About a Fox and a Bunny di sakura182blast (/viewuser.php?uid=29164)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Absence ***
Capitolo 2: *** Prejudices ***
Capitolo 3: *** Stars ***
Capitolo 1 *** Absence ***
Uhm...
Quindi sta
accadendo davvero? Ho attecchito anche in questo fandom? Eh... Peggio
della gramigna, figlioli, peggio della gramigna. Infestante ed amara.
Sinceramente muovo
passi incerti in un tipo di fandom che non mi è congeniale
– err,
per intenderci: non scrivo ogni dì di animali antropomorfi
teneramente sarcastici.
I problemi che
stanno alla base del tutto, essentially, sono due:
- Shippo Nick e Judy in un modo tale che sono
ricaduta in una di quelle mie crisi adolescenziali da fangirlismo, un
po' come quando vedevo del romanticismo yaoi implicito fra James Franco
e Seth Rogen o Simon Pegg e Nick Frost.
- Sono in un limbo, un platonico stato di attesa
in cui attendo conferme del tipo “SI': siamo
già in procinto di sviluppare Zootropolis 2” e
“SI': il tanto atteso risvolto romantico fra i
due leading characters avverrà”; tutto
questo perchè, chezzo, c'è
così tanta chimica fra loro due che, a confronto, il
laboratorio dei coniugi Curie sembra il banco del Piccolo Chimico di Scienza
e Gioco Clementoni. E tutti quelli che dicono che
“no, sono solo amici” MENTONO: le loro famiglie
sono state tratte in ostaggio e sono OBBLIGATI a dire così;
non trovo altra spiegazione logica.
Ora ci
accorgeremo
anche di un altro punto contraddistinto della mia fantomatica
persona: parlo troppo, cribbio. Queste sono le note di A.
più lunghe
che io abbia mai scritto... Giusto cielo. Una drabble. Una drabble di
miei poveri sproloqui che tradiscono a) un'insalubre
attività
neurologica b) una forte necessità di ferie –
quelle di agosto non
ci bastarono.
Oh, basta. La
smetto.
Last to know:
domando un po' di clemenza... Abbiate pietà se
ciò che leggerete è
scritto così com'è
<3
Absence
Undici.
Le
zampe fulve digitavano indolenti i numeri di targa delle vetture in
contravvenzione sull'arnese che, pigramente, vomitava multe con un
rigurgito meccanico.
I
piccoli avvisi venivano incastrati con noncuranza fra la gomma del
tergicristallo ed il vetro del parabrezza di qualche malcapitato;
alcuni parchimetri in scadenza, se già oltrepassati,
venivano
deliberatamente ignorati secondo una sorta di cernita esule da
qualsiasi rigore di logica.
Dodici.
Il
sole, già alto e perpendicolare sopra la sua testa accaldata
priva
di cappello d'ordinanza – oh, premeva troppo
sulle sue
povere orecchie – stava lassù beffardo a
testimoniare che il tempo
a sua disposizione stava per scadere e che stavolta avrebbe pagato un
caro scotto per quella mattinata ignava.
Un
altro parchimetro tossicchiò un lamento e cercò
la sua attenzione.
Tredici.
Con
uno sbuffo malcelato guadagnò il suo povero trabiccolo da
ausiliare
del traffico, abbandonato una manciata di metri più in
là accanto
al marciapiede, e buttò un,occhiataccia al display su quel
misero
cruscotto.
Le
11.55.
Oh,
Boogie
gliel'avrebbe fatta
pagare cara questa volta. Ne era certo.
Nick
Wilde montò sulla motoretta, lanciò la casacca
catarifrangente alle
sue spalle fra i coni spartitraffico e partì di buona lena
alla
volta del distretto di polizia. Sulle spalle il peso delle tredici
vergognose multe redatte senza il minimo impegno ed in bocca ancora
il sapore acre di quella punizione impostagli dal capitano quella
mattina stessa.
Pestando
nervosamente l'acceleratore con quella zampa artigliata troppo,
troppo lunga per quel pedale ridicolo, Wilde ponderava attentamente
sul fatto di concedersi un paio di giorni di ferie sciorinando a
mente mille possibili motivi credibili che, stando alla
velocità del
mezzo, aveva tutto il tempo di vagliare prima di raggiungere
l'ufficio di Bogo.
Ma
un pensiero lo trafisse mentre superava l'ennesimo semaforo: dopo
l'acceso screzio di quella mattina nell'arena, sicuramente il
capitano avrebbe rifiutato la sua ragionevole richiesta con parecchi
punti esclamativi e qualche epiteto poco carino. A maggior ragione
l'aveva declassato ad ausiliare del traffico quella mattina,
giust'appunto per fargli capire che fosse al comando e quale, invece,
fosse il suo posto da semplice agente.
Masticando
invettive velenose, che altro non facevano se non inasprirgli l'amaro
che da cinque ore si portava fra quelle fauci aguzze, la volpe si
destreggiò fra il traffico dell'ora di punta per porre fine
a quella
terribile tortura.
Due
lunghe zampe forti e cineree correvano pericolose lungo i lucidi
corridoi della centrale di polizia di Zootropolis, distretto di
Downtown.
Chi
incrociava il suo percorso si scansava spaventato alla vista di
quella piccola furia lanciata in una folle corsa.
Judy
Laverne Hopps inforcò la porta del suo piccolo ufficio in
tutta
fretta nella speranza che il suo partner fosse rientrato, ma
constatò
delusa che così non era.
Calò
mestamente le sue buffe orecchie argentate ai lati della testa e si
sedette alla scrivania, là dove svettava una placida pila di
scartoffie la cui compilazione, ormai, non poteva essere
procrastinata oltre.
Prese
il primo fascicolo che troneggiava sopra gli altri e
cominciò a
leggerne distrattamente il contenuto mentre torturava una penna a
sfera con i suoi pronunciati incisivi da leporide.
<<
Oh, Judds, guarda che non è una succulenta carota da
sgranocchiare.
>>
Se
avesse guadagnato un penny per ogni volta che si era sentita
apostrofare in quel modo da Wilde, avrebbe potuto comprare tutta
Bunny Burrow, abitanti in continua, esponenziale crescita compresi.
Le
labbra sottili si serrarono attorno alla cartuccia martoriata; un
acre sapore di inchiostro le macchiò la punta della lingua
ma non se
ne curò oltre.
Nick.
Da
qualche giorno aveva cominciato a comportarsi in modo strano
–
uhm... Ancora più strano.
Sembrava
assente, quasi il fantasma di sé stesso. Spesso un velo
scuro calava
sul suo volto e si rinchiudeva in insoliti silenzi carichi di
elettricità. La sua vena sarcastica sembrava essersi
indebolita,
così come la sua voglia di coinvolgerla in ilari scenette
esilaranti.
Quella
stessa mattina, poi... Sembrava avesse dato inizio al classico
siparietto col capitano Bogo, ma la conversazione poi si era saturata
di toni pesanti ed il suo partner era stato ufficialmente richiamato
e punito.
Era
strano. Qualcosa di poco piacevole gli frullava per la testa, fra un
orecchio puniceo e l'altro, ed il fatto che non la rendesse partecipe
dei motivi di quel comportamento la preoccupava. E la indispettiva.
Dopotutto
erano partner, no?
No?
Quel
Nicholas Wilde, greve di introspezione e spessore psicologico,
cozzava terribilmente con la maschera tronfia e spavalda che gli
vedeva indossare ogni giorno.
Quel
Nicholas Wilde, che aveva fatto del silenzio pesante il suo nuovo
vessillo, non assomigliava per niente a quel Nick che con lei si
confidava su tutto. O quasi.
Doveva
parlargli, doveva sapere come aiutarlo, doveva...
<<
Beh, Judy-non-deludi >>
gorgogliò amareggiata
abbandonando mollemente la testa sulla scivania, quasi avesse perso
consistenza << Questi rapporti sicuramente non si
compileranno
da soli. >>
Scacciò
dalla mente qualsiasi vermiglio pensiero come avrebbe fatto con un
nugolo di mosche e riprese il lavoro là dove l'aveva
interrotto...
O, per meglio dire, mai iniziato.
<<
Devi essere completamente uscito di senno, Wilde. >>
Il
capitano Bogo, seduto alla scrivania del suo ufficio, osservava la
volpe da sopra i suoi piccoli occhiali. Aveva proferito quelle
semplice parole con una calma apparente mentre il suo corpo, in
realtà, tradiva una certa, tesa rigidità.
<<
Prima mi manchi di rispetto, poi piombi nel mio ufficio con un
ridicolo numero di multe stilate >> e, per
teatralità, gli
sventolò sotto il naso il risultato cartaceo del suo
vergognoso
operato << Ed infine vieni da me elemosinando ferie o
permessi
come se te le meritassi? >>
Nick
tese l'angolo sinistro del labbro in un pallido tentativo di sorriso
sornione col solo risultato di esporre un paio di zanne affilate.
Il
capitano, dal canto suo, giunse le mani e li posò il mento,
scrutando l'altro come una bestia rara e leggendaria. <<
Ripeto: devi esserti completamente rincretinito. >>
<<
Solo un paio di giorni. Non le chiedo altro, capitano Bogo.
>>
Il
bufalo roteò gli occhi e sbuffò pesantemente
dalle narici, passando
in rassegna un paio di fogli mal riposti sul piano laccato della
scrivania.
<<
Ribadisco che non posso. Guarda qui >> disse, indicando
una
zona specifica del documento che aveva in mano << Higgins
è in
congedo per malattia, Delgato non rientrerà prima di
lunedì
prossimo e Pennington è in maternità. Ho un
distretto ridotto
all'osso, una miriade di casi e tu pretendi due giorni di ferie?
>>
Nick
scrollò le spalle rassegnato. << Glieli sto
chiedendo. >>
Bogo
si incurvò sulla scrivania e prese a massaggiarsi gli occhi
ridotti
allo stremo dal protratto uso degli occhiali.
<<
Siamo sicuri che si tratterebbe solo di due giorni? >>
La
volpe assentì con un secco, unico cenno del capo.
<<
E sia, dunque >> acconsentì infine il bufalo,
che aveva
trovato uno spiraglio di tranquillità in quell'affermazione
<<
Almeno significherà averti fuori dai piedi per un po', e,
soprattutto, spero che il tuo recente atteggiamento risenta di
un'influenza positiva. Ora esci di qui prima che quei due giorni
diventino un licenziamento. >>
Le
scartoffie erano state accuratamente impilate sulla scrivania del
capitano, le divisa giaceva ben riposta nell'armadietto e per quel
giorno la lunga lista delle cose da fare di Judy
Hopps era
terminata.
Trotterellò
serena verso l'atrio e lì si fermò per l'ultimo
saluto al collega
ed amico Benjamin Clawhauser.
<<
Hey, Benny! Vado a casa. Ho finito per oggi. >>
Il
ghepardo in sovrappeso staccò gli occhi dal cellulare e
puntò
l'arnese dritto in faccia alla collega; Judy, perplessa,
buttò gli
occhi sullo schermo brillante, là dove troneggiava una foto
di
Gazelle in compagnia di un aitante quanto fascinoso antilope.
<<
Hai visto, Judy? >> cinguettò Benjamin in
estasi <<
Gazelle ha trovato l'amore! >>
La
lunga coda del mammifero vibrò insieme alla sua voce
gorgheggiante
sull'ultima parola pronunciata.
La
coniglietta sorrise. << Sì, lo conosco.
È un famoso
calciatore. >>
Clawhauser
trinse il telefono al petto e sospirò contento.
