Risveglio da un’avventura

di blackama
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutta una bugia ***
Capitolo 2: *** Tra madre e figlio ***
Capitolo 3: *** Panic! ***
Capitolo 4: *** Corsa ***
Capitolo 5: *** Un brutto scherzo ***
Capitolo 6: *** A stare fuori per un giorno... ***



Capitolo 1
*** Tutta una bugia ***


Tutta una bugia

Dopo essere divenuto il campione della lega a Kalos, Ash decise di ritirarsi e tornare nella sua città natale. Dopo essersi salutato con i suoi amici (Serena pianse silenziosamente ma senza farsi vedere), prese l’aereo a Luminopoli.
Ci voleva ancora qualche ora per arrivare a Kanto ma Ash non si preoccupava affatto, gli piaceva l’idea dell’altezza.
Se ne stava seduto con pikachu sopra le gambe che dormiva beatamente. Non c’era alcun tipo di preoccupazione, al di là del finestrino dell’aereo di linea, il cielo limpido era passato dall’azzurro all’arancio del tramonto. La luce filtrava e giocava con il colore del manto del pokémon elettrico facendolo somigliare sempre più a un piccolo raichu così che Ash fu preso dai propri ricordi di quando ancora sfidava le palestre di Kanto. Dopo la tappa di Biancavilla pensava anche di andare a Celestopoli a trovare Misty. Con questi pensieri sereni girò di lato la testa e si addormentò.
Purtroppo per Ash le cose non sarebbero andate così bene, ormai aveva raggiunto il suo obbiettivo e la sua psiche si era mentalmente preparata a supportare il colpo, se questo fosse fisicamente possibile.
Dai sonni tranquilli che pensava di sognare, il suo io fu come risucchiato in un imbuto di cui le pareti erano rivestite di ricordi, si i suoi ricordi. Rivide tutta la sua vita riavvolgersi: Serena che piangeva, la vittoria alla lega e tutte le sue mirabolanti avventure a Kalos, Iris e Spighetto, la bruciante sconfitta alle semi-finali contro Tobias e la vittoria contro Paul seguite da tante altre sconfitte infertegli da quest’ultimo, Lucinda, Vera, Max, Tracey, Brock, un numero indefinito di leggendari e il tutto unito e più volte condito con il trio del Team Rocket e tutti i vari Team malvagi che mano a mano sgominava.
In questo turbinio di ricordi scoprì anche di essere stato tramutato in pietra, anche se non lo ricordava affatto. Ma mancava qualcosa o meglio qualcuno, qualcuno con cui litigava abbastanza spesso ma che, allo stesso tempo, apprezzava. Nello sforzarsi di ricordare gli doleva tantissimo la testa ma continuò a insistere dicendosi che era importante. Non cedette fino a quando si accorse di essere tornato al ricordo del centro pokémon di Smeraldopoli e allora tutto si fece nero. L’ultimo pensiero che riuscì a formulare fu: “Misty”.

All’ospedale di Celestopoli si creò molta confusione, dovette essere stato un bello shock per l’infermiera che doveva soltanto chiudere le finestre per la notte, ritrovarsi qualcuno che era da un anno perennemente addormentato con gli occhi aperti che la fissava tra lo stupito e lo smarrito. Non resistette a quella nuova svolta che rappresentava quasi un miracolo: cacciò un urlo e allarmò metà ospedale. Infatti il dottore, seguita e riconosciuta la voce della donna si affacciò dalla porta. Egli era un uomo piuttosto vecchio, di sicuro con anni di esperienza alle spalle, perciò seppe mantenere meglio il controllo anche se era piuttosto sorpreso.
“Chiamate subito la madre di questo ragazzo, sono certo che le farà piacere questa notizia” disse il dottore alla donna che ne approfittò per prendere fiato subito dietro la porta.
Dal canto suo Ash riuscì solo a pensare che l’aereo avesse avuto un incidente durante la notte e che lui fosse sopravissuto… ma allora c’erano anche gli altri passeggeri? E i piloti? Ma quello che fece sbiancare il ragazzo appena rimessi un po’ in ordine i pensieri fu l’assenza del suo pikachu! Provò a chiamarlo ma la voce ebbe solo un suono gutturale, come se non la usasse da tanto tempo. Allora provò ad alzarsi ma anche solo muovere la testa gli provocò dolore. Mentre il dottore lo pregava di non agitarsi, si rese conto solo ora di essere attaccato ad una flebo. Come quando si sentiva frustrato si richiuse in se stesso a pensare un modo per venire a capo di tutta la faccenda. Una buona mezz’ora dopo arrivò sua madre che non nascondeva le lacrime. Forse Ash non lo sapeva ma lei soffrì molto in questo ultimo anno.

Nota dell’autore:
Ciao a tutti! Mi presento: sono Blackama
È ormai da qualche anno che ho sentito la storia di Ash in coma e mi son chiesta: ma come si comporterebbe Ash a questa notizia?
Questa è la mia prima fanfiction in assoluto, perciò... in molte cose sono inesperta ^^'
Spero però che vi piaccia e se proprio ne avete l'impulso lasciate un commento, ciao!

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Capitolo 2
*** Tra madre e figlio ***


Tra madre e figlio

Troppe domande si affollarono nella mente di quel ragazzo che, stretto nell’abbraccio più intenso ma delicato che Delia gli avesse mai dato, non riusciva a riorganizzare lucidamente i pensieri. Inoltre era imbarazzato e lo era da morire.
Considerava sua madre una donna dal carattere forte, era sicuro che per quanto una situazione potesse farsi difficile lei sarebbe riuscita a non piegarsi dalla disperazione ma anzi avrebbe infuso coraggio a chi avrebbe avuto la fortuna di starle accanto. Ma in quel momento lei piangeva a dirotto tenendo tra le braccia l’unica persona per la quale avrebbe dato tutta se stessa perché, anche se lo aveva reputato abbastanza grande per intraprendere il suo viaggio d’allenatore, lei lo avrebbe considerato per sempre il suo bambino.

Sciolse l’abbraccio solo quando Ash le mise una mano sulla spalla sussurrando con voce fioca che non c’era motivo di stare in pensiero.
Non poté fraintendere di più la situazione, sua madre non stava in pensiero, al contrario: era felice, immensamente felice.
Aveva passato un anno a temere che lui non si sarebbe più risvegliato e quando, mezz’ora prima, le arrivò la telefonata dall’ospedale quasi svenne dalla contentezza. Delia si asciugò gli occhi guardando suo figlio, forse fisicamente sembrava un po’ sciupato ma intimamente sentiva che la sua psiche non ne avesse risentito nonostante tutto quello che aveva appena passato. Ma ancora non era finita, non sapeva cosa Ash avesse provato nell’ultimo anno trascorso in coma.

