Diaries of a Ghost

di Black_Sheep
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due ***



Capitolo 1
*** Prologo ***





Prologo
 


Steve prende tra le mani il quadernetto dalla copertina verde scuro. È un po’ rovinato per tutte le volte che è stato aperto, ma è chiaro che il suo precedente proprietario ne aveva molta cura.
“Ne abbiamo trovati molti tra gli effetti personali di Barnes” gli confessa Hill “ho pensato che avresti voluto dar loro un’occhiata” il sorriso che le spunta sulle labbra è davvero sincero.
“Ti ringrazio, Maria” Steve non riesce ad aggiungere altro perché il nodo che gli si è formato in gola è troppo grande. Quindi si limita a volgerle il miglior sorriso che riesce a fare in quel momento. Si sente agitato, e a dire il vero anche un po’ in colpa perché quello che sta per fare è mettere il naso nei diari di Bucky. Sa che sono importanti per lui, così tanto da essere l’unica cosa che si è portato dentro quello zaino durante la sua fuga a Bucarest. Non cibo, non armi, solo quei quaderni.
Sente che probabilmente non dovrebbe, non ora che il suo migliore amico è addormentato sotto la sorveglianza di T’Challa. Forse dovrebbe solo aspettare che sia lui stesso a raccontare, ma non può fermarsi una volta che ha alzato la copertina e ha letto la prima frase:
“Questa notte ho sognato Steve Rogers”




















Note:

Questa storia è stata ispirata da un post che ho visto su Tumblr ma che poi ho perso nei meandri del web, quindi chiedo scusa se qualcuno riconosce l'idea.
Pubblicherò presto i prossimi capitoli, che stranamento ho già pronti.
Ringrazio chiunque leggerà o lascerà un commento.

Black_Sheep

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno ***


   
Capitolo Uno


 

