Cronache dal Major Royame

di Darktweet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La città delle stagioni ***
Capitolo 3: *** Patto di sangue ***
Capitolo 4: *** Guerra ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Nulla.
Il Nulla.
Niente vi era.
Il buio totale? No. Non è definibile.
Bianco? No.
Niente.
Niente, finché non si illuminò una stella, dal nulla. Divenne sempre più grande, sempre più calda, sempre più luminosa.
Finché un’enorme forza non la costrinse a liberarsi di tutta quell’energia che possedeva.
In un attimo, implose.
Esplose su sé stessa.
Liberò quattro piccole stelle luminose, frammenti di stella.
Questi quattro frammenti si rivelarono essere delle creature, creature viventi.
Furono chiamate Ninfe.
Le quattro ninfe della creazione furono libere.
Libere di fare di quel nulla un qualcosa.
Perché, se c’è qualcosa, il nulla non vi è, giusto?
Quello spazio vuoto fu riempito da mondi, terre, regni.
Lì le quattro ninfe si separarono, stabilendosi nei regni da loro creati.
Unendosi con i quattro spiriti d’ombra, le loro stesse ombre, alter ego, nemesi, crearono una fata, un mago, un elfo e una sirena.
Quando nacquero i loro discendenti, nacquero anche le guerre, le carestie e tutto ciò che è male: bugie, falsità, tradimento e odio, ciò che consuma il tutto.
Si riunirono. Si decise di separare, in qualche modo, i poteri del bene da quelli del male, le ombre dalla luce.
La fata generò una goccia magica, chiamata pietra di luce, mentre il primo mago generò una goccia chiamata pietra dell’oblio.
Nonostante separate, le due erano allo stesso tempo unite da una catena forgiata dall’elfo e protetta magicamente dai poteri della sirena.
La pietra fu forgiata.
La chiamarono pietra dell’assoluto, perché, se non c’è il nulla, c’è il tutto.

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Capitolo 2
*** La città delle stagioni ***


Era un nuovo giorno e come sempre, in una casa come quella non poteva mancare la melodiosa voce di Mara.
“E quindi, ora che tuuu… Impossibile, ma veeeeeroo”
Splash!
“Ehi, Vera, smettila!” esclamò Mara. La ragazza l’aveva appena colpita con un getto d’acqua gelata, proprio sui capelli. E lei odiava essere interrotta mentre cantava, proprio non lo tollerava. Da bambina, una “tipa” della sua classe le cucì la bocca (letteralmente, con una magia!) e lei le fracassò i timpani, minacciandola di portarla in tribunale, per “interruzione illecita”.
“Smettila di fare la cantante provetta! Sto lavorando, non vedi?” ribatté Vera.
“Certo, stai giocando con l’acqua da tre orette, vedo!”  disse Mara, ridacchiando.
“Sto preparando le decorazioni per la cerimonia di vestitura di Ray, mentre tu stai canticchiando!” concluse Vera.
La ragazza fece spallucce.
L’indomani mattina sarebbe stato un giorno importante. Ray, il fratello di Mara, sarebbe diventato ufficialmente un mago.
“Dicono che la cerimonia di vestitura sia veramente magica! Ah, tra qualche anno toccherà anche a noi… diventare fate provette, che ne pensi Vera?” disse Mara, sorridendo.
“Uhm…” Vera illuminò d’azzurro il salone. Uno splash, e al centro del salone l’acqua di una fontana si congelò. Degli sprizzi d’acqua rimasero sospesi congelati, creando un effetto fantastico.
“Wow” commentò Mara.
“Credo che sia fantastico. Potrò vantarmi con Lara di essere una fata laureata. Sai, Lara, la figlia dei Rossefford…” disse Vera.
“Santo cielo, la odio! Secondo lei, quando canto sembro un’anatra!” esclamò Mara.
“Meglio anatra, che gallina come Lara… Coccodè!”  fece Vera.
Mara scoppiò a ridere.
“Mamma voleva chiamare Danah per le sculture acquatiche che voleva fare… ma tu hai insistito…” iniziò Mara.
“Le devo fare io! Io sono la fata d’acqua qui! E poi, me lo sento, è come un fratello per me!” disse Vera “ E lo è a tutti gli effetti.”
Mara sorrise.
