You don't know what we do, or what we sacrifice, or the price we pay for this.

di _alittlewriter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - - Ritorno alle origini. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Le guance rossastre, i lunghi capelli castani con quel buonissimo odore di lavanda , le labbra sempre schiuse in un sorriso, l’energia che sprigionava da ogni centimetro del suo corpo, la sua voce angelica e sempre con un tono mai troppo alto ma pungente quando serviva.
Cassandra aveva deciso di ricordare così Alexandra Caroline Grey,  e non con un volto sfregiato o con il corpo freddo e immobile come il marmo. In realtà quella visione distorta era solo frutto della sua mente, poiché non aveva neanche avuto il coraggio di entrare nella sala crematoria dopo il recupero del suo corpo, era stata una codarda e questo lo sapeva bene, ma aveva deciso di rinunciarci dopo il terzo crollo di nervi in un solo giorno.
Avrebbe dovuto aiutare Meredith, o Mark, e invece fu il contrario. Un rimpianto da aggiungere alla sua vita.
Ed ora era rinchiusa nella sala operatoria numero tredici del Seattle Grace Hospital, sfiorando appena con la punta delle dita il lettino blu: quella era stata l’aula di tante importanti lezioni, l’aula dove aveva assistito al suo primo intervento, l’aula dove aveva effettuato il suo primo intervento da sola, e l’aula dove aveva pianto dopo aver perso il suo primo paziente, ma quella era anche l’aula dove aveva condiviso per la prima volta un intervento con Lexie.
Socchiuse gli occhi, il suo cuore batteva all’impazzata, come un uccellino che aveva appena scoperto la libertà dopo anni di prigionia in una gabbia.
La voce di Lexie rimbombava nella sua mente, così come la sua risata e forse riusciva anche ad immaginare l’ultimo abbraccio che si erano scambiate prima della sua partenza.
Una partenza  che si era conclusa con una morte, ed ora toccava a lei salire su un aereo, senza sapere però quale sarebbe stata la sua reazione.
Una lacrima calda solcò il suo viso, seguita subito da altre lacrime, queste però più veloci e indomabili: il tutto si trasformò in un pianto copioso, che sembrava non volesse finire mai.
Cassie portò le mani sul suo volto, cercando di calmarsi un po’, ma senza esito.

“ Piccola Cassie, cosa ci fai qui?” la voce calda di Miranda Bailey face sì che la ragazza alzasse il volto nella sua direzione, e senza aggiungere altro, in pochi secondi la distanza che le separava diminuì sempre più per far sì che le due donne si abbracciassero, forte.
Nessuno avrebbe mai immaginato quel momento, entrambe avevano una forte personalità e esternare i propri sentimenti era un evento più unico che raro.

“ Non ci riesco, io non ci riesco” tra un singhiozzo e un altro, fu tutto ciò che Cassie riuscì a dire.

“ Sì che ci riesci, devi solo ritrovare la tua forza. Ed io so che la ritroverai presto.
Ciò che è successo in questi ultimi mesi è troppo, è troppo per un comune mortale, lo so, ma tu devi tenere duro. Per Lexie, per Meredith, per Mark, ma soprattutto per te stessa”
il chirurgo rilasciò il corpo di Cassandra e appoggiò entrambe le mani sulle sue spalle, tenendola forte su e guardandola dritto negli occhi: “ Hai superato la morte dei tuoi genitori, hai superato brillantemente la tua laurea, con le tue sole forze, ritornare nella tua città natale non sarà così difficile, e se a te sembra così brutta, noi saremo qui a braccia aperte per accoglierti di nuovo nel nostro team. Ricominciare una nuova vita è spaventoso per tutti, ma nulla è impossibile”.

Quelle parole risuonarono lentamente nella sua testa, cercando di memorizzarle una volta e per sempre.
La neo-laureata in chirurgia generale prese un bel respiro sotto consiglio del suo mentore, e ne prese ancora un altro, in modo da regolarizzare il suo battito cardiaco e di fermare quelle lacrime.

“ Ti sarò debitrice per sempre, Miranda”.

“ No, non  è vero. Io sono stata solo il primo e doloroso capitolo della tua vita, dopo di me ne hai avuti molti altri e ora è arrivato il momento di scrivere la seconda parte del libro della tua vita”.

Quel libro iniziava a pesarle più di tutti quelli che aveva letto in tutta la sua vita, e soprattutto iniziava a divenire infinito.

“ Io - -“

“ Tu, nulla. Basta lacrime, basta frignare, basta dubbi. Prendi il tuo zaino, e seguimi”.