Tempo prima aveva avuto un’accesa discussione con il dottore.
Egli sosteneva che il ragazzo, per quanto fosse in stato comatoso avesse ancora una qualche reazione cerebrale, quasi stesse vivendo in un sogno assurdamente lungo ma se esso continuava, rischiava di diventare la realtà stessa di Ash, che difficilmente avrebbe potuto accettarne la falsità una volta risvegliato. Ora che lo vedeva davanti a se non sapeva cosa dirgli o cosa fare.
Dopo un breve momento suo figlio prese la parola, ripresosi dal momentaneo subbuglio in cui era la sua mente:

“mamma cos’è successo? L’aereo è caduto? Tutti gli altri passeggeri stanno bene? E…”

il ragazzo facendosi cupo in volto e abbassando lo sguardo temeva di porre quella domanda ma doveva sapere, doveva trovarlo, si conoscevano da una vita e non poteva tirarsi indietro! Rialzò lo sguardo e domandò guardando sua madre dritta negli occhi ancora lucidi:

“Mamma, dov’è pikachu?”

Lei si ritrovò piuttosto basita da tutte quelle domande ma non poteva fare a meno di notare l’espressione risoluta negli occhi di suo figlio, quello sguardo per lei era il più rassicurante al mondo perché ormai aveva la chiara certezza che davanti a sé c’era Ash Ketchum, o meglio *il suo* Ash Ketchum.
Delia gli sorrise: “Quel pikachu ormai vive col professor Oak. Purtroppo al momento è ad una convention e quindi non tornerà prima di domani”. Il ragazzo la guardava stralunato, com’era possibile che pikachu fosse col professor Oak? Aspetta ha detto *quel* pikachu? Come se si potesse trattarne di un altro! E poi che intendeva con *vive con lui*?
Sconcertato fa la domanda che Delia temeva le potesse mai porle:

“Da quanto sono qui? Faccio perfino fatica a parlare e ho addirittura una flebo al braccio!”

A Delia le si incrinò il sorriso, da una parte non voleva mentirgli ma dall’altra temeva di provocargli un forte shock. Stava per rispondere…

“Ehm, ehm, signora Ketchum, vorrei parlarle urgentemente” disse il dottore schiarendosi la voce e facendo trasalire madre e figlio che si erano completamente dimenticati che c’era una terza persona nella stanza.
Delia ci mise un po’ per ricomporsi ma seguì lo stesso il dottore nel corridoio richiudendosi dietro la porta e assicurando al ragazzo che sarebbe subito ritornata.

Ash si ritrovò da solo nella stanza per la prima volta. Decise di voler ascoltare la conversazione ma per quanto cercasse di muovere gli arti li sentì pesantissimi. Forse un altro avrebbe rinunciato ma non lui, se pikachu era vivo doveva tornare da lui e per farlo doveva capire come si fosse ritrovato in quella situazione! Con piccoli movimenti che gli costarono non pochi sforzi, riuscì a spostare la pesante coperta che fino a quel momento gli era sembrata un’appiccicosa ragnatela che lo incatenasse a quel letto. Guardandosi, solo ora si rese conto di quanto fosse magro e che indossava il tipico camice ospedaliero tirante sull’azzurrino. Non scoraggiato dal dolore che si insinuava nelle braccia, si aggrappò con tutta la sua forza all’asta della flebo e si alzò in piedi. Durante tutto quel movimento si staccarono dal corpo tutti gli elettrodi, che avevano monitorato il suo corpo fino a quel momento dando alla linea sul display dell’elettrocardiogramma un moto rettilineo. Il ragazzo quasi si odiò, com’era possibile che fosse così debole? Le gambe gli tremarono violentemente ma lui fece appello a tutta la sua volontà. Doveva saperne di più e riuscì a muovere il primo passo verso la porta che celava la verità.

Note dell’autrice:
Ciao a tutti! Finalmente sono riuscita a scrivere questo capitolo e ad aggiornare! È solo un pelino più lungo dell’altro ma in quanto a tempo non c’è paragone :D. Nonostante tutto mi sono divertita a scrivere questo capitolo *eh eh* e spero che vi piaccia! Ringrazio tanto _happy_04 per la sua recensione e dirgli/le che ha salvato un personaggio che all’inizio aveva il destino incerto! Forse però sono stata sull’OOC :/ ma mentre scrivevo mi ponevo sempre la stessa domanda: “come si sarebbe comportato Ash?”
Sarò ripetitiva ma spero vi piaccia e… i commenti sono ben accetti! Un saluto a tutti
Blackama

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Capitolo 3
*** Panic! ***


Panic!

Qualche goccia di sudore gli scivolò lungo il viso per lo sforzo di camminare.
Mancava ancora un metro dalla porta, spazio che una persona normale avrebbe colmato in un batter d’occhio ma che a lui stava prosciugando tutte le energie.
Stanco ma soddisfatto di avercela fatta sentiva le voci concitate ma ancora non capibili dall’altra parte della porta. Si rese conto di avere il cuore a mille: anche se soffocata riconobbe nella voce di sua madre una nota di amarezza.
Però si riprese subito e abbassò piano la maniglia sperando con tutto se stesso che non cigolasse. Assicuratosi di non aver prodotto alcun rumore spinse piano fino a socchiudere la porta e le voci entrarono dentro la stanza raggiungendo il ragazzo:
“Dottore, durante questo anno, se c’era qualcosa di cui ero veramente terrorizzata era di perderlo per sempre, di non poter più incrociare i suoi occhi, di non sentire più la sua voce, ma soprattutto, che lui se ne andasse mentre ero lontana, mentre non gli stavo affianco”

Passò appena un secondo da quell’affermazione ma per Ash furono ore, giornate, mesi interi: “Mamma”

“Ma ora che è di nuovo qui, che ho potuto parlagli, che ho potuto ascoltarlo, riabbracciarlo, mi rendo conto che non posso dirgli la verità”
Abbassò lo sguardo preoccupata:
“Se lui tornasse in quello stato perché io non seppi essere in grado di gestire la situazione non me la perdonerei mai!”
Dicendo questo nuove lacrime le inondarono il viso. Come uno sfogo di una preoccupazione che la opprimeva ormai da tempo, quasi urlò presa dalla disperazione all'indirizzo del dottore:
“Eppure, ho ancora più paura che lui lo scopra da solo o peggio, che glielo dicesse qualcun altro! Lo so, non mi potrebbe più perdonare!”

