Inferno e Paradiso

di cin75
(/viewuser.php?uid=558888)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** UNO ***
Capitolo 2: *** DUE ***
Capitolo 3: *** TRE ***
Capitolo 4: *** QUATTRO ***
Capitolo 5: *** CINQUE ***
Capitolo 6: *** SEI ***



Capitolo 1
*** UNO ***


Erano di certo venti minuti abbondanti che Misha se ne stava davanti alla vetrina della gioielleria del centro di Glendale a fissare quell’anello che, pur nella sua semplicità, sembrava brillare più degli altri anelli appariscenti e costosi.

“Andiamo Misha! Che stai aspettando amico. E’ quello giusto e Vicky è quella giusta. Devi solo fare l’ultimo passo. Prendi un bel respiro, entra lì dentro e fa la cosa giusta!” fece Jared alla sua destra.
“Sì, hai ragione. Devo fare la cosa giusta e Vicky è…lei è …davvero fantastica.” convenne Misha.
“Ma stiamo scherzando, vero?” fu la replica quasi isterica dall’altro lato del ragazzo. “Non vorrai davvero buttare all’aria tutta la libertà e l’indipendenza che ti sei faticosamente conquistato? Sei giovane, Mish!!” replicò stizzito Jensen che invece era alla sinistra del ragazzo in dubbio. “Devi goderti la vita. Guardarti attorno. Bionde, more, rosse, tinte, naturali…la vita ti offre ancora infinite possibilità e tu che vuoi fare? Incastrarti da adesso nel…..sacro vincolo del matrimonio?!” recitò calcando teatralmente sulle ultime parole.
“Forse…forse è vero!! Forse è presto. Magari…magari potrei….” sembrò vacillare improvvisamente quello che sarebbe dovuto diventare un prossimo neo sposo.
“Ma per favore, sta’ zitto!!” fu il rimprovero che arrivò dal lato destro. “Misha non è superficiale come te o tutti quelli come te. Lui sa quale è la cosa giusta. Lui sa quello che deve fare e ciò che deve fare è entrare e prendere questo bellissimo anello che poi metterà al dito di Vicky!”
“No!” replicò quello alla sinistra. “Quello che deve fare è farsi una vita, farsi le ragazze che quella vita gli offrirà e quando se ne sarà fatte abbastanza e avrà guadagnato abbastanza, allora non si limiterà a questo anellino da macchinetta dei giocattoli. Ma potrà comprarne uno che meriti di chiamarsi anello!” lo provocò Jensen, sperando di toccare Misha nel proprio orgoglio di uomo.
“In effetti….in effetti è piccolo come anello. Forse…” tentennò Misha.
“Vedi che ho ragione!” esclamò vittorioso Jensen.
“No che non hai ragione!” lo rimproverò Jared fulminandolo con lo sguardo. E poi si rivolse a Misha. “Ascoltami! Misha , ascoltami. Vicky non è superficiale come qualcuno di nostra conoscenza!!!” calcò con il tono guardando il biondo accanto a loro. “Vicky sa quello che questo anello significa e non guarderà alla grandezza fisica o al carato, ma guarderà a quanto sia grande ciò che significa!” provò a convincerlo.
“Sì, lei..lei non è una ragazza venale. Lei è simpatica, intelligente, un’ascoltatrice attenta , un interlocutrice sagace, onesta e decisamente più saggia di me. Dolce con i bambini, ma severa quando ce n’è bisogno…” elencò Misha, ricordando i vari e molti motivi per cui si era innamorato di Vicky
“Per favore. Smettila di recitare Shakespeare. Non stiamo mettendo in scena Molto rumore per nulla e tu, di certo, non sei Benedetto che parla di Beatrice !!” si lamentò esasperato Jensen.
“Lascialo stare, Jensen!” intervenne Jared. “Solo chi è innamorato sul serio cita il grande poeta!” fece orgoglioso Jared.
“Ma per favore!! Quel tipo non ha fatto che scrivere tragedie sull’amore. Ha ammazzato, fatto impazzire, soffrire, penare indicibilmente chiunque avesse a che fare con l’amore e tu ?... “Solo chi è innamorato cita il grande poeta!!” ! ” lo canzonò Jensen. “Se aspetti ancora, vedrai!! Ci ritroveremo con un cadavere tra le mani!” lo provocò.

“Non ascoltarlo, Misha. Ascolta me e fa la cosa giusta!” si riprese Jared.
“No!! Ascoltami, Mish. Non rovinarti la vita. Devi schiodarti da questa vetrina. Gira l’angolo, infilati nel primo bar che trovi e festeggia la tua libertà. Lascia stare Mr. Cosa Giusta !!” replicò Jensen.
“No, Misha. Ascoltami. Io…”
“No, Mish. Ascolta me. Io so…”
 

E in quel preciso momento, quasi per incanto o magia o miracolo, Misha si ritrovò da solo davanti alla vetrina della gioielleria.
La testa finalmente vuota e leggera da quelle incitazioni. Era quasi come se alla fine avesse la possibilità di pensare lucidamente.
 

******** 
Molto molto molto lontano, in una sorta di ufficio dove vigeva uno soffuso silenzio spezzato solo da una musica che definire celestiale sarebbe stato banale, Jared, era seduto su una poltroncina bianca, al centro della stanza.
Dinnanzi a lui , una scrivania vuota.
Il giovane era decisamente nervoso. Misha era il suo primo incarico da angelo custode e ritrovarsi in quella situazione non lo rassicurava, anche perché , e di questo era sicuro, il suo compito era rimasto senza ombra di dubbio incompleto.
“Incompleto è un eufemismo, Jared!” risuonò una voce severa all’interno della stanza.
“O Dio!!” si ritrovò ad esclamare un po’ per paura e un po’ perché preso di sorpresa.
“No! Sono solo un suo fidato attendente.”
“Perché sono qui? Ho sbagliato in qualcosa?”
“Quale credi che sia il compito di un angelo custode, Jared?!” chiese la voce con una sorta di curiosità o forse divertimento.
“Ehm!! Io…cioè…indicare al proprio protetto verso quella che è la giusta direzione!” recitò come da manuale.
“Appunto. “Indicare” non “Obbligare”!” sottolineò la voce. “Nostro Signore ha donato agli uomini il libero arbitrio perché sappiano scegliere e accettare poi le conseguenze di quella scelta. Non è nostro compito dire loro cosa fare o cosa non fare. Cosa sia giusto o cosa non lo sia. Come comportarsi o come non comportarsi. Noi dobbiamo semplicemente indicare la porta. Poi, starà a loro decidere se oltrepassarla!” spiegò con autorità quella presenza.
“Sì, capisco!” fece remissivo e colpevole Jared, cosciente dell’errore che aveva commesso con Misha. “Ma Misha è un bravo ragazzo. Lui merita di essere felice e c’era…c’era quel…” sibilò adirato tra i denti ricordando quel terzo incomodo così irritante.
“Non cambia nulla. Se iniziamo a fare le scelte per loro… dove andremo a finire? Questo è il Paradiso , non Wall Strett. Se si sparge la voce tra gli uomini che gli angeli faranno per loro le scelte più difficili, scelte di cui non possiamo garantire l’esito, manderemo in fumo quello che si chiama “fiducia del consumatore!”” sembrò rimproverarlo.
“Sì. Sì.” ammise ormai cosciente dell’errore, il provetto angelo. “Cosa accadrà di me, adesso?!” chiese con un minimo di timore.
“Io e gli altri del consiglio ne parleremo. Tu nel frattempo resterai qui in contemplazione. Tornerò da te con ciò che sarà il nostro giudizio!” e poi Jared non sentì più nulla se non, di nuovo, la musica che l’aveva accolto.
“Mi sa che sono nei guai!” sussurrò a se stesso, l’angelo.
 

********* 
Molto molto molto lontano, in un altro ufficio, ben diverso dal primo, dall’aria più opprimente e severa, Jensen, anche lui seduto su una poltroncina di un rosso fuoco acceso, se ne stava in attesa di sapere come mai di quella convocazione improvvisa, prima di finire di “imbambolare” il suo assistito Mish.
“Sai perché ti trovi qui, Jensen?!” fece una voce decisamente alterata.
“Porco Diavolo!!” esclamò preso di sorpresa, il demone.
“Linguaggio ragazzo!!” tuonò rabbioso nella stanza. “Anche se non sono lui, porta rispetto!”
“Chiedo perdono… maestro?” azzardò e poi: “Signore?” e poi ancora, sperando in un indicazione provò ancora: “Padrone?!”
“E’ meglio che tu non sappia con chi hai a che fare!” fece. “Almeno per il momento!” precisò e Jensen si ritrovò a deglutire timore.
“Come mai sono qui prima di aver portato a termine il mio compito?!” chiese alla demoniaca presenza.
“Qual è il compito di un demone tentatore , Jensen?!” domandò di rimando la voce.
Jensen si guardò un attimo spaesato attorno come se stesse mettendo insieme la risposta che poteva essere quella giusta e poi rispose.
“Fare tutto quello che è possibile per portare sulla strada della perdizione il proprio… assistito!” recitò, anche lui, come da manuale.
“E tu? Cosa credi di aver fatto?!” chiese curioso il suo interlocutore invisibile.
“Io…io…ci stavo lavorando!” constatò anche se non proprio convinto Jensen.
“No. Tu stavi dicendo al tuo soggetto ciò che doveva fare. Non  lo stavi tentando. Tu gli stavi porgendo su un piatto d’argento tirato a lucido quello che sarebbe dovuta essere la sua scelta. Scelta che doveva essere solo tentata e non spiattellata.” gli disse facendogli presente il modo in cui stava agendo con Misha.
“Ma io…” provò a scagionarsi.
“Niente ma!! Questo è l’Inferno, non Wall Strett. Se si sparge la voce tra gli uomini che i demoni faranno per loro le scelte più difficili che poi non saranno esaudite, manderemo in fumo quello che si chiama “fiducia del consumatore!””
“Lo so. Ho capito. Ma io volevo solo…e poi c’era lui…c’era quel..” provò ancora a giustificarsi ma fu prontamente interrotto.
“Ora basta scuse!!” proferì austera la voce infernale.
“Cosa accadrà di me ora?!” si arrese Jensen, abbassando il capo mestamente.
“Io, con il consiglio ne parleremo. Tu resterai qui a contemplare le tue pene e poi io tornerò da te con il giudizio.” e tutto svanì.
“La vedo male!” si disse sottovoce, il demone.
 
 
Per quanto tempo, Inferno e Paradiso, fecero attendere i due, non è dato sapere. Quello che si racconta è che nello stesso momento la sentenza venne declamata e il giudizio assegnato.
“Jared, a causa del tuo errore, il consiglio celeste ti condanna a diventare umano per un periodo la cui durata non ti è data di sapere. Vivrai tra gli uomini come un uomo. Patendo e gioendo della vita umana. Imparerai a fare le tue scelte e ad accettare le conseguenze di quelle stesse scelte. Così è deciso.”
 
