About a Fox and a Bunny

di sakura182blast
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Absence ***
Capitolo 2: *** Prejudices ***
Capitolo 3: *** Stars ***



Capitolo 1
*** Absence ***


Uhm... Quindi sta accadendo davvero? Ho attecchito anche in questo fandom? Eh... Peggio della gramigna, figlioli, peggio della gramigna. Infestante ed amara.
Sinceramente muovo passi incerti in un tipo di fandom che non mi è congeniale – err, per intenderci: non scrivo ogni dì di animali antropomorfi teneramente sarcastici.
I problemi che stanno alla base del tutto, essentially, sono due:
  • Shippo Nick e Judy in un modo tale che sono ricaduta in una di quelle mie crisi adolescenziali da fangirlismo, un po' come quando vedevo del romanticismo yaoi implicito fra James Franco e Seth Rogen o Simon Pegg e Nick Frost.
  • Sono in un limbo, un platonico stato di attesa in cui attendo conferme del tipo “SI': siamo già in procinto di sviluppare Zootropolis 2” e “SI': il tanto atteso risvolto romantico fra i due leading characters avverrà”; tutto questo perchè, chezzo, c'è così tanta chimica fra loro due che, a confronto, il laboratorio dei coniugi Curie sembra il banco del Piccolo Chimico di Scienza e Gioco Clementoni. E tutti quelli che dicono che “no, sono solo amici” MENTONO: le loro famiglie sono state tratte in ostaggio e sono OBBLIGATI a dire così; non trovo altra spiegazione logica.
Ora ci accorgeremo anche di un altro punto contraddistinto della mia fantomatica persona: parlo troppo, cribbio. Queste sono le note di A. più lunghe che io abbia mai scritto... Giusto cielo. Una drabble. Una drabble di miei poveri sproloqui che tradiscono a) un'insalubre attività neurologica b) una forte necessità di ferie – quelle di agosto non ci bastarono.
Oh, basta. La smetto.
Last to know: domando un po' di clemenza... Abbiate pietà se ciò che leggerete è scritto così com'è
<3




Absence


Undici.
Le zampe fulve digitavano indolenti i numeri di targa delle vetture in contravvenzione sull'arnese che, pigramente, vomitava multe con un rigurgito meccanico.
I piccoli avvisi venivano incastrati con noncuranza fra la gomma del tergicristallo ed il vetro del parabrezza di qualche malcapitato; alcuni parchimetri in scadenza, se già oltrepassati, venivano deliberatamente ignorati secondo una sorta di cernita esule da qualsiasi rigore di logica.
Dodici.
Il sole, già alto e perpendicolare sopra la sua testa accaldata priva di cappello d'ordinanza – oh, premeva troppo sulle sue povere orecchie – stava lassù beffardo a testimoniare che il tempo a sua disposizione stava per scadere e che stavolta avrebbe pagato un caro scotto per quella mattinata ignava.
Un altro parchimetro tossicchiò un lamento e cercò la sua attenzione.
Tredici.
Con uno sbuffo malcelato guadagnò il suo povero trabiccolo da ausiliare del traffico, abbandonato una manciata di metri più in là accanto al marciapiede, e buttò un,occhiataccia al display su quel misero cruscotto.
Le 11.55.
Oh, Boogie gliel'avrebbe fatta pagare cara questa volta. Ne era certo.
Nick Wilde montò sulla motoretta, lanciò la casacca catarifrangente alle sue spalle fra i coni spartitraffico e partì di buona lena alla volta del distretto di polizia. Sulle spalle il peso delle tredici vergognose multe redatte senza il minimo impegno ed in bocca ancora il sapore acre di quella punizione impostagli dal capitano quella mattina stessa.
Pestando nervosamente l'acceleratore con quella zampa artigliata troppo, troppo lunga per quel pedale ridicolo, Wilde ponderava attentamente sul fatto di concedersi un paio di giorni di ferie sciorinando a mente mille possibili motivi credibili che, stando alla velocità del mezzo, aveva tutto il tempo di vagliare prima di raggiungere l'ufficio di Bogo.
Ma un pensiero lo trafisse mentre superava l'ennesimo semaforo: dopo l'acceso screzio di quella mattina nell'arena, sicuramente il capitano avrebbe rifiutato la sua ragionevole richiesta con parecchi punti esclamativi e qualche epiteto poco carino. A maggior ragione l'aveva declassato ad ausiliare del traffico quella mattina, giust'appunto per fargli capire che fosse al comando e quale, invece, fosse il suo posto da semplice agente.
Masticando invettive velenose, che altro non facevano se non inasprirgli l'amaro che da cinque ore si portava fra quelle fauci aguzze, la volpe si destreggiò fra il traffico dell'ora di punta per porre fine a quella terribile tortura.


Due lunghe zampe forti e cineree correvano pericolose lungo i lucidi corridoi della centrale di polizia di Zootropolis, distretto di Downtown.
Chi incrociava il suo percorso si scansava spaventato alla vista di quella piccola furia lanciata in una folle corsa.
Judy Laverne Hopps inforcò la porta del suo piccolo ufficio in tutta fretta nella speranza che il suo partner fosse rientrato, ma constatò delusa che così non era.
Calò mestamente le sue buffe orecchie argentate ai lati della testa e si sedette alla scrivania, là dove svettava una placida pila di scartoffie la cui compilazione, ormai, non poteva essere procrastinata oltre.
Prese il primo fascicolo che troneggiava sopra gli altri e cominciò a leggerne distrattamente il contenuto mentre torturava una penna a sfera con i suoi pronunciati incisivi da leporide.
<< Oh, Judds, guarda che non è una succulenta carota da sgranocchiare. >>
Se avesse guadagnato un penny per ogni volta che si era sentita apostrofare in quel modo da Wilde, avrebbe potuto comprare tutta Bunny Burrow, abitanti in continua, esponenziale crescita compresi.
Le labbra sottili si serrarono attorno alla cartuccia martoriata; un acre sapore di inchiostro le macchiò la punta della lingua ma non se ne curò oltre.
Nick.
Da qualche giorno aveva cominciato a comportarsi in modo strano – uhm... Ancora più strano.
Sembrava assente, quasi il fantasma di sé stesso. Spesso un velo scuro calava sul suo volto e si rinchiudeva in insoliti silenzi carichi di elettricità. La sua vena sarcastica sembrava essersi indebolita, così come la sua voglia di coinvolgerla in ilari scenette esilaranti.
Quella stessa mattina, poi... Sembrava avesse dato inizio al classico siparietto col capitano Bogo, ma la conversazione poi si era saturata di toni pesanti ed il suo partner era stato ufficialmente richiamato e punito.
Era strano. Qualcosa di poco piacevole gli frullava per la testa, fra un orecchio puniceo e l'altro, ed il fatto che non la rendesse partecipe dei motivi di quel comportamento la preoccupava. E la indispettiva.
Dopotutto erano partner, no?
No?
Quel Nicholas Wilde, greve di introspezione e spessore psicologico, cozzava terribilmente con la maschera tronfia e spavalda che gli vedeva indossare ogni giorno.
Quel Nicholas Wilde, che aveva fatto del silenzio pesante il suo nuovo vessillo, non assomigliava per niente a quel Nick che con lei si confidava su tutto. O quasi.
Doveva parlargli, doveva sapere come aiutarlo, doveva...
<< Beh, Judy-non-deludi >> gorgogliò amareggiata abbandonando mollemente la testa sulla scivania, quasi avesse perso consistenza << Questi rapporti sicuramente non si compileranno da soli. >>
Scacciò dalla mente qualsiasi vermiglio pensiero come avrebbe fatto con un nugolo di mosche e riprese il lavoro là dove l'aveva interrotto... O, per meglio dire, mai iniziato.


<< Devi essere completamente uscito di senno, Wilde. >>
Il capitano Bogo, seduto alla scrivania del suo ufficio, osservava la volpe da sopra i suoi piccoli occhiali. Aveva proferito quelle semplice parole con una calma apparente mentre il suo corpo, in realtà, tradiva una certa, tesa rigidità.
<< Prima mi manchi di rispetto, poi piombi nel mio ufficio con un ridicolo numero di multe stilate >> e, per teatralità, gli sventolò sotto il naso il risultato cartaceo del suo vergognoso operato << Ed infine vieni da me elemosinando ferie o permessi come se te le meritassi? >>
Nick tese l'angolo sinistro del labbro in un pallido tentativo di sorriso sornione col solo risultato di esporre un paio di zanne affilate.
Il capitano, dal canto suo, giunse le mani e li posò il mento, scrutando l'altro come una bestia rara e leggendaria. << Ripeto: devi esserti completamente rincretinito. >>
<< Solo un paio di giorni. Non le chiedo altro, capitano Bogo. >>
Il bufalo roteò gli occhi e sbuffò pesantemente dalle narici, passando in rassegna un paio di fogli mal riposti sul piano laccato della scrivania.
<< Ribadisco che non posso. Guarda qui >> disse, indicando una zona specifica del documento che aveva in mano << Higgins è in congedo per malattia, Delgato non rientrerà prima di lunedì prossimo e Pennington è in maternità. Ho un distretto ridotto all'osso, una miriade di casi e tu pretendi due giorni di ferie? >>
Nick scrollò le spalle rassegnato. << Glieli sto chiedendo. >>
Bogo si incurvò sulla scrivania e prese a massaggiarsi gli occhi ridotti allo stremo dal protratto uso degli occhiali.
<< Siamo sicuri che si tratterebbe solo di due giorni? >>
La volpe assentì con un secco, unico cenno del capo.
<< E sia, dunque >> acconsentì infine il bufalo, che aveva trovato uno spiraglio di tranquillità in quell'affermazione << Almeno significherà averti fuori dai piedi per un po', e, soprattutto, spero che il tuo recente atteggiamento risenta di un'influenza positiva. Ora esci di qui prima che quei due giorni diventino un licenziamento. >>


