Notte di Luce.

di CyanideLovers
(/viewuser.php?uid=90593)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un piccolo passo indietro... ***
Capitolo 2: *** Let's start a Wedding....Let's start a Killing! ***
Capitolo 3: *** Nella tana del lupo cattivo. ***
Capitolo 4: *** Another One Bites The Dust ***
Capitolo 5: *** buono o cattivo? ***
Capitolo 6: *** Fear ***
Capitolo 7: *** Le premier bonheur du jour. ***
Capitolo 8: *** Bloodbath ***
Capitolo 9: *** Buried Alive ***
Capitolo 10: *** Behind blue eyes ***
Capitolo 11: *** The Black Door ***



Capitolo 1
*** Un piccolo passo indietro... ***


1-Un piccolo passo indietro

Ghiaccio, paura, tenebre.
Tutto era cominciato all'improvviso, quando gli altri avevano attraversato il pavimento e si erano parati davanti a loro, per non farli passare. Nebbia, ghiacciata e opprimente li aveva avvolti e il suo sguardo era guizzato verso il volto di Julian, cercando la colpevolezza di quel trucco che, però, non aveva trovato in quei  occhi. I suoi antenati stavano andando li per lei, per prendere la sua anima. Julian era d'un passo davanti a loro, aveva una spolverata di brina sulla giacca nera, e i suoi capelli scintillavano come se fossero stati di ghiaccio. Era bello, dio se era bello. Quei mostri crudeli e famelici non avevano nulla in comune con lui. Jenny riconobbe gli occhi, anche se li aveva visti solo due volte in tutta la vita: la prima volta aveva cinque anni, e aveva appena aperto uno sgabuzzino che sarebbe dovuto rimanere chiuso. Un'altra volta nella grotta, quando stava per impazzire per il buio che la opprimeva.
-Chi sono?- domandò a Julian, sperando che la guardasse per un momento.
-I miei antenati.- rispose, asciutto e conciso. Uccidendo ogni sua speranza.
-No, tu...loro non sono come te.-
-E' così che diventiamo. Anche io un giorno sarò così, è inevitabile.-Julian li fissava, senza mostrare emozioni. Sembrava spento. Lui, che era sempre uno specchio di passioni conturbanti.
Jenny scosse la testa, non voleva crederci.
-Quelle non sono le loro vere sembianze, vero?- domandò trattenendo a stento un singhiozzo di paura -E' solo per farci spaventare.-
Julian li osservò con una espressione impassibile, voltando lievemente il volto per guardarla -Noi nasciamo perfetti.- non era stato ne arrogante ne modesto...non sembrava minimamente turbato -Ma invecchiando, con il passare dei secoli, diventiamo deformi. La nostra forma interiore cambia per mostrare l'anima nera che abbiamo.- Alzò le spalle, quasi non fosse un suo problema -Diventiamo dei mostri-
Jenny sentì improvvisamente freddo. Stava congelando da quando era apparsa la nebbia, ma quello era un freddo diverso. Non voleva crederci, non ci riusciva.
-Non so perchè sono qui.- disse a mo' di spiegazione -Questo non è il loro gioco.-
-Ti sbagli- il più alto fece un passo, fronteggiandolo. -Lei è diventata la nostra preda.- Aveva la voce melodiosa come campane tibetane che risuonano nel cielo, ma un corpo orrendo e grottesco. -Lo è da quando ci ha rubato le nostre anime.-
Jenny sentì defluire il sangue dal viso, diventando sempre più pallida. Barcollò per la paura e mosse un passo indietro senza sapere cosa fare. Julian si voltò a guardarla, aveva uno sguardo strano, come una madre che coglie in fragrante il figlio con le mani nella marmellata.  Aveva le mani affondate nelle tasche e li guardava in silenzio, poi inarcò lievemente le sopracciglia e inclinò la testa all'indietro. Aveva capito.
-Oh, forza. Sono sicuro che avevate finito con loro.-
-Forse con il vecchio, ma non con i due ragazzi!-
-Si... non avevamo ancora finito di goderceli...-
-Erano nostri.-
-Per sempre.-
Ogni parola aveva un suono dolce, perchè le voci erano come seta nera, ma amare perchè quando arrivavano alle loro orecchie sembravano ragni che si arrampicano lungo la schiena. Gli uomini ombra ridevano, ed era terribile guardarli, spaventoso.
L'uomo ombra alto stava avanzando. La guardava dall'alto verso il basso dalla sua statura con i suoi occhi da coccodrillo:occhi spietati, antichi, che riflettevano secoli passati a vivere nel buio.
-Ci ha rubato le nostre anime.- disse formalmente, come li stesse invitando ad un ballo di gala -E ora deve pagare con la sua vita. E' nostra.-
Da ogni angolo si alzarono grida di entusiasmo, assenso. Jenny tremò, facendo saettare lo sguardo verso Julian. Per un momento sperò che potesse fare qualcosa.
Lui era immobile e per un momento la ragazza pensò che fosse diventato una meravigliosa statua di cera. Quando si mosse appena, si accorse che stava trattenendo inutilmente il fiato.
-Lo so.- rispose, chiudendosi di nuovo nel solito mutismo.
Una nebbia nera calò su di lei, imprigionandola. Tossì, chinandosi su se stessa e premendo le mani sullo stomaco. Respirava a fatica, e tremava come una foglia. Era totalmente preda degli uomini ombra, il solo pensiero di cosa avrebbero potuto farle la faceva impazzire di paura.
NO! NO! STOP!
Un urlo, no...pura energia si levò sopra la nebbia, sopra il nero, sopra la sua paura. Julian era davanti a lei, dandole le spalle e fronteggiando gli uomini ombra.
-Esci da quella porta.- disse con voce serie, autoritario.
-No, io non posso...-
-Esci da quella porta!- disse con più forza, facendola trasalire. La sua forma stava mutando in qualcosa di più etereo, era più un disegno che una persona ora. I suoi capelli sfolgorarono, erano cristalli illuminati da una luce azzurrognola, i suoi occhi erano così luminosi da lasciare una scia di luce ogni volta che muoveva il capo. Stava trattenendo gli uomini ombra.
-Presto- la sollecitò Dee, tirandola per un braccio. Tom la imitò, ma Jenny non riusciva muoversi. Non poteva lasciarlo li...
-Esci, Jenny!- la sollecitò lui.
Poi accadde qualcosa. Gli uomini ombra fecero un passo in avanti e Julian barcollò appena. Lei fu vagamente cosciente che non riusciva più a trattenerli. Il ragazzo si alzò con uno scatto fulmineo, li raggiunse e li spinse alla porta, facendoli cadere l'uno sopra l'altro.
-No!- Protestò lei -Cosa ti faranno?-
-Non ha importanza, desidero solo che tu esca da qui.-
Lei era sulla porta: Un piede sulla terra, con Tom, e uno nel mondo delle ombre con Julian. Il ragazzo dai capelli argentei la strinse per un momento a se. Per un momento pensò che l'avrebbe baciata con uno dei suoi meravigliosi e letali baci ricchi di passione, o sconvolgenti e pieni di sentimento come quello che si erano scambiati nella caverna. Ma lui non fece nulla. Appoggiò la bocca sulla sua fronte, nel più casto dei baci, per poi spingerla via con violenza. Jenny sentì mancare l'aria per la sorpresa. Guardò verso la porta: Julian le lanciò ancora uno sguardo per poi chiudersi la porta alle spalle.
Rimase immobile per un secondo, senza avere il coraggio di muoversi.  Tom la strinse a se, facendola sentire protetta.
Poteva fingere che non fosse successo nulla Finchè erano li: ora che la porta si era chiusa tutto sembrava normale e tranquillo.
-E' Finita.- Sussurrò Tom, con il tono sollevato.
-Finita- mormorò Jenny.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Let's start a Wedding....Let's start a Killing! ***


2
Before the story begins, is it such a sin,
for me to take what's mine, until the end of time
We were more than friends, before the story ends,
And I will take what's mine, create what
God would never design

Our love had been so strong for far too long,
I was weak with fear that
something would go wrong,
before the possibilities came true,
I took all possibility from you
Almost laughed myself to tears,
conjuring her deepest fears
 

[Prima che la storia cominci, è quasi un peccato/ per me prendere ciò che è mio, dall'inizio alla fine/ Noi eravamo molto più che amici, prima che la storia finisse/ e prenderò ciò che è mio, creerò ciò che/ Dio non ha mai voluto ideare/ Il nostro amore era troppo forte per durare a lungo/ e io ero così debole e con la paura che/ qualcosa andasse storto/ prima che le possibilità diventassero vere/ ti ho sottratto ogni occasione/ ho quasi riso fino a pingere/ evocando le tue paure più profonde]
Avenged Sevenfold- A little piece of Heaven

Jenny accelerò il passo. Ora, stava correndo. Il suo cervello l'ammonì, se corri ti inseguono.
Non si diede retta. Chi la inseguiva la desiderava come un uomo brama l'acqua nel deserto. E di certo non si arrendeva facilmente.
I polpacci le facevano male, e il fiato sembrava bloccato nei suoi polmoni, le gambe e le braccia iniziarono a sembrarle sempre più pesanti.
No, pensò disperata, non doveva fermarsi. Se avesse smesso, lui l'avrebbe presa. Il vento le scompigliava i capelli,che le frustavano il viso arrossato per lo sforzo. Aveva una sottile camicia bianca e jeans chiari che le aderivano al corpo come se fossero diventati una seconda pelle. Correva come Diana la dea della caccia, anche se lei era la preda. Nonostante il terrore cieco che l'accompagnava,  sentiva una vena di eccitazione farsi strada nel suo corpo, come un serpente che si muoveva sinuoso sulla terra.
Non c'era posto dove potesse nascondersi o trovare rifugio. Lui era ovunque e allo stesso tempo da nessuna parte. Era l'ombra, la notte, l'oscurità. Aveva occhi dello stesso colore del cuore della fiamma, del cielo poco prima dell'alba. I capelli erano la nebbia stessa, il gelo e la foschia. Era bello come un angelo e crudele come il Diavolo...e la stava inseguendo.
Tutto in lui gridava una sola parola: Pericolo.
Jenny cercò di affrettare di più il passo, ma per qualche ragione cadde. Non si curò di scoprire cosa avesse intralciato il suo passo, incespicò e si rimise in piedi tornando a correre.
Con ceco terrore si rese conto che era tutto inutile, due lunghe ombre a forma di braccia
(o erano braccia dello stesso colore delle tenebre?)
La ghermirono. Finalmente, come liberandosi da un incantesimo, l'aria che aveva nei polmoni trovò la strada per la gola e Jenny gridò con tutto il fiato che aveva in corpo.

-NO!- Jenny sollevò il capo così bruscamente che i capelli dorati, scompigliati e sparsi sul cuscino, le finirono tutti in faccia.
-Buongiorno, cara.- La ragazza nella sua stanza si guardò allo specchio e si sistemò il mascara -Anzi, forse dovrei dire ''Auguri''-
Jenny sbatté le palpebre e si guardò intorno, intontita.
Le ombre avvolgevano i muri chiari e l'armadio, si allungavano indolenti sulle coste ossute delle mensole.
La ragazza emise un mugolio.
-Ti prego, dimmi che non mi sono di nuovo addormentata!- 
-Se vuoi non te lo dico, però è quello che hai fatto.-
Jenny si stropicciò gli occhi, rimanendo con il capo appoggiato sul cuscino.
-Quanto ho dormito?-
-Non più di dieci minuti.-
Audrey la guardò con un sorrisetto furbo. Lei era già vestita e truccata mentre Jenny era ancora a letto e in pigiama. In ritardo, tremendamente in ritardo.
-Prima che tu me lo chieda: non ti ho svegliato perchè sembravi davvero distrutta. Anche se in effetti non so se ti ho fatto un favore: sembravi nel bel mezzo di un incubo.-
-Si, mi capita da un po'.- 
-Capisco.- disse meditabonda l'altra -Sarà solo il nervosismo, non ti preoccupare.-
-Lo so, non ti preoccupare.- le sorrise rassicurante Jenny. -Vado a farmi la doccia, a che ora abbiamo appuntamento per truccarci?.-
-Per le otto in punto.- le rispose con un altezzoso sopracciglio alzato guardando l'orologio che segnava le 07:45.
-Faccio in un minuto allora!- rise.
Ora che era sola, sotto il protettivo getto d'acqua calda si concesse qualche minuto per pensare al sogno. Non avrebbe dovuto farlo, non oggi almeno. Ma non poteva farci nulla. Le immagini le si presentavano come fotogrammi stampati sulle sue palpebre. Si strofinò con forza la pelle per togliere la sensazione delle mani fredde che l'avvolgevano, ma non sembrò funzionare. Quando uscì dalla doccia si accorse che il bagno era pieno di vapore: a Jenny ricordò la nebbia del suo incubo, mentre correva per salvarsi. Scosse la testa infastidita dai suoi stessi pensieri, non voleva pensare a quello proprio ora. Distrattamente, ancora avvolta nel turbinio dei suoi pensieri, passò una mano conto lo specchio per liberarlo dal vapore e potersi specchiare. Quando lo fece, per poco non svenne di paura. dietro di lei c'erano gli occhi.
Si, quegli occhi blu, di un colore così intenso da far sembrare i cielo spento e talmente profondi da far sembrare l'oceano una semplice pozzanghera. Lui, l'uomo ombra.
Si voltò di scatto, ma tutto ciò che trovò davanti a se furono le mattonelle candide del bagno all'avanguardia di Audrey.
-Jenny, ti sbrighi?-
Jenny fu riportata alla realtà dalla ragazza. Prese un grosso respiro e si asciugò in fretta, facendo bene attenzione a non alzare gli occhi sullo specchio. La sua immaginazione le faceva brutti scherzi ultimamente, scherzi davvero crudeli.
Grazie all'efficenza pragmatica di Audrey, seppur in ritardo, le due riuscirono a finire tutto in orario perfetto. Guardandosi allo specchio ora, Jenny poteva vedere il suo volto ricoperto da un
sottilissimo strato di cipria, gli occhi erano circondati da un velo di ombretto e il mascara le allungava in modo elegante le ciglia. Non amava truccarsi in modo esagerato e quel trucco semplice la faceva sentire elegantissima. Per non parlare dei capelli. Erano raccolti in una bellissima acconciatura che li rendeva vaporosi e arricciati. Le ricadevano sulle spalle scoperte e a contatto con la pelle erano morbidi come una piuma.
-Sei meravigliosa.- sussurrò Audrey soddisfatta, passandole il vestito bianco.
Quando fu pronta, Jenny si concesse un momento ancora davanti allo specchio. Il vestito le fasciava la vita, avvolgendola in pizzi candidi, fino ai fianchi per poi diventare più ampio lungo le gambe. Le spalle erano nude, coperte solo dal velo e dai capelli dorati. Scrutò meglio nello specchio dalla cornice dorata: Non c'erano occhi blu a scrutarla, per sua fortuna. Forse lo stress del matrimonio le aveva giocato un brutto scherzo.
-Va tutto bene?- domandò con un cipiglio preoccupato -Sei un po' strana da stamattina.- mormorò poi.
Cavolo, Perchè Audrey capiva sempre tutto?
-Sto bene, sono solo un po' nervosa.-le rispose -Non è tardi?-
-Già. Non te lo volevo dire perchè saresti andata nel panico ma...Tom è in ritardo.-
-Cosa?!- domandò con voce leggermente acuta -E' in ritardo??-
-Ok. Lo so che adesso andrai nel panico. Ma è tutto ok. c'era un traffico micidiale stamattina, sarà semplicemente in ritardo.- cercò di tranquillizzarla Audrey, facendola sedere per ogni evenienza.
-E' in ritardo al nostro matrimonio!- sbuffò infastidita Jenny. Non le piaceva, le dava modo di pensare, e lei non voleva pensare.
Forse sposarsi così giovani non era la scelta giusta. Si disse. Infondo erano tante le cose che avrebbe voluto fare, c'erano tanti posti da vedere, e da scoprire. No, no. Non poteva pensare una cosa del genere. Semplicemente era spaventata per l'importante passo che stava per fare.
-Ok. Ascolta, vado a vedere se sono arrivati gli invitati, tu aspettami qui.- mormorò prendendo il cellulare e componendo il numero di Michael, ma Jenny non la sentì. Aveva sentito un mormorio sommesso nella stanzetta accanto, come un sibilo sottile, fastidioso.
-Audrey, hai sentito anche tu...- si voltò. L'amica doveva essere uscita dalla porta per controllare che gli invitati fossero arrivati.
-Aishhhhh- Il sibilo aumentò, provocandole i brividi. Cos'era quella sensazione? Come una paura primordiale che la intimava di scappare immediatamente da quella stanza, dall'edificio.
-Vanishhhhhed- le parve di capire. Svanita? Chi è svanita??
-Chi c'è?- domandò prima di aprire la porta. 
-Jenny, Tom è arrivato.- La sposa guardò per un momento la porta ancora chiusa come se fosse un mostro, o un lupo cattivo. -Jenny...?- La chiamò dubbiosa Audrey, dopo aver visto che non si voleva muovere.
-Scusa, sono pronta...possiamo andare.-

La chiesa era addobbata con rose bianche, tulle e nastri, come se una colata di bianco avesse reso tutto più puro. Jenny non riuscì a trattenersi dal guardare quello spettacolo a bocca aperta. Audrey aveva fatto un lavoro eccezionale, di maniacale perfezione. Rise tra se e se ricordando tutte le serate passate ad organizzare quel giorno, alle discussioni tra lei e Tom per lo smoking che avrebbe dovuto indossare, e per la sua faccia annoiata quando si dovevano scegliere le bomboniere e le tovaglie. Che fosse un errore sposare Tom o che non lo fosse ormai era tardi. La musica era partita e muoveva già dei passi verso l'altare. Non aveva scampo ormai, Tom era lì, in piedi ad aspettarla, bello come non mai e con un sorriso a trentadue denti. Non poteva minimamente immaginare quale conflitto interiore la stava tormentando.
-Siamo qui riuniti oggi....- Jenny smise presto di ascoltare le parole del prete, e iniziò a guardarsi la mano intrecciata a quella di Tom. Non aveva il coraggio di guardarlo in faccia. I minuti passavano e non riusciva ad afferrare quelle parole, ne a capire cosa le stesse succedendo. Aveva voglia di gridare, di guardarsi in torno e di correre lontano. Tom sembrò accorgersene perchè le strinse con più forza la mano, in modo protettivo. Oh, cosa diavolo stava facendo? Quello era Tom, l'uomo con cui avrebbe voluto passare tutta la vita. Eppure...eppure c'erano mille dubbi adesso nella sua testa, mille idee. Non voleva sposarsi, non così giovane almeno. Guardò verso i suoi parenti, verso sua madre, così felice tanto da piangere e suo padre, dalla posa austera ma dal sorriso dolce. Tornò a guardarsi le mani. Una nuova sensazione si stava impadronendo di lei. Qualcosa che aveva già provato prima, in una parte inconscia della sua mente che non aveva forma e nome. Guardò il prete, aveva qualcosa di strano, qualcosa che un uomo non dovrebbe avere. Non un uomo di fede. Sembrava cattivo, come se fosse macchiando di una colpa che solo lei poteva vedere. Ma che diavolo le stava succedendo?! Respirava a fatica e aveva i brividi a fior di pelle. No, quella era la sua immaginazione. Fantasie, ansia e stress che le provocavano delle allucinazioni. Cosa le stava succedendo? Provava una paura sconfinata, sentiva il corpo tremare e il cuore battere come non mai. Cos'era? si guardò intorno, osservando  i visi dei suoi amici, dei suoi familiari. Avevano tutti un'espressione seria e gli occhi erano completamente neri, le sembrarono demoni dalle ambre allungate.
-Faaamishhhhhhheeedd- il sussurro distorto le riempì le orecchie, la invase, la spezzò come una bambola di cera, terrorizzandola.
Scappa! Vattene da qui, corri! le urlò la propria mente. Ma lei riusciva a mala pena a respirare, di muovere le gambe non ci pensava neanche. Tirò via la mano che ancora stringeva a Tom ma lui la trattenne.
-Vuoi tu prendere questo uomo come legittimo sposo, amarlo e onorarlo, in salute e malattia Finchè morte non vi separi?- La voce del prete era ultraterrena, Jenny immaginò che quella doveva essere la voce che Persefone aveva udito provenire dall'inferno quando Ade l'aveva rapita.
Alzò lo sguardo su di Tom,
ma anche sui sembrava diverso. Era più alto, il corpo era più muscoloso, la vita era sottile, i suoi capelli non erano di un castani ma bianchi come il gelo e i suoi occhi non erano screziati di verde ma blu come il mare in tempesta, come il cielo all'orizzonte, come il cuore della fiamma. Aveva mani fredde e bellissime, morbide e delicate come velluto ma forti come acciaio. La tratteneva con delicatezza, ma non avrebbe mai dubitato del fatto che avrebbe potuto romperle un osso con la semplice flessione di un dico. Il suo nome le rimbombava nelle orecchie, era tenebre e ombre che si mescolavano intorno a lui.
-Non scapperai da me Jenny- disse con un ghigno trionfante. Il ricordo della sua voce, della sua bellezza, era niente paragonabile all'udirla. Piccoli e delicati cristalli che si infrangevano contro un pavimento di marmo nero -Ma ti lascerò scegliere ancora una volta: Preferisci diventare mia o lasciare che io uccida tutti quelli che sono in questa chiesa?-
Jenny tremò e lui la prese per le spalle, la strinse per essere sicuro che non le sfuggisse. Non si fidava, e come poteva dopotutto? Lo aveva ingannato almeno la metà delle volte che lo aveva fatto lui.
-Vecchio, chiedi di nuovo alla mia futura sposa di dire il suo giuramento.- ordinò Julian con gli occhi che brillavano di selvaggia felicità.
-Vuoi tu
prendere quest'uomo come legittimo sposo, amarlo e onorarlo, in salute e malattia Finchè morte non vi separi?- domandò di nuovo il prete dalla toga ormai nera.
-Si, lo voglio- disse con le lacrime che iniziavano a scivolarle lungo il viso, trattenendo a stento un singhiozzo.
-Vuoi tu- questa volta si rivolse a Julian -Prendere questa donna come tua legittima sposa, amarla ed onorarla, in salute e malattia Finchè morte non vi separi?-
-Lo voglio-
-Io vi dichiaro marito e moglie.-
A quelle parole Jenny si sentì mancare. L'aveva ingannata, si era sostituito a Tom per costringerla a sposarlo.
-Da ora fino alla fine del tempo sarai mia, non ti lascerò scappare per nulla al mondo. Questo non è un gioco- Le sussurrò accostando le labbra all'orecchio poi Julian l'attirò a se e la baciò in maniera possessiva, con passione, come non si addiceva ad una chiesa, le catturò le labbra e lei non riuscì a respingerlo ma non lo baciò neanche. Si lasciò possedere come una bambola sconfitta. Ecco cos'era, era stata sconfitta. Sapeva che sarebbe tornato prima o poi per la resa dei conti e si odiò per non aver fatto nulla per impedirlo.
L'uomo ombra aveva vinto.



