The memory of the heart

di lillixsana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ospite indesiderato ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Ospite indesiderato ***


PROLOGO

 


Personalmente non credo che la psiche abbia un ruolo nella comparsa e nello sviluppo dei tumori. Credo invece nell’influenza che l’atteggiamento psicologico del malato può avere sulla sua reazione alla cura. L’esperienza clinica ci insegna che un malato psicologicamente forte reagisce meglio ai trattamenti, perché è capace di aderire alla cura con coscienza, sistematicità e determinazione. L’atteggiamento individuale quindi, anche se non influisce sulla prognosi finale, certamente può influire sulla fasi del decorso della malattia. Un paziente aiutato da un atteggiamento ottimistico guarisce di più anche perché segue meglio le cure, s’impegna a osservare meglio le indicazioni del medico, s’impegna a voler guarire.

(Umberto Veronesi)

 

 



Nell'autunno dei miei ventuno anni, conobbi, per la prima volta nella mia vita, l'orribile sensazione che si prova durante un attacco epilettico convulsivo. L' interrogatorio che mi rivolse il dottore da cui andai, dopo quell'incidente. Lì per lì non mi fece riflettere troppo... si, insomma. Cosa potrebbe esserci, di tanto strano, nell'avere qualche mal di testa, e un leggero abbassamento della vista? Seguiti poi da questo primo ed unico episodio di epilessia...? Ovviamente, agli occhi di una studentessa di lettere, assolutamente nulla. Per questo, nel momento in cui mi venne espressamente richiesto di fare una TAC capii che qualcosa non quadrava.

Esattamente dieci giorni più tardi, potei portare il mio referto dal suo richiedente, se chiudo gli occhi ancora riesco a vedere l'espressione che assunse il suo volto nel giro di un secondo e mezzo. Avete presente quando, stesi sul letto, si passa dalla veglia al sonno, e le sensazioni cominciano ad interrompersi... e poi, d'un tratto, ti senti come se stessi cadendo nel vuoto?... sgranando gli occhi, di colpo, in un sussulto?
Ecco, mi sentii esattamente in quel modo quel giorno, mentre il medico, si sforzava di utilizzare un linguaggio quantomeno comprensibile per un comune mortale non laureato in medicina per dirmi che il mio leggero abbassamento della vista, l'avere qualche mal di testa... ed il maledettissimo attacco epilettico, erano strettamente legati tra loro da una cosa chiamata glioblastoma.
Delle restanti ore di quel giorno, ad oggi, non ricordo più nulla. Nonostante il mio studio assolutamente opposto alla medicina, sapevo bene che cose tipo blastoma, sarcoma e tanti altri ''oma'' erano sinonimo di tumore. Forse per quel motivo da quel giorno i miei ricordi sono sfocati e frammentari.
Oh, scusate se non mi sono ancora presentata ma ci tenevo a farvi conoscere prima lui. Il mio nome è Sana Kurata e fino a quel giorno la mia vita è sempre stata quella di una normale ragazza senza particolari problemi o patologie. Ma si sa, che dalla vita non si sa mai cosa aspettarsi.

 

 

Mamma diceva sempre: la vita è uguale a una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita!

(Forrest Gump)

 

 

Ho sempre amato l'autunno, i suoi colori, i viali alberati cosparsi di foglie che, ormai, hanno abbandonato la loro vista mozzafiato dalle alte fronde, il cinguettio degli uccelli sempre più raro da udire, e i brividi e la pelle d'oca dati dal vento ormai più freddo. Non credevo, che proprio il mio amato autunno, arrivando avrebbe portato con se, oltre ai venti di maestrale anche la mia malattia.
Ovviamente, non starò qui a dirvi le vicessitudini che seguirono la presa di coscienza del mio male. Tra cui, le crisi di pianto che ormai, tendevano a farne da padrone sul mio solito carattere scherzoso e gioviale.

I medici, mi dissero di voler iniziare adottando una terapia mirata, data l'insolita presentazione di questo tumore, in un soggetto della mia giovane età. Avrei dovuto iniziare, facendo tre cicli di chemioterapia, per determinare la reazione del mio indesiderato ospite, prima di intervenire chirurgicamente.
Per questo, la mattina del ventisei novembre, mi ritrovai a camminare su uno dei viali che mi piacciono tanto, sapete no?... quelli con un tappeto di foglie arancio... peccato solo, che si trovasse proprio di fronte all'ospedale in cui avrei dovuto iniziare l'assassinio delle mie cellule maligne.