Ed eccola lì, Miranda Bailey aka Hitler era ritornata in azione, più decisa che mai, e ciò non poté non strappare un piccolo sorriso alla ‘piccola Cassie’.
Velocemente afferrò il suo zaino dal pavimento e cercò di mantenere il passo, e mentre stava per aprir bocca e chiederle dove stessero andando, Miranda alzò una mano in sua direzione e aggiunse:

“ Ssh – Non dirò nulla, è una sorpresa”.

Riusciva a leggere nella mente di tutti, era sempre un passo in avanti e mai indietro.
Cassie annuì e continuò a seguirla, entrando nell’ascensore e aspettando pazientemente che le porte si aprissero di nuovo, e quando accadde, la confusione aumentò.

“ Miranda, non dirmi che la sorpresa è che mi dai un veloce passaggio a casa!” per quella frase ironica, Cassie si beccò uno sguardo cruciale, che quasi rimpianse di essere lì.

“No, la nostra non è una vera è propria sorpresa, il nostro è un saluto” lo sguardo di Cassie si mosse velocemente alla sua sinistra, e vide i corpi allineati in un semicerchio dei suoi colleghi aka amici, tutti in volti cupi e tristi, ma Meredith era l’unica che indossava un sorriso: “ Questo non è un addio, non abbiamo più forze per gli addii, siamo stanchi di rinunciare alle persone che più amiamo, ma siamo disposti anche a renderle felici, e per questo siamo qui, per augurarti buon viaggio, Cassandra.
Il Chicago MED sarà l’ospedale più fortunato, perché un validissimo chirurgo salverà tantissime vite, ma ricorda che il Seattle Grace è sempre qui e che noi ti vorremo sempre bene”
le ultime parole furono quasi spezzate, in quel momento il sorriso si trasformò in una lacrima.

Quella serata si trasformò in quello che Cassie avrebbe voluto evitare da sempre: uno scambio di sorrisi, di risate, di abbracci e l’ultimo saluto prima di salire in macchina e ritornare al suo appartamento per chiudere l’ultima valigia.

Il suo volo per Chicago O’Hare Airport era fissato per le 10:55 del mattino del giorno dopo, e il suo appartamento era ormai semivuoto: aveva spedito gli ultimi scatoloni quella mattina nell’appartamento inutilizzato di suo fratello, sperando che sarebbero arrivati in tempo, e ora tutto ciò che era rimasto in quelle quatto mura erano una lampada, un materasso gonfiabile, una valigia grande e una piccola. Quella visione le incuteva ancora più tristezza.

“ Per oggi va bene così” sussurrò a se stessa, distendendosi sul materassino e guardando il soffitto bianco: non sapeva se era più spaventata dalla città e dal rivedere le persone, gli affetti e le cose che aveva lasciato quando aveva diciotto anni, oppure dall’idea di rovinare di più la sua vita. In realtà, era spaventata da tutto.
Sospirò pesantemente e spense la lampada, lasciando che le tenebre invadessero la stanza e costringendo le sue palpebre a chiudersi, in modo tale da abbandonarsi alle braccia di Morfeo fino all'alba del giorno successivo.
 



Angolo autrice:
Questa è un'idea un po' folle che nasce in una notte qualunque, in una città speciale che è Chicago.
E so che è un crossover speciale tra Chicago Fire x Grey's Anatomy x OneChicago in generale, e spero possa piacere a voi più di quanto piaccia a me.
Commenti, suggerimenti, critiche ... Tutto è ben accetto.
Buon proseguimento!

- M.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - - Ritorno alle origini. ***


“ Ultima chiamata per il volo 3956 per Chicago O’Hare. 
Ripeto: ultima chiamata per il volo 3956 per Chicago O’Hare”.


La voce dall’altoparlante era stata forte e chiara, per questo Cassie cercò di non perdere la forza e di correre ancora più veloce,  nonostante sentisse i suoi polmoni in fiamme e le sue gambe quasi cedere.
Dopo aver assistito alla sua ultima alba a Seattle, si era riaddormentata beatamente sul materassino, ignorando del tutto la sveglia ore dopo e svegliandosi in un ritardo gigantesco, che l’aveva portata quasi a perdere l’aereo.
Soltanto quando vide l’hostess sorriderle e porgerle una mano capì che quello forse era uno dei suoi giorni semi- fortunati.