Ma cosa avevo detto io? Che aggiornavo presto? Ma giuro che non è stata colpa mia c.c mi si è fuso il pc e sto aggiornando dal Blackberry (immaginate la fatica, ricordate che vi amo)
spero che il capitolo vi sia piaciuto :D
bho, non ho altro da aggiungere........
Ah, la scena del matrimonio è ispirata al video della canzone 'A little piece of heaven'' nel senso, non c'entra nulla, ma la storia del video in se mi piace un botto quindi inserisco questa canzone (incredibilmente inquitante <3) in ogni scena di matrimonio....così, perchè mi ispira :')
Adios

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Nella tana del lupo cattivo. ***


3
It's not a war
No,this is not a rapture
I'm just a person, but you can't take it,
The same tricks that once fooled me
They won't get you anywhere
I'm not the same kid from your memory
Now I can fend for myself

[Questa non è una guerra/ No, non è un rapimento/ Sono solo una persona, ma che tu non puoi più prendere/ Gli stessi trucchi che una volta mi imbrogliarono/ Non ti porteranno da nessuna parte/ Non sono la stessa bambina dei tuoi ricordi/ Ora posso badare a me stessa]
Paramore- Ignorance


Jenny aprì gli occhi, le palpebre erano pesanti come macigni e non ricordava cosa fosse successo. Era stesa in un letto ampio, dalle lenzuola di seta nere e blu notte, a contatto con la pelle il tessuto le dava una piacevole sensazione di morbidezza. Aveva ancora il suo vestito da sposa, bianco con i merletti spagnoli, ma erano stropicciati per averci dormito sopra, frastornata cercò di sistemarli alla buona. Si trovava in una stanza incredibilmente grande, dai muri azzurri e i mobili neri e lucidi, nel camino una fiamma blu crepitava vivace riscaldando tutto l'ambiente, alle pareti c'erano quadri e fotografie d'avanguardia e in stile decò mentre sulla sinistra una tenda nera e argento lasciava intravedere l'enorme vetrata e il paesaggio. Jenny dovette sopprimere un gemito di paura. Fuori dalla finestra si vedeva una terribile tormenta e dune di roccia nuda.
-Sei bellissima con questo vestito.- Disse una voce ormai così familiare che avrebbe potuto riconoscerla tra mille.
Jenny non riuscì a guardarlo negli occhi, e trattenne a stento le lacrime di rabbia. Non gli avrebbe dato una simile soddisfazione.
-Perchè lo hai fatto?- domandò con talmente tanta calma che se ne stupì lei stessa -Pensavo non saresti più tornato-
Julian distese le labbra in un sorriso
-Perchè potevo-
Osservò con attenzione la donna che era diventata, più forte e sicura, meno ritrosa e molto più decisa.
-Pensavo che avresti avuto il buongusto di darmi una possibilità di andarmene, invece di rapirmi e ingannarmi come hai fatto-
-Ho solo preso ciò che desideravo. Se tu mi avessi riconosciuto, se fossi scappata prima di raggiungere l'altare se avessi lasciato che uccidessi quelle persone.... non saresti qui, non credi?-
Jenny gli scoccò un'occhiata carica di risentimento, ma cosa avrebbe potuto dirgli dopotutto? che non avrebbe mai dovuto comprare quel gioco anni fa, che non sarebbe mai dovuta entrare in quel negozio e trovarsi in quella via quel giorno, che avrebbe dovuto trovare un altro tipo di divertimento per il compleanno di Tom o che avrebbe dovuto buttare la scatola una volta comprata. Le sembrarono tutte supposizioni assurde, come piangere sul latte versato.
-Mi concedi un ballo?- domandò con un gran sorriso sornione -Dopotutto ora siamo marito e moglie- Jenny lasciò che la attirasse a se, che la stringesse tra le braccia e che la guidasse nelle danze.
Aggirarono il letto, le poltrone accanto al camino. Danzarono di fronte alla vetrata, sotto la luce malata della luna.
Sulle prime, Jenny si sforzò di assecondare i suoi movimenti, ma divenne via via più rigida mentre riconosceva i passi e la melodia.
Julian la vide guardarsi intorno: aveva la stessa espressione angosciata con cui si era divincolata da lui durante il ballo dell'ultimo anno.
Le sorrise senza dolcezza divertito del suo stesso scherzo.
La musica era quella di un tempo, un ritmo ultraterreno, melodico ma dal significato così oscuro da farti crollare a terra.
Quando l'umana cercò di respingerlo, Julian intrecciò le dita alle sue in una morsa ferrea.
Le sfiorò le labbra con le proprie.
-Non è ciò che hai sempre sognato, Jenny? Un principe che ballasse con te fino alla fine del tempo, che ti desiderasse sopra ogni cosa? Sorridi, mia cara. Stanotte lo avrai!-
Si era aspettato... cosa? Di vederla battere un piede a terra e piagnucolare delle ridicole scuse?
Lei non lo fece. Sollevò il mento con dignità.
-E tu? È questo che hai sempre sognato? Una donna che ti dica di sì perché la stai ricattando?-
L'uomo ombra la spinse via da sè.
La musica si spense immediatamente.
-Spogliati!- sibilò.
Per un istante Jenny parve non capire.
Poi obbedì.
Julian la osservò sfilarsi i nastri del bustino, la gonna ampia, le calze di seta e il completo intimo candido. Con lentezza, per guadagnare tempo.
Quando finì, Jenny rimase immobile, le braccia lungo i fianchi e i pugni stretti.
-Così va bene, uomo ombra?-
Julian sentì un principio di nausea artigliargli il ventre.
Era come l'aveva immaginata?
Difficile dirlo: quando la immaginava nuda fra le sue braccia, lei non aveva quella posa inflessibile, quella calma forzata. Non lo fissava come stava facendo adesso, come si sforzasse di guardargli attraverso.
Julian le andò incontro.
Senza distogliere gli occhi dai suoi, Jenny cominciò a indietreggiare.
Questo lo sorprese: avrebbe giurato che si sarebbe fatta uccidere piuttosto che mostrargli debolezza.
La vide trasalire quando incontrò il muro con le spalle, vide il sangue affluire alle guance, udì il battito del suo cuore accelerare.
La imprigionò contro la parete, i palmi appoggiati ai lati della sua testa.
Udì la propria voce, bassa, leggermente arrochita, sussurrarle parole di scherno.
-Dove vai, mia cara? La stanza è finita!-
Il calore della sua pelle era una promessa esaltante attraverso i vestiti. Julian la afferrò per i fianchi, lasciandole segni rossi e bianchi nella carne morbida.
Jenny chinò il capo.
Si aggrappò alle sue braccia, le strinse con tanta forza da affondargli le unghie nella carne attraverso le maniche.
E nonostante aspettasse quel momento da anni, solo in quel momento Julian capì come sarebbe stata.
Lo capì quando vide l’avversaria più degna che avesse mai avuto sollevare una mano e nascondersi il viso.
Lo capì quando premette il petto contro il suo seno e la sentì tremare per il desiderio di respingerlo.
Avrebbe dovuto ridere: una parte di lui lo esigeva. Costringerla a confessare il desiderio che le aveva sempre letto negli occhi, rinfacciarglielo e infine esaudirlo nel più brutale dei modi, trasformandolo in una realtà peggiore di qualunque incubo.
Invece affondò il viso in quei capelli dello stesso colore dell'oro, e inspirò ferocemente.
Jenny, Jenny, Jenny.
I suoi occhi verdi e luminosi, la sua energia, la sua luce. Buona. Qualcosa che lui non avrebbe dovuto neanche sfiorare, così pura da essere proibita per lui.
Julian la baciò sulla tempia senza dolcezza; le prese il viso fra le mani, forzandola a sollevarlo.
La baciò sulle labbra, le saggiò tra i denti, famelico, scoprendole più morbide di quanto avesse immaginato nelle sue notti insonni.
Fedele alla sua promessa lei non oppose resistenza, ma neanche ricambiò. Non era stupito della sua forza di volontà, ne aveva avuto un assaggio durante i giochi.
Jenny nel negozio dei giochi, dalle labbra rosse quanto le sue guance incantata dalla scatola bianca e lucida, Jenny che osservava sotto di se il cielo prima di saltare con Dee. La sua espressione di terrore, un attimo prima del salto.
Aveva occhi lucidi per l’angoscia. Una volta, in quello sguardo verde, l’ostilità era stata stemperata dall’attrazione, ma adesso vi rimaneva soltanto orrore.
Lo sta facendo di nuovo, adesso: gettarsi nel vuoto per salvare chi amava
(Non scapperai da me Jenny....se ci proverai ucciderò tutte le persone qui dentro)
Solo il tipo di salto era diverso.
Julian aprì le braccia, fece un passo indietro.
Lei non se lo aspettava. Si appoggiò al muro, i capelli arruffati sugli occhi. Si coprì il più possibile con le braccia.
Julian le voltò le spalle.
-Rivestiti.-
****

Era così frastornata e le mani le tremavano così tanto che impiegò un’eternità a chiudere i gancetti del reggiseno. Infilarsi i pantaloni e la maglietta che erano apparsi sul letto fu un’operazione molto più semplice, che eseguì rapidamente. Per quanto lo potesse detestare in quel momento per ciò che le aveva fatto e come l'aveva trattata, non riuscì a non provare un senso di gratitudine per aver fatto sparire il suo vestito da sposa e averle dato quei vestiti più semplici e pratici. 
Julian le diede le spalle per tutto il tempo, una sagoma scura stagliata contro il chiarore inquieto del fuoco. Quell’improvviso riguardo, completamente in contrasto con la crudeltà di poco prima, la disorientava ancora di più. Era troppo scossa, comunque, per chiedersi il perchè di quel comportamento.
Rimase per qualche istante a contemplarlo, le mani premute contro lo stomaco in subbuglio. 
La sfida tra loro non era mai stata né leale né priva di rischi, ma si erano sempre affrontati da pari a pari. Adesso quel limite era stato sfiorato, quasi infranto. Per la prima volta, Jenny aveva davvero paura di incontrare lo sguardo dell'uomo ombra.
Alla fine fu lo stesso Julian a prendere la parola.
-Temo di essere stato piuttosto… avventato.-
Jenny rimase così spiazzata che pensò di aver udito male.
Julian si voltò, i lineamenti composti in un’espressione indecifrabile.
Un orologio invisibile scoccò le ore, Jenny contò i battiti stupita che fossero le due passate. Julian piegò il capo da una parte, come a voler ascoltarne meglio il suono, e poi sbuffò annoiato.
-Ti mostro la tua stanza, sono in ritardo.- Mormorò avvicinandosi alla porta.
-La mia stanza?- Domandò dubbiosa.
-Preferisci dormire nel mio letto?- La schernì lui con uno sguardo divertito.
-Ma certo che no!- si affrettò a dire lei seguendolo.
-Me lo aspettavo- Uscì dalla porta e lei lo seguì. Si era aspettata corridoi pieni di specchi e scale che si muovevano, invece sembrava una casa piuttosto ordinaria. Enorme ed eccentrica, ma alquanto normale per un tipo come Julian.
-Attenta a non perderti, la casa è molto grande- le disse svoltando l'angolo. Dopotutto non era poi così complicato, la sua stanza era abbastanza vicina a quella di Julian, quantomeno sarebbe riuscita ad arrivare alla sua di stanza. Anche se, riflettè, era l'ultimo dei suoi desideri.
Jenny barcollò, non vedeva granché e per poco non finì per sbattere contro in mobile.
-Non si vede niente- Si lamentò massaggiandosi il gomito.
-Io vedo bene anche di notte e non ho ospiti in genere- forse avrebbe dovuto dire: Non ho mai avuto ospiti, ma gli sembrò inutile fare quel commento -Provvederò ad illuminare meglio la casa-  Si fermò davanti ad una porta del tutto simile alle altre. Abbassò la maniglia e la spalancò.
-La tua stanza.-
Jenny rimase sulla soglia. La porta dischiusa le offrì lo scorcio di una camera da letto.
Aveva tenuto testa a Julian per tutta la sera, e poi lo aveva seguito per i corridoi camminando come in un sogno, ma ora la visione di quegli oggetti così semplici e quotidiani, un letto, una specchiera, una sedia, un armadio, forzò brutalmente il suo torpore.
La consapevolezza cominciò ad afferrarla, si arrampicò con dita gelide lungo la sua colonna vertebrale.
Jenny indietreggiò di scatto, andando a sbattere con la schiena contro il petto dell'uomo. Si voltò verso di lui, si aggrappò alla sua manica, smarrita.
-Resterò qui per non so quanto e non ho avvertito nessuno!-
Il volto di Julian era una maschera inespressiva.
-Rimarrai qui per sempre.-
Jenny sentì l’impulso irrefrenabile di ridere. Si sforzò di trattenersi perchè aveva la sensazione che, se non lo avesse fatto, il suono che le sarebbe uscito dalle labbra le avrebbe lacerato la gola e sarebbe risuonato per i corridoi e contro il soffitto come le grida di una pazza.
Entrò nella stanza.
La voce di Julian la raggiunse da molto lontano.
-La cena sarà servita fra un'ora.-
Distante anni e anni luce, Jenny udì lo scatto della porta che si chiudeva.
Era rimasta sola.
Qualcosa in lei si spezzò per il sollievo, e finalmente fu libera di piangere.



Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Another One Bites The Dust ***


4 Seduta sul bordo del letto, Jenny si asciugò le lacrime con il dorso della mano e tirò su col naso.
-Coraggio, ragazza. Piangere non serve a niente.-
La sua voce risuonò nella stanza più ferma di quanto avesse previsto, e questo le diede un inaspettato sollievo. D’accordo: si sentiva confusa e spaventata, ma poteva riuscire a nasconderlo. Non era molto, ma era già qualcosa.
Si guardò intorno. Il suo letto era grandissimo e con coperte morbide e voluminose e dallo stile moderno e sofisticato, simile a quello che aveva visto nella stanza di Julian, ma le tende erano sul verde, e non avevano i colori freddi di quella dell'uomo Ombra.
L'arredamento era semplice e familiare: una toletta con uno specchio ovale, un basso armadio a quattro ante, un camino spento, sul quale troneggiava un dipinto raffigurante un paesaggio autunnale. Sparpagliati per la stanza c'erano diversi lumi ad olio, ma erano tutti spenti: l'unica luce presente era il chiarore lunare che filtrava attraverso un'ampia finestra.
-Ci vorrebbe un po' più di luce.- mormorò Jenny.
Aveva appena finito di dirlo, che piccole fiammelle incerte cominciarono a luccicare nei lumi, spandendo nella camera un morbido chiarore dorato.
Jenny sgranò gli occhi, le labbra si di schiusero in un sorriso pieno di meraviglia.
-Vorrei anche un po' di fuoco... nel camino.- si affrettò ad aggiungere.
Le fiamme divamparono nel caminetto, nonostante non ci fossero ceppi di legno da consumare. Le fiamme dalla particolare luce blu erano in netto contrasto con i lumi dal chiarore giallognolo, creando assurdi giochi di luce.-Così funziona tutto con la magia.- disse sorpresa.
Guardò la stanza con maggiore attenzione: sembrava disabitata da lungo tempo, ma non c'era un granello di polvere sulla superficie dei mobili o sopra lo specchio.
Jenny aprì i cassetti della toletta: c'erano spazzole, fermagli, boccette di profumo. Poi andò a curiosare nell'armadio. Quando aprì le ante scoprì che non solo c'erano tutti i suoi vestiti abituali ma anche tutti i vestiti che aveva adocchiato nei negozi ma che non aveva mai comprato. Dior, Chanel, Armani... uno solo di quei vestiti le sarebbero costati una fortuna. Per non parlare delle scarpe!
Jenny si diede della sciocca, tutto quello di cui aveva bisogno per il momento era un completo semplice e che la coprisse il più possibile. Anche se dubitava che Julian le sarebbe saltato di nuovo a dosso come prima. Infine, scelse una camicetta verde, pantaloni neri e scarpe basse.
Si guardò intorno, dubbiosa.
-Ci sarà un bagno, da qualche parte?-
Nascosta nella penombra, scorse una piccola porta incassata nel muro.
La aprì e... si ritrovò nel bagno di casa propria.
Si voltò, disorientata.
Dietro di lei c'era la stanza che Julian le aveva assegnato, davanti a lei il bagno del suo appartamento.
Jenny aprì il vano della doccia e scoppiò a ridere vedendo la spugna a forma di coccodrillo.
-Questa poi! Questo posto è semplicemente assurdo!-
Si spogliò e si lavò in fretta. Ogni cosa era al suo posto: dai flaconi di bagnoschiuma alle asciugamani di spugna. Era tutto irreale: Jenny non sapeva più se si trovava nel mondo delle ombre e sognava di essere a casa, o se si trovava casa e sognava di essere nel mondo delle ombre.
Uscì dal bagno vestita di tutto punto, finendo di abbottonare la camicia sul seno. Non aveva idea di che ora fosse, men che meno dove potesse essere la sala da pranzo. Decise di affidarsi alla dea fortuna e uscì dalla stanza. Il corridoio era illuminato da lampade di riso e non era più buio come prima. Almeno poteva vedere dove metteva i piedi. Iniziò a curiosare per i corridoi, cercando di capire dove dovesse andare, si fermò per un momento a guardare la porta della stanza di Julian. Corrugò la fronte e si voltò dall'altra parte. Si sarebbe affidata al proprio istinto piuttosto.
-Dopo averti osservata per così tanti anni, ero arrivato alla conclusione che fossi un tipo particolarmente puntuale...ma forse mi sbagliavo- Dietro di lei, Julian si era di nuovo cambiato. Indossava una t-shirt blu chiaro e una giacca nera con i polsini girati sino ai gomiti, le mani affondate nelle tasche del jeans nero e scarpe classiche. Un vero misto di stili, eppure gli donavano in modo impressionante
-Perchè sei sempre così odioso?- sbuffò infastidita. Poteva accettare che l'avesse rapita, portata in un mondo che le era ostile, che fosse stata costretta a dire addio a tutte le persone che amasse. Poteva anche sopportare l'idea che avesse rovinato il suo matrimonio, ma non sopportava che se ne prendesse gioco.
-Perchè mi diverte.-
-E' la seconda che mi rispondi così, ti diverte vedermi impazzire?-
-Qualche volta.- rispose con un sorriso. Si incamminò, facendole cenno di seguirlo. Di tanto in tanto, lui le chiedeva qualcosa sulla sua vita che, suo malgrado, si era lasciata alle spalle.
-Dopo di te.-
La ragazza entrò nella stanza, le gambe rigide.
E si fermò dopo qualche passo, incantata.
Nessun lume, nessun fuoco rischiaravano la tavola apparecchiata e le vivande.
L’unica luce presente veniva da una vetrata immensa, che occupava un’intera parete.
Il chiarore che filtrava dall’esterno era di un bianco perlato, e conferiva alle ombre una sfumatura azzurrina.
Come in un sogno, Jenny attraversò la sala. Oltrepassò il tavolo, le sedie, e si accostò ai vetri.
Ciò che vide le mozzò il fiato.
Il cielo del mondo delle ombre era privo di stelle, ma un'enorme luna piena lo rischiarava. La luce candida grondava sui bastioni della casa vittoriana,  circostante. Si riversava sulla tormenta e le dune di roccia come una densa colata d’argento, creando incredibili iridescenze.
In lontananza, l'orizzonte era nero come una macchia d’inchiostro. Il chiarore lunare non sfumava quell’oscurità, sembrava anzi definirla in modo più netto. C'erano altre case oltre a quella. Jenny riuscì a vedere delle piccole luci e sagome di edifici che fremevano bui, come se bisbigliassero tra loro e non riuscissero a trattenere risate crudeli.
Oltre quella che lei soprannominò ''la città'', la luce si sfarinava sulla superficie di lontanissime cascate verdazzurre e montagne innevate.
Quando il suo respiro appannò leggermente il vetro, si rese conto di aver trattenuto il fiato per qualche secondo.
-È tutto… diverso.-
-Perché i tuoi occhi sono diversi.-
La presenza di Julian... vicino, molto vicino… le diede un brivido non del tutto sgradevole.
Per una volta la sua voce non le sembrò né beffarda né allusiva. C’era una sorta di stanchezza in essa, che Jenny non riuscì a capire.
Premette la mano contro il vetro freddo, socchiuse gli occhi, rapita, lasciando che il chiarore di quella strana luna le sfiorasse la guancia come una carezza.
Quasi si stupì che non le trasmettesse calore.
-In questi sette anni, quando sognavo il mondo delle ombre o il parcogiochi, lo sognavo così.-
Il tono di Julian fu perfettamente incolore:
-Così tu hai sognato il mondo delle ombre.-
Jenny si staccò dal vetro di scatto.
-Qualche volta.-
Fece per allontanarsi dalla vetrata, ma Julian le sbarrò la strada.
Non tese le mani verso il suo viso, non fece nulla per toccarla, eppure questa volta fu lei che si premette i palmi contro le gambe per non poggiare le mani sul suo petto.
-Hai mai sognato me, Jenny?-
La ragazza lo guardò negli occhi, e improvvisamente ebbe paura.
Nel vederlo in quel modo, il volto livido al chiarore argenteo della vetrata, con quei capelli selvatici che sembravano fatti di luce e quegli occhi blu dalla vitalità inumana, le sembrò un essere terribilmente diverso da lei, incomprensibilmente altro.
Non aveva nemmeno importanza che non volesse farle del male: la sua sola vicinanza, di per sé, la minacciava.
La verità le parve l’unica, fragile difesa in grado di proteggerla da lui.
-Sì, ho sognato anche te, a volte.- Esitò. -Non erano bei sogni.-
Julian chiuse gli occhi.
Impossibile dire se fosse rimasto sorpreso o ferito dall’onestà di quell’affermazione.
O se, in fondo, se la fosse aspettata.
Quando parlò, il suo tono fu accuratamente vuoto di ogni emozione.
-A volte, Jenny, preferirei che tu mentissi.-
***
Rimasero in silenzio per un po'. La ragazza si chiese se non fosse il caso di dire qualcosa ma poi ritirò l'idea. Era furiosa con Julian.
Mangiarono in silenzio e lei si stupì della bontà di quei cibi. Chi cucinava...Julian? L'idea di vederlo impegnato ai fornelli la fece sorridere senza accorgersene.
-Cosa c'è che ti diverte tanto?- domandò senza alzare lo sguardo dal piatto.
-Mi chiedevo se avessi cucinato tu.-
-Certo.- rispose con un sorriso. A Jenny per poco non andò di traverso l'acqua che stava bevendo.
-Cosa? TU sai cucinare?-
-Sono rimasto solo per molto tempo...- rispose e Jenny vide i suoi occhi riempirsi di ombre, non osò dubitare delle sue parole -Il minimo che potessi fare era imparare a provvedere a me stesso, non credi?-
-Si.-
Doveva aver passato molto tempo da solo, Jenny non riuscì a non immaginarsi che cosa volesse dire vivere per così tanto tempo in totale solitudine, senza poter parlare con nessuno, osservare ore ed ore la terra. Julian fece uno sbuffo infastidito non appena sentì scoccare l'ora.
-Ci ri siamo!- sbuffò fra se e se.
-Come?-
-Mi dispiace, è meglio se torni nella tua stanza- disse senza darle una risposta. -Stanno per arrivare i miei antenati- aggiunse a mo' di spiegazione. -Non credo di convenga che ti trovino qui-
Jenny rabbrividì, non voleva incontrarli in nessun caso, ricordava ancora in modo spaventosamente reale l'ultima volta che li aveva visti, la loro pelle cuoiosa, gli occhi famelici, troppo veri visto che quella non poteva essere la realtà.
-Allora io vado- disse alzandosi.
-Jenny, aspetta...- sussurrò Julian ancora seduto sulla poltrona. Aveva un gomito appoggiato al tavolo e con l'altra mano tracciava spirali argentate. Era così esotico, e fuori dall'ordinario che ancora faticava a rendersene conto.
-Che c'è?-
Sembrava titubante, quella doveva essere la prima volta che lo vedeva così.
-Nulla. Buonanotte.-

***

Il corridoio fiocamente illuminato era incredibilmente inquietante. Non perchè fosse di pietra, come vecchie catacombe che ti rendono claustrofobica, ma perchè nella una ordinarietà era misterioso. I quadri ad esempio, inizialmente non li aveva notati. Adesso si concesse un'occhiata più tranquilla alle pitture. Fanciulle squisite, nude o con drappi leggeri, in stile cinquecentesco, antichi miti rappresentati con genio, colori brillanti, vivi, talmente vivi che sembravano potessero prendere vita da un momento all'altro, e altri ancora spaventosi, orribili incubi talmente angoscianti che le fecero venire i brividi.
-Ti abbiamo riportato in vita, ma per uno scopo.- Una voce meravigliosa interruppe i suoi pensieri. Si voltò di scatto ma la voce non parlava con lei, era rivolta a Julian, in una delle stanze. Per un momento fu tentata di scappare, rifugiarsi nella sua stanza. Aveva paura degli uomini ombra, paura di quello che sarebbe potuto succedere se l'avessero trovata li. Ma, infine, la sua curiosità ebbe la meglio. Accostò l'occhio alla porta socchiusa e vide un'ombra gigantesca. Era enorme, ricurva, era di fronte a Julian che era di profilo, e riusciva a vedere solo i contorni neri e definiti del mostro, come se indossasse un manto di tenebre. 
-Tu hai un debito con noi-
-Sono pronto a estinguerlo. Sono un uomo di parola, lo sai bene.-
-Non ne sarei così sicuro. Ci hai già delusi in passato. E adesso...sei tornato ad inseguire quell'insulsa ragazzina.- La voce dell'ombra si fece più dura, feroce.
-Non ostacolerà di certo i vostri piani- Julian si era voltato. Il suo profilo, così pulito e perfetto, venne oscurato dalla mano dell'ombra, dal suo ghigno lucente, dalla luce zaffirica degli occhi.
-E cosa vorresti farne di quella ragazzina, dimmi?-
-Io voglio...- si interruppe per un momento, i capelli bianchi di Julian sembravano color oro illuminati dal fuoco che danzava nel camino -Voglio semplicemente possederla. E' la mia preda.-
-Sarà meglio così. Ma che ti sia ben chiaro questo monito: Non appena infrangerai il tuo giuramento, la tua punizione sarà ben più dolorosa di quella che ti abbiamo già inferto per il tuo tradimento-
Jenny deglutì a fatica. Si allontanò lentamente, girò l'angolo e arrivò nella sua stanza. Sentiva il cuore battere a mille, non sapeva neanche dire il perchè. La vista dell'uomo ombra l'aveva terrorizzata. Le aveva trasmesso così tante cattive sensazioni che non riusciva a credere che esistesse un essere tanto spregevole... non che credesse alle parole di Julian in ogni caso. Se avesse voluto solo possederla, nella sua stanza avrebbe potuto benissimo farlo.  Non riusciva a muoversi. Ogni sua terminazione nervosa era tesa in attesa di un attacco da qualcuno nell'oscurità.

