Come l'aria nei polmoni.

di Jasmine_dreamer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Epilogo ***
Capitolo 2: *** Fratelli ***
Capitolo 3: *** Rattatà ***
Capitolo 4: *** Confusa. ***
Capitolo 5: *** Dicembre ***
Capitolo 6: *** Una pugnalata al cuore ***
Capitolo 7: *** Sola? ***
Capitolo 8: *** Natale ***
Capitolo 9: *** Compleanno ***
Capitolo 10: *** Capodanno. ***
Capitolo 11: *** Jamie. ***
Capitolo 12: *** La prima volta. ***
Capitolo 13: *** Il risveglio ***
Capitolo 14: *** Puoi amare due persone contemporaneamente? ***
Capitolo 15: *** Mi ami? ***
Capitolo 16: *** Lo sfogo di Alexia ***
Capitolo 17: *** Fra odio e amore. ***
Capitolo 18: *** Don't Cry ***
Capitolo 19: *** Goodbye My Lover ***
Capitolo 20: *** Pensieri ***
Capitolo 21: *** L'invito ***
Capitolo 22: *** Il compleanno di Parker ***
Capitolo 23: *** Insieme. ***



Capitolo 1
*** Epilogo ***


"Alexia!" tuonò Jessica, col suo tono di voce perennemente alto.
"Sì mamma, adesso mi alzo." le rispose.
Si alzò a fatica dal letto scendendo in cucina per fare colazione.
"Certo che qualche volta potresti pure scaldarmelo tu il latte."
"Già è tanto che ti accompagno a scuola ogni giorno, alla tua età di solito si va a piedi o con i mezzi. Invece io, da buona madre che sono, mi faccio mezz'ora di strada ogni mattina per accompagnarti."
"Io resterei volentieri a casa a dormire, piuttosto che andare a perdere tempo a scuola."
"Oh, sentite un po'! Se la smettete di strillare, magari riesco a dormire!" Gridò Nick dalla sua camera.
"E sta' zitto, rompipalle." le rispose a tono la sorellina.
Nick aveva terminato la scuola due anni prima, e da allora passava le sue giornate a dormire o a cazzeggiare. La sua scusa era che dopo tanti anni di studio, si meritava una vacanza.
"Alex è tardi, dobbiamo andare." 
"Sì mamma."
Si precipitarono in macchina, accesero la radio ed Alexia inserì la sua chiavetta.
"Oh, finalmente questa è la settimana dove la musica la metto io e non dovrò sorbirmi quelle lagne che ascolti tu."
"Oh, si meglio i tuoi 'urlatori', non è vero?"
"Guarda che fanno scream, non sono urla. Ma che ne capite voi."
Jessica rise e scosse la testa.
"Tu mi farai diventare matta, figlia mia!"
"Mamma, pensa a mio fratello che ha 21 e a momenti non sa neanche pulirsi il culo quando è al cesso, non a me che ho 16 anni e vado a scuola."
"Tesoro, smettila di essere così volgare.. non è carino per una ragazza."
"Me ne frego di cosa è carino e cosa no. Mi hanno rotto questi stereotipi sulle ragazze che devono essere sempre dolci e fini, vadano a quel paese."
Jessica si fermò dinanzi alla scuola la guardò.
"Che c'è?"
"Sei un uomo con la vagina, figlia mia!"
"Lo so!" scese dalla macchina: "Ciao mamma."
Jessica le sorrise e le fece un cenno con la mano.
Nonappena se ne fu andata, Alex estrasse una sigaretta dal suo pacchetto ed iniziò a fumare.
Poco dopo si accorse che un ragazzo la stava fissando divertito.
"Che vuoi?"
"Fumi di nascosto da tua madre? Allora non sei così tosta come vuoi far sembrare!" disse lui.
"Sta' zitto Parker. E smettila di fissarmi, tanto non te ne offro una."
"Tranquilla, non mi faccio offrire sigarette dalle minorenni." esclamò Parker divertito.
"AH AH, mi stai sempre più sul cazzo."
"Dovresti ritenerti onorata visto che parlo con te, e non cerco solo un modo per scoparti."
"E tu dovresti sentirti onorato solo perché ti dico che puoi andare a farti fottere. Ci si vede Parker, anche se onestamente spero di no." e così dicendo se ne andò.
A Parker di risposta apparve un beffardo mezzo sorriso sulla bocca e la inseguì.
"Alexia!" la chiamò afferrandola per un braccio.
Lei si divincolò: "Che vuoi?"
"La smetti di fare che quella a cui il mio fascino non sortisce alcun effetto? Faccio bagnare tutte solo guardandole."
"Si Parker, mi hai ingravidata solo con uno sguardo." scherzò Alex: "Ascolta sarai anche un bel ragazzo, ma sei davvero un coglione. E io quelli come te non li reggo. Quindi continua a far bagnare le ragazze, possibilmente maggiorenni visto che non vuoi chiedere una sigaretta a delle minorenni, figuriamoci la patata." e così dicendo se ne andò.
Parker rise e scosse la testa: "Mi farà impazzire."

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Capitolo 2
*** Fratelli ***


"Prendi un po' di aria quando parli?" rise Nick.
"Non verrò mai più a chiederti consigli." rispose Alex.
"Ma scusa io che ne so? Non ho mai avuto di questi problemi a scuola."
"Che problemi ci sono?" si intromise Jessica.
"Le migliori amiche di Alexia hanno litigato ed ora lei deve prendere una posizione."
"Beh, sta' a te decidere. Essere amiche di entrambe?"
"Oh certo mamma, come la fai facile tu." Alez sbuffò e andò in camera sua.
Jessica guardò Nick stranita che in tutta risposta scrollò le spalle addentando un pezzo di craker: "Adolescenti!"
Jessica rise: "Quanto sei scemo."
In camera sua ad Alexia, sembrò tutto così complicato.
"Credo che Jaqueline abbia ragione quando dice che Matilde abbia fatto la stronza passandosi Jackson, ma credo anche che visto che, lui e Jaqueline non stanno insieme, non abbia fatto nulla di così sbagliato. Tu che ne pensi, Kira?"
Il labrador la guardò confusa e Alex disse: "Ho capito che non puoi parlare ma potresti trovare un modo per aiutarmi."
In tutta risposta Kira le leccò la faccia.
"Ho capito, io e te saremo sempre amiche e non mi porrai mai davanti ad una scelta così terribile!" disse ridendo.
"Stai di nuovo parlando con il cane?!" Irruppe Nick.
"Almeno lei mi ascolta.. un po' come faceva papà."
"Ti manca vero?"
"Tutti i giorni." disse Alex intristendosi.
"Sì, anche a me."
La strinse a sè e le disse: "Lo so che litighiamo spesso, so anche che sei una rompipalle, sei odiosa, una vera stronza, una vipera e una cretina."
"Ma...?" 
"Ma niente."
Alex fece una smorfia e suo fratello scoppiò a ridere: "Dai scherzo! Lo sai che ti voglio bene... forse."
"Forse mi vuoi bene o forse scherzi?"
"Entrambe le cose."
Risero all'unisono e Alexia gli lanciò il cuscino in faccia.

La mattina seguente fu Nick a svegliarla.
Quando Alex scese in cucina il fratello le disse: "Oggi ti accompagno io a scuola."
"Perché sei già in piedi?"
"Forse perché ti ho appena detto che ti accompagno io a scuola?" disse Nick addentando il pancake.
"Ah giusto. Mamma non c'è?" 
"No, l'hanno chiamata prima a lavoro."
Alexia annuì e si mise il giubbotto.
"Andiamo Nick, non voglio fare tardi."
Salirono in macchina e durante il tragitto Nick disse: "Credo che dovresti dire a mamma che fumi. Quando io gliel'ho detto, mi ha detto solo di smettere perché fa male."
"Ma tu sei il figlio preferito di mamma, io ero quella preferita di papà."
"Io non sono il suo figlio preferito... sono solo il figlio maschio, e purtroppo si sa che i maschi sono un po' più privilegiati delle femmine. Putroppo per te eh, per me è una fortuna."
"Come sei simpatico."
"Se vuoi, glielo diciamo insieme."
Alexia sorrise: "Ne parliamo meglio quando torni a prendermi. Ora sarà meglio che vada, ciao."
Nick la salutò con la mano e partì.
Quando si accese la sigaretta, Alexia vide Parker che la fissava... di nuovo.
"Cosa vuoi?!"
"Chi era quello?" chiese brusco.
"Che ti importa?!" 
"Il tuo ragazzo?"
"Ma che schifo! No, assolutamente no!" atterrì solo all'idea: "è mio fratello, non lo hai riconosciuto?"
Parker annuì. 
Poi esordì: "Sai, possiamo uscire qualche volta."
"In un'altra vita Parker!"
"Ma smettila di fare la difficile."
Alex rise: "Non faccio la difficile. Semplicemente non te la darò mai, smettila di provarci."
"Potremmo uscire in amicizia."
"In amicizia Parker??? Tu amico di una ragazza?"
"Perché no, scusa?"
Alexia era stranita: "Boh, d'accordo."
"Che ne dici di domani dopo scuola?"
"Okay. Ora scappo in classe che ho lezione. Ciao Parker."
E così dicendo sparì tra gli studenti.
Mentre era sovrappensiero Alexia venne interrotta dalle voci delle sue amiche.
"Allora? Hai deciso da che parte stare?" tuonò Jaqueline.
"Sì. Da nessuna delle due. Perché non posso essere amica di entrambe? Non voglio perdere nessuna di voi, tengo molto alla vostra amicizia."
"Ho sbagliato." ammise Matilde: "Mi dispiace per quello che ho fatto, ma non ho saputo dare conto alla mia testa, ho dato conto al mio cuore."
"Sì ma lo sapevi che mi piaceva, insomma, è come se io ci provassi con Parker!" 
Alexia ebbe un sussulto: "Che cosa centra Parker?!"
"Perché a te piace Parker, pensa se io ci provassi con lui." fece Jaqueline.
"Frena." esitò Alex: "a me non piace Parker, affatto!"
"Alexia..." disse Matilde.
Ma cosa diavolo le faceva credere che ad Alexia piacesse Parker?
"Ragazze, è uno stupido, senza spina dorsale, che se le fa tutte. Non c'è alcun motivo che mi potrebbe portare a provare qualcosa per lui."
"E smettila di negarlo, è così evidente!" disse Jaqueline.
"Voi vi siete bevute il cervello, ma da dove diavolo vi è uscita questa immane stronzata?"
Scrollarono le spalle e se ne andarono.
Ma si erano bevute il cervello? Alex provò a pensare a lei e Parker insieme, si fece una risata e poi tornò a pensare a cose serie.
Ma non durò molto visto che ricominciò a pensare quasi immediatamente a quella assurda conversazione.
Andiamo... Parker! Assolutamente no, che schifo! 

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Capitolo 3
*** Rattatà ***


Il telefono squillò e Alexia rispose: "Alex."
"Ciao Maty."
"Senti, volevo dirti che non è corretto porti davanti ad una scelta. Quindi per quanto mi riguarda puoi continuare ad essere amica di entrambe."
"Ti ringazio. Ora sono con Jaqueline, ci sentiamo."
"Oh.. okay. A domani."
Riattaccò.
"Che ti ha detto?"
"Che non è giusto pormi davanti ad una scelta, e credo che abbia ragione. Voglio essere amica di entrambe."
"Io no." fece Jaqueline seria: "O me o lei."
"Fai sul serio?!" sbottò Alex.
"Sì."
"Se fai così allora mi sa che sceglierò lei visto che non mi ha posto davanti ad una scelta!"
"Se farai questa scelta te ne pentirai. Lei ti porterà via tutto, qualsiasi cosa a cui tu tenga. Ti rovinerà la vita, e quel giorno scoprirai che persona avevi al tuo fianco."
"Sì..." disse Alexia guardandola disgustata: "L'ho scoperto adesso che persona avevo al mio fianco. Va' via."
"Te ne pentirai."
Tutto questo era assurdo, aveva visto per la prima volta la cattiveria negli occhi di Jaqueline, cosa che non avrebbe mai pensato.
Colta improvvisamente da un'infinita tristezza, si sciolse in un rumoroso pianto liberatorio.
Talmente era rumoroso che riuscì ad attirare l'attenzione del fratello che era nella stanza affianco.
"O ti stanno scuoiando viva, o stai piangendo. Cosa succede piccola peste?" Disse Nick sedendosi sul letto della sorella.
Lei alzò la testa e si strofinò la manica della felpa sul naso, poi appoggiò la testa sul petto di Nick che le accarezzò i capelli.
"Allora che cosa c'è?"
"Avevi ragione su Jaqueline, è una stronza!"
"Oh, ma che dolci parole!" Esclamò Nick staccandosi da lei ed allargando le braccia per fare un po' il cretino: "è la prima volta che ti sento ammettere che ho ragione!"
Lei rise e gli diede uno schiaffo sul braccio: "Dai finiscila!"
"Senti eh, è il mio momento di gloria, lasciamelo godere."
"Sei proprio scemo!"
"Sì, e tu pure, è di famiglia." Alexia rise poi Nick le porse un fazzoletto e le disse dolcemente:  "Dai, va' a lavarti la faccia, è ora di cena."
Lei annuì e andò in bagno.
La mattina seguente a scuola l'attenzione di Alex andò su una ragazza che non aveva mai visto, che le chiese una sigaretta.
"Sì, tieni." rispose Alexia: "Ma tu sei nuova?"
"Sì. Mi chiamo Jamie, piacere." disse Jamie porgendole la mano sorridente.
"Alexia." Ricambiò il sorriso.
Era bassina, mora, occhi blu e un bellissimo sorriso, era molto bella.
"Quanti anni hai?" chiese Alex.
"Diciassette, e tu?"
"Sedici. E perché sei arrivata ora? Voglio dire è novembre!"
"Sì ma.." i suoi discorsi furono interrotti dalla voce di Parker.
"Alex!" 
Alexia alzò gli occhi al cielo e si sforzò di sorridere: "Ciao Parker!"
"Ciao, volevo solo ricordarti di oggi pomeriggio." 
"Oh cavolo, me ne ero completamente dimenticata."
"Sì, lo immaginavo. Per questo te l'ho ricordato." Poi la sua attenzione si spostò su Jamie: "Non mi presenti la tua amica?" 
"Sì." fece Alex secca: "Parker lei è Jamie, Jamie lui è Parker."
Ma Jamie non ci fece molto caso, sembrava molto più interessata ad Alex che a Parker. 
"Ok, ora puoi andartene Parker!" esclamò Alexia.
"Ma la smetti di essere così acida?!"
"Guarda che non sono acida con tutti, sei tu che mi dai il nervoso!"
"E allora perché esci con me oggi?"
"Così magari la finisci di rompermi le palle, Parker! Ho lezione, ciao."
Jamie la seguì, mentre Parker la salutò con la mano.
"Alex! Ferma dai.. è il tuo ex quello?" chiese Jamie.
"Parker? No è solo.. un cretino, ma perché?"
"Lo tratti come se fosse un ex, o che so.. sembra ci sia qualcosa tra voi."
"No è che mi sta parecchio sulle palle."
Jamie rise.
"E poi ci prova con tutte, sai che me ne frega a me di quello lì. Ma visto che mi chiedi tanto, ti piace?" chiese Alex.
"No figurati."
"Sicura?!" le tirò una gomitata scherzosa.
"Alex.. sono lesbica."
"Ohw.." disse imbarazzata: "Beh Parker un po' alle donne assomiglia eh!"
Risero assieme.
Nel corridoio Parker vide Matilde.
"Matilde!" disse raggiungendola.
"Ciao Parker!" Rispose lei sorridendo.
"Senti tu sei la migliore amica di Alex vero? Mi servono consigli su come conquistarla."
"Guarda che sei vuoi solo portartela a letto non ho intenzione di aiutarti, lei ha bisogno di presenze nella sua vita."
"Mi piace davvero, non so cosa è successo ma quando l'ho vista, che ne so, in me è scattato qualcosa."
"Capisco, ma non so come aiutarti. Da quando suo padre è morto, l'unico uomo che ha nella sua vita oltre a suo fratello è Travis, che come sai è gay." rispose Maty: "Però potresti provare a esserle amico, falle capire che a lei ci tieni, e che ci sei per lei, insomma stalle vicino.. e cerca di non deluderla, Parker. Adesso vado in classe, ci si vede."
"Ok grazie, ciao Maty."
Lei gli rispose con un cenno della mano e andò in classe.
Parker aspetto Alexia all'uscita della scuola.
"Allora, minorenne, che cosa vuoi fare?"
"Non lo so Parker, sei tu che mi hai chiesto di uscire."
"Andiamo al bar a prenderci qualcosa da mangiare?" Propose Parker.
"D'accordo." rispose lei svogliata.
Andarono al bar di fronte alla scuola, Alex ordinò una piadina al salame e maionese, Parker un panino al prosciutto cotto e mozzarella.
"Fai davvero?! Salame e maionese?" Chiese Parker disgustato.
"Se non hai mai provato non giudicare."
"Beh visto che mi chiami spesso Pene Piccolo, potrei darti la stessa risposta."
"Parker.."
"Eh dai sto scherzando!" disse ridendo.
Lei accennò un sorriso che cercò vano di mascherare.
"Allora sai ridere anche tu." scherzò Parker.
"Quanto sei scemo!" rise Alex: "Certo che so ridere, sei tu che non sei capace di far ridere una ragazza.. Tranne quando ti spogli, sia chiaro."
"Se non hai provato, non giudicare, piccolo Rattatà."
"Rattatà? Il Pokemon più brutto che ci sia!"
"Perché tu spesso quando parli, o ridi arricci il naso, e sembri un topolino. Nel senso buono, eh."
"Non ti salvi così, Parker!" Rise ancora.
"Vedi! Lo hai fatto ancora! Hai arricciato il tuo piccolo nasino!"
Risero assieme. Alexia pensò che forse non era così male, ma poi si ricordò che era Parker.
"Allora Parker, perché mi hai portata qua?" 
"Per conoscerti meglio. Apparte i tuoi capelli neri e ricci, i tuoi occhi scuri, il tuo nasino arricciato e la tua non esistente altezza, non so niente di te. Vorrei sapere perché mi schifi tanto."
Alexia fu sorpresa: "Ma io non ti schifo Parker. Non ho mai avuto un ragazzo, da quando papà è morto 3 anni fa ho eliminato qualsiasi uomo dalla mia vita, tranne Travis e Nick, non so cosa mi abbia spinto a farlo. Voglio dire, non era certo sua intenzione ferirmi così, però che ne so, è stata una reazione istintiva."
"Beh, io ho iniziato ad usare le donne quando mia mamma è andata via."
"Avevi 5 anni quando tua madre è andata via, Parker." Poi si mise a ridere: "Te le facevi già a 5 anni? Che Casanova!"
Lui rise a sua volta: "No, certo che no, però odiavo la razza femminile. E tu eri cotta di me."
"Hai detto bene, Parker." addentò l'ultimo pezzo della sua piadina e disse: "Ero."
Lui sorrise.
"L'altro giorno ho messo una canzone dei Linkin Park in macchina, dovevi vedere la faccia di mio padre nel pezzo in scream, che ridere."
"Parker, ascolti rock?"
"Ascolto un po' di tutto, tu?"
"Diciamo che prediligo il rock."
Parker annuì.
"Ora vado a casa, ciao Parker."
"Se vuoi ti accompagno, oggi sono venuto in macchina."
"No." disse lei: "Mi ha appena scritto mio fratello, ha detto che è qua fuori che mi aspetta. Ciao Pene Piccolo."
Lui rise: "Ciao Rattatà."
Lei fece una smorfia e andò via, mentre Parker rimase un po' lì a pensare a quel pomeriggio.

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Capitolo 4
*** Confusa. ***


Parker si avvicinò ad Alexia e Jamie che parlavano nel corridoio.
"Che fate?"
"Nulla." rispose secca Jamie.
"Un'altra che non subisce il mio fascino?"
"Direi.." Fece Alex: "Jamie è lesbica, Parker."
"Oh, potremmo fare una cosa a tre!" esclamò Parker.
Alexia gli tirò un pugno sul braccio.
"Aia! Eh dai scherzavo!" rise Parker: "E comunque se vuoi farmi male devi impegnarti di più."
"La prossima volta ti amputeranno il braccio allora!" 
Poi suonò la campanella, le ragazze salutarono Parker e si diressero verso la loro classe.
"Tu e Parker fate sempre così?"
"Più o meno.." rise Alex: "ma tu non mi hai più detto perché hai cambiato scuola a novembre."
"Ad ottobre i miei si sono lasciati, e io e mio padre ci siamo trasferiti qui."
"Capisco." disse Alexia.
Poi Jamie le sorrise: "Sono arrivata, ci vediamo."
Alex la salutò con la mano, ed un pensiero assurdo le passò in testa.
Possibile che le piacesse Jamie? No era assurdo, le erano sempre piaciuti i ragazzi, non poteva essere lesbica o bisex.
Eppure c'era qualcosa in Jamie, che la attraeva come se fosse una calamita.

Finite le lezioni, Alexia fuori si accese una sigaretta e vide Parker con dei ragazzi attorno e due ragazze che facevano le troiette cercando di attirare la sua attenzione, ma lui non ci badava. Quando notò Alex, lei se ne accorse e fece per andarsene ma lui la chiamò e lei non potè più fare finta di niente.
"Alexia! Non evitarmi!"
"Che cosa vuoi Parker?" chiese brusca.
"Ehi, che ti prende?" fece Parker stranito.
"Niente."
Poi sulla bocca di Parker sbucò un ghigno.
"Tu sei gelosa!" esclamò.
"Non sono gelosa, Parker!"
"Sì che lo sei."
"Di cosa dovrei essere gelosa, scusa? Di due ochette che starnazzano, mettendo in mostra i loro culi perfetti solo in cerca di un cazzo su cui saltellare?!"
Forse un po' gelosa lo era, ma non lo avrebbe mai ammesso, neppure a se stessa.
"Si esatto!" disse Parker ridendo.
"Ma finiscila." Alex girò i tacchi e se ne andò.
Ma Parker la seguì: "Altro che quella che non subisce il mio fascino, tu lo subisci eccome! Hai una cotta per me, ammettilo."
"Parker, tu ti fai troppi viaggi mentali." disse Alex guardandolo: "Quella è mia madre, ciao."
"Ciao gelosona!"
In macchina Jessica chiese ad Alex: "perché parlavi con Parker?"
"Perché è un deficiente. Si è passato tutte le ragazze più fighe della scuola, anche se credo che a lui basta che abbiano la vagina e se le fa piacere, quel cretino montato è pure convinto che io abbia una cotta per lui."
"Perché è così..." Fece la madre.
"No mamma, non ho una cotta! Voi vi immaginate le cose."
"D'accordo!" rise Jessica.
Poi dopo qualche secondo, si fermarono ad un semaforo rosso ed Alex se ne rese conto: "Eh no mamma, non posso avere una cotta per Parker Shian!"
La madre le sorrise: "Eh invece sì, figlia mia."
Alexia scosse la testa esasperata.

"Quindi, ricapitolando: in un giorno hai scoperto di avere una cotta per due persone." Fece Matilde accarezzando Kira mentre vagava nei suoi pensieri: "Per qualcuno dovrai essere più cotta, no?"
"Sì?!" chiese Alexia: "No?!" 
Matilde la guardò incerta.
"Non lo so!" Strillò Alex mettendosi le mani nei capelli e lasciandosi cadere sul letto affondando il viso nel cuscino.
Poi si tirò su: "Ma tanto che importa, uno è un puttaniere e Jamie... è una ragazza!"
"E allora?!"
"E allora?! Sarebbe strano..." disse Alexia.
"Ma se ti piace che te ne frega scusa."
"Come faccio a capire chi mi piace di più?" scrollò le spalle.
"Boh pensaci. Chi ti piace di più?"
"Oh merda, Maty!" esclamò Alex.
"Che succede?"
"La prima persona a cui ho pensato quando me lo hai chiesto è Parker! Sono rovinata, sono come tutte le altre, aaah! Mi faccio schifooo!"
Matilde rise: "Ma come la fai tragica."
"La situazione è drammatica!" Fece alzandosi e allargando le braccia.
Poi si lasciò cadere sul letto, e Matilde, ridendo, la abbracciò.

