25 Citazioni per 25 Storie!

di randomnessUnicorn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Self- Inflicted Pain ( Calliope & Roxy ) ***
Capitolo 2: *** Waiting for you ( Nepeta ) ***
Capitolo 3: *** I will learn to fly (Tavros & Vriska) ***
Capitolo 4: *** Whalecome Love (Meenah x Aranea) ***
Capitolo 5: *** Due cuori spezzati sono meglio di uno (Kankri & Nepeta) ***
Capitolo 6: *** Thank you for the Smile (Feferi & Gamzee) ***
Capitolo 7: *** L’utopia di un desiderio ***



Capitolo 1
*** Self- Inflicted Pain ( Calliope & Roxy ) ***


TITOLO: Self- Inflicted Pain
AUTORE: randomnessUnicorn
FANDOM: Homestuck
RAITING: Verde
GENERE: Introspettivo, triste e generale.
NOTE: AU, HumanStuck.
PROMPT: Mi dicevi di star bene con sorrisi fatti in plastica. {Salmo} 
PERSONAGGI: Calliope & Roxy
NOTE D’ AUTORE:  Ecco la prima storia di questa raccolta senza pretese, la prima fra tante, infatti in tutto dovranno essere 25 storie (finirò nel 2060 ma ok).
L’idea per codesta raccolta è saltata fuori grazie ad una Challenge indetta da una mia amica, in un forum di Fanfiction. Quindi ecco la prima, spero sia di vostro gradimento.
I personaggi principali sono Calliope e Roxy, due personaggi che amo e chi shippo, anche se la fiction non è sulla coppia. Non so che dire, buona lettura!

 

Self- Inflicted Pain

 
È una fresca giornata di autunno, un venerdì per l’esattezza. La temperatura non è ancora fredda e ostile come dovrebbe essere, anzi, è piacevole in un certo senso. Gli alberi si stanno spogliando pian piano delle proprie foglie e il sole gioca a nascondino tra le nuvole, proprio come Calliope che, timidamente, nasconde il viso sotto la sciarpa, mentre segue i propri amici che le camminavano davanti.
Calliope amava stare insieme ai suoi amici, ma era troppo timida per seguire le loro chiacchierate e ridere alle stupide battute di Dirk senza vergognarsi di sembrare stupida ed inappropriata .
Già, si è sempre sentita diversa in qualche modo, indegna di trovarsi nel gruppo “in” della scuola. Fuori luogo perché lei non si considerava affatto “In”, anzi, esattamente il contrario. Dunque preferiva ascoltarli e ridere, silenziosamente, senza farsi notare, in questo modo era felice, od almeno si autoconvinceva che fosse così.
Poi, a casa, sempre e comunque la solita solfa: pranzare, lavare i piatti, litigare con suo fratello perché non voleva aiutarla a fare le pulizie, fare i compiti, litigare nuovamente col fratello, chattare con gli amici, cenare, e leggere qualcosa prima di andare a dormire. Ormai non si aspettava più nulla dalla vita, poteva prevedere ogni cosa che le sarebbe successa durante la giornata, anche gli stessi dialoghi che avrebbe avuto e per quante volte avrebbe sbuffato. Sapeva già tutto, non perché fosse una maga che profetava il futuro, ma perché tutto era monotono e scontato. 
 
* * *
 
Mentre era presa dalle pulizie, Calliope sentì lo squillo del telefono, e fortunatamente riuscì a raggiungerlo in tempo, prima che Caliborn dicesse qualcosa di offensivo a colui che si trovava dall’altra parte dell’apparecchio.
 
«Pron-!» Stava per dire ma . . .
«Callieeeeee!!! » Nemmeno il tempo di alzare la cornetta che un urlo, potutosi udire anche dall’altro capo del mondo, le trapassò le orecchie. Infatti era una sua amica, Roxy; una brava ragazza, malgrado i problemi con l’alcool e l’esagerata euforia che la caratterizzavano.
«Ciao, Roxy! » Le rispose, massaggiandosi l’orecchio dolorante.
«Come staaaiii? » Chiese Roxy, allegramente. Calliope non riusciva a capire come potesse essere sempre così esuberante e piena di energie, forse era merito dell’alcool che ingurgitava ogni singola ora della sua vita, mah. Qualunque cosa fosse, i pensieri di Calliope vennero interrotti dall’amica, che stava aspettando una risposta.
 « Hey!!! Terra chiama Callie, rispondi Callie, passo! » Disse la ragazza, con una voce robotica e statica.
« Oh, scusa, comunque tutto bene, grazie. Tu come stai? » Dichiarò, balbettando leggermente.
« Oh, bella domanda. Una domanda da cento milioni di dollari. Mi fa male la testa, ma non è questo il problema – fa una breve pausa, sospirando- sono confusa, ho bisogno di un consiglio d’amica, e visto che tu sei la mia best friend 4 life ho pensato che mi potessi aiutare » Replicò Roxy, sbuffando alla fine della frase. Il suo modo di parlare era sempre esagerato, così come il suo tono di voce era squillante e a volte confusionario .
«Oh, certo, dimmi tutto! » Rispose Calliope, dirigendosi verso la sua stanza, in modo che nessun’ essere indesiderato – soprattutto suo fratello- avrebbe potuto ascoltare la conversazione o infastidirla, emettendo suoni disturbanti ed imbarazzanti. Poi chiuse la porta alle sue spalle e si sedette sul margine del letto.
 « Oh, Callie!!! Sono troppo fatta per dare delle spiegazioni sensate, ma ci proverò, visto che ti ho chiamato per questo! » Era delirante come al solito, insomma. Sembrava che facesse fatica a parlare.
« Non dovresti esagerare con gli alcolici, altrimenti ti riduci nello stato di non riuscire a creare un discorso sensato » Ribatté Calliope, con tono severo.
« Sì, cioè no, non voglio parlare della mia dipendenza ma di un problema maggiore… superiore!!! Ovvero i ragazzi!!! » Proclamò alla fine Roxy. Quindi si parlava di ragazzi, un argomento che a Calliope non stava molto a cuore, per il semplice fatto che per lei, il genere maschile, era un mistero .
«Cosa intendi dire? » Rispose, alzando un sopracciglio. Era sicura che non avrebbe potuto aiutare la sua amica, non avendo mai avuto esperienze con nessun ragazzo, sarebbe stata inutile. Poco dopo, Roxy interruppe i suoi pensieri perché aveva altro da dire.
« Oh, un ragazzo mi ha chiesto di uscire. Non penso che tu lo conosca, comunque sta nella stessa squadra di Football di Dirk, lui stesso mi ha detto che questo tizio ha una cotta per me. Però io non so se accettare, perché sinceramente non ho voglia, tuttavia è carino e sembra simpatico. Perché la vita di un adolescente è così difficile? Cosa devo fareeeeeee???? Callieeeeeeeeeeeee?!?!?!?! » Alla fine Roxy si mise ad urlare come un’ ossessa, tanto che Calliope ha dovuto spostare la cornetta del telefono per non rischiare di essere nuovamente insordita dalla squillante voce dell’amica.
Certo che Roxy aveva un grande successo con i ragazzi, idem con le ragazze. In fondo lei era sempre amichevole e scherzosa con tutti, perciò era impossibile non volerle bene o provare simpatia per lei. Roxy era estroversa, ben voluta, simpatica e schietta. Mentre, al contrario di lei, Calliope era introversa, solitaria, timida e forse anche noiosa. Non riusciva a capire come una persona solare come Roxy potesse esserle amica, spesso si interrogava su questo quesito, senza darsi una risposta.
« Hey, Callie! Ci sei o devo chiamare chi l’ha visto? » Urlò Roxy, che stava aspettando, per l’ennesima volta, una risposta.
« Oh, scusa, ero sovrappensiero – sospirò lievemente – ti piace questo ragazzo? » .
« Uhm . . . è carino e sembra simpatico, quindi sì, forse… non lo so ».
« Beh, allora dovresti uscire con lui e dargli una possibilità! ».
« E se si rivelasse un’idiota? ».
« In quel caso lo lascerai stare. Mai giudicare il libro dalla copertina! »
« Uhm . . . forse hai ragione. Gli darò una possibilità. Ero sicura che mi avresti dato un buon consiglio, non per niente sei la mia Best Friend 4 Life 4ever & Ever – ride rumorosamente- allora ti farò sapere appena ci saranno novità. »
«  Sì, va bene ».
« Beeeeeeeeeeneeeee . . . allora vado, c’è una certa bottiglia di Whisky che mi sta aspettando, e non vorrei essere così maleducata da farla preoccupare. Ci sentiamo dopo! Byeee best friend. Baci e abbracci! ».
« Ciao, Roxy – ridendo- ci sentiamo».
 
 
Salutò Roxy e si sdraiò sul letto, fissando il soffitto color verde mela. Uno strano sentimento iniziò a manifestarsi nel suo cuore, però non era una sensazione nuova, infatti l’aveva già provata prima, anzi, ormai la veniva a trovare sempre più spesso. Ma che tipo di sentimento era? Di solitudine, inettitudine e insufficienza. Odiava pensare questo, ma Calliope si è sempre sentita inferiore rispetto a Roxy e a tutti gli altri. Sentiva di essere indegna e di non meritare la loro amicizia. Loro non avevano mai detto nulla di offensivo per farle credere ciò, difatti era tutto nella sua testa. Dentro la sua testa pensava di non essere mai abbastanza, di trovarsi sempre un gradino più in basso rispetto agli altri.
Convinta di essere brutta, realizzò che forse era questo il motivo per cui i ragazzi non l’avvicinassero e non l’invitassero mai ad uscire. La ragione per cui nessuno di essi  si interessasse mai a lei era questa, la sua bruttezza.
Questo pensiero la fece esplodere interiormente, tanto che non riuscì più a trattenere le lacrime che, come una bomba ad orologeria, ormai erano esplose, cadendo dalle sue guance pallide. Cercava di trattenere i singhiozzi perché non voleva essere scoperta, nessuno doveva essere a conoscenza della sua sofferenza.
Ancora una volta, doveva autoconvincersi di stare bene con sorrisi fatti in plastica. Per quanto tempo ancora sarebbe riuscita a resistere e a non scoppiare in lacrime davanti ai suoi amici? Cosa le avrebbero detto? Cosa avrebbero pensato di lei?
Il suo torace tremava e si muoveva su e giù a causa dei singhiozzi che aumentavano sempre di più. Prese un cuscino e se lo portò sulla faccia, quella faccia che tanto disprezzava e che desiderava solo vedere sparire. Disdegnava ogni parte del suo viso, ogni cellula che plasmava il suo corpo. Perché non poteva essere apprezzata e bella come Roxy? Perché non poteva avere almeno la metà od un quarto delle sue caratteristiche?
Desiderava soffocarsi sotto quel cuscino, quando ad un tratto il telefono squillò nuovamente. In modo sempre più insistente. Calliope non aveva nessuna voglia di rispondere, tuttavia alzò la cornetta. Prese un profondo respiro e, cercando di trattenere le lacrime, rispose.
 
