I cavalieri del sud

di Skrill rider
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Occhio di demone ***
Capitolo 2: *** Affilati come rasoi ***
Capitolo 3: *** Scalo a Hrosk ***
Capitolo 4: *** Southern bakken ***
Capitolo 5: *** Segui il mietitore ***
Capitolo 6: *** Eyvind brucia la cena ***
Capitolo 7: *** Mieti il mietitore ***
Capitolo 8: *** Strane visioni ***
Capitolo 9: *** Odurn ***
Capitolo 10: *** Drago Bludvist ***
Capitolo 11: *** La fine di Drago ***



Capitolo 1
*** Occhio di demone ***


~Nelle notti più calme, quando il cielo stellato si riflette nel mare privo di increspature, le grandi navi mercantili cariche dei beni da portare alla loro patria, navigavano pacifiche e sicure.
Non sospettando minimamente di essere inseguite dai pirati.
Il più astuto e crudele di tutti loro era il capitano detto Occhio di demone. Erano cinque anni che terrorizzava i mari, senza mai venire catturato né visto. Si raccontava semplicemente che fosse molto giovane, che arrivasse dal nulla, razziasse le navi e svanisse. Non lasciava tracce, né prigionieri.
Per quanto le sentinelle abbiano tenuto gli occhi aperti, nessuna di loro è mai riuscita a intravederlo in avvicinamento, con il suo veliero chiamato “Furia del fulmine”.
Molti sono convinti che sia un flagello delle acque, un uomo assetato di sangue che terrorizzerà i mari finchè avrà vita. Altri pensano che sia solo un folle che va alla ricerca di tesori nascosti e razzia navi per divertimento.
Nessuno di loro dice il vero.

Il ragazzo dai lunghi capelli stava appeso alle sartie del suo veliero. Solo la gente del suo popolo aveva sviluppato quel tipo di navi, mentre in qualsiasi altro luogo era ancora usato il drakkar vichingo.
Ranera era il suo nome e Peco il suo cognome. Peco Ranera. Era un figlio di pastori di un’isola a sud, ma spesso si imbarcava sui mercantili, per il puro piacere di vedere il mondo.
Aveva vent’anni ed era alto e robusto, con lunghi capelli corvini e spettinati, legati da una fascia. Una barbetta nera gli cresceva sul mento e aveva un grosso neo sullo zigomo sinistro. Gli occhi erano castani.
Per quanto riguarda l’abbigliamento, dato che era figlio di pastori, vestiva di abiti poveri. Un paio di pantaloni logori neri, stivali neri, una casacca grigio scuro, una vecchia cintura di cuoio e un giubbetto senza maniche di pelliccia nera.
Stava con gli occhi scuri fissi nel buio di quella notte così tranquilla, pensando alle prime cose che gli passavano per la mente.
Un attimo dopo, dal nulla, arrivò un colpo e la nave rollò lateralmente. Il ragazzo cadde dalle sartie. Eccolo lì! Il veliero più temuto dei mari stava attaccando la loro nave.
Nessuno corse alle armi, sapevano che era inutile, quindi si buttarono tutti in acqua, mentre la ciurma nemica si lanciava all’abbordaggio, incendiando la nave e prendendo tutte le provviste.
Ranera nuotava disperatamente, per cercare di allontanarsi, ma invece venne preso da delle forti mani che lo issarono a bordo della nave ostile. L’avrebbero ucciso? Lui non lo sapeva. Si diceva che non facessero prigionieri.
Tutta la ciurma del mercantile venne catturata e tirata a bordo. Poi li fecero inginocchiare in fila, mentre un energumeno coi capelli lunghi e la testa rasata ai lati, con un tatuaggio sulla spalla, gli camminava davanti, pulendo un coltello da macelleria.
-Capitano! Cosa ne facciamo di questi?- gridò.
Passò qualche attimo di silenzio e la porta della cabina del capitano si aprì, rivelando il terrore del mare, Occhio di demone.
Avrà avuto vent’anni all’incirca. Era alto e muscoloso, con due spalle possenti. I suoi capelli erano castani, lunghi, abbandonati all’incuria e tenuti da una bandana nera. Aveva una barba rada e gli occhi castani…o almeno, l’occhio castano. L’iride dell’occhio sinistro era completamente sbiadita fino a diventare bianca, era rimasta solo la pupilla al centro, come un piccolo buco nero. Da qui il suo nome, Occhio di demone. La visione era resa ancora più raccapricciante da tre cicatrici scarlatte, che tagliavano verticalmente il lato sinistro del suo volto.
Era quella cicatrice che gli aveva provocato lo sbiadimento dell’occhio.
Dopo l’impatto visivo con il ribrezzo di quel viso sfregiato, veniva da chiedersi, ma sarà cieco o ci vedrà ancora? La risposta è: ci vedeva benissimo.
Avanzò verso i prigionieri e si voltò, mostrando l’altra parte del volto. Furono sorpresi nel vedere che se non fosse stato sfigurato da quella ferita, sarebbe risultato un ragazzo di bell’aspetto.
Vestiva con una trasandata casacca color verde bosco senza maniche, dei pantaloni neri e degli stivali marroni corteccia, con la pelliccia marroncino chiaro. Legati a essi, portava due coltelli.
Aveva una cintura di cuoio nero, alla quale erano attaccati dei gambali di armatura laterali e snodabili, che gli proteggevano la parte esterna delle cosce.
Tra i capelli aveva tre piume, di tre uccelli diversi.
Sugli avambracci portava dei bracciali con tre spuntoni affilati e aveva dei leggeri guanti neri senza dita.
Sulla spalla destra aveva una spalliera di armatura con tre punte.
Infine indossava un mantello da viaggiatore nero, con un collo largo, che poteva diventare un cappuccio. Tale mantello era tutto strappato e gli copriva solo la spalla sinistra.
Avanzava silenzioso scrutando in faccia ad uno ad uno i prigionieri, che ogni volta distoglievano lo sguardo per la paura.
-Cosa ne facciamo di questi signor primo ufficiale?- gridò in direzione della cabina del capitano, dalla quale uscì una donna, anche lei sui vent’anni, dai lunghi capelli rossi. Era il primo ufficiale.
Tra i capelli, tenuti da una fascia, aveva un paio di catene di gioielli.
Vestiva di una maglia di tessuto grossolano color marrone legno. In vita aveva legata una cinta di cuoio.
E a rivestire la sua gonna rossiccia e strappata in più punti, aveva una cotta di maglia.
Portava delle ginocchiere di ferro, spalliere anch’esse di ferro e foderate di pelliccia, bracciali marroni scuro, con delle borchie smussate sulla parte in alto e con una leggera seghettatura sul lato esterno.
Per finire aveva i pantaloni neri, un po’sbiaditi e stivali marroni e neri, con quattro piccole punte acuminate laterali.
-Direi che li trattiamo come abbiamo trattato tutti gli altri.- disse lei con un sorriso furbo su quella bocca sottile.
-Molto bene.- disse il capitano –ciurma! Accogliete degnamente i nostri nuovi amici!-
Quelli che prima si credevano prigionieri, all’improvviso si ritrovarono a mangiare, bere e cantare con i pirati. Si sorpresero molto nello scoprire che Occhio di demone in realtà non faceva prigionieri perché semplicemente li accoglieva sulla sua nave, offrendogli più libertà e una vita migliore. Il capitano inoltre non faceva mai vittime, bruciava le navi per far credere questo, ma uccidere non era nella sua natura.
Ranera era seduto su una panca con un boccale di idromele, che rideva con i suoi compagni, quando si accorse che qualcuno si era seduto vicino a lui. Era il capitano. Tutti tacquero.
-Signori.- disse lui con calma, guardandoli uno ad uno –voglio dirvi una cosa, per essere chiari. Su questa nave siete tutti a pari livello. A nessuno spetta una parte più grande di bottino, perché noi non rubiamo gioielli. Noi rubiamo provviste, perché dobbiamo raggiungere la Southern bakken. Sono anni che la cerchiamo. Quindi se qualcuno di voi non volesse venire, al primo scalo che facciamo sarà libero di sbarcare e andare per la sua strada.- fece una pausa –ora mi presento, perché il nome Occhio di demone me l’hanno affibbiato quei mercanti da strapazzo che si impressionano quando vedono una cicatrice. Il mio vero nome è Arkius Granit.- ci furono vari mormorii, che dopo un po’ si zittirono.
-E lei…- disse poi, circondando con il braccio le spalle della donna dai capelli rossi –è Eyvind Lokiston.-
Altra pausa di mormorii.
-Adesso, immagino che desideriate delle spiegazioni, quindi risponderò alle vostre domande.-
Un uomo tarchiato e coi capelli ramati alzò la mano:- Ma chi sei tu?- disse –che verità celi?-
Arkius lo squadrò:- Verità?- si tirò su la maglia, rivelando un fisico snello, ma muscoloso, solcato da miriadi di cicatrici, grandi e piccole, da tagli a bruciature.
Riabbassò la maglia:- Nessunissima verità.- rispose calmo.
Il seguente a parlare fu Ranera:- Cosa hai fatto all’occhio?-
-Beh, ecco una domanda che mi fanno spesso. Ti racconterò la storia…
Arkius ed Eyvind volavano sui loro draghi, lanciando sfere distruttive contro la nave avversaria, la nave comandata da colui che, anni prima, aveva portato via a Anders la donna amata.
Un abile spadaccino, a quanto pareva, al soldo di un contrabbandiere della Southern bakken. Erano sulle sue tracce da tempo, sperando che li avrebbe condotti alla sua terra, ma purtroppo vennero intercettati e si ritrovarono a combattere.
Fu così che Arkius si procurò quella ferita.
Stava cavalcando Fulmine, colpendo ripetutamente la nave, quando vennero colpiti da un arpione che perforò la zampa al povero skrill, che andò a precipitare.
Arkius si trovò solo davanti allo spadaccino misterioso, il cui volto era nascosto da un cappuccio nero. Iniziarono a combattere, ma a quel dannato sicario piaceva il gioco sporco, quindi colpì il ragazzo alla faccia, con delle piccole lame che aveva sulle nocche dei guanti.
Arkius ci mise un po’a capire che era ferito, perché il dolore non arrivò subito. Prima vide il sangue colare, poi gli si offuscò la vista e iniziarono delle fitte lancinanti, come se una lama rovente gli passasse la testa da lato a lato.
Cadde svenuto e quando si svegliò era sulla nave, circondato dalla ciurma e con l’occhio bendato. Martin, la vedetta esperta di veleni, ma anche di medicina, aveva curato l’occhio come aveva potuto. Era riuscito a fare in modo che Arkius potesse vederci ancora, ma purtroppo non aveva potuto impedire che l’iride sbiadisse fino a diventare bianca.
L’occhio impiegò due mesi a guarire del tutto.
Così terminò il racconto di Arkius, in un silenzio generale, che rese la notte ancora più fredda.
-Ma quindi avete dei draghi? E li cavalcate?- chiese stupito Ranera.
-Esatto.- rispose Eyvind.
-Allora venite dai territori vichinghi! E se quello che dite è vero, anche le leggende sono vere e i draghi esistono!-
-Già, i nostri sono a dormire nella stiva.- sorrise Arkius.
Ranera si inserì molto bene nella ciurma e Arkius gli diede il ruolo ufficiale di custode delle mappe, perché il fato voleva che quel ragazzo dai capelli corvini venisse proprio dalla Southern bakken e sapesse la direzione da prendere.

Arkius non aveva mai smesso di fare due cose da quando aveva lasciato Berk: tenere il conto del tempo che passava e calcolare sulla mappa quanto tempo ci avrebbe messo a tornare dalla sua posizione.
In nave ci avrebbe impiegato almeno tre anni a tornare Berk, ma in volo sui loro draghi in due mesi ce l’avrebbero fatta.
Un’altra cosa che non aveva mai smesso di fare era incontrarsi col mercante Johan sulla sua rotta e di chiedergli notizie dei suoi amici.
L’ultima volta che l’aveva incrociato era in un piccolo porto, tre mesi prima, ma dopo non ricevette più notizie.
Fu quell’ultima volta che il vecchio mercante lo mise al corrente della sconfitta dell’alfa e di un pazzo chiamato Drago Blüdvist, che intendeva distruggere i draghi. Venne così a conoscenza anche della morte di Stoick, che gli provocò un gran dispiacere. Seppe anche che Hiccup era il nuovo capo di Berk, cosa che invece lo fece sorridere.
Nei mesi successivi sentì una voce, in un porto, che diceva che Drago Blüdvist era vivo e si era diretto alla sua terra, la Southern bakken.
Arkius decise che era il momento di capire che cosa stava accadendo.
Un uomo che voleva distruggere i draghi, si era fatto nemica Berk e abitava nella terra di Arkius, doveva assolutamente essere trovato e sconfitto una volta per tutte.