"Alexia!" 
Alex lanciò via la sigaretta e facendo finta di niente, se ne andò a passo spedito mentre nella sua mente continuava a ripetere: "Merda, merda merda!"
Ma non fu abbastanza veloce, perché Parker la raggiunse.
"Oh Alex! Sono giorni che mi eviti, perché?" domandò.
"Tuffo nel passato Parker!"
"Sarà! Ma ero io ad evitarti, non tu."
"Forse all'asilo Parker! Visto che solo all'epoca facevo di tutto per attirare la tua attenzione."
"Mamma mia, come sei scontrosa Rattatà!" Rise Parker.
Alex lo fulminò con lo sguardo, ma Parker continuò a sorridere, quindi alla fine lo fece anche Alexia.
"Bene, questo sorriso mi piace." disse Parker tirandole una gomitata scherzosa: "Domani hai impegni?"
"Dipende, se vuoi uscire sì!" Rise Alex.
"Allora cancellali! Dopo scuola? Però a sto giro pizza, non vorrei vederti di nuovo mangiare quello schifo."
"E smettila che è buonissima!"
"Sisi non lo metto in dubbio!" fece Parker alzando le mani.
Alex sorrise, scosse la testa e pensò a quanto fosse stupido.
"Snorlax!" urlò poi.
Parker fu stranito: "Snorlax?"
"Beh Snorlax è stupido, tu sei stupido, quindi da oggi in poi ti chiamerò così!"
"Ma dai, Snorlax è obeso! Io non sono obeso." Fece Parker: "I soprannomi devono rappresentarti!"
"Tu mi chiami Rattatà, e Rattatà è orrendo. Staresti dicendo che sono orrenda?!"
"Beh.." annuì scherzoso.
"Parker!" esclamò lei tirandogli uno schiaffetto sul petto.
Parker rise: "Sto scherzando!" 
"Sisi certo!" disse Alex facendo la finta offesa.
"Dico davvero." si fece tutto serio: "Tu sei bellissima."
Alexia fu pervasa da una piacevole sensazione. Ma poi tornò alla realtà, ricominciò a camminare e disse: "Non te la do Parker."
Parker la seguì in corridoio: "Beh io ci ho provato!" 
Risero assieme.
"Io vado in classe." Fece Alex salutandolo con la mano.
"Ciao Alex!" disse Parker andandò nella sua classe.
Alex si sedette accanto a Matilde, che disse ridendo e a bassavoce: "Uuh, Parker!"
"Smettila, quanto sei scema!" disse Alex ridendo a sua volta.
Poi passò Jaqueline che, di proposito, fece cadere tutti i libri dal banco di Alex.
"Oh scusami!" fece smorfiosa.
Quando Alex li ebbe raccolti tutti si sedette e a Matilde disse: "Non la sopporto, è diventata una stronza!"
"No.." Fece Maty guardandola: "Lo è sempre stata! Mi ha fatto passare per una troia, quando la troia è lei visto che ha iniziato a piacerle Jackson quando lui già si sentiva con me, come ogni ragazzo che le è piaciuto, deve piacere sempre prima a me! Quindi che si fotta, a sto giro non mi sono messa da parte, non può averla sempre vinta lei."
Alexia annuì.
Poi Jaqueline passò e fece di nuovo cadere tutto, ma questa volta dal banco di Matilde, e scoppiò a ridere dicendo: "Chinati per raccogliere le cose, tanto sei abituata!"
"Senti stronza!" si alzò Alex: "Ma che diavolo di problemi hai?"
"Meglio stronze che troie!" urlò Jaqueline.
"Infatti menomale che io e Maty non siamo troie come te!"
"Che cos'hai detto?!"
"Hai sentito, puttana!"
"Ragazze calmatevi dai." disse Matilde mettendosi in mezzo.
Ma Jaqueline la spinse e Maty dopo aver detto: "Questo è davvero troppo!" le saltò addosso e iniziarono a menarsi.
Iniziarono a tirarsi i capelli, calci, schiaffi.
Alex era indecisa, nel panico più totale che non sapeva che cosa fare.
Sapeva che così Matilde sarebbe andata incontro a parecchi guai, ma le piaceva che picchiasse Jaqueline senza prendersi neanche uno schiaffo.
Sì lo sapeva che era sbagliato, la violenza lo è sempre.
Ma se si fosse messa in mezzo si sarebbe presa qualche cartone anche lei, meglio evitare.
Per fortuna si intromise Jamie che passava casualmente da lì e le divise prima che arrivasse la prof.
"Se vi beccano, vi sospendono!" Urlò Jamie.
E poi se ne andò.
Alexia pensò a quanto fosse bella, lo era davvero.
Poi scosse la testa, aveva pensato la stessa cosa di Parker, doveva darsi una calmata.

Parker tornò a casa e come ogni pomeriggio, Miriam era lì.
"Dov'è papà?" chiese lui.
Ubriaca, lei gli rispose: "Ed io che cazzo ne so?" 
Parker annuì e aprì il frigo.
"Dovreste fare la spesa."
Miriam gli scagliò la bottiglia di whisky addosso, però sbattè contro il muro e si ruppe.
"Fattela da solo la spesa, marmocchio."
"Va' al diavolo." disse uscendo di casa sbattendo la porta.
"Sei solo un figlio di puttana!" la sentì gridare.
Dio, come la odiava.
Si comprò una bottiglia di tequila e si sedette a scolarsela su una panchina.
"Parker.." sentì una voce dolce e calda, e una mano che gli si posava sulla spalla.
Si girò e la vide, avrebbe riconosciuto la sua voce in mezzo a mille.
"Alexia."
Il suo sguardo era dolce e preoccupato.
"Perché sei qui a scolarti una bottiglia di tequila alle 4 del pomeriggio e da solo?"
Parker scrollò le spalle.
"Boh, avevo voglia di bere."
Lei fece una risatina finta e si sedette accanto a lui: "Alle 4 di pomeriggio?!"
"Sì." rispose secco.
"Non volevo disturbarti, me ne vado." disse facendo per alzarsi.
"No!" la prese per il braccio: "Non ho voglia di parlare, ma tu stai qui. Non andartene... per favore."
Alexia fu intenerita dal suo sguardo e tornò a sedersi.
Lui lasciò la bottiglia a terra e mise la testa sulle sue gambe, che ebbe un sussultò, ma Parker non ci fece caso e chiuse gli occhi.
"Sei l'unica persona che voglio vedere in questo momento." sussurrò Parker.
"Ohw Parker." fu tutto ciò che riuscì a rispondere.
Poi Alexia capì che si era addormentato e gli accarezzò i capelli e le guance.
Dopo circa un'ora a studiare il suo profilo decise di svegliarlo.
"Parker." disse posandogli una mano sulle spalle: "Io devo andare."
"Sì, scusami." fece lui tirandosi su: "Ero ubriaco, ma ti prometto che non succederà più, terrò le distanze."
Lei fu un po' delusa, ma annuì non facendolo notare.
Poi si alzò in piedi, gli fece un cenno con la mano per salutarlo e corse via prima di sentire il saluto di Parker.
Piangeva, piangeva disperatamente mentre correva, ma non capiva perché.
"Che cosa mi succede papà?" Pensò alzando gli occhi al cielo.
Poi si fermò, si lasciò cadere in ginocchio, si accovacciò su sè stessa e disse: "Ma che diavolo mi sta succedendo?"
Andò a sedersi su una panchina in un parchetto non molto lontano da lì.
Si accese una sigaretta, musica nelle orecchie e si perse in un mondo tutto suo, con gli occhi chiusi e la mente altrove.

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Capitolo 5
*** Dicembre ***


"Rattatà!" gridò Parker.
"Snorlax!" ricambiò Alexia ridendo.
"Ciao Alex!" fece un ragazzo sorridendo.
Alex ricambiò il sorriso e rispose: "Ciao Michael!"
Parker invece lo fulminò con lo sguardo.
"Chi è?" domandò furioso.
"Rilassati!" esclamò Alex allibita.
"Sono rilassato, ma quello chi è?"
"Un amico." disse Alex facendo spallucce.
"Pensavo non avessi amici oltre a Travis."
"Parker, sei mio amico anche tu... sono cambiate alcune cose nell'ultimo periodo."
Quella gelosia le faceva un po' di piacere forse, ma non c'era alcun bisogno di essere geloso di Michael.
Non era geloso di Jamie, che era l'unica persona che ad Alex interessava oltre a Parker, ma mica se lo immaginava che fosse bisex, insomma, lo aveva appena scoperto anche lei.
"Saranno cambiate anche alcune cose, ma non pensavo avessi altri amici visto che non mi hai mai parlato di lui."
"Snorlax.." incalzò Alex: "Non è che sei geloso?"
"Geloso di quel coso?" sì, lo era.
"Vabene, io vado in classe, ciao Parker!"
"Ciao Rattatà."
Alexia entrò in classe per seguire il corso.
"Ciao Alex." disse una voce alle sue spalle.
"Jamie!" 
"Oggi seguirò anche io questo corso di chimica, posso sedermi qui?"
"Sì, certo." rispose Alex imbarazzata.
"Stai bene? Sei un po' rossa." si preoccupò Jamie.
"Sì, ho un po' caldo."
Jamie la guardò stranita: "Alex è dicembre... ed i riscaldamenti son spenti."
"Ho caldo." disse secca.
Jamie fece spallucce, mentre Alexia cominciò a fissarla mentre mordicchiava la penna.
Si era cacciata in un bel guaio, e continuava a pensare a che cosa le avesse detto il cervello.
Non riusciva a capire come fosse possibile che le piacesse una ragazza, insomma... era una ragazza! E a lei erano sempre piaciuti i maschi, ma che cosa le stava succedendo?
Magari era solo una fase passeggera, ma non sembrava, la sua attrazione nei confronti di Jamie era davvero alta, a livello fisico la attraeva come se fosse una calamita tant'è che si ritrovava spesso a fantasticare su loro due assieme. 
Ma se da una parte c'era Jamie, bellissima e raggiante, dall'altra c'era Parker, misterioso, strano ed affascinante.. e vabbhe, anche un po' stupido.
Ma c'era qualcosa di strano in Parker e lo aveva capito la settimana prima, quando lo aveva trovato su quella panchina, ubriaco alle 4 del pomeriggio.
Non lo aveva mai visto così, chissà che cosa gli era capitato, chissà che gli era successo per farlo sbronzare da solo e così presto.
Era preoccupata Alexia, quel comportamento la preoccupava così, quando le lezioni giunsero al termine, andò a casa e, dopo aver mangiato si appostò fuori da casa sua.
Sì, sembrava un po' una stalker, ma non le importava.
Ad un tratto Parker uscì e lei lo seguì.
Arrivarono allo stesso posto della settimana precedente e,dopo che si accese una canna, Parker disse: "Hai finito di seguirmi, Rattatà?"
Così Alexia fu costretta ad uscire allo scoperto.
Si sedette vicino a lui e disse: "Ho il soprannome di un topo e la discrezione di un elefante, lo so."
"Perché mi seguivi?" chiese fermo.
"Voglio capire le basi dei tuoi problemi. C'è qualcosa che non va e volevo aiutarti."
Lui si girò a guardarla: "Non c'è nessun problema, e anche se ci fosse dovresti farti i cazzi tuoi. Io non entro negli affari tuoi, quindi tu sta' fuori dai miei, se avessi voluto aiuto te ne avrei parlato." Poi fece un respiro profondo: "Scusami, lo so che tu vuoi solo aiutarmi, ma è la mia vita, devi starne fuori, hai già i tuoi casini, non devi incartarti coi miei."
"Sì, hai ragione." si alzò: "Da adesso in poi mi farò i cazzi miei, risolviteli da solo i tuoi problemi."
"Alex.." 
Ma lei se ne andò, ignorandolo.
Quando arrivò a casa si sedette sul letto, quando bussarono alla porta della sua stanza.
"Che succede, piccola peste?" chiese Nick.
"Mi piace Parker."
"Ma è un coglione."
"Sì, lo so, ma non è solo questo... mi piace anche Jamie."
"La nuova arrivata?!" domandò stupito.
"Sì... mi piace una ragazza, Nick."
"Non c'è nulla di male, pure se non mi aspettavo fossi mezza lesbica."
"Sì, neanche io." fece Alex: "e in più l'altro giorno ho trovato Parker sbronzo su una panchina alle 4 di pomeriggio, quindi oggi l'ho seguito. Volevo solo aiutarlo, ma quando mi ha vista mi ha trattata davvero da schifo dicendomi che dovevo farmi i cazzi miei perché erano soltanto affari suoi, ci sono rimasta da schifo. Poi si è scusato dicendomi che non devo incartarmi coi suoi problemi e ora ce l'ho a morte con lui."
"Non avercela con lui, magari non si sente pronto a parlare o magari non ha mai avuto amici con cui sfogarsi."
"Ma se è il più popolare della scuola, perennemente circondato da troiette e ragazzi."
"Essere circondato da persone non vuol dire avere amici. Spesso son solo conoscenti... e poi tu mi avevi detto che era molto legato ad un ragazzo, quello che ha avuto quell'incidente l'anno scorso."
"Ryan..." disse Alex in un sospiro: "Fu uno shock per tutti, non solo per lui."
"Alex, ha perso il suo migliore amico, probabilmente l'unica persona di cui si fidasse. Non possiamo biasimarlo."
"Sì, lo so."

"Alexia!" urlò Parker. "Alexia, fermati!"
Poi la afferrò per un braccio.
Lei si girò: "Che diavolo vuoi?"
"Mi dispiace."
"Affari tuoi, non entrerò più nei tuoi problemi dato che sembra tu possa risolverli da solo."
"Rattatà per favore, non volevo ferirti." si scusò Parker.
"Non mi hai ferita, mi hai solo aperto gli occhi."
Poi si divincolò da Parker che la teneva ancora per il braccio ed entrò a scuola.
Quel giorno non aveva ancora visto Jamie, probabilmente era assente, ma ad Alex dispiaceva.
Le sembrava strano passare una giornata senza incrociare gli occhi di Jamie, le sembrava strano passare una giornata senza sentirne la voce.
Andò a sedersi in classe e Matilde le sedette accanto.
Videro Jacqueline che le derideva con un gruppo di ochette come lei.
"Quanto mi sta sul cazzo." esclamò Matilde.
"Sì lo so, pure a me. Ma com'è possibile che in tutti questi anni non ci siamo accorte di che persona avessimo accanto?"
Matilde scosse la testa e rispose: "Non ne ho idea."
"Oh!" strillò Alex: "Hai finito di fissarci?!"
Jacqueline rise: "Ma chi vi caga, porelle!"
"A quanto pare sei tu a cagarle." disse Jamie entrando in classe.
Jacqueline abbassò la testa.
Allora non era assente, ad Alexia le si illuminò il viso non appena la vide.
"Quella sì che è tosta, ora capisco perché ti piace!" affermò Maty.
"Abbassa la voce!" esclamò Alex.
"Scusa." sussurrò.
"Quella dovrebbe smetterla da atteggiarsi da troietta." disse Jamie sedendosi accanto ad Alex.
"Concordo." Rispose Matilde.

Alexia era seduta su una panchina di fronte al lago, guardava fisso davanti a lei, ma non stava guardando niente in realtà, i suoi occhi erano solo fissi nel vuoto più totale.
Il buio e l'oscurità che si stava portando dentro da troppo tempo, non le facevano sentire freddo in quel pomeriggio di dicembre, perché ormai il freddo lo aveva dentro.
Da qualche anno oramai aveva congelato cuore ed emozioni, per non provare più dolore, ma puntualmente insieme a dicembre, iniziava anche la nostalgia.
Era il terzo Natale quello che avrebbe passato senza suo padre, un Natale vuoto e inutile.
Guardò in alto e pensò: "Senza di te che senso ha Natale?"
Ma poi qualcuno la interruppe da questi pensieri, e lei si accorse che stava quasi per piangere.
"Ciao." disse Parker.
Alex lo guardò senza fiatare mentre se ne stava sulla panchina con la sua sigaretta in mano.
"Posso sedermi?" chiese Parker.
Alexia gli fece spazio e annuì.
"Sei qui in silenzio, non mi hai neanche insultato.. che cosa c'è che non va?"
"Nulla." rispose lei.
"Alex.."
Lei lo guardò con li occhi lucidi: "Ma tanto a chi importa?"
"A me importa."
"Beh, diciamo che da quando è morto, sono morta un po' anche io."
Parker annuì: "Sai, quando mia madre se n'è andata per me fu uno shock. Mio padre si ricorda che parlavo a stento, e avevo problemi comportamentali pure a scuola. Poi ho capito: la vita continua, Alex. E star lì a pensare a tutte le cose negative che ci sono capitate e ci capiteranno in futuro, è la nostra rovina, non devi pensare a cosa c'è che non va nella tua vita. Mia sorella è partita, ma io ho lei, e ora anche te, pure se sei una stronza... Ma sei un'amica a cui tengo moltissimo. Tu hai tuo fratello, tua madre, Matilde. Insomma di motivi per essere felice ne hai. E poi sei una bella persona, sono sicuro che tuo padre sarebbe fiero di te."
"Grazie Parker." sorrise.
Lui ricambiò il sorriso.
"Beh, ora vado, ci vediamo lunedì a scuola, ciao." disse lei.
"Ciao Rattatà!"
Mentre camminava, erano le cinque del pomeriggio ed il cielo era già scuro.
Si accesero le luci dei lampioni e quelle delle decorazioni natalizie, che non avevano perso tempo a montare.
Faceva freddo quella sera, ma lei non ci fece caso.
Rimaneva incantata a guardare le luci, i negozi che si preparavano per Natale, i bambini per mano coi propri genitori.
Immobile, nel bel mezzo della piazza principale della sua città, Alexia chiuse gli occhi e si vide da bambina, cappellino e sciarpa, guanti e per mano mamma e papà, mentre camminavano guardando i negozi. Desiderava ogni giocattolo che vedeva suo padre cercava di accontentarla sempre il giorno di Natale, prendendogliene il più possibile, pure se mancava sempre qualcosa.
E Alex sentì il suo viso bagnarsi, ma non erano lacrime questa volta, aprì gli occhi ed era la neve.
Guardò in alto e sorrise a vedere la neve che cadeva, aprì le mani come faceva quando era bambina, lasciando il palmo aperto per vedere la neve che ci si appoggiava fredda.
Poi se le mise in tasca e rimase lì a guardarla cadere e piano piano attaccarsi al suolo, finchè il suono del telefono la riportò coi piedi per terra.
"Dove sei?" domandò Jessica.
"In piazza." rispose Alex.
"Arrivo a prenderti."
Dopo circa 10 minuti arrivò Jessica.
"Che è successo? Hai tutto il trucco sbavato."
"Sono rimasta imbambolata a guardare la neve, con la testa rivolta verso l'alto." Mentì.
Che poi non era propriamente mentire, imbambolata a guardare la neve ci era rimasta davvero, anche se non era questo il motivo di quel trucco colato, ma di sicuro aveva collaborato. 
Ma Jessica in fondo se lo sentiva che non era così, lo vedeva dai suoi occhi rossi che aveva pianto, e a dicembre succedeva sempre. La figlia si sentiva sola, le mancava suo padre e ne sentiva il bisogno.
"Stasera ho invitato zia Nicole e zio Oliver." le disse.
"Sì." rispose Alex continuando a guardare fuori dal finestrino, persa nei suoi pensieri, con tono distratto.
Era stato proprio carino Parker quel pomeriggio, ma lei non riusciva a togliersi dalla testa la sua immagine incazzata e ubriaca su quella panchina, quando lo aveva trovato lì a bere alle quattro del pomeriggio.
Arrivarono a casa, Nicole e Oliver erano già lì, Christian e Nick a giocare alla play nella camera da letto del fratello.
"Ciao Chris."
"Ciao Alex."
"Piccola peste e  a me non saluti?" fece Nick, fingendo di essersi indispettito, ma quando alzò lo sguardo sua sorella era già sparita.
"Scusa." disse rivolto verso Christian.
Poi si diresse verso la stanza di sua sorella e bussò alla porta.
"Avanti." disse Alex con la voce spezzata.
Seduta sul letto con la testa bassa, gli occhi tristi.
"Eh sì..." disse Nick sedendosi sul letto: "è proprio dicembre."
La abbracciò e lei scoppiò a piangere: "Mi manca così tanto."
"Sì anche a me." disse lui asciugandosi una lacrima.

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Capitolo 6
*** Una pugnalata al cuore ***


"Tieni." disse Alex porgendo l'accendino a Parker.
"Oh! Ti accompagnò io a casa oggi!" urlò una ragazza dalla macchina.
"Ma che diavolo.. Nancy?" urlò Parker.
"Ciao fratellino!" disse Nancy scendendo dalla macchina.
Si abbracciarono e poi Alexia esclamò: "Ciao Nancy!" 
"Alex, come sei cresciuta!" disse Nancy sorridendo.
Si abbracciarono.
"Dai andiamo, vi accompagno a casa." disse Nancy.
"Veramente... Sto aspettando Nick." 
"Ohw, d'accordo." disse Nancy.
Nick arrivò proprio in quel preciso istante, quindi Alexia salutò tutti e salì in macchina.
"Che ci fa qui?!" domandò brusco Nick.
"Credo sia venuta per le feste." Gli rispose la sorella.
Nick annuì: "Se n'è andata senza dire una parola. Ci sono stato da schifo e, adesso che stavo superando il tutto, spunta di nuovo fuori così."
Alex lo guardò triste e poi disse: "Mi dispiace."
Lui cercò di mascherare la sua rabbia mista a malinconia con un sorriso: "Tranquilla piccola peste."
Nonostante sapesse quanto falso fosse quel sorriso, Alexia lo ricambiò.
Era stata via per tanto tempo, quasi 4 anni.
"Cosa mi racconti fratellino?" chiese Nancy a Parker.
"Che con Miriam va sempre peggio. Ma perché sei qui?"
"Per le vacanze, Parker."
Scesero dalla macchina e Parker aiutò la sorella a portare le valige dentro casa.
Nel frattempo, dall'altra parte della città, Alexia al computer non riusciva a concentrarsi sui suoi compiti.
Fissava lo schermo bianco del suo portatile aperto su WordPad, senza scrivere una parola.
"Alex concentrati, devi fare la ricerca di chimica." disse per autoconvincersi, ma fu inutile visto che la sua mente vagava altrove. Ma il suono del campanello un'ora dopo la fece tornare con i piedi per terra.
Scese ad aprire e davanti a lei c'era Nancy sorridente: "Ciao Alex. Tuo fratello?"
"Ciao, vado a chiamarlo."
"Non è necessario." disse il fratello apparendo alle sue spalle con tono brusco. Poi si addolcì: "Piccola peste, vai nella tua camera." disse posandole un braccio attorno alla spalla.
Alex annuì e se ne andò.
"Ciao Nick." disse Nancy con la voce rotta, come se le venisse da piangere.
"Che cosa vuoi Nancy?"
"Non puoi semplicemente essere felice di vedermi?"
"Felice?! Sei sparita, dannazione! Ti ho telefonato mille volte negli ultimi anni, e hai risposto solo una volta, una!"
"Mi dispiace!" urlò lei.
"Sì, è questo che hai detto quell'unica volta in cui hai risposto al cellulare."
"Senti Nick" disse Nancy toccandogli il braccio con la mano.
Ma lui si tolse e urlò: "Arriva al punto! Che diavolo vuoi?!"
"Voglio ricominciare! Sono venuta qui per le vacanze, perché non ci riproviamo? Poi vediamo come va e troviamo una soluzione. Ti prego."
"Sono passati 4 anni, Nancy."
"Sì, lo so, ma io ti amo ancora!" 
"Anche io, ma ho paura."
"Anche io." disse Nancy prendendogli la mano: "Ma perché non facciamo un altro tentativo?"
Nick la guardò, implorava una seconda chance con lo sguardo.
Lui annuì e non tolse la mano ma, anzi, gliela prese anche lui.
Nancy avvinghiò l'altra mano nei suoi capelli e lo baciò con passione.
Lui la prese per i fianchi, ma quando stavano per spingersi oltre Alexia fece due colpi di tosse.
"Immaginavo che un giorno vi sareste rimessi assieme, ma magari non trombate in cucina."
Nick arrossì: "Peste, ti avevo detto di andare in camera tua."
"Sì, ma è passata mezz'ora e avevo fame. Sono pur sempre le 16.00."
"Ok, forse è il caso che io torni a casa." Disse Nancy afferrando il giubbotto e infilando il cellulare nella borsa.
"Passo stasera?" chiese Nick.
"Sì." disse lei con un sorriso malizioso."
"Continuate pure a fare allusioni alla vostra vita sessuale, tranquilli!" gridò Alex, forse un po' gelosa del fratello maggiore.
Nick e Nancy si diedero un bacio e, dopo che chiuse la porta, Nick disse: "Smetterai mai di fare la sorellina minore gelosa?"
"Non credo proprio!" rispose Alexia mentre andava nella sua camera.
Il fratello rise.