Riuscì a calmarsi solo dopo qualche ora. Era rimasta per tutto il tempo seduta per terra con le spalle contro la porta, in ascolto. Le mancava Tom. Le mancava la tranquillità del loro appartamento, le mancavano i progetti per la luna di miele, le mancavano gli scherzi e le risate. Li non sapeva neanche che ora fosse. Aveva come l'impressione che il quel mondo non sorgesse il sole.
Che fosse un mondo vuoto, come il cuore degli uomini ombra.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** buono o cattivo? ***


5

Jenny aprì gli occhi. La prima cosa che notò, quella mattina, era che non era nel suo letto. Si guardò per un momento spaesata, come se si fosse dimenticata per un attimo cosa fosse successo. Poi ricordò: Il matrimonio, Julian, si era sposata con lui perchè aveva preso le sembianze di Tom, ingannandola. Ma un'altra cosa la confuse. Era nel letto. Ricordava, e se ne vergognò al pensiero, che era rimasta fino ad addormentarsi per la stanchezza accovacciata accanto alla porta, rannicchiata e in lacrime come una bambina, spaventata che un uomo ombra potesse andare a prenderla. Ora, invece, era sdraiata nel letto ampio e morbidissimo, coperta da lenzuola di seta calde. La stanza era ancora avvolta dalle tenebre.
-Ah, che stupida che sono. Siamo nel mondo delle ombre. Non posso certo pretendere di veder albeggiare.- si disse alzandosi. Guardò l'orologio e fu almeno felice che erano solo le otto del mattino. Si fece una doccia veloce e si vestì. Non voleva che Julian dicesse che era una dormigliona, ignorando volutamente l'idea che Julian fosse entrato nella stanza e che l'avesse messa a letto. Il corridoio era così illuminato che Jenny avrebbe voluto degli occhiali da sole, inutile dire che Julian passava facilmente da un eccesso all'altro. C'erano lampade di ogni forma e dimensione, alte e basse, gialle e bianche.
Continuò a camminare cercando di ricordare dove fosse la sala da pranzo, ma un rumore la distrasse. Proveniva da una grande porta a vetri, a sud della casa. Un odore dolce come miele la costrinse ad avvicinarsi, ad aprire la porta trovando Julian.
-Julian?- mormorò dietro di lui. era accovacciato per terra, su un ginocchio, e sembrava giocare con qualcosa. L'unica nota stonata era quell'enorme macchia nero- rosso che si allargava sempre di più. Lui si voltò appena. Dietro di lui, la spia respirava a fatica alzando e abbassando il torace in modo frenetico.
-Jenny....Passami quel vassoio- disse allungando verso di lei una mano insanguinata. Lei le porse il vassoio e lui tornò ad ignorarla.
-Cosa è successo?-
Julian non le rispose. Continuò a rimanere accovacciato a terra, su quella massa informe di peli neri e che ogni tanto si muoveva. Julian, con le spalle curve e le mani che si muovevano veloci e sicure, sussurrava parole che lei non aveva mai sentito prima, forse in una qualche lingua morta, le sussurrava con una tale dolcezza che le sembrò quasi una ninna nanna. E durò molto, anche se non sapeva dire quanto dato che li il tempo era perennemente confuso. Poi finalmente Julian smise di parlare, l'incantesimo si sciolse, e lei poté tornare a respirare.
Lui si alzò, strofinandosi tre volte le mani, e Jenny, non riuscendo più a combattere contro la curiosità, si avvicinò per vedere cose avesse combinato.
Il lupo, la spia, era sdraiato per terra. Aveva una delle zampe anteriori fasciata in modo accurato e dormiva placidamente. Il suo pelo nero era macchiato di sangue e, per quanto le facesse paura quel cane enorme, sembrava quasi un cucciolo.
-Cos'è successo?- domandò di nuovo la ragazza.
-Niente che ti riguardi, solo un piccolo incidente- rispose freddo l'uomo ombra.
Jenny non lo sopportava. Lo odiava. un momento prima era dolce con il lupo, il momento dopo era più freddo del ghiaccio.
Ora il lupo riposava, e Julian, dopo aver riposto le garze e gli utensili che aveva usato per medicare la spia, si accovacciò accanto a lui e iniziò ad accarezzarlo. Sembrava un bambino con il proprio cucciolo, Jenny, per quanto infastidita dai suoi perenni sbalzi d'umore, non riuscì a non pensare che in quel momento sembrava quasi umano.
L'orologio scoccò l'una, facendo sobbalzare Jenny poiché era l'orologio di suo nonno a suonare, lo stesso che scandiva le ore nella casa di carta.
-Julian..- mormorò, impacciata.
-Dimmi-
-Vuoi che cucino io per pranzo?-
-Posso farlo io- rispose lui, continuando ad accarezzare il lupo con affetto.
-Se vuoi stare con la spia posso pensarci io. Mi piace molto cucinare e tu mi sembri un po' preoccupato per lui..- si giustificò lei, sorridendo.
-Bhe, in questo caso d'accordo. ehm...la cucina è di sotto, se ti serve qualcosa basta chiedere- rispose lui, e le parve addirittura impacciato, sorpreso da quell'inaspettato atto di gentilezza. Non che fosse stupito che Jenny si comportasse in modo gentile, dato che lo era sempre con tutti, ma infondo, lui l'aveva ingannata e rapita. Doveva aver decisamente sottovalutato quanto fosse gentile.

Jenny andò di sotto. Il piano inferiore era meno illuminato, probabilmente perchè Julian non si aspettava che ci sarebbe andata. 
Scegliere cosa cucinare si dimostrò più difficile del previsto; Julian, di sicuro, aveva assaggiato le cucine migliori del mondo e lei di certo non era una cuoca eccezionale, per quanto brava. Alla fine optò per una frittata di patate e verdure, veloce e semplice da fare, ma comunque buona. Ci mise una ventina di minuti e la portò nella sala da pranzo.
"Julian non è ancora sceso... sarà ancora di sopra." pensò, e salì a chiamarlo. Quando entrò nella sala dove lo aveva lasciato trovò qualcosa che la lasciò, letteralmente, senza parole: Julian era ancora inginocchiato accanto al lupo, ma con la testa appoggiata sulla sua schiena e le mani affondate nel pelo folto della bestia. Ogni tanto stringeva gli occhi, come se il pelo gli facesse il solletico nel sonno. Sembrava così tranquillo, così innocente che faticava a tenere a mente quanto fosse pericoloso. Fece ancora un passo verso di lui e ora gli era così vicino che poteva vedere  le sue palpebre che tremavano, si avvicinò ancora un po' e quasi poteva toccarlo ma all'improvviso, qualcosa la spinse lontano. Non capì subito cosa l'aveva colpita ma doveva aver gridato perchè Julian, in meno di un secondo, era già in piedi. Il serpente sibilava minaccioso e la guardava con i suoi occhi di fuoco, mentre faceva oscillare  la sua coda a sonagli, Jenny si appiattì ancora di più contro il muro mentre non riusciva a tremare dallo spavento.
-Va bene, adesso basta.- la voce di Julian era profonda e non appena pronunciò la prima sillaba il serpente si calmò e strisciò fuori dalla stanza.
-Cosa diavolo pensavi di fare?- le domandò Julian con un'espressione dura -Non ti ha mai detto nessuno che non si fissa la gente mentre dorme?-
Jenny ne rimase senza parole -C-cosa?- per un momento pensò di non aver capito bene -Ti stai lamentando perchè ti ho accidentalmente guardato dormire? Ti rendi conto che tu hai fatto la stessa cosa a me per 16 anni?- non si era mai sentita così furiosa. Poteva accettare qualunque cosa, ma non rischiare di morire perchè aveva guardato una persona dormire.
-Non farlo mai più- le ordinò -O la prossima volta non fermerò il serpente.-
***

Jenny si era così arrabbiata con Julian per quello che era successo, per il modo in cui l'aveva trattata che si era chiusa da almeno quattro ore nella sua stanza, sdraiata nel letto a guardare il soffitto e il fuoco blu. In quel momento era difficile non pensare a quanto le mancasse Tom e i suoi amici, sua madre e suo padre, la sua chiassosa città. In quel mondo c'era un silenzio assordante.
*toc toc*
Dei colpi gentili alla porta la distrassero dai suoi pensieri: quando aprì si ritrovò davanti Julian con un vassoio con due fette abbondanti della sua frittata di verdure e un succo di frutta.
-Non hai pranzato.- disse alzando le spalle.
-Non ho fame, grazie.- stava per chiudere la porta quando Julian la fermò.
-Ok, d'accordo. Sei arrabbiata, è evidente. Ti chiedo scusa, non dovevo alzare la voce e sgridarti.-
Julian si stava scusando, Jenny non avrebbe mai pensato che lo avrebbe fatto.
-Io..ok.-
 Davvero non capiva come facesse a cambiare umore così bruscamente. Spesso le ricordava un bambino. Lui entrò nella stanza con un sorriso e mise il vassoio sul letto.
Adesso, sembrava decisamente di buonumore.
-Mangia, voglio farti vedere la casa e un po di altre cose.- le promise uscendo come un tornado dalla stanza.
"Bhè" pensò lei " Non sarà perfetto, ma di certo non è noioso"



Salve, qui è la vostra Cyanide che vi parla C:
so che il capitolo ha circa mille anni di ritardo e che a mio parere lascia un po' a desiderare ma, capitemi, io fatico sempre a scrivere i capitoli intermedi e presto vi tempesterò di sorprese:D
il capitolo ha questo terribile ritardo anche perchè quest'anno c'è stata la mia maturità e non ho mai toccato il computer purtroppo!
ma adesso che sono in vacanza, prima dell'inizio dell'università, cercherò di darmi da fare per finire la storia.
come sempre, per info potete contattarmi nei messaggi privati del sito  oppure su facebook (https://www.facebook.com/JekaNicoNico)
una buona serata a tutti:)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Fear ***


fear

Girl,
Your final journey has just begun
your destiny chose the reaper.
No fear, destination darkness
The Rasmus – No fear




Luna. Luna grandiosa. Luna piena, paffuta, candida, che illuminava la notte come fosse giorno, che diffondeva la sua luce ovunque e portava gioia, gioia, gioia. E con essa le grida a squarciagola della notte, il soffio selvatico e dolce del vento tra gli alberi secolari, il gemito vacuo delle stelle, il muggito a denti stretti del riflesso sull'acqua.
Con i suoi tenui raggi giocava ad infiltrarsi attraverso i vetri di una finestra, danzando nella piccola stanza con un bagliore etereo.
 La ragazza aprì gli occhi di scatto, il cuore le palpitava nel petto. Portando il dorso della mano alla fronte, la trovò madida di sudore. Le piccole goccioline sembravano risplendere come cristalli nell’impalpabile chiarore lunare. Fissò la piccola sveglia sul comodino accanto al letto, segnava le due del mattino.
Notte, è sempre notte. Che siano le due del mattino o le due del pomeriggio, non esiste altro che notte. Si chiese: ma cosa ci sarà mai la fuori? Era stanca di stare chiusa in casa, senza mai poter uscire. Si girò e rigirò a lungo nel letto, ma infine dovette arrendersi: non si sarebbe mai più addormentata.
L'incubo l'aveva spaventata, ma non riusciva a ricordarsi di cosa si trattasse. Probabilmente il suo inconscio le aveva ricordato la litigata con Julian. Quella sera, a cena, si era fatta scappare che avrebbe voluto prendere un po' di sole, che le mancava la sua citta, i suoi amici. La reazione dell'uomo ombra era stata decisamente esagerata. Si era infuriato, e per tutta la cena non le aveva rivolto la parola. Quando Jenny gli chiese cosa avesse, lui aveva iniziato ad urlare che, visto che le mancava tanto il sole, forse le avrebbe fatto bene una gita sul sole.
Il tutto si era concluso con una sfuriata da parte di entrambi e da quel momento , Jenny, giurò che non le avrebbe mai più rivolto la parola. Era davvero stanca del suo modo di fare, dei suoi continui sbalzi d'umore che peggioravano di giorno in giorno. Aveva nostalgia della vita a cui era stata strappata contro la sua volontà e, per quanto si sforzasse, Julian non gliela poteva restituire.
 
Si alzò e indossò la vestaglia. I boccoli dorati le ricaddero lungo il corpo, sulla camicia da notte color cipria, e la avvolgevano come ,un tempo, faceva il sole.
Il corridoio era sempre illuminato a giorno, nulla sembrava essere cambiato.
Mentre camminava, scansando qualche lampada di troppo, ripensò alle sue due ultime settimane in quel luogo: Julian si era dato un gran da fare per darle tutto ciò che avesse mai desiderato. Ogni giorno, apriva una porta diversa della sua gigantesca casa ed era come entrare in un mondo diverso; un mondo fatto di colori, di suoni.
Tuttavia, erano sempre solo loro due.
Chissà cosa faceva tutto da solo, pensò svoltando l'angolo, diventando malinconica all'idea di tutti quegli anni che doveva aver passato da solo. Poteva quasi vederlo: un ragazzo dal viso d'angelo, avvolto in un'eterna oscurità…gli occhi velati da un sentimento inspiegabile, come se cercasse costantemente qualcosa, mentre osservava i colori così brillanti della terra. Forse, pensò, era stato un po' indelicato iniziare a parlare della sua famiglia proprio a lui che non ne aveva mai avuta una.
Non sapeva dove stesse andando, ma aveva voglia di camminare. Così non si curò di capire dove fosse veramente. Superò qualche porta, svoltò qualche curva, come se stesse percorrendo un labirinto. Non le interessava sapere neanche come avrebbe fatto a ritrovare la sua stanza. 
Poi si fermo. Uno spettacolo incredibile l'aveva appena incantata.
Guardando da una delle poche finestre della casa, poteva vedere lo scenario che aveva scorto una volta nella casa di carta: montagne illuminate da una luce verdastra, sferzate da soffi di vento che, normalmente,  avrebbero fatto volare via una casa. E la luna: così grande da sembrare innaturale.
Normalmente si sarebbe spaventata perchè sembrava più uno scenario post-apocalittico che un paesaggio, ma in quelle cinque settimane aveva visto talmente tante cose assurde che la cosa non la sconvolse, anzi, la incantò. 
Non sapeva dire quanto tempo fosse stata davanti a quella finestra, ma sussultò quando si accorse della persona dietro di lei. Avvolta nell'oscurità, la figura di Julian era una sagoma nera che si fondeva con il muro.  Solo i suoi occhi dondolavano silenziosi, osservandola e studiandola.
La prima cosa che notò, prima ancora di voltarsi, furono i brividi che le percorrevano lungo il corpo. Cos'era quella sensazione di paura primordiale? Sapeva benissimo che, per quanto minaccioso si facesse, Julian on le avrebbe mai fatto del male. Lui la osservava silenzioso, tanto che per un momento si chiese se fosse veramente li, o se fosse solo un'allucinazione da sonno.
-Oh..- quando, finalmente, ruppe il silenzio, Jenny si sentì quasi cadere. -Tu non dovresti stare qui.-
Le ricordò la prima volta che lo aveva conosciuto. Forte, ammaliante, sembrava avvolgerla pur restando distante. La voce del lupo che incanta Cappuccetto Rosso, mentre si affila le zanne.
-Ah Julian…- Non se ne era accorta, ma aveva risposto molto, molto dopo. Cercò comunque di mantenere un contegno: non aveva intensione di perdonarlo così facilmente. Ma era incantata dai suoi occhi, non riusciva a far altro che fissarli. 
Come gli occhi di una tigre, tanto belli quanto minacciosi.
-Dovresti fare attenzione…è pericoloso gironzolare nella tana del lupo cattivo.- La sua voce urlava pericolo.
In quel momento desiderò scappare via. Non ne capiva il motivo, ma si sentiva come se dovesse saltarle alla gola da un momento all'altro.
-I-io avevo voglia di fare due passi, non ho pensato a dove andavo.- Fu più forte di lei e non riuscì a non balbettare.
-Dovresti fare attenzione- ripeté. Solo che questa volta sorrise mostrando i denti: L'adrenalina nel suo corpo la faceva tremare tutta. Non si era mai sentita così minacciata da Julian, voleva correre, ma il suo corpo sembrava come paralizzato.
-Dovresti fare attenzione. Un lupo non ci pensa molto prima di strapparti il collo-
Ed era questo che sembrava Julian. Un lupo affamato pronto a divorarla in un sol boccone.
Ho paura. Ho paura. Ho paura.
Non pensava ad altro.
Il corridoio si era fatto ancora più buio. Ne era sicura, se avesse alzato la mano, non ne avrebbe visto il palmo. Se qualcuno le avesse chiesto: Ma che vuol dire "buio pesto"? Lei avrebbe potuto rispondere "Vuol dire questo" perché non esisteva al mondo un'oscurità simile. Era terrorizzata e lui, adesso, era così vicino che avrebbe potuto contare i suoi denti bianchi che, con quel buio, brillavano bianchi e lucenti.
L'afferrò per le braccia, stringendola così forte, così velocemente, da lasciarla senza fiato. Sentii il sangue gelarsi: il dolore era incredibilmente forte.
-Ho un'incredibile voglia di divorarti- i suoi denti erano spalancati vicino al suo collo, i capelli, anche se non li vedeva, le solleticavano la guancia. -Proprio non resisto. Sei così morbida e fragile, potrei romperti in un secondo-
Ci provava con tutte le sue forze a districarsi, ma le sue braccia erano così forti che non riusciva a spostarlo di un millimetro. Non era come quando la trattenne nella sua stanza da letto: quella volta, anche se la teneva stretta, era stato comunque delicato, attento a non farle del male. 
-Impara che sono fatto interamente di morte, dalla testa ai piedi, che è un cadavere quello che ti ama, ti adora e non ti lascerà mai più, mai più- - le sussurrò all'orecchio, e Jenny giurò che stesse ghignando in modo crudele. Le diede un forte strattone e avvicinò ancora le sue labbra contro il collo.
Era crudele, cattivo, malvagio.
Solo che non pensava fino a quel punto.
Strinse gli occhi, e iniziò a piangere. Non avrebbe mai pensato che un giorno Julian l'avrebbe uccisa. Perchè ne era sicura: Julian, il quel momento, era più serio che mai. L'avrebbe uccisa. In modo spietato ed inumano, divorandola viva proprio in quel momento, proprio quando iniziava a fidarsi di lui. Poteva vederlo pentre affondava le sue zanne nel suo collo, mentre il sangue iniziava a sgorgare a fiumi, non lasciandole emettere neanche un grido, tanto la terrorizzava. L'oscurità era schiacciante, le faceva avere visioni tremende. Il suo cervello non faceva che lavorare:erano passati una manciata di secondi e le aveva già fatto vedere una decina di varianti su come sarebbe morta. 
Ma Julian non lo fece. Non la uccise. Avvolta com'era da quel buio così oprimente, non capì subito cosa era successa ma, in una frazione di secondo, si ritrovò contro il muro, mentre un dolore lancinante le percorreva tutta la schiena. La testa le doleva, e non riusciva a capire cosa fosse successo. Guardò nella sua direzione ma era già scomparso. In quella oscurità era sola, completamente sola.
 
Non sapeva dire quanto fosse rimasta lì, per terra e dolorante. Non riusciva  a pensare a nulla, se non al dolore e a quello che era successo. Prima il suo cervello aveva lavorato così velocemente da farle dubitare che il tempo si fosse fermato, mentre adesso era diventato una lavagna bianca. Quando i suoi occhi si abituarono all'oscurità, e ci volle un bel po' di tempo dato che era buio pesto, dovette sforzarsi di alzarsi per riuscire a correre fino alla sua stanza.
Non riuscì a chiedersi neanche come avesse fatto a ritrovare la strada, non le importava. Le bastava chiudere a chiave la porta dietro di se, non le importava nulla, voleva solo sentirsi al sicuro, cancellare quella sensazione di gelo sotto la pelle. Quando fu dentro corse sotto la doccia. Aveva così tanto freddo che per un momento pensò che le si fossero gelate le ossa e che potessero spezzarsi da un momento all'altro.
Rimase rannicchiata dietro il letto per tutta la notte e, quando si addormentò, non fece che sognare un lupo famelico che cercava di divorarla, non importava che strada prendesse, lui riusciva sempre a trovarla.

















Ebbene si, sono tornata. Domando umilmente perdono per il mio ritardo, purtroppo il tempo che ho a disposizione è davvero limitato. Prometto che cercherò di ritagliarmi più tempo per la scrittura ( che, tra l'altro, mi mancava cavolo) Un ringraziamento speciale va a Aspirina Effervescente, che mi aiuta sempre a non impazzire completamente mentre scrivo, e a tutte quelle persone che mi hanno fatto notare che, forse, un anno di pausa dalla scrittura, lasciando a metà una storia, era un po' esagerato. Grazie per non avermi rigato la macchina, lo apprezzo molto <3 

Detto questo vi annuncio che ho creato una pagina su deviantart dove pubblico questa storia e, ogni tanto, qualche fan art sul gioco proibito. 
Poi, visto che in molti me lo hanno chiesto ma in questo momento non ricordo chi, vi lascio anche il link del mio account di facebook, per favore, se mi aggiungete,  scrivetemi in un messaggio privato chi siete, altrimenti magari non vi aggiungo, e mi dispiacerebbe

Link Deviantart: http://cyanidelovers30.deviantart.com/
Link Facebook: https://www.facebook.com/JekaNicoNico

Ps: ho fatto qualche modifica al capitolo precedente, volevo solo avvisarvi, adios

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Le premier bonheur du jour. ***


fear3
Le premier bonheur du jour
C'est un ruban de soleil
Qui s'enroule sur ta main
Et caresse mon épaule
 
C'est le souffle de la mer
Et la plage qui attend
C'est l'oiseau qui a chanté
Sur la branche du figuier
Le premier bonheur du jour- Francoise Hardy
 

-Jenny, Jenny.-
Una voce, calda come le acque dell'oceano più bello che la tua mente possa immaginare, pericolosa come uno squalo che si nasconde tra i flutti.