<< Sono così
te-ne-ri. >>
Judy
inforcò la porta accennando un ultimo saluto, ma il
ghepardo, mal
borbottando qualcosa fra un boccone e l'altro della sua ultima
ciambella, la bloccò.
<<
Judy? Sai perchè Nicholas ha insistito tanto per avere due
giorni di
ferie? >>
La
zampa della coniglietta, alzata in un saluto sventolante, si
bloccò
a mezz'aria, la forma ovale assunta dalle sue labbra sottili a
testimoniare il lieve stordimento che l'aveva colta.
Ferie?
Nick
non gliene aveva parlato.
Anzi,
ora che ci pensava bene, Nick quel giorno non le aveva parlato
affatto.
Riguadagnò
il bancone, guardinga. << Ha chiesto due giorni di ferie?
>>
Benjamin
assentì veemente col capo.
<<
Pensavo lo sapessi >> cincischiò, sul volto
l'espressione di
chi teme di essersi fatto scappare un'informazione di troppo
<<
Voglio dire... Sei la sua partner e la sua migliore amica: avrebbe
dovuto dirlo a te per prima... >>
Il
tono della voce di Clawhauser calò precipitosamente assieme
alle
orecchie argentate dell'agente Hopps.
Le
zampe di lei si serrarono ferree sul bancone, gli occhi indaco,
umidi, pizzicavano nella minaccia di un paio di lacrime improvvise.
Una coniglietta emotiva colta alla sprovvista e negativamente
stupita.
Prima
non le dava cenni di vita per tutta la giornata, poi questo?
Non
era da Nick. Quel non è da Nick era
diventata la colonna
portante dei suoi pensieri negli ultimi giorni.
Possibile
che... Si fosse stancato della sua esuberante compagnia?
Una
bestiolina fastidiosa iniziò a rodere le sue viscere, si
fece strada
nell'addome di Judy ed andò a raggomitolarsi nel suo petto,
appesantendolo tanto da aggravarle il respiro.
<<
Judy? >>
Si
era dimenticata di dove fosse e, soprattutto, del suo interlocutore.
Ben agitò impercettibilmente le fini vibrisse; gli capitava
spesso
quando cercava di captare qualcosa di nuovo nell'aria, strascico di
un'eredità genetica vecchia di migliaia di anni.
<<
Va tutto bene? >>
La
coniglietta scrollò piano il capo arricciando le labbra in
un
ghigno. << Benone, Benny. >>
Con
un ultimo cenno di saluto inforcò la pesante porta del
distretto e
si tuffò nella mite aria primaverile; dietro ai grattacieli,
il sole
stava lentamente morendo per lasciare spazio ad una nuova notte.
Ed
ora?
Solitamente,
dopo un lungo turno in centrale, era abituata ad intrattenersi con
Nick per una cena in compagnia, forse un film al cinema oppure due
passi per Savanna Central per poi fermarsi in qualche pub e
ristorarsi con una birra. Spesse volte anche dopo il turno notturno,
invece di prendere la vicendevole strada di casa per un sonno
ristoratore, godevano della reciproca compagnia per una colazione
frugale a base di ciambelle e caffè - <<
Decaffeinato,
carotina: il tuo tenero cuoricino da leporide potrebbe esploderne.
>>
La
consapevolezza del vuoto che la scomparsa del suo partner aveva
creato attorno a sé la investì come una secchiata
di acqua gelida
sul musetto fine.
Si
strinse nella leggera giacca a vento – non che ce ne fosse
bisogno,
in verità – e nel debole tepore di quell'abbraccio
solitario si
incamminò verso la Residenza del Pangolino; un pasto al
microonde ed
una chiamata di routine in quel di Bunny Burrow la attendevano.
Sbloccò
e ribloccò lo schermo del telefono qualcosa come una dozzina
di
volte.
Un
paio di volte aveva avuto addirittura l'ardire di spalancare la
casella dei messaggi ed abbozzarne un paio, ma con uno stizzito
calcare della zampa aveva cancellato furiosamente le poche parole
gettate a casaccio nella schermata nivea e vivida.
Avrebbe
dovuto scriverle qualcosa... Ma cosa?
<<
Ciao carotina >> tanto per
cominciare, sarebbe stato appropriato.
E
<< Scusa >>.
Anche quell'unica parola avrebbe dato un senso più che
compiuto ad
un'eventuale comunicazione.
E
poi?
Con
una certa teatralità Nick lanciò il telefono fra
i cuscini del
divano e si scarmigliò il folto pelo rossiccio fra le
orecchie,
imprecando.
Forse
avrebbe dovuto chiamarla. Ma l'intavolare una conversazione con
quella piccola furia dal pelo color luna avrebbe implicato anche il
trapelare di informazioni che, almeno per il momento, avrebbe voluto
tenere per sé, anche perchè conosceva troppo bene
Judy per credere
che si sarebbe potuta accontentare di qualche pavida giustificazione
mal raffazzonata.
Che
fare? Che fare?
Un
ronzio proveniente dal divano lo scosse dalla sua posa drammaturgica:
il telefono aveva cominciato a squillare.
Wilde
si alzò e lo raccolse speranzoso: forse la stessa Judy aveva
scelto
per entrambi di dare cenni di vita per prima?
Ma
la realtà era ben diversa. Lesse il nome che lampeggiava
sullo
schermo a caratteri cubitali e rispose mal trattenendo un mezzo
ringhio goffo e gutturale.
<<
Dimmi >>
Nick
assentì un paio di volte col capo e serrò le
palpebre sulle iridi
smeraldo con fare pensoso.
<<
D'accordo >> disse infine << Ne riparleremo
meglio
domani. Buonanotte. >>
Interruppe
brusco la chiamata e si sedette sul divano incrociando le braccia al
petto.
Il
bailamme che lo circondava in quel soggiorno quasi spoglio di mobilio
era grottesco: avrebbe dovuto dare una sistemata.
<<
Nick, venendo da una casa abitata da decinaia di coniglio esagitati
mi stupisco di come una sola volpe possa creare un simile disordine.
>>
Sorrise
a quel rimprovero che riecheggiò nella sua mente. Quella
casa sembrò
improvvisamente ancora più vuota senza la piccola Judy
seduta sul
divano con lui a guardare le televisione, o la Judy massaia che
rassettava inutilmente un caos che nel lasso di uno schiocco di dita
sarebbe tornato esattamente come prima.
Mancava
quel batuffolo che aveva per coda, quelle lunghe orecchie che si
animavano di vita propria dando moto ai suoi stati d'animo, quelle
zampe energiche che trotterellavano serene da una stanza all'altra.
Forse
aveva fatto male a distanziarla proprio in un momento come quello...
Ma Nicholas Wilde non poteva esserci per nessuno, ora. Soprattutto
quel Nicholas Wilde.
<<
Forza, Nick: vai a dormire. >> gli
consigliò la voce di Judy che abitava la sua testa, quella
che da un
anno era diventata come la sua coscienza. In certi momenti capitava
anche che si domandasse << Che
cosa farebbe Judy
Hopps? >>
e la risposta
corretta arrivava da sola, un guizzo lampante chiaro come il sole.
La
volpe abbozzò un sorriso. << Vado, carotina.
>>
La
giornata di Judy Hopps (la seconda slegata dal sodalizio con Nick
Wilde) era trascorsa relativamente tranquilla al distretto. Si era
occupata di un paio di casi di minore gravità con McHorn ed
era
stata piacevolmente sorpresa da un'inaspettata visita di Francine.
L'elefantessa,
giunta all'ottavo dei suoi ventidue lunghi, estenuanti mesi di
gestazione, le aveva sciorinato varie questioni di natura genitoriale
che alla coniglietta sembravano distanti e lontane, quasi
appartenessero ad un altro mondo, uno che non la riguardava affatto.
Nella bolla di sapone che circondava Judy c'era spazio solo per la
carriera e tanto le bastava.
Spesso,
soprattutto in momenti vuoti di qualsivoglia occupazione, il pensiero
di Nick s'insinuava nella sua mente e s'incatenava a doppia mandata
alla parte più remota del suo inconscio.
Non
un piccione viaggiatore, non un segnale di fumo, nessun segno di vita
alcuno.
<<
Ecco, vedi carotina? Proprio qui: in mezzo
alla
fronte: è lì dove ti verranno rughe profonde come
fossi se non la
smetti di aggrottare le sopracciglia a quel modo. >>
Quel
cipiglio corrucciato la accompagnava da quando aveva posato le zampe
fuori dal letto; spesso cercava di lisciare il pelo rado con
l'ausilio delle zampe per cancellarsi quell'espressione dal muso, ma
fintantoché non fosse riuscita a placare quella tempesta che
si
portava dentro ogni tentativo risultava vano.
Ultimati
gli ultimi lavori da ufficio, lasciò la mise
da agente e si affrettò all'esterno della centrale salutando
Clawhauser con un ghigno, l'unico tipo di sorriso che riusciva a
tirare da quarantotto ore a questa parte.
<<
Ciao,
Judy. A domani! >> Rispose lui serafico agitando entrambe
le
zampe paffute in segno di saluto.
Una
volta fuori, decise che avrebbe passato quella manciata di pomeriggio
che le restava chiusa in un bar a sorseggiare birra alle carote.
Cos'altro restava da fare ad una Judy Hopps scompagnata e
spaesata?
Mentre
affondava le zampe nelle ampie tasche del soprabito leggero, si
stupì
di come il concetto di tempo fosse radicalmente mutato quando non
aveva un Nick Wilde selvatico a darle il tormento: le ore si
dilatavano senza un senso logico e l'assenza di quella volpe mal
raffazzonata ingorgava gli anfratti della sua mente senza nemmeno
disturbarsi di chiedere permesso, spavalda e sicura di sè.
L'assenza
di Nick era il riflesso stesso di Nick. Le riempiva il tempo subdola
e questo proprio non le andava giù.
Scansando
parecchi mammiferi affaccendati su e giù da quel marciapiede
logoro,
arrivò infine a Savanna Central e li si fermò
prediligendo un bar
dove non era mai stata piuttosto che quello dove era solita andare
con Nick.
<<
Eh
no, Judy Hopps >>
si era caldamente raccomandata durante la ponderata decisione <<
Meglio optare per qualcosa che non ti faccia tornare in mente che da
ben due giorni non si degna di dare cenni di vita. >>
Guadagnò
l'entrata ad ampie falcate e prese posto accanto alla vetrata che si
affacciava sulla piazza brulicante di vita mammifera.
A
mezza voce ordinò una birra piccola alla spina e si
concentrò su
quello squarcio impressionista che le si parava dinnanzi. Nella sua
staticità, tutti quei mammiferi che si muovevano diretti
verso mille
direzioni ignote sembravano trotterellare molto più
velocemente di
quanto in realtà non facessero, cozzandosi ed ignorandosi in
quel
soleggiato pomeriggio di metà aprile.
Per
passare il tempo cercava di inventare una breve storia fantasiosa sul
vissuto di alcuni animali pittoreschi che la colpivano fra quella
folla cercando spunti per la fitta trama fra i vestiti che
indossavano e l'espressione che avevano dipinta in viso, ma questo
gioco ebbe breve durata perché una voce alle sue spalle,
qualche
tavolo dietro di lei, richiamò insistentemente la sua
attenzione.
Avrebbe
potuto riconoscere quella voce ovunque: era Nicholas.
Si
voltò, guardinga, e notò con un mezzo sospiro che
le dava le
spalle; era impegnato in una concitata conversazione con qualcuno che
non riusciva ad intravedere data la posizione appartata del tavolo a
cui era seduto, nascosto quasi per metà da due fioriere
colme di
grotteschi fiori di plastica.