"Allora sei di nuovo mia cognata!" disse Parker.
"Oh che palle, ora devo sopportarti anche come parente!" rispose Alex dall'altra parte del telefono.
Lui rise: "Se facciamo qualcosa è incesto?"
"Non dovresti neanche preoccupartene Parker, visto che tra noi non ci sarà mai nulla."
"Non sei molto convincente Rattatà."
"Senti Snorlax, io devo studiare."
"Sei odiosa quando mi chiami così. Dai ci vediamo domani a scuola!"
"Sì sì, ciao." rispose riattaccando.
Alexia mise un po' di musica e prese a cantare a squarciagola, quando esordì Nick entrando all'improvviso nella sua camera e iniziando insieme lei.
Alex rise e riprese a cantare.
Quando la canzone finì Alexia si mise a fare la ricerca di chimica e, prima che se ne potesse accorgere, era già ora di andare a dormire.
La mattina seguente a scuola Parker la raggiunse facendola spaventare poiché arrivato da dietro.
"Deficiente!" strillò tirandogli un pugno sul braccio.
Lui rise e avvolse le sue spalle con un braccio: "Come stai?"
Alex lo guardò stranita: "E questa confidenza?"
"Ma che palle che sei! Io ti ho fatto una domanda."
"Bene, Parker! E tu?" fece con aria scocciata.
Parker scosse la testa ridendo e disse: "Bene, grazie per il tuo reale interessamento!"
Lei cercò di mascherare senza riuscirci la risata: "Prego!" disse avviandosi all'entrata.
"Tu mi devi ancora un'uscita, lo sai vero?"
"Io non ti devo proprio niente!"
"Oh, sì invece!"
"Non esiste al mondo."
"Ma finiscila, lo so quanto ti sei divertita con me quel pomeriggio al bar! Per non parlare di quando sei rimasta con me sulla panchina finché non mi sono svegliato!"
"Oh dio, non farmelo ricordare! Puzzavi da fare schifo!" fece Alex.
"Avevo bevuto, Rattatà. Sei odiosa a volte!" 
"Tu lo sei sempre, Snorlax!"
Lui rise.
Poi lei disse: "Vado in classe, ciao Parker!"
Dopo aver pranzato Alex aprì la porta a Nancy.
Salendo in camera sua, dopo qualche minuto che era rimasta giù, si accorse di aver lasciato il suo computer in camera del fratello, ma prima di bussare si fermò ad ascoltare la conversazione che stavano avendo Nick e la sua ragazza.
"Glielo hai detto?" chiese Nancy.
"Come faccio?"
"Tua madre lo sa, dovrebbe saperlo anche Alex."
"Se le dico che verrò a Londra con te le spezzerò il cuore!"
E in effetti Alexia sentì una pugnalata dentro il petto, e gli occhi si gonfiarono di lacrime.
"Più aspetti e peggio è!" fece Nancy.
Alex aprì la porta: "Te ne vai?"
"Piccola peste.."
Scese le scale e uscì di casa non curandosi nemmeno di chiudere la porta.
Nick fece per seguirla, ma Nancy lo fermò: "Lasciala andare, le passerà."
Lui annuì e chiuse la porta di casa dopo aver guardato fuori per qualche secondo.
Alex sulla sua panchina piangeva a dirotto.
Non poteva andarsene anche lui, suo fratello rappresentava tutto per lei, senza di lui non avrebbe saputo come fare.
Superare ogni avversità, ogni ostacolo, senza Nick le sembrava molto più difficile.
Il cellulare squillò, lei lo estrasse dalla tasca ma quando lesse il nome del fratello sul display rifiutò la telefonata e lo rimise in tasca.
"Alex?" la voce di Jamie suonò alle sue spalle.
Lei si asciugò frettolosamente le lacrime e finse un sorriso: "Ehy Jamie."
Lei si sedette sulla panchina: "Che succede?"
"Mio fratello andrà a vivere a Londra finite le vacanze..." Fece con un sorriso amaro: "...e io senza di lui non so proprio come fare."
Disse asciugandosi altre lacrime.
Jamie non disse nulla, ma l'abbracciò, l'abbracciò forte e una strana vibrazione attraversò il corpo di Alexia che divenne rossa.
"Scusami." Disse Jamie staccandosi da lei: "Io ora però devo proprio andare, mio padre mi sta aspettando, gli avevo chiesto di fermarsi perché ti ho vista piangere qui."
"Ohw, ti ringrazio. Sei molto dolce." fece Alex arrossendo di nuovo.
Jamie le sorrise: "Ci vediamo."
Alexia annuì.
Poi il suo telefono squillò.
"Dove sei?" 
"Perché?"
"Nancy mi ha detto che cosa è successo. Dove sei?"
"Parker, lascia stare."
"Dove cazzo sei?" fece Parker serio.
"Sulla panchina."
"Arrivo."
E prima che potesse dire qualcosa, Parker aveva già riattaccato.
Quando arrivò Alexia stava guardando il lago che aveva uno strato di ghiaccio addosso.
"Sei pazza?" chiese togliendosi il giubbotto e poggiandoglielo sulle spalle: "Si congela, e tu sei uscita senza una giacca."
"Non ho pensato di prenderla quando sono corsa via. E poi fa freddo anche per te." 
Ma quando fece per toglierselo Parker la fulminò con lo sguardo e così disse: "Ok, lo tengo io."
"Ho litigato con mia sorella. Entrambi sappiamo quanto tu sia legata a tuo fratello e lei te lo porta via, non è giusto."
"Sì invece. Mi costa ammetterlo, ma non sono io l'amore della sua vita."
"Mi dispiace, non so che altro dire."
"Non dire nulla." fece lei accoccolandosi sul suo petto.
Dopo un primo momento di stranimento Parker la abbracciò senza dire una parola.
Alexia si sentì protetta e si rilassò nelle braccia del ragazzo di cui si stava innamorando senza neanche rendersene conto.

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Capitolo 7
*** Sola? ***


Quando tornò a casa Jessica le chiese: "Alex, cosa c'è?"
Ma lei non le rispose.
"Alexia, ti ho fatto una domanda!"
"Perché non mi hai detto che si sarebbe trasferito?" Urlò arrabbiata e con le lacrime agli occhi.
In quel momento Jessica alzò gli occhi guardando dietro le spalle della figlia.
Alexia si voltò e vide Nick dietro di lei.
Scoppiò a piangere e corse nella sua camera.
Nick bussò alla sua porta.
"Vattene!" strillò.
Ma lui entrò comunque e si sedette sul letto.
"Piccola peste.." disse posando la mano sulla spalla della sorellina che era distesa sul letto a piangere.
Lei, sorprendendolo, lo abbracciò e sprofondò nel suo petto: "Perché mi lasci?!"
Lui la strinse: "Vuoi che io rimanga?"
"No, l'amore della tua vita non sono io!"
"Tu e mamma resterete sempre i più grandi amori della mia vita. Te lo giuro, Alex."
Lei lo guardò disperata.
"Io non ci riesco." disse alzandosi: "Ora chiamo Nancy e le dico che non parto."
"No, Nick..." disse afferrandolo per la mano: "Se devi andare con lei, va'."
"Ma tu stai così, come faccio a partire e saperti così?"
"Vai, io starò bene."
"Piccola peste." disse sedendosi e stringendola con gli occhi gonfi di lacrime.


Il telefono squillò e rispose Jessica.
"Pronto."
"Jessica sono Parker, Alexia sta meglio?"
"No, ci sta da schifo per questa storia della partenza."
Dall'altro capo del telefono Parker esitò: "Io la ammazzo, è tornata per portarle via la persona a cui tiene di più."
"Lei ama mio figlio, Alex non ce l'ha con lei. Credo che soffra perché da quanto Johnny è morto lei ha fatto completamente affidamento su Nick, e ora vederlo andare via la sta uccidendo."
"Mi sento così inutile, non so davvero cosa fare."
"Vuoi venire a cena da noi questa sera?"
"Vabene, tra quindici minuti sono lì."
"Ok, a dopo." 
Jessica riattaccò e iniziò a preparare la cena.
Poco dopo suonarono il campanello.
Jessica andò ad aprire: "Alex è in camera sua."
Parker bussò alla porta e quando Alexia andò ad aprire se lo trovò addosso che la abbracciava, mentre lei ancora piangeva.
"Mi dispiace, mi dispiace." disse lui.
Lei cadde in terra trascinandolo giù con lei.
A Parker veniva da piangere vedendola così distrutta.
"Sfogati." disse accarezzandole i capelli.
Alexia singhiozzava sempre più forte.
"Mi lasceranno tutti." disse lei.
"Io no, io sono qui." sussurrò Parker stringendola più forte.
Lei lo strinse a sua volta.
"Io la ammazzo, giuro, è venuta per distruggerti?"
"Parker.." disse lei staccandosi: "Lascia perdere."
Con la manica si asciugò le lacrime.
"Io non ce la faccio a vederti così." disse prendendole la mano e guardandola negli occhi.
Alex si accorse di quanto il suo sguardo fosse dolce e protettivo.
"Parker..." disse.
Lui le fece un mezzo sorriso triste: "Vorrei provare io la tua tristezza per non farla provare a te."
Lei appoggiò le spalle al letto e chiuse gli occhi: "Mi dispiace tu mi abbia vista così.." poi abbozzò un sorriso: "Immagino di sembrare un panda."
Lui ricambiò il sorriso: "Beh, si.. ma sei comunque bellissima."
"Grazie Parker, davvero."
"Non ringraziarmi."
Poi Nick irruppe nella camera: "Ragazzi è pronta la cena."
Parker si alzò e, sorridente, allungò la mano verso Alex che ricambiò il sorriso e afferrò la sua mano che la aiutò ad alzarsi.
"Cosa si mangia, mamma?" strillò Alexia scendendo le scale.
"Parker sei magico?" disse ridendo: "Polpettone e patate al forno."
"Gnam!" disse Parker sedendosi accanto ad Alexia.
Nick, Jessica, Parker e Alex passarono tutta la sera a ridere e scherzare.
Di tanto in tanto Alexia e Parker si scambiavano degli guardi e dei sorrisi, che non passarono inosservati a Jessica e Nick che, una volta finito di sparecchiare e lavare i piatti, andarono a letto lasciandoli soli a guardarsi un film.
In televisione c'era Shutter Island, uno dei film preferiti da Alex, ma Parker sembrava guardasse più lei del film stesso.
Lei che piano piano si appisolò sulla sua spalla fino ad addormentarsi.
Finché non si addormentò anche lui, per poi svegliarsi alle dieci della mattina dopo dal suono del cellulare.
"Pronto?" disse assonnato.
"Ma dove sei?" chiese Nancy.
"Da Alex.. ma perché che ore sono?" chiese dopo essersi accorto che era mattina.
"Le dieci, Parker."
"Mi sono addormentato. Ci vediamo a pranzo, ciao." disse riattaccando.
Alexia si stiracchiò.
"Ma che è successo?"
"Niente, abbiamo ancora tutti i vestiti addosso." 
Alex gli tirò uno schiaffo sul petto: "Cretino!" 
Lui rise e lei pure a sua volta.
"Ma che ore sono?" fece lei.
"Le dieci e cinque." 
"Mamma è a lavoro, perché non ci ha svegliato?" 
"Ha capito che dormivi profondamente per come russavi e quindi ha deciso di non disturbarti."
"Io non russo!" disse Alex offesa.
Lui annuì.
Lei lo guardò male e lui scoppiò a ridere: "Ma Rattatà, se ho dormito tutto il tempo come faccio a sapere se russi o no?"
"C'è un momento della giornata in cui non fai il cretino?"
Lui fece finta di pensarci portandosi una mano al mento: "Mmh, no.. Almeno ti faccio ridere!"
"Questo lo credi tu!"
"Ieri hai ricominciato a ridere quando c'ero io, non mentire a te stessa, Alexia!" disse lui mettendosi a braccia conserte.
Lei rise: "Quanto sei stupido."
"Dai, andiamo a fare colazione!" disse Parker balzando in piedi.
"Parker, devo lavarmi, cambiarmi e truccarmi!"
"Lo farai dopo!"
Lui allungò una mano verso di lei.
Lei scosse la testa e la afferrò: "Sono impresentabile."
"E smettila di fare la modesta!"
"Non è fare la modesta, sono davvero impresentabile!"
"Sì, sì. Sali in macchina dai."
"Sei proprio antipatico!" fece lei salendo in macchina.
Lui rise. Ma rideva sempre quel ragazzo?
Parker mise i System of a Down, e Alex iniziò a cantare a squarciagola.
"Parker, canta!"
"Ma faccio schifo!"
"Canta!" 
Lui scosse la testa e cominciarono a cantare assieme, ridendo.
Una volta arrivati e spenta la radio, Alex disse: "Beh effettivamente fai un po' schifo."
"Lo so!" fece aprendo la portiera.
Lei rise e scese dalla macchina a sua volta.
Entrarono al bar e ordinarono dei pancakes alla nutella.
"Per un attimo ho creduto prendessi la piadina con il salame e la maionese."
"Ma come sei simpatico!"
Risero assieme.
Una volta finito di fare colazione Parker la accompagnò a casa e poi andò a casa sua.
Non appena chiusa la porta Alexia sorrise, senza un apparente motivo.

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Capitolo 8
*** Natale ***


"Ciao zia Nicole.. zio Oliver?" chiese Alex.
"In cucina, sta cucinando."
Alexia raggiunse Oliver in cucina, mentre Christian e Nick corsero in sala da pranzo a fregare un po' di cibo di nascosto mentre Nicole accoglieva altri ospiti.
"Nick.. hai 21 anni." disse Jessica.
"E Chris, tu ne hai 23!" esordì Nicole.
"Siamo pur sempre maschi!" fece Nick.
"Questa storia della stupidità maschile la tirate in ballo solo quando fa comodo a voi." disse Jessica.
Intanto Alexia aveva raggiunto Oliver in cucina.
"Hey zio!" strillò abbracciandolo.
"Ciao piccola peste!"
"Posso farti una domanda?"
"Dimmi."
"Come hai capito di amare zia Nicole e non Jane?"
"Perché quando ero con Jane pensavo sempre a Nicole, ma non il contrario.
E quando l'ho rivista avevo il cuore che mi batteva a mille, come la prima volta in cui la vidi. Ho sempre pensato che non ci fosse niente al mondo migliore di lei. E lo penso anche ora, dopo 18 anni di matrimonio e 22 di convivenza."
"Che bella storia.." sorrise Alex.
"Sei innamorata?"
"No! Almeno, non credo. Da quando papà è morto.." fece intristendosi.
"Sì, lo so. Ora non pensarci, è Natale."
"Hey!" fece Nick entrando in cucina: "Ho chiesto a Nancy e a Parker di venire, visto che sono da soli alla vigilia di Natale. Nicole ha detto vabene, per te è un problema?"
"No!"
"Parker?" chiese Alex arrossendo.
"Sì Parker."
"Non lo vedo o sento dal 21.."
"Stasera lo rivedrai. Tra 3/4 d'ora saranno qui." disse Nick lasciando la cucina.
"Quindi è Parker quello di cui sei forse innamorata."
"Sì.."
"Non ha una bella reputazione."
"Lo so."
"Magari gli metti la testa apposto."


Suonarono alla porta e Alexia andò ad aprire.
"Ciao." disse lei.
Nancy la salutò e andò a salutare gli altri.
"Hey, come stai?"
"Bene, tu?"
"Bene.. sei sparita."
"Non sono mai stata brava a farmi sentire, e tu lo sai. Per questo ti sei sempre fatto sentire tu."
"Volevo vedere quanto avresti resistito senza di me." disse Parker andando in camera a lasciare la giacca.
"Idiota." rispose lei chiudendo la porta.
"Accompagnami a salutare, Oliver mi guarda sempre male." disse tornando in sala.
"Andiamo."
Quando entrarono in cucina però, con grande sorpresa di Parker, Oliver lo salutò con il sorriso: "Parker!"
"Oliver!"
"Sapete... stareste proprio bene voi due assieme."
Alexia divenne paonazza per l'imbarazzo.
"Diglielo a lei, non mi vuole proprio!"
"Perché sei un imbecille!" rispose Alex.
"Vedi, non mi ritiene alla sua altezza. E non è che abbia tutti i torti."
"Parker.."
"La smetto, Rattatà! Per una volta non ho tirato io in ballo l'argomento."
Oliver rise: "Rattatà?"
"Sì, è uguale a Rattatà!"
"Finché la chiami come quell'orribile topo, credo sia normale che non ti voglia!"
"Lei mi chiama Snorlax."
"Ma hai iniziato prima tu con Rattatà."
Parker gli fece il solletico: "E stai un po'  zitta."
Lei rideva a crepapelle: "E lasciami!!"
Oliver sorrise: forse aveva sbagliato a pensar male di Parker.
"Dai che mi chiama mia madre!" disse Alex liberandosi di lui e uscendo dalla stanza.
Parker fece per seguirla ma Oliver lo richiamò: "Parker! Tu vuoi bene a mia nipote?"
"Sì, certo."
"E io ti credo. Ma Alexia ha sofferto molto nella sua vita, quindi sta' molto attento a non causarle altra sofferenza."
Parker annuì andando in sala.
Sapeva che data la sua reputazione e dato il bene che tutta la famiglia volesse ad Alex era assolutamente che si preoccupassero per lei, ma Parker non le avrebbe mai fatto del male, o per lo meno non volontariamente. Avrebbe preferito farsi del male da solo piuttosto che infliggerne ad Alex, quindi consciamente non avrebbe mai fatto nulla che potesse ferirla.      
Notò come Alexia avesse lo sguardo perso nel vuoto mentre tutte le altre persone ridevano e scherzavano. E a quanto pare non fu l'unico, perché anche suo fratello la guardava con aria preoccupata, indicandola anche a Christian.
Riusciva a leggere il labbiale mentre parlava con il cugino: "La colpa è mia."
Quindi Parker gli si avvicinò: "Credo che dovresti restare con lei, per lo meno adesso. Poi un giorno potrai lasciarla per seguire mia sorella, ma ora è Alex ad avere più bisogno di te nella sua vita. Dopo che vostro padre è morto, lei è caduta letteralmente in pezzi."
"Guarda che lo so, non ho bisogno che me lo dica tu."
"Sì, ne sono consapevole. Ma a volte c'è bisogno di qualcuno che te lo ricordi."
"Portala a fumare una sigaretta, Parker. Andate in un posto imboscato però, qui tranne noi 3, nessuno sa che fuma. Ha bisogno di calmarsi e, se riesci, falla sfogare."
Parker annuì ed andò da lei.
"Perché non vai tu?" chiese Christian.
"Ho bisogno di qualcuno che si prenda cura di lei quando e se io partirò, e con Parker è già a buon punto. Spero solo che non tradisca la sua fiducia, come è tipico di Parker. Lo vedo dai loro occhi che si vogliono bene, forse anche qualcosa di più."

"Cosa c'è che non va?"
Alex fece un tiro dalla sigaretta: "Un altro Natale senza mio padre, e la partenza di mio fratello è alle porte. Sai, so che è del tutto irrazionale, ma vorrei tanto che tua sorella non fosse venuta qui per le vacanze. Voglio dire... so che si amano e blah blah, ma io non voglio che mio fratello se ne vada in Europa."
"Guarda che l'Inghilterra non fa più parte dell'Unione Europea."
Alex lo fulminò con lo sguardo.
"Scusa Rattatà, volevo sdrammatizzare, ma non è il momento."
"Quando Nick se ne andrà io rimarrò sola."
"Magari non andrà via. Magari resterà con te."
"Cosa gli hai detto?"
"Come mai credi che ci abbia parlato?"
"Perché, non lo hai forse fatto?"
"Beh sì.."
"Ma dai, Parker.."
"Gli ho detto che secondo me non dovrebbe andarsene, per lo meno non ora, poiché tu hai molto più bisogno di lui di quanto ne abbia mia sorella."
"So che è un po' egoista da parte mia, ma spero che ti ascolterà. Grazie Snorlax."
Lui sorrise e spense la sigaretta.
"Dai, andiamo."
"Parker.." disse Alex aprendo la portiera: "Perché stai facendo tutto questo per me?"
"Perché tengo molto a te."
Lei sorrise arrossendo.

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Capitolo 9
*** Compleanno ***


Si era già addormentata da 15 minuti quando il suo telefono squillò.
"Pronto?!" disse assonnata.
"Auguri Rattatà!" Strillò Parker dall'altro capo del telefono.
"Ma che ore sono?"
"Mezzanotte spaccata."
"Hai aspettato che scattasse la mezzanotte prima di chiamarmi?"
"Veramente ti ho chiamata alle ventitre, cinquantanove minuti e quarantotto secondi."
"Tu sei pazzo."
"E tu non mi hai ancora ringraziato."
"Grazie Snorlax."
"Prego, ti lascio dormire ora. Ci vediamo stasera."
"Ciao Parker." riattaccò riaddormentandosi subito.
Come ogni anno la mattina alle nove e dodici, visto che Alex era nata a quell'ora, Nicholas e Jessica entrarono cantando tanti auguri a te in camera di Alexia.
"Diciassette candeline!" strillò Nick non appena ebbero finito di cantare.
"Esprimi un desiderio, tesoro."
Alex chiuse gli occhi e poi soffiò spegnendo le candeline.
Abbracciò la madre e il fratello sorridendo.
"Grazie."
"Fortuna che il tuo compleanno cade il 27 dicembre, così potrò sempre esserci."
Alex gli sorrise ancora mezza addormentata e mangiarono tutti e 3 insieme una fetta di torta.
Poi, come ogni anno, Alexia prese dal comodino la foto del padre: "So che gli auguri me li fai anche tu da lassù." la baciò e la ripose di nuovo sul suo comodino.
"Mamma, ogni anno davanti a questa scena ti commuovi!" esclamò Nick.
"Perché mi manca molto vostro padre."
Alexia sorrise: "Lo sappiamo."