Vera, fata dell’acqua, ha vissuto fino a tre anni a Bollarei, la città d’acqua, finché nella terza guerra magica la città non fu devastata. Lì i genitori persero la vita, e Vera fortunatamente trovò i genitori di Mara, disposti ad accudirla.
Vera e Mara non erano soltanto migliori amiche, ma erano anche sorelle, legate in modo speciale. Quando i litigi da sorelle ti opprimono, lì si attiva la parte da migliore amica.
“La festa sarà meravigliosa, me lo sento! Ray è l’orgoglio della famiglia.” Fece Mara, entusiasta.
Fantasticava sul giorno dopo: il fratello in passerella che ritirava il suo bastone magico, potenziato con un cristallo affine al proprio potere.
Ok, tolta la passerella (troppa fantasia), era ciò che sarebbe accaduto.
Ray era affine ai poteri elettrici, ma si è dimostrato capace anche con altri poteri, eccetto i poteri acquatici. Anche sotto il controllo di Vera, al massimo riusciva ad evocare qualche spruzzo d’acqua. In confronto, gli spruzzi d’acqua di Vera erano temporali.
La cosa che le preoccupava era la tanta sicurezza del fratello, che poi molta non era. Certo, normalmente sarebbe stato sicuro, ma in una cerimonia così importante?
Soprattutto di questi tempi. I maghi diplomati erano diventati pochi. Tutti avevano paura di essere mandati in qualche posto perduto a fare chissà cosa.
Le fate in tutto questo non si muovevano dalle città. Warrenia, città delle stagioni, era sempre stata strapiena di fate, ma proprio durante le guerre… niente, facevano le solite cose abitudinarie che avrebbero compiuto anche in situazioni “normali”.
Anche se c’era anche chi voleva provare l’ebbrezza di combattere per difendere la patria e bla bla… come Vera, che voleva vendicare chi uccise i suoi genitori.
“Vera, vado a prendere gli ornamenti floreali da Lilla!”
Mara aprì la porta di legno. Una leggera folata di vento le fece scompigliare un po’ i capelli.
Chiuse la porta, sbatté le ali e iniziò a farsi un giro per il quartiere.
Il quartiere dove vivevano era il Vintro, inverno. La città di Warrenia era detta appunto città delle stagioni per la suddivisione dei quartieri: Vintro, Printemps, Sumarj e Fallen.
Nella piazza principale di ogni quartiere, vi si trovava una pietra luminescente. Secondo le vecchie sagge, erano quelle pietre che davano l’energia magica alla città.
In effetti, dall’alto facevano un bell’effetto. Quattro colori, blu, giallo, rosso e verde formavano un unico cerchio luminescente.
Le fate che riuscivano a guardare questo magico effetto restavano sempre estasiate. Mara era una di queste. Le ali delle fate del dolce canto erano infatti molto grandi, adatte per le grandi altezze e ottime anche durante le tempeste. (Di solito, a placare le tempeste erano proprio le fate del sole o le fate del dolce canto).
Al contrario, le ali di Vera erano molto piccole, adatte solamente per fluttuare, pratiche per stare sott’acqua.
Mara si sollevò velocemente, volando nel cielo. Arrivò al livello Luminoso. Chiamavano così il livello del cielo dove si poteva vedere quell’effetto magico.
Si avviò verso la luce verde. Lì c’erano le migliori fate fioraie di tutta la città.
Lilla era la migliore, secondo la madre di Mara. Ai tempi del liceo, erano migliori amiche. Beh, non è che adesso non lo siano.
“Soffierà, soffierà, il vento caro a noi fateee”
Mara iniziava a canticchiare.
“Mara! Gioia! La mamma mi ha avvisato del tuo arrivo!”
Una vocina allegra arrivò dal basso, in una delle stradine profumate del quartiere di Spring.
Lilla era una delle fate fioraie, un po’ robusta, tarchiata, dalle guanciotte rosee e dai rossi capelli intrecciati in due treccioline che le scendevano sulle spalle.
“Lilla! Ciao!” Mara fluttuando leggermente, abbracciò la fata.
“Entra pure!” disse la fata.
Mara entrò. Il negozietto di fiori era molto carino. All’esterno, un’insegna recitava “Il mio fiore è Lilla”. Una insegna carina, costruita dal marito, George, un folletto. Delle edere erano attorcigliate a delle piccole colonne di stile dorico. All’interno, il soffitto era molto alto, e dei ripiani ricoprivano le pareti fino al soffitto. I ripiani erano stracolmi di vasi e vasetti pieni di fiori. Un’etichetta sulla base del ripiano indicava il tipo di fiori che erano riposti nei vasi.
