La lunga strada verso Saillune

di Bishoujo Tensai Madoushi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La ex fidanzata ***
Capitolo 2: *** Il campione (affari di famiglia -parte uno) ***
Capitolo 3: *** Il campione (affari di famiglia -parte due) ***
Capitolo 4: *** Rivelazioni ***
Capitolo 5: *** Una diversa realtà ***
Capitolo 6: *** Luci ed ombre ***
Capitolo 7: *** Il ritorno ***



Capitolo 1
*** La ex fidanzata ***


A posteriori posso solo dire che forse avevo esagerato con la birra

Mi prese di nuovi i polsi stringendo con forza. “Smettila!” Adesso anche lui sbraitava . “Sono adulto, so difendermi da solo! Emma non mi ha fatto nulla, qui la strega sei tu!” Mi scosse. Non mi aveva mai messo le mani addosso prima. “Ora apri bene le orecchie… Sei tu quella che mi ha sempre usato, hai sfruttato la mia spada, mi hai usato come cavia, come servo… hai dimenticato solo di usarmi come oggetto sessuale… e forse sarebbe stata l’unica cosa di mio gradimento. Mi sono stufato di te! Sono stufo, non ti sopporto più. Adesso basta. Hai capito bene? Adesso BASTA!”

 

Mi lasciò tirandosi indietro all’improvviso,facendomi barcollare. “Me ne vado.”

 

Lo fissai stordita. Non ero abituata a dovermi difendere da lui, in nessun senso. Con gli anni eravamo diventati affiatati in tutti i sensi e tutti i muri che costruivo per non mostrare le mie debolezze per lui erano caduti. E adesso questo. Adesso mi faceva questo. Non ci credevo veramente, anche se se mi aveva trattato in quella maniera orribile non era… giusto. Non apparteneva a Gourry quel modo di fare. Eppure faceva male, faceva un male cani. E se anche sono forte, sentii che mi bruciavano gli occhi.

Non credevo che fosse veramente lo spadaccino a dirmi quelle cose, Emma gli doveva aver fatto qualcosa, eppure… alcune frasi mi avevano colpito. Mi morsi il labbro mentre mi si contorceva lo stomaco.

 

 

 

Una giornata come tante altre ci portava verso la città di Ehltarien; eravamo io e Gourry in cammino durante uno dei nostri viaggi-vagabondaggi alla ricerca di una nuova spada che riuscisse a rimpiazzare degnamente la Spada di Luce, Amelia trovata sulla nostra strada di ritorno dal uno dei suoi “Tour della Giustizia” promossi e sponsorizzati dal regno di Saillune e Zelgadiss, che era stato incaricato da Phil di farle da scorta. (Guarda caso, a voler essere maliziosi. E qui aggiungerei che, a stare con Amelia, si diventava maliziosi come lei quindi le mie illazioni assolutamente sibilline se le era meritate ampiamente. Prima di conoscerla ero una ragazza pura e di sani principi morali).

 

Ci trovavamo su una rotta non conosciuta e sulla cartina che avevo comprato ad Albien, una ridente cittadina in pieno deserto, pullulante di simpatici nonché affabili scorpioni, e sulla strada per Saillune a quanto pareva, la città di Ehltarien era indicata come favoloso luogo di villeggiatura rinomato per la sua cucina e soprattutto per la birra, che un misterioso ingrediente rendeva adatta al gusto di chiunque la bevesse. Capite? Una bevanda speciale! ♥

Insisterei su questo punto… insomma, una birra unica, prodotta e venduta solo in quella città! Anzi, di più! Quella precisa birra era venduta al pubblico solo tre mesi all’anno, ogni dieci anni… e noi avevamo la possibilità di berla!

Ovviamente il fatto di andarci era balzato in testa alla mia classifica delle priorità… dopo la noia paralizzante di giorni e giorni di polvere e baracche fatiscenti AVEVO BISOGNO di qualcosa del genere, per poter sopravvivere. E non dite che sono melodrammatica!

Solo che… Il piccolo particolare che per arrivare là dovessimo fare una deviazione di mezza giornata di cammino (sempre in pieno deserto, ovviamente) non stava riscuotendo molto successo. Ma insomma! A conti fatti quella cosetta era assolutamente rilevante, non se messa in relazione con quello che stavamo per assaggiare! Ognuno di noi avrebbe potuto raccontare ai suoi figli e ai loro figli di essere giunti ad Ehltarien ed aver bevuto quella birra speciale. Forse addirittura di aver mangiato il loro famoso dolce! C’era qualcosa al mondo di meglio di questo? ♥

 

In realtà Amelia e Zelgadiss premevano per tornare a Saillune il prima possibile ma io avevo insistito (e insistito, certa gente è così cocciuta!), alla fine era solo una piccolissima deviazione sulla strada che dovevamo percorrere. Ora, un ascoltatore attento si starà ponendo la domanda più ovvia: perché mai dovevo io andare con Amelia e Zelgadiss a Saillune? Bene, il caso voleva che la principessa Gracia, fuggita da lungo tempo, avesse fatto ritorno nel suo regno e avesse chiesto espressamente a Phil di potermi incontrare.  

Il perché di tale richiesta mi era ignoto ma avevo deciso di acconsentire per l’amicizia nei confronti di Amelia e suo padre e… Va bene, diciamo la verità, ero piuttosto orgogliosa del fatto che questa celebre principessa in fuga volesse conoscermi. Questo significava che finalmente la mia tanto meritata fama di bellissima e intelligentissima maga-genio iniziava ad attecchire. Come era poi giusto e doveroso che accadesse. Tornando a noi, Gracia. Allora, Amelia era piuttosto femminile e carina ma chissà sua sorella! In effetti ero anche un po’ curiosa di vederla, questa sorella maggiore. In realtà me la immaginavo una variante di Amelia ma poteva anche essere una Phil al femminile… Quell’immagine mi provocò un brivido talmente evidente che Gourry mi chiese se mi stavo ammalando. Rabbrividire sotto il sole cocente in effetti non sembrava normale ma se qualcuno conosce Phil e se lo immagina al femminile…, i brividi sono il meno!

 

Amelia era decisamente impaziente di rivedere la sorella ma sinceramente, era sparita da anni, qualche altro giorno di attesa cosa mai poteva cambiare? Non si trattava certo di egoismo, del quale ero stata ingiustamente tacciata, anzi! Stavamo parlando di Ehltarien accidenti! Non ci avrebbe fatto che bene rilassarci un attimo prima del grande rientro. Con il mio grandissimo tatto –non osate fiatare!- avevo fatto capire ad Amelia la bontà e saggezza della mia decisone e quindi il gruppo aveva aderito alla mia proposta con entusiasmo.

Con mite entusiasmo, ma non sottilizziamo, non è il caso.

 

*  *  *  *  *  *  *  *

 

Lina-san…” Il tono di Amelia propendeva verso il lamentoso. Se non me ne fossi curata forse avrebbe smesso. “Lina-saaaaaaaan…” Come non detto, non era intenzionata a smettere.

Mi incollai in faccia il mio sorriso migliore. “Sì, Amelia?”

La principessa mi scoccò un’occhiataccia. “Lina-san, sono due ore che giriamo per questa città e non c’è una sola locanda con posti liberi dove alloggiare… Cosa ne dici…” Forse fu il mio sguardo a fermarla, nonostante gli sforzi sentivo che il mio viso assumeva un cipiglio tutt’altro che amichevole. Devo comunque ammettere che anche i lineamenti di Amelia erano decisamente incupiti. Tutto per due passi in più! Quella birra dovevamo berla a tutti i costi, non c’era da discuterne. A questo punto diventava una questione di principio.

E poi già che avevamo fatto la deviazione, perché non fermarsi per la notte? Insomma, sembra di parlare con i bambini dell’asilo certe volte.

 

“Lina, che ne dici di entrare in questa locanda,” Zelgadiss fece un ampio gesto con il braccio in direzione della Locanda di Bacco, “E bere la famosa birra qui? Dopo averla assaggiata potremo finalmente continuare il viaggio. Non vedo davvero la necessità di pernottare.” Ho mai detto che anche il tono di Zel aveva la rara capacità di irritarmi i nervi?

Accidenti, erano giorni che camminavamo senza sosta, solo bivacchi scomodi e lunghe ore di guardia per non farci ammazzare da qualche tagliagole o banda di banditi… (per non parlare degli scorpioni e le altre tenere creature del deserto.) Potevamo anche concederci qualcosa di meglio, prima di arrivare a Saillune! E poi dicono che IO sono irragionevole…

 

In tutto questo Gourry camminava al mio fianco senza dire niente, la sua testa sembrava una pallina da ping pong mentre si spostava per seguire il discorso da una persona all’altra. Iniziai a sbattere le ciglia. “Gourry… tu che ne dici?” Lo spadaccino mi sorrise. “Secondo me…” esordì, subito interrotto da un “Non è giusto!” di Amelia. “Lo sappiamo che Gourry-san starà dalla tua parte!”

Inutile dire che la guardai male, pronta a rimbeccarla. Se era vero che Gourry ogni tanto mi assecondava, la signorina poteva anche ammettere di avere Zel dalla sua parte. Non sempre, è chiaro, ma questa volta sì ed era ciò che contava in quel frangente.

 

Mentre iniziavamo a battibeccare e Zel si schiaffava una mano sulla fronte con fare imbarazzato, mentre i toni salivano e Gourry ci guardava con le braccia incrociate dietro alla testa, intorno a noi si era formata una piccola folla.

Forse perché intasavamo la strada.

 

“Bene,” dissi improvvisamente spiazzando Amelia, dopo aver deciso che l’avrei punita adeguatamente più tardi. “E’ deciso! Si pernotta in città!”

La principessa mi fissò strabuzzando gli occhi ed emettendo un verso strozzato, rossa di rabbia. “E da cosa, Lina-san, hai capito che abbiamo deciso per pernottare, di grazia?”

“Amelia, cara… non vedi come sei stanca e stressata?” la pungolai, “Litighi con me invece di declamare uno dei tantissimi discorsi sulla giustizia… non va bene! E’ così che vuoi presentarti a tuo padre e rivedere tua sorella? Hai-bisogno-di-riposo.”

Amelia spalancò la bocca, poi storse le labbra in una piega che si poteva definire quantomeno dubbiosa infine si accigliò. “Va bene.” Grugnì e mi superò. Zel le si accodò. “Sei incredibile, Lina.” Soffiò nella mia direzione con tono divertito e irritato al contempo. Solo lo sciamano riusciva in certi virtuosismi, glielo devo riconoscere. Gli feci un mezzo sorriso di rimando.

Gourry mi battè una mano sulla spalla e in quel momento mi incamminai per rimettermi in testa al gruppo. Dopotutto ero io a conoscere la direzione. ♥

 

La principessa avanzava con sguardo cupo mentre Zel camminava alle sue spalle scuotendo la testa e borbottando qualcosa riguardo alla litigata che avevamo fatto qualche anno prima ad Atlas City, il suo umore era decisamente passato di nuovo in fase ‘malumore’, nel frattempo Gourry leggeva con interesse e ad alta voce i nomi di tutte le locande che incontravamo occhieggiandomi per cercare di capire se fosse “quella giusta”. Ogni tanto Amelia mugugnava che almeno avremmo dovuto fermarci ad una benedetta locanda invece di girare tutta la città, quello che non sapeva è che io volevo andare in una determinata locanda, segnalata dalla mia guida come la migliore, sia in fatto di cibo che di terme.

 

Già, anche IO avevo fatto tanta strada ed ero stanca ed impolverata.  

E desideravo il meglio per me stessa tutti.

 

Alla fine della lunga via principale, proprio in fondo, ecco apparire finalmente la Locanda Nettare degli Dei. Che non esponeva neanche il nefasto cartello del “tutto completo” che aveva tanto indisposto Amelia per tutta la lunga strada che avevamo percorso. Davvero, ogni metro era una sofferenza con Amelia in versione sbuffante. Perché non l’avevo arrostita? Suvvia, chi avrebbe pagato poi? ♥

 

“Eccoci arrivati!” Declamai col mio miglior tono da imbonitrice.

Alla vista di quella meraviglia la principessa raddrizzò le spalle e Zel smise quel suo borbottio, che alla lunga stava diventando decisamente fastidioso. Gourry quasi saltellava dalla felicità. E io? , io non stavo più nella pelle, ovvio!

 

Entrammo, accolti da un giovane e lustro oste tutto sorrisi che ci attendeva in piedi alla reception. Prendemmo due camere doppie: io e Amelia avremmo dormito nella stanza rivolta verso le terme mentre Gourry e Zel sarebbero andati nell’unica altra libera, che guardava la strada. Secondo la cameriera che ci accompagnò a visitare la locanda e le terme eravamo stati decisamente fortunati nel trovare delle camere perché quello era il periodo di maggior afflusso di turisti. Durante la settimana in corso poi c’era un vero e proprio piccolo festival dedicato alla loro famosa birra e gente da tutti i paesi limitrofi e anche lontani arrivava per bere e divertirsi ma casualmente due coppie avevano disdetto all’ultimo minuto e così… ecco le nostre stanze!

 

A quelle parole sorrisi tra me e me, mormorando un “Lucky ♥”

 

Ero o non era la ragazza più fortunata della terra? Non solo ero a Ehltarien, non solo avevo trovato posto alla locanda Nettare degli Dei ma era anche la settimana del festival. Anzi, del Festival.

Cosa potevo chiedere di più?

Qualcuno disse “Attento a ciò che desideri.” Ora posso ufficialmente dire che quel qualcuno aveva ragione.

 

Ovviamente la mia felicità non poteva non essere guastata da Zel, il sospettoso e paranoico Zel. Figurarsi. Mentre ghignavo per la mia buona sorte e annunciavo al mondo che era esattamente dove desideravo pernottare, una pesante mano si abbattè sulla mia spalla. “Lina,” sussurrò lo sciamano, allontanandomi da sguardi –e orecchie- indiscrete.  A quel gesto Gourry mi lanciò una strana occhiata in tralice, subito rimpiazzata dal suo solito sguardo aperto e sereno e da una sventolata di mano in mia direzione. Amelia invece era già schizzata in camera, con la scusa che voleva riposarsi, a scrivere una lettera a suo padre quasi certamente. Quella ragazza non era capace di dissimulare neppure se ne fosse andato della sua vita. “Non trovi un pochino sospetto che praticamente tutte le locande fossero piene e proprio questa… la più bella… quella dove volevi andare, guarda caso abbia proprio due stanze doppie libere? Non trovi sospetto che ben due coppie abbiano disdetto… così?” Schioccò le dita, storcendo la bocca. Ero ancora leggermente turbata per quella piccola stonatura nel comportamento di Gourry e quindi ci misi un attimo per capire cosa mi stava dicendo lo sciamano. Quando le sue insinuazioni mi arrivarono al cervello, alzai gli occhi al cielo.

 

Va bene, VA BENE, in effetti era appena appena sospetto. Suvvia però, era veramente da fissati farsi venire certe idee… Chi poteva sapere che eravamo in quella città?

Zel…” sospirai. “Siamo qui per divertirci, cerca di stare tranquillo. Chi mai potrebbe indovinare dove volevo andare? Trovare posto nella locanda che desidero, nonostante il pienone, a casa mia significa solo avere un gran colpo di…” Gesticolai in modo eloquente e feci l’occhiolino.

Lo sciamano assottigliò gli occhi. “Come dici tu, Lina.” Si tirò su il mantello a coprire la parte inferiore del viso. “A me però puzza di marcio… cerca di stare attenta.” Mi scoccò un’occhiata in tralice, poi scosse la testa. “Vado a farmi un giro.”

Ecco, Zel è una persona per la quale nutro un grande rispetto, davvero. Ma è un guastafeste nato.

Neppure io ci tengo a farmi fare la pelle ma se per una minuscola volta tutto non solo va bene, va davvero benissimo, perché devono per forza esserci problemi? E poi c’è già stata Amelia a tenermi il muso per quasi tutto il giorno.

Sinceramente, questa gente non si sa divertire.

 

Il tempo di entrare in camera, darsi una rinfrescata ed era già ora di cena. Gourry mi precedette, corremmo e ci spintonammo sulle scale come bambini e una volta a tavola ci azzuffammo per il cibo, che era semplicemente ottimo. Se mai mi aveva davvero lanciato un’occhiata strana, la cosa si era conclusa lì… non avevo intenzione di rimuginarci troppo su. Non quella sera, con davanti ore di sano divertimento. La cena magnifica sembrò far migliorare anche l’umore di Zel e Amelia mangiò con gusto, chiacchierando nel frattempo, anche se questa cosa non sarebbe poi stata così principesca. Con mia grande magnanimità decisi di non farglielo notare e a tratti mi sorbii le gesta della famosa Gracia, dai ricordi di quando Amelia era bambina. “… e poi una sera si è calata dalla finestra ma era così ubriaca che è finita col sedere in un cespuglio di rovi…” Mmmm? “Amelia…” la interruppi continuando a mangiare e rubando magistralmente lo spiedino dal piatto di Gourry. Quando cercò di riprenderselo, parai la sua forchetta con un colpo da maestro di coltello.

Il tutto guardando Amelia.

Notevole, vero? ♥

 

“Amelia… ma quanti anni aveva tua sorella, scusa?” Non ce la vedevo proprio l’erede al trono di Saillune sbronza. Non doveva avere tantissimi anni più di Amelia… e l’immagine di un’Amelia alticcia che cadeva di chiappe tra le spine era così comica che quasi mi strozzai.

La principessa si mise una mano sotto al mento. “Mah… penso quattordici all’epoca! Ma poi non è che fosse proprio ubriaca, è solo che…” Le chiacchiere di Amelia furono un piacevole sottofondo alla serata. Io e Gourry alla fine eravamo talmente pieni che i nostri stomaci avrebbero potuto esplodere, almeno, il mio di sicuro.

 

L’unica cosa che avrei voluto a quel punto sarebbe stato buttarmi nelle calde terme… se non che una musichetta e un intenso vociare fuori dalla locanda mi fecero ritornare alla mente il Festival.

Come avevo potuto dimenticare la fantastica occasione di mangiare il dolce alla birra di Ehltarien e di bere LA birra –dimenticate che il mio stomaco era pieno, assolutamente no, quando mai!- e girovagare tra le immancabili bancarelle? Potevamo anche andare il giorno seguente, durante la versione mattutina del Festival… ma perché mancare all’appuntamento? Non ero poi così stanca. E già immaginavo se avessimo tardato ancora sulla tabella di marcia le lamentele che mi sarebbe toccato sorbire. Per carità!

 

Mi fregai invece le mani e sorrisi tra me e me all’idea delle trattative e degli articoli che avrei sicuramente scovato. Lanciai un’occhiata a Gourry che mi sorrise in modo affettuoso e mi mise una mano sulla testa scompigliandomi la frangia. “Scommetto che qualcuno ha già in mente di fare affari questa sera.”

Se dicessi che non arrossii neppure un pochino, qualcuno mi crederebbe? In ogni caso lanciai un’occhiata furtiva in direzione di Zel e Amelia, che erano presi da una loro conversazione riguardante Gracia, -o meglio, Amelia raccontava ancora e ancora e Zel aveva ormai lo sguardo vitreo mentre beveva il caffè- perché ecco, un po’ mi imbarazzava essere vista in certi atteggiamenti con Gourry. Che poi erano solo premurosi, niente da nascondere eh?

Due grandi amici, ecco, siamo due grandi amici e quindi niente di male. Assolutamente!

 

Avevo comunque le guance calde.

 

Tirai indietro la sedia e il fracasso fece zittire Amelia. “E ora… Festival!” Alzai il dito al cielo subito imitata da Gourry e da alcuni avventori. Il buon cibo e i ricordi avevano fatto passare del tutto l’arrabbiatura ad Amelia che adesso sorrideva… anche se il suo sorriso divenne un po’ più stiracchiato e meno spontaneo quando si rese conto che nessuno di noi, il buon vecchio Zelly incluso, aveva i soldi per pagare la meravigliosa cena. Il regno di Saillune avrebbe sponsorizzato anche quella sera! ♥

 

Uscimmo nell’aria calda della sera e fummo subito circondati dalla folla, avvolti da suoni e odori di festa. Dolce alla birra, frittelle, salsicce, gelati… non mancava nulla. Ai lati della via mille bancarelle colorate proponevano il più disparato assortimento di mercanzia mentre i proprietari gridavano per attirare le persone verso i loro prodotti.

 

Camminavo al fianco di Amelia , con Gourry e Zel alle spalle. C’era così tanto da vedere e da fare! Gli occhi di Amelia brillavano alla vista dei fuochi d’artificio che esplodevano a intervalli regolari nel cielo nero, colorando i visi di tutti con i colori dell’arcobaleno e lo stesso Gourry sembrava un bambino spensierato mentre si entusiasmava per le strane figure che venivano create dai fuochi. Solo Zelgadiss sembrava un po’ in apprensione, la metà inferiore del viso coperta dal mantello e il cappuccio calato quasi fin sugli occhi. A tratti mi pareva di sentirlo bisbigliare “Mi fissano…Mi stanno fissando!” al che Amelia gli lanciava un’occhiata preoccupata e perplessa. Effettivamente capitava che qualche moccioso tirasse le gonne della madre al suo passaggio ma quella era ordinaria amministrazione per lui, non mi spiegavo perché fosse tanto turbato.

 

Mentre continuavamo la passeggiata, il mio umore da ottimo migliorò ancora. Semi-nascosta dalla folla, una bancarella di manufatti magici faceva bella mostra di sé. Appesi ad un filo, diversi ciondoli incantati sembravano farmi l’occhiolino e invitarmi a guardarli, toccarli. Chissà se c’era dell’Orhialcon… “Amelia, vado di là!” Annunciai puntando l’indice in direzione di quel ben di dio.

In realtà avrei tranquillamente potuto anche allontanarmi senza dire nulla perché la principessa non diede segno alcuno di avermi udito, tutta presa com’era dal Festival.

Vedete che i miei amici sono ingiusti? Mi tengono il broncio perché decido una deviazione e poi si divertono talmente tanto da non prestarmi neanche più attenzione! (Mmmmm… non so questo potesse valere anche per Zel in quel momento… ma evitiamo di fare troppo i precisi! Alla fine valeva di certo per due amici su tre, è un’ottima media!!!)

 

Mentre mi avviavo una mano mi si posò delicatamente sulla spalla sinistra mentre il braccio mi tirò a sé. “Che diav…” stavo quasi per mollare un cazzotto allo zoticone che si era permesso tutta quella confidenza quando mi resi conto che si trattava di Gourry. Oh , non che Gourry non meriti di essere rimesso al suo posto, certe volte, ma quello che disse mi lasciò per un secondo spiazzata.

“Lina… c’è qualcosa di strano. Qualcosa non va.” Detto sinceramente non mi ero accorta di nulla, ed io sono tutto fuorchè  una sprovveduta. Ma lo spadaccino era veramente percettivo e se diceva una cosa simile, c’era da stare all’erta senza neanche chiedersi il perché. Gourry mi fissò intensamente per qualche secondo poi tornò a scrutare la strada. Si stava preoccupando per me, quindi. Mi stringeva a sé per… proteggermi?

Ma io non avevo bisogno di qualcuno che badasse a me! In preda a sentimenti contrastanti… arrossii abbondantemente, mettendomi comunque in guardia. Dovevo focalizzare l’attenzione verso il pericolo… anche se il contatto ravvicinato con il suo fianco, era davvero… intimo. In posizione di difesa stavamo spesso vicino ma in questo caso… mi stava stringendo a sé, mi stava… Ahhhhhgh! Dovevo smettere di pensarci! Alla fine mi irrigidii un pochino, leggermente a disagio: mi fidavo completamente dell’istinto di Gourry ma ero in imbarazzo. Se ne accorse ma invece di sollevare il braccio, mi avvicinò ancora di più. Come se fosse stato possibile. Avvicinarmi ancora più di così intendo. “Non mi piace…” scosse la testa, “qualcosa non va.” Ripetè aggrottando la fronte e spostando leggermente lo sguardo attraverso quella ressa di persone festanti.

 

Ok, dire che ero arrossita è un eufemismo e stavo sudando, grondavo letteralmente.

E non per la tensione.

Il primo che dice che non dovevo essere un bello spettacolo si prenderà una ciabattata diritta in fronte! Tornando a noi… Gourry aveva avvertito un qualche pericolo ed era subito corso da me, per proteggermi. Per proteggermi…

Da amici! Per proteggere un’amica! Lui è la mia autoproclamata guardia del corpo!

Cosa state pensando! Non dovete pensare!!!

 

Guardai sospettosamente tra la gente in cerca di qualche mazoku. Perché se Gourry era così in allerta doveva trattarsi di un demone… o più demoni, non si sarebbe preoccupato in quella maniera per qualche ladruncolo o tagliaborse, il Festival, c’era da scommetterci, doveva esserne pieno!

Dovevamo riavvicinarci assolutamente a Zel e Amelia che sembravano essere stati inghiottiti dalla calca compatta che mangiava, beveva, si divertiva accanto a noi. Dovevamo spostarci a tutti i costi dalla zona gremita di gente, se eravamo l’obiettivo di qualche demone. E non era neppure così difficile che lo fosse. Diavolo, io ero Lina Inverse e i demoni venivano a me come api sul miele. Sospirai.

 

Lo sguardo di Gourry era concentrato e incupito, aveva addirittura la pelle d’oca sulle braccia.

 

Improvvisamente, con un movimento tanto repentino da rischiare di sbilanciarmi, Gourry si voltò all’indietro e qualcosa mi travolse con violenza, gettandomi quasi a terra.

 

Quando riuscii a ritrovare il mio equilibrio, una scena surreale si presentò ai miei occhi.

 

Gah…” Fu l’unico suono che riuscii a emettere. Non un suono particolarmente intelligente, devo riconoscerlo ma…

 

Il demone di Gourry era… una ragazza? Sembrava davvero una normalissima ragazza. Mai farsi ingannare dalle apparenze però…

 

Il bufalo che mi aveva centrata in pieno era una giovane molto alta, con lunghi capelli castani decisamente poco abbigliata. Potrei giurare di averle visto le natiche nude, da tanto era profondo lo spacco del suo abito. Per non parlare delle tette. Ovviamente qualsiasi altro essere umano di sesso femminile che dovesse interagire con il nostro gruppo aveva il requisito fondamentale nel ritrovarsi dotata di tette enormi. Bastava solo pensare ad Amelia. O Sylpheel. Martina. Philia. Stavo per gridare.

 

Questo fu quanto registrai in un primissimo momento, ancora rintronata dalla botta. (Essere una maga-genio porta a notare molte cose in pochissimi secondi. Soprattutto se si tratta di tette.)

 

Quello che mi ritrovai a fissare nei secondi successivi fu la suddetta ragazza che si avvinghiava a Gourry modello polipo. Ah ah testa di medusa e polipo… Gourry era rigido come uno stoccafisso mentre quella lo… lo… palpava? Palpava. Brava Lina, sempre stata brava nel trovare i termini. E… emetteva dei… gemiti. Oh Dei… Istintivamente sentii salirmi il sangue al cervello.

Senza ragione, senza-alcuna-ragione.

Chiunque aveva il diritto di avvinghiarsi al cervello di medusa… ma non di sbattermi a terra come un sacco di spazzatura! Ecco, proprio così stavano le cose.

 

Quando una mano mi toccò il braccio, girai il collo in modo talmente rigido da farlo scricchiolare.

Era di Amelia, apparsa magicamente al mio fianco. “Tutto bene, Lina-san?” Lanciava occhiate preoccupate allo stoccafisso e… a quella… cosa, per poi tornare a rivolgere lo sguardo verso di me.

Ho mai fatto notare come Amelia possa rappresentare all’occasione un perfetto capro espiatorio?

 

“Perché?” chiesi con voce gelida. Avrei potuto affermare senza errore che la temperatura esterna si fosse abbassata di qualche grado anche se per quanto mi riguardava sentivo un intenso e fastidioso calore estendersi su tutta la faccia. Amelia iniziò a fiutare il pericolo perché alzò velocemente entrambe le mani e, evitando di guardarmi negli occhi, indietreggiò attaccando a balbettare.

VA BENE, volevo un po’ strapazzarla… ma sinceramente, che razza di opinione hanno di me i miei amici? Si stava comportando con me come avrebbe fatto nei confronti di una bestia selvaggia e pericolosa. Pessima mossa Amelia, davvero pessima.

 

“No… perché… mmm… ecco… io… ho visto che ti hanno… spintonata…”

 

Stava sudando copiosamente, ve lo posso assicurare.

 

Mi girai completamente verso Amelia, dando le spalle alla coppietta. La principessa si grattò il mento alzando la testa verso il cielo. “Oh… i fuochi, che belli…” Il suono della sua voce era davvero, davvero falso. Dovevo averla terrorizzata sul serio quindi.

“Lina…” mentre ero di schiena mi giunse la voce di Gourry, stranamente acuta. Panico? E perché mai uno dovrebbe andare in panico quando una bella ragazza gli si avvinghia addosso? Francamente, non me ne fregava nulla: cervello di medusa poteva fare quello che diavolo voleva.

Gourry…” miagolò quasi in contemporanea quella… ragazza. “Non mi presenti quelle due ragazzine con le quali ti accompagni?”

 

Ora, io forse ho la tendenza ad infuriarmi velocemente, ma sentirsi dare della ragazzina non posso davvero reggerlo. Sapevo che, per qualche oscura ragione, stava cercando di provocarci per cui strinsi solo i pugni e serrai la mascella, determinata a non dare in escandescenze (anche se la ragazza era a tanto così da vedersi arrivare addosso una Palla di Fuoco, davvero, potevo vedere con l’occhio della mente le sue belle chiappette andare a fuoco.)

 

Improvvisamente Ehltarien stava iniziando a non piacermi più così tanto. Già mi vedevo Zel che, incrociando le braccia, mugugnava “Te lo avevo detto!”. “Lina!” Gourry mi aveva chiamata ancora e quando mi decisi a guardarlo in faccia, sperando che nel frattempo un po’ di quel colore violento che mi sentivo sulle guance se ne fosse andato, lui mi stava fissando con occhio lacrimoso.

Avvinghiato alla tizia, comunque.

Se le occhiate avessero il potere uccidere, quella che rivolsi a lui avrebbe dovuto come minimo procurargli gravi danni permanenti.

 

“Ma guarda che bel musino, come sei carina!” Non potevo crederci ma la donzella in questione mi aveva appena rivolto queste esatte parole, in un tono che oserei definire zuccheroso. “Io sono Emma.” Sorrise facendo luccicare la dentatura rovinando subito l’effetto leccandosi le labbra in maniera quantomeno lasciva. Sinceramente, che schifo! Dal modo in cui strizzava il sedere a Gourry, anche a lei comunque dovevano piacere gli uomini. Il suo gesto non si spiegava. In ogni modo, detto schiettamente… cosa diavolo voleva quella da me? “Visto che il mio tesorino non è molto loquace questa sera,” Il mio… tesorino?in effetti un muto avrebbe dato più soddisfazione di Gourry “mi presento da sola…” Estrasse di nuovo la lingua e si leccò un dito con deliberata lentezza. Disgustosa. “Sono stata la ragazza di Gourry, quella delle sue notti infuocate, quella che ha fatto urlare di piacere per ore ogni notte.” Sentii Amelia emettere un buffo suono nasale mentre io fissavo Emma con un sopracciglio alzato. Bene, Gourry è un amante focoso. Fantastico. E adesso? Forse fu la mia espressione sarcastica a spingerla al colpo di genio che per poco non mi stese. In senso figurato, ovviamente. “E questa è suo figlia. Nostra figlia.” Aggiunse, facendo comparire davanti a noi una bambinetta bionda con il moccio al naso che evidentemente teneva nascosta nel cilindro, come il coniglietto del prestigiatore. “Tu, invece chi saresti?” Fissai Gourry, Emma e la bambina con sguardo vuoto.

Era davvero altamente probabile che in quel momento io e lo spadaccino vestissimo la stessa espressione stralunata.

 

Gourry aveva diversi anni più di me. Era stato un mercenario. Sapevo già che aveva sicuramente avuto delle relazioni e che doveva avere una certa esperienza in campo sessuale. Era normale nell’ambiente in cui era vissuto ed era normale anche per un ragazzo della sua età. Era possibile che avesse avuto una storia con quella ragazza, anche se avrei giurato che i suoi gusti fossero migliori. Alla fine io quel Gourry, il Gourry giovane mercenario, non lo conoscevo. Avrebbe potuto essere una persona completamente diversa. E probabilmente lo era stato, non doveva certo delle spiegazioni a me. In ogni caso io la mia lezione l’avevo già imparata da Miss Sirenetta, quando Gourry mi ci aveva lasciati per andare a fare il padre ai suoi presunti figli. Pesci.

Questa era invece una bambina imbronciata dal visino fine. Capelli biondi e occhi azzurri. Circa sei anni.

Ci stava.

Ottimo.

 

Opzione uno. Voltarsi e andare a fare quello che avevo deciso in precedenza… cercare l’Orhialcon e poi la famosa birra. Opzione due. Strapazzare Amelia per le sue silenti insinuazioni. Opzione tre. La birra, poi le terme. Tutte e tre mi parevano allettanti.

Uh, e c’era anche il DOLCE alla birra. Già.

 

Mentre mi giravo e prendevo la strada di una taverna che avevo occhieggiato giusto in quel momento, mi parve di sentire Amelia blaterare qualcosa a proposito dell’ingiustizia di mentire e rubare i ragazzi altrui mentre una voce miagolante le rispondeva a tono. Mi sembrò anche di sentir chiamare il mio nome da quel ragazzo biondo che viaggiava con noi. Non mi sovveniva il nome. Non da ultimo registrai la misteriosa mancanza di Zelgadiss. Dopo di che infilai la prima stradina a destra, proprio a fianco alla taverna, poi una a sinistra e così via tra vicoli illuminati a festa e bancarelle, gente, cibo e alcol.

 

Avevo sete e volevo bere quella dannata birra. Null’altro. Normale arsura e normalissima voglia del delizioso prodotto locale, quello per cui mi ero impuntata fino all’esaurimento mio e degli altri.

E ora l’avrei bevuta.

 

Dopo aver girovagato senza meta mi infilai in una locanda. Venni accolta da una rissa, giustamente.

Ma una ragazza in fiore come me deve sempre finire nelle bettole malfamate? In quel momento poi stranamente avevo anche io una gran voglia di menar le mani, il caldo si sa, da alla testa.

Decisi però di bere, prima. Ero lì per quello, maledizione. Avevo fatto deviare una carovana di amici sbuffanti per la birra di Ehltarien e la birra di Ehltarien avrei avuto.

E poi avrei contrattato col venditore appena fuori da quel postaccio puzzolente, che aveva davvero dei bei pugnali magici. Avrei mercanteggiato fino a farlo piangere. Già pregustavo quel momento.

 

Scelsi uno sgabello vicino al bancone, unto come da copione. Sorda alle grida della zuffa alle mie spalle chiesi e ottenni un enorme boccale di birra da un barista decisamente irsuto. Tolsi un pelo dal bicchiere sopprimendo un conato di vomito. Non era il caso di fare tanto la schizzinosa, dopotutto mi ero scelta volontariamente la bettola più schifosa del paese no? Tracannai la birra e ne presi altra. La sete che avevo era inestinguibile, tutta colpa della cena di sicuro. Avevo subito capito che quel maiale era troppo speziato, per non parlare della patate arrosto che di certo erano state salate senza parsimonia. Come se il sale non costasse! Sputai per terra. Generalmente non lo faccio, una signorina fine come me… ma nel contesto andava benissimo. E dopo la terza birra da litro sputare o no per terra era indifferente. TUTTO era indifferente. Non perché fossi sbronza, nossignora. Io sbronza? Ma con chi credete di parlare?

 

“Parli da sola. Sei sbronza.”

 

Ecco cosa succede a bere birra strana di paesi sconosciuti. Si sentono le voci.

 

Una mano mi tirò per il mantello, facendomi abbassare la testa. Il mondo ondeggiò per un attimo per poi tornare nella sua sede naturale. L’allucinazione uditiva si era addensata in una mocciosa bionda. LA mocciosa bionda.

 

“Ci sei?” Sventolò la manina. “Ohi?”

 

Decidere di rivolgere la mia attenzione al boccale di birra per scacciare l’allucinazione bevendo non funzionò. Eppure io SONO un genio, lo so. Purtroppo spesso i geni muoiono folli e io stavo impazzendo, era evidente. O forse ero ubriaca. Solo un pochino.

 

“Dobbiamo parlare.”

 

Dei, non è possibile bere in santa pace eh? Rivolsi lo sguardo verso la bambina cercando disperatamente di non abbassare la testa. “Shi può shapere cosha vuoi?” Forse era interdetta perché dopo la mia gentile richiesta mi guardò stranita per un attimo. Poi si schiarì la voce. “A parte il fatto che sei ubriaca persa, almeno capisci quando parlo?” Mai vista tanta impudenza in una mocciosetta, mia madre mi avrebbe sculacciata fino a farmi il sedere viola se avessi osato rivolgermi ad un adulto con tanta insolenza. “Shenti moc- ciosha. Shei pr..proprio maleducata. Lasha in pashe i grandi e vai a sh.. shiosgiocare. Fila! Queshto poshto n-non è per i pic-hic-piccoli!”

 

I bambini di oggi non sono più quelli di una volta, è impossibile non accorgersene. Nonostante il mio discorso, dopo essersi pulita con la manica il viso (“Mi hai sputato in faccia, che schifo!”) mi tirò per il guanto con una forza incredibile che mi fece quasi finire con la faccia sul pavimento lercio. Non caddi ma qualcuno doveva aver fatto un qualche incantesimo perché non ero quasi in grado di stare in piedi, il suolo mi attirava a sé come una calamita potentissima. “Dai, vieni…” Quella piccoletta mi tirava e mi spingeva, sbuffando per lo sforzo. , mi aveva tolta da quel comodissimo sgabello, adesso ne subiva le conseguenze. La vita mica era tutta rose e fiori.

Ridacchiai. “Vergogna… hai bevuto come un spugna!” Sgridata in rima da una di sei anni. Risi più forte. “Dai… muoviti!!! PesiiiiiiOps, forse la stavo schiacciando. Questo mi provocò un’altra serie di risate convulse.

 

“Lina… Lina-san!”

 

Di male in peggio. Cosa mai avrò fatto di male per meritarmi anche questo? E non osate rispondere!

Lina-san stai mal… Lina-san? Sei… ubriaca?” Mi drizzai in piedi, barcollando, piena di tutta la mia dignità ferita. “Amelia. Ashcolta un’amica… prendi una birreeetta.” Non era poi esattamente quello che volevo dire. Ok, doveva trattarsi di un caso di possessione, era evidente. Amelia fece per aprire bocca ma la fermai con un gesto della mano. “No! Non puooooi dirmi di no. Te la offro io, eccccco.” Le allungai il borsellino. Già, l’ipotesi della possessione era confermata dal mio gesto sconsiderato. La bambina nel frattempo rimaneva al mio fianco. “Ma… io…” Amelia sembrava confusa. “Daiiiii Ameliiiiiiiiia.” Le feci cenno indicandole un banchetto che vendeva birra alla spina. “Ma… e la bambina…” Si rivolse alla piccola. “Non devi tornare dalla mamma?” Lei scosse i lunghi capelli biondi. “Dalla mamma ci torno dopo. Adesso fai come ti dice la tua amica o non ce la caviamo più. Ci sediamo su quel muretto… Ti aspettiamo lì. Forza, vai.”

 

La fissai stranita mentre mi accompagnava al muretto e si sedeva accanto a me sibilandomi. “E vedi di non cadere nel fosso, mi manca solo sporcarmi di letame per ripescarti.” Sarò stata leggermente alticcia ma una bambina di sette anni non parla così, non si comporta così. Qualcosa non quadrava e non era il mondo che ballava il valzer intorno a me. Sembrava molto più grande dell’età che dimostrava. “Schusa non è che per casho shei una nana?”

Mi lanciò uno sguardo di fuoco.

 

Amelia ci raggiunse ed iniziò a sorseggiare la birra, leccandosi la schiuma dalle labbra. “Oh,” la sentii sussurrare, “E’ veramente buona come dicono!” Nel frattempo la bambina, o quello che diavolo era, mi fissava, muovendo nervosamente le gambe.

“Mi ascolti, adesso?” Annuii. “Dì alla belliiisshima maga-shenio qui preshente qual è il tuo prob-problema piccola lady!” La biondina assunse l’espressione più esterrefatta che mi fosse mai capitato di vedere sul volto di un essere sotto il metro e trenta. Si schiaffò una mano sulla faccia in una maniera che mi ricordò Zelgadiss e fui sul punto di chiederle se per caso fosse SUA figlia, quando parlò. “Allora, bellissima maga-genio,” giuro che sottolineò “genio” in una maniera che non mi piacque affatto. “Se sei un genio come dici, mia cara, avresti dovuto capire che non sono la figlia del tuo amico. A meno che il tuo amico non sia un elfo.” Mi scosse un dito sotto il naso, dito che si sdoppiò in molte dita che ballavano il valzer. Doveva essere un ballo molto popolare a Eltharien. Spostò i capelli mostrandomi delle minuscole orecchiette dalla forma allungata. “Se solo fossi stata un po’ più accorta avresti notato che la birra di qui è molto forte, per quanto buona e la tua amica…” La interruppi o almeno, cercai.

 

Una luce improvvisa mi avvolse, accecandomi. Mentre cercavo di proteggermi gli occhi, maledicendo la mia cattiva sorte e quel cretino che aveva sicuramente lanciato un Lighting all’ennesima potenza, una voce conosciuta mi gelò sul posto. Amelia. Amelia con un megafono in mano. Dopo aver bevuto la birra. I danni che quella ragazza poteva produrre erano paragonabili solo al Dragon Slave che avevo lanciato distruggendo Zoana, me lo sentivo. Socchiusi gli occhi e iniziai a sentirmi decisamente poco bene.

 

“Sì, signori,” ululava Amelia, in piedi su un palo. Ma quando cavolo ci era salita? “La mia amica” e la luce accecante si intensificò solo su di me, mettendomi al centro dell’attenzione, “è stata raggirata da una brutta persona che sta cercando di rubarle l’uomo che AMA!” Oh, Dei… Vi è mai capitato che la sbronza vi passasse quasi completamente, di colpo? La folla festante era azzittita e fissava rapita la principessa. A suo merito posso solo dire che non sbiascicava neppure un po’. Questa non sarebbe stata un’attenuante quando fossi riuscita a metterle le mani addosso ovviamente. Cercai di allontanarmi dal cono di luce. “LEI,” tuonò Amelia e la luce mi ricatturò subito. Veniva da un dannatissimo faro da scena. “Adesso ha il cuore spezzato! E’ questo NON  E’ GIUSTO!” Mi sentivo sprofondare. Girai la testa in cerca di soccorso e vidi la nanetta che sorrideva malvagiamente e annuiva. “Ben ti sta, maga-genio.” Mi sillabò.

 

Mortificata dalla pervertita. Maltrattata da una pseudo-mocciosa. Umiliata alla massima potenza da Amelia.

 

Era ora di finirla, tutto ha un limite anche per una ragazza dolce e paziente come me. E non osate fiatare!

 

Alzai le mani e mentre Amelia proseguiva imperterrita nella sua tirata, acclamata dalla folla, iniziai a recitare.

 

“Ohi! Ohi, ma sei pazza?” il moscerino mi si era aggrappato ai guanti. “Mollamiiiiiiiiiiiii” Ribattei furiosa. E forse anche un pochino ancora ubriaca.

 

In quel momento il mondo esplose.

E io non avevo ancora fatto niente.

 

 

Stavo volando. Molta gente volava, e gridava. Ma che diavolo stava succedendo, ancora? Mi feci un appunto mentale di dire a Zel che portava rogna, e non poco.

Levitation!” gridai e finalmente smisi di venire sballottata dal turbine creato dall’esplosione. Tutto quel “movimento” aereo mi aveva fatto decisamente venire la nausea e non desideravo concludere la serata vomitandomi addosso. Anche se c’erano problemi ben peggiori da affrontare, al momento.

Non che la mia meravigliosa tunica puzzolente di succhi gastrici non sia da considerare ma, in effetti, qui c’era qualcosa di più grosso. E aveva il sapore di grossi guai.

Quale genio aveva lanciato quell’incantesimo in mezzo alla folla? Dove erano finite Amelia e la ragazzina?E poi, soprattutto… la ragazzina non era figlia di Gourry! (♥) Però era… un elfo? Un mezz’elfo? E perché aveva fatto finta di essere la figlia dello spadaccino?

 

Atterrai in modo un po’ brusco e mi rimisi in equilibrio a fatica. Il centro dell’esplosione era piccolo e della gente giaceva tramortita e dolorante lì intorno… tutto sommato era stata una cosa intensa ma non mortale. Non avevo capito cosa fosse stato lanciato (e questo era un male) ma almeno gli effetti non erano stati devastanti. Non mi ero neanche accorta che qualcuno (oltre a me) stava per fare esplodere la zona… anche questo non andava bene. Si ride e di scherza ma certe disattenzioni potevano costare care. Girai la testa a destra e a sinistra, per cercare di scoprire il colpevole quando…

 

“Eccoti qui.”

Era la voce di Gourry.

 

Mi girai velocemente verso di lui (pessima mossa, Lina) e         quasi gli caracollai addosso. C’erano delle cose di cui avremmo dovuto parlare, una volta per tutte. A parte chiarire che quella mezza elfa… o qualsiasi cosa fosse, non era sua figlia e la sua ex ragazza aveva tentato di incastrarlo (per nuove notti di piacere, mi stava venendo da pensare mentre un ghigno mi si allargava sul volto insieme ad un soffuso rossore), c’erano questioni che avevo appena deciso avremmo affrontato. Arrossii ancora un pochino mentre mi apprestavo a chiedergli di fare due passi con me, alla faccia di Amelia che chissà dove era finita (e io speravo si trattasse del fosso) quando mi resi conto di una cosa.

 

Gourry c’era, è vero. Ma alle sue spalle, che gli intrecciava i capelli, c’era Emma. Ed Emma sembrava particolarmente compiaciuta. Non sapevo ancora il perché ma era di certo un brutto segno.

“Io… resto con Emma.” Disse lo spadaccino e io scossi la testa.

 

Fu un gesto automatico, di negazione. E anche di confusione.

Non credevo di aver sentito bene ma lui era lì e mi fissava con le labbra strette in una linea sottile e lo sguardo cupo. “Eh?” Lo spadaccino ripetè la frase, con il tono di un maestro che deve inculcare la lezione in testa ad un alunno pigro e poco intelligente. Questo mi irritò e confuse ulteriormente, quindi sbottai.

“Testa di medusa, non dire sciocchezze! Quella bambina non è tua figlia. Non devi sentirti obbligato…”

Lui chiuse gli occhi e compresse ancora di più le labbra. “Non importa. Non si tratta di un dovere, io voglio rimanere con lei.” Dietro di lui Emma mi sorrideva in modo sornione.

 

Era così freddo, lo sguardo di Gourry, non sembrava neanche lui. Mi uscì dalle labbra un “ma” pigolante e mi odiai istantaneamente per quel verso da uccellino. “Lina,” era serio, mentre pronunciava il mio nome, “Resto con Emma.” Disse ancora una volta.

Strabuzzai gli occhi. Allora avevo proprio capito bene… ma non aveva il minimo senso!

 

Gourry,” feci un passo avanti, barcollando leggermente, stringendo i pugni e modulando la voce in un tono pericoloso. “Sei diventato scemo?” Sputacchiai. A questo punto avrei voluto partire per la strada del ‘ma chi è quella, da quando ti comporti in modo tanto cretino, che ti prende’ ma… lo trovavo imbarazzante. Non potevo accampare diritti su di lui, non ufficialmente almeno, però lo conoscevo bene. Troppo bene per pensare che fosse completamente in lui. Quello non era Gourry, non poteva essere lui. Gourry poteva anche decidere di fare il padre di un figlio non suo, per il suo buon cuore, ma non mi avrebbe mai trattata in quella maniera. Io e Gourry eravamo una squadra. Più di una squadra. Qualcosa doveva essergli successo mentre mi ero allontanata. La sua finta figlia era venuta a cercarmi per dirmi qualcosa ma con il casino dell’esplosione non ne aveva avuto tempo. Doveva riguardare la situazione, non c’erano dubbi. Il mio cervello lavorava freneticamente, appesantito dalla bevuta della maledetta birra di quello schifoso postaccio puzzolente che avevo scelto… E mentre cercavo qualcosa da dire per capire, per farlo rinsavire, la sua voce mi colse di sorpresa facendomi sussultare.

 

“Lina,” ora era brusco, come raramente lo avevo sentito rivolgersi a me, “non sei altro che una ragazzina. Io ti sono stato dietro tanti anni ma è ora che cammini con le tue gambe,” cosa?????? “Mi ero anche innamorato di te, sai? Ma non sei che un’avida egoista. Sei una bambinetta, sei infantile.” Bambine… Bambinetta?????? “Ti dici grande ma sei piccola così.” Fece il gesto con il pollice e l’indice. Sembra strano che io non avessi ancora almeno replicato, vero? E’ che… non mi aspettavo la piega che aveva preso la situazione. Passavo alternativamente dalla decisione di friggerlo subito al rossore per… aveva detto che…. Mentre cercavo di riportare il mio viso ad un’espressione quantomeno intelligente, lui riprese. “Io ho bisogno di una donna, nella mia vita. Una con cui fare l’amore.” Arrossii abbondantemente e strinsi i denti. Adesso basta…Ne avevo sentito troppe. Una Palla di Fuoco gli avrebbe schiarito le idee. A lui e a quella specie di prostituita che gli si era appiccicata addosso peggio di una zecca. Non aveva senso ascoltare un uomo che delira. Potevo fare solo una cosa. E arrivati a quel punto non mi dispiaceva neanche farla.

 

Alzai le mani concentrando l’energia del fuoco. “Non farlo, non comportarti come una stupida.” Ancora Gourry. Dovevo evitare di ascoltarlo. E di guardarlo. Quegli occhi gelidi, nonostante tutto mi ferivano. Serrai le palpebre, tanto per la mira sapevo prenderla benissimo anche al buio. “Fire…” Una mano sulla bocca e l’altra a stringere il polso. Mi era arrivato addosso in meno di un secondo, silenzioso come un gatto. “Lina, piantala. Sei patetica. Non sono diventato scemo, sono diventato intelligente al limite. Perché per te sono sempre stato ottuso, vero? Emma mi ha aperto gli occhi e ti vedo per quella che sei. Ritieniti libera dalla mia presenza, non hai bisogno di farmi del male con la tua magia. Hai capito?” Lo fissai furiosa, con ancora la bocca tappata. Il suo alito aveva un odore dolciastro che nonostante tutto mi fece arricciare il naso.

 

“Non sai quello che dici!” gridai furibonda appena tolse la mano. “Emma ti ha fatto qualcosa!”

Sempre più arrabbiata mi misi a gridare, cercando di attraversare quella corazza di freddezza e cattiveria che ammantava lo spadaccino. “Riprenditi, Gourry! Non ti rendi conto…?”

Non ti rendi conto che sei stato drogato?Prima che me ne rendessi conto il mio cervello aveva elaborato una possibile soluzione. Per anni mia sorella mi aveva costretto ad imparare a riconoscere veleni ed intrugli vari e quell’odore, nella bocca dello spadaccino… Non riuscivo ad identificarlo (Luna me lo avrebbe suonate, un tempo, per una cosa simile) ma… ero quasi sicura…

 

Mi prese di nuovi i polsi stringendo con forza. “Smettila!” Adesso anche lui sbraitava . “Sono adulto, so difendermi da solo! Emma non mi ha fatto nulla, qui la strega sei tu!” Mi scosse. Non mi aveva mai messo le mani addosso prima. “Ora apri bene le orecchie… Sei tu quella che mi ha sempre usato, hai sfruttato la mia spada, mi hai usato come cavia, come servo… hai dimenticato solo di usarmi come oggetto sessuale… e forse sarebbe stata l’unica cosa di mio gradimento. Mi sono stufato di te! Sono stufo, non ti sopporto più. Adesso basta. Hai capito bene? Adesso BASTA!”

