, di quello su cui abbiamo ragionato nei giorni scorsi, ma tutto quello che riesco a fare ora è spostare i miei occhi dai suoi per concentrarmi sulle sue labbra, mentre sento nascere un sorriso sulle mie.
Lei ricambia, gli occhi che si illuminano, e i nostri sorrisi si specchiano per pochi istanti prima che si uniscano di nuovo, sfiorandosi appena per poi tornare a guardarci.
E questa volta siamo entrambe consapevoli di quello che stiamo facendo e nulla è paragonabile a quello che sta succedendo.
Sfioro il suo naso con il mio mentre inclino maggiormente la testa di lato, sposto la mano che era finita sul suo fianco per posizionarla sulla sua guancia, lasciandole una leggera carezza, mentre lei abbandona il capo al mio tocco.
Infine la lascio scivolare fino alla sua nuca, soffermandomi ad accarezzare i suoi capelli.
“Solo Lexa e Clarke” sussurra e capisco cosa vuole dire.
Ci sarà tempo per parlare e per chiarirci. Ma non ora.
Inizia tutto in modo dolce, stiamo ancora sorridendo.
Sfioro il suo labbro inferiore, catturandolo fra le mie, e lei risponde con un sospiro mentre con le mani mi stringe un po’ di più la schiena, ancora appoggiata alla porta.
Sento la sua lingua farsi strada e sfiorare tutta la lunghezza del mio labbro superiore prima di chiedere dolcemente l’accesso. Senza neanche doverci pensare schiudo le labbra e il bacio si approfondisce.
Le emozioni che mi provoca sono indescrivibili e mi sembra che finalmente tutto sia tornato al posto giusto, come se quell’ultimo ingranaggio che non funzionava abbia ricominciato a lavorare nel modo giusto.
Ora sono completa.
Il bacio rimane controllato, ricco di emozioni, ma nessuna delle due perde il controllo.
È rassicurante, tranquillizzante, una muta promessa che le cose cambieranno, un dolce ritrovarsi.
Mi stupisco di capire così tante cose solo da un contatto, ma d’altronde nell’ultimo periodo ci bastava solo uno sguardo per trasmettere i nostri pensieri.
La stringo un po’ di più, come per accertarmi che sia davvero lei, che sia davvero io. Lascio che le nostre lingue giochino insieme mentre mi beo di tutte quelle sensazioni che solo lei riesce a darmi.
È stata solo lei, sempre solo lei.
Si lascia scappare un piccolo gemito sorpreso quando prendo il controllo del bacio, staccandomi leggermente dalla porta e iniziando a spostarmi lentamente, sempre stringendola a me.
Lei asseconda il mio movimento fino a ritrovarsi appoggiata alla cattedra.
Si stacca da me solo per riuscire a sedervisi sopra poi mi attira di nuovo verso di sé, facendomi posizionare fra le sue gambe, che mi cingono dolcemente la vita.
Ho solo il tempo di spostarle una ciocca di capelli dal viso prima che le nostre labbra si riscontrino, più famelicamente questa volta.
Chiedo subito l’accesso alla sua bocca e lei me lo concede di buon grado mentre inizia a vagare con le mani su tutta la mia schiena. Cerco di imprimere tutto quello che non sono mai riuscita a dirle in questo bacio, finchè sento le sue dita fredde insinuarsi sotto il maglione e la camicia e venire a contatto con la mia pelle.
Sento la schiena percorsa da un brivido, che mi spinge ad esplorare a mia volta il suo corpo.
Inizio dai fianchi e salgo con lenti movimenti circolari del pollice, accarezzandola dolcemente.
Un secondo gemito leggermente più forte si fa strada nella sua bocca, stordendomi dall’interno.
Anche se l’unico pensiero che riesco a formulare è quello di continuare, decido di fermarmi prima di perdere totalmente il controllo. Delicatamente mi stacco dalle sue labbra e appoggio la fronte alla sua.
Lei sembra capire perché abbozza un sorriso imbarazzato.
Entrambe riprendiamo fiato ed è lei la prima a rompere il silenzio.
“Ehi” mi dice timidamente.
“Ehi” le rispondo con un sorriso felice.
“Baci tutte le ragazze che ti portano in una stanza vuota?” chiede mentre il suo sorriso si trasforma da dolce a scherzoso.
“Beh non proprio tutte, solo se sono bionde!” rispondo a tono.
Tuttavia vedo i suoi occhi sgranarsi ed essere attraversati da un lampo di dolore che tenta di nascondere.
Pessima scelta di parole.
“Oh no.. non intendevo…” entro nel panico, maledetti filtri cervello-parola che non funzionano.
Prendo un respiro mentre penso accuratamente a come uscirne.
“Solo se sono te.” Concludo seriamente.
E sono ripagata da un suo sbuffo divertito.
“Adulatrice…” commenta e mi stringe a sé in un dolce abbraccio, appoggiando il mento sulla mia spalla, mentre io le circondo le spalle accarezzandole lentamente i capelli.
“Scusa se mi ci è voluto così tanto.” Mi sussurra.
“Ci vuole il tempo che ci vuole.” Le rispondo semplicemente, senza interrompere le mie carezze.
Ti avrei aspettato per tutta la vita. Vorrei dirle, ma sarebbe troppo anche per me.
 
Rimaniamo abbracciate per un tempo imprecisato, solo beandoci del contatto tra i nostri corpi.
C’è uno strano senso di pace che si è fatto strada nel mio cuore, sono tranquilla come non mi sentivo da tempo, forse come non mi sono mai sentita.
Non importa di essere nel pieno centro del ciclone, non importa della guerra, di Voldemort, di mia zia, di mio padre.
“Scusa se ti ho sequestrato, non sapevo come altro fare per parlarti senza destare sospetti.” Dice infine raddrizzandosi.
“Oh figurati, puoi farlo ogni volta che vuoi.” Commento io con un sorriso angelico.
Lei sbuffa divertita.
“Non stai facendo tardi a qualche impegno?” chiede con l’aria di chi la sa lunga.
Ci metto un attimo a realizzare che il mondo non si è fermato quando lei mi ha portata in questa stanza, trascinandomi letteralmente via dal corridoio in cui camminavo per raggiungere…
“Aden!” esclamo in affanno ricordandomi solo in questo istante di mio fratello.
“Aden! Dovevo incontrarlo in biblioteca esattamente…” mi fermo per dare un’occhiata all’orologio.
“Tra dieci minuti.” Mi interrompe Clarke, coprendo il mio polso con la sua mano.
“A pranzo l’ho avvisato che avresti fatto tardi al vostro solito appuntamento… Queste maledette riunioni improvvise tra i Caposcuola e Silente…” conclude la frase con un occhiolino.
Quasi mi lascio sopraffare quando capisco tutto quello che c’è dietro a questo gesto apparentemente semplice. Aveva programmato tutto nei minimi dettagli, facendo anche in modo che Aden non aspettasse o pensasse che non mi sarei presentata. Anche solo il fatto che abbia pensato a lui prima di se stessa è qualcosa di talmente meraviglioso che la bacerei.
Quando capisco che posso farlo non indugio ulteriormente e l’attiro a me in un bacio breve ma intenso.
Quando mi stacco noto che mi guarda con un sorriso confuso prima di lasciar andare una risatina incredula.
Sono passati solo pochi giorni dall’ultima volta in cui ho potuto guardarla da così vicino, ma avevo dimenticato, o forse non me ne sono mai resa conto, quanto sia bella.
“Grazie.” Le dico con un sorriso a trentadue denti.
Lei sgrana gli occhi sorpresa e le prendo il viso fra le mani dolcemente.
“Grazie per tutto quello che hai fatto per me e Aden dall’inizio dell’anno ad oggi.” Uso un tono quasi solenne mentre finalmente le dico quello che avrei dovuto dirle tempo fa.
“È stato un piacere Lexa Woods, ma ora, per quanto non ne sia contenta, credo che tu debba andare, altrimenti farai tardi davvero.” Mi dice alzandosi dalla cattedra.
Io sistemo la mia camicia e il maglione, mentre osservo con la coda dell’occhio lei fare lo stesso.
Ormai siamo pronte entrambe e non abbiamo più scuse per rimane in questa stanza, eppure siamo ferme entrambe, che spostiamo il peso da un piede all’altro.
“Quando-“ inizio io e nello stesso parla anche lei.
“Stasera-“ e si ferma sorridendo.
“Prego” le dico facendole capire di continuare.
“Potremmo vederci stasera, se non hai altri impegni ovviamente.” Dice nervosamente.
Io sorrido.
“Dovrei controllare l’agenda, ma credo che per te potrei trovare del tempo.” Le rispondo.
Sbuffa fintamente infastidita.
“Alle nove nella nostra stanza?” chiede.
La nostra stanza. La nostra stanza. La nostra.
“Ci sarò.” Riesco a rispondere uscendo dal loop in cui era entrato il mio cervello.
Il suo volto si apre in un sorriso mentre mi avvicino alla porta.
La apro cautamente per assicurarmi che il corridoio sia vuoto, dopodichè torno a guardarla.
“Se le riunioni dei Caposcuola saranno tutte così dovrò proprio ringraziare Silente per questa spilla.” Le dico e con un ultimo sorriso lascio la stanza, con il suono della sua risata che mi accompagna verso la biblioteca.
 

 

NOTE:
Eccomi con un altro capitolo, grazie come al solito per essere arrivate fino a qui.
Spero immensamente che vi sia piaciuto e che abbia ripagato almeno in parte l'attesa a cui vi ho sottoposto.
Non sono molto brava a scrivere cose romantiche, perchè non lo sono molto, quindi ho passato molto tempo a ridere da sola davanti al computer mentre rileggevo le mie frasi. Fatemi sapere cosa ne pensate, ma non siate troppo crudeli, mi sono impegnata!
Mi scuso anche nel caso ci siano errori di ogni genere, specie di battitura perchè il pc ha deciso di non voler più scrivere "o" "l" e "." a meno che non mi appoggi sul tasto con tutto il peso del mio corpo. (è stato abbastanza snervante in effetti, ma non ci sono alternative).
Ovviamente tutto questo non vi interessa, quindi mi limito a ringraziarvi immensamente, perchè davvero sono le vostre parole che ogni volta mi portano a tenere aperto il computer fino ad orari improbabili (e a fare lotte corpo a corpo con i tasti).
Grazie davvero,
alla prossima,
Ilaria

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


[Previously on The Right Side of War:
Dopo numerosi tentennamenti Lexa ha accettato di diventare una spia di Silente tra le fila dei Mangiamorte all'interno della Scuola, in cambio di protezione per il fratello Aden. Nel pacchetto è inclusa Echo, amica della cugina Ontari, che si dimostra molto attratta da Lexa, scatenando le gelosie di Clarke. Clarke, dal suo canto, accetta le spiegazioni di Lexa, ma rimane molto sorpresa dal bacio avvenuto al termine della prima lezione di Occlumanzia. La Grifondoro si prende il suo tempo per pensare, lasciando la Serpeverde in balia dei suoi mille dubbi (e delle mani di Echo). Grazie a Raven (santa subito) si accorge di non resistere un minuto di più senza Lexa (comprensibile). Molto sottilmente la sequestra da un corridoio e non le lascia neanche il tempo di parlare, dimostrandole chiaramente i sentimenti che prova per lei. Il Capitolo 8 finisce con Lexa che a malincuore lascia Clarke nell'aula vuota con la promessa di rivedersi la sera stessa, e si dirige in biblioteca per vedere Aden per il loro incontro settimanale in biblioteca.
Il capitolo 9 si apre proprio in questo istante. (Sembrava impossibile, ma ce l'abbiamo fatta)]
 


Capitolo 9

 
[Lexa]
“… quindi abbiamo deciso di andare nella foresta proibita stanotte.”
Sento Aden parlare davanti a me ma non riesco a prestare sufficiente attenzione alle sue parole.
“Mmm.. bravi, perché?” rispondo anche se qualcosa nel mio cervello mi dice che rischia di non essere la cosa migliore da dire.
Ma non posso farci niente se la mia mente non è uscita insieme al resto del mio corpo, se è rimasta in quella stanza, mentre ripercorre ogni secondo che ho trascorso con Clarke, che ho trascorso sfiorando la sua pelle, i suoi capelli, le sue labbra.
“Per cercare i lupi mannari, è ovvio!” arriva la risposta di Aden.
“Okay okay…”
Un momento. Foresta proibita? Lupi mannari?
Mi strozzo con la mia stessa saliva.
“Ma cosa Merlino stai dicendo Aden?! Sei impazzito?!” gli dico spalancando gli occhi cercando di tenere basso il mio tono di voce per non farci cacciare dalla Biblioteca.
“Finalmente, ciao sorella!” dice lui con un sorriso angelico.
Mi concentro sui suoi occhi cercando di capire cosa stia succedendo fino a quando ci arrivo.
Mi riaccascio sulla sedia e sospiro.
“Scusa Aden, sono distratta.”
“Avevo notato – risponde con un ghigno – questo vuol dire che posso andarci davvero?”
“Ovviamente no!” rispondo con rinnovato fervore.
“Lo sospettavo – continua a prendermi in giro lui – allora, cos’è successo in questa riunione che ti dà così tanto da pensare?”
Arrossisco inesorabilmente. Oh Aden se solo sapessi…
“Oh le solite cose in realtà, turni delle ronde, compilazione di rapporti…” rimango sul vago sperando che si accontenti di questa risposta.
Ma Aden sembra ancora pensieroso.
“Ok, allora perché sei così distratta?” chiede nuovamente.
“Ehm… Ecco io…” inizio titubante, senza avere idea di cosa dirgli.
“Si tratta di quella ragazza?” mi interrompe lui.
“Quale ragazza?” gli chiedo velocemente mentre sento salire una punta d’ansia.
“Quella Serpeverde, Echo, l’amica di Ontari… Vi ho viste oggi a pranzo…” risponde lui con uno sguardo che sembra triste.
“Oh, Echo… lei è… beh” sembra che oggi non riesca a fare altro che balbettare.
“Ti piace?” chiede a bruciapelo e sgrano gli occhi in risposta.
E adesso cosa gli dico?
Che è assurdo che possa piacermi una persona del genere? Che ogni singolo tocco mi dà la nausea, ma che faccio tutto questo per tenere buono nostro padre? Perché così, se Dio vuole, lo lascerà in pace? E che stare con Echo è il biglietto di ingresso nel club dei Mangiamorte, necessario per continuare ad essere una spia di Silente, il quale a sua volta ha garantito che proteggerà Aden?
Non posso caricarlo di tutto questo. Quindi metto su la maschera da Alexandria Woods e gli rispondo con un sorriso.
“Beh Echo è una bella ragazza.” Gli rispondo.
Vedo il suo sguardo deluso, così cerco di cambiare argomento.
“Tu invece? Qualche bella ragazza della torre di Grifondoro?” chiedo.
Subito arrossisce e abbassa lo sguardo.
Oh piccolo Aden, adesso sì che iniziamo a ragionare.
“Tasto dolente eh… Andiamo, racconta tutto a tua sorella.” Incalzo.
“Oh Lexa, smettila dai, sono solo al primo anno, le ragazze non mi interessano ancora…” dice timidamente.
“Chiaro, fratellino, ma giusto per avere un’idea, qual è il tuo tipo?” infierisco ancora.
“Oh beh Christine è molto gentile, studiamo spesso insieme ma non so se mi potrà piacere in quel senso. È  carina ma…”  il suo imbarazzo è davvero una cosa divertente, dovrei sentirmi in colpa per costringerlo a tutto questo… ma credo mi divertirò ancora un po’.
“Ma?” continuo implacabile.
“Ma credo di preferire i capelli biondi, come quelli di Clarke.” Finisce la frase con una vocina sottile abbassando gli occhi.
Io mi paralizzo spalancando gli occhi nuovamente. Hai capito Aden… Evidentemente noi Woods abbiamo un debole per Clarke…
“Beh si, devo darti ragione…” gli vengo in soccorso e lui sembra apprezzare perché si riprende un po’.
“Anche i suoi occhi, non trovi che abbia degli occhi molto belli?” commenta sporgendosi verso di me con fare cospiratorio.
Oh i suoi occhi, i suoi splendidi occhi blu che ti guardando scrutandoti nel profondo, arrivando fino al cuore.
“Mmm.. si carini…” commento fingendo indifferenza.
“Quindi ho ragione?” commenta con un sorriso.
“Non so.. può darsi..” rimango sul vago.
Hai capito tutto dalla vita, Aden.

