L'ascesa del Cobra di iQuit (/viewuser.php?uid=145649)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La caduta ***
Capitolo 2: *** Il risveglio ***
Capitolo 3: *** Pessime novità ***
Capitolo 4: *** Controllo e rimorsi ***
Capitolo 5: *** Un colloquio inaspettato ***
Capitolo 6: *** Incontri ***
Capitolo 1 *** La caduta ***
Non poteva andare tutto bene, per una volta? Il
piano era semplice e non violento: modificare gli altoparlanti del
centro commerciale per emanare un'onda ultrasonica in grado di
assoggettare lentamente le persone al suo interno e farli sottoscrivere
ad un servizio inesistente tramite il quale avrebbero donato loro tutto
ciò che possedevano – niente di sospetto, nessun
morto, nessun ferito, nessuna violenza, solo centinaia di milioni di
yen che sarebbero fluiti nelle tasche dei Black Saints. Bruscolini,
certo, ma era pur sempre il compito che le aveva affidato il Consiglio,
e lo avrebbe portato a termine.
Ma se la situazione era questa, perché
lei e la sua squadra di Corallo stavano, per l'ennesima volta,
combattendo contro i membri della Excaforce?
Queen Cobra sospirò, o almeno le sarebbe
piaciuto averne tempo, impegnata com'era a schivare i colpi di lancia
di ExcaBlue. La lama le passò ad un centimetro dalla testa,
sfiorandole il capo ma strappandole via l'hoodie che stava usando per
nascondere il proprio volto. L'elmetto che la proteggeva venne
così allo scoperto, quel casco color verde smeraldo
rassomigliante al serpente che le dava il nome, che le permetteva di
vedersi attorno nonostante i suoi occhi ne fossero incapaci e che
copriva interamente la sua testa, lasciando scoperte soltanto il mento
ed un paio di labbra scarlatte.
-Questa volta sei nostra, Queen Snake!- le
intimò il suo avversario dalla tuta blu, la voce attutita
dall'elmetto, scattando all'indietro e portandosi a distanza ideale per
la sua naginata.
-Queen Cobra.- replicò, strappandosi di
dosso il resto dei vestiti rivelando un body dello stesso colore del
suo elmo coperto da una leggera armatura in cuoio, guanti artigliati,
leggings squamati, stivali sopra il ginocchio -Continui a chiamarmi
così solo per farmi arrabbiare, vero Blue?-
-Dopotutto siamo tra vecchi nemici, no? E poi
sinceramente non credo che si ricordi il tuo nome, sai
com'è, è un po' distratto. - ribatté
un'altra figura maschile dalla tuta rossa, entrando nel suo campo
visivo impugnando una spada in posizione di guardia.
ExcaRed ed ExcaBlue... davvero, da quanto li
conosceva? Erano nemici da anni, conosceva a memoria le loro strategie,
le loro tattiche e le loro armi, ma nonostante avesse cercato con tutti
i suoi mezzi di scoprire le loro vere identità si era sempre
trovata davanti ad un muro.
Fece per rispondere, ma fu aggredita dalla
sensazione che mancasse qualcosa. Alzò istintivamente la
mano sinistra e afferrò l'avambraccio di ExcaYellow, che
come al solito la attaccava alle spalle cercando di infilarle un sai
nel collo, e con un movimento deciso la sbatté contro lo
scaffale dei latticini.
Mentre la vedeva alzarsi in preda al panico e
disporsi tra i suoi due compagni in una formazione a triangolo, se lo
confermò: conosceva davvero i suoi avversari a memoria.
Ma la sensazione di incompletezza
continuò... fino a che non sentì qualcosa
strisciarle addosso su per la gamba e disporsi sulle sue spalle.
Non dovette neanche girarsi a controllare che fosse
Agni, il suo fedele cobra da compagnia - quel serpente era per lei come
un altro paio di occhi. Letteralmente, a dire la verità - ma
preferiva che nessuno dei suoi nemici sapesse di questa sua
capacità, per evitare di giocarsi un vantaggio in
combattimento.
Il suo alleato era seguito dalla sua squadra di
supporto, un gruppo di quattro persone, due giovani uomini e due
ragazze, anch'essi dal volto coperto, vestiti con una tuta monopezzo di
colore rosso e da un'armatura simile alla sua, anche loro pronti al
combattimento impugnando dei fucili d'assalto. I suoi Serpenti Corallo,
l'esercito personale che la seguiva in ogni sua sortita.
Queen Cobra accarezzò la testa del suo
serpente, e finalmente parlò, con una voce più
onesta del solito.
-Dobbiamo proprio farlo? Tanto finirà
come sempre, Blue e Yellow riempiranno di botte i miei sottoposti
mentre Red mi tiene impegnata, e...-
-I tuoi Serpenti Corallo?- la
aggredì la ragazza dietro l'elmo di ExcaYellow, anche lei
con una voce attutita.-Lo sai quanto noi che sono persone prive di
volontà a cui hai lavato il cervello!-
-E preferirei che la cosa rimanesse tale.-
replicò, con voce seccata.-Avete idea di quanto ci voglia a
trovare qualcuno da ipnotizzare? Tu nei sai qualcosa, vero, Aika?
Il ghigno di Queen Cobra era talmente affilato che,
nel centro commerciale ormai deserto, era quasi possibile sentirlo
tagliare l'aria. I suoi avversari, per niente intimiditi, mantenevano
la postura di combattimento, mentre i Corallo si disponevano in
formazione attorno alla loro leader.
-Sapete che vi dico? Me ne vado e basta, tanto mi
avete impedito di mettere in atto il mio piano nefasto e, se devo dire
la verità, mi avete fatto passare la voglia. Grazie mille,
davvero. Gradirei se per una volta mi permetteste di risparmiare le
perdite. Ma se proprio devo...-
Come ogni singola volta che si incontravano,
Yellow, sentendosi presa in causa, si lanciò all'assalto
prima degli altri. Ah, Aika. Era l'unico membro della Excaforce di cui
sapesse qualcosa - non se la ricordava solo per nome e cognome, ma
principalmente perché aveva militato tra i suoi Corallo. Una
ragazza debole e priva di un minimo di forza di volontà, ma
che per qualche motivo combatteva con l'impeto di un leone. Non si era
nemmeno liberata per conto suo, la pusillanime - era stata salvata dai
suoi ora compagni e si era unita a loro per vendetta contro la sua
organizzazione, i Black Saints- e, di conseguenza, contro di lei. O
almeno così riteneva – dopotutto,
perché avrebbe dovuto continuare a battersi?
Blue fu secondo a ingaggiare, proteggendosi in modo
abbastanza scenico dai proiettili dei Corallo usando la naginata, e
Red, per ultimo, si lanciò proprio contro di lei brandendo
la spada.
Queen Cobra stavolta trovò il tempo di
lanciarsi in un sospiro, prima di deviare il fendente con l'armatura
sul dorso della mano destra e di controbattere con un axe kick dal
basso. Non ci mise alcuna forza, sembrava quasi un movimento di danza,
eppure era perfettamente conscia della sua letalità:
d'altronde, seppure gli R-Suit indossati dai suoi avversari gli
permettessero di affrontarla ad armi pari, il loro misero cervello da
umano non riusciva a seguire i movimenti di chi come lei era
chiaramente superiore dal punto di vista evolutivo. Infatti, come da
previsione, il colpo trovò il suo obiettivo: Red
subì il colpo al mento, e sebbene il casco lo avesse
protetto dall'impatto impedendo alcun tipo di concussione, si
ritrovò scagliato in aria. Ma non si fece trovare
impreparato: eseguì una perfetta giravolta e
atterrò a poca distanza da lei.
-Il solito esibizionista.- ebbe il tempo di
rivolgergli, prima che lui chiudesse di nuovo la distanza con una breve
carica.
Si, sembrava davvero una coreografia pianificata in
anticipo: lei ed il suo avversario conoscevano le mosse l'uno
dell'altra, caricandosi e respingendosi con fare quasi ipnotico. Quanto
avrebbe voluto che per una volta le cose andassero in modo diverso, sul
serio.
Forse l'universo quella volta ascoltò la
sua preghiera silenziosa, ma molto più probabilmente era
solo un caso che in quell'istante si scatenasse quello che sembrava il
terremoto più violento che il Giappone avesse visto negli
ultimo 50 anni. Già, solo una coincidenza, come il fatto che
il pavimento del centro commerciale crollasse portando nel sottosuolo
metà supermercato, insieme a lei e ad ExcaRed, tagliandoli
completamente da alleati e nemici.
Nel mezzo del polverone avrebbe voluto urlargli
contro un bel grido di sfida, come un "finalmente soli!", ma quando la
polvere si diradò e si voltò a guardarlo nella
penombra, tramite il visore notturno, lui era già sepolto
dai detriti, lasciando in vista soltanto la testa, semi coperta da un
elmo spaccato, ed il braccio che impugnava la spada.
Fu colta alla sprovvista da diverse emozioni
contrastanti che la bloccarono lì a guardare il suo
avversario inerme per lunghissimi momenti. Si, da un lato era contenta
che qualcosa avesse rotto la monotonia del combattimento e che il suo
avversario fosse in difficoltà e completamente alla sua
mercé. Anni e anni di umiliazioni e di pazienza avevano
finalmente dato i suoi frutti, mettendola in una posizione dove poteva
prendersela comoda e torturare il suo nemico più fastidioso
a suo piacimento, al punto che la morte sarebbe sembrata solo un
piacevole contrattempo. Era il suo momento.
D'altro canto, lasciare che fosse il caso a
decidere l'esito di un duello durato cinque anni sarebbe stato
decisamente deludente, e non ne avrebbe tratto alcun elogio.
Ma l'ultimo pensiero che ebbe prima di cedere al
panico fu che, seppure provasse un piacere quasi sessuale nel torturare
avversari inermi, l'idea di fare lo stesso con Red, dopo tutto
ciò che avevano passato insieme, non l'avrebbe soddisfatta.
Durò solo un attimo, ma non riconobbe che era un tentativo
di razionalizzare qualcosa di irrazionale.
Si avvicinò rapidamente e lo
afferrò per la mano ormai disarmata, cercando di tirarlo via
da sotto le macerie. Il membro di Excalibur, confuso ed in preda al
dolore ma ancora cosciente, accolse la presunta gentilezza nell'unico
modo plausibile.
-Ma che... diavolo?-
-Che diavolo un corno!- replicò Queen
Cobra, con tono disperato, mentre addirittura il suo serpente si
stringeva attorno al braccio di lui nel tentativo di aiutarlo -Ho
promesso di catturarti e di portarti davanti al Consiglio, e lo
farò, costi quel che costi!-
Il silenzio che cadde, interrotto soltanto da
frammenti che toccavano il suolo e dal crepitio delle luci del
supermercato che si accendevano e spegnevano ad intermittenza, era
così denso da tagliarsi con un coltello. Né i
suoi occhi ciechi, né quelli del suo elmetto, né
tantomeno quelli di Agni colsero il sorrisetto soddisfatto del suo
avversario.
Vecchi amici, non proprio. Vecchi nemici, quello si.
-Non ti sforzare- le disse, infine, con una voce
flebile.-Sembra proprio che alla fine sia il destino ad aver deciso per
noi. Non ci uccideremo a vicenda.-
L'unico risultato fu quello che la donna
cominciò a tirare più forte, afferrandolo con
impeto tale da quasi strappare l'R-Suit, lanciando un urlo di
frustrazione, per poi lasciarlo andare e sbattere i pugni sul terreno
provocando dei segni visibili.
-Mi rifiuto!- urlò, colpendo il mucchio
di macerie e facendo volar via qualche detrito -tutti questi sforzi,
tutte queste battaglie non sono servite a niente se ad ucciderti
è uno stupido sasso!-
-Hey, Cobra. Queen Cobra.- le si rivolse di nuovo,
ormai solo un sussurro.-Dicono... Che sei brava con le visioni e le
illusioni. Io...mi dovevo sposare, a breve, ma sembra proprio che non
ci arriverò. Potresti...-
Lei lo guardò, interessata, e
percepì le sue intenzioni. Si avvicinò a lui e
gli alzò la testa, permettendogli di scambiare lo sguardo
con lei. La visiera dell'elmo di Queen Cobra scattò,
rivelando un volto su cui troneggiavano due occhi contornati di lacrime
che già emanavano una debole luminescenza rossa.
-.... va bene. Esaudirò il tuo ultimo
desiderio, ExcaRed.- disse -In onore della nostra rivalità.
Ma solo perché sei tu a chiederlo.-
Sarebbe stata l'occasione perfetta per riempire la
sua mente di illusioni orribili, ma anche se era un mostro, provava
verso quell'umano un senso di familiarità che glielo avrebbe
reso difficile. Lo ipnotizzò, prese il controllo della sua
psiche, e cercò di fargli vivere le migliori nozze che
avrebbe mai potuto desiderare, il tutto nell'arco di pochi secondi. Ma
dopo nemmeno un attimo, il suo mondo si spense, e si ritrovò
a terra priva di conoscenza.
"Il processo di trasformazione sta per
avere inizio. Attivazione unità Agni avviata, Iniezione del
fluido di modifica cellulare in 10...9..."
Queen Cobra riaprì gli occhi, trovandosi
incapace di vedere. Cercò di alzarsi, scoprendosi impacciata
e bloccata: era chiaro che qualcosa le stesse trattenendo il braccio
destro. Che fosse rimasta anche lei vittima di una frana? Fu colta dal
panico per qualche attimo, ma subito dopo le immagini dagli occhi di
Agni le inondarono la mente, chiarendo la situazione. Era distesa per
terra, qualcuno le stava immobilizzando il braccio con una
fasciatura... e l'elmo le era stato tolto di testa e appoggiato al suo
fianco.
L'insicurezza e l'esitazione svanirono, sostituiti
da un flusso di adrenalina che la fece scattare a sedere e raccogliere
il proprio casco in un unico, fluido movimento.
-Eh?- osservò una voce maschile al suo
fianco, chiaramente sorpresa, mentre lei indossava l'elmetto, trovando
la cosa stranamente difficile. Le immagini proiettate dai sensori
ottici le fluirono nel cervello, permettendole di nuovo di guardarsi
attorno, e, rassicurata, si girò verso il suo interlocutore,
cercando di afferrarlo con la mano destra.
-Non ti permettere più di mettermi le
mani addosso, miserabile umano!-
La sua voce minacciosa e lo sguardo arrabbiato
coperto dalla visiera erano accompagnati dal suo avambraccio, non
più coperto dai guanti in armatura, che si piegava come non
doveva piegarsi, penzolando privo di alcun sostegno a metà
tra il gomito e il polso.
Non fece nemmeno in tempo a scrutare il volto
presumibilmente terrorizzato del giovanotto davanti a sé,
presa com'era da quel dettaglio medico fuori posto.
-...oh.-
-Ti stavo steccando il braccio.- chiarì
la voce che non conosceva. -L'armatura che avevi sul braccio era
spaccata, quindi ti ho tolto il guanto per vedere se era tutto a
posto...-
Lasciò penzolare la sua mano ancora
qualche istante, più per lo stupore che per altro. Non
provava alcun dolore, segno che il sistema di supporto vitale della sua
tuta aveva fatto in tempo ad iniettarle gli antidolorifici. Anche se la
frattura era scomposta, le nanomacchine all'interno del suo corpo
l'avrebbero comunque sistemata, rimettendola in sesto nel giro di
qualche giorno, a patto che tenesse il braccio fermo.
Afferrò il polso destro con la mano sinistra e
raddrizzò l'arto, approfittandone per passare qualche
istante a guardarsi attorno. Era ancora all'interno del supermercato,
ma il suo senso dell'equilibrio, complice delle dozzine di articoli
caduti dagli scaffali, le faceva capire che il terreno era inclinato. I
muri ed il soffitto erano molto danneggiati, ma nel locale c'era ancora
corrente. Tornò ad osservarsi: le erano stati tolti stivali
e parastinchi dalla gamba destra, che ora era grossolanamente
immobilizzata con un paio di stecche da tenda e della garza molto
stretta. Volse infine lo sguardo al ragazzo al suo fianco: sembrava
essere alle porte dei trent'anni ed era vestito nel modo più
generico possibile, così come il più generico
possibile era il suo volto - o forse, un blocco mentale non le faceva
dare alcuna importanza alla faccia di un patetico umano - quindi decise
di cercare altri dettagli: indossava un cappello con la visiera a
coprirgli i capelli e aveva gli occhi scuri e gli zigomi pronunciati,
come il 90% degli abitanti del Giappone. Riusciva ad intravedere sulle
sue spalle le cinghie di uno zaino.
No, non era un qualche tipo di blocco mentale - era
la persona più generica che avesse mai visto. Due labbra
generiche si aprirono, mentre due mani generiche si avvicinarono al suo
gomito.
-Posso? Mi fa male il braccio solo a guardarti.-
Queen Cobra sbuffò, avvicinò
l'arto rotto al suo interlocutore, e ringhiò:
-Hai fatto un grosso errore a togliermi l'elmo. Ti
direi di non farlo mai più, ma stai sicuro che quando mi
sarò ripresa ti ucciderò comunque, elmo o non
elmo.-
Calò il silenzio mentre lui, calmo come
il mare di Agosto, proseguiva nella fasciatura. Quel suo sangue freddo
la lasciò perplessa.
-Non dovresti... Che ne so, implorare
pietà, chiedere che ti risparmi la vita, qualcosa del
genere?-
Il giovane ridacchiò sommessamente.
Queen Cobra non lo trovò divertente.
-Mettiamo che tu mi uccida: rimarresti isolata qui
sotto senza alcun tipo di compagnia per non so quanto tempo. Non ho
idea di chi tu sia, ma credo che la solitudine dia fastidio anche a te.-
-Stai zitto e stringi quella fasciatura.- gli
ordinò imbronciata, prima di rendersi conto
dell'assurdità della situazione.
Rimase qualche istante ferma a pensare cosa dire,
mentre il giovane continuava ad assicurare la benda attorno al suo
braccio. Non era mai stata da sola con un essere umano così
a lungo, tantomeno con uno che era lì di sua
volontà: il suo primo istinto era quello di saltargli
addosso e strappargli la gola con la mano sana, ma in fondo quello che
aveva detto aveva senso, e starsene da sola sarebbe stata una noia
mortale. Il suo secondo istinto era quello di dominare la sua mente e
farlo suo schiavo, ma poi si sarebbe trovata comunque senza nessuno con
cui fare conversazione.
-Ecco fatto. E' stata una fortuna che sia crollato
anche il reparto pronto soccorso, o non avrei avuto niente con cui
medicarti- ruppe lui il silenzio.
Le bende tenevano strette altri pali da tenda, che
di rimando bloccavano il suo avambraccio fino al polso. Aggiunse
mentalmente che era stata una fortuna che, oltre al reparto farmacia,
fosse anche crollato quello per il campeggio.
Finalmente trovò qualcosa da dire.
-Io sono un membro di alto rango dei Black Saints,
un'organizzazione che mira al controllo globale. Tu sei un essere
umano, la mia preda naturale... e mi stai aiutando. Perché?-
-Perché no?- ribatté lui,
alzandosi. -Siamo tutti e due bloccati qui sotto, non vedo
perché dovrei lasciarti per terra a rantolare.-
L'assurdità dell'affermazione la
colpì. Lo fissò attraverso la visiera con uno
sguardo incredulo ed espresse il suo disappunto.
-Ma sei un cretino? Hai idea di chi hai davanti!?
Io sono Queen Cobra, luogotenente dei Black Saints, flagello
dell'umanità, e di conseguenza tua nemica!-
Adorava presentarsi in quel modo: la faceva sentire
importante. Di conseguenza, si trovò abbastanza avvilita
quando il giovanotto ridacchiò e ribatté:
-Mia nemica? Di sicuro non personalmente, non mi
hai fatto niente. E poi non avrei mai potuto lasciare una
così bella ragazza senza alcuna cura..-
Occhiolino. Ringhio di rimando. La donna serpente
guardò di nuovo le sue ferite: le sarebbe bastato stare a
riposo per qualche ora e sarebbe guarita completamente, quindi avrebbe
potuto liberarsi di questo sciocco prima che Red venisse a...
Le balenò un'idea in mente: era chiaro!
Si alzò in piedi a fatica, tra le obiezioni del suo
infermiere, e gli inveì contro.
-Era tutto un tuo piano, vero, ExcaRed? Avete
sacrificato un intero edificio e rischiato le vostre vite per
intrappolarmi qui? -
Gli si gettò contro (per quanto una
donna di media statura con due arti rotti possa farlo) e lo
afferrò per la collottola con il braccio buono, spingendolo
contro uno scaffale ormai vuoto, scalfendogli la pelle con le affilate
unghie color carminio della mano sinistra. Il cobra le
scivolò addosso fino a raggiungere le sue spalle e ad
affiancarsi alla sua testa in uno sguardo colmo d'odio, il tutto mentre
aggrediva verbalmente il ragazzo:
-Siamo vecchi nemici, no? Beh, allora dovresti
saperlo: io odio essere presa in giro!-
Ci fu un attimo di esitazione negli occhi del
giovane, poi un lampo di insicurezza mentre si rendeva conto delle
circostanze. Una domanda strozzata pose fine all'alterco:
-R-Red? Vuoi dire quel tipo col casco? Quando ti ho
trovata era già m-morto...-
L'impeto di rabbia che la invadeva fece arrivare
quelle parole alle sue orecchie in ritardo, ma quando lo fecero Queen
Cobra si trattenne dallo sventrargli la gola e mosse le labbra in modo
quasi impercettibile, mentre chiedeva chiarimenti:
-...cosa stai dicendo?.-
-Ti..ho...- lei allentò la presa,
permettendogli di parlare normalmente- ti ho trovato davanti a lui che
gli tenevi la testa, ti sono caduti dei pezzi di intonaco addosso e hai
perso conoscenza... Ti ho messa al sicuro ma quando sono tornato per
provare a liberarlo, lui...-
Rabbia. Shock. Tristezza. Qualsiasi cosa fosse, le
intimò di lasciare il ragazzo e di mettersi a zoppicare per
il supermercato ormai diagonale, alla ricerca del suo acerrimo rivale,
raggiungendo dopo pochi secondi un corpo privo di vita con ancora
indosso un casco spaccato di colore rosso.
No. Non così.
Avrebbe voluto inginocchiarsi, forse per
disperazione, forse per prendergli il polso, ma la gamba steccata
glielo impediva. Si limitò a fissare il corpo con tutti i
suoi occhi, quel poco di volto visibile contratto in una smorfia di
impotenza.
-Razza di bastardo...- iniziò a
mormorare, raggiunta a metà monologo dal suo nuovo
accompagnatore -Anche da morto mi schernisci, eh!? Non ti bastava
ridicolizzarmi davanti a tutti i miei compagni e i miei fratelli,
adesso...-
Cercò qualcosa da tirare contro al corpo
di Red, ma non trovò niente. Addirittura cercò di
afferrare la frusta che teneva alla cintola, arma che non usava mai,
senza trovarla: probabilmente era andata persa nel crollo.
Priva di qualcosa per sfogare la rabbia, strinse
talmente tanto le proprie dita che le nocche della mano scoperta
iniziarono a farsi bianche. Ormai al limite, inveì rivolta
al soldato che giaceva privo di vita davanti a lei.
-Persino questo mi hai tolto!? Possibile che non lo
hai capito!? Io ti ritenevo alla pari, morire contro di te sarebbe
stata l'unica morte che io avrei accettato!! E questo... questo mi
dimostra che a te non importava!-
Ansimò per qualche istante, poi si
lasciò andare in un urlo terrificante, afferrò
l'unica cosa a sua disposizione e la lanciò verso Red,
aspettandosi chissà che reazione. Qualche attimo dopo,
ritrovatasi quasi completamente cieca, si rese conto che lanciargli il
proprio elmo forse non era stata un'idea azzeccata ed intimò
all'unica persona ancora in vita con lei in quella stanza di aiutarla:
-Raccoglimi l'elmetto. Senza non ci vedo.-
Poi aggiunse a denti stretti, intuendo l'esitazione
del ragazzo:
-Per favore.-
Il giovane dai tratti comuni, dopo un attimo di
insicurezza, si fece avanti, prese da terra l'elmo a forma di cobra che
era stato scagliato sul cadavere di Red e lo porse alla donna. Attratto
forse dai lunghi capelli castano e dai lineamenti dolci, forse
lasciò cadere lo sguardo sul volto di lei per troppo tempo.
-Dammi quell'elmo!- ordinò di nuovo lei
a voce alta, porgendo la mano sinistra in avanti.
Sebbene fosse cieca riusciva chiaramente a vedere
attraverso gli occhi di Agni, e quello che vedeva era un ragazzo
orientale dal volto esterrefatto che teneva in mano il suo casco, sul
quale era visibile una crepa - era chiaro che non le avesse mentito,
qualcosa l'aveva colpita per davvero.
-I tuoi occhi...- mormorò lui.
Queen Cobra, stufa di tutta questa indecisione, gli
strappò di mano il casco e se lo infilò. Il mondo
assunse di nuovo una forma. Il giovane continuava ad esitare.
-Hai gli occhi di un...-
-Dimmi- lo interruppe, quasi mormorando -pensavi
davvero che fossi un essere umano?-
Silenzio.
-Beh, il tuo volto é quello di una
ragazza come tante, ma...-
In un'altra situazione, avrebbe approfittato della
cosa. Lo avrebbe provocato, avrebbe flirtato con lui, forse lo avrebbe
addirittura baciato, qualsiasi cosa pur di creare ribrezzo in quel
giovane che fino a quel momento non si era accorto di avere davanti a
sé qualcosa che sedeva su un gradino più alto
della scala evolutiva. Ma era in piedi a malapena, zoppicava, aveva la
sua mano preferita inutilizzabile e aveva appena perso l'occasione di
realizzare la sua più grande aspirazione, quindi
tagliò corto.
-Ho gli occhi da rettile. E allora? Non sono un
essere umano, che ti aspettavi?-
Un attimo di esitazione da entrambe le parti le
permise di approfittare di una delle poche cose che sapeva fare bene:
dare ordini.
-Seppellisci questo poveraccio. Con tutti i
grattacapi che mi ha causato in passato, è ingiusto
lasciarlo lì senza neanche una tomba.-
Detto ciò, si allontanò
zoppicando all'interno del complesso, non aspettandosi alcun tipo di
risposta.
Passò più di un'ora prima che
il ragazzo dal volto generico la raggiungesse davanti al banco della
frutta su cui si era seduta. Il giovane esitò visibilmente
per qualche secondo - era chiaro che avesse tante cose da chiedere e
che stesse dando peso a ogni frase che formulava. Forse fattosi
coraggio, iniziò a parlare, scandendo ogni parola in modo
chiaro e rallentando la frase.
-Visto che probabilmente hai intenzione di
uccidermi comunque e mi rimane poco da vivere...-
-Ancora la storia degli occhi, vero?- lo
intercettò bruscamente.-
Altro attimo di esitazione.
-...quello, e molte altre cose. -
Il serpente sulle sue spalle ciondolò a
sinistra e a destra, squadrando il ragazzo. L'istinto predatore del
rettile era ben chiaro, ma l'attacco avvenne sotto forma verbale invece
che fisica.
-Lascia che te la faccia io una domanda. Si
può sapere cosa ti ha fatto pensare che startene nel mezzo
di un supermercato durante un attacco dei Black Saints fosse la cosa
migliore da fare?-
Il giovane fu chiaramente colto in castagna. Si
portò la mano al mento e inserì l'indice tra i
denti, mordicchiandoselo in segno di frustrazione.
-...sono il tuo capo supremo e stavo controllando
il tuo operato di persona?-
Lo guardò con tutti i suoi occhi,
compresi quelli che non funzionavano. Un attimo dopo, una risata
fragorosa quanto frustrata si sparse in tutto il complesso.
-Bel tentativo!- si sarebbe strofinata via una
lacrima, se il suo volto non fosse stato coperto dalla maschera-Ma
l'ultima volta che ho visto il Santo non ti somigliava per niente!-
Il ragazzo iniziò a ridacchiare per
simpatia, poi si ritrovò a pochi centimetri dal volto un
paio di occhi coperti che lo fissavano. Queen Cobra, anche con una
gamba rotta, era comunque molto rapida, se voleva esserlo.
-Ti ho già detto, non mi piace essere
presa in giro. Lavori per qualcuno? Per Phantasm, magari? Gli ORCA? O
sei un'altra spia della Excalibur?-
La tensione era così alta che qualche
mosca cadde a terra fulminata. Il ragazzo strinse i denti e si
mordicchiò il labbro, avvertendo l'istinto omicida che
proveniva dalla donna contrariata.
-E-ero lì a rubacchiare!- cedette, alla
fine- Ho visto che se ne andavano tutti e mi sono detto "ehi,
nessuno si accorge che manca qualcosa se non c'è nessuno ad
accorgersene"! P-poi vi ho visti combattere e mi sono
nascosto...-
Silenzio. Sia gli occhi della maschera che quelli
del serpente lo scrutarono con insistenza, alla ricerca di un punto
debole che non trovarono.
-Un ladruncolo, eh? Ti chiamerò Kaito.-
pronunciò con sufficienza.
Il ragazzo sbatté le palpebre, perplesso.
-Veramente mi chiamo...-
-Non ha senso che impari il tuo nome.-
ribatté Queen Cobra impassibile, allontanandosi da lui e
appoggiandosi di nuovo sul bancone -Tanto da qui in poi si possono
verificare due cose: o ci trova prima la Excalibur e ti salvano da me,
o arriva prima la mia squadriglia e ti catturano. Potrei anche stufarmi
e ucciderti per conto mio, se mi fai arrabbiare: ringrazia che avevi
ragione per quanto riguarda la compagnia. In ogni caso, non finisce
bene per uno di noi e non ci incontreremo mai più, quindi
non mi interessa sapere il tuo nome.-
Il ragazzo ribattezzato Kaito lasciò
andare un sospiro, poi parlò:
-Va bene, va bene. E quando dovrebbero arrivare, i
membri della tua squadriglia? Secondo te hanno idea che tu sia ancora
viva, qui sotto?-
Queen Cobra non batté ciglio. Non
dovette neanche effettuare un gesto: Agni scivolò
sinuosamente giù dal suo corpo e si fece strada tra gli
scaffali.
-La mia dolce metà andrà in
esplorazione.- annunciò -Se esiste un modo di portarci fuori
da qui lo troverà, altrimenti raggiungerà uno dei
nostri contatti e farà rapporto sulla mia posizione. Se fai
il bravo ti farò dare un passaggio fuori, sempre se non ti
dia fastidio servirmi per tutto il resto della tua patetica vita umana.-
Kaito fece per dire qualcosa ma si trattenne: era
chiaro che Queen Cobra avesse il coltello dalla parte del manico.
Scosse la testa e iniziò a darsi da fare, mentre la donna
serpente lo fissava con sguardo divertito.
Vedere Kaito muoversi con attenzione nel
supermercato isolato da una posizione privilegiata (per quanto potesse
essere privilegiato un posto a sedere risicato tra le verdure fresche)
era una gioia per i due occhi che le erano rimasti: nei Black Saints
qualcuno con uno spirito di iniziativa del genere mancava proprio,
specialmente perché tutti i loro sottoposti erano quasi
letteralmente automi senza cervello. Nel giro di qualche minuto lo vide
montare nel reparto ortofrutta una cucina da campo abbastanza solida e
accennare l'inizio di una cena a base di verdure sciacquate con acqua
in bottiglia.
-Mangi qualcosa?- le domandò.
-Non le verdure.- rispose lei, specificando
indirettamente la sua dieta carnivora.
-La verdura fa bene.- replicò lui,
affettando delle carote usando sia un tagliere che un coltello nuovi di
zecca, presumibilmente presi in prestito al reparto casalinghi - Non so
da che pianeta provieni, ma se sei comunque una forma di vita basata
sul carbonio dovresti essere in grado di mangiarle.-
Il ragazzo ridacchiò da solo,
aspettandosi una risposta. La donna rimase in silenzio.
-”Forma di vita basata sul
carbonio”. Parli in modo un po strano per un ladruncolo,
Kaito.- replicò lei sorniona come un gatto che gioca col
topo.
-Non hai idea di come io sia finito a fare il
ladruncolo.- ribatté lui, ridacchiando in modo nervoso.
Forse vederlo trafficare lo aveva reso
più simpatico ai suoi occhi, forse l'idea di poter uscire da
li l'aveva solo calmata: in ogni caso, il pensiero di provare a
tollerarlo aveva iniziato a sfiorarla. A conti fatti, nel giro di
qualche giorno si sarebbe liberata di lui o lo avrebbe reso suo
schiavo, quindi tanto valeva raccontargli con chi aveva a che fare: non
sarebbe mai stato testimone delle sue parole.
Decise di rispondere alla domanda che non aveva
fatto.
-Beh, tanto perché tu ti
faccia un'idea su di me... -
-Vuoi parlarmi dei tuoi occhi?-
Avrebbe voluto avere ancora con sé la
frusta e punirlo per l'interruzione, ma lasciò correre.
-Si, i miei occhi. Non sono nata cieca, ho
scambiato la mia vista per un potenziamento alle capacità
innate della mia specie quando mi sono unita ai Black Saints.-
-Ti sei resa cieca per poter ipnotizzare meglio la
gente?- azzardò lui. Gli arrivò una rapa sulla
camicia.
-Non sai proprio cosa vuol dire stare zitto e
ascoltare, vedo. Maleducato, mi auguro che tu impari prima di finire
sotto il mio comando, o sarà peggio per te.- lo
minacciò -Comunque no, le mie capacità ipnotiche
non hanno subito alcuna modifica. L'operazione ha migliorato il mio
senso del tatto e della percezione dei movimenti. Fai a pezzi un
cuscino e io ti dirò esattamente quante piume stai lanciando
in aria.-
-Quindi se sto fermo, tu non mi vedi?- chiese.
Queen Cobra portò la mano buona all'altezza della propria
tempia, indicandola.
-E' per quello che l'operazione ha anche
sincronizzato la mia vista e i miei pensieri con quelli di Agni.-
chiarì.