Erano le otto di sera quando gli invitati, e anche non invitati, si presentarono in casa di Alex.
"Tesoro!" urlò Matilde: "Tanti auguri!!" 
Alexia la abbracciò ridendo: "Maty, mi fai male."
Poi si intromise suo fratello: "Scusa ma tu non avevi litigato con Jaqueline?"
"Sì, perché?"
Nick gliela indicò, aveva un vestito corto e le calze a rete.
"Vado a dirle di andarsene, e le chiedo anche come fa a non avere freddo."
"No, lascia perdere. Farò finta che non ci sia." 
Parker entrò in casa, cominciando a cercare Alex con lo sguardo, poi la intravide accanto a Matilde.
"Ehi! Rattatà!" urlò facendosi spazio tra la folla.
Lei si illuminò appena lo vide: "Snorlax!" 
"Tanti auguri piccolo topo."
Lei rise suo malgrado e prese il regalo che le aveva portato Parker, ringraziandolo e posandolo assieme agli altri.
Poi Jaqueline la raggiunse: "Vedo che tu e Parker siete molto vicini."
"Ciao anche a te."
"Sei cotta, vero?" aveva un perfido sorriso in volto.
"Che cosa vuoi?" una voce le interruppe: "Non ricordavo che Alex ti avesse invitata."
Alexia sorrise e Jaqueline, seccata, se ne andò.
"Ti ringrazio di essere intervenuta."
"Ma figurati." disse Jamie: "Non la sopporto."
"Sì, neanche io. E pensare che prima era una delle mie migliori amiche insieme a Matilde."
"Ecco perché ce l'ha così tanto con te, perché tu hai scelto Matilde! Sta' attenta, potrebbe fare qualsiasi cosa pur di fartela pagare."
"Tu dici?"
"Sì, è cattiva."
"Scusami, ma te la rubo un attimo!" esordì Parker tirando Alexia per la mano.
"Dove mi porti?!"
La portò in camera di Nick, accese la radio, inserì un CD e poi la invitò a ballare.
Alex arrossì, prese la sua mano e lui la strinse mentre i Coldplay suonavano Fix You.
"And I will try... to fix you." gli sussurrò Parker nell'orecchio.
Il corpo di Alexia fu percorso da un brivido.
I suoi occhi diventarono lucidi, le sue labbra si stesero in un sorriso e appoggiò la testa alla spalla di Parker mentre ancora lui la teneva stretta come se fosse la cosa più bella che gli fosse successa.
E Alex si sentì a casa tra le sue braccia. Per quanto strano fosse, lei si stava innamorando di ciò che pensava che avrebbe sempre odiato.
Ma no, non si stava per innamorare, era già successo e lo capì lì, in quel preciso istante, quando Parker le accarezzò la schiena e lei rabbrividì di nuovo.
Bastavano le sue mani su di lei per farle perdere la ragione, per farle dimenticare tutto il dolore, per farle dimenticare il Mondo, per farle venire la pelle d'oca.
Bastava solo il contatto tra la loro pelle perché tutto questo accadesse.
Poi la canzone terminò, lui si chinò e disse: "Grazie per avermi concesso il ballo."
Alexia era ancora rossa, ma scherzò dicendo: "Dovresti sentirti onorato."
Lui rise, ma poi si fece serio: "Ovvio che ne sono onorato."
Scesero giù e presero a parlare.
Finché non furono interrotti: "Alex, ho bisogno di parlarti." 
Parker si ricordò subito che si trattava di Michael, il ragazzo che ogni tanto la salutava sempre con il sorriso stampato in faccia.
Li guardò allontanarsi , e si versò un bicchiere di tequila.
E poi un altro, e un altro, e un altro, finché non diventarono quasi due litri di tequila liscia.
Così quando Alexia tornò, lui puzzava terribilmente di alchool.
"Parker, cosa c'è?"
"Chi è quello?"
"Il mio amico Michael. Ma tu puzzi di alchool, quanto hai bevuto?"
"E lo abbracci così un amico?"
"Parker dai, andiamo sul divano, sei marcio!"
"Non mi toccare!" esclamò lui.
Lei tolse la mano dalla sua spalla: "Va' al diavolo, coglione."
Andò a cercare Matilde, e la trovò soltanto dopo 45 minuti.
Le raccontò tutto e poi crollarono sul divano.
Dopo 3 ore riaprirono gli occhi, metà della gente che c'era dormiva, mentre gli altri continuavano a ballare.
La musica era troppo alta così, dopo essersi consultate tra di loro, decisero di salire in camera di Alex.
Ma quando Alexia aprì la porta, lo spettacolo che aveva davanti era bruttissimo.
Jaqueline e Parker erano nel suo letto, senza vestiti.
Dormivano e per terra c'era un preservativo usato.
Alexia richiuse la porta e scoppiò in lacrime, cadendo in ginocchio.
"Giuro che questa volta me la paga, quella puttana." disse Matilde.
"Lascia perdere." disse Alex scendendo di nuovo al piano di sotto.
E questa volta finì lei per ubriacarsi, per poi addormentarsi di nuovo un paio di ore dopo.

Parker aprì gli occhi, erano le nove.
Non ricordava quasi niente della sera precedente.
Si girò su un fianco e vide Jaqueline.
"Ma che cazzo..?" 
Poi realizzò di non essere vestito, qualche flash gli stava tornando in testa.
Michael aveva portato Alex fuori per parlare, e lui aveva cominciato a bere per come si erano abbracciati.
Si tirò sui gomiti e vide il preservativo usato per terra.
Ma che cosa aveva fatto?
Jaqueline ci aveva provato con lui, e poi.. e cos'era successo poi?
Si sforzò di ricordare, ma la porta si spalancò: "Voi! Ma non vi fate schifo?!"
"Maty, ti giuro che non ricordo nulla!"
Era furiosa: "Te lo dico io cosa hai fatto. Hai scopato con questa puttana a cui non frega un cazzo di te, lo ha fatto solo per vendicarsi che Alex ha scelto me e non lei."
"Oh mio Dio, come la fai tragica." disse Jaqueline vestendosi e alzandosi.
"Ringrazia solo che Alex mi abbia detto di lasciarti perdere."
"Aspetta!" fece Parker: "Alex ci ha visti?"
"Certo che vi ha visti! Voglio dire, nella sua stanza! Fate schifo davvero, e pensare che ti avevo anche aiutato a conquistarla."
"Tanto c'è quel Michael che le gira attorno. Senti, quando si sono abbracciati io non ci ho visto più."
"Michael? Ah sì. L'ha abbracciata perché è riuscito a mettersi con Travis grazie al suo aiuto."
"Cosa?" 
"Eh si, è gay. Sparisci, fai schifo. Tu e questa troietta..."
"Maty." Alex apparve assieme a Nick alle sue spalle.
"Alex..." fece Parker.
"Parker e io siamo solo amici, lui non deve darmi nessuna spiegazione." sorrideva ma aveva gli occhi spenti e Parker se n'era accorto: "Le lenzuola pulite sono nei cassettoni, cambiale prima di andare via." 
Parker fece per seguirla, ma Nick lo bloccò: "Pulite questo schifo e poi sparite da casa mia." 
Lo sguardò di Nicholas era duro, severo.
Parker annuì e, triste, si mise a sistemare.
"Io vado, ciao." fece Jaqueline.
Lui non la degnò di uno sguardo e lei se ne andò.
Parker si sedette sul letto con la testa tra le mani: "Ma che cosa ho fatto?" mormorò.

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Capitolo 10
*** Capodanno. ***


"Alex, il pranzo è pronto." disse Nick.
"Non ho fame."
"Sono quattro giorni che non tocchi cibo."
"Mangerò uno yogurt più tardi. Te lo prometto." disse lei sorridendogli.
Nicholas annuì e chiuse la porta.
"Scusa fratellone." sussurrò con le lacrime agli occhi.
Nick la sentì e, dopo aver pranzato, andò nella sua camera.
Compose il numero e la chiamò.
"Pronto?"
"Ciao Maty. Stasera o domani vedrò Nancy e le dirò che è finita, che non voglio partire domani."
"Ma non pensi che Alex potrebbe sentirsi in colpa?"
"Non è colpa sua, ma di Parker.. sono quattro giorni che non mangia nulla e non fa altro che starsene lì a guardare la TV o ascoltare la musica."
"Sì, non risponde neanche ai miei messaggi. E quando lo fa mi risponde che non ha voglia di uscire."
"Dobbiamo fare qualcosa."
"Stasera è capodanno, provo a venire lì e a convincerla. Provo con la nostra arma segreta?"
"Sì." 
"Ok, saremo lì tra venti minuti."
"Ciao Maty."
Riattaccarono.
Dopo venti minuti, il campanello suonò.
Nick andò ad aprire: "Alex è nella sua stanza."
"Lo immaginavo." fece Matilde.
Nicholas bussò alla sua porta: "Piccola peste, ci sono visite!"
"Dì a Matilde che non ho voglia di vedere nessuno."
"Ma non sono Matilde."
"Ohw, Jamie." 
Alex si tolse le cuffie: "Non immaginavo fossi tu. Siediti."
"Come stai?"
"Bene, ci sono rimasta un po' male ma nulla di più."
"Guarda che con me puoi parlare, sai?" sorrise. Com'era bella quando sorrideva.
"Sì, lo so."
"Stasera è capodanno, sarai con noi vero?"
"Non so.."
"Dai ci divertiremo, non puoi stare qui a logorarti l'anima.. sei troppo bella per stare male."
Alex sorrise: "Ohw, Jamie."
Lei ricambiò il sorriso.
"Potrei sentirmi offesa visto che hai ascoltato lei e non me, ma farò finta di niente per questa volta!" esordì Matilde.
"Me lo sentivo che c'eri anche tu!" rise Alex: "Nicholas, lo so che hai sentito tutta la conversazione!"
"Beccato in pieno!" esclamò Nick entrando.
"Come puoi vedere hai tante persone che ti vogliono bene." fece Jamie.
"Sì, ho visto, e sinceramente non mi aspettavo tutto questo interessamento da parte vostra. Escluso mio fratello ovviamente, lui ha assistito a tutti i momenti peggiori."
"Hai sentito Parker?" chiese Matilde.
"Ha provato a chiamarmi qualche volta ma gli ho detto che non potevo parlare al telefono perché avevo altre cose da fare. Ci siamo scambiati qualche messaggio, ma con lui ora è il polo nord."
"Ha sbagliato."
"Il punto è che non posso avercela neanche con lui perché effettivamente tra di noi non c'era niente."
"Lo hanno capito tutti che vi piacete." disse Jamie.
"Piacevate. L'unico motivo che mi fa stare ancora un po' così è Jaqueline, è lei che mi ha ferita di più. Non tanto Parker, ma... Jaqueline. Perché proprio con lei, poi?"
"Perché era ubriaco, secondo me se non lo fosse stato non ci sarebbe andato."
"La verità è che voleva solo portarmi a letto, quindi è un bene che sia finito tutto ancor prima di iniziare."
"Ma se così fosse, non so se ti starebbe stato vicino come ha fatto... Insomma, ha chiesto aiuto anche a me, e mi sembrava sincero quando diceva che tu gli piacevi sul serio." disse Matilde sconcertata.
Alexia sorrise amareggiata: "Evidentemente è un bravo attore. Ci sono stati dei momenti in cui ho pensato di piacergli sul serio, non avrei dovuto dimenticarmi che è Parker, e che quelli come lui non cambieranno mai."

Alexia prese le chiavi.
"Posso guidare io?" 
"No!" tuonò Jessica.
"Eh dai, mamma! Ho la patente da sei mesi ormai."
"Guiderà tuo fratelllo, tesoro. Divertiti!"
"Non guiderò mai la macchina di mamma! Che poi perché non andiamo con la tua?"
"Perché stasera la mia la usa mamma, deve andare da zia Laurel, e sai che la mia consuma meno rispetto alla sua."
"Okay." 
Arrivarono davanti al ristorante dove gli altri avevano prenotato.
"Ci sarà anche Parker stasera?"
"Sì, è probabile."
"Fa' attenzione, ti chiamo dopo per farti gli auguri e ti dico a che ora passerò a prenderti. Non bere troppo."
"Sì, che palle che sei."
"Ciao piccola peste!" disse ridendo.
"Ciao!" rise a sua volta.
Aveva un vestito nero, poco sopra il ginocchio, scarpe con tacco 12, collant nero, coprispalle rigorosamente dello stesso colore, così come la pochette.
Si fece coraggio consapevole del fatto che quella sera ci sarebbe stato anche Parker.
Quando entrò, lui la vide subito rimanendone estasiato, proprio come tutti gli altri.
"Wow!" disse Parker quando lei fu abbastanza vicina da sentirlo.
"Ciao ragazzi!" 
Salutò tutti con un bacio sulla guancia.
Si mise a sedere alla sinistra di Jamie e alla destra di Travis.
Si curò di non mettersi abbastanza vicina a Parker, così da non doverci comunicare se non lo stretto indispensabile.
C'erano Jamie, Matilde, Jackson, Travis, Michael, Parker, Jane e Rj quella sera.
Tutti facevano coppia tranne lei, Parker e Jamie.
Parker passò tutta la sera a guardarla e a sentirsi un vero coglione per quanto fatto.
Di tanto in tanto lei gli faceva qualche sorriso per pura educazione, i suoi occhi erano freddi, non lo guardavano più nello stesso modo.
Era come se all'improvviso tutto quello che avevano passato fosse sparito, non significasse più nulla.
Ma quando lui la guardava, non sapeva come potesse essere così tanto fredda, non se ne capacitava, lui l'avrebbe amata comunque.
Lui l'avrebbe amata lo stesso, in qualunque caso, in qualunque circostanza.
Lui l'avrebbe amata davvero.
Tagliava la carne, e intanto pensava a quanto potesse essere grande il sentimento che provava nei confronti di quella ragazzina, ma quanto l'aveva ferita per farla divenire così apatica?
Non aveva dolore, nè delusione, non c'era tristezza nei suoi occhi... freddezza, indifferenza. Ecco cosa esprimevano i suoi occhi quando guardava verso di lui.
Come se fossero due completi estranei.
Ma quando vieni ferito da qualcuno a cui tieni, non è proprio questa l'impressione che vuoi dare?
Che non te ne frega più nulla, che non ti interessa più ciò che quella persona fa nella sua vita.
"Terra chiama Parker!" urlò Jane.
"Sì, dimmi scusa."
"Finalmente, è due ore che ti chiamo! Mi passeresti il sale per favore?"
Glielo porse.
Poi si girò a guardare Alex... ma era sparita.

"Potresti darmi l'accendino?" chiese a Matilde.
"Cosa provi ora che sei qui con lui?"disse rimettendo l'accendino in tasca.
"Non è facile, ma sto cercando di fare quella a cui non frega niente."
"Aspetta, sta arrivando."
"Alex, io devo parlarti." fece Parker.
"Dimmi." disse lei sorridendo.
"Da soli non si può?"
"Non vedo che problema c'è se Matilde sente."
Lui esitò per qualche istante, ma poi decise di parlare: "Ho sbagliato a farmi Jaqueline, ma ero ubriaco e ti giuro che se non lo fossi stato..." 
Alex lo interruppe: "Parker, non c'è bisogno che ti giustifichi. Tra me e te non c'è nulla, siamo amici!" 
Sorrise, spense la sigaretta ed entrò, lasciando Parker sconcertato.
"Brava, ottima mossa!" fece Matilde.
Alexia rise, ma guardò indietro con occhi tristi prima di tornare a sedersi.
Mentre Parker rimase lì per una dozzina di minuti prima di rientrare.
Era sconcertato, Alex aveva detto che non gli importava nulla.
Quando rientrò tutti si alzarono e andarono a pagare il conto.
"In macchina con me chi c'é?" chiese Parker.
"Io, Jamie e Matilde." rispose Alex.
"Vabene."
Quando arrivarono in centro, il concerto di Capodanno era già iniziato.
Dopo pochi istanti  iniziò il conto alla rovescia.
"Dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro, tre, due, uno... Buon anno!" strillarono tutti.
Le band stapparono lo spumate lanciandolo sulla folla e bevendolo direttamente dalla bottiglia.
Alexia si girò verso Parker, bagnata fradicia e sorridente: "Tanti auguri, amico mio!" urlò.

Nancy continuava a chiamarlo, ma Nick faceva finta di non sentirlo.
"Dovresti risponderle." fece Christian.
"Ci andrò domani, le avevo detto che non ci saremmo visti oggi."
"Sì, ma almeno falle gli auguri."
"Prima devo farli a mia sorella." 
"Allora, vuoi lasciarla?" 
"Sì, non lascerò Alex per lei."

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Capitolo 11
*** Jamie. ***


"Non voglio che resti qui per colpa mia."
"Non sei tu ad avermelo imposto, sono io che l'ho deciso." fece Nick sedendosi sul letto: "Ascolta, piccola peste.. Non ero sicuro neanche prima di andarci, da quando ci siamo lasciati sono passati 4 anni, lei è cambiata e anche io. Era un'assurdità partire così, ormai non so neanche più chi sia, evidentemente non è l'amore della mia vita, Alex."
"Sono felice che tu non te ne vada, anche se è egoista da parte mia."
"Sì, anche io." rispose Nicholas seppure lo fosse soltanto in parte.
Alexia lo abbracciò e lui le accarezzò i capelli.
"Quindi, tu e Jamie vi siete baciate eh?" fece Nick.
"Lei mi ha baciata, e io ci sono stata!"
"E Parker?"
Intristendosi Alex disse:"Sai, quando l'ho visto con Jaqueline posso giurare di aver sentito il mio cuore spezzarsi. Mi si è mozzato il fiato, mi mancava l'aria, e poi ho ripreso a respirare.. ma non mi sentivo più viva. Parker era ombra, indecisione, follia..." ma poi il viso le s'illuminò:" invece Jamie è luce, splendore, speranza, come un raggio di sole in un giorno nuvoloso, l'arcobaleno dopo la tempesta." 
"Quindi sei felice."
"Sì, Jamie è felicità. Lei è gioia!" disse sorridendo.
"L'importante è che tu sia felice."
"Lo sono!"
Poi il suo telefono squillò ed era proprio Jamie.
Era un messaggio con scritto:
"Al parco tra venti minuti? Un bacio."

E dopo venti minuti Alex fu al parco.
"Jamie! Sono qui!" disse vedendola mentre la cercava.
"Ciao." disse Jamie stampandole un bacio sulle labbra.
Alexia arrossì, aveva il cuore che batteva forte come tutte le volte in cui la vedeva.
"Per essere gennaio c'è un gran bel sole, non credi?" chiese Jamie.
"Sì è vero, è una bellissima giornata."
Jamie srotolò l'asciugamano sul prato, ci si stese e Alexia si sdraiò vicino a lei.
"Guardiamo le nuvole, quella lì mi sembra una grossa pecora!" disse Jamie ridendo.
Alexia rise a sua volta, la guardò e pensò a quanto fosse incredibilmente bella.
Poi guardò il cielo e disse: "E quella sembra... uhm boh!"
"Un po' di fantasia!" disse Jamie ridendo di nuovo.
"Io non ho fantasia." Alexia rise a sua volta.
"Sì ho notato! Sembra un dito medio!"
"Non assomiglia ad un dito!"
"Ma sì guarda la forma!"
"Ma dove lo vedi?"
"Questo è perché tu, Alex, non hai fantasia!"
"Mi dispiace di non essere fantastica come te!" fece Alexia scherzosa.
Jamie si tirò sui gomiti e, seria, disse: "Tu lo sei anche di più."
Alexia arrossì e Jamie le tirò su il mento e guardandola dritta negli occhi, a pochi millimetri dal suo viso, disse: "Dico davvero, sei una persona fantastica, e chiunque ti abbia nella sua vita deve sapere di quanto è fortunato. Io lo so."
Alex non riuscì a trattenersi e le diede il primo vero bacio, fino ad allora si erano baciate soltanto a stampo.
Le loro lingue si incrociarono, Jamie incastrò le sue dita nei capelli della ragazza e Alex fece lo stesso.
La passione era palpabile, il desiderio lo stesso, ma Jamie si staccò prima che la situazione potesse degenerare in un parchetto pubblico.
"Non credo di essermi mai spinta così oltre davanti a tutta questa gente!" disse Jamie.
Alex sorrise: "Neanche io.. ma mi è piaciuto, da matti!"
"Sì anche a me, ma non voglio che la tua prima volta sia in un parchetto pubblico."
"In effetti, non hai tutti i torti!"
Risero assieme.
Poi Jamie tornò seria: "Domani si torna a scuola."
"Già!"
"Vedrai Parker, lo sai?"
"Non mi importa, ormai fa parte del passato... il mio presente sei tu!" fece avvicinandosi.
Ma Jamie indietreggiò: "Glielo dirai?"
"Non me ne importa nulla se lo sa o meno. Io voglio stare con te."
Jamie sorrise: "Ok!" disse baciandola.


"Io spero che sia vero." disse Matilde.
"Cosa?"
"Che non te ne frega più di lui."
Alex sorrise: "Diamine, sì. Ora c'è Jamie nella mia vita."
"Sì, esatto. E ti merita molto più di Parker, lei è bella, gentile e tiene davvero a te. Non che Parker non fosse anche lui così, ma ti ha ferita e non ti merita più."
"Già, non dovevo dimenticarmi di chi fosse."
"Tu lo ami ancora vero?"
"Secondo te posso cancellare il mio amore per lui da un giorno all'altro? Io non lo dimenticherò, è normale che sia così. Ma devo andare avanti, non è la persona giusta per me."
"Mi dispiace, voi due insieme mi piacevate."
"Sì, piacevamo anche a me. Ma Jamie è una persona meravigliosa e tengo molto a lei, sono felice quando siamo insieme." disse Alex sorridendo.
"Lo so, ogni volta che parli di lei sorridi come un'ebete."
Alexia sorrise ancora: "Non riesco a smettere!"
Matilde si mise a ridere, e disse: "Alex e una ragazza.. ora posso dire di aver visto tutto!"
Alexia rise a sua volta: "Sì, anche io!"


Il giorno seguente, a scuola Alexia non fece neanche in tempo ad accendere la sigaretta che subito lo sentì urlare: "Rattatà!"
"Oh cazzo!" disse.
"Non hai più risposto ai miei messaggi."
Alex fece per andarsene: "Sì, sono stata molto occupata."
"Senti volevo dirti davvero che mi dispiace, vorrei poter rimediare.."
"Rimediare a cosa? Esattamente, a cosa?" Era furiosa e, sebbene cercasse di non darlo a vedere, si notava eccome: "Al fatto che ti sei scopato Jaqueline? Tranquillo Parker, non devi darmi spiegazioni, tra me e te non c'è nulla, mai c'è stato e mai ci sarà!"
Tutti li fissavano, e Parker fu impetrito.
Poi, con tono più calmo, Alexia disse: "Devo andare in classe."
E così dicendo se ne andò, lasciando Parker imbambolato verso la porta di ingresso, mentre gli studenti fecero finta di nulla.
E Alex pensò se avesse esagerato, rovinando il suo piano di fare quella a cui non importava nulla se Parker si fosse scopato una troietta.
Poi Jaqueline le passò accanto con aria fiera e sorridente mentre Alex esclamò: "Puttana!"
"Io almeno con Parker ci ho scopato!"
"Sì, attenta che magari hai l'AIDS."
"Parker si scoperebbe qualsiasi cosa abbia un buco." Disse Jamie a Jaqueline, che abbassò la testa e andò via.
"Hey!" fece Alex.
"Quella puttanella non la reggo."
"Sì, non sei l'unica."
Si diedero un bacio.
"Come stai?" chiese Jamie.
"Odio la scuola."
"Sì, anche io!" 
Risero ed, insieme, andarono a seguire il corso di letteratura.

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Capitolo 12
*** La prima volta. ***


"Rattatà!" urlò Parker.
"Ciao Snorlax."
"Come stai?"
"Non mi lamento, tu?"
"Bene, sono felice tu abbia smesso di evitarmi." fece Parker.
"Non ti evitavo." disse Alex.
"Un po' sì." 
"Beh, forse!"
. "Posso accompagnarti a casa dopo scuola?"
"No guarda, vado via con Jamie."
"Sei sempre con lei nell'ultimo periodo, cos'è ci stai insieme?" Chiese ridendo.
"In realtà sì." fece Alex disinvolta.
"Ma sei seria? Non so se essere eccitato al pensiero di voi due assieme, o rimanerci male."
"Sei sempre il solito."
Parker rise, ma in realtà c'era rimasto male e molto. Non aveva mai preso in considerazione l'idea che lei e Jamie potessero avere una relazione, era innamorato di lei e questa cosa lo ferì parecchio.
Ma per non farlo notare ci scherzò su: "Tanto non resisterai per molto al mio fascino, piccola Rattatà."
"Sono le troie come Jaqueline a non resistere non io."
Sebbene non lo disse per ferirlo, Parker abbassò lo sguardo intristito.
"Non volevo farti del male, neanche me lo ricordo di averci scopato. Ero ubriaco, incazzato e.."
"Non fa niente Parker, non mi hai ferito, tra di noi non c'è niente."
Questa fu un'ultima pugnalata al cuore.
"Già, ciao Rattatà." così dicendo se ne andò.
"No Parker, aspetta!" strillò lei.
Ma non fu sufficiente, Parker andò via comunque.
"Cazzo. Fanculo."  
"Alex!" urlò Jamie dall'altra parte della strada.
Alex fece un sorriso e la raggiunse dandole un bacio a stampo.
Senza accorgersi che dal lato opposto, Parker le guardava.
I suoi amici gli parlavano, ma lui non gli dava retta, continuava a guardare Alex e a pensare quanto avesse rovinato tutto.
Poi vide Matilde seduta sulle scale e le corse incontro.
"Maty!"
"Ciao Parker."
"C'è qualcosa che posso fare per riaverla?" disse indicando Alex.
"Non lo so, è passata dall'altra parte ora." fece lei guardandola.
"Maty, per favore."
"Parker, lei ti ama ancora, ma piano piano si sta innamorando di Jamie. Non importa quanto possa dirti che non l'hai ferita, lo hai fatto... quindi perché dovrei aiutarti dopo quello che hai fatto?"
"Perché come hai detto tu lei mi ama..." fece una breve pausa: "E anche io la amo."
"Non ti chiedo il perché tu lo abbia fatto, tanto so già la risposta. Comportati da amico, non fare il geloso e stalle vicino. Se ti ama davvero tornerà da te e magari potrete davvero vivere il vostro folle e strano amore."
"Vabene, non sarà facile, ma lo farò. Le dimostrerò che non sono più quello di una volta."
"Ah e un'altra cosa.. Non scoparti più le troiette."
"A quello ci arrivavo anche da solo."
Matilde rise: "Ciao Parker!"