Le scartoffie erano state accuratamente impilate sulla scrivania del capitano, le divisa giaceva ben riposta nell'armadietto e per quel giorno la lunga lista delle cose da fare di Judy Hopps era terminata.
Trotterellò serena verso l'atrio e lì si fermò per l'ultimo saluto al collega ed amico Benjamin Clawhauser.
<< Hey, Benny! Vado a casa. Ho finito per oggi. >>
Il ghepardo in sovrappeso staccò gli occhi dal cellulare e puntò l'arnese dritto in faccia alla collega; Judy, perplessa, buttò gli occhi sullo schermo brillante, là dove troneggiava una foto di Gazelle in compagnia di un aitante quanto fascinoso antilope.
<< Hai visto, Judy? >> cinguettò Benjamin in estasi << Gazelle ha trovato l'amore! >>
La lunga coda del mammifero vibrò insieme alla sua voce gorgheggiante sull'ultima parola pronunciata.
La coniglietta sorrise. << Sì, lo conosco. È un famoso calciatore. >>
Clawhauser trinse il telefono al petto e sospirò contento. << Sono così te-ne-ri. >>
Judy inforcò la porta accennando un ultimo saluto, ma il ghepardo, mal borbottando qualcosa fra un boccone e l'altro della sua ultima ciambella, la bloccò.
<< Judy? Sai perchè Nicholas ha insistito tanto per avere due giorni di ferie? >>
La zampa della coniglietta, alzata in un saluto sventolante, si bloccò a mezz'aria, la forma ovale assunta dalle sue labbra sottili a testimoniare il lieve stordimento che l'aveva colta.
Ferie?
Nick non gliene aveva parlato.
Anzi, ora che ci pensava bene, Nick quel giorno non le aveva parlato affatto.
Riguadagnò il bancone, guardinga. << Ha chiesto due giorni di ferie? >>
Benjamin assentì veemente col capo.
<< Pensavo lo sapessi >> cincischiò, sul volto l'espressione di chi teme di essersi fatto scappare un'informazione di troppo << Voglio dire... Sei la sua partner e la sua migliore amica: avrebbe dovuto dirlo a te per prima... >>
Il tono della voce di Clawhauser calò precipitosamente assieme alle orecchie argentate dell'agente Hopps.
Le zampe di lei si serrarono ferree sul bancone, gli occhi indaco, umidi, pizzicavano nella minaccia di un paio di lacrime improvvise. Una coniglietta emotiva colta alla sprovvista e negativamente stupita.
Prima non le dava cenni di vita per tutta la giornata, poi questo?
Non era da Nick. Quel non è da Nick era diventata la colonna portante dei suoi pensieri negli ultimi giorni.
Possibile che... Si fosse stancato della sua esuberante compagnia?
Una bestiolina fastidiosa iniziò a rodere le sue viscere, si fece strada nell'addome di Judy ed andò a raggomitolarsi nel suo petto, appesantendolo tanto da aggravarle il respiro.
<< Judy? >>
Si era dimenticata di dove fosse e, soprattutto, del suo interlocutore. Ben agitò impercettibilmente le fini vibrisse; gli capitava spesso quando cercava di captare qualcosa di nuovo nell'aria, strascico di un'eredità genetica vecchia di migliaia di anni.
<< Va tutto bene? >>
La coniglietta scrollò piano il capo arricciando le labbra in un ghigno. << Benone, Benny. >>
Con un ultimo cenno di saluto inforcò la pesante porta del distretto e si tuffò nella mite aria primaverile; dietro ai grattacieli, il sole stava lentamente morendo per lasciare spazio ad una nuova notte.
Ed ora?
Solitamente, dopo un lungo turno in centrale, era abituata ad intrattenersi con Nick per una cena in compagnia, forse un film al cinema oppure due passi per Savanna Central per poi fermarsi in qualche pub e ristorarsi con una birra. Spesse volte anche dopo il turno notturno, invece di prendere la vicendevole strada di casa per un sonno ristoratore, godevano della reciproca compagnia per una colazione frugale a base di ciambelle e caffè - << Decaffeinato, carotina: il tuo tenero cuoricino da leporide potrebbe esploderne. >>
La consapevolezza del vuoto che la scomparsa del suo partner aveva creato attorno a sé la investì come una secchiata di acqua gelida sul musetto fine.
Si strinse nella leggera giacca a vento – non che ce ne fosse bisogno, in verità – e nel debole tepore di quell'abbraccio solitario si incamminò verso la Residenza del Pangolino; un pasto al microonde ed una chiamata di routine in quel di Bunny Burrow la attendevano.


Sbloccò e ribloccò lo schermo del telefono qualcosa come una dozzina di volte.
Un paio di volte aveva avuto addirittura l'ardire di spalancare la casella dei messaggi ed abbozzarne un paio, ma con uno stizzito calcare della zampa aveva cancellato furiosamente le poche parole gettate a casaccio nella schermata nivea e vivida.
Avrebbe dovuto scriverle qualcosa... Ma cosa?
<< Ciao carotina >> tanto per cominciare, sarebbe stato appropriato.
E << Scusa >>. Anche quell'unica parola avrebbe dato un senso più che compiuto ad un'eventuale comunicazione.
E poi?
Con una certa teatralità Nick lanciò il telefono fra i cuscini del divano e si scarmigliò il folto pelo rossiccio fra le orecchie, imprecando.
Forse avrebbe dovuto chiamarla. Ma l'intavolare una conversazione con quella piccola furia dal pelo color luna avrebbe implicato anche il trapelare di informazioni che, almeno per il momento, avrebbe voluto tenere per sé, anche perchè conosceva troppo bene Judy per credere che si sarebbe potuta accontentare di qualche pavida giustificazione mal raffazzonata.
Che fare? Che fare?
Un ronzio proveniente dal divano lo scosse dalla sua posa drammaturgica: il telefono aveva cominciato a squillare.
Wilde si alzò e lo raccolse speranzoso: forse la stessa Judy aveva scelto per entrambi di dare cenni di vita per prima?
Ma la realtà era ben diversa. Lesse il nome che lampeggiava sullo schermo a caratteri cubitali e rispose mal trattenendo un mezzo ringhio goffo e gutturale.
<< Dimmi >>
Nick assentì un paio di volte col capo e serrò le palpebre sulle iridi smeraldo con fare pensoso.
<< D'accordo >> disse infine << Ne riparleremo meglio domani. Buonanotte. >>
Interruppe brusco la chiamata e si sedette sul divano incrociando le braccia al petto.
Il bailamme che lo circondava in quel soggiorno quasi spoglio di mobilio era grottesco: avrebbe dovuto dare una sistemata.
<< Nick, venendo da una casa abitata da decinaia di coniglio esagitati mi stupisco di come una sola volpe possa creare un simile disordine. >>
Sorrise a quel rimprovero che riecheggiò nella sua mente. Quella casa sembrò improvvisamente ancora più vuota senza la piccola Judy seduta sul divano con lui a guardare le televisione, o la Judy massaia che rassettava inutilmente un caos che nel lasso di uno schiocco di dita sarebbe tornato esattamente come prima.
Mancava quel batuffolo che aveva per coda, quelle lunghe orecchie che si animavano di vita propria dando moto ai suoi stati d'animo, quelle zampe energiche che trotterellavano serene da una stanza all'altra.
Forse aveva fatto male a distanziarla proprio in un momento come quello... Ma Nicholas Wilde non poteva esserci per nessuno, ora. Soprattutto quel Nicholas Wilde.
<< Forza, Nick: vai a dormire. >> gli consigliò la voce di Judy che abitava la sua testa, quella che da un anno era diventata come la sua coscienza. In certi momenti capitava anche che si domandasse << Che cosa farebbe Judy Hopps? >> e la risposta corretta arrivava da sola, un guizzo lampante chiaro come il sole.
La volpe abbozzò un sorriso. << Vado, carotina. >>


