Coat of armour.

di imunfjxable
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0.0 ***
Capitolo 2: *** 1.0 ***
Capitolo 3: *** 2.Routine ***
Capitolo 4: *** 3. Routine ***
Capitolo 5: *** 4. I feel it. ***



Capitolo 1
*** 0.0 ***


0.0

 

 

 

 

 

 

"Vedi, questo mi tormenta continuamente, e poi ti senti prigioniero del bisogno, escluso dal partecipare a questo o quel lavoro, e queste o quelle cose necessarie sono fuori dalla tua portata. Perciò provi una certa malinconia, e poi ti senti un vuoto là dove potrebbero esserci amicizia e affetti nobili e seri, e senti lo spaventoso scoramento erodere l'energia morale stessa e la fatalità sembra poter ostacolare gli istinti d'affetto, o una marea di disgusto ti sommerge. E poi dici: fino a quando, mio Dio! Beh, che vuoi, ciò che succede dentro appare forse al di fuori? Hai nell'anima un grande fuoco e nessuno viene mai a scaldarsi e i passanti vedono solo un po' di fumo in cima al comignolo e poi se ne vanno per la loro strada. Ora, ecco, che fare? Mantenere vivo quel fuoco interiore, avere sale in noi, attendere pazientemente, eppure con quanta impazienza, attendere l'ora, dico, in cui qualcuno voglia venire a sedersi accanto, fermarsi lì, che so?"

 

Vincent van Gogh
A Theo Van Gogh
(Cuesemes, tra martedì 22 e giovedì 24 giugno 1880)

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Capitolo 2
*** 1.0 ***


1.0

 

Mi alzo faticosamente cercando di spegnere la sveglia il prima possibile, odio il suo fastidioso rumore. Mi preparo in fretta, lavandomi e vestendomi, per poi afferrare dei biscotti da mangiare per strada.
Cammino giocando con dei ciottoli sulla marciapiede malamente asfaltato, evidentemente chi aveva questo compito era stanco di questo lavoro, lo faceva per necessità o non ci credeva abbastanza. Era un lavoro noioso, come tutti gli altri del resto.
Passo una mano tra i miei capelli, ormai di media lunghezza, e mi specchio nella pozzanghera al lato del marciapiede, notando che la mia figura è ambigua in quanto non si può dire se io sia uomo o donna.
Prima di entrare faccio un respiro profondo e mi aggiusto la maglietta grigia, cerco sempre di non dare troppo peso all'opinione delle persone, ma non sempre ci riesco.
Anzi, in genere non riesco mai a fare quello che mi pongo come obiettivo, ma non importa.
Entro.
Converso con i miei amici, normalmente. Ridiamo e scherziamo, come sempre. È bello stare con loro.


Tornato a casa, accendo la TV, per compagnia. Il canale è lo stesso da quando l'ho acquistata, non mi è mai piaciuta tanto, così come non mi è mai piaciuto il silenzio. Restare a contatto con i miei pensieri mi fa impazzire, realizzare che i miei pensieri non esistono e sono astratti ma che mi fanno soffrire in maniera reale, tangibile, palpabile mi fa impazzire.
È per questo che mi tengo costantemente occupato, essere fin troppo consapevole della nostra realtà è qualcosa che mi sconvolge.
Per esempio in ogni momento tu non esisti.
Il tuo corpo esiste, per quanto possa essere temporaneo. Eppure tu non sei il tuo corpo.
Tu sei solo un processo elettrochimico del tuo corpo. La continuità della tua persona è data ogni millisecondo da nient'altro che calda e grigia carne nella tua testa. Durante il tempo che stai usando per leggere questa frase il tuo cervello ti ha già creato centinaia di volte e ha lasciato dietro migliaia di tuoi fantasmi.

 

Mangio.

 

Mi spoglio.

 

Vado a dormire.

 

 

 

AYEEEE.
Nuova storia. rompo sempre che ci volete fare ahah.
Questa storia diciamo che è un esperimento, più andremo avanti più capirete perché, non so come descriverla. È un esperimento - probabilmente finirà male.
Quello che proverò a fare è una cosa che ha fatto solo uno scrittore- Michael Ende- ma non posso ancora dirvi cosa altrimenti non c'è sfizio :c e inoltre spero di presentarla diversamente.

Si, sono una folle a provare una cosa del genere ma io amo il pericolo lol.

