It never end: la persona più importante della mia vita prima di lui/lei.

di Anna_96
(/viewuser.php?uid=743577)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tebaldo: un bambino dal cuore tormentato. ***
Capitolo 2: *** Mercuzio: troppo mascalzone per non adorarlo. ***
Capitolo 3: *** Tebaldo: un uomo che non è riuscito a sconfiggere i suoi demoni. ***
Capitolo 4: *** Mercuzio: quanto coraggio ci vuole a lasciar andare qualcosa che vorresti disperatamente? ***



Capitolo 1
*** Tebaldo: un bambino dal cuore tormentato. ***


Giulietta è sempre stata una bambina posata, ribelle al punto giusto, curiosa e dolcissima, l’unica in grado di tirare fuori il vero carattere di Tebaldo. Tebaldo Capuleti ha sei anni quando sua cugina Giulietta viene al mondo, privo di genitori, chiuso in se stesso, con il nasino che si arriccia troppo spesso in quell’espressione sprezzante che un bimbo non dovrebbe mai avere. Stringendo tra le braccia quella bambina minuscola e dalle guance rosee, nata da soli tre giorni, sente per la prima volta il cuoricino riempirsi d’amore e le sorride, scoprendo i denti bianchi con qualche finestrella nel mezzo, e mentre la guarda decide che la proteggerà da tutto e tutti, per sempre. Verona, 15 aprile 1588 Giulietta ride, stesa sotto il grande melo in giardino, con gli occhi chiusi si bea del calore del sole che lascia giocare i propri raggi sul suo volto fresco e sui suoi capelli castani, d’un tratto una voce le arriva alle orecchie –Ma cosa avrai tanto da ridere, tu?- chiede divertita. Giulietta apre gli occhi verdi e si tira su a sedere, poi mette il broncio e guarda il ragazzino biondo e dagli occhi azzurri che le sta di fronte –Non te lo dico perché tu mi prendi sempre in giro!- gli dice dura. Tebaldo sussulta e le si inginocchia accanto, prendendole le manine e stringendole tra le sue –No, scusa, io non volevo offenderti, sei molto bella quando ridi, Giulietta!- le dice serio, sua cugina arrossisce, poi sorride –So che non volevi offendermi, stavo solo scherzando!- finalmente il monello sembra rilassarsi. E’ strano Tebaldo, non parla ad anima viva ed è scontroso con la maggior parte delle persone che lo circonda, compresi gli zii che lo hanno cresciuto, ma non con lei, con lei non potrebbe mai. Giulietta gli dice spesso che crede sia caduto dalla culla e abbia battuta la testa, e forte anche, altrimenti non saprebbe come spiegare i suoi repentini cambiamenti d’umore, ma lui è così, è lunatico e non prova amore se non per lei, perché Tebaldo farebbe di tutto per quella bambina che adora così disperatamente, di un’adorazione che rasenta la follia anche se ha soli dodici anni, sarebbe pronto a sfidare il mondo per quella cugina che gli sta crescendo tra le braccia e che un giorno dovrà vedere sposata, felice con un uomo dal volto sconosciuto, un uomo qualsiasi, un altro uomo… Tebaldo si alza di scatto, il respiro affannoso, Giulietta si acciglia, confusa –Che c’è? Ho forse detto qualcosa che non dovevo?- ma sa che lui non la sta ascoltando, è lontano, troppo lontano, ogni tanto succede e lei lo sa benissimo, nei suoi occhi si può quasi scorgere il fuoco di un pensiero che lo sta divorando, Giulietta odia vedere il suo Tebaldo arso dalla tristezza, si alza anche lei e lo abbraccia di slancio, le guance le si rigano improvvisamente di lacrime mentre lo stringe forte –Tebaldo, no, stai qui, con me, Tebaldo, mi senti?- e finalmente, dopo qualche minuto, lui la sente, grazie ai richiami disperati di Giulietta riesce, a fatica, a riemergere ancora una volta da quel pozzo d’angoscia che sembra volergli murare il cuore troppo spesso. Si aggrappa a quella voce come un naufrago ad una cima, forte, e torna in sé. Tebaldo guarda Giulietta stretta al suo torace e le sorride, cercando di rassicurarla, poi la abbraccia a sua volta, le bacia la testolina scura e scaccia quel pensiero che malignamente lo stuzzica di tanto in tanto. -Giulietta, tu non mi lascerai mai, vero?