ANGOLO AUTORE

Eccomi qui, bella gente, con il sequel di Eroi di Berk.
Che ne pensate come inizio?
Spero che andrete avanti a leggere a che recensirete numerosi!

A presto!
Skrill rider

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Capitolo 2
*** Affilati come rasoi ***


~~Caldo.
Più andavano verso sud, più faceva caldo.
Arkius era chiuso nella sua cabina, calcolando con il suo compasso, la distanza tra loro e Berk. Approssimativamente avrebbe dovuto distare due mesi di volo di drago.
Intanto canticchiava una canzone che cinque anni addietro aveva cantato insieme ai suoi amici. Il giorno dell’addio, il giorno in cui fecero evolvere il rock, inventando il metal. Chissà com’erano cambiati. Chissà se si ricordavano di lui.
E intanto la sua canzone andava avanti.
“Don’t ask me what I’m fighting for,
no more questions, please no more,
you will see that my blood is black,
slap your face, I’m not turning back”
Entrò Eyvind all’improvviso, cantando la strofa successiva.
“Wait for the night to revenge together,
because the world won’t be ours forever,
to save our time, this is the fight,
like ghosts we’ll come, wait for the night.”
-Te la ricordi ancora?-  sorrise Arkius mettendo giù il compasso e la mappa.
-Come potrei dimenticarla, amico mio?- rispose lei ricambiando il sorriso.
Arkius arrossì. Eyvind era diventata davvero bella negli ultimi cinque anni. Una vera donna, una vera guerriera. E lui non aveva ancora avuto il coraggio di rivelare il suo amore per lei.
Uscirono sul ponte. Era mattina e i marinai stavano svolgendo i loro compiti di pulizia e riparazioni delle reti e delle sartie.
Anche Arkius ed Eyvind si misero al lavoro. Su una nave nessuno batte la fiacca.
Presto, a causa del caldo crescente, molti uomini si ritrovarono a togliersi le casacche per rimanere a torso nudo.
Arkius sembrava davvero un demone con tutte quelle cicatrici e bruciature che aveva sul corpo.
Ranera le fissava ammirato. Il capitano doveva sicuramente averne viste di ogni.
-Ti stai chiedendo come Arkius si sia procurato quelle ferite, vero?- sentì il ragazzo alle sue spalle.
Voltandosi vide il nostromo, Axel, che gli sorrideva guardandolo.
-Ogni cicatrice del capitano ha la sua storia.- attaccò a raccontare –devi sapere che quel povero ragazzo ha fatto cose davvero grandi, che io stesso ne sono sbalordito.-
-Che cosa ha fatto? Racconta ti prego.- supplicò il ragazzo.
Axel lo condusse sottocoperta, dove avrebbero potuto parlare in pace.
-Dunque, la prima cosa che devi sapere è che Arkius ed Eyvind sono dei cavalieri dei draghi, tra i più abili che abbia mai visto, devo dire. Da quando abbiamo lasciato l’isola di Berk sono passati cinque anni e loro a quel tempo avevano quindici anni.-
-Sono davvero molto giovani allora.- convenne Ranera.
-Sì, dici bene. Sono giovani, ma determinati a trovare la Southern bakken, la loro terra d’origine, dalla quale sono stati separati quando non erano altro che neonati. E in questi anni ne hanno passate tante.- prese un sospiro a quei ricordi –ma torniamo alle cicatrici del capitano. Ognuna ha una sua storia, come ti dicevo. Per esempio, noterai che ha una grossa ustione sulla scapola destra. Se la procurò in una battaglia contro un drago dalle squame d’argento che attaccò la nostra nave due anni fa. A cavallo di quel drago c’era un cavaliere, che ora Arkius odia con tutto il cuore, dopo quello che gli ha fatto.- si fermò a guardare il pavimento –oppure ha un taglio da lama sul lato sinistro del costato. Se lo fece combattendo contro uno strano uomo, un cacciatore di draghi. Lo incontrammo sulla sua nave dirigendoci a sud est. Quando vide i nostri draghi cercò di catturarli ed il capitano ingaggiò una lotta feroce con lui. Si sarà tagliato sul costato, ma l’ha anche riempito di tagli sulle braccia, molto fastidiosi da guarire.- fece una risata bassa e tornò di sopra. Il discorso era chiuso.
Quando giunse il pomeriggio, Ranera si avvicinò ad Arkius.
-Ehi Ranera, allora come andiamo?- lo salutò il capitano.
-Bene, bene, grazie. Capitano, io…-
-Chiamami pure col mio nome!- lo interruppe.
-Va bene…Arkius. Volevo solamente dirti che se vuoi raggiungere la Southern bakken, sarò fiero di aiutarti ed essere un tuo fedele seguace, perché so che sei un uomo di valore e con intenzioni nobili.-
-Quanti paroloni, amico, ma accetterò di buon grado la tua offerta.- rispose Arkius con un sorriso raggiante.
Ranera era sollevato.

Quel pomeriggio non tirava un alito di vento. Avevano dovuto passare ai remi e si erano messi alla ricerca di un porto in cui fare scalo.
Arkius, come al solito, faceva i suoi calcoli sulla distanza tra loro e Berk, che per il momento continuavano a dargli lo stesso risultato: due mesi a volo di drago.
Mentre era assorto nell’osservare le sue mappe insieme a Ranera ed Eyvind, sentirono Martin gridare dalla coffa:- Terra!-
Davanti a loro infatti si scorgeva un’isola in lontananza, con un’alta vetta al centro.
Arkius si asciugò la fronte imperlata di sudore. Non era abituato a quel caldo. E in più, dopo cinque anni passati cercando, ormai era giunto ai confini della mappa, ma della Southern bakken, nessuna traccia.
-Un momento!- esclamò Ranera –Quell’isola la conosco!-
Arkius si girò di scatto verso di lui, con gli occhi pieni di speranza:- Veramente?- chiese.
-Sì, si chiama Hrosk. Sono stato su mercantili molte volte e so dirvi che quando avremo passato quell’isola, in almeno tre giorni saremo arrivati alla Southern bakken.-
Arkius era al settimo cielo:- Ben fatto amico mio!- esclamò ribaltando Ranera con una manata sulla spalla. Forse Arkius non sarà stato un vichingo per nascita, ma aveva lo spirito di un vichingo. E anche la forza, avrebbe aggiunto Ranera se fosse stato a conoscenza di questo discorso.
Eyvind trasse in disparte Arkius e con le lacrime agli occhi gli si gettò al collo. Lui ricambiò l’abbraccio, felice quanto lei.
-Arkius, ti rendi conto? Siamo ormai vicini a casa nostra! Riesci a immaginarti? Chissà quante cose nuove troveremo!- esclamò d’un fiato lei, quasi saltellando per la contentezza.
-Te l’avevo detto che l’avremmo trovata.- rispose lui –e riguardo a quel ragazzo, Ranera, lo voglio nella mia squadra. Sarà un alleato perfetto.-
-Hai ragione.- assentì Eyvind –è forte, intelligente, sa leggere le mappe, ha un sacco di buone qualità.-
- Come mai ti interessi così tanto a lui, all’improvviso?- chiese Arkius un po’indispettito.
-Così, non è niente.- rispose, per poi andarsene sghignazzando e lasciandolo lì impalato.
Arkius scosse la testa e raddrizzò le spalle, per poi andare da Axel, per calcolare l’approvvigionamento necessario per affrontare tre o più giorni di navigazione senza fare porto.

-Attenzione!- gridò all’improvviso Martin dall’alto –un drago attacca!-
-Di nuovo lui!- esclamò Arkius- quel razor whip non mi sfuggirà stavolta.-
Si precipitò con Eyvind nella sentina, mentre tutti prendevano i loro posti di combattimento.
Lì sotto stavano riposando degli annoiati draghi. Fulmine e Luna.
Non appena videro i loro padroni scattarono in piedi, andando a leccarli e a fargli le feste.
-Ok, belli, sappiamo che questa sentina non è il vostro posto preferito, ma rimandate i festeggiamenti e sgranchitevi le ali, abbiamo un cavaliere dei draghi da tirare giù.- disse Arkius.
E un attimo dopo erano in aria. Che bello era librarsi di nuovo a bordo dei propri draghi. Una sensazione unica al mondo, di meraviglia e fiducia reciproca.
Fulmine era diventato un bellissimo skrill adulto, le sue scaglie avevano assunto un tono ancora più tendente al blu cobalto, mentre il dorso era nero metallico. Gli erano cresciuti dei lembi di pelle ai lati del muso, segno dell’età adulta. Nonostante fosse lo stesso giocherellone di un tempo, ora aveva un portamento più fiero, forte, sicuro di sé, un vero skrill di cui Arkius andava fiero.
Luna invece era diventata una delle furie buie più eleganti che Arkius o Eyvind avessero mai visto. Aveva conservato i suoi splendidi occhi azzurri come zaffiri e il suo portamento era diventato più elegante. Eyvind era contentissima di averla al suo fianco.
Attaccarono il razor whip con rabbia feroce, quasi come se fosse il nemico più pericoloso e odiato di tutti.
Il drago dalle squame argentate si difese bene, schivando i colpi, sputando fuoco e lanciando i suoi pericolosissimi aculei, ma alla fine non ebbe scampo, contro i due draghi di classe strike.
Venne centrato da Fulmine e precipitò in mare, accanto alla nave, insieme al suo cavaliere.
Gli uomini della ciurma furono rapidissimi a issarli a bordo e immobilizzarli.
Arkius, una volta che lui e Eyvind furono atterrati, avanzò fino al cavaliere incappucciato, prostrato e legato.
-Finalmente vedrò chi mi bruciò con il fuoco del suo drago.- sibilò.
Levò il cappuccio dalla testa del nemico.
Era una donna dai capelli corvini.

ANGOLO AUTORE

Chi sarà mai questo misterioso cavaliere? (sicuramente l’avete già capito).
Spero che vi sia piaciuto questo capitolo, per favore informatevi sulle vostre impressioni.
Vi invito a recensire…anzi, vi obbligo a recensire!! Recensite o vi costringo a farvi una full immersion di latino e filosofia, materie adorabili che si studiano da noi al liceo scientifico.
Ciao a tutti!
Skrill rider

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Capitolo 3
*** Scalo a Hrosk ***


~~Nessuna pietà per i traditori, i ladri, gli assassini. Così ragionava Arkius.
Prese per i capelli corvini la ragazza che giaceva inginocchiata ai suoi piedi piegandole indietro la testa. Il suo viso venne attraversato da una smorfia di dolore.
-E così finalmente ti ho presa!- le sputò in faccia con tutto l’odio che un pirata potesse dimostrare. Ogni suo muscolo era teso, come per impedire ad Arkius di tirare alla prigioniera un colpo fatale.
Era tentatissimo di farle del male. Voleva farle del male, vendicarsi. Ma non riusciva a muovere un muscolo.
Vedere una ragazza della sua età, di bell’aspetto, lo riportava alla sua vera natura. Lui non era un pirata spietato, i pettegolezzi degli scaricatori di porto l’avevano trasformato in questo.
Allentò la presa e la lasciò.
Lei si rilasso, credendo che non ci fosse più pericolo, ma all’improvviso, con un movimento fulmineo, Arkius la colpì alla testa. Era stato talmente veloce che lei non l’aveva neanche visto muoversi.
Cadde svenuta.
-Chiudetela in cella!- gridò lui con una voce che somigliava a un ruggito, tanta era la sua rabbia.
Si chiuse nella sua cabina sbattendo la porta e tirò dei pugni al muro. Lacrime di rabbia gli rigarono il volto, senza deformarne l’espressione. Si tolse i guanti senza dita neri e guardò le sue nocche. Sanguinavano. Iniziò a succhiarsi le ferite, per disinfettarle, sentendo il sapore ferroso del sangue sulla lingua.
Sentì un cigolio dietro di lui. Qualcuno aveva aperto la porta e lui sapeva chi.
Una mano sottile e leggera gli si posò sulla spalla, mentre lui ansimava per ricacciare le lacrime.
-Che cos’hai, Arkius?- chiese Eyvind. La sua voce ogni volta faceva pulsare il cuore di lui. Era come ossigeno.
-È una ragazza.- sibilò lui.
Alzò la testa e urlò:- Una fottuta ragazza!-
Eyvind cercò di capire quale fosse il problema:- Cosa c’è che non va?-
-Non capisci?- singhiozzò lui –è stata una ragazza a ustionarmi con il fuoco del suo drago! È una ragazza, per questo che non sono riuscito a infliggerle la punizione che merita.-
Eyvind cercò di ricostruire il significato di quello che Arkius stesse confusamente cercando di dire. Poi capì che si stava vergognando, perché non era riuscito a uccidere la prigioniera solo perché era una ragazza. Una ragazza carina, per giunta.
Una punta di invidia si fece spazio in lei.
-Credo di aver capito, mi stai dicendo che hai trovato la prigioniera affascinante e non hai avuto il cuore di ucciderla.- disse, sentendosi quasi una vipera, per il suo parlare velenoso.
Arkius drizzò la testa, e la fissò stranito. Era piuttosto inquietante la sua espressione, per via dell’occhio bianco. –Ma no! Che accidenti hai capito?! Non l’ho uccisa perché ha la nostra età, mi faceva impressione questa prospettiva.-
-Ma sì, forse dici la verità.- ribattè Eyvind –o forse non vuoi ammettere che ti innamoreresti della prima ragazza che ti passa davanti.-
-Ma scusami, perché fai questi discorsi?- esclamò lui, capendo il suo gioco.
-Perché non mi piacciono quelli che si comportano così, ed è uno dei motivi per cui mi piacevi, perché tu queste cose non le fai, o almeno così credevo.-
Il cuore di Arkius perse un battito, lo stava mettendo alle strette.
-Mi ricordi perché stiamo litigando? Per una prigioniera che ci è piombata addosso all’improvviso? Non ti sembra stupido?- tentò di mettersi in salvo.
-Dici che sono stupida?- rispose lei abbassando lo sguardo.
-No, mi chiedo solo da quando ti importa quello che penso sulle ragazze.- detto questo se ne andò, ancora più infuriato.
Ma questa risposta aveva spiazzato Eyvind, che si sedette sulla prima sedia che trovò e tirò fuori la piuma di gabbiano che Arkius le aveva regalato quando si erano conosciuti, cinque anni prima. La fissò nostalgica, rendendosi conto di quanto tutto fosse cambiato da allora.
Nel frattempo Arkius si stava continuando a ripetere nella testa una sola parola: “stupido”.
Adesso Eyvind non gli avrebbe più parlato e soprattutto, non avrebbe mai ricambiato i sentimenti che lui provava per lei.
Decise che da quel momento ci avrebbe pensato due volte prima di arrabbiarsi in quel modo per una cosa così stupida.
Mentre si faceva questi propositi si interrogò anche su un’altra cosa: perché Eyvind se l’era presa in quel modo per una sciocchezza?
Non poteva essere che lui le piacesse, scacciò quel pensiero.
Concluse che entrambi avevano alzato una polemica inutile.