Il dottore l’ascoltava in silenzio con espressione seria ma con il cuore turbato e l’animo frustrato per quei sentimenti che non avrebbe mai realmente capito e che, ne era assolutamente certo, neanche il libro più recente e famoso di medicina o psicologia avrebbe solamente potuto descrivere un centesimo di tutti i pensieri e le emozioni che si celavano dietro le parole della donna che gli stava di fronte: una madre.
Le cedette subito un fazzoletto di carta, sperando che quel gesto le avrebbe alleviato un po' l'umore e riprese la parola cercando di trovare il modo più professionale di porsi:
 “Signora Ketchum, capisco come lei si senta ma il mio dovere è salvaguardare la salute fisica e mentale dei miei pazienti e, dato che il ragazzo non è stato ancora dimesso, mi permetto di consigliare qualche seduta con la psicologa, per avere un quadro generale della situazione”

Sembrava un po' imbarazzato dalla situazione ma quando Delia, asciugatasi gli occhi, stava per dire qualcosa, lui continuò risoluto:
“come le dissi una volta, potrebbe essersi costruito una realtà differente e considerato il tempo in coma… Per quello che ne sappiamo, il suo io interiore potrebbe aver passato anche interi anni in un mondo creato dalla sua mente per gestire l’impatto dell’incidente, accaduto un anno fa. Se non stiamo attenti e gliene parlassimo senza alcuna precauzione ne rimarrebbe solo scioccato sapere tutto questo”

Scioccato… scioccato era la parola chiave per descrivere Ash in quel momento. Non si era mai sentito così vuoto in tutta la sua vita.
“Incidente? Di che stava parlando? Quale incidente avrebbe potuto costringerlo in uno stato vegetale come quello?”
Era così frastornato che rischiava di non riuscire più a stare in piedi, così, attaccato alla flebo.
Tremava visibilmente e non solo per lo sforzo a cui erano sottoposte le sue gambe ma più sforzava la sua mente e più gli sembrava che un velo nero ricoprisse tutti i suoi ricordi conquistati viaggiando. I pensieri fluivano velocemente nella sua mente, dandogli il tempo di analizzarli tutti e nessuno.
Ma alcuni si fecero inesorabilmente sentire più di altri:
“Da quanto sono stato a letto? Quanto ho veramente viaggiato? Mamma conosce pikachu, quindi ho seriamente iniziato a viaggiare prima di tutto questo casino!”
Si sentiva pesante, aveva il fiatone, la mano scivolò dal suo unico sostegno e la luce venne meno: si accasciò appoggiandosi  sempre di più la porta che si aprì e rivelò il ragazzo ormai a terra.
Quella vista zittì in un colpo i due conversanti mandandoli nel panico e spaventandoli a morte.



Il giorno seguente, un uomo appena svegliatosi sentiva la luce tenue del sole illuminargli le palpebre dandogli una visuale rosso rosata. Si sentiva bene ed era più che felice di poter ritornare a casa sua e ai suoi studi. Quell’incontro era durato anche fin troppo tempo e lo aveva costretto a dormire in una stanza d’albergo, associato alla Silph S.p.A., dove il giorno prima tenne una convention e una lunga discussione con il presidente di quella grande azienda.
Ma ora sarebbe tornato a casa, a fare ciò che gli piaceva di più al mondo!
Non fece però i conti con l’amico che si era portato dietro, sotto sua insistenza. Quella mattina poi, era più energico del solito dato che cercava in tutti i modi di fargli aprire gli occhi. Inoltre era meglio non farlo aspettare troppo perché non si sarebbe fatto problemi a dargli la scossa e in quel momento gli sembrava anche piuttosto frettoloso.
L’aveva sempre pensato: quel pikachu era sensibile e stava percependo qualcosa… e di certo non avrebbe desistito dalla sua decisione. Aprì gli occhi e si mise lentamente a sedere: sarebbe stata una lunga giornata.


Angolo dell’autrice:
Ciao a tutti! Finalmente sono riuscita ad organizzarmi e scrivere questo capitolo, che è stato piuttosto ostico, per me, da affrontare e ora che l’ho riletto mi sono resa conto che qualcosina andava cambiato (anche se questione di poche frasi), così eccomi qui di nuovo! Spero che sia un po’ più scorrevole e più piacevole alla lettura. Ringrazio tutti coloro che seguono la storia e soprattutto chi ha speso un po’ del suo tempo per recensire. A proposito di recensioni… Accetto tutti i pareri! Confesso che il mio timore di essere stata sull’OOC mi perseguita sempre ma sono soddisfatta di quello che è venuto fuori. Senza allungarmi troppo un  caro saluto a tutti! ;)
Da Blackama

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Capitolo 4
*** Corsa ***


Corsa

“Ti prego, calmati per un secondo!”
Era seduto al tavolo nella sala da pranzo dell’albergo, un luogo fresco e tranquillo che dava a coloro che ne erano all’interno una sensazione di pace, accentuata dal celeste che ricopriva le pareti per tre quarti dell’altezza. Il sole poi, faceva capolino dalla finestra semiaperta e rendeva luminosa tutta la stanza facendo risplendere le tovaglie bianche dei tavoli.
Inoltre arrivava quella brezza fresca del mattino che scompigliava gentilmente i capelli degli ospiti che entravano per far colazione e faceva rabbrividire chi tra loro avesse ancora qualche traccia di sonno mentre si avvicinavano al buffet strascicando un po’ i piedi.
Ma se quella era un’atmosfera rilassante  per la maggior parte di loro, essa fallì nel tranquillizzare il professor Oak  che dopo una scossa ricevuta per essere stato reputato troppo lento dal suo compagno, era più teso e sveglio che mai.
Per non dare possibili fastidi agli altri si era scelto un tavolo singolo all’angolo della stanza e con una tazza fumante di caffè  in mano osservava quel suo piccolo amico che talora era teso, agitato e a guardarsi nervosamente intorno e talora era immobile a lanciargli occhiate di fuoco come a spronarlo a sbrigarsi. Si concesse un profondo sospiro e finito il caffè si alzò, uscendo dalla sala da pranzo e dirigendosi verso la reception per consegnare la chiave della stanza. Per quanto cercasse di rimanere calmo, il suo passo veloce tradì l’agitazione che gli istillava pikachu che era già davanti alla porta, impaziente.

L’uomo si congedò dal ragazzo della reception e (in)seguì quel piccolo compagno elettrico che appena fuori dall’edificio iniziò a correre in direzione della periferia nord della città fino a raggiungerne il confine.
A quel punto il pokémon si fermò ad aspettare Oak e per suo stupore non dovette farlo per troppo tempo: magari non era nel fiore dei suoi anni ma di certo non aveva perso il suo vigore, perciò arrivò abbastanza in fretta e appena affannato, un bel risultato per uno che ha corso per mezza città!
“Posso sapere dove stai andando?” gli chiese ma poi ci pensò su un attimo
“Ma aspetta questa è la strada per Celestopoli”
Pikachu sembrò non sentirlo che ripartì spedito per la sua meta e i due percorsero velocemente la strada tra una città all’altra.
Il pokémon cominciò a risentire l’asfalto bollente sotto le zampe ma con quello che aveva per la testa non ci fece il minimo caso.
Per lo più era la folla a infastidirlo, forse era meglio partire ieri notte quando sentì per la prima volta quel presentimento e di sicuro le strade sarebbero state più tranquille e silenziose.
Si risentì sempre più lontana e affaticata la voce dell’uomo che non essendo piccolo e scattante quanto il suo compagno di viaggio non poteva sgusciare tra le gambe della gente.
A quel punto si fermò ad attenderlo.
A pensarci, se c’era un motivo per cui aveva atteso la mattina era proprio per quel studioso che si prendeva cura di lui e che quindi non poteva abbandonarlo. Ma non gli diede neanche il tempo di fermarsi a riprendere il fiato che ricominciò a correre, aveva perso la pazienza ed era vicino!

Tutti e due erano così concentrati in quella corsa senza fine da non notare nemmeno ciò che stavano oltrepassando con così tanta fretta, neanche notarono un enorme edificio in cui una figura osservava il duo da una finestra, attirata dalle lamentele e a volte imprecazioni che provenivano dalla strada.