 

Mi lasciò tirandosi indietro all’improvviso, facendomi barcollare. “Me ne vado.”

 

Lo fissai stordita. Non ero abituata a dovermi difendere da lui, in nessun senso. Con gli anni eravamo diventati affiatati in tutti i sensi e tutti i muri che costruivo per non mostrare le mie debolezze per lui erano caduti. E adesso questo. Adesso mi faceva questo. Non ci credevo veramente, anche se se mi aveva trattato in quella maniera orribile non era… giusto. Non apparteneva a Gourry quel modo di fare. Eppure faceva male, faceva un male cani. E se anche sono forte, sentii che mi bruciavano gli occhi.

Ero convinta che non fosse veramente lo spadaccino a dirmi quelle cose, Emma gli doveva aver fatto qualcosa, eppure… alcune frasi mi avevano colpito. Mi morsi il labbro mentre mi si contorceva lo stomaco. Ero prossima alle lacrime… eppure… Lina Inverse che si mette a piangere? Non esiste sulla faccia della terra. Il dolore che provavo si stava trasformando in rabbia e questo era un bene perché potevo gestirla meglio. Gourry mi guardava, come se si aspettasse un mio cenno per andarsene come aveva affermato.

 

“Bene,” dissi con tono volutamente piatto. “Cari saluti allora.” Potevo diventare la regina delle nevi in pochi secondi, anche se bruciavo di dolore e furia. A quel punto non avevo molte altre opzioni. Lo avrei lasciato andare, in un primo tempo, poi avrei trovato un modo per risolvere la situazione.

In realtà il mio animo mi gridava di fare qualcosa subito ma non riuscivo. Era sicuramente stato drogato o stregato, le sue parole nascevano solo da lì, eppure… Avevo bisogno di un attimo. Un attimo solo in cui riprendermi. Poi lo avrei affrontato.

 

Gourry mi guardò con occhio inespressivo e labbra tirate in una linea sottile mentre Emma si era avvicinata e lo tirava a sé. Lui le mise una mano sul seno. Avevo visto abbastanza.

Anzi no. Mi girai, stringendo i pugni poi tornai a fronteggiarlo.

Mi doveva ben più di questo, per tutti i demoni.

 

“Ci si vede, allora.’” Disse facendomi un cenno con la testa. “Stammi bene.”

 

Lo spadaccino mi aveva dato infine le spalle e  senza altre parole si stava allontanando avvinghiato ad Emma.

Emmaaaaa!!!!!” strillò una vocetta acuta e molto fastidiosa dietro di me. “Emma girati, razza di stupida!”

La piccola elfa iniziò a correre dietro ai due, ignorata da entrambi.

 

Emma, e con lei Gourry, procedevano spediti. Io mi sedetti su quello che rimaneva del muretto notando sovrappensiero uno stivale e la gamba di Amelia che spuntavano dal fossato. Alla fine ci era finita davvero. Sarebbe stato comico e gratificante fino a qualche minuto prima. Adesso… avevo bisogno di riflettere. Di essere lucida e di pensare. Sapete di cosa invece non avevo assolutamente bisogno? Del mal di testa di proporzioni cosmiche che mi avrebbe fatto presto compagnia. Di bene in meglio, Lina.

 

Che diavolo stava succedendo ad Ehltarien?

 

Appoggiai i gomiti alle cosce e presi a massaggiarmi le tempie, fissandomi la punta degli stivali. Non so per quanto rimasi in quella posizione ma quando ripresi coscienza del mondo che mi circondava, gli stivali di Amelia erano vicini ai miei. Erano decisamente malconci e insieme alla proprietaria emanavano un odore tutt’altro che attraente. Non alzai la testa ma dall’altro lato avvertii qualcuno che scendeva dal muretto e delle scarpette lucide entrarono nel mio campo visivo. Erano rosse, davvero un bel colore. Forse ne avevo avuto un paio simile da bambina, anche se non amavo metterle. Erano troppo… frivole. Io avevo bisogno di stivali e di calzoncini, anche se a mia madre piacevano di più i vestitini e le calzature da femminuccia. Non aveva avuto fortuna né con me né con mia sorella in quel campo. Luna era più propensa alle cosucce da bambina ma aveva dei gusti particolari e la testa dura. Sentii una mano sulla testa seguita da una sensazione di piacevole freschezza. Il mal di testa si allontanò nei recessi più lontani del mio cervello e poi scomparve. La sbornia sembrava storia passata. Fosse stata Amelia o la piccola elfa, non volevo incontrare i loro visi. Non sapevo a quanta parte della scena avesse assistito la principessa e a quanta la piccoletta ma non volevo vedere le loro espressioni. Non era successo niente. Niente. Andava tutto bene. Dopotutto di certo Gourry era sotto l’influsso di qualcosa e quello che aveva detto non significava nulla.

 

Lina-san,” la mano di Amelia sul mio braccio. Ho già detto che sono particolarmente refrattaria al contatto fisico? Mi scossi via la mano e, prendendo un sospiro, alzai la testa. L’elfetta aveva uno sguardo serio mentre la principessa sorrideva debolmente. Odiavo quel genere di sorriso ma mi trattenni. Non serviva a nulla picchiare Amelia per il mio orgoglio ferito. Non adesso, almeno.

Oh, Amelia, quando tutto questo sarà finito porterai a lungo il segno della mia ira!

 

“Adesso mi ascolterai?” La ragazzina mi fissava con occhi seri e preoccupati. Le feci un cenno.

“Innanzitutto devo partire da alcuni anni fa, per farvi capire bene la situazione.” Sospirò, spostandosi la frangetta che le era finita in faccia. Estrasse una mollettina rosa e si sistemò i capelli. “Fa parte del mio costume di scena, capite? Io recito.” Amelia aggrottò la fronte ma non pose domande. “Mi chiamo Eloise Darth-Intur. Sono una mezza-elfa e ho quattordici anni e mezzo.”

 

Si girò verso di me. “Come ti chiami?” Non mi aspettavo la domanda ma decisi di risponderle rivelandole il mio vero nome. Non lo facevo spesso. “Sono Lina Inverse.” Annuì pensosa. “Adesso sì che tutto mi è chiaro. La famosa Dra-mata, vero?” Ecco, vedete per cosa mi riconosce la gente? Posso salvare il mondo finchè mi pare e piace ma alla fine… Una vena iniziò a pulsarmi sulla fronte.

“Ehi, stai calma. A me non interessa un accidente di chi sei eccetera eccetera. Poi ti spiego perché ho chiesto. Ah, a parte la buona educazione ovviamente.”

 

Quella mezza elfa era irritante, me lo volete riconoscere? Ma io volevo indietro Gourry e mi toccò frenare la voglia che avevo di scuoterla fino a farle battere i denti. Dopotutto a parte avermi insultata non aveva fatto niente di male. Anzi, poteva darmi qualche informazione interessante. Non solo poteva, voleva anche… la fortuna iniziava a girare. Forse però avrei trovato il modo di punirla, più in là. Insieme Amelia. Lina Inverse non dimentica.

 

Gourry è stato drogato da…” stavo per dire ‘tua madre’ ma non era corretto, “Emma. Giusto?”

Amelia sussultò. “Io… l’ho visto solo andare via con quella ragazza… ma era strano. Gourry-san non si comporterebbe mai in quella maniera con te…” Mi lanciò un’occhiata di sbieco, poi si torse le mani. “Mi ricordava quando… quando ci ha attaccati, anni fa.” Abbassò lo sguardo e tacque. Parlava di quando il Principe degli Inferi lo aveva stregato. Potevo capirla perché avevo avuto la stessa sensazione. La ricambiai con un sorriso storto poi tornai a guardare Eloise. Dopo di che mi girai di nuovo verso la principessa. “Scusa, ma come avresti visto la scena? Non eri nel fosso?” Amelia arrossì. “Ecco, io… , ero nel fosso… Ah! Lina-san! Mi hai vista nel fosso e non mi hai aiutata ad uscire?” Fissai la principessa con occhio cupo. “… ok,” riprese a parlare con la guance imporporate, “ERO nel fosso ma mi sono alzata. Da sola.” Mi lanciò un’occhiata. Quella ragazza non era coraggiosa, era sprezzante del pericolo. E neanche lo sapeva. “Insomma… quando mi sono alzata non… non mi sentivo molto bene… barcollavo… mentre… barcollavo… ho visto Gourry-san con quella ragazza che… , che ti parlava a quel modo e volevo intervenire… ma…. Sono caduta di nuovo nel fosso…” Un suono sbuffante giunse alle nostre orecchie. Eloise aveva gli occhi al cielo. Sembrava in preda ad una paresi. Ah, già. La SUA storia. Lasciai perdere Amelia e tornai a lei.

 

“E’ successo qualcosa da quando Emma è arrivata e io me ne sono andata ad adesso. Tu sai cosa.” Eloise annuì in modo secco. “Fammi raccontare per bene.” La fermai alzando una mano. “Abbiamo questo tempo?” All’improvviso nella mia mente si era materializzato un’immagine disturbante. Pensavo ad alcune pozioni che col tempo diventavano irreversibili e non ero certa che quella che immaginavo somministrata a Gourry non fosse di quel tipo. La mezza elfa si inumidì le labbra poi prese a mordicchiarsele. “Emma non è una pozionista così potente… e non legami con demoni. Non dovrebbe essere tanto grave la situazione, cercherò comunque di farla breve.”

Si toccò il naso. “Io ed Emma siamo cresciute insieme. Sono stata abbandonata praticamente alla nascita e la sua famiglia mi ha adottata. A causa della mia natura non cresco velocemente… né invecchio in modo evidente. Quando dimostrerò gli anni che ho ora, probabilmente avrò circa cinquant’anni. Se fossi stata un’elfa purosangue…” Scosse la testa. “Lasciamo stare. Arrivo al punto.” Sollevò gli occhi, seri e profondi. E verdi. Non erano neanche azzurri, erano un verde molto chiaro che sembrava azzurro.  

 

Qualcosa si agitava in fondo a quello sguardo ma non capivo cosa. Senso di colpa?

 

“Qualche anno fa io ed Emma abbiamo deciso di viaggiare un po’ e siccome eravamo a corto di denaro, abbiamo deciso di inscenare la storia della figlioletta… Emma aveva studiato per un po’la magia ed era molto portata per le pozioni, non era un genio ma se la cavava… così con il suo bel fisico attraeva giovani piacenti, signorotti e gente con i soldi, se mi spiego.” Ingegnoso, non c’era che dire. “Poi gli offriva un tè ‘corretto’ che li confondeva… e lì saltavo fuori io. Oggi una parrucca castana, domani rosa… Ero la figlia della loro notte di passione e se non mi volevano riconoscere… e non volevano mai… dovevano dare ad Emma dei soldi o dei gioielli, cose simili. In genere c’è sempre andata bene, non c’è principastro che non apprezzi due belle gambe lunghe e mezze nude. Se hanno la scorta, se sono tallonati dal mentore trovano sempre il modo di arrivare fino ad Emma… e lei li spenna come polli. In più Emma ha diciamo… una certa propensione per il sesso,” Ah, non me ne ero affatto accorta, “Dunque…”

 

Un rumore improvviso interruppe Eloise ed entrambe ci girammo verso la direzione da cui proveniva. Un punto molto, troppo vicino. Amelia era rossa in volto e tremava visibilmente. Oh, no… Miss Giustizia non poteva certo ascoltare in silenzio una storia del genere! D’accordo, visto che mi toccava da vicino non ero felicissima neppure io… ma il cuore di Amelia, traboccante di ideali non riusciva a digerire la storia. Eravamo davvero a posto. Se Amelia fosse esplosa mi sarebbe toccato friggerla e non avevamo tempo, nonostante le rassicurazioni di Eloise non mi sentivo tranquilla. “Amelia…” ammonii, ma lei era già troppo infervorata. Quando assunse la posizione a gambe larghe, una mano sul fianco e l’indice puntato capii che eravamo perdute.

 

Prese fiato e anche quello era un cattivo segno. Prima che esplodesse Eloise compì un gesto fulmineo e inaspettato. Unì le mani davanti a sè, spalancando le dita e in quel momento esatto Amelia crollò al suolo. Nel fangoso suolo di Ehltarien la principessa aveva concluso in bellezza la sua serata. “Visto che non lo facevi tu, maga-genio” Ma quanto odiavo quel tono? “L’ho fatto io. Qualsiasi cosa volesse fare la tua amica mi pareva fuori luogo.” Nonostante tutto aveva ragione, avevo perso la mano con Amelia. Vedete? A farsi degli amici poi ti fai problemi a sistemarli quando è il caso. Io lo avrei fatto dopo ma Eloise aveva ragione. Era una cosa che non poteva attendere e Amelia sarebbe stata molto più calma dopo qualche ora di sonno.

 

“Bene,” proseguì la mezza elfa. “Arriviamo al dunque.” Mi strinsi le spalle. “Già, perché secondo il tuo racconto non è chiara la ragione per cui Emma avrebbe dovuto drogare Gourry. Sarà di bell’aspetto…” , che c’è? E’ oggettivo! “Ma si vede che non ha soldi…” Eloise mi fissò per un secondo poi un sorriso le si allargò sul volto. “Già, sembra un vagabondo. Un bel vagabondo ma sempre un vagabondo. Il problema,” continuò, “E’ che Emma aveva conosciuto davvero Gourry in passato. Questa mattina… alla Locanda Nettare degli Dei. Emma era lì e l’ha visto.” Mi guardò in tralice come se aspettasse un mio qualche commento.

 

Lo sguardo di Gourry… quello sguardo strano che mi aveva lanciato quando Zel mi aveva preso da parte… era forse rivolto non a me ma a qualcuno alle mie spalle? Ad Emma che casualmente passava di lì e lo aveva visto? “Quando era tornata a casa era agitata. Mi ha detto che aveva ritrovato il ragazzo di cui era innamorata… io Gourry non l’ho mai conosciuto di persona. Quando lui ed Emma sono stati insieme ero… ero via per motivi miei.” Si incupì in modo visibile, poi scosse il capo. “Comunque me l’ha raccontato, di questo mercenario così bello che si era fermato da noi qualche giorno e per il quale si era persa.”

 

Rimasi in silenzio. Emma aveva conosciuto Gourry e probabilmente erano davvero stati amanti. ? Non avevo mai pensato che lo spadaccino fosse illibato… solo… non riuscivo a figurarmeli, insieme. Eloise mi sventolò la mano sotto il naso. “Ci sei?” La guardai accigliata. “Bene, pensavo ti fossi avviata verso il mondo dei sogni.” Iniziai a scaldarmi. “Bene! Ci sono! Sei partita dalla Kouma Sensou… arriva al punto!” La mezza elfa sollevò le sopracciglia talmente tanto che scomparirono sotto la frangia. Battè il piede. “Sei… davvero… indisponente! Non so neanche perché ti aiuto!” Sentii di nuovo la vena pulsarmi in fronte. Mi aiuti solo per la tua grandissima bontà, vero? No, non è così. Ci fissammo furiosamente per qualche secondo.

 

“Bene,” disse alla fine Eloise in tono ancora seccato, “Rivuoi lo spadaccino, giusto? Allora ascoltami: Emma l’ha drogato per fare in modo di creare una frattura netta tra di voi e poterlo tenere per sé. Anche se non è potentissima, è comunque brava in quello che fa.” Incrociai le braccia. “Dimmi di più.” Assottigliò gli occhi. “Che cos’altro vuoi sapere? Questa è la verità.” Sbuffò poi la mezza elfa. “Vieni, con me… Emma ha sbagliato e io non voglio esserle complice. Ti porto da lei così possiamo finirla con questa storia.” Quello che mi raccontava era plausibile. Truffatori, ciarlatani… il mondo ne era pieno. Un’ex amante maniaca che impazziva e che voleva tutto per sé l’uomo che aveva amato non era impossibile. E non era neanche improbabile che io finissi in mezzo ad una storia simile. Figurarsi. Avevo vissuto un anno con una stordita che mi aveva trascinato in avventure ben più pazze. Però. Eloise. Era. Nervosa. Mentre parlava… qualcosa, ogni tanto, un piccolo gesto, un’occhiata mi dava un senso di ‘stonato’. All’inizio del discorso, no. Tutto sembrava lineare, storia e comportamento ma adesso, alla fine del racconto… qualcosa non andava. “Io recito”, aveva detto all’inizio del suo racconto. Si riferiva solamente alla messinscena di Emma? Amelia giaceva addormentata vicino ai miei stivali ed Eloise aveva fatto piuttosto in fretta a toglierla dai piedi. Io sapevo a che livello la principessa potesse arrivare quando partiva per la strada della giustizia ma… le mezza elfa poteva essere in grado di dire lo stesso? E se Amelia avesse visto qualcosa o fosse arrivata prima di me ad una conclusione diversa? Zel era sparito in un momento indefinito della nostra passeggiata tra le strade della cittadina… Ero stata isolata dai miei amici? Era un discorso paranoico? Feci un tentativo. “Perché non svegliamo Amelia? Portarmela in spalla fino a dove si rintana la tua amica non è un’idea che mi solletichi particolarmente.” Eloise strinse gli occhi. “Non mi sembra una grande idea. Ci farebbe solo perdere tempo.” Non voleva che usassi un Counter Sleeping su di lei, evidentemente. Insistei. “Non mi sembra corretto lasciarla qui indifesa, in balia di chiunque. La svegliamo…” La mezza elfa scosse la testa. “No.”

 

La guardai dritta negli occhi e lei ricambiò lo sguardo. “Solo tu, Lina Inverse.” Disse con tono basso. Scosse la testa strizzando gli occhi. “Non posso andare avanti così.” Era poco più che un bisbiglio ma lo avevo colto benissimo. “E’ una trappola.” Le risposi continuando a fissarla. Eloise si passò le mani sul viso con gesto stanco che stonava col suo aspetto di bambina. “Che maledetto casino…” sussurrò abbassando lo sguardo per un secondo. Bingo. Ma ho già detto che Eltharien non mi piaceva più così tanto? “Non sei poi così brava a recitare, eh? I tuoi padroni non saranno contenti… o è il piano che è stato congeniato male?” Scosse la testa poi si morse le labbra. “Senti,” bisbigliò alla fine Eloise, “devi venire con me. I tuoi amici saranno al sicuro… te lo prometto. Anche Gourry starà bene, farò in modo che Emma lo lasci in pace. Ma tu… vieni con me.” A questo punto non avevo poi molte opzioni. E volevo vederci chiaro. A volte è meglio infilarsi nella tana del lupo, no? Però non potevo certo andarci tranquilla e beata come un agnellino.“Eloise… ti chiami Eloise vero? Vuoi che ti segua chissà dove assicurandomi che i miei amici staranno bene…ma per chi mi hai preso? Sai cosa mi ci vuole per spedirti in orbita? Niente. Non mi ci vuole niente.” Schioccai le dita facendola accigliare. Ero incredibilmente arrabbiata. Eloise scosse ancora la testa, appariva adesso stranamente combattuta.

 

“Oh, Eloise. Che delusione… che delusione…” Improvvisamente al mio fianco si era materializzata una vecchia. Feci un salto di lato col cuore in gola. Se volevano uccidermi avevano trovato davvero il modo… questo comparire a tradimento non mi faceva affatto bene!

“Mi tocca intervenire di persona… pazienza…”Sospirò pesantemente.

La piccola mezza elfa abbassò gli occhi e strinse i pugni. “Nonna, senti…” Nonna??? Ma che diavolo… Mi girai lentamente per vedere la donna al mio fianco e spalancai la bocca per lo stupore. Meliloon?  Era Meliloon, non potevo sbagliarmi, era la dolce elfa fidanzata con Raudy… il possessore della Spada di Luce…Era lei ma era vecchissima. Un’elfa vecchissima, un controsenso. Il suo sguardo, così amabile nei miei ricordi era colmo di… odio? Un sentimento che le stravolgeva i lineamenti. “Lina Inverse,” pronunciò il mio nome storcendo la bocca. “Sei tu, vero?” Mi si avvicinò e istintivamente feci un passo indietro. Nell’estrema periferia del mio campo visivo un’ombra si mosse velocemente. Girai il viso di riflesso e quello fu l’ultimo gesto che feci.

 

Quando mi svegliai la testa mi pulsava orribilmente, neppure la peggiore sbronza mai presa mi aveva ridotta così ma… il potere di una bella legnata assestata con forza, quello sì che ci sarebbe riuscita. E infatti. Buon giorno mondo, che piacere essere ancora qui! Immaginate un po’ come ero stata conciata? Sì, sì! Bravi! Legata come un salame, con la bocca tappata da uno straccio puzzolente e lercio, come da copione. Naturalmente c’era anche una sedia scomodissima. Originalità no, eh? Dei, ma se proprio mi volevano catturare c’era proprio bisogno di fare tutto quello show con Gourry? Non era stato affatto divertente, dovevo farmi un appunto di bocciare quella maledetta compagnia di teatranti!

 

“Buon giorno, raggio sole.” Frase corretta, voce giusta, intonazione sbagliata. Mi si torse lo stomaco. Davanti a me c’era Emma, semi nuda avvinghiata a Gourry. Iniziai ad agitarmi, anche se sapevo che era perfettamente inutile. Le corde erano tanto strette che nei punti in cui non ero coperta dagli abiti mi entravano nella carne. Seduta su un tavolo, infondo alla stanza, c’era Eloise. Era ancora abbigliata da bambina e dondolava le gambe rifiutando di incontrare il mio sguardo. Improvvisamente Emma mi sollevò violentemente il viso, stringendomi il mento. “Devi guardare… guarda!” Senza lasciarmi iniziò a strofinarsi sul corpo dello spadaccino che… oddei non volevo vedere! Anche se era una reazione normale non desideravo affatto assistere. Chiusi gli occhi, non poteva ancora obbligarmi a tenerli aperti. Non aveva abbastanza mani. “Basta, Emma…” la voce di Eloise suonava attutita. Indispettita, quella dannata maniaca mi lasciò andare. “Uff, seguivo gli ordini.”

 

Seguivo gli ordini. Eloise, Emma, Meliloon. Una mezza elfa, un’umana pervertita, un’elfa precocemente vecchia. Io e Gourry. Una pozione per stregare Gourry e farlo rivoltare contro di me. Che senso aveva tutto questo? Che diavolo di senso poteva avere? Sussultai violentemente quando una mano fredda mi artigliò la spalla. Ad un centimetro dal mio naso gli occhi di Meliloon mi squadravano con astio. Ma questa cosa fa, vola??? Possibile che riesca a muoversi in modo così maledettamente silenzioso? “Ti piace?” Immagino non fosse riferito allo sputacchio che mi aveva centrata in fronte. ? Che c’è? Non si può fare ironia? E poi, con il bavaglio… come pretendeva rispondessi? “Ti piace, maga da strapazzo? E’ di tuo gradimento vedere l’uomo che ami” Eh? “che

Fa l’amore con un’altra?” Ma che diavolo… “Sai che la pozione di Emma, somministrata in modo regolare gli manderà in confusione il cervello e lo trasformerà per sempre in quello che è adesso? Allora, Lina Inverse, ti piace?”

 

No che non mi piaceva, maledizione! Già il cervello di Gourry non era il massimo, ci mancava solo che lo trasformasse in quella specie di zombie odioso. Ma per quale ragione Meliloon mi stava facendo una cosa simile? La conoscevo appena, l’avevo incontrata da giovanissima… e non le avevo fatto nulla di male. Il niente più assoluto. Ma allora, perché? La sua voce stridula interruppe i miei pensieri. “Goditi lo spettacolo, stupida ragazza.” Poi mi volse la schiena ed uscì dalla stanza.

Ho già detto che il mal di testa, l’essere legata e venire inondata di sputacchi da una vecchia pazza mi può far uscire di senno?? Ho già detto che quando esco di senno tendo a far saltare tutto per aria?

Dei, aiutatemi… Ai miei piedi Emma stava baciando Gourry, in modo piuttosto passionale. Ma lui guardava me, nei suoi occhi non c’era la freddezza del nostro ultimo incontro ma qualcosa che non riuscivo a definire. Sembrava quasi il mio spadaccino. Quando Emma iniziò a sbottonargli i calzoni, girai la testa. Non ero affatto obbligata a guardare ma quando mi fossi liberata, perché mi sarei liberata, io li avrei fritti senza pietà. “Emma, vai nella stanza accanto.” Questa era la voce di Eloise, secca e piatta. La sgualdrina le rispose gemendo. “Meliloon-san ha detto qui…”

 

“Non mi interessa cosa ha detto! Vai nella stanza accanto!” urlò la mezza elfa. Emma si alzò lentamente, prendendo per mano lo spadaccino e si allontanò ancheggiando mentre lui si lasciava guidare, mite come un cagnolino. Dopo pochi secondi, da dietro la porta chiusa, giunsero suoni soffocati che non volevo affatto sentire. Serrai strettamente gli occhi, sperando che mi si chiudessero anche le orecchie. Inaspettatamente, dopo un rumore piuttosto forte, come di un corpo che cade, la porta si spalancò e un Gourry scarmigliato e parzialmente vestito inciampò fino ai miei piedi. “Lina…” sussurrò con voce roca. Scosse piano la testa guardandomi con occhi dilatati. “Lina…” allungò la mano verso di me e appoggiò la fronte sulle mie ginocchia. GourryEmma arrivò di corsa e lo agguantò per le braccia, trascinandolo via mentre lui le opponeva una debolissima resistenza. Usciti dalla stanza aleggiò un cupo silenzio.

 

Eloise scese dal tavolo e mi si avvicinò, tenendo le braccia conserte. “Mi dispiace. Sono sincera questa volta.” I suoi occhi erano più verdi che mai e uno spettatore inconsapevole l’avrebbe trovata una bambina davvero bella. I folti capelli biondi le ricadevano sulle spalle in morbide ciocche perfettamente lisce e incorniciavano un viso fine e roseo. Era il ritratto dell’innocenza. Era una maledetta… aaaargh!!! “Non ti agitare… le corde si stringono ancora di più.” Allungò una mano e tracciò con un ditino il segno che una delle corde mi aveva lasciato sull’avambraccio. La bocca atteggiata in un broncio, incontrò il mio sguardo. “Forse non te lo meriti, tutto questo. Quel ragazzo ti ama… sai? Non ho mai visto una cosa simile. Ti seguirebbe fino all’inferno e ritorno.” Mi sorrise mesta. “Mia nonna vuole rovinare tutto questo perché ti odia, ti odia profondamente Lina Inverse.”

Non adorate quando i ‘cattivi’ mi chiamano per nome e cognome? Come se questo desse più forza o più effetto alle loro patetiche frasi. Comunque…

 

Mmmmmpf? Mmmm…. Mmmmpf!!!” Ci potevano essere diverse traduzioni alla mia risposta. La prima era “Perché? Che diavolo le ho fatto?”, la seconda era “Perché? Siete…siete un branco di imbecilli, tu, tua nonna e quella cretina di una maniaca!!!” Scegliete pure quella che preferite, sono entrambe valide. No, fatemi capire. Ero odiata a morte da un’elfa alla quale avevo salvato la vita e questa per vendicarsi di me stregava Gourry facendosi aiutare da sua nipote e una ‘comparsa’, mi rapiva per farmi assistere… e poi? Ma una volta che avessi sofferto nel vedere Gourry ed Emma… consumare… cosa aveva intenzione di fare? Lasciarmi andare con una pacca sulla spalla? Oppure… uccidermi? , in effetti… poteva anche avere un senso. O uccidere Gourry, magari? Oh, merda… “Mmmmmmmmmmpf!!!!!!!!”

 

Eloise continuava a guardarmi mentre mi contorcevo inutilmente. Senza nessun preavviso strinse i pugni e battè il piede, con stizza. La parte della mocciosa la faceva davvero bene, ma io avevo altri problemi e mi sembrava che in quella casa il Club della Pazzia fosse già al completo. Dovevo riuscire a slegarmi e in fretta. Se solo fossi riuscita ad allentare il bavaglio e ad avvicinare le mani…

“Ascolta,” Oh, cavolo, Eloise mi era saltata sulle ginocchia. “Io amo molto mia nonna, è lei che mi ha cresciuta. Sono davvero una mezza elfa.” Parlava in fretta, con urgenza. Smisi di divincolarmi. “Ascoltami bene, perché non te lo ripeterò… non credo ci sia tempo a sufficienza per cui apri le orecchie e fidati di me, anche se non lo merito. Mia nonna ti incolpa di aver fatto qualcosa a Raudy, il suo fidanzato umano. Mi ha detto che con le tue arti magiche hai fatto in modo che lui cambiasse e per colpa tua le loro strade si sono divise. E’ da quando sono poco più che una bambina che mi parla di te e del dolore che le hai inflitto. Mi ha detto che se ti avesse incontrata sulla sua strada ti avrebbe fatto assaggiare la tua stessa medicina.” Era evidentemente pazza! “Quando siete passati ad Albien… hai comprato una cartina… la persona che te l’ha venduta era mia zia Anneke.” Che fortuna!  “Mia nonna ha rinunciato all’eterna giovinezza per Raudy, ha rinunciato alla sua ‘umanità’…” Aveva il fiatone. “Ascolta… io ed Emma dovevamo solo fare da esche… la nostra recita doveva feriti nel profondo, farti sentire rifiutata e odiata dalla persona a cui vuoi bene. E io... , sarebbe stato il colpo di grazia no? C’era anche una bambina… Ma poi mia nonna ha cambiato piano, ha deciso che dovevi anche assistere al ‘tradimento’, che quello che ti aveva voluto ‘mostrare’ non era abbastanza…così che il tuo cuore si spezzasse definitivamente. Quindi mi ha detto di guadagnarmi la tua fiducia raccontandoti una parte del piano, debitamente ‘depurata’ per poi condurti da Gourry… che ti avrebbe ‘rifiutata’ ancora. Io… io volevo aiutarla perché è mia nonna. E ha avuto una vita orrenda… ma oggi ho capito che non è stato a causa tua. E’ stata lei a ‘volersi’ ridurre così. Però… ormai il danno era fatto, non sapevo più come diavolo uscirne e mi sono ‘tradita’. Non avrei dovuto raccontarti dei miei viaggi con Emma, quelli erano veri… non avrei dovuto dirti che Emma lo aveva drogato perché così non avresti creduto che ti stesse tradendo per davvero… ma… mi è scappato… perché non ero più così convinta e poi… lo avevi capito, vero? E una volta che ho iniziato a raccontare del giochino mio ed Emma ho capito che non sarei riuscita ad uscirne. Che il piano di mia nonna era andato a farsi benedire… anche se alla fine ho capito che era sbagliato quello che voleva farti… Io so recitare davvero bene, te ne sarai accorta ma … che casino…e il resto lo sai… Purtroppo tutto si è complicato ancora di più perché Emma ha quel… problemino con il sesso… e averti qui, nella sua città, ha fatto imbestialire ancora di più mia nonna… devi scappare, capito? Adesso ti libero… vai veloce come il vento… al tuo spadaccino ci penso io…” La storia iniziava a prendere forma. Una trappola. Una nonna pazza. Una nipote indecisa. Io che alla fine vengo presa a randellate. Ero esterrefatta.

 

Per la mia sfortuna cosmica.

 

Ecco la scena nella mia mente, rappresentata da bamboline con sottofondo di musichetta da burattini. La bellissima maga genio va in una ridente cittadina mentre una stupida commerciante fa la spia ad una sua parente sulla mia presenza in città. La suddetta parente è una mezza elfa cresciuta a pane e rancore che avvisa la nonna. La nonna concepisce un piano malefico e la nipotina ed una sua amica maniaca lo mettono in atto. MA. La nipote ha dei dubbi e si manda tutto all’aria più o meno deliberatamente. Al che io vengo rapita.

Conta dei morti e dei feriti: Zel disperso, non si capisce come dove o perché. Amelia che giace nel fango, addormentata. Gourry il cui cervello rischia di finire veramente alle ortiche.

MA. Soprattutto. IO. Che vengo: umiliata. Maltrattata. Picchiata. Legata. Imbavagliata.

 

 

Eloise alzò la faccia mentre iniziava a lavorare sui nodi alla velocità massima consentita alle sue dita piccole. “C’è una cosa che voglio che tu veda.”

Alzai le sopracciglia, interrompendo il flusso dei miei pensieri. Ovviamente il bavaglio non me lo aveva ancora tolto. La piccola elfa chiuse gli occhi. “Quando Emma ha ‘catturato’ Gourry, ieri sera, lui era un po’ sconvolto… continuava a dire che doveva seguirti ma lei gli ha ricordato di ‘me’ e gli ha detto che prima dovevano parlare. Quando sono stati qui… , gli ha dato un tè corretto dei suoi… e l’ha ipnotizzato. Gli ha fatto delle domande… Ecco, io voglio mostrarti quel momento… ti dono i miei ricordi… come ‘risarcimento’… mmmh?” Aveva il viso tristissimo. Annuii brevemente. Tanto cosa potevo fare di diverso? I nodi erano mezzi slegati ormai. “Sarò veloce… ma…” Mi fissò, stringendo i pugni, chiuse a chiave magicamente le porte e poi avvicinò la fronte alla mia.

 

Chiusi gli occhi. Il tocco della sua fronte sulla mia era bollente, poi pian piano divenne sempre più fresco, fino a freddo. Le sue mani sulle mie braccia erano ghiacciate. Emise un sospiro profondo e improvvisamente mi pare che la sua fronte entrasse nella mia, come una corrente invernale che mi fece rabbrividire fino alle ossa. Improvvisamente mi venne da sbattere gli occhi e quando li aprii ero di nuovo in quel salotto spoglio, solo che guardavo una scena diversa. Non ero seduta, non ero legata e il mio punto di vista era notevolmente più in basso. Ero Eloise, vivevo dentro al suo ricordo, come mi aveva promesso.

 

Un orologio sta ticchettando. Emma seduta al tavolo, protesa verso Gourry che la fissa spaesato e nervoso. Mi torco le mani, cercando di scaldarle e cerco di fargli un piccolo sorriso, di incoraggiamento. Questa sera farò giustizia per mia nonna, l’unica persona che mi abbia veramente amata quando ero una bambina disprezzata tra gli elfi. Glielo devo e lo farò. Mi dispiace un po’ per lo spadaccino, che sembra un bravo ragazzo ma questo è quanto.

“Vuoi del tè?” La voce di Emma è melliflua, la sta già modulando sui toni dell’ipnosi. Gourry si muove a disagio, si capisce che vuole andarsene ma non sa come fare. Ah, la cavalleria! E’ davvero una bella persona. Non ha fatto neanche una piega quando Emma gli ha detto che sono sua figlia… chissà che passato ha avuto. In genere gli uomini si ribellano alle donne che cercano di appioppargli i loro bastardi. Già. Basta pensare a me, devo fare bene la mia parte. “Ascolta… ehmm…” Lo spadaccino deve avere la memoria corta. O forse è lo shock. “Emma.” Gli viene subito in aiuto la mia amica. Fa serpeggiare la lingua e la ritira con uno schiocco. Oh, Dei, se fa così questo scappa. E’ seduto sulla sedia come se fosse piena di chiodi. Mollo un pestone sulla scarpa di Emma che mi guarda spalancando gli occhi e poi torna su Gourry. “Bevi un tè, parliamo un secondo e poi ti lascio andare… va bene?” Ecco, decisamente meglio. Mi metto in ginocchio sulla sedia, per vederci meglio mentre la mia amica gli allunga la tazza. Sento fin da qui l’odore delle erbe che ci ha messo. La guardo interrogativa. E se si accorge? Lei scuote impercettibilmente la testa. ‘Non si accorge, non si accorge.’ Eppure guarda pensoso la tazzina per un secondo, io bevo dalla mia ed Emma fa lo stesso. Lei gli sorride, io lo fisso. “Allora… dici che lei è mia?” dice tutto di un fiato. Il sorriso della mia amica si allarga mentre beve ancora, con il chiaro intento di far sì che lui la imiti. E lui finalmente la imita. Una sorsata enorme. Perfetto!

La pozione ha un effetto istantaneo, è davvero potente. Le palpebre dello spadaccino si abbassano subito, lasciando visibile solo una striscia di azzurro.

“Emma…” La mia amica mi guarda e mi strizza l’occhio. “Stai a vedere.” Mi risponde.

 

“Chi sei?”

Gourry Gabriev.”

“Chi è, lei?”

“Lei chi?”

 

Emma aggrotta le sopracciglia e io rido sotto i baffi.

 

“Chi è la ragazza dai capelli rossi che viaggia con te?”

“Lina.”

“Cosa provi per lei?”

“…”

 

Emma strizza gli occhi. Lui non risponde ma emette un sospiro.

 

“Perché non rispondi?”

“Non posso.”

“Perché?”

“Perché non è ancora tempo.”

 

Sto zitta e immobile, non vorrei spezzare la trance.

 

“Cosa vuol dire?”

“Lina non è pronta.”

“Per cosa Lina non è pronta.

“Lina non è pronta per i sentimenti che provo per lei.”

“La ami?”

 

Lo spadaccino rimane un attimo in silenzio, ancora.

 

“Sì.”

 

Mi si è stretto il cuore nel sentire le parole di questo ragazzo. ‘Non è pronta’, dice. Non è pronta per l’amore che lui prova per lei.

Ora Emma passa alla seconda parte: gli farà delle domande specifiche su loro due e poi le userà per aizzarlo contro di lei. Il piano è così e non si può cambiare. Eppure…

 

“Parlami di Lina.”

“Quando l’ho conosciuta pensavo fosse solo una ragazzina invece… è così forte. Sembra un’avida egoista invece ha coraggio da vendere e non esita a rischiare la sua vita per le persone a cui tiene. Per il mondo intero. Per me.”

“Parlami del tuo rapporto con Lina.”

“Siamo compagni di viaggio, io sono la sua guardia del corpo.”

“Parlami del momento in cui ti sei innamorato di lei.”

“Io…”

 

Eloise.”

 

La mezza elfa si ritrasse improvvisamente, poi rimase rigida e io venni sbalzata improvvisamente fuori da lei.

Mi si imperlò la fronte di sudore freddo mentre enormi farfalle nere invadevano il mio campo visivo. Stavo per svenire?

Lentamente la sensazione passò e mi ritrovai a fissare una Eloise pallidissima e sua nonna, schiumante di rabbia. In senso letterale.

 

Meliloon. Che tempismo! “Lina Inverse, mi porti via l’uomo che amo e riesci a fare in modo che mia nipote si rivolti contro di me. Non so proprio come fai.” Cercai di comunicare ad Eloise che doveva liberarmi la bocca ma la mezza elfa non dava segno di volermi guardare. In compenso sua nonna era sempre più vicina. “Ho perso tutto, a causa tua.” La sua voce era un bisbiglio a malapena udibile. Purtroppo per me ho un udito davvero fino.“Quando mi hanno detto che venivi qui non ci credevo… ti odio con tutto il cuore sai?  Poi ti ho vista, al ristorante con quel ragazzo, quel ragazzo così simile al mio Raudy. E lui mi ha fissata, come se mi avesse riconosciuto attraverso gli anni e le generazioni. Tu sai che il tuo spadaccino discende da Raudy?” Non lo sapevo ma adesso che me lo fai notare… “Me l’hai portato via nel passato e il sangue del suo sangue ti ama. Forse, non ci fosse stato lui mi sarei limitata a farti qualche ‘dispetto’ ma vederlo… Meriti di patire!”

 

Sulla natura dei dispetti che una vecchia psicotica poteva farmi, ci sarebbe stato da parlarne. La situazione stava veramente iniziando a farsi imbestialire! “Muori, Lina Inverse!” Oh merda! Questa non l’avevo prevista! Eloise venne sbalzata con violenza mentre io cadevo rovinosamente per terra, di schiena e con la sedia ancora attaccata.

.

Non capivo come ma nella caduta ero riuscita a deviare Meliloon. Adesso c’era Eloise che tentava di fermare la nonna, trattenendole i polsi con  le mani mentre io cercavo di sciogliere il più velocemente possibile tutti i nodi.

 

“Lasciami andare!” ululava Meliloon cercando si liberarsi dalla nipote. “Lasciami andare ad ammazzare quella strega… senza tette!” Ehi! “Stupida bambina, lascia che compia la mia vendetta!” Seguì un trambusto e immaginai che fossero cadute, dalla mia posizione non riuscivo a seguire la scena ma apprezzavo veramente come si fosse arrivati a quel genere di insulti personali. La vena sulla fronte iniziava a pulsarmi per l’arrabbiatura. Nel frattempo il rumore doveva aver attirato anche gli altri abitanti della casa, nella persona di Emma. Ecco, l’unica che riuscii a vedere bene dalla mia posizione svantaggiata fu proprio quella. Anzi, le sue mutande. “Che succedeeeee?” disse con quella sua odiosa voce, prima di inciampare sulla mia faccia. Un’unghia del piede mi graffiò il naso.

 

La mistura era colma. Era davvero colma.

 

Liberai le mani, mi strappai il bavaglio dalla bocca e gridai.

 

BURST RONDO!!!

 

 

*******

 

 

Il mattino che illuminava l’ultimo giorno di festa a Eltharien iniziò calmo e placido come ogni altra sonnacchiosa mattina di festa. Qualche ubriaco giaceva ancora addossato alle varie locande e alcune giovani cameriere aprivano le finestre delle locande per far entrare la fresca aria del mattino. Gli uccellini cinguettavano mentre il profumo di pane fresco si spandeva per le vie della città.

 

Alle mura esterne della città, un gruppo eterogeneo stava camminando in silenzio verso il ponte levatoio.

 

Una ragazza dai capelli rossi cappeggiava la carovana, braccia strettamente incrociate e sguardo furioso. Seguiva un’altra ragazza, con i capelli corti e neri, questa volta. Aveva il viso imbronciato e gli abiti completamente sporchi di fango. Seguiva un ragazzo biondo, con braccia e gambe fasciate e una stampella di legno. Ogni tanto emetteva un flebile richiamo. “Lina… Linaaa…”

 

Improvvisamente da una stradina laterale sbucò un ragazzo, dalla strana pelle pietrosa. Aveva gli abiti stracciati e correva come se avesse il demonio alle costole. “Lina! Amelia! Ragazzi!” urlò, con lacrime di gioia che scintillavano agli angoli degli occhi. Il gruppo si fermò sempre senza parlare. La rossa lo squadrò con occhi assottigliati. La seconda ragazza striracchiò il primo sorriso della giornata e il biondo cercò di fargli un cenno col braccio fasciato, riuscendo a perdere l’equilibrio.

 

“Ragazzi! Dei non sapete quello che mi è successo!” gracchiò il nuovo arrivato, trafelato dalla corsa.

 

“Non interessa a nessuno, te lo posso assicurare.” Lo gelò la rossa, dandogli poi le spalle seguita dalla ragazza dai capelli neri che protestava, sibilando “Lina-san!”

 

Lo sciamano si abbassò per aiutare lo spadaccino. “Ma che succede?” Il ragazzo lo guardò con occhi lacrimosi.

 

“Cose di donne?”

 

E poi lentamente i due si accodarono alle ragazze.

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Il campione (affari di famiglia -parte uno) ***


Era notte fonda

 

Era notte fonda. Affacciata alla finestra, come una principessa delle fiabe, sembravo tutto meno che una principessa delle fiabe. I miei capelli sparavano in tutte le direzioni mentre con sguardo truce fulminavo chiunque passasse in strada… ovvero nessuno. Un bel nessuno con cui prendersela. Neanche un cane. Nes-su-no. Questo non andava affatto bene, poco ma sicuro.

 

Non tutto andava male, a parte il mio umore pessimo.. un piccolo dettaglio insignificante quindi, direte voi. Già. La stanza dell’albergo dove alloggiavamo era discretamente fresca e pulita, grazie agli Dei. Niente come il caldo soffocante degli ultimi giorni poteva impedirmi una  volta di più di dormire e dormire è fondamentale per preservare la bellezza e il cervello di una maga genio come me. Non commentate, grazie. E’ meglio per voi.

 

Amelia dormiva nel letto addossato alla parete, con una gamba fuori dal lenzuolo. Ogni tanto blaterava qualcosa a proposito della giustizia, con tono di voce abbastanza basso per sua fortuna, anche sollevandosi a sedere ma a parte questi exploit, la notte era calma e decisamente silenziosa. L’idea che tutti riuscissero a riposare tranne me mi stava facendo impazzire. E quando impazzisco ho bisogno di sfogare la mia ira. L’ho per caso già detto in qualche altro momento?

 

Guardai in lontananza, cercando di ritrovare la calma osservando il paesaggio. Non dicono che la natura aiuta a rilassare i nervi? E chi cavolo ha inventato questa scemenza??? Sinceramente l’ultima cosa che sono, quando mi addentro nelle foreste, è rilassata.

 

Dalla finestra si riusciva a vedere la zona boschiva che avremmo dovuto attraversare nei giorni a venire; si prospettavano notti stellate, di bivacchi di fortuna. Notti di guardia e di chiacchiere assonnate di fronte al fuoco. Carne secca e formaggio duro, frutta selvatica trovata qua e là. Una vera pacchia, lasciate che ve lo dica.

 

Bisognava davvero che riuscissi a riposare perché quello alle mie spalle sarebbe stato l’ultimo letto decente di lì a parecchi giorni eppure… sembrava che prendere sonno non fosse cosa per me. Urlare per la frustrazione stava iniziando sempre più a sembrarmi un’ottima soluzione.

 

La verità è che ero… nervosa. No, agitata. No… non capivo neanche io che diavolo mi prendesse ma era dall’incidente di Ehltarien che non ero più me stessa.

 

Da quando eravamo partiti c’erano stati diversi silenzi tesi, tra noi (soprattutto il mio verso tutti, se volete una confessione sincera) ed io non avevo potuto scaricare le emozioni indefinite che mi affliggevano perché non avevamo incontrato neanche un campo di banditi durante il percorso. Stupidi banditi! In compenso c’era stata una foresta non segnalata sulla cartina (stupida cartina!), o meglio appena accennata, come se si fosse trattato di un boschetto miserrimo mentre invece era piuttosto fitta, piena zeppa di rovi e di acquitrini fangosi che ci avevano fatto assomigliare a dei mendicanti ancora più del previsto. Stupida foresta!

 

Giunti a Mahen, la ridente cittadina che ci ospitava, Amelia aveva dovuto insistere, sigillo di Saillune alla mano, che era davvero chi affermava di essere. Ci avevano guardato male, tacciato di essere ladri e minacciato di chiamare le guardie. Io stavo per dare in escandescenze, non c’è neanche bisogno di dirlo, vero? Insomma, giorni e giorni passati e districarsi dai rovi e da tutta la meraviglia che un sottobosco può riservare, per non parlare di rami malefici che ti finiscono negli occhi se non stai attenta… e quel maledetto bifolco non si piegava neanche davanti all’autorità del sigillo di Saillune? Zel e Gourry mi avevano trattenuta per le braccia mentre Amelia si ergeva in tutta la sua non troppo alta statura e partiva con un discorso sulla giustizia che avrebbe potuto stendere un orso. Il tutto continuando a sventolare il sigillo. Solo a quel punto l’oste, sudato fradicio dopo la tirata e con ancora evidenti dubbi, aveva deciso di ospitarci. Se non fossi stata furibonda in quella maniera avrei potuto anche ammettere non potevamo dare neanche tutti i torti all’albergatore visto che ci presentavamo in questa maniera…

 

La bellissima maga-genio (io! Sono IO!!! Vediamo di non indispormi, eh?): capelli aggrovigliati adornati da qualche foglia e svariati rametti. Abiti in disordine, sporchi di fango.

Ma cosa ci posso fare se abbiamo dovuto attraversare quel postaccio? Non ho certo avuto tempo di pettinarmi e farmi carina mentre cercavo di non finire in qualche fosso o farmi cavare gli occhi dai malefici rami!

 

Amelia: completamente grondante di fango, in pratica il mostro delle paludi. La prossima volta impara a non saltare giù dagli alberi, sono anni che deve ancora capire come farlo con stile. E non dite che sono acida!

 

Zelgadiss: senza menzionare il suo aspetto, che alla gente comune incute ancora un qualche timore, vestito da abiti completamente laceri. Semi nudo, a voler dire le cose col loro nome.

Adesso sono curiosa di sapere cosa mai gli sia successo ma pare che a lui sia passata la voglia di parlarne.

 

Gourry: questo non lo conosco, si è aggiunto al gruppo contro la mia volontà. E poi non mi sono mai piaciuti gli uomini mummia!

 

Castai un Lighting di basso livello e mi sedetti alla scrivania con il mio libro degli incantesimi alla mano. Forse scrivere qualche pagina mi avrebbe conciliato il sonno. Certo, come no. Al limite il contrario… Mi alzai di scatto mettendomi le mani nei capelli e mugolando di rabbia. Potevo castarmi uno Sleeping… ma… se per uno sfortunato caso lo avessi regolato male avrei potuto dormire per qualche secolo. Valeva la pena di essere la nuova bella addormentata? No, grazie.

 

Dunque?

 

Sbuffai ed Amelia emise uno strano suono in risposta. Continuando a dormire, ovvio. Valutai l’ipotesi di farmi un giro in qualche taverna ma l’idea di bermi la birra schifosa di una qualche bettola proprio non mi andava. Non dopo Ehltarien. Non dopo la mega sbronza che mi ero presa e tutto il fattaccio che ne era venuto. Basta birra, bandita per sempre dal mio menu.

 

Bene, allora. Cosa mi rimaneva se non stendermi sul letto e contare le pecore fino al mattino? Mi lanciai sul mio giaciglio e affondai la faccia nel morbido cuscino. Mi girai sulla schiena, poi di lato. Mi rannicchiai poi calciai via le coperte. Maledizione!!! Un cane latrava in lontananza. Mi catapultai fuori dal letto e chiusi la finestra, poi di nuovo sotto le coperte.

 

Chiusi gli occhi.

 

“… la giustizia!” Amelia si era rizzata a sedere urlando a pieni polmoni. “Giustizia!” ripetè prima di afflosciarsi di nuovo. Io, che nel frattempo avevo fatto un balzo per lo spavento, tornai a faccia in giù sul cuscino. Amelia voleva sicuramente uccidermi e continuando così ci sarebbe presto riuscita.

Respirai profondamente per riuscire a calmarmi.

 

Potevo andare a fare due chiacchiere con Zel! Schioccai le dita e sorrisi. Che sciocca a non averci pensato prima! Lo sciamano dormiva meno di noi altri, forse proprio grazie alla sua forma di chimera. Non era impossibile trovarlo ancora alzato e se fosse stato di umore non pessimo avremmo potuto conversare un po’. Non ero pratica di ipnosi ma avrei voluto chiedergli se aveva conosceva qualche nozione in quello specifico campo. Con Zel non si poteva mai sapere.

 

No, non per la storia di Emma. Per mia personale cultura. E non osate ribattere!

 

Il pigiama che ci avevano dato alla locanda era di tela grezza e un po’ largo… se Zel fosse stato in camera o nella locanda avrei potuto raggiungerlo anche così vestita ma poteva essere anche fuori, a osservare la volta celeste come spesso faceva, e uscire in paese vestita con il pigiama non mi sembrava una buona idea. No, decisamente. Non potevo permettere che si spargesse la voce che la temibile Bandit Killer amasse vagare di notte vestita solo con orrendi pigiami.

 

Mi liberai velocemente di casacca e pantaloni e presi i miei soliti abiti, lavati, stirati e sommariamente rammendati dalla gentile lavanderia dell’albergo. Erano davvero consumati, ancora un paio di avventure del genere che tendevano a capitarmi e sarebbero letteralmente caduti a pezzi. Sospirai mentre mi agganciavo il mantello. Decisi di lasciare i copri spalle e i talismani in camera però presi il pugnale. La prudenza non è mai troppa, anche in una cittadina all’apparenza tranquilla come Mahen.

 

Una volta in corridoio, un tipico corridoio in legno con le assi scricchiolanti, mi avviai verso la camera di Zel superando senza uno sguardo quella di Gourry. Ok, non è vero. Guardai la porta ma solo per un attimo. Era stata molto brusca con lui durante il viaggio attraverso la foresta e… forse non sempre se lo meritava. Ecco. L’ho ammesso. Va bene, il mio lato crudele aveva prevalso ma se l’era cercata. Se solo ricordavo certe cose… Aaaargh!