Normalmente
Judy si sarebbe alzata, lo avrebbe raggiunto e gli avrebbe piantato
una scenata in fiero stile Hopps riguardo al suo bizzarro
comportamento degli ultimi giorni. Ma non lo fece, e neppure lei
sapeva il perché.
Una
sensazione strana le formicolò la spina dorsale e qualcosa
che lei
amava definire il suo quinto senso e mezzo* le disse di aspettare,
che c'era qualcosa di più in quel frangente di uno stupido
Nicholas
Wilde intento a goliardeggiare
in un bar di terza categoria. E quel qualcosa di più, lo
sentiva,
era l'altro partecipante di quella conversazione che ancora era
celato ai suoi occhi.
Strinse
con forza il bicchiere di birra scura fra le zampe e serrò
gli occhi
nel tentativo di acuire il senso dell'udito: forse, pensava, sarebbe
stata in grado di sentire cosa si stavano dicendo di così
importante.
Ma non ci riuscì: il vociare chiassoso degli
avventori del locale copriva qualsiasi parola i due potessero
pronunciare.
La soluzione più semplice era palese: manifestarsi
in toto davanti ai suoi occhi, dalla punta scura delle lunghe
orecchie ai piccoli artigli poco efficaci delle zampe posteriori, ma
era ancora ancorata a quella seggiola consunta senza la minima
intenzione di schiodare da lì.
Un magone strano la investì e lei
schioccò la lingua contro il palato infastidita.
Voleva sentire
cosa stesse facendo ma al contempo non desiderava che Nick lo venisse
a sapere. Voleva forse... Spiarlo?
Ne
aveva bisogno?
Sbilanciò di un poco il peso in avanti ed inclinò
il busto verso il bordo del tavolo con circospezione: Nick da quella
posizione non avrebbe potuto vederla, ma lei sarebbe stata in grado
di conoscere l'identità della sua compagnia.
E, non appena la
misteriosa figura entrò nel suo campo visivo, qualcosa
dentro Judy
si spezzò.
Seduta di fronte a Wilde troneggiava austera un'altra
volpe di sesso femminile.
Era bellissima: il pelo folto e vaporoso
di un rosso sfavillante, vestita con ricercatezza nei particolari, un
trucco leggero a sottolineare i tratti del suo volto serio e,
tuttavia, di una sconfinata dolcezza.
I muscoli di Judy si
irrigidirono e la costrinsero nella posizione iniziale.
Quindi il
motivo del suo comportamento era... Questo?
La
coniglietta sentì l'irrefrenabile impulso di alzare i tacchi
e
prendere la porta del locale il più velocemente possibile e
nella
più totale riservatezza, ma, d'altra parte, un secondo
desiderio,
più pressante del primo che le era balenato in mente, la
investì
con una violenza a lei sconosciuta.
Se prima aveva interesse nel
sapere cosa quei due si stessero dicendo, ora aveva l'urgenza e la
necessità di venire a conoscenza dell'andazzo della loro
conversazione.
Indagò con occhi vigili, le pupille dilatate ed il
nasino che tremava senza sosta sotto la nuova pesantezza del suo
respiro corto: poco più avanti, sulla destra, un tavolo
vuoto poco
distante da quello dove Nick era seduto sembrava chiamarla come
l'ammaliante canto di una sirena seduceva i marinai fino a
trascinarli nell'oblio.
Batté le zampe un paio di volte sulle
ginocchia e lasciò vagare lo sguardo nel vuoto, a disagio.
Quello
che voleva fare era sbagliato e senza senso, ma il bisogno di farlo
la faceva sentire strana, come se il suo stesso pelo avesse iniziato
a starle scomodo e stretto.
Si concesse un paio di altri minuti
nell'incertezza ed infine si alzò, le gambe che si muovevano
silenziose in una data direzione ancor prima che il suo cervello
desse ai loro nervi l'impulso di farlo.
Si sedette in silenzio,
acquattò le lunghe orecchie tremanti e nascose alla bell'e
meglio il
musino nel bavero della giacca; nel dubbio si schermò dietro
al menù
plastificato ed unto del bar che le sciorinava davanti i peggio
piatti della peggio tavola calda.
Le sue orecchie vibrarono ancora
nel tentativo di carpire frammenti della conversazione, un'iride
viola spavalda sporgeva oltre il menù per guardarli.
Nick
lisciava distrattamente la punta della cravatta con le dita, le sue
orecchie erano basse e lo sguardo fisso sul tavolo laccato che lo
separava dalla sua piacente interlocutrice; l'altra volpe, invece, lo
fissava con insistenza, le mani avvolte attorno alla tazza di
tè di
porcellana bianca.
Judy si dava mentalmente della stupida ma,
nonostante tutto, non aveva la minima intenzione di muoversi da
lì.
<< Sei stata tu ad andartene >>
azzardò Nick, un
guizzo di disagio nei suoi occhi verdi << Mi hai lasciato
indietro come una cosa indesiderata. >>
L'altra alzò gli
occhi al cielo. << Sai benissimo che non è
cosi. >>
<<
Vorrei sapere com'è, allora... >>
La volpe allungò un
braccio verso Nick e gli carezzò dolcemente il dorso della
mano, su
e giù, su e giù, con una lentezza esasperante.
Wilde, dal canto
suo, calò le palpebre sulle iridi smeraldine e
sussurrò qualcosa
che Judy non capì; non si ritrasse a quel contatto
inaspettato: sul
suo volto troneggiava un'espressione serena, come se avesse atteso
quello
per tutta una vita.
Quello che fece più male a Judy non fu il
gesto della volpe, ma il fatto che Nick sembrasse bearsi di
quell'attenzione cosi intima.
Da che lo conosceva, lei credeva di
essere stata l'unica a potersi avvicinare a lui in maniera
così
personale... Possibile che non avesse minimamente preso in
considerazione l'idea che Nick potesse avere delle altre
femmine?
Possibile che fosse stata così ottusa?
Un
disagio a lei completamente sconosciuto la colse imprevisto; quella
creaturina fastidiosa che aveva nidificato nel suo petto due giorni
prima sembrava avesse cominciato a guizzare sotto la sua pelle
facendola fremere di un ardore completamente estraneo a Judy
Hopps.
La volpe ritrasse la zampa, ricongiungendola in grembo
all'altra appena sotto il tavolo.
<< Sei già andato? >>
Domandò infine guardando lontano.
Nick fece una smorfia. <<
Non ancora. >>
<< Capisco. >>
I retroscena di
quella conversazione erano completamente oscuri a Judy, a quella Judy
che ora lottava inconsciamente per cancellare l'immagine di quella
carezza che la sua mente aveva registrato; sembrava quasi ci godesse
il suo cervello a premere i tasti rewind
and play
per riproporgliela davanti agli occhi più e più
volte.
La
coniglietta scosse il capo, indispettita.
<< Nicholas, io
dovrei... Sai... >> disse la donna lanciando un'occhiata
distratta all'orologio che le impreziosiva il polso.
Wilde si levò
e porse il suo aiuto all'altra. << Si, lo so. Lo so.
>>
La
bella volpe strinse Nick in un abbraccio sincero che lui
ricambiò
con tristezza.
Poi, con un impercettibile scatto del viso, lei
lappò la sua guancia destra con la lingua ruvida, un ultimo
gesto di
commiato, e se ne andò.
Se l'aver intravisto quella carezza aveva
scosso l'animo di Judy, quell'ultimo gesto di affetto semplicemente
la pietrificò.
Un tarlo le rosicchiava la base del capo e gli
occhi improvvisamente cominciarono a pizzicare, minacciando di
dirompere in una cascata di lacrime di cui, esattamente, non
conosceva il motivo.
Desiderò essere inghiottita dalla terra e
finire il resto dei suoi giorni nel bollente ventre del
pianeta.
Cercò di sgusciare via da quel posto, sperando che
quest'atto di vile fuga avrebbe lasciato dietro di sè anche
quella
pesante sensazione a lei estranea dimenticandola lì, su
quella
seggiola di legno di terz'ordine, ma una voce, quella
voce, la fermò.
<< Carotina. Puoi avvicinarti, se vuoi.
>>
Nick non la guardava; lo sguardo era rivolto a quella
sedia vuota davanti a lui.
Judy si sentì infinitamente cretina:
dunque lui sapeva che si trovava lì?
<< Ho sentito il tuo
odore da quando sei entrata qui dentro. >> Le disse come
per
risponderle, voltandosi verso di lei << Coniglietta
ottusa,
sono una volpe ricordi? >>
Judy calò il menù e si mostrò
in tutta la sua vergogna; non ricordava di essere mai stata tanto
imbarazzata in tutta la sua vita.
Avrebbe voluto dirgli qualcosa,
forse trovare una scusa, ma l'immagine di quel bacio a fior di pelle
ancora le rabbuiava i pensieri rendendoli poco nitidi. Le parole che
elaborava nella mente faticavano a trovare la strada verso la lingua,
forse si perdevano fra la foschia della sua mente.
Nick le si
avvicinò e la fissò languido.
<< Cos'hai sentito? >>
Judy
gonfiò le guance arrossate e distolse lo sguardo da quella
volpe
truffaldina.
<< Non ho sentito quasi niente, se è questo
che ti disturba>> sbottò, la voce
più rotta di quanto non
desiderasse il suo amor proprio << Non volevo dare
fastidio a
te ed alla tua fidanzata, volevo solo... >>
Già. Cosa
voleva? Non lo sapeva nemmeno lei, e questo la infastidiva. Fin da
bambina era sempre stata sicura di cosa il suo cuore intrepido e
sognante desiderasse, mentre adesso non si capacitava di niente di
quello che le stava accadendo.
Nick sobbalzò appena e sorrise
enigmatico. << La mia... Fidanzata? >>
<< Oh,
lascia perdere! >>
Judy borbottava peggio di una teiera e
questo scatenava l'ilarità della volpe che aveva davanti.
<<
Non mi interessa, nè oggi, nè mai
>> mentì spudorata lei <<
Anzi, stavo per andarmene a casa, quindi... >>
<< Se
non ti interessa, perchè ti sei data tanto da fare per
spiarmi?
>>
Judy lo guardò sorpresa; i due occhioni indaco ridotti a
due fessure che vomitavano rabbia ed imbarazzo. << Io non
ti
stavo spiando! >>
Nick rise ancora, e questo la fece andare
fuori di testa. Si alzò con l'intenzione di lasciare quella
volpe
interdetta alle sue mansioni, ma lui la trattenne per una zampa.
<<
Carotina, aspetta. >>
Lei ritrasse la mano con diffidenza;
quella zampa era la
zampa, quella che fino a poco fa era avvolta dal tepore di
quell'altra, bellissima volpe.
<< Che cosa vuoi? >>
Nick
le sorrise appena, implorante. << Vieni con me in un
posto.
>>
Judy lo fissò guardinga.
<< Ti prego >>
insistette l'altro << È importante. Giuro che
ti spiegherò
tutto. >>
Non seppe se furono il suo sguardo abbattuto o la
promessa di spiegazioni al riguardo, ma la coniglietta non fece in
tempo a capacitarsi di rispondere sì
che già lo stava seguendo sul tram verso una zona di
Zootropolis che
non conosceva.
Stavano lasciandosi l'affollato centro alle spalle
mentre il sole lentamente terminava il suo ciclo dietro ai palazzi
che svettavano alti frastagliando l'azzurro del cielo.
Non si
dissero una parola per tutto il viaggio, nonostante Judy avesse da
dirgliene di tutti i colori; fu lo sguardo insolitamente spento della
volpe a farla desistere dal suo intento.