-Ecco... il serpente. -riprese lui, continuando ad
affettare le verdure.-E' per una questione tematica o serve davvero a
qualcosa?-
-A parte due occhi extra, mi permette di
assoggettare gli umani a distanza, e mi copre le spalle quando uso
l'ipnosi diretta, visto che devo usare i miei veri occhi e rimango
scoperta.-
Il silenzio si fece sentire per qualche attimo,
interrotto soltanto dallo sbattere del coltello sul tagliere. Poi anche
quel suono si fermò. Il ragazzo iniziò a
balbettare qualcosa, Queen Cobra lo invogliò.
-Allora, vuoi sapere qualche altra cosa sui miei
poteri di cui cercherai di abusare durante un tentativo di fuga che si
rivelerà comunque inutile?- lo provocò, un ghigno
propriamente da rettile dipinto sul suo volto- Chiedi tutto quello che
vuoi, avanti.-
-Perché...- iniziò Kaito con
insicurezza - Perché ti sei sottoposta ad una cosa del
genere? Perché sei nei Black Saints? Una ragazza giovane
come te...-
Queen Cobra si spinse in avanti, cercando di
cambiare posizione di seduta ma non riuscendovi a causa delle fratture,
e lo neutralizzò con una semplice frase:
-Non cominciare. Non mi considerare una "ragazza"
solo perché ho un viso che ritieni carino. Non siamo neanche
della stessa specie.-
-...va bene.-
-In ogni caso, è una questione di
famiglia.- chiarì- Mia madre, e sua madre prima di lei,
hanno giurato di servire il Santo in onore di un vecchio debito. E
questo è tutto quello che so, la mia memoria è
stata rimossa insieme alla mia vista cinque anni fa per sincronizzarmi
con Agni-
Kaito ebbe un sussulto.
-Ma è orribile!-
-Mah.- ribatté la donna in verde,
scrollando le spalle -Quando non hai ricordi, non hai niente a cui
legarti. E se fai un lavoro come il mio, avere qualcosa a cui sei
legata può essere una debolezza.-
Lo sguardo inquisitore di Kaito si era tramutato in
due occhi pieni di orrore e pietà, ma a Queen Cobra non
importava: in fondo, quel ragazzo era solo un passatempo temporaneo,
puntava a sconvolgerlo il più possibile e a vedere quanto
durava.
Il silenzio durò ancora per qualche
istante, poi lui abbassò lo sguardo e affermò:
-... Quindi, anche tu sei una vittima. Non sei
diversa dalle persone che ipnotizzi.-
-Vittima?- ripeté lei con genuina
curiosità, inclinando il capo da un lato e indicandosi con
la mano buona -Io sono stata scelta per servire
direttamente sotto il Santo, e tu credi che io sia una vittima?-
-Forse non tu...- esitò lui, per poi
procedere con chiarezza- ma la ragazza che é morta il giorno
che hai fatto l'operazione si. Possibile che non ti interessi sapere
niente di chi fossi prima di...-
Per mancanza di parole esaurienti, la
indicò con tutta la mano.
-Di essere questo?-
Lei, per tutta risposta, ridacchiò con
fare sinistro. Più lui provava disagio, più
soddisfazione le dava.
-Per niente.- scosse la testa con fare dolce in
segno di negazione, come per far capire ad un bambino quanto sia
sciocco il suo punto di vista-Un guerriero legato al passato
è utile come un secchio bucato. E' lo stesso motivo per cui
la prima cosa che faccio ai miei Corallo quando li ipnotizzo
è dar loro una nuova identità. Neanche loro si
ricordano chi sono, e infatti mi servono con una fedeltà
cieca. E poi, francamente... la mia precedente personalità
non doveva essere poi così importante, se hanno deciso di
cancellarmela.-
Kaito cercò di rispondere per
più di una volta, esitando sempre di più, ma alla
fine cedette. Dopo qualche istante di indecisione, spense il fornello e
si avviò fra gli scaffali.
-Dove vai?- gli domandò, delusa
dall'idea che il gioco finisse lì. Lui le rispose con tono
spento, ormai svanito dietro uno degli scaffali.
-A vedere se è sopravvissuta una
bottiglia di liquore o qualcosa di simile. Si accompagna meglio delle
verdure a quello che mi stai dicendo.-
-Prendi qualcosa pure per me!- lo
provocò con aria divertita.
Infastidire la gente con la verità era
la sua specialità. Il ragazzo voleva sapere? E avrebbe
saputo...
"-Aaaah! Cosa é quel--ghh! Il
mio.. Il mio corpo... Mi sento strana...no! Non avvicinarti! Nooooo!"
-Ugh....-
Si risvegliò ancora seduta a fianco del
banco delle rape, con la testa che le girava e lo stomaco sottosopra.
Davanti a lei, sul banchetto che Kaito aveva allestito per cucinare,
troneggiavano due bottiglie vuote di rum.
Si ricordò che, nonostante non mangiasse
come una persona normale, sostanze come l'alcol o la nicotina avevano
comunque un effetto inebriante sul suo corpo, sebbene ridotto rispetto
a quello di quegli stupidi, inferiori umani. Improvvisamente si rese
conto di dove fosse finito quel rum.
-Quanto ho...-
-Quasi due bottiglie intere.- replicò
una voce maschile dietro di lei. -Ed ero io, quello che voleva
ubriacarsi.-
Le parole di lui rimbombarono nella sua
cavità auricolare come una batteria da cucina che cade
giù per le scale. Si portò la mano sinistra alla
fronte, incontrando la crepa sul casco.
-Ugh, stai zitto Kaito. -Gli intimò. -Mi
gira la testa...-
Il ragazzo spuntò da dietro il bancone,
le si sedette vicino, sospirò e la guardò con due
occhi pieni di pietà.
-Immagino tu non voglia sapere cosa mi hai detto,
vero?-
No, non voleva saperlo, visto che ricordava
più o meno ogni cosa. Lo aveva preso in giro per la sua
debolezza di essere umano per qualche ora mentre lui ribatteva dicendo
che i ricordi e le memorie erano importanti. Non era stata carina, ma
in fondo che le importava? Lui era soltanto un essere umano e presto
sarebbe stato o un cadavere o un suo schiavo, la sua opinione valeva
meno di zero.
-Quanto ho dormito?- domandò.
-Credo... Otto ore.- disse lui, guardando
l'orologio del cellulare. Per un attimo pensò di riprenderlo
per aver avuto un telefono per tutto quel tempo senza chiedere aiuto,
ma non ci voleva una vista telescopica per capire che non c'era campo.
In ogni caso, era una buona notizia.
Scattò in piedi, e si strappò
di dosso le bende che le coprivano la gamba, togliendosi l'imbragatura.
Con qualche rapido movimento dimostrò la propria guarigione
dalle ferite.
-Oh...- azzardò Kaito, chiaramente
sorpreso. -guarisci in fretta.-
-Il braccio ci metterà un pò
di più. La ferita è scomposta, quindi il mio
corpo deve prima capire come riallineare il tutto.- replicò
lei, puntando il polso destro con l'indice sinistro. -Puoi provare a
scappare se vuoi, posso inseguirti ma non posso afferrarti.-
Kaito sospirò, e parlò con
pura disperazione:
-Scappare dove? Parlare con te mi ha tolto la
voglia di farlo. Se proprio vuoi uccidermi fallo pure. E pensare che
quando ero piccolo e guardavo i tokusatsu facevo il tifo per i cattivi.-
-Mondo vero, cattivi veri. La TV umana è
solo una parodia, in fondo- si limitò a rispondere lei,
mentre recuperava lo stivale da terra e chiudeva la zip con qualche
difficoltà, per poi tirare un paio di calci all'aria per
testare la gamba. Il suo piede destro colpì uno scaffale
vuoto, provocando un'ammaccatura visibile e spedendolo a terra in un
accartocciarsi di metallo e plastica. Guardò il disastro con
aria soddisfatta finché l'immagine secondaria che vedeva nel
cervello si fece interessante, dandole finalmente la speranza di uscire
da li.
-Agni ha trovato un'uscita abbastanza grande per
lui. Lo manderò in avanscoperta.-
Percepì Kaito, alle sue spalle gettare
una mano dietro la schiena per indicare la noncuranza del messaggio nel
più completo silenzio.
Si voltò verso di lui con un ghigno
dipinto sul volto e lo provocò:
-Che c'è, chiacchierone? Stanco di
parlare?-
Era di umore decisamente migliore,
perciò decise di dar fondo al suo carattere nel modo
peggiore possibile e di divertirsi un po'.
Si avvicinò a Kaito ondeggiando i
fianchi e gli si sedette in grembo, spogliandosi durante il percorso
del resto dell'armatura leggera che la copriva e mettendo in mostra
spalle femminili coperte appena da un sottile strato di tessuto verde
iridescente, un seno piuttosto formoso pur non essendo esagerato,
braccia affusolate che terminavano in unghie colorate di rosso vivido
affilate come rasoi su lunghe dita da pianista. Il ragazzo era
illeggibile - rassegnato, spaventato, seccato? - ma lei non dava peso
alla cosa, averlo in suo potere era già da solo una
ricompensa, e non lo aveva nemmeno dovuto ipnotizzare!
Gli gettò le braccia sulle spalle e
iniziò a muovere i fianchi in modo sensuale, strofinandosi
sul suo inguine nel tentativo di causargli un erezione.
-Tutto a posto, Kaito?- si rivolse a lui con un
tono a metà tra lo scherno e l'interesse. -La cosa che
questo bel faccino non sia una povera ragazza confusa ma sia
genuinamente un'egoista scaltra e individualista non ti mette a tuo
agio?-
Per dare enfasi alle sue parole decise di aprire la
maschera che le copriva gli occhi con un semplice controllo mentale.
Kaito si trovò davanti un giovane volto dal naso un po'
largo e gli zigomi a malapena pronunciati, ma da un aspetto unico e una
bellezza quasi occidentale, con labbra rosso carminio ben delineate e
una mascella un po' a punta. Due occhi ciechi da rettile sovrastati da
sopracciglia curve e adornati da ombretto multicolore lo guardavano e
si facevano sempre più vicini, sempre più
vicini...
-Sai, potresti diventare il mio giocattolo, se
decidi di servirmi di tua spontanea volontà - gli propose
lei, ad una distanza così ravvicinata da sfiorarlo con le
labbra. -Verresti a vivere con me all'avamposto. Saremmo tutti e due
contenti: tu te la caveresti, io avrei qualcuno a farmi compagnia in
quelle lunghe e noiose notti.-
Il ragazzo scosse la testa.
-...p...per favore...- esitò, cercando
di ricordare il nome con cui si era presentata -...Q-Queen Cobra...?-
-Puoi chiamarmi Reginetta se vuoi, in fondo
sarò sempre la tua regina, se vuoi essere il mio schiavo.-
gli sussurrò, prima di dargli un bacio a stampo sulle
labbra. Ghignò, e si allontanò quasi di scatto,
producendosi in una risata gelida e agghiacciante.
Pensava di averlo scosso, eccitato, o qualsiasi
tipo di reazione, ma l'essere temporaneamente cieca non le fece vedere
l'espressione impassibile sul volto del giovane, il che rese il
commento che ne seguì ancora più fastidioso.
-Sei proprio una cattiva da operetta.-
-Eh?- replicò lei quasi immediatamente,
colta alla sprovvista. Pensava di stare guidando il gioco, e invece...
Chiuse la visiera e colse finalmente il volto
seccato di Kaito. Per la prima volta da quando era iniziata quella
strana storia, rimase perplessa.
-Chi diavolo è cattivo solo per il gusto
di esserlo?- cominciò quindi lui, seccato di trovarsi in
quella situazione -Mi hai detto così tanto di te, ma non ti
sei fatta qualche domanda su di me, vero? Se sapessi le persone che ho
incontrato, “Reginetta”. - lo sdegno nella sua voce
era quasi palpabile -Anche i peggiori sociopatici hanno una ragione per
esserlo, per quanto distorta. Tu, invece... sembra che qualcuno ti
abbia scritto un ruolo e tu ti sia calata nel personaggio!-
Il visino gentile da orientale perplessa si
tramutò prima in una smorfia di sorpresa, poi in
un'espressione di rabbia che passò subito all'attacco.
-Cattiva da operetta lo dici a tua...-
Ma i postumi della sbornia finalmente raggiunsero
di nuovo Queen Cobra, che tutto d'un tratto sentì il bisogno
di vomitare. Farlo a getto sul suo interlocutore sarebbe stata una
bella rivincita, ma nonostante tutta la sua cattiveria "da operetta" si
riteneva comunque una persona con una certa classe, e non gli avrebbe
dato la soddisfazione di vederla in quello stato: si limitò
a coprirsi la bocca, allontanarsi velocemente e scaricare un misto di
alcol, succhi gastrici e resti di cibi vari sui vicini resti dello
scaffale.
-...patate fritte... Perché diavolo ho
mangiato patate fritte?- la sentì commentare Kaito.
Per spirito di galanteria il ragazzo si
alzò e la raggiunse, ma a metà tragitto la donna
dagli occhi da rettile sembrò accorgersi di qualcosa, e si
alzò di scatto.
-Agni....-
Gli occhi finti di Queen Cobra si voltarono e
incontrarono lo sguardo confuso di Kaito. Poggiò la mano
sana sull'elmo, cercando di concentrarsi, ma...
-Non... Non riesco più a sentire Agni.
Non vedo tramite i suoi occhi. Non-non percepisco la sua posizione.-
constatò lei, confusa quanto lui, cedendo al panico.
Kaito sbatté le palpebre e
tirò indietro la testa, stupito ma ancora non interamente
conscio di cosa stava accadendo.
-Forse ha... Un raggio d'azione, o...-
-Si, di dieci chilometri!- rispose bruscamente la
donna, dirigendosi verso il loro accampamento improvvisato e sedendosi
per l'ennesima volta sul bancone che era diventato il suo giaciglio
-no, qualcosa ha interrotto il contatto, e c'è solo un...-
Gli ingranaggi nel suo cervello finalmente
arrivarono ad una conclusione. Queen Cobra si buttò in modo
poco aggraziato tra le rape, una smorfia di disperazione visibile su
quel poco che aveva scoperto di volto.
-Beh, sembra proprio che mi tocchi morire qui.-
Kaito cercò di dire qualcosa, con
genuina preoccupazione, ma lei lo bloccò sul nascere.
-Se non riesco più a percepirlo, Agni p
sicuramente morto. A questo punto gli unici che possono salvarci
è la Excalibur, in tale caso finirei probabilmente sezionata
nei loro laboratori o nel migliore dei casi sbattuta in una cella a
prova dei miei poteri. Potremmo anche restare chiusi qui e morire di
fame e sete dopo esserci mangiati tutto il supermercato, ma in ogni
caso, sono finita.-
Lanciò un lungo sospiro e si
voltò verso il ragazzo dal volto generico. Lo vide esitare,
quindi decise che forse era meglio puntualizzare:
-Prima che tu te lo chieda no, non ho intenzione di
chiederti di fare sesso un'ultima volta, frena i bollenti spiriti.-
-No, stavo pensando...- replicò lui
noncurante delle parole di lei, grattandosi la testa -Magari potremmo
allargare il passaggio di Agni. Tu sei più forte di un
essere umano normale, no? Hai un braccio rotto, ma posso aiutarti io.
Forse potremo..-
-Forse potremo bla bla bla bla.- gli fece il verso
con la mano-Credi che io mi abbassi a chiedere aiuto ad un misero umano
come te? Sei proprio fuori strada. Preferirei davvero che arrivasse
l'Excalibur, almeno me ne andrei tranquilla in un bel laboratorio
sapendo di non essere scesa a compromessi col nemico.-
Kaito la guardò strabuzzando gli occhi,
ed esplose.
-Piantala con questa storia del
misero umano!- urlò, la voce che rimbombava nel locale.-Ma
si può sapere che hai nella testa!? Un giorno sembri sicura
di te e mi deridi tutta la notte, il giorno dopo sei disfattista e
decidi di lasciarti morire tra le rape! Mi correggo, non sei una
cattiva da operetta, sei soltanto una codarda che fa la forte quando si
trova in vantaggio!-
Le parole di Kaito, forse, arrivarono da qualche
parte. Queen Cobra rimase nell'apatia più totale per qualche
secondo, poi si mise a sedere lentamente.
-Come osi.- ruggì con calma la donna, la
sua voce ridotta quasi ad un sibilo gelido. -Ho accettato di buttar via
il mio passato per rispettare un patto stipulato prima che io nascessi.
Ho combattuto i miei nemici senza tirarmi indietro per cinque lunghi
anni. Mi sono sacrificata per riportare a casa dei semplici soldati
sotto il mio controllo. Sono stata fedele al Santo e al Consiglio,
senza mai disobbedire... E tu mi dai della codarda?-
Scattò in piedi, e coprì la
distanza che li separava in meno di un istante. Afferrò
Kaito per il bavero della camicia e lo sollevò,
rivolgendogli un'espressione di rabbia che lui poteva leggere solo
tramite quelle labbra rosse digrignanti.
-Facciamo così.- cominciò
lei, tremando dal nervoso.-Andiamo a liberare quello stupido passaggio.
Una volta in superficie, ti darò un minuto di vantaggio, e
dopo averti raggiunto ti staccherò un braccio, lo
userò per romperti il resto del corpo e poi te lo
farò ingoiare. Ora seguimi, e non discutere.-
Il giovanotto si ritrovò improvvisamente
di nuovo con i piedi per terra, seguito da un suono di tacchi che si
allontanavano. Kaito osservò i fianchi di lei ondeggiare
verso una zona più buia del supermercato, e
commentò a bassa voce, ormai sicuro di non essere sentito.
-Proprio una cattiva da operetta...-
Il passaggio era effettivamente troppo stretto per
permettere a qualcosa più grande di un gatto di scivolarci
dentro, ma dopo diverse ore di lavoro congiunto, Kaito e Queen Cobra
riuscirono a intravedere, oltre alla parete rocciosa, qualcosa di
più grande.
-Io lo conosco questo posto.- commentò
la donna rettile, dopo aver sfondato con un calcio gli ultimi
centimetri di roccia. -E' una delle vecchie basi di Phantasm.-
-di... cosa?-
-Un'altra organizzazione che condivideva il nostro
obiettivo.- rispose lei, facendosi strada tra i detriti e raggiungendo
un corridoio più grande -Si sono divisi dai Black Saints una
decina di anni fa e hanno cominciato ad agire per conto proprio. Vorrei
sapere se hanno costruito questa base sotto il centro commerciale, o
viceversa.-
Kaito fece capolino dal buco con un pò
più di fatica della sua improvvisata compagna.
-Quindi c'e un modo di uscire?- domandò
retoricamente.
Lei si guardò attorno dubbiosa. Da un
lato c'era una lunga scalinata in discesa che portava chissà
dove... L'altro lato, in salita, prometteva bene.
-Credo di si.- affermò.-Al limite
avranno sigillato l'uscita, ma non dovremmo aver problemi a... problemi
a...-
Queen Cobra esitò per un istante, poi
iniziò a vacillare. Il suo mondo si fece sottosopra, prima
che le ginocchia cedessero e si trovasse a cadere in avanti.
-Ehi, reginetta!- esclamò Kaito,
lanciandosi a raccogliere al volo la giovane donna, risparmiandole
l'impatto col terreno.
-Mi sento un po' stanca.- constatò, le
sue parole sempre più scoordinate.- Forse dovrei mangiare
qualcosa.?-
Ma la natura del suo malessere era tutt'altro che
alimentare. Kaito ebbe modo di rendersene conto poggiandole la mano sul
collo, cosa che lo spinse subito dopo a toglierle il casco e a metterle
la mano sulla fronte.
-Ehi! Ti ho detto di non...- lo
apostrofò, ma lui la interruppe.
-Stai bruciando. Hai la febbre altissima.- le
spiegò.
-Non è vero, sono a sangue freddo....-
Ma le parole le mancarono, come se il suo cervello
si rifiutasse di terminare la frase. Subito dopo qualcosa le rimise il
casco e la sollevò da terra.
-Dobbiamo tornare nel supermercato.-
spiegò Kaito, caricandosela sulle spalle a mo' di
cavalluccio -Hai bisogno di... qualcosa. Riposo, medicine, qualsiasi
cosa.-
-Ma ormai siamo all'uscita....- mugugnò
lei.
I sobbalzi nel tunnel le provocarono ulteriore
malessere. Kaito la sentì tossire e vomitare per tutto il
tragitto, intervallato da tentativi di comunicazione che finivano in
discorsi trascinati e privi di senso. Solo una volta tornati
all'accampamento la lasciò a terra, poggiandole la testa
sopra lo zaino.
-Vado a prendere degli antifebbrili, tu resisti.-
le disse rialzandosi, dopo essersi assicurato di averla messa al sicuro.
-Ehi... ehi...- iniziò a dire lei, senza
accorgersi di essere rimasta sola.
Non riusciva più ad interfacciarsi con i
visori sul casco, e le sue percezioni potenziate si attivavano e
disattivavano a casaccio come una torcia dalla batteria scarica. Ma
ormai aveva trovato le parole da dire, e non sapeva se sarebbe riuscita
a dirle a Kaito, quindi le rivolse nel vuoto, con il fiato che le
rimaneva.
-Perché.... ti preoccupi per me...? In
fondo, io sono... tua... nemica...-
Il mondo si fece più scuro, e chiuse gli
occhi per l'ultima volta.
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Capitolo 2 *** Il risveglio ***
Michiru
riprese conoscenza, in preda alla confusione. Non era tanto l'essere
completamente nuda ed incatenata su un tavolo operatorio gelido a
metterle paura, né le figure anonime nella sala, coperte
solo da una tuta rossa e da un casco che sembrava quasi una maschera,
né tantomeno l'uomo sulla sedia a rotelle ai piedi del
tavolo accompagnato da una donna dai tratti occidentali vestita
interamente di bianco: era la sensazione di qualcosa di gelido,che le
scivolava sul corpo, come... come un...
Abbassò
lo sguardo e lo vide: un cobra di un verde iridescente le stava
scivolando sul corpo, vicino ai seni scoperti. Iniziò a
dimenarsi, ma il rettile non si scollò.
-Eeeek!
Cosa-cosa è quello!? Chi-chi siete!?- Urlò,
mentre il terrore prendeva il posto del disorientamento.
Sentì
una sommessa risata femminile, e la attribuì alla donna in
bianco. L'uomo rimase in silenzio, osservandola con occhi glaciali.
-Mi
piacerebbe intrattenerti raccontandoti tutto... Ma abbiamo poco tempo,
e che tu sappia o meno queste cose a breve non avrà
più importanza.- affermò la donna in bianco con
fare compiaciuto in un Giapponese privo di accento, sorprendendola-
Sappi solo che i Black Saints hanno bisogno di Queen Cobra, nel bene o
nel male, e che sei molto fortunata a ricoprire questo ruolo. Corallo
12, Corallo 15, procedete con l'operazione.-
Al
suono di "sissignora!" i macchinari nella stanza si accesero l'un
l'altro, iniziando a riprodurre una vibrazione sommessa. Il cuore di
Michiru batteva a mille - chi erano queste persone? Cosa le volevano
fare? La voce elettronica diffusa nell'aria non portò
chiarimenti, solo altri dubbi.
Il
processo di trasformazione sta per avere inizio. Attivazione
unità Agni avviata, Iniezione del fluido di modifica
cellulare in 10...9...
Il
conto alla rovescia non prometteva nulla di buono. Michiru si
dimenò con tutta la forza che aveva in corpo,
gridò, sbatté la testa sul tavolo nel tentativo
di almeno svenire per risparmiarsi qualsiasi cosa le stesse per
accadere. Solo quando il conto si avvicinò allo zero chiuse
gli occhi per il terrore, e non appena terminò qualcosa le
trafisse il collo.
Cercò
di urlare, ma una sensazione fortissima la travolse interamente. Non
era dolore, non era piacere, non era estasi, ma qualsiasi cosa fosse
perse temporaneamente il controllo del suo corpo, dimenandosi e
tremando prima di abbattersi di nuovo priva di energie sul tavolo
operatorio.
Modifica
cellulare in corso: stima prevista 8 ore. Compatibilità
nanomacchine al 99,2%. Formazione nanotuta in corso.
-Io...il
mio corpo... mi sento... strana...-
Non
riusciva a vederlo, ma sul suo intero corpo si stava andando formando
una sottile membrana di colore verde olivina che andava ricoprendola
interamente, lasciando all'aria soltanto dalla nuca in su. La vista le
si fece annebbiata, la testa le girava, ed un piacere intontito si
diffuse nel suo corpo, come se tutte le sue membra stessero pizzicando
allo stesso momento. Respirava affannosamente, lasciando andare ogni
tanto, privi di ogni controllo, dei versi simili a risate sommesse. Il
tempo si fermò, o forse accelerò tutto insieme, e
non si accorse che l'operazione si stava protraendo per ore ed ore.
Poi,
tutto d'un tratto, cessò. Qualsiasi cosa le stesse
accadendo, era terminata. La sua vista era chiara, il suo cervello
libero di pensare. Cercò di mettersi a sedere, riscoprendosi
ancora incatenata... ma, stranamente, quelle pesanti manopole ora erano
molto più leggere. Vide per la prima volta il suo nuovo
aspetto squamato, e notò degli strani movimenti sulla
membrana che copriva ora la sua pelle.
-Eeek!-
Gridò, cercando di passarsi la mano sul petto per togliere
l'orrore che la stava coprendo e rendendosi conto che la catena era
troppo corta.
-Piano,
piano, si sta assestando!- le annunciò la voce femminile
-Non vorrai mica che rimanga qualche punto scoperto, no?-
Ansimando
di nuovo, stavolta per il panico, si fermò a guardare il
proprio torace, facendo appello a tutte le proprie forze per liberarsi
dalle catene. I movimenti si andarono fermando, costruendo strani
tratti sul suo corpo a mò di decorazione, tratti che
assunsero colori scarlatti e dorati che si stagliavano sulle sue squame
verdi.
-Cosa...
Mi avete fatto!!?- trovò finalmente la forza di domandare,
mentre le lacrime le si andavano accumulandosi agli angoli degli occhi.
Il suo
sguardo si volse prima verso il serpente che l'aveva morsa che
continuava a strisciare su di lei come per marcarne la
proprietà, e dopo, forse troppo tardi, verso la donna
vestita di bianco che si avvicinava a lei, tenendo qualcosa dietro la
schiena.
-Oh,
non ti preoccupare.- Iniziò lei con una voce calda ed un
tono che lasciava intuire quanto la situazione la divertisse.-E' solo
una nanotuta. Se è comparsa, vuol dire che l'operazione
è andata a buon fine e che i fluidi dell'unità di
controllo hanno finito di ristrutturare le tue cellule. Non ti devi
spaventare, ora sei in grado di fare moltissime cose...-
La
donna in bianco rivelò l'oggetto che teneva nascosto mentre
un ghigno le si dipingeva sul volto: era una specie di casco dei colori
della sua tuta. Come lo vide rabbrividì: non sapeva a cosa
servisse, ma aveva l'impressione che se fosse finito sulla sua testa
non sarebbe più potuta tornare indietro.
-Ma
hai bisogno di questo per imparare ad usare il tuo nuovo corpo. Non ti
preoccupare, durerà solo un attimo, poi sarai fiera di
indossare quella divisa, quando il tuo piccolo cervellino
sarà finalmente libero di esprimersi per quello che
è.-
Michiru
riprese a dimenarsi per la disperazione, finché qualcosa non
le afferrò il collo, impedendole di muoversi. La donna
ridacchiò e le avvicinò gradualmente il casco
alla testa, prendendosela comoda solo per godersi il momento.
-No!
Non ti avvicinare! Noooooo!-
La
spoglia mortale di Queen Cobra scattò a sedere, urlando e
ansimando, passandosi le mani sul volto e sul corpo in modo frenetico
come per cercare di scacciarsi qualcosa di dosso. Sentire il rumore dei
passi alle sue spalle le passò completamente di testa,
così come il fatto che il ragazzo davanti a lei stesse
cercando di tranquillizzarla.
-Hey,
reginetta! Calmati! Calmati!-
I
tentativi di lui di afferrarle le mani furono vani - era troppo veloce
e si muoveva con troppa forza. D'un tratto, lui lanciò un
urlo insieme a lei, una voce forte e disperata che coprì
interamente la sua. Forse fu quello a farle capire
l'assurdità della situazione, e pian piano si
fermò, proprio nell'attimo in cui lui le afferrava le mani.
Si
guardò attorno respirando con forza, in preda alla
confusione. Era ancora nel supermercato, viva e in salute, soprattutto.
Il suo sguardo si posò sul volto di lui, un ragazzo come
tanti con un cappello a visiera e i vestiti coperti di polvere e vomito.
Poi lo
riconobbe.
-K-Kaito?-
-Ti
avevo data per morta.- rispose lui, sollevato - hai avuto la febbre
altissima per due giorni, ti ho iniettato di tutto e di più
per cercare di tenerla sotto controllo, ma come passava l'effetto della
tachipirina tornavi sopra i 40... Il tuo cuore ha smesso di battere
cinque minuti fa. Cos-cosa é successo?-
Cosa
era successo? Bella domanda, se la stava facendo pure lei! Il suo
cervello stava impazzendo per fare il punto della situazione, ma non
riusciva a darvi un senso, portando alla sua bocca solo parole
sconnesse.
-io...
Non...-
Vide
il proprio braccio ancora fasciato e vi tolse la benda con un gesto
deciso, notando che era completamente guarito. Aprì e chiuse
la mano per vedere se era tutto a posto... e fu solo li che si accorse
che non stava indossando il casco.
-Io...
io ci vedo!?- constatò esterrefatta, portandosi la mano
guarita davanti al volto.
Il
giovane che aveva davanti la scrutò in volto. Lei lo vide
assumere un'espressione sorpresa con un po' di malinconia di
sottofondo, e lo sentì pronunciare:
-Reginetta...
I tuoi occhi... I tuoi occhi sono...davvero belli.-
Fu
presa da un imbarazzo che era sicura di non provare da anni. Kaito
prese uno specchietto segnalatore dallo zaino e glielo mise davanti. Fu
li che si vide.
Non
più sguardo cieco da rettile, né labbra
scarlatte, né ombretto pesante. Il suo volto era
completamente pulito, e i suoi occhi erano diventati due pensosi globi
scuri che si osservavano nel riflesso coperti di sgomento.
Gli
strappò forzatamente lo specchio e si fissò,
avvicinando l'altra mano al proprio volto. Si, le unghie erano ancora
rosse e affilate, ma la sua faccia aveva perso quei caratteri freddi e
sembrava completamente diversa, sebbene fosse uguale a prima. Poi, lo
disse.
-Michiru....io...
io mi chiamo Michiru Kato....-
No,
non era stata privata della sua memoria in un sacrificio a cui si era
sottoposta per servire il Santo. La sua identità, la sua
vera identità, era stata messa da parte per fare spazio a
quella fittizia di Queen Cobra, costruita come essere di una
malvagità fine a se stessa. I ricordi non le invasero la
testa come una cascata, ma andarono pian piano al loro posto con
delicatezza come fiocchi di neve, affiancandosi alle memorie della
personalità spietata che aveva avuto il controllo del suo
corpo fino a quel momento.
Rivisitò
mentalmente la propria storia. Michiru Kato, 16 anni, ma questo cinque
anni prima - ora doveva averne 21. Vegetariana, frequentava il liceo.
Niente fidanzato, voti sopra la media, una sorella minore, madre
casalinga, padre impiegato che vedeva una volta al mese e solo se
l'azienda glielo permetteva. E poi, dopo il fatidico momento in cui fu
sottoposta forzatamente all'operazione... Queen Cobra.
Queen
Cobra...
Rivisitò
senza accorgersene anche la storia della donna che era diventata. Gli
scontri con Excalibur. Le crudeltà ingiustificate. L'aver
ucciso la propria madre e il proprio padre mentre questi imploravano
pietà ad una figlia che non c'era più. L'aver
trasformato la sorella di 14 anni in un membro dei Corallo,
un'operazione che aveva volutamente fatto durare più del
dovuto godendo delle urla di disperazione della ragazzina, e poi anni
di combattimenti, schermaglie, piani assurdi ed umiliazione, tutti in
nome di una personalità che neanche esisteva. La morte di
Red. L'incontro con Kaito, e le cose che si erano detti...
Michiru
iniziò a piangere. Quello che le era stato fatto era
mostruoso. Lei era una vittima quanto i suoi genitori, quanto sua
sorella, quanto tutte le persone che aveva reso sue schiave.
Trovò
Kaito, e si lasciò piangere tra le sue braccia. Forse gli
incrinò un paio di costole, ma la studentessa che era morta
cinque anni prima e resuscitata da neanche cinque minuti non era ancora
in grado di controllare la forza di un corpo in grado di frantumare il
cemento.
Ci
misero poco a decidere che era il momento di andarsene. Fu cosi che,
zaino in spalla e torce alla mano, Kaito e Michiru si avviarono di
nuovo nel passaggio.
-Questo
posto è più piccolo di quanto mi aspettassi.-
constatò lui, sorpreso del fatto che avevano girato il
capannone alla ricerca dell'uscita quasi per intero e si erano trovati
a ripercorrere le loro tracce più di una volta.
-Era
un avamposto secondario, serviva solo a tenere munizioni e armi, niente
di più.- rispose Michiru agitando la torcia, attingendo a
ciò che aveva imparato quando era Queen Cobra.-io... quella
donna ne ha stanato più di un paio, in passato.
Sono costruiti tutti con la stessa pianta. Forse nell'armeria troveremo
degli esplosivi per aprirci la strada, ma visto che qui non
c'è più nessuno ho paura che sia stata svuotata.-
-Tentar
non nuoce.- rispose la voce di Kaito dal buio. -Guidami tu.-
I loro
passi risuonarono nel buio del corridoio. Michiru andava avanti a
memoria: indossare il casco le avrebbe permesso di vedere al buio, ma
la prima cosa che aveva fatto dopo averlo ripreso in mano era stata
spaccarlo in mille pezzettini e poi spaccare quei pezzettini in altri
mille pezzettini. Volendo l'avrebbe spaccato fino ad arrivare ai
singoli atomi e poi avrebbe diviso quelli, ma a) ciò avrebbe
provocato una fusione nucleare e b) aveva paura di riuscirci, vista la
sua forza.