«Callieeeeeeeee!!! » Era Roxy. Ancora. La persona che tanto invidiava e che, allo stesso tempo, tanto stimava. Calliope odiava se stessa per questo, non voleva provare invidia nei suoi confronti. Non era giusto, perché Roxy non lo meritava. Così Calliope si sentì una persona ancora più terribile.
 «Sì, pronto? » Disse, con uno strano vuoto nella voce, anche se cercò di trattenersi. Doveva resistere e riuscire a recitare quella parte …ancora.
«Scusa se ti disturbo di nuovo, ma stavo pensando. Sai, forse dovrei lasciarlo sulle spine, se gli dicessi subito di sì penserebbe che io sia una ragazza facile, no? Poi vorrei studiare bene la situazione, indagare sul suo conto e vedere se è degno di uscire con la Grande Roxy! – fa una piccola pausa per riprendere fiato- che ne dici?».
Calliope non sapeva cosa dire, infatti furono le lacrime a rispondere per lei; altre lacrime che iniziarono a solcarle il volto. Non voleva farlo, non voleva pensare quello che stava pensando. L’invidia si stava impossessando di lei, di nuovo. Cercava di cacciarla via e di pensare positivo, di essere felice per l’amica, perché voleva aiutarla, lo voleva davvero, ma nel suo cuore si chiedeva ancora perché. Intanto, dall’altro capo del telefono, Roxy le parlava, chiedendo se tutto andava bene, ma nessuna risposta giunse. Calliope era interdetta, muta e confusa.
« Callie, hey?! Tutto bene?! Riesco a sentire fino a qui che c’è qualcosa che non va! » La voce di Roxy era preoccupata e meno chiassosa del solito, anzi, era quasi tremolante.
« Va . . . va tutto … b-bene – presa dai singhiozzi- sto bene… » Mentì, perché niente andava bene, tutto era sbagliato. Lei stessa era sbagliata.
«No, merda! Non va affatto bene. Stai singhiozzando e ci sono solamente due ragioni per farlo: una è per le troppe risate mentre l’atra è per le troppe lacrime. Non mi pare che stessimo facendo un discorso divertente, dunque l’unica opzione rimasta è il pianto. Perché stai piangendo? Cosa è successo? ».
« Niente, credimi … sto bene … » Ripeté, cercando di convincere l’amica, anche se era difficile, visto che non riusciva nemmeno a convincere se stessa.
«Non ci credo! È stato tuo fratello! Cosa ti ha fatto quel maledetto?! Nessuno può trattare male la mia best friend sperando di uscirne illeso!» Disse, urlando.
« No, lui non c’entra niente, non stavolta» Rispose, tirando su col naso, tanto ormai l’ aveva scoperta, non poteva più fingere che tutto andava bene. Non poteva più recitare la parte della ragazzina felice e spensierata.
« E allora cosa c’è? Dimmelo! Devo saperlo, non posso aprire una bottiglia di vino pensando che la mia cara amica sta soffrendo. »
« Beh, non è importante, non preoccuparti, anche adesso non riuscirei a parlarne ».
«Oh, capisco. Allora domani verrai a casa mia, così faremo un grande pigiama party, al diavolo i ragazzi e tutto il mondo. Ovviamente non accetto no come risposta! »
« Oh, va bene, mi farebbe piacere » Rispose, anche se avrebbe preferito stare da sola, passare il week end in solitudine e nella depressione.
Come le avrebbe spiegato tutto? Soprattutto come le avrebbe detto che voleva essere come lei? Per ora Calliope riusciva a sentire solo un calcio nello stomaco, forse era la sua coscienza che la stava picchiando per essere così stupida.
Alla fine rimase ad osservare il vuoto, la sua mente era troppo ingarbugliata anche solo per formare una frase di senso compiuto. Quella notte non cenò nemmeno, perché non voleva vedere nessuno, né tanto meno udire la voce di nessuno.
La notte passò lentamente e pesantemente. La testa di Calliope girava come una trottola, come se portasse addosso un peso abnorme.
No, quella notte era da dimenticare… forse l’intera esistenza era da dimenticare.
 
 
       * * *
 
 
Il tanto inatteso sabato era giunto e le energie di Calliope venivano a mancare. Passò la notte a contorcersi nel letto, quasi fosse presa da improvvisi attacchi epilettici.
No, non aveva nessuna voglia di andare dalla sua amica, forse poteva dirle di stare male, in questo modo si sarebbe potuta risparmiare l’ignobile figura che avrebbe fatto cercando di spiegarle i motivi della sua sofferenza, ma si rese conto che non era affatto una buona idea, perché non ci avrebbe creduto, Roxy aveva un sesto senso  per le bugie, quindi era impossibile ingannarla.
Alla fine preparò la sua borsa ed uscì di casa, dopo aver salutato i suoi genitori e mandato suo fratello a quel paese.
Arrivata a casa di Roxy, non sapeva che fare. Non era per niente pronta e non si era nemmeno preparata delle risposte da darle in caso di domande complicate. In realtà il suo cervello non aveva nessuna voglia di pensare, perché faceva male, pensare era doloroso, visto che riusciva a elaborare solamente idee negative, niente di buono.
Roxy la accolse a braccia aperte e calorosamente. Inizialmente non le chiese niente riguardo il suo stato d’animo della sera prima, anzi, sembrava come se si fosse dimenticata dell’accaduto, delle lacrime che Calliope aveva versato per telefono. Come se nulla fosse mai successo. Calliope ne era dispiaciuta, perché una piccola parte di lei voleva urlare, dire la verità, ma l’altra parte voleva stare zitta perché quella verità era dolorosa, difficile da spiegare.
La giornata passò piacevolmente tra chiacchierate, film, giochi di ruolo ed abbuffate di dolci. Calliope sembrava serena ora; tutte le ansie, i dolori e le preoccupazioni, che prima le stavano distorcendo l’anima, sembravano sparite, per merito dell’allegria di Roxy, dell’amicizia che le aveva dimostrato. Ma la pace non può durare per sempre perché, come abbiamo detto, la verità può nascondersi ma non sparire, infatti riemerse, appena le fu fatta quella domanda.
 
« Callie, riguardo a ieri, stavi bene? Stai bene? » La voce di Roxy aveva colpito Calliope come un pugnale in pieno petto. Quest’ultima spalancò gli occhi verdi, rimasti interdetti. La sua bocca socchiusa non sapeva cosa dire. Come poteva una semplice frase fare così tanto male? Come potevano due semplici parole essere così tanto distruttive? Calliope rimase in silenzio per un po', fissando il pavimento. Non voleva mentire, non più, ma non voleva nemmeno essere odiata dall’amica.
« Allora? Rispondimi, sono seria … e sono sobria, strano ma è così. Sono stata tutta la notte in pensiero per te! » La voce di Roxy era inusuale, seria e determinata, così come il suo sguardo, duro ed irremovibile.
« I-io… » Non riuscì a dire niente, riuscì a sentire solamente i propri occhi inumidirsi. Iniziò a vedere tutto appannato, la stessa figura dell’amica sembrava sfocata.
« Per favore, Callie! Non fare così, qualunque sia il problema, troveremo la soluzione insieme, sono tua amica, anzi, sono la tua super best friend e sono qui per aiutarti. Ma non potrò farlo se prima non mi dici il problema. Sono super, ma non posso leggere nella mente! » Disse la ragazza, poggiando le mani sulle spalle di Calliope. Poi prese un fazzoletto e le asciugò le lacrime che le stavano cadendo lentamente dalle guance.
« No, non sto bene… non ci riesco – prese un grande respiro, cercando le parole giuste da usare- non voglio che tu mi odi, tengo molto alla nostra amicizia».
«Odiarti? E perché mai dovrei farlo?»
« Tu sei una persona fantastica, allegra e gentile con tutti e … - singhiozzando- invece io sono una nullità, inetta e brutta, che non merita né la tua amicizia e né nient’altro » La povera Calliope scoppiò a piangere come una fontana, singhiozzando così forte da non riuscire nemmeno a respirare.
« Ma che stai dicendo? Chi ti ha messo in testa queste assurdità? Sei impazzita? » Urlò Roxy, scuotendola, ma l’altra non rispose, non riuscendo nemmeno a parlare a causa del pianto.
« Tu sei una persona fantastica, creativa e super intelligente, tanto intelligente che spesso mi sento una stupida. Sei una bellissima persona, Callie, credimi. Per favore, smetti di piangere!»
« Non è vero, non lo sono. Io ho sempre desiderato essere come te, perché sei perfetta. Tutti ti amano e vogliono stare con te. Mi sento uno schifo, mi dispiace, capirò se dopo aver detto questo tu mi disprezzerai » Calliope si coprì il viso dalla vergogna. L’aveva detto, aveva confessato la sua invidia,  l’invidia che non dovrebbe esistere in un’amicizia.
«Disprezzarti? Se ci fosse un premio per la cavolata più grande dell’anno penso che lo vinceresti. Non potrei mai disprezzarti, e io non sono perfetta. Una ragazza fatta dalla mattina alla sera che nelle vene ha più alcool che sangue non è perfetta. Tu non sei inferiore agli altri. E se la gente la pensa così andasse a farsi fottere, anzi, ce li mando io personalmente a suon di calci nel sedere!» .
« Davvero non mi odi? Non ti importa se ho provato invidia per te, che sei mia amica? » .
« No, non ti odio, per l’ennesima volta. Anzi, mi sento un’imbecille per non aver notato prima il tuo stato d’animo e per non essermi accorta della tua tristezza. Mi dispiace molto, Callie».
« No, non devi scusarti, anche io sono stata stupida».
«Allora siamo stupide in due, siamo BSFF».
«Ovvero? ».
«BEST STUPID FRIENDS FOREVER!». Disse Roxy, lanciandosi su Calliope per abbracciarla. Entrambe sentivano che loro amicizia si era rinforzata, evoluta in un certo senso. Insieme avrebbero potuto superare tutte le avversità e combattere contro chiunque, anche contro il mostro più pericoloso.
 
Quindi da quel giorno Calliope non fu più costretta a recitare una parte, ma solo se stessa. Non fu più costretta a mostrare sorrisi di plastica, ma solo sinceri. Non fu più costretta a provare invidia verso la sua amica, ma solo affetto. E infine, trovò anche il coraggio di distruggere quell’odio provato verso se stessa; è più facile a dirsi che a farsi, ma finché ci sono amici sinceri su cui contare, tutto è possibile.

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Capitolo 2
*** Waiting for you ( Nepeta ) ***


TITOLO: Waiting for you…
AUTORE: randomnessUnicorn
FANDOM: Homestuck
RAITING: Verde
GENERE: introspettivo, triste, generale.
PROMPT: Scrivere di qualcuno è l’unico modo di aspettarlo senza farsi del male {Alessandro Baricco}
PERSONAGGI: Nepeta
NOTE D’ AUTORE:  Ciao, ecco sfornato il secondo capitolo di questa raccolta. Yeah!!!
Non so perché, ma non riesco a scrivere cose non deprimenti o comunque saaaaddd, buuuu!!! Vabbuo, accontentatevi per ora!
Comunque la one shot parla dei sentimenti che Nepeta prova verso Karkat, sentimenti non corrisposti, come tutti sappiamo.
Spero che recensiate, facendomi sapere cosa ne pensate, grazieee!!!




 
WAITING FOR YOU…
 
 
Il tuo nome è Nepeta Leijon e sei una grandissima Shipper, una di quelle con i contro fiocchi. Potrebbero benissimo chiamarti la Dottoressa Stranamore, visto che adori shippare i tuoi amici, analizzando le potenziali coppie in base alle caratteristiche di ogni troll.
Sul tuo famoso muro delle shipping disegni tutte le coppie che ti aggradano, di qualsiasi tipo: Matespriteship, Moirallegiance, Auspisticism e Kismesissitude.
Coppie Canon, Crack, tutte, perché tu non fai nessuna discriminazione. Ogni pairing è speciale e unico.
Quel muro è l’essenza dello shipping, il tuo orgoglio. Ci sono voluti anni ed anni di lavoro per renderlo così, e ce ne vorranno altrettanti per perfezionarlo ancora di più, perché le ship mutano in continuazione, non puoi distrarti un attimo che una nuova coppia sta sbocciando. Quante coppie sono scoppiate e nate, e tu le conservi tutte. Spesso rimani ad osservare i vecchi disegni delle pairing passate, che ora non ci sono più. Un sorriso malinconico si forma sul tuo volto; il tempo passa così velocemente, senza lasciare traccia. Rimangono solo i ricordi. È come sfogliare un album fotografico, ogni immagine conserva un frammento di vita che vale la pena rammentare. Non ti riguardano in prima persona, ma sei felice di pensare ai tuoi amici ed appoggiarli nei momenti difficili, aiutandoli con i tuoi consigli.
Però tu non shippi solamente gli altri, ma anche te stessa. Infatti ti fermi ad osservare il disegno speciale che raffigura te ed Equius, il tuo carissimo Meowrail. Siete Moirail da tempi immemori, non avresti mai immaginato che sareste arrivati così lontano. Invece è successo, perché il vostro legame è FORTISSIMO, come direbbe Equius.

Successivamente, il tuo sguardo si sposta verso un’altra direzione. C’è un’altra coppia a cui tu tieni molto, ma che ancora non si è realizzata. È la tua OTP. La tua carissima OTP: Karkat x Nepeta, ma sembra tanto lontana dal diventare Canon. Tuttavia continui a sperare. Con tutte le tue forze.
 
Preghi perché Karkat ti noti.
Preghi che lui si dichiari a te, chiedendoti di diventare la sua Kittymatesprit.
Preghi ma ancora non succede nulla.
 