Scesero molte fermate più
avanti accanto ad un'imponente costruzione di mattoni rossi che
permetteva l'entrata tramite un enorme cancello in ferro battuto.
Quando la coniglietta realizzò che si trattava di un
cimitero, il
suo cuore accelerato perse un battito.
Nick le fece cenno di
seguirla e lei camminò alle sue spalle a due passi da lui
mantenendo
un silenzio sacrale per rispetto di coloro che lì riposavano
e dei
loro prossimi in visita.
Arrivarono davanti ad un piccolo loculo -
caratteristica necessaria per la numerosa popolazione della
città -
e lì si fermarono l'uno accanto all'altra.
Il marmo rovinato
dalle intemperie e dal corso degli anni sembrava in un completo stato
di abbandono.
Judy lesse a mente il nome del defunto che lì
dimorava: John Piberius Wilde.
Che si trattasse di...?
<<
Ciao, papà... >> sussurrò appena la
volpe fugando ogni dubbio
nella testa di lei.
Nick carezzò leggermente il marmo e la
vecchia foto che ritraeva una volpe sorridente, e continuò.
<<
Sono venuto a trovarti con una collega, Judith Laverne Hopps.
>>
Judy, spaesata, non seppe esattamente cosa dire.
<<
Beh, lei è molto più di una collega per me. Ma lo
sai. Te ne ho già
parlato. >>
Nick continuava a parlare con suo padre a cuore
aperto, come se lei non si trovasse accanto a lui e questo la
lusingava: stava prendendo parte ad un momento molto intimo della
vita di Nick, una questione a lei ancora del tutto sconosciuta.
La
volpe parlava a ruota libera della centrale, della nuova vita da
poliziotto, di lei,
e Judy ascoltava con aria trasognata ed il cuore traboccante di un
sentimento che stava riscaldando le sue membra fino all'appendice
più
estrema del suo corpo. I motivi per cui era in collera con lui
parevano essere stati momentaneamente cancellati.
Una volta che
Nick se la sentì, i due lasciarono la tomba alle loro spalle
e si
diressero piano fuori dal cimitero per raggiungere la fermata del
tram più vicina e tornare verso casa.
Si fermarono sul
marciapiede fianco contro fianco e lì rimasero, stranamente
stanchi
ed intorpiditi. Era stata una giornata spossante sotto molti punti di
vista per entrambi.
Il silenzio che si era venuto a creare fra i
due era talmente denso che a Judy sembrava di poterlo toccare con la
zampa, quasi potesse lasciarle una sensazione fastidiosa e viscosa
fra le dita.
Scrollò leggermente le spalle e si inumidì le
labbra sottili per parlare, ma Nick la precedette.
<< Oggi
ricorre l'anniversario della morte di mio padre >>
mormorò
appena guardando lontano << sono passati ventidue anni.
Di lui
ho solo ricordi sbiaditi e confusi. Non sono stati giorni
particolarmente sereni per me... Credo di doverti delle scuse, Judds.
Per il mio recente comportamento... per tutto. >>
La
coniglietta lo afferrò per una spalla costringendolo a
voltarsi
verso di lui. << Non devi chiedermi scusa, Nick: io
dovrei. Non
ti ho chiesto nulla quando avrei dovuto interessarmi di cosa ti stava
accadendo. Perdonami. >>
Nick le sorrise mesto. Nascose il
muso vermiglio nell'incavo del collo di lei, là dove il pelo
era
terribilmente morbido, e le cinse le spalle in un abbraccio ricco di
dolore.
Il cuore di Judy, stretta in quella piacevole morsa,
galoppava felice verso chissá quali lande remote;
ricambiò la
stretta, decisa ed un po' goffa.
Sapeva che lui poteva sentire
l'incremento del suo battito cardiaco pulsarle nella gola, ma non le
importava: quell'unico abbraccio spazzava via ore ed ore di
sofferenza tremenda lasciando una dolce quiete dietro di sè.
Stettero
così, come immortalati in una fotografia, per un lasso di
tempo
infinito, ma la posizione non divenne mai scomoda per nessuno dei
due.
Nick bofonchiò qualcosa contro il suo collo, il suo alito
caldo a lambirle il pelo rado. << Quella volpe con cui mi
hai
visto oggi... >>
Ecco,
pensó Judy, ci
siamo.
La verità:
quella sì che stava diventando scomoda.
<< Quella volpe...
È mia madre. >>
A Judy venne in mente quella volta che Stu
la caricò sul pick up alle cinque del mattino per una
piccola
escursione verso Borghetto, nella contea dei cervi. Si erano portati
uno zaino carico di provviste, beni di prima necessità e
quant'altro
il coniglio avesse ritenuto necessario per quella gita fuori porta.
Aveva portato quel pesante fardello sulla schiena per una camminata
di miglia e miglia fino a che, giunti in riva ad un laghetto, suo
padre le aveva dato il permesso di scaricare la zavorra dalle spalle
e riprendere fiato. Ricordò quanto si sentì
leggera una volta
buttato il pesante zaino sul terreno umidiccio del sottobosco.
In
quel momento, davanti a quella fermata del tram, a Judy
sembrò di
essersi tolta quello zaino per una seconda volta. Un peso
mastodontico di cui non conosceva l'entità
scivolò lungo la sua
schiena, percorse la linea delle gambe e si diramò nel
freddo
cemento sotto le sue zampe lasciando una scia di brividi dietro di
sè.
Era una buona
sensazione. Non la capiva appieno, ma era buona e si sentiva
bene.
Nick non sembrò accorgersi dei suoi muscoli che si
rilassavano, delle sopracciglia aggrottate che si distendevano dando
al suo volto una nota di serenità.
Forse però si accorse del
flebile gemito che le scappò dalle labbra, un rantolo che
assomigliava ad un'esternazione di sollievo, perché la
strinse più
forte, quasi a volerla inglobare appieno nel suo folto pelo
rossiccio.
<< Non parliamo più molto >>
continuò la
volpe << Forse è stata colpa mia, forse sua,
forse di
entrambi. È passato così tanto tempo che neanche
lo ricordo.
>>
Judy non disse nulla. Non c'era nulla di giusto che
potesse dire in quel momento. Stettero così per un lasso di
tempo
infinito, fino a quando Nick non si erse in tutta la sua altezza ed
arricciò le labbra in un ghigno.
<< Oggi sono io la volpe
emotiva. >> Borbottò a mezza voce, un filo di
ironia a
nascondere il leggero imbarazzo.
Judy sorrise ed il primo istinto
fu quello di colpirlo con un amorevole buffetto in piena spalla, ma
un brusco cambio d'idea le contorse i pensieri. Si alzò
sulla punta
delle zampe e lasciò una breve lappata là dove
prima un'altra volpe
aveva posato la sua, cancellando con un breve colpo di lingua una
sensazione spiacevole così come un colpo di spugna ben
assestato
toglie una macchia ostinata.
Era roba
sua,
quella. Quella stupida volpe, il suo mantello rossiccio, le sue
cravatte e le sue camicie dalle tinte idiote... non sapeva in quale
veste, ma si trattava di una sua
proprietà. Forse avrebbe dovuto indagare più a
fondo in quel
frangente, chiedersi che cosa stesse a significare, ma sul momento si
accontentò di riappropriarsi di un suo privilegio, rimettere
in
gioco le sue priorità.
Judy lo poteva abbracciare, Judy lo poteva
torturare e, da quel momento in avanti, Judy avrebbe potuto baciarlo.
Judy e solo Judy.
Era il ragionamento contorto di un cucciolo
geloso del suo giocattolo, la coniglietta lo sapeva bene, ma c'era
sotto qualcos'altro, un prurito che non sapeva bene come
alleviare.
In ogni caso, per il momento le andava bene così e
tanto le bastava.
Lanciò una fugace occhiata al volto di Nick,
che stava allegramente testando varie tonalità di cremisi,
ed infine
decise di concentrare l'attenzione su un punto qualsiasi davanti a
sè, così imbarazzata da essere incapace di
proferire parola
alcuna.
<< Carotina... >> bisbigliò la
volpe
inginocchiandosi a terra e raccogliendo le zampe all'altezza del
petto << Il mio povero cuore. Io ormai ho una certa
età: vuoi
forse farmi venire un infarto? >>
Judy rise di gusto. <<
Può essere, Piberius. >>
Con un gesto così naturale da
sembrare quotidiano, Nick le cinse le spalle in un goffo abbraccio e
la coniglietta posò il capo sul suo petto beandosi di un
calore che
era mancato per troppo tempo.
Serrò le palpebre sulle iridi
indaco ed inspirò il suo profumo selvatico riempiendosene i
polmoni;
aveva un che di diverso quel giorno, ma forse era solo lei a
percepirlo tale.
<< Judds? >>, sussurrò appena
Nick e
sentì le orecchie basse di lei fremere contro il suo braccio.
<<
Mh? >>
Lui sorrise rinforzando la presa sulle sue piccole
spalle, avvicinandola a sè più di quanto fosse
stato lecito nei
giorni precedenti.
<< No, niente... >> rispose,
un'insicurezza nella voce tremante per un'emozione tutta nuova
<<
Te lo dirò prima o poi. Ma solo se farai la brava
coniglietta.
>>
Judy rise di nuovo, gli occhi ancora chiusi, le spalle
rilassate sotto la sua presa gentile. << Che volpe
ottusa. >>
E
rimasero lì, abbracciati, ad aspettare un tram in ritardo
senza che
nessuno dei due se ne lamentasse.
Err...
Ebbene l'ho fatto: ho pubblicato questa cosa.
Ci
vuole coraggio ed ardore nella vita, ammettiamolo ahahah!
Se
siete giunti fino a qui vi ringrazio di cuore. Per me significa tanto
<3
Grazie
mille per aver dato una letta a questa cosa.
Ah, vero ^-^'' ho messo un
asterisco e me ne stavo dimenticando! La storia del quinto senso e mezzo
l'ho rubata a Dylan Dog, uno dei miei fumetti italiani preferiti!
Sono svanita come una bottiglia di Coca-Cola aperta da
quattro giorni -.-'
Alla
prossima (sempre se vi va!)
Un
abbraccione <3
|
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Capitolo 2 *** Prejudices ***
Hey there, mammals!
It's been a
while, isn't it?
Sono
scandalosa... Lo so. Sparisco per mesi, non recensisco
più... Sono una persona orribile!
Alla base
della mia latitanza vi sono, essenzialmente, due motivi: l'indecente
mole di lavoro che mi è caduta tra capo e collo da dicembre
in poi è fonte di mancanza di tempo/ispirazione (trovare il
tempo anche solo per leggere era un'impresa degna da epopea greca!); il
secondo motivo è, invece, meno "lieto": la scomparsa di due
amici, la loro prematura morte, mi ha lasciato un grande, grandissimo
vuoto sia nella testa che nel cuore.
C'è
un po' di confusione in questa mente, e ciò, temo, si prende
anche gran parte di quello che ho cercato di scrivere in questi mesi...
Passiamo ad
altro. Non sono granchè convinta della shot che segue, ma ci
ho lavorato per talmente tanto tempo (lottando contro la mancanza di
ispirazione!) che mi dispiaceva lasciarla ammuffire in una cartella.
Prendetela un po' così come viene, purtroppo :| io ho fatto
altrettanto!
Prejudices.
Quando Judy Hopps
quella mattina varcò la soglia dell'ufficio del capitano
Bogo, non era pronta ad affrontare ciò che stava per vedere.
Le sue nocche
indugiarono prima di battere su quel vetro spesso oltre il
quale, lo sapeva bene, la sua sagoma già si stagliava agli
occhi del capitano Bogo ed agli altri due ospiti manifestando la sua
presenza.