 

Basta pensare a Gourry!

 

Bussai alla porta dello sciamano senza ottenere risposta. Strano. Con l’udito che aveva ma soprattutto grazie ai rumori che produceva lo scalcinato corridoio avrebbe dovuto avermi sentita già da un pezzo. Magari era davvero fuori o dormiva. Non era impossibile.

 

Va bene, io volevo essere pacifica. Davvero. Però se nessuno era disponibile a fare due chiacchiere con me (e io non ero predisposta a chiacchierare con tutti, in quel momento) voleva dire che sarei passata al piano B. Mahen era circondata da boschi. Quello appena attraversato era talmente impervio che neppure il più stupido dei briganti si era dato la pena di alloggiarvi… diciamo che potevo fare un favore ai miei amici andando in avanscoperta nel tratto che dovevamo percorrere e dare un’occhiata se era al sicuro. Dai banditi. Riuscii a percepire ogni millimetro del ghigno che mi si estese sul volto.

 

Sempre saputo di essere sotto sotto buona e generosa. Peccato che spesso gli altri non se ne accorgano! Ma… mai darsi per vinti! Sollevai il pugno. “Si va a dare la caccia ai cattivi!” gridai con entusiasmo, venendo centrata in pieno da una ciabattata appena un secondo dopo. “Silenzio in corridoio!” urlò un vocione tonante. Ok, avevo fatto una scena alla Amelia ma dovete capirmi. Una maga frustrata è una maga frustrata. E poi la ciabatta è il MIO mezzo di punizione! Calma, Lina. Lo zoticone lo punirai domani, all’aperto. Se lo fai adesso è facile che l’oste vi cacci a pedate… e questo non farebbe bene agli animi dei tuoi amici.

 

Presi un respiro, distesi i pugni che avevo serrato e massaggiandomi la fronte uscii nel fresco della notte.

 

Un’ora dopo…

 

Niente. Nessuno. Deserto proprio.

Avevo battuto quella dannata boscaglia palmo a palmo e non avevo trovato anima viva.

Posso ufficialmente dire che il mondo stava cospirando contro la mia sanità mentale? Ma cosa dovevo fare per attirare qualche brigante? Avevo vagato come una povera sprovveduta (, fingendo di esserlo), avevo fatto del dannato rumore… anche un cieco mi avrebbe scoperta… niente. Non c’era stato verso! Ma… non era normale!

 

Pestai i piedi con violenza al suolo mentre mi decidevo a tornare alla locanda, con la coda tra le gambe, ormai sull’orlo di una crisi di nervi.

 

Spinsi con malagrazia la porta della taverna. Il salone era in penombra, rischiarato dalle fiamme del camino. Un solitario avventore incappucciato sedeva silenzioso in un angolo, spalle al muro e una tazza di caffè fumante davanti a sé. Al mio ingresso mi rivolse una breve occhiata, poi estrasse una cartina e si mise a leggere. La cameriera, che evidentemente stava facendo il turno di notte, si stava dirigendo verso di lui con un vassoio di biscotti, senza prestare caso a me. O almeno, così mi parve in un primo momento. Non appena feci per imboccare le scale che portavano alla zona notte la ragazza si voltò di scatto, appoggiando precipitosamente (e rumorosamente) il vassoio vuoto sul bancone e mi raggiunse.

 

I lunghi capelli rosa erano raccolti in degli strani codini e da sotto alla frangetta mi osservava con occhi curiosi. Alzai un sopracciglio. Ci mancava solo dover litigare con la cameriera (una cameriera dall’aspetto vagamente familiare, ora che la guardavo bene) per concludere la giornata, anzi, vista l’ora, iniziare quella nuova in bellezza.

 

“Ehm…” disse lei, appoggiandosi l’indice alla bocca. “Ci conosciamo, vero?” Mi rivolse uno sguardo amichevole, piegando la testa di lato. A quel punto il dubbio era venuto anche a me. Era magrolina, non molto alta, sui dodici anni ma erano più che altro il colore dei capelli, degli occhi e qualcosa nella fisionomia del volto che mi sembrava di riconoscere. Che fosse…

 

Kira?”

 

Doveva essere proprio Kira, la nipote del dottor Runan! L’avevo incontrata che era una bambinetta… una bambinetta capace di fare una pozione potenzialmente in grado di porre rimedio alla maledizione che mi aveva lanciato Mazenda. Ma se davvero era Kira che diavolo ci faceva in quel posto, tanto lontano dalla bottega che aveva ereditato e soprattutto… perché faceva la serva?

Improvvisamente mi colse un brivido. Gli occhi del misterioso ospite mi stavano perforando la schiena.

 

Mi voltai di scatto e anche Kira si girò. “Signore? Ha bisogno di qualche altra cosa?” L’uomo scosse la testa e, dopo aver piegato il foglio che aveva in mano, prese a sgranocchiare i suoi biscotti ostentando indifferenza. Non mi piaceva quella situazione. Non mi fidavo delle persone, soprattutto quelle che mi fissavano di sottecchi. Poteva anche essere un curioso, eppure… Gli lanciai un’occhiataccia e lo vidi rinculare in risposta, facendo stridere la sedia che finì per cozzare definitivamente contro al muro. Ecco, ci stava guardando ancora. Lo sapevo!

 

Kira interruppe il flusso dei miei pensieri. “Giusto, sono Kira!” mi osservò con attenzione, “Tu sei Lina-san, giusto?” Sorrise in modo amabile. Girai lentamente la testa nella sua direzione. “Già.” Forse fu una risposta piatta ma ero un po’ tesa per via della situazione. Forse nessuno ci avrebbe visto niente di male, forse avrebbe solo provato un po’ di fastidio a sentirsi osservato ma… io ero Lina Inverse, no? Appunto. La vocina di Kira mi riportò di nuovo sulla Terra. “Mi ricordo bene di te… dove sono i tuoi amici? Quella con quei buffi riccioli che strillava sempre e… quel tipo strano col bastone?” Mi scese una gocciolona al ricordo dell’avventura passata insieme a quei due da Kira. Prima che potessi rispondere, quella riprese a parlare. “Forse ti chiederai che ci faccio qui.” Emise una risatina. , in effetti…”Sai… ehm… ricordi l’esplosione della casa di mio nonno…” emise un’altra risatina. “Diciamo che c’è stato qualche problema per ricostruirla e ricomprare tutti gli ingredienti… mio nonno lavorava praticamente gratis e quindi… faccio la cameriera per arrotondare. Al mattino mi do da fare come… , dottore no? E la sera faccio la cameriera.”

 

Che dire? Ero impressionata. Mi aveva appena raccontato una storia tutto sommato tragica continuando a sorridere… sembrava una Sylphiel in miniatura! Kira in effetti continuava a guardarmi serenamente, poi improvvisamente si diede una pacca sulla fronte. Io trasalii leggermente.

“Che stupidina che sono! Ti ho fermata per chiederti se per caso avevi bisogno di aiuto!” Eh? “So che sei arrivata con altri amici… dalle cucine mi hanno detto che tu e lo spadaccino biondo avete messo in ginocchio lo chef.” Ridacchiò. “Ecco, ti ho vista uscire nel cuore della notte e ho pensato che forse cercavi i tuoi amici… che eri preoccupata.” Nuovo sorriso. Non ricordavo che Kira fosse inquietante. Ricordavo solo che aveva pasticciato il preziosissimo libro di suo nonno a dire il vero… comunque tutto quel sorridere mi stava facendo venire il mal di pancia. Tutto quel sorridere mi stava facendo venire il diabete.

 

Kira mi sorrise (ancora!) in attesa di risposta. A dire il vero non ero in pensiero per Zel ma se Kira parlava di amici al plurale… intendeva forse Zel e Gourry? E cosa ci facevano Zel e Gourry in giro, nel cuore della notte? Quasi quasi

 

“Oh, ma certo! Sono un po’ preoccupata… dove sono andati?” Sperai che il mio tono non sembrasse troppo affettato. Poi stiracchiai le labbra e io e Kira passammo un minuto buono a sorriderci come due imbecilli. Finalmente la ragazzina si decise a parlare.

 

“Non devi essere in pena, sono nella ‘Sala degli schermidori’.” La sala di che? Cioè, so che cos’è uno schermidore ma non avevo mai sentito che esistessero delle sale apposite per… i combattimenti? “Già,” continuò Kira. “A Mahen i combattimenti all’aperto non sono ben visti… e se anche uno vuole solo allenarsi lo deve fare dove ti ho detto. Se le guardie ti beccano a duellare in paese… , diciamo che ti potrebbero mettere in prigione o sbattere fuori dalla città. A Mahen non piace la violenza di nessun genere. Ah, questa città potrebbe proprio andare a genio ad Amelia…

“Pensa che prima che arrivassi io… hanno assunto un uomo per cacciare i briganti dai boschi e lui li ha sterminati tutti!!!Adesso si spiega…

 

Kira tacque un attimo, guardandomi negli occhi. Mi sentii in dovere di farle almeno una domanda di cortesia, visto che si stava dando tanto da fare ‘per me’… di sua volontà, senza che neanche aprissi bocca ma insomma… anche io ogni tanto devo seguire qualche regola sociale, no? Già. “Ehm,” mi grattai il mento, “Da quanto lavori qui, Kira?” La ragazzina si mise a giocherellare con una ciocca di capelli. “Dunque, sono due giorni!” La guardai perplessa. “Eh, due giorni in questa locanda ma a Mahen sono due mesi! Sai… diciamo che sono itinerante! Ma basta parlare di me… vuoi che ti indichi dove si trova la Sala?” Annuii brevemente. Magari tutte le cose fossero così semplici.

 

Scoccai un’occhiata allo scocciante sconosciuto e mi accorsi che mentre parlavamo si era dileguato. Male, male davvero. Per fortuna l’indomani saremmo partiti… sperai non si trattasse di un mazoku o qualche altra rogna ma… l’ho già detto che essere Lina Inverse significa spesso andare a braccetto con una buona dose di guai, no?

 

Kira mi diede indicazioni piuttosto precise e in un attimo fui alla porta della famosa Sala. In effetti man mano che mi avvicinavo sentivo i tipici suoni di un combattimento con le spade. Forse per quello avevano trovato un luogo un pochino isolato per costruire l’edificio che l’accoglieva. Entrai e dietro un bancone stile locanda una specie di guardia con degli improbabili baffetti mi fermò.

“Vuole combattere, signorina?” mi indirizzò uno sguardo obliquo. “Non si accettano damigelle strillanti come pubblico.” Da…damigelle strillanti??? Ma per chi mi ha preso? E’ simpatico quando la gente non si rende conto con chi ha a che fare. Amico, potrei stenderti con il mignolo della mano sinistra. Mi imposi la calma. Respirai. Che dovevo fare? Ero venuta a curiosare… Non avevo neanche la mia spada corta… Pazienza, una bella sessione di combattimento mi avrebbe aiutata a scaricare i nervi, non tutti i mali venivano per nuocere.

 

“Voglio combattere.”

 

L’ometto si portò le mani alla bocca ed emise un basso fischio. Un attimo dopo una ragazza dai corti capelli neri arrivò trafelata. “Porta la signorina a scegliere la spada e poi spiegale le regole della Sala.” Prima di lasciarci andare stese la mano nella mia direzione. “Il pugnale, signorina.” Non avrei dato un centesimo a quell’individuo eppure aveva individuato subito l’arma che portavo con me. La domanda era… volevo lasciargli in custodia il mio pugnale? Emisi un sospiro. Gli diedi il pugnale. “Grazie, signorina. All’uscita le verrà riconsegnato.” Poi fece un cenno alla ragazza, che mi mise una mano sul braccio. “Venga, prego.” Usava un tono piuttosto cerimonioso; questa sala doveva essere un affare serio per meritare tanta gente, disponibile anche a quell’ora della notte. Anzi, del mattino.

 

“Mi chiamo Marie, sarò la sua guida. E’ la prima volta qui, vero? Non ricordo di averla mai vista da noi.” Mi occhieggiò sospettosa. Io non capivo quello sguardo… che cosa voleva sapere esattamente? Lina Inverse è una persona diretta e pratica, quindi… “Non capisco dove vuoi arrivare.” Marie smise immediatamente di guardarmi e continuando a camminare mi rivelò l’arcano. “Dovete essere straniera. Immagino che Doliev-san lo abbia capito subito… Che stupida, mi scusi signorina. Storse la bocca, imbarazzata. “A Mahen c’è un’altra Sala degli Schermidori… che è nostra concorrente. Ogni anno i campioni dell’una e dell’altra squadra si affrontano e ovviamente né noi né loro amiamo ricevere spie della fazione opposta… però ogni tanto sia noi che loro tentiamo di mandarne. Anche se questo forse non dovrei dirlo.” Ah, ecco. Tutti calmi e tranquilli a Mahen ma sotto sotto “Va bene,” intervenni, “Mi era parso però di capire che fosse aperta al pubblico.” Altrimenti come avrebbero fatto Zel e Gourry ad entrare? Marie annuì freneticamente. “E’ così, è così… però siamo vicini alla Grande Competizione e… siamo tutti un po’ nervosi.” Giuro che riuscii a sentire le lettere maiuscole che aveva usato per pronunciare ‘grande competizione’. Ah, che belle queste cose di paese… mi mancava restarne invischiata! Per l’ennesima volta mi trovai felice nel pensare che l’indomani saremmo andati via.

 

Ho già detto che mi porto rogna da sola?

 

Salimmo due rampe di scale e percorremmo in silenzio un lungo corridoio sul quale si affacciavano diverse porte. La maggior parte di queste era chiusa ma dalle rare con i battenti spalancati uscivano ed entravano uomini e ragazzi armati, qualche ragazza e in minor quantità donne mature. La cosa che notai subito e che mi parve piuttosto particolare era che quasi ogni spada, in mano alle persone che avevamo incrociato, era di legno. Marie doveva aver seguito il mio sguardo e la successiva espressione perplessa perché anticipò la domanda che volevo farle.

 

“Sta guardando le spade, signorina? Signorina…?” Ah! Voleva il mio nome. Visto che dicevo raramente il mio vero nome e l’ultima volta che lo avevo fatto aveva confermato la mia identità ad una mezza elfa invischiata in un piano diabolico, mi guardai bene dal rivelarglielo. C’era però la possibilità che Gourry o Zel mi vedessero e mi chiamassero per nome, quindi… “Mi chiamo Carolina… Lina, se preferisci.” Mi produssi nel mio sorriso falso più sincero e rassicurante. Cioè, a parte il pugnale volevo sembrarle il più innocua possibile… volevo, o forse dovevo, disperatamente evitare guai. Desideravo sfogare i miei… , qualunque cosa fossero… repressi ma valutavo che non fosse il caso di far intervenire le guardie. Per questa volta.

 

Volevo mantenere un profilo basso.

 

“Bene, Lina-san… ecco, quelli che ha visto sono degli ‘apprendisti’. La prima volta che una persona viene a combattere qui gli viene data una spada di legno, una versione molto robusta e accurata dell’arma che ha scelto ma pur sempre… ‘finta’. Non vogliamo che qualcuno si infilzi… prima gradiamo sapere come se la cava. Se è bravo allora da quel momento in poi può usare il ferro.” Non faceva una piega. Quello di cui non riuscivo a capacitarmi era la ragione di quell’affluenza notturna. Nel senso, era notte fonda! Non dormiva la gente di gesto paese?

 

“Come mai ci sono tante persone a quest’ora?” ? Ero curiosa! Marie si passò una mano sulla frangia, spostandola di lato. “Deve sapere che a Mahen si dice che le notti di luna piena siano le migliori, per gli apprendisti.” Eh? “Da noi c’è una lunga tradizione di spadaccini… la nostra fama è ormai estesa in tutto il Paese.” Mai sentiti nominare. Ma non è che intendeva paese, nel senso della sola Mahen? Essendo all’oscuro dei miei pensieri, Marie proseguì, con tono orgoglioso. “Qui ogni bambino o bambina che nasce viene iniziato presto ad usare la spada… Almeno, da qualche anno a questa parte, da quando siamo diventati famosi.” Sì, ci credeva davvero. Dovevo aprirle gli occhi e rivelarle che nessuno li conosceva? Na, mi sentivo generosa. Nel frattempo Marie aveva ripreso a parlare. “Comunque, Lina-san, prima di farla combattere con gli altri… forse  la dovremo sottoporre ad un test. Il nostro campione combatte per primo con ogni novellino, di solito. Novellino? Ma io ero venuta solo per… ah, lasciamo perdere. “Ecco! La sua sala è laggiù!” Da come aveva saltellato e dal colore sulle guance dovevo dedurre che Marie avesse una cotta per il famoso campione. Povera me.

 

Mentre ci avvicinavamo sentii delle voci familiari provenire dalla mia destra. Gourry e Zel! ero arrivata spinta dalla curiosità… una sbirciatina alla porta, magari…

 

Lina-san?”

 

Rivolsi un’occhiata alla mia ‘guida’. E va bene… a mali estremi…

 

“Non sono capitata qui per caso…” diressi a Marie la mia espressione più innocente, “avevo sentito della ‘sala’ e volevo combattere” mezza bugia, “poi ho scoperto che era arrivato qui anche mio fratello,” grossa bugia, “e ho appena sentito la sua voce…” verità, “posso dare un’occhiata veloce… per favore?” Suvvia Marie, fai la brava…

Marie si mordicchiò il labbro. “In realtà sarebbe ‘no pubblico’… per ragioni di sicurezza, capisce?” Già, la ‘grande sfida’. “Per la Grande Sfida.” Visto? Che vi dicevo? “Però… se siete fratelli… e poi lui non è della nostra squadra… si sta solo allenando…” Sospirò. Sospirai anche io, senza farmi sentire. Evidentemente possedevo molta più pazienza di quella che credevo. Ma insomma, che problemi avevano? Avevo addirittura detto che eravamo fratelli… Perché non credermi? Non avevo questo faccino innocente che ispirava fiducia? Eh? Eh? Non dite che non è così! Quasi quasi iniziavo a pensare che quei bifolchi avessero visto combattere Gourry e Zelgadiss e avessero pensato di opzionarli… e ora dovevano aver paura che qualche spia potesse vederli. C’era da scommetterci. Chissà come avevano dedotto che i due ragazzi non erano spie anche loro... ma perché io non incontro mai gente normale? Qualcuno può spiegarmelo? Grazie agli Dei stavamo per lasciare quella città!

 

Ci avvicinammo alla porta e sporgemmo la testa all’interno. “Scusi… qual è suo fratello?” Uff… Ma che sospettosa! Le sorrisi a denti un pochino stretti. “Quello biondo.” Marie inarcò le sopracciglia. “Padri diversi.” Mentii ancora. O meglio, non mentii affatto. Per quello che ne sapevo io, i nostri padri non erano la stessa persona. Finalmente Marie chiuse il becco e io osservai per diversi minuti Gourry e Zel fronteggiarsi. Non era la prima volta… si erano già combattuti e l’ultima volta era stato molto doloroso anche per me, scoprire chi si celasse dietro alla maschera di quello spadaccino invincibile. Adesso però si battevano solo per allenarsi. Giusto? Perché… insomma, non era insolito anche per loro questo comportamento? Che succedeva? Era notte anche per Gourry e Zel… d’accordo lo sciamano… ma Gourry? Non era certo un insonne…

 

Lasciai perdere per un attimo le domande e mi concentrai su di loro. Era piacevole vederli, i loro movimenti fluidi sembravano una danza, erano perfettamente coordinati e molto concentrati. Parate, affondi, scarti millimetrici. Il mantello di Zel ondeggiava mentre lo sciamano si spostava a destra e parava velocemente la spada di Gourry, poi fu il turno di Gourry di scansarsi. Aveva i capelli legati in una treccia, come raramente gli avevo visto fare da quando ci conoscevamo.

 

Improvvisamente Marie si schiarì la voce. La guardai e lei tentò di nuovo di richiamare l’attenzione dei ragazzi. Oh, cavolo… “Signori?” I miei amici si fermarono, abbassando le spade. Io stavo per eclissarmi dietro alla porta quando una mano sulla schiena mi spinse leggermente ma fermamente in avanti. Maledettaaaaaa! “E’ venuta a trovarla la Sua sorellina…” disse ad entrambi. Ehi, io le avevo detto chi fosse mio fratello… con capelli e pelle chiara poteva anche passare per mio fratello, no? Il comportamento di Marie era paranoico!

 

Emisi una risatina stridula, mettendomi una mano dietro alla testa. Zelgadiss sollevò quasi impercettibilmente il sopracciglio mentre Gourry, ancora ansante, fece per aprire bocca. Mi lanciai in avanti e gli misi le mani sulle braccia. “Fratello mio!” Sorrisi e lo guardai fisso negli occhi. Cervello a Gourry! Cervello a Gourry! Come sempre, lo spadaccino capì le mie intenzioni. Ci mise un attimo ma capì. Aveva ancora un’espressione un po’ sconcertata ma… poteva essere quella di un ragazzo che non si aspetta di vedersi comparire davanti la sorella minore, giusto? “Sapevo che saresti venuto qui…” Era la prima volta che gli parlavo direttamente, dall’incidente di Ehltarien. , mentre attraversavo la foresta ero piuttosto impegnata ad uscirne intera, capito? Non potevo mettermi a fare anche conversazione! Lo spadaccino nel frattempo aveva chiuso la bocca e mi stava guardando intensamente. Ehi! Perché diavolo mi fissava in quella maniera? Sollevò una mano e me la mise sulla guancia. Eh? “La mia sorellina.” Disse in tono affettuoso e poi si inginocchiò davanti a me, abbracciandomi.

 

Il mondo si fermò.

 

Pe… perché stava facendo quella sceneggiata? Doveva solo reggermi il gioco, non abbracciarmi davanti a tutti! Divenni rigida di collera, con le guance in fiamme. Non vedevo nulla, né sentivo altro che il battito furioso del mio cuore. Ti ama. All’improvviso la voce di Eloise si fece strada nella mia testa. ‘Zitta, tu!’ ordinai. La vera Eloise difficilmente si sarebbe tappata la bocca ma questo… era un ricordo e il ricordo si poteva censurare. Sentii la voce di Gourry che diceva ancora a voce alta che ero la sua amata sorellina e poi avvicinò le labbra al mio orecchio.

“Ti prego, perdonami.” Era un sussurro.

 

Mi lasciò andare.

 

Sentivo il suo sguardo su di me ma lo evitai deliberatamente. Ci fu un attimo di silenzio e alla fine lo sentii mentre affermava con voce allegra che era sempre felice di vedere la sua sorellina. Gli diedi le spalle senza rispondere. Ma… non rispondere ad un fratello così affettuoso poteva sembrare sospetto. E io non avevo forse mentito per non sembrare sospetta? “Ci vediamo dopo.” Non riuscii ad evitare un tono freddino. Non mi voltai più verso di lui. Non lo guardai negli occhi neanche una volta mentre mi dirigevo verso Marie. Non guardai in faccia nessuno, lasciai che i capelli mi coprissero gli occhi. Chiusi la porta alle spalle. “Soddisfatta adesso?” le sibilai, incapace di trattenermi. Lei mi sorrise, mettendomi una mano sulla spalla. “Mi deve scusare, signorina… ma la Grande Sfida per noi è molto importante. Dovevo essere sicura che non stesse mentendo… Sa, avremmo pensato di chiedere a quei due spadaccini di partecipare…” Il resto della frase non la sentii neanche. In condizioni normali mi sarei fatta i complimenti per la mia intelligenza, avevo intuito subito che volevano i ragazzi per combattere… ma in quel momento non capivo più nulla.

 

Avrei voluto picchiare Gourry. Avrei voluto ricambiare l’abbraccio.

Avrei voluto non essere mai stata ad Ehltarien.

 

Senza neanche accorgermi mi trovai di fronte una porta enorme, finemente decorata. Era diversa da tutte quelle che si aprivano sulle stanze dei combattimenti sia come qualità di legno che come fattura. Evidentemente la porta del loro campione. Io però me ne volevo andare. A distruggere qualcosa possibilmente, alla faccia delle guardie. Se volevano i danni che chiedessero il conto a Gourry Gabriev. Quell’idiota. Idiota. Idiota. Idiota. Farmi fare quella figura davanti a Zelgadiss… e non dite che recitava come io gli avevo fatto capire che doveva fare! Che senso aveva abbracciarmi così? Se avesse voluto chiedermi scusa per qualcosa avrebbe dovuto farlo in qualche dannato posto PRIVATO. E poi non c’era niente da scusarsi. Non era successo NIENTE.

 

E allora perchè sei stata così dura con lui? Perché non gli hai mai dato la possibilità di parlare?

 

Volevo andare in camera a dormire. Mi sarei castata uno Sleeping, lo avrei fatto… ero una maga, no?  E l’indomani sarei stata nuova di zecca, avrei…

 

Lina-san? Tutto bene?” Marie mi guardava preoccupata, il tipo di preoccupazione che si riserva ad una fanciulla che il peggio che può fare è svenirti davanti agli occhi. Forse si era fatta quell’idea perché stavo tremando violentemente. Il problema era che non sarei svenuta. Sarei esplosa. Letteralmente.

 

Stavo per dirle che tornavo da dove ero venuta e tanti saluti quando la porta si aprì. Un ragazzo piuttosto giovane e con le lentiggini ci fece cenno di accomodarci. A quel punto andarsene avrebbe fatto ‘ragazzina isterica’? E a me cosa importava?

 

“Avanti!”

 

Ecco, adesso ci si metteva anche il campione. Marie mi sorrise, il ragazzo mi sorrise, il campione in lontananza sorrideva. La fiera del sorriso. Lo detestavo!!!

Marie mi toccò leggermente il gomito. “E’ veramente figo…” sospirò sognante, poi tornò seria.

“Questa sera non ha accettato di testare nessuno… ma vuole lo stesso essere interpellato… e le ragazze le testa praticamente sempre!” Fantastico. Com’ero fortunata.

 

In due passi il campione, scansando agilmente il lentigginoso, fu davanti a me. Si rivolse a Marie, degnandomi a malapena di uno sguardo. “Prova?” La ragazza annuì, con le guance rosa, poi mi lanciò un’ultima occhiata per sincerarsi che stessi bene e si dileguò. Io fui praticamente costretta ad entrare, incalzata dal ragazzino.

 

“Con cosa combatti?” mi disse l’uomo, dandomi la schiena. Davanti a sé aveva un vasto campionario di armi da taglio in legno. Sbuffai. “Spada corta.” E che finisse in fretta. Se una serata inizia male non può che finire peggio… una frase degna di Zel, vero? , Zel qualche volta ha ragione. (Non diteglielo.)

 

Il campione si girò con la mia arma e per la prima volta mi guardò negli occhi. Sbattè le palpebre e poi mi si avvicinò. Stava per dire qualcosa quando si bloccò, la spada con l’impugnatura rivolta verso di me. Mi fissò a lungo senza dire nulla. Girò la testa verso il ragazzo. “Esci, Fabien e chiudi la porta.” Un tono che non ammetteva repliche, che mal si abbinava al bel volto aperto dell’uomo. Aveva i capelli corti e biondi, leggermente mossi e gli occhi azzurri, di un bel colore, come il cielo terso, appena più scuri di quelli di Gourry. Doveva essere poco più vecchio di me.

 

Quando Fabien fu uscito, l’uomo si appoggiò al muro, con ancora la ‘mia’ spada in mano. Mi guardava in silenzio. Mi chiesi se per caso fosse una qualche forma di meditazione fasulla per fare impressione agli stolti che venivano a lui, una cosa che contribuisse a creare una certa aura mistica intorno alla sua figura. Non era altissimo, poteva essere poco più basso di Zelgadiss ma aveva veramente il fisico da spadaccino. Su quello non fingeva, dunque. Il silenzio però iniziava a pesare e non mi sentivo al sicuro. La cosa migliore è dare retta al proprio istinto, sempre. E il mio mi stava mettendo in guardia.

 

“La facciamo, questa prova?” Lo apostrofai in maniera arrogante. L’attacco è la miglior difesa, ragazze. Lui mi guardò ancora un attimo, pensoso. Poi si voltò, appoggiò al muro la spada in legno e raggiunse un armadio a muro dal quale estrasse una spada corta vera. Per la prima volta mi parlò. “Possiamo lasciar stare il legno, Lina Inverse.” Bingo. Sapeva chi ero, mi aveva riconosciuta. La mia fama mi precedeva ma non erano in molti a conoscere il mio volto, a conti fatti. Eppure lui aveva pronunciato il mio nome senza esitare. Lo avevo già incontrato? Quando?Mi era nemico? Certo, il fatto che mi chiamasse per nome e cognome…

 

“Chi sei?” tanto valeva arrivare al punto.

 

L’uomo strinse le labbra. “E’ importante?” Mentre parlava si stava di nuovo avvicinando, con la spada per me stretta nella mano destra. Lo fissai di rimando. “Visto che questa non mi sembra più una prova… sì, è importante.” Prendere tempo. Studiare l’avversario. Anticiparne le mosse. Ero in pericolo, ormai era chiaro. Eppure, nonostante la mia memoria, non riuscivo a collocare il personaggio. A meno che fosse qualcuno a cui avevo fatto qualcosa in modo indiretto. Qualcuno come Radok.

 

“Mi chiamo Aleksander.” Tutto qui. Mi chiamo Aleksander. Santo Cielo, questo conosce il mio nome e cognome, di certo ha fatto delle ricerche su di me e quando gli chiedo come si chiama mi risponde… Mi chiamo Aleksander???Dei, aiutatemi. La vena sulla fronte iniziò a pulsare. Era già una brutta serata… Feci un passo in avanti, gli strappai la spada e la gettai a terra. “Chi sei?” Ripetei con voce furibonda.

 

Lui mi squadrò e sorrise. “Non ti va di combattere?” Estrasse la sua arma dal fodero e me la puntò contro. “C’è in palio la tua vita, mocciosa.” Ah, ci risiamo… sempre i soliti clichè

Poi, veloce come un fulmine si gettò su di me. Reagii di istinto… FIREBALL! E… una specie di corrente calda, buona forse per asciugare i panni, eruppe dai miei guanti. La lama della spada attraversò i miei capelli, tranciandone qualcuno (i miei capelli! I miei capelli dannazione!!!) e Aleksander finì con la bocca a due millimetri dalla mia guancia. “Ti ho mancata apposta dolcezza… questo è un avvertimento. La prossima volta ti affetto.”

Si tirò indietro di scatto e mi sorrise. Quando sorrideva era bello in modo disarmante e non sembrava neanche pazzo. Perché era pazzo, vero?

No, dico. Ero disarmata!

 

Ma soprattutto… Rune Breaker?

 

Sei sorpresa di non poter usare la magia? Lascia che ti spieghi…” Sì, vabbè, questo tizio che spiega a me la magia? Scherziamo? “Rune Breaker.” Tagliai corto. Aleksander fece una faccia sorpresa. Sarebbe stata comica se non fossi stata sulla strada per un’arrabbiatura epocale.

Ascolta, amico,” sputacchiai nella sua direzione, “So benissimo che tipo di incantesimo impedisce ai fruitori di usare la magia… non hai forse detto che sai chi sono? Allora non ti dovrebbe essere difficile immaginare che non hai molto da insegnarmi. Adesso che siamo arrivati a questo, te lo ripeto. COSA vuoi da me?”

 

Aleksander raccolse col piede la spada corta e me la lanciò. La afferrai mio malgrado. “Voglio combattere con te… senza magia. Solo spade.” D’accordo…Scossi la testa. “Per-chè?!” E dai, dimmelo… cosa ti ho fatto? Con la voglia che la gente ha di parlare come mai questo qui ci mette tanto a spiegarmi perché mai ce l’ha con me? Che noia… Aleksander mi si avvicinò poi si mise una mano in tasca ed estrasse un foglietto stropicciato. Lo scosse un po’ e poi me lo girò.

 

“Tu sei Lina Inverse.” (questo lo avevamo già chiarito, mi pare.)

 

Era una vecchio foglio con la taglia sulla testa emessa per me, Gourry e Zelgadiss.Ma allora…

 

“Tu sei lo spione alla taverna!” urlai.

 

Aleksander arricciò il naso. “Non so di cosa parli.”

 

Lo sapeva eccome! Doveva essere lui che mi osservava… lui… o il suo ragazzetto lentigginoso!

 

Ma se questione era tutta qui…

Mi sforzai di assumere un cipiglio meno furioso e più ‘rassicurante’. “Quel mandato è scaduto da un sacco di tempo!” Incidente concluso? Posso andarmene? Lo sguardo del mio avversario non sembrava convinto. Strinse gli occhi e alzò le spalle. “IO non credo proprio!” Ecco… che bello… Il fatto è che non capivo. Se pensava che fossi una ricercata perché non mi consegnava alle guardie?

 

“Per curiosità… sei tu che hai sterminato i banditi?”

 

“Già.” Già. Appunto.

 

Quindi non mi avrebbe consegnata alle guardie. Mi aveva sfidata… voleva… uccidermi? Senza neanche il beneficio del dubbio?

 

“Allora…combattiamo?”

 

Con la mano mi faceva cenno di avvicinarmi ma io non ci tenevo particolarmente. Prima di iniziare ad allenarmi con Gourry pensavo di essere una spadaccina sopra alla media… dopo aver iniziato a confrontarmi con lui, questa sicurezza era scesa drammaticamente. E purtroppo continuavo a schivare a sinistra. Per quanto mi impegnassi, in quei frangenti il mio corpo reagiva automaticamente rendendomi prevedibile. E quindi vulnerabile.

Ora, non che ci volesse molto a estinguere i banditi, a me modestamente bastava schioccare le dita però se quello spadaccino c’era riuscito da solo, senza l’uso della magia, doveva essere decisamente bravo. E io (dura ammetterlo, il mio orgoglio ne stava soffrendo) non ero così brava.

 

Lanciai un’occhiata alla porta che Aleksander intercettò al volo.

“E’ una porta speciale. Si chiude con un meccanismo che la blocca come con unLock’ ma senza magia e senza chiave.”

Mi pareva giusto.

 

Che opzioni avevo? Niente magia, chiusa in una stanza con una porta dall’aspetto molto, molto solido con uno spadaccino provetto.

 

…la finestra… c’era la finestra! Potevo saltare dalla finestra! Mi sarei probabilmente rotta una gamba ma piuttosto che farmi ammazzare… E’ vero che fuggire non è onorevole ma sinceramente, il mio onore poteva subire l’affronto, la mia vita no.

 

Avrei combattuto… facendo in modo da riuscire ad avere la finestra alle spalle… e al momento buono mi ci sarei gettata contro.

 

Aleksander mi aspettava pazientemente. “Hai deciso?”

 

, non mi lasciava poi molto da decidere, no?

 

Impugnai la spada e mi feci avanti. Chissà, magari Gourry e Zelgadiss sarebbero venuti a cercarmi e mi sarei risparmiata il volo dalla finestra. Certo Lina, come no... Adesso basta rimuginare, dovevo stare attenta, cercare di non farmi colpire e mettere in atto il mio piano il più velocemente possibile.

 

Aleksander caricò prontamente e la sua lama incrociò con violenza la mia. Il dolore mi colpì il braccio con forza e si arrampicò fino alla spalla. Riuscii a parare ma lui spingeva con la lama. Improvvisamente mi sembrò di non combattere da secoli. Decisi di eludere e saltai indietro, facendo in modo di allontanarmi. Delle lacrime involontarie mi si erano formate agli angoli degli occhi. L’uomo mi guardava condiscendente.

 

“Non ti preoccupare, non ci vorrà molto.”

 

In effetti se non avessi pensato alla finestra, non ci avrebbe messo molto. Era forte, non potevo effettivamente sapere se combatteva bene ma era forte davvero. Caricò ancora e riuscii a tenergli testa, per un po’. O forse è meglio dire che più che altro cercai di evitarlo e schivai. A sinistra. Sempre. A quel punto sapevo di essere fregata. Aveva notato il mio errore e la prossima volta che avessi schivato mi avrebbe colpita al fianco. In più, a furia di indietreggiare ero più vicina alla porta che alla finestra.

 

“Lina!” una serie di colpi sulla porta mi fece sobbalzare. Non lasciai lo sguardo di Aleksander ma mi sentii sollevata. Gourry. Gourry e Zelgadiss dovevano avermi cercata… dovevano aver capito che qualcosa che non andava. “Lina!!!” Mi chiamavano entrambi. Senza voltarmi, anche se istintivamente lo avrei fatto, risposi. Era seccante fare la figura della damigella indifesa… ma avevo cara la pellaccia e in un combattimento del genere non ne sarei uscita tanto bene. Sentii la porta tremare per la violenza dei colpi che le venivano inferti. Udii la voce di Marie che tentava di rassicurarli e Zelgadiss che le gridava contro. I tonfi continuavano ma la porta non cedeva.

 

Gourry e Zel erano robusti ma non avevano buone spade. Gourry aveva ancora una semplice spada, potenziata con dei talismani però soprattutto come protezione… Zelgadiss non aveva ancora trovato il modo di riparare la sua… quindi niente Astral Vine

 

“Allora…” Aleksander mi sorrise. “E’ arrivata la cavalleria?”

 

Mi si gettò contro e io rotolai a terra. Finalmente davo la schiena alla finestra. Dovevo indietreggiare, indietreggiare il più possibile. E poi gettarmi con forza contro al vetro. Possibile che non ci avesse pensato anche lui? E’ vero, eravamo al terzo piano e non era saggio quello che pensavo di fare… ma non avevo alternative valide e questo pazzo mi avrebbe passato volentieri a fil di lama.

 

Parai. Parai. Il mio polso urlava di dolore. Abbassai la testa. Indietreggiai. Mi gettai di lato. Parai. Indietreggiai.

 

Per mia fortuna, per sua sfortuna, scivolò leggermente sul pavimento. Questo lo sbilanciò per l’attimo che mi era necessario per voltargli le spalle e scaraventami contro la finestra. Alzai il braccio, a cui avevo avvolto un lembo del mantello per proteggermi il viso e spiccai un balzo.

Il pugnale mi colpì alla coscia mentre stavo ancora saltando, conficcandosi in profondità.

 

Poi attraversai il vetro.

 

Il dolore alla gamba era orrendo ma ebbi la prontezza di provare a castare il Levitation. Nelle orecchie sentivo il fragore dell’aria e mi sembrava di cadere al rallentatore. Forse la lucidità stava per venire meno… ma non potevo, non dovevo svenire o mi sarei fatta molto male. Decisamente troppo male.

Maledizione, il pugnale non ci voleva!  

 

Levitation!”

 

Quando mancava poco al mio rovinoso atterraggio, l’incantesimo funzionò, attutendo un poco l’impatto. Le gambe non mi ressero a lungo e finii in ginocchio. Fissai stupidamente la finestra divelta e mi parve che i vetri scintillassero come stelle dorate. Non sentivo niente. Tutto era ovattato e non ne capivo il perché. Dopotutto non c’era stata un’esplosione, no? Non provavo neanche dolore. Abbassai la testa e vidi la gamba infortunata che sanguinava ininterrottamente. La ferita si era allargata, forse quando ero crollata in ginocchio. Ci misi il guanto sopra e lo rialzai verso il mio viso. Era zuppo, come zuppo era il calzone e parte del terreno sul quale ero appoggiata. Lina… sveglia! Pensa, Lina! Devi fermare l’emorragia… o almeno rallentarla! Ma Lina doveva essere da qualche altra parte, fuori combattimento.

 

Osservai con distacco il sangue rosso vivo che usciva a fiotti copiosi dalla ferita.

 

Faceva freddo. Ferma il sangue! Dovevo usare un Recoverydovevo… perché mai il mondo roteava?

 

Aprii gli occhi , che non mi ricordavo proprio di avere chiuso, ed ero tra le braccia di Gourry.

 

“Forza Lina, forza resisti!” Mi accarezzava i capelli. Sembrava disperato. Alzai lievemente la testa, che pesava un quintale e vidi Zelgadiss vicino alla mia gamba, leggermente sollevata, che faceva pressione con le mani sulla ferita. Aveva la fronte imperlata di sudore. Brutto segno.

Brutta ferita. Brutta caduta. Mi veniva da ridere. Buffo no? Ora il dolore lo sentivo ed era ovunque.

 

“Lina?” Gourry doveva aver visto che ero vigile. “Lina, ti prego!” Volevo sorridergli e rassicurarlo. Non era nulla di grave davvero ma tutto quello che riuscii a produrre fu una smorfia. Non doveva essere stata rassicurante perché vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime. Eh, come la faceva tragica! Sarei stata presto nuova di zec

 

Oh, merda. Quando riaprii gli occhi capii che dovevo essere svenuta un’altra volta. E per poco tempo perché ero ancora tra le braccia di Gourry e Zel era ancora sulla mia gamba. Spingeva sul taglio e stava usando un Recovery ma forse non era abbastanza perché lo sentii gridare dove fosse il guaritore. Questa non era una cosa buona. Affatto. Avevo un freddo terribile mi sentivo congelare.

 

Ma poteva una che aveva sconfitto alcuni potenti Signori del Demoni finire così???

 

Gourry mi avvicinò il viso al suo. “Resisti Lina, ti prego resisti…” Mi accorsi solo allora che mi stava stringendo anche una mano. Sensibilità addio, eh? Feci un mezzo sbuffo che voleva essere una risata. Certo che resisto caro il mio Gourry… altrimenti come faccio a punirti per avermi messa in imbarazzo davanti a Zelgadiss? Improvvisamente mi venne un groppo alla gola. Tentai di stringermi a Gourry, come un naufrago che non vuole affogare. Certo che resisto, Gourry perché altrimenti come faccio a prendere a calci nel sedere quel maledetto campione? Mi sentivo affondare. Certo che resisto… Emisi un singhiozzo.

 

Se solo respirare non fosse stato così orrendamente difficile…

 

Non ho detto che mi sentivo affondare? A dire il vero mi sentivo sollevare… Socchiusi gli occhi (ero ‘andata via’ di nuovo?) ed ero ancora tra le braccia di Gourry ma lui era in piedi e stava correndo. Sentivo il suo respiro affannoso e vedevo che era imbrattato di sangue. Indovinate di chi era? Già, c’erano grosse probabilità che fosse il mio. Ah, i suoi abiti non sarebbero mai venuti puliti.

…chissà perché pensavo a quelle scemenze.

 

La voce di Zel gridava e mi pareva di sentire, a tratti, anche quella di Marie. Ma non potevo dirlo con certezza. Tutto era avvolto da una cappa grigia, nella quale penetrava qualcosa del mondo che mi circondava. Immagino che a quel punto persi ancora il contatto con la realtà.

 

Quando mi ripresi stavamo ancora correndo. Anzi, stavano. Mi sentivo più cosciente, nel senso che pensavo con meno fatica, eppure più inconsistente. La mia mente era più ‘sveglia’ ma il mio corpo era di nuovo inerte. Ero debole ma lucida. Tremavo con violenza e respiravo in modo convulso. Era strano. Sembrava di galleggiare. Sembrava di affogare. Stavo morendo? Le volte che ero stata così ‘vicina’ era stato così? Non riuscivo a ricordarlo.

 

Gourry…” Era come se qualcuno mi avesse raschiato la gola. Avevo un terribile sapore rugginoso in bocca e immagino che dovessi avere un alito spaventoso. Chissà come mai continuavo a pensare idiozie. “Gourry…” Riprovai con tono di voce più alto. Lo spadaccino mi guardò e quasi smise di correre. “Lina… Lina stiamo arrivando, manca poco… manca poco!” Oh, Gourry

 

Svoltò bruscamente a destra e riconobbi la locanda dove alloggiavamo. Zel ci precedette sulle scale. Sentivo i suoi passi rimbombare. Dietro di noi udii la voce di Kira. Mi volevano portare da Amelia… ma Amelia non era capace di castare un Resurrection… Riaprii stancamente gli occhi quando mi resi conto che mi stavano appoggiando sul letto. Gourry era al mio fianco e continuava a stringermi la mano. Me la stritolava. O forse non me la stava stritolando, forse ero io che avvertivo di nuovo il dolore e sentivo male perché ero debole.

 

Girai gli occhi in tempo per vedere una disorientata Amelia in pigiama che mi correva incontro.

 

E poi…

 

Buio.

 

*  *  *  *  *

 

Tornai al mondo piano, riemergendo da acque profonde. Ero confusa. E arrabbiata. Ero l’irritazione fatta persona e non capivo neanche il perché. Che diavolo era succ… Ehi! Spalancai gli occhi. Dove diavolo ero? Mi misi seduta su un letto modesto ma profumato e mi guardai intorno. Ero da sola. Mentre buttavo le gambe giù dal letto iniziai ad avere il sentore che qualcosa non fosse… ‘giusto’. Innanzitutto le gambe mi facevano male. Me le guardai senza notare niente di strano poi mi alzai. O meglio, cercai. Perché quelle traditrici cedettero immediatamente, non prima di avermi fatto provare una fitta di dolore mozzafiato. Cercai di afferrare qualcosa per non cadere e la prima cosa fu la piantana con il lavabo e la brocca. Non esattamente la cosa più stabile sulla faccia della terra. Crollò tutto di schianto, me compresa.

 

Il dolore fu insostenibile e lanciai un urlo.

 

La gamba! Improvvisamente ricordai… La Sala degli Schermidori. Il campione. Il duello. La finestra.

 

Il pugnale.

 

Prima che potessi anche solo iniziare ad imprecare per essermi fatta malissimo nella caduta, la porta si spalancò e Gourry, seguito a ruota da Amelia, si fiondarono nella ‘mia’ camera.

 

Lina-san!” Strillò Amelia, mettendosi in ginocchio vicino a me. Tirò su con il naso in modo veramente poco principesco e mi gettò le braccia al collo. Dovevamo essere uno spettacolo, io con la camicia da notte sollevata fino alle cosce e Amelia con i pantaloni zuppi dell’acqua della brocca ma… Ehi! Ero viva! Ricambiai la stretta. Doveva essere stata lei a guarirmi. O comunque doveva aver contribuito.

 

Alzai la testa e Gourry era lì, con le mani sulla ginocchia, che mi guardava sorridendo leggermente piegato in avanti. Tra le lacrime. Ah, il mio salvataggio doveva essere stato davvero degno di una scena madre! Peccato esserselo perso! Alzai le dita nel segno della vittoria che tanto era caro alla principessa.

 

“Vedo che qualcuno sta meglio.” Zelgadiss. “Non dovresti però stare sul pavimento… ne cercare di camminare, per un po’.” Hei, ciao! Rimpatriata! Sorrisi in modo stupido anche a lui. Non c’era come rischiare la vita e svegliarsi tutti interi quando non si sarebbe scommesso neanche una monetina su sé stessi per farti ghignare come un cretino ininterrottamente. Lo sciamano mi regalò uno dei suoi rari sorrisi. “Sono felice che tu stia bene.”

 

Amelia sollevò la testa dall’incavo della mia spalla, dove l’aveva appoggiata. Si girò verso Gourry e Zelgadiss e, asciugandosi gli occhi, si mise in piedi. “Zelgadiss-san… penso sia il caso di andare…” Ehi! Mi lasciava a mollo nell’acqua? E… cos’era quel tono… malizioso??? Zel fece un passo indietro, lasciò che Amelia uscisse e poi chiuse la porta silenziosamente alle sue spalle.

 

Gourry mi si avvicinò piano. Io lo guardai dalla mia posizione accosciata. Sembrava… timoroso. “Come stai… Lina?” Gli feci un ghigno. “A mollo!” A quel punto anche lui sembrò sbloccarsi e sorridendo si mise alla mia altezza. Mi passò un braccio sotto la spalla e mi alzò di peso. Sapeva quanto mi seccava essere sollevata ‘modello sposa’ ed aveva evitato. Però era chiaro ad entrambi che non sarei riuscita a rimanere in piedi da sola. Non al momento, non ancora.

 

Mi fece sedere lentamente sul letto e mentre mi sistemava i cuscini dietro alla schiena, cercai di tirare giù quella stupida camicia da notte, che era estremamente corta… ma perché diavolo mi avevano cacciat… chi cavolo me l’aveva messa addosso??? Stavo iniziando ad agitarmi quando Gourry mi si parò davanti e mi abbracciò. Rimasi con le braccia lungo i fianchi. Sorpresa.

 

O forse no.

 

Mi tenne stretta a lungo, in silenzio e io… ricambiai. La verità era che volevo ricambiarlo, volevo stare nel calore della sua stretta. La verità è che non ero più confusa. Quello era Gourry e questa ero io. Compagni di viaggio, amici… tutto questo e molto altro ancora.

 

Io avevo dato la vita, per lui e lui mi aveva seguita nel mare del Caos per riportarmi indietro.

 

Meliloon aveva ragione, quello che mi aveva fatto mi aveva colpita, anche se non avevo voluto ammetterlo. Ed ero stata furiosa con Gourry… ma in realtà ero furiosa con me stessa. Perché io volevo che Gourry stesse al mio fianco, perché non volevo perderlo, non volevo perderlo mai più.

 

Lui… mi amava.

 

E se anche non sapevo bene come gestire tutti i sentimenti che si riversavano nel mio petto, una cosa mi era chiara. Io lo ricambiavo. Dovevo delle scuse a Gourry. Ero io a dovermi scusare… dovevo partire da quello e poi… poi chissà.

 

Ma per ora stavo così bene, mi sentivo così a casa tra le sue braccia.

 

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Capitolo 3
*** Il campione (affari di famiglia -parte due) ***


Lentamente, misericordiosamente, mi sollevai in piedi

 

 

Lentamente, misericordiosamente, mi sollevai in piedi. Fu un momento di grazia, intensa gioia e puro gaudio con tanto di angioletti con le alucce piumate e piccole arpe d’oro, destinato però, purtroppo per la sottoscritta, a non durare molto. La fitta che mi saettò nella gamba che era stata  ferita e il crampo di protesta nel polpaccio dell’altra avrebbero dovuto mettermi sull’avviso ma mi conoscete, sono una ragazza decisamente testarda quando mi ci metto.

 

 

Saldamente appoggiata alla testiera del letto, che mi aveva fatto anche da sostegno per alzarmi, mossi un piccolo passo rigido verso lo scrittoio di Kira, che faceva bella mostra di sé sotto l’ampia finestra, unica fonte di luce della camera. Mi tremavano i muscoli eppure dovevo farcela, dovevo arrivare almeno fino alla sedia vicino alla scrivania. Per la miseria, ero Lina Inverse, no? Una sciocchezza come quella che mi era accaduta non mi avrebbe costretta a letto un secondo di più! Strinsi i denti e lasciai la mano, peraltro ormai orribilmente sudaticcia, dandomi una leggera spinta in avanti. Un passo… Ah, ah! Visto? Un altro passo… Camminavo!!! CamminavBAM! Un secondo dopo aver esultato ero a terra, ansimante e lacrimante mentre mugolavo di dolore e rabbia a labbra strettissime, per non richiamare attenzioni indesiderate tra i miei solleciti amici. ? Evidentemente dovevo ancora lavoraci su

 

 

Era passata circa una settimana dal mio scontro con il “campione” di Mahen meglio conosciuto come Aleksander, il paladino della giustizia. Quel dannato bastardo aveva deciso di accopparmi sulla base di informazioni false e tendenziose elencate in una vecchia taglia sulla testa… incredibilmente ancora in giro (? Ero stata riconosciuta innocente. In-no-cen-te! Cosa lo dico a fare, è ovvio che sia stato così!) e c’era quasi riuscito, infilzandomi con un pugnale avvelenato. Mi scelgo con cura i nemici, eh? Mai uno con un briciolo di  intelligenza. Se quel maledetto idiota avesse deciso di consegnarmi alle guardie, come avrebbe fatto una persona sensata, ci saremmo risparmiati tutto il macello che era successo invece NO, lui doveva sfidarmi e uccidermi! Ma dico… se pensava che fossi ancora ricercata, perché non prendersi l’oro della mia taglia? Era così ricco che disprezzava un bel sacchetto di monete? Certa gente mi risultava incomprensibile… Io dovendo scegliere preferisco prendermi la ricompensa e poi magari posso strapazzare il criminale, se proprio mi sento in vena… Ma che ci volete fare, sono una maga-genio, non tutti sono al mio livello! (Zit-ti!)

