Missing- Scomparso

di Enigmista12
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Scomparso ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Follia ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Amico Fantasma ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Imitazione ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Promessa ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Trovami ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Un Cuore ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Scomparso ***


Missing - Scomparso

Capitolo 1: Scomparso


Jim Gordon era appena entrato al GCPD, quando Harvey, calcandosi il cappello in testa, lo guidò verso l’uscita.
“Andiamo Jimbo, abbiamo appena ricevuto una chiamata. Stiamo andando a trovare un tuo vecchio amico”.
“Quale vecchio amico?” chiese Jim, anche se l’aveva già intuito, con una strana sensazione alla bocca dello stomaco mentre saliva in macchina.
“Cobblepot. Il suo uomo – come si chiamava? – Gilzean ha telefonato per segnalare che il suo capo è scomparso”.
“Cobblepot è scomparso?”
“Sembrerebbe. La piccola spia deve aver pestato nuovamente i piedi a qualcuno – non c’è da meravigliarsi. Voglio dire, lui ha un esercito di nemici”.
Jim grugnì. Stava seduto in silenzio mentre guidavano al locale di Oswald, dove Butch li aspettava già sulla porta.
“Grazie per essere venuti. Non ho lasciato entrare nessuno – non volevo contaminare la scena”.
Jim e Harvey poterono già vedere i segni non appena sorpassata la porta: la maggior parte delle bottiglie nel bar erano state buttate giù dagli scaffali, i tavoli e le sedie rovesciate, schegge che scricchiolavano sotto le scarpe, mentre i due detective si facevano strada all’interno. Jim si girò verso l’ufficio di Oswald, nello stesso stato del club: giornali dappertutto, cassetti buttati fuori dalla scrivania, il loro contenuto sparpagliato sul pavimento. Era evidente che qualcuno stesse cercando qualcosa. Oswald sarebbe ribollito di rabbia alla vista del suo club, e Jim sentì l’aria diventare pesante, come se il proprietario fosse davvero lì a fissare il disastro.
“Jim, penso di aver trovato qualcosa!” gridò Harvey, e Jim si affrettò a uscire dall’ufficio.
“Da’ un’occhiata” Bullock indicò il pavimento. In un primo momento non capi cosa fosse, ma poi Jim si accovacciò per osservare meglio. Erano schizzi di qualcosa di scuro. Sangue, pensò Gordon e provò, inavvertitamente, un brivido lungo la schiena. Tornò a guardare Harvey con occhi spalancati.
“Ho controllato dove finisce, si ferma improvvisamente fuori, sul marciapiede.”
“Così qualcuno sanguinava, ed è stato portato via in auto, credo.”
“E’ quel che pensavo. Vediamo dove è stato ferito”.
Gli irregolari schizzi di sangue portavano direttamente a una parete sul retro del bar. Jim esaminò con attenzione l’arazzo vellutato.
“Una via di fuga segreta?” chiese Harvey.
“E’ lo stesso che ho pensato io. Se solo sapessimo come aprirla”.
“Bene, vediamo se il tirapiedi di Pinguino sa qualcosa. Gilzean! Vieni qui, renditi utile.”
Butch si fece strada con attenzione tra le macerie.
“Come facciamo ad aprire questa porta segreta?”
“Uhm...non avevo idea che esistesse. Il boss non me ne ha mai parlato”.
Jim tastava l’arazzo nero in cerca di qualche indizio – sospettava che quei pulsanti non fossero solo d’arredamento. Mentre Harvey interrogava Butch, Gordon chiuse gli occhi e cercò di indovinare cos’avrebbe potuto scegliere Oswald come codice. Doveva essere qualcosa di semplice, facile da ricordare nel caso in cui fosse stato in pericolo. I capelli di Jim nella parte posteriore del collo erano ritti, come se fosse stato toccato da qualcosa di freddo. Seguendo l’istinto, premette entrambi i pulsanti all’unisono, e la porta si aprì con uno scatto.
“Che cavolo...”
Jim schiacciò l’interruttore della luce nel passaggio segreto, e il suo stomaco si rivoltò immediatamente vedendo l’interno. Le tracce di sangue aumentavano fino a diventare una preoccupante, grossa pozza essiccata al termine di una rampa di scale.
“Vado a chiamare il medico legale” disse con calma Harvey. Jim raddrizzò la schiena e cercò di stringere il braccio di Butch in modo rilassante. Se tutto quel sangue era di Oswald…Gordon scosse la testa. Quella era una cosa seria. Gotham era una città violenta, ma di cose come quella nella realtà non capitavano a mafiosi così in alto nella scala gerarchica. Certo, Oswald non era ancora un grande boss, non a livello di Falcone o Maroni, ma la sua scomparsa (morte? No, no, non può essere, si rimproverò Jim) era piuttosto cospicua. Dovevano scoprire cos’era successo.
Dopo l’arrivo della squadra scientifica, Jim e Harvey procedettero interrogando i dipendenti di Cobblepot. Nessuno aveva visto o sentito nulla. Nessuno sapeva chi avrebbe potuto fare una cosa simile. Cioè, Cobblepot aveva un sacco di nemici, ma Butch sostenne che nessuno lo avrebbe mai attaccato così apertamente. Proprio quando finirono di interrogare le persone, Ed li chiamò per confermare che il sangue era di Oswald. Naturalmente, lui non si trovava in nessuno ospedale, ma non era stato neppure rinvenuto il suo corpo. Non che i mafiosi non avrebbero potuto farlo sparire…
“C’era quest’altro ragazzone, quello scagnozzo. Come si chiama?” chiese Jim.
“Vuoi dire Gabe? E’ con la signora Kapelput, Oswald ha fatto di lui la sua guardia del corpo un po’ di tempo fa”.
“C’era una ragione? Doveva sentire di essere in pericolo se le ha assegnato Gabe.”
“Si è comportato in modo strano, ultimamente?”
“Lui è sempre strano” Butch guardò Harvey come se avesse fatto una domanda stupida. “Non saprei, forse era più nervoso e irrequieto. Difficile a dirsi. Però c’erano un sacco di ragioni, per questo. E’ un mondo difficile.”
Harvey era già fuori a parlare con alcuni poliziotti. Jim mandò Butch a casa, dicendogli di chiamarli se si fosse ricordato qualsiasi altra cosa o se Oswald lo avesse contattato. C’erano, però, probabilità scarse per quest’ultima ipotesi. Infine Gordon rimase solo nel bar. Era stato su un sacco di scene del crimine nella sua vita, ma qui aveva una sensazione più strana. Qualcosa non andava. Si fermò in mezzo al club, qualcosa gli diceva che doveva restare lì, che se si fosse sforzato avrebbe sentito dei sussurri dalle pareti.
Jim, Jim…
Ma era solo nella sua testa. Rabbrividì e, con un ultimo sguardo alla triste distruzione, Jim salì nell’auto di Harvey.
Erano quasi arrivati. Galleggiavano fra le onde, tra il passato e il loro futuro. I ricordi, la famiglia e tutto ciò che conoscevano stava dietro di loro. Avventura, speranze e la loro nuova vita l’attendevano. Lui la baciò sulla guancia, disse che sarebbe tornato presto, doveva andare in bagno. Lei gli sorrise e lo guardò man mano che diventava sempre più piccolo mentre si allontanava. Erano sole. Guardò la figlia, le cui mani stringevano il parapetto. I suoi occhi chiari scrutavano l’orizzonte, la sua selvaggia chioma di capelli ricci che volava in ogni direzione. La abbracciò, senza notare gli uomini che strisciavano verso di lei. Una mano ruvida la spinse contro il parapetto, mentre veniva voltata verso di loro. Gridavano qualcosa in una lingua che non capiva, e si nascose la figlia dietro la schiena.
Anyu, anyuci” gemette la figlia. Lo disse nella lingua che lei non capiva. Le sue lacrime iniziarono a scorrere, il vento che le congelava sulle guance rosse. Uno degli uomini la schiaffeggiò, e un altro strinse la mano intorno al ciondolo che lei indossava. Lo strappò facilmente, nonostante tentasse di tirargli pugni. Uno degli uomini la colpì in testa e lei cadde, le grida della figlia aumentarono.
Segítség! Tolvajok! Segítség!” Gridò per chiedere aiuto, ma nessuno la sentì.
Anyu” sussurrò la figlia, i singhiozzi che scuotevano il suo piccolo corpo, e lei la abbracciò.
"Shhh, Gertrud. Itt vagyok, édes lelkem. Semmi Baj” sussurrò. “Sono qui, mia dolce anima. Non aver paura”.
La sua famiglia aveva ragione. Quella cosa era maledetta. Avrebbe dovuto lasciarla a casa.
“Sei sicuro che questo è l’indirizzo giusto della signora Kapelput?” Jim guardò la lunga serie di appartamenti. Dubitava che Oswald avrebbe lasciato vivere sua madre in questo posto ora che era così potente.
“Questa è l’ultima informazione che ho potuto trovare su di lei. Non credo che mammina sapesse cosa il suo adorabile figliolo stesse facendo”.
Jim dovette assentire. L’unica volta che aveva incontrato la signora Kapelput, era evidente che idolatrava suo figlio, e che sarebbe dovuto essere qualcosa di estremo a scuoterla dal suo mondo dei sogni. Harvey e Jim salirono al secondo piano, e bussarono alla sua porta. Niente. Provarono nuovamente, Nessun suono.
“Signora Kapelput, apra! GCPD!”
Silenzio.
“O la vecchia gallina non è in casa, o è scomparsa anche lei” concluse Harvey.
“Che ne dici se otteniamo un mandato per perquisire l’appartamento?” suggerì Jim.
“Che ne dici se forziamo la serratura?” ribatté Harvey e spinse via il partner. Gordon scosse la testa, anche se sapeva che sarebbe stato molto più rapido. Pochi secondi dopo la porta si aprì.
“Signora Kapelput, è lì dentro?” chiese di nuovo Jim, ma nessuno rispose. In effetti l’appartamento era vuoto, anche se non c’era alcun segno di effrazione o furto.
“Guarda, Jim” Harvey fece un cenno alla toilette della signora Kapelput e tracciò una linea con l’indice nello strato di polvere.
“Manca a casa da molto” realizzò Jim, spalancando gli occhi.
“Giusto. Ricordi cos’ha detto Gilzean? Cobblepot, probabilmente, l’ha mandata via con Gabe.”
“Sapeva che qualcosa stava arrivando.”
“Esatto.”
“Va bene, ma perché non si è preparato? Se sapeva che delle persone gli stavano col fiato sul collo, perché non ha colpito per primo?” Jim rifletté, guardandosi attorno e cercando di trovare altri indizi.
“Non lo so...pensi che Gilzean abbia mentito? Pensi che sapeva di Gabe e la signora Kapelput?”
“No, non penso sia così...ma è interessante il fatto che Cobblepot abbia tenuto tutto segreto, anche al suo uomo più fidato.”
Si stava facendo tardi, così rimandarono a un altro giorno. Harvey lasciò Jim fuori dal suo appartamento. Con un sospiro rassegnato, Gordon scoprì che aveva solo qualche avanzo cinese in frigo. Lo mandò giù con qualche birra e guardò la TV, ma la sua mente tornava sempre a un solo pensiero: cosa diavolo era successo a Oswald?
Purtroppo, la questione e le preoccupazioni del giorno seguirono Jim anche nel sonno; si svegliò diverse volte durante la notte, e quando riusciva a chiudere gli occhi, era piuttosto agitato e si girava e rigirava. All’alba la sua mente parve stancarsi e, finalmente, si addormentò. Nonostante ciò, tuttavia, poche ore dopo, Jim iniziò a risvegliarsi. Grazie al suo addestramento militare, sentiva che qualcuno lo stava osservando. Aprì gli occhi di scatto, e poteva giurare che Oswald Cobblepot era in piedi accanto al suo letto, osservandolo in silenzio. L’immagine, però, svanì subito in un battito di ciglia. Jim si mise seduto sul letto e strofinò gli occhi stanchi. Doveva aver sognato. Fece del suo meglio per andare al lavoro e non pensarci, ma la sua mente non lo ascoltava. Si era soffermato sul caso con un’intensità tale che era un beneficio per la sua carriera, ma non per il suo benessere mentale. Oswald era scomparso, non poteva essere nel suo appartamento. Jim sospirò, e si preparò a nuova giornata di lavoro.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Follia ***


