Il curioso caso del genere umano

di Slevin97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cacciata dal paradiso ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


In principio era una scrivania vuota, accompagnata solamente da un foglio bianco.
Non è chiaro chi lo abbia compilato, chi abbia disegnato il perfetto progetto finale, né si hanno idee vaghe di quale sia stato lo strumento per la scrittura.
Nel giro di una settimana – questo è ciò che conta – si ebbe finalmente un meccanismo perfettamente funzionante che necessitava solamente di qualche ciclo geologico per lavorare correttamente, nonché dell'impegno di chi si sarebbe occupato della stesura.
Il Centro Storico Universale, dopo molto tempo, è quindi riuscito a completare il disegno abbozzato secoli fa ed è lieto di presentare lo studio completo di una delle prime razze dell'universo, la cui fallacia è stato elemento di discussione per molto tempo:
il CSU è lieto di presentare uno studio analitico riassuntivo di quella specie evolutasi erroneamente, o precocemente, dalla scimmia; il curioso caso del genere umano, oggetto di miti e leggende a causa delle proprie caratteristiche.

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Nello scorrere singhiozzante il respiro della natura aveva adagiato su di una qualche orbita un cristallo di brina; il quale avrebbe poi, evidentemente, generato quell'ammasso di fango e detriti tanto odiato dai suoi stessi abitanti. Certamente in quella rapida condensazione quel velo di rugiada avrebbe potuto conservare informazioni meno vagheggianti; allora forse le canute creature non avrebbero ritenuto d'esser parte della sola goccia d'acqua nell'universo, indissolubilmente unica e differente, fonte suprema d'ogni sorta di vita.

Molti studiosi hanno ritenuto che fosse questa imperitura convinzione ad aver portato alla follia la stirpe di tali esseri: da ciò iniziarono conseguenzialmente a credere che ogni atrio polmonare della natura, ogni pulsione alla base di ogni suo respiro, la sua stessa essenza, avessero come scopo la loro nascita ed evoluzione.
I folli più egocentrici iniziarono a credere che l'esplosione di vita che ebbe l'universo, che il movimento, il tempo e lo spazio, avessero tutti lo scopo di portare alla nascita proprio tali individui, che tanto ritenevano d'essere unici e fondamentali.
Indubbiamente non si può negare non fossero fondamentali - molecole d'idrogeno all'interno d'una goccia d'acqua, in un oasi incastonata nel nulla - ma la follia risiedeva in quella credenza che sempre più s'andò diffondendo: che ognuno di loro fosse il primo fra tutti, superiore agli altri e, dunque, a tutta la galassia.

L'ironico aspetto di quella faccenda umana era che, nonostante questa credenza, il loro sistema vitale era basato sul deframmentare i propri bisogni in meccanismi comunitari che ne avrebbero facilitato il conseguimento: eppure un sistema egualitario o equiparato sembrava sfigurare a tal punto l'orgoglio di quei tali folli supremi, che lo stesso era il principale oggetto di critica.Ultima scala dell'universo, convinta di esserne la prima; sottomessi ad un sistema di comodità, ma talmente comodi che si permettono di devastarlo, sviliti dalla fondamentale figura ideologica che loro stessi rappresentano. Potrebbero apparire come buffi animali questi uomini, ma rappresentano iconicamente la gelosia nell'essere uguali, la brama di invidia che acceca affinché non si posseggano le stesse opportunità.

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Capitolo 2
*** Cacciata dal paradiso ***