Naturalmente non concepivo che volesse uccidermi così, per se, perché non ci conoscevamo affatto, non gli avevo fatto niente e vi assicuro che se avesse voluto ammazzarmi per vendetta non avrebbe rinunciato a dirmelo… avete notato che i cattivi hanno una gran parlantina, no? Quanto adorano tediare con i loro discorsi, sbrodolati appena prima di dare il colpo di grazia? E quante volte proprio questa cosa li porta a fare una brutta fine, loro per primi? … ah, bei ricordi! Questo Aleksander doveva essere un cacciatore di taglie con la mania da giustiziere, visto e considerato che aveva ripulito anche i boschi intorno a Mahen dai banditi. Non che questo fosse poi meglio della figura del cattivo a tutto tondo oppure del vendicatore… visto che i suoi metodi non erano così ortodossi. Infondo anche se mi aveva dato una spada per combattere ‘alla pari’ con lui, quando avevo tentato di fuggire mi aveva colpita alle spalle… e non aveva usato un semplice pugnale, come vi avevo detto, ma un pugnale con l’aggiuntina. Chiamiamolo ‘pugnale più’. Ecco, grazie alla sua immensa cortesia nei miei confronti mi trovavo in questa spiacevole situazione.

 

 

A causa sua, chiunque egli fosse realmente e qualsiasi scopi perseguisse, avevo sfondato di testa una finestra al terzo piano, fatto un volo in caduta libera mentre mi dissanguavo, grazie al suo veleno, e per un pelo non ci rimanevo secca. Certo, a lui avrebbe fatto piacere, tutto sommato, visto che la mia morte era più o meno dichiaratamente il suo scopo… ma per la sottoscritta non era stato divertente. Affatto proprio. Ora, se mai mi fosse capitato di nuovo sottomano senza un Rune Breaker a parargli le chiappe dalla magia… nessuno avrebbe potuto togliermi la soddisfazione di usare i miei peggiori incantesimi. Ne conoscevo giusto un paio che avrebbero fatto al caso suo. Questo, appunto, se si fosse deciso a palesarsi di nuovo. Già, perché dopo il fattaccio, Aleksander-caro era svanito nel nulla. Volatilizzato. Evaporato. Aria fina. Mahen era nel panico, senza il suo campione (il tono acido da me riservato al suo nome e titolo direi che se lo fosse ampiamente meritato) ed era anche alla ricerca della misteriosa apprendista che lo aveva con tutta probabilità rapito. Solo due considerazioni. Prima considerazione: in quel paese di bifolchi dovevano essere rimbambiti. Dieta povera di vitamine, forse? Non si nutrivano in modo corretto e la loro salute mentale ne risentiva? No ma sentite, analizziamo bene: io avrei rapito lui? Se ne avessi avuta l’occasione gli avrei buttato giù i denti a suon di schiaffi ma di certo non avrei per nessuna ragione sentito il bisogno di sequestrarlo. A parte il bell’aspetto era pazzo, un pazzo furioso se volete la mia opinione e ormai mi stava proprio antipatico, per usare un eufemismo. La seconda considerazione era che Marie doveva stare dalla nostra parte… perché lei sapeva benissimo chi ci fosse nella sala con Aleksander e doveva avere una vaga idea di dove fossi stata portata visto che ricordavo la sua voce, durante la corsa di Gourry verso la locanda. Siccome non avevo ancora avuto il piacere di scontrarmi con abitanti impazziti, armati di torce e forconi come si conveniva da copione, doveva aver tenuto la bocca chiusa sull’identità della misteriosa ragazza. (Tra parentesi mi piaceva un sacco quel ragazza misteriosa, dava alla mia figura un certo fascino, che ne dite? E poi suonava proprio bene. Peccato che se mi avessero trovata, misteriosa o no, i villici imbufaliti avrebbero cercato di passarmi a fil di lama. Tanto per cambiare, eh?).

 

 

Lentamente, con movimenti cauti e misurati, mi misi a sedere. Dal corridoio non giungeva alcun suono, segno che i ragazzi non mi avevano sentita cadere. Questa era un’ottima notizia visto che da quando mi ero svegliata e ci eravamo accorti del piccolissimo problema che mi affliggeva, erano diventati, ognuno nella sua maniera a seconda del carattere e delle inclinazioni, delle sottospecie di mamma (Amelia), papà (Gourry) e carceriere liberamente costretto (Zelgadiss). Una cosa che adoravo. I miei nervi erano ormai a fior di pelle e Zel (i cui nervi erano certamente altrettanto provati) doveva ringraziare la sua pellaccia pietrosa per non essersi ritrovato con una commozione cerebrale… ad Amelia e Gourry non era andata così bene e anche i soprammobili di Kira avevano riportato qualche piccolo danno. Niente di serio, eh? Dopotutto i cocci si possono sempre rimettere insieme e cosa c’era di meglio, per far passare la noia, di obbligare Gourry (minacciandolo con una finta Fireball) a fare quel lavoro certosino? Non dite che suona patetico, attenti a voi! Devo afferrare l’ultimo vaso integro di Kira? Guardate che lo faccio!

 

 

Nel momento in cui mi ero ripresa, la mattina dopo l’increscioso incidente, ed ero finita col cadere a terra trascinando piantana del lavabo e brocca con me, avevo creduto di poterlo imputare alla massiccia perdita di sangue seguita al mio ferimento. Il Ressurrection aiuta, e molto, ma non fa miracoli. Tutto nella norma, quindi, giusto? Giusto? Sbagliato, signori miei. Quando era arrivata Kira, poco dopo l’ora di pranzo, mi aveva esaminata attentamente e ad ogni sospiro che emetteva nel visitarmi, mi ero sentita sempre meno fiduciosa. Insomma, andava tutto bene, no? Mi sentivo in ottima forma. Non è forse vero che ognuno è il miglior medico di stesso?

Quando mi aveva chiesto se riuscivo ad alzarmi in piedi, magari con un piccolo aiuto, le avevo sorriso. Cosa ci voleva? Quindi era stato chiamato Gourry ed io mi ero appoggiata a lui muovendo le gambe doloranti con lentezza esasperante. Al momento di stare in piedi da sola… … il richiamo della forza di gravità era stato decisamente e sorprendentemente forte. Un po’ troppo forte. Lo scontro tra il mio naso e le assi del pavimento era stato impedito dal gesto tempestivo di Gourry che mi aveva afferrata prontamente, come solo anni di esperienza ti possono insegnare a fare. (Bisogna riconoscerlo a Gourry, sa decisamente fare il lavoro per cui lo pago. Ah, non lo pago? Come no? La mia sola presenza è un pagamento sufficiente!)

 

 

Se devo essere sincera ero rimasta sconvolta dal fatto di non essere in grado di reggermi sulle gambe neanche un secondo… dopotutto non ero collassata per debolezza, non mi girava la testa, non mi sentivo male. Eppure… non c’era verso di stare diritta. Figurarsi camminare. Il mio massimo era stato barcollare e sbandare per mezzo passo prima di accasciarmi mollemente. Odioso. Decisamente, schifosamente odioso. Avevo riprovato un paio di volte, sotto lo sguardo sempre più preoccupato di Gourry ed era sempre andato peggiorando… Ad andare avanti in quella maniera potevano tranquillamente abbigliarmi come una damigella indifesa e bisognosa di aiuto usando una delle vesti principesche di Amelia (NO COMMENT sulle modifiche da apportarsi nella zona petto se ci tenete ai denti) e lasciarmi ad un angolo della strada, ad attirare prodi cavalieri, da spennare debitamente. , poteva anche essere una soluzione... Mi ci vedevo bene… Anche se pensandoci, avrei avuto Amelia sempre alle calcagna pronta a predicare l’ingiustizia delle mie azioni… mmm, mi stava già passando la voglia. Concludendo, non potevo camminare né reggermi in piedi e Gourry aveva preso il vizio, quando pensava che non lo vedessi, di fissarmi con uno sguardo talmente afflitto da farmi venire ogni volta una crisi isterica. Perché io LO VEDEVO, mi accorgevo sempre quando qualcuno mi fissava… Oh, avanti, lo sapevo io, lo sapevamo tutti, era solo una cosa temporanea. Niente per cui farsi venire il patema d’animo, no?

 

 

E qui arriva il bello… Kira aveva stabilito che non dovessi sforzarmi, mi consigliava anzi di rimanere a letto. Giustamente avevo ribattuto che non avessi mai provato ad alzarmi, le mie gambe non avrebbero certo ritrovato la forza di sostenere il mio peso (piuma, peso piuma!) e la piccola dottoressa mi aveva preso la mano, scuotendo la testa con sguardo serio. In quel momento avevo provato una sensazione di freddo allo stomaco a dir poco spiacevole. Con voce seria, dopo avermi chiesto se volevo Gourry a fianco (e io ingenuamente lo avevo fatto rimanere, creando un mostro. Avete presente la madre di tutte le mamme apprensive? Ecco in cosa avevo trasformato Gourry, permettendogli di sentire quello che Kira voleva dirmi) mi aveva spiegato che il pugnale era di certo avvelenato (un piccolo pensiero ce lo avevo fatto anche io, a mente lucida, quando mi ero ripresa) e che quello e la posizione in cui era penetrato, unito al colpo preso al momento dell’atterraggio (in effetti solo all’ultimo ero riuscita a castare il Levitation, colpendo quindi il suolo con forza) dovevano avermi procurato una qualche lesione che su due piedi non era in grado di determinare con precisione.

In via precauzionale, per non correre il rischio di peggiorare la situazione, mi aveva raccomandato di stare quanto più immobile possibile.

 

 

Fu così che all’inizio rimasi buona buona a letto, ad annoiarmi mortalmente nonostante la compagnia di Amelia che aveva deciso, dopo l’insuccesso e gli urlacci che si era presa quando aveva avuto la geniale pensata di leggermi uno dei libri di suo padre intitolato “Cento e uno discorsi sulla giustizia per gli ammalati” (davvero, una scelta di ottimo gusto! Non solo le filippiche di suo padre ma pure quelle per gli ammalati!), di procedere con la lettura di alcuni dei romanzi d’amore di cui era ghiotta, sebbene li divorasse di nascosto. Il libro aveva il grazioso titolo di “Amore e ardore nelle verdi lande di Tallassee” e giuro che non sapevo come facesse la principessa a leggerlo senza arrossire furiosamente in certi passaggi oppure ad esplodere in risate incontrollate in altri. Siccome si prodigava in tutte le maniere per farmi stare calma ‘aiutarmi’, evitai di dare in escandescenze e mi sorbii pagine e pagine di pensieri e atti pruriginosi stoica come il premio Nobel per la pace.

Quando era Zel a venire a trovarmi, discutevamo di magia e mi raccontava dei progressi che non stavano facendo per ritrovare Aleksander. Era evidente che l’interesse dello sciamano per ilcampione’ non fosse dettato puramente dalla ‘vendetta’, piuttosto doveva nutrire delle speranze… se era stato quel maledetto a creare il veleno, doveva essere un pozionista dannatamente bravo… e la cura di Zel poteva essere ancora una volta a portata di mano. Da quando aveva avuto la rivelazione da Rezo, Zel aveva deciso di rinunciare alla sua ossessione di tornare normale ma… era una decisione non esattamente definitiva perché all’occorrenza non disprezzava dedicarsi a nuove ricerche. Come non capirlo, infondo? Quando ero ormai fuori pericolo, Zel aveva avuto un lungo incontro con Kira. Non mi aveva rivelato cosa gli avesse detto ma lo sciamano era ancora più determinato a ritrovare Aleksander… dal canto mio non sapevo cosa pensare. Quell’uomo era un ottimo spadaccino ma quanto al resto… non avevo idea. Dopotutto i veleni si possono anche acquistare, basta solo avere le conoscenze giuste.

Per concludere c’era Gourry che passava moltissimo tempo con me a farsi tiranneggiare e… . Ecco. Diciamo che c’erano stati dei momenti teneri. E assolutamente privati! Questa cosa dell’aver ammesso (con me stessa) i veri sentimenti che nutrivo nei suoi confronti… mi destabilizzava. Era come aver rotto un argine… venivo colta da momenti di affetto imbarazzanti che cercavo di reprimere a tutti i costi, soprattutto in presenza di altri. Quando eravamo soli però passavamo lunghi momenti abbracciati, semplicemente l’uno nelle braccia dell’altra, il suo mento sulla mia testa, la mia fronte sul suo petto. Quando avevo per la prima volta risposto all’abbraccio di Gourry lui si era irrigidito, quasi non se lo fosse aspettato. Quasi avesse avuto paura che potessi picchiarlo. (? Quando lo picchiavo era perché se l’era ampiamente meritato!) Poi mi aveva stretta a sé ed era stato… davvero bello. Indiscutibilmente giusto. Mi piaceva quindi ritrovare quelle sensazioni, così intime e calde, che agitavano qualcosa di nuovo e al tempo stesso antico come il mondo nel mio profondo…  

 

 

Mentre i minuti e le ore e i giorni passavano, senza che Kira riuscisse a fare nulla di utile (e vi assicuro che provò diverse cose, alcune decisamente spiacevoli), in me maturava l’idea di costringere il mio corpo a reagire. Medicine, massaggi, manipolazioni… anche l’uso dell’elettricità (che mi aveva riportato alla mente mia sorella maggiore, non senza alcuni brividi) non erano serviti, quindi perché non tentare la mia strada? Ovviamente tutto in gran segreto perché ad una mia battuta per sondare le opinioni (a scopo puramente accademico, chiaramente. Se Lina Inverse decide, decide. Punto.) ed avevo ricevuto le seguenti risposte:

 

 

Amelia- “Ma Lina-saaaan. Bisogna dare retta al medico! Non mi sembra giusto fare di testa propria quando chi ne sa più di noi ha deciso diversamente. Insomma, non sempre è così, ma Kira è molto competente e mi ha aiutato a salvarti la vita!” Tutto condito da sventolamento di indice con tanto di faccina arrabbiata.

 

 

Zel- “Vedi un po’ tu, Lina. Se però finisci col peggiorare la situazione come pensi di uscirne? Guarda che non siamo tutti qui a farti da balie come ad una mocciosa viziata.” Non mi stava guardando negli occhi perché altrimenti avrebbe visto che nel suo futuro prossimo c’era una Fireball

 

 

Gourry- “Non intenderai metterti a camminare lo stesso, vero Lina?” Al mio convinto diniego mi aveva scoccato un’occhiata sospettosa e poi mi aveva spiazzata mettendomi entrambe le mani sulle spalle ed avvicinandosi ad un millimetro del mio naso sussurrandomi di non fare sciocchezze.

 

 

Allora, nessuno era dalla mia parte ma… mi bastavo e avanzavo, no? Dopo il quinto giorno di tentativi falliti da parte di Kira e di forzata immobilità, avevo deciso di dedicare ogni momento di solitudine nel tentativo di camminare. Ok, nel tentativo di stare in piedi senza sostegno E POI di camminare. Le gambe mi dolevano ad ogni accenno ma le sentivo, quindi il problema non poteva essere così grave, bastava solo indurle a reggermi. E io ero maestra nell’arte della persuasione, giusto? Sì, anche con il mio stesso corpo. Dunque, quella mattina ero stata lasciata da sola due volte. In quel momento Amelia e Kira erano andate a comprare delle erbe e Zel e Gourry erano partiti alla ricerca di Aleksander. Per quello che ne sapevano, stavo facendo un sonnellino ‘digestivo’… anche se ero ben consapevole che Gourry avesse intuito la mia recita. L’occhiata scettica che mi aveva lanciato la diceva lunga. Ma… a mali estremi…

 

 

Potreste pensare che il mio comportamento fosse irresponsabile ma davvero, cosa dovevo fare? Passare tutta la vita a letto? Kira non sapeva più che pesci pigliare, il Recovery non serviva, il Dicleary neppure, non funzionava niente… e io mal sopporto le soste forzate.

C’era sempre una soluzione e io stavo solo mettendo in pratica la mia.

 

 

In conclusione, ero a terra, scomoda e ammaccata. Potevo rimettermi in piedi con un Levitation e aggrapparmi alla sedia oppure forzare ancora le gambe a sorreggermi mentre mi sollevavo usando la sedia. Scelsi la via più dolorosa. Insomma, le cose se si facevano, si facevano bene, no? Per fortuna la sedia era del tipo robusto e stabile, mi mancava davvero tirarmela in testa. In che modo avrei spiegato poi alla Santa Inquisizione il bernoccolo sulla fronte? Vero che bastava un piccolo Recovery ma vista la mia scarsa fortuna, mi avrebbero beccata mentre lo usavo…  

Chissà se quando ero un’infante era stato così, imparare a stare in equilibrio e a camminare. Di certo la prospettiva con cui guardavo le cose in quel preciso momento era piuttosto simile.

 

 

Usai tutta la forza che avevo nelle braccia per sollevare il peso morto della parte inferiore del mio corpo e, tremando per lo sforzo, mi misi in piedi. Bene. Da ferma, con una decisa agonia e puntellata da un sostegno saldo, stavo in posizione eretta… avevo raggiunto un nuovo livello sulla scala dell’evoluzione. Con le orecchie aguzzate per captare un qualsiasi suono di gente in avvicinamento, diedi un’occhiata fuori dalla finestra. Una lieve pendenza fiorita digradava fino ad un piccolo stagno il cui specchio rifletteva il cielo terso. Era una scena che metteva una gran pace… ecco, invece di farmi imbarazzare con labbra tumide e cosce possenti, per mantenermi ad un livello di pace interiore minima, sarebbe bastato quello. Dovevo dirlo, ad Amelia.

 

 

Nel mio campo visivo apparve però un elemento di disturbo. Anzi, L’ELEMENTO di disturbo. Strabuzzai gli occhi. In un primo momento pensai di aver avuto un’allucinazione. Era una settimana che nessuno sapeva dove fosse finito ed eccolo, proprio sotto alla mia finestra a guardarmi con la bocca aperta come un pesce lesso… appena vide che l’avevo notato sobbalzò per poi darmi le spalle e iniziare a correre. Fu allora che commisi l’errore numero uno: staccai le mani dalla sedia. Chissà quanto ci voleva alla mia mente ad abituarsi alla disabilità… Immediatamente le gambe mi cedettero e in quel momento commisi il secondo errore:  tentai istintivamente di riguadagnare la sedia…  essendo ormai pesantemente sbilanciata riuscii solo a ribaltarmela addosso, giustamente. Per fortuna, se così si può dire, mi colpì lo stomaco e non il viso. Emisi un gemito soffocato prendendo nota dell’ennesima cosa che il campione da strapazzo mi avrebbe dovuto pagare. E non dite che questo non era colpa sua!

 

 

Dovevo acciuffarlo e l’unico modo per farlo era…

 

 

Raywing!”

 

 

Schizzai in aria, in direzione della porta che per mia immensa fortuna, sempre la solita che mi perseguitava da Ehltarien (meditavo di passare in qualche tempio per farmi esorcizzare) si aprì proprio in quel momento, facendomi investire Gourry e di riflesso centrando anche Zel alle sue spalle. Destino voleva che la camera di Kira fosse abbastanza vicino alla rampa di scale… ora, fate due conti: io in piena accelerazione, Gourry e Zel sulla mia strada e le scale a meno di un metro… e capirete come arrivammo al piano terra. Lasciate che vi riveli un particolare: Zel pesa qualcosa come un quintale e i suoi capelli sono duri e appuntiti come pugnali mentre Gourry è un pezzo di ragazzo grande e grosso, entrambi sono completi di gomiti, ginocchia e altre parti dure (NO, non QUELLE! Intendevo le ossa!) ed io sono alta la metà di Gourry, sono magra e ho molte parti MOLLI. Quando la valanga umana formata dai nostri corpi si fermò avevo praticamente in bocca una scarpa di Zel e un ginocchio di Gourry piantato nello stomaco. (Non era giornata per il mio stomaco, a quanto pareva.)

 

 

E… Aleksander stava fuggendo!

 

 

Districandomi dai loro arti e strisciando sui gomiti fuori dal groviglio che eravamo, azzittii mugugni e lamentele.

 

Aleksander! E’ nel giardino sul retro!”

 

 

Cooooosa?”

 

 

A quelle parole i ragazzi si misero in tensione; Zel si alzò di scatto e prese la via della porta mentre Gourry lo seguì con lo sguardo senza muoversi per poi lanciarmi una lunga occhiata. Dal canto mio recitai la formula del Levitation e mi misi alla sua altezza, come una specie di fantasma ballonzolante, sebbene in carne, ossa e lividi.

 

 

“Lina…” il suo tono non mi piacque molto. “Lina, perché ti sei alzata… Kira ha detto…

 

 

Gourry…” gli rifeci il verso, mettendolo a tacere con un’occhiataccia degna di Zel. “Vorrei farti notare che non sono in piedi… sto volando.” C’era poi bisogno che sapesse dei miei sforzi segreti? Occhio non vede… E non importava che lo avesse già capito. Perché a Gourry, nonostante l’espressione trasognata e le risposte a volte lente, non sfuggiva un accidenti di niente. L’importante era che comunque non lo sapesse con certezza inequivocabile. Cosa ottenibile solo cogliendomi in flagrante o con una mia piena confessione, quest’ultima cosa praticamente impossibile.

 “Non perdiamo tempo, non vorrai che Zel festeggi senza di noi.” Gli strizzai poi l’occhio, in segno di pace e lo spadaccino, dopo aver lasciato andare un lungo sospiro, rilassò lentamente le spalle.

 

 

Io davvero lo capivo, capivo che fosse preoccupato per me ma sinceramente, non volevo che quello che era avvenuto tra noi (curiosi, eh?) cambiasse qualcosa. Noi ci fidavamo l’uno dell’altra e così doveva rimanere. Ci tenevo troppo a me stessa per fare sciocchezze che mi danneggiassero. (Non sono graditi commenti, grazie) Doveva darmi credito e lasciarmi fare, come aveva sempre fatto.

 

 

Mi rivolse un piccolo sorriso, accarezzandomi una guancia. Ricambiai sorriso, indugiando affettuosamente sui suoi lineamenti, i folti capelli scintillanti, gli occhi chiari, il bel naso dritto e la bocca morbida e invitante… soprattutto la bocca… Lina! Cosa pensi?! Mi riscossi da quei pensieri inopportuni ed entrambi uscimmo in giardino. Se non ci fosse stato Aleksander da inseguire forse, in quel prato illuminato dal caldo sole… Scossi la testa con forza. Non era il momento!!! Basta pensieri su Gourry!

 

 

Girammo intorno alla taverna fino ad arrivare al prato retrostante dove avvistammo Zel che correva come un disperato. Con un cenno di intesa io e Gourry ci mettemmo all’inseguimento e in un secondo gli fummo alle spalle.

 

 

Zel! Perché non lo segui via Raywing?”

 

 

Lo sciamano alzò le spalle poi mi rivolse un sorrisetto storto. “Voglio dargli un po’ di vantaggio…per vedere cosa fa.”

 

 

 

Evidentemente Aleksander si era accorto di noi, a giudicare dalle occhiate che ci lanciava da sopra alla spalla di tanto in tanto. Dovetti dargli atto che aveva un gran fiato perché correva come se avesse avuto uno stuolo di demoni alle calcagna… , in effetti avrebbe anche potuto considerarci tali, se fosse riuscito a percepire le aure che sprigionavamo… decisamente arrabbiate e affamate… Mi venne da ridere al paragone con i mazoku e mi sentii bene, libera e in forma come da giorni non mi accadeva. Il vento sul viso, Gourry e Zel al mio fianco, a capofitto in una nuova avventura… beata ingenuità, la libertà mi stava facendo ubriacare ottundendo i miei istinti? Perché era chiaro che Aleksander continuava a correre in linea retta, completamente esposto, voleva apertamente condurci in un posto preciso…

 

 

“Trappola?”

 

 

 “Probabile.” Fu la risposta dello sciamano mentre Gourry continuava a correre, le labbra serrate ora in una linea sottile.

 

 

“Quando ha visto che lo stavo inseguendo filava a zig-zag come per seminarmi… ma… quando siete arrivati voi si è quasi fermato, per un secondo… e poi ha iniziato a correre… così…” Indicò Aleksander.

 

 

Curioso. Che avesse deciso in un secondo momento di tenderci un’imboscata?

Era  d’altra parte sensato che fosse una trappola, dopotutto sulla taglia eravamo esattamente io, Gourry e Zel, no? E lui non era forse una specie di giustiziere?

 

 

“Placcaggio alla Inverse o ci facciamo portare dove vuole?”

 

 

Meglio cercare di affrontarlo subito o lasciarci condurre nel luogo dove aveva deciso di portarci, se mai ne aveva veramente uno in testa? Io propendevo per assecondare il suo gioco e stranamente anche Gourry e Zel non avevano ancora espresso obiezioni di sorta. Forse non lo consideravano abbastanza pericoloso, forse…

 

 

“Secondo me è meglio gettarlo a terra qui e subito, senza aspettare di vedere dove vuole andare. E’ da quando ha iniziato a scappare che sa che gli siamo dietro!

 

 

Ah, ecco! In effetti mi aspettavo una cosa simile da Gourry… in genere tendeva ad assecondarmi ma adesso era preoccupato per me. Era come se lo spadaccino e lo sciamano si fossero scambiati i ruoli… Gourry cercando di frenarmi e Zel assecondandomi. Ma Zel mi assecondava per una ragione… e io sapevo quale fosse…

 

 

“Non credo sia un demone, non credo abbia un esercito… magari è più interessante vedere dove ci porta.”

 

 

Era possibile che Zel lo volesse catturare per scoprire se oltre a veleni potenti che non si potevano curare con un Dicleary né in altre maniere fosse in grado di fare qualcosa per lui…  Pensava che Aleksander potesse creare qualche pozione particolare… lui o qualcuno per lui.

 

 

Zel?”

 

 

Lo sciamano girò leggermente il volto.

 

 

“Pensi che Aleksander abbia un laboratorio segreto?”

 

 

Zelgadiss tornò con lo sguardo sul fuggitivo, pensoso. “Forse.”

 

 

“Non credo ci stia portando lì, se anche ne avesse uno…” dissi sollevando un sopracciglio. “E poi non è detto che il veleno usato contro di me sia opera sua… potrebbe averlo comprato.”

 

 

Zelgadiss ignorò il secondo commento e rispose in tono un po’ piatto. “Vale la pena di andare a  vedere… sono stufo… di stare con le mani in mano in quella locanda.”

 

 

Ah, l’ultimo punto lo condividevamo in pieno.

 

 

Ma lo sciamano non aveva finito. “E comunque lascia che te lo dica…sei una pessima paziente, Lina.”

 

Questo non doveva dirlooooooooooooooooooooo

 

 

Improvvisamente Aleksander deviò verso un gruppo di villette diroccate e si infilò in quella più grande, dallo sgretolato intonaco bianco, scomparendo nel buio del piano terra. Ci fermammo come un sol uomo davanti al portone scardinato. Dimentica della mia piccolissima complicazione, rilasciai il Raywing, poggiando i piedi a terra e afflosciandomi immediatamente come un sacco vuoto.

 

 

“Maledizione!” mugolai infelice mentre Gourry urlava il mio nome e si affrettava ad afferrarmi per la vita, sollevandomi di peso.

 

 

“Tutto bene?” chiese ansimando. Zel mi osservò attentamente, strizzando gli occhi e mettendo pollice e indice sotto al mento. “Sei un po’ pallida.”

 

 

Zeeeel…” grugnii. “Sto BENE.”

 

 

Lo sciamano sollevò gli occhi e indicando con un senno della testa la porta mi chiese, non senza una punta di ironia, se volessimo entrare.

 

 

“Certo che SI’” affermai. Naturale, ovvio! Cosa ero arrivata fin lì a fare?

 

 

Proprio mentre rispondevo mi fece eco una seconda voce…

 

 

“Certo che NO”

 

 

Dei, aiutatemi. Anzi, aiutatelo.

 

 

Gourry mi prese in braccio, modello sposa, cosa che gli sarebbe valsa una terribile punizione più tardi, e solo perché adesso non avevamo altro tempo, e mi guardò negli occhi.

 

 

“Lina, ti prego. Davvero, anche se dici di stare bene vorrei farti notare che non ti reggi in piedi.

 

 

Va bene, aveva ragione. E allora? Ero capace di tenere attivi due incantesimi contemporaneamente!

 

 

Ci si mise anche Zel.Gourry ha ragione e lo sai. Saresti solo di impiccio. Stai qui.”

 

 

Una vampata di furia mi fece bruciare la guance e le orecchie ma mi morsi le labbra. Saresti di impiccio. Stai-qui. Presi un profondo respiro. 

‘Non posso friggerli ora. Non devo friggerli ora…’

Dopo essermi ripetuta il mantra una decina di volte a velocità supersonica, mi riazzardai a parlare.

 

 

“Ragazzi, stiamo solo perdendo tempo… anche se scommetto che quel verme se ne sta seduto al piano di sopra ad aspettarci… Comunque voglio partecipare anche io. Non sono invalida!” I due traditori si lanciarono un’occhiata. “Se mi lasciate qui tutta sola… salirò le scale strisciando.” Lo so, questo suona DAVVERO patetico, “Non cammino ma la bocca ce l’ho ancora…”

 

 

“Si sente…” mi interruppe sbuffando lo sciamano mentre Gourry annuiva vigorosamente.

 

 

“Voi due…” strinsi le mani a pugno. “Posso lanciare degli incantesimi, giusto? Non mi servono le gambe, mi serve la voce!” Una volta mia sorella mi disse che ero testarda come una bambina di due anni. Forse aveva ragione ma… so valutare perfettamente i rischi che sto correndo e per nessuna ragione al mondo i miei due “custodi” mi avrebbero tolto il divertimento di vendicarmi di Aleksander. Fosse stata anche una trappola volevo davvero vederlo il gran campione, con la magia che potevo usare, cosa avrebbe fatto. Oltre a cercare di spegnersi le fiamme di dosso.

 

 

Prima che uno dei due potesse anche solo pensare di ribattere, una nuova voce si aggiunse al coro.

 

 

Lina-saaaaaaan!”

 

 

Mancava Amelia nel quadretto, vero? , adesso anche i suoi fan saranno contenti. Eravamo finalmente al completo.

 

 

La principessa si fermò davanti a noi, mani sulle ginocchia e testa bassa mentre cercava di riprendere fiato. “Lina… san… cosa… cosa ci fai qui? Perché…”

 

 

“Sì, sì perché non sei a letto e blablabla.” Mi intromisi io, visibilmente seccata. “Senti, Amelia, sei arrivata tardi. Abbiamo già affrontato e risolto quest’argomento…

 

 

“Ah, sì?” intervenne Gourry.

 

 

“Sì!” Esplosi io fulminandolo con un’occhiataccia e ricevendo in cambio la sua espressione a occhi stretti.

 

 

“Auguri per il futuro!” Mugugnò Zel mentre io arrossivo e lo spadaccino girava lo sguardo verso lo sciamano, perplesso. Decisi di lasciargliela passare in nome dell’amicizia che ci legava (e perché contavo di usarlo come scudo umano, all’occorrenza, ma questo non era il caso che lo venisse a scoprire in anticipo.)

 

 

Amelia sembrava non aver afferrato in un primo momento, poi mi scoccò un’occhiatina maliziosa, arricciando le labbra. Non l’ho ancora punita per Ehltarien, vero?

 

 

“Ora basta!” mi agitai tra le braccia di Gourry, “Dobbiamo entrare!”

 

 

“Perché…” iniziò Amelia mentre i ragazzi si giravano finalmente verso la porta e io mi permettevo un sorrisetto soddisfatto. Con la coda dell’occhio vidi la principessa alzare le spalle e con un sospiro seguirci.

 

 

Appena varcata la soglia ci trovammo davanti ad un ampio e polveroso salone, alquanto buio. Non potevo averne la certezza ma il mio istinto mi suggeriva che Aleksander avesse percorso l’imponente scalinata e adesso si trovasse al piano superiore. L’istinto o forse l’esperienza visto che certa gentaglia amava le entrate in scena di un certo livello. E cosa c’era di meglio se non aspettarci seduto sul suo ‘trono’?

 

 

Lighting!” lo sciamano si diresse verso il fondo del salone. Aleksander deve essere di sopra, come aveva detto Lina prima di entrare… tuttavia penso possa essere una buona idea dare un’occhiata anche laggiù. Non si sa mai…” Indicò le porte gemelle che si stagliavano ai due lati opposti della sala. A dire il vero, grazie alla luce, si vedevano chiaramente i segni delle scarpe che dall’ingresso andavano fino alle scale… e di sicuro Zel le aveva notate. C’era però la questione del laboratorio… lo sciamano voleva di certo andare fino in fondo a quella storia. Io non pensavo che Aleksander fosse così stupido da portarci nel luogo dove aveva il laboratorio, se davvero ne aveva uno… però non era detto. Niente era detto, con gente che non esitava a colpirti alle spalle con un pugnale avvelenato. Nel frattempo però Gourry doveva essersi accorto delle impronte e, anche se non ero sicura che avesse ascoltato le idee sulle possibili capacità di Aleksander e quindi ignorasse il duplice scopo di Zel, fece per rimarcarlo. Poi chiuse la bocca e strinse le labbra, in un gesto che ultimamente stava diventando di repertorio. 

 

 

 

In quel momento Zel si girò e mi diresse una lunga occhiata. “Forse potrei andare a dare uno sguardo mentre mi aspettate qui.” Era probabile che una delle due porte conducesse ai sotterranei… non era difficile leggere lo sciamano come un libro aperto, in quel preciso momento. “Mi ci vorrà solo un secondo.”

 

Amelia però, all’oscuro di tutto, lo guardò perplessa. “Zelgadiss-san… io non penso sia una buona idea. Questo posto non mi piace molto… anche se continuo a non sapere perché siamo qui.

 

Al che anche Gourry intervenne. “Meglio non dividersi.” Essendo appoggiata al suo petto (? Stare tutta tesa è stancante!) il suono della sua voce mi fece uno strano effetto. Mi chiesi per un breve istante come fosse stare così… non solo abbracciati, proprio accoccolati insieme, la mia testa posata sul suo cuore, le nostre gambe intrecciate… Bastò il pensiero per farmi fare un salto e mi discostai di colpo, per quanto la posizione tra le sue braccia mi consentisse. Gourry mi studiò per un lungo attimo con espressione leggermente confusa ma poi non disse nulla. Perché continuavano a venirmi in mente certe cose in momenti tanto inappropriati? Non intendevo diventare una di quelle fanciulle svenevoli tutte mossette e cose simili… io ero Lina Inverse! La Dra-mata (mio malgrado)! La Bandit Killer (questo molto meglio)! Io non mi lasciavo andare ad effusioni e pensieri sdolcinati, io…

 

 

“Tutto bene, Lina?” Il limpido sguardo azzurro di Gourry e la sua voce mi surgelarono. Contegno, Lina. Con-te-gno. Con una sventolata di mano liquidai la questione, sperando ardentemente che il colore delle mie guance non fosse così palese. Amelia si voltò brevemente per lanciarmi un’occhiatina che non gradii affatto.

 

 

Per chiudere definitivamente il discorso rivolsi lo sguardo verso i nostri amici. Zelgadiss e Amelia, che aveva acceso un’altra sfera di luce, stavano avanzando per primi e io e Gourry chiudevamo la fila. Il respiro leggero di Gourry mi solleticava la fronte mentre gli stavo tra le braccia, di nuovo rigida come una scopa. ? Essere portati in quella maniera è non mi piace! Non-mi-piace! E basta! Anche se… No, bastaaaaa!

 

 

Lo sciamano diede una spinta alla porta tarmata a sinistra della scala, ottenendo un discreto cigolio e una nuvola di polvere. Era ovvio che nessuno fosse entrato da molto tempo… là dietro altro non c’era che una sorta di cucina abbandonata, con il camino completamente annerito. Amelia avanzò di qualche passo, toccando con un dito la fuliggine, poi si pulì la mano sui calzoni lasciando uno sbaffo scuro che faceva a pugni col colore brillante delle sue vesti. “Mi mettono tristezza le case abbandonate…” la sentii sussurrare con una strana vocina triste. Zel le strinse brevemente una spalla, facendola trasalire appena, poi ci fece segno di dirigerci verso l’altra stanza da esplorare.

 

 

Andando verso la seconda porta, invece, si poteva rilevare il segno di un minimo movimento. Non tante impronte come in direzione dello scalone che faceva accedere ai piani superiori ma a ben guardare c’era una fila di orme abbastanza distinta. Forse nessuno c’era stato in tempi recentissimi ma era comunque non era passato troppo tempo dall’ultima visita. La porta si aprì con meno fracasso e una lunga e buia fila di gradini grezzi apparve nel nostro campo visivo. I sotterranei, quindi. Bingo, Zel!

Lo sciamano rimase in silenzio ad osservarli per un minuto buono mentre Amelia illuminava debolmente i profondi recessi della tromba delle scale.

“Scendiamo?” sussurrò. Dall’antro proveniva un forte odore sepolcrale, secco e terroso. Lugubre. E freddo. Repressi un brivido mentre la principessa si strinse le braccia, lasciando la luce fluttuare vicino alla testa. “Zelgadiss-san?”

Lo sciamano girò lentamente la testa nella sua direzione. “No… qui non c’è nessuno. Ha ragione Gourry, non è saggio dividersi…” si vedeva lontano un kilometro che desiderava scendere e che quello che stava dicendo gli costava, “verremo dopo, casomai.”

 

 

C’erano i sotterranei… e c’era anche un laboratorio? Se così fosse stato avremmo dovuto porci altre domande…

 

 

Tornammo speditamente al salone principale per poi iniziare ad inerpicarci senza ulteriori indugi sull’imponente scalinata che pian piano ci inghiottì nella sua crescente oscurità.

 

 

Procedemmo in silenzio, circospetti. Ogni tanto Zel rallentava il passo, con le orecchie tese e Gourry frenava, per non andargli addosso, facendomi sbilanciare. Nell’aggiustarmi tra le sue braccia notai l’ennesima occhiata maliziosa di Amelia quindi iniziai di nuovo ad agitarmi, a disagio. “Fammi scendere, Gourry.” Sibilai. Non diede cenno di avermi sentita anche se sapevo che non era sordo proprio per niente. “Met-ti-mi giù.” Ripresi, irritata. Gourry allora avvicinò la bocca al mio orecchio, mentre ancora gli inveivo contro. “Vuoi davvero che ti metta giù? Giù PER TERRA intendi?” Io mi mossi, cercando di sgusciare dalle sue braccia. Certe abitudini erano dure a morire e poi io non sopportavo di essere portata in quella maniera. Non in pubblico! Perché non mi aveva caricata sulla schiena? Perché mi stringeva a sé in quella maniera davanti agli altri?

“Come vuoi….” Disse con un sorrisetto malvagio che doveva aver imparato da me. (Vedete? Imparano solo quello che non dovrebbero!) “Ma… sei sicura? Guarda che strisciare è molto faticoso e mal si addice ad una signorina per bene.” Già, giusto, avevo detto che piuttosto che venir lasciata indietro avrei lavorato di gomiti… Ahhhhh, perché dovevano sempre prendermi così alla lettera? “,” borbottai, “puoi sempre portarmi sulle spalle.” Mi ignorò vestendo sempre lo stesso odioso ghigno.

 

 

 

Dietro di noi Amelia aveva seguito con interesse lo scambio. “Oh, Gourry-san, quando porti Lina-san in braccio così sembri davvero il prode Edgardo con la dolce Papillonia….” Sospirò e poi riprese, con sguardo dubbioso. “Però lui non poteva resistere dal baciarla appassionatamente!” Ma che cavolo…

Gourry rallentò per affiancarla e annuì. “E’ vero… però Papillonia amava essere portata in braccio, non come Lina! Papillonia non si è mai agitata così!” Io li ascoltavo interdetta mentre davanti a noi udii chiaramente Zel che prima sbuffava e poi tentava di trattenere una risata.

Amelia sentì che era davvero il caso di proseguire “Già ma nel primo capitolo, quando Papillonia non lo conosce, si dimena eccome! Poi però lui la rassicura cullandola tra le sue possenti braccia! Gourry-san… hai provato con Lina-san?”  Eh?

 

 

Ma cosa…? Che diavolo stava facendo Gourry? “Che fai?” Gli strillai a pieno volume nelle orecchie, alla faccia della segretezza, facendogli fare un gran salto.

 

“Oh,” continuò Amelia, “sembra che con Lina-san non funzioni nonostante quello che c’è stato tra di voi… ma per curiosità, perché siamo in questa catapecchia?”

 

 

“E CHE COSA CI SAREBBE STATO TRA ME E QUESTA TESTA DI MEDUSA???” (ma insomma, possibile che NIENTE riesca a rimanere segreto? E comunque non lo avrei confessato davanti ad Amelia neanche sotto tortura. Ammesso che fosse LEI a torturare ME e non viceversa.)

 

 

Nel momento in cui cacciai quello strillo indignato, passammo dalla semi-oscurità ad un nebuloso chiarore. Da una porta aperta filtrava la luce del giorno mentre, seduto su una poltrona, ci attendeva Aleksander. Cercate di negare che sono un genio nel classificare le persone, adesso!

 

 

“Benvenuti.” Disse l’uomo fissandoci ad uno ad uno per poi soffermarsi su… Gourry. Ehi! Su di ME doveva fermare lo sguardo, visto che era alla sottoscritta che doveva uno straccio di spiegazione! Mentre lo osservavo ad occhi stretti, sentivo Zel mettere una mano alla spada ed Amelia chiedere a bassa voce se fosse per caso il “famoso” campione, un ometto si palesò uscendo dall’ombra dell’alto schienale della sedia. Anche lui puntò lo sguardo su Gourry soltanto. Improvvisamente cosciente di tanta attenzione lo spadaccino iniziò a guardarsi intorno, confuso.

 

 

Negli occhi di Aleksander e Doliev (che non immaginavo così basso, la prima volta che lo avevo visto ero certa fosse seduto!) si accese la stessa espressione perplessa. Il silenzio assoluto che si era creato fu spezzato dalla voce di Amelia ancora in cerca di spiegazioni, questa volta richieste ad un volume un po’ più alto.

 

 

Aleksander si erse in tutta la sua altezza e facendo la parodia di un inchino le rispose.

 

 

“Sono proprio io, signorina, il campione di Mahen. Campione di spada e di giustizia.”

Mmm… non ricordavo che avesse una voce tanto nasale…

 

 

Scoccò di sottecchi un’altra occhiata a Gourry che però rimase con la stessa espressione attonita di poco prima.

 

 

“In che senso campione della giustizia?” Amelia si era fatta avanti, con gli occhi scintillanti di quella malsana luce che rappresentava il tipico preludio ad una tirata. “E’ forse giusto attaccare una ragazza cercando di ucciderla senza lasciarle la possibilità di spiegarsi?” La principessa mi guardò un secondo prima di ripartire. “Certo, non che Lina-san abbia una condotta irreprensibile…” Ehi! “Amelia…” ringhiai con un gocciolone sulla testa al che la principessa, dopo essersi zittita un attimo, ricominciò con voce ferma. “In ogni caso, non considero corretto questo comportamento da parte di un uomo che persegue la nobile causa della giustizia!” Aleksander spalancò gli occhi e fece per aprire bocca mentre Amelia, una mano su fianco e l’altra con l’indice puntato, iniziava a far fiato alle trombe.

 

 

Ringraziai mentalmente la principessa che con il suo sproloquio mi lasciava il tempo per pensare. Intercettai lo sguardo di Zel, che aveva già pronto il pugno da dare in testa ad Amelia. Scossi il capo, non era ancora ora della ‘soluzione di emergenza’. “Aspetta, lascia che li stordisca un po’.” Lo sciamano rimise la mano sull’elsa della spada ma non fece altri movimenti, lasciando però saettare lo sguardo tra Aleksander e Doliev. Soprattutto su Doliev che ci fissava truce.

 

 

AleksanderAleksander… abile spadaccino, nome che rimandava a territori nordici… biondo con occhi e pelle chiari, come gli abitanti di quelle zone… Come Gourry? Aleksander che aveva una nostra taglia tra le mani, vecchia di diversi anni, e che continuava a fissare Gourry ma non Zel. Anche se sul foglio c’erano i nostri tre ritratti. Aleksander che quella sera non aveva testato lo spadaccino e lo sciamano ma che per le donne faceva un’eccezione e aveva combattuto contro di me, seriamente, dopo avermi riconosciuta.

Il punto però stava non tra me e Aleksander ma tra Gourry e Aleksander. Gourry non dava idea di averlo riconosciuto e anzi, ricambiava i loro sguardi, sguardi di riconoscimento, con il nulla più completo. Che Aleksander fosse di Elmekia? Un compagno d’arme di Gourry? Eppure no, sembrava troppo giovane. Poco più vecchio di me, sarebbe dovuto andare in guerra ancora bambino. Era possibile, però… E poi non c’erano stati conflitti armati negli ultimi dieci anni ad Elmekia…No, quella pista era da escludersi. Un parente, forse? Ma perché Gourry non dava segno di conoscerlo? E qui veniva il tasto dolente… cosa ne sapevo io del passato di Gourry? Un bel nulla. Non avevo idee sulla composizione della sua famiglia, se avesse fratelli o sorelle, nipoti o altro…

 

 

I miei pensieri vennero interrotti dalla conclusione di Amelia, proferita tutta di un fiato.

 

 

“E quindi ritengo INGIUSTO che tu ti possa fregiare del titolo ‘campione della giustizia’!”

 

 

Io e gli altri eravamo abituati ai discorsi sulla giustizia (anche se a dire il vero non ci si abituava mai, piuttosto si chiudeva l’audio) ma Aleksander e Doliev sembravano aver accusato il colpo. Il biondo era visibilmente sudato e pallido mentre Doliev si tirava i baffetti con fare nervoso. Amelia si girò verso noi mostrandoci il segno della vittoria.

 

 

Dopo essersi passato un fazzoletto sul viso, con aria ancora scossa e voce roca, Aleksander si fece ancora una volta avanti. Zel estrasse la spada mettendosi tra noi e loro mentre Doliev si posizionava davanti al campione, la mano alla spada a sua volta.

 

 

“E così avete bisogno di un guerriero magico, eh? Codardi…” ci apostrofò Doliev alzando la guardia. Zelgadiss gli rivolse un sorriso storto e ripetendo il suo nuovo soprannome, puntò la spada verso l’altro spadaccino.

 

 

I due uomini iniziarono così a combattere mentre Amelia alzava le mani, avvicinandole, mettendosi in posizione di difesa.

 

 

“Allora?” disse a tutti e a nessuno in particolare Aleksander. In realtà era come sempre diretta allo spadaccino la domanda.

 

 

Diedi una gomitata nelle costole a Gourry. “Ce l’ha con te!”

 

 

Lo spadaccino mi rivolse uno sguardo stranito. “L’ho capito… ma io questo non lo conosco affatto!”

 

 

Me lo disse sussurrando ma Aleksander lo udì lo stesso perché si fermò strabuzzando gli occhi. Poi divenne rosso in volto e iniziò a digrignare i denti, uguale preciso ad un cane rabbioso. Ci mancava solo che iniziasse a perdere bava anzi, no… ecco una gocciolina… Sospirai mentalmente. Ecco una delle nostre tipiche situazioni…

 

 

Uno sconosciuto pazzo (perché no, fa sempre piacere!) e furibondo, il suo scagnozzo spadalesta e una catapecchia cadente. A quando l’arrivo di un bel mazoku? No, meglio non chiedere…

 

 

“Maledizione! Sono io, Gourry! Guardami! Sono ALEKSANDER.”

 

 

Ansimava visibilmente mentre da parte di Gourry nessun segno. Lo spadaccino sollevò gli occhi, poi li chiuse assumendo l’espressione concentrata che era preludio di una qualche uscita idiota. Me lo sentivo, stava per farlo, ne avevo quasi paura.

 

 

“Ehm… Gourry-san?” Amelia fissava l’uomo con sguardo critico. “Non trovi che assomigli a Lord Pitterpotter? Guarda, con quei capelli dorati e gli occhi azzurri… Dici che ha fatto il modello per la copertina del libro?”  Sospirai apertamente quando mi accorsi che Gourry annuiva con aria quasi sollevata. Dovevo frenare l’insana passione di quei due per i romanzacci rosa. Insomma, Gourry si addormentava non appena gli leggevo qualcosa dei miei tomi di magia e invece si dilettava con… quella robaccia??? In più Lord Pitterpotter davanti a noi sembrava non aver gradito il paragone. Che conoscesse “Tempesta di cuori”? (Ebbene sì, grazie ad Amelia mi ero fatta anche io una certa cultura mio malgrado.)

 

 

Non-sono-questo-cavolo-di-Pitter” sputacchio “Potter! Per gli Dei, Gourry! Assumi delle droghe?”

 

 

Ma che pronuncia nasale! Affettato quanto un vero Lord! Ora che lo guardavo meglio forse il modo in cui parlava non era una posa. La stanza era illuminata ma non in modo chiaro, piuttosto il tutto appariva un po’ granuloso, come poco prima che scendesse la notte, forse a causa delle strane imposte alle finestre che filtravano la luce in modo particolare. Era per quello che non mi ero accorta che il suo naso era un po’ più schiacciato di quello dei miei ricordi e che era anche parecchio più violaceo. A guardarlo con attenzione sul suo volto si estendeva una macchia giallastra a farfalla, soprattutto sotto agli occhi… si era… rotto il naso? Era il caso di chiederglielo? Dopotutto avevamo saltato completamente i convenevoli. “Cara Lina, bellissima maga genio, come stai?”, “Ohhhh tutto bene, Aleksander caro!” Roba così, insomma. Che fine avevano fatto i gentiluomini da romanzo rosa? Erano nei romanzi rosa, appunto…

 

 

“Va bene, Pitter… ehm…Aleksander,” mi corressi. Attesi che Zel e Doliev ci passassero accanto, combattendo come invasati, poi continuai. “E’ abbastanza evidente che nessuno di noi ti conosca. Ora, se ci facessi il piacere di pre…”

 

 

Taci, strega! Tu… tu sei malvagia!” dito puntato nella mia direzione modello Amelia. Pessimo segno…

 

 

Potevo tollerare l’insulto? Mmmm… fargliela pagare subito per tutto o in comode rate mensili?

 

 

“Va beeeene, questo ce lo avevi fatto capire. Ora, chi saresti?” Sollevai un sopracciglio. Chissà se avergli parlato come ad un ritardato lo avrebbe indisposto ancora di più o finalmente avrebbe rivelato la sua identità. Se per caso fosse sbottato… , non aspettavo altro per un po’ di fuochi artificiali. Direi che la mia pazienza era già stata fin troppo esemplare… E che non rispondesse ripetendo “Aleksander”, per l’amor degli Dei…

 

 

“Sono Aleksander!” Ecco, appunto…

 

 

Silenzio attonito da parte di Gourry.

 

 

“Sono ALEKSANDER!” Come se fossimo sordi…

 

 

Nessuna risposta.

 

 

“ALEKSANDER!” E finiscila…

 

 

Amelia zitta, io muta, Gourry semplicemente spaesato. “Aleksander?” sussurrò lo spadaccino con tono non più incerto. Oh, grazie agli Dei… aveva capito? Lo conosceva? Eravamo finalmente arrivati alla soluzione dell’indovinello? Mi stavano salendo le lacrime agli occhi, lacrime di pura e cristallina gioia, lacrime di…

 

 

“No, no davvero. Non mi dice niente.”

 

 

Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaarhg!

 

 

Il mio urlo mentale fece da eco a quello di Aleksander che riecheggiò nella stanza facendo bloccare i due spadaccini. Quando si resero conto che non era successo nulla di cruciale i due ripresero ad affrontarsi mentre il silenzio ripiombava tra noi.

 

 

Per spezzare la tensione, mi decisi a chiederglielo. “Uhm… Aleksander… ti sei per caso rotto il naso?” Visto che non si arrivava da nessuna parte mi sembrava un’ottima soluzione fare un po’ di conversazione… altrimenti avrei potuto picchiare anche io Gourry.

