A nocturnal sun

di A_Lacey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** confusione ***
Capitolo 2: *** solitudine ***
Capitolo 3: *** imprevisti ***
Capitolo 4: *** svolta ***



Capitolo 1
*** confusione ***


E' una fresca serata estiva, vago per le strade ormai quasi deserte di una città di cui non so neanche il nome. Con me porto in spalla uno zaino, abbastanza rovinato, contenente dei vestiti e dei panini avanzati, presi (per non dire rubati) questa mattina. Sono stanca di camminare ma ormai non posso tornare indietro, sembrerei debole e non voglio, quindi dimentico il dolore fisico e mi concentro sul mio orgoglio, l'unica cosa che mi permette di andare avanti. 

 

In sostanza, sono scappata di casa ma, anche se per un motivo che sembrerà abbastanza stupido, non me ne pento, non posso pentirmene.

 

Non sopportavo più l’atmosfera che c’era in casa mia, che di mio non aveva nulla. Continuo a camminare per le strade ringraziando Dio che sia estate e che non si congeli.

 

Quasi tutti i negozi sono chiusi e mi affretto a trovare un posto dove passare la notte ma per mia sfortuna la gente del posto non è molto ospitale e mi ritrovo un’altra volta costretta a dormire per terra, usando il mio zaino come cuscino.

 

Il sonno tarda ad arrivare e più aspetto più sento che passerò la notte in bianco. Decido così di mettermi seduta ad osservare la strada, i palazzi, le stelle…giusto per passare ill tempo. Normalmente avrei scelto di fare una passeggiata ma ho le gambe a pezzi e temo che mi si potrebbero staccare da un momento all’altro (non letteralmente eh).

 

All’improvviso sento una di quelle sirene che di solito mettono nei film per avvertire la gente di un attacco aereo. 

 

Diceva qualcosa riguardo una calamità di tipo tigre, avvistata nella città Z, che evidentemente era la città in cui mi trovavo.

 

Subito vedo la gente correre fuori dalle case e andare in quelli che dovrebbero essere dei rifugi(?).

 

“E’ solo un livello tigre” penso, ma rimangio subito le mie parole non appena vedo l’”essere” in questione a una decina di metri dalle mie spalle.

 

“Dannata io e la mia mania di parlare troppo presto!” urlo. 

 

Subito raccatto lo zaino più in fretta possibile, mi alzo di scatto e mi metto a correre come se non ci fosse un domani

 

(Ovviamente inseguita dalla creatura che sembrerebbe essere un ibrido per metà insetto e metà uomo).

 

I dolori alle gambe non sono del tutti spariti e la mia corsa ne risente parecchio, 

 

Ad un certo punto, però, vedo un piccolo vicolo buio e mi viene la “”brillante”” idea di infilarmici dentro.

 

Data la mia poca lucidità mentale non mi accerto che da quel vicolo ci fosse poi anche una via d’uscita e mi ritrovo letteralmente con le spalle al muro. Mentre riprendo fiato mi guardo intorno e noto un grande cassonetto dell’immondizia, così, senza pensarci due volte, interpreto la parte del rifiuto (che per una volta mi torna utile) e mi nascondo al suo interno.

 

Mentre mi ritengo fuori pericolo, e anche in una strana situazione, tutti i miei pensieri vengono interrotti da una sola domanda:

 

“Ma perché sto scappando? I mostri non mi hanno mai fatto paura…”

 

Il battito cardiaco piano piano rallenta e riesco finalmente a riflettere.

 

Già, io ero l’unica che, al contrario di tutti gli altri, era dalla parte dei mostri (non tutti, sia chiaro). Ho sempre pensato che avessero anche loro il diritto di vivere e che non dovessero essere costretti a lottare per farlo. 

 

Ho visto eroi con un animo più sporco di un tubo di scarico.

 

Ma allora perché mi stavo nascondendo? Ok ho avuto paura, mi sono presa un colpo quando me lo sono ritrovata dietro, lo ammetto, ma…non voglio essere una codarda. 

 

Quando mi convinco finalmente di avere abbastanza coraggio per un faccia a faccia prendo un respiro profondo ed esco dalla mia tana.

 

Mi avvicino alla strada principale e, dove prima regnava il panico, ora c’è una calma allarmante

 

Continuo a guardarmi intorno costantemente inquieta da quel silenzio insolito fino a quando la mia attenzione viene attirata da forti grida di incoraggiamento provenienti da lontano.

 

“Probabilmente sono arrivati i loro salvatori” penso tra me e me.

 

In parte ero delusa, dopotutto era sempre la stessa storia che si ripeteva all’infinito: si scatena il panico, i cosiddetti “paladini della giustizia” ne approfittano per accrescere la propria fama e le persone li acclamano; ma in parte anche sollevata che la gente fosse al sicuro.