 
*.*.*.*
 
 
[Clarke]
Ceno da sola al tavolo di Grifondoro, i miei amici stanno finendo gli ultimi allenamenti di Quidditch straordinari per prepararsi al meglio per la partita di domani. In condizioni normali li avrei aspettati per la cena, ma tra poco devo incontrare Lexa e non voglio rischiare di arrivare in ritardo.
Lexa.
Ancora non riesco a credere a quello che è successo, sebbene abbia organizzato tutto io.
Avrei dovuto parlarle, spiegarle quello che mi spaventa e cercare rassicurazioni.
Ma quando ripenso a quello che è successo un paio d’ore fa non riesco a trattenere un sorriso… forse le cose non programmate sono davvero migliori.
Per questo ho deciso di non prepararmi nessun discorso stasera, e spero che il mio piano continui a funzionare.
Giocherello con la forchetta che ho in mano e decido di spostare lo sguardo sul tavolo di Serpeverde.
Il mio cuore accelera leggermente appena poso gli occhi su Lexa, sta cenando anche lei e trattengo un sospiro di sollievo quando vedo che è vicino ad Anya con un’aria tranquilla.
Come richiamata dal mio sguardo alza gli occhi dal piatto e un attimo dopo trova i miei.
Arrossisco e vedo lei fare lo stesso prima di abbassare gli occhi sul piatto con un mezzo sorriso sulle labbra e noto Anya che la guarda confusa, prima di alzare gli occhi al cielo e darle una gomitata scherzosa. Trattengo una risata per non passare per pazza e torno alla mia cena.
Controllo l’orologio, ho ancora un’ora prima del mio appuntamento, sono in perfetto orario.
Addocchio una fetta di torta alla melassa, la mia preferita e rimango incerta.
So che non dovrei, ma è così buona, così dolce… in fondo non c’è neanche Octavia con il suo ferreo regime alimentare a guardarmi storto.
Forse potrei allungare la strada per il dormitorio, qualche piano in più e la melassa è smaltita, giusto?
“Dovresti mangiarla senza farti troppi problemi, sai, dopotutto te lo puoi permettere.”
La reazione è immediata.
Continuo ad osservare la torta mentre il mio cervello automaticamente pensa ad una scusa per uscire da questa situazione, come mi succede già da tempo senza che io possa (o voglia) oppormi.
Lo sguardo corre immediatamente all’orologio al polso e sto per aprire la bocca per parlare, finalmente, ma prima che possa mettere in atto il mio piano di fuga vengo interrotta.
“Lo so, lo so” si ferma “Caspita sono già le otto, come vola il tempo… devo proprio andare!” sento la mia interlocutrice sorridere mentre parla imitando la mia voce.
Arrossisco colta sul fatto, perché è molto probabile che le mie parole sarebbero state proprio queste.
Una fetta di torta di melassa scivola nel mio piatto mentre la ragazza Tassorosso prende posto accanto a me.
Prendo un bel respiro.
“Niylah… ciao..” alzo finalmente lo sguardo sulla ragazza, che mi sorride.
“Clarke, quanto tempo, come stai?” chiede.
“Direi tutto come al solito, tu? Pronta per il grande match di domani?” chiedo cercando di allentare la tensione.
Si serve una fetta di torta anche lei e inizia a mangiarla tranquillamente.
“Direi di sì, abbiamo fatto tutto quello che potevamo, così il capitano ci ha concesso la serata libera, il che non si può dire dei tuoi amici, è per questo che sei qui tutta sola?” chiede avvicinandosi leggermente.
Il nervosismo sale in modo inversamente proporzionale alla distanza che c’è tra noi e sto facendo tutto il possibile per non alzare gli occhi sul tavolo Serpeverde, dove ho paura di trovare due occhi che mi scrutano attenti.
“Si beh – mi schiarisco la voce – conosci Bellamy, non lascerebbe mai libera la squadra prima di un incontro.. E poi tra poco dovrei avere una… riunione, così ne ho approfittato per mangiare qualcosina…”
Il sorriso di Niylah si allarga, come se si aspettasse la mia risposta. È incredibile come sembra conoscere ogni mia mossa, come se si aspettasse sempre qualcosa da me e non la smentissi mai. Mi chiedo se si aspettasse anche la mia fuga dal suo dormitorio quella notte.
“Non preoccuparti, non ti farò arrivare tardi alla riunione, tranquilla.”
La sua mano raggiunge la mia nello stesso istante in cui i miei occhi si incollano su Lexa, che sembra concentrata sulla sua cena in modo fin troppo disinvolto, è Anya che mi osserva con sguardo indecifrabile accanto a lei.
La mano di Niylah mi spinge verso qualcosa di duro e freddo e solo quando sposto il mio sguardo vedo che mi ha avvicinata alla forchetta per poi lasciarmi andare.
“Sul serio, dovresti proprio mangiarla, tutti possiamo concederci un piccolo sfizio qualche volta…” ammicca riportando una distanza accettabile tra noi.
Annuisco e porto alla bocca il primo pezzetto di torta, giusto per fare qualcosa oltre che sperare che tutta questa situazione finisca in fretta.
Lascio che il sapore dolce della torta mi invada mentre attendo che la ragazza al mio fianco riprenda a parlare.
“È un po’ che non ci vediamo, Clarke – riprende infatti lei – i tuoi impegni da Caposcuola e salvatrice della scuola ti tengono troppo impegnata, volevo solo assicurarmi che stessi bene.” Mi dice.
Mi prendo tutto il tempo per masticare mentre cerco una risposta adatta.
“Sto bene grazie, è faticoso, ma sono felice di essere diventata Caposcuola…” i miei maledetti occhi tornano su Lexa. Senza la nomina di Silente non avrei mai avuto l’occasione di conoscerla, di parlarle, di sfiorarla…
“Oh posso immaginare.” Commenta lei con un tono strano che fa riportare la mia attenzione.
Per la prima volta non sta guardando me, ma ha seguito il mio sguardo fino al tavolo Serpeverde e sembra concentrata su qualcosa. O forse qualcuno.
Oh no…
Vorrei dire qualcosa, ma il mio cervello è come sbiancato.
Cosa potrei dirle? Negare tutto?
“Ho notato qualche comportamento strano tra i Serpeverde… E un nuovo ingresso tra le fila dei più attivi… - Sottolinea l’ultima parola inarcando le sopracciglia in modo retorico. – Strano, però, per un po’ ho pensato che la tua influenza la stesse facendo ragionare… evidentemente non le è bastata”
Prima che possa pensare ad un commento, però, riprende.
“Sono sicura che hai fatto del tuo meglio, tuttavia alcune persone sono semplicemente fatte così, non è colpa tua se non capiscono quale sia la parte giusta in questa guerra. Non puoi aiutare tutti, specialmente chi non vuole essere salvato.”
Si alza e io vorrei urlarle che questa volta, questa volta sta sbagliando di grosso. Non sta parlando con malizia o cattiveria, anzi, riesco anche a capire che a modo suo sta cercando di confortarmi.
Ma questa volta non ne ho bisogno, non di lei. Anche perché sta solo peggiorando la situazione
“Se hai bisogno di qualsiasi cosa… sai dove trovarmi.”
Rapida come è arrivata, Niylah lascia il tavolo Grifondoro ed esce dalla Sala Grande. Non sembra essere cambiato nulla rispetto a pochi minuti fa, se non fosse che tutta la voglia di dolce che avevo è totalmente scomparsa.
Appoggio la forchetta sul tavolo e mi alzo.

 
*.*.*.*
 

[Lexa]
Conto praticamente ogni secondo che mi separa dal mio incontro con Clarke mentre girovago per il castello.
Ora che ci penso sembra che ultimamente non riesca a fare altro che misurare le mie giornate in ore e minuti che passano da quando la vedo. Come se fosse lei a scandire il ritmo della mia quotidianità ormai.
Sono nervosa, talmente nervosa che Anya mi ha praticamente buttata fuori dalla nostra sala comune perché non ne poteva più del tamburellare delle mie dita sul tavolo.
C’è una strana ansia in me, un sentimento che non riesco a riconoscere, non una semplice impazienza.
Da quando l’ho vista, seduta al suo tavolo, mentre quella ragazza, Niylah, si avvicinava a lei…. Qualcosa è scattato nel mio cervello, o forse nel mio stomaco, o addirittura nel mio cuore.
Ed è assurdo perché non sono mai stata una persona gelosa, né possessiva… è più uno strano dolore sordo nel petto, al pensiero che Clarke abbia avuto un certo… grado di intimità con un’altra persona, con un’altra ragazza.
Che qualcun altro abbia sfiorato la sua pelle, accarezzato i suoi capelli, l’abbia stretta a sé e si sia specchiata nei suoi occhi.
Stringo i pugni per sfogare questa improvvisa ondata di malessere.
Guardo l’orologio per la centesima volta e al diavolo, anche se manca ancora un po’ di tempo non riesco più a stare con le mani in mano.
Così mi avvio verso la stanza delle necessità, cercando di svuotare la mente.
Quando arrivo davanti all’arazzo di Barnaba il Babbeo mi concentro sulla frase rituale e aprendo gli occhi trovo davanti a me la solita porta di legno scuro.
Afferro la maniglia ed entro, rassegnandomi all’ennesima attesa della giornata.
Di certo non mi aspettavo di trovare la stanza già occupata da qualcuno.
 
Clarke è bellissima. Come al solito.
È seduta sul divanetto, dando le spalle alla porta e sembra intenta a leggere un libro. Tanto assorta da non essersi accorta del mio arrivo.
Richiudo piano la porta mentre mi prendo ancora qualche istante per osservarla rapita, visto che fuori da qui non posso concedermi questo piccolo lusso.
La sola sua vista è in grado di cancellare lo stato di ansia in cui mi trovavo fino a qualche secondo fa, e contemporaneamente accende ogni cellula del mio corpo.
Mi avvicino lentamente, girando intorno al divano e anche quando sgrana gli occhi accorgendosi della mia presenza non le lascio il tempo di dirmi niente, ma mi siedo di slancio accanto a lei, le cingo la vita con un braccio mentre l’altra mano corre ad accarezzarle una guancia. E le mie labbra sono sulle sue.
Così, senza alcun motivo se non per il fatto che lei è qui che aspetta me, me e nessun altro.
E lei sembra colta alla sprovvista, poi con un piccolo sospiro che sa di stanchezza infinita, ricambia il mio bacio, mentre le sue braccia si muovono per cingermi la schiena.
È un bacio tranquillo, sereno, sa di ritorno a casa dopo una lunga giornata, finalmente finita.
Mi concentro sul suo labbro inferiore, succhiandolo leggermente e Clarke si stringe ancora di più a me.
Torno a muovere dolcemente le labbra sulle sue e subito dopo mi allontano di qualche millimetro per prendere fiato, con tutte le intenzioni di approfondire il bacio.
Ma prima che possa riavvicinarmi, due dita fredde si appoggiano sulla mia bocca e apro gli occhi sorpresa.
Anche Clarke ha gli occhi aperti, e mi sta guardando con aria titubante, che alimenta la mia confusione.
“Dimmi solo – inizia per poi interrompersi in cerca delle parole – ripetimi, anzi. Ripetimi solo che sono stata abbastanza, che hai scelto me.”
Non riesco a capire le motivazioni dietro a questo dubbio, che pensavo di aver risolto ormai un po’ di tempo fa. Ma poi penso che le devo ben più di un’ulteriore conferma e le offro un sorriso sincero.
“Sei stata la miglior scelta che potessi fare.”
Spero di non aver esagerato, ma lei sembra apprezzare la mia attitudine al melodramma, perché si apre in un sorriso sollevato e un istante dopo è lei a ricominciare a baciarmi.
E il mio cervello si spegne ancora, inghiottito da tutte queste sensazioni, mentre non posso fare altro che cingerle la schiena mentre lei riesce a sedersi praticamente a cavalcioni su di me senza allontanarsi dalla mia bocca, e senza ulteriori indugi la percepisco chiedere il permesso per approfondire il contatto.
Non riuscirei ad oppormi neanche se volessi.
Schiudo le labbra e lascio che esplori la mia bocca.
E mi viene quasi da ridere perché, Merlino, Clarke Griffin ci sa fare.
La sua lingua accarezza la mia, si muove audace e seducente, con una lentezza esasperante, come se mi provocasse a chiederle di più. E io vorrei farlo, ma se lo facessi interromperei questa sua presa di posizione, che in questo momento mi sembra la cosa migliore che possa capitarmi.
Le lascio il controllo.
Solo per questa volta. Mi illudo.
E spero che decida di fermarsi presto, o di non fermarsi mai più, perché una via di mezzo sarebbe la peggior tortura possibile.
Ma lei si spinge ancora più vicino a me, finchè non c’è più un millimetro di spazio tra i nostri corpi, da nessuna parte, e a me sembra di morire.
Do l’ordine alle mie braccia di reagire stringendola ancor di più, mentre decido che sono stata fin troppo passiva negli ultimi secondi, ma prima che possa rimediare Clarke si tira indietro.
È l’improvvisa assenza del suo calore sul mio corpo che mi fa aprire gli occhi smarrita.
Ma Clarke mi riserva soltanto un sorriso malizioso, mentre si alza sistemandosi il maglione rosso.
“Questo è per avermi rubato la parte.” Sorride ancora di più davanti al mio sguardo confuso.
“Pensavo fossi io quella che sorprende l’altra così… piacevolmente.” Spiega con un sorriso malizioso.
Arrossisco inesorabilmente.
“In realtà ho molto da imparare da te, dovrei perfezionare le mie tecniche di sequestro, fortunatamente eri già nella stanza, altrimenti non so se sarei riuscita nel mio intento.” Commento passandomi una mano tra i capelli con fare imbarazzato.
“Oh beh, in questo caso dovrò darti più dimostrazioni, per facilitare l’apprendimento, sai, è un metodo scientifico confermato” continua con un sorriso angelico.
Sbuffo afferrandole una mano per attirarla di nuovo vicino a me.
Lei si lascia cadere sul divano al mio fianco e lancia un’occhiata all’orologio al suo polso.
“Sei in anticipo” commenta nuovamente seria.
Annuisco. “Anche tu.”
E anche lei muove leggermente la testa in cenno d’assenso.
“Io… ti devo delle spiegazioni” dice infine con sguardo triste.
“Clarke, no-“ inizio a protestare perché non voglio che faccia qualcosa solo perché si sente in dovere.
Ma lei mi blocca appoggiandomi una mano sul braccio, e la lascia lì, accarezzandomi leggermente.
“No Lexa, lasciami spiegare, voglio spiegarti tutto.” Riprende lei.
Così annuisco semplicemente mentre lei distoglie lo sguardo concentrandosi sul fuoco che arde nel caminetto davanti a noi.
“Prima devo farti una domanda però, sull’Oclumanzia, stavo cercando informazioni su questo libro, poi qualcuno mi ha interrotto.” Dice concludendo con un sorrisetto.
Io ricambio con un sorriso imbarazzato.
“Prova a chiedere.” Dico infine.
“Beh mi chiedevo… è possibile sfruttare l’Occlumanzia anche per il processo contrario? Nel senso – si interrompe per spiegarmi meglio interpretando la confusione sul mio viso – se io volessi far vedere cosa sto pensando ad un’altra persona, è possibile farla accedere nella mia mente per mostrarle direttamente i ricordi?”
Io mi fermo un attimo a pensare, tecnicamente il suo ragionamento non fa una piega.
“Beh – inizio titubante – credo che sia possibile, anche se non credo che sia il modo ideale.. in realtà credo che abbiano inventato i Pensatoi proprio per questo motivo. La Legilmanzia è un’invasione della mente, anche se l’altra persona è consenziente non è mai un’esperienza piacevole, hai visto anche tu com’è andata la volta scorsa.. Non siamo in grado di controllare esattamente il flusso dei nostri pensieri, quindi non è detto che si mostri esattamente quello che si vuole mostrare” le spiego, cercando di capire il perché di questa domanda.
“Ok, ma quindi se io pensassi intensamente a qualcosa e tu usassi la Legilmanzia, funzionerebbe giusto, almeno in parte?” chiede ancora abbassando gli occhi.
“Funzionerebbe. Ma non sarebbe molto gradevole per te.” 
Vuole davvero spiegarmi tutto facendomi viaggiare nella sua mente?
“Non mi importa… ci sono delle cose che devo mostrarti, che devi sapere di me, e questo mi sembra il modo più semplice e più… completo.” Conclude.
Si alza in piedi senza che io possa oppormi.
“Lasciami un attimo per fare chiarezza.” Dice chiudendo gli occhi.
Con un sospiro mi alzo e mi posiziono davanti a lei.
Non sono ancora sicura che sia una buona idea, potrei vedere più di quanto lei voglia.
Ma Clarke apre gli occhi e mi fa un cenno di assenso.
Afferro la bacchetta senza essere sicura di essere pronta per entrare nei ricordi di Clarke Griffin.
Legilmens
 
Una Clarke di quattordici anni, circa, sfoglia la Gazzetta del Profeta seduta al tavolo di una cucina luminosa.
Improvvisamente si apre in un sorriso entusiasta. “Papà!” chiama a gran voce. “Papà vieni! Sei sul giornale!” Un bell’uomo fa capolino da una porta. “Davvero? Si vede che non sapevano proprio cosa scrivere!” commenta sminuendo l’importanza della questione. “No, invece, è importante! Ascolta: <<  il Capo del Dipartimento degli Auror, Jake Griffin, si oppone a Barty Crouch e a Diana Sidney riguardo la proposta di legge che autorizzerebbe gli Auror a ricorrere alle maledizioni senza perdono contro i sostenitori di Voi-Sapete-Chi. >> Sei famoso papà!” L’uomo sorride mentre il ricordo sfuma.