 

 

L’uomo strabuzzò gli occhi e mi guardò in cagnesco. “Sì. SI’, mi sono rotto il naso.” In realtà disse qualcosa come ‘bi sodo rotto il daso’ ma per amor di scorrevolezza vi farò la grazia di riportare il sue parole in modo comprensibile, sempre. Ringraziatemi.

“Sono rimasto schiacciato dietro alla porta.” Sussurrò distogliendo lo sguardo mentre le sue guance si coloravano di rosa.

 

 

La famosa porta con illock’ meccanico. Non dovevo ridere… non dovevoAleksander, il grande campione, spiaccicato tra il muro e la porta… non dovevo…

 

 

Esplosi a ridere, seguita da Gourry (che dubito avesse seguito il mio ragionamento mentale) ed Amelia che rideva contagiata da noi.

 

 

Gli occhi di Aleksander mandavano fulmini e saette e le sue guance avevano assunto una sfumatura decisamente più accesa ed evidente anche nella mezza oscurità che ci circondava.

 

 

“Ora basta, razza di… circensi!” Uh, questo nessuno me lo aveva ancora mai detto!

 

 

Il campione sospirò pesantemente, poi si era mise il volto tra le mani.

I nostri singhiozzi si spensero senza fretta.

 

 

Aleksander si passò una mano sugli occhi con gesto improvvisamente stanco, evitando il naso, e richiese ancora l’attenzione dello spadaccino. “Gourry, yavlyaet·sya Aleksandr ... Sasha, ya dyeĭstvitelʹno ne pomnishʹ menya?” Non riconoscevo la lingua ma evidentemente Gourry  sì, perché alzò la testa di scatto.

 

 

“Sasha? Sei… Sasha?”

 

 

Aleksander alzò la testa e fissò Gourry, con un sorriso mesto. “Da, moĭ dvoyurodnyĭ brat, yavlyayut·sya Sasha Katàev.”

 

 

Prima ancora che aprissi bocca Gourry ce lo disse. Ci disse chi era il famoso campione.

 

 

“E’ mio cugino. Sasha…” Aleksander… il cui diminutivo era Sasha… il cugino di Gourry. Eppure Gourry non lo aveva minimamente riconosciuto. Perché? La memoria dello spadaccino era molto selettiva ma era strano non ricordarsi dei propri parenti a meno che… in fondo Gourry era andavo via di casa per non far mai più ritorno che era appena un ragazzino…

 

 

“Bene, Sasha,” mi rivolsi in modo arrogante in sua direzione, “ci dici cosa diavolo vuoi, signor cugino di Gourry?”

 

 

Lo sguardo nei suoi occhi si incupì notevolmente al suono della mia voce. Qualcosa mi diceva che non gli stessi proprio simpatica. Per niente.

Sentimenti ricambiati, mio caro.

 

 

“Sono cinque anni che ti cerco, Gourry.”

 

 

, chiaramente io non contavo. Ero diventata invisibile? Adesso glielo facevo vedere io, quanto ero invisibile, maledetto… Mi accorsi di stare tremando e se ne rese conto anche Gourry. Mi guardò inquieto, poi fece un gesto inaspettato.

 

 

“Amelia…” la principessa presa dal drammone familiare sussultò. “Sorreggi Lina, per favore?” e così la grande Lina Inverse venne passata come un pacco dalle braccia di Gourry al fianco di Amelia che mi strinse mettendosi un mio braccio sulle spalle e portando il suo dietro alla mia vita.

 

 

Io ed Amelia ci addossammo al muro (non per mia volontà) e rimanemmo a fare da spettatrici (un ruolo che mi fa schifo, lasciate che ve lo dica schiettamente) della strana situazione che si era creata.

 

 

Gourry si avvicinò a Sasha. Lo spadaccino era decisamente più alto del cugino, che indietreggiò leggermente, poi rimase immobile. Faccia a faccia, i due uomini si misurarono in silenzio. Vedevo le spalle di Gourry, rigide per la tensione.

 

 

“Dimmi tutto quello che devi, Sasha. E poi torna ad Elmekia.”

Il tono di Gourry era basso e… pericoloso.

 

 

Aleksander battè le palpebre e gli rispose con una brutta smorfia. “Non è questa l’accoglienza che mi aspettavo, Gourry.” Aggiunse poi in un borbottio perfettamente udibile. “Non ti ricordavi neanche di me.” Sembrava averla presa parecchio sul personale…

 

“Sasha, me ne sono andato a sedici anni e tu ne avevi dieci. Eri un bambino grassoccio e timido, ti avrò visto tre volte nei due anni prima della mia fuga… come diavolo facevo a capire che fossi tu?

Ecco che la mia ipotesi trovava conferma… se Gourry non riconosceva un suo parente o era un parente fasullo oppure lo aveva frequentato ben poco. Come pretendeva Aleksander che Gourry si ricordasse di lui?

 

 

Aleksander fece un movimento secco con la mano, come a voler chiudere la questione. “Gourry, tu devi tornare ad Elmekia e consegnare alla giustizia questa puttana” co… come mi aveva chiamata?! “e il mostro che ti hanno traviato più di quanto non fossi. Devi espiare le tue colpe. Devi…” Arrivò in ritardo ma si prese un bel manrovescio da suo cugino. Mi morsi a forza le labbra per non intervenire io stessa, ci sarebbe stato il tempo e il modo per farlo. Amelia intanto mi occhieggiava ansiosamente, in tensione. Scossi la testa e lei si rilassò visibilmente. Non avrebbe dovuto tentare di bloccare la sottoscritta in versione furia umana. Non ancora, almeno.

 

 

“Non ti permetto di usare certi termini.”

 

 

Gourry, tutto gira intorno a queste persone malvagie di cui ti circondi. Lo hai sempre fatto, ricordi?” Lo sguardo di Aleksander era colmo di disgusto. Mentre Gourry ora appariva più calmo, forse un po’ troppo calmo.

 

 

“E tu come fai a ricordare?” gli rispose lo spadaccino in modo piatto. “Non eri che un bambino.”

 

 

Aleksander diede l’impressione, dal modo in cui aveva contorto la bocca, di aver appena ingoiato un limone. Intero.

 

 

Zelgadiss e Doliev ci passarono in mezzo, in un turbinio di spade e mantelli.

 

 

“Io… io SO che tu sei corrotto! Tu hai distrutto lo zio, è colpa tua, tutto quello che è successo è solo colpa tua.” Dietro all’uomo di vent’anni si scorgeva il bambino disperato che doveva essere stato. Non che questo lo giustificasse per i suoi gesti sconsiderati ma il puzzle prendeva finalmente forma. Gourry dal canto suo taceva mentre il cugino gli riversava addosso l’odio che lo aveva corroso in tutti quegli anni.

 

 

“Lo zio era da solo, tuo fratello era morto non gli rimanevi che tu… e tu sei SCAPPATO come un codardo, con la spada. infangando il suo nome e il suo feudo per fare la vita del mercenario e del vagabondo!”

 

 

Gourry chiuse gli occhi.

 

 

“Sai chi gli è stato accanto per tutti questi anni? Eh, lo SAI?”

 

 

Da Gourry neanche un fiato.

 

 

“Sono stato IO suo figlio, lui è stato MIO PADRE. Mi ha insegnato a combattere, mi ha voluto bene! IO non ho ricambiato la sua fiducia e il suo amore comportandomi da LADRO e TRADITORE!” prese un respiro, “Ti rendi conto di quello che hai fatto? TI RENDI MINIMAMENTE CONTO?”

 

 

A quelle parole Gourry aprì appena gli occhi. I lineamenti di Aleksander erano stravolti dall’odio. Lo spadaccino invece sembrava una statua.

 

 

“Ho imparato da lui l’arte della spada e la virtù del guerriero… io mi batto per la giustizia e non posso tollerare che il tuo piede calchi ancora libero la terra. Tu meriti le catene… o la morte! Quando ero ingenuo ti adoravo, eri così abile ai miei occhi… che amara delusione scoprire che eri la serpe in seno alla tua famiglia. Un… un ladro! Un disertore!” I toni stavano salendo fino a punte di pura isteria. Mi chiesi che intenzioni avesse Gourry. Lui non aveva mai raccontato nulla della sua famiglia e adesso suo cugino lo stava letteralmente coprendo di merda. “Ho seguito le tue tracce in giro per il mondo e maledizione…  ti sei beccato più di una taglia sulla testa! Allora ho avuto l’ennesima conferma che eri il male,  oddei… “eri davvero il male! Con la Spada di Luce operavi per l’oscurità… e pensa, pensa la mia sorpresa quando finalmente mi imbatto in LEI!”

 

 

Ecco, luci di scena su Lina Inverse. Vediamo un po’ come intende apostrofarmi adesso.

 

 

“La donnaccia,visto? “che non ha che peggiorato la tua attitudine alla malvagità!

 

 

Mi girai verso Amelia. “Sicura che non sia venuto a scuola con te?” La principessa mi guardò perplessa e poi ebbe un sussulto quando comprese la battuta. “Lina-san!”

 

 

A quel punto Gourry riprese la parola ma non ebbi il piacere di sentire la replica perché, nonostante l’aiuto di Amelia mi si piegarono le gambe tanto all’improvviso che tirai a terra anche la principessa. Qualcosa mi aveva colpito da dietro… oppure qualcuno. Sorpresa e vagamente irritata alzai il viso per incontrare lo sguardo freddo di Marie che, evidentemente, non era dalla nostra parte.

 

 

Prima che chiunque potesse intervenire, Marie mi aveva sollevata, come se fossi stata nulla più di un fuscello. Amelia era schizzata in piedi e anche Gourry, senza curarsi della sua sicurezza, aveva dato le spalle a Sasha per cercare di avvicinarsi a me. “Non fate movimenti bruschi, per favore.” Ma che ragazza cortese… In quel momento qualcosa di freddo e appuntito si insinuò leggero e letale tra le mie scapole. “Oppure questa graziosa signorina si farà male.” Sì, vabbè, grazie per il graziosa (pienamente meritato) ma perché ultimamente sono l’ostaggio di turno preferito da tutti? Perché tutti mi odiano? Che ho fatto di male nella vita? E non osate rispondere!

 

 

Amelia e Gourry si immobilizzarono all’istante mentre gli spadaccini se le suonavano indifferenti alla situazione intorno a loro. Potevo quasi vedere il sorriso che aleggiava sulla bocca dello sciamano e buon per lui che si stesse tanto divertendo mentre la cara Marie mi punzecchiava la schiena col pugnale.

 

 

“La devo ammazzare?” Ehi, ehi, ehi! Da quando si passa dalle minacce alle vie di fatto così in fretta?

 

 

“Che ci fai qui, Marie?” Ah, per fortuna che non ero l’unica a chiedermelo. La notizia meno buona era che se lo chiedesse Aleksander… se non era ‘con noi’ e neanche ‘con lui’ che diavolo stava facendo? E per conto di chi?

 

 

La giovane scosse la testa. “Volevo aiutarti. Dopotutto è lei che vuoi, no?”, Marie non brillava per intuito oppure era all’oscuro della situazione. Aleksander avrebbe messo volentieri la mia testa su una picca ma non ero esattamente io il suo obiettivo principale… Ma che stava succedendo?

 

 

Ora, immaginate la scena. Lasciando perdere l’insulso combattimento in atto tra Zelgadiss e Doliev, pura dimostrazione di testosterone represso, Gourry si confronta con suo cugino, un povero babbeo decisamente plagiato e dalle distorte idee di giustizia (a mio modesto giudizio) mentre io e Amelia siamo costrette a fare da tappezzeria. Ad un certo punto compare Marie che non gli rivela dove passo la mia fantastica convalescenza (prego ricordarsi della mia invalidità a opera del caro campione) ma mi arriva alle spalle silenziosa come un felino per puntarmi un coltello alla schiena quando siamo arrivati al confronto diretto… Avete visualizzato tutto?

 

 

Bene, pronti allora perché qualcuno di noi ha appena pescato l' asso di picche dal mazzo… e secondo voi, miei fedeli lettori, da chi può essere impersonato questo losco figuro che tende a portare caos?

 

 

Una caramella a chi indovina.

 

 

Senza nessun  preavviso Marie lanciò un urlo da far gelare il sangue nelle vene, come se tutti i diavoli dell’inferno la stessero tirando per i piedi (cosa che speravo ardentemente, per rimanere in tema) e mentre veniva effettivamente trascinata indietro, e io con lei, udii Gourry e Amelia gridare all’unisono.

 

 

“Lina!”

Lina-san!!!  Xelloss-san?”

 

 

Eccooooooo. Mancava solo lui, davvero. Come sono fortunata!!!

 

Il problema venne quando, liberatosi di Marie come di un insetto fastidioso, Xelloss mi strinse tra le braccia e, libratosi in volo, appoggiò la guancia sulla mia sussurandomi all’orecchio un inquietante…

 

 

“Tu vieni via con me…”

 

 

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Capitolo 4
*** Rivelazioni ***


“Tu vieni via con me…”

“Tu vieni via con me…”

 

 

 

Un momento prima eravamo a quella che con il mio solito spirito arguto (? Qualche commento?) avevo ribattezzato “Villa Follia” (un nome calzante come pochi!) mentre quello dopo io e Xelloss fluttuavamo a diverse decine di metri dal suolo.

 

 

 

Sempre tenendomi stretta tra le braccia, il mazoku tacque, sorridendo nel suo solito modo enigmatico che tanto spesso trovavo irritante (e talvolta anche inquietante), come aspettando una mossa da parte mia. Visto che ormai mi conosceva bene doveva sapere che avrei tentato di strangolarlo, per quanto si possa strangolare un mazoku. Datemi atto che, anche se inutile, procurava una qualche soddisfazione un po’ come strapazzare Gourry… era un gesto antistress.

E una bellissima maga-genio come me ha bisogno di una valvola di sfogo, ogni tanto!

 

 

 

Quando Xelloss mi era apparso alle spalle, Amelia aveva urlato il mio nome e anche sul viso di Gourry era apparsa un’espressione terrorizzata. Come dar loro torto? Dopotutto il finto prete aveva già serenamente ammesso che se fosse stato necessario mi avrebbe uccisa e questo non faceva proprio di lui un compagno ideale. Tantomeno se appariva di soppiatto alle spalle della gente e la rapiva. La sua dichiarazione era avvenuta durante la nostra avventura con Valgaav e compagnia bella (e quando mai abbiamo buona compagnia? Figurarsi!)e io non avevo mai, neanche per una piccolissima volta, dubitato della veridicità di quelle parole. Non avevo però paura di lui, non in generale e neanche adesso…. Non fino a che gli servivo. Sapevo bene, però, che il giorno in cui avesse ricevuto l’ordine di uccidermi, solo uno di noi due sarebbe uscito vivo dalla battaglia che avrebbe avuto luogo. E… non era detto che fossi io, anche se questo non lo avrei mai ammesso davanti agli altri. Di base sono sempre positiva, anche nella situazione più drammatica, ciò non significa che sottovaluti le circostanze e le persone o che non mi renda conto che uno come Xelloss potenzialmente potrebbe spezzarmi come un grissino… senza neanche stropicciarsi il mantello. Potenzialmente, eh? Non ho mai detto che accetterei passivamente la cosa. Vendo cara la pelle, io. 

 

 

 

In ogni modo in quel preciso momento non mi sentivo in pericolo. Ero solo un  po' seccata… per due motivi. Il più futile era per il modo in cui mi teneva in braccio che mal tolleravo fatto da Gourry, figurarsi da Xelloss. Il più serio era invece il fatto che gli dovessi un favore, e grosso, senza averglielo minimamente chiesto. Non mi sarei certo fatta pugnalare da Marie senza tentare almeno di reagire ma il suo ‘provvidenziale’ intervento mi aveva tolta da una situazione critica e quindi ero… in debito. Non era la prima volta che il mazoku mi salvava la vita, anche se non amavo ricordarlo. (E comunque mi aveva anche tradita e colpita, a voler essere precisi.)

 

 

 

E a proposito, la ragione che aveva permesso a Marie di materializzarsi alle mie spalle (ricordate? Io e Amelia eravamo praticamente spalmate contro il muro) iniziava pian piano a farsi strada nella mia mente. Al momento non avevo formulato congetture a causa dell’assurdità della situazione mentre adesso, per associazione di idee, la parola mazoku continuava ripetersi nella mia mente…Però… però, no. C’era qualcosa di sbagliato. Marie mi aveva dato l’idea di essere attratta da Aleksander e un demone non poteva provare simili sentimenti. O meglio, poteva essere attirato da un essere umano ma non amarlo, non nella vera accezione del termine ‘amore’, in quello che coinvolgeva il cuore e i sentimenti. Certo, un mazoku poteva però fingere. Fingere amicizia, fingere amore… perché no? Eppure… qualcosa stonava. E visto che aveva tentato di pugnalarmi per Aleksander, era giusto che mi ponessi qualche domanda… e ottenessi qualche risposta.

 

 

 

Lina-san,Xelloss interruppe i miei pensieri e io lo fissai, stringendo gli occhi, “hai addosso uno strano odore…” Eh? Il mazoku arricciò il naso e fece teatralmente il gesto di chi sente una puzza terribile. “Davvero pestilenziale…” aggiunse, sventolando la mano.

 

 

 

Grrrrrrr… Ho subito la vendetta di un’elfa pazza, sono stata raggirata da sua nipote, maltrattata da Gourry drogato, umiliata da Amelia ubriaca, pugnalata dal cugino di Gourry, rimasta mezza paralizzata, minacciata Marie con un pugnale… e adesso Xelloss mi ‘salva’ solo per il gusto di insultarmi???

 

 

 

Lina, stai calma. Stai-calma.

 

 

 

Cal-ma.

 

 

 

Niente gesti avventati, Lina. Se inizi a picchiarlo, cadrete entrambi ma solo tu potresti finire con lo schiantarti a terra. Dei due sarai tu a farti male.

(Sì, potevo levitare ma vista la mia fortuna, non sarei riuscita a castare l'incantesimo. Se fossi riuscita sarei con buona probabilità atterrata su una famiglia di cactus.)

 

 

 

Gli lanciai un’occhiata di fuoco.

 

 

 

“Innanzitutto mi piacerebbe sapere perché diavolo ce ne stiamo ancora qui per aria,” sibilai, “e poi…” presi fiato, “CHE DIAVOLO VUOL DIRE CHE HO UNO STRANO ODORE?”

 

 

 

Xelloss (e anche io, visto che ero ancora tra le sue braccia) sobbalzò e un gocciolone gli scese sulla fronte.

 

 

 

Lina-san, non sai davvero cosa sia la riconoscenza.”

 

 

 

Uh, adesso usava anche un tono rammaricato. Ma chi pensava di prendere in giro?

In più ero davvero curiosa di sapere per quale oscura ragione fosse intervenuto a salvare le mie preziose chiappette. Di certo non per beneficenza. Con Xelloss non si poteva mai sapere cosa ci fosse in ballo. E spesso non erano cose di mio gradimento.

 

 

 

Xelloss… le tue sceneggiate sono un insulto alla mia intelligenza.” Usai il tono più acido del mio repertorio. D’accordo sfruttarci a vicenda ma sinceramente… NESSUNO si deve permettere di offendere Lina Inverse, neanche come preludio ad altri discorsi. Perché, dai, sinceramente… non poteva avermi portata via dalla lama di un pugnale solo per disquisire dei miei... presunti odori.

 

 

 

“Mi rammarico di ciò, Lina-san. Non ti prenderei mai in giro.” Il mazoku per un attimo socchiuse gli occhi lasciandomi scorgere il colore cangiante delle sue iridi.

 

 

 

“Perché sei qui, Xelloss?”

 

 

 

Tanto valeva arrivare al punto. E che non dicesse che era un segreto…

 

 

 

Lina-san, Lina-san…” scosse l’indice, tipico segno che sarebbe arrivata quella frase.

 

 

 

Xelloss,” lo ammonii mentre tra le mie mani prendeva forma una piccola palla di fuoco. D’accordo, non gli avrebbe fatto chissà che male… ma neppure questo gran bene, soprattutto se lanciata ad una distanza tanto ravvicinata. “Non stai per dirmi che è un segreto, vero?” Gli rivolsi un ghigno malefico.

 

 

 

Xelloss ricambiò stiracchiando le labbra in un sorrisetto storto, poi tornò a vestire la solita aria affabile.

 

 

 

“Diciamo che ho delle informazioni che potrebbero essere di tuo interesse.” Uh?

 

 

 

Prestare orecchio a Xelloss aveva sempre delle conseguenze. Conseguenze che potevano spaziare dal dover affrontare demoni incazzati neri oppure draghi altrettanto di cattivo umore.

Nessuna delle due alternative mi sorrideva particolarmente, avendole oltretutto sperimentate entrambe. Nonostante le premesse, se Xelloss si prendeva il disturbo di ‘salvarmi’, doveva esserci davvero qualcosa. Qualcosa di interessante. E pericoloso.

Si trattava di qualcosa che mi doveva proprio far sapere. Magari senza testimoni? In ogni modo…

 

 

 

“Potremmo anche scendere a terra, ti pare?”

 

 

 

Lo so, sembra stupido ma mettetevi nei miei panni. Non volevo stare tra le braccia di Xelloss un secondo di più… e lui sembrava in qualche oscuro modo ‘godere’ nel prolungare il momento a lungo. Che si stesse gustando il fastidio che provavo? Che si nutrisse del fatto che mi trovassi a disagio? Era davvero così affamato da accontentarsi di quello? Ero quasi tentata di chiederglielo ma decisi di soprassedere. Non ero interessata poi così tanto a scoprirlo.

 

 

 

“Allora?” il mio tono era comunque scocciato. Non potevo certo dargli la soddisfazione di avermi intrigata con le sue parole sibilline.

 

 

 

Il demone allargò il sorriso. “Non ancora, Lina-san. Quando tornerò a terra dovrò sistemare un lavoretto… e a quel punto TU sarai già lontano!” Ok, adesso invece mi stavo preoccupando. E voi sapete che la preoccupazione si manifesta generalmente nel tratto predominante del mio carattere…

 

 

 

Xel-lo-ss!” Ruggii afferrandolo per il collo del dolcevita e strattonandolo ripetutamente. La testa del demone ballonzolò a destra e a sinistra per qualche minuto mentre Xelloss piagnucolava, fintissimo come  sempre. Mi decisi a lasciarlo andare. Mi doveva ancora delle spiegazioni, giusto?

 

 

 

Lina-san, lascia che ti spieghi prima una piccola cosa. L’odore che ti sento addosso…” Oh, Ceiphied, ricomincia… “è quello di una magia elfica di un qualche tipo.”

 

 

 

Sollevai il sopracciglio. Magia elfica. Elfica. Quanti elfi avevo incontrato recentemente? E soprattutto che diavolo di incantesimo avevo addosso???

 

 

 

Eloise. ELOISE. Dei, salvatela dalla mia collera… quella piccola vipera mi aveva lanciato una maledizione. Non Meliloon, si sarebbe vantata di averlo fatto, non sarebbe riuscita a tenere chiusa la ciabatta quella vecchia pazza! Era stata certamente quella… quella… aaaaaaaargh! Per la mente mi passarono diverse immagini della mia piccola avventura a contatto della mezza elfa, rendendomi conto che poteva avermi lanciato il suo incantesimo in una mezza dozzina di volte e

No. Un momento. Non poteva essere stata Eloise! Eloise era solo una mezza elfa e notoriamente gli elfi nonpuri’ erano in gran parte inermi magicamente!C'era solo una categoria che poteva usare veramente la magia, anche se mezzosangue... non solo forme 'positive'... Allora… era stata Meliloon? PeròEloise non era completamente priva di magia. Aveva castato un incantesimo per alleviarmi il mal di testa, uno per addormentare Amelia e aveva usato i poteri della mente per poter condividere con me i suoi ricordi. Certo, questi erano esempi di magia che poteva corrispondere a bianca o sciamanica, cose che un elfo puro poteva richiamare… e forse anche un mezzo-elfo con quale capacità magica… ma… una maledizione, anche se minore? Se Xelloss mi sentiva addosso l’odore della magia elfica, se Xelloss veniva a dirmelo, non si doveva trattare di magia ‘positiva’. Su questo non si discuteva.

 

 

 

Girai il viso in modo fulmineo verso Xelloss e lo fissai con sguardo truce, incrociando la braccia.

 

 

 

“Perché, Xelloss, mi stai dicendo tutto questo?”

 

 

 

“Ma per aiutarti, Lina-san!” rispose con sguardo da agnellino innocente. Ma ceeeeerto! “Dopotutto deve essere davvero seccante non riuscire più a camminare, vero?”

 

 

 

Eh?

 

 

 

Era stato il pugnale di Aleksander a ridurmi in quella maniera… era forse avvelenato ma non stregato. Cosa centrava la magia elf… oh. Già. Una bella maledizione che convogliava la sfortuna, forse? Se esistevano per gli esseri umani di certo ce n’erano anche nella magia di quel popolo. Era questo che il demone percepiva? Una sorta di magia elfica… oscura? Era possibile? Sospirai e una gocciolona mi scese sulla testa. Dopotutto nel lasso di tempo in cui ero rimasta svenuta dopo aver preso la botta in testa, Meliloon avrebbe davvero potuto farmi di tutto! E se la maledizione avesse avuto effetti dapprima leggeri e poi via via sempre più pesanti, non me ne sarei accorta subito. Appunto. Si fosse trattato di magia nera, magia umana insomma, magari avrei potuto capire prima ma così…

Oh, ma nel momento in cui avessi messo le mani su quella vecchia sclerotica…

Calma Lina, non vorrai far eccitare troppo Xelloss!

 

 

 

Decisi di mettere un secondo da parte i miei propositi di vendetta e ritornai a fronteggiare Xelloss, il cui viso era un muro impenetrabile di finta simpatia. Quanto mi sarebbe piaciuto potergli tirare per davvero il collo… quasi quasi mi mancava la mazza chiodata di Filia…e Filia. Cosa poteva esserci di meglio, per irritare Xelloss di Filia che lo chiamava ‘namagomi’? Il mazoku aveva un certo amor proprio e non amava essere definito ‘spazzatura’… non gradiva che lo facessi io ma detto dalla nostra amica sacerdotessa gli dava ancora più fastidio… quanto mi sarei divertita con Filia ancora tra di noi! , o forse no… ma non divaghiamo!

 

 

 

Xelloss mi stava aiutando, era ‘gentile’ e ‘carino’ ma per Ceiphied, era un demone e voleva qualcosa da me. Ero certa che le informazioni di mio interesse, come le aveva chiamate lui, non si limitassero a rivelarmi che fossi vittima di un sortilegio. Se si scomodava il suo capo, e me lo spediva in braccio (o viceversa, vista la situazione), c’era dietro ben altro. Non ero sicura fosse stato saggio ma… stavamo giocando, no? La prossima mossa toccava a me.

 

 

 

“Va bene… e la parte delle informazioni a cui accennavi prima?”

 

 

 

“Oh, già!” Oh, già! E poi dicono che mi arrabbio troppo in fretta… non ne ho forse tutte le ragioni?

 

 

 

Il mazoku piegò la testa di lato abbagliandomi con un sorriso a trentadue denti. “La Spada di Luce.”

 

 

 

La spa… la Spada di Luce?

 

 

 

Lina-san… volevo informarti che la Spada di Luce è tornata nel nostro mondo. Ho immaginato gradissi saperlo.” E trovarla, completai mentalmente la frase. Perché Xelloss e chi c’è dietro di lui desidera che sia di nuovo nelle nostre mani? Ma soprattutto perché era di nuovo qui?

 

 

 

Xelloss non mentiva, questo era risaputo. Magari non diceva tutte le cose ma quello che ti faceva sapere era di base la verità… ed ecco l’inghippo: se mi diceva che la spada di Gourry era sulla Terra, la spada di Gourry era effettivamente sulla Terra. Il fatto che me lo venisse a raccontare però significava che se fossimo andati a cercarla e l’avessimo trovata, questo avrebbe in qualche modo che ancora ignoravo fatto comodo ai mazoku. Non andava bene. Inutile però sondare il terreno con Xelloss… qualsiasi scopo ci fosse dietro, non me lo avrebbe detto.

 

 

 

Incuriosito dal mio lungo e riflessivo silenzio, Xelloss tornò a parlarmi.

“Notizia fantastica, vero Lina-san? Mi risulta che Gourry-san sia al momento sprovvisto di una spada decente.

 

 

 

“Già,” controbattei subito, “davvero un pensiero gentile il tuo. Comunque esistono un sacco di spade interessanti… basta solo cercarle.” Tiè. Non mi piaceva che le mie azioni venissero guidate. Dai demoni in particolar modo.

 

 

 

“Oh, certo, Lina-san. Su questo non ci sono dubbi.” Maledetto bastardo. Sapeva che l’idea della spada di Gourry era una tentazione decisamente forte. Quell’arma era davvero fantastica, oltre che leggendaria e dal valore sul mercato di un sacco di monete d’oro… ok, non divaghiamo… Gourry la avrebbe rivoluta? Si sarebbe imbracato in un’avventura per poterla di nuovo utilizzare? Un momento, però

 

 

 

“Come mai è di nuovo sulla Terra?”

 

 

 

Xelloss ghignò, permettendo per un attimo alla sua maschera di cadere. Un brivido mi attraversò la spina dorsale. “C’è stato un piccolo incidente, in quel piano.”

 

 

 

“Di… che tipo?” Che cos’altro poteva essere successo?

 

 

 

“Un viaggiatore l’ha sottratta.” Eh?

 

 

 

“Che cosa intendi?” La storia si faceva interessante… forse troppo visto che mi rispose in quella maniera.

 

 

 

“Al momento… questo è un segreto, Lina-san!” Sapevo che lo avrebbe dettoooooooo!

Improvvisamente l’aria iniziò a tremolare, come se si stesse surriscaldando. Cosa? Spalancai gli occhi e guardai Xelloss.

 

 

 

“E ora…” aggiunse con la sua maledetta aria sorniona, “è ora di partire! A presto, Lina-san!” Non stava per farlo davvero… vero???

 

 

 

E fu così che mi ‘lanciò’ nel piano Astrale… come una dannata boccia, preciso anche nel gesto.

 

 

 

Lanciai uno strillo, più che altro per dimostrare la mia dignità offesa e… volai.

 

 

 

Qualcosa come un secondo dopo mi materializzai in un luogo sconosciuto, atterrando a peso morto contro un oggetto molto duro, sfondandolo di schianto. La botta mi lasciò senza fiato e decisamente stordita, come se un gigante mi avesse spiaccicata al suolo con la sua manona ma quando riuscii di nuovo a respirare e a pensare… , fu a Xelloss che pensai. E non furono immagini gentili, quelle che mi danzarono nella mente. La prossima volta che mi appari davanti ti faccio esorcizzare da Amelia!

 

 

 

Mi sollevai utilizzando la forza delle braccia e, facendo attenzione a non infilzarmi con quello che una volta doveva essere stato un tavolo, notai con un certo rammarico che la mia tunica presentava un nuovo sbrego… grazie a quello stupido mazoku avevo rischiato di trasformarmi in un dannato puntaspilli e come ciliegina sulla torta avrei dovuto accelerare il processo riguardante il mio cambio di vestiario. Non sia mai che la grande maga-genio Lina Inverse debba andare in giro come una stracciona.

 

 

 

Sollevai lo sguardo dalla mia tunica e mi guardai in giro, cercando di capire dove lo stupido Xelloss mi avesse spedita. Di certo si trattava di casa disabitata, o almeno, lo era in quel momento. Nel senso, se ti materializzi all’improvviso in un qualsiasi luogo che non sia abbandonato, qualcuno prima o poi urla. E’ normale, no?

 

 

 

Ero finita in una cucina, i cui muri intonacati di bianco erano decorati da pentole in rame appese in ordine sparso. C’era un camino acceso, dove bruciavano erbe aromatiche. Deglutii. Per un pelo non c’ero finita dritta dentro. Maledetto Xellosssssss! A parte il tavolo spezzato, dove ancora sedevo (non potendo alzarmi) e un paio di sedie con la seduta di paglia, la cucina era decisamente spoglia.

 

 

 

Però… il tavolo rotto sul quale ero appoggiata aveva una strana inclinazione… e… oh! Un piede nudo sbucava da un lato.

 

 

 

 

 

 

Ok. Bene. Avevo appena ammazzato qualcuno.

 

 

 

Levitation.” Sussurrai. Magari l’avevo solo stordito… un bel Recovery e amici come prima? Mi avvicinai lentamente al piede quando un flebile lamento venne dal resto della persona sepolta dal tavolo. Fiuuuu… mi detersi la fronte con il dorso della mano guantata.

 

 

 

Sollevai lentamente il tavolo e

 

 

 

Oh, no. No, no, no! NO!

 

 

 

Un viso leggermente tumefatto, con lunghi capelli aggrovigliati emerse dalle macerie.

La spallina dell’invisibile sottoveste scivolò sulla sua spalla, mentre nulla veniva lasciato alla fantasia.

Un gemito. E non solo di dolore.

 

 

 

Era… era…

 

 

 

EMMA!!!

 

 

 

Per la sorpresa (sgradita) rilasciai il Levitation e mi accasciai sul pavimento.

 

 

 

La maniaca mi guardò sbattendo le ciglia, leggermente imbambolata e poi, con una prontezza davvero impensabile per una appena rimasta schiacciata da un tavolo in legno massiccio… mi si gettò addosso. In un secondo netto mi trovai sotto ad Emma, soffocata e ammutolita dal suo enorme… enorme seno mentre lei… lei… mi si strusciava addosso!

 

 

 

BomMmmmmmpf! Bomb…. Mmmmmpf!!!

 

 

 

Mi divincolai furiosamente in un primo momento, con sempre minor forza poi mentre iniziavo a vedere vistosi puntini neri e gialli. Avete già capito, vero? Che fine ingloriosa per la maga che sconfisse Shabranigdu! Soffocata a morte dalle enormi tette di una maniaca!

 

 

 

Quando tutto sembrava perduto (non commentate, grazie) riuscii ad estrarre un braccio e piazzai una mano sotto al mento di Emma. Dopo un paio di tentativi riuscii ad alzarle il viso e gridai, con tutto il fiato (pochissimo, ve lo assicuro) che avevo in corpo…

 

 

 

Bomb de Wind!”

 

 

 

Emma volò fuori dalla stanza attraverso il muro come se fosse stata scaraventata dalla mano di un gigante. Sì, lo stesso che aveva gettato me contro il tavolo. E se commentate la mia scarsa attitudine alle similitudini verrete puniti.

 

 

 

La sagoma di Emma creava adesso una nuova alternativa porta sul muro. Sono o non sono un’artista? A questo punto poco mi importava se si fosse spaccata la testa, sinceramente. Anzi, quasi mi avrebbe fatto piacere. No, non ho grande simpatia per lei, soffocamento a parte. Fosse per me la cospargerei di miele e la butterei in un formicaio. Che c’è? Non hanno forse anche le formichine diritto a vivere???

 

 

 

In quel preciso momento, mentre rimiravo la mia ‘arte’, alle mie spalle si aprì una porta (una porta vera, non come la Emma-porta) e una figura fece il suo ingresso nella cucina. Vidi solo la sua sagoma perché la luce abbagliante dell’esterno mi accecò momentaneamente.

 

 

 

“Che… che succede?!

 

 

 

Sentii il tonfo della porta che si chiudeva e, mentre i miei occhi tornavano a vedere, passando da una tonalità verdina ai colori originali, una magra ragazzina bionda si inginocchiava di fronte a me spostando lo sguardo alternativamente dal buco nel muro e alla sottoscritta e viceversa.

Per un momento credetti di aver riconosciuto Eloise ma no, non era la piccoletta. Questa era un’adolescente e anche abbastanza alta.

 

 

 

“Oh, sei tu.” Uh? Ci conosciamo?

 

 

 

La osservai con attenzione. Assomigliava davvero ad Eloise ma era impossibile che fosse lei, la crescita di elfi e mezzi elfi era lenta per definizione. Se una settimana prima Eloise sembrava una bambina di sei anni, adesso al massimo avrebbe potuto sembrare una di sei e mezzo, se proprio fosse cresciuta. Sarebbe stato troppo repentino, un cambiamento del genere. Non era naturale. Eppure…oh, sei tu.’ Non si dice ad uno sconosciuto e questa ragazza, altezza e forme a parte, mi ricordava moltissimo Eloise. Che potevo dire? Nel dubbio…

 

 

 

Eloise? Sei tu?”

 

 

 

La ragazza mi squadrò un attimo, stringendo le labbra, mentre un lampo di qualcosa che non riuscii ad identificare le passò sul viso.

 

 

 

“No, no, non sono io.” Mi rispose sventolando le mani per poi darmi le spalle. Si alzò di scatto e cercò di attraversare la cucina.

 

 

 

Mi lanciai in avanti e le afferrai la caviglia, stringendo con forza. La bionda si fermò, rigida. Mi lanciò un’occhiataccia da sopra alla spalla. “Che vuoi?”

 

 

 

“Tu sei Eloise.” Non era più una domanda.

 

 

 

“No, ti sbagli. Non sono io e non conosco neanche nessuna Eloise. Si spinse indietro la frangetta, come avevo visto fare spesso alla piccola mezza elfa.                         Sarai anche brava a recitare, carina, ma sei inequivocabilmente Eloise. Non so come, non so ancora perché, ma tu sei Eloise.

 

 

 

“Guarda che ti ho riconosciuta.” Sottolineai il verbo con una stretta alla caviglia.

 

 

 

La ragazza sbuffò, alzando gli occhi. “E va bene, sono Eloise. Contenta? Adesso mi lasci?” Col cavolo che ti lascio, stupida mezza elfa!!!

 

 

 

“No che non ti lascio! Per caso… solo per caso, dico, non è che tu o la tua nonnina mi avete lanciato una qualche maledizione elfica? Così, giusto per chiedere, eh?” Iniziavo a sentire caldo. Molto caldo. E non era un bene.

 

 

 

“Ah, sono successe tante cose, non credo di ricordare tutto con precisione.” Rispose in tono acido.

 

 

 

Saltarle al collo e strangolarla era buona idea ma prima mi doveva togliere la maledizione o quel cavolo che lei o sua nonna mi avevano buttato addosso. Adesso si spiegava perché nel giro di un paio di settimane me ne fossero capitate di tutti i colori… va bene attirare guai ma la sequela di eventi sfortunati sempre più gravi che mi avevano afflitto non erano casuali!

 

 

 

Nel frattempo Eloise si era accucciata a poca distanza da me. La distanza consentita dal mio braccio. Facendo girare un anello dalla pietra color giada che portava sull’indice destro, davvero notevole per altro, avvicinò il naso al mio. “Sai,” disse in tono sgradevole,  “quando hai fatto esplodere la casa della nonna mi è piombato in testa mezzo tetto. Non è stato molto piacevole.”

 

 

 

, tua nonna stava cercando di ammazzarmi e la tua amica di portarsi a letto Gourry. Il fine giustifica i mezzi.”

 

 

 

“Ah, sì? , penso la stessa cosa.” Mi rivolse un sorrisetto maligno. “Adesso, se permetti, vado a rimettere insieme Emma. Credo che il passaggio attraverso il muro non le abbia fatto tanto bene.

 

 

 

Mollando repentinamente la caviglia, le agguantai il braccio, facendola sbilanciare. “Non abbiamo ancora finito! Ho bisogno che mi fai levare la-dannata-maledizione!

 

“Sai che quando ti arrabbi sputacchi? Fossi in te ci starei attenta.” Mi rimbeccò in tono sarcastico.

 

 

 

Forse non si rendeva conto che nessuno usciva illeso dopo avermi insultata. E lei mi stava insultando. Calma, Lina. Se la uccidi la magia elfica non si dissiperà, non è come coi mazoku. O forse sì? No, meglio non cedere alla tentazione.

 

 

 

“Forse il tuo ragazzo si stuferà di essere inondato di bava e ti lascerà.” Adesso la ammazzo!!!

 

 

 

Respirando profondamente, lasciai defluire la rabbia, tenendola da parte per un secondo momento e le ripetei gentilmente la mia richiesta. Vi assicuro che stavo cercando di usare un tono più civile possibile e, datemene atto, ci voleva una forza di volontà ferrea.

 

 

 

“Devi aiutarmi! So per certo che ho addosso una maledizione elfica e…

 

 

 

Sollevò un sopracciglio. “Spiacente, non so di cosa parli.”

 

 

 

Ok, la mia pazienza era ufficialmente finita. “E-lo-i-sesibilai, “non mi costringere a passare alle maniere forti perché altrimenti…”

 

 

 

“Altrimenti cosa?” strillò lei, la voce resa acuta dalla rabbia, “cosa mi vuoi fare? E’ meglio che non mi provochi, altrimenti non sai cosa posso farti io!” ansimò volgendo la testa verso il muro, poi il suo sguardo tornò di nuovo a posarsi su di me.

 

 

“Io… ti ho aiutata alla fine, no? Sei tornata a casa sana e salva col tuo uomo, giusto? Che altro vuoi da me?”Si strappò la mia mano dal braccio, alzandosi frettolosamente. La riacchiappai al volo. Non se ne parlava che le permettessi di scappare.

 

 

“Me ne devo andare.” Disse più a stessa che a me ma io non ci stavo. Proprio per niente. Ognuno era libero di avere le paturnie che meglio preferiva ma se Xelloss diceva che la magia elfica c’entrava con tutto quello che mi era successo, allora era così. Al momento non mi importava se me lo avesse detto per potermi in qualche modo ‘sfruttare’ dopo… mi interessava solo liberarmene.

 

 

 

Ecco cosa sapevo: gli elfi possono annullare la magia e le maledizioni di altri elfi. Verso chiunque, esseri umani ed elfi, indistintamente. I mezzi elfi sono generalmente senza poteri ma in parecchi casi possono utilizzare delle forme incomplete o particolari di magia. Alcuni mezzi elfi, detti ‘dotati’ hanno la capacità di usare la magia a più livelli e con discreto successo. E’ comunque davvero singolare conoscere un mezzo elfo di quel genere. Quindi era probabile che Eloise fosse capace di usare alcuni semplici tipi di magia, come i corrispondenti del Recovery e dello Sleeping ma nella maniera più assoluta non creare una maledizione. Era davvero quasi incredibile incontrare un vero elfo dotato. Io non potevo essere stata così sfortunata. Doveva quindi trattarsi di Meliloon. Doveva! Dopotutto, quando mi avevano colpito alla testa, ero rimasta a lungo incosciente. In quei momenti poteva essere successo di tutto. Se fosse stata Meliloon a scagliare la maledizione poteva spezzarla lei o anche un qualsiasi altro elfo che fosse stato in grado di riconoscere il tipo di magia. Se per caso sfortunato fosse stata Eloise, , era qui. Poteva tranquillamente liberarmene lei. Anche se sembrava poco propensa, incredibilmente. Perché non aiutarmi? Tra noi non c’erano più rancori (ahem, va bene, qualche piccolo rancore ma niente di insormontabile, no?)

 

 

 

Mentre ero presa dalle mie riflessioni, Eloise diede uno strattone, cercando di liberarsi.

E basta!

 

 

 

Laphas Seed!”

 

 

 

Una corda luminosa avvolse il corpo della non-più-così-piccola mezza elfa e ad un mio movimento delle mani la strinse come un salame, facendola cadere a terra. Quando il suo corpo colpì il pavimento la mezza elfa emise un suono soffocato, poi mi lanciò un’occhiata torva dalla sua posizione e io la ricambiai.

 

 

 

D’accordo, il mio Burst Rondo forse non doveva esserle piaciuto, visto che alla fine mi aveva aiutata e mi aveva donato dei ricordi molto… dolci… ecco, quindi… però era stata davvero una reazione istintiva alla situazione. E poi avevo dato una mano per portarle (sì, anche Meliloon) fuori dalle macerie… e avevo castato un Recovery su tutte e tre. Insomma, non avevo fatto esplodere la casa ed ero fuggita. Non aveva motivo di avercela con me. Ma non vedete i miei occhi da agnellino? Come poteva LEI avercela con me?

 

 

 

“Perché non mi aiuti a togliere la fattura? Eloise? Toglimela e io me ne vado. Non mi rivedrai più. Se non sei stata tu, aiutami a liberarmene.

 

 

 

Strizzò gli occhi e scosse la testa. “Non so di cosa parli.”

Ahhhhhhhgh! Ancora?

 

 

 

Volevo davvero, davvero picchiarla.

 

 

 

E allora, altro giro, altra corsa, signori e signori

Eloise, so per certo che una maledizione elfica mi affligge. E le uniche rappresentanti di quel popolo che ho incontrato sulla mia strada siete state tu e tua nonna.

 

 

 

Eloise sollevò le sopracciglia. “Ma davvero? No, dico, ma sei sicura?” Mi rivolse un sorrisetto storto. “Se non sbaglio non avevi capito che IO fossi una mezza elfa. Se non ricordo male pensavi fossi la figlia del tuo amichetto. Se non ricordo male ad un certo punto eri decisamente ubriaca.”

 

 

 

Quella piccola…

Va bene, avrei cambiato strategia. Dovevo. Altrimenti la ammazzavo.

 

 

 

Eloise?” mi giocavo la carta della pietà. Sì, me la giocavo. Tanto non c’era nessuno che avrebbe potuto farmi sentire in imbarazzo tranne forse il ricordo… e questo lo avrei messo a tacere.

 

 

 

“A causa di quello che mi hai fatto non posso più camminare.” Non sapevo se fosse vero… ma era probabile che fosse vero in maniera indiretta. Se non mi fosse stata scagliata contro la maledizione, il pugnale non mi avrebbe centrata oppure non avremmo neanche incontrato Aleksander

 

 

 

La mezza elfa battè le palpebre. “Non ti credo.”

 

 

 

“Mi hai mai vista alzarmi?”

 

 

 

Eloise strinse la bocca. “Non ti ho inseguita quando cercavi di scappare… ho usato da magia rimanendo seduta qui dove mi hai trovata.”

 

 

 

La mezza elfa chiuse gli occhi e tacque. I secondi passavano in modo molto lento. Strinsi le mani a pugno per evitare di tamburellarmi le dita sulle cosce e innervosirmi ancora di più.

 

 

 

“I mezzi elfi non hanno poteri, non possono usare la magia. Solo cosette semplici. Devi chiedere a mia nonna.” Mi rispose con un filo di voce, fissandomi gli stivali.

 

 

 

La risposta era plausibile. Eppure mentiva. Mentiva. Si era rifiutata di guardarmi mentre rispondeva, solo i bugiardi evitano lo sguardo. Perché Eloise, una abituata a recitare, metteva in scena una recita così penosa? Voleva farmi capire che mentiva senza doverlo dire? Qualcuno la stava controllando? Stavo diventando paranoica come Zel?

 

 

 

“I mezzi elfi spesso non possono. Quasi sempre. Ma tu puoi. Tu puoi, vero? E’ così?” Strinsi la mascella fino a sentire male ai denti. Ero mezza paralizzata. Ero mezza paralizzata a causa della sua maledizione e ancora non voleva togliermela. Non mi stava bene. “Guardami in faccia, Eloise! Guardami negli occhi e dimmi che non sei stata tu! 

 

 

 

Avevo preso con filosofia il mio piccolo problema, confidando che come sempre sarei riuscita a risolverlo. Magia, forza di volontà, entrambe le cose. Invece eccola qui, la causa delle mie sofferenze. Odiavo non riuscire a camminare. Non poter correre. Dover svolazzare come un’idiota e consumare un sacco di energia raywingandomi in giro. Stare a letto. Essere oggetto di preoccupazione. Perché quella… stronza, ecco, lo avevo detto, perché quella maledetta Eloise faceva tanto la difficile? Sentivo di avere le guance in fiamme e la mia voglia di stringerle le mani al collo era tanto intensa da farmi provare fisicamente la sensazione della sua trachea compressa dai miei pollici. Ceiphied, sarebbe stata solo classificabile come autodifesa. La mia sanità mentale contro la sua vita.

 

 

 

Chiusi gli occhi e ripresi a respirare lentamente. Molto lentamente. Mooooooolto lentamente.

 

 

 

Eloise emise un lungo sospiro. “Smettila…” Scosse la testa una volta –sentii il fruscio dei suoi lunghi capelli-  poi una seconda. “Senti… facciamo così… recupera Emma e curala, vuoi? Poi… poi parliamo.”

 

 

 

La guardai e la sua espressione era triste, talmente triste che avrei potuto essere mossa da pietà e liberarla. Certo, come no. Come se Lina Inverse fosse nata ieri. E non fossi stata sul punto di accopparla appena dieci secondi prima. Una cosa era certa, grazie alla magia che era in grado di utilizzare, se ne avesse avuto l’opportunità si sarebbe liberata. I casi erano due, o mi sbagliavo completamente e lei la magia non era in grado utilizzarla, oppure ne era capace e non poteva. Non c’erano altre ragioni plausibili per cui rimanere legata come un salame.

 

 

 

Castai un Levitation e mi misi in posizione eretta. Fluttuai attraverso il buco nel muro fino ad Emma che giaceva semi accasciata, reggendosi la testa e mugolando di dolore e le lanciai il Recovery. Dopo poco smise di lamentarsi e il suo sguardo, da annebbiato, tornò limpido. Per sicurezza ripetei il Recovery indirizzandolo qui e lì sul resto del corpo e quando ebbi finito notai con un certo disgusto che Emma mi stava lanciando occhiate lascive. Ma avevo promesso ad Eloise che avrei portato la sua amica in camera… me la caricai quindi in braccio e grazie al Raywing raggiunsi la sua stanza.

 

 

 

“Ecco qui,” affermai poggiandola sul letto, “adesso riposat…”

 

 

 

Gwaaaaaaah!

 

 

 

In meno di un secondo mi trovai anche io sul letto, stretta nell’abbraccio di Emma che, mentre con una mano mi strizzava un seno, mi sussurrava nell’orecchio: “Mi hai sempre ispirato più del biondino, sai?”

 

 

 

“Sleeping!” gridai ed Emma si afflosciò immediatamente, iniziando a russare.

 

 

 

Mi si erano letteralmente rizzati i capelli dallo spavento. No, dico, provate ad immaginare la scena… volai giù per le scale con ancora il cuore in gola e un’estesa pelle d’oca sulle braccia.

 

 

 

Al mio arrivo trovai Eloise nella stessa posizione in cui l’avevo lasciata. Le misi una mano sulla spalla e la girai verso di me, poi rilasciai il mio incantesimo e mi trovai ancora una volta sul pavimento.

 

 

 

“Perché?”

 

 

 

Eloise battè gli occhi. “Una domanda un po’ generica,” rispose con ritrovata verve, “però ti risponderò lo stesso.” Mi rivolse un debole sorriso. “Non posso aiutarti perché se lo facessi perderei tutto.”

 

 

 

Tutto… addirittura? Inarcai le sopracciglia con fare interrogativo.

 

 

 

Annuì. “Tutto questo.” Fece cenno al suo corpo con il mento.

 

 

 

“Perderesti il tuo aspetto?” La incalzai.

 

 

 

“In un certo senso.” Piegò leggermente le labbra.“La mia crescita non è stata naturale. Ci sarebbero voluti ancora molti anni per diventare così come sono senza aiuti. Mi rivolse uno sguardo intenso. “Troppi.” Emise una risatina gracchiante.

 

 

 

Non commentai. Che la sua crescita non fosse stata ‘giusta’ era stato ovvio fin dall’inizio. Certo, non avevo collegato la sua nuova forma al fatto che non potesse aiutarmi nel sciogliere la maledizione che mi affliggeva. Come avrei potuto? D’altra parte… ero stata ingenua a non collegarlo. Era sospetto che Eloise fosse cresciuta in quella maniera e che mi rifiutasse un aiuto che in circostanze normali non le sarebbe costato niente.

 

 

 

“Parti dall’inizio… magari da quando mi hai lanciato la fattura. Perché me l’hai lanciata tu, sì?”

 

 

 

Eloise si soffiò il ciuffo via dagli occhi. Mi venne la tentazione di liberarla ma tutto sommato forse era meglio che rimanesse legata. Per precauzione.