Dopo un’ora di navigazione arrivarono all’isola di Hrosk e cercarono un punto in cui ancorare la nave.
Fatto questo, calarono le scialuppe e, lasciati degli uomini a bordo, remarono verso la terraferma.
Mentre Arkius remava, Eyvind gli si sedette di fronte e gli chiese scusa.
Lui sorrise e rispose:- E di cosa? Abbiamo sbagliato entrambi.-
Il tragitto continuò in silenzio.

Una volta sbarcati spesero tutto il denaro che gli era rimasto in provviste. Era giunto il momento di tentare il tutto e per tutto. O Southern Bakken o morte.
Lì, tra mercantili, merci in scaricamento e vecchi lupi di mare, incontrarono niente meno che il mercante Johan.
-Oh ma che piacevole sorpresa! Mastro Arkius e Miss Eyvind! Che gioia rivedervi qui!- salutò il vecchio mercante alla sua maniera.
-Tanto piacere anche per noi, Johan! Hai novità che possano interessarci?- chiese Arkius.
-Beh, vedi mastro Arkius, io solco i mari, sfido le onde e cavalco i venti con la mia barca e le mie vele e così, tra scambi e altre avventure che sarei felice di raccontare…-
-Johan!- lo interruppe Eyvind –sei sempre il solito! Vai al sodo!-
-Beh, sì, dunque…- si schiarì la voce- ho avuto notizia che a Berk è stato stabilito un glorioso evento tra qualche mese, ma non so dirvi di cosa si tratti, perché non ho fatto porto a Berk negli ultimi tempi.- fece una pausa, come per prendere l’ispirazione –e invece, se come credo, vorrete andare alla Southern bakken, vi devo avvertire: una misteriosa nave, capitanata da un uomo misterioso sorveglia quelle acque. Siate sempre vigili e attenti.-
-Grazie molte Johan…invece che sai dirmi riguardo a una ragazza più o meno della mia età coi capelli neri, a cavallo di un razor whip?- chiese Arkius.
-Ah! Vi riferite alla signorina Heather! Un’ottima persona con cui fare affari, è vagabonda per questi cieli senza più uno scopo nella vita, a parte ripagare i suoi torti. Era amica di mastro Hiccup e degli altri cavalieri di Berk, l’ultima volta che l’ho vista era due anni or sono…-
-Grazie Johan, ho saputo abbastanza, ancora grazie.- si congedò Arkius.

Tornati a bordo della nave, si misero i viaggio alla volta della Southern bakken, finalmente.
Eyvind e Arkius scesero insieme ad Axel e Ranera nelle sentine, dove si trovavano le celle.
Lì trovarono la ragazza dai capelli neri, seduta dietro le sbarre, che li fissava con sguardo truce.
-Heather, è così che ti chiami, non è vero?- chiese Arkius.
Lei non rispose.
-Ho appreso la tua storia e ti offro un’occasione per riscattarti dei tuoi torti, anche se per quanto mi riguarda non lo meriteresti. Però ho visto in te un’abile guerriera e di questo devo rendertene atto.-
-Che genere di occasione vuoi offrirmi?- sibilò lei con voce roca.
-Unisciti alla mia squadra per l’esplorazione della Southern bakken, poi io ti aiuterò a rimediare ai tuoi problemi.-
-Perché lo chiedi a me? Non lo merito, se non sbaglio.-
-Perché ho bisogno di una squadra compatta, agile, fatta di poche persone, ma che siano specializzate, in gamba.-
Lei si alzò in piedi.
-Si può fare.- appoggiò la fronte alle sbarre, con aria pensosa, poi disse:- accetto.-
Detto questo, la liberarono.

La squadra stava prendendo forma ormai. C’erano Arkius, Eyvind, Ranera e Heather.
Avrebbero avuto bisogno almeno di un’altra persona.
-Forse so chi potrebbe essere il quinto membro della squadra.- disse Ranera una sera in cui loro quattro erano rimasti da soli sul ponte per consolidare la loro amicizia e conoscersi meglio, soprattutto con Heather, che era quella tenuta più sott’occhio. Non si fidavano ancora appieno di lei.
-Davvero?- chiese Eyvind- e chi?-
-Mia cugina. Una ragazza un po’fuori di testa, che non ha scrupoli di fare a botte e spesso la trovo a giocare a carte con i marinai.- rispose lui.
-Gioca d’azzardo?-
-Non lo so, non puccio il naso nei suoi affari…ma secondo me ne sarebbe anche capace.-
-Come si chiama?-
-Franziska Alfdottir.-

ANGOLO AUTORE

Allora ragazzi, conoscete i Led Zeppelin? Beh quando hanno inciso il loro primo album sono entrati in sala registrazione e hanno registrato le prime cose che gli passavano per la testa. Ecco, con me è successo lo stesso in questo capitolo, l’ho scritto di getto, quindi scusate se magari la qualità non è alta.
Mi scuso se non aggiorno più frequentemente, ma la scuola incalza (purtroppo).
Ciao a tutti! Recensite, mi raccomando!!
Skrill rider 

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Capitolo 4
*** Southern bakken ***


~~Passarono tre giorni e all’alba un forte grido attraversò l’aria.
-TERRA!!!-
Martin si era quasi appisolato quando vide emergere dalla foschia mattutina un’immensa costa che si perdeva alla vista. Non si riusciva a vederne la fine.
Arkius, Eyvind e tutto l’equipaggio saltarono in piedi dalle loro brande e si riunirono sul ponte della nave per ammirare quella incommensurabile terra sotto la rosea luce del sole che faceva capolino dall’orizzonte.
Ma non ci furono festeggiamenti. Arkius disse a Ranera e Heather di radunare le loro cose, perché era il momento di andare a terra.
Il ragazzo fissava come incantato la sua terra. L’aveva tanto sognata. Per cinque anni era stato alla sua ricerca ed ora, finalmente, l’aveva di fronte a sé.
Si alzò il vento, passandogli tra i capelli e portandogli il salmastro odore del mare.
-Capitano!- sentì dietro di sé –quando si sbarca?- chiese Axel.
Arkius si avvicinò a lui e gli sorrise.
-Amico mio, la nave è tua.- disse.
Axel non capiva:- Cosa dici?-
-Io ho concluso la mia missione, non sappiamo cosa potremmo trovare su quelle sponde. Non metterò a rischio la vita dell’equipaggio sta volta. Andremo solo noi. La squadra che ho scelto.-
-Ma capitano…-
-Non sono più il tuo capitano. Porta bene la nave, fai vela verso la vostra libertà e possa il vento soffiare sempre in poppa.-
Detto questo, gli diede una pacca sulla spalla e andò con i suoi amici a prendere i draghi.
Erano un po’incerti se lasciare che Heather usasse il suo razor whip, che avevano scoperto chiamarsi Windshear, ma alla fine decisero che se avesse tentato di scappare non avrebbe avuto scampo.
Quando venne il momento di partire, tutti si sentivano più tristi che mai. Cinque anni passati insieme come fratelli lasciavano il segno.
Arkius si sforzò di sorridere rassicurante a quella che era la sua ciurma e ora passava ad Axel.
-Abbi cura di te, non costringermi a tirarti di nuovo fuori di galera.- scherzò col nuovo capitano.
-Ci baderò, vecchia spugna.- rispose lui.
-Ma se lo sbevazzone sei tu?- scoppiarono a ridere, poi i draghi presero il volo con i loro cavalieri.
Il mare scorreva veloce sotto di loro,mentre la nave si rimpiccioliva sempre di più e la costa diventava sempre più vicina.
-Consiglio di salire di quota.- disse Ranera.
-Perché?- chiese Eyvind.
-Perché questi mari sono infestati dalle sirene.- rispose lui.
-Ma allora come fate voi del sud a navigare verso nord?- domandò Arkius aggrottando le sopracciglia in un’espressione perplessa.
-Beh, le abbiamo studiate e abbiamo scoperto che c’è un’ora del giorno durate cui se ne stanno a riposo e quindi la rotta è sicura.-
-E quale sarebbe questo periodo di tempo?- Arkius era curioso.
-Non mi è concesso dirlo agli estranei. Le sirene costituiscono una specie di linea di difesa contro le invasioni nordiche.-
-Capisco.-
Arkius era un po’contrariato, in fondo anche lui era originario di quella terra, ma non ribattè.