Maria Hill esce silenziosamente dalla stanza non appena Steve inizia a leggere. Può solo immaginare quanto sia importante quel momento per il Capitano.
Da parte sua, Steve a malapena se ne rende conto, è troppo preso dalle parole scritte in fretta di Bucky. In alto a destra c’è una data che fa risalire quella prima pagina a poco dopo la fuga di Bucky da Washington, dopo il loro incontro, dopo che Bucky lo aveva tirato fuori dall’acqua.
Hill gli ha spiegato che tra quelli ritrovati risulta essere il primo scritto.
“Questa notte ho sognato Steve Rogers” e Steve trattiene il respiro.
“Non lo Steve Rogers che ho visto al museo, una sua versione più giovane e gracile. Con un occhio nero mi guardava con fierezza, e quello sguardo sì, l’ho rivisto in quelle foto esposte. Non so ancora esattamente chi sia, ma più passa il tempo, più i ricordi tornano, e più mi rendo conto di quanto siamo stati legati. Devo ricordare.”
La calligrafia esile e spigolosa di Bucky si interrompe per un paio di righe, per poi riprendere.
“A volte sento un ricordo risalire, ma non riesco a visualizzarlo e rimane solo una sensazione. Altre, mi aggredisce con così tanta forza che ho bisogno di sdraiarmi. Oggi mentre ero al parco ho visto due ragazzi correre e dal nulla una mia missione mi è esplosa davanti agli occhi. Il ricordo era confuso ma così forte che invece della realtà vedevo neve e sentivo spari. I due ragazzi si sono trasformati in soldati. Mi sono coricato su una panchina da tanto stavo male, son sicuro che almeno un paio di persone mi abbiano scambiato per uno di quei barboni alcolizzati. È strano vedere persone ridotte in quello stato in un’era come questa, dove sembra che la ricchezza ed il benessere siano raggiungibili facilmente.
Ho appena ricordato una cosa. È stato come un flash.
Eravamo io e Steve, seduti su un marciapiede a dividerci un pezzo di pane. Ma era come vederci dall’esterno. Entrambi magri, entrambi con non più di sedici anni. I pantaloni rattoppati e le camicie troppo grandi ereditate da chissà chi. Non riesco a credere che sia passato tutto questo tempo da allora, non posso credere di ricordare a malapena quello che mi è successo in tutti questi anni.”
Steve alza lo sguardo sulla porta di vetro davanti a sé. Sente gli occhi inumidirsi e non può permettere che succeda in un luogo del genere. Ricorda le molte volte in cui hanno dovuto condividere un pasto, ricorda la fame che avevano. E sapere che anche Bucky ricorda la loro infanzia passata a sorreggersi a vicenda lo riempie di felicità, anche se rimane così amara. Non può ancora riavere il suo migliore amico.
Il Capitano chiude il quadernetto e si alza, prendendo con sé la scatola con i diari di Bucky prima di dirigersi nella camera che T’Challa gli ha gentilmente riservato nel centro segreto dove anche l’ex Soldato d’Inverno è tenuto al sicuro. È una piccola stanza arredata con il minimo indispensabile, ma la possibilità di stare vicino al suo migliore amico la rende perfetta.
Appena entrato, Steve si concentra di nuovo sulle parole dell’ex sergente, i sensi di colpa per l’intromissione nei pensieri dell’amico premono sulla sua coscienza, ma si sforza di tenerli a bada.
La data è di qualche giorno dopo quella sulla prima pagina.
“Oggi sono andato al mercato. Per la prima volta non ho sentito un forte senso di panico stando in mezzo a tutta quella gente. L’abitudine di guardarmi le spalle e prestare attenzione ad ogni minimo dettaglio sento che non passerà mai, è qualcosa troppo radicato in me” Steve non può che sorridere amaramente, sa cosa vuol dire non riuscire ad essere come tutti gli altri, normale. La guerra è parte di loro, la sensazione di pericolo costante una compagna fedele. 