“Uhm, per la festa di Ray ho tenuto da parte delle vere chicche! Uh uh. Aspettami qui!”
Lilla sparì nel retrobottega. Dopo un attimo arrivò con fiori, bouquet e addobbi fluttuanti.
“Sono bellissimi, Lilla!” esclamò Mara. I fiori emanavano un profumo splendido. Viole, violette, primule, begonie, gigli, orchidee e rose erano i fiori che Mara conosceva, poi ce ne erano altri, con colori variopinti, crema, arancio.
“Il segreto è anche nell’acqua!” disse Lilla. “Mi raccomando eh! Uh, a proposito… e Vera come sta?” Disse Lilla.
“Uh, bene. “ fece Mara. “Quanto ti devo?”
“Niente cara!” esclamò Lilla.
“E dai, Lilla!” esclamò Mara.
“Per Ray questo e altro!” disse Lilla. “Oh cielo… a che ora domani? Ho perso di nuovo l’invito!”
“Alle 10 la cerimonia, e se non ce la fai la festa è alle 13.” Disse ridendo Mara. Lilla era così buffa: pasticciona, dalla memoria corta e bucata, ma aveva un gran cuore.
“Ok, porterò i fazzolettini!” fece Lilla.
“Fazzolettini?”
“Beh mi emozionerò! Il piccolo Ray della zia!” Lilla tirò su col naso. Si stava già emozionando.
“Uh, mi sono dimenticata… Piccino!”Battè le mani e pronunciò la formula.
I fiori divennero piccolissimi, tanto da poter essere messi tutti quanti in una borsetta.
“Quando torni a casa, gira l’indice verso i fiori e pronuncia Adatto!” continuò Lilla.
“Ok, grazie mille… Ci vediamo domani!” Mara uscì dal negozietto, salutando Lilla.
Dopo una mezzoretta, Mara ritornò a casa.
“Sono a casa!” esclamò.
“Mara, hai portato i fiori?” disse Vera, che al momento era seduta attorno al tavolo. Si stava mettendo lo smalto azzurro.
“Certo. Adatto!” girò l’indice, e i fiori ritornarono nella dimensione normale.
Con delle scintille viola, Mara li fece fluttuare per iniziare a sistemarli.
“Che ne pensi, così stanno bene?” chiese Mara.
“Seh.”
“Uhm, e se li spostassi lì?”
“Seh.”
Vera non la stava nemmeno guardando. Era applicata sulle sue unghie.
“Vera! Ascoltami!” Mara si innervosiva sempre quando nessuno la ascoltava.
“Uhm… Dovresti mettere le orchidee agli angoli.” Disse Vera, sollevando lo sguardo.
Mara spostò le orchidee.
“Perfetto!”
 

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Capitolo 3
*** Patto di sangue ***


"Come
Un gesto
Che tu
Mostrerai…”
Bam!
Un cuscino volò da una parte della stanza alla faccia di Mara.
“Sto dormendo!” si lamentò Vera.
“Svegliaaaa! Ci dobbiamo preparare!” disse Mara.
Nessuna risposta.
3
2
1.
“Ahhhh! Il vestito-i capelli-le scarpe… Ahhh!” Vera saltò giù dal letto, correndo per tutta la stanza come una pazza.
“Ora sei sveglia, eh?” commentò Mara, ridacchiando.
Vera corse subito in cucina. Versò velocemente del latte in due tazze e versò i MagicO’s, i cereali preferiti delle due.
Appena finita la colazione, le due fate iniziarono a vestirsi. I loro vestiti erano stati tenuti nell’armadio protetti da incantesimi anti-graffio, anti-piega, anti-polvere, anti-macchia, anti-scucitura, anti-tutto, insomma.
L’abito di Mara era di un velluto fatato, viola. Sul petto c’erano quattro violette: il magico di tocco di Lilla.
Turchese invece era il vestito di Vera. Era completamente di tulle. Un nastro azzurro col fiocco era legato alla vita.
“Ragazze! Come vi vanno i vestiti?” chiese la mamma.
“Magnifici, come sempre!” risposero le due all’unisono.