Tutto il contrario di tutto.
Una lama d'acciaio ricoperta di velluto nero, la morbida pelliccia di un lupo di montagna. Bellissimo e pericoloso.
Ecco cos'era la voce dell'uomo dietro la porta.
Bella e spaventosa, soave e tagliente.
Dalla notte dell'aggressione non aveva ancora avuto il coraggio di rivolgerli la parola, o comunque di uscire dalla sua stanza. Una parte di lei si rifiutava di credere a quello che era successo, non faceva che pensare che, forse, non era stato altro che un brutto sogno, che Julian, nonostante le apparenze, non le avrebbe mai fatto del male.
Ma Julian era un uomo ombra. Non era forse nella sua natura ferire e fare del male, essere crudele oltre ogni misura?
-Jenny, sono due giorni che non esci dalla stanza, che non mi parli.- Quella voce, quella voce che poteva essere suadente, sarcastica, crudele, manipolatrice, ammaliante, melodiosa, ironica, quella voce, questa volta, trasmetteva solo tristezza.
Eccolo, pensò, ecco il lato lunare di Julian.
 Era un uomo ombra, ma in quel momento sembrava solo un ragazzo preoccupato per lei. Dopo tutto quel tempo passato insieme, ancora si chiedeva come potesse cambiare umore fino a quel punto. Come poteva essere stato così crudele con lei e, dopo un giorno, cercarla con così tanta pena nella voce, bussando dolcemente, con un tono tanto preoccupato?
-Perché non mi parli? Non puoi essere ancora arrabbiata!-
Più il tono si faceva insistente, più lei si sentiva confusa. Erano giorni che non dormiva bene, e poi l'aveva aggredita e adesso Julian non faceva altro che bussare alla sua porta. Quelle ultime parole, poi, la fecero infuriare ancora di più. Come poteva pretendere che non si fosse arrabbiata per un comportamento simile?
-Vattene via!- Urlò esasperata.
Poteva immaginarlo, dietro la porta immobile, aspettandosi di vederla cedere un'altra volta. Per un momento le tornarono in mente tutte quelle favole dove il lupo inganna gli ingenui agnellini, mettendo una zampa nella farina, parlando con voce dolce, mostrandosi innocente, li faceva sempre cadere nella sua crudele trappola.
Ma questa volta non sarebbe stata gentile, non sarebbe stata debole.
-D’accordo, ti lascio sola.- Avvertì un leggero rumore, come di piatti che tintinnavano, mentre lui si avvicinava ancora una volta alla porta. -Ti lascio qui il pranzo, mangia per favore.-
 
Seppur contro voglia, aveva un corpo umano, quindi dovette cedere e mangiare quello che aveva preparato per lei. Mentre sgranocchiava qualche grissino, ripensò alla sua reazione quando gli aveva urlato di andarsene. Era convinta che, solo qualche settimana prima, avrebbero litigato per giorni, e avrebbe dovuto sopportare Julian parlarle con sarcasmo. Invece era stato premuroso, e le aveva addirittura preparato da mangiare. Avrebbe voluto parlargli, capire il perché quella notte l'aveva aggredita a quel modo, ma ancora non ce la faceva. Aveva solo l'impressione che ci fosse qualcosa di davvero strano nel suo comportamento. Qualcosa di innaturale.
Certo, Julian aveva mostrato un sacco di volte il suo lato da uomo ombra, ma non si era mai spinto più in la di un limite che lui stesso si era creato. Per quanto la minacciasse, non aveva mai cercato di ucciderla o ferirla. Persino con i suoi amici era stato attento a non ferirli in modo troppo grave, neanche quando ne aveva avuto la possibilità. Persino con Summer, quando le aveva fatto credere di averla uccisa, in realtà non aveva fatto altro che addormentarla per tutto il tempo, senza torcerle un capello e prendendosi cura di lei.
-Jenny- i suoi pensieri si interruppero quando sentì, di nuovo, la voce di Julian. -Posso parlarti, per favore?-
Sembrava troppo in pena, per quanto fosse arrabbiata non riusciva a lasciarlo fuori da quella stanza. Si alzò, premette con l'orecchio contro la porta, indecisa su cosa fare.
-Perdonami, non volevo ferirti, so di essere difficile. Ma tu sei la prima persona che abbia mai amato e sei l'ultima persona che vorrei ferire.-
Jenny guardò la porta, sconvolta da una tale ammissione. Julian aveva detto più di una volta che l'amava, ma mai con quel tono. Non si era mai scusato in quel modo, come un bambino che ammette di aver rotto qualcosa.
-Julian.- si stupì della fermezza della sua voce mentre dentro di se ancora tremava. -Sono ancora arrabbiata, mi hai spaventata molto. Ma sento che adesso non vuoi farmi del male, per questo ti sto parlando. Però…ho bisogno di stare un po' da sola.- Non riuscì a fermarsi, avrebbe preferito tacere -Io non mi fido di te. Non conosco quasi nulla di te, mentre tu conosci tutta la mia vita. Non credo che riuscirò mai a capirti, non credo che riuscirò mai a sopportare i tuoi continui sbalzi d'umore. Mi hai rapita il giorno del mio matrimonio, senza pensare alle conseguenze. Mi mancano i miei amici, mi manca il mare, il sole, il cielo azzurro e la colpa è tua.-
Si morse la lingua, erano tutte cose che pensava, ma non avrebbe voluto dirle con quel tono così rabbioso.
-D'accordo. Ti lascio da sola.- Non aveva risposto subito, come se modulasse le sue parole, cercando di non dire niente di sbagliato.
-Ma ho preparato la cena, e sarei felice se cenassi con me alle nove.- Fece una pausa, indeciso se aggiungere o meno quello che stava pensando -Questo non è un ordine, è solo un invito a cena, sei libera di rifiutare se non volessi venire.-
 
Jenny aveva pensato per tutto il pomeriggio se accettare o meno l'invito a cena. Una parte di lei, non faceva altro che cercare la voce dell'uomo ombra. Una parte di lei desiderava la sua compagnia più di qualsiasi altra cosa, un'altra ancora lo temeva. Ma alla fine decise di dargli un'altra possibilità.
Quando arrivò in sala, Julian non la stava guardando. Sembrava più interessato a guardare fuori dalla grande finestra, dove la luna si stagliava grande e silenziosa. Si voltò appena: come la luna, metà del volto in ombra e metà illuminato.
-Sei venuta.- Non era una domanda, solo una costatazione, ma era evidente che il suo volto si era disteso.
Jenny annuì; Guardò la tavola imbandita di ogni ben di dio, elegantissima. Al centro, i due grossi candelabri d'argento erano l'unica fonte di luce nella stanza.
Anche Julian era elegante quella sera: Indossava una camicia bianca, giacca grigio scuro e jeans neri stretti. La cravatta, annodata con cura e i capelli pettinati all'indietro, con solo qualche ciuffo ribelle che gli ricadevano sulla fronte, gli davano un'aria particolarmente seria e aristocratica.
-Siediti, ti prego- disse mentre si sedeva anche lui, dal lato opposto del tavolo. Iniziarono a mangiare in silenzio, senza guardarsi negli occhi. Jenny alzò un po' lo sguardo, scoprendo Julian che la fissava, le braccia incrociata, l'espressione seria.
-Non mi piacciono le serate così.-  Non c'era sarcasmo nella sua voce, nessuna espressione beffarda. -Preferisco le sere dove la luna è calante, si vedono di più le stelle. E' più romantico.- Jenny lo guardò sorpresa ma lui la ignorò e continuò.
-Poiché sono figlio della notte, amo le notti stellate- La fissò per qualche istante, come se aspettasse che assorbisse quelle notizie. -Tanti pensano che, essendo noi degli uomini ombra che vivono nell'oscurità, odiamo la luce. In realtà la amiamo molto.-
-Julian, ma cosa…?-
-Perché un'ombra non può esistere senza la luce. Un'ombra, se c'è solo oscurità, smette di esistere.- Si fece più avanti con il busto, come a volerle rivelare un segreto -Il contrario è lo stesso. Solo luce uccide l'ombra.- Le sue pupille blu riflettevano la luna. Questo, pensò Jenny, lo aveva sempre saputo, bianco e nero, era così che si era sempre descritto.
-Io amo sia l'oscurità che la luce, perché è questo che sono io. Non esiste niente nell'universo che possa rappresentarmi meglio. Tuttavia, sono sempre stato affascinato dai colori della terra, non ho mai visto da nessun'altra parte qualcosa di così vivo e luminoso.-
Jenny lo guardò bene: Una vena malinconica attraversò i suoi occhi. Quanto tempo aveva passato ad osservare, studiare quel mondo?
-Così mi sono sempre avvicinato il più possibile, anche se non potevo mai toccarlo. Ci sono regole precise e antichissime, nessuno può violarle. Anche se, devo ammetterlo, per me la tentazione è sempre stata molto, molto forte.-
Lo guardò con aria interrogativa; Il suo volto diceva: perché mi stai dicendo tutto questo?
Non era ne sprezzante, ne sarcastico. Ascoltarlo parlare era come una melodia distante, ora allegra, ora malinconica. Come una musica lontana che solo il tuo cuore ricorda, priva di note precise, formata solo di sfumature. Ecco cos'era Julian in quel momento.  
-Ma perchè?- Domandò Jenny. -Anche se la terra ha dei colori così belli nell'universo c'è molto di più. Pensa a questa splendida luna, dalla terra non è altro che un piccolo disco d'argento. Qui invece è enorme e bellissima!- Jenny guardò fuori dalla finestra: la luna era talmente grande da illuminare l'intera stanza.
Julian sorrise. Il sorriso più triste che avesse mai visto: un misto di malinconia e angoscia.
-Hai ragione, da qui la luna è meravigliosa. Ma è fredda, ferma, immobile. Qui nulla cambia.- fece una pausa, nei suoi occhi dondolavano la luce argentea della luna e le ombre della stanza, si abbracciavano, si districavano, come due amanti costretti a separarsi per sempre. -Io, come l'oscurità, anche se cambio nel corpo sarò sempre ciò che sono. Il resto rimarrà sempre immutato. Non posso cambiare, è per questo che amo la terra. Non è mai ferma, cambia continuamente, si muove, muta, respira, vive.-
Ascoltarlo era così piacevole...ma leggeva tanta di quella tristezza da farle male il cuore. Jenny quasi si dimenticò di tutto quello che era successo nelle ultime settimane, era completamente incantata. Come se il tempo si fosse fermato, non si accorse neanche che parlavano da più di due ore. Julian parlava come se fosse del tutto rassegnato alla sua condizione. Senza speranza.  Quelle ombre che vedeva negli occhi di Julian, si chiese come potesse cancellarle.  Da solo, per tutti quegli anni, nell'oscurità più profonda. La sua immagine solitaria la invase di tristezza. Si chiese se non ci fosse un modo di estinguere quelle tenebre e portare anche solo un tenue barlume di speranza.
Jenny fu svegliata da un tocco leggero alla porta. La luna era alta nel cielo. Piena, come sempre. Si alzò dal letto ancora assonnata, aprendo la porta all'uomo ombra. Era bello, illuminato da un sorriso gentile. Sembrava allegro, nonostante la conversazione a cena fosse virata su di un argomento abbastanza spinoso. Indossava gli stessi vestiti che aveva a cena, ma sembravano sgualciti, con i capelli in disordine e senza cravattino. Avevano fatto tardi perchè erano rimasti a parlare finché a Jenny non avevano iniziato a chiudersi gli occhi per il sonno. Ma aveva passato tutta la sera a raccontare a Julian quando, qualche anno prima del matrimonio, lei e i suoi amici erano stati al mare e di quanto si erano divertiti. Julian l'aveva ascoltata incantato, come se attraverso le sue parole potesse raggiungere quel luogo lontano.
-Jenny... dormivi?- Le domandò guardando stupito la sua camicia da notte.
-Julian, sono le quattro del mattino. Cosa ti aspettavi?-
Lui la guardò ancora per un momento indeciso. Ne sembrava stranamente  stupito, ma si riprese in fretta. Le sorrise in modo divertito, allegro come non mai. -Bene, ho un regalo per me.-
Jenny non fece in tempo a chiedersi cosa volesse dire. Julian la tirò per un braccio, correndo per il corridoio, la portò davanti ad una porta.
Non era molto diversa da tutte le altre porte della casa. Era bianca, lucida e grande con strane incisioni leggermente più scure che, a prima vista, potevano sembrare decorative. Le riconobbe subito, erano rune. Julian doveva aver creato un'altra delle sue strane stanze. Ma quando aprì la porta, Jenny ne rimase sconvolta come non le era mai successo nella sua vita.
Il corridoio, ora, era illuminato da un angolo di luce calda. La ragazza non poteva credere a ciò che i suoi occhi vedevano. Dietro la porta si estendeva una lunga striscia di sabbia bagnata dal mare più azzurro che avesse mai visto. Lei si voltò un momento dietro di sé: il corridoio della casa era ancora lì. Tuttavia davanti a lei una brezza calda e leggera le accarezzava il viso.
Il sole splendeva grande e caldo sopra di loro. Niente più oscurità, in quella stanza c'era solo calore ad accarezzarle la pelle.
-Ma Julian... come hai fatto?- Aveva le lacrime agli occhi dall'emozione.
Il sole le era mancato fin da subito, ma solo in quel momento capì davvero quanto le era mancata. Sentire quei raggi caldi sulle spalle era come avere una coperta sulle spalle, era come l'abbraccio di un amico, il sorriso di un bambino. La luce la invadeva, la infiammava.
La sabbia era calda, ma non bruciava. Il mare non era solo azzurro ma di mille colori. Non sapeva dire di che tonalità fosse, sapeva solo che era bellissimo.
-Tu non vieni?- Jenny guardò Julian, ancora sul ciglio della porta, ancora coperto dalle ombre del corridoio. Si fermò. Presa dall'euforia non aveva notato che l'uomo ombra non si era ancora mosso. Forse, pensò, lui non poteva esporsi alla luce del sole.
Si sentì un po' triste all'idea che avesse fatto tutto quello per lei e che non potesse goderne neanche un po'.
Ma lui non ci mise tanto a stupirla ancora una volta. Lentamente, come se volesse studiare la sua reazione a quella vista, entrò nella stanza.
Sotto la luce dorata Julian sembrava completamente diverso: gli occhi sembravano più chiari, come due coppe d'acqua cristallina, il cielo si rifletteva nei suoi occhi, facendolo sembrare un bambino innocente. Non erano più laghi invernali, gelidi e immobili. Ma erano due oblò che si affacciavano sul caldo mare del sud. I capelli erano tanti filamenti d'oro chiaro, la sua pelle era incredibilmente chiara, sottile. Era la prima volta che lo vedeva alla luce del sole,  e sembrava così etereo, così strano. Nello stesso momento distante e presente, reale e irreale.
Chissà quanto tempo era rimasta con la bocca semiaperta, a fissarlo incredula. Perchè Julian non poteva non essere guardato in quel momento. Con i suoi movimenti eleganti, come una tigre bianca che lentamente si muove sulla neve, sembrava perfettamente a suo agio anche in quella situazione così estranea a lui.
-Ti piace?- Le era così vicino che poteva sentirne l'odore, un profumo così avvolgente e dinamico, qualcosa che non aveva mai sentito prima. Lei annui. Non sapeva cosa dire.
-Tu...- mormorò piano, quasi timorosa di interferire con un qualche incantesimo -Come hai fatto a creare una cosa del genere?-
Julian le sorrise. Un sorriso un po' ironico, sembrava non riuscire a nascondere il suo orgoglio per la sua opera -Oh, questa è una sciocchezza, ho fatto molto di più.- Le prese la mano, conducendola vicino a due sdraio strette sotto un ombrellone. Più a destra c'erano tre palafitte con tre casette in paglia e ricoperte di foglie di palma. l'acqua era così limpida che, anche a distanza di qualche metro, poteva vedere sassi, pesciolini e piccole conchiglie che rotolavano oziose sotto le onde delicate.
-E' tutto così bello...-  Il paradiso in cui credeva, doveva essere su per giù simile a quella stanza.
-Se vuoi, puoi anche fare il bagno.- Julian iniziò ad incamminarsi verso una delle cabine, con le mani in tasca e un sorriso divertito stampato in faccia. Sapeva che stava rispondendo alla voglia più impellente della ragazza, risvegliata da quando le aveva mostrato la sua opera più bella. -In quella cabina ci sono dei costumi e prendisole, scegli quello che ti aggrada di più.-
L'acqua non solo era bellissima, ma anche calda. Jenny si immerse: avvolta com'era da quell'acqua tiepida, le sembravano lontani sia il mondo delle ombre che gli uomini ombra. Persino Julian, nel suo costume nero, sembrava una persona normale. Bhé, certo, non del tutto ordinaria, ma certo non sembrava un uomo ombra. Si sentiva felice, libera di potersi divertire veramente, senza paura.
Julian le nuotava vicino, i capelli che gli gocciolavano sugli occhi gli davano un'aria un po' mistica, come un tritone che emerge dall'acqua. Jenny lo gurdò. Era bello. Il suo fisico sembrava quello di un modello, muscoloso e scolpito, ma senza cadere nell'eccesso. Sul viso baciato dal sole si formavano ombre che mettevano in risalto gli occhi, tanto blu che sembrava dovessero sciogliersi e colare in acqua da un momento all'altro. Anche Jenny si sentiva bella. Come costume aveva scelto un pezzo unico tutto bianco, non perchè avesse poca scelta, quando era entrata nel camerino aveva trovato un centinaio di costumi e prendisole, ma perchè era il più semplice che avesse trovato. Ci aveva abbinato un kimono lungo, anche questo bianco, leggero e voluminoso, soprattutto per riuscire a nascondere i lividi che Julian le aveva provocato quando l'aveva sbattuta contro il mobile qualche giorno prima. Erano ancora tra il viola e il giallo e non voleva che lui s'incupisse proprio ora che stavano passando un momento tranquillo. Julian si era impegnato per riuscire a creare quella stanza e lei desiderava che passasse una bella giornata sotto il sole.
-A cosa pensi?-
Doveva essersi persa nei suoi pensieri, tanto da non accorgersi che Julian le era accanto. A giudicare da come la guardava, poi, doveva aver assunto una faccia un po' strana.
-Oh, nulla. Mi stavo solo chiedendo come puoi esporti in questo modo alla luce.- Gli nuotò un po' più vicino. Non si sarebbe mai stancata di guardare quegli occhi languidi.
Sorrise. Uno dei suoi soliti ghigni beffardi e sornioni. -Bhé, ho creato io questa stanza. E quel sole è solo un'imitazione. Il vero probabilmente mi avrebbe accecato o incenerito, o qualcosa del genere.-
-Ti ringrazio.-
-Perchè mi ringrazi?-
-Come perchè? Hai creato "un celo in una stanza" per me.-
-Sei strana.- Adesso erano uno di fronte all'altra. Jenny poteva vedere i suoi occhi che si specchiavano in quelli di Julian, che si specchiavano nei suoi, così all'infinito. Dal suo tono non non capì a pieno se quella era una critica o un complimento.
-Sarei strana?-
-Si. Sei così strana, non ti arrabbi mai. Tu sei incredibilmente buona.- Parole già dette, eppure sembravano ogni volta nuove.
Julian guardò più lontano, come se non stesse parlando solo con lei, ma come se stesse pensando a qualcos'altro. Nonostante i suoi continui cambiamenti d'umore, Jenny iniziava ad apprezzare la compagnia di Julian. Sembrava sempre entusiasta, sempre pieno di idee, sempre in movimento, Con lui era impossibile annoiarsi. Eppure c'era sempre quella vena di malinconia nei suoi occhi, così oscura e segreta, una ferita profonda come l'oceano, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di colmarla in qualche modo.
Dopo essere rimasti a mollo per quasi tre quarti d'ora le dita di Jenny, diventate più simili a quelle di una vecchietta, le fecero notare che forse era ora di rilassarsi un po' al sole. Certo, questo però non era nei piani dell'uomo ombra. Julian aveva organizzato una serratissima tabella di marcia con una stragrande varietà di attività che avrebbero potuto intraprendere, dallo snorkeling, al beach-volley, per poi mangiare i suoi piatti preferiti e il miglior gelato italiano, e finire la giornata guardando il grande sole artificiale tramontare sull'oceano nella stanza.
Fu la giornata più bella e felice della loro vita.
Seduti sulla sabbia umida Julian guardava Jenny che guardava il cielo tinto di mille colori. Le splendevano gli occhi.
Non era solo bella, emanava un'aura di luce, di vitalità, di passione, di forza. Jenny era la vita.
Spesso si ritrovava a pensare cosa avrebbe fatto se non l'avesse mai incontrata. Sarebbe rimasto il solito, vecchio uomo ombra, così ancorato alla sua furia da diventare un mostro?
Per il suo corpo aveva bisogno di un minimo di cibo e abiti. Per la sua anima non aveva bisogno di niente. Sicurezza, dedizione, tenerezza, amore. O comunque si chiamino quelle cose che si presume occorrano ad un essere umano. A lui non erano affatto necessari. O meglio, la sua specie aveva fatto in modo che non gli fossero necessari. Dopo la sua nascita, quando aprì gli occhi per la prima volta al suo mondo di ghiaccio, tutto quello che vide furono quegli orrendi uomini ombra. Erano loro che gli avevano insegnato a fare in modo che non gli fossero necessari per vivere. Provare sentimenti era per gli umani, non per gli uomini ombra. Eppure, il primo respiro, quel bambino dai capelli bianchi che ancora ignorava tutto del mondo, che ancora non aveva mai visto nulla, poteva trattenerlo. Se non avesse affermato la sua esistenza, se non avesse pronunciato il suo nome lui stesso con vigore potente, sarebbe scomparso, scegliando la via diretta che va dalla nascita alla morte. Avrebbe certo evitato una quantità di sciagure a molte persone e a se stesso. Ma per uscire di scena così discretamente avrebbe dovuto avere un minimo di gentilezza innata, cosa che Julian non aveva. Fin dall'inizio fu un mostro. Ripensando alla sua intera esistenza era facile dire perchè fosse stato colpito così profondamente da Jenny.
Luce nella sua oscurità. Jenny sembrava una reliquia che neanche un monaco privo di macchia potesse osare toccare. Emanava un calore che sembrava riscaldare il suo cuore di ghiaccio.
-Julian- La voce cristallina lo allontanò dai suoi cupi pensieri. -E' tutto così bello. Non potrò mai ringraziarti abbastanza.-
Lui la guardò: Con il sole alle spalle sembrava davvero una visione divina. Fremeva. Una fame improvvisa lo colse. Qualcosa di inconscio come se non desiderasse altro che affondare le sue fauci nella sua carne solo per sentirla vicina. Solo per sentire quel calore contro il suo cuore. Pensò, Se divorassi la sua luce, forse non sentirei mai più questo bisogno così impellente.
Si avvicinò: Jenny sembrava in trance, non riusciva a divincolarsi. Desiderava solo sentirla vicina. Poterla stringere. Possederla. La strinse, e adesso erano entrambi stesi sul bagno asciuga, lei con il suo kimono che l'avvolgeva bianco e trasparente come una vergine, lui con i capelli che gli cadevano su gli occhi, tendaggio che gli ostruiva quella visione. Il tempo sembrava fermo, il silenzio era assoluto.
Ed ecco, il bacio che Jenny inconsciamente aspettava. Il bacio che Julian desiderava da sempre.
Un bacio che non era stato forzato o rubato con l'inganno.
Le labbra erano sempre più vicine, Jenny tratteneva il fiato, come se non volesse interrompere per nulla al mondo quella magia. Sentiva il cuore di Julian che batteva all'impazzata contro il suo petto, mentre le sue mani la stringevano lungo i fianchi. Ecco, pensò, sta per succedere.
Ma a meno di un centimetro dalle sue labbra, Julian si fermò.
















Sono solo 01:51 e ho già finito. Sono molto fiera di me.
Colgo l'occasione per ringraziare le persone che continuano a leggere questa storia, pur essendo passato così tanto tempo. Purtroppo amo scrivere, ma la mia università non mi permettere di dedicarmi quanto vorrei.
Spero che il capitolo vi piaccia, ci ho messa tutta me stessa ma non so se essere del tutto orgogliosa del mio lavoro. Volevo assolutamente che Julian creasse una stanza con il mare, ma è stata abbastanza difficile da descrivere e forse non ho fatto un lavorone. E comunque, finche ho ancora qualche sera libera scriverò più capitoli possibili, cercando di non metterci una vita <3
un salutone C:

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Bloodbath ***


8
Non avermene, lingua, se prendo in prestito parole patetiche,
e poi fatico per farle sembrare leggere.
Wislawa Szymborska


Con gli occhi chiusi, Jenny era pronta a ricevere un bacio che non arrivò.
Quando li riaprì, Julian la stava fissando.
In realtà non stava guardando proprio lei, ma piuttosto la sua spalla. I suoi occhi erano specchi che riflettevano tutto ciò che lo circandava. Guardandovi attraverso tutto sembrava sul fondo di due immensi oceani. Le sfiorò la spalla, delicatamente, ma lei sentì un lieve dolore. Il kimono, che si era curata di avvolgersi intorno alla vita, in modo che i lividi non si vedessero, quando Julian le era venuta incontro, sdraiandosi, il fioccolo che teneva chiuso si era slacciato, scoprendole la spalla.
-Cosa hai fatto qui?- Julian l'aveva chiesto con tono non curante ma sembrava quasi arrabbiato. Aveva le sopracciglia cruciate, gli occhi fissi suoi lividi viola. La stringeva e Jenny non seppe dire cosa le facesse più male: Se la spalla, il braccio stretto nella morsa della sua mano, o il suo sguardo preoccupato.
-Julian..ormai non è nulla di cui preoccuparsi.- cercò di tranquillizzarlo. Si alzò un po', ritrovandosi con il viso vicinissimo al suo. -E' solo qualche livido, non è niente.-
-Non è niente?!- lui la scostò un poco -Voglio sapere cosa ti sei fatta.-
Jenny lo guardò un po' stranita. Possibile che non ricordasse? O forse non pensava che, spingendola, le avesse provocato dei lividi?
-Julian ascolta...- Non voleva dirglielo. Per tutto il giorno era stato così premuroso ed attento, le aveva fatto fare tutto quello che desiderava, si era preso cura di lei, e non voleva farlo sentire in colpa. Quel che è stato è stato. Non le importava, Julian era cambiato. Non era più il vecchio uomo ombra.
-Jenny.- Era serio, il tono fermo, la voce autoritoria.
-Due sere fà, quando ti ho incontrato davanti alla finestra...quella nel corridorio a destra.- Jenny tremava al ricordo. Lui era davanti a lei, continuava a tenerla per le braccia, senza farle male, in modo protettivo. Eppure ancora il ricordo le provocava un fremito di paura. -Quando tu mi hai spinta, io ho colpito il mobile dietro di me e mi è uscito qualche livido.-
Julian socchiuse le labbra, incredulo.
-Però davvero, non è niente. Ancora qualche giorno e sarò come nuov...-
-Io non ero in casa due giorni fa.- La interruppe. Jenny rimase in silenzio, fissandolo.
-Che vuol dire che non eri in casa?-
-Non ero in casa.-
Jenny lo guardò. Iniziava ad arrabbiarsi. Poteva perdonare e tollerare quel suo comportamento, ma non poteva sopportare che lui lo negasse con così tanta leggerezza. Non le importava che le avesse fatto del male, ma doveva assumersi le sue responsabilità. -Julian, anche se mi hai fatto male io non sono arrabbiata con te.- Lui si era alzato in piedi, voltandole le spalle, e lei aveva fatto lo stesso guardando la sua schiena muscolosa. -Ma devi ammettere quello che hai fatto.-
Julian si voltò di scatto. -Mia cara,- Julian fu attento ad instillare tutto il veleno che potè in quelle parole -Se fossi stato io non avrei motivo di negarlo...e non te la saresti cavata con qualche livido.-
-M...Ma sembravi proprio tu!- Jenny ignorò il suo tono crudele, perchè Julian non sembrava poi così convinto della sua innocenza.
Julian si toccò il mento, pensieroso. L'atmosfera romantica e rilassata si era dissolta, gelo e tensione erano calati su entrambi. Jenny non capiva. Come poteva non essere stato lui? Eppure quelli erano proprio i suoi occhi.
-Hey.- Julian la ridestò dai suoi pensieri. -Tu sei sicura che fossi io?-  La sua domanda la colse di sorpresa. Julian non le era sembrata del tutto convinto di essere innocente. Sembrava titubbante,  come se non potesse fidarsi di se stesso. Ma la domanda era pertinente. Era davvero convinta che fosse stato Julian? Ne era convinta perchè quella era la sua casa e c'era solo lui...ma Jenny aveva già visto altri uomini ombra.
-Ecco...più o meno si.- Rispose indecisa. -Era buio, e vedevo solo i tuoi occhi.-
-Grazie per la tua precisione nel raccontare i fatti. E dimmi, ti ho detto qualcosa per caso?-
Julian parlava in prima persona, come se fosse stato davvero lui, ma Jenny ormai era quasi convinta che non fosse stato lui. Si sentì quasi in colpa per averlo accusato in quel modo. -Hai detto che mi avresti divorata.- rispose a bassa voce
- Che non mi avresti mai più lasciata andare.-
Lo guardò. In piedi, con le braccia lungo il corpo, sembrava quasi un bambino. Si voltò di scatto, camminando verso la porta, facendole cenno di seguirla. Jenny faticava a tenere il suo passo, affondava nella sabbia leggera, mentre invece lui camminava con facilità. Uscendo dalla stanza, lui tornò ad essere vestito come prima. Jeans e camicia, giacca grigio scuro, capelli in dietro. Jenny si sentì a disagio, ancora avvolta nel Kimono leggero e il costume bianco. Si sentiva nuda, indifesa.
Julian, invece, sembrava furioso. Anche guardandolo da dietro poteva immaginarsi gli occhi fiammeggianti e la mandibola tirata.
-Aspetta!- Doveva quasi correre solo per stargli dietro- Lui si fermò di colpo, squadrandola dalla testa ai piedi. Non le importava se era mezza nua e ancora bagnata; non le importava se stava congelando. Non era stato Julian a farle del male quella sera e le dispiaceva di averlo accusato subito, senza neanche pensare che forse non era stato lui. 
-Perchè non me lo hai detto?- Il suo tono era talmente fermo e forte da farla sussultare. -Perchè non mi hai detto quello che era successo.-
-Perchè...- già, perchè?
Perchè non avevo dubbi che fossi stato tu!
Non poteva dirglielo. Si sentì crudele, perchè aveva subito incolpato Julian, senza mai dubitare che fosse stato lui. Forse perchè aveva ancora nella mente l'immagine di Julian, il terribile principe delle tenebre, pronto a rapirla e a farle scherzi crudeli. Eppure sapeva benissimo che Julian non le avrebbe mai fatto del male. Mai, per nulla al mondo.
Julian non aspettò che rispondesse. Non se ne era accorta, ma erano arrivati davanti alla sua stanza. Julian le aprì la porta, restando appoggiato al ciglio della porta, con le braccia incrociate contro il petto.
-Il lupo rimarrà con te finchè non torno. E' un amico fedele, un animale molto intelligente. Se mai dovesse succedere qualcosa ti proteggerà da chiunque...persino da me.- Il tono era asciutto, senza guardarla negli occhi, si diede una leggera spinta, tornando in piedi dritto e severo. Se ne stava andando. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma ogni parola sembrava inutile, senza importanza.
-Ah, Jenny.- Lui si voltò, il corpo verso la porta aperta, la guardava con la coda dell'occhio. -Anche tu sai essere crudele a volte.-