“Per la prima volta sono riuscito a prendere con la mano sinistra un bicchiere senza frantumarlo o farlo cadere, la sensibilità nel braccio sta aumentando, riesco a gestirlo meglio. In tutti questi anni il mio arto meccanico non è stato altro che un’arma attaccata al mio corpo, ora inizia davvero ad essere una parte di me” Steve pensa al Bucky del presente, a cui manca di nuovo il braccio. Deve essere stato uno shock per lui rivivere l’esperienza. Steve serra la mascella al ricordo dell’incidente del treno, torna subito a leggere.
Seguono altre pagine in cui Buck descrive attimi delle sue giornate, piccoli obiettivi raggiunti come prendere i mezzi pubblici senza rischiare un attacco di panico o rispondere al buongiorno di un'anziana. Moltissimi sono i ricordi frammentati scritti di fretta. Steve si perde tra quelle parole che raccontano di un passato che non può nemmeno lontanamente immaginare. Rimane molto colpito soprattutto dall’opprimente ricordo di sangue che il suo migliore amico continua a riportare. Dalle descrizioni sono ferite sempre diverse - sue, di alleati, di nemici o obiettivi – ma l’immagine del rosso che macchia e ricopre tutto sembra sempre la stessa. Il sangue che gli ricopre le mani è anche molto frequente nei suoi sogni. Steve immagina sia un modo per la mente di Bucky per esprimere il rimorso.
Alcune pagine dopo c’è una lista della spesa, poi appunti di quella che gli pare una conversazione tra ragazzi, le parole più contemporanee sono sottolineate. La pagina che lo lascia perplesso è a circa un terzo del quadernetto. È completamente bianca, tranne per una frase scritta con una calligrafia anche peggiore di quella dei dialoghi trascritti di nascosto.
“Я cкyчaю пo нeй” Steve rimane a fissare quelle lettere per lui senza alcun significato. Sa che è cirillico. Bucky non aveva mai scritto nulla che non fosse in inglese fino ad allora. E quelle poche lettere scritte di fretta riempiono il Capitano di una curiosità tale che volta la pagina con foga sperando che l’amico parli proprio di quello. Ed è così. Non c’è data questa volta.
“Sono giorni che fisso quella pagina, quella frase. Non riesco a capire. Se solo ricordassi il sogno che l’ha preceduta sarebbe tutto più chiaro. Mi è già capitato di sognare di parlare in russo, persino trovarmi a pensare in russo, ma scrivere frasi del genere nel dormiveglia mai. Non riesco a ricordare chi mi manca, non riesco nemmeno a ricordare la sensazione che ho provato quando ho scritto che quel qualcuno mi manca. È come se svegliandomi avessi dimenticato del tutto quello che mi ha spinto a scrivere quella frase. E continuo a pensarci, sempre. Persino quando sono in mezzo alla gente. Continuo a chiedermi chi mi manca così tanto da farmi desiderare di ricordare quella sensazione di perdita, che so bene essere orribile. Voglio ricordare, ma allo stesso tempo ho paura di soffrire troppo.”
Steve non sa cosa pensare, e si sente in imbarazzo per aver letto qualcosa di così personale senza permesso. O forse è anche un po’ geloso della tormenta di sentimenti che Bucky, il suo miglior amico da sempre, prova per qualcuno che non è lui. Ma è normale, si ritrova a pensare, che in tutti quegli anni come Soldato d’Inverno abbia avuto un minimo di interazioni umane. O forse si riferisce persino a qualcuno della sua vita precedente alla caduta dal treno, dopotutto Buck era molto legato alla sua famiglia. La curiosità torna a superare i sensi di colpa, ma non viene soddisfatta questa volta.
I pensieri di bucky vanno presto a perdersi nella sua ritrovata normalità, nei dialoghi della gente e in ciò che è il presente. Racconta di essere andato al cinema e di essere rimasto spiazzato davanti ad un film d’animazione, riducendosi quasi in lacrime, o di aver scoperto una passione per pancake e barrette di cereali. Steve sorride nel leggere Bucky costruirsi non solo una nuova vita, ma una sua identità. Perché se non è più il Soldato d’Inverno, non è più nemmeno il Bucky Barnes della sua infanzia. Troppe cose gli sono capitate, del suo vecchio io rimangono solo briciole.
Questa consapevolezza allontana Steve dai diari di quello che era il suo migliore amico per giorni.