La mamma era una fata ago-e-filo. Insomma, cucire è sempre stata la sua passione, e gli abiti di Vera e Mara erano stati confezionati da lei.
“Il tuo invece ti sta a meraviglia!” disse Mara.
Il vestito della mamma era di raso, semplice, dorato. Aveva una tiara tra i capelli.
“Dov’è papà?” chiese Mara.
“Papà è già all’accademia. Voleva incontrare dei vecchi compagni di classe…” rispose la mamma.
“Ah.” Commentò Mara.
Papà era un mago, affine all’aria. Anche lui ha ottenuto la sua vestitura all’accademia di magia. Beh, come tutti i maghi, in fondo.
Per le fate invece il percorso era diverso. Dai 17 anni in su erano ammesse all’università degli studi magici.
Anche se tutti iniziano con lo stesso percorso:  le fatine e gli apprendisti maghi piccoli rimangono con i propri genitori, fino ai 13 anni, dove obbligatoriamente dovranno frequentare la scuola di magia, fino ai 16 anni.
Le Fate, i maghi e i folletti da quando sono bambini,non hanno molta praticità con la magia. Le piccole magie che si riescono a fare da bambini sono essenzialmente accidentali, controllate dalla psiche. Insomma, quando una fatina desiderava i biscotti che la madre le aveva proibito di prendere, ecco che per “magia” le apparivano sotto il naso. Questo è un esempio di magia accidentale della psiche infantile.
Da neonati, nessuna creatura magica dimostra di essere tale. Solo dopo i cinque anni, le fate e i folletti mostrano le prime ali, piccole, che man mano cambiano fino a maturare (quando una fata o folletto scopre il proprio talento). Fino ai 13 anni, la fata, il folletto o il mago restano in casa, guidati dai genitori, che insegneranno ai loro piccoli la magia di “saper volare con le proprie ali”, quando man mano si formeranno gli ormoni alari.
Dai 13 anni, fino ai 16 anni, è obbligatoria la frequenza della scuola di magia. Il percorso magico inizia con la scoperta del proprio talento o affinità, fino ad ottenere la licenza di “Fata Provetta”. Dopo i 16 anni, facoltativamente, il folletto, il mago o la fata possono scegliere di iscriversi all’Accademia dei maghi o all’Università degli studi magici, per ampliare la loro conoscenza magica.
Nonostante gli studi magici prevedono che siano diversi a seconda del talento o affinità, ogni fata, folletto o mago, deve necessariamente imparare le nozioni di magia di base.
Non era obbligatoria, ma dai 17 anni, per tre anni, si poteva diventare fata o mago a tutti gli effetti frequentando l’università degli studi magici o l’accademia di magia.
Le due fate si preparavano con i capelli, boccoluti per Mara e lisci per Vera. Entrambe utilizzarono degli accessori, come una farfalla e una conchiglia.
Qualche ora dopo, le tre fate uscirono di casa, dirette all’accademia di magia.
La mancanza di Ray si sentiva eccome. Purtroppo, chi si iscrivesse all’università o all’accademia,  sapeva di dover dimorare lì (eccetto per le vacanze e festività).
Ed ora l’avrebbero rivisto.
L’accademia era situata a Fairville, città molto lontana da Warrenia.  L’accademia è situata tra la catena del Faggio, una delle catene montuose più alte del paese.
L’edificio dell’accademia era su di un perimetro trapezoidale. Le mura erano ciclopiche, di un rosso vivo.
Sulla chiave di volta dell’arco della porta erano situate delle rune magiche. Si dice che se il nemico oltrepassasse quella porta, le rune, illuminandosi, l’avrebbero teletrasportato direttamente nella dimensione del nulla (la prigione per maghi e streghe oscuri).
“Un po’ isolato qui, ma insomma, ti da quell’impressione di…” disse Mara.
“Potenza!” concluse Vera.
“Esattamente!” disse Mara.
Passarono sotto l’arco. Mara avvertì un’onda magica. Voleva chiedere a Vera e alla mamma  se anche loro l’avessero avvertita, ma non ne era il caso.
“Uhm… vediamo un po’ dov’è papà…” disse la mamma.
Estrasse dalla borsetta una camelia-ologramma: era il “cellulare” della mamma.
“Caro! Dove sei?” chiese la mamma.
Papà era apparso nell’ologramma. Stava bevendo un boccale di birra assieme ad altri maghi, probabilmente vecchi amici.