 

Wikipedia dice, che la chemioterapia, per come è intesa oggi, nasce per un ''fortuito'' caso quando negli anni sessanta Barnett Rosenberg, nel laboratorio di biofisica della Michigan State University, notando la somiglianza delle linee di forza dei campi elettrici e i fusi mitotici si mise a studiare l'interferenza dei suddetti campi elettrici nella riproduzione dei batteri.

Egli, notò come questi non riuscivano a riprodursi in questo ambiente, perché era per loro impossibile separarsi ed ebbe, l'intuizione di provare a vedere gli effetti di questo isomero sulle cellule tumorali, che presentavano lo stesso tipo di crescita, e ne scoprì l'efficacia anti-tumorale provando ad usarlo su di un topo, che dopo pochi giorni guarì completamente.

 

Io, invece, preferisco definirla semplicemente: assassina di cellule.
Si, perchè quando i dottori vengono a parlarti della terapia che hanno intenzione di proporti, si guardano bene dal girare intorno alle controindicazioni della stessa. Mentre invece, tendono ad essere piuttosto persuasivi, sui validissimi motivi per cui farla.
Ed hanno anche il coraggio di definirlo libero arbitrio... gli occhioni devastati di mia madre, non mi diedero un grande margine di scelta in realtà. Anche se sapevo di andare incontro ad un vero e proprio suicidio.
Ma alla fine era giusto così... perché è vero, quando dicono che il dolore più grande è per chi resta, non per chi se ne va. Quindi, quella mattina, mi diressi più per gli altri che per me stessa, in quel luogo dove la prima cosa da cui venni colpita all'apertura delle grandi porte scorrevoli, fu un fortissimo odore di disinfettante.

 

 

Non e' che ho paura di morire... e' che non vorrei essere li quando succede!

(Woody Allen)

 

 

 

 

Ok facciamo questa prova... salve a tutte sicuramente chiunque vedrà il mio nome mi maledirà in tutte le lingue del mondo dato tutte le storie in corso che ho... ma lo sapete meglio di me no? Che quando una cosa ti vaga nella mente non puoi far altro che cedere?! Ecco questo è quello che stava vagando da un po' nella mia mente... non so quale sarà la riuscita ma spero tanto che possiate darmi qualche parere e perchè no anche qualche consiglio costruttivo. Aspetto con tanta tanta ansia i vostri commenti *-*

 

Ringrazio in anticipo chi commenterà e chi leggerà soltanto...

 

baci LillixSana.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


...Capitolo 1...

 

 

 

 

 

 

Addentrandomi nell'enorme struttura ospedaliera potei notare una costante presenza del colore verde... pareti verdi, sedie verdi, tappeti verdi... tutto quel verde mi faceva girare la testa! Oh beh, sicuramente mi girava anche per il forte senso di ansia che mi teneva lo stomaco serrato in una morsa dolorosa. Ma, non ci feci troppo caso. Voltando la testa a destra e sinistra, strizzando gli occhi notai una sorta di piantina dell'ospedale.

 

Avvicinandomi iniziai a distinguere i nomi dei reparti, lessi velocemente tutte

le piccole didascalie fin quando non trovai ciò che mi serviva: oncologia.

 

 

 

Il cancro è una parola, non una sentenza.

(John Diamond)

 

 

Partendo dal presupposto che l'ospedale fosse un colosso, una non si aspetterebbe mai, di dover affrontare una terapia già di per se terrificante, dopo aver percorso la bellezza di sei piani in un ascensore traballante quasi fosse mosso da una carrucola pronta per la pensione.

 

Quando l'aggeggio infernale spalancò le porte, tirai un sospiro di sollievo, potendo nuovamente far aderire i piedi ad una superficie stabile. Grazie al cielo, il verde aveva lasciato spazio ad un azzurrino pallido che delineava la forma a T del corridoio di fronte a me.