Finalmente il piccolo di tipo elettro si ritrovò davanti al cancello aperto che racchiudeva il bianco edificio, lì, dove la sua vita avrebbe preso una svolta decisiva.
Gli partì un po’ di elettricità dalle guance, si ricordava bene il tempo passato ad attendere il suo risveglio e si sentiva in colpa per averlo giudicato così duramente.
Di certo era molto goffo e inesperto ma in quel poco tempo che erano stati insieme ebbe anche dimostrato coraggio e tenacia. In più quella volta, lo aveva difeso facendo lui stesso da scudo, forse era una strategia poco intelligente eppure fu quel gesto a convincerlo a fidarsi di lui.
Mosse istintivamente le orecchie al suono dei passi affrettati del professore che finalmente realizzò la destinazione e probabilmente la fonte della preoccupazione del suo amico.
“Quindi credi che sia successo qualcosa qui?” chiese al suo compagno.
Per tutta risposta pikachu si avviò verso l’entrata così che Oak non potè far altro se non seguirlo.

La sala d’attesa dell’ospedale era piena come al solito ma nessuno dei due fece fatica a trovare le scale, celate da una porta, in fondo a destra della stanza. Nella foga, il pokémon non fece neanche attenzione alla donna che trasportava un paio di succhi e due brioche nel sacchetto che teneva in mano.
Ma se pikachu non la riconobbe, lo stesso non accadde al professor Oak a cui ormai doleva la milza per la folle corsa:
“Delia! *riprese fiato* Anche tu qui?”
Nel dirlo il suo volto sfoggiò uno sguardo piuttosto sorpreso ma gli occhi gli si strinsero dal sospetto quando nella sua mente cominciò ad intuire il perché pikachu fosse così agitato.
Delia si dimostrò sorpresa quanto lui:
“Ah, professor Oak, non mi aspettavo di vederla qui così presto, ha già letto il messaggio che le ho lasciato in segreteria? Ero convinta che non sarebbe tornato al laboratorio fino a questo pomeriggio!”
L’uomo rispose volendo subito chiarire il fraintendimento:
“Infatti non sono ancora tornato a Biancavilla perché pikachu, che era venuto con me a Zafferanopoli, ha insistito a voler venire direttamente qui”
Nel dirlo gli rivenne in mente la strada affollata della città e si sentì strisciare alle spalle tutto l’imbarazzo e la vergogna che si erano accumulati durante quel lungo tragitto: mai, in tutta la sua vita, si era scusato così tante volte come era accaduto quella mattina.
Oak allontanò i suoi bui pensieri ascoltando Delia:
“Quindi quel pokémon che ha appena salito le scale è proprio pikachu, allora è meglio sbrigarsi e raggiungere Ash!”
Ella gli voltò le spalle e riprese a salire gli scalini ma si bloccò di colpo ad un pensiero improvviso e volse indietro lo sguardo con un ampio sorriso sulle labbra e gli occhi leggermente lucidi ed esclamò:
“Ash si è risvegliato!”
L’uomo non afferrò subito la notizia e fu colto dalla sorpresa tanto che si dovette aggrappare al corrimano, che correva lungo il muro, per non cadere.
Ora gli sembrava tutto chiaro come la luce del sole, tutti i tasselli che non combaciavano quella mattina si incastrarono tra loro al suono di quella semplice e minimale frase: ora tutto ha un senso!
Ma la sua coscienza da scienziato prese velocemente il sopravvento, certo era felice della notizia ma qualcosa gli diceva che ancora non si poteva festeggiare e che, molto probabilmente ci sarebbero state non poche complicanze d’ora in avanti.


Per quanto il sole fosse già alto, persisteva l’aria frizzante che entrava nella stanza e la rinfrescava. Il ragazzo si sentiva la testa piuttosto pesante ma era poggiata comodamente al cuscino e la pace gli dava il tempo di pensare. Pensare a ciò che successe la sera prima in quel tornado di sentimenti e poi… Si, ora ricordava.
Era riuscito a raggiungere la porta e ad aprirla ma poi gli era venuto un mal di testa incredibile, un mix di pensieri e sospetti che al solo ripensarci gli faceva venire l’emicrania.

Aspetta ma che gli prendeva? Che ci faceva ancora in quel letto? Se voleva riprendersi in fretta doveva muoversi, si era sentito troppo debole per quella poca distanza che aveva percorso la sera prima. L’unico modo per ottenere risposte era chiedere e ora che ci pensava sua madre aveva accennato ad una colazione… In effetti da quando si era risvegliato in ospedale non aveva ancora toccato cibo ad eccezion fatta dalla flebo.
“Beh non è che si possa considerare cibo qualcosa di quel tipo” pensò tra sè.
“Eppure sento come un peso sullo stomaco” continuò a pensare mentre gli montava la rabbia dentro.
“Oh accidenti!"
Urlò, o almeno tentò di urlare ma aveva ancora la voce fioca a causa del suo inutilizzo per quell’intero periodo, ormai trascorso, con tutti i ricordi in esso contenuti.   Aprì gli occhi che fino a quel momento aveva tenuti chiusi e scattò a sedere.
Per un attimo rimase interdetto, si ritrovò vicinissimo al viso un musetto giallo con le guance rosse e due occhioni estasiati, giustificati dalla felicità che il padrone provava in quel momento. Felice, troppo felice, non riuscì a trattenersi tanto che sprizzi di elettricità  iniziarono a uscire dal suo corpo
“Ah, no, fermati pikachu!” implorò il ragazzo facendo un meccanico gesto su e giù con le braccia per cercare di calmare il suo amico.
Fortunatamente Ash non fu colpito  dal suo amorevole amico ma la lampada da notte sul comodino accanto al letto non ebbe altrettanta fortuna e così la lampadina colpita, dopo un sottile scintillio, si fulminò.
Il pokémon si sentì in colpa per avere quasi fulminato il suo allenatore da poco riavutosi l’abbraccio però che ricevette in quel momento da Ash gli fece dimenticare tutto, perché ormai erano di nuovo insieme. Il pokémon felice si sentì di manifestare il suo affetto con un senso intenso ed espressivo “pika…”

Angolo dell’autrice:
Ciao a tutti! Mi scuso profondamente con chi aspettava il seguito di questa storia che non arrivava mai per i miei tempi lenti, l’unica cosa che posso dire a mia difesa è che è un pelino più lungo... No beh, le mie scuse più sincere ma se siete nuovi lettori vi do il mio benvenuto. Ho voluto dare un po’ di felicità a questa coppia, forse tra le più famose al mondo, ma non bisogna dimenticare i presentimenti di Oak, o per meglio dire, del Professor Oak.
Ringrazio chi sta seguendo questa storia che ad essere sincera, da one-shot che avevo in mente all’inizio si è trasformata in una long, ma che ci posso fare se mi piace scrivere.
Per qualsiasi opinione sia positiva che negativa sono tutto orecchi quindi se avete tempo e voglia date pure voce a tutti i commenti. Un ringraziamento speciale a chi lo ha già fatto.
Detto questo un caro e umido (qui piove di brutto!) saluto
Blackama