“Ala est, cara!” rispose.
“Ehm, cioè?” chiese la mamma.
“Aspetta all’arco, vengo io!” disse papà, chiudendo la camelio-chiamata.
Dopo qualche minuto, vedemmo papà.
“Papà! Hai visto Ray?” chiese Vera.
“No… adesso è occupato. Sai, rituali magici, quella roba lì” rispose papà.
Poco dopo, nella grande folla, le due fate, mamma e papà si fecero largo per prendere posto alla cerimonia.
La cerimonia si sarebbe tenuta nell’arena magica, una vera e propria arena dove i maghi si allenavano per i combattimenti.
“Uhm, che dici, posso andare a trovarmi un…” disse Mara.
“Un?” fece Vera.
“Beh, un bagno.” Concluse Mara.
“Beh, si, vai.” Disse Vera.
“Non mi accompagni?” chiese Mara.
“Uhm, dopo dai” disse distrattamente Vera.
“Ok.” Disse Mara. “Vado a cercarmi un bagno!” esclamò a mamma e papà.
“Ok, ma fa presto.” Disse la mamma.
Mara si fece largo, uscendo dall’arena.
“Uhm scusate…” fece Mara rivolta ad alcuni maghi. Ma la ignorarono.
“Uff… C’è qualcuno che mi ascolta qui?” urlò Mara.
Un ragazzo, alto e robusto, dai capelli biondi e una strana meshes rossa, si fermò.
“Hai bisogno d’aiuto?” disse.
“Ehm, ciao, sono Mara. Si… io…io…” disse Mara. Era imbarazzata ed era arrossita.
“Beh?”
“Ehm, volevo sapere dove trovare il bagno, ecco.” Disse infine Mara.
“Entra in quella porta, scendi le scale. Li trovi sulla destra.”  Disse il ragazzo.
“Oh grazie, ciao!” concluse Mara, salutandolo.
“Che carino…” pensò Mara. Scese le scale che il ragazzo le aveva appena indicato, trovando i bagni.
Entrò nel bagno.
Nell’angolo, una vecchia signora stava usando il lavandino per sciacquarsi la faccia.
La donna si voltò, fissando Mara.
"Fredda è la mano,le ossa e il cuore.
Freddo è il corpo del viaggiatore. Non vede quel che il futuro gli porta
quando il sole è calato e la luna è morta."
Gli occhi della signora si illuminarono di bianco: era una banshee.
“Ehm… si, Tolkien è un mito, anche se adoro la Meyer.” Fece Mara, fissando la banshee.
“La luna è morta, la fiera giace spenta, mentre il ciclo vitale rallenta” continuò la banshee.
Mara era allibita. Rimase immobile a fissarla.
“Fatti avanti, fata, non sono armata…” disse la banshee.
“Tranne per la pietra, dura e forte, non mollarla davanti alla morte” continuò.
Estrasse dal mantello un ciondolo. Vi era una pietra luminescente, come quelle che si trovano nelle piazze di Warrenia. Questa però brillava di un bianco candido. La pietra era legata da oro.
“Prendila o fata, per te è segnata!” continuò
“Ma attenta, trova la gemella, e proteggila dall’anima che l’anela”
Detto questo, la banshee la diede a Mara e sparì in una coltre di fumo.
Mara tornò in arena, turbata per l’accaduto. Nascose la pietra in tasca. La Banshee l’aveva spaventata, e non poco.
Cosa significava tutto ciò?
“Eccoti, Mara! Hai una faccia… è successo qualcosa?” le chiese Vera.
“Uhm, no, non ti preoccupare.” Disse Mara.
“Uh, guarda! Il concilio dei maghi è riunito!” Vera indicò il centro dell’arena, dove iniziarono a sedersi sei vecchi maghi.
Il più vecchio iniziò a parlare.
“Carissimi, benvenuti alla cerimonia di vestitura. Qui oggi verranno eletti dei maghi. Apprendisti erano, grandi maghi saranno.
Fate un applauso ai futuri grandi maghi” disse.
Un grande applauso esplose da tutta l’arena. Mara e Vera urlarono: “Grandii!”
“Inizia adesso la cerimonia di vestitura. Fatevi avanti.” Disse.