 

I segnali, indicavano chiaramente quale fosse la direzione per chi come me era votato al martirio, quindi in silenzio mi limitai a seguirli. Una volta svoltato l'angolo, mi trovai davanti ad una piccola sala d'attesa piena di sedie colorate e porta riviste colmi di giornali di gossip e in più munita di macchinette per snack e bibite.

 

Mi avvicinai al bancone delle informazioni, dietro cui spuntava qualche ciocca di capelli grigi e dissi il mio nome, la signora che mi scrutava da dietro i suoi occhialetti mi disse poi, di accomodarmi e che di li a poco mi avrebbero chiamato.

 

La verità ? Ero terrorizzata, ma non un terrore da film horror... terrore puro. E ovviamente a manifestare il mio stato d'animo, c'era l'occhio destro che non voleva farla finita di avere dei fastidiosi tic.

 

Devo ammettere che l'attesa fu davvero breve, in quanto, nemmeno cinque minuti dopo essermi ''accomodata'' vidi la signora abbandonare la sua postazione per aprire la porta e chiedermi di seguirla.

 

Varcai l'ennesimo ingresso di quel posto che, più guardavo più mi confondeva... e seguii la donna che mi camminava davanti senza dire una parola.

 

La vidi rallentare, avvicinandosi poi, alla porta di una stanza che sulla destra mostrava il numero tredici.

 

-signorina Kurata, vada a sedersi sul letto accanto alla finestra, tra poco arriverà l'infermiere per spiegarle tutto.-

 

Mi limitai ad annuire e mi diressi verso il letto. La stanza era da due, l'altro letto era vuoto. Era carina, le lenzuola gialline erano la cosa che più saltava all'occhio, oltre lo splendido panorama che la vista in finestra offriva. Se solo non avessi saputo quello che stava per succedermi, l'avrei definita quasi una sorta di villeggiatura.

 

Accartocciai la giacca sulla sedia accanto al muro, e sopra la spalliera ancorai la borsa, non sapendo per quanto tempo avrei dovuto attendere presi '' I pilastri della terra'' l'ultimo libro che avevo comprato e non ancora iniziato, e presi a leggere.

Non guardai mai l'orologio, quindi non so esattamente quanto tempo era passato, prima di sentire un leggero colpetto alla porta già aperta, ed incrociare un paio d'occhi ambrati.

 

-con permesso-

 

 

Il biondissimo ragazzo che varcò la porta, indossava un candido camice bianco e attaccata all'altezza del petto sul lato del cuore una targhetta dorata con su scritto.

 

-Kurata? Sana Kurata giusto?-

 

-si sono io, devo iniziare la terapia-

 

Mi limitai a dire. Guardando il ragazzo che ancora non aveva alzato gli occhi da quella che suppongo fosse la mia cartella clinica.

 

-bene-

 

disse poi riponendo la cartella ai piedi del letto e incrociando lo sguardo con il mio porgendomi la mano.

 

-io sono Akito Hayama, ora ti spiegherò un po quello che faremo.-

 

Non sorrise, in realtà non fece nulla per rassicurarmi, mi strinse solo la mano e per assurdo quello bastò. Fu come una scarica elettrica, come quando cade un fulmine al suolo e scarica tutta la sua tensione. Quel ragazzo era stato il mio suolo solo con una stretta di mano.

 

-s..si certo-

 

-allora, prima di tutto sdraiati, così...-

 

-stai già per attaccarmi la flebo? Non devo che ne so mettermi sotto le coperte, legare i capelli o togliere le scarpe so che almeno mezz'ora dovrò stare ferma qui quindi-

 

Il mio tentativo di restare lucida, andò a farsi benedire più o meno un secondo e mezzo dopo averlo formulato nella mia mente, ma poco m'importava, stavo per auto flagellarmi avevo almeno il diritto di fare domande no ?

 

-ok adesso rilassati, per il momento non ti attacco nulla, dobbiamo semplicemente togliere un po di sangue per fare le analisi, una volta fatte quelle faremo la terapia in base al tuo emocromo-

 

-ah...ok-

 

Dissi imbarazzata ad occhi bassi, lo sentivo che mi scrutava, come se volesse ridere di me, come se avere un cancro non fosse abbastanza denigrante. Mi toccava anche preoccuparmi di non fare figuracce con il mio infermiere figo che faceva colazione con pane medicina e marmellata mente io... no.