Esattamente come in Paradiso , anche all’Inferno avveniva la stessa cosa.
“Jensen, a causa del tuo errore, il consiglio demoniaco ti condanna a diventare umano per un periodo la cui durata non ti è data di sapere. Vivrai tra gli uomini come un uomo. Patendo e gioendo della vita umana. Imparerai a fare le tue scelte e ad accettare le conseguenze di quelle stesse scelte. Così è deciso.”
 
I due non ebbero nemmeno modo di replicare o di implorare pietà ad entrambi i Tribunali che l’avevano condannati.
Un grido di profonda sofferenza riecheggiò nei meandri del Paradiso e dell’Inferno quando Jared e Jensen persero le loro rispettive ali, divenendo così umani.
 


Ma ciò che non si aspettavano oltre a quel doloroso distacco è che si sarebbero ritrovati, seduti su una panchina, in un parco sconosciuto, uno accanto all’altro.
Sussultarono per un momento quando si resero conto di dove fossero. Il fiato corto, la mente confusa.  E sussultarono ancora quando guardandosi intorno si ritrovarono occhi negli occhi.
“Oh Gesù!!” esclamò per la sorpresa Jared, ritraendosi appena.
E dopo essersi dipinto una smorfia di disgusto a quell’appellativo, Jensen rispose con un tono decisamente ironico: “Non dovrebbe essere peccato per voi e per mezzo mondo nominarlo invano, angioletto!?”
“Non quando è una disperata richiesta di aiuto!” replicò Jared.
“A quanto pare anche tu sei stato confinato qui. Quindi credo che sia tardi per una disperata richiesta di aiuto!” gli fece presente guardandosi ancora attorno.
“Anche tu sei…sei stato…” azzardò Jared.
“Umanizzato?” finì sarcastico l’ex demone. “Sì. Completamente!” e poi strofinandosi vigorosamente le mani sul viso come per riprendersi esclamò: “Bene! Ora che si fa?!”
“Beh! Io…” stava per dire Jared quando….
 
“Ora imparate a vivere!” esclamarono all’unisono due voci che poco dopo si materializzarono, in due diversi soggetti, giusto dinnanzi a loro.





N.d.A: Beh!! Vi dico solo ..chi non vorrebbe un diavolo tentatore come Jensen o un angelo custode come Jared???

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** DUE ***


"Adesso imparate a vivere!"

Uno, quello di fronte a Jensen, era di altezza normale, robusto, vestito elegante con un garofano rosso all’occhiello della giacca. Lo sguardo sprezzante e gli occhi che sembravano fiammeggiare del più profondo fuoco dell’Inferno.
L’altro, quello davanti a Jared, era più basso del primo. Barbetta incolta, con lo sguardo più dolce ma comunque severo. Vestito decisamente casual rispetto all’altro. Una chitarra a tracolla dietro le spalle e gli occhi di un celeste che rispecchiava le infinità del Paradiso.
 
“Che significa?!” azzardò Jared sporgendosi appena verso i due.
“Significa che dovrete fare..gli umani. Nel bene e nel male. Nella buona e nella cattiva sorte…” iniziò l’Inferno.
“Significa che dovrete capire che cosa si prova ad affrontare le proprie scelte e ad accettare le conseguenze di ogni vostra decisione.” aggiunse il Paradiso.
“Ma come…come faremo? Noi non....insomma. La concretezza delle cose, la confusione delle situazioni, la vita reale, fisica, materiale..." provò a far presente l'ex angelo.
"Al diavolo le tue assurdità. Come faremo...come farò con i sentimenti?” chiese timoroso Jensen non proprio avvezzo a simili sensazioni. “Loro..loro sono così…” balbettò decisamente spaventato, indicando alcune persone distanti da loro.

“Proverete anche quelli. Ma questa volta saranno sentimenti veri, profondi. Non solo percepiti. Saranno forti, intensi e…”
“ E a volte faranno dannatamente male!” concluse la presenza demoniaca con una certa soddisfazione.

I due neo umani deglutirono simultaneamente.
“Non ce la farò. È troppo!! Sarò solo…ti prego…” supplicò Jared verso la presenza che sarebbe dovuta essere dalla sua parte.
“Non sarai solo, Jared.” lo confortò l’essere celeste.
“Sì!! Lui sarà con te!” lo canzonò Jensen, decisamente più infuriato. Data la sua natura.
“No, idiota!!” lo rimproverò il demone. “Tu…starai con lui e lui con te. E’ così che funzionerà questa cosa. Affronterete la punizione insieme, vivendo insieme, cercando di capire ed imparare tutto ciò che c’è da capire ed imparare su quello che avete sbagliato e che vi ha portato a questo!!”
“COSA??!!” esclamarono i due, atterriti da quella prospettiva di convivenza forzata e scattando nervosamente in piedi.
“Starà a voi capire e scoprire come arrivare alla …decisione giusta e  come accettare le conseguenze di quella decisione!” asserì l’angelo.
“Solo allora la punizione avrà fine e noi vi riporteremo a casa!” fecero alla fine, sia l’Inferno che il Paradiso, per poi sparire e lasciare i due ragazzi, perché quello e solo quello erano adesso, soli .
Due ragazzi. Umani.
 
Per un po’ restarono in silenzio, contemplando e rimuginando ciò che era stato detto e deciso. In certo senso, facendosene, forse, una ragione.

“Che facciamo adesso?!” sussurrò Jared fissando il cartellone che recitava un ottimistico “Benvenuti a Pasadena”.
Un tuono spezzò quella sorta di trance in cui i due erano.
Jensen alzò lo sguardo al cielo sempre più grigio.
“Credo che la prima cosa da fare sia trovarci un posto dove stare!” convenne, quando le prime gocce di piaggia iniziarono a scendere.
Corsero velocemente lungo il viale della città in cui erano stato portati e quando il temporale ormai infuriava , Jensen, istintivamente, afferrò con una forte ma delicata presa, la mano Jared.

Una scarica in pieno petto.
Una morsa allo stomaco.

L’ex angelo appena dietro di lui, contraccambiò quella stretta, seguendolo e non ebbe incertezze quando Jensen lo fece entrare in una tavola calda, così da avere riparo.
 
Quando la campanella sospesa sulla porta di ingresso tintinnò, nella piccola ma accogliente sala da pranzo si affacciò una donna che li fissò per un attimo interdetta.
“Oh mio Dio!!” esclamò vedendo in che stato i due ragazzi erano ridotti.
“Ci…ci scusi..” balbettò Jared resosi conto del casino di acqua con cui stavano imbrattando il pavimento.
“Ehi!! non è colpa nostra se il “Diluvio Universale: Parte seconda” è appena scoppiato!” si giustificò Jensen.
“Ma io volevo solo…e tu davvero dovresti…” cercò di rispondere Jared.
"Non iniziare a dirmi quello che devo o non devo...." 
“Ok!" li fermò con calma la padrone del locale. "Quando avrete smesso di battibeccare come due sposini in un viaggio di nozze che sta andando in malora, venite di là con me, che vi prendo qualche asciugamano!” disse sorridendo loro e invitandoli a seguirla.
I due lo fecero, in silenzio. Guardandosi, di tanto in tanto, in sottecchi. Quasi studiandosi.

Seguirono la donna e accettarono di buon grado le spugne morbide e profumate di bucato. Jensen ne prese una e prima di asciugarsi, guardò Jared, i suoi capelli lunghi, troppo onestamente, più bagnati dei suoi decisamente più corti e per un motivo che , in quel momento non riuscì a spiegarsi, gli passò l’asciugamano.
“Tieni, o ti verrà un malanno!” quasi sussurrò, prendendo poi, come se niente fosse il secondo telo di spugna che gli veniva offerto.
Jared si sbalordì per quel gesto di assoluta gentilezza dato l’essere, o adesso persona, da cui proveniva. Ma accettò e sorrise ringraziando gentilmente.
“Ma come siete dolci!” affermò sognante la donna che aveva visto la scena. “Da quanto tempo state insieme?!” domandò all’improvviso e con tono decisamente curioso.
“Cosa?!” esclamò Jared. “Noi…noi non.. Noi siamo…”
“Noi stiamo insieme….da un’eternità, potremmo dire!!” lo fermò Jensen avvicinandosi all’altro e mettendogli un braccio intorno alle spalle.
“Ma cosa…” fece  Jared completamente spaesato.
E approfittando del fatto che la donna era rientrata in cucina per prendere loro qualcosa di caldo da mangiare, l’ex angelo si ritrasse con un gesto stizzito da quell’inatteso abbraccio.

“Ma che cavolo stai dicendo?!” fece con un espressione infuriata.

“Ascoltami Jared. Non ci conosce nessuno. Non abbiamo documenti. Non abbiamo un passato, a parte le cavolate che potremo inventare al momento. Trovare un appartamento sarà già difficile, trovarne due ancora peggio se non inutile dato che la nostra punizione comprende il dover convivere. Ma questo sembra essere l’unico ristorante del posto e quindi la nostra provvidenziale salvatrice potrebbe esserci utile. Potrebbe conoscere qualcuno che possa aiutarci. Quindi diventare una coppia felice e con un momento sfortunato potrebbe aprire qualche porta che resterebbe chiusa, ti pare?!” gli spiegò con decisione.
“Questo è mentire?!” fece presente Jared.
“No, questo è essere umani!” sottolineò l’altro.
“Ma non tutti gli uomini mentono!” ribadì quasi con una sorta di speranza l’ex anima angelica.
“Quelli che vogliono diventare presidenti, sì!!” convenne la sua controparte.
“Beh!! io non voglio diventare presidente.”
“Nemmeno io, credimi. La politica è peggio dell’Inferno. Ma ci serve un tetto sulla testa e lei…” fece indicando la persona nella cucina. “..lei può aiutarci.”  e mentre Jared stava per ribattere, la donna tornò da loro.
“Che stupida, non mi sono nemmeno presentata. Io sono Jody, Jody Mills. E questo, purtroppo per voi è l’unico ristorante della città. Quindi dovrete accontentarvi di quello che posso offrirvi.” disse dando credito a ciò che aveva appena considerato Jensen.
“Andrà benissimo, mi creda. Andrà più che bene!” rispose gentilmente Jared che non potè evitare di vedere lo sguardo soddisfatto di Jensen mentre la donna si presentava. “Io sono Jared e lui è Jensen.”
“Come mai da queste parti, se posso chiederlo?!” disse invitandoli a sedersi al tavolo che aveva apparecchiato per loro.
“Diciamo che lo nostra società ha avuto qualche problema e così per evitare di combinarne altri, abbiamo deciso di ...come dire...salvare il salvabile e provare a ricominciare. Posto nuovo, vita nuova!” inventò sul momento Jensen, sorridendo cordialmente.
“Anno nuovo , vita nuova!” lo corresse Jared.
“Come?” fece stranito Jensen.
“Si dice: anno nuovo , vita nuova!” ripetè con un leggero tono saccente Jared.
“Cosa???” con il tono di voce più alto di qualche tono. “Fa’ lo stesso. Il senso è quello!!” lo rimproverò Jensen, seccato.