Tutti i futuri maghi si fecero avanti. Mara individuò Ray. Beh, non era difficile individuarlo. Era molto alto. Se non il più alto. Ray è sempre stato il più alto in una classe. Da piccolo lo era, e lo è ancora oggi.
Era passata tipo un’ora dall’inizio della cerimonia. Mara stava morendo di noia. E Vera stava con la testa accasciata alla spalla di Mara.
“Ragazze, ragazze! E’ il turno di Ray!” fece la mamma.
Vera e Mara sobbalzarono, mettendosi composte.
“Ray, è il tuo turno.” Disse il vecchio mago.
Ray, un ragazzo robusto, molto (troppo per Mara, ma non lo ammette) alto, dai capelli e occhi castani si fece avanti, sicuro.
“Sei pronto?” chiese il vecchio saggio.
“Sono pronto.” Disse il ragazzo.
“Il tuo percorso è stato lungo, avventuroso, emozionante. E la fine è giunta. Ma ricorda che la fine è un nuovo inizio. Sei pronto ad iniziare?” disse il vecchio saggio.
“Si.” Annuì il ragazzo.
Il vecchio gli consegnò un bastone magico. Era di legno di faggio, liscio. Sull’apice aveva incastonata una pietra luminosa intrecciata.
“Ecco il tuo bastone magico, con la pietra dell’elettricità.” Disse il saggio.
Ray si inchinò, ricevendo il bastone.
“Alzati, adesso.”
Ray si alzò, iniziando ad alzarsi la manica della camicia.
“Ricorda tutti gli insegnamenti, ricorda l’essere mago. Ricorda il patto.” Disse il vecchio.
Inizio ad agitare il suo bastone magico, formando un otto rovesciato, simbolo dell’infinito.
Il simbolo all’improvviso riapparse sul braccio di Ray. Il braccio sanguinava. La carne aperta formava quel marchio, il simbolo dell’infinito. Ray mostrava dolore.
Mara e Vera erano tese, fissando la scena.
“Ricorda il patto di sangue” concluse il saggio.

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Capitolo 4
*** Guerra ***


“Ray!” esclamò Mara.
Mara corse ad abbracciarlo.
“Ehi… mi fa ancora male…” disse il ragazzo, alludendo al simbolo dell’infinito.
“Cielo… Le fate al massimo fanno un balletto al diploma.” Commentò Vera, fissando il sangue secco sul braccio di Ray.
“Vieni qui”
Vera gli diede un bacio sulla guancia. Tese le mani sul braccio. Delle scintille turchese invasero il braccio di Ray, ma subito dopo un raggio allontanò Vera.
“Ah!” esclamò Vera. “Non capisco… la mia magia curativa non fallisce mai!”
“Penso che sia per il patto di sangue. E’ un patto infrangibile. Si risanerà magicamente da sola… ma mi brucia solamente.” Disse Ray.
Vera lo guardò, non convinta.
“Davvero.” Disse Ray più a sé stesso che a lei.
Vera gli sorrise. Gli saltò al collo e gli sussurrò: “Mi sei mancato.”
Ray sorrise.
“Beh che ci racconti, tesoro?” disse la mamma.
“Beh, solite cose, mamma, ti ho spedito lettere ogni settimana, e ieri ne ho spedite solo 5!” disse Ray.
“Si ma raccontato da te da un altro effetto!” commentò la mamma.
“Rayyyyyy, tesoroo!”
Tutti si girarono. Arrivò fluttuando Lilla.
“Lilla!” esclamò Ray. Ray fissò un po’ imbarazzato Vera, che era ancora abbracciata a lui.
Vera, imbarazzata, lo lasciò. Non resisteva al profumo  di Ray…
“Come stai tesoro? Cielo, che emozione…. E cielo! Odio questi cosi, patti di sangue… Vedrai, nel giro di qualche ora si sarà quasi cicatrizzata. E’ una ferita d’onore!” disse Lilla, abbracciando Ray. “Fatti vedere… un po’ sciupato direi. Sempre ad allenarti…. Cielo, ci vuole un pranzetto alla Lilla!”
Ray rise. I pranzetti alla Lilla erano particolarmente abbondanti. Immaginate il pranzo di Natale. Ecco, raddoppiatelo.
“Oh oh! Fammi vedere quel coso!” disse Mara, indicando il bastone magico. “E’ come quello di papà”
Ray le diede il bastone magico.