"Dobbiamo proprio studiare?!" fece Alex.
"Sono qui per aiutarti per l'esame di chimica." rispose Jamie.
"Ma io voglio baciarti tutta."
"Alexia.."
Alex prese a baciarle il collo.
"Dai Jamie.."
"Fanculo all'esame."
La prese per i fianchi facendola alzare e la gettò sul letto.
Alexia rise mentre Jamie le si buttò addosso.
Jamie le baciò il collo e Alex le toccò il seno, così la prima si fermò.
"Cosa stai facendo?"
"Voglio farlo con te."
"Sei sicura?!" 
"Sì!"
Jamie le toccò il seno, accarezzandole i fianchi.
Poi con la lingua solleticò il capezzolo, e cominciò a scendere sempre più giù.
Prese poi a leccarla nell'intimità mentre Alex intrecciò le dita nei suoi capelli.
Gemendo una volta, poi ancora e poi di nuovo.
Iniziò a sudare. Il suo corpo chiedeva sempre di più, non aveva mai provato nulla di così bello prima. Il calore delle labbra e della lingua di Jamie la stavano facendo impazzire, non riusciva a trattenersi, urlava per quanto piacere provasse.
Andarono avanti così per circa quindici minuti finché Jamie non si staccò.
"Perché sto tremando tutta?"
"Perché sei venuta." Disse Jamie sdraiandosi accanto a lei.
Alex poggiò la testa sul suo petto e disse: "Tocca a me?"
"Non ora." rispose lei: "Sennò non studieremo mai."
"Meglio!" fece Alex tirando su la testa.
"Sei tremenda."
Alex le schioccò un bacio sulle labbra e poi fece la stessa cosa che poco prima aveva fatto Jamie. 

Jamie dormiva accanto a lei, Alex la guardava sorridendo come una stupida.
Era girata sul fianco sinistro e con la mano destra le accarezzava i capelli.
Le efelidi che aveva sul volto la rendevano ancora più bella, l'aveva vista anche col trucco ma la preferiva senza.
Una ciocca di capelli le ricadeva sul viso, e pensò a quanto fosse ancora più bella ora che era tornata al suo colore rosso naturale.
Poi i suoi occhi blu si aprirono assieme al suo sorriso: "Smettila di fissarmi."
Alex, che già stava sorridendo, disse: "Come faccio a non farlo? Sei così bella."
"Finiscila!" disse Jamie arrossendo e sbattendole il cuscino in faccia.
"Lo sei!" fece di nuovo ridendo.
"Cazzo, sono le sette! Devo andare a casa." esclamò Jamie infilandosi i vestiti.
Poi le schioccò un bacio sulle labbra: "A domani."
"A domani." rispose Alex.
Si rigettò sul letto sorridente e sentì bussare alla porta.
Andò ad aprire, ma il suo sorriso scomparve quando vide chi c'era alla porta.
"Parker..."
"Mi manchi."
"Oh che diavolo, siamo ancora amici." disse girandosi.
"Senti, lo so che ti ho ferita, ma..."
"Non mi hai ferita tra me e te non c'era nulla."
Parker la afferrò dalle spalle, sbattendola al muro: "No, non è vero!" urlò.
Alex lo guardava con gli occhi spalancati.
Lui le lasciò le spalle e proseguì: "Ti ho ferita, e lo so, anche se tu continui a dirmi che non è vero, so di averlo fatto. Posso vedere le lacrime che vorrebbero evadere dai tuoi occhi in questo momento. Se non fossi stato stupido e ubriaco non lo avrei mai fatto, Alex, non ti avrei mai e poi mai fatto del male intenzionalmente, io ci tengo davvero a te, ci tengo moltissimo te lo giuro e non è mai stato così con nessuna. Di solito me le scopavo nella loro cameretta per poi scappare nonappena si addormentavano, ma con te è diverso perché tu sei diversa. Lo sei per me. E non ti dico di non aver sognato di fare l'amore con te perché, cazzo, sarebbe una fottuta bugia. Ma non ti ho voluta per quello e non ti voglio per quello.
Ti voglio per i tuoi occhi, per il tuo sorriso, per le tue labbra, per la mia pelle che quando è a contatto con la tua diventa elettrica, per il tuo odore e per mille altre cose ancora... e so che anche tu lo vuoi."
"Parker.." Disse Alex stando attenta a non far uscire le lacrime fuori dai suoi occhi: "Apprezzo molto che ti sia aperto così, apprezzo che mi abbia detto la verità. Ma io e te non siamo destinati a stare insieme. E poi... sto con Jamie adesso e lei è fantastica, mi fa sentire l'unica al mondo."
"D'accordo, io ci ho provato, ciao."
Nonappena fu uscito dalla stanza Alexia scoppiò in lacrime, attirando le attenzioni del fratello che entrò per la prima volta senza bussare.
"Hey, hey! Che cosa succede, piccola peste?"
"Nick!" strillò lei accovacciandosi sul suo petto: "Mi ha detto tutto, Parker mi ha detto tutto quello che provava, ma io non posso stare con lui, io sto con Jamie e voglio stare con Jamie!"
"Passerà tutto, piccolina. Ti prometto che passerà."
Le accarezzò i capelli e la strinse.
"Dice che tiene a me, ma poi si è scopato Jaqueline, non è vero che vuole stare con me, non se la sarebbe portata a letto altrimenti. Ed io lo odio, lo odio così tanto.!"
"Lo so, tesoro." 

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Capitolo 13
*** Il risveglio ***


Alexia si risvegliò nella stanza di quel grigio ospedale. Il principale a S. Francisco.
"Mamma, ma dove sono?" chiese.
Jessica aprì gli occhi: "Tesoro, grazie a Dio sei sveglia."
"Ma che ci faccio qui?"
"Non ti ricordi niente?"
Alex la guardò perplessa: "Direi di no."
"Vado a chiamare il medico."
Dopo pochi minuti il dottore entrò nella stanza.
"Alexia, come ti senti? Io sono il dottor Smith, ti ho seguita per i tuoi 15 giorni in stato di coma."
"Quindici giorni in coma?" Fece Alex spalancando gli occhi.
"Allora non lo ricordi, come mi diceva tua madre." Poi il medico si girò verso Jessica: "A volte è normale, lo stato di shock e i sedativi fanno in modo che il paziente non ricordi il motivo per cui non si trova qui."
"Volete dirmi che cazzo succede?" Fece Alex spazientita.
"Alexia!" la riprese sua madre.
"Stia tranquilla, Jessica. Alexia, sei stata investita, la tua ragazza ti ha trovata, ha chiamato i soccorsi e ti hanno portata qui. Quel giorno avevi consumato parecchio alchool, quando ricorderai ci farebbe piacere ci dicessi dove lo hai preso visto che è illegale vendere alcolici a un minore di 21 anni nel nostro stato."
"Perché ho bevuto, mamma? Non ho mai avuto problemi di alchool."
"Tesoro, quel giorno è venuto Parker, poi tu sei uscita senza neanche avvisare e Jamie ti ha incontrata, ha cercato di toglierti dala strada ma tu eri lì che urlavi. Lei ti ha afferrata per un braccio, ma quando ha mollato la presa tu sei ricorsa in strada e una macchina ti ha investita. Allora lei ha chiamato l'ambulanza e ha rilasciato questa dichiarazione che poi è anche ciò che ha raccontato a me. Dagli esami risulta un litro di vodka nel tuo sangue. Non so quanto tu abbia bevuto, Alex."
"E Jamie? Lei dov'è?" 
Dov'è stata negli ultimi quindici giorni, qui fuori che aspetta."
"Fatela entrare. Per favore, lasciatemi sola con lei."
Jessica annuì e andò a chiamarla.
Jamie entrò nella stanza.
"Ciao." disse Alex, sorridendo.
Jamie ricambiò: "Stai bene?"
"Sì dai. Almeno sono viva." rise.
Ma Jamie no, lei non rise. Strinse i pugni e i suoi occhi si gonfiarono di lacrime: "Cazzo.." disse alzando gli occhi al cielo, girandosi per non far notare le lacrime.
"Ehi, cos'hai?"
"Ho avuto paura di perderti, cazzo!" urlò voltandosi verso di lei: "Ma che cazzo ti ha detto il cervello? Perché cazzo hai bevuto così? E perché mi dicevi di lasciarti, che volevi morire, che la tua vita è una merda? Porca puttana Alex, mi hai fatto morire di paura! Per il tuo cazzo di alcolismo!"
"Mi, mi dispiace..." disse con voce spezzata, non l'aveva mai vista così.
"Dio... non farmi mai più una cosa del genere." sussurrò Jamie, coprendosi gli occhi con le mani.
"Non sono un'alcolizzata."
"Alex, Matilde mi ha detto che non è la prima volta, hai bevuto spesso fino a perdere i sensi. Tu non sai controllarti, non sai quando ti devi fermare. Non devi più bere, ho sentito tua madre che diceva che se fosse successo di nuovo, ti avrebbe mandata in un centro di riabilitazione." Si sedette sul letto afferrandole una mano e aggiunse: "Ti prego, non bere più."
Alexia la guardò: "D'accordo." disse con le lacrime agli occhi.
Jamie la abbracciò. 
Piangendo, Alex le disse: "Mi dispiace, davvero!"
"Va tutto bene, ci sono io qui con te." disse Jamie accarezzandole la testa.
Poi si salutarono e Alex rimase da sola. L'orario per le visite era terminato.
Lo sapeva che c'era ancora del sentimento per Parker, ma quello che provava per Jamie cresceva di giorno in giorno.
Forse si stava innamorando, e ne era anche felice. Perché Parker non le aveva mai fatto così del bene come Jamie, lei non si era scopata la sua migliore amica solo perché era incazzata, le era stata vicina, l'aveva perdonata, le aveva giurato che l'avrebbe aiutata ad essere una persona migliore, e Alex sapeva che era vero.
E poi, in tutto questo, Parker dov'era? Perché sicuramente lo sapeva anche lui dell'accaduto, tutti i suoi compagni di scuola le avevano scritto dei messaggi sui social, o comunque portato qualcosa nonappena seppero dell'accaduto. Parker non fece niente, nessun messaggio, nessun regalo, nessuna chiamata.
Era semplicemente sparito nel nulla, forse proprio mentre Alex stava lì a pensarlo, lui si stava scopando qualche stupida troietta nella sua camera da letto.
"Ma vaffanculo, ho già perso troppo tempo dietro a quel coglione."
La mattina seguente, Alex fu svegliata da un'infermiera.
"Buongiorno Alexia. Come ti senti stamane?"
"Come una che ha passato due settimane in coma."
L'infermiera rise: "Io mi chiamo Evelyn, dobbiamo fare dei test. Urine e sangue, dobbiamo assicurarci che sia tutto tornato alla normalità. Domattina arriveranno i risultati e, se è tutto in ordine, potrai essere dimessa."
"Se non fossi sedata, ballerei il tango con lei doc."
"Farò finta che tu lo abbia fatto, ragazza!" disse Evelyn ridendo.
Evelyn afferrò in braccio di Alex e lo mise sopra le sue spalle, aiutandola ad alzarsi.
La accompagnò al bagno e le diede il bicchiere dove avrebbe dovuto urinare. Alexia chiuse la porta e fece la pipì nel contenitore. Uscì dal bagno ed, insieme, si diressero nella stanza dove venivano fatti i prelievi.
"Ciao Alex." esclamò il dottore.
"Oh, salve dottor Smith."
Evelyn la fece accomodare sul lettino e poi si congedò.
"Facciamo questo prelievo, speriamo che sia tornato tutto alla normalità."
"Può usare la farfallina al posto dell siringa?" chiese Alex terrorizzata.
"La farfallina? A 17 anni??" fece il medico ridendo.
"Ho paura."
"D'accordo." rispose Smith.

Alex guardava lo schermo del suo telefono, rispondendo ai messaggi di Matilde.
Bussarono alla porta e senza alzare gli occhi dal telefono, Alexia disse: "Vieni mamma."
"Ciao piccola peste." 
"Nick!" urlò lei alzandosi dal letto.
I suoi occhi si illuminarono e, con tutta la forza che aveva, si gettò sul fratello.
"Ciao piccola!" esclamò Nicholas prendendola in braccio: "Ho avuto paura, così tanta paura, cazzo. La mia vita senza te mi faceva paura!"
"Scusami."
"Non farlo mai più."
"No, te lo prometto." disse Alex.
Nick la mise giù.
"Ascolta, piccola peste devo dirti una cosa."
"Dimmi."
"So che è successo tutto per Parker, so che probabilmente stai ancora male." andò a sedersi sulla sedia, mentre Alex si sedette sul letto di fronte a lui.
Prima di proseguire, Nick esitò, ma poi si decise a continuare: "L'altra sera, è venuto a casa. Ha detto di chiederti scusa, ha detto che non avrebbe voluto e che se... se tu... se tu fossi morta, lui non se lo sarebbe mai perdonato, quindi mi ha detto di dirti che rispetterà la tua decisione e rimarrà solo tuo amico."
"Nella mia vita c'è Jamie ora. Solo lei."
"Sei sicura?"
"Mi sto innamorando, Nick." fece sorridendo: "Quando la vedo il mio cuore batte forte, quando mi abbraccia mi tremano le ginocchia, quando mi bacia sento il big bang nello stomaco. Vorrei stare sempre con lei, stringerla, baciarla, tenerla con me."
"Sì, ti stai innamorando."
"Sì, lo so!" esclamò Alex in un gran sorriso.

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Capitolo 14
*** Puoi amare due persone contemporaneamente? ***


Tornare a scuola per Alexia fu un trauma.
Tutti i professori e i compagni di scuola la guardavano come fosse malata, Jamie le strinse la mano per darle forza.
Alex la guardò e la sua ragazza le sorrise, quindi lei ricambiò.
Parker la osservava da lontano, e lei se ne accorse seppure fece finta di niente.
"Alex, tesoro" fece Jamie: "Devo andare in classe, so che tu hai la prima ora buca oggi, ma io no."
"Vabene, ci vediamo all'uscita?"
"Certo." disse Jamie dandole un bacio.
Quando se ne fu andata, Alexia si sedette sulle scale e venne raggiunta da Parker.
"Come stai, Rattatà?" 
"Bene." rispose Alex impassibile.
"Mi dispiace, è stata colpa mia, non avrei dovuto.."
"Finiscila!" lo interruppe e alzò gli occhi per guardarlo: "Non mi hai mica puntato una pistola alla testa e costretta a bere, sono io stupida. La cosa non accadrà più, c'è Jamie nella mia vita, sto bene con lei e non ho intenzione di mandare tutto a puttane."
"Non te lo chiederei."
Alexia rise sarcastica: "L'altra volta lo hai fatto."
"Sì, ma adesso è diverso. Non sapevo quanto ti stessi mandando in crisi l'altro giorno, ora sì. Ho avuto paura, paura che tu.." esitò: "che morissi." 
Il senso di colpa si impadronì degli occhi di Parker. Non poteva dirle quanta paura aveva avuto, non poteva neanche prenderla e stringerla fra le sue braccia, non poteva baciarla, accarezzarla, avvicinarsi per sentire il suo odore, quell'odore che gli mancava maledettamente. Aveva provato a scopare con altre ragazze, ma non c'era riuscito, non c'era riuscito perché non erano Alexia. Non riusciva neanche a provarci con una che non fosse lei, perché quando si avvicinava per provarci gli venivano in mente i suoi occhi, i suoi occhi quando avevano ballato insieme sulla base di "Fix you", i suoi occhi stanchi e tristi quando l'aveva vista piangere per Nick, i suoi occhi che si illuminavano quando la faceva ridere e i suoi occhi.. spenti, delusi, feriti di quando lo aveva trovato a letto con Jaqueline.
Una volta Alexia si illuminava in viso quando vedeva Parker, ora lo guardava come se non significasse più nulla, lo sguardo che aveva per lui una volta, ora lo riservava per Jamie e a Parker questo faceva male, anche se sapeva di meritarselo.
"Non sarebbe comunque stata colpa tua, ho dato troppo peso a una conversazione che non ne aveva." fece Alex.
"Già, quindi è stata insignificante, eh?"
"Parker, non ho detto questo.."
"Invece sì." disse ferito: "Ma sai che ti dico? Hai ragione, non contava niente, quindi fingi che non sia mai avvenuta, ok?"
"Okay."
"Amici?" chiese Parker porgendole la mano.
Alex annuì e poi, stringendogli la mano, disse: "Amici."
"Ciao Rattatà."
Alex sorrise e quando fu abbastanza lontano, sussurrò: "Ciao Snorlax."
Nel suo stomaco si era formato un nodo, la tristezza si era impadronita di lei.
Si possono amare due persone contemporaneamente? Alexia era abbastanza sicura di amare Jamie, quanto di amare anche Parker.
Quando passava un periodo di tempo senza vederlo, non ne sentiva la mancanza, almeno non eccessivamente, sentiva comunque di aver voltato pagine, di avere solo Jamie nel suo cuore. Ma quando poi lo rivedeva, per motivi che neanche lei sapeva spiegare, era come se tutto quello che avessero passato le crollasse addosso di nuovo. E se da una parte sapeva di amare Jamie, l'altra parte sentiva la necessità di avere Parker accanto.
Quindi, da non aver mai provato amore in vita sua, o per lo meno il brivido di avere una cotta seria, ora si trovava a fare i conti con il suo cuore diviso a metà.
"Ma che cazzo, Alex." disse una voce alle sue spalle: "Sono le 9:30, sei in ritardo di mezz'ora."
"Oddio Maty, andiamo."
Arrivarono in classe e Matilde, dopo essersi seduta, disse: "Prof, la scusi. Non sta ancora molto bene, era fuori perché aveva bisogno di aria."
Alexia, che invece era rimasta in piedi, annuì: "Sì, mi scusi."
"Tranquilla Thompson, va' a sederti."
"Ora mi spieghi a che cazzo stavi pensando?" chiese Matilde sotto voce.
"Si possono amare due persone?" 
"Eh? Che razza di domanda è?"
"Sono abbastanza sicura di amare Jamie, quanto lo sono di amare Parker. Ma non so, si possono davvero amare due persone?"
"Io credo di sì, ma credo anche che una la ami sempre di più."
"Io non penso di amare di più uno dei due, mi sa che li amo uguali."
"Allora non li ami."
"Invece sì. Dio, quanto odio Parker! Sto così bene con Jamie quando non lo vedo, perché cazzo mi deve rovinare così?!" fece Alex disperata.
Matilde l'avvinghiò con il braccio e appoggiò la testa sulla sua spalla: "Io sono qui, tesoro."
"Lo so Maty, e per fortuna aggiungerei!"

Matilde la accompagnò a casa e si fermò a pranzare lì.
Nicholas scese le scale e lei arrossì: "Piccola peste, ciao!" fece mettendo una mano in testa alla sorella.
"Ciao Nick!" disse Matilde.
"Ops, scusami non ti avevo vista."
Perché diavolo si sentiva così? Lei stava con Jackson, ma da un po' di tempo a questa parte quando vedeva Nicholas si sentiva avvampare, le ginocchia tremanti, le farfalle nello stomaco.
No, doveva capire perché. Amava Jackson. 
Certo, lo amava di più prima che la cornificasse con sua cugina, prima che si lasciassero e rimettessero assieme per 3 volte.
Ora quando lo guardava, i suoi occhi erano diversi, ma lui era più innamorato che mai.
Matilde avrebbe giurato di amarlo ma era possibile che non fosse più così? Perché Nick ora le faceva quell'effetto?
"Oh! Matilde!" strillò Alex.
"Dimmi!" strillò lei, dopo essersi ripresa.
"Ti ho chiesto se ti va bene la pizza surgelata."
"Ah, sì."
Alex guardò Nick perplessa e lui scrollò le spalle ridendo e allargando le braccia.
"Io vado, ho delle cose da fare. Ricordati che oggi Kira la devi portare fuori tu, ci vediamo stasera, ciao piccola peste." Poi guardò Matilde: "Ciao."
"Ciao." rispose lei.
Alexia si mise a fissarla.
Dopo un po' Maty se ne accorse e la guardò: "Che c'è?!"
"Ti piace mio fratello?!"
Matilde arrossì: "Ma cosa dici, certo che no.."
"Oh mio Dio! Hai una crush per Nicholas?" urlò Alex.
"Non gridare!"
"Tralasciando che tu stia ancora con Jackson, non so esattamente come prenderla. Insomma diventeresti mia cognata, ma immagina l'imbarazzo se poi vi doveste lasciare."
"Tanto non succederà niente. Tuo fratello ha 21 anni, non credo vada a perdere tempo dietro a una che ne ha 17."
Alexia annuì, forse, sollevata.

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Capitolo 15
*** Mi ami? ***


Jamie fissava lo schermo del suo computer sovrappensiero.
Alex aveva detto che l’avrebbe chiamata ma erano le dieci di sera e non lo aveva ancora fatto. 
Prese il suo smartphone in mano e sussurrò: “Andiamo, perché non squilli?”
Dopo qualche minuto decise di cercare il suo nome in rubrica e, dopo essere rimasta a guardarlo per qualche istante, decise di chiamarla.
Era incerta, non era la prima volta che Alexia si era dimenticata di chiamarla e iniziò a pensare che a lei di Jamie non importava nulla.
“Pronto? Stavo finendo la ricerca di chimica, ti avrei chiamata dopo.” Rispose Alex.
“Ah, scusami. Pensavo ti fossi dimenticata.”
“Di te? Certo che no! Ma che ore sono?” 
“Le dieci e un quarto.”
“Oddio, scusami… ti giuro che non avevo visto l’orario!” disse Alexia mortificata.
“Non preoccuparti, ti ho chiamata io alla fine!” rise Jamie: “Come stai? Oggi a stento ci siamo salutate.”
“Sì, è stata una giornata piena, non ho avuto il tempo neanche di respirare. Ho avuto tre verifiche, ho passato anche la ricreazione a studiare, mi dispiace non averti vista.”
“Ma non c’eri in mensa? Non ti ho vista.” Disse Jamie gettandosi sul letto.
“No, infatti.” Alex si sedette ai piedi del letto e Kira appoggiò la testa sulle sue gambe: “Sono uscita prima, avevo una visita dentistica da fare.”
“Perché non me ne hai parlato?”
“Mi sarà passato di mente.”
“Capisco.” Fece Jamie fredda.
“Te la sei presa per caso?”
“Dovrei?” chiese poi.
“Sembra che sia così.” Alex tornò alla scrivania: “Guarda che non l’ho mica fatto apposta, te la stai prendendo per una stupida visita!”
“Non è per la visita. Mi tratti come se fossi una tua amica, ma io sono la tua ragazza.”
“Ma che cosa dici?” chiese Alexia perplessa.
“Forse oggi non te ne sei dimenticata, ma spesso succede che non mi chiami perché hai altre cose per la testa e ti scordi di chiamarmi, a scuola mi baci solo se c’è poca gente ed esclusivamente a stampo, come se ti vergognassi. Non mi dici quando esci prima perché hai qualche impegno e io ti cerco in mensa perché non ti trovo. Poi chiedo a Matilde dove tu sia e lei sa sempre tutto.”
“Okay, senti… ti prometto che cercherò di coinvolgerti di più, va bene?”
“Tu mi ami?” chiese Jamie tutto d’un fiato.
“Certo che sì!” esclamò Alexia.
“Bene, perché anche io ti amo.”
“Ottimo allora. Ora devo andare, ci vediamo domani, ok?”
“Va bene, buonanotte Alex.”
“Buonanotte.” Alexia riattaccò.
Appoggiò il telefono e si passò una mano sul viso.
Le parole di Jamie rimbombavano nella sua testa.
“Tu mi ami?”
Si mise una mano sotto il mento e guardò fuori dalla finestra.
Non riusciva a capirsi neanche lei. Un giorno credeva di amarla, il giorno seguente era più confusa che mai.
“Ma che cos’è l’amore?” sussurrò.
Dopo qualche istante, si alzò, abbassò le tapparelle e si infilò nel letto.
“Buonanotte, papà.” Disse guardando l’immagine del padre che era sul suo comodino.
Poi, dopo qualche ora, si addromentò.