La sua
forza... Il suo corpo era in grado di spaccare i muri come se fossero
di cartapesta e di piegare l'acciaio a mani nude. Le sue unghie
affettavano il pane. Mangiare verdure la faceva vomitare. Poteva
scolarsi una bottiglia di rum e accusare solo un leggero mal di testa.
Cosa... era rimasto di umano in lei?
Il
divagare le fece sbagliare strada, e si trovarono davanti ad un muro.
Avrebbe dovuto fare dietrofront e basta, ma pensò fosse un
buon momento per parlare.
-Kaito....-
-Soichiro.
Mi chiamo Soichiro, Kato-san.- rispose la voce dal buio.
La
ragazza si voltò, quasi puntandogli la torcia in volto.
Soichiro. Si, era meglio di Kaito.
-Soichiro-san...-
lo chiamò con il nome che aveva appena imparato.-Forse...
Dovresti uscire solo tu.-
-Uh?-
mugugnò lui, confuso. Michiru si morse il labbro e
cercò di evitare il suo sguardo, per quanto fosse scontato
visto che si trovavano in un'assenza quasi totale di luce.
-Non
credo di poter vivere come una persona normale.- constatò,
rassegnata- Il mio corpo è un'arma... L'unica alternativa
che ho è andare alla Excalibur e sperare che mi aiutino a
tornare normale, ma... ho paura che approfittino della mia condizione
per farmi combattere contro i Black Saints, com'è successo
con ExcaYellow. Loro...- scosse la testa -non sono buoni come dicono di
essere.-
-Non
ha senso.- replicò lui, mettendosi in mostra con la luce
della torcia -Devi solo imparare a controllarti, e...-
-E
cosa, cercare di riprendere la mia vita come se non fosse successo
niente?!- esclamò, stizzita.- Non potrei mai tornare
ad essere Michiru Kato! Guarda, guarda cosa mi hanno fatto! Io...
ricordo tutto! Ogni cosa che ha fatto Queen Cobra, io la vedo come se
l'avessi svolta in prima persona! Non, non posso pretendere di tornare
alla mia vecchia vita con questo rimorso. L'unica cosa che posso fare
è... sparire...-
Il
tocco della mano di Kaito-ora-Soichiro sulla propria fu gentile, ma lei
non si degnò neanche di guardarlo.
-Michiru-san...
Quello é passato. Tu sei una vittima della situazione... Ma
non puoi essere una vittima per sempre. Hai la possibilità
di cambiare le cose. Se non vuoi essere un'arma... Sii uno scudo, e usa
quello che hai- quello che sei, per proteggere chi ne ha bisogno.-
I
pensieri di Michiru andarono immediatamente a sua sorella. Marina...
era ancora tra le grinfie dei Black Saints, non poteva lasciarla da
sola.
Ma non
era il momento. Lasciò andare la mano del ragazzo e lo
fissò negli occhi appena illuminati dalla torcia.
Quei
toni, le cose che aveva detto sia a lei che a Queen Cobra...
cominciavano a far nascere in lei il sospetto che lui la sapesse
più lunga di quello che dava a vedere.
-Sai
dire tante cose belle, Soichiro. Ogni cosa che dici... la dici come se
lo avessi vissuto in prima persona.-
-E' perché l'ho vissuta in prima persona,
Michiru-san.- ribatté lui con tono rassegnato. -Avessi
un'idea di come io sia arrivato qui....-
Gli si
avvicinò, ma non per cercare affetto o sicurezza: l'aria tra
i due si fece quasi tagliente. Lasciò andare la domanda, non
sicura di essere pronta a gestire la risposta.
-Si
può sapere chi sei, in realtà?-
Soichiro
ghignò in modo poco rassicurante. Era chiaro che si stava
tenendo la cosa dentro da un po' e moriva dalla voglia di farla uscire.
Michiru rabbrividì.
-Se
proprio vuoi saperlo...-
Ma i
suoi sensi potenziati rovinarono l'attimo.
-Spegni
la torcia!- pronunciò quasi meccanicamente, un'esclamazione
sussurrata.
-Eh?-
-Sento
rumore di passi!-
La
mente di lui mise velocemente insieme i pezzi, e spense la luce di
istinto. I due ragazzi si accucciarono nell'angolo a poca distanza
l'una dall'altro, Michiru completamente concentrata sul rumore di passi
in lontananza.
Quattro...
Cinque persone. Cinque paia di stivali, uno decisamente più
alto, a detta del suono più acuto. Un cigolio di ruote
annunciava la presenza di lampade di emergenza su carrelli, uno
schiocco d'aria sospetto le fece capire che una delle persone
utilizzava una frusta, ed un sibilo sommesso la portò ad una
conclusione a cui avrebbe preferito non giungere.
-Oh
no.- commentò, cercando di trattenere il panico.
-Che
succede?- chiese il suo accompagnatore, al quale i sensi aumentati
mancavano e che non aveva percepito il pericolo.
-Ka--Soichiro,
torna nel passaggio e nasconditi.- gli raccomandò, sottovoce
- sono venuti a cercarmi.... ma ho paura che non siano qui per
prendermi.-
-Cosa
vuoi...- iniziò il ragazzo, prima che Michiru lo
strattonasse in avanti per la camicia e gli si rivolgesse di nuovo,
fissandolo al buio con uno sguardo rassegnato.
-Rimani
li, non farti vedere. Esci quando sarà finita la confusione.
Almeno tu, salvati...-
-Non
vado da nessuna parte se non mi spieghi...-
Due
lampade di emergenza si accesero, illuminando il corridoio alla loro
destra e portando loro abbastanza luce riflessa da permettere di
vedersi. Una voce femminile, decisa quanto gelida, annunciò
la sua presenza.
-So
che ci siete. Fatevi avanti e rimettetevi al giudizio di Queen Cobra,
luogotenente dei Black Saints, flagello dell'umanità.-
Qualcosa
fece click nella mente di Soichiro, ma quando si allontanò
si trovò bloccato dalla mano di Michiru. I due cominciarono
a discutere sottovoce.
-Che
c'è ora--
La
voce di lei tremò, ed uscì a fatica.
-...no,
no, resta, ti prego!-
-Non
volevi che me ne andassi?- Domandò di rimando, perplesso.
-Ho...
ho paura!- annunciò la ragazza, tra le lacrime, senza
nemmeno sapere cosa volesse. -Voglio che tu ti salvi, ma ho paura! Non
voglio restare sola! Il... Il momento che mi vedranno, mi uccideranno.
Io non voglio morire, ma...-
Soichiro
si mise una mano in fronte.
-Due
minuti fa volevi esattamente l'opposto.-
Michiru
si trovò spiazzata. Si, era esattamente quello che era
successo: la paura e la conoscenza in prima persona delle
crudeltà che Queen Cobra era in grado di compiere le
impedivano di pensare chiaramente, e qualsiasi cosa formulasse usciva
confusa e priva di senso nel momento in cui cercava di metterla a
parole.
La
mano di Soichiro calò lentamente sul braccio di lei con fare
rassicurante, e le sue parole seguirono subito:
-Calmati.
Analizza la situazione. Se li c'è davvero un'altra Queen
Cobra, sei l'unica che può affrontarla ad armi pari.-
Calmati
e analizza la situazione...
Ecco
cosa era successo ad Agni. Non era morto: l'aveva abbandonata per
salvarsi e cercare un'altra Queen Cobra per rimpiazzarla. I malori, il
vomito... probabilmente erano i sintomi di una crisi di astinenza. Lei
era stata lasciata li a morire, ed erano venuti a cercare il corpo.
Agni.
Agni l'aveva trasformata. Agni era interfacciato direttamente con il
suo corpo... col suo cervello. Agni era la chiave di tutto. La
confusione si trasformò in decisione, e riuscì a
mantenere il sangue freddo abbastanza a lungo per formulare una
strategia disperata.
-V-vai
nel passaggio. Torna nel supermercato, prendi i coltelli che hai usato
per cucinare. La-la mannaia dovrebbe andare bene.- ordinò,
con un tocco di esitazione -Attirerò Queen Cobra
lì, e la terrò impegnata. Appena hai occasione...
Stacca la testa ad Agni.-
Soichiro
strabuzzò gli occhi, sorpreso. Era ovvio che aveva bisogno
di chiarimenti, cosa che fu pronta a dare:
-Agni.
E' lui che la controlla. E' lui che controllava me... E' lui
Queen Cobra. Vai, fa quello che ti ho chiesto. E muoviti con molta
cautela... se riesco a ottenere la sua attenzione dovrebbe non
sentirti, ma ha pur sempre i sensi più sviluppati di un
essere umano normale.-
Soichiro
si guardò attorno perplesso, mentre cercava di unire i
puntini, poi annuì con fare non molto deciso, prima di
alzarsi e allontanarsi con cautela. Lei, invece, scattò in
piedi e girò l'angolo con decisione, cercando di fare quanto
più rumore possibile.
Che
accidenti stava facendo!? Non era il tipo da azioni eroiche, infatti se
la stava facendo sotto dal terrore. In una situazione del genere,
Michiru Kato si sarebbe chiusa in posizione fetale in un angolo
sperando in una morte rapida, ma in quei due giorni - no, in quei
cinque anni - avevano avuto un effetto terrificante sulla sua psiche e
non sapeva più se si conosceva o meno.
Dopotutto,
non aveva più scuse. Non poteva tornare alla vita di prima,
non poteva più essere né una studentessa del
liceo, timida, volenterosa e desiderosa di un fidanzato, né
Queen Cobra, una vigliacca che si faceva forte sulle debolezze altrui e
che letteralmente provava piacere a dare ordini. Non aveva
più posto in nessuno di quei mondi. L'unica persona di cui
si fidava in quel momento le aveva detto due cose chiare, ma vere : non
fare più la vittima, e sii uno scudo. E visto che ormai la
sua vita non valeva più niente, avrebbe potuto mettere in
pratica entrambe le cose.
Avanzò
con spavalderia a braccia conserte, nascondendo il terrore, al centro
del corridoio, trascinando i piedi rumorosamente per coprire la
ritirata di Soichiro e fissando i suoi avversari con un broncio di
finta decisione.
Erano
quattro Corallo, tre uomini e una donna, armati con il fucile d'assalto
standard dei Black Saints. Avrebbe potuto sopraffarli tranquillamente
in un combattimento corpo a corpo, se non fosse che, in mezzo a loro,
si presentava Queen Cobra.
La
nanotuta era uguale alla sua, un body verde olivina decorato a squame e
dei leggings con un motivo simile. Dall'elmo, uguale a quello andato in
pezzi, spuntavano lunghi capelli castani come i suoi, e un volto di
donna con gli occhi coperti da una visiera e le labbra color rosso
scarlatto. Non indossava l'armatura da combattimento, probabilmente
sicura di non incontrare alcuna resistenza: la sua divisa si limitava
alla tuta e agli stivali sopra il ginocchio, completamente privi di
qualsiasi piastra o parastinchi. Stringeva tra le mani una frusta di
cuoio, ben diversa dal frusta a catena che era solita tenere alla
cintola. Sarebbero sembrate indistinguibili se la nuova Queen Cobra non
avesse avuto un piccolo neo al lato della bocca.
Avvinghiato
attorno al suo torso era Agni, che svettava dalle sue spalle come una
seconda testa.
Il
sangue le raggelo nelle vene. Le gambe le intimavano di correre il
più possibile nella direzione opposta, ma Soichiro contava
su di lei. E mentre nella testa testa di Michiru stava avendo vita un
acceso dibattito sul fuggire o sul provare quell'ultima disperata
azione, Queen Cobra la guardava con una leggera smorfia di sorpresa.
-Dunque...
Sei viva, sorella.-
-Non
sono tua sorella.- rispose, all'inizio esitando, poi il ricordo di
Soichiro la riportò all'ordine. -Fammi indovinare, ti hanno
detto che sono stata uccisa in combattimento e che dovevi recuperare il
mio corpo?-
Le
labbra della nuova Queen Cobra si imbronciarono. Sbatté la
frusta arrotolata sul palmo della mano libera un paio di volte,
formulando una risposta adeguata.
-Osi
schernirmi?- scandì, trascinando le lettere sibilate non per
questione tematica, ma perché aveva chiaramente un difetto
di pronuncia. -E' da quando hai preso il posto di nostra madre che
aspettavo il momento per sostituirti, e-
-E'
tutto finto!- la interruppe Michiru, una voce straziata, rompendo
finalmente la postura saccente-Io e te non siamo sorelle, non ti ho mai
visto in vita mia! E' quel- quel COSO a fartelo credere!-
Stava
per indicare Agni, ma si corresse all'ultimo istante e
indicò l'elmo che la sua controparte aveva in testa. Non
doveva insospettire il serpente, specialmente se, come supponeva, aveva
davvero una volontà propria e controllava la giovane davanti
ai suoi occhi. Meglio non dare l'impressione di aver capito tutto.
Queen
Cobra strinse entrambi le mani attorno alla frusta, che
cigolò dallo sforzo, prima di ruggirle addosso.
-Allora
mi stai prendendo in giro! Io detesto essere presa in giro! E il fatto
che tu sia mia sorella non mi impedirà di dare l'ordine di
ucciderti, sciocca!-
La
donna con l'elmo alzò la mano destra per fare cenno ai
propri subordinati, ma fu troppo lenta. Michiru ricordava bene quelle
parole, e, mentre pronunciava il suo cenno di sfida, sperò
che anche questa Queen Cobra fosse davvero un cattivo da operetta come
lo era stato lei.
-Vigliacca.-
L'effetto
che ebbe su sua "sorella" fu lasciarla di sasso, completamente
immobile. Le labbra scarlatte si mossero con fare confuso, prima di
riuscire a pronunciare qualcosa.
-Come
diavolo ti permetti...-
Le
rivolse un ghigno nervoso: aveva funzionato. Ora doveva solo toccare
tutti i tasti sbagliati.
-Sei
qui davanti a me, armata, in vantaggio... E lasci che siano i tuoi
soldati a fare il lavoro sporco? Mi aspettavo tutto questo
“coraggio” da te.- Continuò con fare
sarcastico, cercando di reprimere il panico nella voce. -Eppure ti
nascondi dietro ai tuoi uomini. Vigliacca.-
E
quella era stata la prima parte, quella facile. La seconda parte,
ovvero rispondere al fuoco ad un avversario con le sue stesse
abilità, ma meglio armato e meglio protetto, era decisamente
più impegnativa.
Michiru
e la nuova Queen Cobra si stavano affrontando a duello - o meglio, in
un due contro uno, in quanto Agni continuava ad interferire
avvinghiandosi, stritolando e mordendo ad ogni occasione. L'unica
sicurezza che aveva contro di lui era l'immunità al veleno,
ma la cosa non la aiutava, visto che non appena riusciva a togliersi il
serpente di dosso la sua controparte con l'elmo iniziava a far piovere
frustate, che seppur causassero più dolore che ferite le
facevano perdere la concentrazione.
Era
stata una pessima idea: lo sapeva che Queen Cobra e Agni combattevano
insieme, in fondo era sempre stata parte di quel duetto. L'esperienza
maturata a schivare attacchi multipli da parte dei tre Excarangers la
aiutava, ma quella ormai era quasi una coreografia imparata a memoria:
ora doveva improvvisare, e come aveva sempre detto il professor
Miyamoto, era sempre stata pessima ad improvvisare.
Ecco,
il fatto che le stessero tornando in mente le lezioni di violino le
fece capire quanto fosse spacciata: forse era vero che prima di morire
si rivede la propria vita scorrere davanti agli occhi.
Continuò
a retrocedere verso il passaggio, non seguita dai Corallo, cercando di
tenersi abbastanza alla luce per riuscire a vedere cosa stava
accadendo. Rimaneva una rampa di scale e...
Si
accorse di aver calcolato male le misure quando Queen Cobra, con un
calcio, la fece ruzzolare di sotto. Si alzò: niente di
rotto, per fortuna. Una luce proveniente da dietro le sue spalle le
aveva fatto capire di essere al posto giusto, ma fu colta alla
sprovvista e placcata dalla sua controparte, che le afferrò
i polsi e bloccò le caviglie, assicurandola al suolo. I
tentativi di dimenarsi erano inutili - la sua avversaria era forte
quanto lei, e aveva anche il peso dalla sua parte.
-E'
stato divertente, sorellina, ma la corsa termina qui.-
Non la
stava ascoltando - si stava solo preoccupando che Agni seguisse la sua
"padrona" giù per le scale, e sperava che Soichiro fosse in
posizione. Questa sua noncuranza fu notata - Queen Cobra le
strattonò le braccia in alto, bloccandole entrambe con una
mano sola, e si rivolse direttamente a lei, a pochi centimetri dal suo
volto... Mentre la visiera dell'elmetto si apriva, non promettendo
niente di buono.
-Ascoltami
quando ti parlo! Sai, consideravo l'idea di ucciderti, ma poi ho
pensato... Sai di cosa abbiamo bisogno alla base? Di Serpenti Corallo.-
I suoi
occhi iniziarono a produrre una luminescenza rossa che Michiru
conosceva troppo bene. Cercò di controbattere con i propri
poteri nel tentativo di costruirsi una protezione mentale, ma aveva
dato troppo tempo alla sua avversaria per prepararsi e si
trovò in netto svantaggio.
-Ma
non voglio farti diventare un Corallo qualunque, oh no! Non mi
limiterò a lavarti il cervello! Ti cancellerò
ogni singola memoria, una per una, dovessero volerci delle ore! Tu...
Non sei degna neanche di avere la possibilità di ricordarti
di essere stata Queen Cobra!-
Il suo
volto venne travolto da una potentissima onda ipnotica, dando via ad
una battaglia mentale che si svolse per quelle che sembravano ore,
sebbene fossero pochi attimi: Michiru aveva dalla sua parte
l'esperienza e ciò le permetteva di difendersi egregiamente,
ma la sua avversaria aveva iniziato in anticipo, e non doveva sperare
che qualcuno venisse a salvarla. La situazione volgeva davvero al
peggio: Queen Cobra stava facendo breccia nelle sue difese, e, seppure
combattesse con tutti i suoi sforzi, ancora qualche istante e Michiru
Kato si sarebbe fatta da parte per fare spazio all'ennesimo Serpente
Corallo.
La sua barriera si infranse, ed il suo mondo si spense.
Non
aveva più idea di cosa la circondasse. Non sapeva dove
fossero né Agni né Soichiro, né tanto
meno le importava. Tutto quello che voleva era il non staccarsi
più dai quei bellissimi occhi dalla luce vermiglia che la
fissavano...
Occhi
che un attimo dopo guardavano altrove, facendola tornare
improvvisamente a mente chiara. Ci mise un attimo prima di riprendersi,
abbastanza a lungo per farle intravedere le due mani che avevano
afferrato la testa di Queen Cobra deviando lo sguardo ipnotico, poi
l'istinto la fece rotolare di lato, sbilanciando sia lei che la sua
controparte, facendole cadere entrambe per una lunga rampa di scale
nell'oscurità... e nel buco che c'era alla fine, dove il
pavimento crollato dava spazio ad una caduta di diversi metri.
Era la
seconda volta che cadeva nel giro di pochi giorni, stava sperando che
non fosse diventata un'abitudine. Fortunatamente non aveva perso
conoscenza, quindi si concentrò immediatamente, alla ricerca
di movimenti... che non trovò.
Afferrò
la torcia che aveva ancora appesa alla cinta. Il vetro si era rotto, ma
la luce funzionava. Trovò vicino a sé uno
scintillio verde, e, seguendolo, il corpo immobile della nuova Queen
Cobra.
-Oh
no.- mormorò, mentre si rendeva conto di cosa fosse appena
successo.
In un
attimo le fu addosso e le tolse l'elmo, puntandole la torcia negli
occhi, prima di rendersi conto che erano comunque ciechi e che
probabilmente non avrebbero comunque avuto alcuna reazione. Il preda
all'indecisione, cercò di metterla sul fianco, ma il collo
di lei si piegò in modo innaturale.
-No,
no, no!- imprecò, scuotendola per cercare di svegliarla.
Il
lavaggio del cervello aveva reso, ai suoi occhi, la vita umana priva di
valore, un mezzo per un fine, e, anche se Michiru ormai era di nuovo
padrone di sé, nel corso di quegli anni aveva assistito ad
abbastanza caduti in combattimento, morti accidentali e omicidi (alcuni
effettuati di sua mano) da desensibilizzare quella parte di
sé che dava importanza all'esistenza altrui, rendendola
stoica, seppur rammaricata, di fronte alla morte di qualcuno per
propria responsabilità.
Ma, data la situazione, quella parte si svegliò dal torpore
tutta insieme, dando vita ad un improvviso brivido gelido che le
partì dalla base del collo diffondendosi in tutto il corpo
accompagnato da una sensazione di orrore e di vergogna che le scosse le
membra.
Voleva salvarla. Voleva togliere di mezzo quel maledetto serpente che
la controllava e salvarle la vita... e ora giaceva li davanti a lei,
morta con il collo spezzato dalla caduta.
La
fissò in volto. Era anche lei una ragazza del liceo, che per
giunta le somigliava un po'. Anche lei aveva dei sogni, delle
ambizioni, dei dubbi e delle certezze... ed era morta per la seconda
volta, per mano sua. Poggiò quella povera ragazza senza nome
per terra, e si lasciò andare.
-Non...
Non volevo questo... Mi dispiace....-
Le
tornarono in mente come un torrente tutte le vittime innocenti che si
era lasciata dietro quando portava il nome di Queen Cobra, e di come se
ne fosse poco curata. Adesso, avrebbe dovuto aggiungerne una sotto il
nome di Michiru Kato, e non riuscì a trattenere le lacrime.
Non
era possibile. Per una volta che aveva provato a fare del bene...
Voleva
che tutto ciò non fosse accaduto, che tutto se ne andasse
via, dimenticare di essersi risvegliata. Poco importava se per farlo si
sarebbe giocata di nuovo la propria volontà: avrebbe davvero
preferito non avere più alcun tipo di sentimento, piuttosto
che...
Si
fermò. Ma che diavolo stava pensando? Mica stava desiderando
di essere di nuovo un mostro senza rimorso? Le ci volle un
attimo prima di rendersi conto che quei pensieri non erano suoi.
FALLO
ANDARE VIA.
Una
voce maschile profonda e melliflua che non aveva mai sentito fino a
quel momento le parlò dritta nella testa – la
sorpresa la fece cadere seduta. Si guardò attorno
ondeggiando la torcia, confusa, ed era lì: Agni la guardava
dalle ombre. Si sentiva mesmerizzata e tranquillizzata dalla presenza
del serpente, ma ora che conosceva la sua vera natura rimase sul chi
vive: non sarebbe caduta facilmente nello stesso tranello.
-Tu...
Che cosa hai fatto a Soichiro!?- gli urlò, in preda all'ira.
CHI?
IL RAGAZZO DEL SUPERMERCATO? NON MI SEMBRA DI AVERLO VISTO, CREDO CHE
SE NE SIA ANDATO.
-Bugiardo!-
riprese, sempre da alta voce -Se non era lui, chi credi che ti abbia...-
Agni
sibilò furioso, scattando in avanti. Michiru si
trovò costretta al silenzio, impaurita dall'improvvisa
reazione quasi umana.
NON E'
NE' IL LUOGO NE' IL MOMENTO, MICHIRU KATO. proseguì il
rettile, avvicinandosi a lei con fare circospetto. HAI APPENA UCCISO
QUEEN COBRA. QUALCUNO DEVE RIMPIAZZARLA.
Quel
termine: ucciso. Il gelo la attraversò di nuovo da capo a
piedi, mentre distoglieva lo sguardo facendosi piccola piccola, in
preda al rammarico. Poi, realizzò, e fu di nuovo travolta da
un impeto di energia che le fece di nuovo sfidare lo sguardo del
rettile.
-No,
mai più!- annunciò con forza, prima che il nodo
alla gola le strozzasse la voce -Non...non voglio...-
PREFERISCI
VIVERE IL RESTO DELLA TUA VITA COME UN PESCE FUOR D'ACQUA, VIVENDO SUL
RIMORSO DI TUTTE LE VITTIME CHE HAI CAUSATO? era l'alternativa. Agni
rincarò:
GUARDATI.
IL TUO CORPO E' STATO DISTRUTTO E RICOSTRUITO PER SERVIRE I BLACK
SAINTS, NON HAI ALTRO SCOPO. PER QUANTO TU POSSA CONVINCERTI CHE NON
SIA VERO, TU NON SEI ALTRO CHE UN'ARMA. IL TUO SCOPO E' USARE,
APPROFITTARE ED UCCIDERE GLI ALTRI A TUO PIACIMENTO, LA COMPASSIONE NON
TI SERVE. FORZA. ARRENDITI A ME, LASCIA DI NUOVO CHE IL TUO LATO
SELVAGGIO ABBIA IL SOPRAVVENTO E ANDRA' TUTTO VIA.
Un
pensiero le attraversò la testa come un serpente: aveva
ragione. Avrebbe dovuto passare il resto della sua vita ad affrontare
le memorie di Queen Cobra, rivedendo ogni giorno tutto il male che
aveva fatto. L'unico modo che aveva per combattere quei ricordi
orribili... era dimenticare. Volse lo sguardo verso l'elmo: ormai le
era chiaro che era un dispositivo di controllo, probabilmente, rendere
cieca chi lo indossava era solo un metodo per sviluppare dipendenza,
ponendola ulteriormente tra le grinfie di Agni. L'oblio era a portata
di mano, e non era mai stato così attraente come in
quell'istante...
Il suo
braccio si avvicinò al casco a forma di cobra quasi da solo,
e lo afferrò senza esitazione. Stava per indossarlo, quando
ricordò.
Non
essere un'arma. Non essere una vittima.
Le
parole del ragazzo dal volto comune risuonarono di nuovo nella sua
testa, dandole per un attimo la forza di reagire, ma si rese conto
quasi immediatamente che, per lei, erano solo quello.
Parole.
-Avevi
ragione tu, Soichiro...- sussurrò, calando lentamente il
casco sul proprio capo, le mani tremolanti dal terrore e dalla
consapevolezza della sua decisione -Ma io non sono abbastanza forte per
farlo...-
La
visiera si chiuse come uno scatto. Una sensazione intensa
risuonò nel suo corpo, facendole perdere il controllo
motorio e costringendola al suolo. Come l'elmo fu nuovamente sulla sua
testa, un'infinita serie di immagini e di parole le inondarono la mente
in un lunghissimo istante nel quale cercò di perdersi di
nuovo nell'identità di Queen Cobra, di dimenticare il
rimorso ed il senso di colpa, di farsi da parte, mettersi in un
angolino, spegnersi e lasciare che un carattere più adatto
alla vita che era stata scelta per lei prendesse il suo posto.
E SIA.
TI LIBERERO' DA TUTTE LE CATENE CHE STRINGONO GLI ESSERI UMANI: LE LORO
REGOLE NON HANNO PRESA SU DI TE. ETICA, GIUSTIZIA, QUESTE PAROLE PER TE
NON AVRANNO SIGNIFICATO – L'UNICA COSA CHE AVRA' SIGNIFICATO
SARANNO I TUOI DESIDERI PIU' OSCURI E IL MODO PER REALIZZARLI. TU SEI
QUEEN COBRA, LUOGOTENENTE DEI BLACK SAINTS, FLAGELLO DELL'UMANITA'.
L'ultima
frase continuò a risuonare nella sua mente, ripetuta come
una litania, nel tentativo di farle perdere quel poco di presa che
aveva sulla propria coscienza e spingerla di nuovo oltre il bordo, ma
si trovò davanti una forza altrettanto impetuosa e ostinata:
il rimorso. Le parole di Soichiro continuavano a rimbombare di
sottofondo, combattendo in qualche modo gli impulsi ipnotici ed
impedendole di abbandonarsi. Quelle parole le erano rimaste attaccate
addosso in modo quasi innaturale, e seppure continuasse a trovarle
assurde, idealistiche ed irragionevoli, ogni pensiero che Agni cercava
di introdurle nella mente veniva respinto.
Non
essere un'arma.
Diventa
uno scudo.
Hai la
possibilità di cambiare le cose.
Non
essere una vittima.
Frasi aperte che potevano essere solo un'ispirazione per qualcosa, che
potevano dare vita ad un estro creativo in un soggetto ricettivo. Ma
una come lei, a cui la vita aveva tolto tutto, cos'altro poteva ambire
ad essere, se non una vittima?
E poi capì: per quanto crudele, era lampante.
Non
essere una vittima.
Se non
vuoi essere una vittima...
Diventa
il carnefice.
La
conclusione a cui giunse la sconvolse totalmente. Se ci pensava bene,
era una cosa naturale: al mondo esistono le prede ed i predatori
– doveva abbandonare la sua natura di preda e diventare un
predatore, anche solo se fosse stato per proteggere qualcuno.
-Io
sono....-
La
mente persa nel tentato lavaggio del cervello, un rivolo di bava che le
colava dalla bocca, quelle parole furono così sussurrate che
addirittura Agni fece fatica a sentirle.
Tu sei
Queen Cobra, si. Quelle parole avrebbero dovuto riscrivere di nuovo la
sua personalità, nascondere la sua memoria dietro ad un velo
di nebbia e rimuovere ogni inibizione per renderla spietata, sadica e
priva di qualsiasi morale, ma dopo aver vissuto per cinque anni una
vita illusoria, dopo averne visto gli effetti e dopo aver incontrato il
rimorso, si era resa finalmente conto della verità.
Tutto
ciò che Queen Cobra aveva fatto in quegli anni... lo aveva
fatto per mano sua – e lei non aveva provato nemmeno a
fermarla, o meglio, a fermarsi. Queen Cobra non era
una personalità alternativa - era lei stessa,
la lei stessa che, sopra ogni regola degli umani, dava sfogo ai suoi
desideri più reconditi e al suo lato selvaggio, alla parte
di sé a cui era stata data sia la possibilità che
il potere di fuggire dalle proprie responsabilità bruciando
tutti i ponti e a cui era stata tolto l'obbligo di provare qualsiasi
tipo di compassione umana.
Scappare
non serviva a niente, non poteva fuggire da qualcosa che portava
dentro: l'unica cosa da fare era affrontarlo, e l'unica che poteva
farlo era sé stessa, tristemente ricca di quel bagaglio di
esperienze che aveva vissuto in quegli anni.
Sè
stessa, che era Queen Cobra. Sé stessa.
Si
mise a sedere in modo quasi innaturale, pulendosi la bava dal volto
strofinando la mano vicino a due labbra rosse come una mela ben
lucidata.
DIMMI
CHI SEI. IL TUO NOME. Le ordinò Agni. Passò
qualche secondo, prima che la sua voce annunciasse, quasi esitando:
-Io...-
Ma la
visiera del suo elmo si aprì, rivelando due palpebre chiuse,
adornati da un make up colorato e pesante, trucco che iniziò
a svanire pian piano. Le labbra assunsero un colore naturale, la pelle
delle guance passò da un rossore fittizio al leggero rosato
di una carnagione che rifugge il sole eccessivo, e gli occhi si
aprirono, rivelando due globi marroni che fissarono il serpente con uno
sguardo di sfida.
Poi
quella frase, che definiva tutto il suo essere.
-Io
sono... Michiru Kato. Nessun altro.-
INTERESSANTE...
SEMBRI AVER SVILUPPATO UNA RESISTENZA ALLA MIA INFLUENZA.
-Nessuna
resistenza.- replicò Michiru, togliendosi il casco e
scuotendo la testa, dando aria ai propri capelli- Ho solo deciso di non
scappare.-
SCIOCCA. FINO
A POCHI ISTANTI FA ERI DISPOSTA A GETTARE LA TUA RITROVATA LIBERTA' PER
NON AFFRONTARE IL RIMORSO. COSA TI FA CREDERE DI POTERLO FARE ADESSO?
-Non
è il poter fare... è il dover fare.
E' una responsabilità, non una possibilità.-
rispose con fare greve dopo qualche istante di silenzio.
Singhiozzò mentre le labbra le si stringevano, quasi una
linea, mentre il serpente iniziava a ondeggiare, probabilmente dalla
rabbia.
TU.... COME TI PERMETTI DI....
-Di cambiare il tuo piano perfetto?- domandò a voce
strozzata. -Lo provavo anche quando ero Queen Cobra, lo sai? Era tutto
perfetto, funzionava tutto a dovere, e non c'era una virgola fuori
posto. Ma non era rassicurante, era una sensazione di ristagno,
opprimente. Il vivere ogni giorno come il precedente, come un gruppo
teatrale che prova ogni mattina la recita per lo spettacolo della sera.
Io.... sono disposta a farmi carico degli orrori che Queen C-no, che io
ho commesso per l'opportunità di rompere questo ciclo.-
Agni si fermò.
TI
RITIENI DAVVERO RESPONSABILE DI TUTTO CIO' CHE HAI FATTO MENTRE NON
AVEVI IL CONTROLLO DI TE?
Le
parole le vennero su da sole. Ammise finalmente con tono sicuro,
chinando il capo per la sconfitta.
-Responsabile,
si, ma di non avere neanche provato a fermarmi.-
Agni
sibilò, e sibilò ancora. Chiuse infine la
distanza che lo separava da Michiru, e si avvolse attorno al suo corpo
con fare quasi materno. Lei si fece coraggio e non reagì,
sebbene il suo corpo volesse tirarsi indietro per il ribrezzo.
TI
PRENDI CARICO DELLE COLPE DEL TUO LATO DISINIBITO... E' UN MODO
INTERESSANTE DI GUARDARE LA SITUAZIONE. QUINDI... TU VORRESTI
“ROMPERE IL CICLO?”
-Si.-
affermò, decisa.
Il
serpente si sporse dalle sue spalle, e la fissò in volto da
pochi centimetri di distanza. I loro occhi si incontrarono nella
penombra, senza esprimere alcuna esitazione.
HO
SERVITO I BLACK SAINTS PER ANNI, IN UNA FORMA O NELL'ALTRA.
affermò. HO INCONTRATO TANTI CHE LA PENSAVANO COME TE... E
NESSUNO DI LORO E' MAI RIUSCITO A CAMBIARE LE COSE. COSA CREDI DI AVERE
DI PIU' DI LORO?
Cercò
di non distogliere lo sguardo, ma gli occhi inquisitori del serpente
iniziavano a farsi pesanti, scalfendo pian piano la sua determinazione.