Inghiottì
un magone dall'acre retrogusto di fiele e bussò. Non
aspettò risposta alcuna: già sapeva di essere
attesa.
Il capitano,
seduto alla scrivania, la osservò con cipiglio severo mentre
prendeva posto accanto ai due mammiferi che avevano chiesto
espressamente di lei.
Li conosceva
molto bene: si trattava di una coppia, amici di lunga data di Nick, con
cui aveva avuto modo di sviluppare un rapporto di sincera amicizia nel
corso del tempo.
Lei, Vanessa,
era una dolcissima ed esuberante castorina; lui, John, un lupo grigio
con uno spiccato senso dell'umorismo ed un sopraffino gusto artistico.
Erano una coppia piacevole; uscire in loro compagnia era sempre
gradevole: si intavolavano interessanti conversazioni sui
più svariati argomenti senza scadere mai
nell'ovvietà, tranne quando scattavano le derisioni mirate
esclusivamente alla persona di Finnick.
In quel
momento, però, sapeva bene che non si trattava di una visita
di cortesia. Nick le aveva spiegato tutto poco prima: John e Vanessa
erano stati aggrediti la sera prima mentre rientravano da una
tranquilla serata trascorsa al cinema; il pelo plumbeo del lupo era
ancora secco sotto la morsa del sangue rappreso, un occhio ancora
semichiuso a testimoniare la violenza dei colpi sotto il quale era
caduto senza opporre resistenza alcuna.
<<
Non ha alcun senso rispondere all'ignoranza. >>
Glielo aveva
detto una volta John stesso, a cena, quando una delicata questione era
stata tirata in ballo e buttata sul tavolo come un argomento qualsiasi
quando invece, lo sapeva bene, si trattava di una questione tanto
delicata quanto a lei prossima.
E quello
stesso argomento aleggiava quel giorno in quell'aria che si era
inspessita nrll'ufficio del capitano Bogo, saturando quei pochi metri
cubici dal pavimento fino al soffitto di un gas venefico e malsano.
Judy
tirò la piccola bocca in un sorriso comprensivo cercando di
sopire la Judy che dentro di lei urlava e si strappava a ciocche il
pelo color piombo.
<<
John, Vanessa. Buongiorno. >>
La castorina
sorrise appena mentre le zanne di John si mostrarono in tutto il loro
splendore in un sorriso aperto e gioviale.
<<
Judy, sono molto felice di vederti. >>
gorgheggiò soddisfatto.
La coniglietta
assentì con un cenno del capo e sfogliò
distrattamente il fascicolo scarno sul caso che aveva fra le mani; non
che avesse bisogno di riguardarlo, in realtà - oh, l'aveva
già letto almeno una decina di volte quella mattina - ma era
conscia di non sapere in quale anfratto dell'ufficio buttare gli occhi
per ingoiare quel disagio che le si era annodato in gola.
<<
Allora, john... >> cominciò Judy, occhi fissi
su quegli orribili fogli in formato A4, cuore stretto in una morsa di
filo spinato << Abbiamo abbastanza informazioni per
cominciare, ma Vanessa ha detto che non vuoi sporgere denuncia...
>>
<<
Oh, Judy >> esordì il lupo <<
Avresti dovuto vedere quale aborto cinematografico Vanessa mi ha
costretto a guardare ieri sera. >>
Non le rispose
di proposito, e la coniglietta questo lo sapeva bene.
Serrò
il fascicolo e trovò il coraggio di guardarlo dritto in
quegli occhi inspiegabilmente sereni. <<
Perchè non vuoi denunciare quanto accaduto? >>
<<
Doveva essere una sorta di commedia con un cast mal raffazzonato
>> continuò imperterrito l'altro sventolando
una zampa per aria << Ma l'unica cosa che mi ha fatto
ridere è stata quella presunta recitazione messa in scena da
un regista da quattro soldi. >>
<<
John? Mi stai ascoltando? >>
<<
Si vocifera che ne trarranno un sequel... Con che coraggio, mi chiedo
io? >>
<<
John! >>
Judy
lanciò la sottile carpetta sulla scrivania laccata di Bogo
in un impeto d'ira; la superficialità con la quale il lupo
stava trattando la questione la stava mandando in bestia.
Il predatore
strinse il capo fra le possenti spalle e mal soffocò una
risata di scherno. << Stiamo perdendo tempo, Judy.
>>
<<
Sei stato aggredito e dobbiamo catturare i colpevoli! >>
gli rispose risoluta la coniglietta con le orecchie che guizzavano
frementi fendendo l'aria << Non stiamo affatto perdendo
tempo! >>
John si
alzò ed avanzò zoppicando verso di lei; ogni
passo era un'agonia, ogni muscolo contratto tradiva un dolore sordo che
riecheggiava nel suo corpo e nella sua anima.
Quando le fu
abbastanza vicino, le si inginocchiò dinnanzi e
posò le grandi zampe artigliate sulle sue piccole spalle
tese.
<<
Agente Hopps, che potere ha lei per fermare tutto questo?
>>
Le sorrise
mentre parlò, ma i suoi occhi lucidi tradivano un dolore che
si portava dentro da molto tempo, un dolore simile - se non uguale - a
quello di quella tenera femmina di castoro che ora saggiava la schiena
del suo compagno con rassegnazione.
<<
Combattere il crimine è il mio compito... >>
uscì detto in un soffio a Judy, ma stavolta in quello che
diceva non credeva nemmeno lei.
<<
Appunto, Judee >> la
schernì il lupo << Sei qui per assicurare i
delinquenti alla giustizia. Non è il tuo compito quello di
combattere il razzismo o l'ignoranza. >>
Le zampe di
lui lasciarono la presa ed il corpo della coniglietta ricadde
mollemente contro lo schienale della seggiola consunta. Quello che le
sue lunghe orecchie da leporide avevano appena sentito l'aveva
completamente svuotata.
Si trattava di
questo, dunque, e lo sapeva bene.
<<
Lo sai come ci chiamano in gergo, Judy? >>
continuò John mentre camminava faticosamente senza meta per
l'ufficio di Bogo << Freaks. Fenomeni da
baraccone. Ci trattano come reietti ai margini di una
societá pseudo-perfetta. >>
Le coniglietta
abbassò lo sguardo fingendo interesse per un vecchio
pavimento che aveva visto passare di lì un mucchio di
mammiferi sofferenti.
Il lupo le
stava sciorinando una questione scomoda quanto la seggiola su cui era
seduta. << Si può dare una colpa all'amore?
L'essermi innamorato di un mammifero di una specie diversa dalla mia
non fa di me l'attrazione di un circo. È squallido.
>>
Estrasse dalla
tasca dei pantaloni un rovinatissimo pacchetto morbido di sigarette
leggere; quando se ne accese una inspirò profondamente
serrando le palpebre sugli occhi bui e Bogo non gli ricordò
che fosse vietato fumare negli edifici pubblici. Quel giorno un Bogo
amareggiato non aveva voglia di ricordare niente a nessuno.
<<
Chiunque può essere quello che vuole, eh? >>
soffiò il lupo amareggiato sbuffando una nuvola panna di
fumo denso << Zootropolis è una stronzata. I
suoi dogmi lo sono altrettanto. >>
Judy non se la
sentì di ribattere in nessuna maniera, nonostante quanto
stesse ascoltando andasse contro tutto quello in cui credeva. Il suo
discorso, quello che aveva tenuto davanti ad una folla festante il
giorno in cui appuntò sul petto di Nick uno scintillante
distintivo dorato, aveva lo stesso odore squallido dell'aria fritta in
quel momento e lo stesso valore iniquo.
<<
Fai uno sbaglio, John >> azzardò dunque Judy
in un tentativo di salvare il salvabile, di ricostruire un minimo di
fiducia nella parte buona di quella citta che lei idolatrava ed amava
<< Lascia che ci pensi io, che ci pensi il distretto.
>>
Il lupo le
sorrise; la brace della sigaretta che assumeva un colore rosso cupo
ogni volta che inspirava. << C'è poco a cui
pensare, tesoro mio. Continueranno a lanciarci occhiate oblique quando
ci guarderanno passeggiare mano nella mano; scoccheranno frasi
ingiuriose come dardi avvelenati nei nostri confronti; ci
giudicheranno; ci additeranno come bestie feroci indicando ai loro
figli come il diverso da loro sia sbagliato e cresceranno altri
mammiferi bigotti che a loro volta partoriranno altri mammiferi
prevenuti in un loop vizioso che trascenderà il tempo.
>>
La coniglietta
boccheggiò un paio di volte come un pesciolino spaesato in
una boccia troppo piccola; il suo sguardo indaco vagò
inconsciamente verso quello ceruleo di Vanessa in un moto implorante
forse voluto, forse no.
Aiutami, sembrava dire, tu
che hai un ascendente non indifferente su di lui, aiutami a spiegargli
quel punto di vista che al momento non vuole capire.
Vanessa le
lanciò quel salvagente che andava cercando in quell'oceano
di amarezza e rassegnazione.
<<
Suvvia, John, parli come se fosse il giorno del giudizio
>> lo rimbeccò la castorina sventolando una
zampa davanti al suo musetto << non è tutto
bianco o tutto nero; guarda le sfumature: ci sono molti mammiferi
assennati a Zootropolis. Prendi la nostra Judy, per esempio:
è adorabile. >>
La coniglietta
si rilassò in un principio di sorriso che John, purtroppo,
smorzò subito.
<<
Esempio azzeccato, eh Vanessa? >> la rimbeccò
subito il lupo puntandole una zampa accusatoria al petto
<< Lei ci tratta come mammiferi normali perchè
è di
parte.
E tu lo sai meglio di me. >>
La castorina
serrò le palpebre e prese a massaggiarsi una tempia con
leggere pressioni circolari della zampa. << Ora basta,
John. Questi non sono affari che riguardano te o me. Sei sconveniente.
>>
Un mezzo
ringhio vibrò nel profondo della gola del lupo, ma non
articolò nessuna risposta di senso compiuto mentre
improvvisava un posacenere nel portapenne trovato sulla scrivania di
Bogo; questa era una delle sue caratteristiche che più
detestava: tratto in scacco, non sapeva fare null'altro se non
appellarsi ai suoi istinti primordiali e reagire di conseguenza.
Così come un lupo primitivo avrebbe ringhiato a qualsiasi
altro animale che avesse puntato il pezzo di carne cruda che serrava
fra i denti, così John non fece altro che far vibrare le
corde vocali quando si vide vinto.
Le iridi
indaco della coniglietta guizzavano vaghe in cerca di qualsiasi
appiglio, qualsiasi distrazione per dissimulare quella sensazione di
disagio assoluto che l'aveva colta appena sopra la bocca dello stomaco.
Sembrava che un rapace avesse arpionato il suo cuore con degli artigli
affilatissimi ed ora stesse affondandoli all'interno del suo muscolo
cardiaco lentamente, subdolo e crudele.
Sapeva ed allo
stesso tempo ignorava cosa John stesse insinuando con
quell'affermazione sibillina; d'istinto avrebbe desiderato colpirlo
seduta stante con un vibrante scacco delle sue gambe muscolose ed
energiche, ma ebbe un lampo di lucidità a favore del suo
raziocinio e piantò salde le piante delle zampe sul
pavimento mentre, lungo tutti i nervi del suo corpo, scariche
elettriche mandavano impulsi facendo fremere impercettibilmente ogni
singolo muscolo.