 

Rimango ferma in mezzo a quel viale vuoto, non mi va di assistere all’ennesimo successo degli “eroi” e alla folla di gente che li idolatra come se fossero dei.

 

Sarò strana ma io non tifo per loro, per niente.

 

Volgendo lo sguardo verso i vari negozi ho la sfortuna di vedermi riflessa sui vetri delle porte-finestre e ammetto di essere ridotta davvero male: 

 

I (corti/lunghi) capelli (colore) sono spettinati e disordinati, per non parlare del tuffo nell’immondizia di prima che non ha certamente aiutato a conferirmi un’aspetto più decente.

 

Diciamolo, sembro una barbona.

 

Tutto d’un tratto sento il mio stomaco brontolare. Subito prendo lo zaino per vedere se il panini sono ancora intatti ma, appena ne tiro fuori uno, vengo travolta da una puzza insopportabile e decido che è meglio rinunciare.

 

Sospiro e mi rassegno all’idea che dovrò trovare una sistemazione al più presto e soprattutto del cibo.

 

Tornando per la mia strada, senza accorgermene, mi ritrovo nel punto in cui il mostro di prima è stato sconfitto. 

 

Intorno al suo corpo è radunata una folla di persone che urlano gioiose verso alcuni eroi di classi non così alte.

 

Non ci presto tanta attenzione e cerco fare il giro del posto stando attenta a passare inosservata, cosa che, grazie alla massa di gente, mi riesce perfettamente.

 

Vado quindi a rintanarmi in un piccolo parco lì vicino e mi sdraio su una panchina che si rivela essere sorprendentemente comoda (o forse sono io che mi stenderei su qualsiasi cosa purché non sia il pavimento).

 

Ripenso alla litigata che ho avuto con mia madre prima di decidere di andarmene… forse ho esagerato, dovrei chiederle scusa? Ma non sono stata io a iniziare… Non è colpa mia; a lei non piaceva il mio modo di fare, io me ne sono accorta e quando glie l’ho fatto notare si è arrabbiata. Se la sua intenzione era quello di farmi diventare ciò che non ero ho fatto più che bene ad andarmene.

 

Ed è su questi pensieri riesco finalmente ad addormentarmi sperando che il giorno successivo io abbia le idee un po' più chiare e più forza di volontà.

 

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Capitolo 2
*** solitudine ***


Sento i muscoli rigidi e il sonno profondo che fino a quel momento mi aveva avvolto come una soffice coperta mi abbandona ad un rumoroso e brusco risveglio mattutino.

Sono stesa sulla panchina, esattamente nella stessa posizione in cui mi ero addormentata, il che è molto strano dato che di solito sono abbastanza agitata mentre dormo.

Mi metto a sedere molto lentamente, così da ridurre il dolore causato dalle fitte che ormai avevano preso possesso delle mie gambe (provocate dalla corsa di ieri e probabilmente anche dalle continue posizioni scomode assunte).

Mentre cerco di riprendermi dal solito “rincoglionimento” mattutino, i miei occhi tentano di mettere a fuoco combattendo anche con l’improvvisa luce del giorno.

Mettendo una mano sulla fronte per farmi un minimo di ombra riesco a scorgere delle figure in lontananza nonché la causa del gran chiasso che mi ha svegliata.

Sbuffo rendendomi conto che il parco si sta riempendo di bambini urlanti e decido così che è arrivato il momento di riprenderei il “viaggio” (se così si può definire).

Con i palmi delle mani cerco di aggiustarmi un minimo i capelli, che sembrano ormai aver vita propria, e furtivamente mi cambio la maglietta mettendomene una totalmente a caso presa dallo zaino.

Mi alzo in piedi e, dopo aver preso un respiro di incoraggiamento, cerco quella poca determinazione che ancora mi era rimasta.

“Bene! La notte è passata rapida e indolore, ora devo solo cercare qualcosa da mangiare e un posto dove stare, facilissimo!” Dico con una certa ironia che basta però a smuovermi e farmi iniziare la giornata con un po' di spirito.

Mentre mi aggiro per le strade della città getto delle occhiate veloci alle persone intorno a me per vedere se qualcuno mi avrebbe in un certo senso potuta aiutare.

La gente però non sembrava essere molto caritatevole, alla mia vista apparivano tutti presi da loro stessi e mi trovavo ad essere ripetutamente rifiutata.

Quando penso di aver perso le speranze, però, vedo una donna, insieme ad una bambina che si tengono per mano… in quel momento ho come un lampo di speranza e penso che magari mi avrebbe ascoltata,; essendo una madre proverà un minimo di compassione (?) per me.