Per non affrontarli chiuse le palpebre, approfittandone per pensare a
mente libera.
Cosa
aveva più degli altri? A parte il controllo sul proprio
corpo, ovviamente. Ci mise qualche secondo, prima di arrivare all'unica
conclusione plausibile.
-Non
credo di avere niente.- constatò, prima di tornare a fissare
il suo avversario con occhi di fuoco- Ma è una questione di
tempo prima che io riesca a scoprire se ho i numeri. E se dovessi
fallire... tu potrai avermi.-
Agni
sibilò. La lingua del serpente le toccò il naso,
ma riuscì a combattere la repulsione abbastanza a lungo per
non tirarsi indietro. Alla fine, il cobra le si posò sulla
spalla con fare rilassato.
SEI
PIU' MODESTA DI TANTI ALTI PAPAVERI. MOLTO BENE, MICHIRU KATO. TI DARO'
IL MIO AIUTO. DIMOSTRAMI DI ESSERNE DEGNA.
-Non
ti deluderò.-
Il
senso di incredulità e di pesantezza la accompagnarono
mentre risaliva le scale, tenendo in una mano l'elmo a forma di
serpente e reggendo sull'altra spalla il corpo privo di vita del suo
successore. Aveva appena giurato a sé stessa di farsi carico
di tutte le malefatte commesse dal suo alter ego, e ciò le
aveva permesso di evitare il controllo mentale e di mantenere la
propria identità. Ma era un bagaglio pesante da portare, e
per quanto ostentasse il contrario non sapeva se ce l'avrebbe fatta.
Ormai non aveva più alcun dubbio: avrebbe dovuto veramente
cambiare i Black Saints, o quel peso l'avrebbe schiacciata. Era il
cammino che doveva percorrere, e in un modo o nell'altro ne avrebbe
dovuto vedere la fine.
Lei
era Queen Cobra. E di rimando, Queen Cobra era lei. Tutto
ciò che il suo alter ego aveva realizzato erano sue
perversioni e fantasie più oscure, atti che la sua empatia
non le avrebbe mai permesso di svolgere, ma che, libera dai limiti
dell'empatia umana, aveva portato a termine, senza alcun significato
apparente per Queen Cobra ma pieni di significato per Michiru Kato.
Agni le aveva soltanto dato il mezzo, tutto l'operato della donna
serpente in quei cinque anni era la sua anima che si scatenava.
Era
dura da accettare, ma era sicura che con il tempo lo avrebbe fatto.
Si
fermò a guardare nel passaggio che portava ai resti del
supermercato. Soichiro era ancora lì ad aspettarla, o era
scappato per davvero? Avrebbe potuto estendere i propri sensi oltre i
limiti del proprio corpo per scoprirlo, ma voleva davvero saperlo?
Forse sarebbe bastato chiamarlo, chiarire, raccontargli tutto?
No.
Non avrebbe visto altro che Queen Cobra che si portava dietro un
cadavere. Non avrebbe reagito bene.
-Soichiro-san...-
sussurrò, sapendo che non era lì a
sentirla.-Quando questa storia sarà finita, andiamoci a
prendere qualcosa insieme. Un gelato, un hamburger, qualcosa.
Guardiamoci un film. Ascoltiamo un disco insieme. Qualsiasi.. qualsiasi
cosa. Fatti rivedere, ok?-
E si
avviò, indossando il casco e attivandolo con un semplice
impulso mentale. All'entrata, i Serpenti Corallo la avrebbero
riconosciuta come leader per la presenza di Agni, credendo che il corpo
tra le sue braccia fosse quello della disertrice che aveva sfidato il
suo onore con parole di sdegno.
Nessuno
avrebbe saputo che la donna che avanzava zoppicando in
realtà era una minaccia per l'ordine dei Black Saints, per
il Consiglio, per il Santo, e per sé stessa.
Nessuno.
Mai.
Almeno
nelle intenzioni.
----------
Ecco, ho messo i primi
due capitoli, che sono effettivamente solo un'introduzione. Ho sparato,
ho mancato, poi ho sparato, e ho mancato di nuovo, la cosa è
andata avanti per diverse ore.
N.d.A: la storia
è completa e in fase di rilettura/correzione. Spero di
pubblicarla nella sua interezza in tempo umano, ma se vi è
piaciuta e vi interessa considerate l'idea di farmi da beta reader e
aiutarmi nella correzione, in modo da permettermi di pubblicare il
resto dei capitoli il prima possibile. Nel caso, fatevi vivi nei
commenti.
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Capitolo 3 *** Pessime novità ***
cap3
Non
era andata bene neanche quella volta, ma dov'era il bello se tutto
filava liscio? D'altronde, si era già preparata. Un singolo
scambio
di pacco con uno dei suoi fedeli subordinati, e Queen Cobra spariva
per fare posto a Michiru Kato. Armatura ed elmo se ne tornavano in
base ad aspettarla, mentre lei - dopo un veloce cambio di abiti -
assumeva l'aspetto ora di una scolaretta, ora di una donna di affari,
ora di una turista, con un'abilità da trasformista che anche
se
lungi dall'essere perfetta risultava piuttosto convincente . Imparare
a controllare la nanotuta per farla sparire sottopelle era stato
facile - si chiedeva perché, nei suoi cinque anni sotto il
controllo
di Agni, non si ricordasse di aver mai usato quella
capacità,
imparare a nascondere Agni un po' meno, ma i cappotti che il gelo
invernale la costringeva ad indossare si erano rivelati alleati
preziosi tanto quanto il serpente. Ne valeva la pena, però:
il
vedere i due Excaranger arrivare sul posto e perdersi il grande
combattimento perché i loro avversari avevano abbandonato il
tavolo
portandosi dietro tutte le fiches era uno spettacolo, almeno per
cinque minuti; quando vide Excayellow piantare i sai per terra dalla
frustrazione, cadere in ginocchio e mettersi a piangere il rimorso la
soverchiò, conscia dell'astio portato verso di lei
dall'amica della
giustizia vestita di giallo.
Povera
Aika.
Non erano le uniche cose che aveva imparato. Agni stesso, ad esempio,
non era un normale serpente né tanto meno un serpente
alieno, ma un'unità di controllo biomeccanica in grado di
trasformare chiunque in Queen Cobra con un singolo morso nel giro di
qualche ora, ed il suo nucleo di Intelligenza Artificiale esisteva da
ancor prima che lei nascesse. Gli stessi Black Saints, ugualmente, non
erano né alieni, né mostri, né esseri
sovrannaturali, ma una “semplice” cospirazione
contro l'ordine del mondo che andava avanti da secoli, che cessava di
essere “semplice” nel momento in cui ci si
accorgeva che aveva sempre a disposizione mezzi tecnologici
fantascientifici rispetto all'era in cui operavano.
Quei mesi passati in prima persona al loro servizio le aveva fatto
inoltre capire quanto effettivamente fossero campati in aria i piani
che le venivano affidati, e come - infallibilmente - finissero sempre
con una battaglia campale dove gli Excaranger combattevano a orde i
suoi Serpenti Corallo, la affrontavano, riuscivano a metterla in
minoranza e la scacciavano via. Un combattimento senza vittime,
insomma, anche se l'esito si faceva sempre più incerto da
quando i suoi nemici giurati erano rimasti solo in due.
"Questa volta vi siete salvati, ma la prossima volta..." si era
allenata a dirlo in modo sempre più minaccioso, poi
più canzonatorio, l'ultima volta li aveva addirittura
invitati ad andare a prendere il ramen insieme e a giocarsi la vittoria
a carte.
Aveva imparato a prenderla alla leggera, perché in
realtà a nessuno importava chi vincesse
quelle schermaglie, tranne a ExcaYellow per ovvi motivi.
Non era sempre stato così - cinque anni prima i loro piani
erano davvero diabolici, non sembravano scritti da un bambino di cinque
anni. Qualcosa era cambiato, e gli unici a non essersene accorti,
apparentemente, era proprio l'Excalibur, ma il dimostrare la propria
esistenza all'organizzazione che gestiva la Excaforce sembrava cruciale
per qualche motivo quindi aveva deciso di fregarsene e di stare al
gioco.
Una suono di metallo contro metallo accompagnato da dei passi molto
veloci le arrivò all'orecchio, facendosi sempre
più vicino.
-Michiru!- esclamò una Corallo spuntato dal vicolo
affiancandola, mentre lei, dall'angolo, osservava la scena.
Riconobbe
la voce, ma non sarebbe stato necessario, in quanto era l'unica della
sua squadra a chiamarla per nome. Riconobbe immediatamente la
silhouette di una ragazza poco più bassa di lei con a
tracolla di armi da fuoco di ogni tipo, e la riprese, il volto una
smorfia di disappunto.
-Ventise-ehm, Marina! Ti ho già detto di starmi lontana,
quando sei in uniforme! O ti devo ricordare cosa vuol dire incognito?!-
-P-perdonami, Micchan...- riprese la voce della ragazza, un po' meno
spavalda di prima -ma credo che questa volta dovresti affrontarli.-
-E
perché?- Domandò con calma-Non abbiamo fatto
alcun tipo di progresso né impostato alcun tipo di
installazione, andare in battaglia adesso sarebbe davvero fine a
sé stesso.-
Si sporse di nuovo oltre l'angolo, e sospirò. In
realtà, avrebbe voluto farsi vedere in un altro modo, andare
lì e consolare Excayellow in modo sincero, ma l'unico modo
che aveva per farlo era mettersi elmo e armatura, impugnare la frusta,
guidare un piccolo manipolo di Corallo ad affrontarli dando
così senso alla loro giornata. Ci ripensò: si,
valeva la pena di affrontarli quella volta, almeno per dare un po' di
soddisfazione ad ExcaYellow; forse avrebbe anche approfittato della
schermaglia per lasciarsi dietro qualche soldato permettendo
così alla Excalibur di riportarli alle loro famiglie.
-D'accordo, facciamolo. -ordinò a Marina.- Ce l'hai tu il
mio equipaggiamento, no? Passa qua.-
Non poteva liberare l'intero corpo dei Serpenti Corallo, ma non era
stata una cattiva idea far uscire dal trance sua sorella. Le aveva
raccontato tutto, ogni cosa, senza trattenersi né mentirle.
Dopotutto non era giusto tenerla all'oscuro, non dopo quello che aveva
passato, e dopo due schiaffi con la forza di impatto di un treno e
molte urla si erano ritrovate. Ora Marina era la sua luogotenente
ufficiosa, e la prima a suggerirle come affrontare l'Excalibur. Una
persona di cui fidarsi in un mondo dove tutti la guadavano con
disprezzo o con terrore.
Michiru Kato sparì, e al suo posto comparve Queen Cobra. Una
piccola riconfigurazione del suo sistema in nanomacchine per coprire le
labbra naturali e far apparire un piccolo neo al lato della bocca, e
via, a scalare la parete per raggiungere il tetto del palazzo da cui
annunciare la propria presenza con una risata fastidiosissima che aveva
passato settimane a perfezionare.
Era
una cosa orribile – si sentiva orribile -
ma visto che era costretta a salire sul treno, tanto valeva godersi il
viaggio.
-Yellow, in piedi! Quella è Queen Cobra!-
In posa drammatica sul tetto di un piccolo complesso di uffici di
appena due piani, stava ripassando tutte le battute sarcastiche che si
era preparata come risposta, ma perse la calma. La risata fu sincera.
Marina, al suo fianco, si trattenne molto meglio, probabilmente
perchè prendeva la cosa più sul serio.
-C-come ti permetti di riderci in faccia?- le ringhiò contro
ExcaYellow, con una voce straziata, mentre si alzava dalla posizione
inginocchiata ed estraeva le armi dal suolo.
Le bastò sentirla così per ritrovare la facciata:
il morso al cuore durò pochi attimi, il tempo di ricordarsi
che se doveva comportarsi da cattiva era anche per lei. Si
schiarì la voce, poi si ricordò di un dettaglio
che voleva portare alla loro attenzione, ma che continuava a
dimenticare. Trattenne le risate.
-E' da un po' che mi chiami così, Blue.-
La
frase spiazzò entrambi i ranger, che si guardarono con fare
confuso. Il soldati in blu avanzò, stringendo la naginata
tra le mani, e le chiese con fare nervoso:
-Di che parli?-
-Non ero Queen Snake?- domandò subito lei, sorniona.- Vai
piano con le confidenze, non ti ho mica permesso di chiamarmi per nome.-
ExcaYellow colse l'esitazione di ExcaBlue a rispondere, prendendo
parola; la sua postura si fece molto più aggressiva.
-Confidenze un corno! Vieni qui, puttana, te la farò pagare
per Red!-
-Piano con il linguaggio, Yellow! Ci sono dei bambini a guardarvi in
televisione.-
ExcaYellow lanciò un urlo che sembrava un ruggito, e,
nonostante i tentativi di ExcaBlue di trattenerla, si lanciò
in un unico salto in alto per raggiungerla sul tetto. Michiru si
portò la mano al mento, senza distogliere lo sguardo dalla
sua avversaria.
-Forse ho tirato troppo la corda.-
VUOI ESSERE SERIA PER UN MOMENTO? La voce di Agni risuonò
nella sua testa.
La ragazza cobra si limitò ad estrarre la frusta con
pigrizia e ad avvolgere le armi del ranger giallo senza fatica, per poi
lanciare il tutto fuori portata. Ne seguì un calcio rotante
che colpì la ranger in giallo al fianco, facendola ruzzolare
sulla terrazza, mentre il suo collega in blu aveva appena fatto il suo
ingresso arrampicandosi rapidamente sulla facciata del palazzo.
-Non ci riesco!- replicò lei, completamente presa dalla
conversazione con il suo serpente da compagnia pur avendo la mente da
un'altra parte.- -Immagino che anche tu te ne sia reso conto, questi
tipi parlano e combattono sempre allo stesso modo! “Te la
farò pagare”?! Sembra un manga, è
tristis--
Fu interrotta, o meglio, l'intera schermaglia fu
interrotta dal suono di un motore jet a breve distanza che
fischiò nelle orecchie di tutti. Michiru si voltò
verso la fonte del suono giusto per vedere qualcosa allontanarsi nel
cielo, ed una figura nera alzarsi dal pavimento – letteralmente,
iniziando a fluttuare a pochi centimetri dalla superficie del tetto.
Portava il chiaro marchio di fabbrica di Excalibur, ma non era un
Excaranger: era chiaramente un umanoide, ma indossava un'armatura molto
più pesante del resto della squadra, insieme ad una serie di
grossi propulsori sulle spalle che lo tenevano sollevato dal suolo.
Tutti i presenti - Excaranger inclusi - si fermarono a guardarlo,
intimoriti. Marina si avvicinò discretamente a Michiru, e
sussurrò.
-Forse... dovremmo ritirarci.-
CONCORDO.
I suggerimenti di tutti e due i suoi alleati arrivarono alla ragazza
serpente in verde quasi simultaneamente. Avevano entrambi ragione, ma
sebbene la figura scura le mettesse soggezione, la guardava con occhi
scintillanti: era una cosa nuova. Una scarica di adrenalina la prese in
pieno, e mise un ghigno soddisfatto.
Disarmò ExcaYellow, che aveva nel frattempo tirato fuori
altri due coltelli dalla cintura, la afferrò, la
scagliò di nuovo lontano e si rivolse alla propria sorella.
-Evacuiamo in sessanta secondi. E' la prima volta che vedo questo
affare, e non ho intenzione di andarmene senza metterlo alla prova.-
commentò - 26, 51, 33, tenete sotto controllo questi buffoni
in calzamaglia. Agni, raccolta dat--
Qualcosa la colpì in pieno stomaco, e riuscì a
mantenersi in piedi e a non cadere giù dal tetto solo
facendo appello a tutte le proprie forze, rimanendone trascinata e
fermandosi a pochi centimetri dal cornicione. Voltandosi finalmente a
guardare, si accorse che il misterioso avversario era ancora fermo al
suo posto, e tutto ciò che aveva fatto era stato alzare un
braccio contro di lei. Stava per esprimere la propria
curiosità, ma il serpente spiegò in modo
abbastanza chiaro.
PUGNO A RAZZO. MASSA 21KG, VELOCITA' DI IMPATTO 110KM/H, ANALISI
COMPLETATA. IL SECONDO E' MIRATO AL TUO VOLTO ED E' IN ARRIVO. SCHIVA A
DESTRA.
L'avviso di Agni le permise di evitare il secondo pugno, che le
sfiorò l'elmetto.
-Pugno a razzo, eh... mi sbagliavo, questo non sembra un manga: questo è
un manga!- osservò con un ghigno nervoso -Non
riescono proprio a fare i seri alla Excalibur, eh? Vediamo che succede
se lo rispedisco al mittente!-
Afferrò la massa di acciaio che aveva ancora sulla pancia,
mettendo in mostra la piastra di armatura visibilmente ammaccata, e la
lanciò con tutte le sue forze contro l'avversario in nero.
Era sicura che il suo lancio più veloce andasse ben oltre
quella velocità, quindi quando vide l'oggetto girarsi a
mezz'aria e attaccarsi dolcemente al moncone dell'uomo in armatura
provò un po' di disappunto.
-Oh. Me lo dovevo aspettare.-
Rimase
fissa a guardarlo riprendendo fiato in mezzo alla schermaglia.
Intercettò il secondo pugno, che volava lentamente in
traiettoria di rientro, e lo scagliò per terra.
-Ma e' dalla nostra parte!?- sentì urlare ExcaYellow. La
risposta di ExcaBlue si perse in mezzo ai rumori, ma lo stemma della
Excalibur dipinto crudemente sull'armatura del petto non lasciava dubbi.
Capì immediatamente che pugni e calci non sarebbero bastati,
questa volta.
-Sei tosto, eh? Vediamo se questo ti piace. 26, il lanciagranate.-
Marina, senza interrompere il suo duello con Yellow, si
slacciò un fucile da dosso e lo lanciò con
precisione alla sorella che lo raccolse al volo, il tutto in un singolo
fluido movimento che avrebbe fatto impallidire un artista di circo.
Michiru fu più diretta e meno spettacolare, avanzando e
scaricando rapidamente tutte e sei le granate sull'armatura in nero e
lasciando cadere a terra l'arma ormai vuota lasciandosi andare in una
breve provocazione solo a lavoro fatto.
-Ecco, problema risol...-
Per un attimo la personalità che aveva abbandonato, la
ragazzina impaurita, tornò a farsi viva più forte
che mai, quando, ormai diradato il polverone, il cavaliere in nero era
ancora al suo posto. Poi, non fu più li: lo scatto in avanti
fu quasi immediato, e lo spostamento d'aria della lama che le
sfiorò il viso durante la sua schivata laterale fu talmente
rapido da provocarle un piccolo taglio sulla guancia.
ARMATURA A PROVA DI ESPLOSIONE. DALL'ANALISI DELLA FORZA CINETICA DELLE
GRANATE PIU' DELLA DETONAZIONE, DIREI CHE HAI BISOGNO DI UN CANNONE
ANTICARRO.
-Tante grazie, e io dove lo trovo?!- ribatté, riacquistando
l'equilibrio e scattando all'indietro.
Si trovò sul cornicione, senza posto per indietreggiare. Il
secondo attacco fu rapido come il primo, e lei si preparò a
subirlo, quando un lampo rosso si frappose tra lei ed il suo
avversario, spingendola via.
-M-milady...-
Davanti ai piedi del cavaliere nero giaceva ora il Numero 33 in una
pozza di sangue che si andava allargando.
Ebbe un flashback. Una ragazza innocente in verde, vittima delle
circostanze, con lo sguardo vacuo ed il collo spezzato. Un'altra
ragazza, vestita allo stesso modo, che nello stesso momento perdeva
quel poco che rimaneva della sua innocenza.
-N...no...razza di idiota...- mormorò, scioccata. Poi, lo
spirito del comando si fece di nuovo sentire in lei, forte come prima.
-Non siamo equipaggiati per affrontarlo al momento. Corallo, evacuiamo
ora! Recuperate i feriti e disperdetevi!!! Rendevouz al punto
d'incontro!-
Marina ed il numero 51 cessarono immediatamente l'ingaggio, raccolsero
il numero 33 e sparirono tra gli edifici, lasciando Michiru sola sul
tetto con ExcaYellow atterrata, ExcaBlue disarmato ed il suo misterioso
inseguitore che la stava fissando in attesa di una mossa.
No. Non doveva mostrare paura – era Queen Cobra, luogotenente
dei Black Saints, flagello dell'umanità. Ma allora,
perché stava indietreggiando? Il cavaliere nero
fluttuò lentamente verso di lei, mantenendo una distanza di
qualche metro, non abbastanza per darle il tempo di reagire in caso di
attacco ma abbastanza per provare un'ultima azione per salvarsi la
pelle.
Il suo tacco sbatté contro il bordo dell'edificio,
segnalandole che era il momento. Gettò lo sguardo oltre il
tetto, facendole rendere conto della posizione giusta.
-Bene...- mise un piede sul cornicione-Sembra proprio che debba andare
a prendere un'arma più grossa. Non disturbatevi, mi faccio
viva io. Ciao!-
Non saltò nemmeno - si lasciò semplicemente
cadere, aggrappandosi al balcone sotto di lei e attraversando la
finestra del piano terra, sfasciandone il vetro. Fu una manovra da
maestro - un suono quasi inesistente, il minor numero di cocci
possibile ed una veloce rotolata sul pavimento di un ufficio vuoto, i
computer ancora accesi dopo l'improvvisa evacuazione.
-Beh, è andata meglio del previsto.- commentò,
rialzandosi e togliendosi le schegge dalla nanotuta, per poi rimuovere
la piastra di armatura danneggiata che le copriva lo stomaco. Il suo
pensiero andò subito al numero 33. Era un convertito della
precedente Queen Cobra, un soldato di Excalibur, se non errava. Si
chiese se avrebbe agito allo stesso modo, se non fosse stato costretto
a proteggerla dal controllo mentale.
-Che domanda stupida.- si rispose a voce. -No che non lo avrebbe fatto.
Era un mio nemi-
Abbassò gli occhi sulla lastra di metallo che le aveva
attraversato l'addome da parte a parte. Presa dalla preoccupazione, non
si era accorta che il misterioso guerriero dall'armatura nera l'aveva
seguita durante la caduta e che ora si trovava alle sue spalle, da dove
l'aveva trafitta con una lama spuntata dall'avambraccio.
-Qu-questo...- mormorò, mentre il sangue le usciva copioso
dalla bocca -domani lo sento...-
Si sentì sollevata da terra, scivolare lungo la lama e
lasciata cadere. Sbatté sul pavimento senza trovare nemmeno
il tempo di lamentarsi. Durante tutto l'accaduto non provò
alcun dolore, segno che la sua nanotuta aveva avviato il trattamento
medico di emergenza e che era già piena di antidolorifici,
ma era sicura che non sarebbe bastata per una ferita del genere, e
l'emostatico non sarebbe servito a niente per la spina dorsale
spezzata. Spasmi muscolari le attraversarono il corpo, mentre il suo
nemico se ne tornava da dove era venuto.
Le venne sonno, e chiuse gli occhi, ma si lasciò andare in
un ultimo pensiero per la sorella, che sarebbe rimasta senza di lei.
Beh, era stato un bel giro, ma prima o poi tocca scendere a tutti.
La pace post battaglia degli uffici della Excalibur fu rotta da un
ragazzo in uniforme disordinata che mirava dritto all'uffici del
comandante, ignorando ogni livello di sicurezza e facendosi strada
facilmente tra tutti quelli che cercavano di fermarlo.
Arrivato all'ingresso dello studio del capo in comando non gli fece
neanche il favore di bussare o di annunciarsi - aprì la
porta in stile saloon, trovandovi seduto dietro la scrivania un uomo di
mezza eta con i capelli corti che iniziavano ad ingrigirsi, i baffi e
gli occhiali scuri, che lo fissò senza un minimo di sorpresa
negli occhi.
Si avvicinò al tavolo e vi sbatté sopra le mani,
sporgendosi in avanti fino a trovarsi a pochi centimetri di distanza
dal comandante.
-Si può sapere perché hai scatenato quel coso,
papà !?-
Chiamarlo così al lavoro gli sembrava strano, ma aveva
già scavalcato la catena del comando, tanto valeva
smembrarla anello per anello. -In mezzo ad una zona urbana, tra
l'altro! Ti immagini che conseguenze poteva avere per-
Il comandante non si scompose, rispondendo freddamente.
-Il tono, tenente Mitsubishi. Masaru. E finché sono il
comandante di questa base, ti annuncerai e mi saluterai in modo
adeguato per il tuo rango.-
Prima che potesse dire qualcosa, tre guardie gli furono addosso e lo
trascinarono fuori dall'ufficio, chiudendo la porta, poi lo lasciarono
andare – era chiaro che non era agli arresti, ma si trattava
soltanto di uno dei soliti giochetti del padre. Li guardò
confuso, ansimò per qualche secondo dalla rabbia, poi
bussò con forza. La voce dell'occupante dell'ufficio rispose
dall'interfono:
-Si?-
-Tenente Masaru Mitsubishi, sezione 4. Ho bisogno di parlarle.-
affermò seccamente.
Odiava tutta questa storia di etichetta militare. Il padre aveva
provato ad attaccargliela fin da bambino e non ci era riuscito,
ottenendo un figlio che saltava da anello ad anello della catena di
comando senza la minima preoccupazione: materiale non destinato alla
vita militare, ma che per qualche motivo era riuscito ad ottenere un
lavoro sul campo.
-Avanti.- rispose la voce del comandante all'interno, autorizzandolo.
La scena si ripeté, ma con molta più pacatezza e
protocollo. Marcia, saluto, scambio di autorizzazioni.
-Adesso, posso avere una risposta, signore?-
domandò, trattenendo il nervoso. -Il prototipo ExChaser era
stato dichiarato inusabile in aree urbane in quanto il sistema di
puntamento non faceva distinzione tra ostili e civili in movimento,
signore. Posso sapere perché lo avete impiegato
nell'operazione di oggi?-
Il comandante Kenzo Mitsubishi, ricevuta la domanda, mise mano al
telefono.
-Vedo che hai fatto i compiti, tenente. Qual'é il tuo
livello di autorizzazione?-
-B1.- Rispose, sentendo il bisogno di puntualizzare.- Lo stesso del
mese scorso, papà . Lo stesso da tre anni. Continui a
dimenticarlo.-
Kenzo fissò il figlio per qualche secondo e
riattaccò la cornetta. Non aveva composto alcun numero.
-Il tuo livello ti autorizza a richiedere materiale alla sezione
R&D di persona, non capisco perché dovresti
disturbare il comandante nello svolgimento dei suoi compiti ufficiali.-
le ultime parole furono scandite per fargli capire la
gravità del suo atto.-In ogni caso, i fascicoli contenenti i
nuovi sviluppi sul progetto ExChaser sono consultabili solo dal livello
A3 in su.-
Non era tanto il messaggio quanto il modo di fare, un educato e formale
modo di "vattelo a fare da solo" che provenendo dal suo vecchio
sembrava ancora più irritante. Il problema principale,
però, era molto più vistoso.
-Livello... A3? Il resto del dossier è
B2. Nemmeno il Primo Ministro può consultare quei fascicoli!-
-Esatto, sono consultabili da me, dal capo della sezione e da una
ristretta cerchia di scienziati coinvolti che hanno ottenuto un
permesso speciale.- chiarì -E credimi, Masaru,
c'è un motivo.-
-Ovvero?- richiese lui, esigendo informazioni.
Il capo in comando della Excalibur parve tormentato, poi si
alzò e, con una flemma invidiabile, si diresse verso uno dei
quadri appesi al muro, un autentico Monet donato dal governo
francese,lo tolse dalla parete e con un sonoro schiocco ne
spaccò la cornice all'altezza dell'angolo in alto a destra.
Masaru rabbrividì, e la sua sensazione di inquietudine non
migliorò quando il padre raggiunse di nuovo la scrivania,
appoggiò con delicatezza la tela su una sedia degli ospiti e
scagliò i resti della cornice sul piano di lavoro.
-Sei specializzato in Elettronica, vero? Dimmi cosa vedi.- gli
ordinò.
Volse lentamente lo sguardo dal padre ai resti sulla scrivania. Tra le
schegge di legno c'era un oggetto che riconobbe facilmente: lo prese in
mano per esaminarlo più da vicino,
-E' un congegno composto da un microfono direzionale ed una videocamera
appartenenti ad un cellulare di fascia alta. La batteria è
una Samsung standard a lunga durata.... una cimice, e pure nascosta
male. - constatò. Kenzo annuì, e rispose.
-Quando ci è arrivato questo quadro il nostro reparto ha
pensato benissimo di controllarlo insieme alla cornice. I nostri
ispettori non sono degli incapaci, quindi l'unica soluzione
è che questa cimice sia stata installata nella cornice
proprio da uno di loro.-
La
cosa lo lasciò confuso.
-Ma... chi rischierebbe mai di...-
-Hamada della sezione 6.- rispose subito il comandante -E' una spia
degli ORCA. Abbiamo finto ignoranza per cercare di arrivare ai suoi
contatti, ma le indagini sono ferme da giorni, quindi l'ho fatto
arrestare. E quella cornice non mi piaceva per niente.-
Kenzo girò attorno alla scrivania e vi sedette di nuovo, poi
iniziò a chiarire.
-Volevi sapere il motivo per cui i livelli di sicurezza del personale
sono bloccati da mesi, il motivo per cui tutte le conversazioni sono
effettuate in ambienti sicuri lontano dalla base, il motivo per cui
tutti i nostri server sono decentrati, e soprattutto il motivo per cui
il progetto ExChaser è così segreto che nemmeno
il buon vecchio ministro Abe può accedervi? Spie, figliolo, spie.
Mentre tu sei lì fuori impegnato in schermaglie futili con
quei ridicoli Black Saints, Phantasm ed ORCA hanno infiltrato il
personale della base alla ricerca dei nostri segreti. Ed è
per questo motivo che abbiamo scatenato l'ExChaser:
eliminerà uno ad uno i membri dei Black Saints quando si
faranno vivi e ci permetterà di concentrarci su minacce serie.-
La notizia lo colpì come un treno in corsa.
Balbettò per qualche istante, poi gli sfuggì
qualche parola.
-m...ma... Allora gli Excaranger...-
Capì perché nessuno aveva preso il posto di
Shiro. Oh, no. La mano gli si portò da sola al medaglione di
attivazione dell'R-Suit che portava al collo.
-Stavo giusto compilando i documenti per revocare a te e a Kitaki il
permesso di agire in combattimento. L'ExChaser, da solo, ha abbattuto
quella ridicola Queen Snake dopo nemmeno trenta secondi dall'ingaggio,
e le ha inferto ferite letali. Non sappiamo se al momento sia viva o
meno, ma anche se fosse, ci penserà due volte prima di farsi
vedere di nuovo in giro. Inoltre, l'ExChaser può spostarsi
velocemente per tutto l'est asiatico intercettando qualsiasi minaccia.
Voi, in cinque anni ed in tre, avete eliminato la bellezza di tre-
sentì il bisogno di evidenziare la cosa mettendo in mostra
tre dita- cyborg bestia appartenenti ai Black Saints, dopo mesi di
schermaglie e di danni all'arredo urbano, senza contare le spese di
sviluppo per quel robot gigantesco che abbiamo iniziato a programmare
tre mesi fa. Trentacinque miliardi di yen bruciati.-
Ah, quello. C'era stata una fuga di notizie che i Black Saints stessero
sviluppando la tecnologia per rendere i loro cyborg bestia giganteschi,
cosa che aveva gettato nel panico la Excalibur. Il progetto era stato
iniziato in fretta e furia per tenersi al passo insieme ad un massiccio
rafforzamento dell'aviazione, ma qualche settimana dopo l'unico mostro
gigante era un pallone pieno di gas che ritraeva vagamente Blood
Dragon, il cyborg bestia di punta dell'esercito dei Black Saints. Come
ciliegina sulla torta, durante uno dei loro ultimi ingaggi contro Queen
Cobra questa gli aveva raccontato di averla sparso lei la notizia per
vedere come avrebbero reagito, prima di iniziare a ridere come una
cretina.
Ripensandoci,
era abbastanza divertente, ma una vera e propria mossa da stronzi: in
un'altra situazione le avrebbe dedicato un brindisi per averli fregati
tutti, e a distanza di mesi continuava a chiedersi come fosse riuscita
a procurarsi un pallone simile.
No, non era il momento – doveva convincere suo padre che valeva
la pena di tenere attivi gli ExcaRangers, e che non erano solo uno
spreco di soldi e di tempo. Cercò di far valere i loro
obiettivi raggiunti.
-M-ma abbiamo recuperato e salvato dal controllo mentale
centinaia
di persone, inclusa Aika!-
-Si, ExcaYellow.- replicò lui senza batter ciglio.-La sua
vendetta personale contro Queen Cobra già la rendeva
difficile da controllare, ma dopo la morte del tenente Murasaki
é diventata una mina vagante.-
-Una mina...-accennò, poi lo rimproverò-Lei e
Shiro dovevano sposarsi, papà ! Dovresti cercare di
capire...-
-Lo capisco benissimo, Masaru. Nelle sue condizioni non dovrebbe
combattere. L'hai vista anche tu, no? Si lancia in battaglia senza
alcun tipo di freno né riguardo per la propria persona.
Ormai per lei è più che personale. Non riusciva
già a tenere la testa sulle spalle, ora è
diventato impossibile.-
Gli dispiaceva ammetterlo, ma aveva ragione. Aika era diventata sempre
più distruttiva e violenta da quando era morto Shiro, ormai
viveva soltanto per distruggere Queen Cobra. Fissò il padre
negli occhi, e vide la sua espressione assumere improvvisamente tutti
gli anni che sembrava aver messo da parte fino a quel momento.
-Tu sei mio figlio. Sono stato orgoglioso di te sia come padre che come
superiore quando hai deciso di combattere come ExcaBlue, e sono fiero
che tu sia venuto qui a difendere la tua amica. Ma... E' proprio come
padre che non posso permetterti di entrare in un campo di battaglia in
queste condizioni.-
-Ma io posso ancora combattere!- esclamò, mettendosi la mano
sul petto. Kenzo lo fissò, sospirò, e rispose,
dandogli gli ultimi ordini.