Non passò molto che arrivarono al porto più vicino, che a sentire Ranera si chiamava Tark.
Badarono a nascondere i draghi in una grotta costiera.
Era un porto denso di attività, pieno di mercanti che scaricavano merci, ma anche bancarelle per la vendita di pesce appena pescato, indovini che leggevano il futuro, persone ubriache che tornavano dalla taverna…
Decisero di prendere quella direzione, perché Ranera era certo che sua cugina si sarebbe trovata lì.
Arrivati davanti alla locanda, lessero sull’insegna “Dal grugno mozzo”.
-Che nome originale.- commentò Eyvind ridacchiando.
Appena entrati per poco non furono investiti da un fiasco di vino che si andava a frantumare contro il muro.
L’atmosfera era piuttosto rozza e caotica, ovunque si mangiava, si brindava e si giocava d’azzardo.
C’era un gruppetto di musicisti che suonavano una bella canzone che faceva pressappoco:
“Giù in taberna, caldo fuoco e da mangiar!
Pronto è l’oste il tuo bicchiere a rabboccar!
Gioco di dadi e carte, fortuna ci sarà!
Giù in taberna storie antiche da raccontar!”*
Si sentì subito una voce femminile troneggiare su tutte le altre:- Sposta questo muso bitorzoluto, puzzi idiota, sto cercando di giocare!-
-Mia cugina…- disse Ranera facendo una faccia esasperata.
La trovarono seduta a un tavolaccio con un vecchio marinaio ubriaco mentre giocava a dadi. Era una ragazza alta e magra, coi capelli lunghi e neri e la pelle chiarissima. Vestiva quasi come una cacciatrice di taglie. Piena di spuntoni e lame ovunque, con una giacca smanicata di pelliccia, una maglia trasandata color grigiastro e pantaloni e stivali neri.
Ranera fece cenno agli altri di stare indietro e si schiarì la voce, per poi urlare:- Ehi brutta faccia sporca di melma, qualcuno chiede che tu muova le tue chiappe di piombo per portarle qui!-
-Ancora? Ma che accidenti vuoi adesso? Una randellata?-
-Ma taci, che l’ultima volta che ci siamo visti è stato cinque mesi fa!-
-Ehm, scusa…- disse il marinaio ubriaco –giochi ancora o…-
Lei lo ribaltò con un cartone.
Ranera alzò gli occhi al cielo e disse:- Ti presento Heather, Eyvind e Ark…dov’è andato?-
Arkius, preso dalla musica si era andato a sedere vicino ai musicisti e aveva iniziato a cantare con loro.
Cantava in growl e suonava il metal, il genere che aveva inventato prima di lasciare Berk.
Eyvind riconobbe subito la canzone, l’aveva scritta tre anni dopo l’inizio del loro viaggio. Il titolo era “Fighting to survive”:
“Fighting to survive!
Trying to save my life,
Awake for all the night,
Waiting for the light!
Fighting to survive!
There’s no time to die!
My soul burns like fire
I know I will survive!”
Eyvind si sbattè una mano sulla fronte, invece Franziska iniziò a battere il tempo e a muovere la testa a ritmo.
Quando la canzone finì e Arkius tornò con loro, prima che Ranera potesse presentarli, Franziska gli andò incontro gridando:- Ohi, fratello! Suoni roba forte, dove l’hai pescata?-
-L’ho inventata, sorella- rispose lui sorridendo.
-Che cicatrice assurda che hai sull’occhio, mi piace! La voglio anch’io!-
-Beh basta una lama, sai…- scherzò lui.
-Sei un tipo a posto, mi chiamo Franziska, ma chiamami Frankie.- gli disse porgendogli la mano.
Lui glie la strinse, ma lei fece per storcergli il polso, Arkius scattò e la spinse via, facendole segno di stare attenta a lei. Lei ricambiò il gesto. Era scattato un certo legame tra i due.
-Allora, che vi serve?- chiese lei alla fine.
-Abbiamo bisogno di te perché sei una tosta.- disse Ranera –per una missione.-
-Ossia?-
-Aiutare loro a trovare Drago Blüdvist.-
-Che barba.-
-E se ti insegnassi a suonare metal?- la tentò Arkius.
-Quando cominciamo?- chiese lei.
-Anche subito.-
-Ma ci conviene essere cauti- interloquì Ranera –potremmo essere giustiziati come ribelli.-
-E perché mai?- chiese Heather.
-Ovvio no?- disse Franziska –Blüdvist è il re di Southern bakken.-

ANGOLO AUTORE

*Questa canzone si intitola “In taberna (in vino veritas) ed è stata scritta dai Folkstone, una band che consiglio di ascoltare.
Invece l’altra canzone l’ho scritta io.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, che vi abbia incuriosito e che vi spinga a lasciare una bella recensione!
Ciao a tutti!
Skrill rider

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Capitolo 5
*** Segui il mietitore ***


~~Dopo l’incontro alla locanda, Ranera condusse tutti a casa sua.
Abitava in cima a una collina, ma grazie ai draghi non dovettero nemmeno fare la fatica di salire a piedi.
Franziska era parecchio entusiasta nello scoprire che le leggende sui vichinghi addestratori di draghi erano vere, e continuava a saltare da un drago all’altro, esaminandoli in ogni minimo dettaglio.
Ovviamente le pecore di Ranera si spaventarono molto quando i grandi rettili atterrarono al suolo.
La magione del ragazzo era molto piccola. Una casetta a pianta rettangolare costituita da un muro costruito a secco con delle pietre e un tetto di legno, paglia e fango. Testimoniava la povertà di chi la abitava.
All’interno non c’era granchè. La luce entrava da una finestra quadrata sul lato sinistro. Nella parete in fondo si trovava una scavatura che Ranera utilizzava come camino. Al centro della stanza c’era un tavolaccio da osteria con le relative panche per sedersi. Appese ai muri si trovavano pentole, padelle e anche il teschio di un cervo. Sparsi ovunque vi erano sacchi di mangime, botti piene di chissà cosa (forse birra o latte), coltelli da cucina, asce da boscaiolo e da guerra.
Ranera non si faceva mancare proprio nulla in quel piccolo spazio.
Non accese il fuoco, perché il sole era alto, e lì nelle terre del sud faceva molto caldo durante il giorno.
Si riunirono intorno al tavolo non appena riuscirono a far stare ferma Franziska e iniziarono ad elaborare un piano d’azione.
Ranera dispiegò una mappa e iniziò ad illustrare la situazione.
-Noi ci troviamo a Tark, sul promontorio settentrionale. La roccaforte di Drago Blüdvist si trova a Odurn, nel meridione. Ma ha anche degli appoggi militari al villaggio di Ruk e a Traderak. Se vogliamo aggirarli suggerirei di seguire le Colline Verdi verso est e alla fine di queste aggirare il Lago Bianco. Poi avremo di fronte la Foresta Nera, e quello sarà un problema. Andando avanti dovremo guadare il fiume del salmone, attraversare la landa desolata di Atroktis e infine avremo davanti Odurn e quindi Drago.-
-Mi sembra un buon piano, ma perché dobbiamo proprio fare questa strada?- chiese Arkius appoggiando i gomiti sul tavolo.
-Perché se prendiamo la via a ovest ci troveremo braccati tra le basi militari e se anche riuscissimo a superarle, dovremmo oltrepassare la Terra del Fuoco, un luogo pericolosissimo. Oppure, se volete prendere il sentiero delle Montagne di Odino, potete farlo, ma non ne uscirete vivi.-
-E come mai?- domandò Eyvind.
-Chiunque vi si avventuri è perduto per sempre. E nessuno sa il motivo.-
-Fosse per me io volerei fino a Odurn.- si intromise Franziska.
-Drago cercherebbe di intrappolare i nostri draghi, non possiamo permetterglielo.- la interruppe Arkius.
-Staresti dicendo che dobbiamo lasciarli qui?- chiese Heather, che era rimasta zitta fino a quel momento.
-No, sto dicendo che a un certo momento dovremo abbandonarli.- le rispose il ragazzo.
-Ma scapperanno?-
-Se ci vogliono bene, e so che è così, ci aspetteranno.-
-Bene, ragazzi, andiamo a far crollare quel tiranno.- disse Franziska alzandosi, con un tono quasi svogliato.
E così uscirono. Montarono sui draghi e spiccarono il volo.
Arkius continuava a scagliare anatemi contro la sua cicatrice all’occhio, che a quanto pare non la finiva di prudergli.
E quando succedeva lui se la grattava, a volte fino a farsi uscire il sangue. Eyvind lo sapeva e ogni volta cercava di farlo smettere, perché quella ferita era stata contaminata da del veleno che si trovava sulle lame del sicario che glie l’aveva inflitta. Era un veleno che bloccava la rimarginazione delle ferite. E finchè l’effetto non sarebbe terminato, avrebbe continuato a suscitare prurito, costringendo a grattarsi e a riaprire la ferita.
Martin, l’esperto di veleni della loro nave, aveva detto che era un veleno potente, e ci avrebbe messo un sacco di tempo, forse anni, a venire smaltito del tutto.
Non stavano volando da molto, quando  sentirono qualcuno chiamare aiuto.
Si fiondarono in quella direzione e trovarono un carro, probabilmente di un mercante, preso d’assalto da degli strani uomini completamente vestiti di nero. Tra di loro c’era anche lo spadaccino misterioso che aveva ferito Arkius.
Ingaggiarono immediatamente battaglia e con i draghi fu facile mettere i nemici in fuga.
Arkius scese da Fulmine e portò istintivamente una mano al suo spallaccio, che aveva rubato a quello spadaccino in un loro vecchio incontro.
Il mercante possessore del carro era fuggito per la paura. Arkius diede un’occhiata in giro e trovò per terra una pergamena. Era scritta con le rune della Southern Bakken, lui non le capiva, quindi chiese a Ranera di leggere che cosa ci fosse scritto.
-È una lettera che Drago ha scritto a un certo “Mietitore”, probabilmente è una specie di nomignolo. È un mandato di perquisizione dei mercanti che viaggiano su questa strada, per il suo miglior sicario.-
-Quegli uomini non stavano perquisendo la merce di quell’uomo, la stavano depredando.- disse Eyvind.

Drago Blüdvist era un pazzo furioso che imponeva la tirannia sulla Southern Bakken e voleva distruggere la specie dei draghi.
Il Mietitore era il suo sicario numero uno ed era libero di imperversare negli affari degli innocenti e per di più aveva quasi fatto perdere un occhio ad Arkius.
I cinque ragazzi capirono che fermare Drago non era una cosa che avrebbe aiutato solo loro ed i loro draghi, ma tutta la Southern Bakken.
Avevano deciso. Avrebbero seguito il mietitore e l’avrebbero ucciso. Drago avrebbe capito che qualcuno non lo temeva.

ANGOLO AUTORE

Hello beautiful people! Grazie a tutti per recensire sempre così bene la mia storia! Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non cominciate ad annoiarvi proprio adesso!
Ciao a tutti!
Skrill rider

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Capitolo 6
*** Eyvind brucia la cena ***