 

Ridevo sotto i baffi però, sapendo quanto le mie vene amassero giocare a nascondino quando dovevo fare le analisi. Volevo proprio vedere il bell'imbusto sudare, prima di riuscire a bucare nel punto giusto.

 

Nemmeno il tempo di crogiolarmi un po' in quel pensiero che...

 

-ecco fatto, ora porto via queste e torno indietro-

 

Mi avvisò. Io feci un cenno di assenso con la testa, e lui si congedò.

 

Ero furente, per la prima volta in tutta la mia vita, qualcuno era riuscito a farmi delle analisi del sangue senza la minima imprecazione, o il ripetuto cambiare braccio o, ma che ne so, altre cento cose che tutti avrebbero fatto, tutti tranne lui!

 

Mi gettai davvero con poca grazia sul letto, e voltando il viso a sinistra, mi trovai nuovamente a guardare fuori dalla finestra... era una bella giornata, il freddo stava pian piano lasciando spazio ad un clima più mite. Gli uccelli ricominciavano a popolare il cielo, e gli spifferi di vento che entravano dalle fessure delle finestre, producevano un suono estremamente rilassante, non ricordo l'istante preciso in cui successe, ma mi addormentai.

 

 

La malattia è un avvertimento che ci è dato per ricordarci ciò che è essenziale.

(Libro della saggezza tibetana)

 

 

 

Al mio risveglio, la prima cosa che vidi furono i biondi capelli del mio infermiere preferito, e subito ricordai dove mi trovavo e per quale motivo.

 

-o dio, mi sono addormentata! Perché non mi hai svegliato?-

 

-mi sembravi piuttosto serena, e poi non hai dormito per molto, da qui a poco avrei dovuto svegliarti ma per il momento non c'era problema.-

 

-sei qui da molto?-

 

-mezz'ora più o meno-

 

-oh beh mi disp...ehi ma quello è il mio libro ?!-

 

-si, non ti dispiace vero ? Era da un po' che avevo intenzione di leggerlo e ho colto l'occasione-

 

-ma certo, ora non si chiede nemmeno più il permesso o la cortesia di prendere in prestito qualcosa-

 

-ma io sono stato cortese a lasciarti dormire, quindi è un dare e ricevere no?-

 

-e chi ti dice che non avrei preferito essere svegliata? Magari quel libro aveva una dedica all'interno e nessuno doveva leggerla, o magari c'era qualcosa di molto personale... Hayama, sei un maleducato!-

 

-questo, è uno dei motivi principali per cui ti ho lasciata dormire... a bocca chiusa sei molto meglio.-

 

Rimasi di stucco.

 

-perdonami mio caro, ma l'etica professionale dov'è andata a nascondersi? No perché, sarei davvero curiosa di sapere se tu tratti così tutti i malati di cancro di cui ti occupi, o per me riservi un trattamento speciale, tanto più che non ci conosciamo nemmeno.-

 

-ma io ti conosco-

 

-tu cosa ?! Non ho una memoria così scadente per il momento! Non so finita la chemioterapia, se il mio cervello sarà ancora al cento per cento delle sue possibilità, ma ora non ho dubbi e ti dico con estrema certezza che io non ti conosco!-

 

-ti chiami Sana Kurata, sei nata il sette Marzo e sei del segno dei pesci, il tuo gruppo sanguigno è 0 negativo, sei qui perchè ti è stato scoperto un glioblastoma, e per quanto tu cerchi di sminuire la cosa, autodefinendoti una ragazza malata di cancro, e parli della chemioterapia come fosse un bicchier d'acqua da mandare giù tutto d'un sorso. In realtà sei terrorizzata, perchè faccio questo lavoro da tre anni, e prima che diventasse il mio lavoro, lo facevo come volontario, e ho visto tante cose e persone fare come te... quindi si, un po' ti conosco! E a dirla tutta, se non sbaglio devo averti anche visto qualche volta al Rumors al centro di Tokyo, ma in questo caso forse potrei sbagliare.-

 

Rimasi interdetta dalle sue parole, talmente tanto, da vergognarmi per aver fatto scavare dentro di me, in maniera così profonda un estraneo, che tentai in tutti i modi di sminuire la cosa.

