Somnium

di Elena_darklady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Dal corridoio si potevano udire i rumori provenienti dalla televisione nella camera E12.

Una giornalista con in mano un microfono stava annunciando le situazioni critiche in cui si riversava la popolazione durante la guerra civile in città dell'Africa nord-centrale. Era molto scossa e parole terribili uscivano dalla sua bocca, parole di sangue. Numerose città sembravano essere sul punto della guerra civile contagiate dal morbo del sangue che oramai ne aveva infettate altre.
-La tensione è alta, quale sarà la goccia che farà traboccare il vaso? Servirà poco per mandare questi stati nel totale caos e se altri stati inizieranno a prendere posizione parlare di terza guerra mondiale signore e signori non è assolutamente un argomento fuori luogo..-

La voce della giornalista era molto provata e la puntata del Telegiornale di quella sera sarebbe riguardato solo esclusivamente su quell'argomento se non fosse stato per il fatto che Eleonor prese il telecomando e spense il televisore.

-Speriamo che non accada niente di terribile ... -

-Certo tesoro, stai tranquilla, vedrai che andrà tutto bene, è già successo in precedenza che i filorussi iniziassero a far pesare il loro pensiero sulla nazione ma ... non credo che accadrà niente, dobbiamo solo sperare che nessuno stato prenda posizione, come gli Stati Uniti. Se si mettono dentro loro è finita.-

La voce confortante della mamma di Eleonor la consolò un po'. Alla fin fine è a questo che servono le madri, soprattutto se con loro hai un rapporto speciale, una confidenza particolarmente unica nel suo genere. Quando ti fanno sentire protetto e amato, quando riescono a risolvere ogni tuo enigma interiore con parole di conforto.

Ma lo sguardo di Eleonor si perse via, come se si fosse incantato, come se fosse precipitato nei propri pensieri.

Condensazione.

Eleonor non poteva far altro che guardare fuori dalla finestra il vetro che si appannava e che andava a disegnare una nuvoletta biancastra sulla superficie trasparente.

–Condensazione- 

Ripeté ad alta voce.

La madre la guardò un attimo e con uno sguardo interrogativo cercando di capire cosa avesse detto.

-Cosa, cara? Va be, ascolta io adesso devo andare. Vengo dopo a salutarti prima dell'operazione, sono sicura che questa volta andrà tutto bene.-

Un dolce bacio sulla fronte e la madre uscì chiudendo la porta dietro di se.

Eleonor però era completamente persa nei suoi pensieri, non riusciva a pensare ad altro che alla sua vita e la "condensazione" era l'unico ricordo confuso della sua professoressa di scienze. Non la vedeva da sei mesi, come del resto anche tutti i suoi altri professori ed alcuni suoi compagni. Solo il "bip" del'elettrocardiogramma la riportò alla realtà. Era da due ore che aveva attaccato quel marchingegno infernale e non ne poteva più di quella melodia ritmica che non le permetteva neanche di pensare.

Tutte scemenze ecco cos'erano! Questa era stata l'ultima frase del dottore prima di imboccare la via per l'uscita e chiudersi dietro la porta con un tonfo. Non era vero! Non era vero per niente!

Secondo Eleonor i dottori in realtà non sapevano neanche che cosa l'avesse resa così debole e cosa le avesse fatto cadere tutti i suoi capelli ... i suoi morbidi capelli castani. Quelle ciocche tanto amate che una volta disegnavano delle dolci curve seguendo il fruscio del vento. Era tutto iniziato con brevi momenti di debolezza che la facevano cadere per terra come un sacco di patate. Era andata più volte dal medico per cercare di capire che cosa le stesse accadendo ma le uniche cure che le avevano somministrato erano pastiglie con un sapore improponibile contenenti Ferro e Calcio. Successivamente gli indebolimenti si trasformarono in svenimenti che iniziarono a moltiplicarsi nell'arco della giornata, sembrava quasi che il suo corpo non riuscisse più a reggere il suo grande desiderio di muoversi e continuare la sua vita da quattordicenne superattiva. Dopo qualche mese il destino crudelmente le strappò via persino i capelli, piccoli ciuffi iniziarono a perdersi nella spazzola tra una pettinata e l'altra e la mattina sempre più ciocche si disperdevano sul cuscino bianco. Pian piano tutto ciò che rimase della sua folta chioma fu un ricordo sbiadito che se ne andò col tempo. I suoi occhi si svuotarono e la pelle da un vivace chiarore morbido e soave si indebolì a tal punto da apparire bianca cadaverica e talmente delicata da ricoprirsi di lividi anche solo facendo piccole pressioni. Le visite dei suoi compagni le rallegrarono le giornate facendola rimanere almeno apparentemente a contatto con la realtà, per quanto le fosse stato possibile da una stanza di un ospedale ma anche loro iniziarono a rinunciare nel vedere l'amica, la scuola ostacolò sempre di più la loro possibilità di andarla a trovare. La sue speranze si infransero il giorno in cui i medici le dissero che non avevano la più pallida idea di ciò che le stava accadendo, da quel momento quel Eleonor capì davvero che il suo mondo si stava sgretolando piano. La camera E12 divenne la sua unica dimora, si alzava sempre di meno e il corpo le stava dando sempre meno energia per andare avanti nell'arco della giornata.