“Lo ripeto ! Siete proprio carini!” e porse loro un piatto fumante di stufato.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** TRE ***


Passarono otto lunghi anni da quel momento e da quando Jody, fidandosi solo del suo istinto femminile, dopo un paio di settimane che li vedeva entrare ed uscire, sgattaiolando furtivi,  da un locale in vendita che era vuoto, invitò i due ragazzi ad abitare nell’appartamento appena sopra il suo bistrò.
 
“Non lo usa nessuno da anni. Almeno ci sarà qualcuno che lo spolvererà ogni tanto!!” fu la motivazione che diede a quell’inaspettata offerta e che i due ragazzi accolsero con entusiasmo. E poi sentirli litigare per il disordine di Jensen,  o per l’eccessiva puntigliosità di Jared, mentre cercavano un equilibrio in quella loro nuova convivenza era uno spasso.
Jody, di tanto in tanto, quando nel locale c’era il silenzio, li sentiva sbraitarsi contro, proprio come una coppietta che impara a conoscersi.
 
“Ma quanto ti costa gettare i tuoi vestiti nel cesto della biancheria invece che sul pavimento?! Non siamo all'Inferno. Il caos non....”
“E a te quanto ti costa smettere di fare Mastro Lindo e lasciarmi un attimo di privacy!? Angioletto rottamato!!”
“Il soggiorno è zona neutra e non il tuo spogliatoio!”
“Lo so , ma devo andare a lavoro e devo pur cambiarmi da qualche parte, dato che tu stai ore nel bagno per sistemarti quei dannati capelli. Anzi, devo aspettare ancora tanto per vederteli più corti??!”
“Non devo dare conto a te del mio aspetto!”
“Certo che non devi, ma poi non lamentarti se ti chiameranno Miss, uno di questi giorni!”
“Ti odio!”
“Tranquillo, il sentimento è reciproco!”
 
E a quel punto, Jody, dal piano di sotto, scoppiava a ridere di cuore.
 
 
Passarono sette magnifici lunghi anni da quando Jensen poggiò la sua mano sul viso di Jared e Jared annullò definitivamente lo spazio tra loro con un bacio all’inizio timido e incerto ma che poi, dopo uno sguardo ammiccante da parte di entrambi, divenne appassionato e languido.
 
E quelli furono anni fatti di una passione sempre più emozionante e sorprendente e un legame che via via, giorno dopo giorno, si faceva sempre più profondo.
In quegli anni , Jared trovò lavoro in una biblioteca e lo adorava quel lavoro poiché leggere e conoscere il più possibile era sempre stata una sua grande passione. Storia, filosofia, etica, umanistica. Tutto quello che poteva leggere , Jared lo leggeva e lo faceva suo.
Jensen, invece, più incline alle cose…fisiche, era riuscito ad entrare nel corpo dei vigili del fuoco del posto, dopo aver dato prova di conoscere il calore e il “comportamento” del fuoco. Chi meglio di lui, un ex demone, poteva conoscere ciò di cui era fatta la sua casa fino a poco tempo prima?

Poi, una sera era successo.
Jensen si era ferito durante un intervento e quando era rientrato nell’appartamento che divideva con Jared, il giovane si era allarmato nel vedere le sue ferite, anche se non gravi.
Erano seduti sullo stesso divano. Jared in un preoccupato silenzio disinfettava un taglio sul volto di Jensen e Jensen, colpito da quella dolce preoccupazione che gli veniva mostrata, posò una docile carezza sul volto di Jared.
Fu come qualcosa che veniva svelato. Che non aveva più motivo di rimanere segreto. Uno scambio di sguardi. Poche parole quasi sussurrate. Timidamente confidate.
 
“Va tutto bene! Sto bene! Non preoccuparti!”
“Non voglio che tu soffra o che ti accada qualcosa!”
 
E poi arrivò.
Il bacio. Quel bacio.
Fatto di sospiri e gemiti sorpresi. Fatto di sapori nuovi, sensazioni sconvolgenti tanto da mettere in subbuglio l’intero loro essere. Intriso di una flebile paura. Incoraggiato dal battito entusiasta dei loro cuori.
Le mani che cercavano un appiglio sicuro sulle braccia, tra i capelli, lungo le schiene in tensione. Le dita che volevano stringere per non lasciare andare. Gli occhi che si rifiutavano di smettere di guardarsi e godere di quello che vedevano nei propri riflessi.
Quella meravigliosa e struggente mancanza di fiato. La risata nervosa nel vedere le labbra arrossate e gonfie e poi…
E poi la voglia di ricominciare e scoprire di più. Di sapere che cosa ci fosse oltre quel bacio!
E ci fu tanto dopo quel bacio. Meraviglioso, eccitante, inebriante, avvolgente , sconvolgente “tanto”!!
 
Ed ora…
Ora, dopo quegli anni, i due erano, placidamente stesi uno accanto all’altro, nel loro letto. Quel letto che ormai condividevano da quella che sembrava una meravigliosa infinità.
Jared protetto dal forte abbraccio di Jensen, che se ne stava con la schiena appoggiata allo schienale del letto, respirava a tempo con il respiro del compagno.
Non una parola.
“Ehi! piccolo. Tutto bene?!” azzardò Jensen, sorpreso da quel silenzio.
“Tutto meravigliosamente!” fu la risposta che fece sospirare il biondo. “Perché?!” chiese poi Jared.
“Mi sembravi silenzioso….quasi assente!”
“Pensavo!” rispose l’altro.
“A cosa?!” chiese ancora, mentre gli accarezzava la schiena madida ancora con il sudore del loro fare l’amore.

I due erano due amanti appassionati e mai egoisti nel darsi e nel donare. E non importava chi dei due , nel momento della passione fosse…a guidare le danze….quel loro amarsi era sempre completo. Una piena partecipazione. Muscoli che si contraevano e si tendevano estasiati dalla passione. Le dita che seguivano ogni movimento dei corpi uniti. Labbra che cercavano di saziarsi l’una dell’altra senza mai riuscirci. I corpi che cercavano di avvicinarsi fin quando era possibile, cercando di non separarsi mai, cercando di sopportare la sublime scarica di piacere finale, tremando insieme.
Mani che con una dolce decisione sollevavano le gambe per cercare più contatto intimo.  Spingendosi con passione l’uno contro l’altro.
Il calore dell'Inferno, la beatitudine del Paradiso che convergevano nel piacere più umano.
Auspicando disperatamente di provare quel sublime ultimo piacere e al tempo stesso pregando di inebriarsi ancora di quello stesso piacere.
Fremendo all’unisono come all’unisono le loro voci gridavano il nome l’uno dell’altro. Crollando estasiati e sfiniti e appagati uno sul cuore dell’altro.
 
Jared tirò un lungo e profondo respiro, respirando insieme all’aria , l’odore di Jensen e beandosi di quella meravigliosa essenza.
“Pensavo a quanto ti amo, Jensen!” disse tutto di un fiato.
Jensen sorrise a quella dichiarazione e sistemandosi meglio, si tirò su a sedere in modo da poter avere Jared nella sua visuale, anche se lo tenne sdraiato sul materasso, accanto a lui.
“Amore mio, lo so. E tu sai quanto io ami te. Ma perché oggi, ora, questo sembra turbarti?!” chiese dolcemente accarezzandogli il torace.
“Non mi turba affatto!” lo rassicurò Jared.
“E allora, cosa?!”
“Il fatto è che ho capito che per te rinuncerei alla mia casa!”
“Jared..” fece a quel punto decisamente sorpreso e forse sconvolto Jensen.

Aveva capito che cosa intendesse Jared, a quale casa facesse riferimento quella sua frase. Sapeva che l’ex angelo lo amava. Lo amava davvero. E glielo aveva dimostrato in infiniti modi e infinite maniera e sapeva che lui lo amava profondamente nello stesso identico modo.
Ma l’ammettere di amarlo fino a voler rinunciare al Paradiso non lo aveva davvero messo in conto. Era una responsabilità troppo grande e che Jensen temeva di non meritare.
Lui era comunque un ex demone. E forse lo sarebbe stato di nuovo. “Jared, tu…”

“Per te rinuncerei a tornare in Paradiso.” lo anticipò Jared, sorridendogli amabilmente.
“Jared ascoltami, piccolo!” fece deglutendo ansia, Jensen. “So che mi ami. E tu sai che io amo te, ma io non…”
“Tu non mi ami abbastanza?!” fece alquanto intimorito.
“NO!!” quasi gridò Jensen e si affrettò a spiegarsi. “Io non merito una tua simile rinuncia.” lo spiazzò. “Chiedimi di rinunciare al mio Inferno. Chiedimi di rimanere umano. Chiedimi di accontentarmi di vivere e fissare il Cielo sapendo che ci sei tu oltre quel blu immenso, oltre le stelle, oltre il nero della notte e lo farò. Ma non chiedermi di farti rinunciare al tuo Paradiso, perché non lo merito. Per quanto io ti ami, non lo merito!” fece sentendo tutto il peso di quella sua confessione.
Per un attimo Jared lo guardò così intensamente che a Jensen parve di rivedere lo sguardo deciso e severo dell’angelo che dibatteva con lui di fronte ad una vecchia gioielleria.

Un attimo dopo, Jared era issato contro di lui e lo baciava con intensità, con passione. Quasi con disperazione.
“Jared…” sussurrò quando il giovane gli liberò le labbra.
“Non sei tu a chiedermi di rinunciare. È una mia scelta e ne accetterò ogni conseguenza.” Fece baciandogli ancora le labbra che tremavano per l’emozione.
Jensen si abbracciò a lui. Si abbracciò forte ringraziando segretamente per quella bellissima quanto inattesa dichiarazione.
“E così sia!” fece poi staccandosi appena e riprendendo il controllo. “La tua scelta sarà anche la mia!”
“Non devi farlo se non lo vuoi davvero!” ci tenne a precisare Jared, anche se sul suo viso un immensa gioia stava già prendendo il sopravvento.
“E’ una mia scelta e ne accetterò ogni conseguenza!” lo parafrasò e poi allungando una mano verso il comodino posto al suo lato del letto, aprì il cassetto e ne tirò fuori un oggetto, stringendoselo tra le mani.
“Che cosa….che cos’è?!” fece curioso Jared cercando di sbirciare tra le dita chiuse del compagno.
Jensen sorrise soddisfatto della sorpresa e della curiosità che vedeva brillare negli occhi chiari del ragazzo.
“L’ho visto qualche giorno fa. Era su una bancarella di quel mercatino dell’usato che fanno ogni sabato in Old Street.” E detto questo gli mostrò l’oggetto.
Gli occhi di Jared brillarono e il suo viso si illuminò di uno splendido sorriso.
Era un semplice braccialetto. Il cordino in cuoio racchiudeva in due nodi un simbolo in argento: l’infinito.
Semplice ma al tempo stesso bellissimo.
“Jensen è….è bellissimo.”
“E’ ciò che sei diventato per me , Jared. L’infinito.” confessò Jensen, mettendoglielo al polso. “Qualcosa che non posso spiegare, ma che so che esiste e che mi avvolge e che farà parte di me per sempre.”
Jared non seppe che rispondere ad una simile dichiarazione e tutto ciò che riuscì a fare fu abbracciarlo e ripetergli infiniti “ti amo” tra infiniti baci.
 