“ Benvenuta a bordo, Mrs. Spielberg. Un minuto più tardi e avrebbe trovato la porta chiusa, i miei complimenti” la ragazza lasciò passare Cassie, che ancora con il fiatone, raggiungeva l’entrata dell’aereo e dove l’hostess numero due le chiese di mostrarle il biglietto, per poi scortarla sino al suo posto, in prima classe.
Trenta minuti dopo riuscì a sistemarsi per bene e a rilassare i suoi muscoli contro il sedile comodo.

“Gradisce un bicchiere d’acqua, un thè o un bicchiere di vino, Mrs. Spielberg?” la stessa hostess che l’aveva accolta, ora le stava porgendo il suo pranzo.
“ Un bicchiere di vino rosso, grazie” si sforzò di sorridere, e la ringraziò nuovamente quando le porse il bicchiere.
Indossò le cuffiette e azionò ‘play’ sulla ‘playlist’ di Adele, e mentre ascoltava una delle sue canzone preferite, cercò di godersi quel pranzo, nonostante non avesse un super appetito in quegli ultimi tempi.
[…]

“ E’ il comandante Hudson che vi parla, e assieme a tutto lo stuff, vi ringraziamo per aver scelto la nostra compagnia e siamo lieti di annunciarvi che in pochissimi minuti atterreremo all’aeroporto di Chicago O’Hare.
Buon proseguimento di giornata”.


Questa volta fu una voce stridula che svegliò Cassandra dai suoi sogni più profondi. Aprì piano le palpebre e mise a fuoco l’intera cabina, ricordandosi pian piano dove era diretta e cosa stava per accadere.
Si stiracchiò, per poi sedersi in linea retta, aspettando che l’aereo atterrasse al cento per cento.

“ Non potrà andare così tanto male, giusto?” sussurrò a bassissima voce, ma ovviamente era una domanda senza risposta, una di quelle domande che potevano sembrare retoriche, ma in realtà lei desiderava davvero sapere cosa aveva in serbo per lei il suo futuro.

Scese dall’aereo assieme a tutti gli altri passeggeri della prima classe, sorridendo appena e dirigendosi direttamente verso il ritiro bagagli, in modo da poter ritirare il proprio: quella era la parte che più odiava. 
Grazie all’aiuto di un giovane ragazzo, afferrò la valigia e sgattaiolò via, ma una volta arrivata all’uscita una sorta di panico iniziò a divorarla: non poteva più tornare indietro, era una strada con tutte curve e lei aveva un’auto troppo vecchia per percorrerle.

“Oops, mi scusi” una signora anziana la travolse con i suoi bagagli, e la spinse letteralmente al di là delle porte, non dandole neppure il tempo di replicare o di retrocedere.
Una forte luce le illuminò il volto, ricordandole che lì erano appena le due del pomeriggio  e un’altra voce le ricordò che doveva assolutamente spostarsi dal centro poiché altre persone avevano bisogno di passare.

“Oh sì, certo” così dicendo, afferrò le sue valigie e iniziò a camminare verso l’uscita dell’aeroporto, sentendosi del tutto frastornata.
Tutto era così movimentato che si sentì tremendamente fortunata ad aver trovato un taxi libero.

“Dove la porto signorina?” un uomo sulla sessantina la guardò dallo specchietto retrovisore, aspettando con ansia una risposta.

“Uhm sì, aspetti un secondo - - “ cercò nella sua borsa il suo cellulare, e quando lo afferrò cercò tra le note l’indirizzo che Jonah – suo fratello – le aveva inviato: “ The Pinnacle, 21 East Huron Street!”.

Il tassista sembrò incredulo, tanto da sbattere le ciglia ben due volte prima di mettere in moto e di partire.
Il tragitto fu piuttosto silenzioso, era il traffico all’esterno dall’auto che parlava.

“ E’ in vacanza ?” l’uomo spezzò il silenzio all’interno e catturò l’attenzione di Cassandra.

“Uhm no, non proprio. E’ un trasferimento, momentaneo” quell’ultima parola l’aggiunse dopo tre secondi, come per sottolineare che non poteva vivere per più di qualche mese lì. O almeno così si imponeva di pensare.

“Ottima scelta. Per il suo nuovo condominio, intendo”.

“ Oh, ehm grazie. In realtà è uno degli appartamenti di mio fratello, che per amore nei confronti della sua unica sorella ha deciso di condividere” scrollò appena le spalle, e da un piccolo sorriso, sulle sue labbra ne nacque uno più grande, uno che esprimesse gratitudine.

“Suo fratello è un uomo molto fortunato, glielo garantisco. Ah, eccoci arrivati” fermò l’auto nella zona parcheggio e aiutò Cassandra con i bagagli sino all’interno della struttura. La ragazza lo pagò in contanti, aggiungendo anche qualche dollaro in più di mancia, per poi girarsi verso il custode e presentarsi.