Ma forse.. le speranze non erano scomparse del tutto perché i medici quella mattina finalmente entrarono con una bella notizia! Il risultato dell'operazione che avrebbe svolto quella sera stessa sarebbe stata decisiva. Se il suo corpo avesse retto ancora per un po' forse i dottori sarebbero riusciti a ritirarla a lucido e a farle continuare a vivere la sua vita di sempre ... o forse no? Proprio su quel letto adesso era costretta a stare faccia a faccia con il proprio destino e proprio lui adesso la stava forzando nel pensare davvero a cosa sarebbe accaduto se fosse sopravvissuta. Era davanti ad un bivio: vivere o morire. 

Purtroppo sarebbe stata la sorte a decidere per lei ma era davvero pronta se il caso l'avesse portata sulla strada giusta? Se il fato l'avesse fatta vivere, la sua anima sarebbe davvero riuscita a superare quei mesi travagliati che aveva trascorso su quel letto d'ospedale? Non ne era del tutto certa ... non era sicuro di volere in dietro la sua vita di sempre. Quella vita faceva schifo! A quattordici anni si sentiva sola più che mai. Le persone che la sostenevano davvero si potevano contare sulle dita di una mano. Gli amici non la consideravano più, non li conosceva più realmente e la ginnastica era oramai perduta per sempre. Perso un anno sarebbe stato impossibile fortificare i muscoli abbastanza velocemente per le gare. La sua carriera agonistica oramai non era altro che un lontano ricordo. La malattia le aveva distrutto troppo per riuscire a rimettere insieme i pezzi e ricomporre il puzzle, non sarebbe mai riuscita a tornare come quella di prima.

... Bip ...

- Basta! non voglio saperne più niente di questo corpo, ma che vada al diavolo e che mi lasci stare una volta per tutte! –

L'elettrocardiogramma l'aveva portata alla cruda realtà ancora una volta ed Eleonor con uno scatto nervoso che le costò una fatica immensa fece per strapparsi dal braccio l'ago della flebo ma appena la sfiorò la carne iniziò a farle male costringendola a stendersi sul letto. La malattia oramai usava il suo corpo come un burattinaio gioca con la sua marionetta e appena si toccava un livido o semplicemente l'ago una scossa di dolore la lasciava stremata e senza energia. Fin da piccola aveva sempre odiato gli aghi e per quanto amasse l'adrenalina dei film horror anche solo vedere un taglio o il sangue fluire da una ferita le dava fastidio. Quei piccoli centimetri di metallo erano come un guinzaglio che la costringeva a rimanere ferma a letto, provandole fastidio al braccio e un perenne livido nero appena attorno al tubicino che le usciva dalla carne.

Tutto ciò che voleva era ... sognare ... era da tanto tempo che non ci riusciva perché le operazioni alla sera la distruggevano e la lasciavano inerte per tutta la notte dando il sonno in pasto alla stanchezza.

Erano le sei di pomeriggio e alle nove avrebbe iniziato l'operazione: poteva concedersi un sonnellino veloce. Da quando la malattia si era impossessata del suo corpo non le risultava per niente difficile addormentarsi.

Le sue palpebre si stavano per chiudere quando qualcuno bussò alla porta.

Chi diavolo è adesso?

Eleonor incuriosita si tirò faticosamente su e con uno sguardo a punto interrogativo osservò una figura curiosa varcare la porta.

-Buon giorno, posso entrare?-

-Cerca qualcuno?-

Eleonor con una punta di incertezza cercò di scavare nella memoria se quel viso le era particolarmente familiare ma ... niente.

-Si ... una ragazzina di quattordici anni di nome Eleonor ... sono nella stanza giusta?-

-Si ... perché? Devo iniziare di già l'operazione?-

-No, no, tranquilla cara. Mi presento, il mio nome è Margot–

Una mano piena di rughe si tese dolcemente ed Eleonor, e lei un po' incerta la strinse debolmente come se le forze la stessero per abbandonare. La colpì la presenza di così tante rughe, parevano raccontare anno per anno la sua vita, un infinità di righe tracciate su una pelle scura e tirata. La vecchiaia sembrava pesarle sulla schiena rendendola stanca e affaticata ma i due occhi verdi pieni di vita e colore contrastavano con la carnagione cotta dal sole. Le ciocche argentate balenavano dalle treccine brillando alla luce della lampadina tanto che sembravano ricoperte da una specie di polverina scintillante. Il suo volto era pieno di rughe ed era sì scavato dagli anni ma lo sguardo e il portamento sembravano appartenere più ad una regina che aduna comune zingara o mendicante.