“Ok! Vediamo di darci una calmata, piccioncini!” esclamò una voce improvvisa nella loro stanza.
“Sempre molto rispettoso!” replicò ironica l’altra presenza al fianco della prima.
 
“Ma che caz…” sbraitò Jensen, parandosi immediatamente davanti a Jared come a proteggerlo. “Voi due?!” quasi esalò quando riconobbe i due inattesi ospiti.
Jared si sistemò appena dietro il compagno , riconoscendo anche lui, le due presenze.
“Che ci fate qui? Che volete ancora?!” fece agitato Jensen.
“Sta’ calmo, demonietto. Siamo qui, perché a quanto pare la vostra punizione è finita. Avete capito finalmente come ci si comporta da adulti!!” spiegò sarcastico l’Inferno.  “Avete fatto la vostra scelta e siete pronti ad accettarne le conseguenze.”
“Quali esse siano!” fece il collega celeste.
“Quindi, si torna a casa!” proferì l’Inferno, a quel punto e con una certa soddisfazione.
“Cosa??!” sibilò Jensen, allarmato da quella prospettiva. “No. Scordatelo!" rignhiò Jensen.  "Mi avete sbattuto qui. Mi avete dimenticato qui, per anni, e ora…ora che ho una vita mia, che so come viverla, ora che ho…Jared, tu vieni qui e vuoi portarmi via tutto. No! Te lo scordi.” fece deciso e convinto ancora più di prima della sua decisione.

Respirò affondo e fissò il suo sguardo verde in quello rosso inferno del suo superiore. “Io rinuncio ad essere un demone. Rinuncio a seguirti. Rinuncio all’Inferno!”

“Tu non puoi rinunciare a niente, Jensen. Non sei tu a decidere, mio piccolo idiota infernale!” sembrò rimproverarlo il Male.
“Sì, Jared. Anche per te è giunto il momento di fare ritorno tra le schiere celesti. Il Perdono ti attende. ” si accodò il Paradiso, interrompendo quel battibecco.
L’ex angelo si issò appena di più accanto a Jensen. Guardò quasi ipnotizzato l’autore di quella promessa. Ma se sul volto di Jensen c’era la forza della rinuncia , sul volto del giovane, una sorta di estasi sembrava illuminarlo tutto.
“Ma…davvero io posso…potrei…tornare?!” azzardò Jared, ammaliato da quella nuova promessa.
E in quel momento qualcosa si spezzò nel cuore di Jensen.
Come era possibile? Nemmeno cinque minuti prima Jared gli aveva confessato di voler rinunciare al Paradiso per il loro amore e ora stava già….
“Si, mio angelico amico!” fece la voce suadente dell’essere serafico.
Jared sistemandosi meglio accanto a Jensen che ormai, quasi impietrito da ciò che gli stava sentendo dire, lo fissava senza nemmeno quasi respirare.
“Posso tornare in Paradiso!” fece con il tono di uno che non aspettava altro, che otteneva qualcosa che aveva desiderato.
“Sì!” lo incoraggiò la presenza celeste.

Jared lo fissò per un po’ e poi guardò Jensen. Si passò una mano sul braccialetto appena ricevuto in dono. Cercò la mano del compagno. La strinse forte. Liberò le dita dalle lenzuola che Jensen aveva preso a stringere colto dal timore di perderlo e se le portò alle labbra, baciandole dolcemente.
“Mi dispiace!” sussurrò guardando il compagno che sembrava essersi fatto di sale.
“Jared..” e fu solo un fiato quello che venne fuori dalle labbra tremanti di Jensen.
“Mi dispiace…ma io non voglio tornare.” Disse spostando lo sguardo verso il suo superiore. “E’ questa la mia casa ormai. E per quanto io ne senta ancora  la mancanza dentro , è ormai Jensen… il mio Paradiso. E io con lui sono a casa. Sono in Paradiso. Quindi, no! Mi dispiace ma nemmeno io verrò con te!” asserì, ora , anche lui, con tono deciso e autoritario.

"Rinuncio ad essere un angelo. Rinuncio a seguirti. Rinuncio al Paradiso!" recitò come poco prima aveva fatto l'altro. Fissando un attimo dopo Jensen che lo guardava estasiato e decisamente emozionato e grato. Decisamente sollevato!
 

“Va bene! Basta così. La situazione si sta facendo troppo smielata per i miei gusti. Sistemerò le cose a modo mio! Ciò che appartiene all’Inferno deve tornare all’Inferno” esordì il demone autoritario e con un veloce schiocco di dita, sparì dalla vista degli altri.
In quello steso momento, Jared sentì qualcosa di strano. La sua mano, quella con cui teneva stretta la mano di Jensen, era stranamente vuota e fredda.
Si voltò con uno scatto atterrito verso il compagno, trovando quel posto vuoto.
Il demone aveva portato via Jensen. Aveva ignorato la loro scelta.

“Noooo!!!” gridò disperato al vuoto che aveva accanto e terrorizzato da quell’assenza. “Jenseeeenn!! Nooo!!!!” gridò ancora, stringendo rabbioso, tra le mani,  le lenzuola tra cui, fino a qualche momento fa, era seduto il suo amato.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** QUATTRO ***


Quando Jensen riaprì gli occhi lo fece solo perché sentì l’ennesimo colpo che infieriva su di lui. Ormai quella sadica e violenta tortura andava avanti da ore.

Era legato ad una catena che gli costringeva le mani e le braccia sopra la testa. Appoggiava a malapena i piedi a terra e i muscoli delle braccia gli dolevano incredibilmente. Sapeva che non poteva essere ancora umano , dato il posto in cui si trovava e in qualche modo, l’Inferno si stava assicurando che lui potesse patire tutto ciò che avrebbe dovuto patire. Ma sapeva anche, se lo sentiva, che non era di nuovo un demone.  L’amore che sentiva ancora bruciargli dentro per Jared, ne era una prova. Una più che attendibile.

Il torace nudo da ogni indumento, era sferzato a sangue. Il viso , colpito ripetutamente, era arrossato e in alcuni punti tumefatto. Anche le gambe gli facevano male, perché di tanto in tanto, i suoi “ex colleghi” non disdegnavano di colpirlo con calci violenti, ridendo sadicamente del suo dolore e dei suoi lamenti.
L’essere che lo aveva riportato all’Inferno, insieme ai suoi seguaci, lo stava punendo duramente per il suo rifiuto a diventare di nuovo un demone.
“Allora, Jensen?” fece il demone, avvicinandosi appena al suo prigioniero e afferrandogli i capelli, stringendoglieli per costringerlo ad alzare il capo abbandonato al petto. “Che ne dici, riuscirò a piegarti o ti spezzerò del tutto?!” lo minacciò malignamente sarcastico.
Jensen posò lo sguardo sul suo carnefice. Deglutì sangue e saliva per riuscire a rispondere. Poi, prese un respiro e sembrò quasi sorridergli. “Perché?!” biascicò invece, il biondo.
“Perché, cosa?!”
“Non erano questi..i …patti. Dovevamo vivere….da umani…fare le nostre…scelte e accettarne….accettarne le conseguenze.” provò a mediare sapendo che era inutile e che quel tentativo vano gli serviva solo per prendere fiato.
“Ti sbagli mio caro. Il patto era che dovevate capire cosa scegliere , da soli, e accettarne le conseguenze. Ma nessuno vi ha mai detto che sareste rimasti sulla terra una volta arrivati alla meta. Ragion per cui…” fece soddisfatto e aprendo la braccia come per dare il benvenuto: “Ben tornato a casa, demonietto!!” esclamò con tono festoso.
Jensen socchiuse per un attimo gli occhi di fronte a quella demoniaca felicità, sconfitto e stremato. Ma dentro di lui voleva ancora combattere. Voleva farlo per Jared. Ma forse anche questo tentativo sarebbe stato vano.

“Non mi avrai, demone. Non più….mai più!” fece costringendosi a mostrarsi deciso.
“Sì, che ti avrò.” rispose convinto l’altro. “Io riavrò te e tutto ciò che fa parte di te. Compresa la tua anima che renderò più nera di quanto lo sia mai stata!” lo minacciò per poi stranirsi un attimo dopo, quando vide Jensen sorridergli sprezzante. “Lo ….trovi divertente?!”
“La mia anima non sarà mai più nera, figlio…di puttana. “
“Ah sì??!” fece curioso il demone che lasciò che la lama che aveva tra le mani segnasse di rosso il torace del coraggioso prigioniero.
“Ha visto la luce dell’anima di Jared e ne è diventata parte…” grugnì cercando di sopportare quella lenta sferzata di dolore. “E tu…tu non sei nessuno…non sei abbastanza potente per spegnere quella luce. Tu non puoi….” ma non riuscì a finire perché con un gesto dettato dalla rabbia e dalla frustrazione, il demone affondò una lama nel fianco del ragazzo facendolo gridare e gemere di dolore.
“Ti farò in mille pezzi. E farò in mille pezzi anche la tua anima!” ringhiò infuriato godendo della vista del sangue di Jensen mentre veniva fuori lucido e denso dalla ferita appena inferta.  “La spegnerò frammento dopo frammento, stanne sicuro e quando avrò finito , la rimetterò insieme e dopo…” fece ancora, avvicinandosi al viso agonizzante di Jensen: “..tutto ciò di cui avrai voglia sarà spegnere altre….anime! E indovina quale sarà la prima?” affondando ancora, lentamente, fin quando il manico del coltello non si fermò contro la pelle martoriata di Jensen
“Mai….mai…” biascicò Jensen, sofferente, a quella minaccia. “Puoi anche distruggermi…adesso.  Rimettermi insieme e poi distruggermi ancora e ancora e ancora. Ma io non farò mai…mai del male a ..Jared!”
“Vedremo!!” asserì deciso a quel punto. “Per adesso, ricominciamo da dove abbiamo lasciato.” disse ordinando ai suoi adepti di ricominciare con la tortura.
 
Sta’ lontano da lui.” tuonò la voce poco oltre la porta della stanza in cui Jensen veniva punito.
 
“Ma cosa??? Tu non puoi stare qui!!” gridò stupefatto, il demone, trovandosi di fronte un Jared in pieno assetto di guerra angelico.
“Tranquillo. Me ne andrò via non appena mi sarò ripreso Jensen!” rispose sicuro il giovane angelo. Di nuovo angelo.
Le vesti  candide. Una luce sfavillante e immacolata da ogni colore infernale che lo avvolgeva quasi a come a volerlo proteggere. La pelle di un colore indefinito: splendidamente diafano che rendeva i suoi lineamenti come fatti di porcellana pregiata. Le ali spiegate e imponenti dietro di lui, come se fossero soldati pronti a dare battaglia.
 