-Esatto, tu puoi combattere. Aika Kitaki no, ed io
non posso mandare mio figlio a rischiare di morire da solo. La squadra
ExcaRanger resterà lontano dalle prime linee fino a nuovo
ordine, valuteremo se è il caso di ricercare nuovi membri se
il progetto ExChaser non dovesse fornire i risultati sperati. I vostri
R-Medal vi resteranno in affidamento, ma utilizzarli per ingaggiare in
battaglia sarà considerata una violazione di livello 4. E
questo è un'ordine. Puoi andare.-
No, non poteva accettarlo. Suo padre gli stava dicendo che combattere
per il bene degli innocenti, la causa per cui si era dedicato per sette
anni, era passibile di corte marziale con una gravità appena
inferiore allo spionaggio. Ma era il suo comandante a dirglielo... e in
quella base, la sua parola era legge.
-...signorsì, signore.- rispose, mettendosi sull'attenti e
facendo il saluto.
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Capitolo 4 *** Controllo e rimorsi ***
cap3
Un
ronzio sommesso le raggiunse le orecchie, svegliandola. Riconobbe il
suono e la sensazione di essere immersa in un fluido appiccicoso: era
la capsula rigenerativa dell'avamposto. La nanotuta si era dissolta
automaticamente per permettere alla macchina di fare il suo lavoro,
ma l'elmo era ancora al suo posto - per fortuna, constatò,
altrimenti si sarebbe dovuta inventare velocemente una scusa sul
perché i suoi occhi reagissero alla luce. Poi si
ricordò che gran
parte del personale all'interno di quell'unità era composto
da
Corallo, e tirò un sospiro di sollievo. Erano tutti dalla
sua parte,
non doveva spiegare niente a nessuno.
BEN SVEGLIATA. HAI RISCHIATO
GROSSO. Annunciò la voce di Agni nella sua testa. Dall'altro
lato
del vetro intravide il serpente che la guardava acciambellato su una
scrivania. SPINA DORSALE SPEZZATA ALL'ALTEZZA DELLA COSTOLA PIU' IN
BASSO, ED IL DISSANGUAMENTO TI HA QUASI UCCISA. SEI FORTUNATA CHE IL
TAGLIO SIA STATO COSI' NETTO E CHE NON TI ABBIA SPAPPOLATO QUALCHE
ORGANO, ALTRIMENTI NEMMENO LA CAPSULA RIGENERATIVA SAREBBE STATA IN
GRADO DI AIUTARTI.
Sospirò. Una massa di bolle le sfuggirono dal
respiratore e si persero nel liquido. Iniziò a pensare una
risposta,
ma Agni la fermò sul momento:
NON
PROVARE A RISPONDERMI CON LA TELEPATIA. SEI TROPPO DEBOLE, E COMUNQUE
NON CI RIESCI ANCORA AD USARLA.
Diamine.
Erano mesi che ci tentava, ma nonostante la padronanza sui propri
poteri continuasse a migliorare, la telepatia a due vie era ancora
troppo per lei. Lei ed Agni facevano pratica quotidianamente, ma le
loro comunicazioni non duravano mai più di pochi secondi.
-Da quanto sono a mollo? E...chi mi ha recuperata? Si merita una
promozione.- si limitò a muovere le labbra, senza
effettivamente parlare. Agni la vide attraverso la capsula ed
interpretò i movimenti, rispondendole telepaticamente.
E' STATO IL NUMERO 26. TUA SORELLA, MARINA. APPENA HA VISTO QUEL ROBOT
SEGUIRTI HA ROTTO LA FORMAZIONE E TI HA RAGGIUNTA.
-Brava ragazza. Dove si trova adesso?-
HA SVOLTO LE OPERAZIONI DI DEBRIEFING PER TE, POI TI HA RAGGIUNTA QUI
IN SALA MEDICA. SEI RIMASTA QUI QUASI 18 ORE, E ANCHE LEI LO AVREBBE
FATTO SE NON LE AVESSI DATO UNA SUGGESTIONE IPNOTICA PER MANDARLA IN
CAMERA SUA A DORMIRE. TORNANDO A NOI, SECONDO LE ANALISI DOVRESTI
RECUPERARE IL 99.6% DELLA TUA MOBILITA' AL TERMINE DELL'OPERAZIONE.
OVERCLOCKEREMO LE NANOMACCHINE ALL'INTERNO DEL TUO CORPO PER COMPENSARE
LO 0.4% MANCANTE.
Recupero completo, insomma. Era stata fortunata.
I TUOI SUPERIORI HANNO RICHIESTO RAPPORTO. HAI DUE ORE PRIMA DELLA FINE
DELL'OPERAZIONE, INIZIA A PREPARARTELO.
...ma non troppo.
Desiderò ardentemente che quello che aveva detto a Soichiro
mesi prima fosse vero. Servire direttamente sotto il Santo... aveva
visto quell'uomo una volta sola, il giorno della sua prima operazione e
del suo primo risveglio come Queen Cobra. In realtà era solo
uno dei tanti anelli di una catena di comando che, pur vedendola fare
rapporto diretto a membri di alto rango, non la elevavano oltre una
posizione intermedia. Si, il Male aveva il middle management, e lei ne
faceva parte.
Smise di divagare, e tornò ad altri problemi.
-Il numero 33?-
E' STABILIZZATO E FUORI PERICOLO. PER ORA LO ABBIAMO SISTEMATO AL
LIMITE DELLE NOSTRE CAPACITA', APPENA USCIRAI PRENDERA' IL TUO POSTO
NELLA CAPSULA E POTRA' TORNARE IN AZIONE NEL GIRO DI QUALCHE ORA.
-No. Segnalalo come morto sul campo e cancella tutti i dati relativi
alla sua identità .-
Riusciva quasi a sentire il cervello bionico di Agni mettere insieme i
pezzi, seppure tra di loro ci fosse il vetro.
VUOI LIBERARLO.
-Ho letto i dossier di tutti i membri della mia squadra, Agni.
Quell'uomo serve i Black Saints da 10 anni. Ho indagato sul suo conto,
ha una moglie e una figlia che sono rimaste da sole. Mi ha servito
bene, è il momento che torni alla sua famiglia.-
Il ronzio sommesso della macchina sembrò dominare
completamente il silenzio fra i due.
MOLTO BENE, PREPARERO'LA SUA RICONVERSIONE A NORMALE UMANO. VUOI
OCCUPARTI TU DELLA SUA LIBERAZIONE, SUPPONGO.
-Sempre se torno da questa riunione. Lasciami pensare, devo mettere
insieme qualcosa per il Consiglio.-
D'ACCORDO.
Percepì il segnale di Agni allontanarsi, e rimase da sola
nella capsula, sola nella stanza. Avrebbe voluto togliersi l'elmo, ma
sia lo spazio ristretto che il respiratore che aveva sul volto glielo
rendevano difficile, quindi si limitò ad aprire il visore.
Il fluido curativo le rinfrescò la fronte senza darle alcun
fastidio agli occhi. Iniziava a trovare il vedere tramite le telecamere
sul casco una cosa innaturale e avrebbe preferito una visiera
trasparente invece della chiusa che aveva al momento, ma pur
nascondendo i suoi veri occhi con l'uso delle nanomacchine non avrebbe
mai potuto nascondere il fatto di non essere cieca, quindi teneva
sempre giù la visiera ed approfittava di ogni momento
propizio per scoprirsi la faccia. E poi vedere al buio le faceva
comodo, visto che senza casco non poteva farlo, a differenza dei suoi
subordinati.
Il numero 33.... No, Jack Carpenter, un soldato americano stazionato
alla base di Nagano, rapito durante un attentato al presidente
americano dieci anni prima. Sarebbe stato il decimo Corallo liberato di
persona, un buon Corallo, per giunta.
Ma non poteva dire tutto ciò ai suoi superiori.
Già, i suoi superiori. Una convenzione standard all'interno
dei Black Saints imponeva che tutti gli operativi, inclusi i leader,
utilizzassero un animale come nome in codice, accompagnandolo spesso
con un aggettivo. Solo lei, o meglio, la sua alter ego aveva qualche
rimostranza a riguardo, storpiando il proprio in Queen e facendosi
chiamare regina da tutti i propri subordinati. Ma da lì a
due ore avrebbe di nuovo incontrato qualcuno per cui era Green
Cobra e che la considerava poco più di un'arma, e la cosa
non le piaceva.
No, non le piaceva, come non le piaceva quella dannata organizzazione,
come non le piaceva il ruolo del cattivo, come non le piaceva dover
sfruttare degli innocenti per proteggersi: ma a forza di interpretare
Queen Cobra tutto ciò le era rimasto attaccato come una
pessima abitudine, al punto che le veniva quasi naturale.
Quei
comportamenti, nati per proteggere sé stessa e Marina,
avevano fatto nascere in lei una pazza ambizione che aveva inizialmente
cercato di reprimere, ma che più passava il tempo
più sembrava l'unica opzione possibile.
Forse
avrebbe dovuto rendere partecipe anche i diretti interessati.
Il sistema di collegamento a rotaia elettromagnetica tra le varie basi
dei Black Saints sarebbe stato l'invidia del ministero dei
trasporti svizzeri, ed il motivo per cui i loro avversari gli erano
sempre ad un passo indietro. Michiru, accompagnata come al solito da
Agni, e Marina salirono a bordo del vagone vuoto, si sedettero l'una di
fronte all'altra tra i numerosi sedili e nel giro di pochi attimi si
ritrovarono a viaggiare oltre la velocità del suono senza
accusare il minimo fastidio.
Dal loro avamposto nella prefettura di Mie non ci voleva neanche
mezz'ora per raggiungere la sede principale. Non erano ancora riuscite
a calcolarne la posizione precisa, ma da velocità ,
orientamento e tempo di percorrenza erano sicure che il quartier
generale dei Black Saints si trovasse da qualche parte nell'oceano
Pacifico – se in un paradiso tropicale non segnato sulla
mappa o sepolto da tonnellate d'acqua ancora non lo sapevano, ma Marina
aveva già espresso il desiderio, nel primo caso, di andare a
prendere il sole in bikini sulla spiaggia.
Il convoglio, tra l'altro, era uno dei pochi posti dove era
effettivamente possibile parlare liberamente, libero da qualsiasi
sistema di sorveglianza, quindi le due donne ne approfittarono per
discutere tra di loro.
-Micchan, sei... sei quasi morta ieri.- esordì Marina con
fare incerto, mani poggiate sul tablet che aveva portato con
sé, pugni stretti-Sei... sei sicura di voler continuare
così?-
La ragazza con l'elmo da cobra esitò a rispondere.
Aprì la visiera del casco, preferendo parlare a quattr'occhi
con sua sorella, senza finti volti, e dopo qualche attimo
cercò di chiarire.
-E'... per cambiare le cose, Marina.-
-Cambiare cosa?- le domandò la giovane in rosso, di rimando
-Sono mesi che siamo volontariamente nell'organizzazione. Tutto quello
che ti ho visto fare è stato tormentare quei due ragazzi,
far sprecare tempo e soldi alla Excalibur e liberare qualche soldato
dal tuo controllo mentale. Mi sento male solo a pensarci.-
Non
aveva tutti i torti, non erano stati mesi produttivi. Marina le si
avvicinò sporgendosi in avanti, e fece un'altra domanda:
-A
cosa punti, me lo vuoi dire? Perché siamo ancora qui?-
Michiru guardò il tunnel dall'oblò, cercando le
parole giuste. La monorotaia andava così veloce che vedere
l'esterno era impossibile, quindi nessuno si era preso la briga di
installare vetri per vedere il paesaggio – ma gli
oblò erano necessari come uscite di emergenza.
No,
stava divagando. Poteva dirglielo, adesso. Nessuno poteva sentirle.
-Continui a non leggere i dossier, vero? Ti sei chiesta chi siano le
persone che sto liberando?-
Marina avrebbe voluto rivolgerle uno sguardo curioso, ma l'elmetto
rosso glielo impediva. Se lo tolse, rivelando i suoi capelli a
caschetto dello stesso colore di quelli della sorella ed un volto che
le mostrava chiaramente imparentate, e la guardò finalmente
con lo sguardo che meritava. Michiru proseguì:
-Non sto solo liberando chi si è opposto chiaramente ai
Black Saints, Marina, ma anche chi ha una famiglia, chi ha qualcuno che
aspetta il suo ritorno... le persone meno disposte a seguirmi.-
Sospiro. Era un piano campato per aria, ma aveva più senso
di quelli attuati dal suo alter ego negli ultimi 5 anni.
-Nel frattempo... sto cercando nuove truppe.-
Marina deglutì.
-...cosa?-
-Sto utilizzando i mezzi a mia disposizione per cercare persone in
grado di seguirmi fedelmente senza alcun tipo di controllo mentale.-
chiarì -Dentro e fuori la base, ovviamente: nelle scuole
locali ho già trovato una ventina di persone che promettono
bene.-
Si voltò di nuovo a guardare sua sorella in volto: era
disgustata, ma pensava fosse così solo perché non
fosse al corrente delle sue intenzioni.
-Michiru... ma che ti passa per la testa!?- le chiese, domandandosi se
la sua sorella maggiore avesse dato di matto.
Era
il momento: qualsiasi cosa avrebbe detto, non si tornava indietro.
Trasse un profondo respiro, e pronunciò:
-Voglio cambiare le cose dall'interno, Mari. Voglio ribellarmi al
consiglio e prendere il controllo dell'organizzazione.-
Vide chiaramente la faccia di Marina attraversare diversi stati d'animo
nel giro di pochi attimi prima di attestarsi su qualcosa in mezzo tra
l'incredulo e il davvero furente:
-Sei impazzita?-
SEI IMPAZZITA?
Agni le fece, senza accorgersene, il verso. Ringraziò di
poterlo sentire solo lei, altrimenti si sarebbe sentita davvero in
minoranza. Scrollò le spalle.
-Sinceramente... credo che sia colpa degli ultimi cinque anni, hanno
avuto una brutta influenza sulla mia psiche. Ma pensaci bene. Gran
parte dei combattenti dei Black Saints sono controllati mentalmente. Io
mastico controllo mentale a colazione, pranzo e cena, posso fare e
disfare la loro ipnosi con uno schiocco. Tutto quello che
c'è in realtà tra me ed il controllo dei Black
Saints sono tre imbecilli con le manie di grandezza ed un vecchio su
una sedia a rotelle. Tolti quelli di mezzo, avrò
l'organizzazione nelle mie mani, e a quel punto potrò
preoccuparmi di cosa farne. Ma sono sicura che anche loro sono pronti a
questa eventualità, e per evitare qualche brutta sorpresa ho
bisogno di qualcuno ad aiutarmi, qualcuno di cui mi possa fidare. E
voglio che queste persone siano con me di loro spontanea decisione.-
Calò il silenzio. Si aspettava che Marina producesse una
risposta spiazzante che le facesse capire come si sbagliasse e che
fosse un piano idiota, che la facesse desistere e che le desse
quell'iter per fingere la propria morte e andarsene a vivere una vita
normale tra le campagne, ma la risposta rese chiaro che aveva giudicato
la propria sorella molto, molto male.
-Che piano idiota.- iniziò Marina , esattamente come da
previsione.
Poi,
partì per la tangente.
-Hai
la padronanza totale di uno sguardo ipnotico, puoi porre chiunque sotto
il tuo controllo semplicemente guardandolo... e non ti è
venuto in mente che puoi fare lo stesso al Santo?-
Ulteriore silenzio. Corrucciò le labbra, cercando una
risposta, ma ci pensò prima Agni.
TUA SORELLA E' MENO SPROVVEDUTA DI QUANTO SEMBRI. CERTO, I MEMBRI DEL
CONSIGLIO SONO ALLENATI PER RESISTERE AL CONTROLLO MENTALE, MA NON SONO
IMMUNI.
-Oh, zitti, tutti e due. - si portò le mani al volto- Non ci
avevo pensato.-
Marina
sogghignò in modo mesto.
-Se è davvero quello che vuoi fare, non vedo
perché non dovresti arrivarci per vie traverse. Sei sempre
la solita, ti impegni più di tutti ma quando si tratta di
fare la furba sei sempre l'ultima.-
Michiru si rilassò sul sedile, sbuffando.
-Hai ragione- ammise- ma per arrivare a lui dovrei comunque passare per
i tre Generali, e anche in quel caso non è detto che non
abbia qualche contromisura contro di me. La mia ipnosi non funziona
immediatamente su certi soggetti, ho sempre bisogno di qualcuno a
coprirmi le spalle.
-Beh, la prima parte è semplice.- iniziò Marina,
incuriosendola -Fai carriera. Porta successi. Distruggi i tuoi nemici,
dimostra la tua forza, diventa qualcuno, e assicura il tuo posto
nell'organizzazione. Quando avrai abbastanza presa, metti qualcuno dei
tuoi superiori sotto il tuo potere e comincia da li.-
Inarcò un sopracciglio, mentre associava le parole che aveva
appena sentito al volto simpatico di Marina. No, non era ciò
che si aspettava che dicesse.
-Diamine, Marina. Sei... credevo di essere io, la sociopatica.-
constatò.
-Non sono io ad aver scelto di intraprendere la carriera del terrorista.
Io sono solo una tua sottoposta- chiuse Marina, rimettendosi il casco
-per me bene e male sono indifferenti, importano solo i tuoi ordini.-
La ragazza in verde si morse il labbro, perplessa. Era brutto che sua
sorella si considerasse così – in fondo, erano
sempre parenti. Ma d'altronde, riusciva sempre a trovare la soluzione
più diretta ai problemi, e anche questa volta si era
dimostrata preziosa, come quando la aiutava nei compiti di matematica
nonostante stesse due anni indietro.
-Dovresti smetterla di frequentarmi.- le disse, rassegnata - Sono una
pessima influenza.-
Si sarebbe dovuta fare strada creando vittime su vittime?
Chissà se era quello che Soichiro avrebbe voluto. Ma,
dopotutto, era diventata il carnefice, i rimorsi dovevano essere
carburante per andare avanti, non ostacoli per fermarsi.
CAP.4
-...e questo
è quanto. Sono stata recuperata dalla qui presente Corallo
26 e riportata alla base. Corallo 33 è deceduto in seguito
alle ferite riportate.-
Non si poteva dire che i suoi superiori non avessero senso scenico. Il
suo debriefing, invece di essere svolto in privato come al solito, era
stato effettuato nella sala delle udienze, un grosso salone
dall'architettura austera ed immerso nella penombra, diviso in spalti
sui quali gli altri membri dei Black Saints, principalmente cyborg
bestia suoi pari, sedevano e la osservavano in silenzio.
I tre Generali - Gray Shark, Black Viper e Holy Gull (non poteva
ripetere quel nome mentalmente senza iniziare a ridere) trovavano posto
su dei troni disposti su una struttura a forma di podio in fondo alla
sala, e lì, a sovrastarli, appena visibile, la sagoma del
Santo. Poi c'erano lei e Marina al centro della stanza, inginocchiate
in segno di rispetto con una luce puntata addosso che rendeva il tutto
più difficile da vedere.
Sembrava davvero il Consiglio del Male, ma non era intimidita. Un
giorno si sarebbe seduta lei lì in alto in mezzo alle ombre.
Già pensava a come rendere il posto più allegro
– magari dei fiori avrebbero aiutato.
Gray Shark, situato più in alto, tambureggiò le
dita sul bracciolo del trono. Riconosceva solo la sagoma, ma sapeva a
memoria che era un uomo sulla quarantina dalla chioma folta e dalla
barbetta incolta, dal volto scolpito e apparentemente così
fiero dei propri muscoli al punto da metterli in mostra indossando
semplicemente i pantaloni di una divisa militare ed un gilet. Aveva un
occhio solo, ma la cicatrice dall'altro lato era appena visibile sotto
la benda; attorno al collo, forse solo per tenere fede al suo nome in
codice, un dente di squalo come ciondolo. Ricordava che il suo alter
ego aveva un debole per lui, e ne capiva benissimo il
perché: non per la personalità, ovviamente, ma
per una pura questione di lussuria animalesca.
-Un robot da combattimento?- domandò, con una voce stentorea
ed un accento occidentale, tradendo le sue origini europee -Ne abbiamo
eliminati a bizzeffe. Ricordate durante gli anni novanta? Sembrava che
ogni cosa dovesse essere un robot.-
Una voce da donna, alla posizione più bassa del podio,
ridacchiò, forse solo per simpatia, visto che Holy Gull
(haha) era troppo giovane per ricordarsi quel periodo - avrà
avuto al massimo una decina di anni in più di lei. Quella
donna era impressa nella sua memoria come quella che le aveva infilato
il casco ridendo, beffandosi della sua impotenza, e già la
odiava per questo. Capelli biondo platino ed occhi grigi, era un tipo
di bellezza più androgina che femminile, adornata con
l'uniforme peggiore che avesse mai visto, un turbinio di piume bianche
e veli trasparenti che metteva in mostra delle forme femminili
abbastanza sottili. Era chiaro che si divertiva a svolgere il ruolo
della cattiva, e come biasimarla, con un'intera organizzazione ai
propri piedi?
Né Gray Shark né Black Viper si unirono alla
risata, però – avendo vissuto quel periodo in
prima persona, era chiaro che non lo trovassero divertente. Black Viper
in particolare: sapeva che era il fratello molto maggiore di Gray
Shark, ma i due non si somigliavano molto. Giusto in altezza, entrambi
sopra la media, ma Black Viper aveva uno stile tutto suo: taglio lungo
a codino tirato indietro che lasciava intravedere qualche capello
grigio in mezzo alla massa corvina, vestito con pantaloni scuri e una
giacca dello stesso colore abbottonata di lato, una versione modificata
della divisa standard del settore Ricerca e Sviluppo. Dei lineamenti
che seppur simili a quelli del fratello dimostravano che di risate in
vita sua se ne era fatte poche, accompagnati da una mancanza totale di
peli facciali fatta eccezione per delle folte sopracciglia.
E poi c'era il Santo, quel vecchiaccio sulla sedia a rotelle che aveva
assistito personalmente alla sua trasformazione con aspetto compiaciuto
e che non aveva nemmeno la faccia di farsi vedere, nascosto
completamente nelle ombre al punto che era una sagoma appena
distinguibile. Rabbrividiva al ricordo, ma non era il momento di
mostrarsi impaurita.
-Il qui presente Corallo 26 ha comparato i dati raccolti in archivio e
ha trovato una corrispondenza.- annunciò, con fredda
professionalità , per poi chinare il capo -Chiedo umilmente
perdono per aver disonorato i Black Saints con la mia sconfitta.-
-Non ce n'è bisogno di chiedere perdono, né tanto
meno di tutta questa formalità .- replicò Viper
con tono unto-Hai dimostrato di essere un membro di valore durante la
tua recente guerra di attrito con la Excalibur, seppure un po'...
peculiare. Alzati pure.-
Se n'erano accorti che si stava divertendo un mondo? Ma
obbedì.
-Se avessimo avuto intenzione di farti pagare il tuo errore, ti avremmo
negato le cure necessarie a rimetterti in piedi così
velocemente, Green Cobra.- proseguì Viper, articolando le
frasi in modo da risultar chiaro, sembrando così logorroico.
Dall'ombra non riusciva a vederlo muoversi, ma capì che la
minaccia appena accennata era più che tangibile.
-Capisco.-rispose, con una goccia di sudore che le sfuggiva dalla
fronte, nascosta dall'elmo. Stava andando bene, no? E allora
perché era così tesa?
-In ogni caso, se avete qualcosa da mostrarci, hai l'autorizzazione a
procedere.- terminò l'uomo in nero.
Fece un cenno a Marina, la ragazza si alzò,
armeggiò con il tablet, ed un ologramma del cavaliere nero
le comparve davanti, trasmesso nella sala tramite un proiettore
tridimensionale. Il corpo di Michiru ricordò la sensazione
indolore della lama che le scivolava dentro le budella, e
meccanicamente si portò una mano allo stomaco. Subito dopo,
l'immagine fu affiancata da un'altra sagoma, piuttosto simile, ma di
colore diverso e dall'aspetto più rozzo.
-Apparentemente abbiamo incontrato una versione avanzata del progetto
Chaser, originariamente sviluppato dal governo giapponese tra gli anni
80 e 90.- spiegò Marina con un tono fermo e privo di
qualsiasi tipo di emozione ed intonazione, cercando di imitare i suoi
commilitoni privi di volontà propria-Dalle informazioni in
nostro possesso sappiamo che era progettato per inseguire un bersaglio
fino alla sua totale distruzione, ma che il progetto è stato
abbandonato perché il sistema di puntamento tendeva a fare
confusione e ad inseguire bersagli secondari, civili inclusi.-
-Non dev'essere poi così avanzato.- commentò Gull
in tono canzonatorio, sporgendosi in avanti con i gomiti sulle
ginocchia ed il mento sulle mani-Non ha portato a termine il lavoro,
Green Cobra è sopravvissuta.-
Stava cominciando a trovarla fastidiosa.
-In 18 di 22 test effettuati, oltre ai bersagli destinati ha colpito
animali, mezzi , personale, e addirittura un aereo da turismo che
sorvolava la zona a 500 metri di altezza.- terminò Marina
seccamente. La donna in bianco che sedeva sul trono ciondolò
la testa da sinistra a destra, pensierosa, e domandò,
rigirando ulteriormente il dito nella piaga:
-Cobra, hai davvero perso contro un rottame simile? E' anni indietro
rispetto alla nostra tecnologia.-
Era
deciso: una volta salita al potere, le avrebbe strappato tutti i
capelli uno ad uno, ne avrebbe fatto una parrucca e gliel'avrebbe
regalata solo per dargli fuoco. Ma non era il momento di immaginare
vendette personali: come avrebbe reagito la Queen Cobra di qualche mese
prima ad un'insinuazione del genere? Agni le diede un suggerimento a
livello inconscio, che colse al volo.
-Di nuovo, chiedo perdono. Datemi l'opportunità di rifarmi e
laverò via quest'onta.- pronunciò chinando la
testa per rispetto.
-Non è necessario.- replicò la voce di Shark
dall'alto-Ricordo questo modello, le nostre spie osservarono
personalmente otto test prima di renderci conto che non era il caso di
preoccuparci. Disponeva di una capacità offensiva
invidiabile, ma i problemi portati alla luce dalla vostra analisi lo
rendevano utile come un cucchiaio bucato. Tra l'altro, lavoro
ammirevole, Corallo 26.-
Marina scattò sull'attenti e salutò il superiore
senza proferire parola. Michiru sperò che fosse quello il
protocollo, non si aspettava un elogio.
-In ogni caso- riprese Shark- Se questa versione è
effettivamente operativa, un'unità di infiltrazione e
guerriglia come la tua non dispone dei mezzi necessari per affrontarla,
Green Cobra. Sebbene tu abbia dimostrato abilità in
combattimento ben sopra le tue capacità, in quanto
consigliere militare del Consiglio ritengo che la tua unità
abbia bisogno di più potenza di fuoco.-
Diretto come un pugno alla mascella: questo sarebbe stato un bello
smacco per la sua “carriera”. Sentì un
fruscio provenire dalla seconda postazione più alta, seguita
dalla voce di Viper, che parlò interagendo con un PDA.
-Ospiterai nell'avamposto un'unità specializzata in
combattimento con la quale coopererai, mettendo a disposizione tutti i
mezzi disponibili nella tua base. Nel frattempo, ti asterrai
dall'ingaggiare le forze di Excalibur e ti limiterai alla raccolta di
dati. Abbiamo preparato una lista di candidati adatti alla situazione:
poniamo fiducia nelle tue capacità di stratega e di
conseguenza lasciamo a te la scelta. L'ho appena inviata al tablet di
Corallo 26, ti consiglio di guardarla a fine debriefing. Ci aspettiamo
la tua risposta entro domani. -
E dopo lo smacco, un'improvvisa riconferma di fiducia. Anzi, era quasi
paragonabile ad una promozione immediata. O magari era tutta una
manovra per farla fallire. Tolse il tablet dalle mani di Marina e vi
diede una rapida occhiata: i nomi in codice che si presentarono sullo
schermo erano tutti di guerrieri di alto rango dei Black Saints: Tiger
Wasp, Red Robin... cyborg che negli anni di servizio avevano accumulato
un numero di uccisioni confermate oltre le tre cifre, alcuni dei quali
ritirati perché la loro esagerata violenza avrebbe portato
troppa attenzione alla loro minaccia.
Non era una manovra né una promozione: le stavano dando
qualcuno in grado di finire il lavoro dato che non la ritenevano in
grado. Non sapeva come sentirsi, ma la cosa non finì
lì.
Holy Gull si sporse in avanti, interagendo con un pulsante al lato del
proprio trono. La luce che la illuminava si fece più forte,
mettendola completamente in mostra. Fatto ciò, si
rilassò sulla seduta, scosse i propri capelli e
scandì bene le parole:
-Ovviamente, hai una terza opzione.-
-Cosa?- rispose, senza rendersi conto che sia Shark che Viper avevano
reagito con la stessa incredulità. Fu il primo ad
interrogare la sua collega:
-Ga-Gull, cosa stai...-
-Dai dati di sortita degli ultimi tre mesi, risultano chiare due cose.-
continuò la donna in bianco, incrociando sia le gambe che le
dita delle mani-La prima cosa è che alla nostra signorina
Cobra, qui, ha un debole per il Numero 26.-
Strabuzzò gli occhi dietro l'elmo. Era davvero
così ovvio? Si trattenne dal mostrare alcuna emozione, ma
stava urlando internamente. Marina sembrò un'attrice
altrettanto brava, ma anche lei sotto la visiera si stava guardando
attorno in preda al terrore.
-Gabriela-
la interruppe Viper, chiamandola con nome quasi per sdegno -Non abbiamo
discusso di queste cose durante la riunione, ti intimo di...-
-La seconda cosa- lo interruppe Gull, portando in vista alcuni dati
tramite il proiettore olografico- è che Corallo 26
è una combattente visibilmente più capace dei
suoi colleghi: in più di un'occasione è stata
capace di atterrare un Excaranger in combattimento diretto senza alcun
aiuto, e ha una percentuale di colpi andati a segno del 98% percento.
Ma qui esce fuori un dato molto strano: non ha alcuna uccisione
confermata. Dopo aver analizzato le riprese dei droni, ho notato che
tutti i colpi che hanno trovato il bersaglio hanno colpito in modo da
causare ferite dolorose e debilitanti, ma non letali.-
Michiru rabbrividì. Agni si voltò verso Marina, e
tramite i suoi occhi la vide mimare la parola "aiuto" con le labbra, ma
era solo un accenno che sfuggì al resto della sala. Anche
gli altri due generali si limitarono a fissare la loro pari con sguardi
perplessi. Cercò di dire qualcosa, ma Gull non aveva finito.
La donna in bianco finalmente si alzò e, con fare suadente,
scese dal trono, avvicinandosi alle due ragazze. Sotto la visiera,
Marina chiuse gli occhi per il terrore, mentre Holy Gull la raggiungeva
e le accarezzava il mento con il tocco di un'amante.
-E pensare che questo supersoldato fino a pochi mesi fa era confinato
al settore di analisi dati.- constatò in tono compiaciuto -
Un vero caso, no? Esprimerei un giudizio negativo sulla sua
capacità di giudizio, miss Cobra... ma so che il numero 26
è entrato in servizio sotto il tuo predecessore, quindi
credo che in realtà sia un elogio...-
E' MOLTO PIU' SVEGLIA DI QUANTO CI ASPETTASSIMO.
Si, aveva ragione, ed era una conclusione che non piaceva neanche a
lei. Avrebbe voluto restare calma, ma il timore che quello per cui si
era abbassata a fare in quei mesi andasse a carte quarantotto ancor
prima di iniziare fu abbastanza per scuoterla: l'attenzione di tutti
era su di Gull, quindi nessuno poteva vederla tremare dall'indecisione,
né tanto meno mettere mano alla frusta che aveva appesa alla
cintola, decisa a separare la sua comandante da Marina, un atto di
chiaro tradimento che, in fondo, non sarebbe stato più grave
dei suoi piani.
Ma ancor prima che potesse farla schioccare, accadde l'imprevisto.
Più il panico e l'indecisione salivano, meno controllo aveva
sul suo corpo. La mano lasciò la frusta appesa alla cintura,
la sua postura cambiò, e Michiru, accortasi di cosa stava
succedendo, capì che era meglio farsi da parte come
spettatrice.
LASCIAMI GUIDARE PER UN PO'. SISTEMO IO, SE NON TI DISPIACE.
Risuonò la voce di Agni nella sua testa.
-Il numero 26 é un piccolo... esperimento che sto
effettuando nel tempo libero.- uscì dalla sua bocca, senza
che fosse lei a dirlo.
-Oh?- rispose Gull, fingendo interesse voltando lo sguardo in sua
direzione, ma tenendo la mano fissa sul mento di Marina.
Queen
Cobra si avvicinò alla sua interlocutrice, girandole
attorno, mentre chiariva la situazione:
-Sappiamo tutti che, di norma, i nostri soldati possono utilizzare
soltanto il 25% del loro potenziale combattivo. E' una misura di
controllo che imponiamo loro durante la fase di lavaggio del cervello
per poterli controllare più facilmente. Con il numero 26 ho
fatto le cose diversamente.-
La donna in bianco ghignò, e tornò a guardare la
giovane Corallo, che rispose allo sguardo con una smorfia di
preoccupazione nascosta dalla visiera.
-Avevi un segretuccio, Miss Cobra? Perché non ce ne rendi
partecipi?- domandò Gull. Il sorriso di Queen Cobra la
fulminò.
-Perché disturbarmi? Chiedilo direttamente a lei,
è in grado di risponderti.-
Le dita di Gull accarezzarono le gote di Corallo 26 in modo dolce,
scatenando in lei il terrore più nero.
-Allora? Vuoi farlo tu?- le intimò, quasi un sussurro.
Marina percepì qualcosa di sbagliato in Michiru. Non la
stava vendendo per salvarsi la pelle, si fidava di lei. Ma allora,
perché quella scenata? Era come se tutto d'un tratto
esitazione e panico fossero spariti per lasciare il posto ad una mente
fredda e calcolatrice.