Tra le caratteristiche peculiari del genere umano la volontà di autodistruzione è certamente la più curiosa ed affascinante, nonché alla base della loro stessa storia.
Abbiamo infatti avuto l'opportunità di notare già nelle vite dei primi uomini tale tendenza.
Completato un primo ciclo evolutivo quale quello dell'essere scimmia, la prima coppia di mortale gene si ritrovò in una condizione di beatitudine, grazie alla affascinante facoltà di credersi fine ultimo della natura, ma anche per merito di una effettiva abbondanza di qualsivoglia genere di prima necessità.
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L'habitat terrestre era infatti connotato da una elevatissima presenza di flora; in particolare la prima coppia umana si ritrovò collocata dal caso all'interno di un affascinante avvallamento. Pendeva dalle labbra del monte la lingua serpentina d'un fiume che andava separandosi in due piccoli torrenti. Alberi e cespugli parevano essere argini del fiume, tanto il fogliame e le sponde erano simbioticamente confuse, ed una radura fertile sorgeva tra i giganti di legno.
Non che la radura non fosse generosa nel suo banchetto, ma gli uomini si spinsero spesso al di là dell'acqua, ove trovarono rifugi altrettanto sicuri, cibi altrettanto succulenti, vegetazione altrettanto folta. Le deboli menti dei primi uomini – specie dalle menti fioche per natura – non avrebbero certo immaginato che quei monti che circondavano la valle fossero non i limiti del mondo, ma anzi soglia per un mondo tutto da scoprire; perciò pareva tanto oscuro e misterioso il crinale roccioso che si ergeva sul monte più alto.
I giorni trascorrevano riposanti, privi di fatiche: si suppone che in tal tempi siano state pronunciate le prime parole per identificare pericoli o piaceri; incapace tentativo di espressione nonché illusione di comprensione. Secondo alcune tradizioni mistiche che accompagnarono la stirpe umana per millenni furono anzi dei nomi ad essere pronunciati per primi: Adamo ed Eva.


Si manifestò dopo non molto tempo quella peculiare caratteristica umana di cui si parlava: per un mistero inesplicabile l'uomo non era in grado di comprendere la propria fortuna, e concentrava la sua mente non su quanto fosse in suo possesso, ma su quanto non fosse in grado di ottenere. Focalizzando di giorno in giorno la propria attenzione sulle proprie mancanze arrivò a provar tedio e rabbia per la sua gioia quotidiana, mentre era sempre più affascinato dal crinale oscuro, sul quale si ergeva un arbusto convulso che vorticava con i suoi rami su sé stesso; attorcigliandosi in un abbraccio egoista sembrava fossero due gli alberi a sorreggere le foglie, e forse era effettivamente così. In ogni caso, la prima donna iniziò a provare un forte desiderio per i frutti rossi e verdi, traslucidi e perfettamente tondeggianti, di quell'albero che, proprio quando il tempo si faceva più caldo, sembrava offrire refrigerio porgendo nella loro direzione frutta penzoloni.
Ed allora la donna spinse l'uomo a cogliere quei frutti, nonostante il sentiero fosse impervio, nonostante v'era un terreno friabile sulla cima del crinale: l'uomo non ebbe comunque bisogno di motivazioni; era qualcosa di nuovo, era qualcosa che l'amata desiderava.

Era l'alba dell'umanità quando Adamo percorse la biforcazione della lingua gelida della limpida acqua, l'alba del suo ultimo giorno quando finì di percorrere la lingua del fiume ed entrò nella bocca del monte per percorrere il sentiero verso il crinale. Il buio circondava la figura solitaria che non temeva l'oscurità; perché nessuna paura lo aveva mai afflitto; perché un occhio di fuoco puntava proprio l'albero da raggiungere, rendendolo ancora più attraente.
Dopo ore di cammino il terreno pendente appariva come una commistione di rocce e radici, corde che tendevano tutto il monte, reti che catturavano i duri sassi intorpiditi. Appigli per le mani sporche dell'uomo, le radici si ammorbidirono; pavimento per i suoi piedi, le rocce si risvegliarono; la scossa del tronco per la caduta dei frutti, il monte crollò su sé stesso, portando nella risacca l'albero e l'uomo.

Una mela cadde ai piedi della donna, rotolata dalla mano semiaperta dell'uomo che spuntava tra le macerie.
Un morso.
Rinfrescante.
Un po' insapore.
I figli non ebbero più un padre,
le rocce ed i detriti avevano bloccato il fiume,
l fango divorava il terreno.

La terra aveva cacciato gli uomini dal loro paradiso terrestre; ci sarebbero voluti molti anni per trovare un luogo altrettanto accogliente.

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