Stirò
le labbra in un forzatissimo mezzo sorriso di circostanza senza avere
nulla da aggiungere alla digressione appena conclusa. La conversazione
continuó fra gli altri tre interlocutori, ma alle lunghe
orecchie di Judy Hopps non giunse altro che un ronzio sommesso, un
rumore bianco strascicante nel background del suo cervello
traboccante di pensieri che si rincorrevavano, salivano gli uni sugli
altri cercando di prevaricarsi, di incontrare la sua fuggente
attenzione.
<<
Dai, Judy >> sembravano dirle <<
Siamo qui per affrontare una spinosa questione. LA spinosa questione.
>>
Picchiettava
il cappuccio della penna su quei fogli da mezz'ora ormai.
Aspettava un
segno divino, forse, la discesa di un niveo raggio di luce sul suo capo
che avrebbe dissimulato la fitta nebbia che lo abitava e le avrebbe
indicato il giusto cammino da percorrere.
Peccato che
dio quel giorno avesse altri problemi a cui pensare: nessuna
divinazione giunse a dissipare i dubbi dalla sua mente.
Si
portò la penna alle labbra con un gesto pressoché
meccanico mentre i suoi pronunciati incisivi iniziarono a torturare la
plastica che avvolgeva quell'inchiostro che troppo spesso era andato a
macchiarle la lingua rosea.
Una zampa
fulva fece improvvisamente capolino mentre le nocche picchiarono
delicatamente sul legno dello stipite della porta dell'ufficio che
condivideva con Wilde.
<<
Toc
toc.
Si può? >>
Judy si
rilassò in un sorriso. << Non devi bussare,
Nick: l'ufficio è anche tuo. >>
La volpe
scrollò le spalle mostrandole un sorriso sghembo ed affilato.
<<
Sembravi così immersa in qualche questione da coniglietta
emotiva. Ho preferito annunciarmi. >>
Hopps
scoccò un'occhiata acida verso il suo partner e migliore
amico, un dardo che voleva zittire ogni suo tentativo di
sdrammatizzazione; non le sembrava il caso, non dopo l'amaro epilogo
che i suoi tentativi di persuadere John avevano scritto nero su bianco.
Nick
recepì la velata minaccia; schioccò la lingua
contro il palato ruvido e mosse qualche passo scoordinato in
quell'angusto cubicolo con le mani affondate nelle ampie tasche della
divisa.
Focalizzò
l'attenzione un po' qua ed un po' là, su oggetti conosciuti
che riempivano da mesi la sua quotidianità come se li stesse
vedendo per la prima volta in quel preciso momento.
A Judy parve
di osservare una sciocca mosca chiusa dentro un barattolo di vetro:
cozzava zelante contro la stessa superficie in un perseverante
tentativo di fuga senza rendersi conto dell'ovvio ostacolo che le si
parava dinnanzi ogni volta. Nick passeggiava ora a destra, ora a
sinistra, senza sapere come affrontare quell'argomento sospeso nel
vuoto.
<<
È finita come temevo. >>
La volpe
sussultò rischiando di lasciar cadere nel vuoto il delicato
soprammobile che si rigirava fra le zampe da cinque minuti buoni.
Judy, in
compenso, assaporò piano l'amaro che quelle parole
sfuggitele dalle labbra le avevano lasciato in bocca.
<<
John ha lasciato perdere tutto >> sussurrò
ruotando appena il busto verso di lui << Ed io che
pensavo di poter fare qualcosa per lui... Per loro. >>
Nick si
strinse nelle spalle arricciando appena la sottile linea nera del
labbro superiore. << Non ti crucciare per loro, carotina:
staranno benone. >>
Con un sonoro
sbuffo, Judy riguadagnò la scrivania e focalizzò
completamente l'attenzione sui fogli che la occupavano.
La
frustrazione che provava era una sensazione quasi fisica, vera e
tangibile tanto quanto il pizzicare dei suoi grandi occhi indaco
prossimi alle lacrime.
No, pensò,
era tutto sbagliato quello che stava accadendo. Tutto.
Quando aveva
cominciato la sua utopia a trasformarsi in una distopica
realtà?
Era come se
per tutto quel tempo avesse visto Zootropolis, la sua amata
città, attraverso un filtro: collezionava solo il meglio di
quanto vedeva scartando senza soffermarsi infinite
molteplicità di particolari distorti.
<<
In fondo, John ha ragione >> azzardò la volpe
in un sussurro, lo sguardo perso nel vuoto.
Judy
tremò. Una scarica elettrica percorse dolorosamente la sua
breve spina dorsale facendole rizzare il pelo plumbeo. <<
Non ha alcun senso che debbano entrambi soffrire così.
>>
<<
Dichiarare guerra ad un mulino a vento: questo non ha senso.
>>
Le membra di
Judy si irrigidirono; la sua mente, oltremodo provata, partita per
un'ascissa tutta sua su chissà quale piano cartesiano,
vomitava cattiverie che faceva fatica a non far vibrare fra le sue
corde vocali.
Un silenzio
grave inspessì l'aria dell'ufficio; la rese torbida e
difficile da filtrare nei polmoni.
Judy si
sentiva come se stesse lentamente affogando in un'acqua paludosa e
melmosa, talmente densa da non consentirle nemmeno una breve bracciata,
un unico, rigido colpo di zampa che avrebbe potuto trarla in salvo, o
almeno darle l'illusione di tornare verso una riva sicura, un porto
felice.
Il bastimento
stava lentamente affondando con il suo capitano, ma Judy avrebbe
trascinato nell'oblio dell'abisso qualcun altro con lei.
<<
Forse non ha senso per te, Nick. Ma se si tratta di un qualcosa che non
ti riguarda, meglio lasciar correre giusto? >>
Il peso di
quell'enorme bugia le rovinò addosso, come un macigno tra
capo e collo, con una violenza tale da farla gemere. Era un'accusa
pesante, priva di prove oggettive - e Judy stessa sapeva bene quanto il
suo partner fosse in grado di entrare in empatia con i problemi altrui;
non ne aveva dato prova anche con lei? -; quelle parole scivolarono
lente lungo il suo soffice pelo lasciando dietro di loro un sentore
venefico, una vergogna difficile da scacciare.
Lo
sentì emettere un ringhio sommesso, una breve vibrazione che
risuonò nella sua gola, appena prima che le sue zampe
artigliassero la seggiola sulla quale era seduta costringendo la
medesima a girare verso di lui.
Lo scatto fu
veloce, quasi impercettibile, e la foga che Nick aveva messo in
quell'unico, disperato tentativo di poterla guardare nuovamente in
quegli enormi occhi viola era stata tale che il contraccolpo la spinse
con violenza contro il grande schienale imbottito della sedia girevole.
Judy
squittì appena per l'improvviso spavento e raccolse le gambe
al petto in un gesto involontario, forse pronta a vibrare una forte
zampata in direzione di quel predatore in escandescenze che ora la
stava guardando dritta in quelle pupille dilatate per la paura. Il
nasino rosa tremava insistentemente sotto la morsa del suo respiro
corto, il cuore galoppava come volesse saltar fuori dalla sua gabbia
toracica in qualsiasi momento, pronto a quella vile fuga che la sua
stessa padrona stava meditando di perpetrare in un moto dettato
unicamente dal suo istinto di preda.
Era pur sempre
un coniglio. Un coniglio messo alle strette da una volpe.
Le mascelle
serrate di Nick malcelavano ancora quel suono gutturale che si
innalzava lento e ronzante dalla sua gola, da quel collo teso, e che
raggiungeva le orecchie di Judy ovattato attraverso quelle zanne
affilate che le sue sottili labbra nere mostravano, nivee e perfette
nella loro intimorente affilatezza.
Ma il viso del
predatore si palesava in un ossimoro perfetto: se le fauci sembravano
bramare le carni tenere e dolci di Judy, gli occhi, così
verdi e spalancati su quel mondo imperfetto, tradivano un sentimento
diverso: a Judy parve di guardare nuovamente negli occhi quella
castorina rassegnata che, quella stessa mattina, aveva incontrato
nell'ufficio del capitano.
<<
Pensi che sia davvero questo il punto, Judy? >>
sibilò a denti stretti Nick rinvigorendo la presa sul
tessuto sottile dello schienale; i suoi artigli sprofondarono nel
ventre molle e giallo della gommapiuma, ma non sembrò
curarsene. << Lo sai perchè a John va bene
cosi? Perchè Vanessa lo ama, e lui ama lei. Loro si amano e
questo va al di là di ogni insulto, al di là di
ogni provocazione e, sì, anche al di là di ogni
violenza fisica. >>
Le parole di
Nick affondarono come lame nelle carni molli di Judy, coltelli roventi
che incidevano nei suoi muscoli e nelle sue viscere il concetto che il
predatore voleva rimanesse impresso per sempre. E forse anche di
più.
<<
Sai cosa pensa, John? Io ho lei, ed il resto non conta.
Fintantochè ho lei a darmi forza, posso sopportare il marcio
in cui prima o poi annegheremo. >>
Il tono di
voce della volpe scemò così come le sue zampe,
lentamente, calarono al di là della stoffa, sopra le spalle
tremanti di Judy.
<<
Ho lei, e lei ha me >> sussurrò appena,
così debolmente che a malapena la frase risuonò
nelle lunghe orecchie cineree della partner << Il resto
non conta. >>
Una piccola
lacrima peccatrice si abbandonò oltre l'occhio indaco di
Judy, lambendole il muso lungo tutta la sua lunghezza e fermandosi sul
collo, là dove il pelo appena più folto la
inghiottì facendola sparire per sempre, come se non fosse
mai caduta; l'unico testimone del suo passaggio discreto era il vello
appena umido che l'aveva accolta poc'anzi, subito dopo che si fu
palesata senza che la coniglietta potesse fare nulla per fermarla.
Nick,
accigliato, spazzò via quel velo umido dalla gota paffuta
della partner con un leggero tocco della sua zampa fulva; fece sparire
quel fastidioso sentore bagnato come se fosse indesiderato, una cosa
fuori posto, una brutta piega scovata su una delle sue camicie hawaiane.
Schioccò
la lingua ruvida contro il palato con una nota di soddisfazione quando
anche l'ultima perla di quella stilla salata andò perdendosi
fra il manto di Judy, dando l'idea di non aver mai solcato quella
guancia.
Dal canto suo,
Hopps non capì appieno il motivo di quella sua reazione al
dolore che Nick malcelava sotto una maschera iraconda, di quel dolore
che sentiva anche suo in qualche anfratto del suo essere.
Era solo per
il fatto di essere un coniglio, e dunque emotivo ed empatico per
antonomasia? O c'era dell'altro?
Qualcosa
suonava nella testa di Judy, note dissonanti che cercavano di comporre
una melodia già ascoltata da qualche parte; ma le note non
trovavano lo spazio che loro spettava in quello spartito: si buttavano
a casaccio su un rigo o sull'altro, dando luogo ad una sinfonia
stridente che non riusciva ad armonizzarsi nel suo insieme. Avrebbe
voluto darle un nome - per tutti i cracker al formaggio, era sicura di
sapere di cosa si trattasse! -, ma c'erano dei significati che ancora
le sfuggivano, e, da brava coniglietta sciocca, non riusciva a serrare
le zampe affusolate attorno a quel concetto perentorio che sembrava si
divertisse a sfuggire alla sua presa.
Se due
mammiferi di specie diverse non erano liberi di esternare il loro amore
dinnanzi al mondo intero, come e perchè questo concetto
amaro ed indigesto la saturava fino alla nausea? Sotto quale vessillo
l'intrepida Judy Hopps di Bunny Burrow si schierava: la poliziotta
integerrima pronta a difendere gli innocenti in scacco? O la prossima
co-protagonista del secondo atto della tragedia a cui aveva assistito
quella mattina?