 
Non sembra essere passato tanto tempo rispetto al ricordo precedente, ma questa volta un uomo e una donna discutono animatamente nella stessa cucina, mentre Clarke ascolta dal corridoio buio. “Sono implacabili Jake! Hai sentito cos’hanno fatto a quella famiglia di Babbani? E solo perché avevano un figlio ad Hogwarts, come se fosse colpa loro se hanno concepito un figlio con dei poteri! Bisogna fermarli!” Ma l’uomo stringe i pugni. “Lo so bene cosa fanno e come sono, combatto contro di loro ogni singolo giorno della mia vita! Ma non è ripagandoli con la stessa moneta che le cose si sistemano! Noi non siamo come loro! Noi siamo i buoni!” La donna si avvicina e accarezza il viso dell’uomo. “Lo so, ma sono preoccupata per te, se loro ti incontrassero non esiterebbero neanche un secondo ad ucciderti.” L’uomo si allontana delicatamente. “È un rischio che sono disposto a correre.”
 
“Papà!” chiama Clarke mentre corre in un corridoio d’ospedale ed entra in una stanza. L’uomo è sveglio e accoglie la figlia con un sorriso. “Ehi principessa!” Ma la ragazza non si fa ingannare e osserva il corpo del padre, palesemente reduce da un brutto scontro. “Come stai?” “Oh bene, non preoccuparti ho solo qualche graffio.” “Li hanno presi? I Mangiamorte che vi hanno attaccati?” Il volto del padre si rabbuia. “Sì. C’è stato uno scontro. Alcuni sono stati uccisi” La ragazza afferra delicatamente una mano del padre. “Non lasciare che questa guerra ti cambi, Clarke. Uccidere è sbagliato, da entrambe le parti. È vero, ci sono Mangiamorte che sono uomini puramente crudeli, ma tanti sono soggiogati, molti sono sotto ricatto. La differenza tra noi e loro è qui dentro, non dimenticarlo mai.” Conclude l’uomo appoggiando una mano sul cuore della figlia.
                                                                  
Bellamy, Finn e Octavia abbracciano una ragazza bionda e una mora con sguardo triste. Clarke e Raven sono appena tornate a scuola dopo il funerale di Jake. “Come state? Vi hanno spiegato cos’è successo?” chiede Octavia preoccupata. “Il ministero sta ancora svolgendo le indagini, hanno arrestato dei Mangiamorte sopravvissuti alla battaglia però, li stanno interrogando per scoprire qualcosa di più prima di rinchiuderli.” Risponde Raven. “Maledetti. – interviene Bellamy – dovrebbero farli fuori tutti, altro che Azkaban.” “No” interviene Clarke per la prima volta. “Uccidere è sbagliato, da entrambe le parti.” “Ma Clarke, loro sono..-“ “So benissimo come sono, è per questo che voglio essere migliore. Mai, e dico mai userò le maledizioni senza perdono.” E, con questo, volta le spalle al gruppo di amici e se ne va. “Ci penso io.” Sussurra Finn prima di seguirla.
 
Clarke è seduta su una sedia dietro una scrivania in una strana stanza, rotonda e con i muri coperti da ritratti di personaggi dall’aria colta, che stranamente dormono più o meno silenziosamente.
“Lei ne è proprio sicuro, signore?” chiede la ragazza al preside.
“Si, signorina Griffin. I ricordi dei Mangiamorte arrestati hanno rivelato l’accaduto. Suo padre è stato ucciso da un anatema che uccide scagliato da Diana Sidney.” Clarke sembra accusare il colpo, ma cerca di non darlo troppo a vedere. “Quindi cosa le faranno? L’arresteranno?” Silente si fa ancor più serio. “Purtroppo, signorina Griffin, questo non glielo posso garantire. Con l’approvazione della legge sull’uso delle Maledizioni senza perdono, la morte di suo padre risulta essere solo un tragico incidente.” Si legge anche sul volto dell’anziano preside il rammarico della situazione. La ragazza non dice niente. “Tuo padre era un grand’uomo, Clarke, non dimenticarlo mai. Che Jake Griffin possa essere d’esempio a tutti quelli che seguiranno, ma soprattutto che possa essere d’esempio a te. È sempre stato orgoglioso di te, e sempre lo sarà.”

 
“È da un po’ di tempo che Finn è strano” commenta Clarke rivolta verso le sue due amiche. “È teso, sempre sul punto di esplodere.” “Perché è preoccupato per te – interviene Raven – i Serpeverde sono sempre più aggressivi e se la prendono con te più che con chiunque altro, da dopo...” “Dopo la morte di papà.” Conclude per lei la bionda. “Lo so, sono solo preoccupata che possa fare qualche pazzia.” “Tranquilla Clarke, Finn è ancora più pacifista di te!”
 
Lampi di luce volano in tutte le direzioni, anticipati dai nomi degli incantesimi gridati dagli studenti in quel corridoio polveroso. Clarke è nel cuore del combattimento mentre fronteggia due avversari contemporaneamente. Un fuoco brucia nei suoi occhi mentre para e risponde agli attacchi. All’improvviso un getto rosso la colpisce alle spalle e la bacchetta le fugge di mano sparendo nell’intreccio di corpi che combattono poco distante. Clarke si gira lentamente. “Mossa molto coraggiosa, Ontari, disarmarmi da dietro.” Ma la Serpeverde non sembra preoccuparsi delle parole della bionda, anzi, sembra che il ghigno sulla sua faccia si allarghi. “Ora, Griffin, scoprirai cosa significa sfidare il Signore Oscuro.” Alza la bacchetta e Clarke aspetta a testa alta l’incantesimo.
“Sectumse- Aaah“ la voce della ragazza si interrompe sopraffatta da un urlo atroce. Al suo fianco compare un ragazzo che ha appena urlato: “Crucio”.
Una luce folle attraversa il suo sguardo solitamente gentile o scherzoso. “Non le farai del male, maledetta!” La serpeverde si contorce dal dolore mentre Clarke osserva inorridita la scena. Improvvisamente si riprende dallo shock e inizia ad urlare. “SMETTILA FINN! Smettila! Sei impazzito? Fermati subito!” il ragazzo la guarda a bocca aperta, ma si riscuote e non le dà retta. “Merita di soffrire, Clarke, è così che deve essere.”

 
“Clarke, Clarke, ti prego fermati, CLARKE!” un ragazzo insegue Clarke lungo un corridoio deserto.
Le afferra una mano costringendola a fermarsi. “Che cosa vuoi, Finn?” le chiede rabbiosa, anche se dietro il suo sguardo si cela una grande sofferenza. “Voglio spiegarti! Voglio spiegarti perché l’ho fatto!” “Ma io non voglio ascoltarti Finn! Come tu non hai ascoltato me quel giorno!” si divincola, ma Finn stringe la presa. “No, devi farlo! Io l’ho fatto…””Non dirlo!” lo ammonisce la ragazza, quasi implorante, ma lui prosegue. “L’ho fatto per te!” e la ragazza smette di divincolarsi e lo guarda tormentata. “Allora non abbiamo più niente da dirci.” Finn spalanca gli occhi. “Ma Clarke, lei stav-“ ma ancora una volta la ragazza lo interrompe. “So perfettamente cosa stava per fare! Come puoi proprio tu usare una Maledizione senza perdono, e soprattutto come puoi dire che l’hai fatto per me? Non voglio essere il motivo di un gesto del genere!” Si ferma a prendere fiato. “Avrei potuto accettarlo se mi avessi detto che sei stato preso dal panico, ma non posso accettare questo. Lasciami stare Finn, lasciami stare.” E il ragazzo rimane immobile a fissarla, mentre si allontana da lui e dalla sua vita.

 
Una Clarke leggermente imbarazzata distoglie lo sguardo dal tavolo di Serpeverde, dove è seduta la ragazza che stava fissando fino a poco prima. È un’altra bionda a parlare però.
“Sono sicura che hai fatto del tuo meglio, tuttavia alcune persone sono semplicemente fatte così, non è colpa tua se non capiscono quale sia la parte giusta in questa guerra. Non puoi aiutare tutti, specialmente chi non vuole essere salvato.” L’imbarazzo lascia il posto alla paura e all’insicurezza e Clarke fa per aprire la bocca per rispondere.

 
Il ricordo si interrompe improvvisamente e ci metto un istante per ricordarmi dove sono e cosa sto facendo. Ma subito mi focalizzo sulla ragazza che è qui davanti a me, in ginocchio e con la testa tra le mani.
Tutto questo è stato… intenso.
“Clarke” inizio incerta.
Lei non dà segno di avermi sentita, così mi avvicino e titubante le appoggio una mano sulla spalla. Il mio tocco sembra riportarla qui da qualunque posto fosse finita.
“Le- Lexa scusami, ci sono.” Inizia posando gli occhi nei miei.
“Non preoccuparti, solo siediti sul divano poi prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno.” Le dico comprensiva aiutandola ad alzarsi e a dirigersi verso il divano.
Una volta sedute mi prendo del tempo per osservarla: ha il fiato leggermente corto e le guance arrossate. I capelli sono in disordine e le mani le tremano leggermente.
Non mi è sembrata mai tanto fragile e bella allo stesso tempo.
Dopo un istante torna a guardarmi.
“Può sembrare strano, ma Finn ha fatto una cosa imperdonabile, nella mia testa. Forse qualcun altro ci sarebbe passato oltre, ma io non posso. Oltre al fatto che ha usato una maledizione senza perdono, nonostante sia consapevole del mio rifiuto verso questi mezzi, trovo imperdonabile che l’abbia fatto per me. Come se dipendesse da me, come se glielo avessi chiesto, come se si sentisse in dovere di farlo. E io non voglio svolgere questo ruolo per nessuno. Finn ha tradito la mia fiducia, proprio lui che sembrava capirmi così bene.”
Si ferma un istante e io devo costringermi a non distogliere lo sguardo perché sto capendo dove vuole andare a parare.
“Dopo averlo lasciato – riprende – sono cambiata. Io non ho lasciato che più nessuno si avvicinasse a me, mi sono allontanata persino da Raven e Octavia. Avevo paura che non capissero, o peggio che fossero d’accordo con lui, e non avrei potuto sopportarlo. È in quel momento che è arrivata…”
“Niylah.” Termino io con tono piatto. Lei annuisce.
“Niylah non mi ha mai chiesto niente, non ha mai provato pena per quello che era successo a mio padre, non ha mai cercato di capire da dove venisse la mia disperazione in quel momento, mi era solo vicina. Fino al giorno…-  prende un bel respiro – fino al giorno in cui sono scappata dalla sua stanza seminuda e non ho più voluto vederla. Non per colpa sua, ero io che non mi piacevo così. Non mi piaceva l’idea di usare un’altra persona solo per conforto fisico.” Conclude guardandomi intensamente.
“I miei rapporti con Raven, Octavia e gli altri sono tornati quelli di prima, ma non mi sono fatta più avvicinare da nessuno. Finchè non sei arrivata tu. E la mia fiducia era praticamente già sottoterra da prima, eppure non ho dato retta al mio cervello, seppure mi gridasse di lasciarti stare, perché mi avresti solo portato sofferenze. E ha ragione – il mio cuore sprofonda quando ammette queste cose – ha ragione perché avrei tutto il diritto di dubitare di te, la tua famiglia è votata a Voldemort, tua cugina è il capo del club dei Mangiamorte di Hogwarts, frequenti una ragazza che è il suo braccio destro, tuo padre ti tiene sotto scacco minacciando tuo fratello… Hai tutti i requisiti per farmi scappare a gambe levate.”
La sua schiettezza fa quasi paura.
“Ma..” chiedo speranzosa con un filo di voce.
“Ma non posso farlo. – risponde sospirando – non voglio, oppure semplicemente non ci riesco. Non riesco a guardarti da lontano e far finta di non sentire tutte queste emozioni. Non voglio farlo, io voglio te.”
La sua confessione mi spiazza completamente. È così sincera da essere sconcertante.
“Io.. “ inizio ma non so nemmeno cosa dire. Dovrei rassicurarla sul fatto che non tradirei la sua fiducia per niente al mondo, e che combatterò al suo fianco qualsiasi cosa accada. Ma non posso farlo. Lo so io e lo sa lei. Quindi mi chiedo davvero che cosa ci faccia qui con me, perché non sia già scappata, come tutte le persone con buonsenso le consiglierebbero.
“Io non…” riprovo ma scuoto la testa. E mi sento una vigliacca egoista, perché dovrei lasciarla andare e non farle rischiare così tanto con me, perché non ne valgo la pena e perché non voglio essere la causa della sua sofferenza.
“Quello che mi ha detto Niylah a cena – interviene lei e immediatamente i miei pugni si stringono al pensiero – lo so bene. Tu potresti scegliere di stare dall’altra parte, oggi, domani, tra un mese o tra un anno.” Si ferma per guardarmi dritta negli occhi. “Oppure mai.”
Deglutisco come unica reazione alle sue parole.
“E io lo so che è da pazzi, ma voglio crederci. Solo allora saprò di aver fatto tutto il possibile, ma ho visto cosa vuol dire guardarti da lontano senza potermi avvicinare, e non è quello che voglio.”
Mi afferra una mano, mentre porta l’altra sul mio viso.
“Voglio fare questo – lascia una leggera carezza – e questo – dice spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio – questo – prosegue intrecciando le dita delle nostre mani – e anche questo” conclude lasciandomi un leggero bacio a fior di labbra che ha il potere di farmi rabbrividire.
Sono completamente in balia delle sue parole e non posso fare altro che guardarla meravigliata. Perché, Merlino, non pensavo che potesse esistere un animo così puro.
Dopo tutto quello che mi ha mostrato, dopo tutto quello che le hanno fatto, come può solo prendere in considerazione l’idea di avvicinarsi a me?
E so che dovrei rassicurarla in qualche modo, ma non ci riesco.
“Clarke” sospiro abbassando il capo carica di frustrazione.
“Lo so, Lexa, lo so.” Dice lei accarezzandomi con dolcezza il viso, convincendomi a tornare a guardarla.
“Hai scelto me, Lexa, e questo è l’importante. Sei stata più coraggiosa di quello che credi, sei stata molto più coraggiosa di me.” Conclude con un sorrisetto.
Ricambio leggermente prima di perdermi nei miei pensieri.
“Corvonero.” Rompo il silenzio infine.
Clarke mi rivolge uno sguardo confuso.
“Durante lo smistamento – mi spiego meglio – il Cappello Parlante era indeciso sulla casata migliore per me. Avevo undici anni e per la prima volta nella mia vita avevo lasciato Aden da solo. Ero terrorizzata, così ho chiesto, anzi implorato il cappello di mettermi in Serpeverde. In cuor mio so che Corvonero sarebbe stata la casata migliore per me. Un ingegno smisurato per il mago è un dono grato. Non credo di rispecchiarmi di più in qualsiasi altra frase.”
Abbasso lo sguardo.
“Invece ho scelto Serpeverde. E nonostante tutto, credo che lo rifarei mille volte pur di aiutare Aden, anche se ogni tanto penso a quale sarebbe potuta essere la mia vita se avessi fatto una scelta diversa.”
Sento le sue dita toccarmi delicatamente il volto. La guardo e trovo sul suo viso un sorriso tanto dolce da non sembrare vero.
“Ma non capisci? – mi chiede – tu non hai scelto Serpeverde, hai scelto Aden. E questo ti rende la meno Serpeverde fra tutti i Serpeverde.”
Mi lascio trasportare dal suo ragionamento, perché ne è così sicura che anche se avessi delle obiezioni non riuscirei ad esprimerle. Così ricambio incerta il suo sorriso, che in risposta si allarga.
“In effetti ora che ci penso – commenta poi usando un tono più scherzoso – credo che nemmeno Wells, Corvonero per eccellenza, segua il corso di Antiche Rune, ma come ti viene in mente di prendere un M.A.G.O. in quella materia inutile?” conclude con una risata.
“EHI! – esclamo portandomi una mano al petto come ferita dalle sue parole – non insultare la mia materia preferita!” Clarke sbuffa ridendo e continua a prendermi in giro.
“Ma andiamo Lexa, a cosa ti serve tradurre strani simboli non usati più da centinaia di anni?” infierisce ancora.
“Strani simboli? Ma Clarke, come puoi parlare così delle origini della nostra cultura magica?” e lei ride, allargando il mio cuore.
“Godric ci aiuti, sei davvero senza speranza.” Scuote la testa.
“Per esempio, non è affascinante che gli antichi usassero molto spesso i disegni di animali per raffigurare i numeri? Disegnavano un Acromantula invece dell’otto, perché i ragni hanno otto zampe, è geniale!”
Clarke reagisce al mio entusiasmo affondando la testa nello schienale del divano con aria sconfitta.
“Irrecuperabile” mi sembra di capire tra il suo flusso di parole smorzate dai cuscini.
E io sorrido, sorrido perché è uno dei momenti più belli della mia vita, nonostante tutto. Sorrido anche quando i muscoli della faccia cominciano a farmi male, ma non posso farci niente.
Clarke si riprende e mi guarda, questa volta con un barlume di serietà negli occhi.
“Vederti così è qualcosa di straordinario, è meraviglioso – si ferma un istante – è uno dei motivi per cui credo proprio che ne valga la pena. Vuoi crederci con me?” chiede, e so che questa è una domanda cruciale per i nostri rapporti futuri.
Perché dopo oggi ho la conferma che potrei farle del bene, come potrei anche spezzarla completamente se qualcosa andasse storto.
Ma il suo sguardo speranzoso e il suo sorriso mi spingono ad annuire, mentre sono ancora in cerca di parole.
Ma a lei basta, perché sembra illuminarsi di luce propria e in un secondo mi sta baciando.
E io non ho più neanche il minimo dubbio.