"Alexia! Cosa fai ancora a letto?!" strillò Jessica.
"Mamma non gridare!" 
"Alzati immediatamente, ti aspetto fuori tra 15 minuti."
Alex guardò l'orologio, erano le 8... era in ritardo.
"Cazzo, tra mezz'ora inizia la lezione."
Dopo 10 minuti entrò in macchina e si truccò durante il tragitto.
Arrivata a scuola salutò sua madre e vide che mancavano 10 minuti quindi estrasse una sigaretta dal pacchetto e se la mise in bocca.
Qualcuno gliela tolse, lei si girò e vide Jamie, quindi si diedero un bacio.
"Scusa se ieri ho sbroccato." disse Jamie.
"Ma no, figurati, starò più attenta."
"Ciao!" esclamò Stacey.
"Ciao." dissero Jamie ed Alex insieme.
"Jamie, puoi aiutarmi in algebra prima che la lezione cominci?" chiese.
"D'accordo." disse Jamie.
Poi si girò verso Alex: "Ci vediamo dopo?"
"Certo." disse Alexia annuendo.
Nonappena Jamie fu andata via, Alexia fu raggiunta da qualcun altro.
"Rattatà."
Alexia rise: "Mi spiavi dai cespugli in attesa che Jamie andasse via?"
"Può darsi."
Alex sorrise.
"Come stai? Non ci parliamo quasi più." disse dispiaciuto.
"Sto bene, Parker."
La campanella suonò prima che Parker potesse dire qualcos altro, quindi Alex lo salutò.
Si sedette al banco da sola, ma venne raggiunta da Matilde.
"Ciao."
"Hey Maty."
"Scusa se te lo dico amica, ma hai un aspetto orribile." fece Matilde.
"ieri sera ho avuto una discussione con Jamie, avrò dormito in tutto 4 ore."
"Avete litigato? Perché?" 
"Boh, dice che la tratto come se fosse una semplice amica."
"Non ha tutti i torti, qualche volta lo fai." ammise Matilde.
"Maty, non ho mai avuto una relazione prima d'ora, le ho promesso che presterò più attenzione, non saprei che altro fare."
Matilde annuì e la prof entrò in classe.

Parker era in fila e notò Alexia e Matilde sedute al tavolo con Jamie.
"Rj? Ci sediamo con loro?" chiese.
"Ok!" rispose l'amico.
Appoggiò il vassoio di fronte ad Alex che accanto aveva Jamie.
"Ciao." dissero lui e Rj.
Le ragazze risposero in coro salutandoli a loro volta.
"Come state?" chiese Parker.
Tutte risposero tranne Alex, allora lui chiese: "Rattatà, tu come stai?"
Lei sorrise: "Snorlax, me lo hai già chiesto prima."
"Ah, sì. Hai ragione."
"Memoria a breve termine?" chiese lei ridendo.
"Su certe cose.." poi si fece serio: "Ma su altro ricordo tutto."
"Parker.." disse Matilde indicando, senza farsi notare, Jamie.
"No, fallo finire." fece Jamie: "Tanto stavo per andarmene."
Tutti avevano capito a cosa si riferisse Parker, tutti sapevano che stava parlando dei momenti passati tra loro.
"Ma che cazzo, Parker." fece Alex che poi si alzò per seguire Jamie.
Parker si alzò a sua volta, però venne ripreso da Matilde: "Sta' qui, hai già fatto troppi danni."

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Capitolo 16
*** Lo sfogo di Alexia ***


"Parker sta' zitto, non voglio più ascoltarti." fece Alex.
"Senti mi dispiace, ma non l'ho fatto di proposito!"
"Non me ne frega niente, devi smetterla di incartarmi con i tuoi cazzo di problemi. Tu non riesci ad essermi amico."
"Ma mi hai detto di aver chiarito con Jamie, giusto?" chiese Parker: "Io non voglio che tu stia male, ci sto provando a esserti amico, cazzo, ma è troppo difficile!"
"Lo so, a te interessa scoparmi, ma non ci riuscirai." così dicendo, Alexia, si girò di spalle ma Parker l'afferrò per un braccio.
"Davvero?! Dopo tutto quello che è successo tu pensi che io voglia solo scopare?" 
Alex fece spallucce: "Sì, non so cos'altro vorrebbe fare qualcuno come te."
"Se così fosse me ne sarei già scopato altre."
"L'hai già fatto. O ti sei dimenticato di te e Jacqueline nudi nel mio letto?"Lo guardò incazzata: "Cazzo, potevate almeno andare a casa tua, non nel mio cazzo di letto al mio compleanno. Ho lavato quelle lenzuola per tre volte e poi le ho perfino bruciate!" 
"Rattatà, quello è stato uno sbaglio." si scusò Parker abbassando gli occhi.
Lei lo guardò furiosa e disgustata: "Non chiamarmi Rattatà, cazzo."
"D'accordo." Fece Parker: "Alexia, è stato un incidente!"
"Davvero? Quindi, per sbaglio voi siete finiti in camera mia, uno di fronte all'altra, dopodichè tu sei inciampato e il tuo pene è scivolato accidentalmente nella sua vagina."
"Alex io non.." 
"No, non può essere." lo interruppe Alex: "Perché eravate entrambi nudi, e tu avevi anche un preservativo addosso."
"Ero ubriaco."
"Sì, anche io." Si mise a pochi millimetri dalla sua faccia con un'espressione schifata: "Ma non mi sono scopata un altro. Quindi assumiti le responsabilità delle tue azioni, e smettila di dire che è stato soltanto un incidente, perché queste cose non avvengono per sbaglio. E finiscila di immischiarti negli affari miei, quello che succede con la mia ragazza o nella mia famiglia non sono cose che ti riguardano."
Parker abbassò di nuovo lo sguardo senza dire nulla.
Alexia si allontanò da lui e disse: "E adesso esci da casa mia."
Senza dire una parola, Parker si avviò alla porta.
Si voltò e disse: "Scusami." senza però suscitare reazioni da parte di Alex.
Era frustrante, ora aveva avuto la conferma di essere stato lui a rovinare tutto quello che insieme stavano costruendo.
Era abbattuto, il suo umore era per terra e la vergogna gli aveva fatto venire il mal di stomaco.
Arrivò a casa e si distese nel letto a guardare il soffitto e pensare, per fortuna Miriam stava già dormendo, così almeno non avrebbe litigato anche con lei.
"Sono un coglione, cazzo."
Si passò le mani sul volto e rimase con la testa fra le mani per qualche minuto a pensare al tutto.
"Oh, fanculo!" esclamò alzandosi per uscire in balcone a fumare.
 
 
Jamie e Alex quella sera continuavano a fissarsi e a ridere, ma nessuna delle due diceva una parola.
Di tanto in tanto di scambiavano dei bacini sulle labbra e sul naso.
Poi Alexia ruppe il silenzio: "Sono felice di stare con te, sei la persona migliore che potesse capitarmi ora."
"Tu sei una brava ragazza, Alex." disse Jamie: "Hai un cuore d'oro e grande, e ti meriti tutto il bene che il mondo può darti."
Alex sorrise di nuovo, e la baciò.
"Piano!" strillò Jamie: "Mi stai soffocando!"
Risero all'unisono, poi Alexia si tirò su.
"Ok." disse: "Che film guardiamo?"
"Oh, che bello, finalmente scelgo io!" esclamò Jamie alzandosi.
"Sai già quale genere non devi scegliere!" disse Alex.
Poi si girò con il DVD de "L'esorcismo di Emily Rose" in mano, sorridente.
"NO! Horror no!" urlò Alex.
Jamie rise: "Dai per una volta."
"Fanculo, io non ci dormo la notte."
Jamie si mise in ginocchio sul letto e cercò di afferrare Alex dai fianchi senza ottenere grandi risultati: "Dai ma sei una cagasotto!" esclamò ridendo.
"No, Jamie, dai. Poi devo tornare io a casa da sola."
"Ti accompagno io a casa e vengo a trovarti domattina con la tua macchina, poi mi accompagnerai tu domani sera." la guardò implorandola con gli occhi.
Alex la guardò rassegnata: "D'accordo."
Jamie sorrise ed esclamò: "Sì!" poi la baciò: "Ti amo!"
"In questo momento io non molto!" fece Alex ridendo.
Guardarono il film e ad ogni scena spaventosa Alex urlava, stringendosi a Jamie che a sua volta l'abbracciava ridendo.
"Per favore, facciamo una pausa, andiamo a fumare." disse Alex.
Jamie annuì e, insieme, uscirono a fumare.
"Questo film mi sta letteralmente terrorizzando!"
"Alex, hai paura anche di Scary Movie!" disse Jamie.
"In certe scene, non sempre."
Jamie scoppiò a ridere: "Sei più unica che rara!"
Finirono di fumare e ripresero a guardare il film.
 
 
SPAZIO AUTRICE: chiedo scusa per l'attesa e se i capitoli sono un po' brevi, il fatto è che avendo il portatile fuori uso sto riscrivendo tutto sul fisso, quindi mi ci serve del tempo.
Un bacione a tutti.

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Capitolo 17
*** Fra odio e amore. ***


Bussarono alla porta, Alex andò ad aprire.
"Ciao."
"Ancora tu? Ma cosa diavolo vuoi?" fece Alex.
"Scusarmi." disse Parker.
"Lo hai già fatto." Alexia fece per chiudere la porta, ma con la mano lui la bloccò.
"Alexia, per favore. Ascoltami, questa volta è diverso. Puoi ascoltare senza interrompere?" 
I suoi occhi dispiaciuti convinsero Alex che lo lasciò entrare e si sedette sul letto.
"Questa volta ho capito, non darò colpa all'alcol, non darò colpe a nessuno se non a me stesso."
"Parla." disse Alex a braccia incrociate.
"Mi dispiace di essere stato così stupido da pensare che tu non provassi ciò che provavo io solo perché hai abbracciato un altro, mi dispiace di essermi scopato un'altra nella foga del momento, pur sapendo che così ti avrei ferito, mi dispiace di averlo fatto in camera tua e di aver rovinato il giorno del tuo compleanno."
Le lacrime iniziarono a scendere sulle guance di Alex, Parker se ne accorse e poggiò le mani sul suo viso asciugandole coi pollici.
Poi continuò: "Mi dispiace averti fatto credere che potessi fidarti di me, per poi dimostrarti il contrario, mi dispiace non esserci stato per te anche se ne avevi bisogno, mi dispiace aver tradito la tua fiducia, mi dispiace se ti ho fatto litigare con Jamie, mi dispiace non riuscire a esserti amico, mi dispiace che tu sia finita all'ospedale per colpa mia, mi dispiace averti fatta piangere per il mio egoismo. Mi dispiace se ti ho distrutta, devastata, uccisa."
"Grazie." disse lei, per la prima volta capì che Parker aveva sul serio capito tutto.
Spostò le sue mani, che poi lui appoggiò sulle sue gambe.
Lei si voltò per prendere un fazzoletto.
Ma lui continuò:"Però, non mi dispiace averti incontrata."
"Parker..." mormorò lei.
"Non mi dispiace averti amata, amarti ancora."
Fu più forte di lei, lo abbracciò.
E la loro pelle a contatto scatenò in entrambi un brivido.
Avevano ancora lo stesso odore che loro ricordavano.
"I tuoi capelli sanno ancora di buono." disse lui con la voce spezzata.
Lei fece per allontanarsi ma lui la strinse.
"Per favore, resta ancora stretta a me per un po', non sono pronto per lasciarti andare da questo ultimo abbraccio."
Lui stava piangendo, si capiva dal suo tono di voce.
Anche Alex piangeva, perché nonostante quell'abbraccio sapesse di buono, sapeva anche di addio.
Addio al loro amore che non era sbocciato, che era morto prematuro, che non avevano mai vissuto fino in fondo.
Ma ci  sarebbero riusciti mai a dirsi davvero addio?
Si staccarono, lui le appoggiò una mano sulla guancia e le disse: "Tu sei la cosa migliore che mi sia capitata nella vita."
Le diede un bacio sulla fronte, la guardò e andò via.
Lei rimase seduta sul letto a guardare la porta che si era chiusa dietro Parker. 
La porta si aprì di nuovo poco dopo, era Jamie.
"Ciao." disse Alex stranita.
"Lo ami ancora?" fece Jamie con gli occhi rossi.
"No, io..." 
Jamie la interruppe: "Lo ami, Alex. Smettila per favore. Ho sentito tutto, e ho anche visto."
Alex sentì le sue guance bagnarsi: "Jamie ti prego..."
"Cazzo, non pregarmi, Alex. Chiarisciti le idee, fino ad allora io non voglio saperne nulla"
"Non andartene!" urlò Alex.
Jamie, che era voltata verso la porta, non si girò perché non voleva che Alexia vedesse le sue lacrime, lei le aveva dato tutto e Alex in cambio l'aveva distrutta.
"Io me ne vado, capisci a chi vuoi dare il tuo amore perché così non può andare avanti."
Se ne andò, lasciando Alexia in piedi e il cuore spezzato... di nuovo.
Il suo cuore era un mix di emozioni, non sapeva cosa provasse, rabbia, delusione, e altro che però non riusciva a capire.
Prese a urlare e a lanciare per aria tutto ciò che si trovava davanti, Nick la sentì e irruppe in camera sua, seguito da Jessica.
"Oh!" urlò Nicholas.
"Lasciami in pace."
Prese il pc e lo lanciò contro il muro.
Jessica atterrì e si mise le mani davanti alla bocca, senza riuscire a dire una parola.
"Alex calmati!" urlò Nicholas.
"Lo odio! Schifoso maledetto!" rovesciò per terra il mobiletto su cui teneva i trucchi: "Maledico il giorno in cui è entrato nella mia vita! Mi fa schifo!"
Nicholas la prese di forza e l'abbracciò: "Calmati." sussurrò.
"No, lo odio!" Alex cominciò a piangere nelle braccia del fratello.
Si lasciarono cadere per terra, Alexia piangeva a singhiozzoni.
Jessica era ancora paralizzata, fissava il vuoto in silenzio.
Poi Alex si staccò da Nicholas: "Devo sistemare le cose con Jamie."
Nick annuì e la sorellina corse via.
Corse fino a perdere il fiato, poi arrivò davanti alla sua porta e suonò.
Quando Jamie aprì la porta fu sorpresa ma non disse una parola.
"Forse provo ancora qualcosa per Parker..." disse Alex con la voce rotta: "Ma adesso io voglio stare con te."
"Non lo so, Alex." fece Jamie.
Alexia le prese la mano: "Ti prego..."
Lei sorrise, lasciò la sua mano e le disse: "Torna a casa, domani ne parliamo meglio a scuola ok?"
Alexia annuì e andò via.
Si sedette in fondo al vialetto e tirò fuori dal suo pacchetto una sigaretta e se la infilò in bocca.
Stava facendo la cosa giusta? Con Parker non avrebbe funzionato, con Jamie invece le cose andavano bene.
Il suo cuore era in guerra, non sapeva cosa voleva, non sapeva cosa fare.
Contemporaneamente a casa di Alex il campanello aveva suonato di nuovo.
Andò ad aprire Nick.
"Ciao, Alex non c'è ma se vuoi puoi aspettarla nella sua stanza."
"Sì, beh... veramente volevo parlare con te." fece Matilde.
"Con me?"  disse Nick stranito.
"Sì." Maty manteneva gli occhi bassi.
"Ehm, ok, vieni. Andiamo in sala."
Lei lo seguì.
"Allora.:" disse dopo essersi seduto: "Dimmi."
"Vedi, da qualche tempo, provo qualcosa per te."
"Ah." disse Nick sbalordito.
"Non voglio niente da te." si affrettò a dire Maty: "Pensavo solo che tu dovessi saperlo."
"Maty, neanche tu mi sei indifferente."
"Davvero?!" fece lei alzando lo sguardo.
"Sì, però ho sempre respinto l'idea. Un po' perché tu hai 17 anni e io tra due settimane ne avrò 22 e un po' perché sei la migliore amica di mia sorella. Quindi pensavo fosse un po' strano."
"Alex lo sa." disse lei.
"Ohw, ok!" fece lui: "E quando fai 18 anni?" aggiunse ridendo.
Lei rise: "Il 14 marzo!" 
"Quindi non è poi così eccessiva la differenza di età."
"No."
"Ma tu non hai un ragazzo?!" fece poi lui.
"Avevo. Non mi ci trovavo più."
"Colpa mia?" disse lui sorridendo.
"Forse." sorridendo a sua volta. "Ma non pensavo di piacerti, insomma appena mi guardavi."
"Sinceramente pensavo fosse assurdo... Ma sei bellissima, una delle più belle ragazze che io abbia mai visto. E sei molto dolce e gentile. Ti ho vista stare vicina ad Alex sempre, in ogni occasione, non  le hai mai voltato le spalle e l'hai sempre difesa."
"Lei fa lo stesso per me." disse Matilde.
"Sì, lo so." 
Sorrisero, poi Nick le scostò una ciocca di capelli che le era caduta sul viso e lei sentì un brivido, avvampò e abbassò di nuovo lo sguardo.

Jessica e Nicholas continuavano a chiamare Alex, finché non si accorsero che aveva lasciato il cellulare a casa.
Pensarono allora di chiamare Jamie, però la ragazza rispose che Alexia se n'era andata alle 10.30, quindi non sapeva dove fosse.
Chiese anche se volevano aiuto, ma loro risposero di non preoccuparsi e che l'avrebbero trovata.
Nick e sua madre uscirono a cercarla, erano quasi le 2, ma dove poteva essere??
Decisero di dividersi, Nicholas andò da Parker.
Lui aprì la porta in pigiama: "Ma che cazzo?!"
"Mia sorella è sparita." disse soltanto.
"Mi vesto." rispose Parker.
Quando scese disse: "Forse so dove si trova."
Salirono in macchina e si diressero al parco.
Alexia stava dormendo su una panchina, Parker sapeva che l'avrebbe trovata lì, era quello il posto in cui andava quando qualcosa non andava.
Scese dalla macchina e appoggiò una mano sulla spalla di Alex.
Lei mugugnò qualcosa e si strofinò gli occhi.
Poi si tirò su e lo guardò: "Parker?! Ma dove siamo?!"
"Tieni, si gela." disse lui dandole il suo giubbotto.
"Ti sei addormentata qui, sono le 2 passate. Tuo fratello è venuto a casa mia preoccupato, vieni qui."
"Non ho bisogno del tuo giubbotto." fece lei riprendendo un po' di lucidità.
"Dai finiscila... andiamo." disse alzandosi e porgendole una mano.
Lei l'afferrò e lui se la mise sotto il braccio: "Forza, andiamo a casa."
La fece salire in macchina e si mise dietro con lei.
"Ciao piccola peste." disse Nick.
"Ciao, scusami se ti ho fatto preoccupare."
"Ho chiamato la mamma... preparati, penso che stavolta non la passi liscia."
"Come sapevi che mi avresti trovata lì?" chiese Alex a Parker.
"Lo sapevo e basta." disse lui.
Alexia sorrise e Parker fece lo stesso.

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Capitolo 18
*** Don't Cry ***


Don't cry (video ufficiale+Traduzione): https://www.youtube.com/watch?v=SU3IPyFIJqw
November Rain (video ufficiale+ traduzione): https://www.youtube.com/watch?v=M165q3XS0yA
 
 
Alex era tornata con Jamie, nonostante il rapporto si fosse raffreddato.
Quando lei e Parker si incrociavano, non si scambiavano più di un saluto come due vecchi conoscenti con cui perdi poi il rapporto.
Alexia si sentiva terribilmente confusa sebbene avesse fatto una scelta, Jamie stava cercando di fidarsi di nuovo di lei e Parker stava semplicemente provando ad andare avanti e dimenticarsene.
In questo triangolo si sentivano tutti e tre soli, senza sapere cosa fosse giusto, due persone innamorate della stessa ragazza e lei che amava un po' entrambi senza capire che, forse, a qualcuno ci teneva un po' di più.
Dopodiché c'era Matilde che, per quanto fosse preoccupata per la sua migliore amica, era fin troppo allegra per come le cose stavano andando con Nick.
Ma nonostante ciò, non ne parlava mai con Alex perché non voleva che lei si sentisse ancora più sola. Anche perché lei mica lo sapeva che se la faceva con Nicholas, avevano entrambi un po' paura a dirglielo.
Era un bel casino, insomma.
Nella testa di Alex c'era un mondo, ma in quel mondo lei ancora non era riuscita a farci un passo, perché ogni volta che provava ad entrarci inciampava non sapendo dove fosse.
Ogni zona di quel mondo aveva un paese da esplorare, e quei paesi avevano i nomi di tutte le emozioni che lei aveva dentro e da cui era sempre riuscita a scappare, fino a che quei due non erano entrati a fare parte della sua vita in modo stabile. 
Non c'era un momento nell'arco della giornata in cui lei chiudesse gli occhi senza trovare i loro volti davanti, come se ce li avesse stampati sulle palpebre e non la lasciavano dormire in santa pace.
E si ricordò di essere seduta sul muretto di fronte alla scuola soltanto quando la voce di Maty la riportò alla realtà.
"Tesoro, ti voglio bene ma hai davvero un aspetto orribile." esclamò.
"Sì beh, nell'ultima settimana ho dormito circa 20 ore." fece Alex.
"Wow." rispose Matilde.
"Jamie..." esitò: "Secondo te riuscirà ancora a fidarsi di me?"
"Non lo so."
"E la vita smetterà mai di fare schifo?" chiese poi.
"Non lo so." disse di nuovo Matilde.
"Che casino." fece Alexia accendendosi una sigaretta.
"Penso sul serio che lei ti ami."
"Non so, non ci ha pensato due volte a scaricarmi per quel cretino di Parker."
"E dai, che altro avrebbe dovuto fare, scusa? Mettiti un po' nei suoi panni." la riprese Maty.
"Sì, hai ragione." rispose lei: "Ho voglia di urlare!" 
Matilde rise e Alex guardandola sorrise a sua volta con un'espressione rassegnata.
Nel corridoio Jamie e Alex si incontrarono.
"Ciao." disse Alex.
"Ehi." rispose Jamie.
"Come stai?" 
Jamie scrollò le spalle e aggiunse: "Tu?"
"Sì, anche io."
Jamie sorrise e Alex ricambiò il sorriso.
"Beh io devo andare in classe." Fece Jamie.
"Sì anch'io."
"Allora ci vediamo."
"Sì..." rispose Alex.
Bene, benissimo. Quella giornata era iniziata davvero in maniera impeccabile. 
Alex aveva voglia di prendere a pugni qualcuno, fantastico. 
Si sedette per terra in quel corridoio vuoto, gli studenti che avevano la prima ora buca come lei erano tutti fuori a fumare o al bar.
Finché qualcuno non si sedette accanto a lei.
"Che cosa vuoi?" chiese Alexia: "Pensavo non volessi più rivolgermi la parola."
"Sì, effettivamente ci ho pensato." disse Parker: "Però sei il ritratto della depressione, Rattatà."
Lei sorrise sarcasticamente: "Jamie non si fida più di me e ogni volta che la vedo mi sento uno schifo."
"Dalle tempo, le passerà." fece lui.
Lei scosse la testa sconfortata: "Questa volta non lo so proprio."
Lui sorrise e, con sguardo triste, disse: "Ti ama, credimi. In questo momento è solo ferita."
"Chissà di chi è la colpa." disse lei ridendo.
Parker annuì e si alzò.
Alexia si affrettò: "Parker, stavo scherzando. La colpa è mia, non avrei dovuto.."
"Basta." la interruppe lui: "Non importa, davvero."
"D'accordo..." rispose lei.
"Ciao Rattatà." disse andando via.
"Ciao Snorlax." sussurrò lei.
Si alzò e iniziò a correre verso l'aula di fisica.
Entrò in classe e la professoressa la guardò sbalordita.
"Alexia, non sei in questa classe." disse.
Jamie alzò lo sguardò con gli occhi spalancati.
"No, ma devo parlare con Jamie." 
La prof fece per protestare ma Alex disse: "La prego, 5 minuti!"
Lei guardò Jamie, che deglutì, e poi guardò Alexia e acconsentì rassegnata.
"Io non so che cos'è l'amore, non so cosa comporta stare in una relazione, ma quando sei con me il mio mondo acquista luce, prima di te era tutto più buio so solo questo, so solo che mi sento confortata quando sono tra le tue braccia e che ogni volta che le tue dita toccano la mia pelle avverto un brivido."
Jamie annuì e chiese al professoressa se poteva uscire qualche secondo.
"Che t'è saltato in testa di venire in classe così?"
Alex attaccò a piangere: "Scusa, non volevo ferirti. C'è qualcosa che mi lega a Parker ma non voglio stare con lui, ora ho bisogno di te."
Jamie rispose: "Alex, non so..."
"Ti prego." la supplicò con un filo di voce.
Jamie l'abbracciò e lei cominciò a piangere a singhiozzi e la strinse forte.
"Se stringi un altro po' mi spaccherai qualche osso!" disse Jamie ridendo.
Alex si staccò la guardò e, ancora con le lacrime che le rigavano le guance, rise a sua volta.
"Io devo tornare in classe." fece Jamie poggiandole le mani sulle guance asciugandole le lacrime: "Ti accompagno a casa dopo scuola, ok?"
Alex annuì e andò via.
Arrivata in classe, nell'attesa che la prof della seconda ora arrivasse, si mise gli auricolari e fece partire "Don't Cry" dei Guns 'n Roses.
Quella canzone la sentiva talmente sua e ogni volta che la ascoltava un brivido le percorreva la schiena.
Un brivido che durava dall'inizio alla fine di quella canzone.
A volte quando era sul letto ad ascoltarla chiudeva gli occhi e le lacrime facevano capolinea.
Ripercorreva spesso i dettagli della sua storia con Jamie ascoltando quella canzone per poi passare a quell'amore mai sbocciato e consumato con Parker, pensava a ogni singolo momento vissuto con entrambi.
Mentre cominciava anche "November Rain" lei appoggiò la testa al muro e chiuse gli occhi per ascoltarla bene, era sola, anche se qualcuno era entrato in classe da qualche minuto, in quel momento era come se non ci fosse nessuno, soltanto lei e la voce di Axl Rose che la cullava come il mare.
Era incredibile come alcune canzoni se le sentisse cucite addosso, sebbene è qualcosa che succede a chiunque.
Quando riaprì gli occhi alla fine della canzone si accorse che Matilde era seduta accanto a lei e la guardava.
"Che c'è?" chiese Alex.
"Tornerai mai ad essere quella di prima?!" domandò Maty.
Lei scrollò le spalle e le vennero gli occhi lucidi: "Non lo so."
Matilde l'abbracciò.
"Mi manca quella che eri prima che lui ti ferisse."
"Sì, manca anche a me." disse Alexia.
Jamie era fuori a fumare quando Parker le se avvicinò.
"Ciao." disse lui.
"Ciao." fece Jamie un po' perplessa.
"Ho visto te e Alex prima, avete fatto pace, eh?" chiese lui.
Jamie lo studiò un po' per poi dire: "Che cosa vuoi Parker? Arriva al punto."
"Niente, ora lei sta con te."
"Non trattarmi come se fossi il nemico o come se mi fossi immischiata tra di voi."
"Beh, ma è così, no?" domandò lui.
"Sei assurdo! L'unico nemico della vostra relazione eri proprio tu!" esclamò Jamie: "O ti sei dimenticato perché Alex ha troncato i rapporti con te?!"
"Sì ma magari se tu non ci fossi stata..."
"Cosa?! Non ti saresti scopato la sua ex migliore amica?!" domandò lei: "Perché da quanto mi risulta non sono stata io a dirti di farlo!"
"Sì, lo so."
"Quando sono arrivata, ho conosciuto Alex e mi è piaciuta subito. Quando ho visto che c'era qualcosa tra di voi, seppure non fosse ufficiale, mi sono messa da parte. Ma dopo le tue cazzate è stata Alex a venire da me, lei mi ha dato il primo bacio e non viceversa. Quindi non venire qua a trattarmi come se fossi il problema, non te lo permetto."
Dopo qualche secondo Jamie andò in classe lasciando Paker perplesso e senza parole.
"Quando si dice donna con le palle!" esclamò poi.