Non sapeva dire perchè, ma anche se erano passate ore, non era ancora riuscita a smettere di piangere. Si sentiva stupida, ma non riusciva a trattenersi. Il lupo la guardava dal basso verso l'alto, con i suoi occhi eterei, accucciato in un angolo della stanza. Non sembrava così cattivo adesso che lo guardava bene. Sembrava più un cucciolo. Forse, pensò, era così docile perchè Julian gli aveva ordinato di esserlo, ma le diede un po' di serenità sapere di potersi fidare di qualcuno. Si sedette vicino a lui, avvicinandogli una mano sulla fronte, scoprendo che il suo pelo era incredibilmente morbido. Mentre lo accarezzava non riusciva a non pensare a quanto fosse stata ingiusta nei confronti di Julian. A volte era cattivo con lei, certo, e i suoi continui sbalzi d'umore le facevano perdere qualche venerdì, ma era anche premuroso e gentile quando voleva. L'aveva accontentata in tutto e per tutto, eppure lei non aveva perso occasione di accusarlo ingiustamente. Desiderò farsi un bagno caldo per cancellare tutta quell'ansia e quella tristezza.
Forse l'acqua calda avrebbe alleviato il suo senso di colpa.
Quando entrò in bagno, non notò subito i cambiamenti. Si spogliò pronta ad entrare nella sua vecchia doccia, la stessa che aveva a casa sua. Eppure, quando si voltò, non trovò il box con dentro tutti i suoi shampii e spugne colorate, ma una bella vasca in stile settecentesco, dal colore tra un bianco porcellana e in verde chiaro. Aveva la forma di una conchiglia ricurva, e come piedi delle zampe di leone in oro. Sull'acqua galleggiavano dei petali di rose, che sprigionavano un profumo senza pari.
Neanche nei roseti più belli e grandi del mondo c'era un profumo simile. Immergendosi nell'acqua calda il profumo la invase completamente. Era come una sinfonia paragonabile allo strimpellare solitario di un violino. Ed era anche di più. Jenny chiuse gli occhi e sentì che i ricordi più sublimi si ridestavano in lei. Si rivide bambina, danzare sul prato, in un giorno di pioggia con il sole e vide i contorni di un mazzo di rose sul davanzale della finestra, che oscillavano nella brezza notturna; udì uccelli cantare qua e là e, da lontano, la musica di un ballo di gala. Udì un bisbigliare fitto fitto nell'orecchio, e sentì sensazioni mai provate prima.
Oblio; era così rilassata che si sarebbe addormentata da un momento all'altro. La cosa non le interessava. L'acqua era perfetta, e sentiva che non le importava più nulla. Non pensava più a Tom già da un bel po', ne ai suoi amici o alla sua famiglia.
E adesso non pensava neanche ai suoi sentimenti per Julian, se fossero buoni o no, la sua mente era un foglio bianco.
Non importa. Ci penserò domani. Non importa.
Lentamente si sentì scivolare sempre più dentro l'acqua. Si portò una mano alla testa per bagnare un po' i capelli. Lacqua era densa, leggermente viscosa. Non le dava fastidio, ma le rimaneva appiccicata alle mani.
Si tirò un po' su, e qualcosa dentro l'acqua la sfiorò.
Sangue. Era immersa in una vasca colma di sangue denso e scuro.
Quando lo capì con chiarezza, quando realizzò, dette un grido terribile, come se stesse bruciando viva.
Intorpidita, riuscì a malapena a buttarsi fuori dalla vasca.  Se il grido non avesse lacerato la nebbia nella sua mente, sarebbe annegata in se stessa: una morte atroce.
Lacqua non era più chiara e trasparente, ma di un rosso così scuro e dall'odore così penetrante che scacciò via ogni suo pensiero. Il profumo che sentiva fino a qualche momento prima le faceva girare la testa e le gambe erano così molli che, alzandosi in fretta, cadde per terra. Il sangue stava traboccando dalla vasca. Anche dalla base della vasca potè vedere pezzi di carne, arti, umani. La stanza, il bagno, erano completamente avvolti nelle tenebre e Jenny sentì delle voci che ridevano maligne. Non riusciva neanche a  pensare a loro in quel momento. Desiderò soltanto scappare da quel posto. Gattonò un po' verso la porta, cercando di alzarsi in piedi, ma ad ogni respiro aveva dei violentissimi capogiri.  Ogni millimetro che faceva verso il corridoio, una fonte di luce, rischiava di vomitare le budella., figurarsi pensare di alzarsi.
Trascinandosi fino al corridoio, tutto ciò che vedeva era confuso; Il soffitto si fondeva con il pavimento, girava tutto, e non capiva bene neanche dove stesse andando. Cosa avrebbe dovuto fare?
Quando raggiunse il corridoio, le luci iniziarono a spegnersi una l'uno. Anche se non vedeva bene, riuscì a distinguere l'ombra che le si avvicinava con il sorriso  da orecchio ad orecchio.
L'avrebbe uccisa.
L'avrebbe divorata o torturata fino a farla impazzire e poi l'avrebbe uccisa.
Jenny chiuse gli occhi, abbandonando la testa contro il pavimento freddo. Ricevette un colpo fortissimo alla nuca, e sentì una forza sopra di lei.
Morì  quasi di spavento pensando che fosse stata l'ombra a colpirla, quando invece era stato il lupo. Con il pelo ritto, ringhiava e abbaiava feroce contro l'ombra,  mostrava le zanne, gli occhi infuocati di ferocia.  Era proprio sopra di lei, e la proteggeva come farebbe una lupa con i l suo cucciolo.  Poco più di un'istante più tardi, in una nuvola di fumo, o così le parve dato che a malapena riusciva a seguire tutto quello che stava succedendo, apparve Julian.
La ignorò e ignorò anche il lupo che continuava ad abbaiare. Dandole le spalle disse solo un deciso e imperioso -Adesso basta!-
L'aria tremò, e tutti i quadri alle pareti caddero tanto era stato forte il grido di Julian. Poteva benissimo immaginarselo, con gli occhi che fiammeggiavano di un blu elettrico, come quello di una saetta.
E l'ombra sparì facendo tornare la luce nel corridoio.
Julian rimase per un momento immobile, la sua figura sfocata era l'unica cosa che riuscisse a distinguere vagamente. Stava male. Il suo stomaco aveva continui spasmi di nausea e faticava a respirare per lo spavento che si era presa. E mentre era ancora sdraiata per terra, tremante, e cercava di radunare i suoi pensieri confusi e angosciati,  lui si voltò verso di lei.
I suoi occhi antichi, stanchi, blu come il colore che si vede dentro una fiamma, creavano delle scie di luce ad ogni movimento. Se solo avesse provato a seguirle, il suo stomaco non avrebbe retto.
Julian si chinò, spostando con un cenno della mano il lupo, che ubbidì docile.
-Jenny, stai bene?!- Sentivà una lieve nota di panico nel suo tono di voce. La afferrò per le braccia strattonandola, e sentì lo stomaco fare una capriola incontrollata.

L'aver vomitato doveva averla aiutata un po', perchè iniziava a vedere con più chiarezza quello che le stava intorno. Era seduta per terra, avvolta in un'asciugamano caldo, nel corridoio davanti alla sua stanza. La porta era aperta e poteva ancora vedere la scia di sangue che aveva lasciato era scappare. Si sentiva ancora molto stordina e non era riuscita ancora a capire bene cosa fosse successo. Il suo cervello doveva essersi preso una pausa, perchè non riusciva a formulare neanche uno straccio di pensiero concreto. Julian uscì dalla stanza, guardandola seriamente.
-Tranquilla, ora è tutto pulito.-
Si sentiva stanca e senza forze. non si era mai spaventata tanto, sentiva ancora l'odore ferroso del sangue e ne era ancora ricoperta. Provò un disgusto intollerabile da non provare neanche a guardarsi.
-Ti senti bene?- Si sedette accanto a lei e la guardò dritta negli occhi. Ovviamente non era stupido, capiva benissimo da sè che non stava bene.
Quello "scherzo" doveva averla traumatizzata e di certo non si sarebbe ripresa in fretta o almeno non  finchè rimaneva sporca di sangue e nuda nel suo corridoio.
Julian la prese in braccio, Jenny si sentì come una bambola minuscola. Ma lui la teneva come la cosa più preziosa del mondo. Si sentiva al sicuro, stretta contro il suo petto. Il bagno era di nuovo lucido e la vasca piena fino all'orlo di acqua limpida. Le tolse l'asciugamano, lasciandola completamente nuda. Si strinse le braccia intorno al petto, in un senso di inconscio pudore. Ma di cosa si sarebbe dovuta vergognare? Julian l'aveva già vista nuda in ben altre occasioni.
Lo guardò; faceva uno strano effetto guardarlo mentre si prendeva cura di lei. Lei restò rannicchiata dentro la vasca, immobile, mentre lui le faceva scorrere l'acqua sul suo corpo, accarezzandole le mani, le braccia, le ginocchia. Lavandole i capelli. E lei non riusciva a dire nulla se non guardarlo. Da quando era così premuroso? Da quando le sue mani erano così delicate? Da quando il suo sguardo era diventato così dolce?
Mentre l'avvolgeva in un grande asciugamano bianco, Jenny non faceva che chiedersi il perchè di un comportamento simile.
-Mi dispiace.- Mormorò asciugandole una gamba. Guardandolo dall'alto le sembrò così puro e innocente che faceva a pugni con quello che era realmente.
Avrebbe voluto dire qualcosa ma, ancora una volta, non sapeva cosa. La sua voce sembrava aver migrato su una qualche isola deserta.
Quando ebbe finito, la prese e la portò a letto. La posò sul guanciale come una reliquia preziosa, con una delicatezza quasi reverenziale. Stava per voltarsi e andarsene, lo sapeva, e solo lei avrebbe potuto fermarlo.
-Aspetta.- Fu poco più di un sospiro, ma Julian lo udì comunque. Tornò indietro su i suoi passi, e si sedette sul letto. Alla luce del fuoco che ardeva alle sue spalle le sembrò un un'alieno venuto da chissà quale pianeta.
-So che non sei stato tu.-
Julian le sorrise. Un sorriso dolce, che rivelava tutta la sua stanchezza.-Adesso dormi.-
-Hey...- Lui si fermò per la seconda volta, di nuovo a metà tra la sua stanza buia e il corridoio illuminato. -Resti un po' con me?-

Nel buio della camera, ogni tanto Jenny si girava nel letto e lui, seduto acanto a lei,  poteva vedere quanto bella fosse, con le ciocche di capelli che  nascondevano un po' il volto, che le solleticavano il collo. Ogni tanto si svegliava e lo guardava, con gli occhi semi aperti, o semi chiusi, non sapeva dirlo. Ma era bella. C'erto, cerano donne molto più belle di lei, non poteva negarlo, e ce ne sarebbero state tante altre dopo di lei, eppure lei aveva qualcosa che non aveva mai visto in nessun'altra.
Un candore che faceva quasi male, luminosa e pura. Si, ma c'era ben altro.
Era forte, coraggiosa, gentile e generosa. Avvolte testarda e impulsiva, ma certo lui non poteva criticarla da questo punto di vista.
Era tutto ciò che non era lui.
Era tutto ciò che avrebbe voluto essere.
Era tutto ciò che non sarebbe stato mai.
-Julian.- Si era svegliata di nuovo e con la bocca impastata di sonno, lo chiamava dolcemente. -Raccontami una storia.-
Lui non le rispose; Si accovacciò sul letto, si sdraiò accanto a lei e le mise una mano tra i capelli.  Jenny arrossì  a quella vicinanza; non si sarebbe mai aspettata che un giorno si sarebbe sentita così a suo agio accanto a lui.
-"Tanti tanti anni fa, in un paese lontano e triste, c’era un’enorme montagna di roccia aspra e scura.
Al tramonto, il giorno seguendo l’altro giorno, in cima ad essa sbocciava sempre una rosa che aveva il potere di rendere gli uomini immortali ma nessuno osava avvicinarsi perché le sue spine erano velenose. "-
Julian fece una pausa, un lungo sospiro.
Cos'era quell'espressione sofferente che poteva intrevvedere tra le ombre del suo viso?
-"Gli uomini parlavano sempre della paura della morte e del dolore ma mai della promessa di immortalità e tutte le sere la rosa appassiva non potendo donare a nessuno il suo potere, persa, abbandonata in cima a quella montagna di arida pietra, sola fino alla fine dei tempi.*"-
-E nessuno provò mai a scalare la montagna per prendere la rosa?- Domandò dopo aver ascoltato attentamente la storia.
-No, mai.-
-E' così triste.-
-Forse lei,- Mormorò lui dopo un momento di riflessione -Forse è sola proprio perchè ha il dono dell'immortalità. Ma essere immortali vuol dire anche dimenticare cosa sia il tempo, dimenticare quanto siano fuggevoli certi momenti. E' certo una condizione che  ti costringe  ad una vita di solitudine.-
-E' terribile. Che senso ha vivere una vita immortale, ma lontano da tutto e da tutti?-
Forse, era stata indelicata, ma le parole le erano sfuggite di bocca. Julian, anche se aveva passato così tanto tempo da solo, adesso avrebbe avuto lei, per sempre.
Era come se Julian le avesse raccontato una storia simile alla sua.
Poteva benissimo vederlo nei panni di una rosa, l'essere più bello che i tuoi occhi potessero immaginare, abbandonato, lontano da tutti, in un mondo  triste e freddo. Certo era una similitudine che calzava a pennello.
Non voleva più che si sentisse così.
Solo, disperato.
Non voleva più che fosse circondato solo dalle tenebre. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di portare un po' di luce, nel suo mondo di tenebre.
Julian la strinse a sè, come se avesse capito quello che stava pensando.  
Belle, c'est un mot qu'on dirait inventer pourElle,
quand elle danse et qu'elle met son corps a jour,Tel,
un oiseau qui tend ses ailes pour s'envoler.
Alors je sens l'enfer s'ouvrir sous mes pieds.
Le accarezzava la fronte, i capelli, facendo passare le sue dita lunghe e madre tra le sue ciocche dorate. Julian cantava piano, delicatamente, come se le stesse dedicando una ninna nanna. Non sapeva dire che canzone fosse, e non capiva le parole, ma ricordava vagamene di averla già sentita una volta, molto tempo fa.
-Cos'è questa canzone?- domandò con gli occhi semi chiusi, mentre il suo corpo si abbandonava a quei tocchi leggeri. Dovette combattere con tutte le sue forze per riuscire a non addormentarsi.
-E' una famosa canzone francese- le sussurrò piano nell'orecchio, continuando a canticchiare a labbra chiuse. Era come se la cullasse dolcemente.  Jenny ricordava di aver visto lo spettacolo una volta, con i suoi genitori, quando era poco più che una bambina.
-Non capisco cosa dice.-
-Quasimodo ama Esmeralda. Si è innamorato al primo sguardo, la deisdera e la brama tanto che dannerebbe la sua anima  alle fiamme dell'inferno pur di potersi sdraiare accanto a lei e passarle le dita tra i capelli.-
Oh Lucifer, Oh laisse-moi rien qu'une fois
Glisser mes doigts dans les cheveux d'Esmeralda.**

Erano scoccate le tre in punto quando Julian si alzò dal letto. Sciolse l'abbraccio di Jenny che nella notte lo aveva stretto con le sue braccia calde, sistemandosi i vestiti si decise ad affrontare l'uomo ombra.
L'uomo ombra, come lui tecnicamente, non aveva forma o colore. Era solo pura oscurità.
Certo prendevano delle forme umane perchè così potevano interaggire meglio con gli altri mondi, ma era quello il concetto.
"Ciò che conta è l'anima, non la forma"
Loro certo erano l'esempio lampante di quel semplice concetto filosofico.
La sua casa era simile alla sua; Una casa in stile vittoriano, malconcia e con le pareti annerite. Un po' come le case dei film horror in bianco e nero.
Agirandosi per quel rudere, sentiva il vento sferzargli il viso, i suoi vestiti ritti contro la forza del vento. Un essere umano normale, sarebbe volato via in un soffio, Julian invece camminava come se lo stesse colpendo una leggera brezza.
Nel paesaggio grigio, deserto, sembrava che una distesa di cenere si stagliasse sotto di lui. Voltandosi, vide solo quello che si sarebbe aspettato di vedere.
Tutti gli uomini ombra erano li, silenziosi con i loro occhi di un blu ghiaccio.
Si stagliavano come piccoli lumi nella più completa oscurità.
-Mi avete fatto chiamare?-















Si, mi fermo qui, e continuerò la storia tra qualche giorno! Mi sembra doveroso pubblicare questo capitolo il giorno di Halloween (anche se in realtà è l'1, ma capitemi ieri sera mi sono inciucchettata)
piccole note:
*Penso che l'abbiano riconosciuta tutti, è la storia che Ophelia racconta al fratellino che deve ancora nascere, tratta dal bellissimo film "Il labirinto del Fauno" di quel geniaccio di Guglielmo del toro. Tratta della chimera dell'immortalità, Julian la racconta in tono leggermente pessimistico,  perchè per lui la rosa è sola non perchè nessuno va a coglierla, ma perchè è immortale.
**Lo so, c'è chi mi aveva chiesto di non farlo (vedi Chiara e Davide) ma ci cozzava troppo la canzone "Belle" dal "Notre Damme de paris", la spiegazione che da Julian mi giustifica da sola, quindi lascio parlare l'uomo ombra.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, volevo spaventarvi, ma non credo che basti una vasca piena di sangue. Io per ora mi diverto a far impazzire Jenny perchè è così che mi va.
Per citare Jung, dentro ognuno di noi c'è un potenziale assassino, e io sto dando libero sfogo al mio ahahah.
Prossima puntata (in questa storia che ha la stessa drammaticità di Rossana) Julian vs Uomini ombra. Tutti quanti incazzati neri!.
PS: ditemi se vi ho fatto spaventare, ci tengo sul serio :'D

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Buried Alive ***


9
Hey, I can't live in here for another day
Darkness has kept the light concealed
Grim as ever
Hold on to faith
Meanwhile the mice endure the wheel
Real as ever
And seems I've been Burried Alive
Burried Alive- Avenged Sevenfold



Il buoi era assoluto, eppure Julian poteva vedere tutto.
Vedeva il rudere in rovina, gli occhi degli uomini ombra brillare di ferocia nella più completa oscurità.
Ecco cos'erano, vecchi che avevano passato secoli a sfregarsi le mani in attesa di una qualche sciagura, bramando il sangue, aspettando le anime dei mortali che si dannavano giocando con loro perversi giochi. E i giochi non erano altro che torture psicologiche, prima che fisiche.
Un po' come bambini che giocano con il cibo.
Ed erano li, divertiti, ansiosi di vederlo cadere, perchè anche giocare con un proprio simile poteva essere divertente.
-Dunque, sei venuto.- Non era una domanda, ma un'affermazione.
-Mi avete chiamato, e io sono venuto.- rispose educatamente.
-Non hai finito di giocare con quella ragazzina?
-Ti stai rendendo ridicolo.-
Gli uomini ombra gli abbaiavano contro come un branco di cani, facendo accavallare le voci una sopra l'altra.
-Decido io quando finisco di giocare con una mia preda.- Rispose stizzito. -Non esistono regole in merito.-
-Sei ancora giovane, inesperto...ma, stando alle regole, quella ragazzina è ancora nostra.- uno dei più vecchi, vicino a lui, pronunciò quella parola come se fosse fatta di zucchero candido imbevuto di veleno.