 

 

 

“Sì, sono stata io. E’ raro che un mezzo elfo abbia poteri come i miei ma io sono l’eccezione che conferma la regola. E ti pareva… “Mio padre era un elfo, mia madre una maga piuttosto dotata ed ecco spiegata la mia capacità di usare la magia.” Mi fissò con sguardo penetrante. “I mezzi elfi sono disprezzati dagli elfi. Soprattutto se poi osano addirittura essere ‘dotati’. E anche dagli umani. Mia madre non mi ha voluta o forse sì, non lo saprò mai perché non ho idea di chi sia e non c’è nessuno più che me lo possa o me lo voglia dire. Mio padre non mi ha mai davvero accettata e insomma, l’unica a tenere a me, nel suo modo un po’ contorto è stata mia nonna. A lei devo molte cose. Anche troppe.”

 

 

 

Se il tono che aveva usato, quando l’avevo incontrata, per parlare di Meliloon era pieno d’affetto, adesso sembrava amaro. Il tono di chi ha fatto una brutta scoperta. Di chi… si è sentito tradito?

 

 

 

Cosa intendi?” Non ero sicura di aver afferrato il nesso tra la maledizione e il suo racconto ma di certo c’era lo zampino di Meliloon. Ed ero quasi sicura che neanche a me sarebbe piaciuto quello che Eloise avrebbe raccontato.

 

 

 

“Diciamo che la nonna ha scoperto qualcosa. E io e lei abbiamo fatto un piccolo patto. Peccato che le clausole del contratto fossero scritte in piccolo e io non le abbia lette.” Emise una risatina che mi fece rabbrividire.

 

 

 

 Eloise, se tu spezzassi l’incantesimo che mi hai lanciato, cosa ti  succederebbe esattamente?”

 

 

 

“Se usassi la magia elfica… morirei.”

 

 

 

“Cosa???” Le rivolsi uno sguardo esterrefatto. Questa volta non mentiva. Non mentiva proprio.

 

 

 

 

 

L’ex  piccola mezza elfa mi fissò con sguardo serio. “Quando avevo deciso di aiutare mia nonna, lei mi aveva chiesto di lanciarti una maledizione attira-sfortuna. Non è difficile, sai?” Storse le labbra e io non potei fare a meno di ricambiare la smorfia. “Comunque, con tutto il macello che è successo poi… mi sono dimenticata. Mi sono davvero dimenticata di averlo fatto.

 

 

 

Alzai la mano. “Come hai fatto a lanciarmela senza che me ne accorgessi?”

E dai, sono Lina Inverse, non sono una poppante. Non è così facile, no?

Nel momento in cui aprì bocca capii esattamente quando me l’aveva scagliata.

 

 

 

, diciamo che non eri molto in te… credo che in quel momento nelle tue vene circolasse più alcool che sangue, cara la mia maga-genio.” Ridacchiò per un momento, poi tornò il suo sguardo tornò a perdersi in lontananza, nel ricordo. “Quando te ne sei andata… mi è venuto in mente. Ho iniziato a preparare uno zainetto per seguirti quando la nonna si è accorta di quello che stavo facendo e mi ha chiesto se per caso non stessi tentando di venire da te.

 

 

 

“Si è accorta che non me lo avevi tolto.”

 

 

 

Eloise annuì. “Non è difficile per un elfo riconoscere il marchio di un altro… per mia nonna non è stato difficile vedere il mio. Sono cresciuta con lei, mi conosce come le sue tasche… e poi sapeva che ti avevo lanciato quell’incantesimo, no?

 

 

 

Sospirai. Davvero, solo io posso avere a che fare con gente del genere. “Già.”

 

 

 

“La nonna mi ha proposto un patto… infondo la magia attira-sfortuna in genere non è granchè brutta, non è simpatica ma non ha gravi conseguenze. O almeno, così pensavo. Non l’avevo mai usata,ottimo! Avevo fatto da cavia ad Eloise, “in realtà volevo togliertela ma la nonna mi ha sventolato sotto il naso la possibilità di crescere… ed io non resistito. Ho anche pensato che avrei comunque potuto aiutarti in un secondo momento. 

 

 

 

Emise una risatina stridula che mi fece rabbrividire. A quel punto mi venne freddo, un freddo inspiegabile e paralizzante che mi gelò fino alle ossa. Mi sfregai le braccia prima lentamente poi con più vigore man mano che la pelle d’oca aumentava. Non avevo idea del perché stessi avendo una reazione simile. Eloise continuò a raccontare e allora capii la ragione dei miei brividi.

 

 

 

“L’anello che indosso e che veicola il mio cambiamento è stato attivato tramite un rituale con il mio sangue… mi ha permesso di crescere, sigillando la mia magia. Ma non in modo definitivo. Volendo posso usare incantesimi… Ti spiego: quando ho indossato questo gioiello, il mio corpo ha iniziato a tirare ed allungarsi. E’ stato molto doloroso e ancora adesso alcuni movimenti mi risultano piuttosto penosi. Se io usassi la magia, spezzerei l’anello e il sigillo e…” deglutì in modo evidente, “non tornerei alla mia forma di prima. O meglio, il mio corpo cercherebbe ma… per farlo le mie ossa si spezzerebbero e lacererebbero la pelle, che invece tornerebbe alla sua forma di prima. Capisci? Il mio corpo esternamente si restringerebbe ma internamente no… Peccato che la nonna non me lo abbia esattamente detto prima di attivare il tutto. Insomma, è mia nonna, no? Forse è pazza ma io mi fidavo di lei. Non credevo sarebbe arrivata a far del male a me per arrivare a te…

 

 

 

Deglutii. Sembrava una maledizione. Un’orribile e macabra maledizione. E con sulle spalle una cosa simile, Eloise non avrebbe potuto aiutarmi.

Era molto, molto peggio di quello che avevo pensato.

 

 

 

“Il rituale è stato fatto con il tuo sangue e tua nonna ha pronunciato l’incantesimo? La sua magia elfica combinata al tuo sangue di mezzo elfo dotato ha prodotto… anello e sigillo?” Non sapevo che pensare. Meliloon ragazzina era un mucchietto di ossa inerme. Per fare quello che aveva fatto… aveva stretto un qualche patto con un Mazoku? Altrimenti i conti non mi tornavano…

 

 

 

“Sembra ingenuo, eh? Ma ero convinta che l’aver il sigillo sulla magia fosse un prezzo adeguato alla mia crescita. Credevo… credevo che le conseguenze, se mai avessi usato la magia, sarebbero state più… lievi…” Sospirò. “Che scema, eh?” Aveva gli occhi lucidi.

 

 

 

“Quindi,” iniziai, “per liberarmi dalla fattura dovresti usare la magia ma se la usassi… , ti succederebbe quello che mi hai raccontato. E… non c’è modo di spezzare l’anello e liberarti da questa maledizione?

 

 

 

Eloise fece il gesto di stringersi nelle spalle. “Potrei chiedere a mia nonna. Se solo sapessi dove si trova. Non sono poi in molti a sapere come funzionano le cose con i mezzi elfi… dotati. Per la razza elfica quelli come me non esistono neanche… Credo che mia nonna abbia avuto tempo e modo di studiarsela bene, questa cosa.

 

 

 

Ero disgustata. Meliloon era la nonna di questa ragazza, era l’unico affetto che avesse avuto durante la crescita… e quella elfa le faceva una cosa del genere? Lo aveva fatto solo per punire me, alla fine. Non era certo per aiutare Eloise che le aveva dato l’anello. Non con quelle leggerissime controindicazioni. Aveva sfruttato la sua giovane età e i suoi sentimenti per metterla in una soluzione senza via d’uscita e poi… se l’era battuta.

 

 

 

“L’unico modo di spezzare l’incantesimo di un mezzo elfo è che sia lo stesso mezzo elfo che ha lanciato la magia a spezzarla… nessuno può farlo al posto suo, neanche un altro mezzo elfo. E’ come se nella magia prodotta da chi ha questo sangue misto fosse presente una specie di ‘sigillo’ diverso per forma e dimensioni e che per rimuoverlo ci volesse solo la mano del suo creatore. Quello o la morte del mezzo elfo. Non è necessario che sia chi ha contratto la maledizione a ucciderlo… basta che il mezzo elfo schiatti. Vecchiaia, malattia, suicidio, assassinio. Va bene tutto. Quindi… o te la tolgo io… o mi uccidi.” Tirò su con il naso. “Per gli elfi è diverso… sono come i maghi. Qualsiasi mago, qualsiasi elfo, se ha la conoscenza e il potere giusto può disfare quello che ha fatto un altro… noi mezzi elfi che abbiamo la capacità di usare la magia… siamo un caso a parte.”

 

 

 

Rilasciai l’incantesimo ed Eloise si mise a sedere lentamente, strofinandosi le braccia. Teneva lo sguardo basso. Rimanemmo in silenzio per un tempo indefinito. Se volevo spezzare l’incantesimo c’era una sola maniera, recarmi in una gilda abbastanza grande da avere dei testi sulla magia elfica, innanzitutto. Inutile cercare Meliloon, non mi avrebbe aiutata di certo… e poteva davvero esserci di mezzo un mazoku. Nessun mago, nessun elfo poteva produrre un sigillo che contenente una maledizione tale a quella che la vecchia elfa aveva così gentilmente creato per sua nipote.

 

 

 

Ero sicura che ci fossero volumi specializzati, non esattamente ufficiali, che avrebbero potuto darmi delle indicazioni su come togliere la maledizione a Eloise, senza per forza arrivare ad ucciderla.

 

 

 

Doveva esserci una soluzione. Doveva per forza.

 

 

 

A quel punto avevo anche io fretta di recarmi a Saillune. Capitale della Magia Bianca, non aveva di sicuro molto a che spartire con maledizioni e magia oscura ma qualcosa si poteva rimediare lo stesso… e se non lì, altrove. Non avrei lasciato che la magia attira-sfortuna mi lasciasse paralizzata o peggio. Non avrei lasciato che quella pazza di Meliloon facesse il bello e il cattivo tempo con me e con sua nipote. Ok, lo ammetto, mi sentivo confusa. Troppe cose, in una volta sola, troppe incognite. Dovevamo cercare di procedere con in modo logico e con ordine...

 

 

 

Emisi uno sbuffo molto rumoroso, aprendo e chiudendo i pugni. Dovevamo iniziare con Saillune, che era originariamente la nostra tappa principale. “Eloise, voglio che tu venga con me a Saillune.” Visto e considerato tutto volevo averla sott’occhio sempre, non doverla rincorrere qua e là come un’idiota.

 

 

 

Stranamente Eloise acconsentì senza lamentarsi troppo a patto che portassimo con noi Emma. Immaginate la mia felicità… Quando la mezza elfa ebbe portato al piano terra la sua amica e trasportato me e lei all’esterno, partimmo. No, non svegliai Emma. Preferivo portarla modello sacco di patate che sentire ancora quella voce miagolante, per non parlare del resto.

 

 

 

Levitation!”

 

 

 

Presi per mano Eloise da una parte mentre dall’altra tenevo l’ancora addormentata e afflosciata Emma. Mi sollevai in aria e tirai su anche le due ragazze.

 

 

 

Il cielo, che nel frattempo si era riempito di nubi, non mi permise di scrutare in lontananza… comunque Mahen non sembrava lontana. Da quella prospettiva. In realtà sapevo che Mahen non era poi così vicina… Sospirai mentalmente. Il Raywing porta via molte energie a viaggiare da soli, figurarsi con due persone che non potevano contribuire al volo. Due zavorre, insomma, una delle quali avrei volentieri lasciato cadere nel bosco, in pasto ai lupi e quanto all’altra… , dovevo risparmiarla. Per il mio buon cuore ovviamente (zit-ti!) e perché maledizione… mi aiutasse a liberarmi della maledizione!

 

 

 

Raywing!”

 

 

 

Schizzai in avanti all’improvviso, facendo lanciare un urletto ad Eloise. Mi beai per circa mezzo secondo della sua paura. Una piccola, miserrima soddisfazione, davvero, una cosa talmente sciocca e infantile che mi sarei vergognata, in altre occasioni ma in questa… , una piccola vendetta è meglio di nessuna vendetta, no? Alla fine non potevo neanche più prendermela con lei. Seriamente, che razza di mostro sarei stata a puntare il dito su Eloise? Comunque… potevamo arrivare in tempi brevi a Mahen per raggiungere gli altri solo volando.

Che si godesse il viaggio, quindi.

 

 

 

Mentre sfrecciavamo sopra alla foresta e ci avvicinavamo alla nostra destinazione iniziai a vedere delle cose che non mi piacevano. All’inizio furono dei piccoli bagliori che punteggiavano in modo sporadico il cielo. Poi aumentarono di intensità e di frequenza. Sembravano fulmini ma non lo erano, quello che stava succedendo non si poteva imputare alle condizioni atmosferiche.

Alla fine apparvero dei fili di fumo nero, prima sottili e poi sempre più grossi…

 

 

 

Mahen era in fiamme.

 

 

 

Aumentai la velocità, stringendo i denti contro la stanchezza immane che incominciava a mordermi le ossa. La magia che avevo attiva mi stava prosciugando e io avevo percorso una grossa distanza con due persone a carico. Era il caso di scendere. Non potevo trasportarle oltre.

 

 

 

Atterrai malamente, facendo ruzzolare a terra Eloise e perdendo la presa su Emma. Battei con violenza il fianco e la spalla destri sul terreno sassoso e avvertii distintamente la pelle della coscia lacerarsi… maledetta maledizione! Diedi un’occhiata alla gamba e vidi il calzone strappato mentre grosse perle di sangue affioravano dalla ferita che mi ero procurata. Intorno a noi, un principio di incendio.

 

 

 

Strinsi le labbra e, asciugandomi il sudore della fronte col polso, recitai:

 

 

 

Ext Ball!”

 

 

 

Ah, se ci fossero stati almeno Amelia e Zel al mio fianco… il fuoco si spense, per poi riaccendersi qualche metro più il là, le sterpaglie probabilmente attizzate da qualche scintilla. Decisi che avrei pensato dopo a quello, dovevo prima curarmi la gamba. La ferita non era grave ma sanguinava con impressionante costanza. Morire dissanguata non faceva parte dei miei programmi per la serata.

No, non sto facendo la tragica. La magia attira-sfortuna aveva dato sfoggio della sua potenza già una volta… non volevo ripetere l’esperienza.

 

 

 

Rec…” un fischio fortissimo lacerò l’aria. Lasciai perdere l’incantesimo: se la cosa che aveva prodotto quel rumore mi avesse centrata avrei avuto di peggio da pensare che una sbucciatura sulla coscia. Mi spalmai a terra, sperando che le mie compagne d’avventura avessero avuto il medesimo pensiero. Diedi un’occhiata al cielo sopra alla mia testa e un secondo dopo apparvero Xelloss e Marie, intrecciati in una danza mortale, che se le suonavano per poi sparire nell’aria, null’altro che le mie orecchie doloranti a testimoniare il loro passaggio.

 

 

 

Rimasi sdraiata fino a quando il mio campo visivo venne occupato da Eloise, che boccheggiava, sventolandomi l’indice sotto al naso. No, non boccheggiava davvero. Stava parlando? Ero sorda? Ero sorda.

Fantastico. Paralitica e pure sorda.

Alla faccia dell’incantesimo-che-tanto-non-è-granchè, eh, Eloise?

 

 

 

No, non vi preoccupate. Ero solo momentaneamente stata assordata dal rumore prodotto da Xelloss e Marie che lottavano a due millimetri dalle mie orecchie… iniziavo già a recuperare l’uso dell’udito. Lasciate che vi dica che sarebbe stato meglio essere rimasta sorda ancora un pochino perché potei festeggiare il ritrovato uso dell’udito con queste tenere parole:

 

 

 

“…razza di demente! Volevi farmi ammazzare? Così finalmente saresti riuscita a risolvere i tuoi problemi!

 

 

 

Ecco. Vedete? Vedete perché poi mi viene affibbiata la fama di una dal brutto carattere? Ora, ditemi sinceramente perché non dovrei tirarle il collo. Se mi date una buona ragione le risparmierò la vita per i prossimi cinque minuti.

 

 

 

“SMETTILA! COSA DOVEVO FARE? CI SONO DEGLI INCENDI, NON SO SE VEDI… LASCIO BRUCIARE TUTTO? LASCIO CHE TUTTI VADANO ARROSTO E BUONA NOTTE? GUARDA CHE NON SONO MICA IL TUO MEZZO DI TRASPORTO PERSONALE, EH?” Razza di piccola vipera.

 

 

 

Eloise strinse gli occhi, mettendo le mani sui fianchi.

 

 

 

“E non gridarmi addosso!”

 

 

 

“NON STO GRIDANDO!”

 

 

 

“Invece sì!”

 

 

 

“INVECE NO!”

 

 

 

Oh, , forse gridavo davvero. E allora? E’ così che fanno le persone sorde. Gridano!

 

 

 

Linaaa!”

 

 

 

Ancora mezza sorda non riuscii immediatamente a riconoscere la voce che mi stava chiamando. Quando, con una smorfia, mi misi girai verso la voce, davanti a me c’era Gourry, un po’ bruciacchiato ma incolume. Si inginocchiò e avvolse tra le sue braccia e per un attimo, un attimo solo, mi abbandonai a lui, ricambiando la stretta. Affondai il viso nel suo petto e respirai il suo odore, un misto di sudore maschile e dell'olio che solitamente usava per lucidare la spada. C’era anche un che di bruciato, sulla sua maglietta, dovuto al fumo degli incendi che ci circondavano qua e là. Avrei voluto rimanere lì, stretta a lui, per sempre. Il mio punto fermo, la mia luce, Gourry.

 

 

 

Fu Gourry a scostarsi da me, afferrandomi le braccia con una certa urgenza. Iniziò a parlarmi velocemente ma il mio udito era ancora debole e le sue parole, pronunciate con normale tono di voce, mi giungevano ovattate. In mia assenza non dovevano essersela passata bene, a Mahen.

Sotto lo sguardo ansioso di Gourry mi presi la testa tra le mani e, appoggiandole sulle orecchie, recitai la formula del Recovery. Quando l’incantesimo ebbe fatto effetto, il mondo tornò ai suoi meravigliosi suoni. Lo spadaccino mi mise una mano sul braccio. Le sue dita erano fredde, nonostante  l’aria surriscaldata. 

 

 

 

“Lina, tutto bene?” Il suo viso era segnato dalla stanchezza e dalla preoccupazione.

 

 

 

“Tutto bene, davvero.” Non volevo che Gourry si angosciasse per nulla. Qualche piccolo inconveniente era all’ordine del giorno nella vita di una maga errante. Lo sapevo io e lo sapeva anche lui. Immaginavo però che tutto quello che ci era capitato negli ultimi giorni lo avesse in un certo senso segnato.

 

 

 

Lo spadaccino mi fissò intensamente, come avere la conferma che fossi tutta intera, poi spostò lo sguardo su Eloise e il suo ‘carico’. Le rivolse un’occhiata pensosa alla quale lei rispose con una specie di cenno di saluto, alzando la mano destra. Strano ma vero era stata zitta durante il piccolo ‘momento’ tra e me e Gourry. Si era resa del tutto invisibile nonostante fino ad un secondo prima ci stessimo quasi scannando.

 

 

 

“Lina…” sussultai, a sentire il mio nome. Lo spadaccino scosse la testa, come per riordinare i pensieri.

 

 

 

 Lina-san, è successo un disastro.” Non era stato però Gourry a parlare, era sopraggiunta Amelia. La principessa fu colta da un brutto attacco di tosse, causato dal fumo denso che doveva aver respirato. Una volta ripreso fiato, strabuzzò gli occhi. “Ma… ma….”

 

 

 

Volsi la testa per vedere che, nel frattempo Eloise con sulla schiena Emma stesa a pelle di leone, si era avvicinata ed era alle mie spalle.

 

 

 

“Dobbiamo allontanarci,Gourry mi sollevò e iniziò a correre. Lo lasciai fare senza protestare, se avessi castato anche un solo incantesimo sarei morta. Ero stanca.

 

 

 

Mi girai lentamente per vedere Amelia che, seguita da Eloise, trottava dietro di noi. Mi chiesi dove fossero Zel, Aleksander e Doliev. Quanto a Xelloss e Marie iniziavo ad avere una certa idea. Il primo indizio era il fuoco. Il secondo era stata l’immagine di Xelloss che combatteva contro Gaav. Che Xelloss avesse preso l’occasione di parlarmi per attaccare Marie? Oppure il contrario?

 

 

 

Gourry… dove sono gli altri?”

 

 

 

Amelia, che doveva avermi sentito, accelerò il passo e rispose ancora una volta per lo spadaccino. Era buffo vedere come, in mia assenza, funzionavano all’unisono, perfettamente coordinati ed affiatati.“Lina-san,” tossì ancora, “non sapevamo che fine avessi fatto! Appena Xelloss-san è riapparso, senza di te, è scoppiato l’inferno!

 

 

 

Ci fermammo in una piccola radura, non lontana dall’albergo dove avevo passato la convalescenza. Lì era ancora tutto abbastanza tranquillo… quantomeno non stava andando a fuoco. Xelloss e Marie riapparvero in lontananza, seguiti da un nuovo scoppio.

 

 

 

Eloise alzò la mano, in segno di saluto, verso Amelia che la ricambiò perplessa. Gourry fissava la sempre dormiente Emma, che stava sbavando copiosamente.

 

 

 

Lina-san,” riprese Amelia, “vorrei davvero sapere se queste persone sono quelle che penso e la ragione per la quale sono qui ma… non c’è tempo…”

 

 

 

Cosa è successo, Amelia?” la incalzai.

 

 

 

La principessa annuì. “Quando Xelloss-san è ritornato nella sala di Aleksander-san senza di te, non abbiamo neanche fatto in tempo a chiedergli dov’eri che si è avventato su Marie-san… e la sala è esplosa.”

 

 

 

Mi girai verso Gourry. “Tuo cugino?”

 

 

 

Lo spadaccino scosse la testa. “Io mi sono ritrovato a volare insieme a detriti vari e sono atterrato sul prato. Un secondo dopo mi è piombato in braccio Zel…” Nel dirlo si massaggiò lo stomaco… impattare contro Zelgadiss non era mai un’esperienza piacevole, “ e quando ci siamo rialzati ci ha raggiunti Amelia… ma di Sasha e il suo protettore nessun segno.”

 

 

 

Osservai bene Gourry e Amelia per vedere se erano feriti ma, qualsiasi cosa fosse successa, la principessa e Zel dovevano aver usato il Recovery. Non doveva essere stata un’esplosione molto forte, a giudicare dal loro stato. Sembravano abbastanza in forma.

 

 

 

Zel dov’è?”

 

 

 

La principessa si torse le mani. “Non lo so. Siamo andati via insieme da là ma una volta giunti vicini al centro… hanno iniziato a svilupparsi diversi incendi. Io e Zelgadiss-san ci siamo prodigati a spegnerli ma ad un certo punto, tra il fumo e tutto ci siamo separati…” Si guardò brevemente alle spalle, come se sperasse di veder arrivare lo sciamano da un momento all’altro. “In pratica è Marie-san a crearli… ogni volta che tenta di colpire Xelloss-san appicca un nuovo incendio… o almeno, questo è quello che sono riuscita a capire vedendo le loro fugaci apparizioni…”

 

 

 

“Ricorda la lotta tra Xelloss e ValVal-qualcosa.” Intervenne Gourry.

 

 

 

, non potevo che dargli ragione. E poi… loro non sapevano ancora la storia della Spada di Luce. Dovevo dirglielo? Dovevo dire a Gourry quel che sapevo? E poi… chi era Marie? Aveva a che fare qualcosa con noi? E con la Spada? Perché viveva nella città dei campioni di spade e stava appiccicata ad Aleksander, che apparteneva alla famiglia dei possessori della Spada di Luce? Era un caso? E quando mai una cosa del genere era un caso?

 

 

 

“Attente!” Non mi resi neanche conto di quello che stava succedendo. Un secondo primo ero seduta a riflettere, quello dopo il corpo di Gourry mi schiacciava al suolo mentre un boato tremendo faceva tremare il suolo. Povere le mie orecchie!

 

 

 

Quando Gourry si sollevò da me, scrutandomi in volto, preoccupato, mi resi conto che il botto era stato prodotto dall’esplosione del palazzo adiacente alla locanda dove c’era la mia camera/camera di Kira, che iniziava ad essere avvolto dalle fiamme. Questo fece scattare tutti i campanelli d’allarme… perché in quella camera… c’era il mio libro degli incantesimi! Lo portavo sempre con me, scrivevo appunti sulla magia che utilizzavo o vedevo utilizzare… se fosse bruciato sarebbero andati persi anni di lavoro. Anche se tutto era immagazzinato nella mia memoria… non potevo permetterlo!

 

 

 

Mi innalzai di scatto, con la magia, scostando in modo involontariamente brusco Gourry.

 

 

 

“State qui!”

 

 

 

“Dove… Lina, no!” Mentre Gourry cercava di fermarmi, la principessa con un balzo felino mi afferrò il mantello, rischiando seriamente di strangolarmi. Sapevo che non era un’ottima idea infilarmi in un palazzo in fiamme ma sapevo anche che ero in grado di badare a me stessa. Se le cose si fossero messe davvero molto male, avrei lasciato perdere. Ci tenevo abbastanza alla pellaccia per non fare sciocchezze.

 

 

 

“Amelia!Ragazzi!” Al suono della voce di Zel, Amelia allentò un poco la presa. E bravo Zel, che tempismo! Gli avrei schioccato un bel bacio in fronte per quell’entrata perfettamente sincronizzata! Approfittai della distrazione della principessa per partire alla volta della mia camera, che nel frattempo era ancora più vicina alle fiamme. Se mi avessero lasciata andare subito non sarebbe stato così!

 

 

 

Mentre schizzavo verso l’ingresso udii vagamente delle voci chiamarmi… e le ignorai. Mezzo secondo dopo avevo Gourry alle calcagna.

 

 

 

Gourry, torna indietro! Ci metto un secondo!”

 

 

 

“Lina,” ansimò lui mentre mi inseguiva, “con la fortuna che hai ultimamente se non ti vengo dietro mi finisci arrosto!”

, non che avesse tutti i torti…

 

 

 

Entrammo nella locanda e salimmo le scale. L’incendio non si era ancora propagato completamente anche se la camera di Kira iniziava ad essere decisamente troppo calda. Rivoletti di sudore iniziarono a colarmi negli occhi e sulla schiena. Si bolliva. “Lina…” Il tono di Gourry conteneva una certa e ben giustificata urgenza. Mi avventai sulla scrivania ed estrassi il libro. Fu in quel momento che un’orribile pensiero mi colpì. Kira trafficava con ingredienti e pozioni e lo faceva in camera. Molte pozioni erano innocue a temperatura ambiente ma portate ad ebollizione…

 

 

 

Ebbi appena il tempo di pensarlo.

 

 

 

Lo scoppio mi proiettò all’indietro contro il muro. Questo è quanto ricordo di quel primo momento. Il resto sono una serie di immagini e suoni slegati…un discreto bruciore alla schiena e al braccio destro, seguiti da un orrendo puzzo di pollo bruciato. Fiamme arancioni. Una voce di cui afferrai solo: “…..naaaaaaa!” Probabilmente Gourry che urlava il mio nome. E poi…

 

 

 

Sipario.

 

 

 

Quando riaprii gli occhi stavo tossendo. Tossendo ma non respirando mentre le lacrime mi inondavano le guance. Vicino al mio viso uno stivale di Gourry. E la gamba di Gourry. E la voce di Gourry. “… farmi morire di crepacuore, Lina! Sinceramente…”

 

Quello che per me era un secondo dopo, venivo portata sulla schiena da Gourry mentre la mia, di schiena, sembrava andare a fuoco. E poi…

 

 

Sipario parte due.

 

 

 

Quando potei finalmente dire di essere sveglia e cosciente mi trovavo in una foresta ed era notte. Sentivo il frinire dei grilli ed ero girata su un fianco. Alle mie spalle avvertivo la fresca mano del Recovery che mi accarezzava nuca e schiena mentre davanti a me c’era Eloise a gambe incrociate.

 

 

 

“Ciao, bella addormentata.” Mi apostrofò. “Come stai?”

 

 

 

Volevo risponderle ma avevo la gola irritata. Dovevo aver respirato troppo fumo. E comunque era colpa della sua maledizione se la camera di Kira era esplosa quando c’ero appena entrata. Allungai il braccio destro, la cui pelle tirava decisamente, per castarmi un Recovery alla gola.

 

 

 

“Ferma, Lina.” La voce di Zel. “Certo che hai scelto il momento migliore per svegliarti, eh?” Il suo tono era vagamente irritato e… sollevato.

 

 

 

Lina-san!” l’intensità del Recovery crebbe. “Grazie al cielo…”

 

 

 

Tossicchiai cercando di schiarirmi la gola. Eloise abbassò lo sguardo fino a me. “Certo che sei una bella idiota…” Che… cosa???

 

 

 

Eloise-san, lascia stare Lina-san… credo che il suo atto incosciente sia stato punito a sufficienza.” Riuscivo a percepire che la principessa stava annuendo. Ci sarebbe stato da precisare che io ero stata punita dalla maledizione, più che da qualsiasi altra cosa… e poi qualche bruciatura e una brutta botta in testa si potevano curare semplicemente con un Rec… ehi! Improvvisamente fui conscia di una cosa. I capelli. I miei capelli! Perché… perché pendevano in corte ciocche sulla mia guancia???

 

 

 

“Lina!”

Lina-san!”

 

 

 

Mi ero alzata di scatto, incurante del Recovery e del dolore/sollievo alla schiena. Spostai la mano sinistra sulla mia testa… e accarezzai dei capelli corti. Molto corti. Molto, molto corti.

 

 

 

In un attimo Amelia mi si mise davanti, in ginocchio. “Lina-san,non avevo mai avuto i capelli alla paggetto, “si sono bruciati… non abbiamo potuto fare altro,” mi arrivavano appena sotto alle orecchie! “Ho provato a salvarli, davvero ma… guarda! Guarda Lina-san! Il tuo libro è salvo! Lina-san?”

 

 

 

Il resto del discorso di Amelia non lo registrai. Ero scioccata. E va bene, erano solo capelli… ma… ci avevo messo una vita a farli crescere! E poi i capelli corti non mi stavano bene… In quel momento mi sovvenne che non avevo ancora visto Gourry.

 

 

 

“…Gourry?” gracchiai con la mia nuova voce roca.

 

 

 

Amelia smise di giustificarsi e indicò col capo la foresta. “E’ andato a lavarsi… ma non si è fatto niente! Ti sei fatta male solo tu!” aggiunse, vedendo il mio sguardo farsi allarmato.

 

 

 

“Per adesso abbiamo finito... cerca di non agitarti troppo, eh?” aggiunse Zel in quel momento, dandomi una piccola pacca sulla spalla. “Forza, Amelia. Vai tu al fiumiciattolo… sto qui io di guardia.

 

 

 

Amelia annuì e si allontanò, lanciandomi occhiate ansiose. Anche Eloise si mise in piedi, con un movimento fluido davvero notevole. “Amelia, aspettami!”

 

 

 

Al campo eravamo rimasti solo io e Zel (ed Emma che a giudicare dalla posizione a fagotto era ancora immersa nello Sleeping, sia ringraziato Ceiphied). Dopo aver acceso un piccolo fuoco, lo sciamano era ora seduto su un albero sradicato e beveva una tazza di tè aromatico. La sua gradevole fragranza arrivava fino a me, invitandomi a gustarne una tazza. Non avevo però alcuna sete, piuttosto mi sentivo stanca. La sola idea di quello ci aspettava mi rendeva ancora più stanca, credetemi.

Gourry era via da un pezzo e anche le ragazze non erano ancora tornate. Non avevo voglia di fare conversazione e anche Zel taceva ma il silenzio tra noi non era sgradevole.

Fu lo sciamano a romperlo per primo, dopo aver sorbito a fondo la sua bevanda.Lina…” mi rivolse un’occhiata penetrante, “cosa è successo con Xelloss?”

 

 

Zel, vorrei che ci foste tutti per parlarne. A voi ha detto qualcosa?” Amelia mi aveva riferito che appena comparso, il mazoku e Marie avevano iniziato ad affrontarsi ma potevano essersi detti qualcosa che alle sue orecchie di chimera non era sfuggito. Almeno, lo speravo.

 

 

“Hai ragione… immagino si tratti di qualcosa di grosso… vero, Lina? Quando c’è di mezzo quel maledetto le cose non sono mai facili.” Lo sciamano strinse con forza il manico della tazza. “A noi non ha detto niente. E’ apparso e si è avventato sulla ragazza. O lei su di lui. La dinamica non mi è chiara perché la sala è letteralmente saltata in aria. Zelgadiss scosse la testa al ricordo, poi tornò a guardarmi.

“La ragazzina verrà con noi a Saillune, dice. Non mi fido completamente di lei, è stata piuttosto vaga e Amelia mi ha raccontato un po' della vostra avventura... ho il sospetto che ci farà cacciare in altri guai.

 

 

 

Alzando le spalle annuii. “Verrà con noi... Era la piccola mezza elfa di Ehltarien… ma tu non hai avuto modo di conoscerla, vero?

 

 

 

Al solo nominare quella città, lo sciamano si era irrigidito in modo visibile. Non persi tempo e iniziai a punzecchiarlo… dopotutto quel giorno era riapparso sconvolto e con gli abiti stracciati e non aveva voluto raccontarci nulla della sua avventura… sentii le mie labbra aprirsi in un ghigno.

 

 

 

“Che è successo ad Ehltarien, Zel?”

 

 

 

Lo sciamano sussultò arrossendo. Arrossendo? Ah-ha, Zelly… che cosa hai combinato?

 

 

 

In quel momento Zel si alzò. “E’ tornato Gourry e io… vado a lavarmi. Ciao.” Sollevai il sopracciglio mentre lo sciamano afferrava in tutta fretta le sue cose e spariva nel folto degli alberi, in direzione opposta a quella in cui avevo visto andare le ragazze. Un secondo dopo tornò indietro, borbottando e infilando la direzione giusta.

 

 

 

Una mano calda sulla mia spalla. Una mano grande e callosa. Rassicurante. “Come stai… Lina?”

 

 

 

Chiusi gli occhi, respirando l’odore pulito del sapone. La sua mano salì sulla cima della mia testa e poi scese ad accarezzarmi i capelli corti. “Ti stanno bene.” La sua voce un basso sussurro.

 

 

 

Lo sentii muoversi e posizionarsi davanti a me. Eravamo soli. Aprii gli occhi e

 

 

 

Gwaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!

 

 

 

Gourry! I tuoi… i tuoi capelli!”

 

 

 

I capelli di Gourry erano corti quanto i miei. “Si sono… si sono bruciati?” Non sembrava essersi ustionato come me ma i suoi capelli erano stati tagliati…

 

 

 

Lo spadaccino mi sorrise, mettendosi una mano dietro alla testa. “Ecco… no… li ho tagliati io.”

 

 

 

“Li… hai…?”

 

 

 

Gourry annuì. “So quanto ci tenevi ai tuoi capelli e hanno dovuto tagliarteli perché erano tutti bruciati… così… ho pensato di tagliare anche i miei. Cresceranno insieme, i miei e i tuoi…”

 

 

 

Non lo lasciai finire, mi gettai contro di lui. “Stupido… stupido…”  gli sussurrano con voce soffocata, il volto premuto contro il suo petto. Avevo gli occhi umidi ero… commossa. Qualcosa di caldo si agitava nel mio cuore pensando al suo gesto, così dolce, nei miei confronti. Aveva tagliato i suoi lunghissimi capelli per me..

 

 

 

Per me.

 

 

 

Le sue braccia mi avvolsero e presero ad accarezzarmi delicatamente la schiena. Quando mi sentii pronta a guardarlo ancora negli occhi, quando fui sicura di non mettermi a frignare, mi staccai da lui.

 

 

 

La sua mano fu sulla mia guancia. "Piangi, Lina?" Non-stavo-piangendo. Avevo solo gli occhi umidi. Molto umidi. Era stata una giornataccia, una ragazza non aveva il diritto di sentirsi un po' sconvolta dopo una lunga serie di sfortunati eventi??? Lo spadaccino vestiva un’espressione dolcissima che non mi sembrava di avergli mai visto eppure al contempo mi pareva di ricordare. "Il fumo mi ha irritato gli occhi." risposi con voce nasale. Mi sorrise e io ricambiai, poi avvicinai il viso al suo e per la prima volta… ci baciammo. Quella notte fu l'inizio di qualcosa di nuovo tra me e Gourry, un passo avanti nel rapporto sempre più stretto che ci legava. Quella notte, per la prima volta, espressi in modo diretto tutto quello che tenevo nascosto nel cuore.

 

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Capitolo 5
*** Una diversa realtà ***


Sdraiata sul mantello gentilmente offertomi da Amelia, osservavo in silenzio la volta celeste

 

E’ molto che non aggiorno… nonostante il capitolo fosse pronto da mesi! Ben, per chi sta ancora seguendo… questo capitolo rappresenta un punto di svolta. Forse sembrerà un po’… onirico e forse incasinato ma con i prossimi capitoli diventerà tutto più chiaro. Con questo… buona lettura!

 

 

 

Sdraiata sul mantello, gentile concessione di Amelia mossa a pietà dalla drammatica situazione dei miei vestiti, osservavo in silenzio la volta celeste. Le braccia incrociate dietro alla testa, mi accarezzavo con le dita il collo e  le corte ciocche della mia nuova acconciatura, in un gesto di auto consolazione infantile alla lunga ipnotico che, unito al monotono frinire dei grilli, al frusciare sommesso delle foglie degli alberi intorno a noi, mosse dolcemente dalla brezza leggera e allo scoppiettio del fuoco, mi procuravano un senso di pacifico torpore, conciliandomi il sonno.

 

 

Brandelli sconnessi della conversazione avuta durante la cena, le congetture con Zelgadiss e Amelia sui piani di Xelloss, le spiegazioni di Eloise, le parole rassicuranti di Gourry mi tornavano alla mente in modo frammentario, a volte sovrapponendosi, segno che stavo per addormentarmi.

 

 

Sentivo le palpebre farsi sempre più pesanti mentre ricordavo distrattamente di aver taciuto la storia della Spada di Luce, senza saperne bene il motivo quando…

 

 

Qualcosa mi colpì sulla spalla.

 

 

Sussultai con violenza emettendo un urlo strozzato.

 

 

Voltai di scatto la testa, girandomi di lato con le mani pronte alla difesa, seppur nella sorpresa e nella confusione di chi viene colto completamente alla sprovvista con la guardia abbassata, per trovarmi faccia a faccia con Pokota. No, con Posel. La mia mascella cadde a terra… poi il dubbio, perché c’era qualcosa di assurdo e sbagliato nella presenza di Posel visto e considerato che il suo corpo era stato distrutto dall’ennesima (permettetemi la gocciolona) risurrezione di Ruby Eye Shabranigdu. Eppure era lì, in carne ed ossa e mi stava guardando.

 

 

“Po… Pokota?” il ragazzino mi fissava, gli occhi verdi socchiusi, come se si fosse trovato in un momento di profonda riflessione.

 

“Lina… Inverse,” scosse la testa facendo tintinnare il grosso cerchio dorato che aveva all’orecchio mentre i lunghi capelli fluttuanti gli frustavano la schiena. “Non so come dirtelo.” Sorrise, di un sorriso malvagio che avevo già visto dipinto sul volto di un altro bambino che bambino non era.

Il gelo della paura mi strinse in una morsa lo stomaco. Ero in pericolo?

 

 

Sveglia, Lina! Devi fare qualcosa!

 

 

Questo non era Pokota, non era Posel, non era… Non sapevo cosa fosse ma di certo non era niente di buono. Alzai le mani, richiamando la formula Bomb de Wind con l’intento di allontanare il più possibile quell’essere. Mi serviva un incantesimo potente e preciso, che quantomeno indebolisse quella creatura della cui natura malvagia non dubitavo (visto e considerato, in un’ultima analisi, l’uso infausto del famoso ‘Lina Inverse’ che il vero Pokota non aveva mai usato).

 

 

Il ragazzino capì al volo le mie intenzioni e mi bloccò, spingendomi con violenza a terra, facendomi cozzare con la dura terra e schiaffandomi una mano sulla bocca in modo talmente repentino che non riuscii neanche ad accorgermi del movimento. Ecco, se non fosse stato per la maledizione di Eloise non mi sarei ritrovata con le gambe rigide come pezzi di legno e la cosa si sarebbe presa subito un calcio dove era possibile che gli facesse più male. (Dopotutto anche Xelloss aveva creato la sua figura umana talmente bene che quello era un punto sensibile anche per lui. Provare per credere).

 

 

Il palmo della sua mano, caldo e umidiccio, premeva con incredibile forza sulle mie labbra togliendomi la possibilità di usare la magia. Essendo a cavalcioni su di me, una posizione che non avrei approvato neanche in tempi migliori, la sue gambe erano una morsa ferrea che mi inchiodava le braccia lungo i fianchi. Mugolai e mi divincolai, furiosa e impotente.

 

 

“Quello che volevo dirti e che ascolterai,” mi sussurrò, abbassandosi fino a sfiorare il mio orecchio, “è che non ti devi preoccupare di quello che ti sta succedendo… perché non è reale.”

 

 

Il coso si allontanò un po’, per guardarmi ancora negli occhi. “Io non esisto davvero, qui, in questo momento. Ti dirò di più: noi non ci siamo mai incontrati. Si interruppe un attimo, pensoso. “ I tuoi amici… neanche loro non sono in questo posto con te. Qui…” indicò col mento, “non esiste.” Arricciò le labbra nella parodia di un sorriso. “Tu sei sola.”

 

 

Cercai di liberarmi di lui, muovendo il corpo e la testa  con rabbia. Riuscii ad estrarre un braccio, reso scivoloso dal sudore, tentando subito di centrarlo con un pugno. Non era possibile che la sua mano fosse incollata alla mia bocca eppure sembrava fosse così, in più si spostava troppo in fretta, come se prevedesse i miei movimenti, e non solo non riuscivo a colpirlo ma neanche a sfiorarlo.

 

 

Posel scosse la testa, la sua espressione piena di disappunto.

 

 

“Perché ti agiti così? Questo non sta succedendo, io ti sto solo facendo un favore…

 

 

In quel momento mi resi conto che i colori della foresta stavano assumendo toni più chiari, poi più scuri, alternandosi in modo sempre più veloce e ritmico fino a sembrare macchie confuse.

 

 

Posel scelse quel preciso istante per concludere il suo inquietante e folle discorso. “Questo non sta succedendo perché… non hai mai lasciato il Mare del Caos!”

 

 

“COSA???” pensai e dissi ad alta voce. Cosa stava dicendo? Io mi ero salvata, grazie a Gourry e per intercessione di L-sama. Ero tornata sulla Terra e avevo conosciuto Filia, combattuto contro Dark Star, incontrato Wizer e Pokota… Le sue parole erano ingannevoli e finte. Finte!

 

 

Posel sorrise ancora, mettendo in mostra una fila di dentini perfetti, il capo ora coronato da una sorta di aureola purpurea. “Guardati intorno Lina Inverse… tutto questo non è reale.” Con un gesto del braccio, che riluceva adesso della stessa luce rossastra che aleggiava intorno alla sua testa, indicò quello che ci circondava, il cielo che si sfaldava, gli alberi che si fondevano col cielo, io e Posel soli, a galleggiare in un mare di nulla dai colori vividi.

 

 

“Tu sei qui da secoli… sola nel centro del nulla più profondo!”

 

 

Aprii gli occhi di scatto, con il cuore mi batteva all’impazzata contro lo sterno, la gola secca e il respiro spezzato, nelle orecchie ancora le parole di Posel.

 

 

Un incubo. Era stato un incubo.

 

 

Come avevo fatto a non capirlo? Un brutto sogno, tutto qui. Giorni e giorni di sfortuna imperante e ferite più o meno gravi dovevano avermi sconvolta ad un livello piuttosto profondo. Tutto qui. Niente di preoccuparsi. Lina Inverse non ha paura di niente. Di niente!

 

 

Mi asciugai il sudore dalla fronte, rabbrividendo mentre una folata di vento mi incollava addosso gli abiti fradici. Respirai a fondo, sedendomi e massaggiandomi le braccia piene di pelle d’oca per il freddo… e… e basta. No, non mi ero spaventata. Sudore e pelle d’oca uno per il caldo e uno per il vento. E non osate contraddirmi!

 

 

Intorno a me nessun Pokota, nessun Posel. Solo i miei amici (e meno amici, vedi alla voce Eloise ed Emma) che dormivano. Qualcuno russava in modo più o meno convinto (Gourry, che alternava respiri pesanti a veri e propri grugniti), qualcuno si rigirava forse in cerca di una posizione più comoda (Amelia), qualcuno giaceva silenzioso (Zelgadiss, Eloise ed Emma).

 

 

Può sembrare strano che nessuno montasse la guardia ma quelli erano i boschi intorno a Mahen e nei boschi intorno a Mahen non c’era anima viva. AleksanderSasha’ aveva sterminato i banditi e questi non avevano osato tornare ad infestare la zona. Da voci orecchiate in paese da Zel sembrava si fosse sparsa una qualche leggenda sul giustiziere della foresta… Nessuno, neanche i residenti che sapevano cosa fosse accaduto, osavano bivaccarci. In ogni caso Amelia e Zel avevano sorvolato la zona, mentre la mia schiena finiva di guarire grazie al Recovery ed erano tornati dalla ricognizione confermando la totale assenza di briganti o anche solo di esseri umani, elfi, demoni o quant’altro.

Avevamo stabilito di dormire mentre Zel, che aveva bisogno di meno sonno degli altri, avrebbe tenuto le orecchie aperte. Al momento mi sembrava sdraiato ma in effetti non potevo dire con certezza se fosse sveglio o meno… certo non aveva fatto una piega quando mi ero messa a sedere e se (e speravo di non averlo fatto) avevo detto qualcosa mentre mi agitavo nel sonno.

Non volevo però andare a vedere se fosse o meno sveglio né parlare dell’incubo che avevo fatto. Lo sciamano non era persona che amasse tenere le manine degli altri né io desideravo qualcuno che lo facesse. Avrei magari scambiato due chiacchiere, se lo avessi visto quantomeno seduto davanti al fuoco, così invece non mi andava di raywingarmi fino a lui e poi magari beccarlo assopito. (Cosa per cui avrei potuto prenderlo in giro in modo simpatico il giorno dopo, vero anche questo… allora quasi quasi…)

 

 

Alla fine chi prima chi dopo, tutti (tranne Zel?) erano crollati. La giornata si era rivelata davvero faticosa per tutti e a causa delle mie ferite non avevamo potuto lasciare la foresta per cui l’unica soluzione era stata passare la notte all’addiaccio. Poco male, eravamo abituati… ma io volevo un letto vero! Non merita forse una povera ragazza mezza ustionata un posto comodo dove dormire? E non dite che mi sono fatta male solo per colpa mia! Se proprio volete saperlo, questa storia della maledizione attira-sfortuna non era solo una seccatura… stava diventando un lavoro a tempo pieno. Ovunque andassi, qualsiasi cosa facessi, mi si ritorceva contro facendo in modo che mi ferissi in modo più o meno grave. E la cosa sembrava peggiorare. A più livelli ero diventata una specie di catalizzatore di sfortuna e tutti subivano le conseguenze. Questa cosa era decisamente odiosa. Per una che ha sempre voluto essere indipendente, ero diventata una specie di peso. Gli sguardi dei miei amici contenevano sempre più espressioni di preoccupazione e qualche volta di seccatura (sì, Zel, sto parlando di te) e devo dire che era impossibile dar loro torto.(Era impossibile mentalmente, mai e poi mai avrei concesso loro di condividere ad alta voce quel genere di pensiero. La famosa maga-genio Lina Inverse non può e non deve avere la fama di attira-sfortuna!)

 

 

Ero finita pugnalata, avvelenata e quasi morta dissanguata, paralizzata, quasi pugnalata, rapita (, anche l’intervento di Xelloss lo si poteva infilare nelle disavventure), assordata e ustionata. Non sapevo cos’altro poteva capitarmi e non volevo neanche provare ad immaginarlo. Cercavo in ogni modo di non levitare vicino a famiglie di cactus, nel caso. Dovevo assolutamente trovare un modo non cruento (sono una ragazza generosa, lo so) per spezzare quella maledizione.

 

 

A causa dell’esplosione e dell’incendio i miei preziosi capelli (lacrimuccia di commozione) erano finiti nel vento e adesso mi ritrovavo con i corte ciocche flosce e… come se non bastasse, avevo dovuto salutare per sempre anche il mantello e… , la mia tunica. Per pudore, per curarmi la schiena bruciata, Amelia aveva solo allargato quello che ne rimaneva… ma il fatto era che non potevo più usarla. A meno che mi andasse andare in giro con un’enorme e frastagliata presa d’aria sulla schiena. Per tamponare la mia mancanza di abiti, la principessa aveva sacrificato il suo mantello bianco ed Eloise mi aveva prestato gli abiti che aveva portato come ricambio. Sì, a diciannove anni mi andavano a pennello mi stavano un po’ grandi gli abiti di una quasi quindicenne. Problemi? Ero io ad averli, i problemi. Si poteva dire tutto di Eloise, tranne che avesse buon gusto nel vestire. Ecco come ero vestita (e non dite che la colpa è solo mia perché sono andata ad infilarmi in un posto ad altissimo rischio di incendio!!!):

Magliettina con boccioli di rosa su sfondo verde, calzoni marroni a zampa di elefante decorati con altri boccioli di rosa su ogni maledetta cucitura  e sandaletti in cuoio coordinati. Avevo cercato di infilarmi gli stivali ma… facevo più ridere ancora.

 

 

 

 

Ma dai! La grande Lina Inverse! La bellissima maga-genio! Colei che sconfisse Shabranigdu e altri due signori dei demoni! (, più o meno gli altri due ma insomma, perché sottilizzare!)

Vestita così!!!

Intendiamoci… non è che disprezzi gli abiti femminili, per carità, più che altro non sono comodi né pratici e non mi ci sento a mio agio… ma viaggiare con abiti a fiorellini mi turba seriamente il sonno. Ah! Ecco spiegato l’incubo allora! Visto? Tutta colpa di Eloise!

 

 

Ecco. Fantastico. Il sonno mi era passato del tutto al pensiero di come ero conciata (sigh) e di come la gente mi avrebbe vista. (Suona un po’ alla Zel, vero? Sì, ci sono problemi più gravi nel mondo… ma anche la dignità ha un certo peso nella mia scala dei valori!) Eppure dovevo dormire… non potevo pensare di usare la magia (anche solo per trasportarmi qua e là) con quel poco cibo che avevo mangiato (per lo più bacche e radici ottenute unendo le esigue scorte mie e di Zel e un pezzettino del cinghiale catturato da Gourry) e per di più senza aver chiuso occhio. Oltretutto non con appesa sulla mia graziosa testina la maledizione attira-sfortuna di Eloise.

 

 

Mi girai su un fianco, col volto rivolto al fuoco e un braccio sotto alla testa. Presi un respiro profondo e chiusi gli occhi. Amelia mugugnò qualcosa nel sonno ed Eloise rispose con un grugnito. Rimasi immobile cercando di svuotare la mente e riempirmi di nuovo le orecchie con i suoni della notte, che poco prima mi avevano cullata, sperando che mi aiutassero a dormire (senza altri incubi, grazie). Rimasi immobile un sacco di tempo, fino ad avere il braccio insensibile, sveglia come un grillo. Ad un certo punto decisi di cambiare posizione quando un rumore inaspettato mi surgelò. Uno schiocco e poi un’imprecazione sussurrata.

 

 

“Maledizione!” Era la voce di Zel! Che dovesse andare a fare i suoi bisogni? Dopotutto non era detto che le bacche che avevamo ingurgitato non avessero qualche piccolo effetto collaterale… oh , ma se così fosse stato non sarebbe toccato a me, volare nella foresta tenendomi la pancia???