 
*.*.*.*


[Clarke]
“E OCTAVIA BLAKE SEGNA! Per la, beh la quattordicesima volta dall’inizio della partita, portando così Grifondoro in vantaggio 200 a 40.” La voce magicamente ampliata di Jasper risuona per tutto lo stadio.
Applaudo forte insieme a Raven, anche se onestamente non è una delle partite più entusiasmanti che abbia mai visto.
Octavia, Bellamy e Harper stanno segnando un minuto sì e l’altro no, e devo ammettere che sono davvero affiatati, si muovono leggeri e veloci sulle loro scope, come se avessero provato e riprovato ogni singolo schema tattico, e conoscendo il mio amico direi che è senz’altro stato così. Anche i battitori non se la cavano male, devo ammettere, Connor e Riley sono entrati bene in sintonia con il resto della squadra, e Nathan è sempre stato decisamente bravo a proteggere i pali. Il vero problema è…
“DAX! Ti vuoi muovere o no a prendere quel maledetto boccino? Ti è praticamente entrato in un orecchio un secondo fa!” urla appunto Bellamy al nuovo cercatore, che, devo ammettere a malincuore, non è proprio il massimo. Il pubblico urla la sua approvazione per le parole del Capitano.
“Non prendo ordini da te, Blake, ormai dovresti saperlo!” gli urla di rimando il ragazzo, punto sul vivo dall’umiliazione davanti alla maggior parte degli studenti.
“Se non prendi il boccino nei prossimi dieci minuti sarai fuori dalla squadra!” lo minaccia, e questa volta Dax ha la decenza di non controbattere.
Intanto la Pluffa è finita fra le mani di un Cacciatore Tassorosso, che la passa subito a Niylah, come è successo ogni singola volta in cui la squadra giallo-nera ha ottenuto è ripartita all’attacco.
I Tassorosso non sono cattivi giocatori, ma mancano di quella determinazione che invece caratterizza ogni singolo tiro dei Grifondoro. Solo Niylah tiene alto il ritmo per la sua squadra, ed infatti è l’unica ad aver segnato a Nathan.
“Tassorosso si avvicina ai pali avversari, Harmon riesce a resistere ai tentativi di McIntyre di sottrargliela, scarta improvvisamente cambiando direzione e tira! Miller si tuffa, ma TASSOROSSO SEGNA! Forza Tassorosso, non arrendetevi, non possiamo darla sempre vinta a questi sbruffoni di Grifondoro!” commenta Jasper, ma davanti a un’occhiataccia della McGranitt al suo fianco si schiarisce la gola e riprende.
“Ovviamente non intendevo che tutti i Grifondoro sono sbruffoni, alcuni sono molto corretti, amabili, gen-“
“Ci dia un taglio signor Jordan e commenti la partita.” Risuona asciutta la voce della professoressa di Trasfigurazione.
“Certo Certo, professoressa, dunque, Niylah Harmon porta i Tassorosso a un punteggio di 50, riducendo lo svantaggio a 150 punti. Basta un’altra rete ai Tassorosso per mettere in seria difficoltà la squadra avversaria, visto che Dax sembra non essere in grado di afferrare un boccino nemmeno se questo si infilasse nella manica della sua divisa.
Dax reagisce con un gestaccio, mentre la scuola fischia al suo indirizzo.
“Blake, Bellamy, riparte con la pluffa, schiva un bolide ben indirizzato ma riesce a passare la palla a McIntyre, che attraversa il campo evitando i cacciatori avversari, ma, un momento! Era il boccino quello? Probabilmente sì visto che Dax non se n’è nemmeno accorto.”
Trattengo il respiro mentre una familiare ondata di adrenalina mi invade e le mie mani automaticamente si tendono come se il mio cervello pensasse davvero di essere su quella scopa, tesa mentre la velocità aumenta e il vento in faccia copre ogni rumore esterno, lasciandomi con il respiro accelerato.
Ma purtoppo non ci sono io su quelle scope, e sembra pensarlo tutta la scuola che comincia ad incitare Dax di provarci per lo meno.
Ad un certo punto l’intero stadio trattiene il respiro, perché un giocatore si è appena lanciato in picchiata all’inseguimento della pallina dorata.
“Ed ecco, signore e signori, che la piccola Charlotte dimostra a Dax cosa deve fare un Cercatore mentre si lancia in picchiata all’inseguimento del Boccino!”
Tutti gli occhi dei presenti sono puntati sulla ragazza, ed è Octavia a spezzare il silenzio.
“Harper! Muoviti!” la Cacciatrice si riscuote e lancia la pluffa alla mia amica.
Il lancio non è per nulla preciso, poiché Harper era troppo distratta a guardare i Cercatori, così la palla sembra diretta troppo lontana dall’altra cacciatrice.
Octavia emette un gemito strozzato perché con un grande sforzo si è tuffata in avanti disperatamente.
“Non ce la farà mai!” esclama Raven osservando il movimento di O.
“Charlotte è sempre più vicina al boccino mentre Grifondoro tenta disperatamente di segnare il punto che lo porterebbe alla vittoria.”
Le teste dei presenti ondeggiano da una parte all’altra del campo cercando di non perdersi neanche un istante delle diverse azioni, che in questo momento sembrano avvenire al rallentatore.
Osservo Charlotte planare, Dax chilometri dietro di lei, mentre vola aggraziata sempre più vicina al Boccino e stacca la mano dalla scopa, aprendo le dita.
Ma è il pugno di Octavia che si chiude e impatta la pluffa con una precisione estrema, quasi cadendo in avanti per il troppo slancio. La pluffa segue una traiettoria ad arco e con una lentezza esasperante supera i guanti del portiere Tassorosso e si infila inesorabile nell’anello di sinistra.
Un battito di ciglia dopo….
“Grifondoro segna ma CHARLOTTE PRENDE IL BOCCINO! Il che significa che la partita finisce… 210 a 200 PER GRIFONDORO! TASSOROSSO PRENDE IL BOCCINO MA GRIFONDORO VINCE LA PARTITA!”
Le mie grida esultanti si uniscono a quelle di Raven e del resto della scuola, mentre la curva giallo-nero dello stadio si lamenta con frustrazione.
“Sarà per un’altra volta, Tassorosso, mentre voi Grifondoro, non esultate troppo dato che la prossima partita è contro di noi! Vi faremo vedere i sorci verdi, e no, Serpeverde, per una volta non sto parlando di voi anche se so che vi sentite chiamare in causa!” esclama Jasper mentre viene ricoperto da fischi da parte degli studenti Serpeverde.
Ridacchio alle parole del mio amico, che ora cerca di opporsi ai tentativi della McGranitt di tirargli via il microfono. Il mio sguardo però si sposta verso la parte verde-argento dello stadio e immediatamente i miei occhi la trovano nella folla.
È vicino ad Anya e Lincoln, vestita con un maglione grigio dall’aria pesante, con la sciarpa verde-argento che la protegge dal freddo venticello che accompagna questa giornata di metà ottobre.
La cosa più incantevole è il leggero sorriso sul suo viso, forse dato dalla frase di Jasper, o dall’esito della partita, oppure, come me, non riesce a smettere di sorridere da ieri sera.
Anche se non mi sta guardando sorrido di rimando, mentre non presto attenzione al resto dei miei compagni che stanno scendendo nel campo per festeggiare la vittoria della nostra squadra.
“Se vai avanti così ti faranno male i muscoli della faccia, Griffin” sento Raven prendermi in giro.
Sto per voltarmi per risponderle a tono, ma in quel momento Lexa sposta il suo sguardo su di me.
Arrossisce leggermente quando si accorge che la sto già guardando, ma alla fine si riscuote e la vedo lanciarmi un occhiolino mentre il sorriso si trasforma da tenero a malizioso.
Dopo si volta verso i suoi amici mentre io non trattengo una mezza risata davanti al suo gesto, metto una mano sulla spalla di Raven e insieme ci dirigiamo verso i nostri amici per festeggiare la vittoria di Grifondoro. E, per quanto mi riguarda, non solo quella.




NOTE:
Toc toc? Ehm si sono proprio io, a volte ritornano, giusto?
Mi scuso per il ritardo solo perchè chi mi conosce sa che sono una persona molto gentile (almeno così dicono), ma so che non servirà a molto visto l'immenso ritardo a cui vi ho sottoposto. C'è ancora qualcuno interessato a sapere come va avanti?
Posso promettervi che la storia finirà, questo sì, perchè ho ancora tante cose da scrivere...
Detto ciò passiamo al capitolo..
è stato immensamente difficile da scrivere, più che altro è stato complicato riprendere il filo dopo tanto tempo (fanne passare di meno, direte, e avete anche ragione)
Però eccolo qui, ed è arrivato anche il Quidditch! (bella schifezza potreste dire... ma ho fatto del mio meglio!)
(oggi mi piacciono le parentesi, pardon)
Spero di non essere stata ripetitiva con i ricordi di Clarke, ma era necessario per dare una spiegazione completa (a Lexa e anche a noi).
La scena con Niylah non era programmata, ma l'ho scritta di getto dopo aver visto spezzoni dell'episodio di The 100 in cui Clarke se la fa con Niylah davanti al disegno di Lexa, e avevo bisogno di una sorta di rivalsa... non so se ha molto senso, ci ho ragionato molto perchè non sono tanto tipo da medrammi causati da comparse improvvise di ex fiamme e cose del genere, ma alla fine ho deciso di lasciarla e ho cercato di darle un po' di senso.
Che dire, spero veramente che non mi abbiate abbandonata, ma non vi biasimerei in caso contrario.
Se volete fatemi sapere cosa pensate del capitolo,
per il resto... Giuro solennemente di non avere buone intenzioni... alla prossima!
(Stasera inizio il 10 (; )

Ilaria

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 
[Clarke]

“Ripetimi ancora una volta perché lo sto facendo.” Mi lamento mentre Octavia mi trascina negli spogliatoi di fianco allo stadio.
“Perché hai visto anche tu che senza un Cercatore degno di questo nome abbiamo quasi rischiato di perdere, perché durante i festeggiamenti della vittoria hai ammesso che se non avessimo trovato nessuno in grado di sostituire Dax avresti pensato a un ritorno in squadra, perché vuoi che Grifondoro vinca la Coppa di Quidditch e quella delle Case per l’ottavo anno consecutivo e perché così passerai più tempo con la tua migliore amica.” Dice O alzando un dito per ogni motivazione da lei così brillantemente espressa.
“Aggiungi anche che non sopporto più la mia suddetta migliore amica che nella scorsa settimana non ha fatto altro che darmi il tormento in qualsiasi parte del castello mi trovassi.”
Lei fa spallucce e alza anche il quinto dito della mano.
“Vedi, cinque ottimi motivi direi.” Mi sorride in modo malandrino.
Sospiro mentre arriviamo davanti alla porta che ci separa dal resto della squadra.
Osservo leggermente agitata la divisa che ho indossato poco fa per poi passare a una minuziosa analisi dei ramoscelli del mio manico di scopa.
“Octavia io…” inizio con lo sguardo ancora basso.
Sento la mia amica appoggiarmi una mano sulla spalla.
“Ok Clarke, ascolta – inizia e io risollevo lo sguardo verso di lei – se è davvero una cosa che ti mette a disagio o in difficoltà non entrare in questa stanza. Non insisto per una manciata di punti e una stupida coppa, vincere non è importante.”
Inarco un sopracciglio nella sua direzione e lei sbuffa.
“Ok ok, è importante, ma meno di te e della consapevolezza che stai bene.” Ricomincia e addolcisco il mio sorriso nella sua direzione.
“Quindi – riprende nuovamente – se c’è anche solo una parte di te che mentre guardava la partita desiderava essere su quella scopa, entra e allenati con noi. Può farti bene staccare da tutto per un po’ e concentrarsi solo su una minuscola pallina che vola impazzita. Ma se davvero pensi che sarebbe solo un peso, non ti chiederò mai più di tornare nella squadra.” Conclude guardandomi seriamente.
Maledetta Octavia. Maledetta Octavia che mi conosce così bene. Come se non sapesse che avrei quasi schiantato Dax alla terza apparizione del boccino da lui beatamente ignorata, come se non sapesse che avrei afferrato la sua stessa scopa per fargli vedere come si gioca a Quidditch.
Sbuffo sonoramente mentre afferro la maniglia della porta.
“Octavia Blake, ti odio, e quando non mi reggerò in piedi per colpa di tutte le ronde e gli allenamenti, finirai tu i miei compiti, e non accetto scuse di nessun genere.” Concludo aprendo la porta, ed entriamo nella stanza.
“Coraggio Clarke, non sarà così terribile, sei Cercatrice, giochi praticamente in solitaria, potresti allenarti anche solo una volta alla settimana, tanto non devi provare tutti gli schemi di noi Cercatori.” Afferma sicura.
Solo un allenamento a settimana? Adesso sì che si fa interessante…
“Non ci pensare nemmeno! Gli allenamenti sono tre sere e Clarke verrà a tutti e tre come gli altri!” commenta Bellamy dall’altro lato della stanza.
Come non detto.
“Eddai Bellamy, sono appena riuscita a convincerla, vuoi farla scappare via di nuovo e trovarti da capo senza un Cercatore decente?” gli risponde a tono sua sorella.
Io sbuffo, già pentita di aver preso questa decisione.
“Facciamo così – intervengo prima che i due fratelli inizino a litigare sul serio – verrò a uno o due allenamenti nei giorni in settimana, ma non posso venire a quelli nel week end, ho le ronde da Caposcuola e quella sarà comunque la mia priorità. Se è una condizione che va bene a tutto il resto della squadra, contate su di me, altrimenti amici come prima.” Concludo tranquillamente.
Sorvolo con lo sguardo tutti i ragazzi presenti.
È Nathan il primo a parlare.
“Io ci sto!” esclama felice.
“Va bene tutto, purchè non torni Dax!” commenta Connor, e Riley fa scontrare le loro mazze in segno di approvazione.
“Anche per me va bene.” Aggiunge con un sorriso Harper e la ringrazio ricambiando il suo gesto.
“Vedi fratello? Siamo tutti d’accordo, quindi togli quel broncio. Lo so che vuoi solo passare più tempo con Clarke, ma non è questo il modo! Puoi sempre accompagnarla alla festa di Holloween di Lumacorno, se proprio ci tieni, ma non insistere sugli allenamenti”
Le parole di Octavia mi spiazzano completamente.
È vero che qualche giorno fa Lumacorno ci ha consegnato l’invito ufficiale per una festa del Lumaclub, come ci aveva anticipato qualche settimana fa, ma da lì a chiedere a qualcuno di accompagnarmi…
In realtà saprei perfettamente con chi mi piacerebbe andare… ed è proprio per questo che avevo deciso che ci sarei andata da sola.
Chiederle di andare non è nemmeno lontanamente immaginabile, ma anche lei sarà lì, quindi se fossimo state entrambe senza accompagnatori….
Qualcuno si schiarisce la voce poco distante riportandomi al presente.
Da come mi guarda Bellamy direi che sta aspettando una risposta a una domanda che non ho minimamente sentito.
“Ehm, come scusa?” gli chiedo.
“Ti chiedevo se avevi già intenzione di andarci con qualcuno…” chiede Bellamy titubante.
“Oh.. ecco io… - inizio senza sapere bene cosa dire -  in realtà pensavo di andarci da sola e scappare alla prima occasione, sai che non sopporto tutti quei maghi pieni di sé…” lascio la frase in sospeso sperando che non insista.
“Ah.. capisco…ma-” La voce di sua sorella lo interrompe.
“Ok ok, io scherzavo, ma direi che potete continuare questo discorso da soli, è tempo di allenarsi!” esclama con entusiasmo Octavia.
Tutti sorridono e iniziano a dirigersi verso il campo contenti, mentre io esalo un sospiro di sollievo.
Inizio a dirigermi verso il campo ma Bellamy mi blocca.
“Se dovessi cambiare idea, io ci sono, lo sai questo, Clarke?” chiede con sguardo dolce.
E una piccola parte di me si sente in colpa per la mia titubanza, Bellamy è sempre stato un ottimo amico, non voglio ferirlo.
“Lo so Bell, grazie.” Ricambio il sorriso.
Insieme arriviamo in mezzo al campo e inforchiamo le scope.
“Ok ragazzi, facciamo riambientare Clarke, qualche giro di campo e poi iniziamo con il nostro solito programma, d’accordo?” afferma Bellamy, rientrato in modalità Capitano.
Al suono del fischio mi do una leggera spinta con i piedi e in un attimo sto volando.
La sensazione che mi invade è a dir poco meravigliosa.
Chiudo gli occhi per assaporarla al meglio. Accelero facilmente.
È come se nell’aria il mio corpo avesse perso ogni peso, e con esso tutte le responsabilità che prima sentivo ancorarmi inesorabilmente a terra.
Invece qui sono solo io, con le mani ben strette al manico, i capelli che si muovono spinti dal vento e dal mio movimento.
Io e la mia scopa. E nient’altro.
Così mi lascio andare e non riesco a trattenere un sorriso quando mi lancio in picchiata con le grida di incoraggiamento e di esultanza dei miei compagni di squadra in sottofondo.
 
