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di HarleyGranger98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'esame ***
Capitolo 3: *** Sole, cuore, felicità ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il rumore era diventato assordante e la teneva sveglia come ogni sabato sera. Aveva dormito poco durante tutta la settimana, probabilmente per un effetto collaterale delle pillole, e proprio quando sembrava fosse riuscita a lasciarsi sprofondare nell’oblio delle braccia di Morfeo, le voci dei giovani ubriachi e trasandati, che incuranti sparavano musica a tutta forza, la riportarono prepotentemente nel mondo della realtà. Cercava di ignorarli, di continuare a dormire, era quello di cui aveva bisogno, ma a quanto pare l’universo aveva deciso che non era quello che meritava. Così si alzò iniziando a camminare nervosamente su e giù per la stanza buia, ondeggiando involontariamente al ritmo di quella musica che tanto odiava. Cercò di allontanarsi dal suono rinchiudendosi in cucina, ma la posizione della casa non le permetteva di ignorare niente, figuriamoci la musica. Si diresse in bagno, in cerca di qualche pillola che l’aiutasse a dormire, ma scoprì con gran rammarico che la sua insonnia settimanale le aveva portate via tutte, e questo la rese ancora più nervosa. Non potendo riprendere sonno decise allora di svegliarsi totalmente, si sciacquò il viso con l’acqua fresca del rubinetto, si asciugò distrattamente e velocemente tanto da lasciarlo umido e in parte ancora bagnato. Proprio in quel momento un urlo si propagò in tutta la piazza riuscendo ad entrare anche in casa. Temendo che fosse successo qualcosa di brutto si precipitò fuori, sul balcone che dava proprio sullo spiazzale pieno di pub  e cercò di capire  chi aveva cacciato quell’urlo così assordante, e principalmente perché. Con gli occhi passò in rassegna ogni piccolo sottogruppo di giovani della piazza e poi di nuovo, un altro urlo. Cercando di capire da dove provenisse si girò sul posto e sporgendosi dalla ringhiera vide un branco di ragazzi; si, un branco pensò, perché urlare a quell’ora della notte era proprio da animali e non certo da giovani educati, che facevano a gara per vedere chi riusciva a urlare più forte. Arrabbiata, infastidita e assonnata si voltò dall’altra parte, afferrò la sedia che teneva sempre fuori sul balcone, la portò vicino la ringhiera e si sedette, lasciandosi accarezzare dal vento autunnale della sera, e lasciando vagare i suoi occhi sulla piazza. In uno dei tanti pub una giovane ragazza attirò la sua attenzione, dai capelli castani e l’aria di chi non voleva proprio stare lì. Aveva uno sguardo perso, triste e l’anziana signora non poté fare a meno di chiedersi cosa avrebbe potuto far intristire quegli occhi così giovani che avevano visto ancora così poco del mondo. Pensò che probabilmente era in pena per un povero idiota che aveva preferito trascorrere la serata con qualche bionda dalle gambe chilometriche invece che con lei, o che l’amica del cuore l’aveva allontanata, o che non era soddisfatta della sua vita. Iniziò a costruire storie su storie cercando di indovinare quale delle tante si avvicina di più alla verità. “Che povera e inutile anziana che sono” pensò la signora “intenta a inventare storie su una ragazza sconosciuta invece di preoccuparmi dei miei problemi, come la bolletta della luce, l’affitto e la spesa” ma più cercava di non pensarci, di trovare un modo di conciliare il suo sonno, più l’immagine della ragazza si faceva largo nella sua mente prepotentemente. Non riusciva a capire da dove veniva tutto quell’interesse, e poi, all’improvviso ecco che apparve forte chiara e lucida nella sua mente, una foto di lei di quando era ancora giovane, ricurva sul suo cellulare, con un’aria non proprio allegra, e in un istante capì. Cosí con il cuore ancora amaro e i pensieri della sua testa ancor di piú iniziò, controvoglia, a scendere una scala mentale che la riportò alla magnifica età di 18 anni, quando aveva ancora un futuro meraviglioso che le si proiettava davanti, ancora insicuro e indefinito, certo, ma che sapeva sarebbe stato grandioso. Si lasciò cullare dai ricordi e lasciò che questi le narrassero una storia, non una di quelle terribilmente belle, ma una terribilmente vera, che iniziava con una giovane fanciulla seduta al tavolino di un pub 60 anni fa.