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Capitolo 19
*** Goodbye My Lover ***


"Alex!" strillò Jamie.
"Ehi." disse lei girandosi.
"Come stai?" chiese dopo averle dato un bacio sulle labbra.
"Bene, tu?"
"Bene, non mi lamento. Hai fatto la ricerca di storia?"
"Oh merda!" esclamò Alex.
"Non avevo dubbi!" rise Jamie.
Con tutto quello a cui aveva dovuto pensare in quel periodo, si era completamente dimenticata di quella ricerca.
"Io dovrei averne una in più. Inizialmente avevo pensato di farla su Napoleone, ma poi ho cambiato idea e l'ho fatta su Carlo Magno, posso darti quella che avevo preparato su Napoleone se vuoi, ho la chiavetta dietro. Ti basterà andare a stamparla in aula informatica."
"Oh grazie, Jamie... sei un angelo!" disse prendendole il visto tra le mani e stampandole un bacio.
Jamie rise e le passò la chiavetta, Alexia la prese e corse a stamparla.
“Cosa devi fare così di fretta?” domandò una voce alle sue spalle.
Alex si voltò di scatto, un po’ spaventata.
“Oh, Rj, sei tu. Mi hai fatto prendere un colpo.” Fece poi.
“Scusa, non volevo… e comunque non hai risposto alla mia domanda.” Disse Rj.
“Ho dimenticato di fare la ricerca di storia per oggi, Jamie mi ha dato la sua chiavetta per stampare una di quelle che aveva preparato prima che avesse effettivamente deciso quale portare.”
“Quella ragazza è il tuo angelo custode.”
“Sì…” disse Alex: “In effetti, hai proprio ragione.”
Lui sorrise.
“Bene, scappo in classe, ci vediamo in giro, ok?” disse Alex prendendo il suo zaino da terra e la giacca che aveva sulla sedia.
“Certo!” rispose Rj.
“Se n’è andata!” esclamò poi.
“Sì, ho visto” fece Parker entrando.
“Mi spieghi perché diavolo ti stai nascondendo da lei?”
“Mi sono sentito umiliato l’altro giorno. Forse dovrei scoparmene un’altra e lasciare perdere con lei” aggiunse Parker.
“Beh, tu hai fatto il possibile, fratello. Se non ha funzionato non è che puoi consumarti le suole correndole dietro a vita” rispose Rj.
Parker annuì: “sono tornato!” esclamò.
Rj rise.


Il giorno seguente a scuola, a tutti fu recapitato un invito per una festa, una a casa di Rj.
Alexia era con Matilde quando ad entrambe fu dato l’invito.
“Stasera alle 9, non mancate” disse Rj.
“No, certo” rispose Alex.
“È da molto che non si fa una festa qui” disse Matilde quando Rj si fu allontanato.
“Sì, è vero” fece Alexia.
“Stasera ci prepariamo insieme?” chiese Matilde.
“Certo, ci vediamo da me alle 7”.
“D’accordo.”
Alle 7, Matilde si presentò a casa Thompson.
“Ciao” fece Nick aprendo la porta.
“Ehi” rispose Maty.
Lui uscì fuori, chiuse la porta dietro di sé e, dopo essersi assicurato che non c’era nessuno, la baciò.
Poi riaprì la porta ed entrò in casa, seguito da Matilde che, dopo avergli sorriso, andò in camera di Alex.
“Eccomi!” esclamò entrando in camera dell’amica.
“Ehi, quel borsone è enorme!” fece Alex squadrando la borsa che Matilde aveva sulla spalla.
“Sì, beh… ero un po’ indecisa!” disse Maty.
“Fammi vedere quello che hai”.
Alexia si sedette sul letto e approvò il top rosso e la mini gonna corta che Matilde si era provata per ultimi.
Alex invece indossò un mini abito blu scuro che le stava benissimo, glielo aveva regalato Jacqueline al suo 15esimo compleanno, quando tutto era ancora perfetto.
“Ci credi che eravamo amiche una volta?” chiese Alex.
“Sembra passata un’eternità, vero? Eravamo così legate, adesso non ci salutiamo neanche più quando ci incrociamo nei corridoi” fece Matilde un po’ malinconica.
“Era prima che lei si trasformasse in Regina George*” disse poi Alex.
Matilde alzò un sopracciglio e poi disse: “Dai, ora i capelli.”
Alexia arricciò i capelli a Matilde, mentre quest’ultima li piastrò ad Alex.
Poi arrivò il momento del trucco: Alex si truccò in camera sua, mentre Matilde nel bagno.
Se Alex optò per uno smooky eyes completamente nero ed un rossetto color carne, Matilde invece applicò sulle palpebre l’eyeliner e sulle labbra un rossetto rosso.
Quando uscì dal bagno, Nick era lì di passaggio e la guardò a bocca aperta.
Lei si bloccò sull’uscio della porta e lui mormorò che era bellissima.
Lei sorrise ed Alex la chiamò ad alta voce dalla sua stanza prima che potessero baciarsi.
“Grazie” sussurrò Maty, e poi si diresse in camera di Alexia.
“Che gnocca!” urlò Alexia quando Maty aprì la porta.
Lei rispose: “Anche tu non scherzi mica!”
“Oh Dio, sono già le 9.15, dobbiamo andare!” esclamò Alex dopo aver dato un’occhiata al suo cellulare.
Uscirono di casa correndo e salutando frettolosamente tutti, con Jessica che le urlava dietro di essere prudenti e di non bere.
All’andata guidò Alex, entrambe erano consapevoli che quella sobria al ritorno sarebbe stata Matilde e che quindi avrebbe guidato lei… era sempre stato così.
Quando arrivarono alla festa, tutti erano lì tranne Jacqueline e le sue stronzette, perché come sempre avrebbe fatto un’entrata epocale come ormai era solita a fare, perennemente in ritardo e conciata come se fosse una puttana da strada.
Jacqueline era bellissima, ma trasformava quella sua bellezza in volgarità, aveva dei lineamenti perfetti, ora messi anche di più in risalto dalla sua tinta biondo miele che la rendeva bella come se fosse un angelo, sebbene in realtà fosse il diavolo.
E lo aveva dimostrato in svariate occasioni quanto fosse cattiva.
Parker raggiunse Alexia e Matilde per salutarle.
“Rattatà e la sua amica!” esclamò.
Loro si girarono e gli sorrisero.
Alexia, memore della discussione avuta qualche giorno prima, pareva visibilmente in imbarazzo.
Parker, notato ciò, disse: “Riguardo all’altro giorno, non pensiamoci più. Amici?”
“Certo” rispose Alex.
“Beh, la vostra eterna rivale è qui” fece Parker indicando dietro di loro.
Entrambe si girarono, l’ape regina e le pecorelle stavano facendo la loro entrata trionfale: lei vestita con gonna nera inguinale, autoreggenti a rete, tacchi a spillo e corpetto nero, mentre loro… qualcosa che assomigliava davvero molto ad un burqa, ed era ovvio il perché, Jacqueline doveva essere l’unica ad essere notata tra tutte.
“Sembra una troia” esordì Matilde.
“Sembra?!” chiese Parker.
“Però te la sei scopata” fece Matilde mentre continuava a guardare lei.
“Sì, e mi chiedo ancora come ho fatto a non beccarmi l’AIDS!” esclamò lui.
Tutti e tre risero, Jamie invece li osservava da lontano.
Poi si avvicinò a loro e chiese di ballare con Alex, che accettò entusiasta.
Rj fece partire “Perfect” di Ed Sheeran come Jamie aveva richiesto.
Alex se sorrise cingendole il collo, mentre Jamie le mise le braccia attorno al bacino e dopodiché iniziò a parlare.
“Tu ci tieni molto a me, vero?” chiese Jamie.
“Certo che sì” rispose Alex appoggiando la testa contro la sua spalla.
“Per questo è ancora più difficile dirti ciò che ti devo dire” mormorò Jamie.
Alex tirò su la testa: “Ma di che stai parlando?”
“Mi trasferisco” fece Jamie.
“Dove?” chiese Alex allarmata.
“Da mia sorella a New York.”
“Perché?” domandò Alexia.
Gli occhi di Jamie si fecero lucidi, la voce era spezzata: “Tu sei la cosa migliore che mi sia capitata, quest’anno con te è stato bellissimo.”
“Allora non andartene” fece Alex mentre una lacrima le rigava il viso.
“Tu non mi ami, Alex. Il tuo cuore appartiene ad un’altra persona ed entrambe ne siamo consapevoli” esitò: “non è colpa tua, nel tuo cuore però non c’è spazio per me. Ti vedo quando sei con lui, ti brillano gli occhi, lo guardi come se fosse l’unica persona al mondo, lo guardi nello stesso modo in cui io guardo te. E poi quando siete tutti insieme vi trovate bene, ridete scherzate, siete a vostro agio. Io non lo sono mai, mi sento sempre in più.”
“Non voglio che te ne vai” sussurrò Alex con l’ultimo filo di voce rimastole e gli occhi inondati dalle lacrime.
“Neanche io vorrei, ma stare qui mi sta distruggendo” fece Jamie ormai impotente di trattenere il pianto: “Ti amo, Alex, per questo devo lasciarti andare.”
“Questo quindi è l’ultimo ballo?” fece Alex colta dalla tristezza.
“Sì.”
“Quando partirai?” chiese.
“Questa sera, sono venuta solo per dire addio.”
Alex appoggiò ancora la testa alla sua spalla: “Se questa è l’ultima volta che balliamo, stringimi forte allora.”
Jamie la strinse e per la prima volta i loro cuori furono incrociati, l’uno dentro l’altro, battevano all’unisono.
Quando la canzone finì, Jamie si staccò da lei con le guance rigate dalle lacrime, sorrise ad Alexia e uscì da quella casa.
Alexia le corse dietro e arrivate fuori urlò: “Jamie!”
Jamie si voltò e Alex le disse: “Addio.”
Si scambiarono un ultimo intenso sguardo, entrambe consapevoli del fatto che si sarebbero portate dentro per sempre e che sarebbero state legate per tutta la vita.
Lei sorrise amaramente: “Addio.”
Quando Jamie se ne fu andata Alex cadde a terra in preda a un dolore atroce e scoppiò a piangere, Matilde l’aveva seguita fuori, dopo averla vista uscire di corsa, e l’abbracciò.
“Mi dispiace tanto, tesoro” disse Maty.
Alex pianse stretta alla sua migliore amica disperatamente, quasi urlando per il dolore che stava provando.
Forse non l’amava, ma Jamie era una delle persone più importanti della sua vita e le pareva impossibile immaginarsi senza di lei.
Le aveva insegnato tanto, l’aveva sempre fatta sentire al sicuro, l’aveva fatta sentire amata e promise a se stessa che non l’avrebbe mai dimenticata, mai.
Dall’altra parte della città Jamie era in taxi, diretta verso l’aeroporto e stava dicendo addio al suo amore mai corrisposto.
Alexia era stata importante per lei, ma sapeva che era giusto lasciarla andare e non ci sarebbe riuscita se fosse rimasta lì.
Con le lacrime agli occhi, Jamie sorrise.
Perché ora lei sapeva di poter dire di aver amato una volta, e di aver fatto quello che era giusto proprio per amore dell’altra persona.
Ora conosceva l’amore puro, quello che non è egoista, quello che lascia liberi.
E sperò con tutta se stessa che Alex potesse amare tanto quanto l’aveva amata lei, sperò che entrambe potessero essere, davvero, felici.
“Ti tengo stretta al mio cuore” mormorò poi guardando una fotografia che le ritraeva insieme.

 


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*Regina George è la stronza della scuola per eccellenza, personaggio del film "Mean Girls"

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Capitolo 20
*** Pensieri ***


“Sveglia!” tuonò Jessica entrando in camera di Alex.
Alexia pensò che era stanca, era stanca di fare sempre la stessa cosa da tutta la vita: alzarsi dal letto per andare a scuola.
A che scopo poi? Ormai, l’unica amica che le era rimasta era Matilde, Jamie si era trasferita, Parker non le parlava più e, anche se con gli altri si trovava bene, quando Matilde era assente si sentiva completamente sola. Si trascinò a fatica fuori dal letto, implorando la madre di farla rimanere a casa, ma Jessica rifiutò categoricamente la cosa e Alex fu costretta a vestirsi per andare a scuola.
“Vado a piedi!” urlò poi sbattendo la porta dietro di sé.
Era stanca, stanca davvero, avrebbe voluto mollare, ma sapeva che sua madre non glielo avrebbe mai permesso, per quanto il loro rapporto fosse “amichevole”, Jessica non avrebbe mai acconsentito a farle lasciare la scuola.
E forse era meglio così, chissà che se lo avesse fatto, un giorno poi se ne sarebbe pentita.
Ma quelle giornate ormai parevano interminabili, ogni minuto sembrava essere un’ora, non finivano più.
“Dannazione!” esclamò poi all’ennesimo tentativo fallito di srotolare quei maledetti auricolari.
Dopo averci maneggiato ancora un po’ li sbattette in terra in preda ad un attacco di collera, ma quando si chinò per raccoglierli si accovacciò e cominciò a piangere.
Si sentiva come se stesse per avere un esaurimento nervoso, come se nella sua vita non ci fosse nulla di giusto.
Poi si asciugò le lacrime, con la forza che solo una donna può avere dentro di sé, respirò profondamente e sciolse gli auricolari.
Si alzò in piedi, si infilò gli auricolari nelle orecchie e si diresse verso la scuola.
Alex era una guerriera, lo era sempre stata e lo sarebbe stata per sempre.
Tutto intorno a lei crollava, ma lei sarebbe rimasta in piedi, non sarebbe mai caduta per terra.
Aveva superato cose peggiori, Jamie le mancava da morire ma sapeva di avere la forza di una leonessa dentro di lei, e che, qualsiasi cosa le fosse successa, lei si sarebbe sempre rialzata in piedi, non importava quanto le cose fossero difficili.
Andò a scuola a testa alta, sorridendo a chiunque le capitasse di incontrare sulla sua strada, sebbene dentro si sentiva morire.
Ma quando arrivò, la scena che le si presentò davanti le spezzò il cuore: Parker stava limonando con Stacey, una compagna del suo corso di chimica.
Il suo labbro inferiore cominciò a tremare, sentì il suo cuore infrangersi in mille pezzi, le sue mani divennero fredde, le si formò un nodo alla gola e un buco le riempì lo stomaco.
Sentì gli occhi bruciare, il respiro divenne irregolare e tutto quello che voleva fare era scappare via, ma era come se fosse paralizzata.
Fu come se intorno a lei non ci fosse più nessuno oltre a lei, Parker e Stacey, come se la scuola fosse vuota.
Quando fu sul punto di scoppiare in lacrime, un paio di braccia la trascinarono via.
Fu portata in bagno, consapevole di chi l’aveva salvata dallo scoppiare dinanzi agli altri: Matilde.
In preda ad un attacco di panico crollò in terra, con Matilde che cercava di tranquillizzarla.
Alexia si sciolse in un doloroso pianto liberatorio.
“Va tutto bene, va tutto bene” continuava a ripetere Maty.
Ma non era vero, niente stava andando bene.
“Perché mi fa così male?” disse Alex a fatica, con il respiro affannoso.
“Perché lo ami” rispose Matilde.
“Non dovrei”.
Matilde l’abbracciò senza dire una parola e Alex, dopo qualche secondo, si staccò da lei.
Ancora si asciugò le lacrime con la manica del suo maglione di lana grigio, e fece di nuovo un altro respiro profondo chiudendo gli occhi.
“Sto bene” fece poi.
Matilde l’aiutò ad alzarsi e, abbracciandola, la portò in classe.
 
 
Parker:
L’aveva vista, Matilde che la trascinava via.
Ma questa volta non l’avrebbe seguita, per quanto gli facesse male vederla piangere, era stato respinto troppe volte ed era certo che questa non sarebbe stata diversa.
Aveva ancora un po’ di amor proprio, Alex l’aveva trattato male troppe volte e, anche se l’amava ancora, non aveva più intenzione di correrle dietro.
Era stato ferito, si era sentito umiliato, come se fosse stato colpito nell’orgoglio.
Tuttavia, dopo averla vista in quelle condizioni, aveva mollato li Stacey ed era andato nel bagno dei maschi.
Doveva respingere la tentazione di andarle a chiedere come stava, doveva essere più forte ed andare oltre.
Lei non poteva fare così ora che era stata mollata, Parker aveva assistito per mesi ai baci in pubblico che lei e Jamie si scambiavano ogni giorno a scuola, avendo sempre paura di dire qualcosa perché consapevole che lei si sarebbe arrabbiata con lui, e lui prima non riusciva a sopportare l’idea di non parlarle più.
Non che ora per lui fosse facile pensare di non rivolgerle più la parola, ma si stava abituando all’idea.
Ne avevano parlato qualche giorno prima.
 
“Perché non mi rivolgi più la parola?” domandò Alex.
“Perché non posso andare avanti se tu sei presente nella mia vita, se devo lasciarti andare, devo smettere di parlare con te. Non posso farcela sennò”.

“Non ti sembra di esagerare?!” chiese poi lei.
“Devo lasciarti andare, devo farlo per me stesso”.
Lei annuì e andò via.
 
Quel giorno, non si voltò nemmeno una volta, camminò fuori dalla vita di Parker senza neanche guardarlo in faccia un’ultima volta.
Non aveva nessuna espressione, non trasparivano emozioni dai suoi occhi.
Se avesse visto un solo accenno ad una qualsiasi emozione, allora lui non avrebbe mollato la presa, avrebbe lottato ancora per lei.
Ma perché avrebbe dovuto lottare per qualcuno che lo guardava con occhi gelidi, spenti, vuoti? Perché avrebbe dovuto lottare per qualcuno che non lo amava?
Ma se non lo amava, perché alla sola vista di lui con un’altra, era quasi scoppiata in lacrime?
Stacey non contava nulla per lui, era solo un’altra bella ragazza che voleva aggiungere alla lista delle ragazze che si era fatto, non gliene fregava un cazzo di lei, era solo una delle tante.
Alexia non era mai stata una delle tante, lei era una tra le tante, l’unica tra tutte e lei questo lo sapeva benissimo, ma sembrava non ci avesse mai dato peso.
Parker le era stato dietro, aveva fatto di tutto per lei, aveva fatto un errore, ne era consapevole e per questo aveva chiesto scusa fin troppe volte.
Fino a dove avrebbe dovuto spingersi? Fino a che punto avrebbe dovuto lottare per lei? Non era già abbastanza quanto aveva fatto?
Le aveva provate tutte, aveva cercato di darle dimostrazioni su dimostrazioni, aveva mostrato pentimento per un atto che sicuramente l’aveva ferita, ma di per sé non poteva essere considerato tradimento perché con Alex non c’era sostanzialmente nulla, non l’aveva neanche baciata.
Quanto avrebbe dovuto pagare per quello stupido errore? Un cazzo di errore, era bastato questo per far sì che Alexia lo sbattesse fuori dalla sua vita.
La rabbia gli ribolliva nelle vene.
Come poteva ora fare delle sceneggiate solo perché l’aveva visto baciare un’altra? Ma che diavolo pensava, che lui l’avrebbe aspettata per sempre?
Era stanco di stare dietro a qualcuno che non lo voleva. Non ce la faceva più.
Strinse i pugni, sforzandosi di non colpire lo specchio di fronte a lui.
Appoggiò le mani sul lavandino, chinò la testa in avanti.
Poi prese lo zaino, uscì in cortile e fumò una sigaretta.
Dopodiché prese una decisione: avrebbe saltato le lezioni quel giorno.
Andò sulla loro panchina, il loro posto.
Si sedette e passò tutta la mattinata a guardare il lago.
Non fece altro che guardare il lago, quel lago che li aveva visti tutti i suoi umori.
Chiuse gli occhi e per un attimo, per un solo attimo, si sentì in pace con tutto quello che lo circondava.
Dentro di lui regnava il silenzio totale, per un momento i suoi pensieri furono zittiti, la rabbia svanì, niente di quello che gli faceva male sembrava poterlo toccare. Era come se i suoi problemi fossero svaniti nel nulla.
Ma si trattò appunto di un piccolo momento di pace, che svanì dopo pochi secondi, lasciando di nuovo spazio a quel miscuglio di emozioni negative che ogni giorno gli attanagliava lo stomaco.