Capitolo 2: Follia

Mentre Jim viaggiava tra il traffico dell’ora di punta di Gotham, ammise a se stesso che forse bere due tazze di caffè era stata una pessima idea. Non solo bruciavano la lingua, ma poteva sentire il polso battergli all’impazzata, pulsando dolorosamente. Le sue braccia erano coperte di pelle d’oca, e Jim guardò nello specchietto retrovisore. Nel vedere i tristi occhi verdi di Oswald gli venne un colpo che gli fece premere l’acceleratore, facendolo quasi scontrare con l’auto di fronte a lui. La gente imprecava e suonava il clacson, mentre Jim si mise una mano sul cuore. Era troppo vecchio per queste stronzate.
Guardò nuovamente lo specchietto retrovisore, ma, naturalmente, nessuno era seduto sul sedile posteriore. Si voltò per assicurarsene, ma non c’era davvero nessuno. Jim era certo di stare impazzendo e respirò a pieni polmoni, stringendo il volante più del necessario. Guidò al GCPD senza altri incidenti, ma non poté trattenersi dal controllarsi dietro la schiena di tanto in tanto. Harvey era già al lavoro, leggendo alcuni documenti.
“Wow, partner, sembra che abbia visto un fantasma!”
“Cosa?” Jim guardò stupidamente Harvey. “Scusa, ho avuto una schifezza di mattinata”.
“Posso dirlo anch’io. Ho parlato con Gilzean dieci minuti fa, ed era sorpreso che la signora Kapelput se ne sia andata. E’ certo che Oswald l’ha mandata via con Gabe per tenerla al sicuro”.
“Grande. Quindi, nessun altro passo avanti?”
“Tranne che questa montagna di documenti dal club? No, non proprio. Perciò preparati, dovremo leggerli tutti”.
Alcune ore più tardi, Harvey e Jim non avevano ancora trovato indizi. La maggior parte dei giornali era noiosa roba di contabilità, senza dubbio ritoccati qua e là per farli sembrare legali. Harvey propose una pausa pranzo, e Jim lo seguì volentieri per allontanarsi dalla stanza soffocante. La sua testa stava per esplodere. Proprio mentre stavano per tornare alla sede, si avvicinarono due dei loro colleghi, Alvarez e Long. Harvey iniziò a parlare con loro, ma Jim era troppo stanco per socializzare.
“Indaghiamo su una persona scomparsa; una neurologa che lavora presso il General Hospital. Svanita senza lasciare traccia. Semplicemente ieri non è andata al lavoro. Nessuno sa niente.”
Harvey augurò loro buona fortuna, e Jim si appoggiò alla scrivania, scrutando le carte con disgusto. Non era il tipo da sottrarsi ai suoi compiti, ma non sarebbe riuscito a passare il pomeriggio. Sarebbe soffocato.
“Torniamo al club”
“C’è ancora molto lavoro da fare con i documenti. Ma sai una cosa? Vedo che sei fritto, quindi io rimango qui e tu vai pure a fare il tuo lavoro” propose generosamente Harvey.
“Forse troverò qualcosa che ci è sfuggito. Butch ha trovato le chiavi della stanza di Pinguino, di sopra?”
“No. Non saprei, Jim, quel ragazzo ha più segreti di quanto è umanamente possibile. E’ come se fosse fatto di segreti e bugie”.
“Sì. Immagino che non funzioni altrimenti per aspiranti mafiosi.”
Jim tornò al club facendo attenzione, guardando di tanto in tanto lo specchietto retrovisore. Naturalmente non vide gli occhi di Oswald che lo scrutavano. Jim incolpò il caffè troppo forte e la stanchezza per l’incidente del mattino, e si promise di andare a letto presto quella sera. Proprio come il giorno prima, quando entrò nel club di Oswald, Jim ebbe una strana sensazione. Almeno il posto sembrava migliore, ora: la maggior parte del caos era stato ripulito o spazzato via, e l’arredamento sistemato contro il muro. Con passo sicuro, Jim si diresse verso l’ufficio – era piuttosto certo che Oswald tenesse le chiavi di scorta del suo appartamento lì. La polizia aveva cercato di introdursi, ma era impossibile; la porta era di metallo molto spesso e, secondo Nygma, ci si poteva entrare solo con la chiave e una sorta di codice. Probabilmente sarebbe stato più facile entrare alla Banca di Gotham che nelle stanze private di Oswald. L’ufficio sembrava quasi normale – non c’erano frammenti di vetro sparpagliati come nel club, ma il pavimento non era cosparso di giornali come il giorno prima. Quelli erano ormai sulla scrivania sua e di Harvey. Gli schemi di colori erano molto simili a quelli del club – nero, viola e bordeaux, tutto lussuoso e sciccoso. Jim era certo che Oswald affrontava lì i suoi partner in affari, e quindi quello spazio doveva essere impressionante, anche intimidatorio. Gordon fece un giro, cercando di notare qualcosa che potesse essere un indizio. Controllò ogni cassetto, ma tutto quello che trovò fu il senso di colpa per stare frugando tra le cose di Oswald. Sorrise tra se’ e se’ immaginandosi la sua faccia nel vedere qualcuno guardare la sua roba. Dovette ricordare a se stesso che questo era il suo lavoro . Stava cercando indizi su dove si trovasse Oswald, non giocherellando in giro. Niente, però, catturò i suoi occhi. Frustato, Jim si sedette sulla sedia di Oswald. Le sue dita sfiorarono la scrivania di legno, mentre faceva vagare lo sguardo nell’ufficio. Jim provò ogni trucco che gli veniva in mente per aprire un qualche nascondiglio segreto nella massiccia scrivania, ma era come se Oswald avesse predetto che qualcuno avrebbe frugato tra le sue cose. Jim si appoggiò alla poltrona di pelle e si lasciò sfuggire un sospiro. Non era mai stato bravo con il metodo ‘entra nella mente di qualcuno’.
“Dai, Oswald, dove hai nascosto quelle maledette chiavi?”
Inaspettatamente, alla sinistra di Jim, ne uscì un suono. Alzò gli occhi bruscamente, giusto per vedere le varie statue di porcellana kitisch, che prima aveva ignorato, traballare sul ripiano superiore di un mobile. I suoi occhi si spalancarono, e la mano gli scivolò automaticamente sulla pistola. Nessuno stava scuotendo l’armadio, però; solo gli oggetti su quella particolare mensola si erano mossi rumorosamente, come bambini che saltavano d’impazienza, pronti per il loro turno di tuffarsi in piscina. Jim non vide la prima statuetta volare nella sua direzione, ma, per fortuna, gli mancò la testa e si frantumò sul muro dietro di lui. Si buttò, inorridito, sotto la scrivania, mentre le altre volavano via dalla piattaforma, anche se nessuna con la forza della prima. L’ufficio divenne silenzioso, e Jim uscì dal suo nascondiglio, quasi facendosi il segno della croce e imprecando furiosamente. Un secondo più tardi, un’altra statua – di una vecchia, paffuta donna con un cappello rosa e un ombrello blu – si mosse nuovamente, cadendo semplicemente dalla piattaforma, come se qualcuno l’avesse spinta. Il suo atterraggio non produsse, però, il tipico suono di porcellana frantumata. C’era qualcosa di metallico, e quando Jim si avvicinò cautamente, vide una chiave tra i cocci colorati. Il cuore gli batteva all’impazzata mentre si chinava per raccoglierla.
“Che cazzo...” sussurrò, guardandosi freneticamente attorno. Sapeva che tutto questo era veramente accaduto solo per i frammenti di porcellana a terra, prova che non aveva sognato. In meno di un secondo, Jim uscì dall’edificio. Si appoggiò a un muro strofinandosi nervosamente la faccia. Che diavolo sta succedendo? Sto impazzendo? Era il suo unico pensiero. Il telefono cominciò a squillare, e Jim rispose solo perché vide che era Harvey.
“Trovato qualcosa di utile, partner?”
“A dire il vero, sì. Ho le chiavi. Vuoi che ti aspetti, così guardiamo la stanza di Oswald insieme?”
“Ah, quindi adesso è Oswald” sbuffò Harvey. “No, grazie. Guarda nella roba del mostriciattolo da solo e trova qualcos’altro di utile. Oh, e prendimi qualche burritos sulla via del ritorno, eh?”
Dannazione. Com’era imbarazzante. Jim non aveva alcuna voglia di tornare nel club da solo. Non aveva altra scelta, però.
“Grazie, Harv. Molto gentile da parte tua.”
“Quando posso, partner. A dopo.”
Con un sospiro e ripetendosi mentalmente ‘Io non ho paura, c’è una spiegazione perfettamente logica per le cose raccapriccianti che mi accadono intorno – ah-ah, sì, sto impazzendo’ , Jim tornò al club, senza neanche guardare l’ufficio, ma andando dritto verso le scale che portavano all’appartamento privato di Oswald. Come aveva detto Ed, c’era una pesante porta, dotata di una serratura tradizionale e una a tastiera, quest’ultima richiedeva un codice che Jim non aveva. Usò per prima la chiave, e sospirò di sollievo quando sentì il clic. Sperando di essere fortunato, Gordon provò ad aprire la porta, ma, naturalmente, era ancora chiusa. E se avesse cercato di indovinare il codice? Era un detective, avrebbe potuto farcela! Qual era la data di nascita di Oswald? Il 5 novembre? Provò 1105. Niente. Forse 0511. Ancora no. Certo, avrebbe potuto essere il compleanno di sua madre, ma Jim non lo sapeva...ispezionò i pulsanti, e notò che il 2, 5, 6 e 9 sembravano meno lucidi rispetto agli altri, quindi dovevano essere parte del codice. Jim digitò i numeri in modo casuale, ma non funzionò. Finì per dare un pugno al muro, imprecando di buona misura. Era così arrabbiato che non si accorse del calo improvviso della temperatura. Cominciò anche a tirare calci alla porta e pareti.
“Buon Dio, James, non essere un tale barbaro! Cosa diavolo ti ha fatto quella povera porta?!”
Jim si voltò di scatto, spalancando gli occhi quando vide Oswald in piedi a pochi passi da lui. Illeso. Non volle pensare al peso che gli si era appena tolto dal petto. Ma come mai non lo aveva sentito salire le scale?! Passarono pochi istanti di silenzio prima che Jim aprisse la bocca.
“Oswald? Dove sei stato?! Ti stanno cercando tutti”.
“Ah...è un po’ complicato. Andiamo dentro e ti spiego tutto.”
Jim respirò di sollievo, ma, subito dopo, Oswald sparì nel nulla, lasciandolo sbigottito. Riapparve pochi secondi più tardi, nello stesso, punto, ma non c’era alcuna spiegazione logica per questo fenomeno, a meno che Jim non avesse le allucinazioni.
“Cobblepot? Che cazzo?! Cosa sta succedendo?!”
Oswald gli si avvicinò, e Jim poté vedere che sembrava surreale, un po’ incandescente e, in qualche modo, trasparente, come se fosse fatto di luce. Ignorò la sua domanda, e andò alla tastiera della porta. Ma, quando provò a digitare il codice, le sue dita attraversarono il materiale. Jim lo guardò con occhi sbarrati, il suo cervello che cercava di elaborare le strambe immagini.
“Un piccolo aiuto, detective?” sbuffò Oswald. “Temo di non riuscire a farcela.”
Jim scosse la testa incredulo. “Scusa. Qual è il codice?” “26659.” La porta si aprì con uno scatto, e Jim estrasse la pistola, nel caso qualcuno si nascondesse all’interno. Tuttavia l’appartamento era buio e vuoto. Quando accese la luce, però, Oswald divenne appena visibile. Si guardava attorno come se fosse la prima volta che vedeva il suo appartamento. Jim stava ancora cercando di capire quello che era appena successo. Era riuscito a entrare grazie a un Oswald spettrale che gli aveva detto il codice della porta. Questo non era vero. Questo non poteva essere vero.
“Va bene, Cobblepot, basta giocare. Che succede?”
“Se solo sapessi, Jim. La spiegazione migliore è che sono diventato una sorta di spettro.”
“Vuoi dire un fantasma?” chiese bruscamente Jim, e alzò gli occhi quando Oswald si strinse nelle spalle. “Sto avendo veramente questa conversazione, o è solo nella mia testa?”
“Ti assicuro, è molto reale. Sono altrettanto confuso”.
“Cosa ti è successo? Abbiamo trovato un sacco di sangue nel passaggio segreto.”
“Non riesco a ricordare nulla”.
“Chi avrebbe potuto e voluto farti del male? Falcone? Maroni? Fish? O hai fatto incazzare qualcun altro, nel frattempo?” Jim, pensandoci, fece un passo, avvicinandosi a Oswald, come se potesse avere migliori possibilità di tirargli fuori una risposta.
“Non lo so, detective, e non apprezzo il tuo tono” rispose Oswald freddamente, senza indietreggiare. “Supponevo tu potessi aiutarmi, ma, come ho visto, finora è stato il contrario”.
Si fissarono l’un l’altro, e Jim trovò lo sguardo fantasma di Oswald altrettanto intenso e travolgente della sua controparte umana. Sarebbero rimasti in tale posizione per lungo tempo, nessuno dei due con l’intenzione di cedere per primo, se non fosse stato per un forte rumore proveniente dal piano di sotto.
“Sei di sopra, partner?” risuonò la voce di Harvey.
“Sì”. Oswald guardò a sinistra, visibilmente scosso.
“Mi dispiace, Jim” riuscì a sussurrare prima di svanire nel nulla. Jim rimase nella stanza, fissando il posto dove Oswald era sparito, quando Harvey entrò.
“Sono impressionato” ammise Bullock, togliendosi il cappello. “Nemmeno Nygma avrebbe potuto indovinare il codice. Chiamerò il team per venire a raccogliere le prove”.
Jim riusciva a malapena a staccare lo sguardo da dove aveva visto Oswald per l’ultima volta.
“Sì, fallo. Forse troveranno nuovi indizi”. Sorpassò Harvey e uscì dal club, respirando l’aria fredda di Gotham. Se Harvey non fosse entrato...forse avrebbe potuto scoprire di più. Si chiese se Oswald sarebbe tornato, o se si era trattato di uno di quei curiosi casi in cui l’anima era venuta a dire addio, prima di passare dall’altra parte. Qualcosa dentro il suo petto si strinse più dolorosamente di quanto pensasse fosse fisicamente possibile. Spinse la sensazione da parte, e rientrò per aiutare Harvey.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: Amico Fantasma ***