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Capitolo 2
*** L'esame ***


Din din din!! Un suono forte e stridulo mi sveglia. Din din din! Apro gli occhi. Din din din. Mi serve un minuto per capire dove sono. Mi giro verso il comodino e stacco la sveglia del telefono. Le 6:45 mi dice il display. È già tardi, ma in fondo sono in ritardo da sempre, quindi perché smettere proprio ora? Mi alzo rapidamente e noto con piacere che la mia mente è già sveglia e reattiva. Mi dirigo in bagno, mi infilo nella doccia e lascio che l'acqua fresca mi ricada sulle spalle, poi alzo la testa e lascio che anche questa si bagni. 10 minuti dopo sono già fuori vestita e con il phon in mano. Guardo il mio volto allo specchio, un volto giovane e fresco. Mi fisso attentamente negli occhi, i miei occhi dentro i miei, marrone dentro marrone. Li guardo così a lungo che sembra quasi di vedervi un tunnel infinito dentro, e per la prima volta capisco cosa intende dire mia madre quando dice che i miei occhi sono talmente grandi da far paura. Continuo a guardarli cercando una fine, una fine che a quanto pare non esiste, assurdo, proprio oggi dovrei avere altri pensieri per la testa, pensieri più importanti, in fondo oggi era il giorno in cui mi sarei lasciata un pezzo di vita alle spalle, il giorno in cui sarei diventata adulta e probabilmente una disoccupata a tempo pieno. Oggi è il giorno della mia maturità, e io sono ancora davanti lo specchio a indagare nei miei occhi. Ed ecco che attraverso lo specchio vedo arrivare da dietro di me mia cugina, tutta assonnata e rintontita. << Scusa, il phon ti ha svegliata? >> << No no, ma perché non mi hai svegliata? >> mi dice strofinandosi l'occhio con il dorso della mano << Volevo lasciarti dormire, non c'era motivo di svegliarti adesso >> << Posso andare in bagno? >> dice ignorando completamente quello che le avevo appena detto << Certo >>. Lei entra e si siede sul water liberando la vescica. << Come ti senti? >> mi chiede mentre è ancora seduta << Normale >> le rispondo, e mentre lo dico percepisco che questa è la verità, strano, tutte le persone che hanno affrontato questo esame si sono sempre sentite almeno un poco in ansia, io no. Perfino in quel momento c'erano persone in altre case con l'agitazione alle stelle, anzi, persone a cui l'agitazione era venuta una settimana prima, mentre io niente, calma più totale. Non so se questo mi tranquillizzi, perché in fondo so di essere molto preparata, o mi spaventi perché magari non so di essere stupida, ma in ogni caso ormai è il grande giorno e mi rassegno dicendo tra me e me che se non dovessi essere preparata come penso di certo non posso porvi rimedio adesso. Torno in camera, prendo il mio telefono e vedo due messaggi, uno da parte di Emilia che mi augura buona fortuna, e uno di Letizia, che mi avvisa che è già sul motore. Mi trucco in fretta, a furia di guardarmi negli occhi non mi sono resa conto del tempo che passava e adesso è proprio tardi. << Fiona! Scendiamo è tardi! >>. Afferro velocemente il carpettone, con cui in pratica dormivo da due settimane, e mi fiondo verso la porta di casa. Fiona compare dal nulla e con la sua solita calma, che spesso mi fa infuriare, mi dice << Aspetta El, bevi almeno un bicchiere d’acqua prima di scendere >>. Tipico di Fiona, per lei è improponibile scendere da casa senza mangiare e senza bere, per lei non farlo significa che sicuramente sentirsi male, e quindi costringe tutti, ma la cosa mi va bene, so come è fatta e so che tutto quello che fa lo fa perché tiene alle persone. Per non iniziare un dibattito vado in cucina e bevo un bel bicchiere d'acqua, in effetti ci voleva. Chiudo il frigo la guardo e dico << Adesso possiamo andare? >> << Si >>mi dice con sguardo soddisfatto. Una volta scese di casa e arrivate finalmente alla macchina vedo Nausicaa e Sophie che ci aspettano. Sophie ha già fatto l'esame due giorni fa mentre Nausicaa deve farlo oggi come me. Saliamo in macchina e subito Sophie dice << Come sta la maturanda? >> << In realtà molto tranquilla >> e penso che la stessa domanda deve averla fatta anche a Nausicaa poco prima, e immagino che la sua risposta sia stato moto diversa della mia, ansiosa com’è. << Dobbiamo fare una fermata prima di andare a scuola, vi dispiace? Dobbiamo andare a prendere Letizia >> dice mia cugina << No no >> risponde tranquillamente Nausicaa, ma io la conosco, so che nonostante cerchi di apparire tranquilla in realtà dentro sta proprio morendo. Fiona mi guarda << Rob già è lì >> mi annuncia e mette in moto. Finalmente arriviamo a destinazione, e mentre ci dirigiamo al cancello vedo Rob con le spalle e una gamba appoggiata al muro. Non posso credere che sia venuto veramente. Lo diceva fin dall'inizio dell'anno, ma Rob è uno che cambia spesso idea, anzi, lui è l'incarnazione del "Panta rhei" di Eraclito, quindi non ho mai creduto realmente che sarebbe venuto, e adesso invece eccolo qua, arrivato con mezz'ora di anticipo, ad aspettare me. Non so se sia venuto per me, per sostegno o per prendermi in giro a vita nel caso in cui dovessi sbagliare qualcosa. Ci salutiamo e ci sediamo tutti insieme sulle scale antincendio fuori dall'edificio. Rob mi prende il carpettone dalle mani<< Come ti senti?> > mi dice con l'ombra di un ghigno sulla faccia << Sto bene, so di essere preparata quindi non ho motivo di preoccuparmi >> lui mi guarda a metà, tra l'essere soddisfatto per la mia risposta e l'esserci rimasto male. Con ancora il mio carpettone tra le mani, gli dà una rapida occhiata << Perché ti sei portata sto coso? >> << Per ripassare? >> gli rispondo con il tono di chi pensa che la risposta sia ovvia << Ma lo sai che quello che sai, sai, vero? >> << Certo che lo so >> dico un po’ stizzita << E allora perché l'hai portato? >> Ma che gli importa? << Per sostegno psicologico, Robert! >> sta già iniziando a farmi venire i nervi. << Ma credevo che fossi tranquilla... >> dannazione! Questo ragazzo ha la capacità straordinaria di rigirare le mie parole e usarle contro di me << Mi stai stressando Robert >> dico cercando di mantenere la calma e strappandogli il carpettone dalle mani. << Rey! >> sentiamo da dentro la portineria. Guardo la mia compagna Meredith che è arrivata poco prima di me, sembra tesa, o eccessivamente rilassata, non la conosco molto bene nonostante i 5 anni nella stessa classe. Lei ricambia il mio sguardo e le dico << Buona fortuna >> e proprio mentre lei entra vedo arrivare Giorgia. Finalmente! Aspettavo lei! L'unica delle mie compagne con cui abbia instaurato un rapporto sincero. Mi alzo e le corro incontro, lei fa lo stesso con le braccia aperte. << Sei arrivata! Abiti qua dietro perché ci hai messo così tanto? >> << Non importa sono qui! Che hai? Come ti senti? Vuoi una caramella? >> dovevo immaginare che mi avrebbe fatto le solite tre mila domande che rivolge alle persone per cui è in ansia. << Non ho niente, mi sento tranquilla e la caramella la voglio solo se è alla menta! >> << Meredith è già entrata? >> << Si, ora >> << Tu che vuoi fare? Aspetti fuori o entri? >> mi chiede. So che lei vuole entrare, Meredith è tra quelle che venivano sempre considerate le più brave (talvolta senza neanche un vero motivo) insieme a Giorgia, e nonostante il rapporto pacifico e di stima reciproca tra le due c'è sempre stata comunque molta concorrenza. << Tu vai, io entro tra poco >>. Guardo l'orologio, sono passati già cinque minuti da quando Mer è entrata, alzo lo sguardo sugli altri e chiedo << Entriamo? >> << Non vuoi ripassare? >> mi chiede Fiona << No no >> e faccio per entrare. Una volta dentro la sensazione è sempre la stessa, calma.... Calma totale. Ascolto le domande che rivolgono all’interrogata e noto con soddisfazione che so rispondere a tutto, ma questo mi fa preoccupare un poco. Se stavano facendo adesso le domande a cui sapevo rispondere c'era la possibilità che quelle che avrebbero rivolto a me avrebbero potuto crearmi qualche problema. Mi fermo un attimo a respirare, e caccio via quei pensieri lontani da me. Avevo mantenuto la calma fino a quel momento perché sapevo che l'ansia e la paura non mi avrebbero aiutato. In questo momento sto dicendo fanculo all'intelligenza emotiva di Goldman, per far spazio alla cara e vecchia razionalità, fin quando sento << Signorina cosa le piacerebbe fare da grande? >> oh merda! Ha finito! Ha finito! Ora tocca a me! E ancora in preda al panico mi fiondo fuori, con Fiona, Letizia, Rob e Sophie alle mie spalle. Arrivata fuori, l'aria fresca mi riempie i poloni e mi sento subito meglio. << È stata brava >> << Si ma sicuramente lei uscirà con cento >> << A me non è piaciuta tanto >> Ascolto i commenti degli altri in silenzio, li sento ancora parlare, finché non smettono di parlare e si voltano tutti verso di me quasi aspettandosi un mio commento << È stata brava >> dico in fine con un tono forse un po’ piatto, mentre un poco d'ansia si fa strada nel mio petto, ancora domabile certo, ma mentirei se dicessi di essere tranquilla come quando mi sono svegliata. Probabilmente la nascita dell’ansia traspare dalla mia faccia, perché Rob si avvicina a me e da buon amico, quale è in fondo, mi dice << Tranquilla, le cose le sai >> ma non faccio in tempo a rispondere che alle mie spalle sento la professoressa dire << Spoto! >>. Do tutto quello che ho a Fiona ed entro dentro con solo le mappe in mano. << Buongiorno >> dico cercando di mantenere la calma, e per apparire il più normale e disinvolta possibile inizio a distribuire le copie che ho in mano, e solo in quel momento, nel momento più sbagliato che potesse esserci, mi accorgo che la mia mano sta tremando. Mi siedo cercando di ignorare il mio tremore, mentre una schiera di occhi mi squadrano. << Allora, di cosa vuoi parlarci? >>. Mi rendo conto che non è scritto in maniera perfetta, ma ci sto provando, vi chiedo di avere pazienza. Spero che con l'andare avanti la storia vi intrighi, ancora è noiosa, siamo ancora al primo capitolo e la storia deve ancora essere delineata. Vi chiedo di essere indulgenti

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Capitolo 3
*** Sole, cuore, felicità ***


Libera! Dopo mesi e mesi di paranoie, commenti scomodi e paure, libera! Libera dopo mesi sui libri fino a notte fonda, dopo un anno terribilmente stancante, ero finalmente libera! Uscii da quell’aula soddisfatta di me. Ero riuscita a rispondere correttamente ed esaurientemente ad ogni domanda ed ero persino riuscita a strappare qualche complimento da alcuni membri esterni della commissione. Se ero entrata con qualche dubbio su quello che sarebbe stato il mio voto finale, adesso non avevo più alcun dubbio, avrei avuto il mio 80. Appena uscita tutti mi si avvicinano e mi abbracciano ripetendomi a turno che ero stata bravissima. Giorgia non faceva altro che dire che l’80 era sicuro, Fiona invece mi sorrideva dicendomi che sarei stata quella col voto più alto della famiglia, solo Rob si mostrava più taciturno, e quando alla fine aprì bocca desiderai tanto che non l’avesse fatto << Ma come fai a non saper rispondere a una domanda sui vulcani? >> Ecco, dovevo immaginarlo, un esame perfetto, complimenti da parte della commissione e lui si sofferma sull’unica domanda in cui avevo avuto difficoltà a rispondere, tipico di Robert… << Ho risposto alla domanda, se non l’avessi notato, ho solo avuto difficoltà a ricordare il caso specifico che mi aveva chiesto > > rispondo stizzita mentre lui si aggira nell’atrio con le mani in tasca, con lo sguardo poco attento a me ma concentrato su tutto il resto pronto a ribattere, ma proprio in quel momento interviene Fiona << Fottiti Rob, è stata bravissima >> e Giorgia segue Fiona a ruota libera sostenendo che, se fosse stato per lei mi avrebbe dato il massimo, facendomi superare tutte quelle capre che nell’arco di 5 anni erano sempre state considerate superiori a me per chissà quale motivo. Io l’ascolto, e nel profondo le credo, sento che ha ragione, è andata bene, anzi, è andata splendidamente! E quella stupida domanda, quella domanda che, conoscendolo, Rob mi avrebbe rinfacciato per il resto della mia vita, era solo una microscopica macchia sul mio esame perfetto. << Va bene, adesso basta, tutti in macchina che si va al mare! Elena tu cambiati che noi ti aspettiamo in macchina >> dice Fiona con il tono di un maresciallo che pretende che vengano rispettati gli ordini dati, e senza fare storie obbedisco da brava cadetta. Mentre mi dirigo verso il bagno mi raggiunge Rob, mi afferra per un braccio e mi fa voltare¸ resto a guardarlo per qualche secondo e poi lui mi dice << Io non vengo al mare. Salutiamoci ora >>. Immaginavo non sarebbe venuto, Rob non va molto d’accordo con il mare, così senza iniziare una battaglia persa in partenza gli rispondo solo << Va bene. Ciao >> lui mi si avvicina, mi posa un bacio sulla guancia e va via, mentre io lo guardo allontanarsi. Nonostante il fatto che mi aveva dato