*.*.*.*

 
[Lexa]

Una bambina che corre in un prato, con un vestitino bianco che si muove leggero nel vento lascia spazio a una ragazza impegnata su un libro dall’aria noiosa. “Dai Clarke, vieni nel parco con noi, hai già studiato abbastanza!” la chiamano i suoi amici poco distanti. La ragazza lancia uno sguardo di desiderio fuori dalla finestra, dove un cielo azzurro la attende. Sospira tornando a guardare il suo libro, ma alla fine un sorriso le sfugge dalle labbra e lo chiude con un tonfo sonoro. “Arrivo!”

“Non ti stai concentrando abbastanza!” dico seriamente a quella stessa ragazza nei ricordi che ora è qui davanti a me con il respiro pesante.
“Lo so, lo so è solo che non ce la faccio.” Dice abbattuta.
“Ce la fai invece, devi solo concentrarti, svuotare la mente senza pensare a nulla. Non perderti nei ricordi, pensa che non vuoi farmene avere accesso.” Le rispondo mantenendo un tono distaccato.
Lei mi guarda un attimo con uno sguardo strano e io mi trattengo dal rassicurarla, dall’avvicinarmi, dallo sfiorarla. Non posso permettermi questi lussi in questo momento.
Siamo qui per imparare e allenarci, abbiamo già perso troppo tempo.
“Riproviamo.” Dico secca dopo essermi però assicurata che il suo respiro sia tornato normale.
Lei annuisce semplicemente e si riporta in posizione davanti a me.
“Svuota la mente, liberala da ogni pensiero.”
Lei mi guarda con quella scintilla da guerriera negli occhi che mi fa tremare il cuore, ma non posso pensarci adesso. Un istante dopo li chiude e osservo i suoi muscoli rilassarci.
Chiudo gli occhi anche io e conto mentalmente fino a cinque.

Legilmens
 
“Papà, papà, mi racconti una storia?” esclama una bambina da sotto le coperte di un letto troppo grande per lei. Un uomo sorride in modo gentile, sedendosi sul lato del materasso e iniziando ad accarezzare i capelli della figlia. “C’era una volta…” inizia, ma è la bambina con gli occhi già chiusi che continua per lui. “Una bellissima principessa dai lunghi capelli biondi.” L’uomo sorride dolcemente e ricomincia a raccontare con voce rassicurante.

Improvvisamente torno a vedere più nitidamente i contorni di questa stanza, come se una forza più potente si opponesse al mio incantesimo e devo raddoppiare i miei sforzi per ritornare ai ricordi di Clarke.
Stringo i denti e proietto tutti i miei sforzi nella mente.
Sembra funzionare.

“Davvero, Clarke? Sei sicura che per i tuoi non sia un problema ospitarmi per le vacanze?” una minuscola Raven chiede incerta, ma speranzosa. “Non c’è problema, puoi stare qui tutto il tempo che vuoi.” Raven lascia andare un sospiro di sollievo e appoggia il piccolo fagotto sul divano di casa Griffin. “Clarke, io dovrei spiegarti co-“ Ma la bionda la interrompe. “Non devi spiegarmi niente, quando te la sentirai, mi racconterai. Per ora godiamoci le vacanze!” E Raven sorride finalmente felice.

Qualcosa si incrina ancora nel passaggio da un ricordo all’altro. È come se le immagini andassero al rallentatore, e i contorni delle figure tremano.
L’ultimo ricordo è talmente breve che potrei essermelo immaginato.

“...Puoi sempre accompagnarla alla festa di Holloween di Lumacorno, se proprio ci tieni, ma non insistere sugli allenamenti” Octavia afferma convinta al centro di una stanza poco illuminata.
Un Bellamy dall’aria impacciata si passa una mano fra i capelli e dopo quello che sembra un breve conflitto interiore chiede: “Hai già intenzione di andarci con qualcuno?” Clarke sembra persa nei suoi pensieri, tanto da non aver sentito neanche la domanda. Quando Bellamy si schiarisce la gola ancor più imbarazzato si riscuote. “Ehm… come scusa?” Il ragazzo apre la bocca per ripetere la domanda…

In questo momento il ricordo si interrompe definitivamente e torno ad osservare la ragazza davanti a me.
Ancora una volta ha il fiato corto, ma ha il completo controllo di sé.
“Questo è un passo avanti.” Commento osservandola mentre si sposta dal centro della stanza per sedersi sul divano.
“Ti sei opposta sin dal principio, non è stato facile per me continuare dopo il primo ricordo” commento in attesa di una sua risposta. Mi siedo accanto a lei, che però continua a non guardarmi.
“Però ci sei riuscita.” Commenta infine.
Sospiro.
“Clarke, quello che stiamo facendo è molto complesso, nessuno si aspetta che da un giorno all’altro diventi una perfetta Occlumante. Sei riuscita a rallentarmi e infine a bloccarmi. Questo è un successo, devi esserne felice.” Cerco di rassicurarla.
Ma qualcosa mi dice che non ha funzionato, perché scuote leggermente la testa tenendo lo sguardo basso.
“Sono riuscita a fermarmi solo perché non volevo che… insomma… credo che il problema sia che non mi interessa se vedi la maggior parte dei miei ricordi, ma alcuni…”
Deglutisco le emozioni che queste sue frasi balbettate mi suscitano. Ci penserò dopo, ma ora è essenziale che lei capisca.
“Si dice che per essere un buon insegnante di Occlumanzia devi farti detestare dal tuo allievo… aumenti la motivazione sai… devi essere una persona con cui l’altro non vuole condividere assolutamente nulla. Quindi direi che noi partiamo svantaggiate.” Dico abbozzando un sorriso, incapace di trattenermi e finalmente, finalmente, le sfioro la guancia con la punta delle dita.
Lei socchiude gli occhi al contatto.
“È per questo che eri così distaccata?” chiede con voce piccola.
Io annuisco e riprendo il mio discorso.
“L’Occlumanzia è una scienza delicata… non solo è complessa, ma è anche debilitante se non svolta nel modo corretto. Dimmi, come ti senti in questo momento?” chiedo.
Lei si prende del tempo per pensare a una risposta.
“Un po’ sottosopra, come sempre… come dopo una forte emicrania, in cui non capisco se è passata del tutto o meno.” Precisa.
Io annuisco.
“Le continue escursioni nei tuoi pensieri, affaticano la tua mente, lasciandola più vulnerabile di prima. È per questo che è fondamentale esercitarsi ogni sera e mettere estrema convinzione e concentrazione durante le lezioni.” La guardo dritta negli occhi.
“Non voglio essere brusca – riprendo – ma non voglio neanche essere causa di una tua debolezza.”
Mi guarda e so che capisce quello che sto dicendo.
Si avvicina maggiormente incatenandomi al suo sguardo.
Sento il suo respiro sul mio viso e devo costringermi a tenere gli occhi aperti per specchiarmi nei suoi, che ora contengono una scintilla di malizia.
“Comunque… puoi sforzarti quanto vuoi, ma non credo riuscirai a farti detestare da me… Il che non ci rende compagne di studio ideali… ma almeno ci permette di fare… questo.”
E mi bacia, e come ogni volta che lo fa io smetto di ragionare… di voler ragionare.
Mi spinge indietro sul divano così da stare più comode entrambe, la mia schiena arriva ad appoggiarsi al bracciolo e lei si posiziona tranquillamente sopra di me, mentre continua a giocare con le mie labbra.
Porto le mie mani sul suo viso e delicatamente lascio che le mie dita le sfiorino delicatamente la fronte, scostandole i capelli, per poi scendere sulle guance, giù per il collo e sulle spalle, come per tracciare il contorno del suo corpo. Lei non interrompe il contatto, approfondendo il bacio e mi ritrovo a dover nuovamente sforzarmi nel controllare la mia mente per non perdere di vista l’obiettivo delle azioni che sto facendo. Anche se in modo totalmente diverso rispetto a poco fa, e mille volte più piacevole.
Lotto con la distrazione mentre conduco le mie mani sulla sua schiena e le sollevo leggermente il maglione per aver accesso alla sua pelle, e da lì riparto con l’esplorazione del suo corpo con la punta delle mie dita.
Un brivido la percorre e la sua pelle si increspa al mio passaggio, mentre la sfioro, vertebra per vertebra, con una delicatezza estrema, ma la sento troppo calda perché possa essere per il freddo.
Così mi ritrovo a sorridere sulle sue labbra, lottando per mantenere il controllo sul bacio.
Mi stupisco anche io quando invece di continuare a sfiorarla, le afferro in modo deciso i fianchi per attirarla maggiormente a me, facendo aderire i nostri corpi.
Si lascia scappare un gemito strozzato e improvvisamente io ho tanto, tanto caldo.
E lei sembra comprendere il mio stato in questo momento perché si stacca dalla mia bocca per scendere lentamente verso il mio collo. E io sempre con gli occhi chiusi mi spingo ancor di più contro il divano per concederle più accesso, lasciandomi scappare un sospiro.
Clarke Griffin sembra essere nata apposta per lasciarmi piccoli morsi e baci sul collo. O forse è il mio collo ad esistere apposta per essere dolcemente torturato da Clarke Griffin.
Quando sento di non poter più sopportare questa situazione sposto una mano dalla sua schiena al suo viso e la costringo a tornare sulle mie labbra, e questa volta lei si lascia baciare dolcemente.
Mi stacco da lei e apro gli occhi, in tempo per vederla mentre si sposta piano da sopra di me, arrivando a sdraiarsi al mio fianco.
Rimaniamo sdraiate una verso l’altra e porto una mano sul suo fianco, continuando a lasciare leggere carezze, mentre lei fa lo stesso sulla mia spalla.
Nessuna delle due ha bisogno di dire che la lezione è finita.
“Hai appena reso dieci volte più complicato svuotare la mente prima di andare a dormire.” Spezzo il silenzio sussurrandole queste parole accompagnate da un sorriso.
“Considerala una piccola vendetta..” risponde lei, ricambiando.
Non rispondo.
Potrei stare così per sempre e mi chiedo per la millesima volta in queste ultime settimane cosa ho fatto per meritarmi tutto questo.
Chiudo gli occhi godendomi tutte queste sensazioni.
“Clarke Griffin, vieni con me alla festa di Lumacorno.” Non è una domanda, perché entrambe sappiamo bene la risposta, ma voglio fare finta che tutto il resto del mondo in questo momento non esista, fare finta di non appartenere formalmente alle fazioni opposte della guerra.
E spero immensamente che lei capisca tutto questo, che non risponda riportandomi alla realtà, ma che continui ad alimentare le mie fantasie.
“Certamente, Lexa Woods.” Risponde lei e credo di non poter mai più smettere di sorridere.
Apro gli occhi e vedo i suoi che mi osservando con dolcezza.
“Bellamy non ci resterà male?” chiedo lasciando ad un tratto che l’insicurezza prenda il sopravvento.
Ma lei continua a sorridere.
“Se ne farà una ragione.” Risponde avvicinandosi per lasciarmi un piccolo bacio sulla fronte.
Sospiro godendomi il contatto.
“Sai, non avevo mai provato tutte queste emozioni in vita mia.” Le dico ad un tratto.
“Quali emozioni?” chiede curiosa, ma con sguardo furbo.
“Tutte queste!” dico toccandomi il cuore e accennando una risata perché so bene di essere vaga.
“Risposta interessante, Woods, ma sarebbe utile se fossi appena un po’ più precisa.” Commenta con un sorriso sardonico.
Prendo un bel respiro prima di cercare di spiegarmi meglio.
“Beh, a volte mi sembra impossibile smettere di guardarti, devo costringermi a non pensare a te nei momenti meno convenienti. Quando ripenso a tutto quello che è successo tra noi non riesco a credere che sia vero, oppure sento il cuore scoppiarmi di gioia.”
Mi fermo a guardarla, ma quando vedo che sta per rispondermi la interrompo perché ormai tanto vale che vada fino in fondo.
“Sento paura, tanta paura. – riprendo seriamente – paura che qualcosa vada storto, paura di essere scoperta, paura che succeda qualcosa alle persone a cui tengo, e paura di deluderti di nuovo.”
Mi interrompo nuovamente per prendere fiato.
“E poi ci sono i momenti in cui non capisco cosa mi prenda, quei momenti in cui penso che tu meriti qualcuno migliore di me e allo stesso tempo non voglio neanche pensarci. Momenti in cui vederti vicino a persone come Niylah o Bellamy mi impediscono di ragionare correttamente e vorrei solo stringerti tra le mie braccia. E poi mi sento in colpa per dover sottostare al tocco di Echo.”
Di nuovo fa per parlare ma la blocco immediatamente.
“E poi ci sono momenti come questi. In cui sto bene al punto da non riuscire a riconoscermi.”
Gli occhi di Clarke sono lucidi.
“Wow” dice quando capisce che ho finito.
E adesso subentra l’imbarazzo per essermi lasciata sfuggire così tanti dettagli della mia vita interiore.
Se Anya lo sapesse mi perseguiterebbe fino alla fine dei miei giorni.
“È bello avere accesso ai tuoi pensieri qualche volta…nei modi tradizionali soprattutto..” aggiunge con un sorrisetto.
Sbuffo fintamente infastidita.
“È un privilegio di pochi, anzi pochissimi, sappilo.” Dico sostenuta.
“Lo so bene.” Mi dice.
“Grazie” sussurra poi salendo ad accarezzarmi il viso.
“Grazie a te.” Le rispondo, stupendomi ancora di quanto sia diventato facile dirle queste parole.
Lei si sporge leggermente per sfiorarmi appena le labbra con le sue.
“C’è una cosa però… - riprende riallontanandosi leggermente – non posso credere che non ci sia stato nessuno che prima di me ha scalfito la tua corazza da Woods.”
Improvvisamente il mio umore cambia, mentre mi perdo inevitabilmente nei ricordi.
Sento le sue dita sfiorare il dorso della mia mano sul suo fianco e in modo automatico intreccio le nostre dita portandole nel piccolo spazio tra noi.
“In realtà – mi fermo per schiarirmi la gola – c’è stato qualcuno di speciale per me in passato. Il suo nome era Costia.” Guardo Clarke che mi guarda con sguardo indecifrabile. Forse ha capito che qualcosa non è andato nel verso giusto, o forse sta solo aspettando che io continui il mio racconto.
“Lei era la vicina di casa di Indra, l’amica di mia madre.” Dico.
“Era?” chiede lei infine con molto tatto, quando la mia pausa si prolunga.
Annuisco.
“Apparteneva a una famiglia di Babbani. L’ho conosciuta quando ero ancora una bambina e spesso io e mia madre passavamo del tempo da Indra, quando mio padre lavorava. Giocavamo insieme in giardino, era la mia unica amica, anche se dovevo tenerle nascosti i miei poteri che cominciavano a prendere il sopravvento su di me. Ci volevamo molto bene, e quando mia madre è morta, Indra l’ha portata al funerale. Da allora ci siamo viste sempre meno, solo quando Indra riusciva a portare me e Aden via dalla casa di mio padre. E poi sono venuta qui ad Hogwarts, e il tempo a nostra disposizione era sempre meno. Nonostante tutte le nostre differenze con lei stavo bene, fingevo che nulla di male stesse succedendo. Ho capito di provare qualcosa di diverso per lei, qualcosa che non provavo per Anya, per esempio.”
“Poi cos’è successo?” chiede lei come se avesse paura di rovinare il momento.
“Nell’estate tra il quinto e il sesto anno, quando sono andata a trovare Indra, le ho confessato i miei sentimenti e lei ha ricambiato… subito prima di dirmi che si sarebbe trasferita con la sua famiglia.”
“Trasferita dove?”
“Non me l’ha detto, lontano comunque. Le uccisioni di famiglie babbane erano ormai all’ordine del giorno, e anche se i suoi genitori non avevano idea di quello che stesse succedendo avevano deciso di andarsene dall’Inghilterra per stare più al sicuro. Da quel giorno non l’ho più vista, né ho più avuto sue notizie.” Termino il mio racconto con una tranquillità che quasi sorprende anche me.
“Oh Lexa, mi dispiace..” Inizia lei con sguardo colmo di comprensione.
“Meglio così – intervengo io però – almeno è lontano da questa guerra, da questa gente folle.”
“E da te.” Commenta però lei, quasi insicura, ed è così strano vederla in questa situazione che non so cosa dire.
Così non dico niente, ma le lascio un dolce bacio, come poco fa lei ha fatto con me.
E lei si lascia stringere a me, mentre un silenzio, che nonostante tutto risulta rassicurante, torna ad invadere l’aria.
“Io sono qui, e non c’è posto migliore per me di questo.” Sussurro dopo quelle che sembrano ore.