“Mrs. Spielberg, è un onore conoscerla! Suo fratello è uno dei migliori qui in città, e siamo onorati di poter ospitare la sua famiglia. Venga, le faccio strada!”.

Mh, mio fratello è uno dei migliori ovunque, a quanto pare” sussurrò, ridacchiando appena e lasciandosi aiutare con i bagagli.

“Spero che il suo volo sia stato tranquillo. Vedrà, l’appartamento le piacerà da morire.
Per qualsiasi cosa io sono a sua completa disposizione, ventiquattro ore su ventiquattro”.


Cassie era sicura che se le porte non si fossero aperte, l’uomo avrebbe continuato a parlare per ore e ore e lei non aveva la forza per ascoltarlo. 
Fu scortata sino all’interno dell’appartamento, le fu illustrato l’intero sistema del condominio e soltanto dopo aver lasciato le chiavi sul tavolo, il custode la lasciò sola. Completamente sola.
Quell’appartamento era tanto grande quanto vuoto, nonostante fosse arredato nei migliori modi, per lei era vuoto, troppo nuovo e inutilizzato, troppo non suo.
Incrociò le braccia al petto e sospirò: “ Questo sarà un lungo, lungo, lungo capitolo”.
[…]

Dopo una doccia rilassante e aver svuotato qualche scatolone, Cassandra alzò lo sguardo verso l’orologio e vide che segnava le sei del pomeriggio.
Afferrò il suo cellulare e scrollò qualche numero per la rubrica, finché non vide il nome che aveva in mente sin da quando era atterrata: Gabby Dawson.

I muscoli del suo corpo la imploravano di cliccare quel maledetto tasto verde, ma la sua mente le suggeriva di farle una sorpresa direttamente di persona.
Senza sapere con esattezza come, qualche minuto dopo, si ritrovò in un altro taxi diretta verso la caserma 51.

Negli ultimi anni erano state tantissime le lettere e le e-mail che le due ragazze si erano scambiate, senza contare le videochiamate via skype, con la promessa di vedersi presto, prestissimo, ma dopo la morte di Lexie, Cassie non aveva più la gioia né la voglia di una volta, e per questo la sua vecchia amica, nonostante la distanza, aveva cercato di tirarla su di morale e di esserle vicino anche se non fisicamente.
Aveva risposto di rado a Gabriela e non l’aveva più aggiornata né su suo fratello, né su Christopher, né sulla sua laurea. Come avrebbe potuto reagire la sua amica di vecchie sventure?
Se chiudeva gli occhi, riusciva quasi a rivedere loro due che giocavano nel grosso cortile di casa Spielberg e la torta alle mele che la signora Dawson cucinava ogni volta che Cassie era ospite da loro.
Quell’immagine strappò un sorriso malinconico alla ragazza.

“Caserma 51 alla sua sinistra, Miss. Siamo arrivati” il tassista la riportò alla realtà, e dopo averlo pagato, uscì dall’auto.

Il vento era freddo gelido, e piccoli fiocchi di neve scendevano delicati dal cielo sino a poggiarsi sull'asfalto della strada, che piano piano si colorava di bianco.
Cassie si sistemò il capello e si strinse ancora di più nel suo cappotto nero, iniziando a tremare, non solo per il freddo ma anche perché un forte stato di ansia avvolse il suo corpo e la sua anima.
Non ricordava quel quartiere così buio, silenzioso, quasi la caserma fosse l’unico luogo sicuro e luminoso, ma ovviamente non poteva aspettarsi che tutto era come anni addietro.
Tirò un forte sospiro e costrinse le sue gambe a muoversi:  appena arrivata alla porta, sentì tante e indistinte voci provenire dall’interno, mentre a farle compagnia per il momento vi erano soltanto i camion, pronti a schizzare via per le strade della città.
Allungò una mano sulla maniglia, e con un po’ di forza, spinse via la porta tanto da poter entrare all’interno della struttura. Tutto sembrò fermarsi e gli occhi di tutti erano su di lei.
Deglutì e quando le sue labbra stavano per schiudersi, una voce la interruppe.

“ Cassie? Oh mio dio” quattro parole seguite da un abbraccio dall’unica persona che veramente le era stata affianco in tutta la sua vita.

Per quanto gli altri potessero essere confusi, Gabriela  e Cassandra si abbracciarono per parecchi minuti, quasi sembravano ore, e costrinse le sue lacrime a restare all’interno e a non mostrarsi piagnucolona.

“ Sei tornata “ sussurrò la bruna.