sui nervi per il 90% della mattinata, mi sarebbe piaciuto averlo intorno anche al mare…anche solo per affogarlo. Il pensiero però passa velocemente quando mi ricordo che mi sono appena diplomata, che stavo per andare a mare dopo un anno, e che mi aspettava una lunga estate oziosa. Il mare non era sporco, ma non era esattamente come ai caraibi come invece era solito essere, ma alla fine non importava. Posammo tutto velocemente e impazienti io Giorgia e Sophie ci tuffammo in acqua ridendo e scherzando come delle bambine. Felice come una pasqua, ma ancora stanca per l’anno massacrante che avevo avuto, iniziai a nuotare allontanandomi dalle mie compagne. Nuotai e nuotai fin quando i miei piedi non toccarono più la sabbia e la spiaggia divenne un punto lontano. Sola con me stessa, lasciai che il mio corpo galleggiasse da solo, rilassandomi e godendomi la dolce cantilena che l’acqua mi sussurrava nelle orecchie. Allo stesso modo del mare sotto di me, lasciai che i miei pensieri scorressero, li feci scorrere e scorrere, toccando qualsiasi argomento, lasciandoli scorrere liberi e indomabili quasi a mo’ di brain storming. Apprezzavo a pieno quella sensazione di pace che mi regalava la natura. Forse ero una delle poche persone ad apprezzarne e a coglierne realmente il valore. In un’epoca in cui facebook è la piattaforma su cui riversare, professare e mostrare i propri “sentimenti”, e dove gli occhi, le risate e gli abbracci delle persone vengono sostituite dalle note vocali su whatsapp o da una videochiamata, l’uomo ha ormai perso la concezione della natura, di se stesso e di chiunque lo circondi. Non so, forse pecco di presunzione, o di mancanza di fiducia, ma sono convinta di essere realmente una delle poche a pensarla così. Ero via da ormai 15 minuti buoni, e per evitare di dare preoccupazioni tornai alla spiaggia. Arrivata a destinazione Letizia mi informa che sono arrivati dei messaggi. Presi il telefono. 34 messaggi sul gruppo della classe. Non potevo crederci. << Sono usciti i risultati finali >> dico con i nervi a fior di pelle alzando lo sguardo su Giorgia e Sophie << Leggi! Veloce! >> mi dice Giorgia senza curarsi di nascondere l’ansia nella sua voce. Inizio a scorrere… << Sophie 80, io 87 e tu… 100! >> non faccio in tempo a finire la frase che Giorgia si è già alzata correndo e urlando verso il mare. Io e Sophie ci guardiamo, realizziamo il tutto, e replichiamo quello che ha appena fatto Giorgia. 87. 87 significava che avevo ottenuto il massimo alla prova orale, che ero stata talmente brava da meritare il punteggio massimo, insieme soltanto ad altri pochi miei compagni. Ero riuscita a superare quelle capre che per anni si erano professate migliori di me campando sulle spalle di un’unica brava. Il massimo. Io. Elena Spoto, avevo ottenuto il massimo! A dispetto di tutti, a dispetto di chi aveva voluto abbassarmi i voti finali, di chi avrebbe voluto farmi cambiare tesina o di chi si soffermava sull’unica domanda a cui avevo faticato a rispondere. Avevo avuto il massimo, e per la prima volta nella mia vita, pensai che forse ero degna di fiducia. Pensai che se ero riuscita ad ottenere il massimo in quell’occasione, sarei potuta riuscire ad ottenerlo altre volte. Una vita intera a dubitare di me stessa, a non sentirmi mai abbastanza, era arrivata la prova che potevo realizzare qualsiasi cosa io volessi. Non era una sensazione familiare, anzi, e mi piaceva così tanto che avrei voluto sentirmi così per sempre. Mentre pensavo a tutto ciò Fiona si precipitò accanto a me schizzandomi e buttandomi le braccia al collo << Brava! Stasera usciamo a festeggiare >> io ricambiai l’abbraccio più felice che mai. Lo so che al momento può sembrare noioso, ma il bello inizia proprio adesso. Elena era convinta che avrebbe passato l’estate più bella della sua vita, ma non sapeva cosa l’aspettava, o CHI l’aspettava. Si ritroverà a vivere in un mondo parallelo, in cui l’unica cosa che può fare per trovare un momento di serenità e pace, è l’unica cosa che non sa smettere di fare. Ragionare e agire d’impulso, e quando si ritroverà con la corda al collo capirà che è il momento di scegliere. Seguire la pancia, o la testa? Sapendo che da queste sue azioni sarebbe dipeso il resto della sua vita.

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