Mara fu attratta dalla luce del cristallo d’elettricità.  D’un tratto avvertì un calore dalla tasca. Era la pietra bianca che si stava illuminando.
Velocemente coprì la tasca, per non far notare la luce agli altri.
Vera la fissò profondamente, come se avesse intuito qualcosa di strano.
Mara tese di nuovo il bastone a Ray.
“Beh andiamo a casa, forza. E’ l’ora di festeggiare il nostro Ray!” disse papà.
“Giusto.” Disse la mamma.
“Beh andiamo” disse Ray. Agitò il bastone magico, che si illuminò di rosso.
Mara si sollevò all’improvviso. Non si sentiva la terra sotto i piedi. Sembrava come precipitare, senza farlo.
D’un tratto si ritrovarono a casa.
“Rayyyyyyyyyyyyyy è quii!” esclamò la voce di una ragazza. Era Lara, l’odiosa figlia dei Rossefford.
Lara era una fata d’aria. Per Vera e Mara era prima nella loro lista nera.
“Ray!” Lara lo strapazzò di baci sulle guancie.
Mara sentiva Vera incerta, come se da un momento all’altro avesse fatto diventare serpenti i capelli di Lara.
“Ehm, Lara, come va?” chiese Ray. L’espressione di Ray era un’espressione di fastidio.
“Ehm mi fa male il braccio, scusami.” Ray allontanò di poco la ragazza.
Questo fece sogghignare Vera.
“Beh dai, ora c’è il buffet!” esclamò Lilla.
Tutti i parenti ed amici trattavano Ray come un figo. Il neo-mago della famiglia, insomma era però estenuante.
Era inutile per Ray dire in continuazione “Sono stanco”, che poi una folla di parenti e amici lo invitava a chiacchierare o a parlare di chissà cosa.
Vera si avvicinò a Ray.
“Ti capisco, vieni con noi.” Disse la ragazza.
Portò il fratello nel piano superiore e lo fece stendere sul suo letto.
“Eccoci qua, un po’ di pace no?” Disse Mara.
“Eh già.” Concluse Ray.
 Rimasero qualche minuto in silenzio, finché Vera lo ruppe.
“Beh, cosa ne pensi dei nostri vestiti?” chiese la fata.
Ok. Non sapeva cosa dire al momento e le uscì da dire dei vestiti.
“Oh… sono entrambi bellissimi. Fatti dalla mamma, immagino.” Disse Ray, disteso, fissando il soffitto.
“Già.” Rispose Mara.
Sentirono dei passi.
Lilla entrò nella stanza.
“Beh, scendete su! Ray, sei il festeggiato!” disse.
“Oh… si…” disse il ragazzo, alzandosi dal letto.
Vera e Mara lo seguirono.
Le ore passarono con discussioni, risate e incontri tra amici e parenti. Ma prima o poi tutto finisce.
E da un momento all’altro divenne sera e tutti gli invitati (e invitati extra come Lara Rossefford) se ne andarono.
“Beh com’è stata questa giornata?” fece la mamma.
“Magnifica.” Dissero all’unisono i tre figli.
Il giorno dopo, Ray si svegliò di buon mattino e molto silenziosamente uscì.
Qualche ora più tardi, le due fate si svegliarono.
Adesso era strano vivere in tre nella stessa camera. Certo il letto a castello era come di solito usato da Mara e Vera (Mara sotto e Vera sopra), mentre ora anche il singolo era usato, usato da Ray. Strano però. Il singolo era vuoto.
“Uhm dov’è Ray?” fece una Vera assonnellata.
“Da qualche parte” disse Mara, ritornando poi con la testa sotto il cuscino.
Vera si alzò e aprì la finestra.
L’aria mattutina era fresca, come sempre.
Affacciandosi, notò che Ray era seduto sul gradino della porta.
“Ray!” disse.
Il mago fissò la finestra. Non trovò nessuno.
Poco dopo si trovò Vera alle spalle. Vera si sedette accanto a lui.
“Ti sei svegliato mattiniero, eh?” fece la ragazza.
“Uhm si.” Rispose. “Vieni a farti una passeggiata con me, dai.”
“Uhm, ok” disse Vera.
Entrambi si diressero verso il vicino boschetto dove la mamma era abituata a raccogliere bacche e frutti di bosco.
“Ti sento strano.” Disse Vera.
“Sono un po’…” iniziò Ray.