Faccio per tendere la mano sulla sua spalla quando improvvisamente la mia mente viene invasa da un brutto presentimento: e se il problema fossi io? E se in realtà mi vedessero come una minaccia? Dopotutto sono una sconosciuta per loro…

Può sembrare un pensiero eccessivo ma riflettendoci sù se dovessi trovarmi al posto di uno di loro non mi sarei fidata minimamente.

Abbasso lo sguardo e ritiro la mano che prima avevo teso verso la donna… 

“Qui la gente è continuamente esposta a criminali e mostri… per forza non si fidano di nessuno… a meno che non siano degli eroi..” penso.

Cavoli, non credevo che sarebbe stato così deprimente sentirsi soli.

Ho fame, il mio stomaco si sente da metri di distanza, sono abbandonata a me stessa e il sole inizia a dar fastidio man mano che si avvicina mezzogiorno.

Ad un tratto noto uno di quei carretti dei venditori di hot dog e mi viene un’idea.

“Se la gente è costantemente sull’attenti posso ricavarci un vantaggio”.

Dallo zaino prendo una delle mie felpe larghe che ero solita mettere e la indosso avvicinandomi cauta al carretto.

Il venditore era un uomo sulla mezza età con dei capelli ricci neri e un paio di folti baffi.

“Ha bisogno di qualcosa signorina?” Mi chiese educatamente l’uomo.

Subito io, mentre stavo per rispondergli, finsi di vedere qualcosa di spaventoso nel vicolo cieco che si trovava alle spalle dell’uomo.

Lui non ci cascò subito e mi guardò con fare stranito “C’è qualcosa che non va?”

La folla era diminuita notevolmente (perché era ora di pranzo) e ciò mi permetteva di scappare più liberamente.

A quel punto, con l’espressione più scioccata che potessi fare in quel momento (e le mie “grandi doti” da attrice), punto il dito verso un angolo a caso del vicolo come se ci fosse chissà quale mostro in agguato.

L’uomo, inizialmente confuso, si gira di scatto e, dopo aver visto che non c’era niente di così strano, si volta di nuovo verso di me quando ormai era troppo tardi.

Avevo preso due panini vuoti e me li ero messa nelle tasche per poi mettermi a correre come una matta con, ovviamente, il cappuccio alzato (cavoli, non pensavo che questo vecchio trucchetto del “oh guarda lì”  funzionasse ancora).

“Mi scusi tanto e grazie!” urlo…un po' mi spiace per lui ma può benissimo sopravvivere con due pezzi di pane in meno no?

Tengo rigorosamente lo sguardo avanti e continuo a correre fino a quando non mi ritrovo a dover girare bruscamente per non essere presa da una macchina.

Pochi istanti dopo sbatto contro qualcuno (dannato cappuccio) e l’urto è tale da farmi cadere a terra.

“Maledizione” mormoro tra me e me. Mi rialzo e non oso volgere lo sguardo verso a chi, un istante prima, sono andata addosso.

Mi limito a mettere il pezzo di pane che si era salvato in tasca spiccicando appena due parole:

“M-mi scusi” dico a testa bassa e, quando faccio per riprendere a camminare sento una stretta sul braccio.

“Non credevo che il pane fosse gratis”.

…beccata.

Merda…era estremamente umiliante.

Alzando lentamente lo sguardo noto che colui che mi sta parlando è un ragazzo più alto di me dalle iridi di un marrone abbastanza scuro da confondersi con la pupilla e

…. affetto da calvizia? 

.
.
.
Ed ecco qui un secondo capitolo inventato sul momento (sì perché magari mi vengono mille idee in mente ma quando vado a scrivere mi suona tutto stupido e finisco per fare cambiamenti drastici c:)

Non so se il risultato sembri troppo noioso o che magari i pensieri dell’oc siano…come dire…eccessivi.

L’unica cosa che voglio è scrivere una brutta storia su uno dei miei anime preferiti.

Sappiate che ci ho provato e se avete qualcosa da dire o correggere non esitate a farlo, non vi mangio mica c:

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Capitolo 3
*** imprevisti ***


“I-Io…” mi rendo conto solo adesso che sono circondata da quella poca gente rimasta per strada che continua a guardarmi storti e non è una bellasensazione.

Mi limito a guardare di nuovo in basso aspettando che succeda qualcosa.

Con mia sorpresa il ragazzo mi lascia il braccio sospirando.

“Guarda che non ti uccido mica per un pezzo di pane, eh. Se ti avessi considerata pericolosa non starei qui a parlarti ”

“Sembravo così terrorizzata?” penso tra me e me e immagino quanto io possa risultare stupida in quel momento.

Alzando lo sguardo mi accorgo dello strano abbigliamento dello sconosciuto davanti a me.

Indossa una tuta giallo limone con dei guanti e degli stivali rossi. Per non parlare della cintura e del lungo mantello bianco che sfiorava il suolo.

“Un’eroe?” penso tra me è me. 