 

 

Socchiusi gli occhi. Lo sciamano stava tentando di muoversi silenziosamente. Che carino, non voleva svegliarci… Già, come no, tutto circospetto poi… come se non svegliarci fosse della massima importanza… un po’ troppo rispetto agli standard di convivenza alla quale eravamo abituati, eh? Oh, Zel, cosa stai combinando?

 

 

Raywing!” Eh,

 

 

Zelgadiss se la stava svignando. IO potevo castare un Raywing se avessi dovuto correre nella foresta in preda a funesti crampi ma… Zel? Eh, caro Zelly! La bellissima maga-genio non solo non sta dormendo ma questa non se la lascia scappare… soprattutto perché il buon Zelgadiss stava filando come un razzo in direzione Mahen. E io sapevo cosa c’era a Mahen che poteva spingerlo ad andarci nel cuore della notte, senza dirlo a nessuno. Perché non lasciarlo andare da solo? … se davvero ci fosse stato qualcosa nella ‘villa di Aleksander’ mi sembrava giusto sovrintendere ai lavori! Dopotutto la posta poteva essere abbastanza alta se in mezzo agli incendi aveva mollato Amelia da sola a spegnerli e lui era tornato a dare una buona occhiata… Già, non mi ero bevuta neanche per un secondo la frottola che era stato il fumo a dividerli… forse Amelia con tutta la buona fede del caso (e l’evidente cotta per lo sciamano) poteva lasciarla passare, magari addirittura crederci… ma a me non la faceva neanche per scherzo. Lo sciamano era una persona seria ma quando si profilava una possibile cura per la maledizione di Rezo (infondo eravamo un po’ tutti maledetti, eh?) poteva succedere di tutto…

 

 

Mi misi seduta, guardandomi intorno. Gourry aveva smesso di russare ma sembrava ancora profondamente addormentato e così gli altri. Contavo sul fatto che la piccola sortita mia alle calcagna di Zel non sarebbe stata lunga. Immaginavo che lo sciamano non pensasse di passare fuori tutta la notte (né eventualmente di squagliarsela, visto e considerato che era nostro amico, nonché guardia scelta da Phil per proteggere sua figlia e soprattutto che aveva lasciato indietro… il suo sacchetto di monete! Ah, Zelly, sei davvero di fretta per dimenticare il danaro!) perché altrimenti avrebbe lasciato qualcosa di scritto però… non si poteva mai sapere. Raccattai un a pietra abbastanza pesante per fermare il foglio di carta strappato al mio prezioso libro degli incantesimi e, con la mia piuma d’oca da viaggio un po’ spuntata, scribacchiai un veloce “Torniamo subito.” Sopprimendo il desiderio di dare un’occhiatina (ooooh, del tutto innocente! Solo per sapere con quanti soldi viaggia e se Phil gli ha dato il sigillo di Saillune!) alborsello’ di Zel, misi la pietra al centro del mantello di Amelia, ben visibile.

 

 

Raywing!”

 

 

Eccomi sfrecciare sopra agli alberi, il mantello svolazzante di Zel un punto lontano a farmi da guida.

Finito il bosco lo vidi atterrare ed io iniziai a scendere un po’ prima di lui, in modo da osservarlo a distanza, senza essere vista. O almeno, questo sarebbe stato il piano. Se non fosse che quando arrivai a terra, venni investita da un missile che mi centrò esattamente in mezzo alla schiena, scaraventandomi diversi metri avanti, a faccia in giù non senza avermi strappato un grido da far gelare il sangue nelle vene, riecheggiato a lungo da uno stormo di corvi incazzati neri (dei quali condividevo i sentimenti negativi) per il brusco risveglio.

 

 

Mentre avevo ancora il naso ben piantato nel suolo avvertii chiaramente che qualcuno si stava lamentando… e non ero io. Alzai il viso, sfregandolo con foga per togliere la terra che avevo perfino in bocca.

 

 

“Ma sei… scema???” mi aggredì Eloise, massaggiandosi la fronte. Cos…?

 

 

Io strabuzzai gli occhi, poi con molta calma, mi infuriai.

 

 

Che-diavolo-ci-fai-qui?!

 

 

La mezza elfa strinse gli occhi, mettendosi le mani sui fianchi. “Ti seguivo, mi sembra ovvio!”

 

 

“E perché mai???” strillai indignata. Ma adesso pure dovevo essere perseguitata a questa maniera???

 

 

“Ah, ma non è possibile…” sospirò una seconda voce, alle mie spalle. Non dovetti neanche girarmi. Beccata.

 

 

Eloise scosse la testa. “Ecco, mia nonna mi ingabbia una maledizione per far soffrire te, rapisce il tuo fidanzato che ti ama e tu ti incontri clandestinamente con ‘ragazzo pietroso’!”

 

 

Cosa???????

 

 

“Ragazzo… ragazzo pietroso?” Zelgadiss ci raggiunse, strabuzzando gli occhi. “Come mi hai chiamato, ragazzina?” Sembrava non aver gradito l’appellativo. Come dargli torto? Detto poi dalla ex nanetta malefica con quell’arietta da saputella… No, niente Dragon Slave, mi sembrava esagerato e poi lo sciamano si sapeva benissimo difendere da solo.

 

 

Eloise…” la richiamai con tono di avvertimento. “Guarda che non hai capito…” proseguii con tono scocciato.

 

 

“Già, Lina, mi piacerebbe davvero tanto sapere cosa ci fa lei qui.” Lo sciamano mi lanciò un’occhiataccia. “Ma soprattutto,” aggiunse, “che cosa ci fai TU.”

 

 

Lei qui presente ha un nome.” Rimbeccò Eloise alzando il mento con fare strafottente.

 

 

“Detto da una che mi ha chiamato…ragazzo pietroso’, poi... il massimo della coerenza, eh?” Si accigliò Zel.

 

 

“Uh, che suscettibile… va bene, ZERUDIGAS. Contento? So il tuo nome!” Eloise alzò le spalle poi tornò a guardare me. “Questo è il colmo, Lina! Davvero, dopo tutto quello che hai passato tradisci il tuo ragazzo…” La mezza elfa scosse l’indice, alla Amelia.

 

 

“E’ Zel-ga-diss!” Urlò lo sciamano mentre una grossa vena iniziava a pulsare in modo evidente sulla sua fronte. “E non dire eresie!”

 

 

Piantala con ‘sta storia!!!” Ti Dragonslavizzooooooooo!

 

 

“Guarda che ti prendo in giro… ma se ti arrabbi così magari non ho poi sbagliato di tanto.” Continuò la mezza elfa sorridendomi in modo maligno.

 

 

 Eloiiiiiise!” Davvero, a tirarle il collo ci avrei solo guadagnato.

 

 

“Ok, calmiamoci.” Disse Zelgadiss tra i denti, alzando le mani. Non sembrava molto calmo a guardarlo bene ma almeno non urlava più. Io mi stavo mordendo le labbra per evitare di pronunciare la formula che avrebbe fatto saltare in aria tutta la foresta e mezza Mahen. Eloise ci studiava a braccia incrociate con l’espressione di una che la sa lunga.

 

 

“Tu,” mi apostrofò Zel, “cosa ci fai qui? Non è che mi stavi seguendo… vero?”

 

 

Ahahah!” risi cercando di assumere la mia migliore espressione da agnellino, “ma cosa vai a pensare, Zel? Ti pare che ti pedinerei nel cuore della notte?” Spalancai gli occhi e li sbattei.

 

 

“Visto? Stai flirtando! Mi deludi, Lina…” intervenne ancora Eloise. Non aveva capito quanto fosse pericoloso il suo comportamento… era il caso di darle una lezione, vero? Vero???

 

 

“Chiudi il becco!” le dicemmo all’unisono io e lo sciamano. Poi Zel tornò a guardami.

 

 

“Allora, Lina?”

 

 

“E va bene…” risposi grattandomi la guancia con l’indice, “ti seguivo per vedere se stessi andando alla ‘villa di Aleksander’…” misi da parte il tono ‘intimidito’ “perché è lì che stavi andando vero, Zel?”

 

 

Lo sciamano sospirò, abbassando la testa.

 

 

“Tutti alla ‘villa di Aleksander!” gridai alzando il pugno. Eloise mi fissò stranita e poi alzò il pugno a sua volta.

 

 

“Evviva.” Borbottò lo sciamano e io feci finta di ignorare il suo tono scocciato.

 

 

Zelgadiss sbuffò, poi mi guardò fissa negli occhi, ignorando completamente Eloise. “In ogni modo non possiamo entrare a Mahen volando. Quando la città andava a fuoco ho colto commenti che parlavano della malvagia strega che dopo aver rapito ‘il Campione’ avrebbe chiamato i suoi amici demoni per incendiare la città…”

 

 

Alzai gli occhi al cielo. Stupidi paesani.

 

 

“Quindi,” continuò lo sciamano, “dobbiamo trovare un modo per entrare in paese senza farci notare troppo. Anche se io continuo a non volervi tra i piedi. Sottolineò poi, mugugnando in modo comunque udibile. Io lo capivo, davvero. Eloise era una vera seccatura. Ah, io sarei stata inclusa nel suo discorso? Ma non diciamo scemenze!

 

 

Eloise alzò la mano. “Io e te portiamo il nostro fratellino ubriaco a casa. Che te ne pare?” Mi scoccò un’occhiata. “Lina, sei tu il fratellino. Sei la più bassa, sembri un maschio… tutto perfetto quindi.

 

 

Sembro… sembro un maschio???

 

 

Stavo per aprire la bocca quando Zel mi precedette. Ah! Qualcuno mi difendeva!

 

 

“Direi che il nostro fratellino ha dei gusti strani in fatto di vestiti… non ci sono un po’ troppe roselline su quel vestito?”

 

 

Ecco, non era esattamente quello che avrei definito una difesa di mio gradimento.

 

 

Eloise alzò le spalle. “Allora la nostra sorellina, la tua ragazza, quello che ti pare.”

 

 

“Scusate, eh? Non varrebbe la pena di consultarmi?” replicai piccata.

 

 

Zel mi freddò con lo sguardo. “Lina, non vorrei farti notare che anche solo il fatto di portarti con  me potrebbe dare origine ad una catastrofe. Cerca di non complicare le cose.” Strinse le labbra. “In ogni modo io non voglio portarvi con me. Ci sono costretto, sia chiaro. Se succede qualche disastro io non vi conosco.”

 

 

“Ah, Zelgadiss, mi ferisci,” mi precedette Eloise. “Come potresti abbandonare una povera ragazzina e una paralitica da sole nel bosco?” Come… come mi aveva chiamata?

 

 

“Mettimi alla prova,” sibilò lo sciamano.

 

 

“Dai, basta litigare!” dissi sfoggiando il mio miglior sorriso. “Ormai siamo d’accordo di andare quindi… in marcia!” Entrambi si azzittirono e mi guardarono. Poi Zel lasciò andare un lungo sospiro mentre Eloise annuiva in modo esagerato.

 

 

In effetti la soluzione proposta da Eloise, per quanto odiosa, calzava. Non potevo camminare ma se la mezza elfa e lo sciamano mi avessero retto avrei potuto passare semplicemente per sbronza.

 

 

E così fu che uscimmo dalla foresta come tre amici di cui uno pesantemente ubriaco. Attraversammo per alcune centinaia di metri la città addormentata, passammo davanti a qualche bettola e poi ci fu il primo ‘ostacolo’. Fino a quel momento nessuno aveva fatto particolarmente caso a noi ma sicuramente era impossibile non trovare qualche cittadino zelante…

 

 

“Ragazzi! Che succede?” mentre mi guardavo le punte dei sandali, mollemente appoggiata a Zel ed Eloise, mi raggiunse la voce di un vecchio. “Il vostro amico sta male?”

 

 

Poco dopo un paio di zoccoli occuparono il mio campo visivo. “Povero ragazzino… ancora un bambino e già così ubriaco. I giovani d’oggi…”

 

 

Sentii Eloise sussultare. Stava… ridendo? Mentre Eloise si contorceva, cercando di non far rumore in preda alla ridarella, il vecchio continuava la sua tiritera. “Ahhhh, questi giovani… non si regge in piedi.” Ok, continuava a darmi del maschio, con un tono di fastidiosa riprovazione nella voce. Va bene, la zona non era molto illuminata, magari non vedeva le roselline ma per Ceiphied! Non sembro un ragazzo!

 

 

“Non si preoccupi,Zel cercò tagliare corto di pararci le chiappe, per quanto possibile, “adesso lo portiamo a casa.”

 

 

Un momento di silenzio e il vecchio riprese. “Che brutto colorito che hai, ragazzo mio!” Avvertii distintamente lo sciamano irrigidirsi. “Anche tu non stai mica bene!”

 

 

Eloise intanto tentava in tutte le maniere di trattenersi. Le pizzicai con forza il braccio e lei mi mollò un calcio, facendo traballare la nostra già precaria posizione. Il vecchio si piazzò vicino al mio viso.

 

 

“Stai attenta, carina. Mi sa che sta per vomitare!” annusò l’aria vicino alla mia bocca. “Mamma mia che puzza! Ma cos’ha bevuto?” Coooooooooosa? Cosa vorrebbe dire questo vecchio imbecille?  Romilda! Romilda, vieni qui che ci sono dei ragazzi in difficoltà!”

 

 

Il vecchio iniziò a zoppicare verso casa sua e verso ‘Romilda’. Appena ci diede le spalle Eloise prese a ridere senza ritegno.

 

 

“Dobbiamo filarcela.” Disse tra i singhiozzi.

 

 

Zel era completamente ammutolito e io ero furiosa.

 

 

Zel-ga-di-ss,” lo richiamò la mezza elfa, “vedi di volare altrimenti non so come andrà a finire.”

 

 

Lo sciamano si riscosse e, scoccandole un occhiataccia, richiamò il Raywing. Una bolla ci avvolse e ci alzammo in aria, sempre più in alto. Vidi il vecchio tornare, seguito da un’enorme donna in grembiule. Si guardarono entrambi in giro, senza vederci e poi lei iniziò ad inseguirlo con un mattarello gridando qualcosa che somigliava tanto a ‘brutto vecchio ubriacone’.

 

 

, se potevi volare in una bolla d’aria, allora avresti potuto usarla da subito.” Eloise sapeva davvero irritare i nervi come poche persone al mondo.

 

 

“Tu non dovevi neanche essere qui,” le disse Zel in tono piatto, “non credo accetterò consigli da te.”

 

Nonostante avesse impostato la voce a simulare indifferenza, si vedeva da lontano che era seccato. E non poco. Lo sciamano si mise a guardare in lontananza mentre il cielo nero sembrava inghiottirci.

 

 

Non era difficile capire perché non avesse voluto volare fino alla Villa… anche a questa altezza un occhio fine ci avrebbe visto, a causa dei colori chiari degli abiti di Zel e soprattutto di quelli bianchi indossati da Eloise. In più sulla bolla si riflettevano i colori scintillanti, in caso di incendio o anche solo il fuoco di un bivacco, ci avrebbero subito individuato. E una folla inferocita poteva fare un sacco di danni, soprattutto se tu per primo non potevi farla saltare in aria.

 

 

Per nostra fortuna, arrivammo alla Villa senza altri inconvenienti. Stranamente, ed è proprio il caso di sottolinearlo, nessuno ci vide e non c’erano stupidi paesani con torce e forconi ad attenderci.

 

 

In realtà della Villa in sé non rimaneva molto… solo macerie bruciacchiate. Mi voltai verso Zel con sguardo interrogativo. Lo sciamano indicò un punto non lontano da noi.

 

 

“Il sotterraneo è più o meno integro… in realtà non c’è niente se non una strana botola. E’ quella che mi interessa.”

 

 

Zel, per caso hai usato un Bomb de Wind?” Non era probabile che il sotterraneo fosse sgombro ma a guardare in quel momento sembrava che qualsiasi cosa avesse contenuto fosse stata spazzata da un ciclone.

 

 

Lo sciamano si incamminò senza rispondere. Eloise mi caricò in spalla. “Ehi!”

 

 

“Mi sembra che quando usi la magia per il volo ti stanchi molto.” Sollevai le sopracciglia. “Se arrivano i contadini infuriati preferirei non essere nelle mani solo di quello là. Quindi ti risparmio la fatica.” Tacqui mentre proseguivamo seguendo la schiena della chimera.

 

 

Quando fummo davanti alla famosa botola, Zelgadiss si inginocchiò e ne accarezzò i bordi con fare pensoso. “Non c’è modo di aprirla.” Sospirò poi.

 

 

“Cos’hai provato?” Era chiaro che aveva tentato con la magia… anche se non riuscivo a percepire nulla di strano in quella zona. Potere, sì, ma non capivo di che genere ma non ero certa se fosse legata da un incantesimo (anche se era probabile) né di che tipo.

 

 

“Forse è il caso che rimanga chiusa…” interruppe Eloise. Le sue parole erano anche sagge, visto tutto quello che poteva accadere in casi simili, ma lo sciamano non aveva intenzione di darle retta. E io neanche.

 

 

“Non vedo ragioni perché tu rimanga qui, puoi tornare al campo se non trovi di tuo gradimento quello che sono venuto a fare.” Zel la guardò strizzando gli occhi, poi si rivolse di nuovo a me. “Ho provato il Flow Break ma senza risultati. Ho tentato anche di far esplodere il suolo ma nonostante sia saltato in aria tutto, quella è rimasta al suo posto. E sempre chiusa.”

 

 

“Che suggerisci?” Visto che ero qui, tanto valeva tentare qualcosa.

 

 

“Un piede di porco?” si inserì Eloise. Giuro che mi parve di sentir uscire dalla bocca dello sciamano ungià provato’ detto a mezza voce, poi però rispose in modo udibile.

 

 

“Laguna Blade.” Wow, addirittura? L’arma che poteva tagliare il Piano Astrale… per una botola?

 

 

“Scusate ma se è una porta, non basta bussare?” così dicendo Eloise si chinò, e io con lei, e battè col pugno sulla botola.

 

 

“Se vuoi fare la spiritosa vai da un’altra part…” le parole di Zel si interruppero perché in quel preciso istante la botola si aprì e una forza potentissima iniziò ad attirarci al suo interno. Un vento furioso mi sferzava il viso mentre cercavo di aggrapparmi alla mano dello sciamano, che si reggeva a stento al bordo del buco nero sotto di noi. La mezza elfa gridava, anche se non capivo neanche un parola di quello che stava dicendo. La pressione era sempre più intensa fino a che mi parve di venire letteralmente strappata da Zelgadiss. Lo vidi poi cadermi addosso ed Eloise emise un unico urlo, acuto.  

 

 

Precipitavo. L’aria fredda mi colpiva il viso mentre cadevo e cadevo, diretta verso una superficie scintillante, di un bianco tanto intenso da ferirmi gli occhi .

 

 

“Forza del…” scossi la testa “forze… forze del…” Inutili i tentativi di castare un qualsiasi incantesimo, le parole si sovrapponevano, aggrovigliandosi in frasi senza senso. Ad ogni sbaglio sentivo la frenesia e il panico afferrarmi con dita gelide mentre lo specchio crudele di quello che sembrava un lago ghiacciato era ormai su di me e io su di lui.

 

 

L’impatto del mio corpo ruppe la crosta sottile e io sprofondai. Mi inabissai e il freddo intenso delle acque avvolse il mio corpo in un abbraccio mortale, spezzandomi il fiato e trascinandomi con sé nel silenzio siderale del nulla. Mentre i corti capelli fluttuavano intorno alla mia testa, il suono ovattato di una voce estranea al mondo di giada che ormai era la mia casa ghiacciata, mi reclamava verso l’alto dove un cielo scuro richiamava la mia presenza, la mia vita.

 

 

All’altezza dei miei occhi una piccola sfera rossastra prese vita, crepitando. Allungai le dita per sfiorarla e quando lo feci si posò sulla mia mano. A dispetto della situazione mi trovai a fissarla ipnotizzata.

 

 

In quel momento mani invisibili ma delicate iniziarono a sospingermi verso l’alto mentre la mia bocca si apriva, affamata d’aria. Non potevo ancora respirare ma dovevo farlo. Il mondo sottomarino non era la mia casa, non era la mia casa, non era la mia casa.

 

 

Improvvisamente fui su una sabbia bagnata e appiccicosa, boccheggiando e vomitando, i polmoni in fiamme e la mente che lottava per tornare alla lucidità.

 

 

Quando smisi di tossire e il mio respiro fu di nuovo regolare, alzai gli occhi verso un cielo nero come l’inchiostro, dove una luna argentea enorme sembrava nuotare placida, attorniata dalla sua corte di stelle brillanti.

 

 

Faceva freddo e i miei abiti zuppi non aiutavano. Avevo un vago ricordo di come fossi giunta in quello strano posto e del fatto che non fossi stata in grado di volare ma solo di cadere. Stringendomi le braccia al corpo, girai la testa per cercare di orientarmi in quel mondo alieno eppure misteriosamente familiare e allora la vidi.

 

 

La casa.

 

 

Una casa che mi ricordava un'altra casa, un posto che avevo sì conosciuto anche se non sapevo quando, né dove. Sapevo però che avrei dovuto raggiungerla e allora, solo allora, sarei stata al sicuro. Da dove mi venisse quella certezza non avevo idea ma ero consapevole di dover andare là e spingere i battenti scheggiati, aggrappati alle mura annerite. Sapevo che la facciata non era che un riflesso, che la sua sagoma imponente, seppur in rovina, non era che un eco.

 

 

Mi alzai in piedi, impacciata dalle lunghe vesti incollate alle mie gambe e barcollai sul ghiaietto che conduceva alla porta, slittando sulle suole scivolose delle mie scarpe, mentre le lunghe ciocche gelide dei miei capelli, sfuggite allo chignon, sgocciolavano sul collo, facendomi rabbrividire ancora una volta. Ma ecco che i primi gradini, che mi avrebbero condotta al luogo del mio riposo, si profilavano. Il quarzo scintillava alla luce della luna mentre osservavo che altre orme umide avevano preceduto le mie.

 

 

Quando alzai lo sguardo, la porta si aprì.

 

 

“Benvenuta.” Disse la sua voce mentre il suo corpo si protendeva verso di me, nel gesto che mi era tanto familiare. Il mio cuore si scaldò e gli sorrisi. “Dammi il mantello e accomodati. Sarai trattata con ogni cura, come al solito.” Mi tese la mano.

 

 

I suoi lineamenti, stranamente evanescenti, si facevano man mano sempre più nitidi, mentre solo qualche ricciolo ribelle sfumava nell’aria. Era sempre stato bello, anche se davanti a lui non lo avrei mai ammesso, ma adesso mi sembrava quasi più attraente del solito. I tratti che ricordavo severi si stemperavano nell’espressione dolce mentre mi tendeva la mano. Forse era il tempo passato senza di me a renderlo così? Quanto tempo lontani

 

 

La afferrai, le sue dita sempre più solide tra le mie. Al suo fianco potevo tutto, ogni mio desiderio diveniva realtà, ogni mio capriccio, legge. Sarei rimasta al suo fianco per sempre. Avrei dimenticato il tradimento e condiviso il potere. Potevo farlo. Volevo farlo.

 

 

Ero la sua piccola straniera, lo ero sempre stata. Ebe, la coppiera degli Dei. Lo ero mentre mi accomodavo sulla poltrona, i miei capelli asciutti e morbidi tra le sue dita, la sua bocca sul mio orecchio. Era quello che desideravo, bramavo il suo calore e le sue mani su di me e lui lo sapeva. Mi conosceva così bene. Con le dita tracciava sentieri tortuosi sulla mia schiena, strappandomi brividi di piacere mentre entrambi pregustavamo quello che sarebbe venuto dopo.

 

 

Le sue labbra sulle mie, morbide.  Gourry.

 

 

Battei le palpebre. Qualcosa di strano stava capitando. Lui mi guardava adesso con occhi languidi e continuava a sfiorarmi la mascella. Era quello che desideravo, ovviamente, eppure

 

 

Gourry?

 

 

Scossi la testa aggrottando le sopracciglia. Nella mia testa, invece del desiderio per lui, era spuntato quel nome. Nella mia mente si andava ripetendo, come un mantra che alla fine perde il suo senso e diventa una serie di suoni. Gourry Gourry Gourry… perché quel nome interferiva?

 

 

In quel momento mi svegliai. Mi svegliai davvero.

 

 

Muri scrostati grigiastri mi circondavano mentre stringevo convulsamente un tavolo tarmato. Caddi sulle ginocchia, battendole con violenza sul pavimento lercio e rovinato. Faceva un freddo cani e non c’era un punto del mio corpo a non lamentarsi di dolori vari.

 

 

Avevo le mani insanguinate, sporche di terra e ghiaia, che si erano amabilmente infilate nelle ferite. Anche le braccia erano graffiate in vari punti e i pantaloni strappati. Puzzavo di alga marcia e in bocca avevo un retrogusto nauseabondo, come se avessi bevuto melma. Tossii e sputacchiai in preda al disgusto.

 

 

Dove diavolo ero?

 

 

Dove erano gli altri?

 

 

Ma soprattutto… chi diavolo era l’essere che mi aveva accolta e incantata?

 

 

Non me lo ero sognato, era impossibile. Qualcosa mi aveva attratta nella casa, la stessa cosa aveva creato un’illusione tanto potente da riuscire per breve tempo a confondermi… e poi… quando ero riuscita a uscire dal sogno, era svanito tutto. Eppure potevo quasi risentire il fiato caldo di quell’… uomo… nell’orecchio.

 

 

Strinsi i pugni, sussultando alla fitta di dolore delle mie povere nocche spellate e gridai.

 

 

“Dove sei?”

 

 

Nessuno rispose eppure ero certa che chiunque fosse, qualunque cosa fosse, era in ascolto.

 

 

“DOVE SEI?”

 

 

Se solo mi fosse venuto in mente il suo nome… perché ero sicura che nella mia mente fosse apparso, accanto alle di lui gesta e brame.

 

 

“VIENI FUORI!”

Dovevo capire cosa stava succedendo. Pensa, Lina. Pensa.

 

 

Una botola. Un botola che si apre come una porta, dopo aver bussato.

Una botola che si apre… su una realtà fittizia, su un mondo… parallelo?

Un mondo parallelo ma instabile.

Un mondo magico o retto su un incantesimo.

Un ponte.

La villa di Aleksander aveva una porta di accesso a

La villa dove ero entrata era uguale nell’aspetto alla villa di Aleksander.

Le due ville erano collegate.

Ma… che tipo di incantesimo teneva attivo il ponte e “questo” mondo?

E… chi era il padrone di casa?

 

 

Allungai le mani.

 

 

Potevo provare con il Ferious Breed… richiamare un volatile dal mondo reale per spezzare l’illusione… meglio di niente.

 

 

Chiusi gli occhi, concentrandomi. L’incantesimo fluiva spedito, le sue parole nitide nella mia mente.

 

 

Ferio…”

 

 

Una morsa di fuoco mi strinse mani e braccia, mozzandomi il fiato.

Caddi a faccia in avanti, resa muta dallo shock, ansimando pesantemente.

Le mani pulsavano, in fiamme.

Un dolore sordo attraversava entrambi i polsi, arrampicandosi fino ai gomiti.

 

 

“No, no, no… non si usa la magia.”

 

 

La sua voce non era più gioviale, non era più sensuale. La sua voce era seccata.

 

 

“Chi sei?” gridai, accecata dalle lacrime. Il dolore a mani e braccia era a malapena sopportabile.

 

 

La sua sagoma riapparve davanti ai miei occhi e il mondo cambiò, tornando ad essere caldo e illuminato, vagamente opulento. Il fuoco scoppiettava nel camino, il tappeto era morbido sotto alle mie gambe. Le mie mani, le braccia non sanguinavano più. I capelli erano di nuovo lunghi. Potevo alzarmi. Sapevo che se mi fossi alzata, non sarei caduta. Ma il dolore causato dall’aver provato ad usare la magia, quello rimaneva, vivo e acuto come non mai.

 

 

Quella cosa faceva parte o aveva creato l’illusione più potente al mondo.

 

 

“Mia piccola straniera, mi spiace che tu debba soffrire… ma non puoi spezzare l’equilibrio del mondo di sotto. Qui quel tipo di magia non si usa.”

 

 

I suoi lineamenti si ricomponevano più lentamente, adesso. Era un uomo alto, alto come Gourry, dal fisico longilineo e atletico. I ricci neri scendevano come una tenda davanti al suo viso, leggermente abbassato, nascondendomi gli occhi. Solo il naso, affilato, faceva capolino tra le onde e le sue labbra, arricciate in un sorriso ricurvo. Alzò la testa, permettendomi di vedere i suoi occhi, di un blu così profondo da sembrare neri. Occhi seri, intensi, non raggiunti dalla piega allegra delle labbra.

 

 

Non lo conoscevo. Non avevo la minima idea di chi potesse essere.

 

 

“Io ti ho dato quello che tu desideravi…” fece una piroetta a braccia aperte, lasciando dietro di sé una scia luminosa che seguiva il movimento. “Dopotutto questa è la casa dei desideri!”

 

 

“La casa…” , ci stava. L’illusione del camminare… dei capelli… erano tutte cose che desideravo. Ma… ehi! Aspetta un attimo. Lui… lui stava cercando di… Sentii una vampata mentre arrossivo furiosamente.

 

 

Strinsi i pugni. “Desideri, eh? I MIEI, giusto?”

 

 

“Certo.” Rispose con voce calma.

 

 

“IO NON CREDO DI AVER MAI DESIDERATO CERTI TIPI DI EFFUSIONI!” sputacchiai. Un modo sicuro per alterarmi? Questo. Era stato davvero lesto a scoprirlo.

 

 

“Puoi mentire a te stessa ma non a me, piccola straniera. Io leggo il tuo animo.”

 

 

Avvertivo chiaramente che avevo raggiunto il limite. E non dite che lo raggiungo in fretta… non mi era mai capitato di incappare in una rogna dopo l’altra e tutto questo grazie ad Eloise. (E non dite che se non avessi insistito per andare ad Ehltarien non sarebbe successo niente).

 

 

Non-chiamarmi-piccola-straniera!” sbraitai, avanzando minacciosa. “E poi: io non desidero quel tipo di contatto con nessuno –zitti!- tantomeno con TE!”

 

 

A quelle parole il sempre misterioso uomo alzò le sopracciglia. “Me?” disse indicandosi il petto, in un gesto che mi ricordò Gourry facendomi provare un involontario moto di nostalgia. Ceiphied, eravamo via solo da qualche ora! O forse no… come funzionava il tempo in quella casa?

Prima di poter porre la domanda, mi ritrovai col viso dell’uomo ad un palmo dal mio. Feci un salto indietro per la sorpresa.

 

 

Meeeeee?” ridisse, con tono orripilato. Anche i suoi lineamenti adesso riflettevano il turbamento interiore.

 

 

Annuii decisa, con gli occhi a fessura e le braccia incrociate. Sbuffai mentre piccole lacrime apparivano agli angoli dei suoi occhi. Provai di nuovo a chiedere del tempo nella casa ma ancora una volta non riuscii neanche ad aprire bocca.

 

 

“Hai visto ME? Me e non un bel ragazzo biondo?”

 

 

Il rossore sul mio viso si intensificò. Cos’era quel caldo fastidioso? Faceva davvero troppo caldo in quel posto.

 

 

“Ho visto te.” Sorvolai su il ragazzo biondo.

 

 

Un secondo dopo la casa era di nuovo fredda e spoglia, puzzolente e sporca. Dall’angolo più buio proveniva un pianto sommesso.

 

 

Ah, dimenticavo di menzionare il fatto che ero di nuovo piombata a terra.

 

 

Buuuuuuuuuu…. Sono pessimoooooooo….” Singhiozzò la voce in tono lagnoso per poi aggiungere in tono lugubre, “La mia magia si sta esaurendo…

 

 

Errrr…” Non sapevo davvero se essere furiosa o mettermi a ridere istericamente. “Senti…”

 

 

Nello spazio di un attimo mi ritrovai nuovamente in piedi, a volteggiare in una sala splendidamente arredata, abbigliata con un abito all’Amelia, i capelli raccolti in morbidi riccioli. Della musica soave riempiva la stanza e decine di ballerini danzavano a tempo insieme a noi.

 

 

“E adesso…” sussurrò l’uomo, che mi teneva una mano sul fianco. I suoi capelli ricci erano ora di un ridicolo colore biondo ma i connotati erano ancora i suoi.

 

 

Strinsi gli occhi. “No. E piantal…”

 

 

BAM.

 

 

A terra di nuovo. Da sola. Buio. Freddo. Puzza.

 

 

“Devi piantarlaaaaaaaaaa! Torna qui razza di demente!”

 

 

Apparve al mio fianco, testa bassa e gambe incrociate. I viso era coperto dai capelli.

Ero stufa dei giochetti. Casa dei desideri o no volevo andarmene e ritrovare Zel ed Eloise.

 

 

“Senti…” Non avevo idea di come si chiamasse. Ne come fosse lì. Né dove fosse il suo corpo fisico, se mai ce ne fosse stato ancora uno. Tutte cose che mi intrigavano, in modo scientifico, anche se sapevo che avevamo lasciato al campo Gourry e Amelia e che dovevamo andare presto da loro.

 

 

Alle mie parole l’uomo aveva girato leggermente la testa nella mia direzione. Come se avesse letto nei miei pensieri, rispose. “Sono Louis.” I suoi occhi adesso erano tristi, come quelli di un cagnolino preso a calci. “Sono, Louis… Eb…” Si bloccò, mettendosi una mano davanti alla bocca e poi riprese a fissarmi, le labbra tirate.

 

 

Nella mia mente apparve l’immagine di un bel ragazzo, i lunghi ricci raccolti in una coda bassa. Sorrideva in modo obliquo mentre gli occhi blu scintillavano. Era la versione “solida” dell’uomo evanescente di fianco a me. Improvvisamente mi ricordava qualcuno… anche se non capivo chi.

Provai un improvviso e imbarazzante senso di… affetto. Affetto? Mi stava di nuovo confondendo?

 

 

“Sono il custode della casa dei desideri…” Il ragazzo nella mia mente camminava veloce su una strada lastricata che si andava coprendo di neve. “O almeno… questo è il primo nome che è stato attribuito a questo posto.” I fiocchi intrappolati nei suoi ricci si scioglievano bagnandogli la testa ma lui non se ne curava. All’orizzonte apparve la villa dove ci eravamo scontrati con Aleksander. L’esterno era uguale a prima dell’intervento di Zel. “Ma c’è molto di più…”

 

 

Il modo in cui camminava, in cui i capelli gli incorniciavano il viso… perché tutto d’un tratto mi erano tanto familiari? Poteva davvero incantarmi con la sua magia, così? Adesso non mi sentivo in preda a qualche sortilegio… eppure… come potevo spiegarlo?

 

 

“Non mi è permesso di andare via.” Louis appoggiava la mano sull’intonaco screpolato vi faceva scorrere le dita, lasciando un segno nero, mentre l’aria si riempiva di un odore acre di bruciato. La gola del ragazzo vibrava di parole in una lingua arcaica, a me sconosciuta. Quando entrò nel salone principale, il buio lo inghiottì. Sembrava non ci fosse nulla da vedere ma lui sapeva che doveva solo aspettare. “E tu… forse potresti sapere di cosa parlo... anche se…

Pian piano il pulviscolo iniziò ad addensarsi, luminoso, creando una figura di donna. Lei fece un cenno, e lui la seguì. Lo stava conducendo nei sotterranei ma pur di avere quello che desiderava, era disposto ad andare ovunque lei volesse.

 

 

La piccola botola era aperta. Nella mia mente sentii Louis fare una domanda. “E’ laggiù?” La donna luminosa sorrise, senza rispondere. “E’ laggiù quello che desidero?” Lei annuì e Louis si affacciò alla botola.

 

 

Mi voltai verso l’uomo. “E questo cosa vuol dire?” Sembrava che fosse rimasto prigioniero, dopo che il suo desiderio di… di cosa? Lo aveva spinto fino alla villa. Chi era la figura di donna che era apparsa? Perché lo aveva condotto fino alla botola? Dov’era finita? Troppe domande… troppe supposizioni che non mi stavano piacendo per niente. Dopotutto nonostante avesse frignato come una bambina, era anche quello che mi aveva punita per l’uso della magia. Non era innocuo come cercava di sembrare… o era solo uno dei tanti pazzi che regolarmente capitavano sulla mia strada? O forse… no, non poteva essere… che anche qui c’entrasse la magia attira sfortuna di Eloise?

 

 

Louis sospirò. “Voglio dire che la mia sete di conoscenza mi ha spinto fino a qui… e mi sono trovato ad assumere il ruolo di custode della casa… ho richiamato lo spirito della casa e lei è uscita da qui, abbandonando la casa… ma la casa non può sopravvivere senza il suo guardiano. Così sono dovuto rimanere.” Mi guardò fisso negli occhi. Ancora una volta mi parve di essere sul punto di ricordare qualcosa. Quella sensazione iniziava a disturbarmi. Era evidente che non potevo conoscerlo. No?

 

 

“Scusa… ma a te cosa importava? E’ una casa basata sull’illusione… è come un parco giochi, no?” Non capivo.

 

 

“Io ero un mago e un alchimista. Sapevo che qui c’era una cosa molto importante… e volevo consultarla. Non sapevo che avrei dovuto bussare per accedere alla conoscenza. Bastava quello. Avevo scoperto una formula che poteva richiamare il custode e indurlo a lasciarmi entrare. Sorrise mentre il suo sguardo si perdeva in lontananza.

 

 

“D’accordo. Qui c’era una cosa importante e tu hai erroneamente attirato fuori il guardiano della casa… che ha deciso di non tornare… ma…

 

 

Scosse la testa. “No, non è che lo abbia deciso. Io l’ho attirato fuori… e lei è svanita a contatto con il nostro mondo. Non prima di essersi assicurata che io ne prendessi il posto, invitandomi ad entrare.”

 

 

“Continuo a non capire. All’inizio hai detto che questa è la casa dei desideri. Poi che una volta eri un mago e a causa della tua ambizione hai commesso un errore ti sei ritrovato qui a fare il guardiano. Le due cose non mi sembra vadano d’accordo. Cosa c’è di tanto importante che non hai potuto abbandonare?”

 

 

Louis mi fissò da sotto alle lunghe ciglia nere. “Claire Bible… ti dice qualcosa?”

 

 

Sussultai. Mi diceva qualcosa. Ma la vera Claire Bible era sui Monti Kaatart. Io l’avevo consultata.

 

 

La Claire Bible non è qui. Non la vera Claire Bible.”

 

 

“Sì e no. Qui c’è la Claire Bible.” Feci per ribattere ma lui alzò le mani, per indurmi a tacere. “Non esiste una sola Claire Bible. Luce e Ombra, bene e male, Shinzoku e Mazoku. Esiste una Bibbia per ognuno di loro. La Claire Bible dei Monti Kaatart, custodita dai Draghi Dorati, è solo una versione dei fatti… quella che custodisco si chiama Dark…”

 

 

Lo interruppi come una furia. “Non esiste una versione dei fatti!” Mi inalberai. “Alcuni fatti hanno una sola versione!” Strinsi i denti. “La Claire Bible dei Monti Kaatart non rappresenta una parte. E’ razionale e obiettiva. Narra i fatti per quelli che sono. E poi… se c’è una versione oscura della Claire Bible, se quella versione è nascosta qui, perché chiami questo posto ‘casa dei desideri’ e ti atteggi a bravo ragazzo che esaudisce per il tempo in cui stiamo qui i nostri desideri?”

 

 

Sorrise. E il suo sorriso non mi piacque. Il fatto però della versione oscura della Claire Bible collimava col modo in cui aveva negato la mia magia. Non era esattamente tipico della magia ‘buona’ una cosa simile.

 

 

“I desideri hanno un prezzo. Tu dovresti saperlo bene.”

 

 

E questo cosa…?

 

 

Improvvisamente nella mia mente fu di nuovo inverno. Non vedevo più il mondo da spettatrice ma ne ero partecipe. Io, nel corpo in cui ero, decisamente femminile a giudicare dall’abito frusciante e dalle scarpine eleganti camminavo con passo veloce. Sentivo il cuore battermi con violenza contro le costole, rabbia e paura mischiate insieme che mi spezzavano il fiato. “Louis!” La voce che usciva dalla mia bocca era acuta. “Merda!” Stavo per piangere. In chi diavolo ero finita??? Giunsi alla villa dei ricordi di Louis e battei un pugno sul muro. Nella mia mente condivisa il pensiero di quello che poteva aver fatto Louis diventava una certezza. Mi aveva battuta sul tempo! Avanzai verso l’interno della casa, quasi inciampando nei preziosi tappeti persiani. Un fuoco ardeva nel camino, riflesso dallo specchio dorato che occupava quasi l’intera parete di fronte.

 

 

Mi avvicinai allo specchio con crescente orrore. L’orrore era mio, di Lina Inverse. Un paio di occhi color rubino mi fissava da sotto una frangia di capelli rossi legati in uno chignon che era in punto di sciogliersi. La ragazza che aveva seguito Louis era… identica a me. Uguale identica a me.

 

 

In quel momento venni colta da una vertigine. Il mondo si muoveva in modo veloce intorno a me mentre le gonne mi si attorcigliavano alle gambe.

 

 

Ricordi, Ebe? Sai perché sei qui? Sai perché mi sono mostrato a te?

 

 

Venni scaraventata in aria e poi su, sempre più in alto, sempre più veloce, fuori dalla botola, tra i detriti.

 

 

Anche questo nome mi piace. Il nome che hai adesso è dolce… Non mi piace il biondo che leggo nel tuo pensiero… ma posso capire, piccola straniera, dopo tanto tempo… hai smesso di cercarmi.

 

 

Mi misi seduta, guardandomi intorno, ansimando. La notte era silenziosa, a parte il frinire pigro dei grilli. Poco lontano da me una figura immota avvolta in un mantello color sabbia.

 

 

Ma tu… sei la coppiera degli Dei…ecco perché adesso e qui sei una giovane maga così potente…

 

 

Mi strinsi le mani sulle orecchie. La voce farneticante che mi invadeva la mente mi stava spingendo sull’orlo della follia. Concentrai i miei occhi sulla figura pietrosa da me così ben conosciuta. E la voce sfumò.

 

 

Zel!” mi alzai in piedi e corsi verso di lui. A metà corsa mi si torse lo stomaco e le ginocchia mi cedettero. Mi accasciai. Eloise era a fianco dello sciamano, pallida, una chiazza scura sotto al suo corpo. Ceiphied! Battei un pugno a terra. “EloiseEloise!!!” Balzai di nuovo verso la botola e ci picchiai sopra con tutta la forza che avevo.

Spalancai gli occhi, che non mi ero accorta di aver mai chiuso.

 

 

Ero ancora nella casa.

 

 

Eloise?” sussurrai. La mezza elfa galleggiava davanti a me, sorridendo appena. Qualcosa… qualcosa nel suo aspetto non quadrava. I capelli lunghi e biondi, il corpo flessuoso, gli occhi socchiusi che lasciavano intravedere il loro color giad… no, un attimo. Per un attimo il verde era diventato blu. Ne ero sicura… Alzai la mano per cercare di sfiorare il fantasma che mi stava davanti, sapendo in partenza che era inutile. E che non era Eloise.

 

 

Le labbra di Eloise si schiusero un po’ di più, mostrando una fila di denti candidi mentre il colore degli occhi si assestava su quel blu profondo che purtroppo ormai conoscevo fin troppo bene.

 

 

Ceiphied se mi stavo arrabbiando… C’erano molte cose capaci di mandarmi in bestia ma niente era come prendermi in giro, giocare con me. E qualcuno lo stava facendo.

 

 

In quella casa, in quella Villa, qualsiasi cosa essa fosse, chiunque Louis fosse realmente, mi stava facendo impazzire. Avete presente le teiere quando l’acqua è pronta? Avete presente quando iniziano a fischiare? Ecco, nelle orecchie sentivo lo stesso rumore e forse, a guardare bene, del vapore mi usciva con violenza perché sentivo il viso che scottava. Tale e quale ad una teiera.

 

 

“Louis!” ruggii.

 

 

Il volto ghignante di Eloise si trasformò in quello di Louis, rimanendo sul corpo della ragazzina. Lentamente anche il resto riprese le sembianze dell’uomo fino a formare la sua figura completa, la leggera luminescenza rosata che solitamente avevo visto aleggiare intorno al suo corpo adesso più densa e scura, sanguigna.

 

 

Superfluo dire che la situazione non mi piaceva.

 

 

Più guardavo quell’essere, più i miei dubbi e la rabbia aumentavano. Aveva dei momenti in cui sembrava una sorta di spiritello domestico, una macchietta simpatica e un po’ pasticciona. Il guardiano di una specie di casa dei desideri opportunamente occultata che però non aveva la capacità, o la aveva perduta, di veicolare l’energia che teneva in piedi la baracca con tutte le sue (innocue) illusioni. E poi invece ecco che arrivavano i momenti in cui sembrava mostrare l’altro suo volto, più inquietante e minaccioso, più simile ad un mazoku o ad una qualche altra forma di vita poco raccomandabile. Momenti in cui era in grado di bloccare completamente la mia magia e farmi provare un dolore fisico tale che nessuna illusione poteva realmente creare.

 

 

La casa e anche lui erano instabili. E poi… mi prendeva in giro deliberatamente o era tutto causato dall’instabilità? E cos’era l’immagine di quella ragazza identica a me? Illusione? E perché allora provavo quello strano senso di familiarità? Era la sua magia che mi confondeva?

 

 

“Mia piccola Ebe,” risposte Louis, il cui volto sembrava adesso assottigliarsi, la pelle tesa sul teschio, l’aura sempre più cupa, “provo un incontenibile desiderio di smettere di giocare con te...”

 

 

Mi fu addosso, la sua bocca sulla mia, le sue dita sottili che mi artigliavano la spalla destra. Mi morsicò a sangue, fulmineo, lacerandomi con i denti la carne tenera del labbro inferiore.

 

 

Sbattei le palpebre una volta, poi un’altra.

 

 

Giacevo su un fianco, sdraiata su una superficie fredda e dura. Intorno a me il buio.

 

 

Mi portai una mano alla testa, confusa. Il labbro inferiore era gonfio e passandoci sopra la lingua mi accorsi che dovevo averlo morsicato profondamente. I bordi irregolari di una ferita frastagliata, quasi rimarginata, sanguinavano ancora un pochino lasciandomi in bocca uno sgradevole sapore metallico.

 

 

Dovevo aver battuto la nuca perché mi faceva un male cani. Nella mia mente danzavano immagini di strani uomini dall’aura luminescente ma non riuscivo a ricordare. Si sogna da svenuti? Perché era quello che doveva essere successo… Io, Zel ed Eloise eravamo stati risucchiati dalla botola sotto alla villa dove si nascondeva Aleksander… e dovevo aver perso i sensi durante la caduta, oppure nell’impatto.

 

 

Poco male. Sarei andata con ordine. Primo, mettere a posto la testa e la bocca. Secondo, accendere un Lighting e cercare gli altri. Non mi fidavo a gridare i loro nomi, non in quella fitta oscurità che Ceiphied sono sapeva cosa poteva celare. Se qualcuno doveva attaccarmi (visto come sono ridotta? Ormai vivo con la certezza che qualcuno voglia farmi la pelle), che almeno lo vedessi in volto.

 

 

Alzai le mani, che sembravano anchilosate, e le misi sulla nuca. Ceiphied, che dolore! Anche solo sfiorare quella zona mi faceva vedere le stelle.

 

 

RecovAaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!”

 

 

Una fiammata mi avvolse la mani e le strinse in una morsa ferrea, spasmi incandescenti che si arrampicavano fino ai polsi, come se fossero stati ingabbiati nel filo spinato. Almeno, questo è quello che pensai quando riuscii di nuovo a pensare in modo coerente.

 

 

Rannicchiata, le braccia incrociate al petto, cullai le mie povere mani mentre copiose lacrime mi scendevano sulle guance. Odiavo piangere ma non riuscivo a farne a meno, la sofferenza era troppo acuta, non mi ero mai rotta mani e polsi ma la sensazione che provavo doveva essere strettamente parente. Mi veniva da vomitare.

 

 

Per un tempo infinito respirai dal naso, tenendo la bocca serrata e gli occhi chiusi, cercando di contenere il dolore, sperando che passasse il più in fretta possibile. Il grido non ero riuscito a evitarlo né a trattenerlo, alla faccia della segretezza eppure era possibile che in quel momento fossi davvero sola perché al mio grido non aveva risposto niente e nessuno. Il silenzio e il buio erano compatti e pesanti come una cappa. Nessun odore che potesse darmi un’indicazione della natura del luogo, solo il contatto gelido del pavimento, quasi sicuramente in marmo, a giudicare da quanto sembrasse liscio. Questo poteva essere un indizio. Non era una segreta, una cella. Di solito il pavimento di posti del genere era freddo, sì, ma molto più grezzo. Le celle poi, puzzavano. Certo c’era da considerare che era facile che non fossi in un posto normale, visto come ci ero arrivata.

 

 

Le mani e i polsi facevano meno male, adesso, solo una specie di pulsazione sorda li attraversava ma… quello che mi era accaduto era legato alla magia. Qualcosa aveva reagito alla mia magia, negandola. E questo era male. Molto male. Dovevo muovermi, capire dove fossi e dove si trovassero Zel ed Eloise. Se al mio urlo non si era presentato nessuno era possibile che il luogo in cui mi trovavo fosse deserto eppure non sapevo se rischiare…

 

 

Non potevo spostarmi usando la magia per cui ero costretta a strisciare. Pian piano iniziai ad avanzare facendo forza su gomiti e braccia, il resto del mio corpo inerte che mi zavorrava, ingombrante e inutile. Stesi la mano di fronte a me, con circospezione, aspettandomi di incontrare qualche ostacolo o forse sperandolo. Mi inquietava l’idea di trovarmi in un enorme posto vuoto… magari al centro di una stanza mastodontica, senza sapere quale direzione prendere, impossibilitata ad aiutarmi, a difendermi, con la magia. Non avevo neanche la spada, nulla. Se qualcuno mi avesse attaccata avrei dovuto usare solo la forza delle braccia… o morsicare. , i denti non erano male come alternativa dopotutto.

 

 

Continuai ad avanzare fino a perdere completamente il senso del tempo… erano 5 minuti che muovevo o un’ora? Dove ero arrivata? Possibile che non avesse sbattuto contro neanche un muro? Possibile che il pavimento scorresse sotto di me senza nessuna minima variazione? Liscio, nulla che potesse aiutarmi nell’orientarmi in quel posto. Mi fermai tendendo le orecchie e il solito silenzio mi avvolse. Improvvisamente un pensiero mi colpì. Avevo già provato la stessa sensazione di nulla… di vuoto… solo che il mio corpo era sospeso… ma… dove era successo?

 

 

Quella totale assenza di suoni e di odori…sembrava…

 

 

Il mare del caos!

 

 

Non appena lo pensai il pavimento scomparve, emettendo il primo suono che sentivo da quando ero lì, una sorta di crepitio, come di una lastra sottile frantumata… eppure rimasi sospesa, come se fosse stato ancora sotto di me, anche se non lo avvertivo più, a farmi da sostegno.

 

 

Il mare del caos… ma cosa andavo a pensare…

 

 

Mi è familiare eppure sconosciuto… Turbina intorno a me, nei suoi colori scintillanti,  tutti i colori che esistono nei quattro mondi, li distinguo ad uno ad uno mentre si fondono in un unico manto scintillante…

 

 

La parte umana che è in me recede, la coscienza si allontana da questa cosa troppo grande, troppo potente, questa parte infinita che brucia…

 

 

 

Lingue incandescenti e insieme ghiacciate lambiscono il corpo che abito…

 

 

E prima di sprofondare per sempre nel nulla i suoi occhi umani riescono a vederlo un’ultima volta, mentre tenta di avvicinarsi per afferrarla… anche se è tardi…

 

 

E’ troppo tardi…

 

 

Il Caos che è in me, il Caos che racchiudo, la sta avvolgendo…

 

 

Il Caos mi  reclama…la reclama…

 

 

Scossi la testa, sconvolta. Non avevo mai ricordato il Mare del Caos né quello che vi era successo. Non attraverso i miei occhi, figurarsi attraverso quelli di L.o.N. Per me dal momento in cui avevo iniziato a perdere il controllo del Giga Slave a quando mi ero svegliata tra le braccia di Gourry, in piedi sulle rovine di Sairaag, era un grandissimo buco nero. Mi rimaneva solo una sensazione, piuttosto dolce a dire il vero e che non sapevo in nessuna maniera spiegare ma niente altro. Qualsiasi ricordo, sensazione, odore… qualsiasi cosa legata a quei momenti era custodita indelebilmente in qualche parte remota del mio cervello oppure era stata completamente cancellata. E adesso… adesso improvvisamente quelle parole, quelle sensazioni, pena, paura, confusione, straniamento… tutto veniva a galla legato al luogo dove mi trovavo adesso.