 
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Di nuovo sembra che il tempo si prenda gioco di me e dei miei pensieri: mi sembra passato solo un giorno dalla prima lezione di Occlumanzia con Clarke, e invece siamo già all’ultimo giorno di Ottobre.
Il tempo mi è sfuggito tra le dita: i minuti, le ore, i giorni e le settimane sono trascorsi silenziosamente, senza apparentemente lasciare traccia del loro passaggio, tre lezioni scolastiche, corsi, appuntamenti con Aden in biblioteca, con Clarke nella Stanza delle Necessità e in giro per il castello durante le ronde notturne. Persino gli incontri con i futuri Mangiamorte non hanno appesantito le mie settimane. Ed infatti è qui che mi trovo, in un’aula nei sotterranei del castello, probabilmente sconosciuta a qualsiasi persona che non sia qui presente.
Echo è, come al solito, al mio fianco, la mano che mi accarezza distrattamente la coscia con la punta delle dita mentre ascolta il discorso di Ontari.
È assurdo quanto riesca a rimanere indifferente al suo tocco e mi costringo a trattenere un sorriso al pensiero di come è finito il nostro ultimo incontro.
Mentre pensavo disperatamente a come togliermi da una situazione alquanto inopportuna con lei, Anya – la splendida, intelligente, brillante e tempestiva Anya – è piombata tra noi come un falco e liquidando con un gesto della mano la bionda, si è rivolta a me senza accettare alcuna replica.
“Tu – ha esordito puntandomi un dito contro – tu, cosa aspettavi a dirmi che alla festa di Lumacorno ci sarà nientemeno che Gwenog Jones, il più giovane capitano della storia delle Holyhead Harpies! Se Lumacorno non l’avesse accennato oggi a lezione non ti saresti nemmeno degnata di dirmelo! E dovresti essere mia amica! L’unico modo che hai per farti perdonare è portarmi alla festa e fare in modo che riesca a parlare con lei, mi hai capita?”
Anche se Echo aveva aperto la bocca per replicare o per reclamare una posizione che pensa di avere tra noi, Anya ha continuato imperterrita.
Eh no, bel faccino, non mi interessa cos’hai da dire, ci andrai un’altra volta, ma questa volta non mi interessa assolutamente nulla. Ci andrò io e le parlerò.”
E senza più dire una parola, Anya – ho già detto quanto sia speciale quella ragazza? – è uscita come una furia di scena, lasciando una Echo con la bocca ancora aperta per risponderle.
La mia alzata di spalle accompagnata da un sorriso di scuse non è servito a rabbonire la bionda, che, per vendicarsi, ha iniziato ad allontanarsi con fare provocatorio.
Il contatto che mi sta concedendo in questo momento dovrebbe essere una magnanima tregua al suo periodo di risolutezza, e posso accettarlo senza problemi.
Anzi, decido quasi di esagerare cingendole le spalle con un braccio.
Lei alza la testa sorpresa e si lascia scappare un sorriso, prima di tornare ad osservare mia cugina che cammina in mezzo al circolo dei Serpeverde.
Focus, Lexa.
Mi costringo a tornare sul pezzo.
“E quindi è confermato che un altro gruppo di Giganti delle Alpi francesi è passato tra le fila del Signore Oscuro e sono in marcia verso la Gran Bretagna. E a proposito di giganti…” Ontari si ferma un istante in modo teatrale.
Quando è sicura di avere l’attenzione di tutti su di sé, prende un respiro e con un sorriso cattivo riprende.
“Proprio i giganti potrebbero far parte del prossimo piano che il Signore Oscuro ha in mente proprio per i nostri cari compagni di scuola.” Si ferma come per osservare la reazione di noi presenti.
Il battito del mio cuore aumenta leggermente, mentre resisto all’impulso di irrigidire i muscoli del corpo per non destare sospetti, soprattutto visto che Echo è qui attaccata a me.
Eccoci, ci siamo. Il momento tanto temuto e atteso è arrivato.
Ed ora si va in scena.
So perfettamente che il mio sguardo dall’esterno mostra principalmente indifferenza, tuttalpiù un minimo di curiosità per il nuovo piano.
“Cosa sai, Ontari?” chiede Alecto Carrow pendendo dalle sue labbra.
Ontari scrolla le spalle fingendo superiorità, ma è chiaro di essere molto orgogliosa del ruolo da tramite che svolge tra i Mangiamorte e gli studenti.
“Ho ricevuto una lettera da mia madre un po’ di tempo fa, ma non vi ho comunicato nulla perché era ancora tutto da decidere, ma il signore Oscuro è intenzionato a non permettere che i pupilli di Silente pensino di essere al sicuro. Tuttavia, considerate le nuove misure di sicurezza imposte da Silente alla scuola – e si ferma per fare una smorfia contrariata – attaccare direttamente il castello non è un’opzione da considerare. Per ora. Per questo ha deciso di attaccare…”
Oh no… riesco solo a pensare senza far trasparire l’orrore sul mio viso.
“… Gli studenti che torneranno a casa per le vacanze di Natale, al binario 9 e tre quarti.”
Bomba sganciata.
C’è un istante di silenzio inquietante che precede lo scoppio di approvazione nella stanza.
“È ora che i Sanguesporco e i Mezzosangue abbiano quello che meritano!” urla Amycus Carrow con la solita arroganza ignorante che lo caratterizza.
Molti approvano le sue parole ma è Rookwood che interviene.
Augustus Rookwood è una delle persone più scaltre e crudeli che conosca, ancor più di mia cugina. Suo padre lavora nell’Ufficio Misteri al Ministero, e l’anno prossimo Augustus lo raggiungerà, probabilmente aiutandolo anche a passare informazioni a Voldemort dall’interno. Ma il Ministero è troppo pieno di spie al momento per denunciare lui e gli altri traditori che operano a su interno.
“Come pensano di agire?” chiede con la sua voce strascicata.
“È questo il bello, amico mio – gli risponde Ontari – la domanda giusta è come pensiamo di agire.”
Ci guarda tutti prima di spiegarci ulteriormente, e fissa gli occhi su di me un istante più degli altri.
“Abbiamo voce in capitolo questa volta, e dei compiti. Dobbiamo proporre alcune idee al signore Oscuro, che le vaglierà attentamente prima di decidere.” Continua.
Un bisbiglio eccitato cresce tra il gruppo.
“Ma prima – riprende facendo calare nuovamente il silenzio – dobbiamo capire quali sono le difese che Silente ha in mente di porre per il rientro a casa dei suoi cari studenti e per questo – mi guarda fissa negli occhi – chi meglio di una Caposcuola per scoprirlo?”
È una prova, lo so.
Mi sta mettendo alla prova, non solo per vedere la mia reazione, ma per sapere se effettivamente sono degna di fiducia o meno.
E quando tutti gli occhi della stanza sono su di me, compresi quelli di Echo che si è allontanata per osservarmi meglio, capisco che è questo il momento in cui mi devo giocare il tutto per tutto, che è questo il momento in cui devo agire in relazione alle scelte che ho fatto. Il momento in cui si scende nell’arena e non ci si può più guardare indietro.
Dopo anni e anni di allenamento nel nascondere ogni tipo di emozione ad occhi esterni ancora mi stupisco di quanto mi riesca facile bloccare tutto. O forse è tutta l’Occlumanzia che sto praticando nell’ultimo periodo che mi sta aiutando ancor di più.
Mi raddrizzo tranquillamente sulla sedia e mi schiarisco leggermente la gola prima di parlare con tono tranquillo e controllato.
“Su questo non credo ci saranno particolari problemi, Silente ci sta aggiornando sulle misure di sicurezza, sono sicura che organizzerà una riunione per parlarci anche di quelle applicate sul trasporto a casa degli studenti.”
Sicura e concisa. Ontari sembra stranamente apprezzare le mie parole.
“Perfetto, confido che ci riporterai quanto appreso appena possibile dunque.” Conclude.
Annuisco semplicemente, come se fosse superfluo risponderle.
“Tornando al resto – riprende – servono idee per organizzare l’attacco dei Mangiamorte.”
Il silenzio cala mentre tutti cominciano a pensare.
È Rookwood a rompere il silenzio.
“Direi che possiamo iniziare a creare un po’ di scompiglio già sul treno in arrivo in stazione. Spaventiamo gli studenti, specialmente i primini, così non appena le porte si apriranno si precipiteranno fuori, dove però…”
“Troveranno altri problemi ad attenderli. Ed essendo inesperti saranno solo d’intralcio agli studenti più grandi, ancora bloccati nei vagoni.” Conclude per lui Ontari con un ghigno di apprezzamento.
Lui annuisce, prima di riprendere la parola.
“Però abbiamo bisogno di mantenere nascoste le nostre identità. Non so voi, ma io ho bisogno dei miei M.A.G.O. di quest’anno per entrare al Ministero, e non ho alcuna intenzione di farmi espellere proprio ora.”
Ontari annuisce pensierosa.
“Credo che questo non sia un problema, dovrei chiedere a mia madre se fosse possibile avere qualcuna delle loro maschere per deviare i sospetti. Avevo un’idea anche io, comunque, come prima vi accennavo. Giganti.” Parla con uno scintillio malsano negli occhi.
Riesco a vedere la scena, ragazzini che urlano in panico sulla banchina, incantesimi che volano da ogni parte grazie a Mangiamorte incappucciati, fumo e dolore. E a dominare la scena un paio di giganti che calpestano e devastano qualsiasi cosa abbiano a tiro.
Non posso accettarlo.
Una risata sarcastica esce rapida dalla mia bocca, riportando l’attenzione dei presenti su di me per la seconda volta in pochi minuti.
Ontari mi guarda offesa, sfidandomi però a parlare.
“Io non ci tengo ad essere calpestata dai giganti, sai? Prima o poi dovremo scendere dal treno, e la banchina è piuttosto stretta, non credo che i giganti si farebbero molti problemi su dove appoggiare i loro piedi. E anche se hanno dichiarato fedeltà al Signore Oscuro sono convinta che non si preoccuperanno di schiacciare i suoi seguaci.”
Qualcuno borbotta convinto dalle mie parole. Evidentemente l’istinto di sopravvivenza ha la meglio sulla loro smania di punire i Mezzosangue.
Ontari accusa il colpo delle mie parole, ma si riprende velocemente.
“Allora cosa proproni Alexandria?” chiede mettendomi nell’angolo.
Complimenti Lexa, e adesso?
Solo un’idea si fa largo nel mio cervello. Una pessima idea.
Non lo dire, non lo dire, non lo dire.
“Dissennatori.” Dico velocemente, come per non cambiare idea. Mi pento immediatamente ma ormai la bomba è sganciata. Odio quelle creature, non è una semplice repulsione, è proprio… paura.
Ontari assottiglia lo sguardo.
“Immaginate quanta eccitazione ci sarà nell’aria con tutti gli studenti che vogliono riabbracciare i propri genitori. Per loro sarà come un banchetto, li farà impazzire.”
Concludo come se fosse la cosa più banale del giorno, anche se in realtà è probabile che abbia appena firmato la mia condanna a morte.
Qualcuno annuisce.
“Molto bene – riprende Ontari – terremo a mente questa proposta, nel frattempo continuate a pensarci. Ci riaggiorniamo.”
Ad uno ad uno iniziamo ad uscire dalla stanza per tornare alle rispettive attività.
Io devo tornare nel Dormitorio per prepararmi per la festa, ma sono ancora in modalità Serpeverde, quindi mi attardo ad osservare tutti uscire con aria indifferente, e infine accetto la mano di Echo, che ora mi guarda ammirata, e la seguo fuori.
Devo parlare con Silente, e anche con Clarke. Devo capire come muovermi, organizzare le mie prossime mosse. Devo scusarmi con Silente, perché è colpa mia se la stazione pullulerà di Dissennatori e spero, spero davvero che nessuno si farà male per questo.
Ma prima, per quanto mi sembri assurdo, c’è una festa a cui devo partecipare.
 
 
*.*.*
 

[Clarke]

“Ancora non ho capito perché non hai accettato l’invito di Bellamy.” Sento la voce di Octavia dall’altra parte della stanza.
È sdraiata sul mio letto, incurante che possa stropicciare il vestito che ha messo per la festa di Halloween di Lumacorno, a cui parteciperà come invitata di Lincoln. Raven, invece, è appollaiata sulla finestra, la divisa sostituita da un abbigliamento più comodo, intenta a leggere una rivista di quelle che credo essere auto sportive babbane.
Ancora non ho capito come faccia a farsele arrivare via gufo, ma conoscendola è meglio non chiedere spiegazioni.
“Non voglio che Bellamy fraintenda.” Dico semplicemente quando ritorno dal giro dei miei pensieri.
“Beh, in realtà ho sempre pensato che ci fosse qualcosa tra voi, e da quando non stai più con Finn, e la storia con Niylah non ha funzionato…” lascia la frase in sospeso e io sbuffo scocciata.
“Ancora con questa storia? Bellamy è come un fratello per me, niente di più.” Mi fermo un attimo a pensare alla mia affermazione…
“Il che – riprendo girandomi a guardare la mia amica – rende di te la mia irritante sorella minore.” Concludo con un ghigno.
Punta sul vivo Octavia reagisce.
“Irritante? Io? Come osi Griffin?” e faccio appena in tempo a reagire quando vedo che afferra il primo oggetto che le capita a tiro – ovvero la mia sveglia – per lanciarmelo addosso.
Seguo con lo sguardo la sua traiettoria e con un movimento rapido e preciso lo afferro al volo con una mano sola.
“Maledetti riflessi da Cercatrice.” Brontola la mia amica mentre io, sempre noncurante mi avvicino a lei per riappoggiare la sveglia sul comodino.
“150 punti per Griffin! La partita è conclusa!” commenta dopo un lungo silenzio Raven, scendendo fluidamente dalla finestra per sedersi vicino ad Octavia.
“Andiamo O, non essere triste, i Griffin mi hanno praticamente adottata, quindi sono una sorella acquisita di Clarke, che considera Bellamy suo fratello ed essendo tu la sorella di Bellamy…. Siamo sorelle anche noi!” esclama e io e Octavia non possiamo fare altro che essere travolte dal suo abbraccio guardandoci spaventate dai ragionamenti della nostra amica… o sorella come ha stabilito.
Lo strambo abbraccio si scioglie e io, dopo aver finito di truccarmi leggermente, infilo il vestito che ho scelto per l’occasione.
È bianco, dignitosamente accollato e lungo, considerando che ha passato i controlli di mia madre. Ma ne sono soddisfatta anche io visto che ormai il clima è definitivamente freddo e gli spessi muri di pietra e gli spifferi non contribuiscono a mantenere il calore dei camini.
“Comunque – riprende O, e chiudo gli occhi sperando che la smetta di tartassarmi su suo fratello - sono contenta di esserci anche io, almeno non sarai sola.”
Mi giro nuovamente a guardarla.
“È una festa Octavia, non sarei stata da sola nemmeno se non fossi venuta tu.” le dico sperando che non se la prenda troppo per il mio tono secco.
Ma ha passato le scorse settimane a tartassarmi, prima con la storia del Quidditch, poi con l’invito di suo fratello. E anche dopo aver confermato a Bellamy che sarei andata da sola ha continuato ad insistere, come per farmi inconsciamente sentire in colpa…. Come se non fosse bastato lo sguardo deluso di Bellamy.
Ma non potevo proprio averlo lì, non quando nella stessa stanza ci sarà anche Lexa… Lexa con il suo sguardo all’apparenza talmente freddo e distaccato da far rabbrividire, ma tanto dolce e comprensivo che si manifesta dopo aver abbattuto le sue difese…
Raven si schiarisce la gola e mi guarda maliziosamente.
Di nuovo mi sono persa nei miei pensieri, e quando riporto lo sguardo sulla mia amica noto che Octavia, stranamente, non se l’è presa per le mie parole brusche, ma mi sta osservando con sguardo concentrato.
Ricambio cercando di sembrare indifferente per non tradirmi.
“Tu mi nascondi qualcosa, Griffin.” Ecco qui, sapevo che sarebbe giunto questo momento prima o poi.
Io scrollo le spalle.
“Non so di cosa tu stia parlando, Blake.” Le rispondo girandomi nuovamente verso lo specchio per aggiustarmi i capelli.
Ma ormai la bomba è lanciata e so bene che Octavia non si fermerà così facilmente.
“Andiamo Clarke, hai appena detto che sono praticamente tua sorella, non puoi avere segreti con me!” commenta.
“Certo, perché tu non hai mai avuto segreti con Bellamy, o con noi.” Commenta Raven cercando di tirarmi fuori dai guai.
“Va beh vi ho nascosto solo di Lincoln, era una questione delicata e io... Un momento - si blocca a metà frase lasciando la bocca aperta e gli occhi sgranati. – ti stai vedendo con qualcuno! È per questo che hai rifiutato Bellamy! Ed è anche qualcuno che non dovresti vedere, visto che non ne hai parlato. Clarke Griffin!!”
“Oh no…” sussurro io chiudendo gli occhi, colta in flagrante.
“Parla, ora!” ordina puntandomi contro un dito con fare minaccioso.
“Octavia… - inizio titubante e decido che sarò sincera, ma non adesso – facciamo così, vediamo come andrà la serata, sono sicura che capirai da sola perché non te ne ho parlato, ma se avrai qualcosa da chiedermi prometto che ti risponderò, adesso dobbiamo andare e non possiamo stare qui a discutere, ok?”
Forse è la mia promessa di spiegarle, forse ora è curiosa di andare alla festa per vedere se riesce a capire chi è, o forse è solo il mio tono stanco che la convince a non insistere.
“D’accordo.” Dice semplicemente e inizia ad infilarsi le scarpe per andare.
Sospiro di nuovo mentre infilo anche io i tacchi, già sapendo che a metà serata mi pentirò di non aver scelto scarpe più comode.
Raven si alza per salutarci.
“In serate come queste mi pento di far saltare in aria la stanza di Pozioni praticamente una volta alla settimana. Divertitevi anche per me, sorelle!” esclama.
Abbraccia Octavia e le sussurra nell’orecchio qualcosa che assomiglia a un “Non tormentarla troppo.”
Poi si gira verso di me e mi cinge delicatamente i fianchi.
Mi lascio rassicurare dalla sua stretta e sto per ringraziarla per tutto quello che sta facendo per me in questi giorni, ma è lei che parla per prima.
“Ricordati di chiudere la bocca quando guardi Lexa, non vorrai macchiare questo bel vestito di bava!” sussurra piano in modo che senta solo io.
“Raven!!” esclamo per metà schifata e per metà punta sul vivo, mentre mi allontano da lei.
Octavia si gira a guardarci sospettosa.
“Allora, andiamo o no?” dice.
“Andiamo, divertiti Raven.” Dico cominciando a scendere le scale a chiocciola.
“Anche voi!” urla di rimando con una mezza risata.
Scuoto la testa e seguo Octavia fuori dalla sala comune.
Il nervosismo degli ultimi minuti, e delle ultime settimane, lascia finalmente il posto a una strana eccitazione.
Abbiamo scherzato sull’andare alla festa come coppia, anche se sapevamo perfettamente che non sarebbe stato possibile, e anche se io sarò da sola e tu con Anya, come mi hai detto durante il nostro ultimo incontro, sono estremamente felice. Saremo insieme, e questo basta.
 