- le chiede -Certo che no! Che domande mi fai?- risponde lei, indignata. -Neanche quando sarai sposata?- la frase gli esce fuori di getto, non avrebbe voluto pronunciarla. Giulietta gli sorride con le gote ancora rigate, forte dell’innocenza che solo a sei anni si può avere –Ma io sposerò te! Chi altri sennò?- il volto di Tebaldo si illumina e il bambino si sente investire da una nuova forza, così si crogiola in quelle parole che sono un balsamo per la sua anima, anche se sa che non sono vere –Già, che stupido, dimenticavo che tu sei fidanzata con me!- e prende a farle il solletico, sciogliendo la tensione di quel momento nelle loro risate squillanti e sincere, le risate di due bambini che si vogliono bene. Mentre si rotolano sul prato, Giulietta e Tebaldo non sanno che un giorno ricorderanno questa conversazione e che questa conversazione, quel giorno, farà più male che mai.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Mercuzio: troppo mascalzone per non adorarlo. ***


15 aprile 1588, Verona: -Romeo, io mi fermo al mercato a comprare del pane, tu non scendere dalla carrozza per alcun motivo, altrimenti i tuoi genitori non ti lasceranno più accompagnarmi in città, ci siamo capiti?- chiede la nutrice a quel bambino dal viso pulito e dagli occhi grandi, lui annuisce, la donna gli sorride intenerita e gli fa un’ultima carezza prima di lasciarlo solo. Non passano che pochi minuti di solitudine prima che il piccolo inizi ad annoiarsi, sta per mettersi a studiare le fibbie dei propri stivali quando sente un gran baccano provenire dalla piazza centrale di Verona. Incuriosito, Romeo sposta le cortine dai finestrini e guarda fuori, appena in tempo per scorgere un bambino sfuggire alle grinfie di un fruttivendolo arrabbiato, stringendo una mela rubata tra le mani. Il monello corre a perdifiato fino ad uno dei vicoletti vicini e poi, servendosi di qualche mattone sbrecciato, si arrampica lungo il muro, raggiungendo le sbarre di una finestra, da lì si siede a gambe incrociate sul davanzale e, guardando dritto davanti a sé, incrocia gli occhi di Romeo che lo sta ancora fissando, stavolta ammirato. Lusingato da quello che legge in quelle ridi scure, il furfante gli sorride birichino e sollevando l’indice magro, gli fa segno di raggiungerlo, anche Romeo gli sorride, poi si guarda alle spalle, della nutrice non c’è traccia, non ci pensa una seconda volta, scende dalla carrozza nello stesso momento in cui il ladruncolo salta giù dal suo trono improvvisato e in un attimo ognuno si trova faccia a faccia con l’oggetto della sua curiosità. Riccioli biondi, occhi chiari, viso da attaccabrighe - combina guai, il bambino che gli sta di fronte non può che essere il nipote del Principe, il bimbo di cui tutti parlano, lo si capisce anche dagli abiti di ottima foggia che indossa con tanto di stemma di Verona, Romeo lo studia a lungo, poi –Io lo so chi sei!- dice, il monello gli lancia un sorriso sghembo –Anche io so chi sei, qui a Verona si parla di me quanto si parla di te, ad ogni modo, io sono Mercuzio!- e gli tende la mano, Romeo la stringe –Io sono Romeo!- e i due bambini si sorridono ancora, complici, come se si conoscessero da anni e non da pochi minuti. -Vieni spesso in città, Romeo?- chiede Mercuzio che si sente improvvisamente attratto dal suo nuovo amico, desidera poterlo portare con sé per analizzarlo da capo a piedi, è una curiosità insolita quella che si fa strada dentro di lui ma è così bravo a nasconderla persino a se stesso che riesce a camuffarla anche con Romeo, che non si accorge di nulla. -In realtà no ma ora che ti ho conosciuto tornerò domani, ci sarai?- Mercuzio arriccia il naso in un’espressione tenera –Certo che ci sarò. Vuoi essere il mio migliore amico, Romeo?