“ Sono tornata” sussurrò la bionda, e così i loro corpi si staccarono e si guardarono dritte negli occhi, piegando le labbra in un sorrisone.

“ Firehouse 51, lei è Cassandra Spilberg, Cassie…  loro sono la mia seconda famiglia” con una mano Gabby indicò tutta la stanza, e piano piano nominò tutti: Hermann, Kidd, Chief Boden, Severide, Casey…

“ Matthew Casey … Ho sentito tanto, troppo, parlare di te” trattenne una risatina e ignorò l’occhiataccia di Gabby.

“ Tutte cose positive, spero” ironizzò il tenente, stringendole la mano e sorridendole.

“ Se per positivo intendi che la qui presente Dawson non fa altro che parlare di te come la persona più importante della sua vita, beh allora sì” strizzò un occhio e piano si girò verso Boden, intravedendo un piccolo sfiorar di labbra tra i due innamorati.

Il comandante le sorrise dolcemente e piano le si avvicinò, Cassie annuì  rispettosamente e gli strinse la mano.

“ E’ sempre bello rivedere vecchi amici. Sei più cresciuta del solito, ma benvenuta nella nostra casa.
Sarai sempre la benvenuta, Cassie. Spero che Jonah e Andrew stiano bene”.


Wallace Boden era solo un giovane candidato quando conobbe Richard Spielberg, eppure nonostante l’età e le personalità completamente differenti, avevano condiviso parecchi momenti amichevoli assieme, e quando Cassie era poco più che un’adolescente, tra uno dei tanti party che la sua imponente famiglia aveva realizzato, aveva trovato quell’uomo il più simpatico degli amici di suo padre. Aveva giocato con lei, le aveva permesso di sedersi accanto a lui e perfino di mangiare la sua fetta di torta, e a fine serata, era molto più che dispiaciuta di doverlo lasciare andare via.
Era entusiasta di rivederlo, purtroppo però non era più la sua versione simpatica e socievole come lui poteva ricordare, ma un pochino più rigida.

“ E’ bello rivederti, Wallace, spero tu stia bene, è da tanto che non ci vediamo.. Jonah  è a NYC, pieno di impegni e Andrew, credo sia in Iraq. E’ da anni che non ci sentiamo più ormai, drammi familiari” scrollò le spalle e preferì chiudere argomento ‘fratelli’ all’istante.

“ Beh non ho idea se Gabby ti abbia avvisata, ma stasera se vuoi alcuni di noi si riuniranno al Molly’s, perché non ci raggiungi e ci racconti un po’ più di te e del nostro paramedico preferito? Ho l’impressione che ci vedremo spesso in giro!” un uomo sulla quarantina e dai capelli grigi, ma con un’energia di un bambino di undici anni, sfoggiò un mega sorriso e aspettò con ansia una sua risposta, ma prima di poter fare ciò, Gabby le chiese velocemente:

“ Giusto! Per quanto tempo resterai qui nei paraggi?” i suoi occhi brillavano, e il suo corpo tremava appena per l’emozione.

Cassie abbassò appena lo sguardo e sorrise, sospirando piano e prendendo parola:

“ Veramente, non c’è una data. Sono il nuovo chirurgo del reparto di chirurgia generale del Chicago MED, quindi, sarò ‘nei paraggi’ per un po’, baby.
E Christopher Herrmann, giusto? Ho sentito qualcosa sul Molly’s! Sono onorata per l’invito e magari riesco a fare un salto! “.


Il paramedico l’abbracciò di nuovo, stringendola più forte: ‘ Mi sei mancata tantissimo, sono felice che il nostro tempo sia ritornato” le sussurrò all’orecchio e Cassie sentì un buco allo stomaco.

“ Mi sei mancata anche tu, Gab” le diede un lieve bacio sulla guancia e poi si allontanò appena, così da poter tirare un forte sospiro e riprendere il controllo di se stessa.

“Bene, ora vi lascio lavorare. Scusate l’intrusione e.. Forse ci rivedremo stasera!
E’ stato un piacere conoscervi, tutti.”


Li osservò pianò uno ad uno, scuotendo la mano appena e ricevendo di rimando i saluti, poi girò le spalle e lasciò l’edificio.

Quando uscì fuori l’aria era sempre congelata, ma questa volta più leggera, l’ansia era sparita e un fiocco di neve le cadde dritto sul naso.
Alzò il volto verso l’alto e la  Windy City ora era tutta ricoperta di neve, un po’ come Central Park il giorno prima.
Cassandra sorrise come una bambina: ‘ profumo di neve, profumo di felicità’.

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