A sentir pronunciare il suo nome da quella voce così familiare, Jensen si voltò verso quella voce stessa.
“Jared….tu….tu sei…” e mentre il ragazzo tentava di mettere insieme una frase, qualcosa svolazzò appena sopra la sua testa e un secondo dopo, si ritrovò accasciato a terra. Il volto appena girato verso l’alto tanto da poter vedere Jared dal basso in tutto il suo celeste splendore.
Jared si accoccolò al suo fianco e liberò anche le mani ancora strette in un impietoso anello di ferro arrugginito e lordo di sangue.
“Ti porto via, Jensen. Tranquillo, è tutto finito. Sei salvo, amore mio!” gli sussurrò Jared , sorridendo allo sguardo confuso e stranito dell’ex demone.
“Tu non puoi…tu non oserai fare una cosa del genere, stupido angelo!” ringhiò il demone.
“Ci puoi contare che lo farò. Anzi , lo sto già facendo e ti garantisco che ho tutto l’appoggio dei piani alti. La nostra punizione era finalizzata a fare delle scelte e ad accettarne le conseguenze. Io e Jensen abbiamo scelto. Niente più Paradiso, niente più Inferno. Solo noi, da umani.” gli fece presente con decisione. “Tu , invece, ci hai sottratto quella che era una nostra scelta e ciò non era accettabile. Quindi io, ora , porto Jensen via da qui. Jensen non ti appartiene più. Non vi appartiene più.” e dicendo così, infilò delicatamente una mano al di sotto delle ginocchia del compagno e una attorno alle spalle piegate dal dolore e lo issò, portandoselo al petto, mentre le sue ali fulgenti sembravano fare loro da scudo in quel luogo di perdizione e sofferenza.
Jensen acuì come potè lo sguardo e si trovò abbagliato dallo splendore delle ali di Jared. Ecco che cosa aveva tranciato di netto la catena che lo teneva prigioniero.
 
“Pagherai…pagherete questo affronto!!” si ritrovò a ringhiare il demone sconfitto, mentre li vedeva sparire nel portale improvvisamente materializzatosi alle spalle di Jared. “Un giorno o l’altro, la pagherete!!!”
 

Quando la forza che aveva permesso a Jared di salvare Jensen e riportarlo sulla terra andò via via affievolendosi, i due si accasciarono lungo la parete del vicolo in cui ricomparvero. Jared respirò affondo come se avesse trattenuto il fiato fino a quel momento e solo un momento dopo si rese conto che Jensen era comunque ancora ferito e privo di sensi.
Gli si avvicinò, si rese conto delle sue condizione, non buone e poi , dopo averlo seduto meglio contro la parete di mattoni, uscì appena fuori dalla stradina, per rendersi conto di dove fossero.
Lo fece. Se ne rese conto e sospirò affranto.

“Potevate rispedirci almeno a casa nostra!” disse tra sé e il Cielo, dopo aver capito che non erano a Pasadena.

Guardò ancora la strada e di tanto in tanto portava lo sguardo su Jensen per tenerlo d’occhio e poi la sua attenzione si posò su una vetrina.
La vetrina di una vecchia gioielleria. Quella gioielleria. Quella che fu l’inizio di tutto. Erano a Glendale.
“Ti prego…ti prego…fa’, fa’ che lui sia ancora qui.” Sibilò tra i denti, sperando fortemente in un po’ di fortuna.
Tornò velocemente da Jensen e gli sistemò la giacca in modo che non prendesse freddo, poiché il compagno era febbricitante e le ferite che aveva non aiutavano.
“Jensen…Jensen torno subito. Devo controllare una cosa, ok?!”
“Jared…Jared tu sei… tu non devi…tu…” biascicò il ragazzo, ma Jared si rese conto che Jensen stava delirando e non gli stava rispondendo lucidamente. Si chinò appena e gli baciò la testa prima di lasciarlo.
 
Corse alla prima cabina telefonica e prese l’elenco degli utenti. Lo sfogliò quasi istericamente fin quando non arrivò alla lettera e al nome che stava cercando. Che sperava di trovare.
“Cocker...Coffman…Cogher..Collins. Sì!!! Ci sei ancora!” esclamò sollevato e strappò la pagina con l’indirizzo.
 

Jared bussò con decisione all’appartamento del residence De La Ville. L’appartamento 18D era l’ultimo del corridoio e quindi quello vicino all’uscita di sicurezza , perciò per lui era stato facile salire dalle scale di servizio invece che entrare dall’ingresso principale, evitando così di trascinare in mezzo alla gente, Jensen in quelle condizioni.
Qualcuno dall’interno disse che stava arrivando e allora Jared bussò ancora.
“Ok!Ok! D’accordo che ho la reperibilità ma buttarmi giù la porta mi semb….” fece la persona che andò ad aprire la porta e che quando si ritrovò davanti Jared palesemente preoccupato, restò senza fiato.
No. Decisamente sconvolto.

“Tu? Tu…non puoi essere tu!!” balbettò fissando il giovane che lo fissava di rimando.

“Ciao, Misha!” lo salutò Jared. "E' bello rivederti!"
Misha si guardò intorno, attonito. Poi sbirciò un attimo all’interno della casa per assicurarsi che chi vi fosse non lo stesse vedendo in quello stato di profonda confusione. Poi, quasi istintivamente, la sua mano andò verso il torace del ragazzo oltre la sua porta di ingresso e lì si fermò confermandone la reale consistenza. Misha, allora, arretrò la mano come se si fosse appena scottato.
“Ma io…io….io credevo che tu…che tu fossi…”
“Lo so, lo so.” lo tranquillizzò il giovane o almeno ci voleva provare. “E giuro che ti darò tutte le spiegazioni che vorrai, ma ti prego…ti prego Misha, devi aiutarmi. Non so a chi altri rivolgermi!” e adesso, a Misha, quel ragazzo, sembrava davvero disperato.
Misha deglutì, scosse la testa come se volesse ritornare lucido e cercò di fare mente locale. Il giovane gli sembrava decisamente in difficoltà e gli stava chiedendo aiuto.
“Ok!  Che posso fare per te?” chiese gentilmente, lasciando a dopo le spiegazioni e ripromettendosi di assicurarsi che non stava impazzendo.
Jared si scostò appena e fissò qualcosa al di fuori della porta , qualcosa che doveva essere in basso, constatò Misha, dato il punto verso cui il giovane guardava.

Il moro si sporse appena fuori dal suo appartamento e seguì con lo sguardo quello dello sconosciuto e quando i suoi occhi misero a fuoco un Jensen accoccolato a terra, appoggiato alla parete del corridoio, decisamente conciato male, nella sua mente scattarono mille allarmi.
“Lui…lui è…per l’amore del Cielo, lui è….”
“Sì. Sì. Lui è e io sono, ma a dopo le spiegazioni. Ho cercato il tuo nome sull’elenco telefonico e quando accanto ho visto la sigla MD io…io non potevo fare altro. L’ho portato da te. Sei un medico. Lui è ferito. Ti prego…. aiutalo!” fu la supplica.
Misha reagì d’istinto. Infilò la in tasca  e ne tirò fuori due chiavi allacciate ad un piccolo moschettone.
“Prendi queste!” porse con decisione il medico.
“Ma io…” replicò Jared credendo che fossero le chiavi della macchina e che Misha volesse sbarazzarsi di loro.
“Aprono l’appartamento qui accanto. È il mio ambulatorio. Andate lì. Io devo recuperare qualcosa e avvisare Vicky che ho un imprevisto.” spiegò immediatamente dopo l’indecisione di Jared.
“Grazie…grazie mille…” fece Jared prendendo le chiavi e raggiungendo Jensen. Poi si voltò un attimo verso Misha e lo fissò curioso.
“Cosa?!” fece il moro incuriosito dall’espressione indagatrice di Jared.
“Vicky?!” ricordando il loro ultimo incontro.
“Non poteva essere che lei!” fu la risposta che ebbe a quella semplice domanda.
“Ti capisco. Ora….” e guardò Jensen. “Ora….ti capisco!” disse ancora accarezzando appena il compagno semi svenuto.
Misha osservò la scena e il gesto e soprattutto il modo in cui Jared guardava Jensen. Non poteva essere che una cosa. Strano, ma era quello.
“Ohw!!” esclamò appena. “Quindi tu e lui….”
“E’ una lunga strana. Una storia strana e assurda ma anche io ho capito che non poteva essere che lui!” lo parafrasò Jared che un attimo dopo tirò su Jensen da terra e lo portò verso l’ambulatorio di Misha, aprendo ed entrandovi.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** CINQUE ***


Misha restò con Jensen per oltre due ore.
Lo curò e si prese cura di lui come meglio poteva, anche se aveva detto a Jared, che sarebbe stato meglio un ospedale. Ma Jared lo aveva fatto desistere con un semplice e convinto “Mi fido di te!”
Il ragazzo ferito non era in pericolo di vita, certo era messo male e al fianco aveva avuto bisogno di alcuni punti di sutura. Ma tutto sommato non era in pericolo.

“Va bene. Gli ho dato un sedativo per farlo riposare. Vedrai che domani mattina non sarà Mr. Splendore,  ma starà molto meglio.” lo rassicurò il medico.
“Ti ringrazio. Ti ringrazio di cuore, Misha.” e per un po’ rimase in silenzio. Poi alzò di poco lo sguardo e vide Misha che lo fissava come se stesse aspettando qualcosa.
“Che…che c’è?”
“Sto aspettando!” rispose con aria innocente il medico.
“Aspettando cosa?!” cercò di far finta di niente, Jared.
“Le spiegazioni che mi hai promesso." rispose con decisione. "L’ultima volta che vi ho visti, eravate….voi…voi eravate gli stramaledetti angelo e demone sulle mie spalle. Cosa che io credevo fosse solo frutto della mia immaginazione. Le voci della coscienza. Panico da proposta di matrimonio se vuoi!” esclamò Misha. “Otto anni dopo ti ritrovo dietro la mia porta di casa con lui….lui ridotto in quella maniera! Cos’è? Problemi di lavoro finiti in rissa?!” ironizzò.
“Hai ragione..hai ragione. Ti devo una spiegazione!” convenne Jared, sedendosi pesantemente sulla sedia al suo fianco.

Il giovane prese un respiro e gli raccontò tutto. Della punizione, di Jody e la sua amicizia, di quello che piano piano era nato tra lui e Jensen e di quanto fosse diventato forte e profondo. Gli raccontò della loro scelta di restare umani e di come quella scelta era stata ignorata da parte dell’Inferno a scapito di Jensen.
E Misha ascoltava. Misha ascoltava tutto, ogni parola, ogni inflessione dolce quando si parlava di Jensen  e allarmata quando si parlava delle loro vere case di appartenenza.
E la cosa più assurda era che credeva.
Misha credeva alla storia che Jared gli stava raccontando e anzi, ne voleva conoscere ogni particolare.