- e Romeo non sa se sia possibile diventare il migliore amico di qualcuno da un momento all’altro, soprattutto se questo qualcuno lo si è appena conosciuto e si hanno otto anni ciascuno, ma forse è proprio per questo che ci vuole credere, vuole credere che quel briccone dagli occhi luminosi possa diventare il perfetto compagno di viaggio nella meravigliosa avventura che è la vita. Così lascia rispondere il cuore –Sì, certo che voglio!- e gongola pensando a quando correrà da suo cugino Benvolio e gli dirà che ha trovato il terzo membro della loro piccola banda personale. In quel momento passa loro accanto una donna che tiene per mano una bambina dai capelli rossi, la bambina li guarda e Mercuzio storce la bocca –Bleah! Femmine, noi non ci separeremo mai per una femmina, vero?- Romeo scuote la testa –Mai, mai, lo giuro!- e mentre la nutrice lo richiama irritata dalla sua disobbedienza e lui è costretto a salutare il suo amico, non può sapere che ha parlato troppo presto, per scoprirlo dovrà aspettare ancora qualche anno. Ma noi, per ora, gli lasciamo fissare il visino di Mercuzio con un broncio che può voler dire solo una cosa: Romeo non vuole tornare a casa perché tornare a casa senza di lui…inspiegabilmente, gli fa già male!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Tebaldo: un uomo che non è riuscito a sconfiggere i suoi demoni. ***


Verona, 16 agosto 1596: -Dimmi che non è vero!- la porta della camera di Giulietta si spalanca all’improvviso e Tebaldo entra come una furia, senza bussare. Lei non si stupisce della collera del cugino, in fondo se la aspettava, voltando le spalle allo specchio in cui stava rimirando i capelli appena spazzolati, lo guarda stanca di dover litigare sempre con tutti, le spalle basse e gli occhi spenti, infine annuisce –E’ tutto vero, Tebaldo! Mi dispiace!- il ragazzo si volta nuovamente verso la porta e trovandola ancora aperta, si affretta a richiuderla, poi abbassa la voce, timoroso che qualcuno possa sentire la loro discussione, tuttavia il sibilo che fuoriesce dalle sue labbra è quasi più letale della lama di una spada –Ma cosa sarebbe questa storia che vuoi sposare Romeo Montecchi? Eh? Ti è andato di volta il cervello? Tuo padre non te lo permetterà mai!- le dice spietato, sorridendo in maniera sadica, vorrebbe dirle che neanche lui lo permetterà mai ma sa che la farebbe infuriare e Tebaldo non vuole far infuriare Giulietta, vuole solo farla desistere. Sua cugina si alza in piedi e lo fronteggia, scuote la testa –Tu, tutti voi, non potete capire, io lo amo!- Tebaldo sente un morso al cuore –Tu…tu…lo ami?- lei annuisce, seria. -Ma come può essere, Giulietta, perché?- i suoi occhi azzurri, così simili a quelli del bambino che voleva proteggere la cuginetta otto anni prima, eppure così diversi, più maturi, gli occhi di un uomo, si fanno lucidi –Non puoi dire sul serio, andiamo!- Giulietta si sente stringere il cuore di fronte alla tristezza di Tebaldo, in fondo è sempre la stessa bambina che otto anni prima non sopportava vederlo soffrire, e non lo sopporta nemmeno adesso –Mi dispiace, Tebaldo, davvero, non so come sia potuto succedere, è successo e basta, io lo amo!- ribadisce, lui distoglie lo sguardo, un lampo d’ira negli occhi chiari –Non puoi fare questo ai tuoi genitori!- le dice quando in realtà vorrebbe dirle che non può fare questo a lui ma forse Giulietta lo capisce lo stesso, apre le braccia –Tebaldo, smettiamola di litigare, vieni!- gli sussurra dolcemente, e come il leone che di fronte alla purezza della colomba perde tutta la sua baldanza e diventa più mansueto di un cucciolo, così Tebaldo lascia cadere in pezzi la sua rabbia e si rifugia tra le braccia di sua cugina, disperato e malato d’amore, quell’amore che fin da piccolo ha sognato per loro due e che ora vede scivolare via come sabbia tra le dita. Un sorriso amaro gli increspa il viso mentre si bea delle mani di Giulietta che teneramente gli carezzano la nuca e risalgono su, fino all’attaccatura dei capelli cortissimi –E pensare che una volta volevi sposare me!