Si ricordò che Agni, e di conseguenza Queen Cobra, era
considerabile come una personalità distinta, e
capì: Michiru era in difficoltà, ed il serpente
aveva preso il controllo per coprirla. Rimpianse di non avere anche lei
il pilota automatico.
Il tocco di Holy Gull sul suo volto era soffice e privo di cattiveria,
ma l'atteggiamento della donna faceva presagire una malizia senza pari.
Non poteva dirle così all'improvviso di non essere sotto il
controllo mentale di Queen Cobra, specie se l'opzione era quella di
dimostrare di essere una diciannovenne confusa ritrovatasi in un gioco
più grande di lei. No, se doveva farlo, doveva farlo bene
– Michiru, anzi, la sua Queen Cobra non si sarebbe aspettata
altro.
Fece un passo indietro, liberandosi da quel tocco che le stava mettendo
inquietudine. La donna in bianco la fissava incuriosita, e non
cercò trattenerla.
Si augurò che sia Agni che Michiru sapessero cosa stavano
facendo, mentre avvicinava le mani al casco e se lo sfilava, scuotendo
poi la testa per liberarsi i capelli. Sentì qualcuno sulle
tribune sospirare: forse avevano capito.
Si inchinò Holy Gull in segno di fedeltà , e
dichiarò, mentre una piccola parte di lei moriva:
-Corallo 26, Marina Kato. Sono a sua completa disposizione, Lady Gull.-
Era stata abbastanza brava? Probabilmente si: gli spalti erano in
subbuglio, Holy Gull rideva compiaciuta e l'espressione fiera di Queen
Cobra parlava più di mille parole. Su dal podio si sentiva
una voce profonda ridacchiare, mentre una più melliflua
esprimeva incredulità:
-Lei.... ricorda!?-
-Dopo aver visto il suo dossier sono arrivata alla conclusione che
Marina mi avrebbe seguito, quindi le ho restituito memoria e controllo
sul proprio corpo in cambio di totale fedeltà alla nostra
causa, e mi sto occupando personalmente del suo addestramento.- riprese
Queen Cobra, affiancandosi a Marina e mettendole una mano sulla spalla
-Al momento può usare il suo corpo al massimo del proprio
potenziale. Stimo che si trovi appena sotto il livello di un
Excaranger, ma con ulteriore esperienza dovrebbe superarlo facilmente.
Lasciò
passare qualche secondo per assicurarsi che i presenti avessero
recepito il messaggio. Fece a Marina cenno di alzarsi, e poi riprese a
spiegare.
-Vedete,
è esattamente questo il punto: non è una macchina
che esegue gli ordini - può agire in modo imprevedibile,
intuire le intenzioni del nemico ed agire di conseguenza, ma
soprattutto imparare dai propri errori e migliorare. Lady Gull ha
omesso, di sicuro non volutamente, dei dettagli importanti quando
parlava delle mie precedenti sortite. Sono sicura che ha capito di cosa
parlo.-
Gull fu colta alla sprovvista: era incuriosita dalla presenza di Marina
e a ciò che significava, fissandola in volto compiaciuta in
preda a mille pensieri. Forse, per un attimo, aveva ricordato cosa
voleva dire essere sorpresa.
-Ti riferisci per caso alle perdite?- domandò un'altra voce
stentorea, dall'alto.
-Corretto. -annuì, accompagnando la parola con il capo
-Sappiamo tutti che le schiere dei nostri soldati sono una porta
girevole: dobbiamo reclutarne di continuo per mantenere un esercito
capace in grado di contrastare i nostri avversari, in quanto ne
perdiamo spesso contro Excalibur, molti dei quali vengono riportati al
semplice stato di umani sviluppando di rimando una resistenza alla
conversione. Cercare continuamente gente nuova e compatibile con la
Conversione richiede tempo, risorse ed energie che non solo i nostri
soldati, ma anche noi unità di livello Elite potremmo
utilizzare per realizzare e portare a termine i nostri piani con
maggiore precisione, portando a risultati migliori.-
Una voce che Agni riconobbe provenne dagli spalti. Un piccolo faretto
si accese sopra la figura per mostrarla a tutti: una donna di piccola
taglia dalla pelle viola, i capelli castani sotto un elmo con sei occhi
ed un'armatura organica dalla quale spuntavano, dalle spalle e dai
fianchi, due coppie di braccia, ciascuna delle quali terminava in dita
affilate. La riconobbe subito: si trattava di Tarantula, una cyborg
bestia stanziata in Sudafrica.
-Dei soldati così provano paura, confusione e timore. Sono
deboli.- azzardò la donna ragno con fermezza.
-Ed è questo che separa noi elite da loro.-
replicò senza perdere colpo, allontanandosi da Gull e da
Marina e rivolgendosi ai suoi pari -Hanno una qualità che
noi non abbiamo: sono umani. E gli umani, oltre alla paura, hanno anche
altre cose che noi abbiamo dimenticato. Iniziativa, senso del dovere,
spirito di squadra: si guardano le spalle a vicenda e si aiutano. I
nostri subordinati si lancerebbero in un burrone fino a riempirlo se
ciò permettesse anche a solo uno di loro di oltrepassarlo,
ma un piccolo gruppo di umani riuscirebbe a trovare il modo senza
lasciarsi nessuno dietro. E' per questo motivo che Excalibur
è un nemico così persistente: sono esseri umani.
Deboli ma coraggiosi esseri umani.-
Un attimo di silenzio, poi di nuovo un vociare sugli spalti,
accompagnato dalla risata sommessa di Shark. Viper era poco convinto,
mentre Gull....
-Che
bel discorso, Miss Cobra. Forse dovresti pulirti più spesso
la divisa, ti è rimasto un po' di Excaranger attaccato. In
ogni caso, dimentichi la cosa più importante: come facciamo
a convincere l'uomo della strada ad unirsi a noi?-
-E' per questo che è un esperimento in piccolo, milady.-
rispose il corpo di Michiru guidato dalla volontà di Agni -
Marina è motivata e disposta a servirci, ma se non dovesse
dimostrarsi all'altezza, ci vorrebbe poco a porla di nuovo sotto il
nostro controllo e a cercare elementi più capaci. Nel caso
della mia ipnosi, i soggetti risvegliati non sviluppano alcun tipo di
resistenza. Lasciate che ve lo dimostri...-
La distanza tra Queen Cobra e Marina si chiuse rapidamente. La Corallo,
dopo le parole di Agni, era inquieta. Non aveva mica intenzione di...
-Mi dispiace, Mari...- mormorò la voce di Michiru da dietro
la copertura di Agni, così bassa da poterla sentire solo
lei. Quindi si... stava per succede di nuovo. Avrebbe voluto opporsi,
ma facendolo avrebbe messo non solo sé stessa, ma anche sua
sorella nei guai, e la posta in gioco era troppo alta. La visiera di
Queen Cobra si aprì, e si trovò di nuovo a
fissare quegli occhi ipnotici.
Iniziava con gli arti che ti abbandonavano, e si muoveva su piano piano
fino a raggiungerti la testa. Il suo battito cardiaco, schizzato a
mille dopo essersi resa conto della situazione, si
normalizzò, così come la sua respirazione.
Sentì la propria mente andare a posto, quel magnifico caos
del suo cervello infilarsi in tanti piccoli compartimenti che
sembravano fatti apposta. Un orribile quanto inarrestabile senso di
beatitudine la pervase: stava per perdere, di nuovo, il controllo della
sua volontà, ed il fatto che le sembrasse bellissimo era la
sensazione peggiore che avesse mai provato.
Cercò di aggrapparsi a quel poco di umanità che
le restava, ma le ritornò alla mente solo il suo processo di
conversione. Ricordò otto ore incatenata ad un tavolo da
laboratorio, ricordò un mostro con il volto di sua sorella
che le iniettava di persona piccole fiale di fluidi multicolori ridendo
quando il suo corpo mutava, si apriva e si trasformava solo per tornare
come prima dopo infiniti istanti in preda a sensazioni indescrivibili
tra il dolore e il sollievo quando le veniva somministrata una dose di
antidoto, ricordò quell'orribile marchingegno che le passava
sopra la pelle risvegliando nel suo corpo processi che la privavano
lentamente della sua umanità. Ricordò muscoli che
si contraevano, ricordò un corpo che si contorceva,
ricordò urla che chiedevano pietà ,e
ricordò sé stessa, che da protagonista della sua
vita diventava prima spettatrice e poi abbandonava completamente la
scena, sostituita da un'identità fittizia che pensava e
agiva per lei.
Era ad un passo dalla trance totale, e l'unica cosa che la teneva
aggrappata alla realtà erano i ricordi dei peggiori attimi
della sua vita. Le lacrime iniziarono ad accumularsi, così
come un rivolo di bava iniziò a colarle dal lato della
bocca. Avrebbe voluto cedere solo per farla finita, ma non sapeva se
sarebbe potuta tornare indietro, quindi si aggrappò con
unghie e denti a quel terribile ricordo, quel poco di sé
stessa che le rimaneva. Finché...
-Non ce n'è bisogno. Mi hai convinto.- interruppe Gull,
tappando gli occhi di Marina in modo molto diretto -E anche il Santo
pare approvare.-
Tutti gli occhi della sala si voltarono verso la figura più
in alto, ancora nascosta nell'ombra. Videro un movimento minimo che
esprimeva assenso. Qualcuno provò a commentare, ma fu subito
zittito.
Agni richiuse la visiera, e lasciò di nuovo il corpo a
Michiru, che come prima cosa si avvicinò a Marina ancora in
trance, un gesto che passò curiosamente inosservato.
-E' un peccato che un soldato così fedele non si sia reso
disponibile per la conversione in cyborg, però.-
proseguì Gull, di nuovo in tono canzonatorio, allontanandosi
dalle due giovani mantenendo il contatto visivo -Questa ragazza mi
piace, farei tutto il possibile per trasformarla in una cyborg bestia
senza farle perdere il suo bell'aspetto. Mi dica, Miss Kato,
c'é qualche animale che apprezza particolarmente? Qualche
insetto, magari? Trovo i carapaci molto eleganti, non credo che pelo e
corna le si addicano.-
-Uuug...- mugugnò Marina, che stava ancora uscendo dal
trance. Michiru, di nuovo in controllo di sé ma avendo
assistito a tutto lo scambio, si intromise.
-Per quanto mi fidi ciecamente della mia subordinata... preferirei che
rimanga a questo livello. Se e quando ci saranno conversioni da
effettuare, sarò io stessa ad occuparmene. Ricordiamoci che
stiamo parlando di una persona con il completo controllo delle sue
facoltà mentali – se diventasse un cyborg bestia,
potrebbe causare molti più danni di un qualsiasi soldato
potenziato in caso di ribellione.-
Gull sembrava poco convinta, ma fece buon viso a cattivo gioco e se ne
tornò al proprio posto. Viper riportò velocemente
l'ordine nella sala e permise a Michiru di tornare al proprio posto
sugli spalti, accompagnata da una terrorizzata Marina.
Se
l'erano cavata.
-Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace...-
Marina pianse per tutto il viaggio di ritorno, abbracciata dalla
sorella. Entrambi si sentivano orribili: Michiru era mortificata dal
non essere riuscita ad impedire ad Agni di mettere in mostra quella
dimostrazione così mostruosa. Marina, invece, si sentiva
sporca, usata e gettata via, come se la sua vita non avesse importanza
e fosse davvero soltanto il numero 26. Non volò una parola
tra le due, solo la litania di Michiru ed un abbraccio fraterno che
fece molto di più che qualsiasi parola.
Agni non fece alcun commento. Sapeva che il suo intervento aveva
salvato la situazione, e non si era pentito di aver abusato di Marina
per darsi credibilità. Dopotutto, dopo tutti quegli anni
passati da serpente non si faceva domande sulla natura umana, e,
francamente, la cosa nemmeno gli interessava.
Michiru si lasciò andare sulla sedia girevole, finalmente in
grado di rilassarsi, quando si ricordò di dover controllare
la lista di Viper e mise mano al tablet. Era riuscita a calmare Marina
e l'aveva messa a letto - nel proprio letto nelle sue
stanze private, preoccupata della possibilità che potesse
avere degli incubi e intenzionata a tenerla lontano dagli altri
Corallo, almeno per un pò. Settimane di terapia buttati per
colpa di Agni, che ora era acciambellato beatamente su un'altra sedia.
-Si, sto pensando male di te.- si rivolse al serpente.-Era davvero
necessario?-
IL CONSIGLIO VOLEVA UNA DIMOSTRAZIONE DI FORZA E DI DECISIONE. SI, ERA
NECESSARIO.
Sbuffò, togliendosi il casco e appoggiandolo sulla
scrivania, aggiungendovi subito a fianco il tablet.
-La psiche di Marina é ancora instabile, Agni, e per quanto
si faccia coraggio é piena di ferite che non guariranno,-
TUA SORELLA HA UNA FORZA DI VOLONTA' RAGGUARDEVOLE. NON MI SONO
TRATTENUTO QUANDO HO CERCATO DI IPNOTIZZARLA, OGGI, CIONONOSTANTE E'
RIUSCITA A MANTENERE LA COSCIENZA DI SE'. ONDE IPNOTICHE DI QUELLA
INTENSITA' AVREBBERO FRITTO UN CERVELLO QUALUNQUE.
-Non é quello il punto!- si fece in avanti, stringendo i
pugni.-Sappiamo entrambi quello che ha subi-- che le ho fatto subire
quattro anni fa! Ci sono volute due settimane solo per farle accettare
il fatto che l'unica voce nel cervello che le diceva cosa fare fosse la
sua, ricordi!?-Per quello, e per riconquistare almeno in parte la sua
fiducia.-E tu la prima cosa che fai é andare lì e
ricordargli che possiamo spegnerla in qualsiasi momento!-
NON AVEVO ALTRO MODO DI DIMOSTRARE LA NOSTRA FEDELTA'. INOLTRE, ERO
DISPOSTO A CEDERTI IL CONTROLLO IN QUALSIASI MOMENTO SE AVESSI AVUTO
UN'IDEA. SEI STATA IN SILENZIO A GUARDARE, QUINDI HO AGITO.
Purtroppo aveva ragione. Era andata nel panico, e non aveva fatto
niente per fermare le azioni di Agni. Avrebbe potuto approfittare del
timeout per pensare a qualcosa, ma era troppo impaurita per fare
qualcos'altro che non fosse chiedere scusa a sua sorella mentre le
lavava il cervello di nuovo.
Non
si era fermata. Lo stesso errore in cui era incappata in quegli anni.
Lo stesso errore che si era promessa di non ripetere più.
Fare la signora del male era facile, essere una lady di ferro era molto
più difficile. Ed il non essere stata all'altezza le era
costato ulteriori ferite spirituali a sua sorella, nonchè un
nuovo rimorso.
Si abbatté sulla sedia, la testa tra le mani.
Cercò di pensare ad una soluzione al problema, ripensando a
tutte le scappatoie che si era preparata in quei mesi.
-Forse dovrei portare Marina lontano dalla base per un pò,
approfittando del trasferimento dell'unità di
combattimento.-affermò, arrivata ad una conclusione.- Stavo
pensando di tirar fuori Ryuuko e Satsuki.-
Agni
abbandonò la posizione acciambellata di scatto e finalmente
la degnò di uno sguardo.
RYUUKO E SATSUKI? MICHIRU, DOVRAI COMUNQUE ESSERE PRESENTE IN BASE COME
CONSULENTE STRATEGICO. NON PUOI PRENDERE TUA SORELLA E FAR FINTA DI
ESSERE UNA CIVILE INSIEME A LEI.
-Devo racimolare informazioni, no? Sarei comunque fuori per la maggior
parte della giornata. Il consulente strategico posso farlo da fuori in
Sound Only.- ribattè. -E poi, ho già trovato un
alloggio. Da lì la base é raggiungibile in cinque
minuti: se si dovesse presentare l'occasione, contattami
telepaticamente e sarò da te in in batter d'occhio.-
Il
serpente sibilò, sbattè le palpebre e si
riacciambellò.
NON E' LA PRIMA IDEA STUPIDA CHE HAI OGGI.
-Il consiglio mi vuole fuori dal combattimento a raccogliere dati.-
rispose, chiarendo la propria decisione.-Come Satsuki posso muovermi
indisturbata e svolgere ricerche sul campo senza che la Excalibur mi
trovi. Non ho lasciato nulla al caso: ho un lavoro come copertura,
risultiamo entrambi all'anagrafe e abbiamo documenti validi. Se
qualcuno dovesse fare ricerche, troverebbe che Ryuuko e Satsuki
Norimizu sono due ragazze come tante.-
Agni si alzò una seconda volta e guardò Michiru
tramite i suoi occhi a fessura. Se avesse potuto mostrare sorpresa
l'avrebbe fatto.
UN LAVORO? CURIOSO.
Lei
mise un'espressione saccente, seguita da una smorfia perplessa. Come
faceva a non saperlo?
-...ah, é vero, non c'eri.- si ricordò .-Beh, usa
la tua immaginazione. Posso ipnotizzare a lungo termine chiunque nel
giro di pochi secondi, non ci vuole molto a far credere al capo di un
ramen shop che ti presenti tutti i giorni in orario, no?-
UTILIZZARE IL TUO POTERE PER SCOPI PERSONALI E' UNA VIOLAZIONE DELLA
TUA ALLEANZA AI BLACK SAINTS. E POI, UN NEGOZIO DI RAMEN? UN LAVORO
UMILE. POTEVI FAR FINTA DI ESSERE UN'IMPIEGATA O UNA MANAGER.
Sospirò.
-Tutto quello che stiamo facendo è una violazione della
nostra alleanza ai Black Saints, Agni. E poi, davvero? Mi avete preso
che andavo al liceo, non ho un minimo di istruzione: so cucinare e
suonare il violino, basta. Non ho bisogno di ipnotizzare qualcuno per
convincerlo che sono una brava cuoca, mi preparo da mangiare da quando
ho 12 anni.-
A ME PREOCCUPA IL FATTO CHE IL TUO SENSO DEL GUSTO SIA ALTERATO. SE
MANGI QUALCOSA CHE NON SIA DI ORIGINE ANIMALE TI VIENE DA VOMITARE. NON
E' ESATTAMENTE UN BUON REQUISITO PER UNA CUOCA.
La
giovane ridacchiò.
-Si vede che non sai niente di
cucina! La carne é importante nel ramen.- chiarì,
poi indicò sé stessa con la mano ed un pizzico di
orgoglio.-E dopo cinque anni da carnivora sono un'autorità a
riguardo.-
IL SENSO DEL GUSTO DEI CARNIVORI E' MOLTO PIU'
DEBOLE DI QUELLO DEGLI ONNIVORI, MICHIRU. O DEGLI ESSERI UMANI.
Tra donna e serpente calò il
silenzio e volo' qualche scintilla: se c'era una cosa di cui era andata
sempre fiera era la propria cucina, e, da un po' di tempo, le proprie
capacità ipnotiche. Ma come queste le tornarono in mente
furono accompagnate dal ricordo delle azioni di Agni di quel
pomeriggio, ed il buon umore svanì tutto d'un tratto.
Richiudendo il sorriso, si rivolse al serpente con tono secco.
-Era un test per Marina, vero? Volevi vedere come avrebbe
reagito in una situazione di stress?-
MARINA SI FIDA DI TE, MA NON ERAVAMO A CONOSCENZA SE LA SUA FEDELTA'
FINISSE CON TE, O SE SI TRATTASSE DAVVERO DI DEDIZIONE ALLA CAUSA CHE
LE HAI PROPOSTO. chiarì Agni. Michiru, braccia incrociate e
sguardo di fuoco, incalzò, chiaramente infastidita dalla
risposta:
-Lei non vuole servire i Black Saints, vuole solo un po' di pace.
Almeno credo.-
DANDOLE IL PERMESSO DI RIVELARSI LE HO IMPEDITO DI FARLO DA SE', CHE
SAREBBE POTUTO ESSERE INTERPRETATO COME UN TRADIMENTO, COSI' COME
L'ALLONTANARSI O IL REAGIRE QUANDO L'HO AVVICINATA. HA FATTO TUTTO
CIO'PER PROTEGGERTI, QUINDI ANCORA NON HO CAPITO FINO A DOVE SI SPINGE
LA SUA FEDELTA', MA SONO SICURO CHE COME MINIMO, SARA' LA TUA PIU'
GRANDE ALLEATA.
-Bene. Tu invece, non spingerti oltre. Rimetti le mani...- si corresse -gli
occhi addosso a mia sorella e te ne pentirai.-
Donna e serpente si scambiarono uno sguardo di diffidenza, le loro
pupille bloccate a fissarsi in un duello di volontà
contrapposte. Sorprendentemente, fu il rettile a cedere per primo,
tornando ad acciambellarsi con fare pacifico.
CAPISCO. LA PROSSIMA VOLTA TI AVVISERO'PRIMA DI EFFETTUARE AZIONI
AVVENTATE.
-Forse non mi sono spiegata bene, non ci sarà una prossima
volta...- iniziò, ma il tablet ormai dimenticato sul tavolo
fece di nuovo nota la sua presenza con un suono improvviso. Ragazza e
rettile lo fissarono entrambi, poi la prima osservò in modo
infastidito, sporgendosi per raggiungere il dispositivo:
-Salvato dalla campana. Ne riparleremo, non ti illudere di essertela
cavata.-
Michiru afferrò l'oggetto e osservò con sorpresa
la notifica che lampeggiava sullo schermo. L'espressione sorpresa e
rammaricata allo stesso tempo, senza proferire ulteriore parola si
alzò, indossò di nuovo il casco per nascondere la
propria identità e si diresse verso la propria camera da
letto per dare un ultimo sguardo a Marina prima di rispondere alla
convocazione privata con uno dei tre Leader che aveva appena ricevuto.
Sembrava proprio che non sarebbe stata con lei neanche quella notte.
-Pare
che la nostra serata non sia finita. Vieni, abbiamo da fare.-
ordinò perentoria al rettile, mentre chiudeva con uno scatto
la porta a scorrimento. Agni, senza perdere tempo, si fece strada sul
pavimento e raggiunse le sue spalle, avvinghiandosi attorno al suo
corpo come era solito fare.
Aveva davvero bisogno di una pausa. Forse era il momento giusto.
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Capitolo 5 *** Un colloquio inaspettato ***
cap3
Aika
sedeva composta su un austero divanetto in una delle tante sale
d'aspetto della base della Excalibur, la testa china unico segno di
scomforto, e Masaru era a fianco a lei anche se dava l'impressione di
voler essere da un'altra parte. La ragazza capiva la sua inquietudine:
in fondo, non aveva solo fatto altro che dargli la terza notizia
più brutta della sua vita, dopo "Hanno trovato il corpo di
Shiro" e "Congratulazioni, sei stata scelta per servire i Black Saints".
Qualche
mese prima sarebbe esplosa in un turbine di rabbia, alla base avrebbero
dichiarato almeno un DEFCON 3 e chiuso le paratie di protezione come
misura preventiva, ma ormai aveva accettato che la sua vita avesse
preso una direzione sbagliata e aveva sopportato la notizia con
disperata rassegnazione.
-Tutto
qui?- rispose all'annuncio del suo commilitone, a testa china.
-...no.-
riprese Masaru, impegnato a scegliere le parole giuste -ci hanno
permesso di tenere le R-Medal a patto che non le attiviamo.-
-Non
ha senso.- replicò, finalmente voltandosi lentamente verso
il suo collega, in un lento movimento di capelli rosso volpe tagliati a
pixie che incorniciavano un volto con gli occhi da cerbiatta abbastanza
piacevole, ignorando la mascella mascolina e le occhiaie marcate -Il
comandante non vuole che io combatta, ma mi lascia le armi?
Finché avrò il mio R-medal a disposizione non...-
-E'
una violazione di livello quattro.- ribatté il giovane con
gli occhiali, scuotendo il capo -E non credo che utilizzarla in una
condizione critica sia un'attenuante. L'intenzione è quella
di tenerci fuori dai combattimenti. Mi dispiace, Aika.-
Silenzio.
L'espressione della ragazza era priva di alcuna emozione, mentre si
voltava di nuovo a guardare davanti a sé.
-Non
fa niente.- affermò lei, nonostante la mano che stritolava
il bracciolo del divano con forza desse un'altra idea.-Ero stanca di
essere presa in giro da quella vipera, dopotutto. Spero davvero che sia
morta.-
In
fondo era vero, solo che non era quel tipo di stanchezza che ti fa
mollare tutto - era il tipo che ti faceva venir voglia di spingere il
tuo pugno nello stomaco dell'avversario finché non capiva
quanto eri stanco, ma ormai non aveva più senso.
Strinse
il bracciolo così forte che, senza accorgersene, lo
accartocciò. Purtroppo, la tecnologia usata per invertire il
processo di conversione era ancora imperfetta quando era stata salvata
dalle grinfie dei Black Saints anni prima, e tra il rischiare la vita
per tornare un comune essere umano ed il tenere i propri superpoteri
aveva scelto la seconda opzione: di conseguenza, nonostante sembrasse
un'universitaria come tante, era forte come un Excaranger in piena
tenuta da battaglia, e soprattutto come quella ragazza Corallo con i
capelli corti e carica di armi da fuoco che le aveva piegato i sai come
se fossero fatti di gomma e che da settimane le stava dando dei
grattacapi, ingaggiandola ad ogni occasione per impedirle di affrontare
Queen Cobra. Ancora non capiva come un soldato privo di cervello
potesse combattere alla pari con lei che indossava l'R-Suit, poi si
ricordò che la sua tuta di combattimento, creata apposta per
lei, era meno mirata a potenziare le sue già esistenti
abilità e più indirizzata al supporto, con
aggiunte tipo cammuffamento visivo, aderenza a pareti, e...
-Aika?-
la voce di Masaru finalmente la raggiunse, facendola uscire dalla
piccola trance autoindotta che continuava a presentarsi a causa della
sua conversione e che le riempiva la testa di pensieri tattici, analisi
e strategie.
-Eh?!-
esclamò, cadendo dalle nuvole. Osservò prima il
suo commilitone, che si era appiattito contro la sedia nel tentativo di
allontanarsi, poi la propria mano ed il bracciolo distrutto -Oh,no. E'
la terza volta questo mese. Shiro sarà fur...-
Si
rimangiò immediatamente le parole. Non riusciva ad accettare
che il suo fidanzato fosse morto proprio per mano di Queen Cobra.
Nascose la mano incriminata con l'altra e singhiozzò. Masaru
immaginò il proprio collo al posto del bracciolo e scelse le
successive parole con cura.
-Forse...era
davvero il caso di prenderci una pausa. E' stato un periodo orribile
per gli Excaranger, la squadra ha bisogno di un aggiornamento. Tu che
hai intenzione di fare?-
-Bella
domanda.- commentò, il volto contratto in una smorfia di
amarezza -Prima tu.-
-Aika,
lo sai.- rispose lui – Io il mio lavoro alla Excalibur ce
l'ho sempre, ma tu... onestamente, sono preoccupato per te. Sei una
civile, ma da quando ti conosco non ti ho mai vista tornare a casa, o
abbandonare la base. Non hai davvero nessuno?-
-Shiro
era tutto quello che avevo.- tagliò corto.
Ulteriore
silenzio. Aika guardò l'orologio sulla parete: erano le
dieci di sera, e sapeva cosa significasse per lei. Tirò
fuori da una tasca sulla giacchetta un piccolo barattolo di farmaci, ne
estrasse due pasticche e le mandò giù senz'acqua,
il tutto mentre Masaru la guardava con sguardo dispiaciuto ed
intimorito allo stesso momento.
Non
gli faceva una colpa neanche di quello - se indossati gli R-Suit erano
alla pari, in borghese lei lo superava in forza, destrezza e riflessi,
e sebbene da soldato addestrato potesse affrontare un normale Serpente
Corallo anche a mani nude, rispetto a lei era come una gazzella contro
un leone.
-S-Sai...
ho un po' di licenza da parte, posso prendermi qualche giorno di pausa,
se hai bisogno di compagnia.- azzardò il ragazzo,
balbettando - A-andiamoci a bere qualcosa. Non pensiamo alle cose
brutte per un po', ok?-
-...bere
qualcosa?-
Una
convocazione nel mezzo della notte poteva essere qualsiasi cosa: un
rendez-vous per un piano segreto, un rapporto fuori orario, una
situazione di emergenza. Ma arrivare alla base principale dei Black
Saints e farsi scortare dai soldati di Gray Shark fino alle sue camere
private alla sommità dell'ala nord del complesso era
già una cosa fuori dal normale (scoprendo peraltro che si,
la base si trovava in un'isola nel mezzo del pacifico, e che c'era una
visuale molto piacevole dai piani più alti, una splendida
foresta tropicale circondata dal mare), il trovarsi da sola davanti il
generale di bell'aspetto e dalla voce roca e stentorea che le proponeva
un drink era l'ultima cosa che si aspettava. Agni, dalla sua spalla
destra, taceva e osservava.
-Non
so se la cosa le conviene, signore.- rispose all'invito con tono freddo
ma sincero -Reggo molto bene l'alcol.-
Il
bel comandante con la benda sull'occhio si mise a ridere, una risata di
cuore. Il movimento sussultorio mise in mostra i muscoli del torace:
quegli addominali erano così scolpiti che ci si poteva
affettare il pane sopra.
-Ma
certo, ma certo.- iniziò lui, versando comunque due calici
di vino e porgendogliene uno -Avrei dovuto aspettarmelo che la tua
particolare struttura fisica ti permettesse di bere senza ubriacarti e
non sono neanche sicuro che tu possa provare i sapori, ma è
solo per rilassarsi. Su, fammi compagnia.-
Già,
non sentiva il gusto dell'alcol e aveva tuttavia un limite a quanto
poteva bere prima che le girasse la testa, ma preferiva tenere per
sé entrambe le informazioni: non aveva idea del motivo della
convocazione, e non era il caso di fargli capire che poteva farla
ubriacare. Accettò il drink e si assicurò che lui
sorseggiasse per primo, dopo averlo visto sedersi su un divano in quel
loft piuttosto lussuoso, facendole cenno di sedersi sulla poltrona
davanti a lui.
Obbedì,
non troppo convinta: il cuscino era straordinariamente comodo, o forse
era lei ad aver dimenticato cosa volesse quel termine, abituata alle
sedie utilitaristiche, prive di fronzoli e dure come il marmo che aveva
nell'avamposto.
-Allora,
Cobra- iniziò lui- allora, che ne pensi del mio
appartamento?-
-E'...
non sono abituata a questo lusso, signore.- rispose, onesta,
domandandosi mentalmente cosa volesse da lei il suo superiore.
-Neanche
io, lo detesto, infatti.- replicò l'uomo, reclinandosi sul
divano e decantando il vino -Detesto questo divano, detesto questo
arredamento e detesto questo vino: 1200 dollari a bottiglia, e sa di
tappo. Lo stavo tenendo per un'occasione, forse avrei dovuto berlo
prima insieme ai miei uomini. Il letto mi piace però, ci si
dorme molto bene, dovresti provarlo.-
Stava
forse flirtando con lei? No, non era il momento di farsi quelle
domande. Sviò il discorso.
-Un'occasione?-
-Ho
finalmente incontrato qualcuno che la pensa come me.- chiarì
lui, abbassando il bicchiere- Immagino tu abbia notato che i membri
della mia guardia personale non sono soldati potenziati, non hanno
alcun aumento cibernetico né sono sotto controllo mentale.
Sono comuni soldati con un ottimo addestramento.-
Davvero?
Chiederselo era inutile, se ne era accorta, principalmente dal fatto
che indossassero normali uniformi e non strani vestiti a tema, e li
avesse sentiti chiacchierare tra di loro e fare battute sconce alle sue
spalle sul fatto che il suo sedere fosse in bella vista: l'unica cosa
che ne mostrava l'affiliazione ai Black Saints era lo stemma con lo
squalo sulla manica delle loro casacche.
-Come
li tiene in riga?- domandò giustamente, cercando di darsi un
tono -La cosa potrebbe tornarmi utile.-
-Li
pago bene.- rispose lui- Inoltre, gestisco i loro contratti da
mercenari e li mando dove richiesto, quindi sanno che con me hanno sia
lavoro che soldi. Ed è di questo che volevo parlarti, Cobra.
O vuoi che ti chiami con il tuo vero nome?-
L'universo
doveva aver cospirato contro di lei, in quanto, proprio in quel
momento, aveva portato il calice alle labbra. Agni prese il controllo
del suo corpo di quanto bastava per farla apparire calma e distaccata
invece di farle andare il vino di traverso o di farglielo sputar fuori,
ma il cuore le schizzò comunque fuori controllo e
andò nel panico per qualche istante.
Trattenne
il bicchiere alle labbra per qualche istante, giusto il tempo di
nascondere il proprio stato d'animo e inventarsi una reazione sensata.
-Il
mio nome non ha importanza, l'ho abbandonato.- la giocò
così, abbassando il calice dopo aver preso un breve sorso di
cui sentì a malapena il sapore -Quando...-
-Non
recitare.- le intimò Shark, l'aria di benevolenza svanita
tutta di un tratto, rimpiazzata dalla freddezza di chi non era abituato
a sentirsi dire di no -So benissimo che non sei sotto il nostro
controllo. Togliti il casco, voglio vederti in faccia.-
Cercò
di mantenere la facciata, sebbene all'apparenza sembrava stesse per
crollare tutto:
-Non
capi...-
Ma
fu immediatamente interrotta:
-Oggi,
durante la riunione, quando il tuo subordinato ha acceso l'ologramma ti
sei portata la mano alla ferita. Se fossi stata sotto controllo non
avresti avuto quel tipo di reazione. L'ho visto, sai? Come ho visto che
le hai sussurrato qualcosa quando l'hai ipnotizzata, e che hai messo
mano alla frusta quando Gull ha iniziato quel simpatico teatrino.- si
portò una mano al volto indicando l'occhio buono -
Ottantanove uccisioni confermate come cecchino: ho un occhio solo, ma
ci vede bene.-
TI
HA BECCATA, commentò il serpente senza muoversi.
Ok,
probabilmente aveva più di un modo per cavarsela, ma
perché rischiare di peggiorare la situazione? Se sapeva
così tanto su di lei tanto valeva mettere le carte sul
tavolo – nel peggiore dei casi, un veloce lavaggio mentale
gli avrebbe fatto dimenticare tutto.