~~Southern bakken, terra del sud, chiamatela come volete. È sempre la stessa. I boschi bui sono infestati dalla paura. La paura che si muove sotto il comando spietato di un unico leader, che governa tutte le sue forze dalla sua roccaforte inespugnabile. Il suo nome è Drago Blüdvist.
Il suo luogotenente era un uomo, se così si può chiamare un tagliagole assetato di sangue, conosciuto da tutti come “il mietitore”. Il suo nome era dovuto alla sua abitudine di mozzare la testa alle sue vittime prima che potessero dire anche solo “Ti prego…”
Tutti lo odiavano, ma nessuno prima aveva mai osato sfidarlo. Tantomeno mettersi sulle sue tracce per vendicarsi di un torto. Ebbene, come si suol dire, c’è sempre una prima volta.
Arkius, Eyvind, Ranera, Franziska e Heather seguivano “il mietitore”, chiedendo indicazioni nei villaggi, individuando segni del suo passaggio, come vittime decapitate, per esempio.
Una sera, si erano accampati nel bosco per la notte. I draghi avevano collaborato ad accendere il fuoco, perché l’umidità rendeva difficoltosa questa operazione.
Seduti in cerchio attorno al falò, arrostendo allo spiedo delle lepri che avevano catturato, nessuno fiatava. L’unica voce udibile era il sussurro saggio e penetrante della foresta e di tutti gli spiriti che la abitavano.
Sapevano che il mietitore aveva capito di essere seguito e per questo non lasciavano un attimo le armi.
-Fa freddo di notte.- mormorò Arkius a bassa voce.
-Qui è così d’estate.- rispose Ranera –di giorno caldo, di notte freddo.-
-Io non ho affatto freddo, sto sudando.- disse Eyvind stranita.
Arkius si allarmò subito e le tastò la fronte con la mano, per ritrarla subito. Scottava.
-Devi avere una bella febbre.- sussurrò.
-Se avesse la febbre alta- si intromise Heather- starebbe tremando come una foglia.-
Ma la ragazza non stava affatto tremando, aveva caldo.
-Meoffio frtello, èna sctrega.- proruppe Franziska a bocca piena.
La guardarono tutti con aria interrogativa.
-Frankie, inghiotti prima di parlare- sbuffò Ranera alzando gli occhi al cielo.
-Shcufate!- disse lei, inghiottì e riprese:- Dicevo, è ovvio che Eyvind è una strega! Con qualche potere legato al fuoco magari.-
-Sai cuginetta? Forse era meglio se rimanevi a bocca piena…- sbuffò nuovamente Ranera.
-Sai una cosa? Tu staresti benissimo con i gemelli Thorston!- scherzò Arkius.
-E chi sono?- si incuriosì lei.
-Ehm, erano i miei migliori amici quando abitavo a Berk e avevo dieci anni e loro sono…un po’suonati, diciamo, ma fortissimi.- rispose lui.
-E come si chiamano?- chiese lei di nuovo.
-Testaditufo e Testabruta.- le rispose.
-Mmh, non starebbe meglio Tuffnut e Ruffnut?- chiese.
-Senti sorella, i loro nomi non li ho decisi io.- concluse Arkius.
Il resto della notte passò calmo e silenzioso.
Arkius stette sveglio a vegliare sugli amici. Su Eyvind in particolare. Gli piaceva poco quel caldo improvviso che l’aveva colta.
Mentre affilava i suoi coltelli non potè fare a meno di pensare che Franziska avesse ragione. Lui aveva sempre pensato a Eyvind come una ninfa dell’autunno. Ma adesso si rendeva conto che somigliava molto anche a una specie di “regina del fuoco”, coi suoi stupendi capelli rossi.
“O a uno spirito dell’alba.” Pensò quando vide il sole levarsi dall’orizzonte tingendo il cielo di rosa.
Poi sputò per terra, odiava il rosa.
“Facciamo del tramonto” decise tra sé e sé, andando a svegliare i compagni. Il tramonto gli piaceva di più, perché tendeva all’arancione. 
Si avvicinò a lei per svegliarla, ma come le toccò il braccio dovette ritrarre la mano. Era caldissima. Ma che accidenti di febbre aveva?
-Ragazzi! Sveglia, presto!- gridò allarmato.
Saltarono tutti in piedi. Franziska mugugnando qualcosa del tipo:- Leva le chiappe, il rum è mio!-
I draghi non emisero un suono, ma drizzarono la testa immediatamente.
-Che ti prende Arkius?- sbadigliò Ranera.
-Eyvind sta male! È bollente!- rispose lui.
Si fecero tutti intorno a lei, che era rimasta sdraiata.
-Ragazzi, guardate che sto benissimo.- disse lei confusa.
La ignorarono.
-Presto, nel villaggio qui vicino conosco un saggio medico che potrà dirci che male l’ha colpita.-
Arkius si caricò Eyvind in spalla, iniziando subito a sudare, per quanto lei scottava.
Volarono  verso il piccolo villaggio di Ghorst, situato al confine tra le colline verdi e le paludi della melma e costituito da pochissime capanne rozze.
Dopo avere nascosto i draghi, Ranera condusse il gruppo verso la più esterna. Dentro , nel poco spazio, sedeva il vecchio medico davanti a un fuoco centrale. Alle pareti erano appese parecchie sacche piene di chissà cosa. A parte questo e un giaciglio non c’era niente in quella capanna.
-Fate distendere la malata vicino a me.- sussurrò il vecchio con voce debole. La sua dentatura era ridotta al minimo e gli mancava l’occhio sinistro. Attorno alla cavità vuota si distinguevano i segni di una cicatrice simile a quella di Arkius.
-Come facevi a sapere del nostro arrivo?- chiese Ranera.
-Dilly mi ha detto questo.- rispose lui in tono pacato.
-E chi è Dilly?-
In quel momento arrivò un terribile terrore color verde chiaro.
-Lei è Dilly.- affermò il vecchio, alludendo al draghetto, che si appollaiò sulla sua spalla.
-Tu puoi parlare con i draghi?- chiese Arkius, incredulo.
-Posso parlare con molte creature, dipende da loro. Tu parleresti mai con uno che ti ignora?- rispose il medico.
Adesso il ragazzo ci capiva ancora meno.
-Il mietitore ti ha ferito l’occhio?- chiese all’improvviso il vecchio.
-Sì…- rispose Arkius, spiazzato.
-Anche a me ferì,  tanti anni fa. Ma non ho avuto la fortuna di tenermi l’occhio.- mormorò grattandosi lievemente l’interno della cavità e facendo venire la nausea a tutti i presenti.
-Comunque, portatemi la malata.-
-Non sono malata!- protestò Eyvind, ma fece come disse lui.
Il vecchio medico la fece sdraiare a terra e le passò una mano sulla fronte, poi le tastò la pancia e gli addominali, chiedendo se sentiva dolore. Eyvind rispondeva di no.
Allora le prese le mani e iniziò a cantilenare:
“Ar kius skanl omotl erenk all”
Arkius la riconobbe: era l’antica lingua dei saggi. Gothi era l’unica che la conoscesse. O così pensava prima di conoscere quel guaritore. Si ricordò che il suo stesso nome derivava da quella lingua. Ar kius, significava Senza nome. Ogni volta che ci pensava si rattristava.
Il vecchio si fermò improvvisamente. Balzò in piedi, frugò in una delle sacche appese alle pareti, ne estrasse un sacchettino di stoffa contenente ocra rossa e si verso questa polvere sulle mani.
Poi, con essa, tracciò sul volto e sulle braccia di Eyvind dei simboli composti da linee dritte e curve, riprendendo la cantilena.
Quando ebbe finito stette in silenzio.
Si udiva solo il fuoco che scoppiettava.
Ad un tratto tutti i simboli iniziarono a brillare sul corpo di Eyvind con luce scarlatta.
Il vecchio chinò la testa e disse a Eyvind di alzarsi.
Tornò a sedersi e rimase meditabondo a fissare il fuoco.
-Allora?- chiese dopo un po’Arkius.
Sembrò quasi che il vecchio fosse stato svegliato dal sonno.
-Beh, penso di poter giungere a una sola conclusione: non sei malata.-
Pausa di silenzio.
-Però, la reazione che i simboli hanno avuto sul tuo corpo denota che tu sei dotata di un’abilità maledetta.-
-Ehm…maledetta?- chiese Eyvind, un po’preoccupata.
-Beh, dipende da te. Non sei la prima nella storia e non sarai l’ultima ad avere un potere del genere.-
-Ma di che potere si tratta?- chiese Franziska, incuriosita.
-Sei in grado di generare il fuoco dal tuo corpo. Un solo pensiero, una sola emozione e il tuo potere si libererà. Dovrai imparare a controllarlo, perché crescerà con te. Non devi permettergli di essere più forte di te.-
Eyvind non potè nemmeno rispondere che il focolare del vecchio si ingigantì a tal punto da bruciare un uccello che stava arrostendo su uno spiedo.
-Ehi! Mi hai bruciato la cena!- esclamò il medico.
Eyvind balbettò delle scuse, sentendo l’agitazione crescere.
-Calmati.- la rassicurò lui –hai visto? Ti sei agitata e il tuo potere si è liberato, ma è stato più forte di te.-
Si alzò e porse alla ragazza una borraccia piena.
Lei la prese senza far domande.
-Quella è acqua magica. Bevine un sorso in casi estremi, spegnerà le fiamme.-
Lei ringraziò, ma era visibilmente sconvolta.
-Non disperare, imparerai a controllarlo. Ho visto la forza che c’è in te. O forse risiede fuori da te? Tutti abbiamo qualcosa o qualcuno che ci da forza. Dobbiamo scoprire chi o che cosa è.-
Eyvind guardò in basso e il vecchio ne approfittò per fare un occhiolino sfuggente ad Arkius, che si dimostrò più spiazzato che mai.
Quando uscirono dalla capanna, il fresco vento li accolse.
E anche qualcos’altro.
Lui era lì. Li aveva trovati.

ANGOLO AUTORE

Ciao a tutti! Perdonate il mio imperdonabile ritardo, ma le vacanze mi hanno distratto anche più diella scuola, e poi avevo bisogno di ritrovare l’ispirazione.
Spero vi sia piaciuto il capitolo.
Vi invito a recensire e ringrazio chi lo fa sempre!
Ciao!
Skrill rider
 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Mieti il mietitore ***


~~Il mietitore stava in piedi in mezzo alla strada. Li fissava e non sembrava nemmeno respirare. Era completamente vestito di nero, con uno spallaccio di armatura uguale a quello di Arkius, solo sulla spalla destra.
Dietro alla sua maschera nera si scorgevano due occhi piccoli e iniettati di sangue e i capelli lunghi erano liberi e sciolti sulle spalle. Veloce come un fulmine sguainò due spade, ancora incrostate del sangue delle sue vittime. Continuava a non parlare. Non ne aveva bisogno. Era ben chiaro quello che aveva in mente.
I cinque vichinghi impugnarono le loro asce.
Silenzioso come era sempre stato, attaccò per primo il mietitore. Si mosse veloce, senza paura o esitazione tra i ragazzi, che ebbero i riflessi abbastanza pronti da parare quella fulminea raffica di colpi.
L’assassino attaccò di nuovo e la battaglia infuriò.
Non avevano mai visto un combattente più abile, dovunque cercassero di colpirlo, lui era sempre pronto a parare. Stava tenendo testa da solo a cinque vichinghi. Era impressionante. Non poteva essere umano.
E alla fine, colpi su colpi, clangore del metallo, e una delle spade del mietitore andò a segno. Le trapassò la gola con un taglio netto, neanche si potè percepire il rumore delle vertebre del collo spezzate. Eyvind cadde a terra, esanime.
Arkius si vide una vita passargli davanti. No. Non poteva essere.
Il furore vichingo lo percorse da capo a piedi. Fece cadere la sua ascia contro il nemico, che alzò il braccio per parare e…l’arto gli venne mozzato dal colpo. Il mietitore andò al tappeto contorcendosi dal dolore. Fu allora che Arkius notò che una delle due spade non aveva più la lama.
Spostò lo sguardo su Eyvind e si accorse che la sua testa era ancora sul collo. Aveva solo un taglio superficiale dove il fendente si era abbattuto.
Non poteva crederci. Corse da lei, quasi buttando giù i suoi amici, la abbracciò e le accarezzò il collo, ringraziando Odino e tutti gli dei.
Ma com’era possibile che fosse viva?
La soluzione, inaspettatamente, venne in mente a Franziska.
-Ma certo!- esclamò –ha avuto una reazione istintiva che le ha fatto bruscamente alzare la temperatura. Il suo collo è diventato così bollente da sciogliere la lama al solo tocco!-
Erano tutti sollevati, tranne Eyvind. Lei, al contrario si sentiva spaventata dalla forza dei suoi poteri che aveva appena scoperto.
Il mietitore morì dissanguato in poco tempo e gli concessero un funerale.
Volarono su una rupe e accatastarono della legna.
Decapitarono il corpo per punirlo di tutti i suoi omicidi, recitando:- Perdi la testa per i tuoi crimini. Guadagna il perdono presso la casa degli dei. Che il Valhalla possa consentirti una seconda occasione.-
Distesero il cadavere decapitato sulla legna, insieme al braccio mozzato e le armi.
La testa invece la conficcarono su un bastone, che piantarono nel terreno.
-Il tuo corpo vada con te.- continuarono – che la tua testa rimanga qui, per costringerti a pensare sempre al mondo che hai lasciato.-
Dopo diedero fuoco alla legna e così il mietitore venne bruciato.
-Và, spirito del male di questo mondo.- conclusero –che tu possa essere uno spirito del bene nel nuovo mondo.-
Mentre lo spirito del mietitore seguiva la scia del fumo per entrare nel Valhalla, i cinque vichinghi ripresero la loro strada.
Volarono fino a un grande lago.
-Il lago bianco!- annunciò Ranera –e all’orizzonte la foresta nera. Il nostro primo ostacolo naturale.-
-Sapete?- interferì Franzika –Pensavo che sarebbe stato più difficile battere il mietitore.-
-Ringraziamo gli dei che non è stato così.- sospirò Heather. Se ne stava sempre zitta, quindi quando parlò si voltarono tutti a guardarla, come se fosse appena arrivata.

Atterrarono sulle rive del lago. Era davvero enorme. Non eguagliava l’immensità del mare, ma era comunque impressionante alla vista.
Arkius stette qualche momento a pescare con Ranera, mentre gli altri preparavano l’accampamento. Si sentivano tutti più tranquilli ora che il mietitore se n’era andato per sempre.
Procurato il necessario per la cena, si misero ad arrostire il pesce sul fuoco.
Arkius ne lanciò uno a Fulmine, che lo prese al volo e sorrise contento.
Dopo cena, il ragazzo si andò a sedere vicino a Eyvind, che stava accarezzando la testa di Luna.
Non trovava parole per attaccare discorso. Era imbarazzato.
-Penso che le manchi Sdentato.- disse alla fine Eyvind, alludendo alla sua bella furia buia dagli occhi azzurri.
-Cosa te lo fa credere?- chiese Arkius, felice di poterle parlare.
-Beh, mi sembra abbastanza triste. E poi ieri ha disegnato sul terreno una furia buia ed è rimasta a fissarla.- rispose la ragazza.
-Può darsi.- disse lui.
I loro occhi si incontrarono per un momento sfuggente. Distolsero lo sguardo contemporaneamente, arrossendo.
-Allora…- tentò di districarsi Arkius –come ti senti?-
-Sono preoccupata.- rispose lei –e se questi miei poteri diventassero più forti di me? Non voglio fare del male a qualcuno di voi.-
-Sai, Eyvind, ti potrei dire: credi in te stessa e saprai dominarti. Ma non lo farò. Se non hai le ali non puoi volare.- lui disse.
Eyvind sorrise. Le piaceva quando Arkius inconsapevolmente faceva un po’ il poeta.
-E cosa dovrei fare?- domandò.
-Segui il consiglio che ti ha dato il vecchio. Trova la cosa o…la persona in cui è racchiusa la forza interiore. Usa questa forza per tenere sotto controllo il tuo potere.- rispose lui, per poi deglutire rumorosamente.
Sperava con tutto il cuore che lei avesse capito dove voleva andare a parare.
-Hai ragione.- rispose –devo cercare la mia forza nelle emozioni buone, non nella rabbia o nell’isolamento.-
Arkius sospirò dispiaciuto. Non aveva capito.
I loro occhi si incontrarono di nuovo. Ma sta volta non distolsero lo sguardo. Erano come affogati l’uno nelle pupille dell’altro.
Arkius si chiedeva che fare. Doveva dichiararsi o aspettare?
Si ricordò della sua cicatrice e distolse lo sguardo.
-Che ti prende?- domandò lei.
-Faccio in modo che tu non possa vedere la mia cicatrice. Non è degna di essere vista dai tuoi occhi una cosa così raccapricciante.- disse iniziando a grattarsi il graffio, che prese a sanguinare. Al sangue si mischiò una lacrima solitaria, sfuggita all’autocontrollo del ragazzo. Per sempre avrebbe avuto quel marchio a sfregiargli orribilmente il volto.
La mano leggera di Eyvind si posò sulla sua guancia sinistra, proprio sulla cicatrice, spingendo Arkius a guardare di nuovo verso la ragazza.
I loro volti sembravano attrarsi.
Erano sempre più vicini.
-Eyvind…- sussurrò lui. Tremava. Qualcosa cercava ancora di frenare quello che ormai sembrava inevitabile. Non poteva. O sì? Il sangue gli scendeva lungo la guancia, non poteva.
-Eyvind…- disse ancora.
I freni cedettero.
Le loro labbra si unirono quasi di scatto. Quanto tempo si erano trattenuti. Adesso non si sarebbero mai staccati. L’emozione era troppo forte. Stretti in un abbraccio solido come un tronco i due giovani vichinghi sentivano un calore ristorante, mentre continuavano senta riprendere fiato. Troppo tempo si erano trattenuti.
Ora nessuno li poteva fermare, letteralmente. Gli altri stavano dormendo.
Arkius non ci poteva credere. Quella meravigliosa ninfa del fuoco del tramonto, che aveva amato dal primo momento che l’aveva vista, così bella e così forte, stava baciando proprio lui.
Proprio loro due avevano unito le loro labbra in quella sera limpida, alla baluginante luce di un fuoco.
Proprio loro due si stavano scambiando il bacio più atteso, sincero e dolce che si fosse mai visto. Non gli importava se qualcuno si era baciato meglio, quello per loro era il miglior bacio di sempre.