Certo, dei vestiti come quelli non erano indossati comunemente o almeno non nella mia città.

Ad un tratto vedo in lontananza un altro ragazzo, dai capelli di un biondo chiaro quasi cenere, più alto, dirigersi verso di noi. 

“Sensei!” esclama.

“Sensei?!” penso

Mi volto verso di lui riconoscendo subito il famoso “Demon Cyborg” di cui ormai parlano quasi tutti.

Il nuovo eroe giovane, di bell’aspetto (questo non si può negare) e con un passato strappalacrime che sicuramente fa cadere ai suoi piedi sai tu quante ragazze.

Per non parlare del suo corpo quasi interamente robotico e artificiale.

Non mi è mai stato particolarmente simpatico a primo impatto; quando lo vedevo in televisione mi dava l’aria di uno che non è mai soddisfatto, che vuole essere sempre migliore ma in modo superbo.

Certo, non sono nessuno io per giudicare una persona che non conosco e che per giunta come lavoro salva la vita alla gente, ma niente mi vieta di esprimere la mia opinione no?

Tornando a noi, all’arrivo del cyborg la folla, che fino ad ora aveva rivolto il centro degli sguardi sulla mia scena pietosa (a parer mio), subito sposta l’attenzione su quell'inaspettata comparsa.

La trovo un’ottima occasione per “scomparire” ma prima che potessi fare qualsiasi cosa il “biondo”, non curante della gente, mi è praticamente davanti.

Ma chi sta cercando?

“Oh, Genos eccoti. Si può sapere dove ti fossi cacciato?” dice il ragazzo di fianco a me.

Ma questi due si conoscono? Quindi “Sensei" era rivolto a lui?

“Mi scusi ma alcune persone mi hanno fermato per strada e…”

“Ok, ok ho capito, non c’è bisogno che tu dica altro. Conoscendoti se ti lasciassi raccontare nel dettaglio andremmo a finire a stanotte.” lo interrompe.

Io intanto ero rimasta lì in silenzio, non sapendo cosa fare.

Cavoli, ero praticamente andata a sbattere contro il maestro di un classe S.

Non sarebbe potuto succedere cosa più imbarazzante.

Mentre il mio nervosismo aumenta d’improvviso vedo gli occhi ambrati del cyborg puntati su di me e quasi mi viene un infarto.

“Sensei.. lei chi è?”

Detto ciò, giusto per peggiorare ulteriormente la situazione, lo sguardo di entrambi si sposta sul mio e la cosa mi mette abbastanza a disagio.

“Ah, lei è una che ho incontrato casualmente per strada, niente di importante”

Non so se sentirmi sollevata da quel “niente di importante” o offesa ma decido di lasciarlo fare.

Forse non ci tiene a raccontargli l’episodio di prima…meglio così.

Il cyborg a quel punto mi scruta dalla testa ai piedi con fare dubbioso (e devo dire in quel momento mi preoccupai non poco).

“L’ha infastidita in qualche modo, per caso?” il suo tono di voce diventa alquanto minaccioso, tanto da farmi fare qualche passo indietro (non si sa mai).

“No, no! Ma ti pare? Datti una calmata Genos non siamo mica in guerra” risponde l’altro rendendosi conto del cambio di atteggiamento del cyborg.

“E’ ferita” aggiunge il biondo rivolgendosi sempre con quel suo fare serio alle mie gambe e io mi accorgo solo ora della sbucciatura sulle ginocchia provocata probabilmente dalla caduta di prima.

Fantastico…

“N-non è niente di grave!” intervengo io che fino a quel momento me ne ero stata lì senza dire una parola.

Gesticolo nervosamente e intanto noto con grande sollievo che le persone si stanno pian piano dileguando. 

“Sono solo caduta, non-“

“Com’è successo?” Mi interrompe subito il cyborg.

Ma cos’è? Un interrogatorio?

Spero in una risposta da parte dell’altro ma quando mi giro verso di lui in cerca di aiuto questo volta lo sguardo altrove.

Ok, devo cavarmela da sola adesso?

Senza avere il tempo di pensarci troppo me ne esco con un “sono inciampata”

Lo so, ho mentito spudoratamente ma dire di aver sbattuto contro il suo “sensei” come se fosse un palo della luce mentre correvo con del pane rubato da un venditore ambulante non era un’idea geniale.

O mi incute così tanto timore parlargli o forse sono io che ero troppo sotto stress.

Fortunatamente il cyborg sembra iniziare a convincersi della mia “innocenza” (se così vogliamo definirla) e dopo qualche attimo di silenzio l’altro decide di concludere con un “Ora hai finito questa specie d’interrogatorio Genos o hai altro da chiedere?”

Questa frase, con mia sorpresa, bastò a metter definitivamente fine ai sospetti del biondo.