Capitolo 3: Amico Fantasma

Solo più tardi, quando la squadra finì di esaminare l’appartamento di Oswald, che Jim si rese conto di quanto sorprendentemente era diverso dal club e l’ufficio. Si poteva ancora distinguere il gusto per il lusso, ma il mobilio era semplice ed elegante, quasi minimalista. Qui Oswald non doveva mostrare la sua ricchezza e potere, dal momento che nessuno dei suoi partner d’affari erano autorizzati a entrare. I ragazzi della scientifica avevano concluso che nessuno aveva fatto irruzione nell’appartamento –poterono trovare solo una serie di impronte digitali che, ovviamente, appartenevano a Oswald. Niente di notevole: l’appartamento era, naturalmente, utilizzato, ma ordinato e piacevole, a differenza di dove viveva Jim – ogni sera doveva farsi largo per arrivare al proprio letto. Tuttavia, Harvey non sembrava credere alla bellezza del posto; infilò il naso qua e là, aprendo cassetti a caso.
“Guarda qua, Jim. Pinguino ha un intero cassetto per le cravatte” tirò fuori una bella cravatta di seta viola e se la mise davanti al collo. “Come sto?”
Jim scosse stancamente la testa.
“Sì, hai ragione, il colore non mi si adatta. Ma è dannatamente bella, scommetto che questa cosa da sola costa più di tutti i miei vestiti” Harvey sospirò, e rimise il vestiario a posto. Però, proprio mentre stava per chiudere il cassetto, questo, come spinto da qualcuno, sbatté, intrappolando il suo indice.
“AHIA! Che diavolo?!” esclamò Harvey, scuotendo il dito e poi succhiandoselo per alleviare il dolore. Jim si mise a ridere, la sensazione di freddo alla nuca fu una spiegazione sufficiente sul colpevole. “Vedi, ecco che succede a chi fruga fra la roba degli altri”.
“Non stavo frugando, stavo indagando”. Anche se il tocco freddo fece venire a Jim la pelle d’oca, fu sollevato dal fatto che Oswald era ancora nei paraggi, se pur invisibile. Probabilmente non voleva comparire davanti ad Harvey e agli altri poliziotti, e Jim riusciva a capirlo. Eppure era ancora perplesso sul perché Oswald aveva scelto di apparire a lui. Doveva essere il senso distorto sul rapporto che avevano, anche se Jim non sapeva come definirlo. Nella migliore delle ipotesi avrebbe chiamato Oswald suo informatore, ma sicuramente non suo amico come il mafioso, probabilmente, sperava.
“Così siamo entrati nell’appartamento ma non ci ha davvero aiutato. E il mio dito è distrutto, dovrò metterci su del ghiaccio” disse Harvey con una smorfia.
“Vuoi che guidi al pronto soccorso?” chiese Jim beffardamente.
“Molto divertente”
“Il tuo dolore non è stato vano, però. Ricordi com’era il club ieri? Chiunque sia venuto ha cercato solo nel club. Sapeva che la cosa che stavano cercando era lì” rifletté Jim. “Altrimenti sarebbero irrotti anche nel suo appartamento”.
“Non credo sarebbero potuti entrare, però. Non da quella porta”.
“Forse no, ma ci avrebbero provato, almeno.”
“E’ vero. La questione è se sono riusciti a mettere le loro sporche mani su quello che stavano cercando” osservò Harvey. Con un sospiro, Jim seguì il suo partner fuori. Era certo che c’erano altri indizi nascosti nell’appartamento, ma poteva scoprirli solo con un po’ d’aiuto. Sapeva che sarebbe dovuto tornare solo se voleva l’aiuto di Oswald.
Jim non voleva ammettere a se stesso che si sentì deluso quando Oswald non comparì più tardi, quel giorno, quando era solo. In primo luogo pensò che forse Cobblepot fosse legato al suo club, ma poi si ricordò degli strani avvenimenti nella sua macchina e appartamento, mostrando che poteva apparire anche in altre varie località. Jim non ne sapeva molto di fantasmi, e sospettava che non ci credesse nessuna persona sana di mente. Tuttavia, l’assenza prolungata lo innervosiva, e lo portò a credere di aver sognato tutto. Dovette aspettare due giorni interi – durante i quali lui e Harvey non fecero molti progressi con il caso – prima di risentire il freddo sulla nuca. Jim stava lavando dei piatti, quando raddrizzò la schiena.
“Oswald.”
“Ciao, Jim.”
Oswald era seduto al tavolo della cucina di Gordon, apparendo piuttosto solido nella luce serale.
“Ho pensato che saresti tornato a perseguitarmi” aggiunse Jim, cercando di essere indifferente ma uscendone con tono petulante.
“Ti assicuro che non ho alcuna intenzione di perseguitarti, ho di meglio da fare” disse Oswald con un sorrisetto. “Ma, purtroppo, tu sei l’unico che può vedermi. Inoltre ho provato a contattarti prima che potevo, ma penso di essermi esaurito l’ultima volta.”
Jim annuì, e si sedette di fronte al suo pallido visitatore.
“Allora, cosa succede quando scompari?”
“Niente. Almeno, io non sento nulla. Quando torno in me, mi ritrovo improvvisamente nelle tue vicinanze.”
“Questo è pazzesco.”
“E’ così” disse con calma Oswald, e sembrava così triste che Jim dovette distogliere lo sguardo. C’era una domanda che stava rodendo Gordon da quando si era reso conto che Cobblepot era un fantasma. Si leccò nervosamente le labbra.
“Tu...tu non pensi di essere, ehm, morto, vero?”
Dio, questa era una delle cose più brutte che Jim avesse mai detto.
“Non lo so. Se è così, quindi non deve essermi piaciuto l’Aldilà. Non ci sono risposte a tutto, nessun desiderio esaudito, e niente ha senso.”
“Allora forse non sei morto”.
“Beh, in ogni caso, non deve essere niente di buono, sperando che sia qualcosa meno definito della morte.”
“Hai idea di dove puoi trovarti fisicamente?” chiese Jim, cercando di portare la conversazione a un argomento meno deprimente.
“Per niente. So di non esserti di grande aiuto” aggiunse in fretta quando vide lo sguardo sconsolato di Jim.
“Non è colpa tua. Come va, ehm, questa forma? Riesci a sentire le cose allo stesso modo?”
Oswald strinse le labbra. “Beh...la funzione tattile è difettosa, come hai già visto per il fiasco alla tastiera. Attraverso i materiali solidi senza sentire nulla.”
Come dimostrazione, Oswald agitò la mano avanti e indietro attraverso il tavolo di legno, facendo allargare gli occhi di Jim dallo stupore. Con grande sorpresa di Pinguino, Gordon gli porse la mano.
“Prova su di me. Mi chiedo se posso sentire qualcosa.”
Oswald assecondò Jim, inizialmente cercando solo di tracciare una linea dal polso di Gordon al palmo della mano con il dito indice. Jim sussultò , e guardò la faccia sorpresa di Cobblepot.
“Ho sentito qualcosa. Debole. Come un formicolio. Dai, prova con tutta la mano.” lo esortò.
Esitando, Oswald allungò e mise il palmo della mano su quella di Jim.
“Interessante. Sento freddo, come se immergessi la mia mano nell’acqua ghiacciata, ma c’è anche il calore di un formicolio”.
“Curiosamente, anche io riesco a sentirti. Ma non è come per un normale essere umano, voglio dire. Non c’è nulla, neanche calore. E’ difficile da spiegare; sembra una vibrazione”.
Rimasero così, finché Jim cercò di stringere la mano di Oswald, ma le sue dita lo attraversarono, rompendo la magia. Gordon sentiva ancora il formicolio, che viaggiò attraverso il suo corpo, in ogni nervo, fino a riunirsi sul fondo della schiena, come se qualcuno gli stesse accarezzando la pelle nuda. Questo era troppo per la sua mente stanca e confusa.
“Non puoi essere morto.” ringhiò, prima di alzarsi e tornare a lavare i pitti. Anche di spalle, poteva sentire lo sguardo ardente del mafioso su di lui.
Jim tornò al GCPD la mattina seguente, incontrandosi con Harvey e il Capitano per sapere se ci fossero stati sviluppi nel caso, prima di tornare a casa di Oswald per cercare nuovi indizi.
“Per quanto ne so, nada” disse Harvey colpendo la vecchia macchina per il caffè che si rifiutava di fare il suo lavoro.
“Va bene, poi andrò dal Capitano per vedere se ha qualche notizia.”
“Con quello dovrai aspettare, Alvarez e Long sono nel suo ufficio. Da quello che ho sentito, il loro caso coinvolge anche furto di apparecchiature mediche, e non solo sequestro di persona.” Jim fece una smorfia. Non molto tempo dopo, il capitano invitò lui e Harvey nell’ufficio, ma voleva solo sentire i loro progressi: non poteva fornire alcuna informazione. Quando ebbero finito, Jim si rivolse a Harvey per fargli sapere che sarebbero tornati a caccia di altri indizi.
“Vengo anch’io.”
“Oh, non è necessario, Harvey” Jim iniziò a preoccuparsi, perché non pensava che Oswald sarebbe apparso con Bullock attorno.
“Per favore, non voglio marcire in stazione. Andiamo ragazzo, quattro occhi sono meglio di due.”
Jim sbuffò, e sperò che la cosa non sarebbe finita in un disastro, ma iniziò a sudare quando notò che Oswald era già lì sul sedile posteriore della vettura. Gordon guardò nello specchietto retrovisore e si allacciò la cintura di sicurezza, sperando che Cobblepot non facesse niente di stupido.
“Suppongo che il buon detective Bullock ha voluto aggregarsi, perché non riesco a immaginarmi che lo abbia voluto tu” commentò Oswald serenamente. Jim non disse nulla. Avrebbe dovuto saperlo che Pinguino avrebbe fatto commenti, tanto più che Harvey non poteva sentirlo.
“Allora, pensi davvero che troveremo qualcosa a casa del mostriciattolo o volevi semplicemente mollare il lavoro? Ho capito tutto, partner. Lo sai che ci sono sempre.”
Mostriciattolo?” sibilò Oswald.
“Deve esserci qualcosa” disse Jim, e alzò allarmato lo sguardo, ma poi sentì freddo intorno alla spalla destra. Jim guardò a sinistra e vide che Oswald stava passando il dito indice contro il naso di Harvey. Si voltò a guardare la strada, cercando di non ridere. Bullock sembrava già sul punto di starnutire,e Jim cercò di prepararsi, perché gli starnuti del suo partner, di solito, scuotevano la terra. “AA-AACHUUUUU!”
Oswald stava ridendo come un pazzo.
“Accidenti, spero non mi stai venendo qualcosa. Ieri mi sono addormentato per un’ora sul balcone.”
“Sono sicuro che andrà tutto bene, Harvey” disse Jim, scuotendo la testa all’ilarità di Oswald. “Bevi tè caldo con rum e andrà tutto bene.”
“Sì, penso che lascerò il tè per mia nonna, ma mi piace l’idea del rum.”
Tipico di Harvey. Non che in realtà fosse minacciato da un raffreddore. I tre salirono le scale per l’appartamento, e aprì la porta con il codice e le chiavi.
“Non mi hai mai detto come hai scoperto il codice” commentò Harvey, mentre entravano nell’appartamento.
“Oh, ehm, è stata fortuna. Pura fortuna.” Jim fissò un Oswald sogghignante.
“Perché non dici al detective Bullock del tuo amico fantasma, Jim? Sono sicuro che adorerebbe questa storia”.
“Zitto” sillabò Jim, più silenziosamente possibile.
“Cosa hai detto, Jim?” chiese Harvey.
“Dovremmo, ehm, andare in camera da letto? Pensi che sia dove Pinguino” e qui Jim guardò Oswald in modo tagliente. “tiene le sue cose top secret?”
“Sì, andiamo a controllare. Che cazzo!” esclamò Bullock mentre entrava nella stanza. “Hai visto?”
“Cosa?”
“Le tende, sono sventolate quando siamo entrati.”
“Deve essere il vento, Harv, non preoccuparti” disse Jim proprio mentre guardava Oswald scuotere il tendaggio.
“Giusto...forza, controllerò questo armadio e i comodini.”
“Non mi piace molto che frughiate tra le mie cose” si lamentò Oswald, appollaiato sul letto. Jim, come risposta, sospirò, controllando i cassetti in cerca di scomparti segreti.
“Aiutaci allora” mimò in silenzio con le labbra, sperando che Harvey fosse troppo occupato a frugare tra le calze di Oswald per sentirlo.
“Vorrei sapere come. Ma sembra il me fantasma non conosca ogni segreto del me reale”.
“Santo cielo, Cobblepot ha un centinaio paio di calzini. Tutti neri” mormorò Harvey dal lato opposto della stanza, come se fosse la cosa più strana che avesse mai visto.
“Pensi davvero che nascondesse qualcosa tra i suoi calzini?”
“Non si sa mai con persone come lui. Ma non penso. Ehy, dove porterà quella porta?”
Jim guardò nella direzione indicata da Harvey. “Non so...in bagno?”
I cardini della porta iniziarono a sferragliare mentre Bullock si avvicinava.
“Non...non mi dirai che anche questo è a causa del vento?!” esclamò Harvey. “Dio, questo posto è da brividi.”
“Jim, penso che quella camera possa nascondere qualcosa. Ho questa sensazione...” disse Oswald, prima di attraversare la parete. Esitando, Harvey aprì la porta, solo per scoprire che si trattava di uno sgabuzzino. Jim lo seguì, e guardò la collezione di abiti impeccabili e costosi e scarpe di cuoio italiane.
“Dannazione, questi devono essere costati una fortuna” Harvey si guardò intorno con soggezione. Jim annuì, ignorando il fresco profumo agrumato che aleggiava per la stanza, che riconobbe come l’odore firma di Oswald.
“Jim, controlla quell’angolo” sottolineò Oswald, la sua forma appena visibile alla luce cruda della stanza. Il detective si chinò mentre Harvey stava ancora osservando un vestito. Jim esaminò scatola di scarpe per scatola di scarpe, finché le sue dita urtarono legno. Estrasse qualcosa e lo mostrò ad Harvey. “Questo non sembra che dovrebbe essere qui, vero?”
“Te l’avevo detto che stava nascondendo qualcosa. Scommetto che è droga”.
“Questo è lo scrigno di mia madre” disse Oswald accigliandosi.
Jim si alzò ed esaminò la scatola di legno da vicino. Era vecchia, con incisioni floreali intricate sulla parte superiore. Quando la aprì, vide all’interno diversi cristalli viola all’interno, alcuni scuri altri con colori più delicati. Tutti erano, però, della stessa dimensione e a forma di lacrima.
“Santo cielo. Pensi che siano veri? Qualcosa di prezioso?”
Jim ne prese uno e lo esaminò attentamente. “Difficile a dirsi. Sembra abbastanza vero, ma dovremo farli controllare.”
Harvey annuì serio. “Buona idea Jimbo. Questo ci aiuterà molto con quello che cerchiamo”.
Come ultimo scherzo a Bullock, Oswald sbatté la porta del guardaroba dietro di lui, facendo venire un colpo al povero detective che scappò fuori dall’appartamento. Jim osservò Oswald ridere con un sorriso sbilenco, poi annuì come ringraziamento e saluto. C’era un sacco di lavoro che lo aspettava, che, per fortuna, non comportava necessariamente l’aiuto del suo amico fantasma.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: Imitazione ***