ANGOLO AUTORE

Salve a tutti gente! Sono emozionatissimo per questo capitolo! Finalmente ce l’hanno fatta i due piccioncini eh?
Spero che vi sia piaciuto il capitolo!
Mi raccomando fatemi sapere nelle recensioni!
Ciao!
Skrill rider

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Capitolo 8
*** Strane visioni ***


~~L’alba sorse, illuminando tutta la terra di luce.
Nella radura umida di rugiada, dove i ragazzi si erano accampati, vicino al grande Lago Bianco, Arkius e Eyvind si erano addormentati abbracciati.
Stanchi, per il viaggio, non si erano ancora svegliati. Rimanevano chiusi nei loro sacchi per dormire, immobili fatta eccezione per il lento e ritmico gonfiarsi e sgonfiarsi dei loro polmoni.
La sveglia fu piuttosto brusca. Franziska improvvisamente scattò a sedere e lanciò un fiero e poderoso rutto, che si perse nell’eco della valle e parve scuotere l’acqua del lago.
Tutti scattarono in piedi, spaventandosi, mentre lei si spanciava dal ridere come una pazza.
-Era tutta la notte che maturava, era ora di espellerlo!- ansimò lei tra gli spasmi del gran ridere, contagiando gli altri, che si unirono a lei in una risata collettiva.
Finito il divertimento, riaccesero il fuoco e cossero un paio di pesci, che si divisero.
-Che strani salmoni…- commentò Arkius, masticando.
-Salmoni? Mica sono salmoni questi!- esclamò Franziska abbozzando una nuova risata, ma Heather si affrettò a tapparle la bocca. Lei la respinse con uno spintone e iniziò a sbocconcellare la sua porzione di pesce con aria offesa.
-E che pesci sono allora?- chiese il ragazzo.
-Trote, ovviamente.- rispose Ranera –non le hai mai viste?-
-No.- ammise Arkius –a Berk non ci sono pesci simili.-
Berk…adesso ne sentiva la mancanza più che mai. Aveva ritrovato la sua terra, vero. Ma il prezzo era stato l’abbandono dei suoi amici. Erano cinque anni che non li vedeva, chissà quanto erano cambiati? Non avrebbe potuto assistere alla proclamazione di Hiccup come capo, né fare un’offerta per commemorare la morte del povero Stoick. Si ricordò di quando Johan gli aveva raccontato queste cose, e della profonda tristezza mista a stupore che aveva provato.

Presto spensero il fuoco e sparsero le ceneri.
Era un brutto momento: il momento di separarsi dai loro draghi. Faticavano ad accettarlo, ma ormai la fortezza di Blüdvist era vicina, non potevano permettere che lui entrasse in possesso dei loro draghi.
Dopo un ultimo abbraccio, si separarono dai loro squamosi amici.
Fulmine richiamò Arkius con un ringhio spaventato. Forse voleva dirgli “Dove vai?”.
Il vichingo gli diede un’ultima carezza sul muso, sussurrandogli:- Fai il bravo, bello. Prenditi cura di Luna e Windshear. Io tornerò, lo giuro.- il drago grugnì e annuì, per far capire che aveva compreso.
Fu un saluto doloroso per tutti, Eyvind era quasi esplosa in lacrime, ma si era trattenuta.

Camminarono lungo le sponde del lago, fino a trovarsi di fronte all’enorme Foresta Nera.
Si fermarono proprio sul limitare, per permettere a Ranera di avvertire di una cosa:- Nella foresta aleggiano dei vapori mistici, che possono fare molte cose. Possono disorientare, condurre alla pazzia o alla paura di ogni cosa, oppure possono provocare allucinazioni e visioni, che in alcuni casi sono delle predizioni del futuro.-
-Uh! Sembra forte! Spero di respirare l’essenza del disorientamento…anzi quella della pazzia…anzi, no, tutte quante!- esclamò Franziska.
-Potete tapparle la bocca?- sibilò spazientita Heather.
Dentro alla foresta, tutto era scuro, umido e intricato. Non si capiva dove si andasse, i rami impedivano al sole di penetrare e una sinistra foschia aleggiava tutt’intorno.
Non passò molto tempo che i ragazzi iniziarono a sentirsi storditi e disorientati. Non capivano più dove si trovassero, né si ricordavano più perché si trovassero lì.
Nonostante stessero strenuamente lottando per rimanere lucidi, era molto faticoso e stavano iniziando a cedere.
Un uccello lanciò un verso gutturale, che ai sensi annebbiati dei cinque vichinghi sembrò un suono spaventoso e proveniente da chissà quale creatura demoniaca.
All’improvviso Arkius cadde a terra, iniziando ad agitarsi tutto. Sembrava quasi che avesse un attacco epilettico. Respirava a fatica e gli occhi erano saliti dietro alle palpebre. I suoi compagni si fecero attorno, cercando di calmarlo.
Alla fine, con un grido fortissimo, Arkius si drizzò a sedere, ansimante.
Aveva gli occhi fuori dalle orbite per la paura ed era fradicio di sudore freddo.
Aveva avuto una visione. Senza dubbio.
Si guardò intorno atterrito, vide Eyvind e la abbracciò forte, in preda a degli improvvisi singhiozzi.
Sembrava un pazzo e continuava a ripetere:- Oh grazie Thor!-
I suoi amici riuscirono a calmarlo e lo fecero sedere meglio, appoggiato a un tronco.
Gli offrirono un po’d’acqua, che bevve a piccoli sorsi. Subito sentì il cuore battere più lentamente.
Non raccontò la visione a nessuno, voleva dimenticarla per sempre.
Camminarono tutto il giorno ed infine, esausti, si accamparono per la notte, su una zona rialzata.
Fu una notte insonne per Arkius, quella visione lo tormentò continuamente.
Sperava con tutto il suo cuore che non si trattasse di una visione premonitrice, non avrebbe potuto sopportare quella vista.
Non avrebbe potuto sopportare di vedere il suo corpo straziato in quel modo.
E se fosse successo, avrebbe ucciso chi l’avesse fatto.
Quell’immagine continuò a picchiarlo come un martello per tutta la notte.

ANGOLO AUTORE

Salve a tutti! Ebbene sì, ho in mente qualche bella chicca, ma non spaventatevi, non sono capace di scrivere storie che finiscono male, ma non sottovalutatemi neanche, lol.
Comunque, non uccidetemi per la storia dei draghi, ma è necessaria per lo svolgimento della storia.
Spero che anche questo capitolo vi abbia appassionato, ringrazio davvero di cuore chi continua a seguirmi e a recensirmi!
Ciao!
Skrill rider
PS: tranquilla sis, tra qualche capitolo riavrai il tuo adorato Tuff, metti giù l’ascia…

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Capitolo 9
*** Odurn ***


~~Nella Foresta Nera non passa mai la luce del sole.
Quando i cinque compagni di viaggio si risvegliarono dal sonno a stento si vedevano a vicenda.
Heather cacciò un urlo, accorgendosi di essersi addormentata vicino a un formicaio e che le graziose formichine le avevano invaso il sacco per dormire.
Iniziò a saltellare come una pazza, spargendo insetti a destra e a manca.
Arkius aveva passato la notte seduto su un masso, incapace di dormire. Ora due profonde occhiaie gli solcavano il viso, rendendo il suo sguardo ancora più inquietante.
All’alba aveva ucciso una vipera che si era avvicinata troppo. Il resto della notte era trascorso tranquillo.
Non fecero neanche colazione. Avevano solo fretta di andarsene da quell’infido e umido posto.
Guidati da Ranera, riuscirono in qualche modo a farsi strada verso l’uscita. 
Di fronte a loro si stendeva un’immensa pianura verde, incastonata tra le montagne e tagliata nel mezzo come da una lama, dal Fiume del Salmone.
Tutto era soleggiato e apparentemente tranquillo, ma all’orizzonte si scorgeva una collina bruciata, sulla quale sorgeva un’imponente roccaforte.
-Odurn!- annunciò Ranera –la fortezza di Drago.-
Ormai era talmente vicina che ai ragazzi pareva quasi di poter sentire l’odore di erba bruciata di quella collina maledetta.
Discesero nella valle e giunsero fino al fiume.
Trovarono un punto dove attraversarlo e ne approfittarono per pescare e per rinfrescarsi un po’.
Catturarono senza problemi tre bei salmoni grassi. Non si chiamava Fiume del Salmone per niente, dopotutto.
Li arrostirono su un falò di fortuna e li mangiarono come se non avessero toccato cibo per settimane.
-E non è nemmeno la stagione giusta!- esclamò Ranera, asciugandosi la bocca col dorso della mano.
-Già!- convenne Franziska –dovreste proprio vedere in primavera, durante la migrazione di questi pesciolozzi! Il fiume ne è talmente pieno che a momenti si spingono a riva da soli!-
Finito il pasto, ricominciarono a camminare.
Più avanzavano verso la nera collina, più sentivano come un senso di angoscia che pareva trascinarli in qualche abisso sconosciuto.
Ormai il confronto con Drago era imminente.

-Ehi Arkius!- disse Eyvind accostandosi al ragazzo, che camminava a passo spedito.
Lui le rispose con un mezzo sorriso forzato.
-Che ti succede?- chiese lei con un’aria interrogativa.
Lui scrollò le spalle:- Ma no, niente di cui tu ti debba preoccupare.-
-Invece mi preoccupo.- rispose lei –ti conosco bene, caro il mio vichingo. È tutta la mattina che non parli e hai lo sguardo scuro.-
Arkius sbuffò spazientito:- Credimi, preferisco non parlarne con te.-
Lei parve rattristata:- Ma allora il bacio di due sere fa non aveva alcun significato? Non ti fidi di me?-
Lui la guardò con sguardo triste. Le sue parole gli pesavano come pietre, ma ancora di più gli pesava la visione che aveva avuto.
-Eyvind…non pensarlo neanche, mi hai capito? Neanche per sogno!-
Lei parve un po’rinfrancata, ma anche contrariata, perché lui si rifiutava comunque di parlarle.
E non voleva farlo. Non aveva la minima intenzione di rivelarle la sua visione.
Decise di cambiare argomento:- Eyvind? Hai visto che non hai più avuto problemi coi tuoi poteri?-
Lei sorrise:- Devo aver trovato la mia forza interiore…- rispose arrossendo un po’.
Lui ricambiò il sorriso, finalmente.

-Ehi, piccioncini!- si intromise Franziska –non per disturbare il vostro sentimentalismo, ma saremmo ormai vicini a Odurn. Non dobbiamo dare nell’occhio, se non volete che un paio di frecce interrompano la nostra missione.-
Infatti Odurn era sorvegliata da molte sentinelle.
Allora decisero di aspettare la notte per penetrare nella rocca.