Non so come questo ragazzo riesca a parlare con così tanta sicurezza ad un classe S ma considerando il fatto che quest ultimo lo veda come un maestro mi fa capire che deve avere una certa influenza su di lui.

Ma chi è questa persona? Non ne ho mai sentito parlare eppure per essere il sensei di un eroe come il Demon Cyborg deve essere di un certo livello e quindi avere di conseguenza anche una certa importanza.

“No, ho finito” conclude infine l’altro.

Io intanto, man mano che i due continuavano a discutere su argomenti a me sconosciuti, mi allontano il più silenziosamente possibile fino ad andarmene completamente da lì.

 

https://youtu.be/2OVxTjfLAFw (io metto il link perché questa musica mi è parsa abbastanza azzeccata con il testo ma potete anche scegliere di non ascoltarla c:)

 

E’ sera, ho passato la maggior parte del pomeriggio a riflettere su quello strano incontro chiedendomi se fosse stata davvero una buona idea andarmene da casa.

I miei genitori si sono separati quando io ero molto piccola e non ricordo molto di mio padre.

Sono sempre stata cresciuta da mia madre e dai miei amati nonni. Anche senza un padre ho avuto un’infanzia felice e per questo ringrazio davvero la mia famiglia.

I problemi sono arrivati con il trasloco. Avevo circa 12 anni e non mi andava affatto giù l’idea di dover farmi una vita nuova e lasciare tutto indietro. 

Iniziarono i litigi e io e mia madre ini a dividerci sempre di più.

Se ora ci ripenso cambierei tante di quelle cose, tante di quelle parole che ho detto ma che non pensavo veramente.

Non dico di essere completamente nel torto ma ammetto di essere stata a mia volta egoista nei suoi confronti.

Perché una cosa ti manca solo quando è troppo tardi o non la hai più?

Questi pensieri iniziano a fare parecchio male e sono costretta ad ammettere un volta per tutte la mia debolezza, la mia fragilità.

L’orgoglio può essere importante ma se uno non riconosce i propri sbagli non migliorerà mai.

Ci sono cose che non puoi rimpiangere per tutta la vita altrimenti continueranno a consumarti crogiolandosi nel tuo pentimento.

Ed è proprio per questo che ho deciso di non tornare più indietro, proprio perché voglio imparare ad essere indipendente un volta per tutte e sapermi gestire, pormi degli obiettivi e andare avanti con i miei passi, con le mie scelte.

Non posso continuare a desiderare di poter tornare indietro nel tempo ogni volta.

So di potercela fare e non voglio assolutamente deludere la mia famiglia che mi ha dato così tanto in questi anni.

Ormai ho l’età giusta ed è ora che inizi a farmi una vita che sia anche al di fuori delle mura della casa di famiglia.

Avevo già parlato di questo con mia madre in passato e lei era la prima a dire che sarebbe stata felice nel vedermi crescere compiendo piccoli grandi passi come questi.

Non appena avrò l’occasione la chiamerò di sicuro per dirle che sto bene ma che ho anche deciso di trovarmi una casa mia e anche un lavoro che inizialmente mi metta un po' a contatto con la gente, così da ambientarmi in questa nuova città.

Ricominciare da zero, dimenticare il passato e andare avanti può sembrare difficile ma io l’ho già fatto…Non vedo perché non potrei rifarlo.

 

(stop a 2:35 del video altrimenti continua per un’ora)

 

Mentre continuo a camminare circondata dai ricordi, i miei pensieri vengono bruscamente interrotti da un forte boato proveniente da non molto lontano da me.

Un’esplosione?

Alzo velocemente lo sguardo per notare con orrore la parete di un edificio poco più in là sgretolarsi.

Seguono subito altri botti assordanti accompagnati dalle urla della gente che si precipita fuori dall’edificio.

La mia concentrazione è puntata sulle persone che continuano a correre e non mi rendo conto che il palazzo dietro di me è appena stato colpito violentemente da un oggetto che non sono riuscita a riconoscere data la velocità con cui è stato scagliato.

L’impatto è talmente forte che la struttura cede e inizia a inclinarsi verso di me.

Mi riprendo dalla confusione iniziale (stavano succedendo troppe cose tutte insieme) e comincio a correre più lontano possibile mentre sento il palazzo avvicinarsi sempre più al suolo.

Il cuore inizia a battermi a mille e per un momento ho veramente creduto che mi avrebbe schiacciata.

Non mi prende per un soffio ma la caduta dell’edificio è talmente forte e l’onda d’urto talmente vicina da “lanciarmi” in aria qualche metro più avanti su un cumulo di macerie e polvere.

Le orecchie fischiano terribilmente forte e tossisco svariate volte a causa l’accumulo di polvere creatosi nell’aria.

Il dolore a quel punto è inevitabile ma provo comunque ad alzarmi (i frammenti di muro mi avevano miracolosamente mancata).