- le dice, affranto, Giulietta ride –E’ vero, avevo sei anni e stavamo giocando in giardino, lo ricordo come fosse ieri, quando ero una bambina e pensavo ad un principe azzurro, non riuscivo ad immaginarlo diverso da te, in fondo sarai sempre il mio modello preferito di gentiluomo!- anche lui ride, malgrado tutto –Sei proprio sicura di amarlo?- e vorrebbe disperatamente una risposta diversa da quella che gli arriva –Sì Tebaldo, sono proprio sicura!- il ragazzo si sente morire, si allontana da lei come scottato –Allora mi dispiace tanto ma dovrò andarmene dalla tua vita!- Giulietta lo guarda allarmata –Cosa? Perché?- chiede preoccupata, sapeva che prima o poi il germe della pazzia avrebbe contaminato il cervello di suo cugino, i medici lo avevano sempre detto, ma non pensava che quel momento sarebbe arrivato così presto, tanto presto da fargli dare questa risposta –Perché mi hai dannato, Giulietta, ecco perché! Non posso sopportare l’idea che qualcuno ti tenga tra le braccia al posto mio, soprattutto se quel qualcuno è un Montecchi! Dovevi essere mia, dovevi essere mia!- Tebaldo ha alzato la voce, in preda al delirio, i suoi occhi sono sgranati, accesi da una luce folle, cade in ginocchio, la testa fra le mani, in ginocchio sul tappeto persiano che lo ha visto bambino, giocare davanti al fuoco in compagnia di Giulietta… -Tebaldo, troverai una ragazza da amare e che ti ricambi, ora basta soffrire, non devi più pensare queste cose, capito? Mai più!- gli sussurra Giulietta, poi si posiziona dietro di lui e gli circonda le spalle, stringendolo forte –Mai più Tebaldo, capito? Mai più!- lui solleva la testa, piano, lentamente si volta verso di lei, la guarda con gli occhi di chi è sull’orlo del baratro e sta per saltare –Mai più Giulietta, te lo prometto, mai più! Anzi farò qualcosa di meglio, farò in modo di poter essere di nuovo felice al tuo fianco!- lei gli sorride e annuisce –Esatto, bravo, così!- Tebaldo le prende il viso tra le mani, intenerito –Sarai sempre la mia bambina!- le sussurra sulle labbra, è vicinissimo, Giulietta intuisce ciò che sta per accadere ma glielo lascia fare, chiude gli occhi e lo bacia, un bacio che sa di tutta la disperazione che entrambi provano al pensiero di doversi separare per colpa della fine dell’infanzia, quando si staccano Tebaldo è più sereno, il respiro ancora affannoso ma il cuore un po’ meno sanguinante. -Vedrai Giulietta, ti stupirò!- le dice sorridendo, poi si alza in piedi e posandole un ultimo bacio, casto stavolta, sulle labbra, lascia la stanza. “Ti ucciderò, no, ti ferirò, come fa lei, la sua leggerezza tu, Romeo, pagherai!” si dice tra sé, è l’unica soluzione che vede, non c’è via d’uscita, o lui o il giovane Montecchi, deve ucciderlo, come gli hanno insegnato i suoi genitori prima di morire, se vuoi qualcosa devi prendertela con la forza perché nessuno te la darà mai di sua spontanea volontà! E così Tebaldo percorre il corridoio che lo separa dalla sua camera consapevole che non si sfugge dai propri fantasmi, non sempre…una risata crudele si propaga nell’aria e sbatte contro la porta della stanza di Giulietta…la risata di un dannato che ha trovato, finalmente, la via d’uscita dall’inferno.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Mercuzio: quanto coraggio ci vuole a lasciar andare qualcosa che vorresti disperatamente? ***