Una volta calato il crepuscolo l’effrazione poteva avere inizio.
Tutte le sentinelle erano dotate di torce, quindi erano facili da tenere d’occhio.
Avanzarono furtivi su per la collina, fino ad arrivare presso le mura.
Una volta lì, Ranera, abile arrampicatore, aiutandosi con dei picchetti, iniziò a risalire verso la ronda.
Più volte rischiò di scivolare, mentre i suoi amici, a terra, sobbalzavano ogni volta che metteva un piede in fallo.
Alla fine, sudato e ansimante, il ragazzo dai capelli corvini riuscì ad arrivare a destinazione. Le guardie gli furono subito addosso. Lui si difese come poteva, veloce come un fulmine. Quando ne ebbe l’occasione agguantò una fune con un rampino e la gettò ai suoi compagni, che accorsero veloci.
I cinque vichinghi erano molto abili nel combattimento, ma gli avversari avevano archi e frecce.
Iniziarono a bersagliarli. Loro evitavano le frecce facendosi scudo con i nemici che avevano stordito.
Ad Arkius accadde qualcosa, ad un tratto.
Sentì una strana sensazione, come di calore e tensione partirgli dalla parte alta della schiena, poi la testa sembrò sul punto di esplodergli e infine percepì i sensi farsi più acuti. Riusciva a sentire il respiro delle sentinelle, il battito dei cuori dei suoi amici, persino le grida disperate degli spiriti dell’erba bruciata, che piangevano la loro dimora distrutta.
Percepì una freccia andare proprio in direzione di Eyvind e improvvisamente gli balenò di fronte la visione della sera prima.
Senza pensare si tuffò nella traiettoria. La freccia gli si conficcò nell’avambraccio sinistro. Ebbe fortuna, ma il dolore lancinante lo fece urlare e lo costrinse a inginocchiarsi. Questo distrasse gli altri, che vennero immediatamente sopraffatti e catturati.
Vennero legati e condotti nelle prigioni, che si trovavano nei sotterranei, in profondità sotto la collina.
Arkius si appoggiò al muro. La freccia conficcata nel braccio gli faceva malissimo e il sangue colava a fiotti. Si tolse gli spuntoni e il bracciale che gli coprivano l’avambraccio alla maniera vichinga e vide che la zona attorno alla freccia era diventata color bluastro.
Ranera gli si fece vicino. Prese la freccia e la mosse un pochino. Arkius gridò per il dolore.
-Non ci voleva!- esclamò il ragazzo dai capelli neri- ti hanno colpito con una freccia lingua di vipera.-
-Una che?- chiese Arkius, ansimante.
-Noi chiamiamo così questo tipo di frecce. Hanno una forma a cuore, cioè con due spuntoni rivolti nel verso contrario rispetto alla punta. In questo modo la freccia non può più essere rimossa.-
-Ah magnifico!-
Ranera lo ignorò:- Franziska! Questa è la tua specialità.-
La ragazza prese il posto del cugino, vicina ad Arkius.
-Allora…vediamo un po’…- borbottò osservando la ferita-è molto profonda, dobbiamo ricorrere alla medicazione estrema.-
Ranera si lasciò sfuggire un’espressione di disgusto. Arkius si preoccupò parecchio. E faceva bene.
Franzika gli diede un pezzo di stoffa da mordere e ordinò agli altri di tenerlo fermo.
La ragazza iniziò a spingere la freccia nel braccio, mentre Arkius faceva ricorso a tutto il suo autocontrollo per stare fermo.
-Bene, i tendini non sono stati lisi, posso procedere.- disse Franziska.
Con una spinta decisa fece trapassare alla freccia il braccio, facendo sussultare Arkius per il dolore.
-Sta fermo! Vuoi perdere il braccio?- gli gridò lei. In quel momento le avrebbe volentieri tirato un calcio.
Franziska spezzò l’asta della freccia e fece ripassare il frammento senza punta attraverso il buco nel braccio. Arkius non ne poteva più.
-Quasi fatto.- disse lei.
La freccia era stata rimossa, ora la ragazza ripulì la ferita, che aveva perso fin troppo sangue.
Arkius era pallido come un cadavere.
Il peggio venne dopo. Versarono un po’di saliva di incubo orrendo (presa da una fiala che Martin aveva regalato al ragazzo) sulla ferita e diedero fuoco, con l’aiuto di Eyvind, che piangeva ininterrottamente. Il calore sigillò la ferita, ma il limite di sopportazione del ragazzo venne oltrepassato, che con un urlo si alzò in piedi, buttando tutti all’aria e tirò un pugno in faccia a Franziska, per poi ricadere seduto, sudato e ansimante.
-Eh sì!- esclamò Franziska massaggiandosi la mandibola- succede sempre così quando la medicazione finisce. Vuol dire che ha funzionato, ma non sforzare troppo il braccio per ora.-
Eyvind si gettò al collo del vichingo, in lacrime, mentre lui, come sotto shock, continuava a fissarsi la nuova cicatrice.
Poi si rimise il bracciale e gli spuntoni.
Andarono a dormire, perché Arkius aveva perso molto sangue ed era molto debole ora.
-Mi hai salvata…- sussurrò Eyvind.
-Non avrei potuto fare altrimenti.- rispose lui.
-Ti fa male?-
-Ora non molto, ma pulsa tutto. Per un attimo ho temuto che non avrei più potuto suonare.- ridacchiò.
-Nulla può fermarti Arkius, io lo so.- sussurrò lei.
Lui la guardò, con una strana espressione, quasi rilassata e con la bocca piegata in un lieve sorriso.
Alla fievole luce della torcia il suo volto sembrava quasi quello di un qualche strano spirito guardiano, forte e saggio.
Eyvind, invece aveva un aspetto sconvolto, ma ad Arkius piaceva moltissimo lo stesso.
Lei arrossì e distolse lo sguardo. Poi chiese di nuovo:- Sicuro che non ti fa male?-
-Mi avrebbe fatto più male se la freccia avrebbe colpito te.- disse lui, forse senza pensare a quello che diceva.
I due si abbracciarono stretti. Arkius sembrava non volerla lasciarla più andare.
La ragione era semplice: la visione, quando gli era ricomparsa davanti agli occhi prima che ricevesse la freccia, aveva mostrato un nuovo pezzo.
Il corpo lacerato e sanguinante che aveva visto non era il suo. Era Eyvind.

ANGOLO AUTORE

Scusa Frankie, ma mi hai fatto un male cane ahahah! La reazione di Arkius l’ho presa da Brave heart.
Che dite? Sono cattivello eh? Ma non vi spoilero niente, vi dovete rodere sulle spine.
Ciao!
Recensite!
Skrill rider

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Capitolo 10
*** Drago Bludvist ***


~~Arkius venne risvegliato da una sensazione di caldo soffocante. Eyvind si era addormentata sopra di lui e, molto probabilmente, stava avendo un incubo, infatti la sua pelle era diventata bollente per l’agitazione.
Con la massima delicatezza che gli riuscì, la sollevò e se la scostò di dosso, per adagiarla in una posizione che fosse comoda.
Si sedette con la schiena appoggiata al muro e si tastò il braccio, dove il giorno prima era stato colpito dalla freccia. La cicatrice era coperta dal suo bracciale, ma era quasi sicuro di riuscire a sentirla al tatto.
Gli dolevano un po’i tendini quando muoveva la mano, quindi simulò di avere in mano il suo basso e mosse le dita a suonare un’immaginaria scala pentatonica. In fondo era solo un indolenzimento, questo lo confortò un poco.
Franziska gli aveva raccomandato di tenere il braccio a riposo, quindi cercò di sforzarsi per non muoverlo.
Si guardò intorno. La cella in cui erano chiusi era larga poco più di un pozzo, infatti si stava piuttosto stretti. Il pavimento era lordo di sudiciume, paglia e il sangue che Arkius aveva versato la sera prima. Il tutto provocava un odore orrendo.
Un topo sgattaiolò squittendo in una fessura del muro.
Da una piccola finestra posta in alto filtrava la tenue luce del mattino, illuminando debolmente la piccola stanza.
Da qualche parte una porta si aprì cigolando con uno scatto.
Si udirono dei passi pesanti e dopo poco comparve una guardia sulla soglia, che fece passare un vassoio con del pane ammuffito e dell’acqua sporca da un’apertura apposita.
-Sbrigatevi a mangiare.- ordinò spiccio –il mio padrone vi attende.-
Arkius squadrò quell’uomo. Aveva dei lineamenti stranamente familiari. Se non fosse stato per l’elmo avrebbe potuto vederlo in faccia.
-Sveglia i tuoi compagni.- disse brusco, di nuovo.
Arkius provvide a ubbidire.
Quando tutti furono in piedi (Franziska richiese un po’di tempo), palesarono la loro intenzione a non toccare quel cibo disgustoso, allora la guardia aprì la cella, li legò e li condusse fuori.
Percorsero un corridoio che dava su tante celle uguali alla loro, a parte una, sigillata da una porta massiccia.
La guardia aprì una porticina e vennero affiancati da altri soldati, che li scortarono in quella che avrebbe dovuto essere una sala del trono, ma sembrava più lo studio di un cartografo.
Attesero lì un eternità, finchè un soldato comparve sulla porta e disse in tono solenne:- Piegatevi davanti al dominatore della Southern bakken, Drago Blüdvist I, cavaliere dei draghi e conquistatore indiscusso della loro paura.-
Comparve un uomo grosso, dalla pelle scura e i capelli divisi in dreadlocks, pieno di cicatrici e avvolto in un mantello di pelle di drago (Arkius pensò con rabbia che potesse essere pelle di skrill, ma poi si accorse che le squame erano troppo larghe). Gli mancava il braccio sinistro e camminava come se fosse stato azzoppato.
-Bene…- disse, con una voce totalmente sprezzante –che cos’abbiamo qui? Ribelli? Assassini? Usurpatori? Senza dubbio uccisori del mio servo più fidato…-
Si mise a ispezionare le molte mappe appese a ogni parete. Mappe che mostravano terre oltre i confini della conoscenza. “Hiccup le avrebbe invidiate”, pensò Arkius.
-Terre oltre ogni immaginazione…- disse Drago, assorto – chissà quanti misteri, quante ricchezze nascondono. E mio padre vorrebbe che io buttassi via la mia vita per inseguire una stupida leggenda che accompagna la mia famiglia da generazioni…- emise una risatina malevola, poi si rivolse di nuovo ai ragazzi –perché dovrei? Ho un’altra missione io. Vendicare il mio villaggio, il mio braccio, mia moglie…tutto ciò che i draghi mi portarono via.-
-E tu li vorresti uccidere?- proruppe Arkius.
Drago lo ispezionò con lo sguardo e rispose:- Ovviamente sì. Berk è quasi riuscita ad impedirmelo, ma ora ho un nuovo esercito di draghi. Più forte che mai.-
-Aspetta, aspetta…tu vuoi sterminare i draghi, ma ti sei fatto un esercito di draghi? Mi spieghi il senso?- ribattè il ragazzo, che già odiava quell’uomo.
Blüdvist lo guardò con sguardo indagatore:- Anche un’altra persona mi ha detto così…Hiccup lo smilzo, il grande piccolo capo di Berk.- scrutò i ragazzi a uno a uno –dunque voi siete suoi amici.-
Ghignò:- Che bella notizia! Conduceteli nella cella di sicurezza e…- si interruppe.
Si avvicinò ad Arkius con uno sguardo strano. Gli arrivò a un palmo di distanza. Era poco più alto del ragazzo. Fece saettare la mano ad afferrare il mento del vichingo, per girargli la testa.
Arkius lo lasciò fare, voleva capire cosa volesse.
Drago ispezionò il collo del ragazzo, fino a trovare una piccola cicatrice a forma di X.
Quando ebbe individuato quel simbolo indietreggiò, stranito.
Arkius guardò i suoi amici, interdetto.
-Non è possibile. Tu…dovresti essere morto…ucciso dai draghi.- disse Drago al ragazzo.
Arkius non capiva niente.
L’uomo raddrizzò le spalle e sibilò:- Lo sapevo, lurida traditrice…-
Arkius ci capiva ancora meno.
Blüdvist fissò il suo sguardo in quello del ragazzo, ghignò e disse:- Ben tornato a casa, figlio mio!-
Arkius improvvisamente capì.
Gli apparve come in una visione sfocata un villaggio in fiamme, una donna che lo teneva in braccio, che si imbarcava con lui e prendeva il largo. Una tempesta che li scaraventa in acqua, lui piange, non riesce a trovare il calore rassicurante di sua madre. Ha la fortuna di essere finito su un pezzo del ponte della nave, che viene sospinto dalle onde. Senza saper articolare parole, chiama sua madre in un pianto disperato, ma non ottiene risposta. Tempo dopo è su una spiaggia, una vecchia sente i suoi lamenti e lo raccoglie. È Gothi.
-Hai preso tutto da tua madre, Drago Blüdvist II.- ghignò di nuovo Drago, distogliendo Arkius dalla visione.
Il ragazzo guardò i suoi amici, disorientato e spaventato. Loro lo fissavano a bocca aperta, storditi quanto lui.
-Sono davvero lieto di sapere che ho di nuovo un erede…- disse Drago –portate i prigionieri nella cella a massima sicurezza, mio figlio rimarrà con me.-
-Io non sono tuo figlio!- gridò il ragazzo.
-Va bene, chiuderò in cella anche tu, poi ci ripenserai.-
-Io non sono tuo figlio!- gridò il ragazzo di nuovo, in preda all’ira.
-Lo sei, in quanto il tuo nome è Drago Blüdvist II.-
Il ragazzo lo guardò con uno sguardo che mandava lampi e scandì la frase:- Il mio nome è Arkius Granit!-
Senza nome Granit. Decise che preferiva chiamarsi così, piuttosto che come quel losco individuo, che disprezzava più che mai.
Drago si infuriò e li congedò senza aggiungere altro.
Vennero gettati nella cella sigillata dalla porta spessa che avevano notato prima.
Lì Arkius sfogò tutta la sua rabbia gridando e picchiando il muro, finchè il dolore lo costrinse a smettere.
I cinque ragazzi si sedettero nella penombra della prigione, senza fiatare.
All’improvviso sentirono una voce provenire da un angolino buio.
-Chi siete voi, giovanotti?- un vecchietto vestito di stracci si fece avanti.
-Siamo vichinghi contro Drago.- rispose Ranera.
-E io ho appena scoperto di essere il figlio di quel…mostro.- ringhiò Arkius sputando in terra.
-Sei suo figlio?- chiese l’anziano.
-Sì, purtroppo.- mormorò il vichingo.
-Ciao ragazzo, io sono tuo nonno.- rispose il vecchio.