Eppure secondo me da giovane deve essere stata una bella donna.

Eleonor si ritrovò a pensare come sarebbe stata da giovane, magari senza tutte quelle rughe e con in dosso un completino che poteva far trasparire il suo fisico non consumato dagli anni. Sul viso risplendevano due grandi occhi verde brillante ancora giovani e vigoroso come quelli di un tempo. Sulle spalle portava un mantello marrone scuro decorato con sfarzosi fili dorati e ramati che riprendevano le rifiniture del maglione color beige che si apriva in una lunga e pesante gonna. Ai piedi calzava dei sandali in cuoio scuro sicuramente inadatti per la stagione invernale, oramai alle porte.

Ha l'aria di essere una mendicante, magari chiede la carità fuori dall'ospedale ... oppure una zingara. Si molto probabilmente è una Rom, con quel vestito particolare è probabile.

- Mi dica, perché mi stava cercando?-

- Beh, si può dire che sono una persona speciale che potrebbe dare un senso alla tua vita-

La risposta arrivò inaspettata ed Eleonor non poté che mettersi a ridere sentendo una frase così ridicola.

- Perché mi dice questo? Lei non sa niente di me. Non l'ho mai vista in vita mia-

La vecchietta sembrò non fare attenzione alle parole della ragazza e si mise a frugare nella borsa che portava a tracolla.

-Per favore Eleonor ho poco tempo, devo fare in fretta e non posso darti alcuna spiegazione. Sappi solamente che so che hai molti dubbi e incertezze ma vedrai che riuscirai a comprendere ciò che ha in serbo il tuo destino per te. -

Mentre parlava con le mani cercava qualcosa all'interno di quella borsa che portava con se, sembrava carina, marrone scuro con le zip per aprire le molte tasche. Appena concluse la frase estrasse dalla borsa un ciondolo.

Non pareva un pendente pregiato ma era semplice e particolare. Non era altro che una medaglietta in pietra bianca con al centro inciso un simbolo che Eleonor non aveva mai visto. Dall'alto della targhetta partiva un nastro nero in cuoio duro e resistente. Al centro era intagliato questo simbolo particolare con una linea che si diramava in tra linee verso l'alto. Semplice ma bello, sembrava essere uscito da uno di quei film di fantascienza o fantasia che piacevano tanto ad Eleonor.

-Che cos'è questo simbolo?-

Eleonor con il dito indicò la figura intagliata al centro del ciondolo.

-Si chiama Algiz ed è un simbolo antichissimo che rappresenta tutto ciò che protegge e custodisce. Tienilo è tuo, se vuoi. Ti porterà fortuna e soprattutto ti darà finalmente delle risposte che stai cercando da molto tempo.-

Eleonor per un attimo dimenticò tutto e con ammirazione rimase a guardare il ciondolo. Era veramente bello e quando l'anziana signora glielo mise al collo lei con gli occhi sgranati cercò di divincolarsi per quanto potesse.

-Questo lo voglio regalare a te. È un dono prezioso e mi raccomando non perderlo, ovunque tu vada ti darà sempre ciò che desideri realmente.-

-Grazie veramente ... ma, perché me lo dà a me? Insomma, ci siamo appena conosciute.-

- ... consideralo come un regalo e ... puoi star certa che non sarà l'ultima volta che ci vedremo, di questo sono sicura.-

Pian piano la figura ricurva della vecchietta se ne andò lasciando Eleonor sola nella sua camera. 

Si sdraiò e dopo qualche minuto si addormentò incosciente di quello che le stava per accadere.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Nell'aria c'era profumo di autunno e le foglie danzavano nel vento seguendo la sua dolce melodia. Tutto sembrava ... diverso. Eppure non c'era niente di strano rispetto al solito, alla fin fine ottobre era iniziato da poco, eppure sembrava tutto così ... irreale.

Fu proprio dopo questi pensieri che la testa di Eleonor iniziò a ricoprirsi di ricordi e un respiro tanto cercato le fece aprire gli occhi. Le bruciava il petto. I polmoni si erano gonfiati all'improvviso e l'aria fredda era entrata come un fuoco invadendole tutto il torace. Pian piano i colori iniziarono a diventare sempre più vividi e gli occhi si riempirono di lacrime perché realizzò velocemente che ... era viva!