E sai perché?
Perché il suo cuore appartiene ad un’altra. Ad un’altra troll, sappiamo tutti di chi. Lo sai bene anche tu, ma preferiresti non saperlo. Preferiresti continuare ad illuderti che ci sia ancora una possibilità per te. Un’occasione, anche piccola.
Però nessuno ti vieta di fantasticare su voi due. Difatti è quello che fai: fantasticare. Grazie all’immaginazione riesci a riempire quel vuoto; la mancanza dei suoi abbracci, baci, carezze, e anche delle parole rudi e offensive, che riusciresti ad amare comunque.
Già, se non ci fosse l’immaginazione sarebbe ancora più difficile. 
In fondo è sempre la tua OTP, e come tale merita un posto speciale nel tuo cuore.
Ti diletti a disegnare, cantare elogi in suo onore, e  a scrivere, soprattutto. Ti viene in mente una citazione che lessi diverso tempo fa su un libro di un noto scrittore umano di cui non ricordi il nome, perché complicato da pronunciare. La citazione faceva più o meno così: “Scrivere di qualcuno è l’unico modo di aspettarlo senza farsi del male”.
È proprio quello che fai, scrivi di te e di Karkat. Quella frase rispecchia a pieno i tuoi sentimenti e tutto quello che provi verso di lui. Poiché tu lo aspetti, come Penelope aspettava Ulisse. Tu sei qui, sola, ad attenderlo. Aspetti il ritorno del tuo eroe, anche se, al contrario del mito greco, lui non sta aspettando te.
Tante volte ti ha detto, con quella voce dura, ma che suona così dolce alle tue orecchie, che non hai nessuna speranza. Che non sarai mai corrisposta. Che dovresti smetterla di illuderti. Forse lo ha detto per il tuo bene perché, considerandoti sua amica, non voleva farti soffrire, però tu, essendo testarda, continui a sperare di nascosto.
Hai voglia di piangere, ma cerchi di non farlo. Odi piangere. Non ti piace mostrare il lato debole di te, il lato miserabile. Devi sorridere in quanto solo così riuscirai a realizzare i tuoi sogni. Deprimendoti, non potrai mai raggiungere il cuore di Karkat. Devi essere positiva, per questo non mostri mai le tue lacrime.
Non volendo piangere, decidi di sfogarti in altro modo: scrivendo. Quindi vai a prendere il tuo diario segreto, dove scrivi tutti i tuoi pensieri, emozioni, storie e passioni. Dove scrivi te stessa, anche la te stessa che non vuoi far vedere agli altri.
Lo sfogli e inizi a leggere, pagina dopo pagina, quei giorni passati nella speranza che Karkat ti notasse e che ti amasse, speranze vane che non fanno altro che consolidare quelle illusioni.
 
“ :33 <  Caro Kitty-ario,

:33 < sono sempre io, nepeta, ti sono mancata? tu mi sei mancato tanto. e ho tantissime cose da raccontarti.
:33 < oggi ho fatto una lunga e seria chiacchierata con il mio meowrail, equius. gli ho chiesto consiglio riguardo una cosa a cui tengo molto. una cosa che ti ho già raccontato, così tante volte che ormeowai penso ti abbia davvero stufato. riguarda karkitty, che novità, meow?
:33 < ho chiesto ad equius suggerimenti su cosa fare, come comportarmi con lui e come dichiarargli i miei sentimenti. ma è più facile a dirsi che a farsi.
:33 < equius mi ha detto che dovrei buttarmi a capofitto, prenderlo con forza e dirgli tutto quello che ho nel cuore. provare il tutto e purr tutto. non so se sia una buona idea, o se riuscirei mai a farlo. purrò voglio tentare, sono stanca di provare questo sentimento negativo, di illudermi.
:33 < purrciò penso proprio che andrò da lui e gli parlerò. che la fortuna sia con me, e prega anche tu purr me.
:33 < ora vado, ti aggiornerò sulla situazione al meow ritorno.

 
 
* * *
 
:33 < Caro Kitty-ario,

:33 < come promesso, ti aggiornerò riguardo la faccenda di karkitty. cosa dire? non so nemmeno da dove cominciare, so solamente che il meow cuore si è fermato, nel momento esatto in cui lui mi disse quelle cose.
:33 < sono una sciocca, come ho potuto pensare che karkitty avesse posto purr me nel suo cuore? sono un’idiota, proprio come ha detto lui stesso.
:33 < quando sono andata da karkitty, felice e contenta, gli sorrisi, mentre lui mi guardò con la solita espressione rude e infastidita, ma non importava purrché io amo anche quella parte di lui, antipatica e rude.
:33 < poi ho preso tutto il coraggio che avevo in corpo. e intanto il mio viso si tingeva di un verde talmente vivo che avrei potuto illuminare una stanza buia.
:33 < lui mi fissava irritato, sbattendo un piede a terra. il suo sguardo stava purr farmi esplodere. alla fine riuscì a pronunciare quelle parole: “tu mi piaci molto”. non so nemmeno se queste furono le parole esatte, purrché in quel momento tutti i miei sensi erano sotto sopra e la mia mente stava delirando.
:33 < so solo che lui si mise una mano sul volto e sospirò, blaterando qualcosa che non riuscì a capire, e forse è meglio che io non avessi capito. comunque sia mi disse che dovevo smetterla e togliermi queste id33 idiote dalla testa, purrché tra noi non ci sarebbe maow stato niente.
:33 < poco dopo sentì una risata familiare provenire da lontano, che si avvicinava sempre più. era lei. la troll che karkitty amava. purrcepì già da prima il suo odore ma decisi di ignorarlo.
:33 < terezi salutò me e karkitty e poi disse qualcosa che nemmeno ricordo, poiché la mia mente era annebbiata a causa del rifiuto appena ricevuto.
:33 < si mise a chiacchierare con karkitty, tanto che quest'ultimo iniziò ad ignorarmi come fossi un fantasma. così me ne andai via con la coda tra le gambe.
:33 < adesso eccomi qui, a raccontarti le mie delusioni d’amore, che forse nemmeno ti interessano. so soltanto che voglio stare sola e non vedere nessuno.
:33 < voglio stare sola insieme alla mia sofferenza.

 
Queste sono le ultime cose scritte sul tuo diario, da quel giorno non hai più aggiornato nessuna pagina. È passato abbastanza tempo, quasi una settimana. Ripensandoci ora, ti viene una fitta al cuore, e strani pensieri iniziano a prendere forma nella tua testa.
Afferri la penna e inizi a scrivere, con violenza, quasi volessi bucare il foglio, parole senza senso, di amarezza e dolore. Le parole che hai nella mente si stanno pian piano materializzando su quella pagina. Parole reali quanto amare.
 
 :33 < purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché. purrché…
 
:33 < purrché non posso essere come lei? se fossi come lei lui mi amerebbe?!
:33 < mi vorrebbe bene, ma purtroppo non sono lei, sono solamente io.
:33 < voglio essere lei. voglio essere lei, che gli parla, che lo abbraccia, che lo consola quando è triste, che lo fa sorridere, che lo ama.
:33 < purrché ??? purr quale motivo???

 
Lacrime color oliva iniziano a sgorgare dai tuoi occhi, la tua vista incomincia ad annebbiarsi. Ti senti strana, arrabbiata, ma non con lui, solo con te stessa. Butti a terra il diario e la penna, coprendoti gli occhi con le zampe, singhiozzando e tremando. Ti accasci al suolo, continuando a piangere; quella è l’unica cosa che riesci a fare, ormai tutto sembra inutile.
Karkat non ti vuole e mai ti vorrà, questa è la dolorosa realtà che devi accettare. Devi realizzare che le cose non possono andare sempre come vogliamo, e che il mondo è questo, severo e spietato. Un mondo che non segue le nostre regole, ma le proprie.

Però questo non è l’unico mondo esistente! Ti dirò un segreto, cara Nepeta, esistono tanti altri mondi, che seguono le regole decise da te. Sto parlando del tuo mondo, quello che hai nella tua testa, perché quel mondo è solo tuo, nessuno potrà mai portartelo via. Ti appartiene e puoi fare quello che vuoi con esso. Quindi continua a sognare, sperare, vivere, scrivere, disegnare, shippare e tutte le altre cose che ami fare, perché solo così potrai continuare a vivere serena. Non dubitarne mai.
 
Così decidi di asciugarti le lacrime, prendere il diario e la penna, e continuare a scrivere e a disegnare, perché quelle sono le cose che ami fare, e nessuno potrà mai rubartele.

Già, il tale aveva ragione: “Scrivere di qualcuno è l’unico modo di aspettarlo senza farsi del male”, e tu aggiungeresti: forse anche il modo per rendere un'amarezza opprimente qualcosa di divertente.

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Capitolo 3
*** I will learn to fly (Tavros & Vriska) ***


TITOLO: I will learn to fly.
AUTORE: randomnessUnicorn
FANDOM: Homestuck
RAITING: Verde
GENERE: Introspettivo, triste e generale.
NOTE: Raccolta.
PROMPT: Salta! E mentre cadi lascia che ti spuntino le ali. {Ray Bradbury}.
PERSONAGGI: Tavros e Vriska.
NOTE D’ AUTORE:  Yeah, e dopo l’eternità sono tornata, con una nuova storia triste, yeeeeah! La Tarvis è una delle mie OTP, anche se prenderei a schiaffi Vriska per ovvi motivi, ok. Mi sono ispirata ad un video per questa storia, this:
È una storia senza pretese, nata da un momento inaspettato d’ispirazione, sta mattina al bar, intenta a studiare il Rinascimento Italiano, l’ispirazione viene sempre nei momenti come questo: quando dovresti impiagare le tue energie sui libri, ma alla fine non lo fai. Buuuu-!
Spero vi piaccia, lasciate un commentino.  

 

 
 
I will learn to fly.
 
 
 
 
« … mentre cadi lascia che ti spuntino le ali… »
 
Disse una voce, distante ma allo stesso tempo vicina. Era una voce familiare, ma non riuscisti a riconoscerla, non in un primo momento.
 
« Puoi volare. Io credo in te. »

Ripeté la misteriosa voce.  Ti concentrasti maggiormente per capire di che voce si trattasse. Ma certo! Era il tuo amico Rufio! Sì, proprio lui. Tutti credevano fosse un amico immaginario, frutto della tua fervida immaginazione. Però tu hai sempre saputo che si sbagliavano, perché Rufio è reale, non è fantasia. È concreto, proprio come i tuoi sogni e la tua voglia di vivere… proprio come la brutta sensazione che stavi percependo …  

« Tavros… Tavros... Tavros... »

Improvvisamente un’altra voce ha iniziato a rimbombare per la stanza – anche se non eri sicuro esattamente di dove ti trovassi- . Era una voce inaspettata, indesiderata. Questa voce prese il posto di quella di Rufio, che scomparì lentamente.
La nuova voce era prepotente, strafottente e provocatoria. Una voce che avresti preferito non udire. Una voce che non ti mancava, e che fece riaffiorare nella tua mente ricordi troppo dolorosi, rancori pesanti come fardelli.  
 
« Perdente. Tu non sai volare, perché sei solo un perdente. Il re dei perdenti. Sei debole, anche prima che ti spezzassi le gambe, eri già incapace ed inetto. Perdente.
Datemi una P-E-R-D … »
 
«BASTA!»
 
Hai urlato in preda alla furia, tappandoti le orecchie. La voce però non proveniva dall’ambiente circostante, bensì dalla tua testa.
 
La voce non se ne andò, anzi, sembrava più forte e desiderosa di vederti penare.
 
« AH AH AH AH AH AH AH AH !!!!!!!!»
 
Rideva. Era una risata maligna e rauca, che non ti dava pace, anzi, alimentava ancora di più la tua rabbia, per non parlare della frustrazione che stava raggiungendo livelli più alti del precipizio da cui quella strega ti ha buttato.
No, non potevi più reggere tutto ciò. Né il tuo fisico e né la tua psiche avrebbero potuto sopportare tutto questo. Non di nuovo.

« Smettila. Vattene via, non voglio ascoltarti, così come sei entrata allora uscirai, o sarò costretto a cacciarti via io.»

Hai detto alla voce di tu sai chi, con tutta l’incertezza di questo mondo. La tua insicurezza era quasi palpabile, musica per le sue orecchie.
Perché non ammetterlo una volta per tutte e dire al mondo di chi è quella voce? Tutti lo hanno capito, ma tu ancora vuoi tenerlo nascosto al pubblico. Ti fa così paura da non riuscire a pronunciare nemmeno il suo nome?

“Vriska” Hai sussurrato tra te e te, con voce piena d’odio e astio.

« Non farmi ridere, tu non sai combattere. Infatti sto ancora qui, e faccio quello che voglio. Non sei in grado di cacciare i mostri dalla tua testa, come puoi pretendere di combattere i mostri veri, quelli che si trovano nel mondo reale, eh?! »

Continuava a parlare, sebbene non volessi ascoltarla, era inevitabile. Quelle parole erano verità, la dolorosa verità che ti scorreva nelle vene e non ti faceva dormire bene di notte, o vivere serenamente di giorno.  Ma cos’era la vita ormai? Un cumulo di incertezze e paura, che avevano solo un volto, un solo nome, un solo aspetto. Il suo. Avevano le fattezze di lei.

« Lasciami in pace! Non ti ho fatto niente di male. Perché continui a perseguitarmi così? Per quale motivo? »

Hai urlato, e lacrime color cioccolato iniziarono a solcarti le guance. Sapevi che un comportamento simile era sbagliato, soprattutto con lei. Piangevi ugualmente, almeno questo doveva concedertelo.