La giornata di Judy Hopps (la seconda slegata dal sodalizio con Nick Wilde) era trascorsa relativamente tranquilla al distretto. Si era occupata di un paio di casi di minore gravità con McHorn ed era stata piacevolmente sorpresa da un'inaspettata visita di Francine.
L'elefantessa, giunta all'ottavo dei suoi ventidue lunghi, estenuanti mesi di gestazione, le aveva sciorinato varie questioni di natura genitoriale che alla coniglietta sembravano distanti e lontane, quasi appartenessero ad un altro mondo, uno che non la riguardava affatto. Nella bolla di sapone che circondava Judy c'era spazio solo per la carriera e tanto le bastava.
Spesso, soprattutto in momenti vuoti di qualsivoglia occupazione, il pensiero di Nick s'insinuava nella sua mente e s'incatenava a doppia mandata alla parte più remota del suo inconscio.
Non un piccione viaggiatore, non un segnale di fumo, nessun segno di vita alcuno.
<< Ecco, vedi carotina? Proprio qui: in mezzo alla fronte: è lì dove ti verranno rughe profonde come fossi se non la smetti di aggrottare le sopracciglia a quel modo. >>
Quel cipiglio corrucciato la accompagnava da quando aveva posato le zampe fuori dal letto; spesso cercava di lisciare il pelo rado con l'ausilio delle zampe per cancellarsi quell'espressione dal muso, ma fintantoché non fosse riuscita a placare quella tempesta che si portava dentro ogni tentativo risultava vano.
Ultimati gli ultimi lavori da ufficio, lasciò la mise da agente e si affrettò all'esterno della centrale salutando Clawhauser con un ghigno, l'unico tipo di sorriso che riusciva a tirare da quarantotto ore a questa parte.
<<
Ciao, Judy. A domani! >> Rispose lui serafico agitando entrambe le zampe paffute in segno di saluto.
Una volta fuori, decise che avrebbe passato quella manciata di pomeriggio che le restava chiusa in un bar a sorseggiare birra alle carote. Cos'altro restava da fare ad una Judy Hopps scompagnata e spaesata?
Mentre affondava le zampe nelle ampie tasche del soprabito leggero, si stupì di come il concetto di tempo fosse radicalmente mutato quando non aveva un Nick Wilde selvatico a darle il tormento: le ore si dilatavano senza un senso logico e l'assenza di quella volpe mal raffazzonata ingorgava gli anfratti della sua mente senza nemmeno disturbarsi di chiedere permesso, spavalda e sicura di sè.
L'assenza di Nick era il riflesso stesso di Nick. Le riempiva il tempo subdola e questo proprio non le andava giù.
Scansando parecchi mammiferi affaccendati su e giù da quel marciapiede logoro, arrivò infine a Savanna Central e li si fermò prediligendo un bar dove non era mai stata piuttosto che quello dove era solita andare con Nick.
<< Eh no, Judy Hopps >> si era caldamente raccomandata durante la ponderata decisione << Meglio optare per qualcosa che non ti faccia tornare in mente che da ben due giorni non si degna di dare cenni di vita. >>
Guadagnò l'entrata ad ampie falcate e prese posto accanto alla vetrata che si affacciava sulla piazza brulicante di vita mammifera.
A mezza voce ordinò una birra piccola alla spina e si concentrò su quello squarcio impressionista che le si parava dinnanzi. Nella sua staticità, tutti quei mammiferi che si muovevano diretti verso mille direzioni ignote sembravano trotterellare molto più velocemente di quanto in realtà non facessero, cozzandosi ed ignorandosi in quel soleggiato pomeriggio di metà aprile.
Per passare il tempo cercava di inventare una breve storia fantasiosa sul vissuto di alcuni animali pittoreschi che la colpivano fra quella folla cercando spunti per la fitta trama fra i vestiti che indossavano e l'espressione che avevano dipinta in viso, ma questo gioco ebbe breve durata perché una voce alle sue spalle, qualche tavolo dietro di lei, richiamò insistentemente la sua attenzione.
Avrebbe potuto riconoscere quella voce ovunque: era Nicholas.
Si voltò, guardinga, e notò con un mezzo sospiro che le dava le spalle; era impegnato in una concitata conversazione con qualcuno che non riusciva ad intravedere data la posizione appartata del tavolo a cui era seduto, nascosto quasi per metà da due fioriere colme di grotteschi fiori di plastica.
Normalmente Judy si sarebbe alzata, lo avrebbe raggiunto e gli avrebbe piantato una scenata in fiero stile Hopps riguardo al suo bizzarro comportamento degli ultimi giorni. Ma non lo fece, e neppure lei sapeva il perché.
Una sensazione strana le formicolò la spina dorsale e qualcosa che lei amava definire il suo quinto senso e mezzo* le disse di aspettare, che c'era qualcosa di più in quel frangente di uno stupido Nicholas Wilde intento a goliardeggiare in un bar di terza categoria. E quel qualcosa di più, lo sentiva, era l'altro partecipante di quella conversazione che ancora era celato ai suoi occhi.
Strinse con forza il bicchiere di birra scura fra le zampe e serrò gli occhi nel tentativo di acuire il senso dell'udito: forse, pensava, sarebbe stata in grado di sentire cosa si stavano dicendo di così importante.
Ma non ci riuscì: il vociare chiassoso degli avventori del locale copriva qualsiasi parola i due potessero pronunciare.
La soluzione più semplice era palese: manifestarsi in toto davanti ai suoi occhi, dalla punta scura delle lunghe orecchie ai piccoli artigli poco efficaci delle zampe posteriori, ma era ancora ancorata a quella seggiola consunta senza la minima intenzione di schiodare da lì.
Un magone strano la investì e lei schioccò la lingua contro il palato infastidita.
Voleva sentire cosa stesse facendo ma al contempo non desiderava che Nick lo venisse a sapere. Voleva forse... S
piarlo?
Ne aveva bisogno?
Sbilanciò di un poco il peso in avanti ed inclinò il busto verso il bordo del tavolo con circospezione: Nick da quella posizione non avrebbe potuto vederla, ma lei sarebbe stata in grado di conoscere l'identità della sua compagnia.
E, non appena la misteriosa figura entrò nel suo campo visivo, qualcosa dentro Judy si spezzò.
Seduta di fronte a Wilde troneggiava austera un'altra volpe di sesso femminile.
Era bellissima: il pelo folto e vaporoso di un rosso sfavillante, vestita con ricercatezza nei particolari, un trucco leggero a sottolineare i tratti del suo volto serio e, tuttavia, di una sconfinata dolcezza.
I muscoli di Judy si irrigidirono e la costrinsero nella posizione iniziale.
Quindi il motivo del suo comportamento era...
Questo?
La coniglietta sentì l'irrefrenabile impulso di alzare i tacchi e prendere la porta del locale il più velocemente possibile e nella più totale riservatezza, ma, d'altra parte, un secondo desiderio, più pressante del primo che le era balenato in mente, la investì con una violenza a lei sconosciuta.
Se prima aveva interesse nel sapere cosa quei due si stessero dicendo, ora aveva l'urgenza e la necessità di venire a conoscenza dell'andazzo della loro conversazione.
Indagò con occhi vigili, le pupille dilatate ed il nasino che tremava senza sosta sotto la nuova pesantezza del suo respiro corto: poco più avanti, sulla destra, un tavolo vuoto poco distante da quello dove Nick era seduto sembrava chiamarla come l'ammaliante canto di una sirena seduceva i marinai fino a trascinarli nell'oblio.
Batté le zampe un paio di volte sulle ginocchia e lasciò vagare lo sguardo nel vuoto, a disagio. Quello che voleva fare era sbagliato e senza senso, ma il bisogno di farlo la faceva sentire strana, come se il suo stesso pelo avesse iniziato a starle scomodo e stretto.
Si concesse un paio di altri minuti nell'incertezza ed infine si alzò, le gambe che si muovevano silenziose in una data direzione ancor prima che il suo cervello desse ai loro nervi l'impulso di farlo.
Si sedette in silenzio, acquattò le lunghe orecchie tremanti e nascose alla bell'e meglio il musino nel bavero della giacca; nel dubbio si schermò dietro al menù plastificato ed unto del bar che le sciorinava davanti i peggio piatti della peggio tavola calda.
Le sue orecchie vibrarono ancora nel tentativo di carpire frammenti della conversazione, un'iride viola spavalda sporgeva oltre il menù per guardarli.
Nick lisciava distrattamente la punta della cravatta con le dita, le sue orecchie erano basse e lo sguardo fisso sul tavolo laccato che lo separava dalla sua piacente interlocutrice; l'altra volpe, invece, lo fissava con insistenza, le mani avvolte attorno alla tazza di tè di porcellana bianca.
Judy si dava mentalmente della stupida ma, nonostante tutto, non aveva la minima intenzione di muoversi da lì.
<< Sei stata tu ad andartene >> azzardò Nick, un guizzo di disagio nei suoi occhi verdi << Mi hai lasciato indietro come una cosa indesiderata. >>
L'altra alzò gli occhi al cielo. << Sai benissimo che non è cosi. >>
<< Vorrei sapere com'è, allora... >>
La volpe allungò un braccio verso Nick e gli carezzò dolcemente il dorso della mano, su e giù, su e giù, con una lentezza esasperante. Wilde, dal canto suo, calò le palpebre sulle iridi smeraldine e sussurrò qualcosa che Judy non capì; non si ritrasse a quel contatto inaspettato: sul suo volto troneggiava un'espressione serena, come se avesse atteso
quello per tutta una vita.
Quello che fece più male a Judy non fu il gesto della volpe, ma il fatto che Nick sembrasse bearsi di quell'attenzione cosi intima.
Da che lo conosceva, lei credeva di essere stata l'unica a potersi avvicinare a lui in maniera così personale... Possibile che non avesse minimamente preso in considerazione l'idea che Nick potesse avere delle altre femmine?
Possibile che fosse stata così
ottusa?
Un disagio a lei completamente sconosciuto la colse imprevisto; quella creaturina fastidiosa che aveva nidificato nel suo petto due giorni prima sembrava avesse cominciato a guizzare sotto la sua pelle facendola fremere di un ardore completamente estraneo a Judy Hopps.
La volpe ritrasse la zampa, ricongiungendola in grembo all'altra appena sotto il tavolo.
<< Sei già andato? >> Domandò infine guardando lontano.
Nick fece una smorfia. << Non ancora. >>
<< Capisco. >>
I retroscena di quella conversazione erano completamente oscuri a Judy, a quella Judy che ora lottava inconsciamente per cancellare l'immagine di quella carezza che la sua mente aveva registrato; sembrava quasi ci godesse il suo cervello a premere i tasti
rewind and play per riproporgliela davanti agli occhi più e più volte.
La coniglietta scosse il capo, indispettita.
<< Nicholas, io dovrei... Sai... >> disse la donna lanciando un'occhiata distratta all'orologio che le impreziosiva il polso.
Wilde si levò e porse il suo aiuto all'altra. << Si, lo so. Lo so. >>
La bella volpe strinse Nick in un abbraccio sincero che lui ricambiò con tristezza.
Poi, con un impercettibile scatto del viso, lei lappò la sua guancia destra con la lingua ruvida, un ultimo gesto di commiato, e se ne andò.
Se l'aver intravisto quella carezza aveva scosso l'animo di Judy, quell'ultimo gesto di affetto semplicemente la pietrificò.
Un tarlo le rosicchiava la base del capo e gli occhi improvvisamente cominciarono a pizzicare, minacciando di dirompere in una cascata di lacrime di cui, esattamente, non conosceva il motivo.
Desiderò essere inghiottita dalla terra e finire il resto dei suoi giorni nel bollente ventre del pianeta.
Cercò di sgusciare via da quel posto, sperando che quest'atto di vile fuga avrebbe lasciato dietro di sè anche quella pesante sensazione a lei estranea dimenticandola lì, su quella seggiola di legno di terz'ordine, ma una voce,
quella voce, la fermò.