Capitolo 4: Imitazione

Harvey e Jim portarono la scatola dei gioielli direttamente al laboratorio di Ed, sperando che potesse salvarli da un viaggio in più. Nygma tirò fuori le sette pietre preziose e le esaminò con attenzione. Infine, dopo qualche riflessione, ne mise due da parte.
“Questi due sono sicuramente falsi, sono fatti con qualche tipo di vetro colorato. Gli altri penso che siano veri, ma non si può esserne certi. Non sono un esperto. Ma state cercando di capire qualcosa in particolare? Tipo se si trattino di topazi o spinelli?”
Jim sospirò. “Non ne ho idea, ma il fatto che ce ne siano diversi pezzi quasi identici è molto sospetto.”
“Infatti. Dovresti chiedere ai gioiellieri in città, forse qualcuno di loro li riconoscerà.”
Jim tornò da Harvey con la scatola e la buona notizia; il partner era seduto alla sua scrivania fingendo di lavorare, ma Gordon sapeva che era solo un tentativo per non vedere Ed.
“Vieni, abbiamo del lavoro da fare.”
“Quel genio non poteva risolverlo?”
“Non è un esperto di gemme, Harvey. Non so neppure perché non siamo andati da un gioielliere direttamente.”
“Perché ce ne sono troppi? Da dove dovremmo solo iniziare?”
“Immagino da quelli più costosi. Almeno, penso sia dove potrebbe essere andato Cobblepot.”
“Va bene, proviamo prima da Tiffany.
I due detective, però, non furono fortunati. Avevano già controllato i primi cinque negozi di gioielleria di Gotham, e nessuno aveva riconosciuto le pietre preziose. Almeno avevano scoperto che i primi cinque cristalli, come detto da Ed, erano proprio vere, estratte da pietre di tipo duro: ametista, spinello, topazio, zaffiro e tanzanite. Non erano del tutto sicuri di cosa farne con quella nuova informazione, ma Jim la conservò, nel caso ne avessero avuto bisogno.
“Siete stati da Cerny? Là non fanno solo gioielli, ma lucidano anche pietre preziose” suggerì il proprietario dell’ultimo negozio che visitarono. Harvey ne aveva sentito parlare, così guidarono lì. Il signor Cerny era un uomo di mezza età, con occhiali cerchiati d’oro e lunghi capelli color argento che teneva in una coda di cavallo. Era emigrato in America trent’anni prima e aveva una fiorente attività.
“Queste sono molto ben tagliate, soprattutto lo zaffiro. Si chiama ‘taglio a pera’”.
“Sono stati fatti in uno di questi laboratori?” chiese Harvey.
“No, purtroppo no.” In quella la porta si aprì ed entrò un biondo, giovane uomo che portava un vassoio di pietre preziose da ispezionare per il suo capo. I suoi occhi si spalancarono quando notò Jim e Harvey.
“Detective, questo è Petr, mio nipote. Viene da Kutna Hora, Boemia, per perfezionare la sua conoscenza. Ha molto talento.”
Petr strinse goffamente loro le mani, evitando lo sguardo.
“Guarda queste belle pietre, Petr. Vedi come sono ben tagliate? Se non fossi un esperto, avrei detto che fossero diamanti.” dichiarò Cerny, consegnando la scatola con le pietre preziose a suo nipote. Diamanti. Jim sentì la parola ripetersi nella sua testa, varie teorie gli rimbalzarono in mente.
“M-molto belle, davvero” balbettò Petr, arrossendo. Jim e Harvey si scambiarono un’occhiata mentre guardavano il giovane uomo uscire. Salutarono il signor Cenry e si introdussero furtivamente nel retro dell’edificio, dove trovarono Petr camminare su e giù, fumando. Quando vide i detective maledisse in ceco e guardò il cielo come per chiedere l’aiuto divino.
“Va bene ragazzo, vuota il sacco. Che cos’hai con quelle pietre?” chiese Harvey senza mezzi termini.
“Non posso, non posso parlare, lui mi ucciderà, ha detto così” sussurrò Petr, strofinandosi il volto.
“Chi lo farà?”
“No, no...”
“Fammi indovinare, Pinguino. Piccolo, capelli neri, zoppica e sembra un uccello”.
Petr piagnucolò.
“Non devi preoccuparti, Petr. Cobblepot è scomparso, stiamo indagando. Devi dirci tutto quello che sai su queste pietre.” aggiunse Jim, cercando di convincere il ragazzo a parlare. Il ragazzo sussurrò qualcosa di incomprensibile.
“Che hai detto?”
“Le ho fatte io. Ho fatto io quelle pietre” ammise Petr, appoggiandosi al muro di mattoni.
“Perché tuo zio non lo sa?”
“E’ un po’ rimbambito. Su tutto. In realtà non mi permette di lavorare con le gemme, ma mi sta bene. Molto bene. Ho fatto un sacco di soldi a casa. Quell’uomo un giorno mi ha trovato e mi ha fatto promettere di mantenere il segreto o mi avrebbe ucciso. Mi ha mostrato questo ciondolo e ho dovuto copiarlo. Ho provato con il vetro, poi con diverse pietre preziose, così da poter scegliere il migliore.”
“Così il prodotto finale non è qui?” chiese Harvey.
“No, queste sono le prove. Per la collana ho finito per usare uno zaffiro, perché è il materiale più duro. Non sembrava troppo diverso dall’originale, anche per il colore abbinato.” ammise Petr con un po’ d’orgoglio.
“L’originale era un diamante, suppongo.”
“Non ho mai osato chiedere, ma ne sono abbastanza certo.”
“Hai idea di cosa voleva farne Cobblepot?” chiese Jim, anche se sapeva già la risposta.
“No. Quando hai una pistola puntata alla testa non fai domande.”
“Giusto. Grazie per il tuo aiuto, Petr. Stai attento.”
Harvey e Jim salirono in macchina e tornarono al GCPD.
“Così Cobblepot ha copiato un diamante? Ma la pietra era sua?” rifletté Harvey.
“Non lo so, ma credo che chi abbia fatto irruzione nel suo club lo stava cercando. Quello che non capisco è per cui sia stato anche rapito”.
“Pensi che sia stato anche rapito?” chiese Harvey, ovviamente sorpreso. “Manca da un paio di giorni, direi che ormai è cibo per pesci.”
Jim non sapeva perché, ma le parole del suo partner lo mettevano a disagio.
“Non penso sia morto. Salta sempre fuori, in qualche modo”.
“Solo perché non potevi ucciderlo, non vuol dire che non possano gli altri. Ma va bene, partiamo col presupposto che è vivo. Se i ladri hanno preso il diamante, cosa che penso abbiano fatto dal momento che non lo abbiamo ancora trovato, cosa se ne fanno di Pinguino? Gli fissano la sua brutta faccia?”
“Non lo so” disse Jim seppellendosi il viso tra le mani. Non aveva senso, ma quando il fantasma di Oswald era con lui, Jim si convinceva che il piccolo criminale era ancora vivo. Tuttavia, quando Harvey metteva le cose in quel modo, il destino di Oswlad sembrava piuttosto incerto. Ore più tardi, quando Harvey ebbe pietà di Jim e gli offrì un passaggio a casa, Gordon pensò di provare a saperne di più sul parere del suo partner in materia sovrannaturale.
“Ehy Harvey, credi nei fantasmi?”
“E questa domanda da dove salta fuori?”
“Non so, mi sono solo ricordato che Barbara mi ha raccontato che i suoi genitori ospitavano sessioni spiritiche” mentì Jim.
“Eh, i ricchi e i loro hobby. Mi nonna mi ha detto che il fantasma del suo avo gli apparve per dire addio prima di morire, ma la vecchia era piuttosto senile e amava lo sherry, quindi non so se era vero. Guarda, ci sono cose strane che accadono e non potrebbero non avere una spiegazione logica. Se ci sono luci che lampeggiano basta chiamare un elettricista.”
Jim sorrise; avrebbe dovuto sapere che Harvey avrebbe trasformato il dialogo in una battuta.
Oswald guardò con disgusto Jim che metteva la sua cena nel microonde.
“Quello non è esattamente cibo, Jim.”
“Qualunque cosa sia. Basta che tu sia contento di non aver bisogno di mangiarlo.”
“Sì, un’altra gioia per me. Allora, cos’hai scoperto?”
Jim raccontò a Oswald le sue avventure pomeridiane con Harvey nello strano e affascinante mondo delle pietre preziose e diamanti contraffatti, spalandosi lasagne mediocri in bocca.
“Hai idee sul motivo per cui ti sei fatto fare quelle gemme?”
“No.”
“Abbiamo il sospetto che potevi essere stato in possesso di un diamante...”
Ma Jim fu interrotto dall’esporre la sua teoria da un Oswald fumante.
“Odio tutto questo! Che tipo di povera ed economica imitazione di un fantasma sono io?! Non so niente! Non riesco a ricordarmi nulla! Sono inutile! Sono così stufo e...”
Senza neanche finire la frase, Oswald sparì, proprio come la prima volta che Jim lo aveva incontrato. Tuttavia, non riapparve subito dopo.
“Oswald?” chiese Jim, confuso. “Sei qui?”
Una sensazione inquietante si abbatté su Jim che dovette costringersi che Oswald stava bene e che sarebbe tornato. La sua rabbia aveva probabilmente prosciugato il suo potere, e la sua proiezione fantasma non era riuscita a sostenersi. La sua ansia non lo aveva di certo aiutato, e Jim iniziò a diventare paranoico, sobbalzando a ogni rumore. Infine andò a letto, ma rimase sveglio per un paio d’ore.
“Jim! Mi spiace, so che è il cuore della notte, ma...”
Il fantasma Oswald si trovò a fissare la canna di una pistola.
“Ehm, Jim, davvero non credo che funzionerebbe su di me.”
“Oswald” disse Jim con voce stridula, la testa ancora intontita dal sonno.“Sei tornato. E’ stato un altro black-out? Hai usato i tuoi poteri?”
“No, non proprio. Finalmente ho delle informazioni che potrebbero aiutarti. Almeno lo spero.”
Jim si rianimò e si mise a sedere sul letto. Il suo primo istinto fu quello di accendere la lampada sul comodino, ma decise di non farlo – Oswald era etereo alla debole luce della città che filtrava attraverso le tende, come se fosse fatto di luce argentata di stelle, emanando una luce soffusa. Era bello, e questo pensiero portò con se’ uno strano groppo in gola a Jim.
“Quando sono scomparso dal tuo appartamento mi sono trovato disteso su qualcosa. Potevo muovere solo il dito indice, poi, dopo un po’ e con un sacco di fatica, sono riuscito ad aprire gli occhi per un istante”.
“L’hai fatto...sei tornato al tuo corpo? Tu non sei morto, allora!”
“Lo spero.”
“Eventuali indizi su quel posto? Cos’hai visto? Non c’era in giro nessuno?”
“Solo una camera normale, con pareti bianche. La cosa insolita, però, era questo odore dolce che dopo un po’ è diventato stucchevole.”
“Un odore dolce...” disse Jim aggrottando le sopracciglia.
“Ma in ogni caso, quello che volevo dire per cui sono tornato indietro così in fretta… quando ero sdraiato lì, era come stare nel corpo di uno sconosciuto. Non so bene come spiegarlo, ma per un attimo sono riuscito a connettermi con questo altro me. Continuava a ripetere ‘al sicuro nel letto’”
“Al sicuro nel letto?”
“Sì. Anch’io l’ho trovato confuso in un primo momento, ma poi ho capito che lui, be’, che io, intendevo al sicuro come nel posto dove tengo gli oggetti di valore”.
“Oh. Va bene, è davvero tardi, quindi non possiamo andare a indagare, ma vediamoci lì domani mattina” disse Jim. “Cercheremo questo posto sicuro insieme”.
“Grazie James. Buona notte, e mi spiace averti svegliato.”
“Oh, non preoccuparti.”
Jim si girò e cercò di trovare una buona posizione per dormire. Era sollevato dal fatto che Oswald fosse tornato, e chiuse gli occhi con un sospiro. Prima di scivolare nel mondo dei sogni, giurò di sentire le dita fresche di qualcuno carezzargli la fronte e i capelli, ma era così rilassante che dimenticò presto ogni sua preoccupazione.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: Promessa ***