Note:

Innanzitutto devo ringraziare chi ha lasciato una recensione, chi ha letto e chi leggerà ancora. Grazie.

Il primo capitolo volevo fosse una sorta di introduzione al nuovo mondo di Bucky, spero di aver reso l'idea.
Mi piace pensare che piuttosto della ricerca del vecchio se stesso, Bucky stia vivendo una vera e propria rinascita.

Molto probabilmente pubblicherò il prossimo capitolo domenica.

Black_Sheep

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Due ***



Capitolo Due


 
Steve è seduto a gambe incrociate sul letto. Le coperte sono tirate sopra il cuscino, ma è chiaro che qualcuno è stato sdraiato lì poco prima. Nel complesso la stanza è ordinata, un arredo essenziale la fa sembrare una camera d’albergo. Non che i suoi ultimi appartamenti avessero l’aspetto di una vera casa, intendiamoci. Da quando si è risvegliato dal congelamento non ha ancora avuto un posto da chiamare con quel nome, non il suo appartamentino a Washington dove ha conosciuto Sharon, non la sua camera nel complesso degli Avergers. Anche se per un certo periodo lo ha pensato davvero,ha creduto di aver trovato un posto per sé.
Poi tutto è cambiato.
I suoi occhi cadono sui quadernetti poggiati sulla scrivania.
Sono passati otto giorni da quando Steve ha aperto per l’ultima volta il diario di Bucky.
Ha avuto bisogno di una pausa per pensare, per affrontare le nuove consapevolezze. Ed ora è pronto.
Sa che non potrà mai riavere lo stesso identico Bucky che quel giorno è caduto dal treno, ma ora lo ha di nuovo al suo fianco ed è pronto a volergli bene per quello che è.
Bucky rimane Bucky, decenni da Soldato d’Inverno o meno.
E così Steve fa un respiro profondo e torna a sedersi sulla poltrona pronto a spiare i ricordi dell’amico.
Nel giro di poco tempo finisce il primo quadernetto e passa al secondo. Le date sono riapparse e ora accanto ad essere c’è anche un luogo. Bucky si sta spostando. Sa che l’America non è un luogo sicuro e va nell’unico posto dove gli sono rimaste sicurezze: Bucarest. È una grande città dove può passare inosservato e conosce bene la lingua.
“Spero anche di riuscire a ricordare qualcosa in più. Trovarmi nel luogo dove ho svolto parecchie missioni dovrebbe aiutarmi a recuperare ricordi più specifici. Magari riuscirò persino a ricordare a chi era riferita quella frase” ed ecco tornare ciò che tanto aveva incuriosito Steve.
“Oggi mentre ero in treno una donna con i capelli rossi si è seduta davanti a me, poco dopo appisolandomi l’ho sognata. O meglio, all’inizio era lei, poi il suo volto è cambiato in uno più giovane. Non so dire chi fosse. Ma era molto bella” Steve alza un sopracciglio al commento dell’amico. Non aveva mai dato pareri del genere su persone che incontrava o sognava. Forse iniziava a sciogliersi e a tornare il caro vecchio Bucky amante ed amato dalle ragazze.
“Non so ancora come sia riuscito ad addormentarmi in treno. Ero così teso che mi sono svegliato pochi minuti dopo stritolando i braccioli del sedile, ho rischiato di romperlo. Sarebbe stato un bel problema”
“Oggi mentre ero al negozio ho avuto un momento di panico. Questo tizio si è avvicinato a me così deciso che ho avuto paura mi avesse riconosciuto, invece è andato dritto a parlare con uno dietro di me. Mi si è gelato il sangue, mi ero già immaginato di doverlo affrontare in mezzo alla gente e scappare. Non sono sicuro che l’Hydra mi stia cercando, magari Capitan America li ha davvero trovati tutti e ora non esiste più. Ma non posso rilassarmi, non dopo tutto quello che ho visto e vissuto con loro. L’Hydra è una macchina spietata, nata per infiltrarsi e mimetizzarsi. È un parassita.”
Per altre pagine Bucky torna a parlare dei suoi movimenti, spesso segna orari di mezzi pubblici. Sono tornati anche gli stralci di conversazione, spesso con commenti e pensieri appuntati di lato.
“Quando ho visto quel vecchio per strada ho pensato di essere in uno di quei sogni che sembrano reali finché non ti svegli. Invece ero lì per davvero, e quell’uomo era davvero in piedi a pochi passi da me. Io l’avevo già visto in uno dei miei ricordi. Non so dire chi era o cosa faceva, ma ricordo la sua maledetta faccia. Quegli stupidi occhietti da ratto ed il pizzetto brizzolato. Forse il mio corpo ricorda meglio della mia mente, può essere stato uno dei tecnici che mi metteva le mani addosso.”
“È stato anche peggio dell’ultima volta. Il treno era affollatissimo e avere tutto quelle persona addosso mi faceva venire un nervoso tale che sono dovuto scendere alla prima fermata. Ora sono in ritardo di due ore sulla tabella di marcia che mi ero fatto. Forse doveri smetterla di farmi dei problemi e rubare una macchina, sarebbe tutto molto più facile. La verità è che ho paura di farlo. Non perché qualcuno potrebbe vedermi, so perfettamente come essere invisibile, ma perché recentemente ho ricordato di averlo insegnato a Steve durante la Seconda Guerra Mondiale. È una pena riavere certi ricordi, non fanno altro che aumentare la sensazione di solitudine. E pensare che ho passato decenni da solo, ma non me ne rendevo conto con il cervello così manipolato.”
Steve alza gli occhi da quelle parole. Sente qualcosa nel petto contorcersi, la gola chiusa.
“L’Europa si sta trasformando in un incubo. Forse non è stata una buona idea tornare qui. I volti familiari aumentano di giorni in giorno e ho sempre più paura di essere riconosciuto per strada. Sto prendendo tutte le precauzioni possibili, ma la paranoia non diminuisce. Spero di abituarmi col tempo.” Steve si chiede se quelle siano davvero persone che ha già visto durante le sue missioni, o figli e nipoti che assomigliano a suoi obiettivi. Magari si è trovato faccia a faccia con il figlio di un uomo che ha assassinato, senza saperlo. Il pensiero inizia a fargli venire la nausea e preferisce continuare a leggere.