<< Carotina. Puoi avvicinarti, se vuoi. >>
Nick non la guardava; lo sguardo era rivolto a quella sedia vuota davanti a lui.
Judy si sentì infinitamente cretina: dunque lui sapeva che si trovava lì?
<< Ho sentito il tuo odore da quando sei entrata qui dentro. >> Le disse come per risponderle, voltandosi verso di lei << Coniglietta ottusa, sono una volpe ricordi? >>
Judy calò il menù e si mostrò in tutta la sua vergogna; non ricordava di essere mai stata tanto imbarazzata in tutta la sua vita.
Avrebbe voluto dirgli qualcosa, forse trovare una scusa, ma l'immagine di quel bacio a fior di pelle ancora le rabbuiava i pensieri rendendoli poco nitidi. Le parole che elaborava nella mente faticavano a trovare la strada verso la lingua, forse si perdevano fra la foschia della sua mente.
Nick le si avvicinò e la fissò languido.
<< Cos'hai sentito? >>
Judy gonfiò le guance arrossate e distolse lo sguardo da quella volpe truffaldina.
<< Non ho sentito quasi niente, se è questo che ti disturba>> sbottò, la voce più rotta di quanto non desiderasse il suo amor proprio << Non volevo dare fastidio a te ed alla tua fidanzata, volevo solo... >>
Già. Cosa voleva? Non lo sapeva nemmeno lei, e questo la infastidiva. Fin da bambina era sempre stata sicura di cosa il suo cuore intrepido e sognante desiderasse, mentre adesso non si capacitava di niente di quello che le stava accadendo.
Nick sobbalzò appena e sorrise enigmatico. << La mia... Fidanzata? >>
<< Oh, lascia perdere! >>
Judy borbottava peggio di una teiera e questo scatenava l'ilarità della volpe che aveva davanti.
<< Non mi interessa, nè oggi, nè mai >> mentì spudorata lei << Anzi, stavo per andarmene a casa, quindi... >>
<< Se non ti interessa, perchè ti sei data tanto da fare per spiarmi? >>
Judy lo guardò sorpresa; i due occhioni indaco ridotti a due fessure che vomitavano rabbia ed imbarazzo. << Io non ti stavo spiando! >>
Nick rise ancora, e questo la fece andare fuori di testa. Si alzò con l'intenzione di lasciare quella volpe interdetta alle sue mansioni, ma lui la trattenne per una zampa.
<< Carotina, aspetta. >>
Lei ritrasse la mano con diffidenza; quella zampa era
la zampa, quella che fino a poco fa era avvolta dal tepore di quell'altra, bellissima volpe.
<< Che cosa vuoi? >>
Nick le sorrise appena, implorante. << Vieni con me in un posto. >>
Judy lo fissò guardinga.
<< Ti prego >> insistette l'altro << È importante. Giuro che ti spiegherò tutto. >>
Non seppe se furono il suo sguardo abbattuto o la promessa di spiegazioni al riguardo, ma la coniglietta non fece in tempo a capacitarsi di rispondere
che già lo stava seguendo sul tram verso una zona di Zootropolis che non conosceva.
Stavano lasciandosi l'affollato centro alle spalle mentre il sole lentamente terminava il suo ciclo dietro ai palazzi che svettavano alti frastagliando l'azzurro del cielo.
Non si dissero una parola per tutto il viaggio, nonostante Judy avesse da dirgliene di tutti i colori; fu lo sguardo insolitamente spento della volpe a farla desistere dal suo intento.
Scesero molte fermate più avanti accanto ad un'imponente costruzione di mattoni rossi che permetteva l'entrata tramite un enorme cancello in ferro battuto. Quando la coniglietta realizzò che si trattava di un cimitero, il suo cuore accelerato perse un battito.
Nick le fece cenno di seguirla e lei camminò alle sue spalle a due passi da lui mantenendo un silenzio sacrale per rispetto di coloro che lì riposavano e dei loro prossimi in visita.
Arrivarono davanti ad un piccolo loculo - caratteristica necessaria per la numerosa popolazione della città - e lì si fermarono l'uno accanto all'altra.
Il marmo rovinato dalle intemperie e dal corso degli anni sembrava in un completo stato di abbandono.
Judy lesse a mente il nome del defunto che lì dimorava: John Piberius Wilde.
Che si trattasse di...?
<< Ciao, papà... >> sussurrò appena la volpe fugando ogni dubbio nella testa di lei.
Nick carezzò leggermente il marmo e la vecchia foto che ritraeva una volpe sorridente, e continuò. << Sono venuto a trovarti con una collega, Judith Laverne Hopps. >>
Judy, spaesata, non seppe esattamente cosa dire.
<< Beh, lei è molto più di una collega per me. Ma lo sai. Te ne ho già parlato. >>
Nick continuava a parlare con suo padre a cuore aperto, come se lei non si trovasse accanto a lui e questo la lusingava: stava prendendo parte ad un momento molto intimo della vita di Nick, una questione a lei ancora del tutto sconosciuta.
La volpe parlava a ruota libera della centrale, della nuova vita da poliziotto, di
lei, e Judy ascoltava con aria trasognata ed il cuore traboccante di un sentimento che stava riscaldando le sue membra fino all'appendice più estrema del suo corpo. I motivi per cui era in collera con lui parevano essere stati momentaneamente cancellati.
Una volta che Nick se la sentì, i due lasciarono la tomba alle loro spalle e si diressero piano fuori dal cimitero per raggiungere la fermata del tram più vicina e tornare verso casa.
Si fermarono sul marciapiede fianco contro fianco e lì rimasero, stranamente stanchi ed intorpiditi. Era stata una giornata spossante sotto molti punti di vista per entrambi.
Il silenzio che si era venuto a creare fra i due era talmente denso che a Judy sembrava di poterlo toccare con la zampa, quasi potesse lasciarle una sensazione fastidiosa e viscosa fra le dita.
Scrollò leggermente le spalle e si inumidì le labbra sottili per parlare, ma Nick la precedette.
<< Oggi ricorre l'anniversario della morte di mio padre >> mormorò appena guardando lontano << sono passati ventidue anni. Di lui ho solo ricordi sbiaditi e confusi. Non sono stati giorni particolarmente sereni per me... Credo di doverti delle scuse, Judds. Per il mio recente comportamento... per tutto. >>
La coniglietta lo afferrò per una spalla costringendolo a voltarsi verso di lui. << Non devi chiedermi scusa, Nick: io dovrei. Non ti ho chiesto nulla quando avrei dovuto interessarmi di cosa ti stava accadendo. Perdonami. >>
Nick le sorrise mesto. Nascose il muso vermiglio nell'incavo del collo di lei, là dove il pelo era terribilmente morbido, e le cinse le spalle in un abbraccio ricco di dolore.
Il cuore di Judy, stretta in quella piacevole morsa, galoppava felice verso chissá quali lande remote; ricambiò la stretta, decisa ed un po' goffa.
Sapeva che lui poteva sentire l'incremento del suo battito cardiaco pulsarle nella gola, ma non le importava: quell'unico abbraccio spazzava via ore ed ore di sofferenza tremenda lasciando una dolce quiete dietro di sè.
Stettero così, come immortalati in una fotografia, per un lasso di tempo infinito, ma la posizione non divenne mai scomoda per nessuno dei due.
Nick bofonchiò qualcosa contro il suo collo, il suo alito caldo a lambirle il pelo rado. << Quella volpe con cui mi hai visto oggi... >>
Ecco, pensó Judy, ci siamo. La verità: quella sì che stava diventando scomoda.
<< Quella volpe... È mia madre. >>
A Judy venne in mente quella volta che Stu la caricò sul pick up alle cinque del mattino per una piccola escursione verso Borghetto, nella contea dei cervi. Si erano portati uno zaino carico di provviste, beni di prima necessità e quant'altro il coniglio avesse ritenuto necessario per quella gita fuori porta. Aveva portato quel pesante fardello sulla schiena per una camminata di miglia e miglia fino a che, giunti in riva ad un laghetto, suo padre le aveva dato il permesso di scaricare la zavorra dalle spalle e riprendere fiato. Ricordò quanto si sentì leggera una volta buttato il pesante zaino sul terreno umidiccio del sottobosco.
In quel momento, davanti a quella fermata del tram, a Judy sembrò di essersi tolta quello zaino per una seconda volta. Un peso mastodontico di cui non conosceva l'entità scivolò lungo la sua schiena, percorse la linea delle gambe e si diramò nel freddo cemento sotto le sue zampe lasciando una scia di brividi dietro di sè.
Era una
buona sensazione. Non la capiva appieno, ma era buona e si sentiva bene.
Nick non sembrò accorgersi dei suoi muscoli che si rilassavano, delle sopracciglia aggrottate che si distendevano dando al suo volto una nota di serenità.
Forse però si accorse del flebile gemito che le scappò dalle labbra, un rantolo che assomigliava ad un'esternazione di sollievo, perché la strinse più forte, quasi a volerla inglobare appieno nel suo folto pelo rossiccio.
<< Non parliamo più molto >> continuò la volpe << Forse è stata colpa mia, forse sua, forse di entrambi. È passato così tanto tempo che neanche lo ricordo. >>
Judy non disse nulla. Non c'era nulla di giusto che potesse dire in quel momento. Stettero così per un lasso di tempo infinito, fino a quando Nick non si erse in tutta la sua altezza ed arricciò le labbra in un ghigno.
<< Oggi sono io la volpe emotiva. >> Borbottò a mezza voce, un filo di ironia a nascondere il leggero imbarazzo.
Judy sorrise ed il primo istinto fu quello di colpirlo con un amorevole buffetto in piena spalla, ma un brusco cambio d'idea le contorse i pensieri. Si alzò sulla punta delle zampe e lasciò una breve lappata là dove prima un'altra volpe aveva posato la sua, cancellando con un breve colpo di lingua una sensazione spiacevole così come un colpo di spugna ben assestato toglie una macchia ostinata.
Era
roba sua, quella. Quella stupida volpe, il suo mantello rossiccio, le sue cravatte e le sue camicie dalle tinte idiote... non sapeva in quale veste, ma si trattava di una sua proprietà. Forse avrebbe dovuto indagare più a fondo in quel frangente, chiedersi che cosa stesse a significare, ma sul momento si accontentò di riappropriarsi di un suo privilegio, rimettere in gioco le sue priorità.
Judy lo poteva abbracciare, Judy lo poteva torturare e, da quel momento in avanti, Judy avrebbe potuto baciarlo. Judy e solo Judy.
Era il ragionamento contorto di un cucciolo geloso del suo giocattolo, la coniglietta lo sapeva bene, ma c'era sotto qualcos'altro, un prurito che non sapeva bene come alleviare.
In ogni caso, per il momento le andava bene così e tanto le bastava.
Lanciò una fugace occhiata al volto di Nick, che stava allegramente testando varie tonalità di cremisi, ed infine decise di concentrare l'attenzione su un punto qualsiasi davanti a sè, così imbarazzata da essere incapace di proferire parola alcuna.
<< Carotina... >> bisbigliò la volpe inginocchiandosi a terra e raccogliendo le zampe all'altezza del petto << Il mio povero cuore. Io ormai ho una certa età: vuoi forse farmi venire un infarto? >>
Judy rise di gusto. << Può essere, Piberius. >>
Con un gesto così naturale da sembrare quotidiano, Nick le cinse le spalle in un goffo abbraccio e la coniglietta posò il capo sul suo petto beandosi di un calore che era mancato per troppo tempo.
Serrò le palpebre sulle iridi indaco ed inspirò il suo profumo selvatico riempiendosene i polmoni; aveva un che di diverso quel giorno, ma forse era solo lei a percepirlo tale.
<< Judds? >>, sussurrò appena Nick e sentì le orecchie basse di lei fremere contro il suo braccio.
<< Mh? >>
Lui sorrise rinforzando la presa sulle sue piccole spalle, avvicinandola a sè più di quanto fosse stato lecito nei giorni precedenti.
<< No, niente... >> rispose, un'insicurezza nella voce tremante per un'emozione tutta nuova << Te lo dirò prima o poi. Ma solo se farai la brava coniglietta. >>
Judy rise di nuovo, gli occhi ancora chiusi, le spalle rilassate sotto la sua presa gentile. << Che volpe ottusa. >>