« Niente, tu non mi hai fatto niente. Tu non fai mai niente, è questo il problema. E non piangere come la mammoletta che sei, non fingi nemmeno di sembrare forte.
Non essere cieco, Tavros. Basta con questa pagliacciata del “credere che ti spunteranno le ali” perché non accadrà mai. La vita è crudele, e se tu non lo hai ancora capito, allora arrangiati, non posso spiegartelo in eterno.
Credere non serve a niente, alimenta solo le tue mere illusioni, e ti rende ancora più miserabile di quanto tu non sia già. I sogni sono per le persone inutili, che non sanno prendere in mano la propria vita, che non sanno agire. La vita è per chi sa rischiare e manovrarla, è per quelli come me.
Sì, Tavros, io ho in mano la mia vita; posso toccarla, annusarla, cambiarla come e quando voglio. Tu hai in mano la tua vita, Tavros? No, perché la tua vita è sempre stata in mano mia.»

« No, non è vero, stai mentendo!»

Hai gridato con tutto il fiato che avevi in corpo, cercando di mandarla via, di eliminarla dalla tua mente. Ma fu impossibile, lei faceva parte della tua mente, e la stava controllando.

«Tu non sei reale, sei frutto del mio inconscio, che si sta prendendo gioco di me, non è vero? »

« Oh, frutto del tuo inconscio, eh? Proprio come Rufio e tutte le altre insulse favole in cui credi? »

« No, loro sono reali! E Rufio crede realmente in me… quello che tu non hai mai fatto.»

« Allora inizierò anch’io a credere in te, se è questo che vuoi.»

«Davvero?»

« Certo, infatti credo proprio che ora volerai come mai hai volato prima, anzi, volerai più dell’ultima volta. Sei pronto, caro Pupa Pan? Tanto hai la forza della fede dalla tua parte, cosa mai potrà capitarti?

Quindi … Salta! E mentre cadi lascia che ti spuntino le ali… »
 
Quella stessa frase, pronunciata da Rufio poco tempo prima, ripetuta da lei, sortiva un effetto diverso, portava con sé qualcosa di spaventoso, malato e perverso. La voce di Vriska aveva su Tavros l’effetto di un trapano sparato diritto nel cranio.

« Vola… Pupa… vola.»

Furono le ultime parole che riuscisti ad ascoltare.
 
Povero piccolo sognatore, le tue ali si sono – nuovamente- spezzate, ancora prima di spiccare il volo. Quella non era la libertà che desideravi, affatto. Non poteva nemmeno essere definita libertà. Era persecuzione. Dolore. Pianto. Paura. Buio, l’unica cosa che riuscivi a vedere al di là delle lacrime.
 
Così tutto venne risucchiato dalle tenebre.


 
* * *

 
 
« Tavros, hey, ci sei?»

Una voce ti stava chiamando, ma tu stavi ancora immerso nel mondo dei sogni, più o meno. La solita voce familiare, che hai appena lasciato nei tuoi sogni, si è ripresentata nella realtà, ma stavolta con un tono diverso, materno e gentile. La stessa voce che poco tempo fa ti ha chiamato “perdente” e che ti ha buttato giù da un precipizio, in mezzo al vuoto, ricordi? Puoi rammentare il passato, Tavros? Puoi accettare il presente? Ed accogliere il futuro? Puoi perdonare?

« Sì, sono sveglio. Sono un po’ intontito, ma sto bene, uhm… credo…» Dissi spaesato, portandoti una mano sulla nuca, osservando gli occhi vuoti e bianchi di colei che si era pentita, che diceva di essere cambiata, anche se ne dubitavi, giusto un po’. Tu credi che Vriska sia come i suoi dadi, che hanno tante sfaccettature, l’una diversa dall’altra, ma il dado è uno solo, è sempre lo stesso, per quanto possa tentar di cambiare, non può, la base rimane invariata. Il lato oscuro di Vriska esiste, non puoi ignorarlo, non puoi essere cieco in eterno, lei stessa te lo ha detto.

« Credi? Pare che tu abbia appena visto un fantasma, e non parlo di me – essendo morta-» disse lei, con tono sarcastico, e sembrava realmente preoccupata, o forse era semplicemente convinta di essere diventata una persona migliore e più matura rispetto a prima. Credi nelle fate, e non puoi credere in questo?

« Ho fatto un brutto sogno, un incubo. Sembrava così reale, spaventoso… uhm … » ricordare quell’incubo non sarebbe stato d’aiuto, anche se ti aveva fatto riflettere, sì. Ti ha fatto rammentare brutte situazioni, che speri che mai si ripeteranno. Ma possiamo esserne tanto sicuri?

« Che incubo era? Puoi raccontarmelo se vuoi, o hai paura? »
« No, non è questo, solo che … »
« Solo cosa? Pensavo che avessimo chiarito, dopo la brutta esperienza che abbiamo passato insieme, non ci dovrebbero essere più segreti tra di noi. Non ti giudicherò, se è questo che temi.»
« Uhm… beh, quel sogno, uhm… riguardava te, ecco. Cioè, forse non eri davvero tu a parlare, forse era una parte oscura della mia mente, sai, uno di quegli omini che abbiamo nel cervello, che ci ricordano quanto siamo deboli e … perdenti? »
« Cosa intendi dire? Spiegati meglio, posso leggerti nella mente, sai che posso farlo, ma non lo sto facendo, perché sono cambiata. Sono una persona migliore adesso.»
« Uhm… quanto può migliorare una persona che ha portato alla morte i propri amici solo per egoismo personale…? uhm… ?»
« Cosa stai cercando di dire? Mi stai forse rinfacciando il passato? Sai benissimo che posso cambiare, non sono una mammoletta che si arrende davanti al primo ostacolo, non sono come te.»
« Già, non sei come me, e io non potrò mai essere come te. Perché io non avrò mai il coraggio di fare quello che hai fatto tu, nemmeno tra un milione di anni, uhm, e nemmeno vorrei farlo.»
« Pensi che sia un mostro, vero? Ammetto di non essere stata carina nei tuoi confronti, ti ho portato alla paralisi, sì, e ti ho ucciso… ma siamo ancora qui, no? Se abbiamo superato quello, possiamo superare qualsiasi cosa, non credi?»
« Non credo più in niente in questo momento. Tu stessa mi hai detto che la vita è crudele, che non bisogna aggrapparsi ai castelli in aria perché sono destinati a cadere, proprio come tu mi hai fatto cadere da quel burrone. Ci sono cose che non possono essere nemmeno aggiustate, alcune cose sono irreparabili.»
« Che stai dicendo? Il passato è andato, però il futuro è qui, e possiamo cambiarlo. Possiamo pro-»
« Siamo morti, che soluzione hai per la morte? Una vita spezzata non può essere riparata, uhm… e nemmeno i sentimenti possono …»
« Mi stai dicendo che è tutto finito? Beh, se vuoi scrivere la parola fine, fallo pure. Non ho nessun rimpianto, se proprio non vuoi darmi retta, ok. Posso fare a meno di te, posso fare a meno di tutti voi. In fondo sono sempre stata da sola, ci sono abituata. E poi non è colpa mia, non completamente,  in fondo anche tu hai sbagliato, così come gli altri. Perché dipendete tutti da me, e da soli non sapete fare niente. Questa è la verità.»
 
Ci sono cose che non possono mutare in questo mondo. Persone che malgrado gli sforzi, resteranno sempre le stesse. Caratteri che possono essere mascherati, ma dietro la maschera il proprio e vero io resta invariato. Lo hai capito, proprio grazie a lei, forse te ne pentirai, ma almeno sarà una decisione presa da solo. È più bello rimpiangere errori commessi da sé,  che errori commessi da altri sulla propria pelle, non è vero, Tavros?
 
« Uhm… sei tu che vuoi che gli altri dipendano da te, e sono stanco anche di questo, uhm. L’unica cosa in cui credo ora è che, uhm… sono sicuro di poter volare da solo da oggi in avanti, senza di te. Almeno per una volta voglio essere artefice del mio destino. Troverò le mie ali e riuscirò a volare.»

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Capitolo 4
*** Whalecome Love (Meenah x Aranea) ***


TITOLO: Whalecome Love
AUTORE: randomnessUnicorn
FANDOM: Homestuck
RAITING: Verde
GENERE: Generale, comico, romantico.
NOTE: AU, HumanStuck.
PROMPT: Proprio dall’inizio sei stato un ladro mi hai rubato il cuore. {P!nk}
PERSONAGGI: Meenah & Aranea
NOTE D’ AUTORE:  Ormai io pubblico le cose a rate, ogni morta di papa, ma che posso farci, sono stata occupata con l’università, gli esami, la malinconia ecc. l’ispirazione è birichina e fugge, va in vacanza mentre io sgobbo. Spero che questo capitolo possa piacere a qualcuno, loro sono una delle mie OTP e quindi badate bene a lasciare un commentino u_u

 

Whalecome Love

 
Non sei il tipo che si prende una sbandata per qualcuno così facilmente. Tu sei una ragazza modello, non dovresti innamorarti della prima rockettara che passa. Sì, ti sei innamorata della persona meno raccomandabile della scuola: Meenah Peixes.  
Inizialmente non ti piaceva, anzi, la trovavi odiosa, prepotente e attaccabrighe, così diversa da te. Hai sempre pensato che lei fosse un tipo strano, detestabile e irritante. I tuoi sospetti ebbero l’ennesima conferma il giorno in cui lei invase l’aula di lettura, senza chiedere il permesso, come se fosse la regina incontrastata del mondo. L’aula di musica era occupata e Meenah ha avuto la brillante idea di cacciare voi, i secchioni della scuola e quindi indegni di condividere la stessa aula con lei, non che tu volessi condividerla a tua volta. E la sua rumorosa musica ti avrebbe solo distratto e fatto uscire dai gangheri. Tu e i tuoi colleghi del club del libro alla fine siete stati costretti ad andare in cortile, accampati come dei senza tetto, incompresi, umiliati e disagiati. La rabbia fremeva dentro il tuo corpo, ma dovevi mantenere la calma, eri o non eri una studentessa modello? Le apparenze esistono per una ragione. Non sarà certo una ribelle del genere a farti perdere la retta via.
 
***
 
Un giorno ti capitò per sbaglio tra le mani il CD di niente popò di meno che Meenah Peixes. Non avresti mai immaginato che lei avesse composto un disco, ma ricca sfondata com’era non dovevi porti così tante domande al riguardo. Lo hai trovato nell’aula di lettura, posato sulla cattedra, qualcuno lo avrà dimenticano. Avresti voluto buttarlo via, però la curiosità ha avuto la meglio su di te, così hai finito per ascoltarlo. Hai inserito il CD nell’apposito lettore e hai spinto PLAY.
 
I titoli delle canzoni erano strani, buffi e ridicoli. Hai riso per mezzora ascoltando la traccia “You’re my little Bubble Fish”, oppure “Dolphinitely Yours”, “Water you glubbing?”, “Make my fins shiver”. La ragazza aveva un fetish per i pesci? O forse dovevi dire fet-fish? Ok, tutto questo non aveva senso e stavi impazzendo. Trovavi tutto ciò strampalato ma così divertente. Era originale in fondo, e senza nemmeno accorgertene hai ascoltato tutto il CD, più di una volta. Non avresti mai ammesso che quella roba ti stava piacendo. Né tanto meno avresti ammesso di desiderare conoscere Meenah più profondamente. Dopo aver ascoltato la sua musica ti sei resa conto che forse ti sbagliavi; l’hai giudicata troppo presto? Forse lei aveva bisogno di qualcuno che la comprendesse davvero, che potesse starle accanto e che l’avesse accettata per quello che è. Era una ragazza diversa dalle altre, proprio come te. Non aveva trovato il suo posto nel mondo, dunque sfogava i suoi rancori nella musica, niente di male in questo, pensavi, però avevi voglia di saperne di più. Era stato amore al primo ascolto? Il solo pensiero ti ha fatto arrossire.
 
***
 
Ti senti strana, eccitata e intorpidita allo stesso tempo. Non sapevi cosa fare, né cosa dire. In questo momento, non sai nemmeno come sia successo, ti trovavi davanti a lei, con il suo CD in mano, a chiederle l’autografo.
 
«Hey, tu, con la faccia da pesce lesso, come ti chiami?»
«Aranea… Aranea Serket.»
«Ah, il tuo viso non mi è nuovo, sai?»
«Davvero?»
«Sì, ora ricordo! Sei la tipa che ho sfrattato, insieme a tutti gli altri secchioni, dall’aula di lettura la scorsa volta, vero? Sei il capo dei secchioni!»
«Sfrattato non è una parola propriamente corretta, ce ne siamo andati di nostra spontanea volontà, cortesemente. E non utilizzare il termine secchiona, non è carino. Siamo solamente studenti che si applicano maggiormente rispetto agli altri. Studenti modello.»
«Che due anemoni.»
«E in ogni caso mi devi un favore, Miss Fish.»
«Davvero?»
«Sì. Non ho –ancora- spifferato niente al preside riguardo la faccenda delle chitarre rotte trovate nell’aula di musica proprio quando voi stavate facendo le prove.»
«Non oserai boccheggiare in giro, eh?»
«Potrei, sono in buoni rapporti con il preside. Sono la sua allieva preferita.»
«Oh, va bene. Cosa vuoi?»
«Esci con me!?»
 