Capitolo 5: Promessa

“Buongiorno James!”
“Cristo!” esclamò Jim all’inaspettata comparsa di Oswald sul sedile posteriore, cercando di non far schiantare la macchina. “Non puoi semplicemente apparire dal nulla! Pensavo che avessimo deciso di incontrarci al tuo club”.
“Non posso semplicemente trascorrere del tempo con il mio amico?”
“Non siamo amici, Cobblepot” brontolò Jim, facendo una brusca virata.
“Sei così scortese detective. Negare la volontà di uomo morente”.
“Non stai morendo! E smettila di cercare di manipolarmi! Vedi, questo è uno dei motivi per cui non possiamo essere amici. Cazzo, non puoi semplicemente comprare o forzare i miei sentimenti.”
“Non sto cercando di comprare o forzare la tua amicizia, Jim. Ho solo pensato che avessimo una connessione”.
“Sì, come no.”
“Come spieghi, allora, che sono comparso a te? Che sei l’unico che puoi vedermi?”
La mascella di Jim si serrò. “Perché sono un poliziotto, e quello più in grado di scoprire tutto questo pasticcio?”
“Sono sicuro che il GCPD ha altri poliziotti e alcuni di loro meno testardi di te” ribatté Oswald, tirando su col naso.
Jim continuò a guardare Oswald di tanto in tanto, ma, per il resto del viaggio, il fantasma rifiutò di ricambiare lo sguardo, tenendolo fisso fuori dal finestrino. Dopo alcuni tentativi di catturare la sua attenzione, Jim ci rinunciò. Pensava che Oswald sapesse che la loro relazione non poteva evolversi ulteriormente: erano troppo diversi, nelle parti più fondamentali. Jim aveva una strana sensazione allo stomaco, come se avesse inghiottito una pietra. Anche se sapeva perché si sentiva in quel modo, non poteva affrontarla, non in quel momento. Quando Jim scese dalla macchina, Oswald scomparve. Gordon osservò tristemente le foglie gialle e color ruggine di fronte al club dall’aspetto abbandonato. S incontrarono nuovamente nell’appartamento di Cobblepot, ma c’era una tensione e un senso di distanza nell’aria che Jim non sopportava. Si passò nervosamente le mani tra i capelli, cercando le parole.
“Oswald, ascolta...”
“No, per una volta ascoltami tu detective. Sono stanco di essere allontanato quando divento scomodo per te, nella mia versione reale o questa forma fantasma. Fin da quando ci siamo incontrati non ho fatto altro che aiutarti. Favori che non hai dovuto ricambiare. E ora questo caso...hai la minima idea di come mi sono sentito prima che riuscissi a vedermi? Di come ho guardato le indagini nel mio club e ho urlato, ma non mi sentivi? Di com’ero solo? Di come ho pensato che fossi morto senza dire addio a mia madre?”
Jim fissò Oswald, quello che voleva dire dimenticato da tempo, la voce tremante di Oswald gli aveva riempito la testa. Sentiva il petto così ristretto che nessun suono, comunque, poteva sfuggirgli. Infine, Oswald sospirò e galleggiò verso il letto.
“Dovresti provare lì.”
Con cautela, Gordon si inginocchiò e ispezionò il pesante mobile di legno, fino a quando le unghie non catturarono una rialzatura. Una piccola botola rivelò una cassetta non molto più grande di un mattone. Jim sospettava che servisse per nascondere del denaro, ma non era abbastanza grande per contenere le ricchezze di Oswald. Forse il diamante era lì? La curiosità di Gordon cresceva di secondo in secondo, ma realizzò che avrebbe dovuto inserire un altro codice.
“Ehm...conosci il codice?” chiese Jim, con l’imbarazzo che gli colorava le guance. Oswald stava guardando fuori dalla finestra, apparentemente interessato dal trambusto del traffico della sua amata città. “Un buon amico è una connessione alla vita – un legame con il passato, una strada per il futuro, la chiave per la sanità mentale in un mondo completamente folle.”
Jim aggrottò la fronte .“Va bene e questo dovrebbe aiutarmi?”
Oswald canticchiava “Naturalmente non spreco fiato per citazioni senza senso. Però non aspettarti che te lo spieghi. Dopotutto, sei tu il detective, James”.
“Ah, sì? Pensavo non ti ricordassi queste cose” sbottò Jim, infastidito dal tono di Oswald e sentendosi ribollire il sangue.
“Hai ragione, non me le ricordo. Ma ho indovinato. Dal momento che l’altro me voleva proteggere qualcosa di prezioso, sono certo che il codice rappresenta qualcosa che trovo molto prezioso”.
La spiegazione confuse ulteriormente Jim. Non era sicuro di quello che intendeva Oswald con tutte quelle sciocchezze di amicizia e cose preziose. Quando Oswald si voltò, ridacchiò all’espressione di Jim. Il detective abbassò lo sguardo, forse perché si sentiva imbarazzato nell’aver deluso un essere soprannaturale.
“E’ legato a te, Jim” si rassegnò Oswald, la sua rabbia ormai completamente sgonfiata. “I numeri.”
Cobblepot girò la testa dall’altra parte e sparì. Jim batté un paio di volte le palpebre. Grande, era nuovamente riuscito a irritare e scacciato il suo unico aiuto. Cosa intendeva dire Oswald con ‘I numeri?’. Jim provò a inserire il suo numero di casa, numero di distintivo, numero di targa e le prime e ultime quattro cifre del suo numero di telefono. Nessun risultato. Poi gli venne l’idea, che respinse inizialmente, ma poi pensò di provare. Digitò i numeri e la scatola si aprì. Il respiro di Jim accelerò, e le sue orecchie divennero rosse. Era il suo compleanno. Il codice era il suo compleanno. Jim si strofinò gli occhi. Non aveva tempo di soffermarsi sulla cosa. Trattenendo il fiato, aprì la scatola, per trovare una fotografia incorniciata. Si sentì un po’ deluso, ma poi la guardò più attentamente. L’immagine in bianco e nero ritraeva una giovane donna sorridente con capelli ricci, castano chiaro e una ragazza simile a lei tra le braccia.
“Aspetta...non è...” tua madre avrebbe voluto dire Jim, ma Oswald non c’era e si sarebbe sentito fuori di testa a dirlo ad alta voce. Ma, a giudicare dai vestiti, doveva risalire a mezzo secolo prima, quindi la donna non poteva essere la madre di Oswald. Tuttavia, la somiglianza era inquietante...quella bambina doveva essere la signora Kapelput, e la donna sua madre...quindi era la nonna di Oswald. Gli occhi di Jim caddero sul ciondolo che indossava la nonna di Pinguino – una pietra preziosa a forma di lacrima su una lunga catena. Piuttosto semplice, ma elegante. Ah. Così Oswald aveva riprodotto proprio il diamante! Jim si alzò in fretta. Ora sapeva quello che doveva fare. Dovevano trovare la signora Kapelput il più presto possibile, e farsi raccontare la storia del diamante. Lanciò un ultimo sguardo in giro, sperando che Oswald tornasse, ma dal momento che non sentiva il familiare gelo sulla nuca, Jim corse al piano di sotto, sopprimendo la fitta al petto. Quando fu finalmente fuori, Gordon prese il telefono per far sapere ad Harvey che sarebbe venuto al GCPD fra dieci minuti. Era così concentrato sul cellulare che non si accorse della macchina nera che gli si avvicinava lentamente, un finestrino abbassato.
“Jim!” Il detective sentì l’urlo, poi due mani lo spinsero giù brutalmente, mentre delle pallottole volavano sulla sua testa, la gente gridava e le finestre del locale di Oswald andavano in frantumi. Lo stomaco di Jim si ribaltò, mentre le orecchie fischiavano e il battito cardiaco accelerava. Alzò gli occhi appena in tempo per vedere l’auto allontanarsi ma, naturalmente, non aveva nessuna targa.
“Stai bene?” Oswald, preoccupato, era chino su di lui, le mani immateriali che, dalle braccia, si spostarono sulle sue spalle.
“Sì...mi hai salvato. Tu-tu mi hai spinto...mi avrebbero colpito se non fosse stato per te” la mano di Jim di allungò automaticamente sul braccio di Oswald, ma, ancora una volta, le sue dita attraversarono la sua forma eterea. Il detective aggrottò la fronte.
“Non capisco...il tuo tocco era così forte e solidale.”
“Ho concentrato tutto il mio potere nelle mani. A differenza mia, non sono sicuro che tu potresti prendere quei proiettili senza conseguenze spiacevoli”.
Jim deglutì, poi si alzò. “Questo significa che non sei arrabbiato con me?”
“Non l’ho mai detto. Non spingere via la tua fortuna, Jim Gordon” disse Oswald, ma Jim intravide un piccolo sorriso formarsi sulle sue labbra.
Sospirò di sollievo. “Grazie. Ho bisogno di saltare una corsia.”
“Cosa, qualcuno ha cercato di ucciderti? Per le strade, in pieno giorno?!” Harvey era rimasto incredulo al posto di Jim.
“Bé, non è che non sia mai successo prima”.
“Sì, ma questa situazione di merda resta comunque seria. Allora, su cosa dicevi che avevi messo le mani?”
Jim consegnò a Harvey la vecchia fotografia trovata nella cassaforte.
“E’ sua madre?”
“Penso più sua nonna.”
“Va bene, ma cosa c’entra con...la collana” Harvey se ne accorse improvvisamente. “Quindi è un cimelio di famiglia.”
Jim annuì, la testa che palpitava. Non molto tempo dopo andarono dal capitano Essen per mostrarle le nuove prove.
“Va bene, d’ora in poi ci concentreremo sulle ricerche della signora Kapelput,a meno che non salti fuori qualcos’altro. Chiedete ai vicini di casa, ai dipendenti di Cobblepot, chiunque possa avere un’idea di dove sia.”
“Sì, capitano” risposero Harvey e Jim.
“Jim, prenditi il resto della giornata. Per oggi hai avuto abbastanza azione”.
“Ma, capitano...”
“Insisto. Hai un aspetto terribile. Bullock e gli altri possono occuparsi del caso per un pomeriggio.”
Jim annuì, grato di non dover lavorare con il mal di testa lancinante che si ritrovava. Ma non appena uscì dall’edificio capì di non sapere cosa fare. Fortunatamente il sole splendeva nonostante fosse autunno inoltrato, così Jim decise di tornare a casa e schiarirsi le idee. Sperava che nessuno cercasse di sparargli di nuovo. Poco distante dal suo appartamento, passò davanti a un supermercato, quando sentì un tocco freddo sulla nuca.
“E’ meglio che vai dentro e compri un bel po’ di cibo normale”.
Jim guardò prima Oswald, poi attorno alla strada, prima di rispondere: “Ah, sono a posto. Sono sicuro di avere qualcosa di commestibile a casa. O posso semplicemente ordinare cinese”.
Oswald ridacchiò. “Sono abbastanza sicuro di aver visto delle ragnatele nel tuo frigorifero. Entra.”
Quaranta minuti dopo, Jim usciva dal market con della spesa di cui non aveva idea di cosa farne, che aveva comprato perché un fantasma che solo lui poteva vedere gli aveva detto di comprare. Potrai ringraziarmi più tardi gli aveva detto Oswald al supermercato, e Jim si era limitato a sospirare, troppo pigro per controbattere. Comunque non ne sarebbe valsa la pena: la persona in questione era sparita subito dopo aver detto quella frase.
“Lo sai che non so cucinare, vero?” chiese Jim rientrato nel suo appartamento, certo che Oswald fosse in giro e lo sentisse.
“Non dire cose senza senso. Tutti possono cucinare. Io ti guiderò”.
Alla fine Jim preparò una deliziosa pasta con pancetta e zucchine. Doveva ammettere che era più facile di quanto immaginasse, ma naturalmente ci riuscì solo perché Oswald gli diceva cosa fare, rispondendo pazientemente a ogni domanda di Gordon.
“La mia prima cena cucinata non è solo commestibile, ma anche buonissima” dichiarò Jim, mangiandone un piatto.
“Vorrei poterlo assaggiare” sospirò Oswald. “Quando tornerai, cucinerò per te” disse Jim senza pensarci.
Un attimo dopo smise di masticare, le guance che arrossivano sotto lo sguardo intenso di Oswald. Avrebbe voluto rimangiarsi le parole, dirgli che stava solo scherzando, ma poi si ricordò del mattino, della terribile, assoluta sensazione di saper di avere sconvolto e deluso Oswald, il luccichio di quegli occhi avidi e sapeva di non volerlo sperimentarlo nuovamente.
“Promesso?” sussurrò Oswald, appena udibilmente.
“Promesso.” Jim lavò i piatti e, su insistenza di Oswald, pulì la sua cucina. Inizialmente fu contento di quando Cobblepot scomparve, così non vide la sua faccia disgustata mentre buttava nel formaggio ammuffito dal frigo, ma poi si ricordò del fatto che il fantasma era sparito un paio di volte contro la sua volontà. Jim era molto turbato da questi avvenimenti, ma non aveva detto nulla per non turbare Oswald. Sperava solo un cattivo presagio.
Si era appena stabilito davanti alla Tv con una birra, quando squillò il telefono. Era Harvey.
“Ehy, Jim. Ho una notizia: Gilzean è qui, ha detto che Gabe lo ha chiamato circa mezz’ora fa, chiedendo di Cobblepot. Stiamo cercando di rintracciare la chiamata”.
“Va bene, sto arrivando.”
“Sei sicuro?”
“Sì. Dammi quindici minuti.”
Jim guardò Oswald, appena riapparso, il quale sembrava più trasparente che mai.
“Spero che tu non faccia niente di stupido” disse Cobblepot a bassa voce.
“Non preoccuparti, troveremo presto tua madre.”