A quanto pare l'operazione è andata a buon fine, ma ... adesso?

La prima domanda venne naturale: dove mi trovo?

Degli alberi incombevano affianco a lei e la facevano sembrare piccola e impotente con tutte quelle foglie rosse, gialle e marroni che cadevano dolcemente ricoprendo un sentiero in terra battuta. Eleonor era proprio seduta ai piedi di uno degli alberi più alti, con le sue radici sembrava controllare ogni cosa che gli stesse attorno. Era fantastico come i colori si alternavano sugli alberi e come le piante arrampicanti si srotolavano sul tronco in modo dolce seguendo i lineamenti del muschio che dominava il corpo rugoso dell'albero. L'aria era fredda e preannunciava l'arrivo dell'inverno con piccoli soffi delicati e potenti al tempo stesso raffreddando tutto ciò che la circonda. Talvolta qualche cinguettio ricordava alla stagione fredda di aspettare nel far perdere tutte le foglie agli alberi mostrando i nidi ancora incompleti e non ancora caldi per l'inverno. Un paesaggio stupendo che faceva pensare ad un bosco incantato disperso in mezzo alle montagne.

Dove diamine sono finita? Magari è il giardino dell'ospedale ... un po' di aria fresca in ogni caso non fa mica male.

Fu proprio dopo questi pensieri che improvvisamente un mucchio di foglie le precipitarono addosso. Il mondo le cadde inaspettatamente sopra la testa e la strappò prematuramente dalla realtà. Solo dopo pochi minuti riuscì a scoprirsi da tutte quelle foglie e quando riemerse dal mucchio vide una figura slanciata scendere giù dal ramo sopra di lei ed atterrarle davanti.

Un ragazzo.

Precipitano per caso ragazzi affascinanti e muscolosi dagli alberi? Forse dovrei venire qui più spesso!

Eleonor quando lo vide la prima volta gli diede sedici anni, non di più.

Quei capelli castani e ricci ondeggiavano al vento ribelli, un taglio non troppo corto che andava a coprire con un ciuffettino il viso tanto infantile quanto pieno di orgoglio. Gli occhi erano due pezzi di cielo, che sembravano dipinti a mano. Aveva dei lineamenti semplici ma distinti che andavano a posarsi su delle labbra rosee, delicate e morbide. Il fisico era del tipico atleta con muscoli non troppo evidenti e due gambe lunghe che si piantavano per bene a terra. Il suo sguardo era magnetico e non solo pieno di fascino ma anche spavaldo e arrogante con una audace senso di sfrontatezza.

-Cosa sei? una Bambola Di Porcellana?-

- Una che? Come ti permetti di ricoprirmi di foglie in questo modo?-

- Credi di dare ordini a me? Mi sa proprio che hai sbagliato persona. Adesso sei nelle mie mani quindi dammi quella borsa che ti devo derubare.-

Eleonor rimase scioccata e non riuscì a capire esattamente cosa stava accadendo.

Ok. Potevo immaginarmi tutto tranne questo. Questo arrogante è un ladro?

-Ma chi ti credi di essere? Non ci penso neanche. -

-Scusa, che scortese, non mi sono neanche presentato: David per servirla-

David fece un breve inchino con la testa e con la mano fece un gesto di riverenza, mostrando un sorriso spavaldo e arrogante.

Ma che cosa sta accadendo? Chi è questo qui? Non riesco a capire ... Credo di essere morta, o magari sto impazzendo .. oppure sono ancora sotto l'effetto dei farmaci! Ma poi perché mi ha chiamato Bambola di Porcellana?

David dopo qualche secondo si innervosì e bruscamente tirò fuori dalla cinta un pugnale con un manico in legno semplice, voleva far capire alla ragazza che non stava scherzando per niente. Con un lancio deciso lo tirò verso di lei.

Quando Eleonor vide la lama infilarsi nel tronco a qualche centimetro dal suo orecchio conficcando il cordoncino della tracolla che portava sulla spalla tirò un urlo.

-Ma sei impazzito? ancora qualche centimetro e mi amputavi un orecchio! Oppure mi beccavi in testa e mi ammazzavi!-

-Se non la smetti di parlare potrei ripensarci.-

Con uno strattone schiodò il coltello dal tronco e strappò via la borsa aprendola freneticamente avido di qualunque cosa avrebbe trovato dentro.

-No ma tranquillo fai pure! Come no! A tutti piace essere derubati in momenti come questi! Non so neppure cosa ci faceva quella borsa vicino a me, ma tranquillo fai come se fosse tua!-

Con una mano infastidito azzittì Eleonor che cercava di protestare inutilmente. Il suo tono sarcastico non impedì certamente David di andare alla ricerca di qualche piccolo tesoro da poter rivendere al mercato dei ribelli.