La ragazza di fronte a te rimase interdetta, non si sarebbe mai aspettata tanta sfacciataggine da una perfettina come te. Il suo volto confuso mutò in un ghigno divertito. Ridacchiò.
 
«Mi piace la tua grinta, sei una pesciolina furba e tenace.»
«Bene, ci vediamo. E grazie per l’autografo.»
 
Potevi ritenerti soddisfatta, oggi la pesca è stata davvero soddisfacente. Dovevi ammettere però che sei stata nervosa, le parole ti sono uscite con naturalezza, ma hai temuto che lei potesse aggredirti o prenderti in giro dopo quell’affermazione. Eri cotta, anzi, fritta come frittura di pesce.
 
Ti sei diretta verso il banco di Meenah, e hai scritto su un foglietto il tuo numero di telefono, ed un dedica, una frase di una canzone di Pink:
 
“Proprio dall’inizio sei stata un ladro, mi hai rubato il cuore.”
 
Non sapevi perché, ma l’espressione ladro le si addiceva molto bene.
 


-The End-

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Capitolo 5
*** Due cuori spezzati sono meglio di uno (Kankri & Nepeta) ***


TITOLO: Due cuori spezzati sono meglio di uno…
AUTORE: randomnessUnicorn
FANDOM: Homestuck
RAITING: Verde
GENERE: Introspettivo e generale.
NOTE: No Pairing
PROMPT Sarebbe bello ricordarsi anche di chi non ci lascia vistose cicatrici. {Vasco Brondi} 
PERSONAGGI: Nepeta & Kankri.
NOTE D’ AUTORE: Non so perché ma vado molto fiera di questo capitolo, è il più lungo scritto fino ad ora di questa serie. Mi sono impegnata seriamente molto per cercare di scrivere qualcosa di buono, e di rendere IC Kankri, che mi ha davvero divertito un sacco, se devo essere sincera. La storia parla dell’incontro tra Nepeta e Kankri, ma non vi dico altro. Spero che possa intrattenervi. Alla prossima.  
 

 
 
 
 
Due cuori spezzati sono meglio di uno
 
 
 
 
 
Tutto seguiva il suo –noioso- corso nell’universo delle Dream Bubble. Già, il dopo vita poteva risultare davvero tedioso, avendo tanto tempo a disposizione ma nessuno con cui trascorrerlo, Nepeta non sopportava più questa “vita” dedita solamente all’oziosità; fatto sta che qui il tempo era pressoché infinito, lo spazio mutabile e tutto pareva così spoglio, morto, uguale a se stesso. La giovane troll non ne poteva davvero più di questo stile di “non vita”. Perfino la parola esistenza non aveva più senso o significato. Non rimpiangeva il passato, tutto sommato questo posto non era così male, poteva dedicarsi alle attività che più le interessavano senza preoccuparsi della volubilità del tempo, come invece faceva nella realtà. Sotto questo punto di vista non poteva certo lamentarsi. Aveva conosciuto anche la sua discendente, Meulin, anch’ella patita di OTP, fandom e giochi di ruolo, proprio come Nepeta, per non parlare dei suoi amici: carne fresca da shippare senza ritegno come se non ci fosse un domani, ed effettivamente il domani poteva considerarsi inarrivabile; il tempo era andato in vacanza, no?
Nepeta ora si stava prendendo una pausa dalla durata indefinita, lunga quasi un’eternità, per quanto potesse importarle, dopo una faticosa giornata trascorsa insieme a Meulin; giornata consacrata allo shipping compulsivo ossessivo, nuovo sport nazionale che vedeva le due leonesse campionesse ineguagliabili. Nessuno sapeva chi tra loro fosse quella più appassionata, per ora erano costrette a condividere il podio, e ce ne sarebbe voluto di tempo finché qualcuno le avrebbe sconfitte.
La collina su cui stava sonnecchiando Nepeta era ventilata e confortevole, circondata da fiori di campo, alberi maestosi dalla chioma verde e folta, e nell’aria riecheggiava l’armonioso canto degli uccelli. Nepeta aprì gli occhi e una grande vastità di blu invase la sua vista. Il blu del cielo le ricordava il suo amato Moirail, Equius, che stava sicuramente lavorando a qualche aggeggio elettronico lontano dalla comprensione felina della povera Nepeta, che di elettronica non ci capiva un bel niente, non che fosse interessata a comprenderla, almeno finché questa attività non avesse portato migliorie nel campo dello shipping, in quel caso sarebbe stata più che lieta di curarsi all’argomento. Intanto aveva deciso di dilettarsi nell’osservazione delle soffici e candide nuvole che volavano pigramente nel cielo. Le nuvole assumevano le forme più bizzarre, e la piccola troll adorava scrutare le immagini nuvolose che si creavano nella volta celeste, come se esse fossero vive e si unissero in una sorta di accoppiamento o danza amorosa. Nepeta amava pensare che lassù le nuvole si stessero baciando, coccolando e altre cose che le nuvole innamorate fanno. Un nuvola aveva le sembianze di un gattino, inutile dire che alla sua vista Nepeta fece un balzo, come se fosse stata colpita da una scossa elettrica. La nuvola gattino dal pelo bianco e candido volava nel cielo accompagnata dal vento, che man mano diventava sempre più forte, rendendo il passo del micio batuffolino ancora più rapido. Nepeta decise di seguirlo, non voleva abbandonare il suo nuovo amichetto, che chiamò Bianchino. Continuò a rincorrere Bianchino senza curarsi di dove stava andando, fatto sta che inciampò sulla prima pietra incontrata nel cammino, producendo un botto appena si schiantò a terra. Nepeta miagolò un gemito di dolore e iniziò a massaggiarsi le tempie. Intanto il suo cappello era volato via, rotolato giù per la collina. Nepeta alzò lo sguardo e frettolosamente lo inseguì. Il cappello si fermò ai piedi della collinetta, e subito la ragazza si mise in posizione d’attacco, a carponi, facendo oscillare la coda e muovendo il sedere allo stesso ritmo, per poi balzare sulla preda inerme davanti a lei.  “Ti ho preso!” Esclamò la troll appena riprese possesso del cappello. Anche stavolta la grandissima cacciatrice Leijon aveva vinto la battaglia.
Distratta, non si rese conto che nel frattempo il paesaggio era mutato, e anche Bianchino era sparito nel nulla, lo stesso cielo era diverso. Dove era finita? Si guardò intorno cercando di capire dove si trovasse. Improvvisamente ebbe un déjà-vu; questo luogo non le era nuovo, ci era già stata prima ma non ricordava bene quando, i ricordi della sua vecchia vita erano così confusi. Si concentrò al massimo per rammentare, poiché dimenticarsi le cose in questo modo la rendeva nervosa. Dopo diverso tempo finalmente la lampadina si illuminò e rammentò il posto in cui si trovava: la casa di Karkat. Al solo pensiero del suo amato gli occhi di Nepeta si riaccesero, per quanto fosse possibile che gli occhi di un cadavere potessero brillare, anche se in quel momento si sentiva più viva che mai.
Decise di andare a trovare il suo amico Karkat, che sicuramente sarà stato felice di vederla; lo sperava con tutto il cuore, così come sperava che lui le potesse dare una possibilità, magari la morte le avrebbe portato in qualche modo fortuna. Poteva immaginare la scena vividamente: lei che corre a rallentatore da Karkat, che l’attende a braccia aperte sulla soglia dell’alveare. Lo raggiunge e l’abbraccia appassionatamente, lui fa altrettanto, facendola volteggiare in aria come una sposa con uno sguardo ricolmo d’amore.
 
Nepeta poteva immaginare anche il dialogo che ci sarebbe stato:
 
 “Oh, Karkitty, quanto mi sei mancato, amore mio adorato?”
“Non quanto tu sei mancata a me, mia cara Neppy!”
“Oh, non puoi immaginare quanto io sia rossa per te, meow!”
“Anche io, i sentimenti che provo per te sono più rossi del mio sangue mutante!”
“Oh, Karkat!”
“Oh, Nepeta”
E i due si baciarono ardentemente, e vissero felici e contenti per l’eternità.
 
Nepeta diventò verde quanto il prato su cui stava camminando, fantasticare in questo modo non era molto salutare, visto che queste cose nella realtà non sarebbero mai successe, figuriamoci se Karkat avrebbe detto mai quelle smancerie. Mai nella vita (e nella morte se è per questo). L’emozione ormai era implacabile, quindi la troll si mise a correre verso l’alveare di Karkat, più veloce della luce, tanto che nemmeno prestava attenzione a dove camminava (o a chi calpestava). L’unica cosa importante in quel momento era vedere il suo amore.
La sua corsa si fermò appena intravide qualcuno in lontananza, qualcuno che somigliava vagamente a Karkat; quel troll sembrava essere alto come lui e il taglio dei capelli era simile. Sì, doveva trattarsi per forza di Karkitty. Con tutta l’energia che aveva in corpo, Nepeta fece un salto imponente, atterrando su il presunto Karkat. Si trovava praticamente sopra di lui, e, avendo conficcata la testa nella sabbia come uno struzzo, non poteva scorgere bene il suo viso.
 
“Sei mio, Karkitty, meow!”
 
Disse la ragazza, sghignazzando.
Peccato che l’unica risposta che ricevette fu un mugolio indefinito, visto che il tale non poteva muoversi, essendo schiacciato lì sotto senza possibilità di fuga.
 
“Oh, scusa, mi sposto subito.”
Nepeta si spostò sedendosi accanto a lui. Il ragazzo si mise in ginocchio, pulendosi il viso con la lunga manica del maglione rosso. Nepeta guardò con più attenzione e si rese conto che questo troll non era il suo Karkat, però ci somigliava. Questo tizio aveva le stesse corna, gli stessi lineamenti di Karkat, ma non era lui, no; indossava un maglione rosso vivo che pareva stargli quattro volte più grande, sembrava qualche centimetro più alto, e la pettinatura era diversa, anche l’espressione del viso sembrava più seria rispetto al troll che Nepeta conosceva. Sì, era qualcun altro, questo stava a significare che aveva importunato uno sconosciuto, facendo una bella figura di cacca, come si soul dire.  Il troll molestato si alzò in piedi, sbuffando e pulendo il suo maglione dai residui di terra. Nepeta si alzò in piedi, era tempo di scusarsi.
 
“Mi dispiace di esserti saltata addosso, ti ho scambiato per un’altra persona. Capita.”
 
Disse, tenendo lo sguardo basso, con il viso che le stava diventando verdognolo a causa dell’imbarazzo.
 
“Già, credo proprio che tu abbia preso un granchio. Non so chi tu sia ma non è carino saltare addosso alle persone in questo modo, di spalle, senza che loro possano nemmeno accorgersene, o difendersi nel caso tu fossi stata un male intenzionato. È un atto imprudente. La prossima volta accertati di chi hai di fronte a te, e sii sicura che quello su cui stai puntando sia davvero il troll che cerchi, piuttosto che buttarti a capofitto sugli sconosciuti. Avresti potuto ferirmi in qualche modo, o avresti potuto ferire te stessa se accidentalmente fossi caduta su qualche roccia spigolosa, specialmente in un luogo come questo non è sicuro lanciarsi senza adeguate protezioni, non ci sono nemmeno ospedali in giro, o qualche tipo di pronto soccorso. Ah, e non è rispettoso da parte tua non guardare negli occhi l’interlocutore con cui stai parlando, ma immagino che tu sia sinceramente imbarazzata per ciò che hai fatto e per questo accetto le tue scuse.”
 
Aveva finito? Davvero? Nepeta rimase assopita, fissando il vuoto per tutto il tempo in cui lui stava parlando. Quello strano tipo ha iniziato a parlare dicendo tutto quello che non andava, facendole una vera e propria predica. Aveva ragione, tutto quello che aveva detto era giusto, però avrebbe potuto essere meno puntiglioso. Però ha accettato le scuse, anche se ci ha messo tanto per dirlo. Poco male.
 
“Il fatto è che ti avevo scambiato per un mio amico, Karkat”.
 
Ha confessato, e aveva la sensazione che quest’affermazione avrebbe infastidito ulteriormente quel troll chiacchierone. Nepeta si stava già preparando per una nuova paternale. E aveva ragione, poiché il troll dal maglione rosso incominciò a spiegare che essere scambiati per qualcun altro non era affatto piacevole.
 