Non sapeva
fornire risposta a nessuna di quelle domande che frullavano veloci,
come ali di colibrì, nella sua testa affollata di sentimenti
e verità.
Con un grosso
sospiro, nascose il musino tremante nel collo di Nick, appena sopra la
sua clavicola; lì, era sicura, la folta pelliccia color
crema della volpe l'avrebbe nascosta, avrebbe ovattato per qualche
istante il clangore di un mondo spesso ostile. Avrebbe voluto sparirci,
in mezzo a quel pelo: era senza ombra di dubbio il porto sicuro che
andava cercando una manciata di discorsi prima. Sentiva il cuore del
partner pulsare a fondo nella gola e lì si ritenne
soddisfatta; niente più melodie disarmoniche: il sangue
pompava veloce e regolare seguendo alla perfezione un tracciato
già scritto, dandole quasi l'impressione di aver varcato una
soglia benevola e famigliare.
Come se fosse
una diretta conseguenza, la meta prestabilita di un viaggio impervio,
anche le sue braccia cercarono conforto in mezzo a quel pelo vermiglio,
cingendo il sottile busto di Nick in una salda presa alla Hopps.
Resta,
resta qui e lotta con me, pareva urlare
quell'abbraccio, ma Judy non diede voce a quel grido silenzioso. Non ne
avrebbe avuto il coraggio.
Nick Wilde,
piacevolmente sorpreso da tanta presa d'iniziativa, spianò
finalmente la fronte e non pensò più a nulla, se
non a bearsi di quel contatto inaspettato, quel calore inatteso, quel
cuoricino galoppante che scalpitava contro il suo torace, quel lieve
sentore di erba fresca che s'irradiava dal pelo di Judy.
<<
Carotina, carotina >> mugugnò dunque appena
sopra la sua testa << Se mi vizi così, dovrai
prepararti a dispensare abbracci del genere più spesso.
>>
Judy
ammassò una manciata indistinta di bofonchii e mugugni; non
era in grado di articolare alcuna risposta sensata in quel momento.
Aveva la testa
nella medesima bolla di sapone febbricitante che la colpiva quando le
capitava di contrarre l'influenza: quando la temperatura corporea
saliva, i pensieri fluivano lisci e setosi, ricoprivano la sua mente
con un velo leggero, e non era in grado di esternarli con chiarezza al
mondo che svettava al di fuori dalla sua nuca.
<<
... Mi comporterei esattamente come John. >>
sospirò Nick mentre ricambiava quell'abbraccio nella maniera
più delicata che gli era concessa - quella carotina era
talmente minuta che aveva paura di poterla sgretolare!
<<
Mh? >>
<<
Ho detto che mi comporterei esattamente come lui. Non mi importerebbe
nulla di quello che il mondo potrebbe pensare. >>
<<
Se si trattasse di te... ? >>
Judy
allontanò appena la testolina grigia quel tanto che le
bastò per poter scrutare quelle pozze verde speranza e
leggere se vi fosse scritto o meno il vero, se le parole che uscivano
dalla bocca della volpe trovavano riscontro nella sincerità
dei suoi occhi.
Quello sguardo
fiero ed un po' beffardo che vi trovò la rincuorò
come la migliore delle notizie.
Non mentiva.
Qualcosa di
buono ne sarebbe sicuramente uscito, prima o poi.
Mah... Non
sono soddisfatta al 100%. Mi pare un minestrone un po' confuso... Ma
non riesco ad adattarla in nessun altro modo.
Io ci provo ad
affrontare questo blocco
dello scrittore... Prima o poi lo
supererò. Vi ringrazio infinitamente per essere giunti fino
a qui. Siete dolcissimi!
Alla
prossima... Spero!
|
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Capitolo 3 *** Stars ***
Buonasera
a tutti!
Ritornare in questo fandom è stato come lenire i miei dolori
con un balsamo.
Sono tornata - ahimè, ahivoi - con qualcosa di
più soft. L'ispirazione è arrivata come un'onda
ed io ho deciso di fare la surfista: l'ho cavalcata appieno!
Ciance a parte, vi lascio al capitolo e colgo l'occasione per
ringraziarvi: siete meravigliosi :)
Stars.
Mentre bivaccava in quel campo rigoglioso, la nuca posata fra la
soffice erba lussureggiante ed il nasino rosa puntato
all'insù verso quel manto vellutato cosparso di piccole
stille argentate, Judith Laverne Hopps poteva definirsi la coniglietta
più felice del pianeta.
Aveva avuto proprio un'ottima idea, pensò soddisfatta, a
trascinare il suo partner ed amico alla sagra più gettonata
di Bunny Burrow.
Aveva volutamente trascurato quel sopracciglio inarcato su quella
fronte fulva quando gli aveva sventolato sotto il tartufo il volantino
che si era fatta spedire da Bonnie e Stu.
<< La
sagra della carota? >> Le aveva chiesto Nick
ridendo sotto i baffi <<
Ma voi conigli non pensate ad altro? Magari al pollo fritto, no?
>>
Ma, cinismo a parte, la volpe era stata ben contenta di accompagnarla e
trascorrere l'intera giornata destreggiandosi fra
duecentosettantacinque e più coniglietti completamente
ammaliati da quell'appendice folta e rossiccia che sventolava sotto la
sua schiena.
<< Quella
del signor Grey non è così bella...
>> aveva sussurrato uno di loro agli altri
che, annuendo veemente, si erano trovati tutti d'accordo:
sì, quella coda era davvero morbida, davvero rossa, davvero
invitante.
Judy si era divertita come una bambina nel vederlo scappare qua e
là nel tentativo di sfuggire a quella miriade di piccole
furie variopinte che volevano accarezzare o tirare la lunga coda lucida
e pettinata.
Al calar della sera, quando i bambini si furono ritirati nelle
rispettive dimore stanchi delle loro infantili fatiche, Nick
potè finalmente rilassarsi e fare una rapida stima dei
danni: forse un po' arruffata, forse un po' polverosa, forse con
qualche ciocca di pelo in meno, ma quella sua adorata appendice era
ancora lì, saldamente attaccata al suo fondoschiena.
Anche in quel momento, in quell'idillio bucolico di campi ordinatamente
coltivati e profumi selvatici, sotto la pallida luce di una luna nivea
che svettava in quel cielo silenzioso, Nick stava ancora preoccupandosi
di sistemare ciuffi di vello puniceo in disordine, intricati in certe
matasse nodose che solo le zampine di un cucciolo sarebbero riuscite a
plasmare.
Dal canto suo Judy, mentre lo sentiva sospirare peggio di una
scolaretta innamorata, stava ancora beandosi di quel profumo di terra
umida e gramigna selvatica che solo quel mondo agreste riusciva a
preservare nella sua unicità.
<< Nick >> Azzardò dunque
mentre, a pieni polmoni, inspirava quel sentore selvatico di cui in
città aveva tanta nostalgia << La tua coda non
diventerà più liscia di così.
>>
Per tutta risposta, la volpe puntò contro di lei una zampa
accusatoria. << Carotina, quello che ancora non hai
imparato su Nicholas
Piberius Wilde è che lui si prende molto cura
delle sue estremità! >>
Judy roteò gli occhi in un moto esasperato incrociando con
lo sguardo, infine, una volpe beffarda che la fissava con un sorrisetto
sornione ed allusivo.
<< Di tutte
le sue estremità. >> Aggiunse infine quel
predatore beffardo trasformando quei due occhioni verdi in due smeraldi
allusivi.
La coniglietta arrossì come il cielo al tramonto spalancando
la bocca asciutta.
<< NICK! >> Esclamò
scandalizzata e, teatralmente, ruotò il busto coricandosi su
un fianco in modo da dare a quella volpe scandalosa solo la visione
della sua schiena minuta.
Detestava il modo in cui lui fosse in grado di metterla in imbarazzo
così, senza preavviso alcuno. Aveva un suo modo di scherzare
tutto cittadino che ad una giovane coniglia nata e cresciuta in
campagna ancora sfuggiva.
Tesa come una corda di violino, sentì il predatore lasciarsi
scivolare accanto a lei fra l'erba fresca con un sospiro di
approvazione; nonostante la terra lasciasse ormai trasudare la sua
umidità in superficie, la volpe di città non
avanzò alcuna protesta per quella situazione a cui, essendo
cresciuto a Zootropolis, non era uso.
Era bello potersi beare di una cosa tanto semplice insieme a lui: un
oceano smeraldo a far loro da letto ed un buio soffitto di timide
stelle che, di quando in quando, sfarfallavano una timida luce
cangiante e delicata.
D'improvviso Judy pensò che, in realtà, quel
riverbero argenteo era solo un'eco di quello che fu, di un astro che
già si era spento e mandava, tramite deboli scintillii, un
ultimo saluto agli spettatori prima di dissolversi nel nulla in
un'esplosione grandiosa nel bel mezzo di un solitario universo
sconosciuto. Quel pensiero la rese particolarmente malinconica senza
sapere il perchè. Sua sorella Jen avrebbe definito il tutto
tremendamente romantico; lei, giovane coniglia alle prese con pensieri
acerbi riguardo all'amore, riusciva solo a provare un'immensa tristezza
per quelle fulgide luci che non erano più nulla se non un
vago ricordo di qualche mondo lontano.
<< Il coniglio sulla luna... >> lo
sentì improvvisamente borbottare fra sé e
sé interrompendo quel flusso di pensieri.
Judy si voltò incuriosita, dimentica di quell'imbarazzo che
aveva fatto da padrone una manciata di secondi prima.
<< Come hai detto? >>
Nick incrociò le braccia dietro la testa, guadagnando una
posizione più comoda, e le sorrise. << Non
conosci quella leggenda, carotina? >>
Hopps ciondolò il muso da destra a sinistra in segno di
diniego.
<< Per una religione - non stare a chiedermi quale, ti
prego - si narra che un coniglio, moltissimo tempo fa, si
offrì in sacrificio ad un dio affamato ed assetato da giorni
di preghiere e meditazione. Per questo, il dio in questione lo
omaggiò regalandogli un'icona che lo rappresentasse
lá dove tutti avrebbero potuto vederlo ed ammirarlo per il
suo gesto coraggioso. >> La volpe allungò una
zampa verso il satellite argenteo che svettava sulle loro nuche,
placido, e le indicò un punto esatto dove guardare
<< Lo vedi lassù, Judy-non-deludi, il
coniglio? Tiene nella zampa un martello e si racconta che stia battendo
del riso. >>
La coniglietta si puntellò sui gomiti per avvicinarsi,
seppur di una manciata di centimetri, a quel cielo stellato;
strizzò gli occhioni indaco fino a renderli due fessure
indistinte cercando di mettere a fuoco un'immagine che proprio non
riusciva a prendere la forma descritta.
<< Cosa vai farfugliando? >> Gli
domandò << Ci vedo di tutto, tranne che un
coniglio. >>
Nick rise di gusto. << Coniglietta ottusa e pragmatica.
Ci sono mammiferi che usano un po' di immaginazione. >>
Judy rimirò il satellite con attenzione, ma non vedeva nulla
di quello che il partner le stava indicando.
<< È una bella storia. Triste, ma bella.
>> Sentenziò dunque la volpe; sul muso
sfoggiava un'espressione enigmatica tipica di chi è
incastrato fra chissà quali pensieri << Sta a
testimoniare quanto voi conigli possiate essere empatici e gentili. O
forse è solo l'antica leggenda su come sia nata la vostra
emotività, chissà? >>
Terminò la frase con un ghigno compiaciuto sul volto a cui
Judy fu ben lieta di rispondere.