Verona, 16 agosto 1596: -E così la ami, la ami davvero, ho capito bene?- chiede Benvolio che ancora non riesce a credere del tutto alle parole del cugino, Romeo sorride, estasiato dal pensiero di Giulietta –Sì Benvolio, la amo, la amo da morire e voglio stare con lei, non m’importa di nient’altro!- anche Benvolio sorride, un sorriso ancora incredulo –Capisco, bhe, non posso che darti la mia benedizione!- esclama, Romeo gli si getta al collo e lo stringe forte, quasi saltando per quanto è felice –Sì, lo sapevo, lo sapevo che avresti approvato!- quando si districa dall’abbraccio, però, Benvolio pronuncia un nome che nel chiarore pomeridiano della stanza di Romeo, risulta come un fulmine a ciel sereno –Andiamo a dirlo a Mercuzio, dai!- Romeo si irrigidisce improvvisamente, senza sapere neppure perché, poi annuisce, la mente lucida e fredda come non gli capitava da molte ore. Quando i due cugini arrivano sotto il porticato di Mercuzio, avvertono elettricità nell’aria, Romeo raccoglie un sasso e con mira impeccabile, lo lancia, colpendo il vetro di una finestra, non passano che pochi secondi e poi Mercuzio, ormai diventato adulto, apre le imposte e mette il naso fuori, li guarda, piega la testa di lato, con quella buffa espressione tenera che lo caratterizza e sorride. E’ bellissimo, splendente nella luce dei suoi sedici anni, sembra ancora il furfante che rubava mele in città, i riccioli biondi sciolti sulle spalle, gli occhi chiari accesi di curiosità e follia, il suo sguardo incrocia quello di Romeo e il sorriso gli si allarga sul volto –Scendo!- esclama gioioso, poi lascia la finestra e corre via, diretto dai suoi amici. Quando il terzetto è finalmente completo, Benvolio, che come sempre osserva in disparte i ragionamenti dei suoi amici e ride sotto i baffi vedendoli battibeccare su tutto, tira in ballo il discorso che preme sullo stomaco di suo cugino, credendo di aiutare Romeo a liberarsi finalmente di quel peso –Mercuzio, sai che il nostro Romeo ha dimenticato la bella Rosalina?- il biondo si illumina –Davvero? Cosa ti ha fatto dimenticare di lei, mio dolce Romeo?- il ragazzo soppesa la risposta, quasi timoroso di guardare negli occhi l’amico, poi fa un bel respiro e… -Giulietta Capuleti! Sono innamorato di lei, adesso!- il sorriso sul volto di Mercuzio muore lentamente, tanto che quest’ultimo si ferma nel bel mezzo della strada, gambe larghe e mani sui fianchi –Cosa?- chiede. Romeo alza gli occhi al cielo –Sì, hai capito bene, Giulietta Capuleti! Anche Benvolio stentava a crederci ma è così, fine della storia, non assillatemi, su!- Mercuzio solleva un sopracciglio, scettico, poi infila le mani in tasca e senza aggiungere altro prosegue la sua passeggiata, amareggiato senza volerlo dare a vedere. E’ scesa la sera, i tre giovani hanno camminato per tutto il pomeriggio prendendosi in giro, facendo la lotta, ricordando i vecchi tempi e litigando su almeno due argomenti di conversazione, quando si fermano sotto casa dei due cugini, Mercuzio ha una luce strana negli occhi, sembra triste ma è solo molto malinconico, Benvolio lo guarda, attento –Hei, che hai?- gli chiede piano, in fondo è rimasto lo stesso bambino che faceva da paciere quando gli altri due si davano addosso, cambiato di poco anche nell’aspetto fisico, i riccioli castani un po’ più lunghi sulle orecchie e il labbro incorniciato da un paio di sottilissimi baffetti scuri, del resto ognuno di noi conserva alcuni tratti dell’infanzia anche da grande, Mercuzio lo fissa, scuote la testa –Niente, si è fatto tardi e pare che il nostro giovanotto voglia andare a dormire presto, stasera!- dice sprezzante, Romeo lo guarda in tralice –Si può sapere che ti prende?- sbotta, irritato, Benvolio sente puzza di guai ma capisce che è arrivato il momento di farsi da parte, per una volta, così si schiarisce la voce –Ragazzi, io vado su a prendere un bicchiere d’acqua, Romeo, ti aspetto alzato, buonanotte!- e battendo sulle spalle degli amici, fugge via, inghiottito dalla scala bianca che si perde nel buio dell’ingresso di Casa Montecchi. Romeo e Mercuzio sono rimasti soli, come la prima volta che si sono incontrati, due bambini diventati due uomini, esattamente come si erano promessi, insieme! -Giulietta Capuleti! Che cosa avrà di tanto speciale, questa fanciulla, per averti fatto scordare la bella Rosalina e averti persuaso al matrimonio?