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Trovami ***


Capitolo 6: Trovami

I ragazzi della forence erano riusciti a rintracciare la chiamata nel momento in cui Jim entrò nel GCPD. Purtroppo era da un telefono pubblico, che si trovava al di fuori di Gotham. Gordon chiese di avere un elenco di chi aveva una casa in quella zona. Non pensava che Oswald ne possedesse una da quelle parti, ma non aveva altre idee. Butch non sapeva nulla, così, al momento, era l’unica cosa da poter fare. Jim stava leggendo la lista, quando i suoi occhi si soffermarono su uno dei nomi. Peter Humboldt. Dove aveva sentito quel nome prima?
“Harvey! Ho capito! Sono a Flat Road 52” disse Jim, e si alzò, trascinando con se’ un Bullock piuttosto confuso.
“Che diavolo, Jimbo! Come hai fatto?” chiese Harvey chiese Bullock, mentre percorrevano le strade piuttosto vuote.
“Per farla breve, quando Oswald è tornato a Gotham è venuto a casa mia. Ebbene, si è presentato a Barbara come Peter Humboldt. Una delle case è di proprietà di un certo Peter Humboldt”.
“Ah” disse Harvey alzando le sopracciglia, ma non fece altri commenti.
Parcheggiarono l’auto alla fine della strada e si avvicinarono alla casa nascosti nell’ombra. Era piuttosto piccola, ma sembrava accogliente. Le luci erano accese in una stanza del piano di sotto – da quel che Jim poteva vedere si trattava della cucina. Tuttavia, non c’era alcun movimento. Harvey e Jim fecero per separarsi in due diverse direzioni: Jim dalla parte anteriore, e Harvey quella posteriore. Ma in quel momento un forte scatto venne da dietro di loro.
“Merda” borbottò Harvey.
“Detective Gordon?” chiese Gabe, incredulo. Jim sospirò di sollievo e mise via la pistola mentre si voltava. “Sì Gabe, sono io. Dobbiamo parlare.”
“Sapevo che non avrei dovuto chiamarlo. Il capo sarà fuori di se’” disse Gabe, mentre portava i detective in casa.
“Abbiamo bisogno di parlare con la signora Kapelput, è qui?”
“Sì, solo un secondo” disse Gabe, e bussò a una porta che Jim e Harvey non avevano neppure notato. “Gertrude, sono io. Ora puoi uscire.”
La signora Kapelput fece capolino, guardandosi attorno con circospezione e spalancando gli occhi nel vedere i poliziotti.
“Signor Gordon?” poi si voltò verso Gabe. “Perché li hai fatti entrare? Non ci si può fidare di loro.”
“Signora Kapelput, per favore...”
“Dov’è mio figlio? Dov’è il mio Oswald?”
Stranamente Jim si sentiva come se fosse tornato un bambino che veniva sgridato da un vicino per aver fatto qualcosa di male. “Facciamo, ehm, che ci sediamo e parliamo.”
Andarono in cucina e Gabe fece il tè, mentre la signora Kapelput e i detective si sedevano attorno un minuscolo tavolo.
“Signora, ho paura che Oswald sia scomparso.”
La signora Kapelput piagnucolò, e disse qualcosa in una lingua a Jim sconosciuta.
“Ho detto al mio Oswald di smettere di frequentare cattive compagnie. Lui è un bravo ragazzo, non deve andare con loro.”
“Non si preoccupi, stiamo lavorando sul suo caso. Speravamo che potesse aiutarci” disse Jim, tirando fuori la foto che aveva trovato nella cassaforte. “Riconosce questa immagine?”
La signora Kapelput era evidentemente sorpresa nel vederla, ma sorrise con affetto mentre la prendeva dalle mani di Jim. “Ovviamente. Queste siamo io e la mia cara madre. Dove avete preso questa foto?”
“In casa di Oswald. Cosa può dirci al riguardo della collana che indossa sua madre?”
Gli occhi della signora Kapelput si oscurarono immediatamente, e il suo sorriso scomparve senza lasciare traccia. “Non voglio parlarne.”
“Crediamo che la scomparsa di suo figlio è legata a questa” disse Harvey. “Abbiamo bisogno di scoprire quanto più possibile su quell’affare. Dove la teneva Oswald, per esempio?”
“Tenerla?” la signora Kapelput posò la tazza, confusa. “Quella cosa maledetta non è più nella nostra famiglia da oltre 50 anni.”
“Ne è sicura?”
“Certo, ero lì quando quei bruti lo strapparono dal collo di mia madre!”
La signora Kapelput si asciugò gli occhi e Jim si stupì dalla somiglianza tra lei e Oswald nei loro occhi chiari, ugualmente espressivi.
“C’era una storia, beh, una leggenda nella mia famiglia che quel diamante fosse maledetto. Nessuno lo indossò mai veramente, perché si pensava che portasse sfortuna. Mia madre non credeva in queste storie. Lo indossò per diversi anni senza incidenti, ma poi, a bordo di quella nave, venne rubato. Mio padre ci lasciò sole, solo per pochi secondi, e arrivarono quegli uomini. La colpirono...riesco ancora a sentire il suo grido” la signora Kapelput scosse la testa, come per liberarsi da quei dolorosi ricordi.
“Non ha più visto il diamante da allora?”
“No, mai. Mia madre non lo avrebbe mai ripreso. Lo odiava, lo chiamava ‘Incubo Viola’ ”.
Harvey e Jim si guardarono l’un l’altro, perplessi.
“Pensate che Oswald l’abbia trovato? Ecco perché si è messo nei guai?” chiese la signora Kapelput.
“Potrebbe essere. Si era fatto tutti quei diamanti falsi.”
“Ho detto a quello sciocco ragazzo che quel diamante era maledetto così tante volte” la signora Kapelput si soffiò il naso in un fazzoletto.
Gli occhi di Jim si spalancarono quando vide la forma spettrale di Oswald avvolgere un braccio intorno alle spalle della madre, cercando di confortarla. Si sentiva come un intruso in un’intima riunione di famiglia, così segnalò ad Harvey che avevano finito.
“Signor Gordon, la prego di trovare mio figlio. Lui è tutto quello che ho” disse la signora Kapelput mentre i detective si alzarono. Con un nodo alla gola, Jim annuì.
Proprio come nei giorni precedenti, quei due idioti vennero da lei. La bendarono e trascinarono fuori dalla sua cella, l’uomo più grande tenendole il braccio in una morsa, mentre Martello – aveva sentito l’uomo grande chiamarlo così – cianciava circa qualche festa di quella notte. Venne gettata nel retro di un furgone, mentre Big Man e Martello continuarono a parlare come se non fosse neanche lì.
“Pensi che Stella verrà? Volevo chiederle di uscire, ma Giacomo le girava attorno come un avvoltoio”.
“Se n’è andato, qualche lavoro per il Boss. Dovrebbe essere la tua occasione. Valle a parlare, amico.”
“Sì? Grande, stasera glielo chiederò”.
Tutto come al solito, tranne che per un fatto: si erano dimenticati di chiudere la porta. Fece una preghiera, sperando che il suo piano funzionasse.
Jim si svegliò per una chiamata urgente dal capitano Essen. Lui e Harvey corsero e arrivarono al GCPD contemporaneamente. Uno dei loro colleghi li portò verso una stanza da interrogatori.
“Harvey, Jim, appena in tempo” li salutò il capitano. Jim vide una piccola donna asiatica nella stanza, la quale parlava con Alvarez, e aggrottò, confuso, la fronte. Cosa avevano a che fare con tutto questo?
“Questa è la dottoressa Charlotte Yoon. E’ la persona scomparsa da tempo che Alvarez cercava, ma credo sarete molto interessati a quello che sta per dire”.
“Dr. Yoon, sono il detective Gordon, e questo è il mio collega, il detective Bullock. Potrebbe dirci cos’è successo?”
Alvarez annuì incoraggiante prima di lasciare la stanza.
“Io – sono stata rapita mentre raggiungevo la mia macchina una mattina per andare al lavoro. Non hanno detto nulla, solo bendato e gettato all’interno di un furgone per poi scappare. Ho pensato che mi avrebbero uccisa, ma mi hanno portato in una...ehm, stanza. C’era lì un uomo svenuto, con una ferita alla testa...ho dovuto curarlo.”
“Un uomo privo di sensi? Potrebbe descriverlo?” chiese Harvey, battendo Jim sul tempo.
“Piccolo, pallido, capelli neri. Un naso distinto, sembrava quasi un becco.”
Jim riusciva a malapena a respirare. “Era...tutto a posto?”