“Ah, intendi il mio discendente? Lo conosco. Mi dispiace averti deluso, non sono Karkat, come puoi vedere. E mi sento il dovere di informarti che non è carino essere scambiati per un’altra persona; non che essere equivocato per Karkat mi provochi dispiaceri, ho un profondo rispetto nei confronti di quel ragazzo, malgrado la sua indole rozza e le sue discutibili maniere di porsi poco idonee al galateo, che non fanno altro che provocare disagi e imbarazzi al prossimo. Ho tentato più volte di spiegargli che certe sua affermazioni, palesemente volgari, possono causare problemi anche di grave entità, ma lui continua a rispondermi in maniera sgarbata, definendo i miei insegnamenti come “cazzate”. Tutto ciò è frustrante.
Oh, scusami, non avevo intenzione di annoiarti con i miei discorsi da maestro incompreso. È solo che trovo il suo modo di fare estremamente poco consono alle regole del vivere civile. Tutto qui.”
 
No, l’eternità non sarebbe bastata per lui e per tutte le sue parole. Diceva di stimare profondamente Karkat, eppure ne stava parlando male, definendolo rozzo, volgare e dalle “discutibili maniere di porsi poco idonee al galateo, che non fanno altro che provocare disagi e imbarazzi al prossimo”; forse lui era l’unico ad esserne infastidito. Tutto questo non aveva senso, e Nepeta non desiderava altro che scappare via, chiudersi nel suo alveare, pensando alle meravigliose coppie che la sua nuova amica Meulin le aveva fatto scoprire.
Perché stava ancora ascoltando questo strano tipo di cui nemmeno conosceva il nome? Ecco che stava per riprendere a parlare.
 
“Mi sento profondamente mortificato. Non mi sono ancora presentato. Il mio nome è Kankri Vantas, e, come avrai già capito, sono il discendente di Karkat Vantas. Avrai intuito anche che io e lui abbiamo attitudini diverse, siamo completamente differenti sotto ogni aspetto. Non credo che questo ti riguardi. Io, invece, con chi ho il piacere di parlare? Sempre che la mia domanda non ti crei qualche sorta di disagio.”
 
Il ragazzo dal maglione rosso era un grande chiacchierone, però a modo suo sapeva essere educato, a parte le brutte parole riservate al suo discendente, che a quanto pareva non rientrava nel canone di “ragazzo per bene” di Kankri. Quest’ultimo era un troll con un grande senso della giustizia sociale, che non sopportava le iniquità, le differenze tra classi e le discriminazioni nei confronti delle minoranze. Per questo stava sempre attento alle parole che utilizzava per non rischiare di offendere l’altro, e non cadere anche lui nel girone degli irrispettosi che meritavano un posto nell’Inferno dei dannati che Kankri chiamava “privilegiati”. Combatteva per il bene comune e il rispetto dei diritti inalienabili che ogni troll possedeva dalla nascita. L’unico problema era che il giovane troll dal maglione rosso non veniva preso molto in considerazione dal resto dei suoi amici, anzi, veniva continuamente schernito, criticato ed evitato a causa del suo modo di parlare e dalla elevata quantità di parole – necessarie- che lui utilizzava durante i suoi lunghi sproloqui.  Per questo motivo si sentiva frustato e incompreso, e passava la maggior parte delle sue giornate in solitudine, riflettendo su quanto il mondo fosse ingiusto e le persone menefreghiste e superficiali.
 
Nepeta rimase ad osservarlo con una espressione interrogativa sul volto. Doveva rispondergli altrimenti il tipo si sarebbe perso in atre affermazioni inutili.
 
“Io sono Nepeta Leijon, piacere di conoscerti, meow.”
 
Ha detto semplicemente, nel modo più normale possibile visto che l’altro era attento ad ogni parola pronunciata, sempre pronto a criticare.
 
“Leijon? Sei la discendente di Meulin, quindi? Perdona se ti sono sembrato sfacciato con questa dichiarazione, ovviamente non era mia intenzione.”
 
“Sì, sono la sua discendente. Senti, posso chiederti un favore?”
 
Kankri sembrava meno ridondante e infastidito rispetto a pochi minuti fa, si sarà calmato dal trauma precedente. Nepeta pensava di chiedergli dove fosse finito Karkat, e che avrebbe voluto molto incontrarlo, essendo amici. Sperava che il ragazzo davanti a lei non si fosse arrabbiato, non sapeva cosa aspettarsi da questo strano troll dal maglione rosso.
 
“Certo, se posso esserti d’aiuto perché no, ma ricorda di riflettere bene prima di dichiarare qualcosa che potrebbe infastidire la persona con cui stai parlando, oppure questa potrebbe sentirsi a disagio nel caso in cui non possa aiutarti, è meglio prevenire situazioni spiacevoli fin quando è possibile”.
 
“Certo… potresti portarmi da Karkat? Vorrei parlargli.”
 
“Uhm… mi piacerebbe molto farlo se solo sapessi dove si è cacciato. L’ultima volta che l’ho visto era intento a fuggire da uno dei miei sermoni. Gli stavo ricordando- poiché glielo ho ripetuto tante volte, così come gli ho ribadito ancora e ancora che non è buona educazione dover far ripetere continuamente a qualcuno un concetto- che non è garbato mantenere un tono di voce alto durante una conversazione amichevole, la persona di fronte a te potrebbe sentirsi a disagio, aggredita o minacciata, quello che ho provato io, oltre all’offesa subita vedendolo scappare in quel modo senza darmi il tempo di finire il mio discorso.”
 
Nepeta poteva capire i sentimenti di Karkat, non doveva essere semplice vivere con un troll del genere. Lei era stata fortunata perché, al contrario suo, Meulin era una ragazza dolce e simpatica, Nepeta adorava la sua compagnia. Non sapeva cosa fare ora, lo avrebbe sicuramente offeso se fosse scappata come Karkat, e in fin dei conti lei era una brava gattina, non poteva abbandonare qualcuno così su due piedi, per quanto logorroico potesse essere.
 
“Capisco, beh, potresti dirmi in che direzione si è diretto, magari lo incontrerò per strada?”.
 
“Certamente, seguimi”.
 
I due ragazzi camminarono per un po’ finché non giunsero nel luogo in cui Kankri aveva lasciato Karkat. Era un piccolo parco, non c’era nessuno nei dintorni, né tanto meno Karkat. Tutto sembrava deserto e tranquillo, soffiava anche una leggera brezza.
 
“Non vedo Karkat da nessuna parte, magari se ne sarà tornato in alveare, anche se solitamente va a dormire da qualche suo amico. Questo suo atteggiamento è riprovevole, non ne capisco il motivo, dovremmo condividere lo stesso alveare come una famiglia e lui scappa via, come se fossi affetto da una sorta di malattia contagiosa.”
 
Nepeta lo stava ignorando, in quel momento era intenta a percepire degli strani odori nell’aria, fragranze famigliari e ben definite provenienti dalla boscaglia che si trovava lì intorno attirarono la sua curiosità. Iniziò a camminare prudentemente, seguita da Kankri che stava per iniziare uno dei suoi discorsi riguardo la maleducazione nel non ascoltare qualcuno che stava parlando, Nepeta gli sussurrò di fare silenzio poiché non voleva essere scoperta, e il ragazzo in risposta sospirò e si tenne il discorso per dopo. Nepeta spostò il cespuglio che la separava dalla sua preda, e se ne pentì amaramente dopo averlo fatto. Davanti ai suoi occhi vide Karkat intento a consolare una Terezi incappucciata e amareggiata, che sembrava stesse piangendo. Nepeta non aveva mai visto Karkat così premuroso e dolce con qualcuno, provò una forte gelosia nei confronti di Terezi. Perché lei doveva avere tutte le fortune del mondo? Questo si stava chiedendo la piccola gattina, anche se lei non odiava Terezi. Il volto di Nepeta si irrigidì, cercando di trattenere le lacrime che da lì a poco sarebbero cadute, e, abbassando lo sguardo e mordendosi le labbra, tornò indietro sui suoi passi. Kankri notò che qualcosa l’aveva sconvolta, e vide che Karkat era lì con la discendente di Latula. Non capiva perché questo avrebbe dovuto scombinare la troll felina, a meno che lei non provasse sentimenti rossi per il suo discendente. Tutto era chiaro ora.
Nepeta si allontanò frettolosamente, non riuscendo più a trattenere le lacrime, si infilò nella struttura dello scivolo che si trovava lì vicino. Incominciò a piangere e a disperarsi. Kankri entrò nella stessa costruzione, provando a sua volta a consolarla, anche se non era una delle sue specialità.
 
“Mi dispiace molto che tu sia stata turbata da quello che hai visto, non immaginavo che provassi sentimenti rossi per Karkat, e vederlo lì con un’altra ragazza non deve essere stata una bella sensazione. Avrei dovuto immaginare che si trovasse con lei, in questi giorni escono spesso insieme, se avessi saputo prima ciò che provavi per lui, ti avrei sicuramente fermata, ti saresti risparmiata di vederli mentre…”
 
“Basta, per favore… non parlare più!”
 
Nepeta gridò esasperatamente, visto che le parole di Kankri non la stavano aiutando affatto, anzi, stavano peggiorando la situazione. Lei cercava di dimenticare quello che aveva visto e lui invece continuava a parlarne. Poteva essere più insensibile?
 
Normalmente Kankri avrebbe risposto con uno dei suoi rimproveri dopo essere stato interrotto tanto bruscamente, ma fece un’eccezione per l’occasione, dato che Nepeta sembrava troppo allarmata per sopportare una ramanzina.
 
“Ok, forse ho esagerato, non avrei dovuto insistere sull’argomento senza il tuo consenso, essendo una cosa che riguarda te. Il mio intento era quello di consolarti, forse non ci sono riuscito, ammetto di non esserne in grado. Spero che tu possa perdonarmi.”
 
“Non preoccuparti, Kankri, ti ringrazio per l’interesse. Scusami tu per averti aggredito e azzittito in quel modo. Il problema è che non avrei voluto vederli insieme, ho sentito un forte dolore al petto nel momento in cui ho visto come Karkat stava guardando Terezi, con uno sguardo pieno di affetto e tenerezza. Ho sempre desiderato che lui mi dedicasse quelle attenzioni. Mi sento una sciocca perché non credo che tu possa capire quello che sento.”
 
Nepeta dichiarò tra un singhiozzo e l’altro. Si sentiva strana nel confessare tutti i suoi sentimenti allo stesso discendente di Karkat. Ormai però niente aveva più importanza, dopotutto era a conoscenza della dolorosa verità da tempo, ovvero che Karkat non l’avrebbe mai ricambiata. Nepeta aveva vissuto nelle illusioni fino a quel momento, mentendo a se stessa e al suo cuore. L’unico modo era dimenticarsi di tutto e farsi passare questa cotta, eliminare questi sentimenti rossi dalla sua anima. Kankri intanto si sentiva mortificato e in colpa nel vedere la sua nuova amica, allegra e solare pochi minuti prima, in quelle pietose condizioni. E lei si sbagliava, poiché lui poteva comprendere pienamente la frustrazione che aleggiava nel cuore di Nepeta. Difatti anche lui era rosso per una particolare troll; emozioni che ha sempre tenuto per sé e ignorato, considerandole improduttive per gli obbiettivi che si era prefissato di raggiungere, e un ostacolo al suo voto di castità. Nessuno, poi, si sarebbe mai aspettato che Kankri Vantas, troll così fiero e risoluto, si potesse innamorare di qualcuno, eppure era successo. Era innamorato di Latula Pyrope. La discendente della Matesprite di Karkat che Nepeta invidiava tanto, che coincidenza. Kankri si era preso una bella cotta per la radical troll, malgrado lei fosse già impegnata con Mituna, e questa circostanza ha solamente reso i suoi sensi di colpa più intensi, tanto che prese la decisione di non parlarne con nessuno; cercando in tutti i modi di reprimere tale amore, che ora però stava riaffiorando. La vita sapeva essere davvero crudele a volte. Nepeta e Kankri ne ebbero la piena conferma in questo momento.
 
“In realtà posso capire quello che stai provando, Nepeta. Non ne ho mai parlato con nessuno per paura di essere deriso, oppure incompreso, e i miei compagni sanno essere davvero irrispettosi talvolta, non che mi lamenti di loro, in fondo io faccio il possibile per aiutarli e consigliarli, quindi non vedo perché loro non debbano fare lo stesso con me, tuttavia mi ritrovo a riflettere sul fatto che loro non mi tollerino nemmeno un pochino. Scusami… sto uscendo dall’argomento principale. Quello che voglio dire è che anche io sono rosso per una persona che non mi ricambierà mai. Siamo sulla stessa barca.”
 
Le orecchie di Nepeta si rizzarono, non avrebbe mai immaginato di ascoltare quelle parole dalla bocca del troll dal maglione rosso. Lui, che si dava tutte quelle arie da perfettino so tutto io, soffriva di mal d’amore, chi lo avrebbe mai detto.
 
“Mi dispiace che anche tu sia finito in questa scomoda situazione, ma come puoi essere sicuro che quel troll non ti ricambi? Non voglio essere indiscreta, ma di chi sei innamorato? Magari potrei aiutarti, non sono brava con il mio quadrante rosso, ma sono un portento nell’aiutare i problemi d’amore degli altri, meow!”
 