<< Ohibò, Nick, che pensiero raffinato. Che
fine ha fatto il tuo cinismo da quattro soldi? >>
<< Che domande, coniglietta! L'ho venduto per cinque a
Duke Weaselton! >>
La coniglietta si lasciò scappare dalla bocca minuta uno
squittio compiaciuto mentre, lasciata cadere la schiena all'indietro,
si riassestò in quella comoda conca là dove
l'erba ospitale si era pazientemente piegata per accogliere la sua
figura minuta.
Il silenzio si insinuò fra di loro, subdolo, e li
trasportò lentamente in una dimensione diversa.
Judy poteva sentire il respiro del partner, lento e regolare, cullare
quei pensieri che cozzavano nella sua testa in un moto caotico da tanto
tempo. L'atmosfera si era fatta statica e tranquilla, e lei in quel
momento pensó che non avrebbe desiderato essere in nessun
altro posto al mondo in compagnia di nessun altro mammifero.
Arrossì a quel pensiero e lo giustificò in mille
modi: forse il momento di intimità che stavano piacevolmente
condividendo, forse quell'inebriante sentore di fiori di campagna che
rendeva i confini dei suoi ragionamenti labili e confusi, forse troppa
birra casereccia, scura e torbida, acquistata al banco di Mr Hopper...
ma tutti quei forse erano collegati tra loro da un filo indivisibile e
fu in quel momento, sotto quelle pallide stelle morte per le quali
riservava una nostalgia tutta sua, che Judy Hopps capì una
verità antica quanto il mondo stesso.
Quel momento di agnizione personale la investì con una
violenza tale, la lasciò talmente carica di una strana
elettricità che, sul momento, la coniglietta
pensò di essere stata attraversata in pieno da un fulmine.
Dilatò le pupille e lanciò occhiate vagamente
preoccupate al cielo in cerca di nubi scure: no, nessuna tempesta in
avvicinamento; dunque, quella scarica non derivava da fattori
metereologici.
Osservò Nick di sottecchi e vide che stava placidamente
scrutando il cielo mentre la coda, tranquilla, disegnava nell'aria
piccoli semicherchi.
Hey!,
voleva urlargli, ma non
la senti anche tu quest'aria densa di elettricità? Questa
scarica di adrenalina?
Ma lui sembrava non accorgersi di nulla, di quel terremoto che aveva
appena sconquassato il mondo ed aperto una voragine fino al ventre
infuocato del pianeta.
Ed allora nuovamente Judy scoprì che l'onda anomala era
partita da dentro di lei, aveva ingorgato gli anfratti di ogni suo
arto, affogato ogni singolo ciuffo di pelo, inondato il suo raziocinio
a favore di un'altra verità indiscussa.
Judy Hopps amava Nicholas Wilde.
Un'urgenza tutta nuova, uno stimolo sconosciuto, l'avrebbe poi spinta
al di là di una linea di confine mai scavalcata, temuta e
rispettata quanto il ciglio di un baratro.
Aveva una porta completamente sconosciuta davanti a sè, e,
nonostante non conoscesse l'entità che dimorava dall'altra
parte di quell'uscio, sentì che era giunto il momento
di.azzardare, di posare la zampa su quel pomello e tuffarsi al di
là della soglia sconosciuta.
<< Nick... >> chiamò, in un
soffio, e la volpe si girò a guardarla.
Ruotò piano la testolina, la sua guancia andò
inumidendosi leggermente a contatto col manto erboso; di quel momento
avrebbe ricordato il respiro corto, il nasino rosa che tremava come mai
prima di allora, gli occhi del suo partner, due pozze ossidiana per le
pupille dilatate, che vedevano oltre la sua pelliccia, oltre le sue
stesse carni, in quel luogo intimo ed astratto in cui l'agente Hopps
della ZPD era semplicemente la piccola Judy-non-deludi.
Tu, appartenente ad una
razza che agli albori dei tempi prediligeva la notte come dimora,
riesci a vedere tutto di me in questo buio pesto? Il tuo respiro sa
ancora fiutare questa paura che mi inghiotte? Il terrore di una preda
colta in scacco?
Sei proprio un
predatore, Nicky, degno figlio dei tuoi padri: con passi silenziosi,
all'erta, hai seguito un tracciato sinuoso che ti ha condotto a
ghermire il mio cuore; ed ora che, diligente, te lo sto per servire sul
vassoio dell'argento più fine e fulgido che tu abbia mai
visto, che cosa ne farai? Serrerai le fauci aguzze sopra questo muscolo
pulsante o lo conserverai con devozione?
Wilde la osservava in silenzio indossando una maschera interrogativa
con malcelata emozione.
<< Nick, ecco... >>
Judy deglutì, ma non una singola goccia di saliva scese a
dar ristoro alla sua gola secca; forse il fatto che fosse la prima
volta in tutta la sua vita che si sentiva così non le era di
grande aiuto.
Inspirò profondamente, calando le palpebre sugli occhi
stanchi.
<< Nick, io ti amo. >> Disse, con una
fluidità scaturita da chissà quale anfratto; non
capì quale fibra del suo essere avesse ancora qualche
risorsa da donarle.
Il predatore, dal canto suo, sbattè le palpebre un paio di
volte come interdetto, le sue labbra sottili spalancate in una buffa
forma ovale che raramente aveva svettato al di là di quella
smorfia sardonica che gli trionfava sempre fra orecchie e mento.
Un silenzio cupo si insinuò fra i due.
Judy fu colta da uno smarrimento senza precedenti, le sue membra si
irrigidirono come se tutta la vita fosse stata risucchiata dalla sua
polpa carnosa nella frazione di un secondo.
Si inumidì le labbra, forse per aggiungere qualcosa - ma
cosa, di grazia, avrebbe potuto aggiungere? - quando Nick la precedette.
<< Ma cosa dici, carotina? >>
Ciancischiò dunque, ma quelle parole vibrarono con tensione
nel fondo della sua gola.
<< Come?! >>
<< Tu non mi ami. >> Fece la volpe ruotando
vaga una zampa nell'aria; aveva ritrovato il suo tono mellifluo e la
sua faccia spavalda.
<< E tu cosa puoi mai saperne, per tutti i cracker al
formaggio?! >>
<< Sei troppo inesperta sull'argomento per sapere che
cosa sia l'amore... E non voglio che me ne parli con tanta
superficialità. >>
La frase che le aveva sputato lì, fra capo e collo, era
impregnata di una gravità che Judy non riuscì a
ghermire appieno; la luce cupa che aggravava lo sguardo del partner
stava a sottolinearle maggiormente quanto quella questione lo stesse
infastidendo.
La coniglietta rizzò la schiena: inaspettatamente si
sentì scomoda, fuori posto.
<< Scusa >> buttò lì,
sputato come un boccone velenoso ed indigesto in quella notte che ora
vedeva più buia, più silenziosa, più
triste.
Nick si issò stendendo le zampe verso l'alto per dar ristoro
a quel dorso indolenzito. << Non devi scusarti di nulla.
Solo... Voglio che rifletti meglio su quello che mi dici.
Quest'atmosfera può aver cancellato ogni inibizione dalla
tua testa, e questo non va bene. >>
Quello che le andava dicendo era strano, fuori posto quanto lei.
Sembrava... a disagio?
<< Cosa stai blaterando, Nicholas?
>> Squittì piano Judy ricacciando indietro
quelle lacrime amare che minacciavano di dirompere da un momento
all'altro << Se ti da così fastidio, non te lo
dirò mai più. >>
Nick ringhiò sommessamente nella sua direzione, forse senza
volerlo, e le lanciò un'occhiata ben più che
eloquente.
<< Sei tu che blateri, Judy. Parli di
amore senza sapere di cosa si tratti. Pensa bene a quello che provi,
santo cielo, e solo quando avrai sistemato quel casino emotivo che hai
in testa avrai la mia risposta! >>
Ansimava, Nick, affaticato da quel difficile discorso che quella
coniglietta emotivamente instabile gli aveva estorto di bocca
così alla sprovvista.
<< Sei giovane ed inesperta. Voglio che ci pensi ancora
su, e solo allora potrai tornare a dirmi che cosa hai capito.
>>
Concluse il tutto con un sorriso, un ghigno rassicurante scoccato nella
sua direzione.
Judy sospirò tracciando cerchi immaginari nell'erba folta
con la zampina plumbea mentre abbassava lo sguardo mesto.
Poteva esserci un fondo di verità in quello che Nick andava
dicendo?
<< Ti darò retta... Però fallo
anche tu. >>
Nick inclinò la testa di lato, confuso.
<< Voglio dire... Quando sarà il momento,
pensa bene a quello che mi risponderai. >>
Nick sorrise; un'espressione di chi la sa lunga trionfante su quel muso
furbo, mentre tornava a guardar le stelle.
<< Oh, carotina, ma io non ho bisogno di pensarci.
>>
Hopps gonfiò le guance, offesa; la stava forse prendendo in
giro?
Fu il lasso di un istante durato quanto un anno intero; il predatore
chinò appena il busto verso di lei con un movimento fluido,
retaggio della sua eredità genetica, e Judy si accorse di
averlo ad una manciata di millimetri dal viso solo un secondo prima che
lui posasse un bacio leggero là dove una buffa smorfia
ancora coronava l'irritazione della coniglietta.
Fu delicato, quasi quanto una farfalla che accarezza con l'ala la
corolla di un fiore.
Fu un attimo, e poi non fu più.
Quando la consapevolezza di ciò che era appena accaduto la
travolse come un fiume in piena, la volpe era già tornata al
suo posto, fulminea, come se non si fosse mai mossa, lo sguardo ancora
puntato su quel soffitto stellato.
Le orecchie di Judy ebbero un fremito e guizzarono verso l'alto senza
chiedere il permesso di nessuno.
Boccheggiò alla ricerca di aria, ma la malcapitata aveva
appena dimenticato i procedimenti di un meccanismo naturale quanto la
respirazione.
<< Io so già cosa ti risponderei.
>> Fece sornione Nick guardandola di sottecchi mentre si
divertiva del suo imbarazzo.
La coniglietta afferrò le sue lunghe orecchie e le
abbassò all'altezza del viso calandovi sopra un cinereo
sipario immaginario; doveva nascondere quell'espressione beata a quella
malefica, amatissima volpe: non avrebbe retto un confronto serio
sull'accaduto... non in quel momento.
Nick sghignazzò felice come un cucciolo la mattina di Natale.
<< Su, su, carotina. Non ti crucciare. >>
La confortò ghermendole la schiena minuta con la zampa
artigliata << Resta qui a guardare le stelle con me.
Vuoi? >>
Judy scostò appena un orecchio, scoprendo un occhione indaco
trasognato mentre assentiva appena col capo.
Il rossore che le imporporava le guance non accennava a diradarsi, ma
non le importava più: non se quella poteva essere una scusa
per nascondere il viso appena sotto la folta pelliccia del collo di
Nick.
Fu lì che nascose il suo imbarazzo, sopra la clavicola del
partner, e, questa volta, non sarebbe stata lei a guardare le stelle:
lasciò che fossero gli astri, in quel momento, ad essere
taciti testimoni di qualcosa di molto più grande.
A voi l'ardua sentenza... Ho come il sentore che scorra troppo in
fretta :/ non sono mai soddisfatta al 100%.
Un chiarimento: Jen ed il Mr Hopper nel film non esistono! Mi servivano
e li ho inventati XD plasmo e distruggo vite, ohibò!
Comunque vi ringrazio molto per aver di nuovo condiviso il vostro tempo
con una mia creatura :) mi ripeto: siete adorabili.
A tutti voi auguro un buon weekend!
Ja ne ;)
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