Il medico Yoon annuì. “Ho pulito la ferita, per quanto possibile, quei tipi avevano delle attrezzature mediche, così ho potuto controllare le sue funzioni vitali. Devono averli rubati. Era in coma, anche se ha mostrato segni di risveglio negli ultimi due giorni. Non ho detto che, quegli idioti, non volevano che quel ragazzo finisse male. Probabilmente hanno provato a costringerlo a svegliarsi. Mi spiace non averlo potuto salvare, sapevo solo che, quando quei due gorilla hanno lasciato la posta aperta, era la mia unica e sola possibilità”.
“No, ha fatto bene, dottoressa. Lo porteremo in salvo. Cosa può dirci di quel posto? Non sa nulla dei suoi rapitori?”
“Purtroppo non so dove sia il posto – non mi hanno mai tenuta lì. Mi hanno portata nella sua stanza ogni giorno, ma non mi lasciavano restare. Sempre trasportata col furgone. Tutto quello che so è che uno degli uomini si chiama Martello. Mi spiace non poter aiutare di più”.
“E’ stata molto utile, dottoressa Yoon. Grazie e si rimetta” aggiunse Jim, mentre lui e Harvey lasciavano la stanza.
“Martello, è un ragazzo di Maroni” disse Harvey, una volta fuori.
“Questo però non ci aiuta. Oswald potrebbe essere ovunque.”
“Eppure questo è un progresso. Lo troveremo presto, non preoccuparti” Harvey batté una pacca sulla schiena di Jim e andò verso la loro scrivania. Gordon cercò di solidificare i suoi pensieri, facendo teorie su dove Oswald potesse essere tenuto. Anche se non riusciva a sentire Cobblepot, pensò che sarebbe apparso in un posto vuoto. Jim si chiuse a chiave nel bagno e sussurrò il nome di Oswald, ma non successe niente. Aprì il rubinetto e lasciò defluire l’acqua per farla diventare gelata quando se la spruzzò sul viso. Solo per un momento Jim vide Pinguino nello specchio, come se volesse dire qualcosa, ma sparì subito. Gordon toccò lo specchio, un brivido freddo gli corse lungo la schiena quando entrò in contatto con la fredda superficie. Chinò la testa e rimase lì per un momento. Cercò di ricordare tutto quello che gli aveva detto Oswald.
La cosa insolita, però, era questo odore dolce…
Jim tornò alla sua scrivania, gli ingranaggi della sua mente che lavoravano freneticamente.
“Ehi, Harvey, Maroni non ha tipo...ehm...una fabbrica di profumi?”
“Non che io sappia.”
“Ok, una fabbrica di cioccolato?”
“Fammi controllare...beh, possiede la fabbrica di caramelle Confetto. Perché?”
Jim sospirò rumorosamente. “Penso che Oswald sia tenuto lì.”
Harvey sbatté le palpebre.
“O sei Sherlock Holmes e hai ottenuto questa folle deduzione tipo in base alla lunghezza della gamba dei pantaloni della dottoressa Yoon diviso il numero di auto parcheggiate davanti all’edificio o sai qualcosa che io non so.”
Jim chiuse gli occhi; avrebbe dovuto immaginare che avrebbe dovuto spiegare la sua follia.
“Io...avevo un informatore. Più o meno.”
“Informatore?”
“Sì. Ehm, ho parlato – Beh, vedi, ehm, posso, potevo parlare con Oswald”.
“Vuoi dire mentre era in quel dannato stato comatoso?!”
Jim fece una smorfia.
“Sapevo che tutto questo lavoro ti stava facendo impazzire. Ti prego, dimmi che era solo uno scherzo.”
Dopo un lungo silenzio nel quale Jim fissò il pavimento, Harvey iniziò a ridere.
“Buona questa, partner! Per un secondo ci ho quasi creduto.”
“Ma è vero. So che è folle, ma...”
Gordon si interruppe, gli occhi puntati su qualcosa al di sopra la spalla di Harvey.
“Terra chiama Jim Gordon! Cosa stai guardando?”
Jim sorrise. “Ho le prove. Tra due secondi il tuo cappello volerà via.”
“Cosa?!” Harvey ebbe appena il tempo di analizzare le parole di Gordon che qualcuno gli buttò giù veramente il suo cappello. Si voltò irritato. “Hey!”
Ma dietro di lui non c’era nessuno, almeno nessuno di visibile. Harvey socchiuse gli occhi e guardò un Jim che ridacchiava diffidente. “Non mi dire che era...”
“Invece lo era.”
“Tu, figlio di puttana, se tocchi ancora il mio cappello...” minacciò Harvey, guardandosi attorno.
“Se n’è andato” disse Jim. “Negli ultimi giorni non riusciva ad apparire per lunghi tempi. Credo che la dottoressa Yoon avesse ragione, ha iniziato a svegliarsi”.
“Dannazione, Jim! Perché non gli hai solo chiesto dove si trovasse e ci avresti salvato da tutti questi problemi?!”
“Non sapeva dove si trovasse! Ma ci ha aiutato molto nelle indagini”.
Dopo qualche secondo, Harvey annuì. “Ora tutto a senso, come sapevi in qualche modo certe cose. Non sei un genio, sei solo un ragazzo che può parlare coi fantasmi. Sei un sensitivo o qualcosa del genere?”
“No, certo che no. Non so, è successo e basta...in questo caso.”
“Sapevo che Pinguino avesse una cotta per te, ma non così in fondo. Sei davvero rovinato.”
Jim scosse la testa. “Andiamo dal capitano, ci aiuterà a studiare un piano di battaglia.”
“La fabbrica di caramelle? Sei sicuro?”
“E’ la nostra migliore pista.”
“Dobbiamo farlo stasera” dichiarò il capitano Essen.
“Maroni farà una cena a casa sua. Non sarà preoccupato.”
“Così mandiamo una squadriglia in fabbrica, mentre un’altra arresta Maroni davanti a tutti suoi ospiti?” Harvey guardò Jim per avere conferma.
“Questo è il piano.”
“Va bene, assembliamo la squadra. Dobbiamo farlo entro stasera.”
Jim aveva una brutta sensazione, mentre circondavano l’edificio. C’era troppo poco movimento e troppo buio, come si il nemico invisibile fosse in piedi lì accanto, trattenendo il respiro. Infatti, non appena entrarono nell’edificio, pallottole piovvero da ogni dove sui poliziotti. Jim e Harvey si abbassarono dietro alcuni macchinari, avanzando lentamente. Dal momento che Oswald aveva detto a Jim di trovarsi in una stanza, sospettarono fosse uno degli uffici nella parte posteriore. I proiettili diventarono sempre più rari – i tiratori venivano feriti o correvano via. Jim non se ne curò, sperava solo fossero arrivati in tempo. Lui e Harvey corsero su per le scale, colpendo un uomo che sbarrava loro la strada, sorpreso nel vederli lì.
“Spero che gli altri cadranno facilmente come questo qui” commentò Harvey, mentre controllava una stanza. Jim alzò una mano quando raggiunsero un angolo, segnando a Bullock di fermarsi. Con le spalle al muro, si sporse leggermente in fuori, per osservare due guardie in fondo a un breve corridoio.
“Due uomini a una porta. Ci serve un diversivo” mimò Jim.
“Lasciameli.” Jim spalancò gli occhi quando Harvey si limitò a camminare allo scoperto, come se il posto fosse suo.
“Ehi, ehi, cosa ci fate qui? Non avete sentito che il capo vi vuole tutti al piano di sotto?”
Le due guardi si guardarono l’un l’altra perplesse.
“Non l’avete sentito? Andiamo, muovetevi! Il ragazzo dietro quell’angolo vi darà le indicazioni”.
Jim colpì il primo uomo, mentre Harvey spinse l’altro a terra, colpendo la nuca del mafioso con la pistola. Ben presto l’avversario di Gordon raggiunse il suo amico privo di sensi steso sul pavimento, e Jim passò su di loro con un grugnito. Con l’ansia che aumentava, si avvicinò alla porta e la spalancò, puntando la sua pistola. Ma non c’erano altri scagnozzi nella stanza. Gordon tirò un sospiro di sollievo quando vide Oswald su un letto, il segnale acustico di una macchina e il colpetto di Harvey sulle costole lo costrinsero a entrare finalmente nella stanza. Si avvicinò lentamente al letto; solo metà della sua mente percepiva Bullock che chiamava un ambulanza sul posto. Toccò la mano di Oswald – le dita sottili erano fredde. Jim guardò i suoi tratti tranquilli, il modo in cui le sue ciglia si mossero, e poi gli occhi di Cobblepot si aprirono. Per un attimo il suo sguardo fu velato, poi si aprì in un sorriso leggero e pieno di speranza. Le fredde dita si avvolsero debolmente attorno alla mano di Jim.
“Mi hai trovato.”