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Capitolo 5
*** Un brutto scherzo ***


Un brutto scherzo


Era straordinario notare come, appena affondate le mani in quel morbido manto, tutti i dubbi e i sospetti provati fino ad ora venissero spazzati via lasciando solo emozioni come felicità e nostalgia.
Ora che lo teneva così stretto a se non si pose più la preoccupazione che lo avesse quasi fulminato, perché quel momento ormai gli sembrava lontano, quasi fossero passati interi anni. Anni che in realtà scoprì non erano neanche pochi secondi, dato che fu colto di sorpresa sia da Oak che da sua madre appena entrati in stanza.
Nel guardarli si sentì il viso in fiamme ed ebbe la terribile sensazione di essere stato colto in flagrante.
Sorpreso dalla risatina imbarazzata che gli uscì dalla bocca e che manco riconobbe per la sua, sciolse pikachu dall’abbraccio e si apprestò a salutare:
“Ah, buongiorno professor Oak è da un po’ che non ci si vede!”
Ash lo salutò senza pensarci troppo ma guardando il sorriso tirato sulle labbra del professore, ancora palesemente spaesato nel rivederlo sveglio, si rese conto di quello che ebbe appena fatto e ne fu tremendamente in colpa.

“Io... sono stato in coma… Come ho potuto dimenticarlo…” pensò.
Gli venne d'istinto abbassare lo sguardo e si mise a fissare un punto imprecisato della coperta con occhi spenti.

Come se il tempo rispecchiasse ciò che succedeva in quella camera d’ospedale, il vento si fermò e in quel silenzio che si venne a creare, una cupa atmosfera si affermò nella stanza illuminata ormai solo dalla luce abbagliante del sole che al contrario di dare un piacevole calore iniziò a rendere quel locale torrido, mozzando il respiro e accentuando la sudorazione alle mani, già umide dalla tensione.
Guardandolo, l’uomo continuò a non capacitarsi di come si fosse giunti a quella situazione, anche con la dichiarazione rilasciata dall’infermiera Joy riguardo l’incidente di un anno prima, era rimasto sconvolto nel sapere come Ash fosse entrato in coma.
Certo, rivederlo finalmente “vivo” era bellissimo ma allora perché, nel guardarlo, sentiva come se fosse in uno di quei momenti di calma, tipici annunciatori di una violenta tempesta?

Oak si concesse un profondo respiro per cercare di scrollarsi di dosso quell’incredibile pressione che ormai lo opprimeva, si schiarì la voce e decise di prendere iniziativa.

“Buongiorno tesoro, hai dormito bene? Ti ho portato un succo e una brioche, il dottore ha detto che nei primi tempi sarebbe stato bene che non esageri con il cibo ma conosco il tuo appetito”
Nel dire questo, Delia scoccò a suo figlio un’occhiata tra lo nostalgico e il divertito, felice di vedere gli occhi di Ash riprendere un po’ di calore.
Si sedette sul letto e porse il sacchetto riprendendo a parlare:

“Quindi mangia con calma e poco alla volta, devi rimetterti in forze perché tra un paio d’ore verrà la psicologa a farti visita”

Oak ricacciò quello che stava per dire, strabiliato di come la donna riuscì a spezzare quella specie di incantesimo che si era installato nella stanza.
Non solo ora si sentiva più rilassato ma lei aveva addirittura riportato il buon umore ad Ash che in quel momento, malgrado avesse fame, cedette a pikachu parte della sua brioche dopo un corteggiamento supplichevole da parte del pokémon.

Il ragazzo fu costretto a bere per non sentirsi la bocca troppo impastata. Ora che l'atmosfera si era di nuovo stabilizzata se la sentì di porre le domande che gli avevano invaso la mente quella mattina, prima dell'arrivo di pikachu.
"Mamma, professore... Cos'è... Cos'è accaduto un anno fa? Per favore, raccontatemi tutto. L'ultima cosa che ricordo è che mi sono addormentato sull'aereo per tornare a Kanto e poi un turbinio di colori..."

Gli venne un dubbio e gli si ingrandirono un po' gli occhi per ciò che pensò. Deglutì e continuò la frase:

"In quale ospedale siamo? Siamo a Kanto, giusto?"

I due adulti si scambiarono uno sguardo, indecisi  di come rispondergli finché il professor Oak non prese la parola:
"Si Ash, siamo nell’ospedale di Celestopoli…”
Si interruppe per il sospiro di sollievo che il ragazzo tirò.

Dopo un attimo di pausa riprese a parlare:
“Ash, so che ti chiedo un grande sforzo ma puoi parlarci del turbinio di colori che avevi menzionato poco fa? Hai qualche ricordo di cosa sia successo prima di quello?
Se si, ti chiedo di raccontarlo”

Il ragazzo guardò il professore, voleva essere lui quello che cercava le risposte e non darle ma si convinse infine che erano chi aveva davanti, quelli più confusi in questa vicenda, e non lui.
Delia invece lo fulminò con uno sguardo ma non disse nulla per rispetto dell’uomo, ormai amico di famiglia.

Ash, non accortosi di nulla, iniziò a raccontare di come avesse vinto la Lega, della sua partenza da Luminopoli e del viaggio in aereo.
Al momento di parlare di quello strano sogno prima del risveglio si bloccò e prese a mordersi il labbro stringendo i pugni, non sapendo come affrontare la questione.
La madre che all’esterno sembrava calma e composta era in realtà paralizzata da ciò che suo figlio stava dicendo, le peggiori paure sue e del dottore si stavano rivelando vere.
Si riprese vedendo Ash in difficoltà e iniziò a preoccuparsi del suo nuovo silenzio:

“Tesoro va tutto bene? Puoi anche fermarti, non c’è bisogno che continui!”

Nel dir questo lanciò un’altra occhiataccia al professor Oak e se prima rimase in silenzio, ora disse:
“Perché lo ha messo sotto pressione! Si è risvegliato solo ieri ed è anche svenuto per un forte shock. Prima di porgli domande del genere, sarebbe stato meglio aspettare un po’ di tempo, lei non crede?!”
Il professore rimase spiazzato da quella dichiarazione, non per il messaggio in sé ma per colei che gli parlava.
Decise di ribattere:
“Ti capisco ma più si aspetta e più sarà difficile parlarne perciò è meglio che ne parli ora e che si tolga il peso subito. Inoltre, qualcosa mi dice che questo sia l'elemento più importante per chiarire tutto ciò che c'è di ignoto in questa vicenda, quindi se riuscisse a dire ciò che ha provato in quel momento non credi che potremmo capirne di più?"

Delia si alzò dal letto con il sangue che le ribolliva dalla rabbia:
"-Aspettare è peggio-, -Potremmo capirne di più- Lei vuole che Ash sforzi la sua mente per rispondere alle sue domande quando la situazione potrebbe peggiorare. NON HA PENSATO A QUESTA EVENTUALITÁ?!"

"CERTO che ci ho pensato, ma rimango dell'idea che parlarne ora sia la cosa migliore per fare un po' di luce sulle vere condizioni di Ash!"