“Ma un attimo, tu…tu hai detto che ti sei andato a riprendere Jensen?!” chiese poi, credendo di essersi perso un passaggio. “Come hai fatto? Come può un umano andare all’Inferno e fare quello che hai fatto tu?”
“Non può!” fu la semplice risposta di Jared.
Misha restò a bocca aperta nell’ascoltare quelle due parole. Se un umano non poteva allora Jared era….
“Questo significa che …tu sei…tu sei di nuovo un…angelo?!” chiese balbettando , il medico.
 


In Paradiso, prima che Jared salvasse Jensen…..
Jared si sentiva stranito e confuso. Un po’ come quando, ogni tanto, beveva troppo e la mattina si sentiva come se un treno gli fosse passato sopra. Si passò le mani sul viso con un gesto vigoroso, sperando che parte di quella nebbia mentale andasse via e per un po’ i suoi occhi si fissarono sul soffitto bianco della stanza.
Poi, come un lampo, quello che era appena successo, gli abbagliò la mente e i tutti ricordi.
Lui e Jensen.
Nel loro letto.
Un promessa di amore.
Una promessa di umanità.
E poi le due presenze. Le loro minacce.
E poi Jensen che spariva.
E Lui che gridava disperato di riaverlo indietro.
 
Si tirò su di scatto rendendosi conto che era steso sul pavimento, mettendosi a sedere. E la prima cosa che disse, che gridò, fu il nome di Jensen. Lo fece fin quando la gola non gli si graffiò, facendolo , alla fine, solo gemere.
Poi, si fermò, come sconfitto, al centro di quella stanza, cadde in ginocchio e fece quello che ogni angelo deve fare.
Pregò.
“Vi prego…vi prego…” fece con un tono di voce fievole ed esausto. “Come può questo posto che è il simbolo unico dell’amore….come potete tutti voi che ne fate parte….” fece al vuoto che lo circondava. “…permettere che una cosa del genere accada? Come potete permettere che un uomo che ha capito il proprio errore, che ha mutato la sua vita nel bene, la sua intera esistenza accettando le conseguenze di quell’errore….come potete permettere che venga destinato di nuovo ad un simile martirio? Vi supplico, Jensen non lo merita. Non più , almeno. In accordo con le vostre nemesi , lo avete reso uomo, gli avete detto di vivere da uomo e lui lo ha fatto. Viveva come un uomo, gioiva e soffriva come un uomo. Amava come un uomo. Amava me. Me!!” fece con decisione. “Come può l’Amore essere giudice , giuria e carnefice dell’amore stesso?!” domandò addolorato e deluso. “Ero un angelo. Vivevo di quell’amore di cui mi avevate creato, ne respiravo quanto più ne potevo e quando poi mi avete reso umano, ho ritrovato quell’amore con cui mi avevate nutrito in Jensen e lui ha imparato quell’amore, quello vero e puro, da me.” e così dicendo, poggiò le mani a terra e si issò piano , in piedi. “Sapete quello a cui lo avete condannato ? Al supplizio eterno. Al dolore perpetuo. Alla sofferenza infinita. Non è giusto. Non è…giusto!” ringhiò frustrato.
 
“E’ così…grande ….l’amore che provi per lui?!” fece il solito angelo o presenza o chissà quale manifestazione del Paradiso volesse interpretare, mentre gli si faceva vicino, apparendo dal nulla.
 
E Jared non rispose, lievemente intimorito dal tono con cui quella domanda venne posta. Ma annuì. Annuì sincero e sicuro.
“A tal punto che rinunceresti alla pace perpetua, all’estasi dell’anima, all’amore incondizionato ?” domandò ancora indicando , insieme a quelle parole, il luogo che li circondava.
“Tutto ciò che tu mi prometti, Jensen me lo ha già donato. Me lo ha donato ogni giorno da quando stiamo insieme. Me lo ha donato incondizionatamente come io l’ho donato a lui.” spiegò pacatamente sperando che l’altro comprendesse. “Non c’è rinuncia quando ciò che riempie il vuoto è solo  puro amore!”
“Ma comprendi il fatto che se ti permettessimo di andarlo a salvare, perderesti ogni possibilità di ritornare qui, di ritornare ad essere un angelo?!” fece , forse, con dispiacere , il messaggero. “Un angelo che appena sfiora la perdizione dell’Inferno è marchiato per sempre e non può più accedere al Paradiso e tu?...Tu lo vuoi addirittura attraversare per salvare un demone?”
Jared si mise dritto, riconquistando e mostrando tutto il coraggio e la sua forza e la sua decisione. Guardò l’altro negli occhi.
“Lui non è più un demone. Non lo è da tempo. Ma stare insieme era…quella era una scelta che io e Jensen avevamo già fatto. E’ una scelta di cui accetterò con gioia le conseguenze se potrò compierla. Io amo Jensen. Lui ama me. E tutto ciò che chiedevamo era amarci. L’unica cosa che ci siamo promessi era amarci. Datecene la possibilità. Vi prego, vi supplico. Datecene la possibilità!” implorò sperando di arrivare a qualcuno ben oltre la presenza con cui stava parlando.
 
In quel momento, l’angelo mediatore, sembrò essere come richiamato spiritualmente.
Jared lo vide chiudere gli occhi, annuire appena, a tratti parve quasi come se stesse perfino dissentendo con chiunque gli stesse parlando in quel momento.
Poi, lo vide sospirare e sussurrare un poco convinto “Così sia!”
 
Jared gli si avvicinò curioso, decisamente in ansia di sapere che cosa gli fosse stato comunicato.
“Che cosa….che cosa…”
“Allora..” iniziò l’angelo. “ La decisione è stata presa. Non ne sono felice o convinto, ma a quanto pare le tue parole hanno raggiunto i piani alti. E non è la mia volontà a dover essere soddisfatta!"
“Quanto….alti!?” azzardò con timore l’ex angelo.
“Molto…molto alti!” rivelò e sorrise vedendo l’espressione alquanto terrorizzata del giovane. “Ti sarà aperto un portale che ti porterà direttamente ai piani….bassi, diciamo così. Potrai così raggiungere il tuo Jensen…”
“O mio Dio!! Grazie …grazie….!” esclamò entusiasta Jared.
“Ma…” lo placò severo.
“Ma?!”
“Ma avrai solo quattro ore per trovarlo, riprendertelo e ritornare a vivere quello che tu chiami “il tuo Paradiso”!” fu la spiegazione che spense notevolmente l’entusiasmo di Jared.
“Quattro ore?!” ripetè incerto.
“Dopo le quali, se sarai con Jensen, il portale stesso vi rispedirà sulla terra. Se ancora non lo troverai, ti riporterà qui e si richiuderà per sempre e le cose rimarranno così…per sempre. Tu qui, in isolamento,  e Jensen al posto in cui apparteneva abbandonato al suo destino.” spiegò con tono inflessibile.
“Ma non è…non è giusto…” azzardò Jared. “Quello è….è l’Inferno!” volle ricordare pensando a ciò a cui sarebbe andato incontro Jensen se lui avesse fallito.
“Allora ti conviene muoverti!” lo incoraggiò l’angelo, mostrando il portale che si stava iniziando a formare alle spalle di Jared.
“Un attimo! Un attimo.” cercò di prendere tempo il giovane. “Come posso fare tutto questo? Io sono…sono…”
“Sei in Paradiso, Jared. E almeno per il momento, ti è stato concesso di essere un angelo a tutti gli effetti!!”
“Questo vuol dire che anche Jensen ora è di nuovo un demone?!” chiese terrorizzato Jared.
“Non come lo era prima.” riferì l’essere celeste. “Ma di certo , l’Inferno, non lo ha lasciato umano o non potrebbe fargli quello che gli sta facendo!” continuò ancora. “Ma ricorda, non appena sarai con Jensen e sarete fuori, tornerai ad essere un semplice mortale. Con i suoi pro e i suoi contro!” gli ricordò austero.
“Ed è quello che vogliamo io e Jensen!” e senza esitare ancora, si tuffò al centro del portale, sparendo in esso.
 
L’angelo che rimase nella stanza sospirò di ansia, quando vide Jared attraversare il portale senza esitare e un groppo in gola lo fece dubitare ancora per quella decisione.
“Mio Signore, aiutali!” sussurrò piano.
 
Tranquillo! Lo sai che amo il lieto fine!” fu la voce che lo tranquillizzò e così l’angelo, come per magia, si ritrovò tra le mani la sua chitarra. “Suona per me!
 
L’angelo sorrise e annuì. Stirò un attimo le dita affusolate e dopo un paio di accordi iniziò ad intonare:
If I had wings like Noah's dove
I'd fly up the river to the one I love
Fare thee well, my honey, fare thee well

One of these days and it won't be long
Call my name and I'll be gone
Fare thee well, my honey, fare thee well

 
 
 
Nell’ambulatorio di Misha…..
“Santo Dio che storia!!” esclamò e poi guardò Jared come uno che aveva fatto una gaffe. “Ops!! Scusa…forse io non dovrei dire certe cose davanti a te!”
Jared sorrise per niente offeso e tranquillizzò l’amico. Poi , si alzò e si avvicinò al lettino dove Jensen riposava. Gli accarezzò dolcemente la fronte, seguendo poi, i lineamenti delle guance e del mento. Soffermandosi con apprensione su quelle zone del viso che erano state più ferite.
“Lui…lui..”
“Starà benone, tranquillo.” lo tranquillizzò. “Ora, però, perché non vieni di là, nell’ufficio. C’è un divano su cui puoi riposare e magari ti prendo un caffè e qualcosa da mangiare. Che ne dici?!”
“Ti ringrazio, Misha. Ma non vorrei abusare della tua gentilezza. Ti ho già coinvolto in questa maniera e davvero non vorrei…” si giustificò il giovane.
“Smettila di dire stronzate e vieni di là!” lo incoraggiò, sorridendo e Jared, ricambiando, lo seguì.

Passarono qualche altra ora a parlare delle loro vite, compresa quella di Jensen. Misha gli parlò di Vicky e di come lo avesse sostenuto quando aprire un ambulatorio privato sembrava dovesse rimanere solo un sogno. Jared gli raccontò di Jody, della sua gentilezza, della immediata fiducia che li aveva accordato. Gli disse di Jensen e di come lavorava alacremente per salvare le vite umane, mostrandosi orgoglioso dell’ex demone.
Quando all’improvviso un urlo strozzato arrivò dalla stanza in cui stava Jensen.
 