E rimasero lì, abbracciati, ad aspettare un tram in ritardo senza che nessuno dei due se ne lamentasse.






Err... Ebbene l'ho fatto: ho pubblicato questa cosa.
Ci vuole coraggio ed ardore nella vita, ammettiamolo ahahah!
Se siete giunti fino a qui vi ringrazio di cuore. Per me significa tanto <3
Grazie mille per aver dato una letta a questa cosa.
Ah, vero ^-^'' ho messo un asterisco e me ne stavo dimenticando! La storia del quinto senso e mezzo l'ho rubata a Dylan Dog, uno dei miei fumetti italiani preferiti!  Sono svanita come una bottiglia di Coca-Cola aperta da quattro giorni -.-'
Alla prossima (sempre se vi va!)
Un abbraccione <3

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Capitolo 2
*** Prejudices ***


Hey there, mammals!
It's been a while, isn't it?
Sono scandalosa... Lo so. Sparisco per mesi, non recensisco più... Sono una persona orribile!
Alla base della mia latitanza vi sono, essenzialmente, due motivi: l'indecente mole di lavoro che mi è caduta tra capo e collo da dicembre in poi è fonte di mancanza di tempo/ispirazione (trovare il tempo anche solo per leggere era un'impresa degna da epopea greca!); il secondo motivo è, invece, meno "lieto": la scomparsa di due amici, la loro prematura morte, mi ha lasciato un grande, grandissimo vuoto sia nella testa che nel cuore.
C'è un po' di confusione in questa mente, e ciò, temo, si prende anche gran parte di quello che ho cercato di scrivere in questi mesi...
Passiamo ad altro. Non sono granchè convinta della shot che segue, ma ci ho lavorato per talmente tanto tempo (lottando contro la mancanza di ispirazione!) che mi dispiaceva lasciarla ammuffire in una cartella. Prendetela un po' così come viene, purtroppo :| io ho fatto altrettanto!



Prejudices.

