The cursed castle

di Claireroxy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** Un luogo ameno ***



Capitolo 1
*** Come tutto ebbe inizio ***


“Siamo arrivati!” esultò una ragazza dai capelli blu elettrico non appena furono in vista del cosiddetto “Castello della Morte”.

“Da come l’hai descritto me l’aspettavo più spaventoso, Chiara.” commentò sollevato un ragazzo con gli occhiali, affacciandosi al finestrino. La sua voce fu coperta da tutt’altro tipo di lamento.

“Era ora, cazzo!” esclamò il guidatore, frenando a pochi metri dalla rovina “Ancora qualche metro su quella fottuta strada sterrata e le gomme si sarebbero bucate!”

“Pensa che devi ancora tornare indietro, Step caro.” Ridacchiò la ragazza sul sedile del passeggero, staccando gli occhi dallo smartphone per baciarlo su una guancia.

“Grazie comunque del passaggio” aggiunse un giovane dai capelli biondi, che spalancò la portiera e scese dalla macchina “È stato molto gentile da parte tua.”

“Prego, San Matteo.” lo prese in giro Step, per poi girarsi a intercettare il bacio della sua ragazza.

Matteo giocherellò con la sua corona francescana, come faceva sempre quando sentiva l’odiato soprannome.

Chiara non seguì lo scambio di battute, troppo presa da un buco sul recinto di lamiera che separava il rudere dal resto del mondo. “Il castello, finalmente!”

“Non sembra tutto ‘sto granché” riuscì finalmente a farsi sentire Fabio “Davvero è questo il castello bruciato dalla Strega Nera?”.

“Sì, è stato lasciato un po’ andare. Volevano ristrutturarlo, ma non ci sono riusciti.”

“Sarà stata colpa della strega” commentò l’altra ragazza, scendendo dall’auto.

“Esatto, Fede! Vedi che stai entrando nello spirito?!” si entusiasmò Step prendendola sottobraccio.

Fede, visto che prima aveva parlato ironicamente, scambiò uno sguardo d’intesa col suo amico d’infanzia Matteo, che in tutta risposta le fece l’occhiolino. Anche lui non credeva in queste cose.

“Stefano, piantala di cazzeggiare e vieni ad aiutarmi!” si fece notare Chiara. Era entrata nel buco della recinzione e s’era diretta verso il portone che, sebbene fosse marcio e coperto d’edera, non si smuoveva di un centimetro.

“Stefano?” le domandò Fabio, sorpassato il buco e avvicinatosi a lei. “Chi è Stefano?”

“Step. Oh, già, tu conosci solo Marco del gruppo.” 

“Si chiama Matteo.”

“Vero, sono una frana coi nomi!” rise lei” Ma questo non si muove. Magari c’è uno spirito che sta bloccando la porta.”

Fabio si meravigliò della convinzione con cui disse quella frase. Ci credeva davvero alla storia della nobildonna strega? Pensava che fosse solo curiosa, come tutti lì.

Alla vista dei due che trafficavano col portone, Federica fece una smorfia disgustata. “Dobbiamo metterci tutti a tirare? Secondo me ci cadrà addosso…”

“Sicura? Abbi Fede!” rispose Matteo, usando una delle sue battute più vecchie e collaudate.

Sebbene fosse terribile, la sua amica sorrise. Nello stesso modo di quando aveva cinque anni, notò Matteo, nonostante i chili di trucco. Gli fece piacere vederlo.

“Ma se non volevi correre pericoli” si intromise Step, che aveva incominciato a raggiungere Chiara “Perché sei venuta?”

Prima che Fede potesse offendersi il sorriso del ragazzo si allargò “Solo per stare con me, piccina?”

“Mi avevi detto che si trattava di una gita in campagna!” replicò scherzosa.

“E questa non è campagna? Siamo nel bel mezzo del nulla!”

“A dire il vero c’è una fattoria qui accanto” si intromise Matteo.