Per Delia fu come ricevere uno schiaffo in faccia, era come se quelle parole affermassero che lei non si preoccupasse per come stesse realmente suo figlio.

Ash non poteva credere che quella discussione stesse avvenendo e proprio di fronte a lui, non lo accettava, non gli pareva possibile.
Fu così concentrato su Oak e sua madre che solo allora l'attenzione gli ricadde su pikachu che diventava via via più nervoso. Irritato da tutta la situazione decise di reagire
"BASTA! IO STO BENISSIMO!"
Il ragazzo urlò o almeno, tentò di urlare, ma purtroppo, neanche stavolta la voce gli diede credito tanto che i due litiganti fecero fatica a sentirlo ma ugualmente si zittirono per ascoltare il giovane.

"Mi sono fermato nel raccontare prima, perchè ero ancora confuso su ciò che avevo sognato"

Dicendo questo accarezzò pikachu con aria malinconica e proseguì.

"Quando mi sono addormentato sull'aereo ho sognato tutto il mio viaggio, ma era strano, era come se si riavvolgesse un nastro,  in poco tempo è come se avessi rivissuto tutto ma guardandolo al contrario e poi..."
Si fermò un attimo, indeciso su come argomentare e alla fine scelse di dire:
"Si, insomma, è come se avessi rivisto tutti i miei viaggi partendo da Kalos e poi Unima, Sinnoh, Hoenn, Johto, le Isole Orange ed è continuato fino a Kanto, ero a Smeraldopoli, mi ricordo che il Centro pokémon era esploso e... Pikachu era con me... era stata l'agente Jenny a portarci lì"

Ash aggrottò la fronte e chiuse gli occhi cercando di ricordare.

"Professore... Quando un ragazzo parte per il suo viaggio di allenatore può scegliere un pokémon che sia o di fuoco o di acqua o di erba, giusto?"

Oak che già stentava a credere a ciò che ascoltava e mano a mano che il racconto continuava diveniva sempre più sconvolto fu totalmente preso alla sprovvista per quella domanda così fuori luogo ma rispose lo stesso:


"Si, hai ragione, i tre starter di Kanto, ad esempio, sono bulbasaur, squirtle e charmander rispettivamente un tipo erba, uno d'acqua e uno fuoco"

Ash riprese:

"Ma allora, perché ho iniziato il viaggio con pikachu?"

Oak e Delia rimasero impietriti, si guardarono per qualche secondo e le loro labbra si stiracchiarono in un sorriso distorto, guidato dalla più totale paura e preoccupazione: 

volevano che quello fosse solo un brutto scherzo



Angolo dell'autrice:
Ciao a tutti! Chiedono perdono a tutti quelli che aspettavano la mia storia, con impazienza (?) ma un po' per idee mancanti e un po' perchè ho avuto da fare, solo ora sono riuscita a tirare fuori un capitolo abbastanza lungo da poterlo chiamare tale. Questo capitolo, e probabilmente anche i prossimi, è stato realizzato grazie ai consigli del mio ormai socio che mi è venuto in aiuto.
Spero che vi piaccia e per qualsiasi opinione lasciate pure un commento. Per il prossimo cercherò di essere meno ritardataria.
Detto questo... Un saluto a tutti,
Blackama

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Capitolo 6
*** A stare fuori per un giorno... ***


A stare fuori per un giorno...

Ma allora, perché ho iniziato il viaggio con Pikachu?

Delia e Oak ora si guardavano, ora guardavano Ash, in quel folle momento che sembrò prolungarsi per un'assurda e astratta eternità, persino Pikachu non riusciva a credere cosa il suo allenatore stesse dicendo.
Il professore incassò il colpo uscendone un po’ frastornato.
Nella più totale inattività delle sue corde vocali influenzate dal vuoto che riempiva la sua mente,  osservò quel ragazzo che occhieggiava Pikachu, e, se ne accorse, lo guardava con occhi diversi, totalmente differenti da quelli che aveva sino a pochi minuti prima.

Delia semplicemente non ci credette, o meglio, non voleva crederci, nel suo pensiero si diceva che aveva sopportato già abbastanza mentre suo figlio era in coma, non aveva la forza di poter anche solo pensare a questo.
Alla fine la donna si fece coraggio chiedendo con una punta di dolcezza:
Ash, non ricordi, che quel giorno fosti in ritardo e il professor Oak ti diede Pikachu come primo compagno di viaggio, dopo che gli altri allenatori di Biancavilla avevano già scelto il loro primo pokémon?
Il ragazzo ci pensò su cercando di scavalcare il confine della sua amnesia e si rese conto che il problema della memoria era circoscritto in quell’unica mattinata.
Delia e Oak notarono poi che il ragazzo scuoteva leggermente la testa e si metteva a sorridere a Pikachu, non riuscendo in alcun modo a interpretare il suo comportamento di cui ne sfuggì il messaggio:
"Ma a cosa penso? Pikachu sarà sempre il mio amico "

Ash riprese:
Mi ricordo che Pikachu era ferito e che grazie all’agente Jenny sono arrivato in poco tempo al centro pokémon, ma prima di quello…

Rivolse lo sguardo a Pikachu e solo allora si rese conto di quello che stava davvero accadendo:

Lui aveva dimenticato il giorno più importante della sua vita, la mattina in cui aveva iniziato il suo viaggio, il momento in cui la sua esistenza aveva svoltato senza una via di ritorno, quel giorno significava l’inizio delle sue ambizioni, l’inizio della sua massima aspirazione di diventare Maestro Pokémon.

Ma non era solo quello, Lui si era dimenticato dell’incontro con il suo primo compagno, il suo migliore amico ed era solo con lui che era entrato in quel vasto mondo.

Lui si era dimenticato di quel mattino, quando aveva conosciuto Pikachu.


Un’ombra improvvisa si gettò sui suoi occhi oscurandone la vista ai presenti, chinando la testa.

Sorrise, ma come Delia notò subito, non era radioso e lo stesso Ash notò quanto fosse beffardo il destino a increspargli le labbra in quel modo proprio nei momenti in cui la felicità mancava.
La definizione che gli diede una volta sua madre per quel fenomeno era “un sorriso amaro” ma quello che realmente riconosceva dentro sé era acida rabbia.

Rabbia contro se stesso.

Il labbro bianco sotto la pressione del morso, ormai sapeva che voleva dire ma le frasi gli sfuggivano e quello che gli uscì di bocca fu solo una parola, triste, ma allo stesso tempo, reclamante attenzione:
Pikachu

L’interpellato si dimostrò curioso e ansioso per quello strano tono e ascoltò con più interesse il ragazzo:

Mi dispiace, sembra che debba migliorare ancora come allenatore perché ciò che ho fatto, ciò che ti ho fatto, non posso accettarlo. Ti ho lasciato da solo per un anno e poi il fatto che non mi ricordi… è imperdonabile e non ho alcuna intenzione di campare scuse inutili

Pika – pi” rispose Pikachu annuendo.

Ash riprese:
Io recupererò la mia memoria, Pikachu sei con me?