I due corsero immediatamente e si allarmarono quando capirono quello che era successo e che stava succedendo.
Jensen era a terra, chiamava Jared disperatamente. Ancora confuso da quello che aveva passato e dai medicinali che gli aveva dato Misha, il ragazzo gridava esasperato che Jared non avrebbe dovuto cedere, che non avrebbe dovuto diventare di nuovo un angelo solo per salvarlo.
“Jared…Jared…no…no…non dovevi. Ci hanno ingannato…lo hanno fatto per…costringerci….perchè …perché lo hai fatto…è colpa mia…è colpa mia…” ripeteva mentre Jared gli si avvicinò e cercava di farlo ragionare.
“Jared tienilo fermo. Cerca di calmarlo!” lo incitò il medico, preoccupato per la situazione.
“Jensen…Jensen no, tranquillo! E’ tutto finito.” provò allora a consolarlo Jared, cercando il suo sguardo, stringendogli le mani, accarezzandogli il viso contratto e sudato dalla febbre.
“Cazzo!” imprecò ad un certo punto Misha mentre si affaccendava a soccorrere Jensen.
“Che c’è?!” chiese allarmato Jared.
“Si è fatto saltare alcuni punti. Dobbiamo rimetterlo in barella e devo ricucirlo o rischia di far saltare gli altri. Dai!! Dammi una mano a rimetterlo qui sopra e a tenerlo buono!” ordinò il medico che con fare deciso, afferrò Jensen da un braccio, mentre Jared lo prendeva dall’altro e lo rimettevano sul lettino.
Quando fu di nuovo sdraiato, con un gesto dettato dalla disperazione che sentiva, Jensen afferrò il polso di Jared, per tenerlo vicino a lui. Lo guardò e Jared potè vedere in quegli splendidi occhi verdi, il terrore e il senso di colpa.
“Jensen…” sussurrò dolcemente il suo nome.
“Tu sei….tu sei di nuovo…” stava per dire, ricordando la luce abbagliante delle ali di Jared quando lo aveva sottratto al suo carnefice infernale.
“Umano.” finì per lui Jared. “Sono umano, Jensen. Tu sei umano. E lo resteremo fin quando vita ci sarà accordata!” gli rivelò sorridente mentre gli accarezzava il viso che dopo quella confessione andava via via rasserenarsi.
“Sul…sul serio?!” domandò sbalordito il biondo.
“Ho parlato con loro. Gli ho parlato di noi, di quello che ci lega. Del nostro amore e di quanto fosse sbagliato quello che ci stavano facendo. E loro hanno capito!” confessò dolcemente felice.
“Ti hanno ascoltato?!” domandò dubbioso.
“Sono qui, no? Siamo qui! Insieme!” rispose, baciandogli la mano che Jensen ancora gli stringeva.

“Ok! Romeo e Giulietta.” si intromise Misha ma solo perché aveva bisogno di muoversi con più libertà. “Hai fatto davvero un bel casino con questi punti, Jensen. Devo ricucirti per bene se non vogliamo rischiare una qualche infezione. Ma ti darò un lieve sedativo così eviteremo che i tuoi lamenti mi facciano passare per Jack lo Squartatore, ok?!” scherzò il medico che comunque si sentì profondamente colpito da quella storia e dal modo in cui i due si parlavano e si guardavano in quel momento.
 
Chiunque avrebbe potuto vedere che quei due si amavano alla follia, che avrebbero fatto tutto, l’uno per l’altro. Come poteva , chiunque governasse Cielo , Terra e ogni dove, averne dubitato?!
L’amore , quello vero, non passa mai inosservato. Brilla di luce propria, di una luce che non può essere segreta. E Jared e Jensen brillavano.
Cavolo, se brillavano!!
 

Misha iniziò a ricucire il fianco ferito di Jensen, mentre il ragazzo, ancora aggrappato alla mano di Jared , lentamente si lasciava cullare dagli effetti del sedativo. Jared gli accarezzava il viso , ormai, più sereno e tranquillo e gli stringeva la mano più forte quando si rendeva conto che Jensen percepiva il dolore dei punti saltati e rimessi.
“Ok! È fatta.” esclamò Misha mentre sistemava un nuovo bendaggio sterile sopra la ferita rimessa a nuovo. “Con quello che gli ho dato dormirà tutta la notte , così non ci farà altri scherzi.” riferì il medico mentre rimetteva a posto gli “attrezzi” da lavoro.
“Ma non avevi detto che era un leggero sedativo?!” gli ricordò Jared.
“Mentivo!” replicò con aria innocente l’altro. “In alcuni casi, chi è nelle condizioni psichiche come lo era Jensen, rifiuta il dover perdere conoscenza. Non potevo rischiare di dovergli mettere i punti mentre era lucido.” giustificò quella sua bugia. “E poi, così, ha decisamente sofferto di meno.”
“Ti ringrazio, Misha. Ti ringrazio di cuore!” fece sinceramente il giovane.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** SEI ***


Come promesso da Misha, Jensen riposò tutta la notte e anche Jared riuscì a riposare.
Rimase nella stanza con il compagno. Era sfinito e la calma di Jensen, calmò anche lui , permettendogli di farsi qualche ora di sonno. E anche se era su una semplice poltrona , la trovò comunque più che comoda.

Quando si svegliò, si ritrovò a fissare la cosa più bella che avesse mai visto.
Gli occhi verdi di Jensen che lo guardavano quasi in adorazione. Il suo sorriso dolce che gli sorrideva innamorato.  I lineamenti del suo viso non più contratti dal dolore ma illuminati da quella splendida luce che solo l’amore riesce a donare.

“Sei sveglio?!” sussurrò Jared alzandosi e raggiungendolo.
“Sì e ti guardavo.”
“Me ne sono accorto.” fece Jared accarezzandolo dolcemente. “E ti piaceva quello che vedevi?!” chiese divertito, il giovane.
“Mai visto niente di più bello!” rispose Jensen. “Sei qui!”
“Sono qui!”
“Sei umano!”
“Sono umano!”
“Sei con me!”
“Sono con te!”
“Per sempre!”
“Per sempre!”
“Ti amo!”
“Ti amo!”
 E questa sorta di litania venne pronunciata a fior di labbra da entrambi e ad ogni invocazione lo spazio tra i due diminuiva, finchè il più dolce dei “ti amo” finì incastrato dal più tenero dei baci. Lento, leggero, gustoso, infinito.
Infinito fin quando qualcuno non si schiarì la voce alle loro spalle, palesando la sua presenza.

“Scusate se vi interrompo, ma dovrei controllare un paio di cosette!” si giustificò, indicando Jensen.

Jensen e Misha si fissarono, in silenzio. Forse imbarazzati. In fondo , anche dopo quello che era successo quella notte, era la prima volta che i due si guardavano sul serio.
Fu Jensen a spezzare quel lieve imbarazzo che era sceso nella stanza.
“Ciao, Mish!” lo salutò chiamandolo nel modo in cui aveva sempre fatto.
Misha alzò gli occhi al cielo, sorridendo appena e poi tornò a guardare il suo paziente.
“Ho sempre odiato che mi chiamassi così!” lo rimproverò bonariamente.
“Ti chiedo scusa!” si scusò subito Jensen. “Io non….”
“Lascia stare!! Puoi farlo!” lo rassicurò Misha, sorridendo più apertamente. “E poi è come se fosse una conferma che non ero pazzo quando vi vedevo e vi sentivo nella mia testa. Ora so che eravate, in un certo senso reali!”
“Oh!! Credimi, Misha. Siamo reali. Ora siamo più che reali!” gli confermò Jared. “ E lo resteremo per tutta la vita!” disse ancora stringendo la mano di Jensen.
“Un momento..” si intromise Jensen, colpito dalla spiegazione data da Misha. “Questo vuol dire che tu…tu sai chi siamo o meglio chi eravamo….sul serio?!”
“Certo che lo so!” ammise con nonchalance il medico mentre gli controllava la ferita che sembrava ormai non dare più problemi di punti.
“Gli ho detto tutto!” si fece avanti Jared. “Ho dovuto.”
“Tu…hai dovuto?” domandò lievemente allarmato e poi spostando lo sguardo sul medico al suo fianco. “E tu gli hai creduto?!”
“Perché non avrei dovuto?!” domandò in risposta.
“Perché è una storia assurda!” esclamò Jensen.
“Infatti!”
“Infatti??!!” fece ironico il biondo, notando il volto divertito di Jared che assisteva a quello scambio di battute.
“Senti, Jens…”
“Jens?!” fece piccato,  il paziente.
“Beh! se tu puoi chiamarmi Mish, io posso chiamarti Jens, ok?!” rispose incrociando le braccia al petto per presa posizione.
“Ok!” cedette …Jens.
“Ascolta. La storia che mi ha raccontato Jared è talmente assurda e fuori dalla razionalità e la lucidità umana che non può che essere vera!” lo scioccò il moro.
“Cosa?!” sibilò Jensen.
“Qualunque persona sana di mente avrebbe saputo che raccontare ad un medico una storia del genere avrebbe significato una telefonata immediata alla polizia, dato le tue condizioni e al centro di igiene mentale, dato il racconto fornito. E Jared, in tutta onestà non mi sembra uno stupido o uno svitato. Quindi la sua storia non poteva che essere vera!” fu la spiegazione alla fiducia accordata.
“Vedi che la verità paga!” fece orgoglioso Jared.
“Caspita se paga!” fece sconfitto Jensen, colpito dalle parole di Misha. “Ora, veniamo a noi!” fece, però subito dopo.
“Cosa?!” si incuriosì Jared poggiandosi al mobile alle sue spalle , per dare spazio a Misha di finire di visitare Jensen.
“Quanto tempo sono stato lì sotto? Era lunedì quando è iniziato tutto. Che giorno è oggi?!” chiese.

Jared e Misha si scambiarono un’occhiata veloce. Misha sapeva anche del lasso di tempo intercorso. Jensen ancora , no.

“E’ lunedì, Jensen.” iniziò Jared.
“Ancora…lunedì? Ma come  è possibile?!” fece sapendo bene di come scorresse il tempo ai piani bassi.
“Di due settimane dopo!” precisò con amarezza, il giovane.
Jensen deglutì. E per un attimo si sentì come se stesse provando tutti il dolore che provava alla mercè del suo carnefice infernale.
“Due …settimane?” sussurrò.
“Sì. E mi dispiace così tanto. Mi dispiace di non essere riuscito a….”
“Jared…Jared ma che stai dicendo?” lo fermò il compagno. “Ti dispiace …di cosa?”
“Mi dispiace di non averli convinti più in fretta, di non aver detto subito la cosa giusta e così di averti costretto a subire tutto questo…io…avrei voluto…avrei dovuto….”
“Ok! Ok! Ora basta. Smettila. Smettila immediatamente!!” sembrò quasi rimproverarlo Jensen e ringraziando con lo sguardo Misha, che discretamente guadagnava l’uscita e dava loro una giusta privacy.
“Ma io…”
“Mi hai salvato la vita , Jared. E non solo all’Inferno, ma anche sulla terra. Tu mi hai salvato la vita mille e mille volte, amore mio.”
“Ma cosa…quando?!” fece confuso Jared. Poteva capire l’Inferno ma sinceramente non capiva di quali altri salvataggi stesse parlando Jensen.
“Tu mi hai salvato la vita ogni volta che mi sei stato accanto, che mi stringevi la mano per tenermi vicino a te, che mi abbracciavi la notte quando mi sentivi irrequieto. Tu mi salvavi ogni volta che mi baciavi, che mi amavi e che ti facevi amare da me.” Confessò con amore e sincerità.
“Jensen…”
“Quindi ti prego, non pensare mai più che questo…” fece indicando alcune delle sue ferite. “..che questo sia colpa tua. Tu mi hai salvato dall’Inferno e io, amore mio, non vedo l’ora di tornare ad essere il tuo Paradiso.”
Jared non seppe che dire. L’emozione che gli esplose nel cuore era talmente forte che a malapena riusciva a respirare.
L’unica cosa che riuscì a fare, fu quella di avvicinarsi al lettino su cui era steso Jensen, chinarsi verso di lui e baciarlo. Baciarlo dolcemente. Baciarlo mille piccole volte, come se volesse assaporare il sapore di quelle labbra centimetro dopo centimetro. Baciarlo come se non dovesse fare altro nella vita.
Baciarlo come se dovesse finalmente convincersi che non doveva fare altro nella vita.