“Sì, ma chi te l’ha chiesto?” disse Step piuttosto bruscamente, che odiava essere interrotto mentre parlava. Non notò cosa aveva fatto.

Matteo rimase silenzioso, e si guardò intorno. Scivolò su  Chiara e Fabio, ancora presi con la porta, e si mise a osservare l’auto. Mancando così la frase del suo amico.

“Scusa… Ma da lì non si può entrare?” disse Fabio a nessuno in particolare, indicando un buco abbastanza alto per far passare una persona, con accanto una porta scardinata, che aveva notato solo adesso.

Chiara seguì il dito, e la sua bocca diventò una O per la sorpresa.”Non l’avevo visto… Forza, andiamo!”

Senza aspettare gli altri, la ragazza si diresse verso la porta, calpestando il legno del portone, su cui s’attardò a legarsi le scarpe. Fabio sospirò e la seguì, non senza aver detto agli amici un “Noi andiamo, raggiungeteci!”

“Forse dovremmo seguirli” propose Matteo, voltandosi verso il portone ora socchiuso. Era incredibile che fossero riusciti ad aprirlo così silenziosamente.

“Tu vai pure” gli propose dolce Fede “Che se no li perdi. Devo dire una cosa a Step” e qui rivolse un’occhiataccia al suo ragazzo “Ci impiegherò solo un minuto.”

“Va bene” rispose Matteo. Non era sciocco: sapeva che avrebbero parlato di lui, ma non ci teneva a entrare nella conversazione, quindi superò il portone e salì le scale su cui si spalancava.

“Ma che ti è preso?!” proruppe la ragazza non appena il più piccolo sparì dalla vista.

“Io? Che ho fatto io?” rispose Step irritato. Neppure voleva intorno quel moccioso, ma Fede aveva insistito a invitarlo!

La sua ragazza scosse la testa. “Quando lo raggiungiamo, scusati” gli disse, per poi entrare nel buco e superare il portone. I suoi passi riecheggiarono nel salone vuoto.

Step imprecò e la seguì.

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Capitolo 2
*** Un luogo ameno ***


Il pavimento era marcio e pieno di buchi. Fu questa la prima cosa che notò Step, quando entrò nel Castello della Morte, insieme al freddo che entrava dalle finestre rotte. Non troppo differente da una qualsiasi fabbrica abbandonata di città, insomma. Si era aspettato qualcosa di più…

“AAAAAAAAAAH!”.

Fede, che era entrata nell’altra stanza, balzò indietro e alzò le mani. Il cellulare le cadde a terra, da parte dello schermo, e si spaccò.

“No! Ma davvero?” si lamentò lei, raccogliendolo.

“Tutto a posto?” si avvicinò Step, preoccupato. Il modo in cui la sua ragazza aveva urlato era davvero terribile… Quasi come se avesse visto un fantasma!

Perché ci aveva pensato? Lui aveva smesso da un po’ di credere a queste cose.

Fu Fede a riportarlo a terra.

“C’è un ratto qui!”.

L’animale entrò nella stanza in quel momento. La ragazza indietreggiò, bianca in volto, e Step le si avvicinò per metterle una mano sulla spalla, con un sorrisino stampato in faccia. Il topo osservò la coppietta con i suoi occhi rossastri, per poi infilarsi in un buco del pavimento, incurante della novità.

“… Davvero una cosa terrorizzante” commentò Step, per poi scoppiare a ridere. Il suono rimbombò nell’edificio. “Mi sono immobilizzato dalla paura!” aggiunse poi con voce molto acuta.

“Sai che fai schifo a fare le imitazioni”. Fede, che ora in volto era rossa, ritornò con lo sguardo sul cellulare, e premette il pulsante d’accensione. Che non fece accese l’aggeggio. “Com’è possibile?!”.

“Com’è possibile?!” fu imitata.

Fede stava per girarsi a replicare, ma poi un pensiero le venne in mente. “Scusa… ma gli altri?”.