SPAZIO AUTRICE: Questo è un capitolo un po' diverso dagli altri, è corto e concentrato solo sulle emozioni dei personaggi, perché penso che a volte serva sapere quello che provano per poi continuare a leggere il tutto nel giusto modo.

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Capitolo 21
*** L'invito ***


La scuola sarebbe finita tra pochi giorni, per Parker quello era l’ultimo anno.
Ad Alex invece ne mancava un altro per terminare, ciò significava che non avrebbe più incrociato Parker nei corridoi una volta iniziata l’estate.
L’anno successivo sarebbero arrivate nuove persone ed Alex sarebbe stata ufficialmente una dell’ultimo anno, ma mancava una cosa per l’addio degli attuali maturandi: il ballo.
Chissà se Parker ci sarebbe andato, chissà con chi.
Mancavano soltanto tre settimane, lei e Parker non si scambiavano più di uno sguardo nei corridoi, il clima quando si incontravano era gelido.
Matilde dal canto suo non era ancora riuscita a raccontare alla sua migliore amica di essere anche sua cognata ora, ogni volta che provava a parlargliene succedeva qualcosa che le impediva di dirle la verità.
Alexia si era accorta che Matilde le nascondeva qualcosa ma aspettava che fosse lei a dirglielo, anche se sapere che la sua più grande amica nascondeva un segreto la metteva a disagio.
“Deve dirmi qualcosa,” disse addentato il cracker: “me lo sento”.
Nick non sapeva che cosa risponderle, quindi accennò un: “te ne parlerà quando sarà pronta”.
In fondo il segreto era anche suo.
“Sì, ma è strano. Ci siamo sempre dette tutto, mi pare assurdo anche solo pensare che lei abbia dei segreti con me”. 
“È normale avere dei segreti a volte” abbozzò Nicholas.
“No, non per noi” rispose Alex.
Nick annuì ancora.
“Va beh!” esclamò Alexia dopo averci pensato su un nano secondo.
“Quando ci sarà il ballo di fine anno?” chiese il fratello per deviare su un altro argomento.
“Fra tre settimane per quelli dell’ultimo anno, quest’anno sono ammessi soltanto quelli dell’ultimo anno però… e chi ha ricevuto l’invito da parte di qualcuno che frequenta appunto il 4 anno, altrimenti non ci possiamo andare noi del 3”.
“Perché?” chiese Nick.
“Non lo so, il preside ha deciso di fare così quest’anno, spero che quello che ci sarà l’anno prossimo farà in maniera diversa per gli studenti che verranno dopo di noi”.
"Speriamo che non sia stronzo come questo, allora" fece Nick.
"Esatto!" ripose Alex ridendo.


"Come stai? Ti prego, smetti di ignorarmi, non penso ti costi molto rispondere a un messaggio."
Alex cliccò inviò, e mandò il messaggio su WhatsApp a Jamie che, da quando era partita, era completamente scomparsa.
Non voleva certo darle fastidio, ma il pensiero di non averla più nella sua vita fino a quando poco tempo prima ne faceva parte, la tormentava.
"Alex!" esclamò qualcuno nel corridoio.
Conosceva quella voce e fu sorpresa di sentirla di nuovo.
"Parker..." disse voltandosi.
"Ciao, ero incerto se chiedertelo o meno" fece lui interdetto: "è il mio compleanno, darò una festa a casa mia stasera. Tu hai impegni o puoi venire?"
Lei sorrise: "Ci sarò".
Lui annuì e poi aggiunse: "Bene, a stasera allora".
Poi si voltò per scomparire in mezzo agli altri studenti.
Poco dopo, qualcuno apparve alle spalle di Alexia.
"Ehi" fece Matilde.
"Ciao, c'è qualcosa che non va?" chiese Alex dopo averla studiata per qualche secondo.
"Dobbiamo parlare" disse Maty a testa bassa.
"Okay, andiamo in cortile" rispose Alex.
Camminarono lungo tutto il corridoio, Alex guardò l'amica e si accorse che quest'ultima manteneva la testa bassa e continuava a deglutire nevroticamente, stando ben attenta a non incrociare i suoi occhi.
Quando giunsero in cortile Alexia disse: "Dimmi, è successo qualcosa?"
Matilde sospirò e poi prese coraggio: "Voglio che tu mantenga la calma, e capisca che quanto ti sto per dire non ti è stato detto prima perché avevo paura della tua reazione e perché volevo assicurarmi che la cosa fosse seria".
Matilde incrociò gli occhi di Alex che, stranita, la guardava.
Alexia annuì e disse: "Ok, va' avanti".
"Io e tuo fratello stiamo assieme" fece Matilde tutta d'un fiato.
Alex spalancò gli occhi: "Che?! E da quanto?!"
"Un paio di mesi" fece Maty.
"Cioè tu ti scopi mio fratello da due mesi e io non sapevo nulla?!"
"Alex, dai..." disse Matilde toccandole una spalla.
Alexia si scostò: "Devo andare in classe, ho lezione".
"La campanella non è suonata, e noi siamo in classe assieme... Alexia ti prego, non l'ho fatto con cattiveria, avevo solo paura che tu ce l'avessi con me. Io provo qualcosa di forte per Nicholas, se fosse una cosa che saprei controllare, ti giuro che non ci avrei mai fatto nulla".
Alex la guardò e poi sospirò: "Va beh, ok. Meglio tu come cognata, che Nancy comunque".
Matilde rise.
"Però se ti fa star male lo uccido... e lo stesso vale a parti invertite".
Alexia le sorrise e Matilde ricambiò. 
Poi si diedero un abbraccio e andarono in classe.

Durante la lezione di algebra, Alex controllò il suo telefono, il messaggio era stato visto, ma lei non aveva ricevuto risposta.
Si passò le mani sul volto, mise via il cellulare e si voltò verso Matilde.
"Ma tu stasera ci vai alla festa di Parker?" le chiese sottovoce.
"Tu ci vai?" rispose Maty.
"Odio quando mi rispondi a una domanda, con un'altra domanda... comunque sì, vorrei andarci".
"E allora ci andiamo" mormorò Matilde.
"Passi da me alle 19?" chiese Alex.
Matilde annuì e ripresero a prendere appunti.
L'ora di algebra passò noiosamente lenta, Alex odiava la matematica, faceva schifo coi calcoli.
Era tutto così inutile e noioso, le faceva venire persino sonno.
Quando uscì da scuola sentì la voce di Rj: "Parker, fratello! Vieni qua che c'è una che ti vuole conoscere!"
Alex si voltò per vedere un mezzo sorriso sulla faccia di Parker che non la degnò neanche di uno sguardo, per dirigersi dall'amico e quelle due ragazze accanto a lui.
Quella che si presentò era bionda, alta e bella... e non era neanche vestita da zoccola, quindi non c'era nessun motivo per cui lei potesse criticarla, questo la rendeva frustrata.
Così sbuffò e prese l'altra direzione, per poi lanciare un'ultima occhiata al gruppetto che si allontanava sul motorino.
Parker con la bionda, e Rj con la mora.
Chissà dopo quanto tempo se le saranno scopate.
Alexia aspettò all'angolo della strada l'arrivo di Jessica, che arrivò con 15 minuti di ritardo.
"Scusa tesoro, ma oggi a lavoro era un delirio" fece la madre stampando un bacio sulla guancia della figlia.
"Non importa" rispose Alex facendo spallucce.
"Come stai?" chiese Jessica.
"Bene, stasera è il compleanno di Parker e sono stata invitata... Matilde passa da me alle 19, posso andare?"
"Va bene, ma voglio che tu sia a casa prima delle 2".
Alex annuì e proseguì il viaggio, guardando fuori dal finestrino.

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Capitolo 22
*** Il compleanno di Parker ***


Alex e Matilde arrivarono a casa di Parker, la porta era aperta.
Loro entrarono e si diressero subito a salutare il festeggiato.
"Auguri Parker" dissero insieme.
"Grazie" disse lui, sforzando un sorriso.
Poi girò i tacchi e andò via.
"Mi odia" fece Alex a Matilde.
"Non è vero, non dire stupidaggini" rispose l'amica.
"Hai visto come mi tratta?" chiese Alexia.
"Sì, ma è soltanto ferito, dai".
Alexia si allontanò, dirigendosi agli alcolici.
Parker nel frattempo, dall'altra parte della stanza, scherzava e rideva con Rj e le ragazze conosciute quel pomeriggio.
La bionda gli stava appiccicata, e a Parker andava bene così.
Avevano fatto sesso tre volte quel pomeriggio, probabilmente lei aveva voglia di rifarlo un'altra volta.
Alexia osservava tutto da un angolo, con Matilde che la intimava a smettere di bere.
Parker si allontanò con la ragazza per andare a fumare una sigaretta nel giardino, Matilde decise di seguirlo.
"Parker!" urlò una volta fuori.
"Dimmi" rispose lui senza prestarle particolare attenzione.
"Alex sta esagerando, sta bevendo troppo e..." 
"Perché dovrebbe importarmi?" chiese Parker impedendole di finire la frase.
"Non lo so, pensavo ti importasse di lei" disse Maty, esitando.
"Beh, pensavi male!" esclamò lui.
Matilde scosse la testa e tornò dentro.
"Chi è Alex?" chiese la bionda.
"Nessuno" rispose lui fissando il vuoto: "Non è nessuno".

Dopo qualche ora, Alexia era ubriaca persa e un ragazzo le si avvicinò.
"Ciao" disse.
"Ehi Miles, come va?" chiese Alex sbiascicando.
Matilde andò immediatamente in allarme, sapeva che Miles era un viscido.
"Vuoi venire di sopra con me?" chiese Miles.
"A fare che?" domandò Alexia.
"Ci divertiamo!" ammiccò lui.
"No, non mi va" rispose Alexia.
Lui continuò a insistere, cercando di prenderla con la forza.
Matilde, nel panico assoluto, cercò gli occhi di Parker.
Lui, era appoggiato al muro con la bionda che gli baciava il collo.
Poi si girò e vide lo sguardo impanicato di Maty e la scena raccapricciante che si stava verificando in casa sua.
Scostò la ragazzetta e si diresse furioso verso Miles e Alex.
"C'è qualche problema?" chiese mettendosi tra i due.
"Non sono affari tuoi, amico" disse Miles.
"Noi non siamo amici, e sì che sono affari miei... sei in casa mia" fece Parker.
"Non ci voglio venire con te" disse Alex.
"L'hai sentita?" chiese Parker.
"Non metterti in mezzo!" esclamò Miles facendo il gradasso.
"Io mi metto dove cazzo mi pare, e se non vuoi che ti spacco la faccia, porta il tuo sporco culo fuori da casa mia" mormorò Parker a un millimetro dalla sua faccia.
Dopo un secondo, Miles annuì e uscì da casa di Parker.
Quest'ultimo afferrò Alex ed esclamò: "La festa è finita!"
Gli invitati protestarono, poi Parker urlò: "Andate tutti fuori dai coglioni!"
Guardo Rj che annuì, e cominciò a fare uscire la gente, mentre Parker portava Alex al piano di sopra.
Quando arrivarono in camera di Parker, Alex scoppiò in lacrime.
"Scusami, scusami..." cominciò a dire Alex nei singhiozzi.
Lui si bloccò.
Lei lo abbracciò, continuando a singhiozzare e scusarsi.
Parker a un certo punto cedette e ricambiò l'abbraccio.
"Va tutto bene, sono qui" fece Parker nel tentativo di tranquillizzarla: "Sono qui".
Dopo che lei si fu calmata, lui l'aiutò a sdraiarsi sul letto, e a quel punto intervenne Matilde.
"Sua madre la vuole a casa entro le 2, ed è già l' 1.30"
Lui si sedette sul letto accanto ad Alex, che era già crollata.
"Non è bellissima? Quando dorme, sembra così serena" le accarezzò una guancia: "la mia piccola Rattatà".
Matilde accennò un sorriso.
"Comunque..." esclamò Parker alzandosi dal letto: "Non può tornare a casa così, sua madre si accorgerebbe che è ubriaca".
"Non darà fastidio qui?" chiese Mati.
"Alex non mi darebbe mai fastidio, però penso che tu debba passare a prenderla domani mattina".
"Sì, chiamerò sua madre e mi inventerò qualcosa".
Parker annuì e accompagnò Matilde al piano di sotto.
"Buonanotte Parker" fece Maty.
"Notte Maty" disse Parker.
Chiuse a chiave la porta e tornò al piano di sopra.
Una volta in camera, sistemò una coperta per terra e ci si sraiò sopra, per poi addormentarsi subito.
Nel bel mezzo della notte, il rumore di Alexia che vomitava in bagno lo svegliò.
Entro nel bagno, lei gli lanciò un'occhiata prima di ricominciare a vomitare.
Lui si precipitò a tenerle la fronte e, quando lei ebbe finito, Parker si mise a sedere in terra accanto a lei.
"Ora posso dire di aver visto qualsiasi versione di te!" esclamò scherzoso lui.
Alex accennò una risata e poi appoggiò la testa al suo petto.
Parker poggiò la sua fronte contro la testa di Alex.
Dopo qualche minuto sussurrò: "Vuoi uno spazzolino per lavarti i denti?"
Alexia annuì, Parker si alzò e poi aiutò Alex ad alzarsi.
Le diede uno spazzolino e poi fece per uscire dal bagno, ma Alex protestò: "Resta qui".
Lui annuì e si sedette sul bordo della vasca.
Quando lei ebbe finito di lavarsi i denti, chiese: "dove lascio lo spazzolino?"
Lui le si avvicinò e disse: "Dammi", lo mise in uno dei cassetti del lavandino e poi superò Alex per tornare in camera.
Lei lo seguì e si mise a letto.
Dopo qualche minuto Alex disse: "Parker..."
"Dimmi Rattatà" mormorò lui.
Lei sorrise nel risentire quel nomignolo che tanto detestava: "Puoi dormire con me?"
"Sei sicura?" chiese lui.
"Non voglio fare niente, non pensare. Vorrei solo tu dormissi insieme a me".
Lui accese l'abat-jour e si mise nel suo letto.
Lei lo guardò e lui domandò: "Cosa c'è?"
"Puoi baciarmi, Parker?" chiese Alex.
Lui fu spaesato da quella richiesta: "Sei ubriaca, Alexia".
"Ti prego, Parker" disse lei con un filo di voce.
Dopo qualche secondo di esitazione, Parker sollevò la testa, poggiò una mano sulla guancia di Alex e avvicinò le labbra alle sue, fino a toccarle.
Non appena le loro labbra si incontrarono, tutto quello che avevano cercato di seppellire in quell'anno, tornò a galla.
Alexia poggiò la sua mano, su quella che Parker aveva messo sulla guancia di lei.
Le loro lingue iniziarono a cercarsi, per poi intrecciarsi, come le loro dita che sembravano create appositamente per stare legate tra loro.
Un miscuglio di emozioni attanagliava lo stomaco di entrambi.
Parker si staccò da lei, per poi appoggiare la fronte contro la sua.
"Ti amo" sussurrò lui.
"Anche io ti amo, Parker" rispose Alexia.
Lui sorrise e le diede un bacio sulla tempia.
Dopo di che, si mise sdraiato e lei fece lo stesso.
Così, quella notte, dopo tanto tempo che erano stati lontani, Alex e Parker si ritrovarono e dormirono abbracciati, rimasero abbracciati per tutta la notte.
E i loro cuori furono di nuovo vicini.

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Capitolo 23
*** Insieme. ***



"Avete fatto sesso?" chiese imperterrita Matilde.
"Dio Maty, no!" rispose Alex.
"Peccato, almeno avresti potuto spiegarmi perché ci vanno tutte!" esclamò l'amica ridendo e imboccando la curva.
"Sto morendo dalla vergogna, mamma pensava fossi da te, giusto?" chiese Alexia.
"Sì, le ho raccontato che dopo un po', siamo andate a casa mia perché ci stavamo annoiando e poi tu sei crollata" rispose Matilde.
"Grazie" fece Alex.
Matilde fece spallucce e continuò a guidare verso casa di Alexia.
Una volta arrivate, Alex scese dalla macchina e disse: "Ciao Maty".
"Ci vediamo a scuola, tesoro" rispose Matilde.
Alex entrò in casa salutando, ma non ebbe risposta.
Poi trovò un biglietto di sua madre in cui c'era scritto che lei e Nicholas sarebbero usciti a fare delle commissioni.
Il cellulare di Alex prese a squillare: era Parker.
"Rattatà, sei arrivata a casa?" domandò lui.
"Che tempismo, Snorlax. Comunque sì, sono a casa" rispose sorridendo lei.
"Ero preoccupato, volevo anche chiederti una cosa" fece Parker.
"Certo," rispose Alex sedendosi sul divano: "dimmi".
"Non ti sei pentita di quello che è successo stanotte, vero?"
"No, non ero così ubriaca da non rispondere delle mie azioni, mi rendevo conto di quello che stavo facendo e, sinceramente, credo che avrei dovuto farlo molto tempo fa. Ti ho sempre amato Parker, per me ci sei stato sempre e solo tu, è per questo che Jamie mi ha lasciata, perchè persino lei si era accorta di quello che provavo per te. Mi dispiace solo di averci messo così tanto tempo ad accettare i miei sentimenti. Ma avevo paura. Paura perché non avevo mai provato nulla di simile per nessuno, paura perché tu mi avevi già fatto del male con Jacqueline, e se ti avessi parlato e mostrato quali erano i miei sentimenti per te, tu avresti potuto farmene ancora. Ma non mi rendevo conto che, standoti lontana, mi stavo facendo del male da sola" disse Alex.
"Rattatà, sai perché ti ho chiesto se tu fossi arrivata a casa?" chiese lui.
"No" rispose lei.
"Perché sentivo già la tua mancanza. Apri la porta".
Alexia andò ad aprire e se lo trovò davanti.
Sorrise e lo baciò.
"Ti amo, Rattatà" disse lui a pochi centimetri dalla sua faccia.
"Ti amo anche io, Snorlax".


Il giorno seguente, fu Parker ad accompagnarla a scuola.
Entrarono mano nella mano, tutti li guardavano, le ragazze con sguardo furioso, mentre i ragazzi erano visibilmente confusi.
E probabilmente felici, perché ciò significava che Parker oramai era out, quindi le loro compagne scolastiche, dovevano iniziare a guardarsi attorno.
Alexia notò gli sguardi che tutte le ragazze le riservavano e ne fu in imbarazzo.
Imbarazzo di cui Parker si accorse, le si avvicinò ad un orecchio e le disse: "Tranquilla amore mio, questo è il nostro momento".
Alle sue parole, il suo cuore si rilassò, si girò verso di lui, gli sorrise e poi riprese a camminare a testa alta, sorridendo soddisfatta a tutti quelli sguardi cattivi.
"Ma guarda un po'" esordì una voce fin troppo conosciuta: "Ce l'avete fatta, eh?"
"Sì Jacqueline, ma tranquilla, prima di andarci a letto gli farò fare il test dell'HIV, con te non si può mai sapere" rispose Alex.
Jacqueline sorrise e disse: "Stai attenta, tesoro. Chi ci casca con me una volta, è molto probabile che ci caschi due".
"Oh ti prego, ho sbagliato una volta e non lo farò mai più" intervenne Parker prima che la sua Rattatà potesse dire qualsiasi cosa: "Ero talmente ubriaco che mi sarei potuto fare un palo della luce, ti assicuro che non riaccadrà più, è stato talmente orribile che la mia mente lo ha perfino rimosso".
Alexia sorrise: "Fattene una ragione, "tesoro". Ormai noi siamo felici, e tu sei solo acqua passata".
Jacqueline, senza avere risposte, se ne andò ammutolita.
"E bravi i miei ragazzi!" esclamò un'altra voce conosciuta.
Ma questa era piacevole.
"Bravo fratello!" disse Rj.
Parker lasciò la mano di Alex per abbracciare chi era il suo unico vero amico.
"Grazie, amico" fece Parker.
Alexia sorrise.
"Vieni qui, tu" fece Rj abbracciandola.
"Mi chiedo ancora quale incantesimo tu abbia fatto a questo cattivo ragazzo per riportarlo sulla retta via".
"Io non ho fatto proprio niente!" esclamò Alex ridendo.
Rj li circondò con le braccia, mentre Alex e Parker si tenevano di nuovo per mano.
"Ora, amici miei, dovrò trovarmi una ragazza" disse una volta che ebbero ripreso a camminare: "Così potremmo fare le uscite a quattro. Alex, di' un po', la tua amica è single?"
"Matilde?" chiese lei.
"Sì lei, è proprio bella quella lì".
"Mi dispiace, ma oltre ad essere la mia migliore amica, è anche mia cognata ormai" rispose Alexia ridendo.
"Ah, cazzo. Non me ne va mai bene una" fece Rj ammutolito.
Parker e Alexia risero.

"Questo film fa schifo" fece Parker.
"Non è vero!" esclamò Alex scostandosi dal suo petto.
"Oh, ti prego!" fece Parker rovesciando indietro la testa.
"Ma perché?" chiese Alexia ridendo.
"Perché è di una banalità sconcertante, Rattatà" disse lui sollevando la testa.
Alex esitò: "Beh, se non ti piace... potremmo fare altro".
Nonostante le sue allusioni fossero chiare, Parker parve non comprendere: "Tipo?"
Alexia lo baciò e cominciò a toccargli le parti intime, Parker si irrigidì e la bloccò: "S-sei sicura?!" chiese.
Alex annuì e riprese a baciarlo e toccarlo.
Anche Parker iniziò a toccarla, Alex era già stata toccata da Jamie in passato, ma qui l'esperienza di Parker si faceva sentire.
Lui iniziò a spogliarla e. quando Alex fu in intimo, lui le slacciò il reggiseno e cominciò a baciarla sul seno.
Il corpo di Alex tremava e fremeva dal desiderio.
Parker la baciò sul seno, Alexia si morse il labbro inferiore e chiuse gli occhi, dopodiché lui cominciò a scendere piano piano con la bocca e, man mano che si avvicinava, Alexia inarcava la schiena.
Quando arrivò giù inizio a leccarle le parti intime e, ad Alex, parve di toccare il cielo con un dito.
"Parker, ti voglio" disse Alex tirandosi sui gomiti.
"Sicura?!" chiese di nuovo lui.
"Mai stata più sicura prima" disse lei.
Parker capì subito che era il primo uomo per lei, quindi fece con molta delicatezza, non voleva che lei sentisse dolore.
E quando ebbero finito, Alex si sentì completa.
Sapeva che lui sarebbe stato l'uomo della sua vita, sapeva che lui era l'unico che lei volesse accanto, lo guardò mentre teneva gli occhi chiusi, sdraiato e nudo sul letto pensando che fosse l'essere umano più bello che avesse mai visto prima.
Parker, sentiva i suoi occhi addosso, quindi girò la testa verso di lei.
Aprì gli occhi e sorrise: "Che c'è, Rattatà?"
Lei scosse il capo sorridendo: "Nulla".
Lui si girò sul fianco continuando a sorridere: "Dai, dimmi a che pensi".
"Sei bellissimo, Parker" disse lei.
Lui la strinse a se: "Ti amo, piccola".
"Ti amo anche io, Parker."




EEEEE FINEEEE.
GRAZIE A TUTTE PER AVER LETTO QUESTA STORIA, MI SONO AFFEZIONATA MOLTISSIMO A PARKER E ALEX.
SO CHE ANCHE SE NON RECENSIVATE, CONTINUAVATE A SEGUIRE LA STORIA, SO CHE ERAVATE IN MOLTE E VI VOGLIO RINGRAZIARE PER QUESTO.
SPERO CHE MI DICIATE TUTTE COSA NE AVETE PENSATO DI QUESTA STORIA, SE L'AVETE APPREZZATA.
DA POCO NE HO INIZIATA UN'ALTRA, SE VI VA DI DARE UN'OCCHIATA, MI FARESTE FELICE.
SI CHIAMA "TI ASPETTO ALLA FERMATA DELLA METRO".
UN BACIO RAGAZZE, SPERO DI AVERE VOSTRE RECENSIONI.
GRAZIE DI CUORE.

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