-Una penna d'oca, un calamaio, una bussola, una mappa, una pagnotta e un bel sacchetto pieno di monete di valore. Bene, questa diventa mia. Aspetta un attimo ... cos'hai al collo?-

Lo sguardo dei due ragazzi si posò sul ciondolo che brillava ai riflessi della luce.

-Non ci credo! Questo è il mio ciondolo! Non pensavo di averlo al collo! Questa storia sta diventando sempre più strana ..-

David lo osservò un attimo e come se gli fosse venuto in mente un pensiero remoto con malagrazia cercò di strappare quel piccolo gioiello alla proprietaria.

-Cosa ci fa questo qui? Meglio che diventi mio -

L'incisione sulla targhetta brillava alla luce del sole e sembrava emanare un'aura benefica. L'apparenza però ingannava perché appena David cercò di sfilarlo dal collo di Eleonor la medaglietta si illuminò sbattendo il ragazzo per terra.

-Cosa è successo?!-

Eleonor rimase ammutolita. David non poté credere a ciò che era accaduto e la faccia di Eleonor poteva fargli intuire che lei era rimasta più sbalordita di lui perciò cercò di articolare una frase senza successo.

-Io ... non ... è che ... ma ..-

David guardò un attimo per terra come perso nei suoi pensieri e poi come se gli fosse venuta in mente un idea folle alzò lo sguardo su Eleonor.

-Tu. Chi sei?-

I lineamenti del ragazzo si indurirono di punto in bianco, non sembrava mostrare più lo sguardo insolente che aveva fino a pochi minuti prima.

Proprio mentre le bocca di Eleonor si aprì per andare a disegnare sul volto un espressione sofferente un allarme cominciò a suonare e qualcosa di strano iniziò ad accadere. Degli uomini armati di una pistola comparirono da terra come funghi ed accerchiarono in breve tempo i due ragazzi.

Un uomo identico a tutti gli altri apparve proprio di fronte a loro e mostrando un tesserino estratto dalla tasca mantenne l'arma puntandogliela contro.

-Infrazione regolamento 0.1, portate le mani in alto e arrendetevi.-

Eleonor con sorpresa si alzò facilmente e portò le mani alla testa e mentre David faceva lo stesso le sussurrò qualcosa.

-Sono Indignati. Al mio via inizia a correre.-

Mentre tentava di elaborare le poche parole fu colta alla sprovvista.

David prese il coltello che portava alla cinta e con un movimento svelto lo lanciò verso l'Indignato che aveva in mano il tesserino colpendolo in mezzo alla fronte. La lama si conficcò nel bel mezzo del volto dell'uomo armato e il corpo di quello strano essere si tramutò in un sasso grigio.

-Via!-

Con una mano David trascinò con se Eleonor e insieme iniziarono a correre più che poterono.

In quel momento milioni di domande cominciarono a spintonarsi cercando di farsi spazio nella testa di Eleonor facendo una confusione incredibile. Quando non era ancora ammalata faceva spesso sogni di quel genere, erano sempre un garbuglio di emozioni contrastanti e immagini e personaggi che cozzavano tra loro. Ecco, pareva proprio di essere finiti nel bel mezzo di uno di quei sogni tanto incasinati.

Ma dove diamine sono finita? Chi sono queste persone? Cosa vogliono da me?

Gli inseguitori non sembravano essere persone molto socievoli e le loro facce inquietavano paura. Vestiti di uno smoking nero, con una camicia bianca sotto e una cravatta sembrava dovessero andare ad una conferenza stampa o qualcosa di simile, sicuramente non erano gli abiti adatti da indossare per un inseguimento. Sulla testa portavano una bombetta anch'essa nera e sotto questa si potevano intravedere i capelli biondo platino che andavano a posarsi regolari sopra le orecchie e appena sopra la fronte. Tutto il resto della capigliatura era nascosta dal bizzarro cappello che li facevano assomigliare a delle Spie segrete. Il volto, era quello a far capire che non erano normali uomini d'affari. Dei visi tutti uguali, uno l'esatta fotocopia dell'altro, tutti volti troppo identici per essere considerati "umani". Gli occhi di ghiaccio, mostravano un espressione totalmente neutra, un grigio marmoreo incombeva dentro quelle iridi inespressive. I lineamenti del volto erano rigidi e non si muovevano di un muscolo come se fossero stati scolpiti e la loro composizione era paragonabile alla dura pietra. Troppa innaturalezza per essere considerati umani, correvano senza accelerare o rallentare, non sudavano, e non mostravano alcun segno di affaticamento. 