Step la guardò perplesso. “Sono più avanti. Sono entrati prima di noi, ricordi?”. 

“Sì, ma… abbiamo fatto un casino di rumore. Non sarebbero dovuti venire a controllare?”.

Step ci riflettè su. “Magari sono andati così aventi che non ci hanno sentito” propose, sebbene con poca convinzione. In effetti, era strano.

“Matteo ci avrebbe aspettato” affermò Fede con sicurezza. Il che innervosì l’altro.

“E allora che devo dirti? Che abbiamo sbagliato strada?” Step fece qualche passo avanti, abbastanza per superare il grande arco che divideva i due saloni, e si girò con le braccia aperte “Guarda! Non ci sono altre vie o stanze!”

“E allora quella cos’è?”.

Step si girò. In un angolo del salone freddo e umido, piuttosto lontano dall’apertura che portava su un altro salone freddo e umido, c’era una porta in ferro, piuttosto piccola e pesante.

“Forse è quella che ha attutito il rumore” ragionò Step, avvicinandosi.

“Che fai?!” gli corse accanto Fede.

“Entro, no? Se c’è un luogo macabro, puoi essere sicura che Chiara vi si infilerà! E gli altri saranno con lei” disse, provando a suonare convincente. Già lui non ci credeva troppo, ma era l’unica idea che gli veniva in mente.

Il ragionamento sembrava giusto, pensò Federica. Ma allora, perché sentiva quel groppo in gola? Come se ogni passo che faceva verso quella stanza fosse una… una profanazione? Non sapeva neppure che cosa significasse di preciso, eppure le sembrò perfetta per la situazione.

E poi, non credeva che i suoi amici fossero lì.

Appena lo pensò, percepì che era molto più ragionevole di tutte le altre ipotesi, in qualche modo. Ma prima che potesse parlarne, Step spalancò la porta.

“Cazzo…” fece, entrando e guardandosi intorno.

Anche se intimorita, Fede lo seguì.

La stanza era piccola, nemmeno un sesto degli enormi saloni precedenti. Non v’erano finestre, quindi puzzava di chiuso. L’odore appesantì il suo petto.

Come altra particolarità, aveva dei mobili: un armadio a muro con gli scaffali sfasciati e le ante penzolanti, e al centro della stanza una branda in ferro, senza materasso, contro cui Step andò a sbattere. Nello sofficiante spazio risuonò un clamore metallico. Nessuno dei due ragazzi lo sentì, troppo presi a fissare le pareti.

Erano ricoperte di scritte. Alcune sembravano normali: filastrocche oscene, tag, messaggi sdolcinati di coppie con date accanto, ma non erano quelle che risaltavano agli occhi.

Erano quelle scritte in rosso lucido. 

Nomi, tantissimi nomi, con accanto una data, e una frase ripetuta ovunque, che spesso ricopriva le altre.

“Son assai vera, io Strega Nera” la lesse bisbigliando Federica.

E poi la sua bocca venne tappata da Step.

“Stai zitta! Non lo senti?”.

Fede stava per chiedergli cosa, ma poi capì.

Quella puzza che aveva sentito entrando… Non era odore di chiuso. Neppure era classificabile come odore: era qualcosa che entrava nel petto non solo dal naso, ma da tutti i singoli pori nella pelle, e che riempiva fastidiosamente i polmoni. Soffocava.  

“Fede!”.

Fu il richiamo del ragazzo a riscuoterla dalla trance in cui era caduta. La scritta rossa s’infittiva sulle pareti, rendendole del suo stesso colore e cancellando tutto il resto. E lei non ne era spaventata.

Era sbagliato. Terribilmente sbagliato.

“Ci sono” emise, aprendo a fatica la bocca, combattendo contro le vocali per pronunciarle. Ah, quanto era difficile muovere qualcosa!

Ma se fosse rimasta ferma, sarebbe certo accaduto di peggio.

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