“La tua domanda mi lascia impreparato, però credo sia giusto che ti dica il nome del troll per cui provo sentimenti rossi, dato che tu mi hai confessato lo stesso- anche se in realtà l’ho scoperto indovinando, ma ormai non ha importanza. Ebbene. Sono rosso per Latula Pyrope; non sono sentimenti propriamente rossi, nel tempo stanno svanendo poiché sto prendendo coscienza della verità, e del fatto che non potrei mai spezzare il mio voto di castità, è una promessa che ho fatto a me stesso e che intendo mantenere.”
 
“Latula Pyrope? La discendente di Terezi? Tu sei innamorato di lei e non vieni ricambiato?”
 
Nepeta rimase a bocca aperta, non poteva crederci. Quello che si chiamava Karma si era messo a lavoro. Pareva un paradosso, eppure era la verità. Nepeta provava dispiacere nei confronti di Kankri, in fondo alla fin fine era un bravo ragazzo.
 
“Sì, ti sembra una cosa tanto buffa? Sapevo che non avrei dovuto dirtelo, sei esattamente come gli altri. Non è affatto carino…”
 
“Ridere in faccia e interrompere una persona che sta parlando?”
 
Nepeta lo interruppe dicendo le sue stesse parole, tanto che lui ne rimase colpito.
 
“Sì, esatto.”
 
“Lo so, lo so. Non volevo prenderti in giro, né tanto meno spifferare a qualcuno il tuo segreto. La tua OTP rimarrà tra te e me, non preoccuparti.”
 
“Ora che mi ci fai pensare è una situazione buffa. Ho una cotta per la discendente della troll di cui è innamorato Karkat, che tu ami. Tutto questo è divertente e allo stesso tempo davvero scoraggiante. Il destino sa essere davvero scorretto a volte.”
 
“Beh, non possiamo farci niente, se non una bella risata. Il mondo continua a girare comunque, con o senza di noi. Questa è una lezione che ho imparato da poco e che sto cercando di seguire, ma non è semplice”.
 
“Siamo stati feriti da qualcosa che non è mai successo, in fin dei conti né Karkat e né Latula ci hanno fatto del male. Sono i nostri stessi sentimenti ad averci tradito, si sono presi gioco di noi.”
 
“Già, dovremmo dimenticarci questa faccenda e guardare avanti. Anche se… sarebbe bello ricordarsi anche di chi non ci ha lasciato vistose cicatrici”.
 
E così i due troll se ne tornarono nei loro rispettivi alveari, tenendo nel cuore quella giornata passata insieme, tra prediche, pianti e confessioni. Ricordarsi anche delle persone che non hanno lasciato vistose cicatrici nel nostro cuore. Le stesse persone da cui vorremmo essere pugnalati sono le prime a fuggire, che strano posto il mondo.
 

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Capitolo 6
*** Thank you for the Smile (Feferi & Gamzee) ***


TITOLO: Thank you for the Smile
AUTORE: randomnessUnicorn
FANDOM: Homestuck
RAITING: Verde
GENERE: Introspettivo, triste e generale.
NOTE: No Pairing
PROMPT: Riusciva a farmi ridere e ne avevo davvero bisogno {Charles Bukowsky} 
PERSONAGGI: Feferi & Gamzee

 
 
 

Thank you for the Smile

 
 
 
 
= = = > Sii il malinconico Clown.
 
Ti trovi sulla riva di quest’immenso oceano di cui non riesci ad intravedere la fine. I tuoi occhi iniziano a inumidirsi e, senza nemmeno rendertene conto, il tuo volto è devastato. Lacrime color indaco sgorgano come fiumi in piena da quei tuoi grandi occhi del medesimo colore. Ti alzi da terra. La bottiglia di Faygo che tenevi in mano cade al suolo, producendo un leggero tonfo appena tocca la sabbia colore dell’oro.
Allunghi la tua mano verso il grande e misterioso blu, come se stessi afferrando qualcosa di invisibile, carezzando un non so che di misterioso nell’aria umida della sera.
Senti il trucco appiccicaticcio che, spalmato sul tuo viso, si fonda con le lacrime che piangi, ma cerchi di non farci caso. Inizi a singhiozzare. Pensieri torbidi incominciano a volteggiare come delle ballerine impazzite all’interno della tua testa.
 
Ancora una volta… lui non si è presentato.
Un’altra promessa infranta.
Un’altra inutile attesa.
Domande dalle risposte incerte.
 
La mano ti cade come un peso morto lungo il fianco. Sospiri, affranto.
 
«Perché?»
 
Odi piangere. Le lacrime non sono affatto miracolose. Tranne le lacrime di gioia; quest’ultime possono essere considerate piccole meraviglie, simili a perle preziose, cadenti da occhi bagnati dopo un pianto di vitalità e spensieratezza.
Non è il momento di essere allegri, poiché non sei affatto in vena di ridere. Non provi altro che delusione, rancore, rabbia e solitudine. Il tuo cuore sta affogando in un oceano di sentimenti negativi. Più vasto dell’oceano di fronte a te.
 
«Goatdad!
Dove sei?»
 
Invochi il suo nome, sperando che lui appaia come un miracolo davanti ai tuoi occhi. Non succede niente. Vuoto. Silenzio. Desolazione.
La brezza marina ti scompiglia i capelli folti e corvini.
Alzi gli occhi all’orizzonte, concentrando lo sguardo su un punto preciso del mare. Qualcosa si sta muovendo sulla superficie dell’acqua. Che sia lui? Il tuo amato Goatdad?
 
Ti avvicini alla riva, incredulo e speranzoso. Asciughi le lacrime che deturpano il tuo volto. Lui odia vederti piangere. Egli crede che le lacrime siano un sintomo di debolezza, soprattutto per i troll che posseggono il colore del tuo sangue: gli highblood non devono piangere!  Cerchi di essere forte, non vuoi che lui si arrabbi con te, non ora che è tornato.
 
Dall’acqua esce qualcosa, anzi, qualcuno. Non tuo padre. Una piccola e dolce troll emerge dalle profondità marine. I suoi occhi violacei iniziano ad osservarti, pieni di curiosità e gaiezza.
 
Feferi.
 
Questo è il nome della creatura emersa dalle acque limpide del mare. La giovane troll spunta dall’acqua come un fiore appena sbocciato, inebriando con la sua fragranza l’aria secca della spiaggia. I pallidi raggi delle lune di Alternia illuminano la sua candida pelle, rendendola ancora più bella di quanto già non sia. Più simile ad una sirena che a un troll, dava l’impressione di essere uscita da uno di quegli antichi miti in cui creature leggendarie, metà donne e metà pesce, incantavano, tramite qualche sorta di maleficio, i giovani troll intenti a navigare nelle insidiose acque di Alternia. I giovani marinai, ignari del loro infausto destino, venivano attratti dal melodioso canto delle sirene; la loro voce aveva il potere di far perdere loro il lume della ragione, facendoli schiantare contro gli scogli, oppure guidandoli verso le implacabili correnti di quel mare inclemente verso qualsiasi creatura vivente. Lei, però, non è maligna, è una ragazza dolce e gentile, tenera come la sopor slime di cui vai ghiotto.
 
Si avvicina a te, sistemandosi la chioma lunga e folta. Ti sorride.
 
Non sei solito parlare con lei, non hai mai avuto modo di approfondire la sua conoscenza, e forse non te ne è mai importato più di tanto. Chissà perché si trova da queste parti. Decidi di considerare la sua apparizione come una sorta di miracolo mandato dal tuo messia. Sì, sicuramente lei è stata inviata dal cielo per aiutarti in questo momento di difficoltà, o almeno speri che sia così.
 
«Ciao, Gamzee! Come stai?»
«Hey, sorella, tutto fottutamente bene. Invece a te come butta, eh?!»
«Bene, grazie. Che ci fai qui tutto solo?»
«Niente di che, aspetto che qualche fottutissimo miracolo accada.»
«Ed è accaduto qualcosa?»
«Sei apparsa tu, sorella acquatica.»
 
In realtà non stai per nulla bene, i miracoli questa volta non stanno girando a tuo favore, pare proprio che si siano dimenticati di te.  Non vuoi che lei si preoccupi, quindi cerchi di mantenere la tua solita espressione da burlone, ma il pensiero che Goatdad ti abbia abbandonato non vuole evaporare dalla tua mente, anzi, martella ossessivamente nella tua piccola testolina bacata. E non vuoi nemmeno annoiare Feferi con i tuoi problemi, che stanno stancando anche te, se devi essere sincero.
 
Nonostante tu stia provando in tutti i modi a mantenere un’espressione disinvolta e rilassata, lei lo ha notato. Non essendo stupida, si è accorta fin dall’inizio che qualcosa non andava per il verso giusto. Ha notato i tuoi occhi arrossati, il trucco disfatto sul tuo volto triste, e le macchie ancora fresche di lacrime indaco appiccicate sulle tue gote. Ha intravisto la malinconia nel tuo sguardo, chiedendosi dove fosse finita quella giocosa luce che ti ha sempre caratterizzato. Ha percepito ogni cosa, però lo sta tenendo per sé poiché non le sembra cortese intromettersi negli affari degli altri.
 
«Beh… mi ha fatto tanto piacere vederti, Gamzee. Adesso però devo andare. Ho un appuntamento con Sollux. Ci vediamo in giro!»
«Ok, ciao ciao, Fef-Sis!»
 
 
= = = > Ora sei l’adorabile pesciolina.
 
Hai rimuginato tutto il tempo riguardo lo sguardo malinconico di Gamzee, chiedendoti cosa lo abbia fatto angustiare, per quale motivo si trovava tutto solo in quella spiaggia desolata.
Decidi di tornare al tuo alveare, hai detto a Sollux di non sentirti molto bene, e lo hai abbandonato lì, ma alla fine non gliene è importato molto e si è messo a giocare con i suoi videogames. Ti chiedi se il tuo amico pagliaccio stia ancora lì, non è passato poi tanto tempo. Torni nel luogo dove lo hai trovato, ma di lui nessuna traccia. È sparito. Volatilizzato nel nulla. Hai una brutta sensazione, non riesci a spiegarti da dove essa provenga, c’è e basta. Scruti ogni centimetro di sabbia ma di lui nemmeno l’ombra. Improvvisamente senti un rumore provenire dall’oceano, lontano dalla riva. Entri in acqua, nuotando nella direzione da dove proveniva l’inspiegabile rumore. Il suono diventa pian piano più intenso; hai come l’impressione che qualcuno si stia dimenando furiosamente tra le onde. Chi mai nuoterebbe in queste condizioni? Il mare non è una tavola da surf come lo era poco tempo fa, difatti una violenta tempesta si sarebbe sicuramente scatenata tra breve. Il vento sta cominciando ad alzarsi, ululando minaccioso come se avesse vita propria, e le onde, sempre più turbolente, si stanno scagliando sugli scogli con una furia demolitrice che nemmeno il più abile marinaio sarebbe riuscito a domare. Ti avvicini ancora, nuotando alla massima velocità. In mezzo ai vortici d’acqua una figura si sta dimenando, sembra quasi che ella tenti di aggrapparsi ad una fune invisibile appesa nel vuoto. Ti avvicini, non avendo la più pallida idea di chi potesse essere. Scorgi due lunghe corna ondulate intente ad affondare sempre di più. Corna famigliari che conosci bene: sono proprio quelle del tuo amico pagliaccio adoratore di Faygo.
 
Gamzee?
Sta affogando?
Com’è possibile?
 
Senza nemmeno pensarci due volte, ti tuffi, sfrecciando come un siluro verso di lui, che si era praticamente inabissato. Gamzee svenne in quel momento, senza rendersi conto che qualcuno lo stava portando in salvo.
Trascini il suo peso morto fino alla riva, con non poca fatica, dato che è molto più pesante di te, ti stai spaccando la schiena, ma non puoi lasciare il tuo amico in quelle condizioni, ha bisogno di te, quindi forza e coraggio!
 
Senza neppure prendere fiato inizi ad urlare, strattonandolo, cercando di svegliarlo con le tue grida.
 
«Hey, Gamzee! Svegliati. Forza. Torna in te.»
 
Inizi a spingere il suo petto per far sì che l’acqua venisse sputata via. Sempre più forte. Sempre più intensamente. Poco dopo qualcosa accadde. Inizia a tossire, sputando via tutta l’acqua salina dal suo corpo.
 
«Ti sei ripreso, finalmente.
Cosa ti è successo?»
 
Dici, tenendolo nella morsa del tuo abbraccio, eri davvero molto preoccupata, ma felice che si fosse svegliato.
 
«Fef-sis, cosa stai facendo? Cosa è successo? Fa fottutamente freddo ed io sono fradicio come il fottuto mare in cui stavo affogando. Sto dicendo una marea di cazzate, vero?»
 