 

 

Ma… questo posto non era il Mare del Caos. Non poteva esserlo. Non poteva esserlo, vero? Io ero andata via da là… ero tornata sulla Terra. Con Gourry.

 

 

“Io sono tornata…” mi trovai a sussurrare con voce tremante, in preda a brividi.

 

 

In quel momento si accese una luce fioca, rossastra, dritto davanti a me.

 

 

Sospesa a mezz’aria, brillava solitaria e beffarda, come se fosse sempre stata lì davanti al mio naso.

 

 

Mi spinsi in avanti, ancora e ancora, fino a raggiungerla. Non intendevo toccarla (e non potevo toccarla, visto che era parecchio al di là della portata del mio braccio) ma volevo vedere se riusciva ad illuminare abbastanza da darmi indicazioni. In realtà sapevo già che era troppo debole per permettermi davvero di scorgere qualcosa di utile ma non avevo poi molte alternative.

 

 

Non appena la raggiunsi, la luce si abbassò al livello del miei occhi e lì rimase, galleggiando. Adesso che ero così vicina, potevo sentire il leggero crepitio che produceva, come un Lighting di basso livello, modificato perché sembrasse un piccolo tizzone. Ero in grado di crearne uno così anche io, la magia si poteva modificare per piccoli e grandi esperimenti, alcuni utili, altri meno. A volte solo pergioco’, per creare qualcosa di simpatico più che altro.

 

 

Eppure quello non era un semplice Lighting modificato. Si muoveva troppo, il suo nucleo era troppo evanescente e nessuno lo aveva castato. La magia andava chiamata usando la voce e qualcuno che invocasse un incantesimo non sarebbe passato inosservato…

 

 

Allungai un dito verso la piccola sfera luminosa, sempre intenzionata a non toccarla, e quella si alzò, ingrandendosi e crepitando sempre più forte. Piccoli punti di colore scuro si addensavano sulla sua superficie, trasformandosi in linee che parevano inseguirsi, lottando col colore rosso per diventare predominanti. Quando il processo fu completo, la sfera smise di crescere e rimase a levitare a quella che se avessi potuto alzarmi sarebbe stata l’altezza del mio stomaco.

 

 

In quel momento mi sembrò di essere più leggera, come se fino a prima le mie gambe fossero state di cemento. Incredula mossi il piede destro… e il piede destro si mosse. Mi sollevai, facendo forza col le mani sulla coscia destra e spingendo con la gamba sinistra e in un attimo mi trovai in piedi, come se le mie gambe avessero sempre funzionato. Il pavimento, che non c’era più, mi resse. Era inquietante come, cercando di toccarlo con le mani avvertissi il nulla sotto di me, mentre quando ero in piedi mi sembrava di sentire qualcosa di solido sotto le suole degli stivali.

 

 

Ero felice di essere in piedi però… la situazione non mi piaceva. Ero prigioniera? Ero in trappola? Perché mi trovavo in quel posto silenzioso, da sola, impossibilitata ad usare la magia in compagnia di una palla rossa e nera, turbinante e crepitante? Mi avvicinai lentamente e quella si spostò, gettando una leggera luce su una superficie riflettente… dietro alla quale… No. NO! Non ancora… non ancora!

 

 

Mi girai di scatto, ansimando, le corte ciocche in faccia e le budella in subbuglio. Non poteva essere, non un’altra volta. Questo doveva essere un incubo. Dovevo essere svenuta. Ero ancora svenuta, dopo la caduta, in un punto misterioso di quello che collegava la casa del mondo dove venivo a questo posto… doveva essere così. Doveva. Doveva!

 

 

Strinsi i pugni, che ripresero a pulsare in modo fastidioso, e mossi velocemente il mio corpo verso quello che avevo visto. Non aveva senso nascondere la testa dentro la sabbia. Davanti a me, fiocamente illuminati, c’erano dei cristalli. E nei cristalli c’erano Zelgadiss, Eloise e Pokota. Ma non l’animaletto che era costretto ad essere… il ragazzino che era stato prima che ci incontrassimo.

 

 

Mi avvicinai ancora. I visi dei tre ragazzi erano distesi… avevano gli occhi chiusi ma stavano sorridendo. Stavano proprio sorridendo, come cullati da un sogno meraviglioso. Appoggiai la mano al cristallo di Zelgadiss e lo attraversai. Non… non era solido! La superficie sembrava di vetro ma in realtà era di un materiale gelatinoso, che aveva inglobato la mia mano tornando alla forma originale quando l’avevo ritratta di scatto. Dovevo liberare Zel ed Eloise da lì… ma come potevo fare, senza magia, senza armi? Per Posel non sapevo cosa fare… il suo corpo in teoria non doveva neanche più esistere… Sospirai e infilai entrambe le mani nella sostanza che custodiva lo sciamano.

 

 

Quando le mie mani furono immerse fino ai polsi, una forza invisibile ma continua iniziò ad attirarmi completamente al suo interno. “Merda!” Tentai di liberare le mani, divincolandomi e dopo diversi sforzi riuscii ad estrarre la destra. Con le dita piene di quella strana sostanza gelatinosa mi afferrai il braccio sinistro e lo strattonai fuori, cadendo sul pavimento-non pavimento che come prima mi sorresse. Voltai la testa e allora lo vidi.

 

 

In un cristallo, separato dagli altri, c’era un uomo. Lunghi capelli neri, ondulati, vestito elegantemente… Louis? Questo nome mi balzò nella mente, insieme a immagini confuse di… un ballo? Un sorriso? Non riuscivo a capire!

 

 

Cos’era successo a Zelgadiss? Perché lui ed Eloise erano intrappolati?

 

 

Perché c’era anche il corpo di Posel?

 

 

E chi era Louis?

 

 

“Usami.”

 

 

Feci un salto di lato, col cuore in gola.

 

 

Nel profondo silenzio, davanti alle figure dei miei amici, una voce aveva parlato. Ma… da dove veniva?

 

 

“Chi c’è?” il mio tono era vagamente isterico.

 

 

“Usami…” la voce… proveniva dalla sfera?

 

 

“Usala…” Di fianco a me Eloise, evanescente, mi cingeva la vita col braccio. Il suo corpo era ancora nel cristallo. Mi irrigidii.

 

 

“Usala, Lina…” anche Zel adesso era vicino a me, trasparente e insidioso come mai lo avevo visto nella realtà.

 

 

“Usala…” Posel mi aveva afferrato il polso e cercava di spingerlo verso la sfera. Nonostante fosse incorporeo sembrava riuscire a stringere con una certa forza.

 

 

Davanti a me, con solo la sfera a separarci, anche il misterioso Louis. Lui era più solido degli altri e mi fissava senza parlare, le labbra socchiuse a mostrare le punte dei denti scintillanti. Alzò il braccio sinistro e di riflesso anche il mio braccio destro si sollevò. Scintillava anche esso della strana luce rossastra che circondava la sfera… solo che non era l’aura della sfera che avvolgeva il mio braccio, piuttosto il mio braccio… Cosa stava succedendo! Cercai di opporre resistenza, senza successo. Con decisione mise la mano sulla sfera… e contemporaneamente, sempre spinta da una forza misteriosa che andava al di là della mia volontà, la toccai anche io.

 

 

Il nostro tocco combinato produsse un’improvvisa luce purpurea che aveva come centro la sfera e che ci inghiottì completamente, nelle mie orecchie un urlo lancinante che proveniva dalla mia stessa gola.                                                             

 

 

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Capitolo 6
*** Luci ed ombre ***


“No!”
 
Spalancai gli occhi boccheggiando. Stringevo le coperte con violenza, madida di sudore, il cuore martellante in petto. La foresta era tutta intorno a me, buia, alla mia destra un basso fuoco scoppiettava.
 
E’ una illusione.
 
“Tutto bene, Lina?” Zelgadiss entrò nel mio campo visivo, squadrandomi con aria perplessa.
 
Avvicinò la mano, forse per appoggiarmela sulla spalla ma scartai di lato. Non… non volevo che mi toccasse. Quello non poteva essere Zel. E io non ero definitivamente all’accampamento. A che gioco stavamo giocando?
 
La mano di Zelgadiss era ferma a mezz’aria mentre nuove rughe solcavano la sua fronte.
 
Le illusioni potevano essere molto convincenti e io avevo avuto diversi esempi negli ultimi tempi- Zel sembrava Zel, la faccia pietrosa, i capelli rigidi, gli abiti dismessi eppure… ero appena stata costretta a toccare la sfera rossastra (Dark Bible?) da una proiezione di Zel, insieme a quelle di Posel, Eloise e… Louis!
 
“Louis!” Ruggii.
 
Zel trasalì, allontanandosi. “Lina, perché accidenti hai urlato? Ma stai bene?”
 
Lo sciamano poteva anche guardarmi perplesso ma io sapevo che Zel era stato dentro quella specie di melma. E ne era uscito incorporeo.
 
“Louis! Vieni fuori!”
 
Zel si riavvicinò, stranito, senza tentare ancora di toccarmi.
 
Un secondo fa ero nelle profondità della villa, ci ero arrivata con Zelgadiss ed Eloise. Tutto quello che avveniva in quel posto era falso e da lì non eravamo usciti. Quindi…
 
‘Puoi dire con certezza quello che ti è successo? Puoi dirlo con assoluta certezza?’
 
Strinsi i denti, strizzando gli occhi. Non dovevo cedere al dubbio, non in una circostanza simile anche se l’unica cosa che avrei desiderato fare era mettermi le mani nei capelli e gridare. Rabbia, frustrazione… paura.
 
Presi un respiro, poi richiamai con la mente la formula della palla di fuoco, stendendo le mani per poi bloccarmi a metà, spaventata. Non potevo usare la magia! Quel dolore… quel dolore allucinante non volevo,  non potevo, più provarlo. Eppure… La palla di fuoco si stava formando tra mie mani aperte, ancora incompleta, e brillava di allegra luce arancione.
 
La mia magia non era stata negata?
 
“Lina,” mi richiamò cautamente Zel, “qualsiasi cosa tu voglia fare, NON farla.”
 
Girai la testa nella sua direzione, smettendo di fissare le fiammelle che si sprigionavano fra i miei guanti e lasciai morire l’incantesimo.
 
Lo sciamano era adesso in ginocchio davanti a me, l’aria preoccupata.
 
Quello che stava avvenendo sfidava ogni possibile logica. Eppure sembrava proprio Zel, non c’erano sfumature rossastre intorno al suo corpo, segno che dietro la figura del mio amico non ci fosse Louis. E che quella potesse anche essere la realtà. Ma quale realtà? Dov’ero? Come ci ero arrivata? Era vero o nella mia testa?
 
Mi presi il capo tra le mani.
 
“Zel…” mi azzardai a sfiorargli il braccio, solido e freddo come sempre. Sotto la pietra scorreva il suo sangue, caldo, rosso come quello di ogni essere umano. Era Zel… era Zel? Gli afferrai il polso, avvicinandolo a me. Gli occhi grigio-azzurri mi fissavano attoniti. Come faccio a capire…?
 
“Zel. Perché siamo qui?”
 
Lo sciamano mi mise una mano sulla fronte, facendomi sussultare. “So che non è un gesto che mi caratterizza, d’altra parte sono l’unico sveglio…  ti è venuta la febbre? Stai DELIRANDO?”
 
Lo scacciai, allontanandogli il braccio con uno schiaffo.
 
“Zel… tu… tu e io” balbettai, “siamo stati attirati nella botola, insieme ed Eloise.” Volsi lo sguardo verso la coperta nella quale la ex piccola ex elfa pareva giacere addormentata, come se nulla fosse accaduto. Non puoi essere lì, come non può Zel e non posso io. Niente ha più senso.
 
Lo sciamano scosse la testa. “Questo non è mai successo.”
 
Non avevo la forza di sorprendermi, non sapevo più neanche io a cosa credere. Iniziai a tormentarmi le mani. Ferious Breed? Se la mia magia non era stata negata… potevo richiamare una colomba per spezzare…?
 
“Lina.” Lo sciamano attirò di nuovo la mia attenzione, “Vai avanti a raccontare. Affermi che siamo stati nella botola.”
 
“Questa notte… ti ho beccato ad andartene e ti ho seguito ed Eloise ha seguito me. Siamo arrivati alla villa di Aleksander e c’era la botola… tu avevi cercato di entrare in precedenza ma senza successo. Mi hai chiesto di usare il Laguna Blade ma Eloise ha battuto sulla botola e quella si è aperta di colpo attirandoci al…”
 
Zelgadiss mi interruppe, scuotendo la testa. “Tutto questo è davvero strano.”
 
Aprii la bocca per intervenire ma mi zittì con un gesto. “Aspetta, senti…  Io ieri… ehm…” gli scese una gocciolona, “visto che Amelia se la cavava bene con gli incendi sono andato a dare un occhio al laboratorio ed ho effettivamente trovato una botola. Ma era impossibile da aprire e quindi ho deciso di lasciar perdere, in quel momento. Volevo poi tornare con voi per vedere se funzionava qualche altro tipo di magia che io non sono in grado di castare ma poi tu e Gourry siete saltati in aria…”
 
Chiusi gli occhi, massaggiandomeli con le mani. “Tu sei stato alla botola, non sei entrato ma volevi portarci per aiutarti ad aprirla. Però poi c’è stata l’esplosione e hai rimandato.”
 
“E’ quello che ho detto.”
 
“Quindi da qui non ti saresti mosso, magari per provare da solo ancora una volta… visto che il mio incidente ti ha rallentato?”
 
“Non nego che mi sia venuto in mente. E che se non ti fossi svegliata quando fosse finito il mio turno di guardia avrei potuto anche…”
 
Mi alzai in piedi di colpo, lanciando la coperta. dovevo chiedere ad Eloise, lei avrebbe potuto confermare? Mi diressi verso di lei mentre Zel lasciava andare un’esclamazione di sorpresa.
 
Un attimo…
 
Mi ero alzata in piedi?
 
Zelgadiss mi fissava esterrefatto. Ero in piedi. E… stavo camminando!
 
Cazzo.
 
Scattai verso Eloise, con una terribile sensazione di angoscia che mi stringeva la bocca dello stomaco. Se stavo vivendo nella realtà e mi reggevo sulle gambe…

C’è una sola maniera in cui la tua maledizione possa essere spezzata.’ La piccola elfa storse la bocca in una brutta smorfia.
 
“Eloise!” strillai.
 
Le strappai la coperta di dosso, afferrandola per le spalle. La testa le ciondolò di lato, mollemente. “Cos…? No!”
 
Vicino a lei, un’assonnata Amelia si alzò a sedere. “Che cosa succede? Lina… san?”
 
Non aveva senso. Nulla aveva più senso.
 
‘Questa è la casa dei desideri.’
 
“Eloise!”
 
“Lina-san!”
 
Amelia corse al mio fianco, afferrandomi una mano ghiacciata. Le gambe smisero di reggermi. Con scatto felino Gourry era passato dal sonno alla veglia ed era in ginocchio al mio fianco.
 
“Lina!”
 
Gourry vicino a me, Amelia china su Eloise. La luce magica della… guarigione? Sul serio, Amelia? Mi premetti una mano sulla bocca, mentre un urlo saliva dal centro del mio petto. Alzai gli occhi verso la principessa e la piccola ex elfa. Chiusi gli occhi. Non era vero. Non dopo tutto quello che era successo, non dopo.. . Non… Ma come DIAVOLO era successo?
 
Ero veramente nel posto in cui mi trovavo? Era veramente Gourry quello che mi stringeva forte?
 
Ero nel nostro mondo? Ero da Louis?
 
Ero nel mare del Chaos?
 
Mi liberai di Gourry con una spallata, che lo sbilanciò cogliendolo di sorpresa e, mettendomi le mani sulle orecchie, gridai.
 
"STATEMI LONTANO!" esplosi.
 
Mi guardavano sconvolti, Amelia ancora vicina ad Eloise, Zel a suo fianco e Gourry... Gourry disperato, con le braccia abbandonate lungo i fianchi.
 
Non riuscivo a capacitarmi, il mio cervello aveva smesso di connettere e l'istinto aveva preso il sopravvento. L'unico impulso era scappare, lasciarmi alle spalle tutto in attesa di svegliarmi o di scoprire DOVE fossi e come ci fossi arrivata.
 
Forse non mi rimaneva che dirigermi nel luogo dove tutto era cominciato, tornare alla botola... e rientrare. O entrare. Sperando non si trattasse di un loop infinito nel quale avrei rifatto sempre gli stessi gesti, finendo negli stessi posti. Ma così non poteva essere, giusto? Eloise non era con noi e io sarei andata da sola. 
 
Non sarei andata da sola.
 
Non sarei riuscita a seminare ben tre persone che volevano starmi accanto. Sempre se quelle persone erano reali. Se fosse stato un sogno, incubo, allucinazione, illusione... magari sarei riuscita a farlo… Ma le braccia di Gourry sembravano così solide e l'odore che emanava era esattamente il suo. Eppure Louis mi aveva giocata più di una volt...
 
"Lina..."
 
Lo sciamano si stava avvicinando cautamente, come se fossi una bestia pericolosa. O una pazza sull'orlo di una grave crisi. In effetti mi sentivo un misto tra le due.
 
Era stato l’unico ad avere quel coraggio, Amelia sembrava sull’orlo delle lacrime mentre Gourry vestiva una espressione terribilmente confusa.
 
Indietreggiai. A questo punto la nostra incauta protagonista sarebbe inciampata rimanendo alla mercè dei suoi “nemici”. Io, però, non inciampai. Continuavo a ricambiare i loro sguardi, saettando dall'uno all'altra, occhieggiando anche (il corpo di) Eloise in attesa della luce rossastra. O di vedere pulsare i colori prima che tutti svanisse nel mare del Chaos.
 
Ma la conversazione con Zel è stata sensata. Non potresti aver sognato?
 
Io AVEVO TOCCATO la sfera rossa. Ed ero stata in QUELLA CASA!
 
Eppure la mia vista diceva altro. C'erano i miei amici, pallidi e spaventati, c'era Eloise, apparentemente morta. E io camminavo.
 
Dove era il senso?
 
"Come..." mi schiarii la voce, la gola stretta dalla marea del panico che montava, "come è morta... Eloise?"
 
Puntai gli occhi su Zel, che avevo visto chino su Eloise mentre Amelia tentava di usare la magia sulla piccola ex elfa.
 
Lo sciamano alzò le mani, per poi lasciarle ricadere lungo i fianchi. "Sembra sia morta nel sonno. Non ho visto segni di lotta e non ho sentito odori associabili ad avvelenam…”
 
Lasciai andare il fiato emettendo un lieve fischio mentre uno spiacevole calore mi imporporava la guance.
 
"Come diavolo è possibile?" Presi a sbraitare, i pugni chiusi. Sapevo che non era una reazione rassicurante ma non me ne curai. Di cosa dovevo preoccuparmi adesso che stavo impazzendo?
 
"Bè..." Zel si mise una mano sul mento con fare riflessivo, "non la trovo una cosa così strana. Non dopo il tipo di magia oscura alla quale era stata sottoposta. Ti pare?"
 
Era una domanda molto interessante della quale mi sarebbe piaciuto disquisire IN QUALSIASI ALTRO MOMENTO.
 
"Io ci ho provato... " sussurrò Amelia, gli occhi bassi e la bocca piegata all'ingiù. "Ma non ho mai imparato per bene il Resurrection e ho lanciato la formula incompleta... prima avevo provato il Dicleary ma..." la sua voce divenne ancora più sottile.
 
"Amelia," la interruppe Zel, "sai bene che non avresti potuto fare nulla. Neanche se fossi stata capace di lanciare il Resurrection..."
 
"… avresti potuto portare indietro Eloise dalla morte." Conclusi io.
 
Sembravano i miei amici. Gourry zittito dagli eventi, serio, triste. Amelia disperata per non essere stata utile e Zel, razionale, quasi stoico nella sua calma.
 
Se anche fosse stato tutto un sogno (ma che sogno? Quale sogno nel sogno, nel sogno, nel sogno poteva essere?) potevo andare alla botola con... loro.
 
Se erano una ennesima illusione… non mi avevano aggredita. Mi misi una mano sul retro della testa, trovando i capelli corti. Non era come in quello che avevo vissuto, in cui riavevo la mia chioma e potevo camminare mentre eventualmente Eloise era ancora viva. Eloise era morta, camminavo, i capelli erano stati tagliati. A causa del fuoco.
 
“Il fuoco!” Esclamai.
 
“Lina… san?” Amelia tentennò. Poi sembrò riprendere forza. “Lina-san, ti bruciano le ferite?”
 
Mi toccai istintivamente il collo e la schiena. Non provavo quel genere di dolore… sia Amelia che Zel avevano usato il Recovery sulla mia povera pelle ustionata. Il dolore che provavo era più profondo, una pietra dura che mi premeva sul petto.
 
Se esisteva una casa dei desideri e se il desiderio di camminare avesse ucciso...
 
"A cosa pensi, Lina?" Erano forse le prime parole di Gourry, che sembrava trattenersi dal correre verso di me.
 
Corri, Gourry, corri tra la mie braccia, dove sarai al sicuro. Corri nel mare del Caos a riprendermi dopo che io ho dato la vita per te… e butta quella stessa vita che sono riuscita a salvare per afferrare un’illusione che si dissolve tra le tue mani…
 
Per sempre nel mare del Caos…
 
Calde lacrime iniziarono a scivolarmi sulle guance. Lina Inverse non piange mai. Ma Lina Inverse esiste ancora? Il suo essere arrogante e sfacciata, la sua testardaggine, il segreto buon cuore… fanno ancora parte di questa terra? O tutto quello che ha vissuto è un’illusione, un sogno nel sogno nel sogno, dove le persone che ha amato sono ancora con lei e la supportano?
 
Caddi in ginocchio.
 
“Lina!”
“Lina-san!”
 
“Tsk, tsk, Lina-san… cosa stai facendo?”
 
 
 

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Capitolo 7
*** Il ritorno ***


Lina... san.
 
 
Xelloss fluttuava, gli occhi aperti, fissi nei miei. Mi afferrò per le spalle mentre il mio campo visivo si restringeva a quelle iridi cangianti.
 
 
Questo è il mare del Caos.
 
 
Non riuscivo a muovere la testa, i miei occhi erano incatenati ai suoi. (Aveva appena detto mare del Caos?)
 
 
Non puoi guardare.
 
 
"Xelloss!"
 
 
Era la mia voce ma suonava strana, distorta. Percepivo le sue mani, le percepivo, ma senza provare una vera sensazione fisica a quel contatto, come se il mio corpo fosse stato anestetizzato. Cosa mi stava succedendo? (Era davvero il mare del Caos?)
Il mazoku continuava impedirmi di voltare il capo.
 
 
"Smettila!"
 
 
No.
 
 
"Lasciami andare oppure..."
 
 
Oppure cosa? Sentivo di non poter usare la magia. Al centro del mio essere qualcosa lo negava; non ero in grado di alzare le mani, pronunciare le parole. Conoscevo la formula ma mi sfuggiva, come un nastro sospinto dal vento, lontano, inafferrabile. (...il mare del Caos?)
 
 
Non puoi Lina-san.
 
 
"Cosa mi hai fatto?!"
 
 
Doveva essere stato lui, era comparso come al solito, non richiesto e all'improvviso, durante una delle peggiori crisi che avessi mai avuto. Dopo l'incontro con Louis, la morte di Eliose avevo avuto paura che le parole di Posel potessero essere state veritiere, che fossi nel mare del caos (sono nel mare del Caos?) e bingo! Eccolo! Adesso le mie paranoie sembravano solo stupide. Avevo vissuto. Era stato Louis, era stato Xelloss, era stata Meliloon, era stato qualcuno.
 
 
Tutto ma non il nulla.
 
 
Questo è il mare del Caos.
 
 
"No!"
 
 
Torna a dormire.
 
 
"LASCIAMI!"
 
Rabbia. Ero arrabbiata, lo ero, ma curiosamente non lo provavo. La rabbia che mi saliva dal collo scaldandomi le guance, la rabbia che mi faceva bruciare le orecchie e battere furiosamente il cuore... non c'era. Il mio corpo non era in linea con i miei pensieri, non rispondeva, non c'era. (Ma c’era, sì?)
 
 
Il mazoku taceva.
 
 
"Xelloss... cosa mi succede?" (Davvero non lo sai?)
 
 
Te l'ho detto. Sei nel mare del Caos.
 
 
"Ma... quando... come?!" (Davvero non lo sai?)
 
 
Credo che tu lo sappia, Lina-san. Non si richiama L.o.N. senza patirne le conseguenze.
 
 
"Io sono tornata dal mare del Caos! Sono tornata!" (Sei tornata?)
 
 
Il mazoku mi studiava in silenzio, statua di marmo levigato, senza un respiro, un battito di ciglia. 
 
 
Disperazione. Il mio animo tremava chiuso nella gabbia del mio corpo.
 
 
"TI PREGO, Xelloss!"
 
 
Ricordi di averLa invocata?
 
 
"Sì... SI', l'ho fatto!"
 
 
Quante volte?
 
 
"Io... io... a causa di Fibrizo! E... per combattere Shabranigdu, a Taforasha!"
 
 
Basta?
 
 
"Io... Xelloss! Ok, d'accordo... da bambina la prima volta ma era una versione incompleta. Contro Dark Star ma non ho finito l'incantesimo..." deglutii, senza avere realmente saliva da deglutire. "Le uniche complete sono state contro Fibrizo e Shabranigdu ma sono tornata."
 
 
Se sei tornata, dove sei Lina-san?
 
 
"Tu hai detto nel mare del Caos. Ma non ti credo..." (Non gli credi?)
 
 
Se ti permettessi di guardare, impazziresti. Non sei tornata, Lina-san, non dopo Taforasha. Non è possibile per nessun essere umano controllare la potenza della Signora, neanche uno come te, che ne rechi il marchio, può.
 
 
"Se quello che dici è vero... se quello che dici è vero, perchè io RICORDO altre cose dopo la distruzione di Shabranigdu?"
 
 
Dormire, sognare. Non sei morta, dopotutto. Per altro non sono molti gli esseri umani che sono arrivanti a questo livello, Lina-san. E di solito rimangono qui per sempre, vivono per sempre ma senza svegliarsi mai.
 
 
"Ma... se è così, perchè?"
 
 
Domanda interessante, Lina-san.
 
 
"Posel... Posel mi diceva di svegliarmi e che ero nel mare del Caos... Gourry? GOURRY dove è? E Zelgadiss? Amelia?"
 
 
Non sono qui.
 
 
Una luce, dorata e intensa, iniziò ad avvolgere Xelloss. Il mazoku sembrò trasalire poi, chiudendo gli occhi, scomparve. Al suo posto una donna dalla lunga frangia, le sue mani sui lati del mio volto che mi attiravano a lei.
 
 
"Figlia mia."
 
 
Avvicinò il viso al mio, finchè i miei occhi si fissarono direttamente sulla zona d’ombra sotto alla frangetta. Piegò la testa di lato e le sue labbra sfiorarono le mie.
 
 
"Figlia mia." Ripetè con voce atona, asessuata.
 
 
La sua presenza, sebbene rappresentata da un sinuoso corpo femminile, era indefinibile ed infinita. Il suo potere mi schiacciava, annientandomi.
 
 
"Ti ho marchiata."
 
 
Parlava ma la sua bocca non si muoveva, le labbra chiuse sulle mie nell’inquietante parodia di un bacio.
 
 
"Tu non sei."
 
 
Tacque nella tremenda immobilità che anche Xelloss sapeva assumere.
 
Improvvisamente mi afferrò per il retro della testa con una mano mentre l'altra affondava nel mio petto.
Strinse.
 
 
Gridai.
 
 
Il mio corpo esisteva.
 
 
Fuoco. Lingue incandescenti che dal mio cuore si diramavano in ogni punto del corpo.
 
 
"Il soffio della vita"
 
 
"Brucia"
 
 … C’era una volta
 
Una luce dorata e il pianto di un neonato.
Una fuga, durante la tempesta.
 
All’orizzonte la casa della bambina di Ceiphied. Una donna lentigginosa apre la porta.
 
Fulmine. Tuono.
 
Nella casa della bambina di Ceiphied. Una candela si spegne.
 
Buio. Braci morenti rischiarano i volti.
 
Nella sua stanza la bambina di Ceiphied inizia a piangere. La bambina dorata apre gli occhi. Ruby Eye.
 
La bambina di Ceiphied e la bambina dorata litigano vivono ora insieme. La bambina dorata impara la magia.
 
Giga Slave.
 
 
Aprii gli occhi sentendomi miserabile. Le tempie mi pulsavano, mi facevano male le ossa, il petto bruciava. Xelloss che gravitava sopra di me, coprendo la luna piena, vestiva il suo solito sorriso benevolo.
 
Non ricordavo un accidenti di quello che mi era successo ma intuivo avessi lottato e duramente. Ero circondata da macerie e fumo. Mi misi seduta e con lo sguardo cercai Gourry.
 
 
"Non c'è nessuno, Lina-san. Se ne sono già andati."
 
 
Mi accigliai. Anche l'atto di aggrottare la fronte mi procurava dolore. "Figlia mia."
 
 
Scossi la testa procurandomi un capogiro. "Cosa... hai detto?" Mi sembrava di aver stretto i denti a lungo. Ma che diavolo era successo?
 
 
"Ho detto che Gourry-san e gli altri sono andati via." Aprì un occhio. "Posso però agevolare la tua ricerca."
 
 
"Non capisco... ma non mi da sicurezza il fatto che tu voglia in qualche modo di agevolarmi." Mi scese un gocciolone. Xelloss che ti aiuta. Certo. Ma poi qual è il conto che ti presenta alla fine del servizio? Grazie ma… no grazie.
 
 
Il mazoku alzò le spalle. "Seguo gli ordini, Lina-san."
 
 
"E quale demone ti avrebbe chiesto di essere tanto gentile con me?" Ecco, questo era pure peggio.
 
 
"Dovresti saperlo, Lina-san. Da ovresti proprio saperlo."
 
Adoravo gli indovinelli. Soprattutto quando mi sentivo come se fossi appena stata investita da un Dragon Slave.
 
 
Il mazoku volse il capo, portando platealmente una mano all’orecchio.
 
 
“Credo che alla fine non ci sarà neppure bisogno del mio intervento, Lina-san.”
 
 
Facendo l’occhiolino si eclissò. In realtà non c’era nessuno e io non avevo sentito un bel niente. Mi conveniva darmi una sistemata e cercare i ragazzi. Non volevo neppure per un secondo iniziare a pensare che fosse successo qualcosa di veramente grave a loro. Negativo. No.
 
 
Misi la testa tra le mani. “Recovery”. Un secondo dopo mi sentii afferrare e un abbraccio stritolante mi mozzò momentaneamente il fiato mentre una voce acuta mi gridava all’orecchio: “Lina-san!”
 
 
“A… Amelia!”
 
 
La principessa si allontanò, tenendomi per le spalle, gli occhi arrossati. “Lina-san… Lina-san, pensavamo…” Singhiozzò, poi mi strinse ancora un pochino a sè. “Sei salva.”
 
 
Eh? Non capivo.
 
 
I miei ricordi arrivavano fino a Shabranigdu che risorgeva, non avevo la più pallida idea di come lo avessimo sconfitto. E che diavolo mi era successo? Nebbia fitta.
 
 
“Amelia… cosa?”
 
 
La mia amica si scostò, scrutandomi a fondo, poi, apparentemente soddisfatta del mio aspetto (?), annuì. La confusione sul mio volto doveva essere evidente.
 
 
“Non ricordi… è così, vero?”
 
 
Amelia abbassò la testa poi, prendendomi una mano, quasi a volersi accertare fossi veramente lì, sospirò.
 
 
“Hai usato il Giga Slave e…”
 
 
“COSA?” la interruppi, gridando. Avevo giurato che non lo avrei mai più usato. Troppo pericoloso, troppo potente… persino per una come me. Conoscevo la portata devastante delle conseguenze se avessi commesso anche solo il più piccolo errore.
Ma allora…?
 
 
La principessa mi strinse le dita. “Hai dovuto… saremmo morti, saremmo morti TUTTI se non lo avessi almeno tentato, Lina-san. E per tutti intendo tutti gli abitanti del pianeta.” Alzò il volto, lo sguardo fermo. “Non volevi. Ma lo hai fatto.” Tacque. Mi lasciò la mano per asciugarsi i palmi sudati sui calzoni, poi si passò le mani sul volto. “Shabranigdu era infinitamente forte… non c’erano altre soluzioni.”
 
 
Il suo racconto non faceva risuonare nulla in me, non il dubbio, né la paura. Doveva essere stato tremendo ma alla fine… (figlia mia). Scossi la testa. Cos’era quella sensazione che mi prendeva ogni tanto? Un eco di qualcosa di lontano che non riuscivo ad afferrare.
 
 
“E poi… la luce dorata, come quando ci siamo risvegliati dopo che hai distrutto Fibrizio. Shabranigdu è esploso e tu sei svanita, avvolta in questo bagliore accecante. Lina-san, eravamo certi…”
 
 
“Amelia… ho perso il controllo?” Avevo giurato. (Non potevo averlo perso, giusto? Il mondo esisteva ancora).
 
 
“Non lo so. Non lo so, sembrava che lo tenessi… ma poi quella luce… credo che se ne avessi perso il controllo saremmo tutti morti, giusto?” La principessa si interruppe, accarezzandosi un braccio. Lo aveva rotto? Perché mi veniva in mente che lo avesse rotto? (Ma lo aveva rotto?) Mi strinsi il ponte del naso, cercando di pensare.
 
 
“Lina-san?”
 
 
Trasalii. “Sì, sì.” Mi interruppi. “Ci sono.” C’ero? “Dicevi che non ti sembrava che avessi perso il controllo del Giga Slave.”
 
 
Amelia annuì. “Esatto. Infatti Shabranigdu è stato sconfitto. Io ero svenuta…” Mi indirizzò un sorriso storto con tanto di gocciolone, “ma Zelgadiss-san mi ha detto che nel momento in cui Shabranigdu è esploso, la luce dorata è diventata molto più forte e tu… ti sei…” deglutì, poi si portò una mano alla gola con una smorfia, “dissolta.” Mi piantò i suoi occhioni blu in faccia. “Lina-san,  Gourry-san è quasi impazzito.”
 
 
Sussultai bruscamente al suono del suo nome. “Gourry… Gourry sta bene? Zelgadiss?” Non mi sentivo lucida. Come avevo potuto non chiedere di loro, non pensare…? Dannazione. Dannazione.
 
 
“Lina-san. Stai bene?” Non sapevo che aspetto potessi avere io ma la povera Amelia aveva sicuramente visto giorni migliori.
 
 
“Bene. Sto bene.” Mi sembrava che il cervello reagisse troppo lentamente. “Dove alloggiate… alloggiate insieme o…?” Mi era appena venuto il dubbio che si fossero separati. Però… perché avrebbero dovuto mai?
 
 
Da quanto mancavo?
 
 
 “Riesci ad alzarti?” Senza darmi il tempo di rispondere, non ero neanche troppo sicura della risposta che avrei potuto dare, mi cinse con un braccio la vita e, afferrandomi il polso, si mise il mio braccio sulle spalle.
 
 
“Da quanto sono… sparita?” Mi si spezzò la voce. Una moltitudine di sentimenti ai agitava in me. Rabbia, perché avevo dovuto usare il Giga Slave. Terrore per quello che poteva essermi successo e di cui non conservavo memoria. Commozione per l’affetto di Amelia. Tristezza per il dolore che avevo causato. Paura, per Gourry.
 
 
“Quasi due settimane, Lina-san.”
 
 
Chiusi gli occhi, le gambe molli. Grazie agli Dei, Amelia mi stava sorreggendo. Quando avevo perso letteralmente il controllo del Giga Slave a causa di Fibrizo e L.o.N. mi aveva portato via ero rimasta nel mare del Caos poche ore. Questa volta… Ma era possibile, dopo aver avuto la forza necessaria per eseguire perfettamente l’incantesimo, essere trasportata nel Caos ancora una volta? Perché? Era apparsa una luce ma non lei in persona. Non avevo commesso errori. Ma allora…?
 
 
“Tutto bene, Lina-san. Ti tengo io.”  La stretta di Amelia si rinsaldò.
 
 
Quando si era fatta così grande? Il viso smunto, la voce seria, l’atteggiamento quasi materno me la facevano diventare molto più adulta. D’altra parte non potevi rischiare la vita così tante volte senza che prima o poi un po’ di quell’ottimismo sfrenato venisse intaccato. Improvvisamente, senza nessuna continuità con i miei pensieri precedenti mi venne in mente Xelloss e la sua sospetta proposta di aiuto.
 
 
“Cosa ci facevi qui, Amelia?”
 
 
“Vengo tutti i giorni, in ricognizione. Cerco eventuali superstiti… è improbabile ma… io non perdo le speranze. So che è sciocco ma è giusto.” Girò la testa per incontrare il mio sguardo. Ormai eravamo alte uguali. “Non le ho perse neanche per te, ogni giorno tornavo qui pregando che…” Alzò le spalle scuotendo il capo. “Non poteva essere. Non poteva essere e basta. Dovevi tornare. E lo hai fatto! Avevo ragione io! Zelgadiss-san ha fatto di tutto per dissuadermi, diceva che mi facevo solo del male e che… non aiutavo Gourry-san a guarire.”
 
 
“Gourry è..?” Un sapore acido di risalì in gola. Se a Gourry fosse successo qualcosa me lo avrebbe detto prima, subito. Lo avrebbe fatto.
 
 
Amelia sospirò.  “Gourry-san… è in condizioni pietose.”
 
 
“E’ ferito?!”
 
 
“Il suo cuore è ferito, Lina-san” mi rimbeccò, il fantasma di una risata nella sua voce. “Seriamente, Lina-san,” riprese in modo più grave, l’allegria repentinamente svanita, “non te lo devo dire io, vero?”  No. Non doveva, avevo quasi distrutto il mondo per lui. “I primi giorni veniva con me, poi ha smesso. Non parla più… e da qualche giorno si rifiuta di uscire dalla camera.” Sospirò.
 
 
Non potevo più aspettare. Amelia, quasi mi avesse letto nel pensiero, proseguì. “Bene, allora. Andiamo. RAYWING!”
 
 
Il vento freddo in faccia era rigenerante. Non mi ero resa conto di quanto fossi accaldata, ad ogni metro la mia mente sembrava più lucida. Amelia viaggiava non troppo veloce, appesantita dalla fatica di dovermi trasportare, ma il paese dove alloggiavano non era lontano e le prime luci dell’abitato ci venivano già incontro.
 
 
Quando atterrammo Amelia mi lanciò una occhiata in tralice, soppesando in modo neanche troppo nascosto la mia abilità di camminare senza barcollare. Rassicuratasi che mantenevo la posizione eretta senza enormi difficoltà, mi fece strada verso la locanda. Nessuna delle due parlava, io avevo in mente solo Gourry a quel punto. L'ingresso della locanda era deserto, a parte una sguattera che strofinava svogliatamente le bottiglie di liquore dietro al bancone di legno.
 
"Prima porta a destra."
 
Amelia sapeva che dovevo, volevo, andare da Gourry. Non mi seguì su per le scale, facendomi invece un lieve cenno di saluto dal salone. Sembrava davvero tanto più adulta dell'ultima volta che l'avevo vista... e contando che era passata solo una settimana, doveva essere stata una settimana terribile. (Una? Quante settimane, Lina?)
 
La prima porta a destra era già arrivata. Era vecchia, la maniglia ossidata. Qualche buchetto di tarlo qui e lì. Un postaccio infimo.
 
Stavo perdendo tempo.
 
Avrei voluto sfondarla, quella porta. Fiondarmi dentro, afferrare Gourry e stringerlo a me così forte da fonderlo col mio corpo. Eppure nello stesso tempo una strana timidezza mi bloccava. Quello che provavo era una gigantesca bolla di amore e sì, lussuria, come se tra me e Gourry ci fosse più della semplice (ma complicata) amicizia che condividevamo. Io e Gourry... eravamo amici. Più che amici, compagni. Il lato romantico... in realtà mancava in gran parte. C'erano stati baci, dopo la sconfitta di Fibrizo, quando avevamo ripreso a viaggiare da soli. Erano stati curiosi piccoli baci, quasi esplorativi, a volte solo fior di labbra, dati a notte fonda, quando cercavamo di riposare un po' prima che uno dei due iniziasse un turno di guardia. C'erano state anche carezze, tutto sommato abbastanza innocenti. Avrei voluto continuassero, avrei voluto di più ma così come non ero timida nella vita in generale, mi ero sentita in imbarazzo nel cercare di portare il nostro rapporto fisico ad un livello superiore. E così invece di progredire, si era fermato. Durante le avventure con Filia viaggiavamo di nuovo con Amelia e Zel e non c'erano stati momenti veramente nostri in cui tentare di riprendere il discorso e con Taforasha e Pokota peggio ancora. Eppure sapevo, sapevo, che era sarebbe bastato poco perchè io e lui tornassimo lì, dove avevamo interrotto. Che Gourry si fosse tirato indietro per me, per una sua idea cavalleresca di non forzarmi, era del tutto possibile. Aveva avvertito il dubbio e aveva voluto rispettare i miei tempi.
Il che faceva di lui la persona meravigliosa che era. D’altra parte, poi, quando il mondo precipitava, e con Alamyce prima e il ritorno di Shabranigdu subito dopo era accaduto, non c'era più tempo per la dolcezza e il corteggiamento. Eppure sapevo bene che quello che volevo io, lo desiderava anche lui. Forse anche più di me, non era più un ragazzino. Mi venivano in mente le notti nella stessa stanza, quando mancavano le camere ed entrambi dormivamo sul pavimento, la voglia che avevo di rotolare verso di lui e farlo mio. Le volte che mi metteva in braccio sulla spalla e io sfioravo le dita con la guancia, bramando un vero bacio e il contatto con il suo corpo. Quante timidezze inutili, quante parole non dette per timore, quante occasioni sprecate.
 
Quando ritornavi dal mare del Caos capivi molte cose.
 
Sfiorai con il palmo della mano il legno scheggiato.
 
Gourry era dietro a quella porta. Forse dormiva, sopraffatto dalla disperazione, più probabilmente era seduto sul letto e si contemplava gli stivali, assorto.
 
Bussai.
 
Nessuno rispose ma mi aspettavo fosse così. Gourry non era una persona scortese ma voleva stare solo. Aveva perso le speranze.
 
"Gourry..." sussurrai. Chissà se avrebbe sentito, chissà se avrebbe riconosciuto la mia voce.
 
Un muro di silenzio rispose alla mia chiamata. Forse dovevo veramente abbattere la porta. Anche se abbattere la porta ci avrebbe fatti sbattere in mezzo ad una strada... e Amelia quanto Zel non avrebbero gradito. Festeggiare il mio ritorno al mondo facendoci prendere a calci in culo dal padrone di questo postaccio… suonava però così familiare che magari non si sarebbero arrabbiati troppo. Mi scappò una risatina.
 
Poi, sospirando, mi frugai nelle tasche in cerca della fidata forcina e, mentre iniziavo ad imprecare sottovoce, la porta si aprì.
 
Gourry era di fronte a me, scarmigliato e cadaverico. Ci fissammo. Finalmente la comprensione si fece strada in lui e mentre questo accadeva, provavo il primo vero sentimento da quando ero tornata.
 
Rabbia.
 
Una rabbia furiosa, bruciante. Come osava ridursi così ? Magro da far schifo, pesto, abbattuto. No. NO. Gourry non poteva, non doveva. Era un uomo forte, se le cose fossero andate male mi doveva sopravvivere, non diventare uno scheletro ambulante, non lasciarsi morire. Valeva molto più di così.
 
Mentre mi accigliavo, pronta a malmenarlo, mi avvolse strettamente tra le sue braccia, contro il petto magro. "Lina, Lina mia.", sussurrava ritmicamente accarezzandomi la schiena. Finì in ginocchio, trascinandomi con sé e affondando il volto sulla mia spalla, sussultando così forte che finii con lo stringerlo anche io, la stessa morsa a cui avevo pensato prima di aprire la porta e trovarmelo deperito.
 
L’umido che iniziavo ad avvertire dove aveva appoggiato il viso rivelava le sue lacrime. Una gran quantità di lacrime. Oh Gourry. Lo strinsi più forte iniziando a cullarlo. Mi afferrò per le braccia, allontanandomi e scrutandomi con intensità, come aveva fatto Amelia, gli occhi arrossati fissi nei miei. Gli posi le mani sul viso, accarezzandolo.
 
“Stai bene?” Mi chiese, la voce rauca per i singhiozzi trattenuti.
 
“Adesso sì.” Risposi, asciugandogli le lacrime con i pollici.
 
Come erano belli, i suoi occhi azzurri, dello stesso colore del cielo. Come erano lisce le sue guance, perfettamente rasate nonostante tutto. Gli sfiorai il naso, dritto e mi soffermai sulle labbra, delineandone il contorno con l’indice. Il labbro superiore, poi il labbro inferiore, più pieno e morbido, come quello di una donna. Tornai ai suoi occhi. Senza alcun senso pensai al bambino meraviglioso che doveva essere stato, agli splendidi figli che avrebbe generato.
 
La bolla di amore risalì nel mio petto, fino ad esplodere. Inclinai la testa e sfiorai la sua bocca con la mia (figlia mia). Sussultai quando lo spadaccino rispose al bacio, nella mia memoria qualcosa di disturbante premeva per tornare a galla. Scacciai il ricordo che cercava di delinearsi, quello di un altro bacio però freddo eppure incandescente, doloroso e tornai a Gourry e alle sue labbra. Non volevo niente tra di noi, adesso che ci eravamo ritrovati. Avevo rischiato di non vederlo mai più.
 
Ero affamata di vita, ero affamata di lui. Lo desideravo.
 
Socchiusi la bocca e lasciai che il nostro bacio si approfondisse, le sua mani presero ad accarezzarmi il collo e la schiena, mandandomi brividi per tutto il corpo. Quando si interruppe eravamo entrambi affannati.
 
“Lina, ti amo.” Sospirò Gourry.
 
Felicità. Un moto di felicità così grande. Mi avventai su di lui, sbilanciandolo e cadendogli sopra. Lui mi afferrò per la vita e ci baciammo ancora. Sotto di me il suo corpo magro ma ancora forte sembrava bollente. Volevo poterlo rimirare, toccare la sua pelle, fargli sospirare il mio nome. Volevo le sue mani su di me, volevo che lui mi facesse gridare il suo nome.
 
Gli misi le mani sul petto, giocherellando con il laccio che gli chiudeva la casacca e mi alzai leggermente. “Posso?” sussurrai.
 
“Fai di me ciò che vuoi” mi rispose, roco, poi sorrise.
 
Gli aprii la casacca. Poi tolsi la mia, rimanendo con la fascia che fungeva da reggiseno.
Lo spadaccino mi appoggiò il palmo sul fianco nudo.
 
“Sei così bella.”
 
A quel punto Gourry si sollevò di scatto, mettendomi una mano dietro al collo e mi distese, prendendo il controllo. Mi baciò ancora a lungo, facendomi gemere per il desiderio e la frustrazione. Volevo che mi toccasse, doveva farlo. Subito. Mi staccai da lui, fissandolo. “Ti prego, Gourry…”
 
“Dimmi cosa vuoi, Lina, dimmelo e lo farò.”
 
Gli afferrai la mano, piazzandomela sul seno, ancora fasciato, e ripetei le sue parole di poco prima. “Fai di me ciò che vuoi.”
 
Non avevo paura, non era strano, eravamo io e Gourry e stavamo per portare la nostra relazione al livello che avrebbe dovuto raggiungere già da molto tempo. Ero pronta, eravamo pronti.
 
“Sei sicura?” Gourry mi baciò l’angolo della bocca.
 
Non avevo dubbi. “Ti desidero Gourry, voglio…” lasciai la frase in sospeso.
 
“Non voglio farti male” Lo sguardo dello spadaccino era dolcissimo mentre, steso di fianco a me, mi metteva alcune ciocche ribelli dietro all’orecchio. “Potrei guardarti per sempre. Potrei davvero. Ma voglio che tu sia sicura e che sappia che non ti forzerei mai e che puoi dirmi in qualsiasi momento di fermarmi.” Mi fissò serio. “Non voglio farti male.” Ripetè.
 
Sorrisi. “L’unico dolore che sarà valso davvero la pena di provare.” Poi cercai ancora le sue labbra, con urgenza.
 
La mano di Gourry si infilò sotto alla fascia, trovando il mio seno e liberandolo. “Questo via.” Sussurrò, separandosi dalle mie labbra. Le sue dita scesero sul mio capezzolo, pizzicandolo delicatamente. Sussultai, sorpresa.
 
“Ti piace?” Mi sussurrò nell’orecchio, prima di iniziare a mordicchiarmi il lobo, baciandomi poi il collo, mentre con la mano scendeva tra le mie gambe.
 
“Mi piace… mi piace tutto quello che fai.” E doveva anche continuare. Senza più pudore, glielo dissi.
 
“Non smetto, allora.”
 
La mani di Gourry erano ovunque, e dove non erano le mani, ci pensava la sua lingua. Sarei potuta morire e di una morte decisamente felice.
 
“Aspetta.” Lo fermai. I suoi occhi brillavano, era splendido.
 
“Mi devo fermare?”
 
Scossi la testa. Iniziai ad abbassarmi i calzoni che erano ormai di troppo. Gourry sorrise malizioso. “Lascia fare a me.” Disse infilando i pollici sulla vita della calzamaglia,  facendola scendere con deliberata lentezza. “Anche io stavo pensando che fossero di troppo.”
 
La lanciò lontano e si piegò a baciarmi la pancia, guardandomi negli occhi poi tornò al mio viso e alle labbra, rimanendo su di me, tra le mie gambe. Indossava ancora i calzoni, morbidi e piuttosto tesi all’altezza del cavallo. Ero felice del “potere” che avevo su di lui, io, la ragazzina dal seno piatto, quella con la fessura tra i denti, bassa e spigolosa.
 
(Figlia mia)
 
A quel punto, senza preavviso, mi venne paura. Non di lui, non di noi. Paura e basta. Una sensazione spiacevole, come se una mano fredda spuntata dal nulla mi avesse toccato il capo. La cosa disturbante che continuava a premere da quando avevo aperto gli occhi era più intensa, adesso. Faceva male?
 
“Aspetta!” Mi divincolai di colpo, quasi tirandogli una ginocchiata in faccia. Mi guardai intorno, freneticamente. Gourry si era sollevato, sorpreso e seguiva il mio sguardo.
 
“Cos-“
 
“Zitto… zitto!” Alzai una mano.
 
Rimanemmo in silenzio, mezzi nudi. Gourry appariva ora preoccupato, come dargli torto? Ai suoi occhi apparivo come una pazza? Però... perché lui non percepiva pericoli? Gourry che aveva un udito finissimo e un istinto infallibile non dava segno di comprendere.
 
Il dolore era dentro o fuori dal mio corpo? Rabbrividii. Gourry mi appoggiò una mano sul braccio.
 
“Lin…”
 
“No!” No cosa? Non toccarmi? Non era quello. Lo volevo ancora però… cosa? Cosa?!
(FigliamiaFigliamiaFigliamiaFigliamiaFigliamiaFigliamiaFigliamiaFigliamiaFigliamiaFigliamiaFiglia)
 
“Ah, Lina-san. Che pasticcio.”
 
Gourry si fece teso.
... e in quel momento Xelloss si materializzò in camera.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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