Il tempo di mettermi seduta e vengo pervasa da una fitta di dolore allucinante al fianco.

Mi mordo disperatamente il labbro per soffocare l’urlo che mi stava risalendo dalla gola.

D’istinto metto una mano a terra per sorreggermi per poi vederla macchiata di una sostanza rossastra.

Ci metto un pò per comprendere che si tratta di sangue (a causa del buio), del mio sangue.

Un’asta di ferro mi si era conficcata nel fianco e mi stava provocando una sofferenza atroce.

Mi cedono le braccia e mi ritrovo di nuovo stesa per terra con il viso rivolto verso il cielo quasi interamente oscurato dalla polvere.

Ma guarda tu che crudeltà… prima mi metto a fare tutto un piano e un’idea per il mio futuro e subito dopo mi ritrovo in questa situazione assurda.

Che cosa ironica.

Il sangue continua a macchiare il cemento della strada e i miei muscoli sono come paralizzati.

La vista inizia ad andarsene lentamente mentre sento le palpebre farsi pesanti.

L’ultima cosa che sento è l’esclamazione di una persona, seguita poi da una voce familiare che mi dice “Andrà tutto bene, ora ti portiamo via di qui”.

Da qui le i suoni iniziano a mescolarsi e a creare un’eco continuo quasi piacevole.

Vedo una sagoma illuminata da una forte luce gialla e in quel momento mi ricorda il sole, il sole nel bel mezzo della notte.

Poi i miei occhi si chiudono ed è subito buio.
.  .  .
.  .
.
.

Ed eccomi qui che me ne esco con questo 3 capitolo un pò così così.

Già, devo dire che non sapevo proprio come scriverlo e alla fine ho fatto quello che potevo. Perdonatemi se non è un granché ma sono stanca morta e questo capitolo in particolare mi è venuto abbastanza lungo.

Anyway se vedete qualche “orrore” grammaticale non esitate a dirmelo *coff* *coff* ricordo che le recesioni sono sempre bene accette *coff* *coff*.

La storia sta iniziando a crearsi man mano che vado avanti anche nella mia testolina e ho già in mente molte altre cosine belle c:

La protagonista potrebbe presentare delle caratteristiche comportamentali un po' scelte (non so se mi spiego) e inizierò a “personalizzarla” man mano che continuerà la storia proprio perché altrimenti non saprei come andare avanti.

Vi dico solo che sarà una cosa abbastanza lunga quindi armatevi di pazienza e buona volontà c:

Detto questo ci rivediamo alla prossima.

 

Konichiwa

 

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Capitolo 4
*** svolta ***


Il risveglio non è proprio il migliore che io abbia mai avuto ma già è tanto che io sia riuscita ad aprire gli occhi. 

Ci metto un po’ per abituarmi alla luce e dopo qualche secondo riesco a mettere a fuoco, riuscendo, quindi, a capire più o meno dove mi trovi. 

Sono in un letto, in una stanza dai muri bianchi e con una grande finestra sulla parete alla mia sinistra che le conferisce una forte illuminazione.

Da destra parte una fila di altri letti che, però, sono vuoti. Abbassando lo sguardo mi vedo addosso uno di quei classici camici da ospedale e questo non fa altro che aumentare la mia ansia.

Inizialmente mi sento confusa, poi ricordo: i detriti, l’esplosione, le urla, l’impatto della caduta e il sangue. 

Subito mi viene l’impulso di vedere come sta il fianco da cui ho visto fuoriuscire il sangue ma, date le continue fitte di dolore che mi impediscono di muovermi più di tanto, rinuncio. Capisco, comunque, che è stato fasciato e la cosa mi fa tirare un sospiro di sollievo.

D’improvviso la porta che si trova in fondo alla stanza (e che probabilmente si affaccia al corridoio principale) si apre, facendo entrare una donna di bassa statura in divisa da infermiera. 

Appena mi vede sul suo viso tondeggiante si disegna un’ espressione inizialmente sorpresa, che in seguito si trasforma in un caldo sorriso.

“Finalmente ti sei svegliata” mi dice con un tono calmo e sereno.

“Dove sono? Da quanto tempo mi trovo qui? Chi mi ha portata qui?-“ Inizio a fare domande a raffica per poi accorgermi di esagerare e dover darmi una calmata.

“Scusi, è che sono in un continuo stato di confusione e ho troppe domande per la testa.”

“Non preoccuparti, hai avuto una brutta botta, se così si può chiamare, e ora sei in ospedale” dice lei mentre posa alcuni fogli e una cartella sul letto alla mia destra “Hai dormito per qualche giorno e la tua ferita sta ancora guarendo. Riguardo a chi ti abbia portata qui non so risponderti. Non sei l’unica ad essere stata ricoverata di fretta quella sera e, nella confusione generale, non ho capito neanche io chi ti avesse condotta qui. Da ciò che ho visto sei abbastanza sola.” dice con fare sarcastico.