D'altro canto però Eleonor e David iniziarono a mostrare i primi cenni di stanchezza, i muscoli cominciarono a dolere e i polmoni a chiedere sempre più aria. Le gambe erano arrivate quasi all'estremo delle loro forze e il fiato fiaccato dalla debolezza veniva a mancare sempre di più.

Dentro la testa di Eleonor molte domande cominciarono a trovare risposte e la situazione iniziò ad essere più chiara ai suoi occhi, anche se non aveva ancora la più pallida idea di dove fosse finita.

Guardandosi bene notò innanzitutto di indossare i suoi abiti preferiti, il fatto le pareva piuttosto strano dato che il camice da ospedale monopolizzava ormai da mesi il suo armadio. Infatti quando si era addormentata l'ultima volta era sicura di non portarli addosso. A riscaldarla c'era il suo amato felpone della Napapijri blu. Fu solo un anno prima, il giorno di Natale quando si ritrovò un grosso pacchetto color verde muschio sotto l'albero con la scritta –Da Papà- . Era la prima volta che suo padre le faceva un regalo senza chiederle un consiglio e proprio per questo motivo lo aveva stretto a se come un tesoro prezioso. Quel pensiero sembrava essere vecchio di secoli, non pareva neppure vero che fosse passato solo un anno. Persino i suoi pantacollant blu notte le sembravano un acquisto troppo lontano anche se risalivano solamente al giorno del suo compleanno. Quel mese di gennaio era stato piuttosto freddo e quei pantaloni tanto leggeri affiancati ad un paio di scarpe sportive della Adidas erano state la promessa di una calda primavera. Non riusciva a comprendere la motivazione per cui indossava i suoi amati vestiti, era ormai da mesi che non faceva altro che tenere su un orrendo pigiama bianco che puzzava di ospedale e medicine! Ma non era l'unica stranezza che notò. Il suo corpo era ritornato in forza, come quando non era ancora ammalata! I muscoli sembravano più preparati ed elastici del solito, come quando si allenava tanto prima delle gare e notava la presenza appena accennata degli addominali e dei bicipiti allo specchio vantandosi del suo corpo perfetto. Infine mentre correva notò con stupore ed entusiasmo che i suoi amati capelli erano tornati! Erano quelli di sempre, anzi, erano perfino diventati più lunghi e morbidi che mai splendendo alla luce del sole e arricciandosi al contatto con l'umidità. 

Non riusciva a credere a ciò che stava succedendo, tutto era troppo strano e il suo corpo e i suoi capelli ne erano la prova. Pareva che i suoi muscoli non avessero perso un solo allenamento e in realtà aveva passato sei mesi di completa inattività degenerativa che l'avevano portata a non riuscire neppure a scendere dal letto! E che dire dei suoi capelli? Non era fisicamente possibile che la sua chioma fosse così lunga e folta dopo appena qualche giorno! 

Tutto ciò non ha senso ... Dove diavolo sono finita? Perché è tutto così strano? Sono troppe le cose che non quadrano qua. Voglio vederci chiaro.

Fu uno strattone proveniente dalla mano di David a riscuoterla. Il ragazzo si accorse che Eleonor era sovrappensiero così le prese la mano in modo brusco e con un cenno le mostrò un carretto appena qualche metro da loro che stava viaggiando tranquillamente. Probabilmente i due asini che trainavano il carro erano appena partiti perche andavano ad un velocità facilmente raggiungibile.

Un colpo di fortuna da non perdere!

Con un piccolo sforzo i due ragazzi si aggrapparono al legno del mezzo e non senza fatica si buttarono fra la paglia. Solo dopo aver sentirono il carretto accelerare si concessero un attimo di respiro. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


-Sai vero che mi devi spiegare un mucchio di cose?-

Eleonor dopo la fuga aveva visto i tipi vestiti con lo smoking diminuire sempre di più grazie all'accelerare del carretto dove si erano buttati. Sotto i loro occhi il paesaggio scorreva come un film a ritroso e pian piano gli alberi ricchi di foglie rosse, gialle e verdi diedero spazio a una vegetazione sempre più invernale. Il vento continuava a soffiare freddo e l'aria umida gelava i rami coperti da sempre meno foglie. Il sole poco più di un'ora prima era perfettamente visibile per via dei rami non completamente carichi di foglie, ma adesso era si poteva benissimo scorgere il cielo azzurrino illuminato da un sole pallido. Non era ancora del tutto inverno, infatti le foglie più impervie erano ancora arrampicate sui rami ma un marrone smorto prendeva il posto dei colori accesi tipici dell'autunno.   