Il ragazzo alzò lo sguardo e guardò il suo pokémon, il sole lo colpì in volto e le sue iridi nocciola sembrarono schiarirsi alla luce dorata, le pupille si strinsero per l’improvvisa luminosità: uno sguardo carico di aspettativa e di ansia.

Il pokémon ricambiò ammiccando e sorrise.

Fantastico, io... Grazie amico mio!

Delia osservava la scena con un leggero sorriso e Oak permise un po’ ai suoi nervi di distendersi...
Se solo la vibrazione nella sua giacca avesse smesso...
Cosa, il cellulare?

Estrasse l’apparecchio vecchio modello, che ormai vibrava da circa mezzo minuto, e nell’atto di rispondere notò l’occhiataccia che gli stava rifilando Delia:

Scusi professor Oak, ma il telefono è meglio che non stia vicino agli apparecchi dell’ospedale!

Eh? Giusto, torno subito” disse dirigendosi verso la porta e portandosi il cellulare all’orecchio.

Pronto? Si, sono Oak, potresti darmi un po’ di tempo? Si, grazie

Si chiuse la porta dietro stando attento a non sbatterla e scese rapidamente le rampe di scale di cui si dimenticò, di fretta com’era, di accendere le luci così che erano poco illuminate.
Rassicurato dalla distanza presa dalle apparecchiature si appoggiò al muro di fianco all’uscita con le maniglie antipanico e finalmente rispose dopo un breve respiro:

Scusami per averti fatto attendere. Per quale ragione mi hai chiamato?

Il suo interlocutore sembrava preso da un attacco di crisi, lo scienziato non riusciva a cogliere un significato di senso compiuto, e quelle poche parole che si distinguevano erano facilmente oggetto d’interpretazione tanto che dovette affidarsi al proprio intuito per cercare di capirci qualcosa.

Laboratorio... Io non ci riuscii... buio... Marill...

Intuito o meno, se aveva inteso giusto, le notizie non erano affatto di buon auspicio e aveva un che d’incredibile.
O scioccante per meglio dire.

Okay, Tracey calmati! Prenditi un po’ di tempo e dimmi con più calma che è successo!

Tra le tante parole di scuse che non ebbe dubbi: le diceva pieno d’imbarazzo; riuscì finalmente a pronunciare:
Professore! Io non sono degno di farle da assistente!

Oak sospirò a quell’affermazione, dal tono che aveva, capì perfettamente che era nel panico più completo.

Ragazzo, ascoltami! Sei in gamba e il tuo aiuto non è assolutamente indifferente. Ma ora puoi spiegarmi, di grazia, cos’è successo?

Si, ecco... è successo che ieri sera...

*              *              *


Dannatissimi selvatici! Se siete così deboli, che sbucate fuori all’improvviso a sbarrare la strada!

Per quanto imprecasse sottovoce, le sue parole si spansero nella vastità di quel luogo, squarciate e sequestrate dai rami che parevano neri nell’oscurità serale senza luna apparente, come il corpo gassoso di un gastly.
Pokémon che per sua sfortuna era notturno e che, accompagnato da qualche zubat occasionale, era l’unica noiosissima cosa che animasse la foresta altrimenti immobile.

La figura avanzò fino a che raggiunse la zona più periferica della foresta, dove la vegetazione divenne sempre più rada e s’intravidero stralci di cielo effettivamente illuminati dalla luce lunare, finora nascosta dalle fronde degli alberi.

Una piccola cittadina dormiente.

Ecco cosa gli si parava davanti agli occhi dopo ore di camminata per raggiungere quel posto, che se non fosse per il laboratorio di un “famoso e geniale ricercatore” come certi lo definivano, verrebbe dimenticato dal mondo.

Che roba! Se avessi potuto usare il K.I.T. ora non dovrei preoccuparmi di certe cose!
Esclamò osservandosi i vestiti e scrollandosi di dosso fili di qualche millebave casuale dalla felpa nera e del terriccio dai jeans.
Gli stivali una volta neri e ora tristemente imbrattati di fango toccarono un suolo più liscio, segno inequivocabile che per quanto piccola fosse la città, essa era piena di vita.

Se fino ad allora aveva tenuto un’espressione contrariata e scocciata per le modalità del viaggio, ora praticò il silenzio e l'attenzione, estraendo con un fluido gesto della mano la pokéball che riflesse in un scintillio quasi impercettibile, la luce lontana di un lampione casalingo.

Il suo pokémon uscì dalla sfera, separandosi dal sottile lazo di luce rossa che ne permetteva l’accesso in essa. Rassicurata dalla vicinanza di un suo alleato con capacità difensive e offensive sicuramente più sviluppate delle sue, la figura s’incamminò per la strada principale oltrepassando un cartello troppo al buio per leggerlo.

I due si avvicinarono al basso cancello che dava a una lunga scalinata in pietra.
Ci mancavano solo le scale!” Sibilò acidamente scavalcando l’inferriata.

Le salì con passo deciso ma felpato cercando di non fare rumore, finché i suoi occhi ormai abituati al buio  non registrarono i fasci di luce uscenti dalla coppia di finestre dell’edificio.

Allora c’è qualcuno come me che è costretto a lavorare fino a tardi” pensò mentre aggirava i cespugli ben curati con il suo pokémon al seguito.

CRACK

Ma che diamine! Non l’avevo notato!” emise in un borbottio infuriato osservando il rametto appena spezzato sotto i suoi piedi. Alzò di scatto lo sguardo in direzione della luce ma notò con piacere che nessuno si fosse affacciato dalla finestra del laboratorio.
Rassicuratosi di ciò, sbirciò con la coda dell’occhio il proprio compagno meditando su come agire e alla fine optò nell’ordinargli:
Sonda il luogo: vediamo in quanti sono

All’ordine datogli il pokémon chiuse gli occhi concentrandosi.  
Nell’osservarlo si stupiva, come ogni volta, di come i contorni del suo amico si sfocassero sempre quando usava i poteri psichici: “Un delicato velo di potere” sentenziò affascinata una sua collega, la prima volta che lo vide.
Si riscosse dai suoi pensieri al singolo cenno del suo pokémon.
Per fortuna che è solo una persona, meno gente verrà coinvolta e meno teste voleranno in sede
disse sospirando, con l’animo appena più allegro dopo la notizia. Ma il pokémon negò quell’affermazione.
Mi stai dicendo che c’è qualcuno con lui? Magari un pokémon. – il suo silenzioso interlocutore annuì e a quella conferma non resistette nel stuzzicarlo – Non sembra anche a te che ci sia un po’ troppa luce?
A quella domanda, il suo amico alzò gli occhi al cielo intuendo già cosa doveva fare.
Con un colpo veloce degli artigli infranse il vetro di una delle finestra e puntò un pistolacqua sulla lampada al soffitto mandandola in corto circuito.
Poco prima che il buio sopraggiungesse lo notò. Chi era con lui, al momento, stava shakerando la mano destra con gesti secchi del polso: stretta a pugno e il pollice e l’indice a pochi cm di distanza l’uno dall’altro.
Era il loro segnale.