“Il sogno di questa notte è stato molto strano, più del solito. Ero in un edificio vecchio, tutto di legno lucido. Ricordo molto bene l’odore di talco ed in un certo senso la sua sensazione addosso. Persino quando mi sono svegliato ne sentivo ancora la consistenza sulle mani. Ricordo molte scale e stanze con le pareti ricoperte di specchi che però non mi riflettevano. Continuavo a camminare, a salire e scendere da scale tutte uguali, passando da porte identiche tra loro, entrando in stanze con finestre dalle tende chiuse. E ricordo che c’era musica. Una musica incessante che andava a mischiarsi con altra musica. E tutto mi era così familiare. Ho come la sensazione di esserci stato davvero in un posto del genere, di averci vissuto persino. So di stare per arrivare a scoprire una buona parte del mio passato che fino ad ora non conoscevo per niente.” Steve si chiede quante parti del passato di Buck gli sono totalmente state cancellate, forse certi ricordi non torneranno più. E questo lo rende triste, ma per qualche ragione sente anche un certo sollievo nella consapevolezza che l’amico non ricorderà altre parti del suo doloroso passato.
“Mi chiedo fino a che punto il mio braccio sinistro sia collegato al corpo. Ho ricordi spezzati dell’operazione e so per certo che la spalla era del tutto presente mentre ora è completamente ricoperta di metallo. Questo vuol dire che mi hanno tolto anche quella o c’è ancora sotto tutta questa roba? E vorrei sapere fino a che punto i miei nervi sono collegati alla protesi, nel caso succedesse qualcosa. Ora che sono solo non ho più la sicurezza che il braccio venga riparato o sostituito quando ne ho bisogno. Devo trovare il modo per farlo da solo, non posso permettermi di rimanere indifeso.”
Steve si scaccia dalla mente l’immagine dei frammenti del braccio di metallo di Buky che cadono sul pavimento dopo lo scontro con Tony.
“Oggi mi sono ritrovato a ripensare a Washington. Sono riuscito a ricordare altre cose, altri dettagli. Ricordo pezzi di una battaglia sul ponte. Ricordo di essere saltato su una macchina, di aver ucciso un uomo e di aver tentato di far fare la stessa fine a Steve ed ai suoi amici. È stato strano quando questi ricordi si sono andati a mischiare con quelli della Seconda Guerra Mondiale, con quelli delle missioni degli Howling Commandos. Ricordo molte cose di quel periodo, soprattutto su Steve. Eravamo molto legati, lo so. Ricordo le nostre chiacchierate al bar, le sue facce assurde quando si parlava della sua cotta, Peggy, e l’invidia che provavo per lui. Era diventato tutto ciò che avrei voluto essere io” Steve sente una stretta al cuore, non gli aveva mai parlato di questo suo sentimento. Probabilmente perché troppo orgoglioso per farlo.
“Dannazione! Ho rotto la porta del palazzo. È stata una cosa del tutto inaspettata. Colpa di una ragazzina che passando ha commentato il mio sedere con una parola che non posso ancora credere essere uscita da quella bocca. Sono irritato ed imbarazzato allo stesso tempo, maledizione.” Steve rilegge la frase, ridendo come non mai. Bucky non deve essere più molto abituato agli apprezzamenti, da ragazzine men che meno. Vivere nell’ombra sembra averlo reso molto suscettibile a certe cose. Un commento del genere prima della sua caduta lo avrebbe divertito, e sicuramente spinto tra le braccia della ragazza in questione.
“In ogni caso, stavo tornando dalla biblioteca. Sto ricominciando a studiare, ed è assurdo scoprire fin dove sono arrivate scienza e medicina. L’Hydra mi ha tenuto aggiornato sulle tecnologie in questi anni, ma solo quel che bastava per farmi usare nuove armi e tecniche di omicidio. Ad esempio, pensavo che il mio braccio fosse unico, invece ho letto di protesi che si avvicinano molto alla mia. Ho persino dato un’occhiata alle università, per curiosità. Da ragazzo la mia famiglia non poteva permetterselo, ma se ne avessi avuto l’occasione l’avrei frequentata.  Non mi dispiacerebbe tornare sui banchi. Credo che per il momento mi limiterò a cercare informazioni su internet e nelle biblioteche. Non riesco ad abbandonare i libri, mi piacciono di più, forse perché sono cresciuto con quelli” Il Capitano ricorda molto bene la passione di Buck per lo studio, anche se non si sarebbe mai detto visto che al tempo usava un linguaggio particolarmente sboccato. Sorride al pensiero di tutte le volte in cui lo ha ripreso per essere troppo volgare.
“Il sogno di questa notte mi ha lasciato davvero sconvolto. Ero di nuovo nell’edificio con le stanze con gli specchi. Ma la camera dove mi trovavo era diversa dalle altre, pareti di cemento grigio e un lungo tavolo di metallo. Dentro c’ero solo io. Ma ad un tratto dal nulla una voce ha detto James, non ho mai pensato sarebbe stato facile. Nemmeno i miei genitori o le mie sorelle mi chiamavano per nome. Non so chi fosse, non riesco a collegare nessun viso a quella voce. Inizio a credere di aver dimenticato qualcosa di davvero importante.”
 
 








Note:
Questa volta inizio con delle scuse.
So di aver detto che avrei pubblicato domenica (quindi otto giorni fa) e invece non l'ho fatto. Scusate, soffro di pasaculismo cronico.
Non posso che ringraziare di cuore chi mi recensisce, chi legge e chi mi segue. Grazie, perchè mi fate venir voglia di scrivere e fidatevi che è una cosa rara.

Un ultimo grazie alla mia sempre fidata beta Ale che come sempre si legge tutto ciò che butto sulla tastiera continuando ad incoraggiarmi.
Ah, grazie Zara che alla fine ti sei convinta a leggere. 

Black_Sheep

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