Julian fece saettare il  più letale dei suoi sguardi verso una figura piccola, nascosta. Un uomo ombra con la voce stucchevole come miele, ingobbito, come se fosse arricciato su se stesso, le mani e le gambe lunghe e sottili gli conferivano l'aspetto di un vecchio ragno piegato su se stesso. Aveva la lingua che gli penzolava da un lato, lo sguardo oscenamente lussurioso.
-Lei ci ha derubati delle nostre anime, anime giovani e ancora forti, ed è naturale che lei debba pagare con la propria anima.-
-Non finchè rimarrà nella mia dimora.- Sentenziò Julian -E smettetela di disturbare la mia preda con i vostri scherzi infantili. Potrei iniziare a fare lo stesso con voi.-
-Osi minacciarci?- Tuonarono all'unisolo più di mille voci.
-Dico solo che dovreste seguire le regole e non entrare in casa mia.- Rispose ghignando.
-Ragazzino, sei poco più di un bambino che si aggrappa all'idea che quelli come noi seguano sempre tutte le regole.- Rise un'ombra alle sue spalle. -Ti credi sicuro tra le mura della tua casetta? Sei più patetico di un porcellino che si rifuggia in una capanna di fango e paglia.-
Julian lo guardò, furioso.
Sapeva bene che stava giocando con il fuoco, ma l'idea lo esaltava. Avrebbe vinto quella guarra, quel gioco.
-Sappiamo bene cosa stai cercando, ma non lo troverai così facilmente.-
Ridevano e ridevano, beffandosi di lui. E lui rise con loro, curvando la schiena, liberandosi in un latrato, piegandosi al frastuono che facevano le sue stesse risate che rimbombavano nella gabbia toracica all'idea di vedere quei vecchi strisciare ai suoi piedi, gli sguardi sformati dal terrore.
-Sarò un porcellino pronto al macello, ma se toccherete ancora qualcosa di mio, io farò lo stesso con noi.-
-E' solo questione di tempo.- Rise l'uomo alle sue spalle. -Lei sarà nostra, e la divoreremo.-

La sala era avvolta dalle tenebre e l'unica fonte di luce proveniva dal camino. Il fuoco che crepitava nel camino non era blu come quello della sua stanza, ma di un verde acido. Conferiva al
fuoco un'aria fredda.
Julian sedeva mollemente su di una poltrona al centro della sala. Il volto illuminato dal fuoco, aveva un'aria eterea, aliena. Gli occhi sembravano due pentoloni pieni di veleno mortale. Appoggiava il viso contro il pugno, e sembrava molto pensieroso. Non muoveva un solo muscolo, ma il suo sguardo cruciato cambiava ad ogni minimo movimento della fiamma.
Si mosse lentamente verso di lui. Per quanto l'avesse sempre difesa e protetta, ormai aveva imparato che doveva stare attenta a non prendere Julian per il verso sbagliato, o altrimenti avrebbe potuto reagire in modo inaspettato.
-Perchè sei qui, Jenny?-
Certo, prenderlo alla sprovvista non era cosa da poco.
-Stamattina mi sono svegliata e tu non c'eri.- Rispose titubbante, ancora sull'uscio della porta. Si avvicinò lentamente, misurando le parole. -Non ti ho visto per tutto il giorno e mi sono un po' preoccupata.-
Julian le sembrò pensieroso quando potè finalmente vederlo bene in volto. Aveva l'aria di chi non riesce a risolvere un difficile problema di logica. Lo sguardo perso nel fuoco, gli occhi segnati dalle occhiaie di chi non dorme da anni.
-Ti avevo detto di stare nella tua stanza- La sgridò con tono neutro, quasi annoiato. -Perchè non fai mai quello che ti dico?-
-Sono stata nella mia stanza tutto il giorno! Ero così annoiata che ho anche cercato di mettere lo smalto alle unghie del lupo.-
Julian sbuffò, cercando di non sembrare troppo divertito. -Dovresti stare attenta, gli ho detto di proteggerti, ma non sono sicuro che sopporti le tue angherie senza morderti una mano.-
-In effetti ho smesso quando mi ha ringhiato contro.- Jenny ridacchiò e Julian non riuscì a trattenere un sorriso, anche se sparì dopo poco.
-C'è qualcosa che non va?-
-Nulla d'importante.- Rispose serio.
Anche se non poteva mentire, ciò non significava che fosse sempre sincero. Certo sembrava molto preoccupato, e faticava a credere che fosse "niente d'importante"
-Sono solo molto stanco.- Spiegò. Come se avesse capito al volo quello che aveva appena pensato.
Si chiese come facesse a capire sempre quel che pensava, che provava. Julian, in quel momento era completamente diverso dalla prima volta in cui lo aveva incontrato. Era sempre avvolto da quell'aura di mistero, ma sembrava totalmente abbandonato ai suoi soli pensieri, tormentato da mille problemi.
-Posso fare qualcosa?-
Non sapeva dire se fosse il suo istinto di "mamma protettrice"  che la spingeva a volersi prendere cura di lui o se fosse quella strana sensazione che avvertiva ogni volta che si scontrava con i suoi occhi. Ma ogni volta che era accanto a lui , poteva avvertire la solitudive che stringeva il cuore dell'uomo ombra. E allora lo sentiva subito più distante, più sottile, come se le potesse sfuggire tra le dita come neve sottile. Quanti incubi aveva avuto così? Lui che spariva, inghiottito dall'oscurità, e lei che restava sola, sola con la sua mancanza.
Sentiva che non avrebbe potuto sopportarlo.
-Hai avuto un incubo stanotte?-
La voce cupa e seria dell'uomo ombra la risvegliò. -Come fai a dirlo?-
-Ti agitavi nel sonno stanotte.-
In realtà non era il primo. Da quando era arrivata in quella casa, ogni notte aveva sempre incubi tremendi. Avvolte aveva addirittura delle allucinazioni. Duravano poco, certo, e  il più delle volte quando si svegliava dimenticava cosa aveva appena sognato. Ma la sensazione di terrore, d'angosia, rimaneva sempre.
Viveva sempre in uno stadio di terrore senza pari che la rendevano vuota, debole. Stranamente, svaniva solo nel momento in cui Julian le era vicina.
-Ogni tanto capita.-
Julian la guardò. Per la prima volta vide davvero quanto lei fosse stanca. Sembrava consumata da tutta quella oscurità. Era come se un fulmine lo avesse appena folgorato. Si arrabbiò con se stesso, dandosi dello stupido. Si era sempre concentrato su se stesso, preoccupandosi solo di come Jenny lo avesse cambiato.
A cosa stava pensando?
Era stato uno stupido a credere che Jenny sarebbe potuta vivere li in eterno. Quello era il mondo delle ombre e non un luogo di villeggiatura dove una semplice umana potesse passare del tempo.
Jenny non apparteneva a quel luogo ed ora l'oscurità del suo mondo la stava divorando.
La sua più grande vittoria, si era presto trasformata nella più crudele delle sconfitte.
-Ora dovresti tornare nella tua stanza, per favore.- Lo aveva detto con finta gentilezza, e lei se ne accorse. Avvertì subito la rabbia nei suoi occhi. Capì che contraddirlo, in quel momento poteva essere molto pericoloso.
Si alzò, e camminò in fretta verso la porta, voltandosi solo per guardarlo ancora un momento: Julian era in piedi, le mani stese in avanti strette contro il bordo del camino. Illuminato dalla luce verde come in uno di quei film di fantascienza che da piccola le facevano paura.
 Jenny non osò parlare, si girò e lo lasciò solo.
Quando lui vide che non c'era più sfogò tutta la sua rabbia: Prese una delle sedie della sala e la scaraventò con forza contro il camino. Una dopo l'altra, le lanciò sul fuoco. Iniziò a distruggere tutto quello che era a portata di mano.
Gridava, gemeva. Una furia distruttiva si accaniva sulla stanza, prima così elegante.
Spezzò il tavolo in marmo come se fosse stato uno stuzzicadente sottile,staccando tutti i quadri dalle pareti, buttando giù la grossa libreria che prima era contro il muro. Con il candelabbro acceso bruciò le tende, e sfondò la grande vetrata con la potrona, così che la luna potesse vedere tutta la sua rabbia. Buttò a terra i bei piatti in porcellana, i bicchieri in cristallo di rocca. Con un gesto della mano fece apparire una mazza e iniziò a buttare giù uno dei muri, facendo sollevare così tanta polvere che tra quella e il fumo delle tende che bruciavano nella stanza sembrava esserci uno spesso strato di nebbia. Si guardò nel riflesso di quel che restava della vetrata: Era avvolto dal fumo, dal fuoco verde, era sudato e continuava a ringhiare furioso. Sulla sua giacca cadevano i piccoli e pregiati diamanti del lampadario, ormai in frantumi. Ma ancora non riusciva a calmarsi. Provò una rabbia senza fine, e l'unico modo per sfogarla era continuare a distruggere e distruggere e distruggere finche non fossero rimaste solo le ceneri di quel luogo.
e continuò e continuò.
A rompere, spezzare, frantumare tutto quello che gli capitava a tiro. Finchè le sue braccia non cadderò molli lungo il copro sfinito
Finche non constatò quanto fosse facile per lui distruggere tutto ciò che toccava.

Dopo quella notte, Julian  sparì.
Non le aveva lasciato ne un biglietto, nessuna traccia che spiegasse il perchè di una simile sparizione.
La mattina dopo Jenny era andata a vedere cosa fosse successo nella sala: per tutta la notte aveva sentito un frastuono incredibile, ma quando varcò la soglia la sala era perfettamente intatta. Perfino il muro era tornato a posto. Niente sembrava essere cambiato.
Ma di lui non c'era neanche l'ombra.
Jenny, inizialmente, pensò semplicemente che fosse uscito, come faceva sempre. Ma passati due giorni Julian non era ancora tornato.
Anche il lupo sembrava particolarmente nervoso, aveva quasi sempre il pelo ritto, e scattava sull'attenti ad ogni minimo rumore.
Ogni notte gli incubi non facevano che aumentare. Sognava un'oscurità profonda, mani nere e lunghe che affondavano nella carne, l'afferravano, la torturavano, e ogni volta che si svegliava urlante vedeva ancora quelle orribili immagini davanti ai suoi occhi.
Erano più di tre giorni che non chiudeva occhio, ma Julian ancora non era tornato. E più passavano le ora senza di lui, più si sentiva spaventata.
Sognava di tutto: Dalle pareti che grondavano sangue a spiriti vendicativi che la inseguivano per corridoi buii. Si sentiva così stanca e stressata che fu quasi certa che  stessero iniziando a caderle i capelli.
Era come se l'assenza di Julian permettesse alle sue più recondite paure di manifestarsi.

Quella notte Jenny era seduta nel suo letto, la camicia da notte leggera era nascosta dalla vestaglia di blu notte. Accarezzava dolcemente la schiena del lupo che dormiva placido accanto a lei.
Non sapeva bene a che ora si fosse addormentata, aveva sempre un'idea un po'confusa del tempo. Sapeva solo che, ad un tratto, si era svegliata di soprassalto, sudata e con il cuore che le batteva all'impazzata.
Forse a svegliarla era stato quello strano profumo, così dolce e prepotente. Non sapeva dirlo. Ma la ammaliava, la invitava a seguirlo.
Si sentiva come un topo incantato dal suono di un piffero. Camminava per i corridoi senza rendersi conto di quello che stesse facendo, mettendo un piede davanti all'altro, senza riuscire a controllare il proprio corpo. In cuor suo sapeva che non avrebbe dovuto farlo, che quel profumo era lo stesso che aveva sentito nella vasca. Ma non riusciva a fermarsi.
Si ritrovò davanti alla stanza del mare, quella che Julian aveva creato per lei. Ma quando aprì la porta scoprì con orrore che non era più la stanza illuminata dal sole che ricordava. Era notte fonda, buia e fredda. Non c'erano stelle in cielo, nè la luna. Era completamente avvolta nell'oscurità e l'unica cosa che si sentiva era l'infrangersi delle onde sul bagnoasciuga. Jenny continuò a camminare verso l'acqua, cercando con tutta se stessa di fermarsi, senza riuscirci.
-Jenny, Jenny.- La voce di Julian era inconfondibile.
-Julian, sei davvero tu?.-
-Jenny, mi sei mancata così tanto...- Sembrava tormentato, stanco ma sembrava proprio lui. quando le venne vicino, il suo viso fu lievemente illuminato dalla luce che proveniva dal corridoio. Le fece segno di seguirlo e la condusse ancora più vicina all'acqua.
-Siediti vicino a me.-
Jenny ubbidì, guardandolo attentamente -Dove sei stato pertutto questo tempo?-
-Mi sono dovuto occupare di alcuni affari importanti.- Rispose guardandola intensamente. Ma lei non riusciva a liberarsi da quella sensazione angosciante.
C'era qualcosa in quella stanza che la inquietava.
-Oh, Jenny.- sospirò improvvisamente.-Lasciami passare le mie dita tra i tuoi capelli.-
Jenny annuì piano e lui la fece sdraiare con un cenno del suo capo e iniziò a sfiorarle le ciocche leggere.
-Non hai mangiato in questi giorni?.- Domandò dolcemente.
-Ero preoccupata, mi si è chiuso lo stomaco.-
-Tu non sei come me.- Le sussurrò dolcemente all'orecchio. -Io posso sopravvivere senza mangiare, ma tu no.-
-Lo so.- Rispose lei.
-Sei così bella, avvolta dall'oscurtà. Sembri una regina delle tenebre.- Le disse ghignando divertito.
-Una regina delle tenebre, io?-
-Mi porgerebbe la mano sua maestà?-
Jenny le porse la mano, senza pensarci: Lui le diede un fazzoletto in stoffa. Era di una fattura così pregiata che sembrava appartenere ad una vera regina. Aveva una piccola "A"  ricamata in oro nell'angolo sinistro, ed era così soffice che poteva essere fatto solo di seta purissima.
-Com'è bello- mormorò portandoselo alla bocca, sotto il naso per sentirne il profumo. Doveva essere stato imbevuto in un'olio essenziale, perchè le ricordava quegli aromi che senti nei bagni turchi.
Inebriante. Lo fece scivolare lungo il corpo, giù per il collo e la spalla. Julian la guardava incantata.
Le prese le mano, la fece scivolare contro il suo viso, chinandosi, iniziò a baciarle il braccio,mentre continuava a sfiorarle i capelli. Jenny sfiorò il suo viso, accarezzandolo come avrebbe voluto fare tante altre volte. Lo scoprì da una parte morbido, dall'altra duro, rugoso. Dal lato detro della sua bocca, sentiva dei duroni stendersi per tutta la guancia. Inorridì quando, a metà del viso sentì una cosa umida, dura.
Denti? Si chiese confusa mentre lui continuava a bacirla.
Jenny si ritrasse inorridita, svegliandosi dall'incantesimo. Si avvolse le braccia intorno al corpo, lanciando lontano da se il fazzoletto.
-Chi sei tu?- Non si rese subito conto che stava urlando. Ma era troppo spaventata e agitata per moderare il suo tono.
Il mostro ghignò, il volto venne squarciato da un sorriso inquietante, da orecchio ad orecchio.
-Birra e pane io so far
Sissignor
e chissà
chi lo sa
il mio nome qual sarà?- Ridacchiò, saltellando su se stesso, non appena finì di canticchiare quella strana filastrocca. Sembrava ancora più matto di Julian, la prima volta che le aveva detto cosa fosse veramente.
Era come Julian, pensò. Anche il suo nome, "Julian", non era il suo vero nome. Forse neanche lui aveva un vero e proprio nome.Come tutti gli uomini ombra il loro nome era solo un'ammasso di rune scritte su una pietra, impossibili da pronunciare.
Jenny lo guardò, terrorizzata. Ma non c'era nessuno d'avanti a sé. Chiunque egli fosse, era sparito.
Jenny corse verso la porta, ma si chiuse di scatto.Venne avvolta da un fumo nero, così denso da farla tossire. Due mani ossute e lunghe l'afferrarono per le spalle, come in uno dei suoi incubi. Jenny urlò, ma si sentì trascinare versò l'acqua così velocemente che quasi non se ne rese conto. L'acqua la invase.
Ricordava una volta, quando era molto piccola, che cadde dal piccolo materassino sul quale stava galleggiando. Forse era stata durante una vacanza, e di certo non aveva più di dieci anni, ma era rimasta così sorpresa di quella caduta da non aver avuto neanche il tempo di prendere fiato. Automaticamente, anche se sott'acqua, aveva aperto la bocca, e l'acqua salata le era entrata fin su per il naso, bruciandola. Era stata una cosa da poco, non aveva rischitato la vita o cose del genere, perchè suo padre l'aveva afferrata al volo e lei aveva tossito via subito l'acqua. Però quel momento le venne subito in mente non appena sentì l'acqua salata del mare invaderla completamente. Sentiva i polmoni bruciare e sapeva che se fosse svenuta in quel momento, sarebbe morta affogata.

Ma il dolore era troppo forte, le bruciavano i polmoni e si sentiva così debole che pensò che, forse, lasciarsi andare fosse l'unica soluzione.
Così cadde nell'oblio, avvolta da acqua e tenebre.

Quando riaprì gli occhi, si accorse di non essere in un letto come aveva sperato. Era stesa in qualcosa di duro, legno pensò. Era chiusa in una scatola, stretta e opprimente. Avrebbe voluto urlare, ma la voce le mancava. La gola bruciava come se avesse gridato per ore, e tutti gli arti erano così doloranti che faticava addirittura a muovere le dita delle mani.
Sentiva degli strani tonfi, come se da fuori la cassa spessero buttando della terra.
Jenny non riuscì subito  capire dove fosse. Non riusciva a capacitarsi della situazione in cui si trovava. Ma capì in fretta che quella "scatola" dov'era rinchiusa, in realtà era una bara fatta di travi di legno malconcie ricoperte di muffa e che l'uomo ombra la stava seppellendo viva. Quando si rese conto della realtà, andò nel panico. Iniziò ad urlare, per quanto potesse, finchè non iniziò a sputare sangue per il dolore, iniziò a graffiare le pareti finchè le unghie non iniziarono a staccarsi, e poi continuò ancora. Tirava calci e pugni, piangeva e urlava ma l'uomo ombra fingeva di non sentirla, canticchiando e fischiettando divertito.
Quello si, che era uno spasso, pensò lui, accendendosi una sigaretta.
Dopo una breve pausa continuò a riempire la buca di terra, finchè le grida non furono inudibili.
Accese un'altra sigaretta, nell'attesa che accadesse qualcosa d'interessante.

Alle spalle dell'uomo nero era apparsa una sagoma scura, silenziosa.
Era nera come la notte, con gli occhi blu luminosi come fari.
Era arrabbiata ma l'uomo nero lo ignorò, continuando a fumare con i l suo sorriso inquietante.
-Salve.- salutó cordiale, sornione.
-Immaginavo che ci fossi tu dietro- Julian rimase immobile. -Dov'è la ragazza?-
-Ti stai mettendo nei guai.- L'ombra era dietro di lui, ancora nascosta. -Francamente io ti capisco. Sei giovane. Hai bisogno di sfogarti. Ma loro sono ormai troppo vecchi, troppo antichi per capire le necessità di un giovane come te.- Si era avvicinato e per la prima volta il suo volto era illuminato dalla luna. Era poco più vecchio di lui e ancora poteva riconoscersi nel suo aspetto. Era alto come lui, con i capelli color del gelo, leggermente irrigiditi dal freddo, e occhi blu come non se ne erano mai visti. Ma il suo volto era per metà gonfio, pieno di crepe, come se fosse fatto di roccia. La parte destra del suo viso era tirata, e la bocca era costretta in un perenne ghigno maligno.
Si spostò in un attimo davanti a lui, appoggiato con tutto il suo corpo su una pala, guardandolo con sufficienza.

-Perché esiti?- domandó spostando il peso da un piede all'altro. -Ormai è qui e puoi farle tutto ciò che desideri. Perché non la torturi, non la fai tua? Ci sono così tante cose che potresti fare con un simile bocconcino.-
-Non sono affari tuoi cosa faccio con lei. Dimmi dove si trova.-
-Ma ci importa. Ai vecchi non va giù questa situazione, sanno bene che hai un debole per la ragazza.-
Era scomparso in una nuvola di fumo, per comparire dietro di lui. Con le labbra ad un millimetro dall'orecchio sussurro  quello che più volte si era già sentito dire.
-...E poi, non vorrai farmi davvero credere che te ne sei innamorato. Un'uomo ombra non può certo provare sentimenti simili all'amore. Siamo uomini ombra, noi conosciamo solo la distruzione.-
Julian non rispose. Guardando la luna, sapeva che quelle parole erano reali quanto lo era lui.
Però,allora, cos'era quella sensazione che provava ogni volta che pensava a lei?
-Dov'è la ragazza?-
-Divertiti ancora per un po' con lei, ma preparati a subirne le conseguenze.-
Il suo sguardo si era fatto ancora più cattivo, ma allo stesso tempo divertito.
-Certo, sempre che tu riesca a scavare in fretta.-















Vorrei ringraziare chi ancora segue la storia, malgrado i miei lentissimi aggiornamenti. Sono felice di aver stretto con molte di voi un bel rapporto di amicizia, che esula dal semplice recensire una storia. Sono particolarmente entusiasta perchè molti di voi hanno apprezzato che la storia sia virata verso il genere horror (che io amo) ma visto che questa storia era iniziata dovendo essere una storia romantica(anche se io le storie romantiche non le sopporto) penso di essermi bruciata avendo appena ucciso la protagonista. E mo' che famo?;D
In ogni caso: BUON NATALE <3
Un grazie speciale va come al solito a Davide&Chiara che mi sostengono e sopratutto mi sopportano nei miei scleri al bar la domenica mattina <3 Vi olio bene

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Behind blue eyes ***


Ma niente vale il veleno che scorre
  da quegli occhi tuoi verdi,
laghi e specchi ove il mio cuore si sperde;
a fronte i sogni corrono
  a bere in quegli amari abissi e perdersi.
Charles Baudelaire-I Fiori del Male; VLIX Il Veleno.








Galleggiò a lungo in un confuso dormiveglia.
Sognò un'oscurità senza corpo che la inseguiva per i corridoi di una casa vagamente familiare. Un'ombra nera le piombò addosso, artigliandole la schiena.
Sentì una voce gridare e fu vagamente consapevole che era la propria. Due labbra le sussurrarono una parola contro la fronte.
-Riposa.-
Più un ordine che un invito.
Si sentì precipitare: una voce le addolcì la caduta, una canzone la cullò piano, sfiorandole il viso con mani d'argento.

No one knows what it's like
To be the bad man
To be the sad man
Behind blue eyes.
No one knows what it's like
To be hated
To be fated
To telling only lies.

Aprì gli occhi.
La canzone era un uomo: un uomo dal volto bianco e i capelli d'argento come raggi di luna. Aveva occhi azzurri come in cielo che si preparava ad albeggiare. Come il cuore di una fiamma.

But my dreams
They aren't as empty
As my conscience seems to be
I have hours, only lonely 
My love is vengeance
That's never free.

L'uomo le scostò i capelli dalla fronte, e Jenny  vide che aveva mani nude, tremanti, stranamente indifese: Un serpente tatuato intorno al polso sinistro e un piccolo cerchietto d'oro all'anulare. Quella vista la stupì, non aveva mai notato che anche lui avesse il suo anello gemello.
Si aggrappò alla sua immagine mentre scivolava di nuovo nel buio, e questa volta non ebbe paura.

Quando riprese conoscenza, il silenzio era assoluto.
Si guardò intorno, riconoscendo attraverso la vista ancora appannata la stanza di Julian. L'aveva vista una sola volta ma riconobbe subito l'arredamento completamente nero in contrasto con i muri di un azzurro chiaro. Non aveva la forza di alzarsi, così rimase sdraiata a pensare.
Diamine, era nuda.
Nuda nel letto di Julian. Poteva esistere una situazione più pericolosa di quella?
Se non altro c'era un che d'ironico in quella faccenda.
Il ricordo dell'uomo dalle mani indifese, dallo sguardo attento e preoccupato, la colpì secco come una frusta.
Non era stato tanto diverso da quella volta nella grotta, quando si era svegliata avvolta da pellicce morbide, con lui accanto che le stringeva le mani fredde. Solo che questa volta Julian non c'era.
Si odiò per essere caduta in una trappola così ovvia. Era chiaro che quello non era il vero Julian. Era solo così desiderosa di vederlo che lo aveva addirittura scambiato per un altro uomo ombra.
Che idiota.
Sul soffitto, una volta immacolato, c'erano una moltitudine di disegni stranissimi: Riconobbe solo qualche runa e qualche simbolo di protezione che aveva già visto a casa di suo nonno. Che stesse cercando di tenere lontano gli altri uomini ombra?
In ogni caso,Julian doveva essere preoccupato. Molto, molto preoccupato.
Quel pensiero le diede la forza di alzarsi e andarlo a cercare. Si avvolse nel lenzuolo di seta nera ma notò quasi subito che la stanza era diversa. Alla sua destra, era spuntata una porta a vetro. Dava sulla spiaggia, quella che Julian aveva creato per lei. Non c'era sole ad illuminarla, ma solo uno spesso strato di nebbia così fitta che a malapena riusciva ad intravedere le onde che si infrangevano sulla spiaggia. E Julian era a qualche metro dalla porta, allungato indolente sulla banchina in legno che faceva da veranda alla casa. Sembrava un gatto bianco dagli occhi glaciali: serio e pensieroso guardava dritto davanti a sé, ignorando la porta che si apriva.
-Sei sveglia.-
Non era una domanda.
Indossava solo un pantalone nero, morbido, ed era a petto nudo. Aveva una strana asta di cristallo trasparente che si rigirava tra le mani e fissava il mare, o meglio quel che ne rimaneva, con aria malinconica.
Lui non la guardò.
Jenny gli si sedette accanto, ogni movimento le provocava dolori tremendi ma si sforzava di non farglielo notare.
-Sei stato tu a portarmi qui?-
Poteva al massimo sussurrare, la sua gola bruciava ad ogni sillaba detta vagamente più forte.
L'uomo ombra scrollò le spalle, come a dire che era un dettaglio senza importanza.
-Quanto ho dormito, mi sento come se...- 
Si portò le mani al viso, ma si fermò a mezza frase. Aveva tutte le dita accuratamente fasciate, dalle unghie alla mezza falange, e anche le ginocchia, le caviglie e i polsi erano stati medicati con cura.
Sgranò gli occhi e guardò Julian.
-Tu...?-
-Eri ferita.- Spiegò come se stesse parlando a d'un bambino particolarmente stupido.
Doveva aver avuto un'aria particolarmente sorpresa, perché aggiunse -Mia cara, la tua sorpresa è vagamente offensiva.-
A dispetto del tono sfottente e distaccato le sembrò realmente infastidito.
-Scusa.-
Rimasero in silenzio per molto tempo. Poi sul volto di Julian comparve una smorfia, come se avesse pensato a qualcosa che lo aveva infastidito.
Lo vide protendere una mano verso di lei che si ritrasse istintivamente, senza sapere il perché.
Julian non fece nulla per fermarla. Strinse le dita al nulla e lasciò ricadere il braccio lungo il fianco.
-Stai tremando come una foglia.- La ragazza si limitò a sostenere il suo sguardo, non poteva di certo negarlo.