 
  
L’ufficio magicamente allargato di Lumacorno è addobbato con ghirlande, zucche giganti e pipistrelli dall’aria non troppo finta; un clima festoso alleggia nell’aria, tra il chiacchiericcio degli invitati e i sorrisi gentili dei camerieri che si muovono agilmente tenendo in bilico vassoi carichi di calici di cristallo.
Ho convinto Octavia a godersi la sua serata con Lincoln senza preoccuparsi per me, per una volta che Bellamy non è qui a vigilare su di lei, ma so che in un modo o nell’altro mi terrà d’occhio.
Sono stranamente colpita dalla loro storia, anche se all’inizio eravamo tutti perplessi riguardo la loro relazione, ed anche preoccupati che potesse accadere qualcosa di brutto alla nostra amica. Dopo aver conosciuto anche solo superficialmente il ragazzo Serpeverde ci siamo dovuti ricredere. Non farebbe mai male ad Octavia, questo è chiaro anche al peggior osservatore del mondo magico, e perfino Bellamy si sta arrendendo all’evidenza.
Faccio scorrere lo sguardo su tutti i presenti, il cuore che accelera leggermente i suoi battiti per l’aspettativa di vedere la persona per cui sono venuta stasera. Un sospiro di frustrazione scappa dalla mia bocca quando mi accorgo che non è ancora arrivata.
Mi muovo fra la gente cercando di non essere notata da Lumacorno, che solitamente utilizza queste feste per presentarmi agli esponenti della comunità magica come un esemplare di ragazza famosa da compatire. Figlia del capo dipartimento degli Auror, tragicamente morto in battaglia, e del direttore del reparto d’urgenza del San Mungo, ospedale per ferite e malattie magiche. Un trofeo insomma, e per di più la mia media alta e il mio discreto aspetto fisico non guastano, perciò ogni volta mi trovo a stringere le mani di pomposi maghi e streghe che con facce contrite mi porgono le loro condoglianze.
Questa sera vorrei proprio evitare tutto ciò.
Anche se la serata è appena iniziata afferro al volo un calice dal vassoio del cameriere a me più vicino, offrendogli un piccolo sorriso in cambio.
Inizio a sorseggiare quello che credo essere un leggero vino elfico mentre continuo a tenermi un po’ in disparte.
“È già ora di bere, Clarke?” sento provenire dalla mia destra.
Immediatamente sorrido mentre mi giro verso Wells e faccio scontrare il mio bicchiere con il suo.
“Non è mai troppo presto, direi.” Commento io.
“Per le feste di Lumacorno, hai ragione.” Risponde con un sorriso. “Cosa ci fai qui tutta sola?”
“Non è chiaro? – rispondo – mi nascondo da Lumacorno, e credo sia la stessa cosa che stai facendo anche tu.”
Lui sorride colpevole, e so che se c’è qualcuno che mi capisce in questa stanza è proprio lui. Chi meglio del figlio del Ministro della Magia sa cosa vuol dire essere famoso a causa dei propri genitori?
“Come te la passi, Clarke? È tanto che non parliamo un po’” chiede con il solito tono gentile.
Scrollo le spalle. “Tutto come al solito direi, hai ragione, mi mancano le nostre ronde.”
Non è totalmente vero, certo, un po’ mi dispiace non passare più così tanto tempo con il mio amico di infanzia, ma onestamente non credo di aver fatto una scelta migliore in vita mia dell’aver cambiato le ronde dei Caposcuola.
Anche perché per quanto io apprezzi sempre la compagnia di Wells, non è paragonabile al tempo che ho iniziato a trascorrere con…
“Signorina Woods! Che piacere vederla!” tra il chiacchiericcio emerge la voce profonda di Lumacorno che attrae la mia attenzione.
Alzo gli occhi automaticamente e quello che vedo mi colpisce con una potenza inimmaginabile.
Lexa è al centro della scena, o forse solo della mia attenzione.
Il punto fondamentale è che è bella da togliere il fiato.
Merlino, ho sempre saputo che fosse una ragazza attraente, ma forse non mi ero mai resa conto di quanto sia davvero.. bella. Non ci sono altre parole se non questo banale aggettivo, ma è qualcosa di sconcertante.
La osservo mentre mette sul viso un mezzo sorriso, forse un po’ imbarazzato dall’attenzione che le stanno dimostrando le persone a lei vicine richiamate dalla voce di Lumacorno. Si passa una mano fra i lunghi capelli scuri, che stasera sono sciolti dalle sue solite treccine e li porta tutti su un’unica spalla, coprendo la spallina del vestito verde che indossa.
Il vestito verde che indossa.
Fortunatamente le parole di Raven mi risuonano nelle orecchie e non so come riesco a chiudere la bocca e decido di non concentrarmi sull’abito che Lexa sta indossando, quell’abito con una scollatura appena più pronunciata della mia, che mia madre avrebbe criticato, ma che indosso a lei riflette solo estrema eleganza.
Scendo con lo sguardo e osservo le sue lunghe gambe, lasciate in parte scoperte, fino a raggiungere le sue scarpe eleganti, tanto belle quanto scomode a prima vista, ma che lei indossa con disinvoltura, come se lo facesse tutti i giorni.
Forse sono tutte le serate di gala che, come me, è stata costretta a sopportare a causa della posizione di rilievo della sua famiglia nell’ambiente dei maghi purosangue.
Torno ad osservare il suo viso, coperto da appena un po’ di trucco che non fa altro che risaltarne la bellezza dei lineamenti e degli occhi.
Come se ne avesse bisogno. Deglutisco.
Guardo la sua bocca aprirsi in quella che credo sia un’espressione di scuse per il ritardo prima che la ragazza al suo fianco la interrompa bruscamente. A causa del brusio che è tornato a riempire la sala non riesco a comprendere bene le parole che si scambiano, ma sento chiaramente la risata di Lumacorno riecheggiare, mentre indica un angolo della stanza, dove un gruppetto di persone, compresi Lincoln e Octavia sta parlando con il capitano delle Holyhead Harpies. Anya si incammina con passo deciso, mentre Lexa alza gli occhi al cielo e toglie per un istante la sua maschera da Woods.
Maschera che torna un secondo dopo sul suo viso quando riprende a parlare con Lumacorno, che la presenta ai suoi ospiti. Questi stringono formalmente la mano di Lexa, evidentemente affascinati.
Comprensibile, direi.
Mi costringo a distogliere lo sguardo da quella scena per riportarlo su Wells.
Ma il mio amico sembra, fortunatamente, non essersi accorto della profonda ondata di calore che ha attraversato il mio corpo, ma è rivolto verso la giocatrice di Quidditch, grande attrazione della serata.
“Andiamo a sentire di cosa stanno parlando, Clarke? Sempre meglio parlare di Quidditch che di politica e di Ministero.” Commenta.
E io colgo l’occasione per liquidarmi da lui.
“Va pure, Wells, io penso di aver evitato Lumacorno anche troppo, e credo di dovermi far perdonare in qualche modo, altrimenti non mi inviterà più a queste feste.” Commento con un occhiolino, perché entrambi sappiamo che per nulla al mondo smetterebbe di invitare Clarke Griffin in queste occasioni.
Wells sorride mentre si allontana, e io prendo un respiro profondo prima di avvicinarmi a Lumacorno, ancora intento nella conversazione con Lexa e un altro paio di maghi che non riconosco.
Una volta vicina mi schiarisco leggermente la gola e preparo un’espressione di scuse mista a reverenza.
“Signorina Griffin! Ecco qui anche lei, è arrivata da tanto? Non l’avevo ancora vista!” commenta il professore.
“Il tempo di un drink, professore.” Commento con un sorriso, mostrando il bicchiere ormai vuoto che ho in mano.
“Vedo che ha sfruttato bene il suo tempo qui. Molto bene, molto bene, ma non mi permetterei mai di lasciare che le mie studentesse migliori rimangano con i calici vuoti a una delle mie feste. Ragazzo – si rivolge bonariamente a un cameriere lì vicino – porgi da bere alle ragazze, per favore.”
Sorrido gentilmente, mentre sento su di me lo sguardo di Lexa. Abbasso gli occhi un istante, prima di riportarli su di lei.
Come previsto mi sta osservando, sembrerebbe con gli occhi leggermente sgranati. Ma un attimo dopo rivolge un gesto educato ma freddo al cameriere che le porge il bicchiere, lo afferra e torna a dedicare la sua attenzione a Lumacorno.
“Ecco qui, ora si che si ragiona. – riprende Lumacorno – signorina Griffin, non so se ho mai avuto occasione di presentarle Barnabas Cuffe, vicedirettore della Gazzetta del Profeta, sicuramente direttore tra qualche anno.” Il mago alla sinistra di Lumacorno fa un gesto con la mano come per sminuire le parole del professore, per poi porgermi la mano, e stringere la mia con una stretta solida.
“Barnabas, questa affascinante signorina è Clarke Griffin, come ben sapete figlia di Abigail Griffin, direttrice di un reparto del San Mungo e di-“
“Jake Griffin – lo interrompe lui – credo di doverle le mie condoglianze, signorina Griffin, la perdita di suo padre è stato un duro colpo per la comunità magica, noi tutti della Gazzetta siamo vicini a lei e a sua madre.” Il discorso è talmente pomposo che mi verrebbe voglia di imitare i suoi gesti e il suo tono accalorato, ma con uno sforzo notevole riesco a evitare persino di alzare gli occhi al cielo, ma ringrazio educatamente il mago.
“Bene, bene – riprende Lumacorno – questo giovanotto, invece, è Dirk Cresswell, credo abbiate fatto in tempo a fare un anno qui ad Hogwarts insieme, prima che Dirk si diplomasse, con ottimi voti direi.” Commenta il professore indicando l’altro mago qui presente, decisamente più giovane del primo.
Cresswell mi rivolge uno sguardo imbarazzato dalle parole di Lumacorno e mi stringe la mano.
“Il signor Cresswell è il più giovane membro dell’Ufficio delle relazioni con i folletti, e secondo quello che dice il suo direttore, Cuthbert Mockridge, è anche il più promettente. Ma ovviamente non ne sono sopreso.” Prosegue il suo discorso.
“Mockridge è troppo gentile con me, così come lei, professor Lumacorno.” Commenta con un sorriso.
“Quante volte vi devo dire che dopo i M.A.G.O. dovete chiamarmi Horace?” esclama Lumacorno fintamente esasperato.
“Ora io e Barnabas dobbiamo rivolgere due parole a Eldred Worple riguardo il suo ultimo libro, voi godetevi la festa!” e con questo i due maghi più anziani si allontanano.
Torno a guardare Lexa, che però continua tranquillamente ad evitare il mio sguardo.
“Credo che per affrontare questa festa mi serva qualcosa di più forte. - Commenta Cresswell. – beviamo qualcosa?” ci chiede indicando con un cenno della testa un bancone dove sono state posizionate diverse bottiglie di alcolici.
Accetto volentieri, giusto per fare qualcosa e spero che Lexa faccia lo stesso, invece sento la sua voce, sempre distaccata, scusarsi e congedersi.
“Mi piacerebbe, ma devo assicurarmi che Anya non torturi troppo Gwenog Jones e non le rovini la serata. A più tardi.” E, senza rivolgermi un altro sguardo, se ne va lasciandomi immobile.
Dirk Cresswell si schiarisce la gola e solo in questo modo mi accorgo di essere rimasta ad osservare la figura di Lexa allontanarsi.
“Qualcosa di più forte, hai perfettamente ragione, andiamo.” Commento e seguo il ragazzo al tavolo degli alcolici.
“Punch?” chiede davanti a una grossa ciotola colma di un liquido rossastro.
Annuisco e ringrazio in risposta.
Mentre il ragazzo si occupa di riempire due bicchieri mi perdo un altro istante nei miei pensieri.
Chissà perché Lexa si sta comportando così. È vero, c’è qualche ragazzo Serpeverde del sesto e del quinto anno, ma senza ombra di dubbio non mi aspettavo tutta questa freddezza e questo distacco.
Ma forse ha ragione lei, dopotutto, è lei che rischia a starmi vicino in luogo pubblico, quindi è probabile che stia esagerando io.
Scrollo le spalle e afferro il bicchiere che Dirk mi porge.
“Allora – inizia – non ti chiedo cosa ci faccia qui la figlia di Jake e Abigail Griffin, perché mi sembra abbastanza ovvio, ma mi sorge una domanda. Seguirai le orme di tua madre o di tuo padre, l’anno prossimo?”
Sembra genuinamente interessato e immediatamente decido che Dirk Cresswell è un tipo a posto.
Così decido di godermi la serata, per quanto possibile.
“Non so ancora, sai. – rispondo sinceramente – sto seguendo i corsi che mi permetterebbero di accedere all’addestramento Auror come al tirocinio del San Mungo. Ovviamente mia madre propende più per l’ultima possibilità.” Concludo con una smorfia che lo fa sorridere ancor di più.
“Tu hai sempre saputo di voler lavorare con i folletti?” chiedo di rimando.
Lui scuote la testa, prendendo un sorso dal suo bicchiere.
“Ti stupirà saperlo, ma fino a dieci anni ho sempre pensato che il lavoro dei miei sogni fosse il calciatore.” Dice trattenendo una risata.
“Il… calciatore?” domando incredula.
“Un giocatore di calcio, uno sport..”
“Dei babbani, lo so, conosco il calcio – intervengo – una mia compagna di dormitorio è accanita tifosa dell’Arsenal, so anche tutte le regole.” Commento per spiegargli che non è un problema.
Solo non mi aspettavo che di questi tempi un mago nato in una famiglia di Babbani potesse iniziare a lavorare al Ministero della Magia.
Osservo Dirk Cresswell con un rispetto sempre crescente.
“E tu, Clarke? Qualche passione che potrebbe prendere il sopravvento su una carriera da Auror o da Medimago?”
“In effetti avevo una passione, più un passatempo, però.” Inizio titubante e lui mi incita a continuare con un sorriso incoraggiante.
“Ho sempre disegnato, da quando ero piccola. È iniziato come un gioco, ma con gli anni è diventato sempre più importante.” Spiego.
Lui annuisce seriamente.
“Che tipo di disegni fai?” chiede interessato.
“Oh un po’ di tutto, tempere, pittura ad olio, solo matita, ma il mio preferito è il carboncino. Ritraevo paesaggi, persone, quello che capitava.” Spiego un po’ imbarazzata.
“Ritraevi? – chiede curioso – non disegni più?”
“No.. è da un paio d’anni che ho smesso.” Dico senza dare ulteriori spiegazioni.
Non ci vuole un genio per collegare che un paio d’anni fa è anche morto mio padre, e lui, con tatto, non insiste.
“Beh credo sia un peccato, mi sarebbe piaciuto avere un Griffin appeso in salotto, magari raffigurante il professor Lumacorno mezzo ubriaco.” Commenta scherzoso.
“Certo alimenterebbe il suo ego sapere di avere una posizione così di rilievo in casa Creswell.” Sto al suo gioco.
“Sicuramente, peccato che la mia ragazza non me lo permetterebbe mai.” Scherza di nuovo.
E da lì inizia a raccontarmi della ragazza con cui vive, di come si sono conosciuti e dei loro progetti.
La conversazione prosegue tranquillamente, interrotta solo un istante dal ritorno di Wells e dalle rispettive presentazioni, e per un po’ riesco a non pensare a nient’altro.
Ma quando le voci vicino a me iniziano a diminuire, il mio sguardo si posa inevitabilmente su Lexa, che ora è nell’angolo opposto della stanza, mentre ascolta con aria indifferente una conversazione tra Anya e Lincoln, abbracciato ad Octavia.
Sono quasi tentata di raggiungerli e vedere la sua reazione, ma mi fermo.
Se si sta comportando così un motivo c’è e dovrò rispettarlo. Inoltre una minuscola parte di me non riesce a nascondere che questa sua aria fredda e distaccata, sicura di sé come se possedesse ogni piastrella su cui si posano i suoi tacchi sottili, abbia un certo effetto su di me, o su precise parti del mio corpo.
Come richiamata dal mio sguardo alza gli occhi e i nostri sguardi si incrociano.
Il suo rimane freddo, e questo mi porta automaticamente ad abbassare il mio, scuotendo leggermente la testa.
Torno a rivolgermi verso i ragazzi qui vicino, ma non riesco più a concentrarmi bene sulla conversazione.
Sarà anche che inizio a sentire una certa leggerezza, forse dettata dai due calici di vino elfico e dal Punch che ho appena finito di sorseggiare.
Improvvisamente uno spostamento d’aria dietro di me, mi fa voltare.
Ovviamente è Lexa, in tutto il suo splendore di questa sera.
“Scusate, dovrei riempire…” lascia la frase in sospeso e fa ceno ai due bicchieri vuoti che ha in mano, e che non avevo minimamente notato.
Osservo le sue mani, con le sue lunghe dita, che si muovono decise mentre riempiono i due bicchieri di Punch, senza farne cadere nemmeno una goccia.
Si gira dando le spalle agli altri e per un secondo siamo solo io e lei in questa stanza.
Perché mi sta guardando come ho sperato mi guardasse per tutta la sera.
E i suoi occhi si riempiono di dispiacere prima di dirmi solo due parole, sussurrate in modo che solo io riesca a sentirle.
“Devo parlarti.”
Annuisco appena, impercettibilmente, ma so che lei ha capito, visto il brevissimo sospiro di sollievo che emette.
Come se niente fosse successo torna dai suoi amici, lasciandomi con un barlume di speranza, ma anche con un po’ di preoccupazione.
I nostri sguardi si incontrano nuovamente dai due lati della stanza, e questa volta noto l’angolo della sua bocca sollevarsi appena, e gli occhi assumere un briciolo di calore che ha l’effetto di scaldarmi il cuore.
Nessuno che non abbia passato un bel po’ di tempo in compagnia di Lexa Woods se ne sarebbe accorto, e in qualche modo mi sento privilegiata nell’essere in quella cerchia ristretta di persona che ha la possibilità di conoscerla.
Quindi torno alla festa, mentre conto i minuti che mi separano dalla stanza delle Necessità.
 