Quando Judy Hopps quella mattina varcò la soglia dell'ufficio del capitano Bogo, non era pronta ad affrontare ciò che stava per vedere.
Le sue nocche indugiarono prima di battere su quel vetro spesso oltre il quale, lo sapeva bene, la sua sagoma già si stagliava agli occhi del capitano Bogo ed agli altri due ospiti manifestando la sua presenza.
Inghiottì un magone dall'acre retrogusto di fiele e bussò. Non aspettò risposta alcuna: già sapeva di essere attesa.
Il capitano, seduto alla scrivania, la osservò con cipiglio severo mentre prendeva posto accanto ai due mammiferi che avevano chiesto espressamente di lei.
Li conosceva molto bene: si trattava di una coppia, amici di lunga data di Nick, con cui aveva avuto modo di sviluppare un rapporto di sincera amicizia nel corso del tempo.
Lei, Vanessa, era una dolcissima ed esuberante castorina; lui, John, un lupo grigio con uno spiccato senso dell'umorismo ed un sopraffino gusto artistico. Erano una coppia piacevole; uscire in loro compagnia era sempre gradevole: si intavolavano interessanti conversazioni sui più svariati argomenti senza scadere mai nell'ovvietà, tranne quando scattavano le derisioni mirate esclusivamente alla persona di Finnick.
In quel momento, però, sapeva bene che non si trattava di una visita di cortesia. Nick le aveva spiegato tutto poco prima: John e Vanessa erano stati aggrediti la sera prima mentre rientravano da una tranquilla serata trascorsa al cinema; il pelo plumbeo del lupo era ancora secco sotto la morsa del sangue rappreso, un occhio ancora semichiuso a testimoniare la violenza dei colpi sotto il quale era caduto senza opporre resistenza alcuna.
<< Non ha alcun senso rispondere all'ignoranza. >>
Glielo aveva detto una volta John stesso, a cena, quando una delicata questione era stata tirata in ballo e buttata sul tavolo come un argomento qualsiasi quando invece, lo sapeva bene, si trattava di una questione tanto delicata quanto a lei prossima.
E quello stesso argomento aleggiava quel giorno in quell'aria che si era inspessita nrll'ufficio del capitano Bogo, saturando quei pochi metri cubici dal pavimento fino al soffitto di un gas venefico e malsano.
Judy tirò la piccola bocca in un sorriso comprensivo cercando di sopire la Judy che dentro di lei urlava e si strappava a ciocche il pelo color piombo.
<< John, Vanessa. Buongiorno. >>
La castorina sorrise appena mentre le zanne di John si mostrarono in tutto il loro splendore in un sorriso aperto e gioviale.
<< Judy, sono molto felice di vederti. >> gorgheggiò soddisfatto.
La coniglietta assentì con un cenno del capo e sfogliò distrattamente il fascicolo scarno sul caso che aveva fra le mani; non che avesse bisogno di riguardarlo, in realtà - oh, l'aveva già letto almeno una decina di volte quella mattina - ma era conscia di non sapere in quale anfratto dell'ufficio buttare gli occhi per ingoiare quel disagio che le si era annodato in gola.
<< Allora, john... >> cominciò Judy, occhi fissi su quegli orribili fogli in formato A4, cuore stretto in una morsa di filo spinato << Abbiamo abbastanza informazioni per cominciare, ma Vanessa ha detto che non vuoi sporgere denuncia... >>
<< Oh, Judy >> esordì il lupo << Avresti dovuto vedere quale aborto cinematografico Vanessa mi ha costretto a guardare ieri sera. >>
Non le rispose di proposito, e la coniglietta questo lo sapeva bene.
Serrò il fascicolo e trovò il coraggio di guardarlo dritto in quegli occhi inspiegabilmente sereni. << Perchè non vuoi denunciare quanto accaduto? >>
<< Doveva essere una sorta di commedia con un cast mal raffazzonato >> continuò imperterrito l'altro sventolando una zampa per aria << Ma l'unica cosa che mi ha fatto ridere è stata quella presunta recitazione messa in scena da un regista da quattro soldi. >>
<< John? Mi stai ascoltando? >>
<< Si vocifera che ne trarranno un sequel... Con che coraggio, mi chiedo io? >>
<< John! >>
Judy lanciò la sottile carpetta sulla scrivania laccata di Bogo in un impeto d'ira; la superficialità con la quale il lupo stava trattando la questione la stava mandando in bestia.
Il predatore strinse il capo fra le possenti spalle e mal soffocò una risata di scherno. << Stiamo perdendo tempo, Judy. >>
<< Sei stato aggredito e dobbiamo catturare i colpevoli! >> gli rispose risoluta la coniglietta con le orecchie che guizzavano frementi fendendo l'aria << Non stiamo affatto perdendo tempo! >>
John si alzò ed avanzò zoppicando verso di lei; ogni passo era un'agonia, ogni muscolo contratto tradiva un dolore sordo che riecheggiava nel suo corpo e nella sua anima.
Quando le fu abbastanza vicino, le si inginocchiò dinnanzi e posò le grandi zampe artigliate sulle sue piccole spalle tese.
<< Agente Hopps, che potere ha lei per fermare tutto questo? >>
Le sorrise mentre parlò, ma i suoi occhi lucidi tradivano un dolore che si portava dentro da molto tempo, un dolore simile - se non uguale - a quello di quella tenera femmina di castoro che ora saggiava la schiena del suo compagno con rassegnazione.
<< Combattere il crimine è il mio compito... >> uscì detto in un soffio a Judy, ma stavolta in quello che diceva non credeva nemmeno lei.
<< Appunto, Judee >> la schernì il lupo << Sei qui per assicurare i delinquenti alla giustizia. Non è il tuo compito quello di combattere il razzismo o l'ignoranza. >>
Le zampe di lui lasciarono la presa ed il corpo della coniglietta ricadde mollemente contro lo schienale della seggiola consunta. Quello che le sue lunghe orecchie da leporide avevano appena sentito l'aveva completamente svuotata.
Si trattava di questo, dunque, e lo sapeva bene.
<< Lo sai come ci chiamano in gergo, Judy? >> continuò John mentre camminava faticosamente senza meta per l'ufficio di Bogo << Freaks. Fenomeni da baraccone. Ci trattano come reietti ai margini di una societá pseudo-perfetta. >>
Le coniglietta abbassò lo sguardo fingendo interesse per un vecchio pavimento che aveva visto passare di lì un mucchio di mammiferi sofferenti.
Il lupo le stava sciorinando una questione scomoda quanto la seggiola su cui era seduta. << Si può dare una colpa all'amore? L'essermi innamorato di un mammifero di una specie diversa dalla mia non fa di me l'attrazione di un circo. È squallido. >>
Estrasse dalla tasca dei pantaloni un rovinatissimo pacchetto morbido di sigarette leggere; quando se ne accese una inspirò profondamente serrando le palpebre sugli occhi bui e Bogo non gli ricordò che fosse vietato fumare negli edifici pubblici. Quel giorno un Bogo amareggiato non aveva voglia di ricordare niente a nessuno.
<< Chiunque può essere quello che vuole, eh? >> soffiò il lupo amareggiato sbuffando una nuvola panna di fumo denso << Zootropolis è una stronzata. I suoi dogmi lo sono altrettanto. >>
Judy non se la sentì di ribattere in nessuna maniera, nonostante quanto stesse ascoltando andasse contro tutto quello in cui credeva. Il suo discorso, quello che aveva tenuto davanti ad una folla festante il giorno in cui appuntò sul petto di Nick uno scintillante distintivo dorato, aveva lo stesso odore squallido dell'aria fritta in quel momento e lo stesso valore iniquo.
<< Fai uno sbaglio, John >> azzardò dunque Judy in un tentativo di salvare il salvabile, di ricostruire un minimo di fiducia nella parte buona di quella citta che lei idolatrava ed amava << Lascia che ci pensi io, che ci pensi il distretto. >>
Il lupo le sorrise; la brace della sigaretta che assumeva un colore rosso cupo ogni volta che inspirava. << C'è poco a cui pensare, tesoro mio. Continueranno a lanciarci occhiate oblique quando ci guarderanno passeggiare mano nella mano; scoccheranno frasi ingiuriose come dardi avvelenati nei nostri confronti; ci giudicheranno; ci additeranno come bestie feroci indicando ai loro figli come il diverso da loro sia sbagliato e cresceranno altri mammiferi bigotti che a loro volta partoriranno altri mammiferi prevenuti in un loop vizioso che trascenderà il tempo. >>
La coniglietta boccheggiò un paio di volte come un pesciolino spaesato in una boccia troppo piccola; il suo sguardo indaco vagò inconsciamente verso quello ceruleo di Vanessa in un moto implorante forse voluto, forse no.
Aiutami, sembrava dire, tu che hai un ascendente non indifferente su di lui, aiutami a spiegargli quel punto di vista che al momento non vuole capire.
Vanessa le lanciò quel salvagente che andava cercando in quell'oceano di amarezza e rassegnazione.
<< Suvvia, John, parli come se fosse il giorno del giudizio >> lo rimbeccò la castorina sventolando una zampa davanti al suo musetto << non è tutto bianco o tutto nero; guarda le sfumature: ci sono molti mammiferi assennati a Zootropolis. Prendi la nostra Judy, per esempio: è adorabile. >>
La coniglietta si rilassò in un principio di sorriso che John, purtroppo, smorzò subito.
<< Esempio azzeccato, eh Vanessa? >> la rimbeccò subito il lupo puntandole una zampa accusatoria al petto << Lei ci tratta come mammiferi normali perchè è di parte. E tu lo sai meglio di me. >>
La castorina serrò le palpebre e prese a massaggiarsi una tempia con leggere pressioni circolari della zampa. << Ora basta, John. Questi non sono affari che riguardano te o me. Sei sconveniente. >>
Un mezzo ringhio vibrò nel profondo della gola del lupo, ma non articolò nessuna risposta di senso compiuto mentre improvvisava un posacenere nel portapenne trovato sulla scrivania di Bogo; questa era una delle sue caratteristiche che più detestava: tratto in scacco, non sapeva fare null'altro se non appellarsi ai suoi istinti primordiali e reagire di conseguenza. Così come un lupo primitivo avrebbe ringhiato a qualsiasi altro animale che avesse puntato il pezzo di carne cruda che serrava fra i denti, così John non fece altro che far vibrare le corde vocali quando si vide vinto.
Le iridi indaco della coniglietta guizzavano vaghe in cerca di qualsiasi appiglio, qualsiasi distrazione per dissimulare quella sensazione di disagio assoluto che l'aveva colta appena sopra la bocca dello stomaco. Sembrava che un rapace avesse arpionato il suo cuore con degli artigli affilatissimi ed ora stesse affondandoli all'interno del suo muscolo cardiaco lentamente, subdolo e crudele.
Sapeva ed allo stesso tempo ignorava cosa John stesse insinuando con quell'affermazione sibillina; d'istinto avrebbe desiderato colpirlo seduta stante con un vibrante scacco delle sue gambe muscolose ed energiche, ma ebbe un lampo di lucidità a favore del suo raziocinio e piantò salde le piante delle zampe sul pavimento mentre, lungo tutti i nervi del suo corpo, scariche elettriche mandavano impulsi facendo fremere impercettibilmente ogni singolo muscolo.
Stirò le labbra in un forzatissimo mezzo sorriso di circostanza senza avere nulla da aggiungere alla digressione appena conclusa. La conversazione continuó fra gli altri tre interlocutori, ma alle lunghe orecchie di Judy Hopps non giunse altro che un ronzio sommesso, un rumore bianco strascicante nel background del suo cervello traboccante di pensieri che si rincorrevavano, salivano gli uni sugli altri cercando di prevaricarsi, di incontrare la sua fuggente attenzione.
<< Dai, Judy >> sembravano dirle << Siamo qui per affrontare una spinosa questione. LA spinosa questione. >>