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: Un Cuore ***


Capitolo 7: Un Cuore

Nonostante Oswald si fosse svegliato per un attimo a salutare il suo salvatore, cadde subito nuovamente in coma. I medici rassicurarono Harvey e Jim che era normale, stava riprendendo conoscenza poco a poco, quindi non c’era nulla di cui preoccuparsi. Il GCPD venne inondato da lavoro, così Jim ebbe tempo di visitarlo solo la sera. Inizialmente rimase seduto lì, a guardare il volto pallido di Oswald, ma poi un’infermiera entrò e lo vide.
“E’ stato sveglio per un po’ questo pomeriggio” disse, mentre metteva un misuratore di pressione sanguigna attorno al braccio di Oswald e iniziava a pompare.
“Davvero?” chiese Jim, alzando lo sguardo speranzoso.
“Sì, ma era molto agitato. Voleva andarsene, sembrava davvero impaurito. C’è voluto del tempo per calmarlo.”
Jim aggrottò la fronte. Avrebbe voluto non dover lavorare sul caso di Maroni per andare lì più volte, aiutare Oswald a recuperare in qualche modo.
“Dovresti parlare con lui. Molti pazienti ci dicono che possono sentire e ascoltare quando amici e persone care gli parlano.” notando le guance di Jim che arrossivano, l’infermiera aggiunse “Niente di cui vergognarsi. Vado, vi lascio soli”.
Jim attese un attimo, poi prese la mano di Oswald nella sua. “Ciao. Ehm, sono Jim. Non so se puoi sentirmi, l’infermiera ha detto che puoi. Pensavo ti sarebbe piaciuto sapere che abbiamo arrestato Maroni. Otterremo la sua dichiarazione, quindi starà dietro le sbarre per un bel po’ di tempo. Basta che ti svegli, ok?”
Jim alzò lo sguardo dai fogli bianchi sul comodino, ma il volto di Oswald rimase invariato. Strinse le sue delicate dita con un sospiro, e si alzò a disagio dalla sedia di plastica. Era così frustante; lui e il fantasma di Cobblepot avevano lavorato così tanto...Oswald doveva svegliarsi e stare meglio, doveva assolutamente.
Harvey lo guardò simpaticamente il giorno dopo.
“Nessun cambiamento?”
“L’infermiera ha detto che ieri si è svegliato, ma era nuovamente privo di sensi quando sono venuto.”
“E...ehm...che dici del suo fantasma?” chiese Harvey, dopo essersi guardato attorno con sospetto.
“Non l’ho visto da quando ti ha fatto quello scherzo” sospirò Jim.
Anche tornato a casa, la sensazione di solitudine non scomparve. Il suo piccolo appartamento sembrava vuoto e ostile, mentre si sedeva davanti alla Tv con il suo piatto riscaldato. Jim avrebbe voluto rivedere il fantasma di Oswald solo una volta, anche se sarebbe stata probabilmente una cattiva notizia: compariva solo quando Cobblepot scivolava in un coma profondo. Andò a letto con un forte bruciore al petto.
Il venerdì pomeriggio, Jim era così esausto che riusciva a malapena a stare in piedi, ma andò ugualmente e testardamente all’ospedale, dove una delle infermiere lo informò che Oswald fosse stato cosciente per più di un’ora quel giorno. Jim la ringraziò e pensò che probabilmente era il momento di lasciare tornare a Gotham la signora Kapelput. Gabe era riuscito in qualche modo a convincerlo che avevano bisogno di rimanere nel loro nascondiglio finché Maroni non fosse stato condannato, così che non si preoccupasse inutilmente per suo figlio.
Jim mise la sua sedia vicino al letto; così avrebbe potuto tenere la mano a Oswald mentre si appoggiava allo schienale. Voleva solo riposare gli occhi brucianti per cinque minuti...che si trasformarono in un pisolino di un’ora. Si svegliò sentendo qualcuno stringergli la mano e, quando alzò lo sguardo confuso, incontrò gli occhi di Oswald.
“Ciao, Jim.”
“Sei sveglio” sussurrò Jim, sedendosi e continuando a tenergli la mano. “Come ti senti?”
“Bene. E’ solo fastidioso tutto questo dormire.”
“E’ necessario se vuoi riprenderti come si deve” disse Jim.
“L’infermiera mi ha detto che sei venuto ogni giorno...volevo essere sveglio quando mi avresti visitato. Per ringraziarti.”
Non solo le parole, ma anche lo sguardo di Oswald era forse un migliaio di volte più intenso che mai, e Jim non riusciva a distogliere lo sguardo.
“E’ il mio lavoro. Anche se avevi ragione, non ce l’avrei fatta senza di te” ammise Gordon, senza neppure accorgersi di accarezzare col pollice le nocche di Oswald.
“Sei un grande detective, lo sai. Mi porteresti un bicchiere d’acqua, per favore?”
“Oh, certo” Jim si sentiva un idiota per non averglielo offerto lui stesso. Si alzò e riempì un bicchiere dal lavandino nella camera, poi tornò da Oswald.
“Come sta mia madre? Sono sorpresa che non sia irrotta ancora dalla porta.”
“Ho chiesto a Gabe di tenerla nascosta più a lungo possibile. Non credo che sarebbe un bene, per lei, vederti incosciente. Ma stai migliorando, adesso, quindi lo dirò a Gabe.”
“Grazie.”
“Allora...ehm...quanto ti ricordi di quello che è successo?” chiese Jim, esitando.
“Mmmhh...questa non è la mia dichiarazione ufficiale, vero?”
“Oswald...non posso mentirti, se è questo che intendi.”
“Non me lo aspetto, Jim. Basta che ascolti la mia storia. Così, mia madre ti ha raccontato di come il diamante è stato rubato a mia nonna. Non hanno mai scoperto chi erano i ladri. Anch’io avevo quasi dimenticato la storia, fino al giorno in cui mi trovavo a casa di Maroni. La signora Maroni si era accorta del mio buon gusto, e mi ha chiesto di aiutarla a scegliere che gioielli indossare per un evento a cui sarebbe andata più tardi, quella notte. Mi ha mostrato la sua collezione – era piena di pezzi mozzafiato – ma poi ho notato il diamante. Le ho fatto una domanda, e lei mi ha detto che l’aveva avuto dal suo prozio, o qualche storia del genere. Non credo che sapesse che questo suo parente fosse cleptomane”.
“Accidenti, Oswald...e se non è il diamante rubato a tua nonna? Hai rischiato la vita per un’ipotesi?!” Jim guardò Oswald.
“Quel diamante apparteneva alla nostra famiglia. Credimi, è lo stesso. Non avevano nessun diritto di prenderlo, nessun diritto!” Oswald quasi gridò, e Jim lo accarezzò dolcemente, temendo che un’infermiera sarebbe venuta a buttarlo fuori. Dopo tutto, era da lui da ore…
“Va bene, va bene, ho capito.” Jim avrebbe dovuto sapere che l’orgoglio di Oswald lo avrebbe portato nei guai. “Allora dopo cosa hai fatto?”
“Ho detto alla signora Maroni che avrebbe dovuto trasformare il diamante in una collana. Lei mi ha affidato il compito e, be’, il resto lo sai” sospirò Oswald.
“Sei andato da Cerny e hai minacciato quel povero ragazzo apprendista. Poi hai ridato alla signora Maroni il falso diamante. Maroni non sapeva nulla?”
“Naturalmente la moglie glielo ha detto. Ma non hanno capito che il diamante non era un diamante. Quello zaffiro era molto convincente. Così lo hanno rimesso in cassaforte e, nel frattempo, sono tornato al mio club e ho nascosto i gioielli. Maroni non avrebbe dovuto scoprire che era un falso...almeno, non subito”.
“Per questo Maroni ti ha colto di sorpresa?”
“Infatti. Quando Maroni e i suoi scagnozzi hanno fatto irruzione, mi ha iniziato a raccontare una storia sulla fiducia, di come era delusa sua moglie quando ha scoperto che il suo diamante era stato sostituito. Aveva mostrato la collana ai suoi amici, uno di loro l’ha fatta cadere e si è scheggiata,quindi hanno capito che qualcosa non andava. Forse hanno anche controllato all’esterno. Ho cercato di scappare, ma sono scivolato sulle scale e ho picchiato la testa”.
“Va bene, tutto questo ha senso, ma perché Maroni ti ha rapito?” chiese Jim. “Perché non ti ha lasciato lì?”
“Perché non riusciva a trovare il vero diamante” disse Oswald, sorridendo. “Così hanno pensato che fossi solo svenuto e che gli avrei detto dove si trovava quando mi sarei svegliato.”
“Poi, quando si sono accorti che era qualcosa di più serio, hanno rapito la dottoressa Yoon per assicurarsi che saresti sopravvissuto” Jim scosse la testa, incredulo. “Volevano aspettare che ti svegliassi, estorcerti la posizione del diamante, e sbarazzasi del tuo corpo.”
Jim era solo leggermente sorpreso della rabbia rivoltante e della sensazione di malessere che nascevano nel suo stomaco alla prospettiva di quest’idea. Se Oswald non fosse venuto da lui come fantasma, Gordon dubitava che lui e Harvey avrebbero sbrogliato il caso così facilmente.
“Non bisognerebbe mai farmi questo” disse Jim con voce stridula e ora toccò a Oswald abbassare lo sguardo con aria colpevole. “Non dopo tutto quello che abbiamo passato.”
Rimasero in silenzio per un paio di minuti, rimuginando sui loro pensieri.
“Cos’è successo all’ Oswald Fantasma? Mi manca, quel tipo” disse Jim per alleggerire l’atmosfera.
Oswald sorrise. “E’ tornato al suo legittimo corpo dopo essere stato sicuro che il GCPD non l’avrebbe più rovinato”.
“La tua insolenza non è diminuita, vedo. Grazie per aver convinto Harvey, però.”
“Avevo paura di non avere abbastanza poteri allora, ma ha funzionato. Sono tornato al mio corpo, anche se ero consapevole che stavano arrivando i soccorsi. Sapevo che saresti venuto presto e poi mi sono svegliato per degli spari lontani e ho capito che eri arrivato. Ti sono sempre piaciuti gli ingressi drammatici.”
Si sorrisero a vicenda, poi Jim disse a Oswald le novità di Gotham. Ma c’era ancora una domanda che restava senza risposta: dov’era il vero diamante?
Quando Jim portò finalmente l’argomento, Oswald scoppiò a ridere.
“Sono abbastanza sicuro che l’hai oltrepassato un paio di volte. Sai come si dice, se vuoi nascondere qualcosa, mettilo in bella vista.”
“Intendi dire che è stato nel tuo club per tutto questo tempo?!”
“E’ nascosto sulla punta del disegno al neon dell’ombrello”.
Oswald rise ancora di più alla faccia di Jim. “Perché il tuo fantasma non lo sapeva? Sai quanto sarebbe stato più facile per noi?”
“Lo so, lo so. Mi dispiace. In mia difesa, però, l’ho messo lì letteralmente pochi minuti prima dell’arrivo di Maroni. Continuavo a cambiare nascondiglio”.
“Beh, immagino che avrai un diamante, ora...”
“Che sono sicuro che mia madre insisterà sul liberarsi...”
“Non c’è da stupirsi, porta ricordi molto negativi su di lei.”
Oswald annuì, poi sbadigliò.“Ho paura che il mio cervello sta per spegnersi. E’ stato bello parlare con te, apprezzo molto la tua visita, Jim.”
Gordon si alzò e guardò Oswald sprimacciarsi il cuscino, mentre si preparava ad andarsene. Guidato da un misterioso impulso, Jim si chinò e baciò la fronte di Cobblepot, accarezzandogli lo zigomo col pollice. Gordon era quasi fuori dalla stanza, quando Oswald gli fece un’ultima domanda:
“A proposito, detective...vale ancora la tua offerta per la cena?”
“Certo” rispose Jim, sorridendo timidamente. “Solo...guarisci presto, va bene?”
“Non me la perderei per nulla al mondo.” Gordon sorrise, sentendosi improvvisamente molto sollevato. I suoi passi erano più svelti, e qualcosa nel suo atteggiamento era cambiato molto evidentemente. Anche se non era a conoscenza di questi cambiamenti, Oswald si addormentò con un sorriso sulle labbra, sapendo di non aver guadagnato solo un diamante viola, ma, ancora più importante, anche il cuore del detective James Gordon.

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