Più andava avanti, più quella faccenda si complicava. Non capiva come fosse possibile che la sua vita si fosse completamente ribaltata. Pareva essere finita in una dimensione parallela dove la stranezza fosse la normalità quotidiana. Sembrava che le domande fossero destinate a non trovare mai una risposta ma a moltiplicarsi sempre di più.

Perché le foglie diminuiscono sempre di più e si scuriscono perdendo colore? Secondo me sono entrata involontariamente a Narnia, Nel paese delle meraviglie o qualcosa del genere. Un luogo dove la stranezza è all'ordine del giorno. D'altronde capita a tutti di svegliarsi nel bel mezzo del bosco dopo un operazione, essere rapinata ed essere inseguita da tipi che si trasformano in sassi!

Fu la risposta di David a riportarla alla realtà.

-Che cosa diamine dovrei spiegarti, bambolina?-

Bambolina? Questo qua ha qualche problema serio.

-Bambolina?? Stai scherzando spero. Diciamo che non lo so neanche io ... sono più le cose che non so che quelle che so! Ero sul mio letto d'ospedale e mi sono addormentata ma quando mi sono risvegliata ... eccomi qua!-

-Mi stai dicendo che tu arrivi dalla Terra? Non è possibile, se no saresti una bambola di porcellana!-

La faccia di Eleonor si fece sempre più pallida ma anche se non riusciva a capirci niente cercò di usare un tono convincente.

-Ok, ripartiamo da zero ... cosa dovrei essere stata?-

-Una ... bambola di porcellana. Non le conosci? Mi sembra un po' strano, tutti dovrebbero sapere chi sono. Soprattutto chi vive al confine con il Bosco delle Stagioni. Quando gli umani della Terra si addormentano si ritrovano ai piedi degli alberi del Bosco delle Stagioni e non possono muoversi, sentire, parlare e vedere ciò che gli accade attorno. Per questo motivo noi li chiamiamo "Bambole di porcellana". Sono come persone addormentate che compaiono e scompaiono dagli alberi, seguendo il ciclo delle stagioni: se da loro è inverno, allora il loro corpo si ritrova seduto sotto un albero nella zona invernale. Noi abbiamo il dovere di non toccarle perché se no ne risentirebbe la loro vita sulla Terra. -

-OK, ... non ho capito bene in che dimensione parallela sono finita. In che razza di mondo siamo?-

-Mi prendi in giro? Siamo a Somnium-

-Per quale motivo mi hai salvato da quei brutti ceffi? Beh, alla fini fine hai avuto quello che volevi! Mi hai derubata, potevi scappare e non avere una zavorra come me da trascinarti dietro!-

David arrossì lievemente. Eleonor non era abbastanza esperta di ragazzi perciò non se ne accorse, non riusciva a comprendere i pensieri maschili e per questo motivo le sembravano estranei ogni loro gesto o comportamento.

-Non ti ho derubata! Ho ... semplicemente ... preso in prestito la tua borsa senza il tuo consenso. E poi, quelli erano gli Indignati, meglio stargli alla larga, saremmo finiti entrambi nei guai.-

-Mi hai fregato la borsa! E tra l'altro non è neanche mia, anche se a pensarci bene mi pare molto familiare. Chi sarebbero questi Indignati?-

-Prima di tutto volevo semplicemente capire cosa fosse quel coso che hai al collo e l'unico modo era portarti con me. Non sono un enciclopedia per i Neo-Anwasi quindi stai zitta e riposati che sarà un lungo viaggio. Il nascondiglio dista almeno tre giorni di distanza. -

Detto questo David si girò dall'altra parte e sistemandosi la paglia sotto la testa iniziò a riposare cercando di trasformare la stanchezza in sonno.

Eleonor rimase con la mano a mezz'aria. Doveva continuare il discorso!

Ma guarda un po' te che cosa mi tocca vedere ... ci mancava soltanto che incontrassi un pallone gonfiato come questo!

Perlomeno Eleonor aveva scoperto dove era finita! Sempre se quel posto fosse esistito veramente ... la testa le stava per scoppiare e sentiva come il presentimento che in realtà non era sopravvissuta all'operazione e che quel posto fosse l'aldilà! Solo una cosa poteva negare la sua tesi: doveva vedere se provava dolore. Il tipico trucchetto che le aveva insegnato sua mamma quando faceva gli incubi. Se non avesse sentito il dolore allora voleva dire che stava sognando ma se avesse sentito qualcosa ... beh ... tanto non sarebbe accaduto! Così, prese i coltellino dalla cinta di David senza che lui se ne accorgesse e con decisione si incise il palmo della mano.

Inizialmente sentì soltanto la carne lacerarsi sotto la lama del coltello ma poi fu dolore.