Nel mentre della conversazione, si accinge a cambiare la flebo attaccata al mio braccio, della quale, mi accorgo solo ora.

“A quanto pare, però, gli altri feriti che sono arrivati insieme a te erano tutti casi meno gravi. 

Sei stata fortunata, non hai presentato danni importati ad organi vitali e questo ti ha tenuto in vita fino al tuo arrivo qui. Ora vado a chiamare il medico, dimmi pure se hai bisogno di qualcosa, ad esempio acqua, coperte ecc..ok?”

“Grazie, sto bene così” E’ tutto ciò che riesco a dire e la donna esce dalla stanza con un sorriso portandosi dietro tutto il materiale che poco prima aveva posato.

Qualche minuto dopo arriva il medico e inizia a parlarmi un po’ riguardo la mia situazione e su come siano intervenuti sulla mia ferita. Mi fornisce poi le istruzioni per cambiare la fasciatura e, con mia sorpresa, non mi rivolge alcuna domanda sui miei genitori o su chi mi avrebbe aiutata una volta fuori da lì. 

Forse qui tutto questo è normale… Meglio così. 

Se mia madre dovesse sapere dell’accaduto verrebbe a cercarmi anche a costo di chiamare l’Associazione Eroi. Conoscendola esagererebbe di sicuro. Riconosco a me stessa che tenerglielo nascosto, però, è sbagliato ma lo faccio per il mio bene. Che egoista eh?..

“E un’ultima cosa” aggiunge lui.

“Non abbiamo potuto fare delle trasfusioni data l’incognita del tuo gruppo sanguigno e il poco tempo che avevamo, per cui, se ti sentissi debole o avessi giramenti di testa sta tranquilla, è normale. Ti rimetterai in sesto tra qualche giorno. Se hai comunque bisogno di qualcosa non esitare a tornare qui e chiedere.” forse ha intuito la mia situazione da “vagabonda che si ritrova  sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato”.

“Grazie di tutto” concludo.

Dopo aver preso vestiti e zaino esco dall’ospedale e inizio a vagare per le strade (tenendo comunque un passo lento) non sapendo di nuovo dove andare.

Cammino per un po' fino a quando non vedo un volantino attaccato su una facciata di un palazzo. Un piccolo “Maid Caffè” cerca del personale. 

Prendo il foglio e lo metto in tasca. Ci avrei sicuramente pensato ma non è che l’idea di diventare una maid mi allettasse molto. 

Poi penso “Ma che sto facendo? Che ho da perdere? E’ pur sempre un’opportunità e l’importante è che guadagni qualcosa”.

Riprendendo, quindi, il poster e, leggendo attentamente le righe che indicano la posizione del negozio, mi incammino, cosciente di dover chiedere un sacco di indicazioni stradali e robe varie ai passanti. 

Una bella seccatura dato che la maggior parte dei cittadini mi prende per una che chiede elemosina.

Arrivo finalmente sul posto e aspetto un po' prima di entrare. 

Guardandolo da fuori sembra molto accogliente, con un’ insegna sui colori dell’azzurro e delle grandi finestre che lasciano vedere il tavoli. 

Il tempo di mettere un piede dentro all’edificio e subito mi accoglie una ragazza vestita da cameriera tradizionale.

“Buongiorno come posso aiutarla?” mi dice rivolgendomi un inchino e un sorriso che farebbe invidia perfino ad un bambino.

“Salve, uhm, ho visto questo volantino e diciamo che..uh sono interessata” sono più nervosa di quanto dovrei e credo che la ragazza se ne sia accorta.

“Ma certo, grazie per essere venuta. Non pensavo che sarebbe arrivato qualcuno così presto, sai, abbiamo distribuito i volantini ieri.”

Mi accompagna, poi, in una piccola stanza che sta vicino alla cucina e mentre aspettiamo la direttrice facciamo conoscenza. 

Lei si rivela essere una persona molto dolce e gentile, una di quelle che sembrano degli angeli scesi in terra e che ti danno sicurezza anche solo standoti vicino. 

Scopro poi che il suo nome è Gynn. 

E’ di statura abbastanza alta, i lunghi capelli neri corvini sono raccolti in una coda bassa e una ciocca più corta è raccolta a lato del viso; gli occhi sono tutta una sfumatura di azzurro/grigio e sono incorniciati da occhiali neri dalla montatura rettangolare. 

Insomma bella e dal carattere d’oro (o almeno questa è la prima impressione che mi ha dato).

Continuiamo a parlare e le racconto in breve quello che mi è successo: il mio arrivo qui, l’incontro con quei due e l’incidente.