Lui tornò ad ignorarla: il corpo attentamente posto ad una distanza di sicurezza da lei.
Che stupida che era stata. Perché aveva paura di Julian? Sapeva benissimo che non era lui quello della notte precedente e che non le avrebbe mai fatto nulla di male.
-Ti spavento?- domandò. Il suo volto era una maschera inespressiva, ma i suoi occhi sembravano urlare.
Una solitudine, una tristezza mai visti prima. Ecco cos'erano gli occhi di Julian, due enormi pozzi: se ti fossi affacciato avresti visto le più grandi tragedie umane. Specchi che riflettevano una natura combattuta, tra l'auto flagellazione e il desiderio di stare alle regole. Le tornarono in mente le parole della canzone. "Ma i miei sogni non sono vuoti come la mia coscienza sembra essere, ho ore sempre da solo, il mio amore è una vendetta che non è mai libera." La cantò nella sua mente, pensando a quanto fossero vere quelle parole, a quanto rappresentassero bene la condizione di Julian.
Era così simile al ragazzo della caverna... che Jenny non osò parlare. La spaventava quella sua espressione così sofferente, come se non fosse più sicuro di nulla. Avrebbe voluto rispondere "No, certo che no!", ma non sarebbe stata del tutto onesta. Per molto tempo l'aveva spaventata: Quando l'aveva rapita e portata nella casa di carta, quando le aveva fatto rivivere il giorno in cui suo nonno era scomparso per salvarla, quando l'aveva ricoperta di api, quando l'aveva inseguita e le aveva dato la caccia, quando le aveva fatto credere che Summer fosse morta per colpa sua, quando l'aveva rapita al suo matrimonio, fingendo di essere Tom e l'aveva fatta spogliare, quando aveva distrutto la sala. Certo che l'aveva spaventata. Certo che quei ricordi la spaventavano. Ma non per questo lo avrebbe abbandonato.
Perché non sapeva cos'era quella sensazione, ma la sola idea di lasciarlo da solo con gli altri della sua specie le faceva male.
Lui non era come loro.
-Tu sei l'unica persona che non dovrà avere mai paura di me.- Disse interrompendo quel silenzio opprimente.
-Lo so.- Riuscì finalmente a mormorare, con la bocca impastata di sonno.
-Sei stanca.- sentenziò. -E qui fa freddo. Va a dormire.-
-Ho già dormito.- Protestò. Era come se ad ogni parola mille coltelli le tagliassero la gola. 
-Solo per un'ora.- La corresse.
-Beh, non voglio.- ed incrociò le braccia al corpo, come avrebbe fatto una bambina di cinque anni.
Julian la guardò di traverso: Lo sguardo di chi sa che vincerà la discussione.
-Ah Jenny,- sospirò -Farai mai quello che ti dico?-
-Ok, vado a dormire.- Rispose mesta. Non voleva discutere di nuovo. -Ma posso rimanere qui? Io...non voglio dormire da sola.-
Si stupì della facilità con cui aveva detto quelle parole. Aveva dimenticato, ancora una volta, Tom.
Solo che in quel momento aveva davvero bisogno di avere qualcuno vicino, e anche lui sembrava averne bisogno. A nessuno fa bene stare solo.
Anche Julian sembrò un po' stupito. Non era impossibile prenderlo alla sprovvista, ma era di sicuro molto difficile. Aveva come l'impressione che tendesse ad abbassare la guardia quando si trattava di lei. Lo guardò di sottecchi: Aveva un fisico meraviglioso, muscoloso, magro e i capelli gli ricadevano sugli occhi, producendo tante piccole ombre sul suo viso. Un principe delle tenebre, bello da dannarsi l'anima. Al suo confronto lei, che si era sempre considerata una ragazza dal fisico accettabile, sembrava sparire. Lui si alzò in piedi, aspettando che lei facesse la stessa cosa. Ci provò ma le sue gambe non la reggevano in piedi, molli come gelatina.
Lui non disse niente. La prese in braccio, e lei pota sentire la sensazione di quel corpo, stranamente caldo, contro il suo.
La stringeva in modo protettivo, dolce. Ma Julian non era mai dolce.
Oh, andiamo. Quel giorno in spiaggia, sotto il sole caldo era stato dolce e divertente. Quando gli uomini ombra l'avevano spaventata, immergendola nella vasca da bagno piena di sangue, lui l'aveva protetta, l'aveva lavata e vestita, le aveva cantato quella dolce canzone francese. Era rimasto li, a proteggerla mentre dormiva. Come poteva dire che non era mai dolce?
La sua coscienza aveva scelto un brutto momento per ricordarle quei momenti. Preferiva quando Julian la spaventava, almeno non la faceva sentire così confusa.
Lui l'adagiò sul letto, e la coprì con le coperte. Il tepore era così dolce che dovette faticare per non addormentarsi all'istante. Fece posto a Julian che, dopo uno sguardo bieco, si sdraiò accanto a lei.
-Preferisci la compagnia di un lupo alla solitudine?.-
-Preferisci restare solo per l'eternità piuttosto che cambiare?-
Julian le lanciò uno sguardo sornione.
-Sai che...-
-Non puoi? Si, lo so.- Lo interruppe con sguardo triste. -E' solo che... non mi sembri più così terrificante. Un tempo forse mi facevi paura, ma ora è diverso. E' triste. Vorrei solo che fosse più semplice.-
Julian si spostò sul fianco per guardarla con un cipiglio infastidito. Chiuse gli occhi e sospirò -Sono stanco.-
-Allora riposa.- Si avvicinò ancora di più a lui, come se fosse del tutto naturale. Ora i loro visi erano così vicini che, se non avessero fatto attenzione, i loro nasi si sarebbero sfiorati. Posò una mano sulla sua guancia, e gli baciò il naso.
-Dormi, io starò qui con te.-
-Per sempre?-
-Finché morte non ci separi.- Rispose con un sorriso stanco, mentre anche lei si addormentava. Aveva appena ricordato che, nonostante tutto, erano sposati.

Quando riaprì gli occhi lui era già sveglio e la guardava. Aveva gli occhi di chi vede per la prima volta qualcosa di incredibilmente prezioso.
L'espressione simile a quella di un bambino, la prima volta che assaggia qualcosa di assolutamente sconvolgente.
Jenny sorrise e lui si avvicinò un po' di più, baciandole il naso.
La stessa cosa che aveva fatto lei.
-Buongiorno Bella Addormentata.-
Rise, non poté farne a meno. Era come se tutta la tensione, l'ansia accumulata fino a quel momento fosse sparita in un istante.
-Hai fame?-
Proprio in quel momento a Jenny brontolò lo stomaco.
Rise. -Beh, in effetti...-
Lui si alzò con uno sguardo energico e fu in quel momento che le vide.
Seduto sul ciglio del letto, le dava le spalle. E Julian le sembrò improvvisamente nudo, davvero come un bambino che viene maltrattato dai genitori, e le si gelò il sangue in un istante.
Con la sensazione che potesse sparire da un momento all'altro. E si sarebbe sentita persa come un naufrago in mezzo all'oceano se fosse successa una cosa simile. Si alzò di scatto, e poco importava che fosse nuda.
Julian sussultò a quel tocco. Forse perché non se lo aspettava o perché non immaginava che fosse così audace. Ma rimase immobile, mentre Jenny lo abbracciava da dietro, con il viso e il corpo affondato nella sua schiena.
-Cosa fai?- domandò imbarazzato dopo un po' perché, in realtà gli piaceva il calore dei loro corpi nudi e abbracciati.
Jenny iniziò a piangere, bagnandogli la schiena con le sue lacrime, accarezzando le righe bianche leggermente in rilievo. Poteva sentire il dolore che aveva provato, lo avvertiva contro la sua pelle.
-È colpa mia- riuscì a mormorare tra un singhiozzo d l'altro.
Julian non rispose. Anche volendo, non sapeva cosa dire.
Sarebbe rimasto volentieri tutta la vita così, con lei che l'abbracciava, il suo corpo caldo contro il suo freddo. Gli scaldava il cuore sentirla così vicina, era come il formicolio quando metti le mani davanti al fuoco in una giornata di gelo invernale.
Jenny era una calda sera estiva.
Jenny era la vita.
-Non è stata colpa tua.- rispose.
-Non mentire!- singhiozzò. -Te le hanno fatte dopo che tu mi hai aiutata a scappare, non è vero?-
-Io non mento mai. Certo, mi hanno punito per averti aiutata. Ma è stata una mia decisione.- rispose, prendendo la mano che gli circondava la vita.
-Cosa ti hanno fatto?- singhiozzò stringendo ancora di più il suo corpo a quello dell'uomo ombra.
-Ciò che mi hanno fatto non si può descrivere:Le loro punizioni sono antiche e il mio crimine molto grave.-
-E' stata tutta colpa mia, devo sapere cosa ti hanno fatto.-
Lui ridacchiò come se la sua richiesta gli risultasse ridicola.-Ogni genere di tortura che la tua mente possa ideare; Hanno dilaniato la mia mente con gli incubi più terribili, qualcosa che gli umani non possono neanche concepire.-
E mentre Julian parlava, lei piangeva e tremava per la paura. Non poteva farne a meno. Non voleva immaginarlo mentre gli facevano del male per colpa sua. Ne era terrorizzata.
-Perché piangi adesso?- Domandò dopo un momento di silenzio.
-La tua pelle è tutta segnata e la colpa è solo mia. Io non volevo questo...-
-Le loro parole erano ancora peggio. Parole rosse come il sangue, nere come la notte.- Disse in tono serio.
Lei si era lasciata scivolare nel letto mentre lui si girava a guardarla; Sembrava vi fossero dietro le pupille un enorme pozzo pieno di secolo di ricordi e di lunghe, lente e costanti meditazioni. La guardava e sembrano gli occhi di un vecchio incastrati nel viso del giovane più bello che avesse mai visto.
-Ma tu pensi veramente che ti avrei cercata ancora una volta se solo avessi avuto un minimo di paura delle loro punizioni?- Si curvò su di lei, come avrebbe fatto una tigre, un animale feroce pronto a ghermire la sua preda. -Il dolore è niente rispetto al desiderio. E io ti desidero più di ogni altra cosa.-


Abandonnez tous vos sens au plaisir. Qu'il soit le seul Dieu de votre existance. C'est à lui seul qu'une jeune fille doit tout sacrifier. Et rien à ses yeux ne doit être si sacré que le plaisir.
Abbandonate tutti i vostri sensi al piacere, che sia il solo Dio della vostra esistenza.E' a lui soltanto che una giovane donna deve sacrificare tutto, e niente ai suoi occhi deve essere sacro come il piacere.


Quell'animale selvatico che era l'uomo ombra si arrampicò nel letto, come una tigre bianca che caccia la sua vittima. Jenny lo guardò: Nei suoi occhi lampeggiava una fame che non richiedeva alcun cibo se non il suo corpo. Con un bacio lo sfamò.
Era la prima volte che lo baciava di sua iniziativa. Si sentiva così legata a lui, così bisognosa sentirlo ancora più vicino. Lo desiderava con tutta se stessa, ogni sua cellula del suo corpo urlava. Anche la fame si era attenuata non appena le loro labbra si erano toccate. E Julian rimase sorpreso da tanta spavalderia. Jenny sorrise: Non era da tutti sorprendere l'uomo ombra ben due volte nello stesso giorno.
Ad ogni piccolo tocco fremeva di passione, sentendo il desiderio di diventare una cosa sola.
La baciava ovunque, la toccava e ad ogni tocco le sfuggiva un sospiro di piacere. Con la lingua disegnava i suoi confini e lei tremava. Con i baci segnava il suo territorio, e lei gemeva. Ogni tocco era una lama sottile ricoperta di velluto nero. Passionale ed eretico, sacro e profano. Anche lui gemeva piano, tremava leggermente, la guardava con dolcezza infinita, con voglia primordiale.
Oh, dammi tutta te stessa, il tuo cuore, il tuo più dolce ed imbarazzato sguardo d'amore. Gli chiedeva con gli occhi. E lei lo baciava di rimando, Assecondando ogni suo tocco.
-Hai freddo?- Domandò tra un gemito e l'altro, alzando la testa per guardarla in viso. Era come aveva sempre desiderato vederla. Innocente e pura, rossa in viso dall'emozione e dal desiderio. 
-Non solo.- Rispose arrossendo ancora di più.
E lui sorrise malizioso, mentre tornava a torturarla lentamente e dolcemente.
Sentirlo dentro di se, con le sue gambe che gli cingevano la vita, tanto stretti da non capire dove finisse lui e iniziava lei, la faceva sentire come Persefone: Una principessa legata per sempre al suo re delle tenebre. Le piaceva. Desiderava che quel momento non finisse mai.
Lui era la Luna, fredda e distaccata, misteriosa e tenebrosa, mentre lei era il sole, caldo avvolgente, pura e luminosa.
La loro unione stava creando qualcosa di sublime, un calore freddo, un dolce piacere ammaliante, disinibito.
Lui la strinse ancora di più per i fianchi, avvicinandola ancora di più al suo corpo mentre affondava il viso nell'incavo del suo collo, tra i capelli. Baciò quel nido caldo, il posto dove avrebbe voluto riposare per sempre.
Jenny gemette più forte e lui continuò a muoversi, come se stesse ballando. Ed ogni suo sussurro di piacere era una dolce musica per lui.
La desiderava più di qualsiasi altra cosa al mondo. Era il suo sole caldo: Sarebbe morto se si fosse allontanata.
La loro dolce guerra, era finita ma Julian sembrava non volersi staccare dal suo corpo. Sembrava voler restare per sempre li, con il viso tra la spalla e il collo, dove le aveva lasciato tanti segni con i suoi baci.
-Ah Jenny.- Sussurrò al suo orecchio. Più una supplica che un gemito. -Ma cosa mi hai fatto? Tu mi hai incantato, mi hai reso pazzo d'amore.- E le baciò l'orecchio, dolcemente.
Lei sorrise passando la mano tra i capelli morbidi.
-Sei tu che mi hai stregato con una magia caro il mio uomo nero.-
Lui sorrise, le labbra contro il suo collo.
-Adesso riposa un po'.- Mormorò. -Sei stanca. Quando ti svegli ti...preparo.. qualcosa...- Jenny continuò ad accarezzargli i capelli pensando che, forse, era lui ad essere stanco. Si era addormentato mentre le parlava. Non pensava neanche che fosse possibile una cosa del genere per lui. Lo guardò: aveva più l'aspetto di un angelo che di un essere delle tenebre.
Ma infondo anche lei era stanca, e abbandonò la sua testa sul cuscino dove per un momento dimenticò tutti i pensieri che le affollavano la mente:Smise di pensare a Tom, Julian e gli uomini ombra. Smise di pensare a tutti e si concesse un po' di riposo.
































Si, lo so e avete ragione. E' vergognoso pubblicare la storia dopo quasi un anno. Ma ho una scusa molto molto valida. Quest'anno mi laureo e ho avuto una ventina di esami da dare (e molti altri ancora, giusto perché quelli dello IED non studiano) quindi una volta scrivevo di notte, adesso preparo progetti e tesi varie. Ma finalmente sono riuscita ad aggiornare e mi odio un po' di meno. Questa storia l'ho amata ed è ben lontana dall'essere conclusa e un po' mi rende felice questa cosa. Poi in questo capitolo (che ho odiato perché ripeto, non le so scrivere le cose dolci, figuriamoci scrivere di questi due che finalmente si concedono l'uno all'altro)  essendo che di solito Julian le prende come non mai nelle mie storie un po' glielo dovevo.
Malgrado il ritardo, sono contenta che qualcuno legga ancora le mie storie. Vabbè  ripeto i miei ringraziamene a con continua a leggere e anche a Davide che nonostante sia dall'altra parte del mondo mi continua a ripetere quanto sono una merda perché non pubblicavo da un anno, con tanto di insulti in tutte le lingue che conosce.
Si, cercate di non affezionarvi troppo a queste parentesi romantiche perché sono ufficialmente finite, ho messo da parte le smancerie e presto se la vedranno tutti male dato che ho una mente malata che Julian e tutti gli uomini ombra si devono proprio levare.
Un abbraccio
Jessica

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** The Black Door ***


11.a



These violent delights have violent ends
And in their triumph die, like fire and powder,
Which, as they kiss, consume.
[W. Shakespeare, Romeo and Juliet, Act 2- Scene 6]











Quella notte o quel giorno, non lo avrebbe mai capito, rimase a lungo in bilico tra il sonno e la veglia. Sognò sua madre, che le preparava i biscotti, con i suoi capelli di un color miele dolce, il sorriso rassicurante. Sentì il respiro lieve di Julian che le dormiva accanto, con il braccio allungato verso di lei, come se la stesse cercando anche nei suoi sogni. Rivide il viso di suo fratello, quando era ancora piccolo che giocava con le macchinine. Dee e Audrey che litigavano per qualche stupidaggine. Il viso di suo cugino mezzo nascosto nella penombra, intento a fotografare qualcosa. E poi Michael e Summer, con le loro facce sorridenti. Tom che mai come quel momento, le era sembrato così lontano e distante.
Socchiuse gli occhi e Julian era lì. Non lo aveva mai visto con il viso così disteso, rilassato. Respirava piano e poteva vedere il suo petto che si alzava e si abbassava. Nella penombra, tra l'oscurità e il suo sguardo annebbiato dal sonno, a Jenny parve un alieno venuto da un mondo distante. E in definitiva era questo. Non poteva esistere nel mondo un essere tanto perfetto, così bello.  E improvvisamente tutto era sparito. Si strinse a lui e, forse inconsciamente, lui la richiamò tra le sue braccia. Sorrideva, dolcemente, come un bambino davvero felice per la prima volta.
 
Quando si risvegliò si voltò immediatamente verso Julian. Due fari azzurri la investirono: Lui era inginocchiato vicino a lei con un enorme vassoio carico di cibo.
-Ti ho svegliata?-
-Mh, no.- Mormorò stropicciandosi gli occhi. Lui le posò il vassoio sul letto, proprio accanto a lei. -Mangia.- ordinò.
Lei stava per alzarsi quando si ricordò di essere, ancora, nuda. Avvampò per la vergogna, nascondendosi sotto le coperte.
-Non dirmi che ti vergogni di farti vedere nuda da me.-  sorrise, con il suo modo di allungare la bocca, sarcastico.
-Bhè, diciamo di si.- Balbettò.
Lui rise ancora più forte, di gusto. Le porse una camicia candida, e le diede un lento bacio sulle labbra. -Mi piaci così.- poi un bacio più veloce. -Nuda, con i capelli disordinati e tutta rossa in viso.-
Jenny cercò di ignorarlo, e si sforzò a fingere una faccia offesa. Indossò in fretta la camicia, abbottonandola tutta, mentre lui si era voltato per concederle un po' di privacy. Di schiena, Julian le sembrò ancora più alto con le sue spalle dritte e larghe, coperte solo da una T-shirt nera di tessuto leggero. 
Quando lui si voltò lei era ancora più bella. Aveva gli occhi un po' assonnati, sembrava quasi una bambina nella sua camicia di tessuto leggero e i capelli legati in modo disordinato.
-Tu non mangi?- domandò mentre si imburrava un toast.
-Non ho fame.-
-Neanche un po'?-
-Mangia tutto. Non hai toccato cibo da quando me ne sono andato.-
Jenny lo guardò negli occhi. -Perché sei andato via?-
Lui sollevò lo sguardo, diventando improvvisamente serio. -Dovevo cercare una cosa.- Poi fece comparire una biro nera e le prese la mano. Disegnò una specie di occhio, o qualcosa di molto simile, e una mezza luna. Lo fece con estrema cura, mettendoci cinque minuti e poi rimase li a guardare il suo operato. Quando alzò lo sguardo, Jenny lo osservava con aria interrogativa.
-E' una specie di amuleto.- Spiegò. -Se lo disegni in questo modo, gli altri uomini ombra non ti vedranno e non ti sentiranno. Ma devi fare attenzione: se qualcuno sa di questo segno smette di funzionare su quella persona.-
Annuì seria. Come aveva immaginato Julian era davvero preoccupato.
Lui abbassò lo sguardo. Si sedete sul letto, in silenzio, senza mai distogliere gli occhi dalla sua mano.
-Devo parlarti di una cosa importante.-
Jenny lo guardò, deglutendo il pezzo di toast alla marmellata e burro che stava mangiando.
Sorrise in modo nervoso -Andiamo, se dici una cosa del genere mi farai preoccupare-
Lui la guardò con gli occhi più espressivi che avesse mai visto.
-Vedi quella porta accanto al letto?-
Jenny spostò il suo sguardo alla porta che, ci avrebbe giurato, non c'era la sera prima. Nera e lucida, con un'incisione fatta in modo pulito, preciso, senza la minima increspatura, che sembrava brillare nella penombra. Annuì, spostando lo sguardo dalla porta al suo viso.
-Se attraversi quella porta sarai di nuovo a casa e nessuno di questo mondo potrà raggiungerti. Nessun uomo ombra, nessun incubo, nessuna creatura.-
-Neanche tu?-
-Neanche io.- e nel dirlo le sembrò incredibilmente triste. -Sarai al sicuro, con la tua famiglia, con i tuoi amici, con Tom e vivrai la vita che hai sempre voluto.-
Non c'era rabbia nelle sue parole. Non c'erano emozioni. Come uno specchio che non riflette più tutto ciò che ha davanti.
-Perché me la fai vedere proprio ora?-
Lui rimase in silenzio, spostando lo sguardo da lei alla porta, senza guardala negli occhi.
-Se tu volessi tornare da loro, io non ti fermerei.-  
Julian continuava a rigirarsi la biro tra le mani. Seduto sul ciglio del letto, non osava alzare gli occhi, o si sarebbe dovuto scontrare con i suoi, verdissimi. C'era una malinconia nella sua voce, qualcosa di arcano, una tristezza infinita.
-Se tu attraversassi quella porta io non farei nulla per impedirtelo.- ripeté ancora una volta. -Ma non potresti più tornare qui.-
Jenny deglutì ancora una volta, guardandolo con attenzione, studiandolo. Non era un trucco. I suoi occhi erano dolorosamente sinceri. Lui si schiarì la voce, come se si sentisse a disagio. Si alzò di scatto dal letto, concludendo il discorso con un fugace -Bhè, ti dovevo dire solo questo...- Ma Jenny lo fermò. Di scatto, senza neanche pensare a cosa stesse facendo, lo afferrò per il polso costringendolo a fermarsi.
-Julian, aspetta!-
Lui si districò dalla sua presa, ma rimase immobile, rivolgendole la schiena. Era come se aspettasse una sentenza, trattenendo il respiro.
-Posso pensarci un po' su?- domandò incerta.
-Per tutto il tempo che riterrai necessario.- e uscì dalla stanza.
 