Picchiettava il cappuccio della penna su quei fogli da mezz'ora ormai.
Aspettava un segno divino, forse, la discesa di un niveo raggio di luce sul suo capo che avrebbe dissimulato la fitta nebbia che lo abitava e le avrebbe indicato il giusto cammino da percorrere.
Peccato che dio quel giorno avesse altri problemi a cui pensare: nessuna divinazione giunse a dissipare i dubbi dalla sua mente.
Si portò la penna alle labbra con un gesto pressoché meccanico mentre i suoi pronunciati incisivi iniziarono a torturare la plastica che avvolgeva quell'inchiostro che troppo spesso era andato a macchiarle la lingua rosea.
Una zampa fulva fece improvvisamente capolino mentre le nocche picchiarono delicatamente sul legno dello stipite della porta dell'ufficio che condivideva con Wilde.
<< Toc toc. Si può? >>
Judy si rilassò in un sorriso. << Non devi bussare, Nick: l'ufficio è anche tuo. >>
La volpe scrollò le spalle mostrandole un sorriso sghembo ed affilato.
<< Sembravi così immersa in qualche questione da coniglietta emotiva. Ho preferito annunciarmi. >>
Hopps scoccò un'occhiata acida verso il suo partner e migliore amico, un dardo che voleva zittire ogni suo tentativo di sdrammatizzazione; non le sembrava il caso, non dopo l'amaro epilogo che i suoi tentativi di persuadere John avevano scritto nero su bianco.
Nick recepì la velata minaccia; schioccò la lingua contro il palato ruvido e mosse qualche passo scoordinato in quell'angusto cubicolo con le mani affondate nelle ampie tasche della divisa.
Focalizzò l'attenzione un po' qua ed un po' là, su oggetti conosciuti che riempivano da mesi la sua quotidianità come se li stesse vedendo per la prima volta in quel preciso momento.
A Judy parve di osservare una sciocca mosca chiusa dentro un barattolo di vetro: cozzava zelante contro la stessa superficie in un perseverante tentativo di fuga senza rendersi conto dell'ovvio ostacolo che le si parava dinnanzi ogni volta. Nick passeggiava ora a destra, ora a sinistra, senza sapere come affrontare quell'argomento sospeso nel vuoto.
<< È finita come temevo. >>
La volpe sussultò rischiando di lasciar cadere nel vuoto il delicato soprammobile che si rigirava fra le zampe da cinque minuti buoni.
Judy, in compenso, assaporò piano l'amaro che quelle parole sfuggitele dalle labbra le avevano lasciato in bocca.
<< John ha lasciato perdere tutto >> sussurrò ruotando appena il busto verso di lui << Ed io che pensavo di poter fare qualcosa per lui... Per loro. >>
Nick si strinse nelle spalle arricciando appena la sottile linea nera del labbro superiore. << Non ti crucciare per loro, carotina: staranno benone. >>
Con un sonoro sbuffo, Judy riguadagnò la scrivania e focalizzò completamente l'attenzione sui fogli che la occupavano.
La frustrazione che provava era una sensazione quasi fisica, vera e tangibile tanto quanto il pizzicare dei suoi grandi occhi indaco prossimi alle lacrime.
No, pensò, era tutto sbagliato quello che stava accadendo. Tutto.
Quando aveva cominciato la sua utopia a trasformarsi in una distopica realtà?
Era come se per tutto quel tempo avesse visto Zootropolis, la sua amata città, attraverso un filtro: collezionava solo il meglio di quanto vedeva scartando senza soffermarsi infinite molteplicità di particolari distorti.
<< In fondo, John ha ragione >> azzardò la volpe in un sussurro, lo sguardo perso nel vuoto.
Judy tremò. Una scarica elettrica percorse dolorosamente la sua breve spina dorsale facendole rizzare il pelo plumbeo. << Non ha alcun senso che debbano entrambi soffrire così. >>
<< Dichiarare guerra ad un mulino a vento: questo non ha senso. >>
Le membra di Judy si irrigidirono; la sua mente, oltremodo provata, partita per un'ascissa tutta sua su chissà quale piano cartesiano, vomitava cattiverie che faceva fatica a non far vibrare fra le sue corde vocali.
Un silenzio grave inspessì l'aria dell'ufficio; la rese torbida e difficile da filtrare nei polmoni.
Judy si sentiva come se stesse lentamente affogando in un'acqua paludosa e melmosa, talmente densa da non consentirle nemmeno una breve bracciata, un unico, rigido colpo di zampa che avrebbe potuto trarla in salvo, o almeno darle l'illusione di tornare verso una riva sicura, un porto felice.
Il bastimento stava lentamente affondando con il suo capitano, ma Judy avrebbe trascinato nell'oblio dell'abisso qualcun altro con lei.
<< Forse non ha senso per te, Nick. Ma se si tratta di un qualcosa che non ti riguarda, meglio lasciar correre giusto? >>
Il peso di quell'enorme bugia le rovinò addosso, come un macigno tra capo e collo, con una violenza tale da farla gemere. Era un'accusa pesante, priva di prove oggettive - e Judy stessa sapeva bene quanto il suo partner fosse in grado di entrare in empatia con i problemi altrui; non ne aveva dato prova anche con lei? -; quelle parole scivolarono lente lungo il suo soffice pelo lasciando dietro di loro un sentore venefico, una vergogna difficile da scacciare.
Lo sentì emettere un ringhio sommesso, una breve vibrazione che risuonò nella sua gola, appena prima che le sue zampe artigliassero la seggiola sulla quale era seduta costringendo la medesima a girare verso di lui.
Lo scatto fu veloce, quasi impercettibile, e la foga che Nick aveva messo in quell'unico, disperato tentativo di poterla guardare nuovamente in quegli enormi occhi viola era stata tale che il contraccolpo la spinse con violenza contro il grande schienale imbottito della sedia girevole.
Judy squittì appena per l'improvviso spavento e raccolse le gambe al petto in un gesto involontario, forse pronta a vibrare una forte zampata in direzione di quel predatore in escandescenze che ora la stava guardando dritta in quelle pupille dilatate per la paura. Il nasino rosa tremava insistentemente sotto la morsa del suo respiro corto, il cuore galoppava come volesse saltar fuori dalla sua gabbia toracica in qualsiasi momento, pronto a quella vile fuga che la sua stessa padrona stava meditando di perpetrare in un moto dettato unicamente dal suo istinto di preda.
Era pur sempre un coniglio. Un coniglio messo alle strette da una volpe.
Le mascelle serrate di Nick malcelavano ancora quel suono gutturale che si innalzava lento e ronzante dalla sua gola, da quel collo teso, e che raggiungeva le orecchie di Judy ovattato attraverso quelle zanne affilate che le sue sottili labbra nere mostravano, nivee e perfette nella loro intimorente affilatezza.
Ma il viso del predatore si palesava in un ossimoro perfetto: se le fauci sembravano bramare le carni tenere e dolci di Judy, gli occhi, così verdi e spalancati su quel mondo imperfetto, tradivano un sentimento diverso: a Judy parve di guardare nuovamente negli occhi quella castorina rassegnata che, quella stessa mattina, aveva incontrato nell'ufficio del capitano.
<< Pensi che sia davvero questo il punto, Judy? >> sibilò a denti stretti Nick rinvigorendo la presa sul tessuto sottile dello schienale; i suoi artigli sprofondarono nel ventre molle e giallo della gommapiuma, ma non sembrò curarsene. << Lo sai perchè a John va bene cosi? Perchè Vanessa lo ama, e lui ama lei. Loro si amano e questo va al di là di ogni insulto, al di là di ogni provocazione e, sì, anche al di là di ogni violenza fisica. >>
Le parole di Nick affondarono come lame nelle carni molli di Judy, coltelli roventi che incidevano nei suoi muscoli e nelle sue viscere il concetto che il predatore voleva rimanesse impresso per sempre. E forse anche di più.
<< Sai cosa pensa, John? Io ho lei, ed il resto non conta. Fintantochè ho lei a darmi forza, posso sopportare il marcio in cui prima o poi annegheremo. >>
Il tono di voce della volpe scemò così come le sue zampe, lentamente, calarono al di là della stoffa, sopra le spalle tremanti di Judy.
<< Ho lei, e lei ha me >> sussurrò appena, così debolmente che a malapena la frase risuonò nelle lunghe orecchie cineree della partner << Il resto non conta. >>
Una piccola lacrima peccatrice si abbandonò oltre l'occhio indaco di Judy, lambendole il muso lungo tutta la sua lunghezza e fermandosi sul collo, là dove il pelo appena più folto la inghiottì facendola sparire per sempre, come se non fosse mai caduta; l'unico testimone del suo passaggio discreto era il vello appena umido che l'aveva accolta poc'anzi, subito dopo che si fu palesata senza che la coniglietta potesse fare nulla per fermarla.
Nick, accigliato, spazzò via quel velo umido dalla gota paffuta della partner con un leggero tocco della sua zampa fulva; fece sparire quel fastidioso sentore bagnato come se fosse indesiderato, una cosa fuori posto, una brutta piega scovata su una delle sue camicie hawaiane.
Schioccò la lingua ruvida contro il palato con una nota di soddisfazione quando anche l'ultima perla di quella stilla salata andò perdendosi fra il manto di Judy, dando l'idea di non aver mai solcato quella guancia.
Dal canto suo, Hopps non capì appieno il motivo di quella sua reazione al dolore che Nick malcelava sotto una maschera iraconda, di quel dolore che sentiva anche suo in qualche anfratto del suo essere.
Era solo per il fatto di essere un coniglio, e dunque emotivo ed empatico per antonomasia? O c'era dell'altro?
Qualcosa suonava nella testa di Judy, note dissonanti che cercavano di comporre una melodia già ascoltata da qualche parte; ma le note non trovavano lo spazio che loro spettava in quello spartito: si buttavano a casaccio su un rigo o sull'altro, dando luogo ad una sinfonia stridente che non riusciva ad armonizzarsi nel suo insieme. Avrebbe voluto darle un nome - per tutti i cracker al formaggio, era sicura di sapere di cosa si trattasse! -, ma c'erano dei significati che ancora le sfuggivano, e, da brava coniglietta sciocca, non riusciva a serrare le zampe affusolate attorno a quel concetto perentorio che sembrava si divertisse a sfuggire alla sua presa.
Se due mammiferi di specie diverse non erano liberi di esternare il loro amore dinnanzi al mondo intero, come e perchè questo concetto amaro ed indigesto la saturava fino alla nausea? Sotto quale vessillo l'intrepida Judy Hopps di Bunny Burrow si schierava: la poliziotta integerrima pronta a difendere gli innocenti in scacco? O la prossima co-protagonista del secondo atto della tragedia a cui aveva assistito quella mattina?
Non sapeva fornire risposta a nessuna di quelle domande che frullavano veloci, come ali di colibrì, nella sua testa affollata di sentimenti e verità.
Con un grosso sospiro, nascose il musino tremante nel collo di Nick, appena sopra la sua clavicola; lì, era sicura, la folta pelliccia color crema della volpe l'avrebbe nascosta, avrebbe ovattato per qualche istante il clangore di un mondo spesso ostile. Avrebbe voluto sparirci, in mezzo a quel pelo: era senza ombra di dubbio il porto sicuro che andava cercando una manciata di discorsi prima. Sentiva il cuore del partner pulsare a fondo nella gola e lì si ritenne soddisfatta; niente più melodie disarmoniche: il sangue pompava veloce e regolare seguendo alla perfezione un tracciato già scritto, dandole quasi l'impressione di aver varcato una soglia benevola e famigliare.
Come se fosse una diretta conseguenza, la meta prestabilita di un viaggio impervio, anche le sue braccia cercarono conforto in mezzo a quel pelo vermiglio, cingendo il sottile busto di Nick in una salda presa alla Hopps.
Resta, resta qui e lotta con me, pareva urlare quell'abbraccio, ma Judy non diede voce a quel grido silenzioso. Non ne avrebbe avuto il coraggio.
Nick Wilde, piacevolmente sorpreso da tanta presa d'iniziativa, spianò finalmente la fronte e non pensò più a nulla, se non a bearsi di quel contatto inaspettato, quel calore inatteso, quel cuoricino galoppante che scalpitava contro il suo torace, quel lieve sentore di erba fresca che s'irradiava dal pelo di Judy.
<< Carotina, carotina >> mugugnò dunque appena sopra la sua testa << Se mi vizi così, dovrai prepararti a dispensare abbracci del genere più spesso. >>
Judy ammassò una manciata indistinta di bofonchii e mugugni; non era in grado di articolare alcuna risposta sensata in quel momento.
Aveva la testa nella medesima bolla di sapone febbricitante che la colpiva quando le capitava di contrarre l'influenza: quando la temperatura corporea saliva, i pensieri fluivano lisci e setosi, ricoprivano la sua mente con un velo leggero, e non era in grado di esternarli con chiarezza al mondo che svettava al di fuori dalla sua nuca.
<< ... Mi comporterei esattamente come John. >> sospirò Nick mentre ricambiava quell'abbraccio nella maniera più delicata che gli era concessa - quella carotina era talmente minuta che aveva paura di poterla sgretolare!
<< Mh? >>
<< Ho detto che mi comporterei esattamente come lui. Non mi importerebbe nulla di quello che il mondo potrebbe pensare. >>
<< Se si trattasse di te... ? >>
Judy allontanò appena la testolina grigia quel tanto che le bastò per poter scrutare quelle pozze verde speranza e leggere se vi fosse scritto o meno il vero, se le parole che uscivano dalla bocca della volpe trovavano riscontro nella sincerità dei suoi occhi.
Quello sguardo fiero ed un po' beffardo che vi trovò la rincuorò come la migliore delle notizie.
Non mentiva.
Qualcosa di buono ne sarebbe sicuramente uscito, prima o poi.