“Dici seriamente?!” Si esalta lei “Hai veramente avuto una conversazione con due eroi il primo giorno qui in città? E per di più con un classe S! Cavolo, sei fortunata. Io fino ad ora sono riuscita a fare solo qualche foto” Ridacchia un po' in imbarazzo e io mi rendo conto che allora la parte più interessante della mia storia per lei è… la conversazione con quei due. Quindi qui è normale ricevere continui attacchi. Fantastico…

“E dimmi [nome], ti ricordi quale fosse l’eroe di classe S con cui hai parlato? Io li conosco quasi tutti. Mi considero una grande fan dell’Associazione Eroi” afferma sorridendo.

Io le rivolgo uno sguardo dall' aria interrogativa:

“Quindi sei un eroe anche tu?”

Lei mi guarda e si mette d’improvviso a gesticolare nervosamente:

“No no, scherzi? Non durerei neanche una settimana. Mi piacerebbe, sì, ma non avrei nessuna capacità particolare che potrebbe essere utile all’umanità e sarei d’intralcio. 

Mi limito a fare questo lavoro che però mi piace e mi permette di conoscere molte persone simpatiche.” 

Questa sua risposta mi demoralizza un po’ e guardo altrove.

“Capisco. Ah, e comunque l’eroe di cui volevi sapere è Demon Cyborg, di sicuro lo conosci” dico mettendo una vitalità nella mia voce che farebbe a gara con quella di un morto. 

Poi volto lo sguardo verso Gynn per vedere la sua reazione e la vedo prima sbiancare, poi le sue guance si tingono tutto d’un tratto di rosa. Cavoli, quella lattina troppo cresciuta fa questo effetto alle ragazze? Siamo messi bene…

Seguono degli attimi di silenzio quando alla fine mi decido a parlare “Tutto bene?”

Lei si sblocca finalmente:

“Uh? Oh si scusami! E’ che non me l’aspettavo proprio” ride imbarazzata un po' anche per nascondere il rossore.

La situazione diventa talmente bizzarra che mi scappa una mezza risata.

“A quanto pare ho a che fare con una sua fan” dico.

Lei arrossisce il triplo e mi dà un leggero schiaffo sulla spalla:

“Beh…no! Cioè.. forse. E dai non prendermi in giro!”

“Non lo sto facendo. Dai che se lo ribecco per strada ti faccio un fischio” scherzo io.

“Ci conto” risponde lei.

La conversazione va avanti in modo gradevole (quasi ci avevo preso gusto) fino a quando non arriva la direttrice del “Maid Caffè” .

Gynn inizia a raccontarle per filo e per segno la mia situazione attuale e mi sorprende che abbia già imparato tutto.  

Non la lascerei fare se non vedessi che la cosa stesse convincendo la direttrice.

La donna sembra interessarsi e decide di darmi qualche giorno di prova fino a quando non mi sarò dimostrata “degna”.

La ringrazio infinitamente e mentre sono in atto di uscire dal bar (se così si può chiamare) Gynn mi raggiunge da dietro frettolosamente:

“Ehi, uhm..senti [nome]..ti va se stasera tornassi a casa con me? Mi sembra di aver capito che tu non abbia proprio un posto dove stare. Non voglio essere scortese dicendo ciò, mi chiedevo solo se magari avessi bisogno di un po’ di compagnia o di una buona dormita. Che dici, ti va? E poi così domani posso accompagnarti qui senza problemi. Si arriva facilmente a piedi da casa mia a qui e la strada è breve.”

Non poteva dirmi cosa migliore; le rivolgo il miglior sorriso che le potessi fare al momento e la ringrazio tante di quelle volte che lei deve interrompermi per fermarmi.

Così mi incammino, per le strade invernali, riscaldata dalla voce della mia nuova amica (e salvatrice) che mi accompagna durante tutto il tragitto. 

Mi racconta della sua ammirazione per gli eroi, di come varie volte la abbiano aiutata e io mi limito ad ascoltarla. 

La sua voce mi trasmette una sensazione di tranquillità e sicurezza e sono contenta di ricominciare daccapo con un piccolo aiuto.
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.  .
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Saaalve qui sono sempre io. 

Scusate se sono praticamente deceduta ma tra verifiche a raffica e febbre a 39 non sono riuscita a combinare molto. 

In questo quarto capitolo non succede proprio un granché (o almeno per me) ma spero che sia comunque riuscito c:

Vi chiedo, però, di farmi sapere se volete che continui la storia mantenendo l’aspetto della protagonista un “mistero” o se volete che vi dica come me la immagino io.

Eeee, boh, fatemi sapere anche se ho fatto qualche errore madornale (sono ancora reduce dalla febbre, non si sa mai -^-).

Ci vediamo alla prossima 

Buon Natale a tutti.

 

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