Poggiò
il vino sul tavolo da caffè davanti a sé,
approfittando di un poggiabicchiere, e si sfilò il casco,
scuotendo la testa per liberare i capelli.
-D'accordo,
parliamo a viso aperto. Letteralmente.- annunciò,
separandosi la frangia con una mano.
Shark
parve più sorpreso che contrariato. Si sporse dalla seduta,
appoggiandosi sul tavolino, e si avvicinò a lei lentamente,
guardandola negli occhi. Il cuore di Michiru le salì in gola
mentre l'uomo scrutava ogni singolo anfratto del suo volto.
Poi
lui parlò.
-Sai...
mi aspettavo un viso diverso. Non sei quella ragazza... Reika, mi pare.
Tu sei Michiru Kato.-
Prima
che potesse rispondere, l'uomo si portò una mano sul volto e
si tirò indietro, mollando di nuovo quella risata di cuore.
FACEVI
IN TEMPO AD IPNOTIZZARLO, LO SAI. TI HA DATO QUASI UN MINUTO.
Lei
si voltò verso Agni e gli soffiò un cenno di
silenzio, anche se poteva sentirlo solo lei, mentre si rendeva conto di
aver perso un'occasione d'oro. La risata di Shark, invece, non
accennava a zittirsi. Cosa c'era di così divertente?
-Oh,
cielo.- continuò, togliendosi le lacrime dall'occhio
buono.-Scusa la risata, ma... questo cambia tutto. Pensavo che si
trattasse del tuo successore, non di... ma aspetta, se tu sei qui, vuol
dire che hai mentito sul rapporto della tua morte.-
Si era fatto improvvisamente serio.
-Si,
è lei ad essere morta.- rispose con tono dispiaciuto
-Abbiamo combattuto. E' stato un incidente, non volevo ucciderla.-
Forse
non era la cosa giusta da dire, visto che aveva appena scoperto il nome
della ragazza senza nome che si era rotta il collo nel tentativo di
toglierla di mezzo, ma era la verità, e cercare di
addolcirla non avrebbe cambiato nulla. Shark si sedette di nuovo sul
divano davanti a lei, rilassandosi sul cuscino, mentre iniziava a
formulare ipotesi ad alta voce:
-Quindi,
si parla di sei mesi fa... di conseguenza... tu sei tornata dai Black
Saints nonostante potessi andartene e sparire per sempre, e ci hai
passato mesi e mesi combattendo contro gli Excarangers, interpretando
il ruolo di Green Cobra.... vuol dire che avevi un motivo per cui
tornare. E'... quella ragazza, Marina Kato, vero? Avete lo stesso
cognome e vi assomigliate. Siete parenti. Sorelle, forse?-
-Esatto.-
confermò solo a voce, senza seguire le parole con la testa,
gli occhi fissati sul suo interlocutore - cosa che lui non fece,
annuendo con fare soddisfatto
-Avrei
dovuto capirlo prima, i tuoi piani erano migliorati da qualche mese a
questa parte: una certa creatività di cui chi ha solo
l'autonomia per decidere come fare le cose non
dispone. A proposito... spiegami perché non hai mollato
tutto insieme a Marina alla prima occasione.- le ordinò in
modo fermo ma accomodante -Voglio capire. E non tentare quel trucchetto
con gli occhi ipnotici, sono allenato a resistere.-
Il
cervello di Michiru andò in panne. Si voltò
mentalmente verso Agni, ma il serpente non accennò alcun
consiglio. E adesso? Forse essere onesta era davvero la cosa migliore
da fare, in fondo aveva già cominciato.
Sospirò,
e annunciò nel modo più serio possibile le
proprie intenzioni:
-Voglio
spodestare il Santo e prendere il controllo dell'organizzazione.-
Si
aspettava un'altra risata provocatoria, ma Shark rimase nel silenzio
assoluto per qualche istante, per poi pronunciare una singola parola.
-Davvero?-
-Si.-
rispose fermamente -E' tutto quello che ho da dire sull'argomento.-
-Oh,
ma è chiaro.- riprese lui, altrettanto deciso -Volevi far
colpo su noi Generali per guadagnarti la fiducia nostra e quella del
Santo, e poi provare ad ipnotizzarci uno ad uno. Nel frattempo, puntavi
a costruirti un piccolo esercito di soldati fedeli nel caso la
situazione precipitasse. E' per questo che hai liberato tua sorella.-
Ma
come lo sapeva? O era solo una strategia inventata sul momento
uscitagli senza sforzo, tanto era abituato a mettere su carta piani di
battaglia? Lui si produsse in un piccolo ghigno, lei non
negò né confermò: gli rivolse
semplicemente uno sguardo di sfida, mettendo alla prova la sua
fedeltà all'organizzazione:
-E
ora? Ha intenzione di farmi rapporto su queste congetture?
Perché se sono queste le tue intenzioni, dubito che
arriverai a quella porta.-
Fu
là che arrivò la risata che si aspettava
già qualche paragrafo, ma più sottile e meno
marcata, quasi sotto i baffi. La cosa la metteva a disagio: che aveva
quell'uomo?
-Sei
una tipa tosta, ma le minacce non servono. Sei liberissima di fare
quello che vuoi.- chiarì finalmente Shark -Seppure ti manchi
l'esperienza hai dimostrato di essere intelligente e di saper gestire
le truppe, farti rapporto o sostituirti ti impedirebbe di raggiungere
il tuo potenziale e, di conseguenza, porterebbe soltanto danno,
qualunque siano le tue vere intenzioni. E poi, francamente... sono
interessato di vedere quello che combini. Non ti metterò i
bastoni tra le ruote, a patto che tu lasci in pace me e i miei uomini.
Ma non chiederci di combattere per te... se non sei disposta a pagarci
prima, ovviamente.-
-Davvero?-
domandò, sorpresa. Agni le fece il verso mentalmente:
DAVVERO?
-Lascia
che ti spieghi, Michiru.- iniziò -Io e il mio gruppo siamo
mercenari. Siamo in collaborazione con i Black Saints da diversi anni,
ma siamo un'entità separata. Il Santo ci fornisce lavori in
modo costante e anonimo, noi andiamo lì, spariamo al
problema finché non sparisce, prendiamo il nostro compenso e
ci ritiriamo nel nostro paradiso tropicale con collegamenti in tutto il
mondo, semplice. L'unica cosa di cui ti devi preoccupare è
il tenerci contenti e stipendiati una volta in alto e non alzeremo
un'arma contro di te o i tuoi uomini.-
La
cosa aveva sempre meno senso. Michiru strabuzzò gli occhi e
cercò più volte di trovare qualcosa da dire,
prima di atterrare su un:
-Ma...
lei è un Generale! Non dovrebbe...-
-Oh,
quello?- approfittò della sua esitazione e la interruppe -
La carica è stata proposta al Santo da Black Viper per farmi
obbedire dai tuoi colleghi sul campo, lui ha accettato. Ho visto
un'occasione e ho preso la palla al balzo. Non hai idea di quanti
contratti sono riuscito a portare a termine solo perché
potevo contare su un cyborg bestia. In realtà non mi
interessa del destino dei Black Saints né di avere una
carica al loro interno, ma la mia etica professionale mi vieta di
alzare le armi contro un cliente pagante, è per questo che
il nostro rapporto è in piedi da quasi venti anni.-
Detto
ciò, cambiò postura sulla seduta e le porse la
mano, presentandosi:
-Comunque,
mi chiamo Russell Stern. Piacere di conoscerti, Michiru Kato. E dammi
pure del tu.-
Così
tante informazioni in così poco tempo... il suo cervellino
da ventenne stava veramente rischia di andare in tilt, mentre
rispondeva meccanicamente alla stretta di mano nonostante fosse
abituata agli inchini. C'era da fidarsi? L'esperienza non la aiutava e
il prendere le informazioni date come vere senza alcuna garanzia poteva
essere un errore, e poi c'era sempre un dettaglio piuttosto visibile
che lasciava intendere che non fosse una persona affidabile:
-Quindi...
tradiresti Black Viper per coprirti le spalle?- gli domandò,
diretta, lasciando la stretta.
-Chiamalo
Barrett, si chiama così.- esordì, trattenendo la
risposta -E poi, anche se non andiamo molto d'accordo è pur
sempre uno scienziato che ha dato vita ad un progetto di supersoldati
di cui abbiamo approfittato per anni, non credo che tu sia
così stupida da volerlo togliere di mezzo. Ma mettiamo in
chiaro una cosa: se gli torci un solo capello, tutti
i nostri accordi saltano, e farò ogni cosa in mio
potere per fermarti.-
Probabilmente
la temperatura della stanza, nonostante il clima tropicale, si era
abbassata di qualche grado. Di una cosa era sicura: forse Russell e
Barrett non andavano molto d'accordo, ma erano pur sempre fratelli, e
nessuno dei due voleva tradire un legame di sangue.
Si
voltò verso Agni, in cerca di consiglio. Non dovette nemmeno
porre alcuna domanda, il serpente le si rivolse immediatamente:
probabilmente avevano pensato la stessa cosa.
NON
STA MENTENDO. O E' UN OTTIMO BUGIARDO. HO MONITORATO IL SUO BATTITO
CARDIACO ED IL SUO LINGUAGGIO CORPOREO PER TUTTO IL VOSTRO DIALOGO.
SEMBRA SINCERO.
-Coraggio,
sono un uomo d'affari, e la prima regola degli affari è di
non inimicarsi potenziali clienti.- disse Russell, notando la sua
indecisione e abbassando di nuovo la tensione -Se punti davvero ad
essere il mio capo, metterti contro di te può essere fonte
di problemi. Anche se...-
-Anche
se?-
L'uomo
si sedette in modo più o meno composto, era chiaro che
volesse parlare di affari.
-Suppongo
che tu trovi tutta questa gentilezza come sospetta, o mi sbaglio?
Possiamo fare un accordo bilaterale, se la cosa ti rende più
sicura. Io mi impegno a mantenere il segreto, a coprire le tue tracce e
a giustificarti davanti al resto del Consiglio, ma tu... mi devi
offrire qualcosa in cambio.-
Rabbrividì.
Il suo esitare nell'accettare le intenzioni oneste del suo superiore
l'aveva forse portata ad una di quelle offerte che non si possono
rifiutare? Si sentì come un cervo illuminato dai fari di
un'auto, completamente spiazzata e indecisa sul da farsi. Davanti a
sé aveva un potenziale signore della guerra al quale bastava
un gesto per prendersi tutto ciò che le apparteneva senza
chiederle il permesso - o meglio, era lecito dire che tutto
ciò che lei aveva già apparteneva di
rimando a lui, in quanto suo superiore. Lei era solo una giovane
ragazza giapponese dall'altezza sopra la media con due occhioni
marroni, i capelli nocciola ed il visino carino che si atteggiava a
signora del male usando i ricordi di una persona ormai morta, lui era
un soldato sulla quarantina di bell'aspetto, col volto marcato, i
pettorali scolpiti, capelli scuri folti, i pettorali scolpiti, due
bicipiti spessi come le sue cosce, i pettorali scolpiti, la voce
stentorea e mascolina, i pettorali scolpiti che stava tanto desiderando
di accarezzare...
Oh,
al diavolo. Voleva qualcosa in cambio? Glielo avrebbe dato.
-Qualcosa
in cambio?- anticipò, annullando qualsiasi indecisione nella
propria voce nonostante il cervello le stesse dicendo che stava per
fare un errore.
Si
alzò avvicinandosi a lui con fare sinuoso, come solo un
serpente sapeva fare, e si sedette sul suo grembo cingendogli il collo
con gli avambracci, mentre lui la guardava con sguardo incuriosito e
divertito. Avrebbe potuto ipnotizzarlo, renderlo in suo potere e averlo
suo per sempre, inserendosi così a forza nel Consiglio... ma
non lo fece. Invece, le sue labbra si avvicinarono a quelle di lui
senza nemmeno che se ne accorgesse e gli diede un lungo bacio al quale
lui rispose con limitata passione.
Un
ricordo di Queen Cobra si fece di nuovo sentire, rivelandole che lo
ambiva dal primo momento in cui lo aveva visto e sperava che il suo
desiderio fosse corrisposto. Michiru si sentì rassicurata
dalla brama della sua vecchia identità ed ogni esitazione
sparì, mentre faceva scendere la propria mano sui pettorali
di lui e li accarezzava con fare voglioso, allontanandosi nel contempo
e rivolgendogli uno sguardo languido.
-Pensavo...
che magari....-
E
poi lo sentì ridacchiare.
-Veramente,
speravo che tu o tua sorella poteste aiutarmi in qualche operazione. -
chiarì senza imbarazzo, evidentemente abituato al tocco di
una donna -In incognito, ovviamente, niente di ufficiale. Mi sareste
davvero utili.-
I
residui di Queen Cobra svanirono tutti insieme, e Michiru fu di nuovo
al volante. Rendendosi conto di cosa aveva fatto, arrossì
come una scolaretta sia dentro che fuori. Che stupida era stata!
Sentì Agni darsi una figurativa pacca sulla fronte mentre la
sua testa cercava di portare ordine.
-N-non
posso parlare per mia sorella, quindi pensavo che potessi...-
accennò, la sua voce priva di alcuna sicurezza-... oh, era
da parecchio che volevo farlo. Mi... mi scusi, ho-ho frainteso e mi
sono lasciata prendere.- ammise, finendo, sistemandogli il colletto del
corpetto che aveva inavvertitamente sgualcito, accompagnando il tutto
con un risolino insicuro su un volto color peperone.
-C-Cielo.
Sono pessima, vero?- domandò balbettando, cercando di
distogliere lo sguardo. Russell rispose, stavolta non con una risata
sguaiata ma con un semplice accenno, mentre le portava una mano alla
gota.
-Che
carina che sei. Non ti ho detto di fermarti, possiamo parlare di affari
più tardi.-
Si
fissarono di nuovo, le mani di lei ancora ferme sui vestiti di lui. Si
perse nell'occhio del generale di bell'aspetto, dimenticandosi di nuovo
di avere poteri ipnotici e giocandosi un'ulteriore
possibilità di plagiarne la mente.
Oh,
al diavolo.
Si
fece avanti, un gesto che stavolta fu ricambiato. Il secondo bacio fu
molto più onesto da entrambe le parti, così come
ciò che venne dopo. Quello che ne seguì fu
totalmente naturale nel senso più diretto del termine.
Non
era certo il miglior risultato, ma almeno era riuscita a riportare
indietro pelle e squame. Se la cosa avrebbe portato guai, ancora non lo
sapeva, e francamente non era il momento di curarsene.
-...Micchan? Sei-sei tu?-
Trovò
Marina sveglia, seduta al buio sul letto in quella stanza austera e
priva di personalità che era diventato il suo alloggio per
quelle poche ore di sonno che il corpo le concedeva. Le si sedette
accanto e la prese per mano per rassicurarla.
-Scusami,
Gray Shark mi ha convocato per un colloquio privato. Non ti avrei
lasciata da sola se non fosse stato urgente.-
Marina
annuì con fare incerto. Michiru aveva un'idea di quello che
aveva passato: anche lei, i primi tempi, si svegliava di soprassalto,
perseguitata da sogni di quei cinque anni in cui era senz'anima e,
infine, da quei lunghi momenti in cui il suo io gocciava fuori pian
piano lasciando posto a qualcosa che non sarebbe mai dovuto esistere.
Si, un'esperienza condivisa con Marina, che però era stata
costretta a riviverla al termine di dei lunghi mesi in cui cercava di
recuperare sé stessa. Era un miracolo che l'avesse trovata solo
rannicchiata sul letto con la testa appoggiata sulle
ginocchia e non in posizione fetale sul pavimento a piangere urlando.
-Che
cosa è successo?- domandò la giovane dai capelli
corti, voltandosi a guardarla nella penombra. Michiru cercò
di dire quelle parole nel modo giusto, con tatto e delicatezza, ma
dalla sua bocca uscì ben altro:
-Ci
ha scoperto.-
Le
tappò le labbra istintivamente: fece bene, in quanto lo
strillo che le arrivò, pure se sommesso, era decisamente
terrificante. Chiarì, portandosi la mano libera sotto il
naso in un gesto molto chiaro:
-Shhh!
Stai calma, fammi spiegare!-
Due
occhi come i suoi, ma molto più arrabbiati, la fissarono da
sopra le dita. Passarono dieci secondi e uno sbuffo e liberò
sua sorella, che si produsse in una smorfia di disappunto che riusciva
appena a vedere.
-Beh,
addio segreto. Tanto vale dirlo a tutti, domani vado al Consiglio e
racconto tutto a quella pervertita piumata.- annunciò in
tono sconfitto.
Michiru
ribatté con fare tranquillo:
-No,
non ha intenzione di farlo sapere agli altri. E' dalla nostra parte, ma
gli dobbiamo un favore se vogliamo che ci aiuti.-
-C'entra
il succhiotto che hai sul collo?-
Sussultò.
Si ricordò che sua sorella, a differenza sua, poteva vedere
al buio senza l'ausilio di accessori esterni. Istintivamente
portò la mano a coprire il segno.
-Che--si
vede attraverso la nanotuta?- si domandò, sorpresa -Ma
quanto forte ha--
-Micchan...
lo hai sedotto?- Le chiese a sua volta Marina in tono incerto. La
ragazza serpente arrossì, vista chiaramente dalla sorella, e
cercò di giustificarsi.
-N-no!
O meglio--no, lasciami spiegare!-
Spese
i minuti successivi a chiarire la situazione, divagando di tanto in
tanto sul fatto che avrebbe dovuto aggiungere un foulard alla divisa
per coprire le tracce dei propri misfatti. Al termine della spiegazione
la giovane soldatessa dai capelli corti si guardò attorno
pensierosa ed espresse il proprio dubbio:
-Quindi...
vuole che ci uniamo alla sua squadra di mercenari.- constatò
- Andiamo a sparare ad altra gente, insomma. Grande.-
-Ha
promesso di aiutarci a coprire le nostre tracce. Volevo sapere che ne
pensavi prima di dire che eri disponibile ad aiutarlo, altrimenti
cercherò qualcos'altro da dargli. E' una persona
ragionevole, o almeno così sembra.- si giustificò.
Il
silenzio si fece sentire più rumoroso che mai, mentre le due
sorelle distoglievano lo sguardo l'una dall'altra, ognuna immersa nei
propri pensieri. Marina fu la prima a riuscire a mettere a parole i
dubbi, chiedendo in modo coscienzioso:
-Ti
fermi mai a chiederti se stai andando troppo oltre? -
-Oltre
quanto?- replicò Michiru senza battere
ciglio, anche lei resasi conto di fin dove si fosse spinta -In una sola
giornata ti ho svuotato il cervello e sono andata a letto col generale
per mantenere il nostro segreto. Forse... dovremmo fermarci un attimo e
rivalutare cosa stiamo facendo.-
Marina
le rivolse uno sguardo spazientito che la ragazza serpente non colse, e
ribatté:
-Fermarci?
Col cavolo! Sono rimasta un mostro, e sono diventata una criminale.
L'ho fatto per te - vi diede enfasi indicandola -
perché sei tutto quello che mi è rimasto e
perché pensavo avessi un piano. Poi oggi
vieni e mi dici che il tuo piano è metterti a capo di questa
gabbia di matti, cerco di fare la pace con me stessa per tutta la
serata che quello che hai fatto oggi è stato per il nostro
bene e poi tu vieni qui e mi dici queste stronzate?-
-Mari...-
la chiamò, ma lei non aveva finito:
-Vuoi
diventare il nuovo Santo? Ci diverrai, e io ti
aiuterò finché non lo sarai. Punto.
Penserò dopo a fermarmi.-
Ah,
la cara Marina. Agni aveva ragione, sua sorella aveva una forza di
volontà e di sopportazione fuori dal comune, il che andava
in netto contrasto con la ragazza sovrappeso e pigra che era qualche
anno prima. Forse la disperazione di non avere più niente ed
il sapere che per rifarsi una vita avrebbe dovuto risolvere questa
situazione l'aveva cambiata, o forse la conversione aveva solo fatto
uscire un lato di lei che non conosceva, proprio come le era capitato
dopo essersi risvegliata.
Ma
se c'era una cosa che non voleva era che facesse le spese della propria
ambizione, e aveva imparato cosa poteva capitarle solo poche ore prima,
vedendo in prima persona la sua mente sciogliersi come il burro in una
pozza di servitù è inconsapevolezza. Decise che
era il momento di dare una stretta.
-No.-
affermò con tono fermo, dopo qualche attimo di
esitazione.-Hai fatto fin troppo, Mari. Domani comunicherò
al Consiglio la mia decisione su chi insediare alla base, ce ne andremo
da qui, e mi farò aiutare da Shark a coprire le nostre
tracce. Dopo quello che è successo oggi, hai bisogno di
fermarti.-
-Lo
so io, quello di cui ho bisog-- iniziò
lei, ma la interruppe:
-E'
un ordine del tuo diretto superiore. Non si discute.-
Marina
rimase interdetta per un attimo, poi abbassò la testa con
fare dispiaciuto..
-Se
lo dici tu.-
-Ci
è comunque proibito ingaggiare in combattimento, quindi
resteremmo a marcire qui sotto- continuò - Cambiare aria per
un po' farà bene a tutte e due, credimi.-
Calò
di nuovo un imbarazzato silenzio, rotto, ancora una volta, da Marina.
-Ne
è valsa la pena di andare a letto con Shark?
Cioè, è un buon amante?-
Oooh,
si. Forse era solo una questione di inesperienza, ma le sensazioni che
era stato in grado di risvegliare in lei non se ne sarebbero andate
presto, e probabilmente sarebbero sempre state nella sua mente nei
momenti in cui era da sola. Era stato in grado di farle dimenticare il
proprio essere razionale e aveva risvegliato in lei l'istinto animale
più puro. La dominava facilmente nonostante non avesse un
corpo potenziato come il suo, e ciò, in una persona come
lei, non solo abituata ma anche programmata a stare al comando, l'aveva
gettata in in panico da cui non voleva uscire. Aveva avuto occasioni
ripetute di entrare nella sua testa approfittando della sua
distrazione, ma ogni volta lui la spingeva verso un nuovo limite, e la
sua curiosità posponeva continuamente quel piano,
interessata com'era a scoprire fin dove poteva arrivare. Quelle ore
spese pelle su pelle, labbra su labbra e desiderio su desiderio erano
passate come momenti, ma di sicuro erano stati i momenti più
intensi della sua vita.
Ridacchiò
sommessamente, stringendo le gambe per trattenere l'eccitazione nata
dal ricordo, poi commentò.
-Così
così.-
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Capitolo 6 *** Incontri ***
cap3
Era
passata una settimana da quel giorno nefasto.
Nonostante
i tentativi di Masaru di aiutarla, Aika sentiva sempre di
più la vita sfuggirle tra le mani. Andarsene a bere con lui,
la settimana prima, non aveva aiutato, e il nemmeno i tentativi di
ripetere la cosa per conto proprio nei giorni successivi: a causa del
suo corpo potenziato scolarsi mezzo stipendio le bastava per mantenere
uno stato di ebbrezza della durata di appena pochi minuti. Aveva tenuto
per sé la cosa mentre lui continuava, da amico e collega, a
passare tempo con lei nel tentativo di a cercare di scacciare la
tristezza. I suoi sforzi erano stati ripagati, era riuscito a tirarla
su di morale, ma bastava una parola di troppo, un suono familiare o uno
sguardo fugace ad posto che per lei significava qualcosa per buttarla
di nuovo nella depressione più nera.
Era
passata una settimana da quando era tornata, dopo mesi, in una casa che
era sua solo su carta, quel monolocale già dimenticato nella
speranza di andare a vivere a casa con Shiro, ed era passata una
settimana da quando lo aveva trovato con la corrente staccata e pieno
di polvere.
Era
passata una settimana da quando aveva iniziato a cercare un lavoro
temporaneo, un'occupazione necessaria solo a tenersi occupata per
scacciare i brutti pensieri, ma nessuno voleva assumere una
diciannovenne priva di alcun tipo di diploma, e si era giocata l'unica
posizione in cui le avevano dato una possibilità, lavapiatti
in un ristorante, dopo aver spaccato tre ciotole a causa della sua
forza ed essere crollata in ginocchio a piangere.
E
ora, dopo una settimana, era lì, seduta sul tatami ad
osservare la busta con il logo della Excalibur che giaceva sul tavolo
basso davanti a sé, al termine di una scia di polvere smossa
che era comparsa quando la aveva gettata senza cura sul mobile.
La
sua letterale busta paga: il suo ultimo stipendio da Excaranger.
Non
c'era neanche bisogno di aprirla, le sue dita erano così
sensibili che le bastava passare la mano sulla carta per leggere il
testo impresso sulla lettera come se fosse scrittura braille: 800.000
yen.
800.000
yen al mese per sentirsi un'emarginata, 800.000 yen al mese che non
aveva mai speso e che sedevano a maturare da cinque anni un un conto
che non usava mai, una piccola fortuna con il quale avrebbe potuto
godersi il tempo che le rimaneva.
Tempo...
tempo... fissò l'orologio alla parete, l'unica cosa che
ancora funzionava in quanto a pile: le dieci di mattina.
Afferrò il solito barattolo e mandò
giù le solite due pillole. Un rito che doveva compiere due
volte al giorno per combattere i soliti effetti negativi causati dalla
conversione a soldato potenziato, sintomi assolutamente privi di alcuna
importanza come mal di gola, bruciore di stomaco, giramenti di testa ed
emorragie interne causate dagli organi che le si sbucciavano come
mandarini.
Più
andava avanti, più iniziava a maledirsi di essere stata
salvata dalla Excalibur quando la tecnologia di riconversione non era
ancora perfetta: cinque anni prima era stata costretta a scegliere tra
riempirsi quotidianamente di così tante sostanze chimiche da
stendere un elefante nel tentativo di prolungare la propria vita e
permettere agli scienziati di studiare la sua condizione o sottoporsi
immediatamente ad un trattamento sperimentale che avrebbe rischiato di
ucciderla. Ora, grazie anche a lei, riportare alla normalità
un combattente dei Black Saints era un'operazione di routine: solo il
mese prima avevano salvato una dozzina di soldati potenziati dalle loro
grinfie e il peggior effetto collaterale riscontrato era in un ragazzo
di diciotto anni, un aumento dei riflessi del 25% rispetto alla norma.
Lei, invece, aveva un corpo così danneggiato sia dalla
conversione che dai medicinali che non era più in grado di
affrontare il processo di riconversione senza rischiare morte certa.
Perché
il destino non le aveva permesso tornare ad una vita normale? Forse
sarebbe stato meglio restare a servire sotto Queen Cobra e aspettare di
venire salvata, magari qualcun altro si sarebbe fatto avanti al posto
suo e avrebbero studiato un metodo per...
Il
cellulare squillò, interrompendo i suoi pensieri, e si
ritrovò ad afferrare il dispositivo dallo schermo scheggiato
quasi istintivamente. Aveva rotto due telefoni solo quella settimana:
non aveva più provato il bisogno di averne uno da quando era
stata rapita a 14 anni, e da quando aveva riaperto gli occhi si era
accorta che il flip phone era passato di moda e andavano tutti in giro
con degli apparecchi dal touch screen così grande che
sembrava di portarsi un televisore in tasca, e che a lei bastava
guardare storto per piegarli in due.
Sollevò
il cellulare con cautela e lesse il numero sul display, riconoscendo si
trattasse del suo commilitone con gli occhiali: non lo aveva nella
memoria del telefono, ma lo ricordava alla perfezione. Fece scorrere il
dito sul display con estrema delicatezza, cercando di controllarsi: per
qualche attimo il suo indice ipersensibile riuscì a
delineare esattamente le crepe nel vetro che scorrevano sotto il
polpastrello, ma le bastò un istante di distrazione per
rovinare tutto: un movimento di troppo ed il telefono era accartocciato
tra le sue mani.
-Fanculo!-
Imprecò,
gettando i resti dell'apparecchio al muro di cartongesso,
incastrandoveli dentro e provocandovi una piccola crepa.
Ansimò
dalla rabbia. Perché, perché non era normale?
Perché, da quando era morto Shiro, aveva perso completamente
il controllo della propria forza? La risposta era chiarissima: mesi
prima, dopo aver scoperto che l'effetto dei farmaci si stava facendo
sempre più flebile, si era rassegnata al destino di morire
tra atroci sofferenze, e Shiro era arrivato da lei proponendole il
matrimonio dopo due anni di fidanzamento. Sapevano entrambi che se ne
sarebbe andata da lì a poco e non le importava che quel
gesto fosse soltanto per vivere un breve periodo di
felicità, ma la scomparsa del suo fidanzato le aveva dato la
forza di tirare avanti, un vita mirata solo al farla pagare a quella
vipera che le aveva tolto l'unica persona che le voleva bene davvero.
Ormai l'unica cosa che teneva insieme il suo corpo in rovina era la
pura forza di volontà, aiutata da una dose di farmaci che
era quadruplicata rispetto ad un anno prima.
Indossò
il cappotto, afferrò la busta paga e uscì nella
fredda mattinata invernale, sbattendosi la porta dietro non
scardinandola per pura fortuna. Doveva togliersi quei pensieri dalla
testa, non aiutavano affatto; forse buttare soldi in cose che non le
servivano avrebbe aiutato. Era indecisa se comprare anche un telefono
nuovo: in fondo, non le era mai servito.
Era
passata una settimana da quel giorno nefasto.
Satsuki
Norimizu, già Queen Cobra già Michiru Kato, si
avvicinò alla soglia di casa con aria esausta: per quanto
fosse potenziato il suo corpo non riusciva a tenere il ritmo del ramen
shop, specialmente da quando aveva accidentalmente creato una ricetta
così misteriosamente buona da decuplicare da un giorno
all'altro il numero dei clienti abituali. Ironia della sorte, lei ne
trovava l'odore intenso e paradisiaco, ma il sapore disgustoso. Agni
aveva ragione su entrambi i fronti: il suo senso del gusto era troppo
alterato per farla lavorare in cucina, ed il suo olfatto era
così accentuato da farle indossare la mascherina in cucina
per evitare che un aroma troppo forte la facesse starnutire nella
zuppa. Tutto ciò non le impediva comunque di sapere quando
aveva seguito la ricetta alla lettera: quando l'odore del brodo le
faceva girare la testa e nel contempo sapeva di piedi e morte aveva
raggiunto un bilanciamento di sapori che per il palato umano era
apparentemente irresistibile, un sapore ricercato che nel giro di pochi
giorni aveva rigirato completamente le sorti di quel minuscolo e sporco
locale che aveva scelto come copertura proprio perché
nessuno lo frequentava. Il tutto senza ipnosi o controllo mentale: per
una volta era stata la buona sorte a metterle i bastoni tra le ruote.
Infilò
la chiave nella toppa con qualche difficoltà: il freddo
della sera la intorpidiva, probabilmente le modifiche al suo corpo
l'avevano veramente resa a sangue freddo o qualcosa del genere, quindi
quando non indossava la nanotuta o non era adeguatamente coperta il
minimo raffreddamento la rendeva più lenta e imprecisa.
Aprì la porta, appese il cappotto all'attaccapanni, si
beò nel riscaldamento centralizzato, si tolse le scarpe e
afferrò al volo la ciotola che le sfiorò il volto.
-Non
ti avevo detto di smetterla di tirare piatti in giro per casa?-
domandò all'aria.
-Sto
facendo pratica.- rispose Ryuuko, alias di Marina, intenta al lavello a
ripulire i resti di una cena abbondante. -Riesco a farla atterrare
dritta senza rompersi nove volte su dieci. Voglio arrivare a dieci su
dieci.-
-E
perché stai indossando i miei vestiti?- domandò,
accorgendosi effettivamente che sua sorella indossava la magliettina
rosa che aveva comprato appena il giorno prima.
-I
miei sono sporchi.- replicò subito, lanciando una ciotola
che non fu intercettata e atterrò sul tavolo in posizione
dritta.
La
donna serpente si guardò attorno: il bilocale sembrava
accogliente, ma c'era una chiara impressione che qualcosa non andasse,
a cominciare dall'enorme pila di ciotole sul tavolo.
-Marina,
lo so che odi il fast food, ma devi smetterla di cucinare riso per
quattro, io non posso aiutarti a finirlo. - commentò - Vatti
a fare un hamburger di tanto in tanto.-
-Non
posso mangiare hamburger tutti i giorni, non fa bene, anche se brucio
3000kcal al giorno.- rispose subito la sorella -Quando ero alla base
non me ne accorgevo, ma ora che sono fuori è chiaro che il
mio metabolismo è accelerato.-
Aveva
perfettamente ragione, non stava ferma un attimo: la ragazzina
quattordicenne pigra ma intelligente era diventata un tornado di
energia che riusciva a controllarsi a fatica. L'aveva vista sedersi a
giocare con la vecchia console che avevano in un angolo un paio di
volte, ma il resto del tempo lo passava a spendere le forze in eccesso
svolgendo lavori domestici. Ecco da dove veniva il senso di
inquietudine: l'unico dettaglio fuori posto in quel piccolo bilocale
erano i cocci sul pavimento dovuti ad un lancio sfortunato; niente
polvere, né sporco, né alcun tipo di oggetto
fuori ordine. Persino i piatti puliti sul tavolo avrebbero presto e
sicuramente trovato posto nella credenza, togliendosi dalla vista.
Insomma, la casa era abitata da due donne single che erano quasi sempre
fuori, e risplendeva come un albergo.
Un'altra
ciotola le volò sopra la testa e atterrò sul
tavolo, questa volta rovesciata.
-Devi
usarne per forza una diversa ogni volta? Usa un'insalatiera.-
commentò.
Per
tutta risposta, un grosso recipiente di plastica la sfiorò e
si fermò sul ripiano con un tonfo secco.
-Già
fatto, ma anche quella è piccola.-
La
situazione stava diventando ridicola. Si sedette al tavolo,
trovò un po' di spazio per poggiare i gomiti, e chiese:
-Hai
fatto la tua iniezione? Dovrebbe combattere questi impulsi.-
-L'iniezione
è per non farmi avere effetti collaterali, Micchan, non per
trattenermi.- fu la replica.
La
ragazza serpente sospirò, sconfitta.