- chiede Mercuzio, un sorriso spettrale sulla bocca rossa, Romeo si siede a gambe incrociate su una delle panchine che costeggiano il giardino e guarda la luna, sospirando –Non lo so, è che è lei e quando si tratta di lei tutto diventa speciale, non so se riesci a capirmi!- Mercuzio non risponde, si limita a sedersi accanto a lui, ma la realtà è che lo capisce benissimo. Quella sensazione lui l’ha provata prima che Romeo incontrasse Giulietta Capuleti, l’ha provata per anni, la prova ancora, nonostante tutto. Ha avuto tanti amanti, troppi forse, fra uomini e donne, ma mai nessuno è stato speciale come quello che avrebbe desiderato avere per sempre accanto e che non è mai riuscito a conquistare, sospira anch’egli e abbassa gli occhi su Romeo –Ti capisco Romeo, vorrei non esserne capace ma purtroppo posso!- l’amico piega la testa di lato, confuso –Che vuoi dire?- a quel punto il biondo scoppia a ridere e per un attimo sembra avere ancora otto anni, ma quell’impressione dura il tempo di un battito di ciglia, quando si fa nuovamente serio, sembra addirittura invecchiato. –Voglio dire che anche io sono innamorato!- Romeo si illumina –Davvero? Non me lo avevi detto! Quando è successo?- una lacrima bollente solca il viso di Mercuzio e sparisce nella barba prima di toccare il suolo –Possibile che tu non capisca, Romeo?- ed è in quel momento che Romeo capisce, il sorriso gli scivola via, sostituito dalla più grande espressione di tristezza che possa anche solo provare a mostrare un essere umano, scuote la testa, quasi sconvolto –No Mercuzio, ti prego, non farmi questo!- ma è troppo tardi. Mercuzio lo abbraccia e seppellisce il viso nel suo collo, inspirando forte, il corpo scosso da tremiti, da quando lo conosce, Romeo non lo ha mai visto piangere, è sempre stato il suo eroe senza macchia e senza paura, adesso invece sembra la cosa più fragile che abbia mai sorretto, lacerato dall’amore per quel giovinetto dagli occhi grandi che una limpida mattina ha spostato le cortine dal finestrino della carrozza per scoprire il suo baccano. Romeo lo stringe a sé, sussurrandogli di calmarsi, baciandogli la testa e respirando forte, dopo lunghi minuti di attesa, finalmente Mercuzio si rilassa, alza il capo, le guance bianche rigate di lacrime, sorride, un sorriso che non ha nulla di allegro, solleva le spalle –Non ti preoccupare Romeo, prima di amarti ti ho voluto molto bene e te ne voglio ancora, sii felice con la tua Giulietta, non pensare a me, mi passerà, vedrai!- Romeo vorrebbe dire tante cose ma la voce non gli esce, si limita ad annuire sentendosi stupido per non riuscire a fare di più. Mercuzio getta lo sguardo alle spalle dell’amico, poi sulla casa, per assicurarsi che nessuno sia affacciato alle finestre, asciuga frettolosamente gli occhi e poi, veloce come un lampo, si apre in un sorriso diverso, un sorriso birichino, il sorriso del Mercuzio combina guai, fa segno all’amico di fare silenzio, poi si china su di lui e, prendendogli il volto tra le mani, posa la bocca sulla sua, Romeo non si ritrae, sorpreso e triste, sente che quello è un bacio d’addio anche se non sa perché, Mercuzio indugia sulle labbra del ragazzo un lunghissimo minuto, quando si stacca, gli sorride rassegnato –Sposala e siate felici, sarò sempre al tuo fianco, quando lo vorrai, lo sai! Buonanotte, amico mio!- poi si alza e fugge via, lasciando Romeo solo nel giardino di casa, con la sensazione che Mercuzio non avrebbe dovuto andarsene, non ancora. Di lì a poche ore la vita gli porterà via per sempre il suo prezioso compagno di giochi ma lui non può ancora saperlo, resta a guardare la luna ancora un po’, poi si alza e raggiunge Benvolio, il cuore diviso a metà…per la prima volta da quando conosce la sua bellissima Giulietta.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3585869