ANGOLO AUTORE

Ciao a tutti! Finalmente ho scritto questo capitolo! Sono mesi che ho quest’idea fissa in testa! Che dite? Vi piace come procede la storia? Spero di sì!
Recensite, mi raccomando!
Skrill rider

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Capitolo 11
*** La fine di Drago ***


-Ok, d’accordo, per oggi ho avuto abbastanza sorprese…- sbuffò Arkius.
-Beh, caro ragazzo, che modi sono di salutare il tuo vecchio nonno? Ti credevo morto sai?- disse il vecchietto sputacchiando.
-Mi dispiace nonno.- rispose il ragazzo –ma scoprire di avere un padre come Drago non è facile da accettare.-
-Eh lo so…- gorgogliò lui con aria grave –Drago ha completamente perso la ragione, dopo che ha perso tutto.-
Ranera si fece avanti:- Scusate, ma sento dei passi avvicinarsi.- bisbigliò.
E in effetti era così. Qualcuno stava arrivando a prenderli.
Una chiave venne inserita nella robusta serratura.
Il rumore scandito dei catenacci che si aprivano parve quasi assordante, nel cupo silenzio che si era venuto a creare.
La porta si aprì lentamente, cigolando.
Entrò la guardia che prima li aveva condotti da drago.
-Seguitemi.- disse a bassa voce.
-Ah no, bestione!- proruppe Franziska – se hai intenzione di sottoporci a torture atroci o a gettarci nell’olio bollente per ucciderci tra dolori che ci ricorderemo anche nel Valhalla…non mi dispiacerebbe più di tanto, in realtà. Ma almeno specificalo, odio le sorprese. E se vuoi ucciderci, puoi uccidere prima mio cugino? Vorrei morire dopo aver visto qualcosa di figo, sai…-
La guardia le tirò una violenta botta in testa, facendola volare a pancia all’aria.
-Oooh gira tutto!- disse lei emozionata per il momentaneo intorpidimento.
Gli altri ragazzi la aiutarono ad alzarsi e seguirono la guardia.
Li condusse lungo lo stesso corridoio buio che avevano percorso prima, ma questa volta aprì una minuscola porticina sulla sinistra. Era talmente piccola che non l’avevano nemmeno notata e si dovettero abbassare per varcarla.
Si presentò a loro uno spettacolo terribile.
Fulmine, Luna, Windshear e molti altri draghi intrappolati in gabbie a prova di fuoco, piazzate su navi pronte a salpare.
Nell’aria torbida di quella giornata era una visione quasi inquietante.
Ai cinque ragazzi parve che le speranze che li mandavano avanti fossero svanite definitivamente.
Tutto il loro lavoro era stato vano, dunque. Drago aveva vinto. Aveva i loro draghi e l’esercito che era riuscito a radunare poteva spazzare via qualunque forza armata della terra.
La guardia si voltò e disse:- Drago avrà bisogno di qualcuno che addestri i suoi draghi. Salite su quella nave.- facendo segno con la testa verso la nave su cui erano rinchiusi i loro draghi.
Arkius, in un impeto disperato cercò di balzargli addosso, ma venne messo al tappeto.
Non gli rimaneva altro che ubbidire.
Le cose non potevano andare peggio.
Vennero condotti fino alla stiva, dove vennero rinchiusi.
Era straziante, nel buio della pancia della nave, sentire i mugolii scoraggiati dei loro amici squamosi.
-Era quasi fatta…- moromorò Ranera.
Heather e Eyvind piangevano in silenzio.
Franziska invece, ripresasi dallo stordimento della botta, aveva iniziato a piangere più forte di un tamburo furente appena nato, facendo un casino infernale.
Arkius si avvicinò ad Eyvind e l’abbracciò stretto.
In un momento così drammatico, avere lei tra le sue braccia, lo fece sentire ancora più a disagio, in qualche modo. Come se avesse fallito nel proteggerla. Come se, mollandola, l’avrebbe potuta perdere per sempre. Lei, che era ciò di più importante che gli fosse rimasto. Questo gli provocò un peso al cuore, e la voglia di stringerla più forte. Di sentirne il calore. Di percepire la vita nel battito singhiozzante del suo cuore così vicino.
Fu quando lei ricambiò l’abbraccio che tutto cambiò. Adesso era lei che accettava di restare con lui. Lei che gli mostrava quanto fosse importante. Una roccia su cui aggrapparsi durante una caduta nel vuoto.
Ciò riempì Arkius di gioia.
Ma com’era possibile provare gioia in quelle circostanze?
In quel momento capì che l’amore, nel suo piccolo, sconfigge anche l’odio più grande, se libero di agire.
Diverso fu quando lei gli diede di sfuggita un bacio sulle labbra e mollò l’abbraccio.
Forse voleva solo piangere in pace, perché si vergognava a farsi vedere.
Arkius senti la potenza di quel piccolo e breve bacio, che lo colpì al midollo con il suo calore. Gli parve di stare sognando di cadere, e quando Eyvind si sottrasse all’abbraccio, gli parve di svegliarsi e sentì di nuovo il freddo odio riprendere il possesso del suo cuore, stringendolo in una morsa di ghiaccio.
Trovò una fessura nello scafo della nave, vi guardò attraverso e e si accorse che erano partiti.
 
Dove sarebbero andati? Andò avanti a ripetersi questo nella testa finchè non scese la notte.
Allora tornò alla piccola fessura, che gli pareva fosse il suo ultimo contatto con il mondo.
Fuori il vento soffiava dolce, nel buio.
Nel buio…Arkius credette di vedere un drago volare. Una furia buia. Cavalcata da qualcuno. Arkius sentì che era lui. Il suo amico, che aveva lasciato a Berk cinque anni orsono. Hiccup…
Era lì…volava a fianco del veliero, ma qualcosa non quadrava. Aveva lo stesso aspetto di cinque anni prima…di un ragazzino.
Arkius capì che si trattava di un’illusione.
Ciò lo sconsolò non poco.
Eppure…gli sembrava di udire la sua voce.
Gli diceva:- Ricordati chi sei! Sei il mio amico, un guerriero che non sarà mai schiavo! Non arrenderti e torna a casa!-
Poi la visione sparì.
A quel punto sentirono la serratura aprirsi ed entrò la guardia di prima, che si tolse l’elmo rivelando il suo volto.
Era Axel.
-Vecchio mio che fai qui?- Chiese Arkius con un po’troppo entusiasmo, dato che Axel lo zittì con un cenno della mano.
-Le guardie sono tutte addormentate- bisbigliò –ho portato la ciurma e abbiamo liberato i draghi. Ora dovete solo guidarli per distruggere la flotta.-
-Axel, sei grande, si può sempre contare su di te!- esclamò il Arkius a bassa voce.
-Vedi, vi abbiamo seguiti e una volta capito dove eravate diretti, ci siamo introdotti nella fortezza sostituendoci alle guardie, per spianarvi la pista.- spiegò il pirata –sempre ai suoi comandi capitano.- concluse.
 
Si diressero fuori, dove li aspettavano i draghi, molto eccitati di rivederli.
Loro li zittirono con delle carezze sul muso e li sellarono.
Quanto era bello sentire di nuovo il legame drago-cavaliere e volare liberi nel cielo.
Fu così che volarono sulla flotta di Drago, impotente, e la distrussero una volta per tutte.
Dopo tornarono verso la terraferma e atterrarono.
-Vi saremo per sempre riconoscenti Axel.- ringraziò Arkius.
-Tutto per il nostro capitano.- gli sorrise il fedele nostromo.
-Direi che è giunto il momento dei saluti allora?- chiese Ranera.
-Perché non tornate a Berk con noi?- propose Eyvind.
Stettero a lungo a discutere su cosa si sarebbe fatto, ma alla fine Ranera e Franziska decisero di seguire Arkius e Eyvind a casa loro.
Axel e la ciurma invece decisero che il loro posto era il mare e la libertà, quindi sarebbero andati per conto loro.
Arkius promise loro che sarebbero stati sempre i benvenuti, sia a Berk che nelle Southern bakken.
Poi, prima di partire, scagionarono il nonno di Arkius, che prese posto al trono delle terre del sud.
E fu così che la compagnia di Arkius si sciolse e incominciò il ritorno a casa.
Fu bello solcare mari, terre, venti e nuvole a velocità drago, diretti verso Berk. Non il luogo dove nacquero, ma la loro casa.
Ranera, Franziska e Heather erano con loro.
Viaggiarono per due mesi, fermandosi poco, durante la notte, tanta era la voglia di tornare.
E finalemente, alla fine del secondo mese, quando ormai l’autunno era nel pieno del suo grigiore, la videro.
Berk.
 
 
Hiccup lo sapeva che quel giorno non era come gli altri. Lo percepiva.
E ne ebbe la conferma, quando Valka, sua madre, lo avvertì dell’arrivo di tre draghi, diretti proprio verso l’isola.
E lui riconobbe subito lo skrill e la furia buia Luna. E anche Windshear, ovviamente.
 
Abbassò il cannocchiale e disse a Sdentato:- Hai visto bello sta tornando Arkius, e anche Luna!-
Al che, risultò alquanto difficile contenere la gioia del drago, che si mise a saltare come un matto uggiolando e ribaltando ogni oggetto sulla sua traiettoria.
Hiccup fece chiamare tutti, perché si organizzasse una festa e un banchetto per dare il bentornato ad Arkius.
Chissà com’era cambiato…
Atterrarono a Berk un’ora più tardi e tutti gli si precipitarono addosso ad abbracciarli e a fargli mille domande.
Tutti rimasero impressionati dalla cicatrice di Arkius, che raccontò tutti gli eventi capitati in quei cinque anni. Lo stesso fecero Hiccup e gli altri cavalieri.
Franziska fece subito amicizia con Testaditufo, che in realtà non risultò molto entusiasta di correre per tutta Berk inseguito da una psicopatica innamorata.
Molte novità vennero scambiate quel giorno, tra risate e gioie incontenibili.
E fu bello sentirsi davvero a casa.
 
Questa è Berk. Non provate a cercarla, perché non riuscireste nemmeno a trovarla su una mappa. Qui abitiamo noi, i vichinghi, insieme ai nostri amici draghi.
La vita scorrerebbe lenta, se non fosse per tutti i guai che ci procuriamo. E non sempre c’entrano i gemelli.
Ma alla fine, qualunque difficoltà ci si presenti, riusciamo sempre a superarla.
Certo, ci potranno essere incendi, inondazioni, terremoti, assalti nemici, ma noi abbiamo una aiuto che non ci abbandonerà mai: i nostri draghi.
 
ANGOLO AUTORE
 
Salve bella gente!
Come vedete, dopo tanto tempo…sono…finalmente…ritornato! Yeah!
Questa è la chiusura del secondo libro delle cronache di Berk, perdonate il ritardo imperdonabile.
Sis, finalmente ti ho dato il tuo Tuff, sei contenta? :-P
Per quanto riguarda il terzo libro…non so se lo scriverò…però non vi dico niente se non…
Alla prossima!
Skrill rider

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