Il sangue iniziò a scendere velocemente ricoprendo tutta la mano e il sofferenza la lasciò senza fiato. Sentì il male invaderle tutto il braccio, salire verso la spalla, passare per il collo ed esploderle in testa. Era talmente convinta che quel taglio non le avrebbe fatto male che si era incisa la pelle e mancava poco che riuscisse a intaccare l'osso. Tutta la mano si era informicolata e la ferita, che andava da sotto il pollice a metà palmo, le pulsava terribilmente facendole fluire giù goccioloni di sangue.

Forse sarebbe bastato un pizzicotto.

L'amaro pensiero l'aveva fatta diventare bianca come un cencio e non poté far altro che rovistare con la mano sana nella borsa a tracolla sperando in un miracolo. Un lampo di fortuna le fece trovare un fazzoletto di stoffa beige e una borraccia con dell'acqua. Prima si lavò bene la ferita e poi la coprì con il fazzoletto stringendolo bene con i denti per fermare il sangue. Certo, il dolore continuava a penetrarle nelle ossa e il fazzoletto da un marroncino slavato divenne in breve tempo sul marrone-scuro-rosso, ma sicuramente andava meglio di prima. Mentre cercava di sistemare bene il fazzoletto notò una cosa strana. Sul suo polso sinistro sembrava esserci una macchia, una specie di cicatrice.

Questa mi è nuova. Ci mancava soltanto che mi spuntano strani simboli sulla pelle e siamo a posto.

Ma non era un simbolo qualunque ... assomigliava parecchio all'Algiz. Come era possibile?

Non è normale che appena rispondo a una delle milioni di domande che mi svolazzano in testa ecco che si presentano altri misteri incomprensibili. Fa niente, a questo ci penserò più avanti.

La mano bendata la mise sul fianco cercando di non farla vedere a David per non farlo preoccupare e delicatamente gli rinfilò il coltellino nel tascapane sperando che non si sarebbe accorto di nulla. Il paesaggio intanto stava mutando sotto i suoi occhi, le foglie diminuivano sempre di più da terra e i tronchi slanciati rimanevano sempre più spogli.

Che strano, fino a poco tempo fa era autunno ....  mentre adesso sembra che tempo abbia schiacciato l'acceleratore. Questo posto non mi convince devo assolutamente tornare a casa ... casa ... è così che dovrei chiamare quel luogo dove tutto ciò che resta di me è un mezzo cadavere su un letto d'ospedale? Dove il cibo è medicine e l'aria che respiro sa di disinfettante, dolore e malattia? Credo di si. Non mi resterà forse molto ma si sa bene che una volta toccato il fondo si può soltanto risalire!

Il proprietario del carretto ad un certo punto si accorse della presenza dei due ragazzi e si fermò di colpo facendoli sbattere violentemente.

-Ehi voi! Scendete immediatamente! Non sono mica un taxi! Sbrigatevi se no chiamo subito gli Indignati!-

David con uno sbadiglio si tirò su e dopo aver analizzato per bene la situazione iniziò a frugare dentro la borsa di Eleonor.

-Si, mi sembra giusto. Adesso offro pure il viaggio ..-

Eleonor rimase a guardarlo fulminandolo con lo sguardo.

-Dove è diretto lei?-

-Perché me lo chiedi, bricconcello?-

La faccia del conducente rimase stupita mentre con occhio furbo si mise a scrutare il tintinnio dei soldi nella mano di David.

-Se la metti così allora sei il benvenuto su il carretto di un povero e umile commerciante di paglia diretto alle Praterie Est! Devo attraversare tutta Somnium ma a giudicare da quel gruzzoletto la tua prossima meta sarà ... La locanda di Madama Rosetta. Sissi, quella che confina con il bosco delle stagioni e il Bosco degli Assassini. Non sbaglio mica io, ci arriveremo verso il calar della luna. –

-Perfetto, ecco lei i soldi. Noi intanto ci mettiamo comodi.-

Un taccagno e uno sbruffone. La miglior compagnia che si possa desiderare.

David lanciò a quell'omaccione il sacchetto con dentro le monete e ritornò alla sua posizione iniziale, sdraiandosi pigramente sulla paglia. Eleonor rimase ad osservare la scena allibita.

Non ho parole di come questo mondo assomigli tanto al mio. Lasciando stare i riferimenti geografici che sembrano essere appena usciti dal un libro di fiabe. Ma per il resto ... è identico! Basta stare a vedere la facilità con la quale quel vecchio caprone si è messo a sbavare di fronte a tre monete d'oro! Che amarezza, chi sa dove sono finita ...

I pensieri si persero nel vuoto. La testa le girava e non riuscì più a pensare da quanto era stanca.

Forse aveva semplicemente bisogno di dormire.

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