Finendo la colazione, Jenny ripensò alla notte prima, alla porta, a lei e Julian. Forse lo aveva ferito. Ma aveva desiderato così tanto rivedere il suo mondo, che non poteva non pensarci. Cosa avrebbe dovuto fare? Forse tutti la stavano cercando, come avevano fatto per Summer quando era scomparsa. Forse, dall'altra parte della porta c'era Tom, disperato, senza sapere dove fosse e se stesse bene. E sua madre e suo padre, suo fratello. Non sapeva neanche quanto tempo fosse passato da quando era scomparsa.
Ma avrebbe avuto davvero il coraggio di lasciare solo Julian? In quel mondo freddo, senza nessuno che gli stesse vicino. Solo come una rosa sulla cima di una montagna impervia, mentre il ricordo di lui nel tempo si sarebbe inesorabilmente affievolito e sarebbe rimasta solo una copia, di una copia, di una copia di quel che era veramente Julian? Tutte le sue sfaccettature che si sarebbero perse negli anni, il tono della sua voce, il modo di parlare, il suo sguardo, felice, triste, arrabbiato, entusiasta, sarcastico. Tutti gli aspetti di lui che a volte odiava, altre volte amava, che diventavano opachi ingogliati dalla sua memoria ormai anziana. Perché, ne era certa, lui non avrebbe mai smesso di osservarla.
Poteva immaginare la scena: Julian, che nascosto tra le ombre la osservava diventare anziana, incurvarsi mentre i suoi capelli diventavano grigi e il suo viso si riempiva di rughe. E lui mutava insieme a lei, diventando giorno dopo giorno sempre più mostruoso. 
Non poteva accettarlo. Non lo avrebbe permesso. Non avrebbe sopportato un minuto di più l'immagine dell'uomo ombra solo nell'oscurità. Si alzò dal letto, anche se le gambe le facevano ancora male e, guardandosi allo specchio sul comò, cercò di sistemarsi come poteva i capelli e uscì dalla stanza, cercando Julian.
Il corridoio era, di nuovo, poco illuminato, ma poteva ancora vedere qualcosa. 
Girò a destra, fino ad arrivare alla sala. E Julian era sempre lì, seduto sulla poltrona illuminato dal fuoco. La luce verde e le ombre lo colpivano in modo perfetto, e lui restava immobile assomigliando sempre di più ad un personaggio dei film di fantascienza. Di una bellezza alienante. Niente nell'universo poteva essere paragonato a lui. Strano e perfetto. 
-Julian.-
-Hai deciso?-
Non poteva non notare quella note di preoccupazione che echeggiava nella sua voce. Gli si avvicinò. Gli occhi che con la luce variavano dal blu al verde al viola. E lei si sedette sul bracciolo accanto a lui, appoggiandogli una mano sulla spalla. Lui la prese e iniziò ad accarezzarla, in modo delicato. Una silenziosa supplica. 
-In realtà no.- Rispose lei dopo un lungo silenzio. -Vorrei solo capire cosa sta succedendo. Perché proprio ora hai deciso di darmi una via di fuga? Non è da te rinunciare ad un gioco.-
-Non sto rinunciando ad un gioco.- Il suo sguardo era fermo sulle fiamme, la voce chiara e controllata. -Ma non voglio più che tu sia una mia prigioniera.- 
Lo guardò con attenzione e lui continuò -Hai visto la spiaggia fuori dalla porta? E' così questo mondo: Posso creare qualsiasi cosa, ma tutto svanisce prima o poi. Il sole non è caldo come quello vero. Il mare prima o poi si dirada. La nebbia e l'oscurità inghiottono tutto ciò che creo... L'unica cosa reale, qui dentro, siamo solo io e te.-
-Ne parli come se ti disturbasse.-
-E' così.- e dopo un lungo silenzio aggiunse -Non posso controllare quello che dici o pensi. I tuoi movimenti, i tuoi sguardi, le tue parole sono tutte fuori dal mio controllo. Una volta mi avrebbe disturbato questa mia mancanza. Adesso mi rincuora.-
-Ti rincuora?-
-Mi fa sentire meno solo. Ogni giorno, con te, è una sfida. Ma adesso è finita. Hai vinto. Non è più divertente giocare quando c'è sempre qualcuno che disturba le partite.-
Era chiaro che si stesse riferendo agli uomini ombra. 
-Vorrei giocare ancora un po'-
-No. Ho detto che hai vinto.- La sua voce ferma e decisa per un momento la fece spaventare. -E' un gioco pericoloso. Se continui, non giochi solo contro di me.-
-Possiamo giocare insieme contro di loro.- 
Julian alzò lo sguardo, studiandola. Come se cercasse della paura nel suo sguardo, un qualche segno di esitazione da prendere e levigare come un coltello da usare contro di lei.
-Lo possiamo fare, possiamo stare nella stessa squadra.-
-Si. La "Idiots squad"-
Jenny rise per quella improvvisa battuta e lui la seguì con uno dei suoi classici sorrisi sornioni.
-Saremmo la peggiore squadra del mondo.-
-Andiamo, siamo forti insieme!-
-Ci ucciderebbero in un attimo!- disse ridacchiando-
Lei rise. Le piaceva, le piaceva da matti quando lui faceva in quel modo. E finalmente il clima si era alleggerito, perfino il fuoco sembrava di un verde più brillante. I suoi occhi continuavano a studiarla, mentre lei rideva. 
-Non ho mai visto degli occhi più belli dei tuoi.- Disse Julian tirandola a sé. Fece scivolare le sue mani trai capelli di lei, guardandola come nessuno l'aveva mai guardata prima. Giocando con le ciocche dei suoi capelli si avvicinò alle sue labbra e le diede un lento bacio.
Non era sensuale, non era come quelli che si erano scambiati nel corso del tempo. Non c'era lussuria nei suoi gesti. Solo una lenta, disperata ricerca di contatto fisico. Con la sensazione che se solo si fosse staccata da lui per un momento sarebbe sparito. Non la incantava più. Era come vederlo senza tutte le sue maschere. Semplice e indifeso, ma allo stesso momento forte e deciso.
Non sapeva dire per quanto tempo rimasero in quel modo. Sapeva solo che stava talmente bene tra le sue braccia che non si sarebbe mai allontanata da lui se solo avesse potuto.
-Adesso devo andare.- disse spostando una ciocca di capelli dal suo viso. 
-Torna presto, ok?-
-Certo.-  rispose lui. -Stasera ho una sorpresa molto speciale per te.-
Ci aveva messo ore per truccarsi e sistemarsi i capelli. Con la cipria coprì i due grossi lividi sulla schiena in modo che non si vedessero. Indossò un vestito color verde bosco, che le copriva le spalle, stretto in vita con la gonna che le arrivava alle ginocchia. Semplice e senza troppi fronzoli.
Si guardò allo specchio e per un momento si vide bella come la descriveva sempre Julian. La vita sottile e i capelli che in quel periodo le erano cresciuti fino ad arrivarle ai fianchi. Non era molto brava nel truccarsi e non aveva esagerato, ma si era impegnata al massimo per essere bella per lui.
Quando uscì dalla sua stanza, Julian era lì, metà in ombra, metà illuminato da una luce fiocca, poteva vederne solo metà viso, come una luna calante. Sembrava stupito del suo cambiamento, come se non si aspettasse di vederla con i capelli arricciati e fermati da un fermaglio di perle, con la gonna che le accarezzava le ginocchia. La guardava come un bambino che vede il sole per la prima volta. 
Lui indossava un completo elegante, completamente nero, con i capelli e gli occhi che sembravano cambiare colore ad ogni suo movimento, più scuri o più chiari seguendo la luce del corridoio. 
-Non sei mai stata più bella.-
Jenny arrossì. Glielo aveva detto molte volte quanto, per lui, era bella. Ma mai con quel tono così formale e reverenziale, come un uomo di chiesa. Le prese il braccio e lo incatenò al suo, sfiorandole il fianco. Non camminarono molto, e come molte altre volte, la condusse davanti ad una porta con delle incisioni.
-Spero non sia una spiaggia.- Disse Jenny con un sorriso -Non ho il costume.-
-E' qualcos'altro, ho bisogno di festeggiare questo giorno con te.-
Jenny rimase interdetta. Ma prima che potesse chiedere qualcosa Julian aprì la porta e l'accompagnò dentro.
Jenny dovette trattenere il fiato, altrimenti avrebbe urlato dallo stupore. 
Fuori dalla porta, bianca e lucida, come quelle delle fiabe, si apriva d'avanti a lei la più bella balconata che avesse mai visto. Fece tre passi, guardando ogni minimo dettaglio, riconoscendo le lampade che aveva visto una volta in un ristorante francese. La veranda, era l'esatta copia di quella durante la festa in maschera quando ancora andava a scuola, la prima volta che avevano ballato insieme. L'ennesimo trucco per farla sua. Solo che, questa volta, era più piccola e riservata e, anche se non riusciva a crederci, si affacciava sulle strade di Parigi. 
Da dov'erano, si potevano vedere i palazzi, la Senna con all'orizzonte la torre Eiffel, come mai  lì aveva vista prima. 
-Come..?- Non riusciva neanche a chiederlo. Si affacciò dalla terrazza, guardando quel paesaggio meraviglioso. Quando era ancora una ragazzina, aveva sempre sognato di andare a Parigi con un principe azzurro. Poi era arrivato Tom, era cresciuta, e la voglia di andare a Parigi era sempre rimasta dentro di lei, stretta e in un angolo, per far posto a sogni più moderati, meno impegnativi. Non che andare a Parigi fosse impossibile, ma c'era sempre qualcosa che la fermava. Il diploma, la laurea, il lavoro, il matrimonio. 
-Siamo sull'hotel Pullman. Da qui si vede benissimo sia la senna che la Torre.- Le spiegò Julian, affacciandosi, accanto a lei, alla ringhiera in marmo. -Quella è la Avenue Charles Floquet, e da quella parte c'è l'Avenue Gustave Eiffel.-
Intorno a loro si estendevano parchi meravigliosi. I ponti sulla senna erano tutti illuminati e la Torre sembrava ricoperta di stelle, uno spettacolo unico.
-E' bellissimo.-
-Tutto per te.- Si voltò verso di lei, e gli occhi sembravano vibrare con tutte quelle luci che dondolavano riflesse nei suoi occhi. Prese la sua mano tra le sue, guardandola attentamente. -Ho pensato che Parigi fosse la meta più adatta per il nostro primo anniversario di matrimonio.-
Jenny lo guardò stupita. Era davvero già passato un anno?
-Non pensavo fosse passato così tanto tempo.-
Julian sogghignò, tra l'amareggiato e il divertito. -Qui il tempo è mutevole. Un anno passa in un soffio, dieci anni sono come cento. Neanche io ho idea quanto tempo sia passato sulla terra. E' passato un anno e sembravano fossero trascorse solo poche settimane. Domani potresti svegliarti e saranno passati dieci anni.-
-Ma è terribile!-
-Dipende cosa fai con il tempo che hai.- Strinse la sua mano, poi fece scivolare l'altra sul suo fianco. -Il tempo passato con te, per me, è stato più breve di un battito di ciglia.-
Seduti a tavola, Julian la guardava attraverso il bicchiere di vino bianco. Facendo dondolare il bicchiere, Jenny non riusciva a non pensare a cosa stesse pensando. Un piano da qualche parte suonava una dolce canzone. 
-Balli con me?-
Julian aveva puntato gli occhi su di lei. Le era venuto in mente che non avevano mai ballato insieme per il puro piacere di farlo. Era sempre stato lui a prendere l'iniziativa, a cercarla, e tutte le volte era un modo per ammaliarla, per costringerla a giocare. Faceva sempre parte dei suoi piani. 
Voleva essere lei a prendere l'iniziativa, solo per una volta. Julian la studiava, come se lo avesse, ancora una volta, stupito. 
Si alzò dalla sedia, girando intorno al tavolo piccolo e rotondo, imbandito. In piedi davanti a lui, gli tese una mano per farlo alzare. 
Sorrise, guardando il suo sguardo un po' perso, ma solo per una frazione di secondo. Prese la sua mano e la portò in un angolo della terrazza illuminata dalle stelle. Con le mani strette sui suoi fianchi, con le braccia di lei incrociate intorno al suo collo, gli accarezzava i capelli. Lui la guardava come un diamante estremamente prezioso che stringeva tra le mani. Non si era mai sentita così amata. Neanche con Tom. Aveva qualcosa nel suo sguardo, una dolce richiesta di aiuto. 
E mentre loro ballavano, Julian con la sua voce profonda le cantava, sussurrandole all'orecchio, una canzone che non sentiva da tempo che, ricordava, sua madre cantava mentre cucinava la domenica mattina, con gli occhi innamorati rivolti al padre.

"Suzanne takes you down
to her place near the river
You can hear the boats go by
You can spend the night beside her
And you know that's she half crazy
But that's why you want to be there"

La fece girare su se stessa, senza mai staccare le mani dal suo corpo, sfiorandola con la delicatezza di un gatto nero. Le sue mani morbide, il suo viso, il suo sguardo la fecero arrossire. Il modo in cui la guardava era unico al mondo. Cantava con voce profonda, e le parole la sfioravano come se avessero una consistenza. Era totalmente incantata.

"And just when you mean to tell her
that you have no love to give her
then she gets you on her waveleght
and she lets the river answer
that you've always been her lover"

Per tanto tempo aveva descritto Julian come un demone. Ammaliante come il diavolo. Un principe delle tenebre. Così bello e seducente che avresti venduto l'anima per un suo bacio, e nello scambio avresti persino avuto l'impressione di guadagnarci. Julian che con un bacio ti fa perdere i sensi. Julian che balla, con la sua maschera a coprirgli il viso, in modo che potesse vedere solo i suoi occhi incantatori.
E per tanto tempo, ai per lei, era stato solo quello. Crudele, cattivo e capriccioso. L'amava, è vero, ma non l'avrebbe mai lasciata libera di decidere da sola.
Una minaccia, ecco cos'era stato.
Si era sempre chiesta cosa avrebbe fatto, se un giorno per caso, lui si fosse presentato davanti a lei e le avesse semplicemente detto che l'amava, senza ricorrere a tutti quei trucchi.
Perché a guardarlo adesso, mentre cantava una delle canzoni più dolci che avesse mai ascoltato, e il suo viso sembrava quello di un angelo,Julian non sembrava altro che un angelo.
Aveva sempre detto che non sarebbe mai potuto cambiare quel che era, ma non si rendeva conto che era già cambiato da diverso tempo.

"And you want to traver with her
and you want to travel blind
and you know that she will trust you
for you've touched her perfect body with your mind"*

Rimasero lì a ballare quel valzer finché non finì la canzone. E Julian la strinse ancora di più tra le sue braccia quando la musica cambiò diventando ancora più lenta e dolce. Con il viso affondato tra i suoi capelli, lo sentiva fremere mentre la abbracciava con forza e dolcezza allo stesso tempo. 
-Julian?-
-Promettimi solo una cosa.- sussurrò solleticandole il collo con il naso. -Che quando andrai via, prima di lasciarmi e tornare dalla tua famiglia, ti prego... dimmelo. Non sparire all'improvviso.-
-Julian,io...-
-Promettimi solo che mi permetterai di dirti addio.- Quando alzò lo sguardo, Jenny lo fissava impietrita, mentre osservava i suoi lucidi. Oceani profondi e glaciali, un blu impossibile. Non aveva mai visto Julian con un simile sguardo. Così disperato, così bisognoso. Il blu si rifletteva tra il luccicore delle lacrime, che non volevano scendere, troppo orgogliose. Sarebbe stato troppo. 
-Non vado da nessuna parte. Lo giuro, lo giuro. Resto con te.- Gli prese il viso tra le mani, abbracciandolo forte, e lo baciò con così tanta disperazione perché sapeva che altrimenti lo avrebbe perso. 
Due forti rintocchi la fecero sussultare. Poi ancora uno. E un altro. 
-Dobbiamo andare.- mormorò Julian guardando la porta. 
Le prese la mano, e la trascinò fuori dalla porta. I colpi continuavano a rincorrersi prepotenti. Lui le sembrò così agitato che non osò chiedere nulla. Con il cuore a mille, lui la fece entrare nella sua stanza. -Vattene.- le ordinò mettendola davanti alla porta. 
La porta nera, quella che l'avrebbe portata a casa.
-No, ti prego, fammi restare con te.- 
-Non so se riuscirò a fermarli.- Aveva cercato di abbracciarlo, ma lui la teneva lontana con le mani strette intorno ai suoi polsi. -Loro vogliono te. Sei una loro proprietà. Io non sono sicuro di poterli mandare via ancora una volta. Ti uccideranno. Ti tortureranno e faranno qualsiasi cosa con te e io non potrò fare nulla per aiutarti!- Jenny continuava a scuotere la testa, terrorizzata. 
-Se vado via loro cosa ti faranno?-
-Per favore, Jenny. Non posso permettere che ti facciano del male.- Stava urlando adesso. Non di rabbia, ma di disperazione. 
-Li hai mandati via tante volte.- Continuò lei. 
Julian si girò di scatto, guardando la porta con rabbia. -Resta qui.-
Jenny indietreggiò, piangendo. Mentre lui la lasciò chiudendosi la porta alle spalle. 
Seduta sul letto decise di aspettarlo. Forse, Julian, aveva reagito così solo perché era preoccupato. Ma lei aveva fiducia in lui. Era sempre riuscito a fermarli, sempre. E tutte le volte che quell'uomo ombra l'aveva aggredita c'era riuscito solo perché lui non c'era. Doveva solo aspettare. Non c'era nient'altro che potesse fare. 
Intanto da dietro la porta continuavano i colpi. I rintocchi si facevano sempre più forti, costringendola a tapparsi le orecchie, mentre la stanza tremava, come se un terremoto stesse scuotendo tutta la casa. La polvere scivolava dalle travi e la pittura iniziò a sgretolarsi, lasciando a vista i mattoni. Le voci si facevano sempre più prepotenti nel corridoio, furiose e cattive, ma non riusciva a cogliere cosa stessero dicendo. Non riusciva a distogliere lo sguardo dalla porta, pregando che entrasse Julian con uno dei suoi sorrisi sornioni, dicendole che li aveva mandati via. Il cuore le batteva all'impazzata. Avrebbe voluto sapere cosa stesse succedendo, uscire e vedere con i sui occhi se lui stesse bene, ma aveva paura. Se fosse uscita, di certo, avrebbe messo in una brutta situazione Julian. 
Così rimase lì, ad aspettare che lui tornasse. 
Doveva essersi addormentata perché si svegliò di colpo non appena sentì la porta aprirsi di scatto e chiudersi violentemente. Si alzò in fretta ma ci mise qualche secondo per mettere a fuoco Julian che, con le spalle appoggiate alla porta, scivolava mollemente a terra.
-Oh Dio, Julian!-
Ricoperto di sangue, respirava prendendo grandi boccate d'aria. I vestiti erano strappati, e poteva vedere i grossi tagli attraverso il tessuto nero. Sembrava perdere sangue anche dal viso, ma non capiva dove fosse ferito, e si teneva il fianco, tremando. 
-Cos'è successo?- domandò spaventata, correndo verso di lui. 
-Non ti avvicinare!- urlò lui, con una mano protesa verso di lei. Tossì forte, stringendosi le braccia al corpo, dolorante. -Non ti avvicinare Jenny, potrei farti del male.- mormorò ancora. Sembrava furioso. Non lo aveva mai visto così arrabbiato, così fuori controllo. 
Jenny rimase ferma, aspettando che lui si calmasse. 
Lentamente, Julian iniziò a respirare più lentamente, non tremava più, o almeno, non come prima. 
-Stai meglio?- domandò preoccupata.
-Si.- Rispose lui, chiudendo gli occhi per un momento. -Mi dispiace, ti ho spaventata?-
-Da morire.- mormorò lei, sedendosi accanto a lui. -Pensavo che non saresti più tornato.-
Non voleva dire cosa stava pensando. Julian era in pessime condizioni, e quelle ferite sembravano fargli incredibilmente male. 
-Ti prendo qualcosa per medicare quei tagli.- stava per alzarsi ma Julian la tirò vicino a sé
-Non ti preoccupare, guarirò presto.- sussurrò. 
-Cos'è successo?- Con il lenzuolo gli puliva il viso sporco, mentre lui restava immobile, con gli occhi chiusi.
-Pensavo ci fosse solo uno di loro. Ho pensato che al massimo potessero essere in due.- spiegò.
-Invece?-
-Erano una ventina.- Socchiuse gli occhi solo, pensò Jenny, per vedere se era terrorizzata come aveva immaginato. E lo era. Anche più di quanto pensasse Julian.
-Jenny, non ho molto tempo.- disse alzandosi. Ancora dolorante, restava in piedi, ma appoggiato alla porta, come se non fosse del tutto certo di potersi reggere da solo. -Sono riuscito a tornare da te solo perché ho giurato che ti avrei consegnata a loro.- 
Jenny tremò a quelle parole. Non poteva essere vero, non lo avrebbe mai fatto. Lui strinse ma mano intorno al braccio, tenendola ferma e appoggiando la mano sulla maniglia. Quando avrebbe aperto la porta, ne era certa, gli uomini ombra l'avrebbero divorata. 
Julian aveva già abbassato la maniglia, senza mai incrociare il suo sguardo. 
-Non posso.- Julian la guardò negli occhi, con una tale determinazione che le pupille sembravano vibrare. La trascinò davanti alla porta nera, mentre quella che portava in corridoio si gonfiava e si restringeva. Le voci gridavano furiose, come se avessero visto l'improvviso voltafaccia di Julian. 
-Devi andartene subito!- esclamò aprendo la porta. 
Dietro di lei si aprì il nero, un vento freddo la pervase. 
-Non ti voglio lasciare.- con le lacrime agli occhi, lo guardava disperata. Non voleva, non poteva lasciarlo lì. 
-Ti prego, non ho più molto tempo.- la supplicò guardando la porta che continuava a gonfiarsi. 
-Cosa ti faranno?-
-Non importa, vattene ti prego.- 
Da sotto la porta iniziò a filtrare uno strano fumo nero, denso, come se avesse una sua fisicità. 
-Jenny, io ti amo.- le sussurrò. -Ti amo, ti amo. Quindi ti prego, vattene. Se ti facessero del male non potrei sopportarlo. Sarebbe peggio di qualsiasi tortura.- La spinse ancora verso la porta, continuando a parlare. Jenny piangeva, singhiozzava. Non sapeva cosa dire. Non voleva lasciarlo. 
-Promettimi che non tornerai più qui.- 
Sul bordo della porta, Jenny si stringeva a Julian. Lo guardò terrorizzata, stringendosi a lui per la camicia. Julian le prese le mani e la allontanò da se, ma continuando a tenerla per le braccia. 
-Ti prego Jenny, giurami che non proverai in nessun modo a tornare in questo posto. A casa sarai al sicuro, quando si richiuderà questa porta, nessuno potrà raggiungerti. Ma tu mi devi giurare che non tornerai, ok?-
Jenny non sapeva cosa dire. Avrebbe voluto continuare ad urlare, gridare ma lui sembrava così disperato che ogni sua supplica la spezzava. Il fumo era opprimente e si sentiva mancare. Le gambe erano così molli che non appena lui l'avrebbe lasciata andare, sarebbe caduta nel vuoto. 
Quando lui la tirò a se per baciarla, capì subito che sarebbe stato l'ultimo. Tutto il suo corpo sembrava essere diventato etereo, si confondeva nell'aria, con gli occhi che brillavano e i capelli che sembravano fatti di pura energia. La stanza era completamente buia. E il suo bacio, lento e disperato, fugace, un secondo, dieci anni, tutto confuso, come se per un momento esistessero solo loro due nell'oscurità.
Ma alla fine, sapeva che sarebbe finita in quel modo. 
Julian che la lascia andare, la porta che sbatte, e lei che sprofonda nell'oscurità.







.







-----------------------------------------------------------------------------------------
*Leonard Cohen-Suzanne
Direi che merito un applauso solo per essere riuscita a pubblicare il capitolo così velocemente. Ripeto, la mia università è il male puro e presto sarò costretta a concentrarmi sulla tesi, quindi cercherò di pubblicare il più possibile quando ne avrò il tempo (classica scusa insomma ahah)
Ora, prima dei ringraziamenti, vorrei raccontarvi una cosa che mi è capitata di recente. 
Essendo una dipendente da twitter, pubblico sempre i link dei miei capitoli, che siano sul gioco proibito o su altri argomenti, o ancora più spesso i miei scleri mentre scrivo, che ammetto che sono molto più frequenti dei capitoli in se. Quindi ogni tanto capita che qualcuno legga la storia e magari non avendo un profilo efp preferiscono scrivermi in chat privata.
Qualche giorno fa pubblico il capitolo precedente a questo, e una ragazza molto carina (che saluto!) mi contatta in chat e iniziamo a commentare la storia finché, ad un tratto, non ci mettiamo a parlare di musica. Mi fa notare, con ragione, che nelle primissime pagine del primo libro (quando Jenny entra nel negozio per intenderci) ci viene presentato Julian e in sottofondo si sente della musica elettronica. Quindi mi fa notare che si, le mie storie sono molto carine e ben scritte, ma che dovrei sviluppare questo tema dato che spesso descrivo Julian mentre suona il piano o mentre canta. Cosa che, a suo dire, ed ha ragione, io non faccio visto che cito sempre canzoni come behind blue eyes dei The who o, come in questo capitolo, Leonard Cohen. 
Questa cosa mi ha mandato in pappa il cervello.
Come avrete capito, se magari vi è capitato di andare a cercare le canzoni che spesso cito, sono una patita di metal e rock, quindi non me ne intendo molto di musica elettronica (tolto il fatto che io mi ero completamente dimenticata di questo particolare. L'ho proprio rimosso) al massimo ascolto Eminem per dire, che poi so tipo 3 canzoni ma perchè il mio fidanzato ne era ossessionato(che vitaccia hahah)
Quindi dovete scusarmi se anche voi avete avuto questa sensazione, ma io proprio non me ne ero neanche accorta.
Però perdonatemi, se la Smith si permette di riesumare una canzone come Nether Lands dei Dan fogelberg (Like the songs that the darkness composes to worship the light...) io cito Leonard Cohen, i The who, e se mi fate incazzare metto anche una scena dove tutti gli uomini ombra fanno headbending con le canzoni del Avenged sevenfold (So che qualcuno apprezzerebbe, un saluto a Davide che ci segue sempre senza che la sottoscritta lo minacci) Ma a parte gli scherzi fatemi sapere se secondo voi ne abuso di questa storia o se magari vi da fastidio. Facciamo un piccolo sondaggio insomma, non pensavo che potesse stonare con la storia, alla fine tutto si può migliorare e infondo se scrivo su un sito pubblico è perché a me piace davvero tanto sapere cosa pensa la gente.
Vabbè scusate il mio sclero, ma è tardi e mi si sta fondendo il cervello.
Ah, fatemi sapere che musica ascoltate, tranquilli, a differenza di come appaio, non solo così razzista in fatto di musica. Voglio dire, non ho ucciso mia sorella quando si era fissata con il mondo di Patty, posso resistere a qualsiasi cosa. Tra l'altro se volete sapere un'altra bella novità, da quando lavoro con il 3D (tre anni ormai) il pc non ce la fa più e ogni volta che finisco di scrivere la storia (magari riesco a prendermi una serata libera e quindi vado avanti per tutta la notte) puntualmente quando salvo si impalla tutto. Non so neanche più quante volte ho scritto questo capitolo, robe che a me viene voglia di uccidere tutti che mamma mia chi siete voi uomini ombra se mi si impalla di nuovo il pc vi mangio. 
(Jessica campionessa olimpionica, medaglia d'oro, in scleri notturni)
Grazie a chi commenta la storia, mi rendo conto che faccio passare troppo tempo ogni volta.
E non vi preoccupate, la prossima volta scriverò di Julian su una bella decappottabile con il catenaccio d'oro e la canottiera bianca con tutti i finestrini abbassati mentre a tutto volume ascolta musica House.
Mh che bella immagine.
Vebbè, mi rendo conto che la mia nota ha quasi superato la lunghezza del capitolo.
Parlo troppo.
Un salutone
Jess
PS: so che tutti state aspettando con ansia il ritorno di Tom perchè vi piace tanto, keep in touch ahahah

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1512180