*              *              *

Il ragazzo stava riordinando in modo meticoloso tutti gli appunti sulle ricerche che stava conducendo fino a pochi attimi prima.
A detta sua era l’uomo più fortunato del mondo, nessun altro così giovane poteva vantarsi di essere un assistente del più famoso e geniale ricercatore di pokémon che sia mai esistito!
Canticchiò allegramente aprendo lo schedario e sistemando il plico di fogli in una delle cartellette ordinate in ordine alfabetico. Scorse velocemente i titoli per essere sicuro che non ci siano errori in quell’ordine a suo parere perfetto. Ma non arrivò neanche alla lettera “E” che si accese un luccichio nel suo occhio nel leggere la denominazione del materiale che gli valse il posto di lavoro: Disegni per gli approfondimenti sui pokémon.
Si, lui era un osservatore di quelle magnifiche creature e il suo hobby era riportarne tutti i particolari nel disegno, e mai nessun pokémon seppe di venire studiato e che tutte le sue fattezze venissero schizzate in un taccuino da un tratto di matita o, quelle rare volte, dal carboncino.
Solo una volta Tracey colorò uno dei suoi disegni e ancora ora, era convinto che fosse proprio quello ad avergli aggiudicato l’assunzione: il Rhyhorn rosa.

Fu quasi tentato nel riguardarli quando...

CRACK

Cos’è stato?” gli scappò nel dire, preso dal momentaneo spavento.

Sono quasi sicuro che era un ramo spezzato, ma per provocare un rumore così forte non può essere un pokémon piccolo, però non dovrebbe essercene nessuno di così grande, se non nel giardino dietro al laboratorio.

Agguantò la pokéball e il suo fidato Marill era di fianco a lui, già in ascolto.
Il pokémon non ci mise molto nell’avvertire le presenze sospette e si voltò verso il suo allenatore emettendo versi veloci e più acuti del solito indicando la finestra.

Il ragazzo si voltò verso il vetro della finestra ma notò con orrore che non c’era più, solo il muso di un pokémon che non esitò a far uscire un getto d’acqua dalla bocca, puntandolo verso l’alto.

Fu buio.

Sentì il verso del suo Marill probabilmente più spaventato di lui ed ebbe l’istinto di girarsi, ma come faceva se non riusciva neanche a muoversi?

Fissava quella luce rossa derivante dal pokémon, gli occhi concentrati e senza emanazioni di alcuna emozione, incalcolabili. Tutto ciò che vide poi fu solo un scemando d’immagini dovuto solo ad uno spostamento ad alta velocità, gli riuscì solo a capire questo.

Freddo e dolore.

Il contatto brutale con il muro dello studio, il dilagarsi delle brucianti pulsazioni, veloci e prepotenti dal cuore della spalla che temeva si fosse incassata nella scapola, abbastanza veloci da precedere il colpo alla testa.

Svenne.


*              *              *


Il laboratorio fu illuminato dalla luce fioca della torcia quando persona e pokémon entrarono con cautela dalla finestra rotta. Sentì i frammenti di vetro polverizzarsi sotto la suola e sperò che al suo compagno non gli penetrasse alcuna scheggia nelle zampe.
Osservò l’operato di cui era responsabile: un adolescente che non potrà aver avuto più di 16 anni e il piccolo pokémon d’acqua dietro di lui, stesi a terra privi di sensi.

Mi dispiace, ma meno sapete di me e meglio starete

Dette un’occhiata più da vicino al ragazzo e gli scoprì un bernoccolo sulla testa e una slogatura alla spalla, infine decretò che al risveglio, a parte un po’ di mal di testa, non avrebbe avuto alcun problema che un po’ di ghiaccio e una buona fasciatura non avrebbero potuto gestire.

Si avvicinò allo schedario ancora aperto, aprì diverse cartelle cercando in modo sempre più affrettato e scocciato ma piano piano i fogli e le buste iniziarono ad accumularsi in modo disordinato e sparso ai suoi piedi. “Non ci sono!” disse allarmandosi e afferrando con sempre più foga i fogli, i cui li appallottolava un momento dopo per sfogarsi, lasciandoli cadere a terra.

Perquisito tutto lo schedario, percorse a passi pesanti l’intera superficie della stanza cercando quelle preziose informazioni per cui aveva fatto tanta strada e che sembrava non fossero mai neanche esistite.
Valutò se provare a svegliare il ragazzo, ma l’ordine supremo in quella particolare missione era di non farsi vedere da nessuno.
Personalmente credeva che quell'ordine non avesse senso.

Sarebbe bastato mascherarsi il volto e il gioco era fatto, ma a quanto pareva, vigeva l’assoluta richiesta di segretezza e prudenza.

Non potendo adempiere allo scopo principale di quella visita, per quanto frustrante, si diresse verso il computer per iniziare quello secondario.
A quel punto il suo socio si avvicinò abbandonando quattro pokéball sul tavolo indicando le scale.
Ah, ecco dov’eri finito, non ti vedevo più! Noto con piacere che hai trovato lo sgabuzzino delle meraviglie
Dagli occhi delusi e dall'aria interrogativa che il suo amico assunse, capì che la battuta era squallida.
Ok, non era granché” il pokémon fissò più intensamente “Non prendermi in giro e sta' al tuo posto!” dopo questo il pokémon non poté far altro se non alzare gli occhi al cielo esasperato.

Bene, sono dentro” esaltò davanti allo schermo richiedente la password e fu felice di constatare che la conosceva quando il programma ne riconobbe l’autenticità.
Solitamente essa era segreta, eccetto che per pochissime persone e se anche fosse stato solo per una notte, in quel momento poteva considerarsi parte di quel strettissimo gruppo.


*              *              *

Oak ascoltò attentamente le parole del suo assistente che sembrava deprimersi ad ogni frase in più che pronunciava.

Cercò di organizzarsi un attimo le idee: non era possibile che in manco mezza giornata potessero arrivargli così tante notizie!
Quando il ragazzo gli disse come l’aggressore lo mise K.O. si spaventò ma lo rassicurò che il ghiaccio aveva fatto bene il suo ruolo e che non aveva niente di troppo gonfio.


Ma le gambe cedettero alla notizia che tutti i pokémon del laboratorio fossero spariti e si lasciò accasciare a terra, scivolando sulla parete.

E dimmi, hai visto chi era l’aggressore?

Passò un minuto buono prima Tracey disse con voce funerea:
No professore, non so nemmeno dirle se fosse un uomo o una donna e anche il pokémon non sono riuscito a vederlo bene, come le ho detto avevano spento la luce

Mmm, un bel problema – rispose lo scienziato – ma per il pokémon avrei già un’idea



Angolo dell’autrice:
Ciao a tutti! Temo di non avere alcuna scusa da adottare per il mio ritardo stratosferico se non la scuola.
Perciò per chi stava aspettando il continuo, sono davvero ma davvero dispiaciuta.
Non so se o quanto il capitolo piacerà, ma ci sarà una trama d'ora in poi.
Comunque spero che ci sia qualcuno a cui non dispiaccia questo capitolo e fatemi sapere cosa ne pensate che siano buone nuove o cattive ^^
Unica domanda: avete capito che pokémon è?
Un saluto a tutti e alla prossima
Blackama

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