“Ti amo!” sussurrò poi tra un bacio e l’altro.
“E io amo te!” rispose sorridendogli e poi… “O porca miseria!!”
“Come scusa!?!” esclamò Jared tirandosi indietro perché sinceramente stranito da quella reazione.
“Due settimane? Siamo stati via due settimane?!” ripetè Jensen, quasi nel panico, che sembrava più paura che altro.
“Sì..sì, Jensen. Due settimane. Ma cosa..perchè…”
“Alex e Claire!” nominò il biondo.
“Alex e Claire?!” ripetè confuso l’altro.
“Hai presente le due figlie di Jody? Quelle che fra tre giorni ritorneranno dal loro master inglese? E di cui ci eravamo presi la responsabilità di organizzare la festa di ritorno dicendo a Jody di non fare assolutamente niente perché ci avremmo pensato noi?” gli fece presente in modo ansioso e nervoso.
Jared strabuzzò gli occhi e si rese conto del gran casino in cui erano. “O porca miseria!!”
 


Qualche ora dopo, i due , dopo essersi congedati da Misha che aveva dato il suo benestare medico affinchè Jensen potesse viaggiare, infondo erano solo poche ore di viaggio, e ringraziandolo per tutto quello che aveva fatto,  erano davanti alla porta di ingresso del locale di quella che sarebbe stata sicuramente una furibonda amica.
“Ok, piccolo. Mi dici sempre che devo essere un gentiluomo. Prego, dopo di te!” fece Jensen indicando la porta.
“Vigliacco e se proprio lo vuoi sapere, i gentiluomini, quando devono entrare da qualche parte dovrebbero farlo prima delle loro dame.” gli spiegò Jared, restando fermo al suo posto.
“Tu, di certo, non sei una dama e vuoi davvero fare il nerd adesso?!” ironizzò Jensen, restando , però, anche lui immobile.

Quando all’improvviso, dal retro della cucina spuntò il volto di Jody che nemmeno a dirlo li inquadrò immediatamente al di la della vetrina di ingresso.
“O cazzo, ci ha visti!!” esclamò senza pensarci Jensen.
“Beh! che vuoi fare? Scappare?!” scherzò nervosamente Jared, indietreggiando appena.
“Sto sinceramente valutando l’idea. Guardala…è furibonda!!  Non l'ho vista in queste condizioni nemmeno quando ha scoperto che ero stato io dire ad Alex di farsi avanti con quel tipo del Blockbuster!!” disse tra i denti, l’altro e non fece in tempo a dire altro che Jody era già alla porta e la spalancava bruscamente.

“Jody…” balbettò Jared.
“Lasciaci spiegare cosa…” provò Jensen.
Ma due schiaffi veloci e a ripetizione, volarono senza preavviso, sui volti sorpresi dei due ragazzi.
“Voi due, siete due emeriti idioti.” Esordì la donna che ora aveva gli occhi lucidi. “Dove diavolo eravate finiti? Siete scomparsi dalla notte alla mattina. Ho chiamato ospedali, polizia…cavolo!! Ho perfino provato con l’FBI ma credo che mi abbiano preso per pazza.” Fece con la voce rotta dall’emozione ma comunque severa.
Jared e Jensen, non si sognarono nemmeno di offendersi per quel gesto manesco, anche perché negli occhi e sul volto dell’amica, videro davvero la preoccupazione e l’angoscia descritta dalle sue parole.
“Jody, noi…noi abbiamo una spiegazione…” provò Jensen, sperando di calmarla in qualche modo.
“Ti prego, ascoltaci!” sussurrò, con aria colpevole Jared.
“Certo che voglio una spiegazione e certo che vi ascolterò, ma prima….” e senza finire lanciò letteralmente le braccia al collo di entrambi i ragazzi, tirandoseli contro il petto e abbracciandoli più forte che poteva e ridendo , oramai, serena, quando anche i due giovani ricambiavano quell’abbraccio. “Non fatemi mai più una cosa del genere!!”
“Non lo faremo più, Jody. Promesso!” La rassicurò Jensen.
“Siamo tornati per restare!” promise anche Jared. “Se possiamo ancora restare!” azzardò.
“Provate ad andare via e vi prendo a schiaffi di nuovo!!!” rispose la donna ancora protetta nel loro abbraccio.

Quella sera, trascorsa tra birre e risate e l’assicurazione che le due ragazze avrebbero avuto la loro festa di bentornato, la giustificazione che fu elargita alla  donna, fu che , Jared e Jensen erano due testimoni sotto protezione. Che il giorno che erano spariti nel nulla era per rendere conto di ciò che sapevano e su cui dovevano testimoniare. Che avevano cercato di farli fuori, così da giustificare i segni ancora presenti sul volto di Jensen, ma che erano riusciti a mettersi in salvo. Che una volta che i buoni avevano avuto quello che volevano e i cattivi pure, erano stati dichiarati fuori pericolo e sarebbero potuti tornare alle loro vecchie vite.
I due ragazzi, anche se sapevano che non era esattamente la verità, sapevano che in un certo senso quella scusa in parte lo era.
Jody li aveva ascoltati con attenzione e di tanto in tanto o stringeva la mano di Jared o carezzava gentilmente il viso segnato di Jensen.
Poi, finalmente, tutto tornò alla normalità. Quella normalità che tanto sognavano Jared e Jensen.
 


“Oh!! Ti prego non fermarti…..non fermarti….” ansimava Jared, coperto dal corpo di Jensen che appassionato e instancabile si muoveva su di lui, dentro di lui, mentre si inarcava e si spingeva contro il corpo di Jensen.
Era da tanto che non si amavano. Non , almeno, in quel modo. Ma nonostante Inferno e Paradiso ci avessero provato, la loro passione non si era assopita, anzi sembrava ancora più…appassionata.
“Mi sei mancato….mi è mancato tutto di te….” rispondeva Jensen, cadenzando languidamente i suoi affondi, insinuandosi sensualmente, quanto più poteva in quel corpo tanto amato e che davvero gli era mancato infinitamente. Baciandolo con entusiasmo e lasciandosi baciare con la stessa enfasi. Accarezzandosi e stringendosi per sentirsi i più vicini possibile. Respirando fin dentro l’anima, uno l’odore inebriante dell’altro. Guardandosi negli occhi e imprimendo quello che vedevano nelle loro menti quelle immagini meravigliose che avrebbero portato con loro fino alla fine dei loro giorni.
E tra suppliche e concessioni, il piacere sublime di quell’appassionato amplesso, esplose caldo e travolgente, concedendo ai due amanti un estasiato grido muto, fatto di solo respiro.
Un bacio a fior di labbra, una carezza lungo il profilo affannato, un sorriso ai loro corpi ancora avvinti e vicini e poi la pace perpetua, l’estasi dell’anima, l’amore incondizionato.

Jensen, lentamente scivolo sul petto , ancora ansimante del suo adorato amante e così rimase, godendosi il momento.
“Jensen?!” lo richiamò l’altro.
“Mmmh!?” fu la risposta di Jensen data mentre si sistemava meglio sul torace accogliente di Jared.
“Tutto bene?”
“Una meraviglia, perché?”
“Sei silenzioso.”
“Pensavo!” e a quella risposta per Jared fu come rivivere un pericoloso deja-vu.
“O Dio, ti prego no!!….l’ultima volta che abbiamo iniziato così una conversazione, io sono finito a supplicare in Paradiso e tu a penare all’Inferno.”
Jensen rise contro il petto del compagno anche se non disdegnò comunque di dare un occhiata in giro per la loro camera da letto.
No, erano soli!
Tirò un sospiro di sollievo e piano si issò sui gomiti così da poter guardare Jared.
“Pensavo al fatto che siamo di nuovo qui, umani con la nostra vita…umana. Siamo di nuovo nella nostra casa, nella nostra camera, nel nostro letto. Pensavo al fatto che ormai è tutto finito!” rispose , sporgendosi appena per baciargli le labbra ancora arrossate dall’amore appena fatto.
“No.” Sembrò quasi rimproverarlo Jared , scostandosi da quel bacio. “ Ti sbagli!” lo rimproverò , infatti. “Siamo di nuovo qui, umani con la nostra vita…umana. Siamo di nuovo nella nostra casa, nella nostra camera, nel nostro letto. Non è tutto finito, amore mio..” fece sorridendogli.
“Jared….”
“Ora tutto comincia!”

Colpito da quella parole, Jensen gli sorrise e avvicinandosi al viso amato gli sussurrò le uniche parole che in quel momento potevano descrivere quello che avevano passato.
 
Amore non è Amore
se muta quando scopre un mutamento
o tende a svanire quando l'altro s'allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai….;
Amore non è soggetto al Tempo…
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio:
se questo è errore e mi sarà provato,
io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.”

 

Jared lo fissò sorpreso ed emozionato.
“Hai citato il poeta dell’amore!” disse mascherando l’emozione che provava con una poco convinta ironia.
“Qualcuno, tempo fa, mi disse che solo chi è innamorato può citarlo. E io lo sono, sono innamorato e amo te, solo te e ti amerò per sempre. Ti amo, Jared!”
“Ti amo anche io, Jensen. E vivrò per amarti tutta la vita!”











N.d.A.: Ok! Siamo alla fine anche di questa. Spero che vi siano piaciuti questi Jared e Jensen soprannaturali!!!
Fatemi sapere quello che ne pensate o che ne avete pensato di tutta la storia, letta insieme o capitolo per capitolo. Ogni opinione è più che ben accetta!!!
Sempre!

Non so se riuscirò a postare altro in questo periodo ( un coro di Halleluiah si alza festoso!!!), perciò salvo imprevisti, ci rileggiamo l'anno prossimo.
Io comunque continuerò a leggere e recensire il vecchio e il nuovo!!!

Baci baci!!!

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3581825