“Fuori posto.” Concluse Vera. “Ti manca l’accademia?”
“Si… però anche voi mi siete mancate” rispose.
Si sedettero all’ombra di un faggio. Ray sembrava affaticato.
Vera prese delicatamente il braccio di Ray.
“Ti è passato?” chiese.
“Oh, si. Lilla aveva ragione. Si è già cicatrizzata… però che ferita.” Disse Ray.
Vera la fissò. Certo che il giorno prima sgorgava di sangue. Beh per questo lo chiamavano patto di sangue.
“Ho letto in giro che consiste… cioè, oltre a simboleggiare il patto, la cicatrice si dovrebbe tipo illuminare in qualche caso particolare.”  Disse Vera.
“Oh si. In casi particolari come emozioni forti o quando si usa il massimo potenziale magico… e… beh immagino che non ti interessi molto.” Disse Ray.
“Oh no, continua, ti ascolto” disse Vera, poggiando la testa sulla sua spalla.
Mara aveva appena terminato la colazione, quando bussarono fortemente alla porta.
Mara sbadigliò.
“Ray, Vera, siete voi?” disse Mara.
“Mara? Sono Delia!” disse una voce fuori la porta.
Mara aprì la porta.
Era Delia, la fata postina. Era una donna di cinquant’anni, secca. Faceva parte del club di taglio e cucito del pomeriggio, fondato dalla mamma.
“Cara, ecco la posta di oggi.” Disse, consegnandole varie buste e dei rotoli di pergamena.
“Grazie mille! Vuoi mangiare o bere qualcosa?” chiese Mara.
“No, cara. Cielo devo consegnare ancora la posta di metà viale!” disse. “Hai sentito il telegiornale, cara?”
“No, perché?” chiese Mara.
“Oh beh, lo vedrai, cara…” disse Delia “Beh salutami la mamma!”
“Certo!” concluse Mara.
“Cosa voleva dire Delia?” pensò Mara.
Prima che chiudesse la porta, Ray e Vera ritornarono.
“Mara! Eccoci!” esclamò Vera.
“Uh! Volete mangiare qualcosa?” chiese Mara.
“Uhm non ho fame” disse Ray.
Vera si spalmò del burro sul pane.
“Uh è arrivata la posta.” Disse Vera.
Mara aprì delle lettere: congratulazioni per Ray, altre congratulazioni… congratulazioni per l’abito da sposa che la mamma ha impacchettato, la bolletta della magivisione e due rotoli di pergamena.
Mara aprì un rotolo. Appena lo aprì, le cadde sul pavimento.
“Che c’è Mara?!” fece Vera, raccogliendo il rotolo.
Lo lesse, e rimase allibita.
“Dammelo, ha l’aria di una cosa importante.” Disse Ray, fissando il sigillo di ceralacca.
Lo lesse a voce alta.
“Care fate, cari folletti, cari maghi, care streghe, cari tutti, abitanti del Major Royame.
Abbiamo da dirvi una cattiva nuova,
da oggi, dopo vari colpi al palazzo reale, il Major Royame è ufficialmente in GUERRA con il Regno di Sotto.
Qualunque contatto col regno sarà cancellato. Qualunque accesso sarà controllato.
Si avvicinano tempi bui. Siate uniti e attenti a chi fidarvi.
Ha inizio la quarta guerra di magia.
Il re Helio e la regina Clarisse di Majorea.”
Ray poggiò sul tavolo la pergamena, per aprire l’altra, sempre col sigillo di ceralacca.
“A tutti i maghi.
Tutti i maghi sono richiamati a formare le truppe magiche del Major Royame.
Siete chiamati a combattere per la vostra madre patria.
Siete chiamati a lottare per tutti.
Siete chiamati a vivere.
A tutte le fate.
Tutte le fate, abitanti del Major Royame, sono invitate
A continuare con estrema attenzione le normali attività.
Che la forza sia con noi.
Il re Helio e la regina Clarisse di Majorea.”
Silenzio.
Vera scoppiò a piangere.
“Un’altra volta. Un’altra guerra. Ho già perso i miei genitori. Non voglio perdere anche voi.” Disse, tra un singhiozzo e l’altro.
“E tu… adesso sei tornato da noi, non voglio che tu te ne vada, non di nuovo!”
Vera si accasciò al petto di Ray, continuando a piangere.

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