 

-beh, se anche io avessi a portata di mano la tua cartella clinica potrei dire di sapere tutte queste cose su di te.-

 

-vedo che la tua lingua lunga ha sempre una risposta pronta da dare-

 

-sempre!- asserii

 

-d'accordo dolcezza non c'è bisogno di scaldarsi tanto... in ogni caso, dobbiamo iniziare la tua terapia quindi togli le scarpe e mettiti comoda-

 

Una smorfia di puro terrore mi si dipinse sul viso... evidentemente, non riuscii a nasconderla così egregiamente come speravo.

 

-andrà tutto bene, la terapia di oggi non ti darà grossi problemi, se tutto andrà bene te la caverai solo con un po' di nausea-

 

-e... e i miei capelli?-

 

Eccolo li, che veniva di nuovo fuori, il più grande pensiero che per giorni era stato il mio tormento. Vi chiederete come sia possibile, data la gravità della malattia, che la mia preoccupazione più grande fosse perdere i capelli? Ebbene, non saprei come rispondere a questa domanda, ma di tutti i pensieri negativi che mi erano saltati in mente fin da subito, quello era di sicuro il più prepotente... una testa calva... ciò che incornicia il viso raso al suolo, ciocche che vengono via passandoci le dita in mezzo... si, era molto più spaventoso della spossatezza e del vomito!

 

-i capelli per il momento, se sono resistenti, non avranno alcun problema a restare attaccati sulla tua testa matta... in ogni caso, anche quello è soggettivo, non è una cosa sicura al cento per cento la caduta.-

 

-beh, se c'è una percentuale negativa, posso star certa che rientrerò sicuramente in quella-

 

-Kurata prova a pensare positivo d'accordo?-

 

-pensare positivo? Come faccio a pensare positivo Hayama ho un cancro santo Dio! Cosa può esserci di positivo?!-

 

-il fatto che te ne sei accorta in tempo, e che puoi combatterlo... che non ti hanno dato mesi, ma speranza-

 

-stronzate!-

 

Dissi, senza ammissione di repliche. Tolsi le scarpe con rabbia, lasciandole cadere a terra, distanti l'una dall'altra e mi sistemai supina sullo scomodo materasso.

 

-ora attaccami quella roba e lasciami sola per favore-

 

Mi sentii trafiggere da quei particolari occhi color ambra, ma feci finta di nulla, ogni suo movimento era fluido e meccanico, si muoveva con cura e precisione... poi, in un attimo attaccò la flebo al mio braccio. Avevo voglia di piangere come mai prima d'ora, come mai avevo fatto dopo aver saputo di essere malata.

Alzai gli occhi per guardarlo, solo per un secondo, era impegnato a toccare la sacchetta di plastica trasparente, e mi trovai a chiedermi come riuscisse un ragazzo così giovane, a vivere ogni giorno, guardando in faccia la morte...

 

-questa flebo è un misto di anti vomito e anti nausea, ci vorrà una mezz'ora... ti lascio sola per adesso, ma quando somministrerò il farmaco dovrò restare in stanza per ogni evenienza... a più tardi-

 

Disse semplicemente, congedandosi mantenendo lo sguardo basso.

 

 

 

Ogni malattia ha questa qualità aliena, una sensazione di invasione e di perdita di controllo che è evidente nel linguaggio che usiamo nel descriverla.

(Siri Hustvedt)

 

 

 

 

 

 

Bene bene bene... cioè, in realtà male in quanto ci ho messo una vita e mezza ad aggiornare... quindi chiedo umilmente perdono a chi aveva provato ad interessarsi al prologo della mia storia e ha dovuto attendere così tanto prima di saperne di più... quindi, abbiamo dato un nome ed un volto al nostro infermiere... ed un inizio alla brutta terapia che la nostra Sana dovrà affrontare.

Spero di aver suscitato un po' di curiosità e di interesse con questo primo capitolo e spero tanto di sapere cosa ne pensate magari con una recensione... sono dell'avviso che nella vita si possa sempre migliorare e questo anche grazie ai consigli costruttivi quindi grazie a chi deciderà di aiutarmi :) vi lascio dicendo che il prossimo capitolo è già in fase di stesura e quindi spero, in breve di pubblicare... baci LillixSana

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