-Contatterò
la base e vedrò se riescono a sviluppare qualcosa per
privarti temporaneamente delle tue abilità. Metti
inquietudine, Mari.-
-Ryu-u-ko.-
ribatté lei, scandendo le sillabe -Hai scelto questi nomi,
tanto vale usarli. Ma se la devo dire tutta... mi piace sentirmi
così.-
Si voltò dal lavandino con un ghigno sul
volto, facendo roteare un piatto sul dito come una palla da basket,
dimostrando un controllo che lasciò la sorella sorpresa.
-Già, alla base era tutto proporzionato
alle mie abilità e alla mia forza, quindi non mi ero resa
conto di quanto sono diventata forte. Adesso che sono tornata in una
dimensione umana... mi sento alla grande. Come un supereroe!-
Lanciò il piatto sul tavolo, che
scivolò sulla superficie girando su sé stesso
fino a fermarsi. Era ragguardevole: Marina aveva un
controllo sui propri poteri che andava ben oltre le sue aspettative,
dall'ultimo test effettuato all'avamposto era ben sopra gli altri
soldati sia in forza che in precisione. Anzi, era più forte
addirittura di lei, arrivando quasi a sfiorare i
cyborg bestia di livello A; il potenziale dei soldati dei Black Saints
era decisamente sopra le previsioni dei suoi
superiori.
-Forse
potrei farlo davvero, il supereroe, nel tempo libero.-
azzardò la giovane col caschetto-Mi faccio un costume e vado
in giro a picchiare i delinquenti. Di tanto in tanto poi organizziamo
una battaglia tra me e gli altri Corallo tanto per tenere su la
facciata, così divento famosa, mi danno le chiavi della
città e vi faccio da infiltrato. Sempre meglio che starmene
qui tutto il giorno.-
Michiru
non la buttò sullo scherzo, rispondendo invece con la
massima serietà:
-Sarebbe
una buona scusa per liberare altri Corallo, ma è meglio se
non attiri l'attenzione. Nell'ultima settimana abbiamo avuto
avvistamenti di quel robot in tutto l'est asiatico, ha addirittura
interferito con un'operazione di Shark in uno di quei paesi sperduti
nel nord Europa. Vorrei evitare che se la prenda con te vedendoti una
minaccia.-
-Aaah,
Shark.- incalzò Marina, slacciandosi il grembiule e
appoggiando il sedere contro il bancone dell'angolo cottura-Come sta il
tuo fidanzato?-
Era
un colpo basso. Si, era andata di nuovo a letto con lui due volte
quella settimana, a giorni alterni. Lui le permetteva di scappare dai
propri pensieri e dalle proprie colpe, lei gli aveva fatto trovare
qualcuno in grado di stare al suo passo non solo fisicamente, ma anche
per arguzia e spirito. Nonostante nessuno dei due lo considerasse
effettivamente un rapporto era nata un'intesa, ed era facile
fraintendere.
-Non
siamo fidanzati.- commentò, imbarazzata – Ci...
piacciamo fisicamente e basta, tutto qui.-
-E'
difficile trovare qualcuno che non sia attratto da te, Sacchin.-
ribatté la giovane dai capelli corti- Sei alta, hai i
capelli chiari, le tette grosse e un visino da idol, e come se non
bastasse sei anche una donna serpente che non ipnotizza solo con lo
sguardo ma anche con i modi di fare. E io sono...- sbuffò -
tua sorella.-
-Oh,
piantala di leccarmi il culo, non sei divertente.- replicò
con fare più rilassato - E poi anche tu sei una bella
ragazza, dovresti avere più fiducia in te stessa.-
-Dovresti
insegnarmi, sai. Potrei approfittarne e provare a sedurre Black Viper,
forse ci aiuterebbe. O anche Gull, dà l'impressione della
bisessuale repressa.- rispose in tono canzonatorio.
Le
rivolse uno sguardo dubbioso. Il tono sarcastico dell'ultima
affermazione le aveva confermato una certa ostilità
repressa, e vide immediatamente sotto nuova luce le parole che si erano
scambiate da quando era rientrata in casa.
-...
Mari, c'è qualcosa che devi dirmi?- le chiese, sperando che
non fosse niente di grave.
Sua
sorella assunse una smorfia di sorpresa, poi di diffidenza.
Passò qualche secondo e proferì parola:
-Sai...
trovo rassicurante che almeno tu non prenda questa cosa sul serio come
me. Io mi faccio un sacco di dubbi su quello che è rimasto
di noi, e tu ti vai a scoparti il capo per puro divertimento. Non
è bello. Pure questa storia delle identità
segrete... e'... stupida. Essere Ryuuko é come essere
Corallo 26. Io voglio essere Marina, Micchan, se volevo fingermi
qualcun altro tanto valeva fare davvero il supereroe. -
Michiru
cercò di rispondere, ma le parole le morirono in gola, dando
ancora spazio a Marina.
-Ma...
beh, te l'ho detto. Avrò tempo per esserlo a cose fatte.-
Il
silenzio proseguì per qualche altro istante, mentre
considerava tutte le opzioni. Quel discorso non le era piaciuto nemmeno
la prima volta, e sebbene pensasse di aver raggiunto un punto comune
era chiaro che Marina le portasse rancore. Ma era il momento di darci
un taglio: se non poteva rassicurarla in quanto sorella maggiore, si
sarebbe fatta sentire come suo superiore.
Si
alzò, portando con sé il tono della discussione.
-....
per l'amor di Dio, Mari. Ti ho tolto da quella base per toglierti dalla
testa queste idee, non per fartici pensare tutto il giorno!-
-Che
devo fare!?- esclamò la sorella minore, con la voce che si
faceva sempre più forte- Anche se non ci penso, mi basta
sedermi a pranzare per ricordarmi che non sono una persona normale!
Sono mesi che mi nascondo, Michiru, e ora che sono uscita allo scoperto
e che posso andare in giro con il mio nome tu prendi e mi porti in un
bilocale sfigato dicendo di far finta, di nuovo, di essere qualcun
altro! Ma lo sai come mi sento?!-
-Che...
siamo nella stessa barca, non lo capisci?-
ribatté, anche lei quasi abbandonandosi alle urla -Ed io non
solo devo nascondermi come te, ma non ho neanche il lusso di far sapere
a tutti che faccia ho, anzi, devo far credere di essere una ragazza
che è morta per colpa mia!-
-Tu
sei in una posizione di comando! Puoi fare quello che vuoi!- fu la
replica di Marina.
Michiru
rimase interdetta, muovendo la bocca senza alcun suono,
finché le parole non le scesero dal cervello alle corde
vocali:
-Fare
quello che... E' una responsabilità,
Marina! Se io dovessi fare un errore, non ricadrebbe solo su di me, ma
su di te e su tutti quei Corallo in attesa di essere liberati per
tornare dai propri cari!! E non si parla di essere rimproverati dal
capo o licenziati, oh no: io vi sto tenendo in vita,
non lo capisci?-
Fu
in quella che si accorse che anche i pantaloni che indossava erano i
suoi. La sua lingua divagò da sola:
-E
poi, perché indossi anche i miei
pantaloni?!-
-I
miei vestiti sono sporchi! La lavatrice è rotta,
era già rotta quando ci siamo
trasferite!-
-E
tu vai in lavanderia, o usa quella tua dannata energia per lavare quelli,
invece di consumare i piatti!-
Avevano
ormai entrambe ceduto al nervoso e si rivolgevano sguardi poco
amichevoli, ansimando come animali. Gli occhi di Michiru lampeggiavano
di rosso, segno che da lì ad un attimo avrebbe perso il
controllo e travolto il vicinato con onde di influenza empatica che
avrebbero provocato in tutti i presenti un'incontenibile voglia di
azzuffarsi. Il fiato di Marina, invece, aveva iniziato a fare le
nuvolette per quanto era accaldata, cosa accentuata dal riscaldamento
che faceva le bizze.
Si
fissarono per dei lunghi istanti, durante i quali cercarono qualcosa da
dirsi per rassicurarsi o abbassare il tono della discussione, ma
fallirono entrambi.
-Va
bene!- esclamò per prima Michiru,
gettando le mani in aria con un movimento secco e dando le spalle a
Marina -Torna alla base, resta qui, vai in strada a picchiare i
borseggiatori, fai quello che ti pare!!! E pensare
che io volevo solo proteggerti!-
-Proteggermi!?-
avanzò la sorella minore raggiungendola, ormai in preda ad
un raptus combattivo - Rovescio le auto a calci, e tu vuoi proteggere me?-
-Da
te stessa, Marina!- chiarì Michiru,
voltandosi - Hai idea di cosa potrebbe succedere se perdessi il
controllo della tua forza!?-
Il
fiato di Marina si raffreddò pian piano, mentre la sua
immaginazione creava la risposta alla domanda retorica di Michiru. Lo
spirito combattivo si spense lentamente, mentre si accorgeva che per
quanto banali le parole della sorella fossero, avevano un senso.
-Grazie
per la cena, pane e sensi di colpa.- affermò con sarcasmo -E
dire che stanotte volevo dormire.-
Si
avviò verso l'uscita, fissata dalla sorella.
-Vado
a sbollire. Non ti preoccupare, ritorno.- annunciò,
indossando cappotto e scarpe - Non ho altro posto dove andare,
dopotutto. Cercherò di non fare danni esistendo.-
-Lo
faccio per te, Marina....- iniziò la ragazza serpente con
fare mortificato, venendo interrotta:
-Non...
non ho dubbi, Micchan. Ma è difficile. So di essere
infantile, ma ho il cervello fermo a cinque anni fa. Forse... col tempo
crescerò. Ci vediamo più tardi.-
La
ragazza dai capelli corti aprì la porta e si
avviò. Michiru sospirò, cercando di calmarsi.
Forse era lei ad aver sbagliato, forse era stato davvero un errore
uscire dalla base, o forse il suo errore risaliva a molto
più in alto, quando aveva dato vita a quel folle piano
invece di prendere sua sorella e scappare. Il suo cervello
divagò, e arrivò ad accorgersi di un altro
dettaglio.
-Ehi!
Quelli erano il mio cappotto e le mie scarpe!-
Stupida Michiru. Stupida Queen Cobra. Stupidi Black
Saints.
O
forse era stupida lei, una quattordicenne intrappolata in un corpo
più adulto in grado di trasformare il carbone in diamante
semplicemente stringendolo tra le mani (o almeno credeva, avrebbe tanto
voluto provarci per vedere se era un modo di rimediarsi da vivere). Il
piano della sorella era davvero l'unico modo che aveva per renderla
libera, e lei era lì, un attimo a caricarsi di
responsabilità , l'altro a volerle fuggire. Certo, non era
un buon piano, ma lei non aveva altro da proporre.
Ripensandoci, il proprio comportamento non aveva senso, si sentiva
davvero una ragazzina confusa. Senza saperlo, aveva detto una delle
cose più vere che avesse mai pensato: forse un giorno
sarebbe cresciuta.
Avanzò
in mezzo al freddo sul ponte che passava sopra il bacino artificiale
che tagliava a metà la città, una
città che conosceva come la sua mano dopo averci vissuto 19
anni. All'inizio trovava curioso come gran parte degli scontri tra i
Black Saints e gli Excaranger si svolgessero sempre in quel posto, ma
alla fine ci era arrivata: avere forze a piede libero vicino alla sede
principale della Excalibur era sia una sfida che una dimostrazione di
forza militare, un'affermazione che per quanto fossero forti e
superiori le forze dell'organizzazione governativa loro non avevano
paura di affrontarli nel loro stesso territorio. E, come tutta la hubris,
alla fine era stata punita, in questo caso con un androide nero tra
capo e collo.
In
quei pochi mesi le era capitato, sotto il comando della sorella
ovviamente, di partecipare a dei veri ingaggi in situazioni di
guerriglia in giro per il mondo contro altre organizzazioni a loro
nemiche, ed i duelli con gli Excaranger, a confronto, erano battaglie
di addestramento. Ne aveva viste parecchie: quella che aveva lasciato
di più il segno era quando avevano dovuto recuperare un
ostaggio in un ufficio in Italia in mano a Phantasm senza far accorgere
alla polizia locale che pochi metri sopra le loro teste stava avendo
luogo uno scontro a fuoco, il tutto meno di una settimana dopo aver
superato la paura di premere il grilletto: ancora sentiva le urla del
ragazzo che aveva colpito alll'occhio e che si rotolava in agonia sul
pavimento.
Tutto
quello che accadeva nella prefettura di Mie, al confronto, sembrava
davvero un super sentai: appena si usciva da lì iniziava una
guerra vera, con strategie, feriti e vittime collaterali. Il fatto che
anche la Excalibur avesse deciso di darci un taglio e di scatenare quel
robot contro di loro era segno che si erano tolti i guanti bianchi, e
che avevano iniziato a prenderli sul serio.
Avanzando
sul ponte trovò due paia di scarpe, un paio di mocassini da
uomo e dei décolleté dal tacco basso, con due
nomi segnati sopra con un marker bianco. Fissò i flutti alla
ricerca dei proprietari, ma niente: nemmeno la sua vista al buio le
permise di scorrere qualcosa. Probabilmente, la signora Yamada e il
signor Akinori si erano buttati per motivi amorosi, ma non lo avrebbe
mai scoperto.
Considerò
brevemente l'idea di farla finita anche lei, ma molto probabilmente
sarebbe semplicemente riemersa cinquecento metri più a
valle, con i vestiti bagnati come unico danno: una perdita di tempo,
insomma, e Michiru avrebbe avuto un'ulteriore scusa per arrabbiarsi
visto che il cappotto che aveva addosso era il suo.
Distolse
lo sguardo dai flutti e continuò la passeggiata. Il sapere
che probabilmente poche ore prima lì si fosse consumata una
tragedia non la scosse più di tanto: la violenza che
affrontava giornalmente l'aveva desensibilizzata a quel tipo di eventi.
Dedicò comunque un attimo di raccoglimento ai due
sconosciuti prima di rimettersi in cammino.
Poco
più avanti qualcuno sembrava stesse avendo la stessa idea
dei due misteriosi innamorati: una giovane donna aveva appoggiato gli
stivali sul marciapiede e scavalcato la ringhiera, ringhiera sulla
quale era seduta sopra a fissare il fiume nel buio, scalciando con fare
apparentemente giocoso ma che mettevano in mostra un certo nervosismo
indeciso.
Poco
prima aveva scherzato con Michiru, annunciando di voler diventare una
supereroina. Beh, era il momento di dimostrare a sé stessa
di non essere buona soltanto a combattere, e che valeva di
più di quello che sembrava. Un atto egoista, certo, ma da
qualche parte doveva cominciare.
La
sua corsa fu silenziosa, e nel giro di pochi attimi fu vicino alla
ragazza che stava seduta sul parapetto. Fece per parlare, ma si accorse
di non sapere cosa dire: non era mai stata in una situazione simile,
né le era stato insegnato come comportarsi.
-Non....
non farlo. Pensa ai tuoi cari.- accennò.
La
donna non si voltò neanche a guardarla e parlò:
-Fare
cosa? Ho solo un piccolo dubbio, niente di che.-
Marina
la osservò da dietro. Era alta quanto lei e portava i
capelli in un taglio un po' più corto del suo, con un colore
rosso volpe decisamente poco comune. Il cappotto che indossava sembrava
costoso, così come gli stivali appoggiati a terra e le buste
dai loghi prestigiosi che vi giacevano vicino. Aveva l'aria di qualcuno
che aveva appena buttato l'intero stipendio in un pomeriggio di
shopping e si era appena resa conto della vacuità della cosa.
Si
avvicinò alla ringhiera, affiancandola. Doveva almeno
avvicinarsi: se avesse cercato di gettarsi, sarebbe bastato afferrarla
per un braccio e l'avrebbe tirata sulla strada senza problemi. Alla
peggio se la sarebbe cavata con una slogatura: non era così
forte da strappare gli arti di una persona, non senza slancio almeno.
-E...
quale sarebbe, questo dubbio?- le chiese, cercando di guadagnare tempo.
-Mi
stavo chiedendo- rispose la donna, senza batter ciglio- se mi buttassi
da questa altezza, che mi succederebbe? Morirei, o riemergerei
più a valle senza alcun danno e con l'intero stipendio che
ho buttato in vestiti rovinato?-
Non
riuscì a trattenersi: ridacchiò. Forse era fuori
luogo, ma trovava la coincidenza curiosa.
-Ti
fa ridere?-
-Eh?
No, no...mi stavo facendo la stessa domanda anche io, ma non vale la
pena darci una risposta solo per un brutto periodo.-
-Non
è un brutto periodo. La mia vita è un inferno da
anni. Pensa ai tuoi cari? Non mi è rimasto più
nessuno. Tanto vale farla finita e affrettare la nostra riunione.-
replicò la ragazza al suo fianco, un'intonazione monotona e
priva di spirito.
Marina
si ritrovò di nuovo senza sapere cosa dire, ma non poteva
permetterle di chiudere il discorso: ogni secondo che passava in bilico
sopra il fiume era un secondo verso l'inevitabile. Si
ritrovò a ripetere le sue stesse parole nel tentativo di
rallentarla:
-Non
ti è rimasto più nessuno?-
-Vorrei
parlartene, ma non ho tutta la notte per provare questa teoria.-
evitò di rispondere la giovane sulla ringhiera con tono
rassegnato -Dammi cinque minuti. Se sopravvivo, mi sentirò
molto stupida per averci provato, tornerò qui e ti
racconterò tutto. Se non torno, beh, prenditi le mie buste.
Pure gli stivali, se ti stanno bene: sono Louis Vuitton nuovi di zecca,
li ho pagati 200,000 yen. Mi stavano comunque scomodi, il tacco
è troppo alto.-
Poi
si sporse dalla ringhiera, appoggiando i piedi sul bordo e piegando le
ginocchia, una chiara posizione per saltare giù.
-Aspetta!-
Marina
fu rapida al massimo delle sue potenzialità, afferrandola
per la spalla nemmeno una frazione di secondo dopo. Sapeva esattamente
quanta forza mettere nel braccio per tirarla sulla strada, ma fu colta
alla sprovvista dall'impeto del salto, e la sua presa ferrea si
rivelò un'arma a doppio taglio in quanto venne trascinata
contro la propria volontà. Nemmeno il parapetto
riuscì a trattenerla, facendola ribaltare e finire
giù dal ponte.
Si
voltarono a guardarsi, ed i loro sguardi si incontrarono nel buio,
trovando l'una le pupille dell'altra in una notte che per entrambe era
chiara come il giorno. Fu un momento lunghissimo in cui i loro cervelli
fecero a gara a chi ci arrivava per prima, e la sconosciuta vinse il
confronto:
-M-Marina?-
-...Aika-chan?!-
replicò lei di rimando, a pochi metri dall'acqua.
Gli
occhi della ragazza dai capelli rossi assunsero immediatamente
un'espressione affranta, mentre attirava a sé Marina e la
stringeva nel tentativo di farle da scudo all'impatto. Marina
cercò di fare lo stesso, poi il loro mondo si fece bagnato e
gelido.
Cinquecento
metri più a valle riemersero entrambe, toccando le sponde
del fiume artificiale in un punto dove era possibile l'accesso a piedi.
Marina fu la prima a rialzarsi, tossendo fuori l'acqua che le era
entrata nei polmoni.
-Oh,
mia sorella mi ucciderà!- fu il suo primo commento, prima di
ricordarsi che non aveva fatto il tuffo da sola. -A-Aika?-
-Beh,
mi sento molto stupida ora.- la sentì commentare.- Me lo
dovevo...-
I
loro sguardi si incrociarono e si trovarono senza parole, entrambe in
preda alla sorpresa e alla preoccupazione. Marina fu la prima a
scuotersi da quella situazione, tirando su col naso e lanciando un
ulteriore colpo di tosse prima di parlare.
-Sei
fuori di testa!? Potevi ammazzarti!- le urlò, in preda
all'adrenalina, mentre le metteva le mani sulle spalle come per
riportarla alla realtà mettendo tutta la cura possibile per
non stritolarla-Ma si può sapere che ti è preso!?-
-E'
una storia lunga, io...-
Fu
in quella che Aika, alla vista dell'espressione incollerita della sua
amica, si rese conto di quello che era appena successo. Il suo volto si
aprì in una smorfia di sollievo, e parlò con un
tono che non avrebbe mai più pensato di usare:
-....santo
cielo, Mari. E' bello vederti, è da quando abbiamo finito le
elementari che...-
-Non
cambiare discors--
Aika
le si gettò addosso, stringendola. La sentì
singhiozzare. L'adrenalina calò, e si accorse anche lei
della situazione: la sua amica d'infanzia aveva appena cercato di
suicidarsi per un motivo che ancora non riusciva a capire. Le sue mani
si mossero da sole oltre le spalle di lei, cingendola in un abbraccio
consolatorio.
Marina
aveva ragione, non era stata la sua idea migliore. Doveva essere un
periodo di pausa per ripensare al piano senza sentire l'alito del drago
sul collo, ma tutto quello che erano riuscite a fare era stato
accumulare altro stress. Quello, e spendere in una settimana i soldi
che aveva accumulato per il mese, sia per chi mangiava solo pesce e
uova che per chi mangiava riso in quantità . Se continuava
così avrebbe dovuto ipnotizzare di nuovo l'impiegato della
banca, e c'era un limite a quante volte poteva farlo prima di iniziare
a destare sospetti.
Una
vibrazione sospetta dalla sua borsa le fece tirar fuori un cellulare,
ma non l'allegro dello smartphone di una ventenne giapponese: era
invece uno di quei vecchi telefono ripiegabili in stile Star-TAC.
Ovviamente era tutta un'apparenza: la tecnologia contenuta nel
comunicatore portatile dei Black Saints era anni luce avanti rispetto
ai telefoni commerciali, e aspetto datato era dovuto solo al fatto che
il modello, seppure molto più potente di un computer
attuale, le fosse stato dato in donazione da qualche anno. Aveva preso
l'abitudine di portarselo dietro in ogni momento dopo l'incidente del
supermercato mesi prima, e poi il tempo che sia lei che Queen Cobra
avevano passato giocandoci a Tetris durante le attese equivaleva ad una
piccola eternità, quindi era uno degli apparecchi
più importanti a sua disposizione.
Considerò
se tirar fuori il casco dall'armadio e rispondere in
modalità videochiamata, ma alla fine decise di lasciare la
conversazione in Sound Only e si ritirò nella camera
adiacente, chiudendosi la porta alle spalle. Si sedette sul letto,
indossò gli auricolari e rispose alla chiamata, appoggiando
poi il telefono sul materasso vicino a sé.
-Parla
Green Cobra.- annunciò all'altro capo della linea,
abbassando improvvisamente la voce di mezza ottava per dare
un'impressione autoritaria. Non che dovesse, sapendo chi si trovava
all'altro capo: per quanto potesse darsi un tono, il suo interlocutore
era decenni avanti.
-Dire
Wolf.- rispose lentamente una voce così maschile che faceva
impallidire quella di Russell, mentre l'immagine di un umanoide con i
tratti canini e la faccia piena di escrescenze ossee compariva sul
display, ritrovandosi a guardare il vuoto. -I miei sottoposti non sono
riusciti a raggiungerti, Cobra. Dove ti trovi?-
-Ricognizione.
Scusa il Sound Only, ma non posso farmi vedere al momento, sono sotto
copertura.- replicò con tono fermo.
-Sei
sempre in ricognizione. Hai preso il tuo impegno seriamente, vedo.-
Sogghignò.
Non sapeva neanche quanto.
-La
potenza non è tutto in combattimento, bisogna anche
conoscere il contesto.- rispose con tono compiaciuto. Il suo
interlocutore fu più diretto e meno simpatico:
-Ne
deduco che tu abbia raccolto dati utili?-
Si,
lo aveva fatto. Aveva solo graffiato un po' la superficie del filone
che aveva individuato, ma non poteva andare troppo oltre tutto insieme.
Era il momento di farsi bella di fronte al suo collega.
-Ho
raccolto informazioni sul fondatore originario del progetto ExChaser.-
-Ottimo.
Cosa sai di lui?-
-Morto
di cause naturali.-
-Cause
naturali?-
-Si,
non sarebbe naturale essere ancora in vita dopo che i tuoi organi sono
stati sparsi per tutte le campagne fuori Kimura.-
Battuta.
Se l'era preparata da giorni. Il ringhio sommesso di Wolf le fece
capire che non aveva altrettanto senso dell'umorismo, quindi fu rapida
a delucidare:
-E'
rimasto ucciso dall'ExChaser durante l'ultimo test del progetto
originale. Hanno cercato di insabbiare tutto, ma sai benissimo che per
me rimediare informazioni non è un problema. Al momento
stiamo individuando chi nel team di sviluppo sa più cose
possibile e può sparire senza destare troppi sospetti per
farlo parlare, ma si tratta di membri di alto profilo della Excalibur,
quindi dobbiamo andarci molto piano.-
-Sono
davvero così importanti, tutte queste informazioni?-
si lamentò Wolf -Sono il terzo guerriero più
forte dei Black Saints, e non credo che quel patetico robottino sia in
grado di starmi al passo. Non vedo l'ora di farlo a pezzi, finalmente
Wasp e Dragon capiranno che gli sono superiore.-
-Da
quello che sappiamo è tutt'altro che patetico.-
spiegò -Le mie squadre di raccolta dati hanno ricavato dai
video delle sue sortite abbastanza dati da stimare il suo potenziale.
La sua unità di supporto aereo raggiunge i Mach 2, le armi
da fuoco gli fanno un baffo ed è carico di così
tanti sistemi di armamento che non abbiamo idea se siamo riusciti a
vederli tutti. Armatura spessa come quella di un carro armato leggero,
troppo veloce per essere colpito dagli RPG e dai cannoni anticarro,
resiste ai campi EMP. Le mie spie stanno cercando di ottenerne i
progetti, ma le informazioni sono state decentrate in diversi centri di
dati sparsi per tutto il Giappone, ognuno dei quali con il proprio
livello di sicurezza, e non abbiamo nemmeno una lista completa delle
loro locazioni. E' una bella sfida, ma sono sicura che in tempo utile
riusciremo a trovare tutti i dati che ci servono.-
Wolf
rimase in silenzio con un'espressione indecifrabile sul volto, poi
parlò a metà tra il sibilo e il ruggito.
-Sfida.
Lascia perdere la tua raccolta dati. Voglio sfidarlo.-
Michiru
inarcò un sopracciglio e strinse le labbra, sorpresa.
Afferrò il comunicatore, sicura di vedere un sorriso giocoso
sul volto di Wolf, ma quando trovò uno sguardo serissimo
capì che non stava scherzando.
-Contro
di lui abbiamo perso tre operativi di classe A, diversi sottoposti e
gran parte della squadriglia di mercenari stanziata nelle Filippine.
Affrontarlo non è una passeggiata.- affermò,
cercando di scoraggiarlo.
-Tu
sei sopravvissuta ad un suo attacco, e la tua classe di combattimento
non raggiunge nemmeno la A.- la riprese lui -Non deve essere poi
così difficile.-
Si,
ancora non spiegava perché l'ExChaser l'avesse semplicemente
lasciata a dissanguarsi sul terreno quando aveva dimostrato una
brutalità inaudita contro gli altri avversari, al punto da
non lasciare alcuna traccia della loro esistenza. Aveva ancora i
brividi al ricordo che ciò che restava di Red Raven, secondo
in classe A, poteva essere conservato dentro una ciotola.
D'altro
canto, Dire Wolf era di livello S, e sebbene non fosse primo
né per forza, destrezza o resistenza aveva dato
dimostrazione di poter affrontare fino a tre cyborg bestia di classe A,
quindi forse era uno scontro alla pari.
Si
stese, mani dietro la nuca e passò qualche istante immersa
nei propri pensieri, lasciando andare un sospiro di insicurezza. Era
quello il motivo per cui lei e Russell erano sulla stessa lunghezza
d'onda per quanto riguardava il libero arbitrio dei propri sottoposti:
sovrascrivere le loro personalità con una serie di direttive
che dovevano seguire ad ogni costo era la cosa migliore da fare se
volevi che eseguissero ogni tuo ordine, ma non per farli arrivare vivi
a fine giornata. Dare un carattere prevedibile agli cyborg bestia li
rendeva più facili da controllare, ma questi finivano
inevitabilmente costretti in uno stereotipo: Dire Wolf il berserker
assetato di sangue, Blood Dragon il guerriero onorevole, Tiger Wasp
l'omicida sadica, Tarantula l'assassina infida...
E
poi c'era Queen Cobra. Aveva studiato il condizionamento a cui erano
sottoposti i suoi colleghi e l'aveva comparato con il proprio,
rimanendone sorpresa. Gli altri cyborg bestia erano diversi da lei
sotto più di un fattore: oltre ad un processo di
rimodellamento molecolare completamente diverso, i suoi colleghi non
erano sotto il controllo di un'unità esterna che dava loro
suggerimenti indotti, ma di una riscrittura della
personalità e dei ricordi non diversa da quella a cui
sottoponeva i Corallo. A pensarci bene, era chiaro perché
lei fosse diversa: un guerriero imbattibile con un allineamento fisso
è prevedibile e più facile da controllare, ma
sono le persone che sanno pensare una soluzione e metterla in atto a
risolvere un problema, non quelle la cui prima reazione ad un ostacolo
è di picchiarlo forte finché non si rompe.
Ma
stava divagando, e Wolf era impaziente.
-In
quanto tua consulente in combattimento ti proibisco di affrontare
l'ExChaser senza un'analisi accurata delle sue capacità ,
ma...-
-Proibisci
un corno.- la interruppe.-Voglio affrontarlo domani stesso. Se sei
davvero così preoccupata, torna ad analizzare quei tuoi dati
e dimmi
qualcosa in grado di darmi un vantaggio tattico.-
Era
il suo funerale. Ripassò mentalmente i posti visitati quei
giorni ed i dati raccolti, cercando di trovare una qualche scappatoia
per permettere a Wolf di tornare alla base tutto d'un pezzo. Era
arrivata alla conclusione che l'ExChaser era progettato per inseguire
il proprio bersaglio fino allo sfinimento, quindi aveva bisogno di una
locazione dove l'estrazione potesse essere estremamente rapida, nel
caso in cui le cose andassero male. La copertura era indifferente - se
ti nascondevi dietro ad un muro, dopo qualche istante nel muro c'era un
buco a forma di ExChaser - e aveva dato dimostrazione di potersi
muovere negli spazi urbani senza problemi, di conseguenza che si
trovassero in città, in campagna o al mare non cambiava
niente. Inoltre... non voleva perdite tra i civili. Aveva passato la
sua infanzia in quella città , e non voleva diventasse un
campo di battaglia, come.... come... come la considerava il suo alter
ego.
Sospirò
e scosse la testa. Riusciva a rimanere concentrata per più
di dieci secondi? Il suo interlocutore voleva una risposta, e l'avrebbe
avuta. Interagì con il comunicatore e chiarì a
voce.
-Ti
ho inviato delle coordinate, è un punto fuori
città dove si è svolto uno dei test del progetto
ExChaser originale. E' vicino ad una sede dell'Excalibur abbandonata e,
dal database, priva di sorveglianza. Ci sono diversi punti rialzati da
cui puoi far intervenire il tuo supporto. Terrò
un'unità pronta per estrarti nel caso avessi---
-Non
ce ne sarà alcun bisogno.- la interruppe di nuovo -Quel
posto sarà la sua tomba.-
-Sarà
la tua tomba.
-cercò di nuovo di chiarire quanto fosse pericoloso
ciò che voleva intraprendere. -Te lo ripeto: non
ingaggiare, Wolf. Stai agendo senza autorizzazione del
Consi--.-
-Noi
abbiamo già l'autorizzazione del
Consiglio, Cobra: posso agire non appena ritengo sia il momento.
Rispetta i ranghi: sei una consulente, non un mio superiore, e anche se
tale ti sbagli di grosso sull'esito della battaglia:
affronterò questo ExChaser domani alle sei, lo
farò a pezzi, farò colazione con i suoi resti e
porterò quel che rimane al Consiglio per fargli vedere che
nella vita bisogna agire, non pensare. Chiudo.-
Comunicazione
chiusa. Rabbrividì. Forse era stata troppo pretenziosa nel
credere che il numero di uccisioni sul ruolino fosse direttamente
proporzionale alle capacità in battaglia.
Ma
chi voleva prendere in giro? Aveva scelto Dire Wolf perché
se avesse scelto Blood Dragon, l'operativo da combattimento
più potente a disposizione dei Black Saints, e questo fosse
stato sconfitto, nessuno avrebbe più voluto avvicinarsi
all'ExChaser, e aveva evitato di contattare Tiger Wasp
perché il suo hobby era fare di tutto per non farti sentire
a tuo agio, nonostante avesse così tante uccisioni
confermate da far impallidire il resto della classe S. Wolf,
strategicamente, era una pedina sacrificabile, ma doveva cercare a
tutti i costi di riportarlo indietro – anche se, in
realtà, in cuor suo sperava che l'ExChaser avrebbe fatto
pesare a Wolf tutte le vittime che aveva causato ponendo fine alle
sofferenze dell'essere umano che si nascondeva dietro a quel grugno
canino ricoperto di ossa.
La
cosa le lasciò l'amaro in bocca: non erano bei pensieri. Era
tornata a questionarsi da qualche giorno, dopo aver ripreso una
sembianza di vita normale. Forse il tornare a guardare le cose
dall'esterno le aveva dato un po' di prospettiva? Forse era la mancanza
di Agni che la riportava all'ordine e le ricordava il suo obiettivo? O
forse il serpente la influenzava più di quello che pensasse,
dandole solo una parvenza di libero arbitrio?
Avrebbe
dovuto parlarne con qualcuno, forse con Russell, o con...
-Micchan,
sono tornata! Scusa, ho portato un ospite!-
La
voce proveniente dall'altra stanza la riportò alla
realtà. L'aveva chiamata per il suo vero nome e aveva
portato un'ospite!? Ma la parola incognito aveva
qualche significato per lei?
Scattò
in piedi e attraversò rapidamente la stanza, aprendo la
porta.
-Noi
due dobbiamo oh dio perché sei fradicia-
Il
suo sguardo incrociò quello di Aika, spuntata dietro a sua
sorella, e il suo cervello si arrese. Aveva bisogno di una spiegazione.
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