Per ora il capitolo è breve, e non dice nulla, ma mi serve necessariamente da introduzione; il prossimo sarà più lungo e spero di aggiornare il prima possibile. Fatemi sapere che ne pensate con una recensione, un bacio♥



 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** 2.Routine ***


2. Routine.

 

È ancora il secondo giorno della settimana. Mi alzo faticosamente cercando di spegnere la sveglia il prima possibile, odio il suo fastidioso rumore. Mi preparo in fretta, lavandomi e vestendomi, per poi afferrare dei biscotti da mangiare per strada.
Cammino giocando con i medesimi ciottoli sulla marciapiede malamente asfaltato del giorno prima.
Passo una mano tra i miei capelli, come sempre, e mi specchio nella pozzanghera al lato del marciapiede, che si è quasi prosciugata rispetto a ieri; oggi c'è un bel sole.
Prima di entrare faccio un respiro profondo e mi aggiusto la maglietta .
Entro.
Inizio a lavorare con i miei colleghi, ridiamo e scherziamo, come sempre. È bello stare con loro.

Tornato a casa, accendo la TV, per compagnia. Il canale è sempre quello; la voce della donna che parla si diffonde nella sala spoglia. Apro il cassetto delle posate dove ci sono esattamente un cucchiaio, una forchetta e un coltello. Tanto sono solo, che senso avrebbe averne di più? Sono posizionate con cura quasi maniacale al centro del loro scompartimento. Le prendo e richiudo il cassetto con la mano sinistra.
Le metto sul tavolo, dove c'è già un piatto con delle uova, e un po' di pane.

Mangio.

Mi spoglio.

Vado a dormire.

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Capitolo 4
*** 3. Routine ***


3. Routine.

 

Quinto giorno della settimana, si avvicina il weekend.
Mi alzo faticosamente cercando di spegnere la sveglia il prima possibile. Mi preparo in fretta, lavandomi e vestendomi, per poi afferrare dei biscotti da mangiare per strada.
Cammino sul marciapiede malamente asfaltato evitando le crepe- stranamente non le ho notate i giorni precedenti ed è una cosa preoccupante: io noto sempre tutto. Sono attento ai particolari, faccio ogni cosa con una precisione maniacale. Forse sto perdendo colpi; ultimamente c'è qualcosa di strano, qualcosa che non va in me.
Passo una mano tra i miei capelli, come sempre, e provo a specchiarmi nella pozzanghera al lato del marciapiede: si è prosciugata ma il tempo è leggermente nuvoloso. Se pioverà so ricreerà nuovamente.
Prima di entrare faccio un respiro profondo e mi aggiusto il cappotto.
Entro.
Inizio a lavorare con i miei colleghi. È bello stare con loro.

Tornato a casa, accendo la TV, per compagnia. Il canale è sempre quello; ma la voce della donna non c'è più; oggi c'è un uomo a leggere le notizie.
Apro il cassetto delle posate e le prendo apparecchiando la tavola ponendole sul tovagliolo, per poi prendere anche un bicchiere.
Le metto sul tavolo, dove c'è già un piatto con la carne, e un po' di insalata.

Mangio.

Mi spoglio.

Vado a dormire.

 

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Capitolo 5
*** 4. I feel it. ***


4. I feel it.

 

 

 

È un'altra giornata, il giorno prima del weekend. È da tempo che tutto è uguale, ci vorrebbe un cambiamento, qualcosa che stravolga quest'infinita sequenza.
Stasera tanto per cominciare ho una festa, ho voglia di vestirmi bene, di conoscere qualcuno; magari di fare anche qualche conquista.
Ma ora mi limito ad alzarmi, e a sedermi a tavola per fare colazione (mi concedo una vera e propria colazione solo il giorno prima e durante i weekend), fissando con un po' di nostalgia il mio yogurt ripensando a quando era mia madre a prepararmi la colazione e a come fossero saporite le sue crêpes anche se mi lamentavo poiché non ci metteva mai troppa cioccolata dentro.

«Sono così eccitata per la festa» commenta Eve, seduta accanto a me.
«Eve tu sei sempre eccitata per le feste» George la stuzzica e io scuoto il capo ridendo un po'
Continuano a discutere tra di loro, su tutta la gente che ci sarà e a quanto ci divertiremo perché Eve ha comprato una borsa nuova, molto grande, di una qualche marca della quale già ho scordato il nome, e ha deciso di portarsi una bottiglia di tequila e di metterla direttamente nella borsa.
Il loro discorso continua per molto, ma le parole giungono sempre più distanti ai miei timpani.
Un brivido mi percorre la schiena.
Ho una strana sensazione, mi sento osservato, mi giro attorno.
C'è un sacco di gente attorno a me che non mi sta prestando attenzione poiché è evidentemente impegnata a fare ciò che deve ma quando l'ambiente circostante viene esaminato dal mio cervello le cose cambiano.
È quasi paradossale il modo in cui senta tutti gli occhi puntati su di me, per quanto io sia invisible. Egocentrismo? Vorrei definirlo così ma non credo sia il vocabolo giusto.
I miei occhi continuano a guizzare da una parte all'altra della stanza, alla ricerca di qualcuno che mi stia osservando, e per quanto non possa riscontrare le pupille di qualcuno puntate sulla mia figura, mi ritrovo a pensare che tutti stanno criticando il modo in cui sto seduto sulla sedia- con la schiena fin troppo curvata. Mi aggiusto.
O magari è dovuto all'aspetto dei miei capelli- anche un po' sporchi. Li lego. No peggio ancora. Li sciolgo. Ho combinato un disastro.
Però forse è perché ho qualcosa in viso, e mi osservo sulla fotocamera interna del cellulare, analizzando ogni millimetro di me ricoperto da imperfezioni. 
Lo poso.
Magari è dovuto all'ombrello fradicio che ho posato sul pavimento, noncurante dello sporco che avrebbe creato.
Lo aggiusto.