 
*.*.*.*
 

[Lexa]

Cammino rapida per i corridoi ormai deserti della scuola. È tardi, molto tardi, come ogni volta dopo una festa di Lumacorno.
Il ticchettio dei tacchi contro il pavimento in pietra offre un sottofondo diverso rispetto al rumore delle mie solite scarpe.
Salgo velocemente una rampa di scale, incurante dei piedi che iniziano a farmi male. Sono stata abituata fin da bambina ad indossare scarpe scomode, ma da lì ad attraversare tutta Hogwarts di strada ne passa…
Tuttavia non accenno a rallentare il mio cammino.
Solo quando l’arazzo di Barnaba il Babbeo compare alla mia vista, informandomi di essere finalmente giunta al settimo piano, mi concedo una pausa per riprendere fiato.
Chissà se Clarke è già arrivata… era ancora nell’ufficio di Lumacorno quando sono uscita, ma ho allungato il mio tragitto per venire qui, arrivando fin quasi al primo piano prima di prendere una scorciatoia che mi ha riportata al quinto.
Prendo un bel respiro ed entro nella stanza che è appena apparsa davanti a me.
Faccio appena in tempo ad allontanarmi dalla porta e dare un’occhiata nella stanza prima che la stessa porta si riapra, per concedere l’ingresso a Clarke, in una situazione fisica molto simile alla mia. Gote leggermente arrossate, capelli appena fuori posto e respiro corto.
Merlino mi aiuti.
Ora come faccio a dirle che l’ho evitata tutta la sera perché non sarei riuscita a starle vicina mantenendo una dignità e un decoro degne di una serata del genere?
Come posso dirle che se mi fossi avvicinata, se avessi sentito il suo profumo o la sua risata, sicuramente tutti i presenti si sarebbero accorti di quanto batta il mio cuore?
Non pensavo mi sarei mai ridotta così.
Clarke alza gli occhi su di me e io non riesco a trattenere un sorriso alla sua vista.
Ma lei sbuffa e aggirandomi si dirige velocemente sul divano.
La osservo immobile e appena si siede si lascia andare ad un gemito e velocemente si sfila i tacchi, lanciandoli poco lontano da lei.
Appoggia la schiena al divano e chiude gli occhi.
Rimango incantata ad osservarla per diversi minuti, finchè lei apre un occhio e parla con una punta di sarcasmo.
“Puoi anche avvicinarti sai, non mordo, ormai dovresti saperlo.”
Effettivamente sono rimasta in piedi nello stesso punto da quando sono entrata nella stanza, e mi rendo conto solo ora che in tutta la sera le ho detto solo due parole, neanche troppo rassicuranti.
Credo sia il momento di recuperare, in fondo.
Quindi mi avvicino, mi accomodo elegantemente accanto a lei e tiro fuori la bacchetta.
Penso all’incantesimo di evocazione nella mia testa e muovo rapidamente la bacchetta.
Immediatamente compaiono una bottiglia e due calici dall’aria raffinata.
Clarke, che ha osservato attentamente tutta la scena, ora sposta lo sguardo su di me limitandosi ad inarcare un sopracciaglio.
“Mi permetta di offrirle da bere, signorina Griffin.” Dico accennando un sorriso mentre riempio i calici.
“E questa da dove viene?” mi chiede curiosa mentre ne afferra uno.
Prendo il mio e lo faccio delicatamente scontrare con il suo prima di risponderle.
“Dalla riserva di Lumacorno, probabilmente. L’ho fatto evanescere dal bancone dei drink prima di venire qui, così avrei potuto offrirti qualcosa e farmi perdonare per il mio comportamento di stasera.” Dico rapidamente.
Clarke mi guarda indecisa su cosa dire, poi sorseggia leggermente il liquido ambrato.
“E così sei una ladra, Woods, questo non lo sapevo.” Commenta infine.
Io scrollo e spalle.
“L’ho solo presa in prestito, domani la rimetterò al suo posto in qualche modo.”
Prende un altro sorso.
“E così pensi di farti perdonare facendomi ubriacare, una mossa un po’ meschina, non trovi?” chiede, ma sta sorridendo, quindi sto al gioco anche io.
“Se funziona, non lo rimpiango.”
“Allora ti farò sapere.”
Le sorrido e bevo anche io un sorso di Idromele.
“Scherzi a parte – riprende lei dopo poco – è successo qualcosa? Sapevo che non saremmo state insieme alla festa, ma non pensavo che…”
“Ti avrei ignorata fino a questo punto, lo so.” Concludo la sua frase lasciata in sospeso.
Prendo un bel respiro. Sapevo che c’era rimasta male, anche se non voleva darlo a vedere, per questo quando l’ho vista abbassare lo sguardo cercando di rimanere impassibile sono andata a “parlarle”.
“In effetti è successo qualcosa, prima di venire alla festa, ma quello non c’entra, cioè, ha a che fare con i Mangiamorte e te ne parlerò tra poco, ma non è il motivo principale per cui mi sono comportata così.”
Parlo abbassando lo sguardo.
Devo cercare le parole migliori per non apparire una completa idiota.
Sento un suo dito accarezzarmi il viso.
“Allora perché?” sussurra dolcemente.
La guardo e ogni buon senso scompare dal mio cervello.
“Merlino Clarke, ma ti sei vista?” mi sfugge dalle labbra.
E lei è confusa, si guarda il vestito come se pensasse di avere qualcosa che non va.
Mi alzo in piedi agitata per mettermi davanti a lei.
“Sei… sei… - cerco le parole per esprimere quanto sia bella – Clarke Griffin, questo vestito ti sta benissimo. Sei bellissima. Come avrei potuto rivolgerti la parola? Se mi fossi avvicinata non so cosa avrei fatto, non potevo mandare all’aria tutto solo perché non riesco a controllarmi!” dico tutto d’un fiato.
Clarke mi guarda un istante in silenzio.
Poi improvvisamente getta la testa all’indietro e scoppia a ridere liberamente.
È come se tutti i miei muscoli si afflosciassero per la vergogna.
Quando si calma torna a guardarmi.
“Tu.. tu mi hai davvero evitata per tutta la sera per questo motivo? Lexa Woods, sei un completo disastro!”
Mi addita con un sorriso scherzoso.
“Lo so!” gemo io mettendo su quello che so bene essere un broncio infantile.
“E sentiamo un po’… - inizia alzandosi anche lei dal divano. – cosa avresti fatto se avessi perso il controllo?”
Tutta l’aria scherzosa del momento è scomparsa, e i suoi occhi sono carichi solo di malizia, e giurerei che abbiano assunto una sfumatura più scura.
Deglutisco mentre faccio un passo all’indietro.
Ho ancora su i tacchi, mentre lei li ha tolti, il che, in teoria, dovrebbe offrirmi un lieve vantaggio, ma in questo momento mi sento totalmente in balia dei suoi movimenti e posso solo continuare ad arretrare, mentre lei si muove lentamente e con fare predatorio verso di me.
Merlino aiutami, ti prego.
Con un tonfo non troppo delicato la mia schiena collide con la libreria e finalmente sono in trappola.
I miei occhi scivolano sulle sue labbra, dove è ancora presente un sorriso canzonatorio.
Vorrei proprio cancellarglielo dalla faccia, perché comunque rimango una Woods, e a noi non piace essere presi troppo in giro.
Così con un cambio di atteggiamento che la lascia sorpresa, le afferro non troppo delicatamente i fianchi e inverto le nostre posizioni, finchè non è lei quella con le spalle contro gli scaffali.
“Capisco.” Sussurra ancora sorridente.
Le afferro le mani in modo deciso e le porto le braccia sopra la testa, tenendole ferme solo con una mano, mentre l’altra corre sul suo collo.
Noto con piacere che il sorriso è scomparso dalle sue labbra, che ora sono leggermente aperte per la piega che ha preso la situazione.
Mi lascio andare ad un ghigno soddisfatto e unisco le nostre labbra.
Non è un bacio casto, questo. Per niente.
Lascio andare tutta la frustrazione della serata e degli ultimi giorni passati senza vederla, lascio andare tutto il desiderio alimentato dal dover far finta di nulla nei corridoi, nelle classi, nella sala Grande.
Mi stringo a lei facendo aderire i nostri corpi, e ora sì che sfrutto il vantaggio della mia altezza, sovrastandola e impedendole di muoversi.
Ricambia il bacio con la mia stessa fame, e lotta per liberare la mia presa sulle sue mani, ma questa volta non cedo.
Le lascio un leggero morso di avvertimento al labbro inferiore prima di tornare ad esplorare la sua bocca con determinazione.
La mia mano si sposta dal collo, scendendo sulla spalla e sfiorandole delicatamente il lato del seno.
Si lascia sfuggire un gemito, e cerca di spostare il busto per approfondire il contatto.
Sorrido perché la mia mano è già più in basso, scesa a stringerle con decisione il fianco e lei si lascia sfuggire un sospiro di frustrazione.
Riesce a liberare le braccia, o forse sono io che le lascio per far fare lo stesso percorso all’altra mano.
Subito affonda una mano fra i miei capelli, mentre l’altra scende nella parte bassa della mia schiena per stringermi ancora di più a lei.
Non le lascio molta iniziativa perché mi stacco dalla sua bocca per scendere sul suo collo.
Un altro gemito lascia le sue labbra e io rischio davvero di perdere l’ultimo barlume di controllo che mi è rimasto.
Le lascio una scia di baci mentre lascio che le mani salgano leggermente dove più le desidera.
Inizio ad alternare piccoli morsi mentre mi ritrovo a detestare il suo vestito che prima ho tanto ammirato. In questo momento vorrei che scomparisse.
E sembra che lei sia giunta alla mia stessa conclusione perché un secondo dopo la sento armeggiare con la cerniera sulla mia schiena, e questo ha il potere di farmi rinsavire.
Dolcemente e delicatamente mi allontano da lei, lasciandole però un dolce bacio sulla fronte prima di separarmi del tutto.
Apre gli occhi e le sorrido.
Deglutisce più volte e io mi soffermo sulle sue labbra leggermente gonfie e gli occhi più lucidi del solito.
“Ok – ammette poco dopo – forse hai fatto bene a ignorarmi, avremmo dato un po’ troppo spettacolo e non sono sicura che Lumacorno avrebbe apprezzato.”
Mi lascio andare a una lieve risata, mentre le sposto una ciocca di capelli dietro le orecchie.
“Hai capito, adesso? È stato un grande sforzo per me resistere.” Le dico con un sorriso, anche se non sto scherzando più di tanto.
Annuisce e prende un bel respiro, come per riprendere un po’ il controllo.
Faccio un passo indietro per lasciarle più aria e torno sul divano, dove mi raggiunge un attimo dopo.
“Sono piacevolmente stupita, Woods. - Commenta intrecciando le nostre dita. – sono curiosa di scoprire cos’altro hai in serbo per me.”
Io arrossisco immediatamente e la mia reazione sembra divertirla molto, perché scoppia a ridere di nuovo.
“Forse conviene cambiare argomento. – dice poi – cos’è successo che ha a che fare con i Mangiamorte?”
È incredibile come si passi dall’essere due normali ragazze ad una festa, a discorsi sulla guerra e su Voldemort.
Sospiro e le racconto tutto quello che è successo alla riunione.
Clarke è meravigliosa perché mi fa parlare senza interrompermi, e solo quando arrivo alla mia proposta dei Dissennatori, interviene per venirmi in aiuto.
“Ehi, Lexa, tranquilla. Dobbiamo parlarne con Silente, ma io personalmente mi sento più tranquilla al pensiero di avere a che fare con dei Dissennatori che con i Giganti.” Mi stringe più forte le mani.
Beata te, vorrei dirle. Se solo sapesse…
“Devo andare da Silente… cercare di capire cosa è meglio fare e metterci d’accordo su cosa rivelare ai Mangiamorte dei piani per difendere gli studenti.”
Lei annuisce.
“Andremo insieme domani, mattina, sei d’accordo?” chiede dolcemente.
Annuisco semplicemente, mentre vorrei ringraziarla perché saperla al mio fianco mi conforta in modo inimmaginabile.
Senza che ci sia bisogno di parlare ci sdraiamo sul divano, io mi slaccio i tacchi e li lancio via.
Ci stendiamo di lato, guardandoci in faccia e non posso fare a meno di sorridere.
Improvvisamente tutta la stanchezza della giornata mi cala addosso e inizio a faticare a tenere gli occhi aperti.
E maledico il mio corpo perché non vorrei perdere neanche un secondo della prima notte che trascorro con Clarke.
A lei sfugge un sorriso e si sporge per lasciarmi un delicato bacio a fior di labbra, per poi tornare al suo posto, incastrata tra il mio corpo e lo schienale, le gambe intrecciate.
Sto per lasciarmi andare al sonno quando sento un suo sussurro.
“Non sei sola, Lexa”
E io, forse per la prima volta dalla morte di mia madre, ci credo.



NOTE
Siete sopravvissute a questo capitolo infinito?
Spero proprio di sì!
Beh questa volta il ritardo non è stato esagerato, vero? (vane speranze per me)
Comunque.. il capitolo è veramente lungo e spero che non sia un problema, ma non me la sentivo di chiuderlo a metà...
Spero vi sia piaciuto!
Giunti a questo punto della storia vorrei fare una domanda; c'è qualche aspetto che volete vedere approfondito? Qualcosa che non è affrontato bene?
Perchè dall'interno faccio un po' di fatica e a volte credo di essere molto ripetitiva, mentre altre ho paura di dare troppe cose per scontate...
Mi farebbe estremo piacere sentire il vostro parere, se volete!
Colgo l'occasione per ringraziare tutte le splendide persone che recensiscono e tutti i lettori!
Mi scuso anche per gli errori ma se non lo avessi postato oggi sarebbe passato del tempo...
Grazir grazie grazie come al solito, e a presto!
Ilaria 

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