Mah... Non sono soddisfatta al 100%. Mi pare un minestrone un po' confuso... Ma non riesco ad adattarla in nessun altro modo.
Io ci provo ad affrontare questo blocco dello scrittore... Prima o poi lo supererò. Vi ringrazio infinitamente per essere giunti fino a qui. Siete dolcissimi!
Alla prossima... Spero!

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Capitolo 3
*** Stars ***


Buonasera a tutti!
Ritornare in questo fandom è stato come lenire i miei dolori con un balsamo.
Sono tornata - ahimè, ahivoi - con qualcosa di più soft. L'ispirazione è arrivata come un'onda ed io ho deciso di fare la surfista: l'ho cavalcata appieno!
Ciance a parte, vi lascio al capitolo e colgo l'occasione per ringraziarvi: siete meravigliosi :)



Stars.



Mentre bivaccava in quel campo rigoglioso, la nuca posata fra la soffice erba lussureggiante ed il nasino rosa puntato all'insù verso quel manto vellutato cosparso di piccole stille argentate, Judith Laverne Hopps poteva definirsi la coniglietta più felice del pianeta.
Aveva avuto proprio un'ottima idea, pensò soddisfatta, a trascinare il suo partner ed amico alla sagra più gettonata di Bunny Burrow.
Aveva volutamente trascurato quel sopracciglio inarcato su quella fronte fulva quando gli aveva sventolato sotto il tartufo il volantino che si era fatta spedire da Bonnie e Stu.
<< La sagra della carota? >> Le aveva chiesto Nick ridendo sotto i baffi << Ma voi conigli non pensate ad altro? Magari al pollo fritto, no? >>
Ma, cinismo a parte, la volpe era stata ben contenta di accompagnarla e trascorrere l'intera giornata destreggiandosi fra duecentosettantacinque e più coniglietti completamente ammaliati da quell'appendice folta e rossiccia che sventolava sotto la sua schiena.
<< Quella del signor Grey non è così bella... >> aveva sussurrato uno di loro agli altri che, annuendo veemente, si erano trovati tutti d'accordo: sì, quella coda era davvero morbida, davvero rossa, davvero invitante.
Judy si era divertita come una bambina nel vederlo scappare qua e là nel tentativo di sfuggire a quella miriade di piccole furie variopinte che volevano accarezzare o tirare la lunga coda lucida e pettinata.
Al calar della sera, quando i bambini si furono ritirati nelle rispettive dimore stanchi delle loro infantili fatiche, Nick potè finalmente rilassarsi e fare una rapida stima dei danni: forse un po' arruffata, forse un po' polverosa, forse con qualche ciocca di pelo in meno, ma quella sua adorata appendice era ancora lì, saldamente attaccata al suo fondoschiena.
Anche in quel momento, in quell'idillio bucolico di campi ordinatamente coltivati e profumi selvatici, sotto la pallida luce di una luna nivea che svettava in quel cielo silenzioso, Nick stava ancora preoccupandosi di sistemare ciuffi di vello puniceo in disordine, intricati in certe matasse nodose che solo le zampine di un cucciolo sarebbero riuscite a plasmare.
Dal canto suo Judy, mentre lo sentiva sospirare peggio di una scolaretta innamorata, stava ancora beandosi di quel profumo di terra umida e gramigna selvatica che solo quel mondo agreste riusciva a preservare nella sua unicità.
<< Nick >> Azzardò dunque mentre, a pieni polmoni, inspirava quel sentore selvatico di cui in città aveva tanta nostalgia << La tua coda non diventerà più liscia di così. >>
Per tutta risposta, la volpe puntò contro di lei una zampa accusatoria. << Carotina, quello che ancora non hai imparato su Nicholas Piberius Wilde è che lui si prende molto cura delle sue estremità! >>
Judy roteò gli occhi in un moto esasperato incrociando con lo sguardo, infine, una volpe beffarda che la fissava con un sorrisetto sornione ed allusivo.
<< Di tutte le sue estremità. >> Aggiunse infine quel predatore beffardo trasformando quei due occhioni verdi in due smeraldi allusivi.
La coniglietta arrossì come il cielo al tramonto spalancando la bocca asciutta.
<< NICK! >> Esclamò scandalizzata e, teatralmente, ruotò il busto coricandosi su un fianco in modo da dare a quella volpe scandalosa solo la visione della sua schiena minuta.
Detestava il modo in cui lui fosse in grado di metterla in imbarazzo così, senza preavviso alcuno. Aveva un suo modo di scherzare tutto cittadino che ad una giovane coniglia nata e cresciuta in campagna ancora sfuggiva.
Tesa come una corda di violino, sentì il predatore lasciarsi scivolare accanto a lei fra l'erba fresca con un sospiro di approvazione; nonostante la terra lasciasse ormai trasudare la sua umidità in superficie, la volpe di città non avanzò alcuna protesta per quella situazione a cui, essendo cresciuto a Zootropolis, non era uso.
Era bello potersi beare di una cosa tanto semplice insieme a lui: un oceano smeraldo a far loro da letto ed un buio soffitto di timide stelle che, di quando in quando, sfarfallavano una timida luce cangiante e delicata.
D'improvviso Judy pensò che, in realtà, quel riverbero argenteo era solo un'eco di quello che fu, di un astro che già si era spento e mandava, tramite deboli scintillii, un ultimo saluto agli spettatori prima di dissolversi nel nulla in un'esplosione grandiosa nel bel mezzo di un solitario universo sconosciuto. Quel pensiero la rese particolarmente malinconica senza sapere il perchè. Sua sorella Jen avrebbe definito il tutto tremendamente romantico; lei, giovane coniglia alle prese con pensieri acerbi riguardo all'amore, riusciva solo a provare un'immensa tristezza per quelle fulgide luci che non erano più nulla se non un vago ricordo di qualche mondo lontano.
<< Il coniglio sulla luna... >> lo sentì improvvisamente borbottare fra sé e sé interrompendo quel flusso di pensieri.
Judy si voltò incuriosita, dimentica di quell'imbarazzo che aveva fatto da padrone una manciata di secondi prima.
<< Come hai detto? >>
Nick incrociò le braccia dietro la testa, guadagnando una posizione più comoda, e le sorrise. << Non conosci quella leggenda, carotina? >>
Hopps ciondolò il muso da destra a sinistra in segno di diniego.
<< Per una religione - non stare a chiedermi quale, ti prego - si narra che un coniglio, moltissimo tempo fa, si offrì in sacrificio ad un dio affamato ed assetato da giorni di preghiere e meditazione. Per questo, il dio in questione lo omaggiò regalandogli un'icona che lo rappresentasse lá dove tutti avrebbero potuto vederlo ed ammirarlo per il suo gesto coraggioso. >> La volpe allungò una zampa verso il satellite argenteo che svettava sulle loro nuche, placido, e le indicò un punto esatto dove guardare << Lo vedi lassù, Judy-non-deludi, il coniglio? Tiene nella zampa un martello e si racconta che stia battendo del riso. >>
La coniglietta si puntellò sui gomiti per avvicinarsi, seppur di una manciata di centimetri, a quel cielo stellato; strizzò gli occhioni indaco fino a renderli due fessure indistinte cercando di mettere a fuoco un'immagine che proprio non riusciva a prendere la forma descritta.
<< Cosa vai farfugliando? >> Gli domandò << Ci vedo di tutto, tranne che un coniglio. >>
Nick rise di gusto. << Coniglietta ottusa e pragmatica. Ci sono mammiferi che usano un po' di immaginazione. >>
Judy rimirò il satellite con attenzione, ma non vedeva nulla di quello che il partner le stava indicando.
<< È una bella storia. Triste, ma bella. >> Sentenziò dunque la volpe; sul muso sfoggiava un'espressione enigmatica tipica di chi è incastrato fra chissà quali pensieri << Sta a testimoniare quanto voi conigli possiate essere empatici e gentili. O forse è solo l'antica leggenda su come sia nata la vostra emotività, chissà? >>
Terminò la frase con un ghigno compiaciuto sul volto a cui Judy fu ben lieta di rispondere.
<< Ohibò, Nick, che pensiero raffinato. Che fine ha fatto il tuo cinismo da quattro soldi? >>
<< Che domande, coniglietta! L'ho venduto per cinque a Duke Weaselton! >>
La coniglietta si lasciò scappare dalla bocca minuta uno squittio compiaciuto mentre, lasciata cadere la schiena all'indietro, si riassestò in quella comoda conca là dove l'erba ospitale si era pazientemente piegata per accogliere la sua figura minuta.
Il silenzio si insinuò fra di loro, subdolo, e li trasportò lentamente in una dimensione diversa.
Judy poteva sentire il respiro del partner, lento e regolare, cullare quei pensieri che cozzavano nella sua testa in un moto caotico da tanto tempo. L'atmosfera si era fatta statica e tranquilla, e lei in quel momento pensó che non avrebbe desiderato essere in nessun altro posto al mondo in compagnia di nessun altro mammifero.
Arrossì a quel pensiero e lo giustificò in mille modi: forse il momento di intimità che stavano piacevolmente condividendo, forse quell'inebriante sentore di fiori di campagna che rendeva i confini dei suoi ragionamenti labili e confusi, forse troppa birra casereccia, scura e torbida, acquistata al banco di Mr Hopper... ma tutti quei forse erano collegati tra loro da un filo indivisibile e fu in quel momento, sotto quelle pallide stelle morte per le quali riservava una nostalgia tutta sua, che Judy Hopps capì una verità antica quanto il mondo stesso.
Quel momento di agnizione personale la investì con una violenza tale, la lasciò talmente carica di una strana elettricità che, sul momento, la coniglietta pensò di essere stata attraversata in pieno da un fulmine.
Dilatò le pupille e lanciò occhiate vagamente preoccupate al cielo in cerca di nubi scure: no, nessuna tempesta in avvicinamento; dunque, quella scarica non derivava da fattori metereologici.
Osservò Nick di sottecchi e vide che stava placidamente scrutando il cielo mentre la coda, tranquilla, disegnava nell'aria piccoli semicherchi.
Hey!, voleva urlargli, ma non la senti anche tu quest'aria densa di elettricità? Questa scarica di adrenalina?
Ma lui sembrava non accorgersi di nulla, di quel terremoto che aveva appena sconquassato il mondo ed aperto una voragine fino al ventre infuocato del pianeta.
Ed allora nuovamente Judy scoprì che l'onda anomala era partita da dentro di lei, aveva ingorgato gli anfratti di ogni suo arto, affogato ogni singolo ciuffo di pelo, inondato il suo raziocinio a favore di un'altra verità indiscussa.
Judy Hopps amava Nicholas Wilde.
Un'urgenza tutta nuova, uno stimolo sconosciuto, l'avrebbe poi spinta al di là di una linea di confine mai scavalcata, temuta e rispettata quanto il ciglio di un baratro.
Aveva una porta completamente sconosciuta davanti a sè, e, nonostante non conoscesse l'entità che dimorava dall'altra parte di quell'uscio, sentì che era giunto il momento di.azzardare, di posare la zampa su quel pomello e tuffarsi al di là della soglia sconosciuta.
<< Nick... >> chiamò, in un soffio, e la volpe si girò a guardarla.
Ruotò piano la testolina, la sua guancia andò inumidendosi leggermente a contatto col manto erboso; di quel momento avrebbe ricordato il respiro corto, il nasino rosa che tremava come mai prima di allora, gli occhi del suo partner, due pozze ossidiana per le pupille dilatate, che vedevano oltre la sua pelliccia, oltre le sue stesse carni, in quel luogo intimo ed astratto in cui l'agente Hopps della ZPD era semplicemente la piccola Judy-non-deludi.
Tu, appartenente ad una razza che agli albori dei tempi prediligeva la notte come dimora, riesci a vedere tutto di me in questo buio pesto? Il tuo respiro sa ancora fiutare questa paura che mi inghiotte? Il terrore di una preda colta in scacco?
Sei proprio un predatore, Nicky, degno figlio dei tuoi padri: con passi silenziosi, all'erta, hai seguito un tracciato sinuoso che ti ha condotto a ghermire il mio cuore; ed ora che, diligente, te lo sto per servire sul vassoio dell'argento più fine e fulgido che tu abbia mai visto, che cosa ne farai? Serrerai le fauci aguzze sopra questo muscolo pulsante o lo conserverai con devozione?
Wilde la osservava in silenzio indossando una maschera interrogativa con malcelata emozione.
<< Nick, ecco... >>
Judy deglutì, ma non una singola goccia di saliva scese a dar ristoro alla sua gola secca; forse il fatto che fosse la prima volta in tutta la sua vita che si sentiva così non le era di grande aiuto.
Inspirò profondamente, calando le palpebre sugli occhi stanchi.
<< Nick, io ti amo. >> Disse, con una fluidità scaturita da chissà quale anfratto; non capì quale fibra del suo essere avesse ancora qualche risorsa da donarle.
Il predatore, dal canto suo, sbattè le palpebre un paio di volte come interdetto, le sue labbra sottili spalancate in una buffa forma ovale che raramente aveva svettato al di là di quella smorfia sardonica che gli trionfava sempre fra orecchie e mento.
Un silenzio cupo si insinuò fra i due.
Judy fu colta da uno smarrimento senza precedenti, le sue membra si irrigidirono come se tutta la vita fosse stata risucchiata dalla sua polpa carnosa nella frazione di un secondo.
Si inumidì le labbra, forse per aggiungere qualcosa - ma cosa, di grazia, avrebbe potuto aggiungere? - quando Nick la precedette.
<< Ma cosa dici, carotina? >> Ciancischiò dunque, ma quelle parole vibrarono con tensione nel fondo della sua gola.
<< Come?! >>
<< Tu non mi ami. >> Fece la volpe ruotando vaga una zampa nell'aria; aveva ritrovato il suo tono mellifluo e la sua faccia spavalda.
<< E tu cosa puoi mai saperne, per tutti i cracker al formaggio?! >>
<< Sei troppo inesperta sull'argomento per sapere che cosa sia l'amore... E non voglio che me ne parli con tanta superficialità. >>
La frase che le aveva sputato lì, fra capo e collo, era impregnata di una gravità che Judy non riuscì a ghermire appieno; la luce cupa che aggravava lo sguardo del partner stava a sottolinearle maggiormente quanto quella questione lo stesse infastidendo.
La coniglietta rizzò la schiena: inaspettatamente si sentì scomoda, fuori posto.
<< Scusa >> buttò lì, sputato come un boccone velenoso ed indigesto in quella notte che ora vedeva più buia, più silenziosa, più triste.
Nick si issò stendendo le zampe verso l'alto per dar ristoro a quel dorso indolenzito. << Non devi scusarti di nulla. Solo... Voglio che rifletti meglio su quello che mi dici. Quest'atmosfera può aver cancellato ogni inibizione dalla tua testa, e questo non va bene. >>
Quello che le andava dicendo era strano, fuori posto quanto lei. Sembrava... a disagio?
<< Cosa stai blaterando, Nicholas? >> Squittì piano Judy ricacciando indietro quelle lacrime amare che minacciavano di dirompere da un momento all'altro << Se ti da così fastidio, non te lo dirò mai più. >>
Nick ringhiò sommessamente nella sua direzione, forse senza volerlo, e le lanciò un'occhiata ben più che eloquente.
<< Sei tu che blateri, Judy. Parli di amore senza sapere di cosa si tratti. Pensa bene a quello che provi, santo cielo, e solo quando avrai sistemato quel casino emotivo che hai in testa avrai la mia risposta! >>
Ansimava, Nick, affaticato da quel difficile discorso che quella coniglietta emotivamente instabile gli aveva estorto di bocca così alla sprovvista.
<< Sei giovane ed inesperta. Voglio che ci pensi ancora su, e solo allora potrai tornare a dirmi che cosa hai capito. >>
Concluse il tutto con un sorriso, un ghigno rassicurante scoccato nella sua direzione.
Judy sospirò tracciando cerchi immaginari nell'erba folta con la zampina plumbea mentre abbassava lo sguardo mesto.
Poteva esserci un fondo di verità in quello che Nick andava dicendo?
<< Ti darò retta... Però fallo anche tu. >>
Nick inclinò la testa di lato, confuso.
<< Voglio dire... Quando sarà il momento, pensa bene a quello che mi risponderai. >>
Nick sorrise; un'espressione di chi la sa lunga trionfante su quel muso furbo, mentre tornava a guardar le stelle.
<< Oh, carotina, ma io non ho bisogno di pensarci. >>
Hopps gonfiò le guance, offesa; la stava forse prendendo in giro?
Fu il lasso di un istante durato quanto un anno intero; il predatore chinò appena il busto verso di lei con un movimento fluido, retaggio della sua eredità genetica, e Judy si accorse di averlo ad una manciata di millimetri dal viso solo un secondo prima che lui posasse un bacio leggero là dove una buffa smorfia ancora coronava l'irritazione della coniglietta.
Fu delicato, quasi quanto una farfalla che accarezza con l'ala la corolla di un fiore.
Fu un attimo, e poi non fu più.
Quando la consapevolezza di ciò che era appena accaduto la travolse come un fiume in piena, la volpe era già tornata al suo posto, fulminea, come se non si fosse mai mossa, lo sguardo ancora puntato su quel soffitto stellato.
Le orecchie di Judy ebbero un fremito e guizzarono verso l'alto senza chiedere il permesso di nessuno.
Boccheggiò alla ricerca di aria, ma la malcapitata aveva appena dimenticato i procedimenti di un meccanismo naturale quanto la respirazione.
<< Io so già cosa ti risponderei. >> Fece sornione Nick guardandola di sottecchi mentre si divertiva del suo imbarazzo.
La coniglietta afferrò le sue lunghe orecchie e le abbassò all'altezza del viso calandovi sopra un cinereo sipario immaginario; doveva nascondere quell'espressione beata a quella malefica, amatissima volpe: non avrebbe retto un confronto serio sull'accaduto... non in quel momento.
Nick sghignazzò felice come un cucciolo la mattina di Natale.
<< Su, su, carotina. Non ti crucciare. >> La confortò ghermendole la schiena minuta con la zampa artigliata << Resta qui a guardare le stelle con me. Vuoi? >>
Judy scostò appena un orecchio, scoprendo un occhione indaco trasognato mentre assentiva appena col capo.
Il rossore che le imporporava le guance non accennava a diradarsi, ma non le importava più: non se quella poteva essere una scusa per nascondere il viso appena sotto la folta pelliccia del collo di Nick.
Fu lì che nascose il suo imbarazzo, sopra la clavicola del partner, e, questa volta, non sarebbe stata lei a guardare le stelle: lasciò che fossero gli astri, in quel momento, ad essere taciti testimoni di qualcosa di molto più grande.


A voi l'ardua sentenza... Ho come il sentore che scorra troppo in fretta :/ non sono mai soddisfatta al 100%.
Un chiarimento: Jen ed il Mr Hopper nel film non esistono! Mi servivano e li ho inventati XD plasmo e distruggo vite, ohibò!
Comunque vi ringrazio molto per aver di nuovo condiviso il vostro tempo con una mia creatura :) mi ripeto: siete adorabili.
A tutti voi auguro un buon weekend!
Ja ne ;)

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