Mi vesto per bene, adeguatamente per il party di stasera e attendo George e Eve che mi passinno a prendere. Non indosso nulla di eccessivamente appariscente, e i miei capelli sono della solita media lunghezza ingannevole.
Alzo gli occhi al cielo, vedendo l'orario sul cellulare e constatando il ritardo dei miei amici: era una cosa che odiavo.
Mi stringo un po' di più del giubbotto, tira un vento freddo che ti schiaffeggia violentemente il viso, e la strana sensazione di stamattina stava ritornando, mi sento dannatamente osservato.
Forse sto definitivamente impazzendo, eppure sono convinto che ci sia qualcuno che mi sta guardano, che sa che ho freddo in questo momento e che sa anche che io sono consapevole della sua presenza.
Non proprio presenza, definiamola presenza onnisciente.
A distrarmi dai miei pensieri ci pensa George che suona il clacson per fare casino tra la via isolata che porta a casa mia. Entro nell'auto e non posso fare a meno di notare quanto siano eleganti in confronto a me. Non è solo una questione d'abbigliamento ma anche di carattere; erano sempre così calmi ed estroversi, io preferivo chiudermi nella mia solitudine ed evitare il contatto umano anche se era la cosa che più desideravo, poiché sono terrorizzato dal restare solo.
Sono un paradosso vivente.

Una volta arrivati la prima cosa che facciamo è andare al bancone del bar per prendere dei drink, e io mando giù il mio cicchetto velocemente. Non che l'alcool serva veramente a rendermi più sicuro di me, ma mi da l'illusione che possa farlo.
Provo ad avvicinarmi alla figura accanto a me, ma il panico mi prende alla sprovvista. Proprio quel tipo di panico che avevo tentato di eliminare con l'alcool, e così bevo di nuovo; provo con un'altra persona ma succede sempre la stessa cosa.
Quella strana sensazione che provo da stamattina ricompare, so che mi stanno guardando, lo so. Lo so.
Sono perfettamente consapevole che ci sia in questo istante qualcuno che
a) sa che sono al corrente della sua esistenza,
b) sa anche che ho capito che mi sta guardando,
c) che mi sta mentalmente giudicando,
d) molto probabilmente il suo giudizio è negativo, pensando cose del tipo "perché beve? L'alcol non gli servirà a nulla" "che senso ha sbronzarsi ad una festa?" ed infine
e) che si sta chiedendo come abbia fatto a scoprire che c'è.

Dal momento che non riesco a fare nulla con la consapevolezza che il mio misterioso osservatore possa vedere ogni mia singola mossa, vado a casa. Saluterei Eve e George, ma li ho persi di vista e non ho intenzione di cercarli.

Entro in casa quasi correndo, mi sta seguendo, lo so. Lui sa tutto.
Mi nascondo in bagno, chiudendo la porta violentemente girando due volte la chiave nella toppa con la mano destra tremante.
Porto le ginocchia al petto, mentre lascio scivolare delicatamente la mia schiena contro il legno liscio laccato di bianco, e mi guardo attorno.
Sa che sono in bagno.
E sa che mi sta facendo impazzire.
Prendo un respiro profondo per calmarmi.
«Ormai so che ci sei» inizio «che vuoi?»
non risponde.
Forse non ha capito che sto parlando con lui.
«Non ignorarmi so che puoi sentirmi»
Ancora niente.
Mi porto una mano alla fronte, scompigliandomi i capelli, capendo che forse sto diventando troppo paranoico e che il problema sono io.
Non c'è nessuno con me.
E sono solo. Come sempre.
Solo io a casa mia, senza nessuna cosa che possa spezzare il mio equilibrio perfetto.
Solo io a casa mia.
Solo io.

 

 

 

AYEEE.
Ciao a tuttii.
Più o meno qui si inizia a capire qualcosa (si spera).
Parliamo prima dei capitoli precedenti, sembrano superflui eppure erano necessari per introdurre un po' personaggio e so che sono cort- sono la prima a cui non piacciono i capitoli corti, mi vergogno di me stessa- , per questo ho deciso di postare anche questo capitolo che è un pò più lungo. Più andremo avanti più si capirà chi è questa presenza; qualche idea? Grazie a tutti, fatemi sapere che ne pensate in una recensione 💙 💙

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