Sorridi, sentendolo parlare in quel modo dopo una situazione tanto tragica. È proprio da lui. Pare che tu sia quella più spaventata dei due qui.
 
«Stavi affogando, ti ho portato fino a qui. Ero in pensiero, credevo che non ti riprendessi più. Come ti è saltato in mente di nuotare in mezzo ad un mare in tempesta? Sei impazzito?»
 
Inizi a sgridarlo, e gli occhi dell’altro si abbassano, sentendosi in colpa. Gli sorridi. Non merita certo una ramanzina da parte tua, non in questo momento, almeno. Sospiri e gli dai una pacca sulla spalla.
 
«Perché ti trovavi in pieno oceano? Ti è venuta un’infrenabile voglia di nuotare tutto ad un tratto?»
«No, sorella. Non mi stavo affatto divertendo lì, non è stata un’esperienza figa e non ho nessuna fottuta voglia di ripeterla.»
«E allora perché ti sei tuffato se non volevi farlo? Qualcuno ti ha aggredito?»
«No, nessuno stronzo mi ha aggredito. Non è successo un fottuto niente!»
«Sei sicuro? Ti vedo strano, diverso dal solito»
«Ho detto che tutto va fottutamente bene, cazzo!»
 
La voce di Gamzee ha iniziato ad alzarsi in una maniera preoccupante. Si sta arrabbiando e non hai nessuna voglia di finire nei guai a causa sua, hai sentito parlare della sua indole violenta, e non vuoi certo approfondire l’argomento. Annuisci e fai un leggero passo indietro, senza staccargli gli occhi di dosso.
 
«Ok, Gamzee, mi dispiace molto. Non sono affari miei. Sono contenta che tu stia bene, adesso è meglio che me ne torni nel mio alveare. Ci vediamo!»
 
 
= = = > Diventa nuovamente il Clown
 
 
Feferi ti ha salvato la vita e tu la tratti così? A pesci in faccia? Ok, non è il momento giusto per tali battutine squallide. Questo non è il modo di trattare un’amica che ti ha aiutato, non credi? Era semplicemente preoccupata per te. Gli amici normali solitamente fanno questo: si preoccupano. Sai cosa devi fare adesso? Scusarti! Esattamente. La prima cosa che dovrai fare domani appena sveglio sarà andare da lei e parlarle, dicendole di esserti comportato in maniera stupida ed egoista, che se non fosse stato per lei adesso saresti cibo per mostri marini. E che lei è stato l’unico vero e sincero miracolo capitatoti da chissà quanto tempo. Ti senti un po’ un verme a pensarci, trattare male l’unica troll che ti ha mostrato un minimo di gentilezza non è stato affatto un atto nobile.
Alla fine decidi di andare a dormire, accompagnato da struggenti sensi di colpa che speri spariranno al più presto, e forse una dormita ti avrebbe fatto bene od almeno non ti avrebbe fatto pensare nemmeno più al dolore lancinante provocato dalla mancanza del tuo caro Goatdad.
 
 
 = = = > Svegliati!
 
Dopo una lunga dormita, ti svegli, un po’ dolorante a causa dei soliti incubi a cui sei abituato, poco male. Hai decisamente bisogno di una bottiglia di Faygo, senza di esso la tua giornata non sarebbe iniziata bene (non sarebbe iniziata per niente, in realtà). Ne trovi una ai piedi del Recuperacoon e la bevi, oramai il Faygo sembra essere l’unico tuo amico. Ma basta con i piagnistei, devi andare da Feferi e scusarti per quel tuo ingrato comportamento!
 
Esci di casa senza nemmeno chiudere la porta, in realtà non lo hai mai fatto, nessuno mai ti disturba e poi ti sembra noioso dover sempre preoccuparsi di aprirla e chiuderla. Giungi alla spiaggia e ti accorgi che oggi il mare è calmo, e la brezza che soffia è piacevole, miracolosa a tuo parere. Scruti ogni dove in cerca di Feferi, come se ti fossi dato appuntamento con lei, ma non era affatto così.
Rimani a fissare il mare sconfinato, in un certo senso fissare l’orizzonte ti stava aiutando a rilassarti, anche se non sei il tipo di troll che fa pensieri complessi o profondi. Improvvisamente senti dei passi provenire da dietro di te, passi delicati ed incerti.
 
«Glub, Gamzee?!»
 
Ti giri e la vedi. Radiosa e carina come sempre, sembra un po’ confusa, forse è ancora perplessa o spaventata dalla tua reazione di ieri. Come darle torto?
 
«Fef-Sis? Sono un botto felice di vederti!»
«Davvero?»
«Certo! Ti stavo fottutamente cercando, e come un cazzo di miracolo sei apparsa. Qui. Davanti ai miei occhi! Pazzesco!»
«Che fortuna allora. Cosa c’è?»
«Eh, sorella acquatica, volevo dirti che mi sono sentito una fottutissima merda dopo aver fatto lo stronzo ieri, e tu sei stata gentile con me. Mi hai salvato le chiappe! Non meritavo un miracolo simile!»
«Oh, capisco! Ma non fare lo sciocchino Gamzee, ti avrei aiutato in ogni caso. È questo che fanno gli amici, no? Sono sicura che non lo hai fatto apposta, eri spaventato e sotto shock. Sono contenta che tu stia bene ora!»
«Sei grande, sorella. Stai andando in qualche fottuto posto?»
«Beh, dovevo andare da Sollux, ma mi ha contattato ora dicendomi di aver cambiato idea e che aveva promesso ad Aradia di fare una escursione paleontologica con lei, quindi ora non devo andare da nessuna parte»
 
= = = > Sii Feferi per la seconda volta.
 
 
Sei consapevole che Sollux si sia stufato di te, certo che quel ragazzo è davvero volubile, cambia idea continuamente… oppure stava con te per semplice compassione, per sentirsi importante essendo tu una troll di alto borgo? Il motivo non ti importa più di tanto, ti senti ugualmente umiliata e sola in questo momento, però, in un certo senso, le parole di Gamzee ti hanno alzato un po’ il morale.
 
«Oh, mi dispiace, sorella. Io nemmeno ho un cazzo da fare, potremmo fare una fottuta passeggiata su questa miracolosa spiaggia»
«Certo, perché no?»
 
Camminate sul lungo mare per un po’, a volte lo scruti osservando il suo sguardo perso nel vuoto, di una persona che pare non avere nessun pensiero in testa, ubriaco e spensierato. Improvvisamente si gira e ti sorride beatamente, ricambi il suo sorriso e poi guardi davanti a te. Ti chini per raccogliere una conchiglia.
 
«Guarda! È una conchiglia. Molto bella, vero?»
«Oh, stupenda!»
«Sì, vuoi vedere un miracolo, Gamzee?»
 
Il Clown batte le mani con lo stesso entusiasmo che poteva avere un bambino in un giorno al Luna Park. Sai bene quanto lui tenga a queste cose. Avvicini la conchiglia al suo orecchio, per fargli ascoltare il suono del mare. Lui spalanca la bocca incredulo e l’afferra tra le proprie per sentire meglio.
 
«Oddio Faygo! È vero! Fottutissimo Miracolo!»
«Che ti avevo detto?!»
«Oh, Fef-Sis, sei una creatrice di miracoli.»
«Anche tu lo sei. Sai, Gamzee?»
«Come, sorella?»
«Sei riuscito a farmi ridere, e ne avevo davvero bisogno!»
 
 
= = = > Non sei nessuno in particolare in questo momento.
 
Strano come le piccole cose riescano a regalare sorrisi e a placare la tristezza nella nostra anima. Piccole cose come possono essere le conchiglie, una passeggiata sulla spiaggia o la compagnia di un amico, ridere insieme a loro, sorridere senza motivo guardandosi. Tutto quello di cui avevano bisogno era un momento di svago e distrazione da quella caotica e spesso complicata esistenza che nessuno ha chiesto di avere ma che pare essere così preziosa. 

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Capitolo 7
*** L’utopia di un desiderio ***


TITOLO: L’utopia di un desiderio
AUTORE: randomnessUnicorn
FANDOM: Homestuck
RAITING: Verde
GENERE: Introspettivo e malinconico
NOTE: Raccolta
PROMPT: Ho la sensazione di consumare la mia vita nell’attesa di qualcosa che non accadrà mai. {Fabio Volo}
PERSONAGGI: Calliope & Cronus
NOTE D’ AUTORE: Chi pensava che fossi morta e con me la mia raccolta? Si sbagliava –più o meno-. So di essere una vergogna perché aggiorno effettivamente ogni morte di papa, un giorno sì e mille no! Tanto nessuno si ricorderà di me, poco male… però avevo questa storia in archivio da molto tempo, l’avevo già scritta quindi ho deciso di finirla. Spero possa intrattenervi almeno un poco~!





 
L’utopia di un desiderio

 
 
Due persone che nessuno avrebbe mai immaginato potessero divenire amiche, parevano essersi incontrate grazie al destino, e aver scovato un fattore in comune molto particolare e curioso, il motivo per cui adesso si trovavano insieme a truccarsi e a indossare abiti non propri, divertendosi a recitare parti differenti da loro stessi, senza vergogna e senza timore di essere derisi da nessuno.  
«Et Voilà! Ho finito. Come ti sembra?» domandò Calliope appena terminò il lavoro, stava truccando Cronus facendolo sembrare un essere umano, visto che il suo sogno era proprio quello di far parte di codesta razza. Questo stravagante ragazzo le faceva molta tenerezza, poiché riusciva a comprendere a pieno i suoi sentimenti, infatti lei voleva essere una troll, strano, eh? Chi ha il pane ma non i denti. Cercavano di aiutarsi l’una con l’altro proprio perché s’ intendevano a vicenda.
«Oh, grazie, dolcezza. Hai fatto un lavoro con i fiocchi, sei grande!» rispose il troll ammirandosi allo specchio senza nascondere quel filo di vanità in più che lo caratterizzava e che lo rendeva un tantino arrogante e superbo. «Non c’è di che!» disse la Cherubina, annuendo convinta, si sentiva soddisfatta del suo lavoro e, oramai, poteva considerarsi una vera professionista del make-up. «Allora?! Sono un essere umano, sì o no?» questa fu la fatidica domanda che Cronus, pieno di entusiasmo e speranza, aveva posto all’altra… Forse Calliope non era una truccatrice esperta come pensava di essere? Difatti, dopo essersi guardata intorno per alcuni secondi, palesemente spaesata, tentò di rispondere ma senza successo, solo un lieve sospiro fuoriuscì dalle labbra della ragazza, «Uhm…» Calliope non voleva mentirgli poiché di umano Cronus non aveva un bel niente, a parte i modi di fare da Greaser e la passione che dimostrava. Aveva verniciato la sua pelle color rosa carne e gli aveva messo delle lenti a contatto speciali, però le corna e le pinne erano ancora perfettamente visibili, per non parlare dei denti appuntiti da squalo. Le sue fattezze da troll non sarebbero passate del tutto inosservate. Calliope non sapeva cosa dire e che parole usare, non voleva affatto ferire i suoi sentimenti, ma neppure dirgli una bugia od illuderlo. Intanto Cronus aspettava una risposta, che alla fine si dette da solo: «Non importa Callie, so quello che stai pensando… È vero. Non somiglio neppure alla copia scadente di un essere umano! Non sarà certo una maschera a cambiare quello che sono!» Lei si sentì in colpa nonostante non avesse proferito parola, però chi tace acconsente, dunque… «Non dire così, Cronus. Troveremo una soluzione per farti sembrare umano e…» Ella non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che lui la interruppe bruscamente, scrutandola con freddezza. La solarità che caratterizzava Cronus scomparve, aveva sempre tenuto una scintilla di vita nel suo sguardo –nonostante ora fosse solo un cadavere, un morto che cammina-. Calliope stessa ammirava il giovane troll proprio per il suo sguardo, la sicurezza che dimostrava malgrado tutti gli altri troll gli andassero contro. Spesso era fin troppo appiccicoso, per non dire molesto e irritante, ma lei sapeva che anche questi fattori erano elementi che lo rendevano speciale, forse in una maniera diversa dal solito. Si sentiva simile a lui poiché entrambi si trovavano in corpi che non gli appartenevano!
La Cherubina si era persa in vaghi pensieri, anch’ella aveva smarrito il proprio entusiasmo, fissava il vuoto negli occhi di Cronus. Lui si era messo a parlare con un tono diverso dal suo solito, quasi freddo e scocciato. Un tono di voce che lei non riconosceva.
«Sembrare, appunto. Ma a quanto pare neppure quello è possibile per me!» abbassò la testa in modo da evitare lo sguardo di lei, così preoccupato e stordito. Non voleva ferirla ma era ciò che stava effettivamente facendo, dopo continuò a parlare tentando di essere più pacato, «Non riesco a ingannare me stesso… figuriamoci gli altri! E non c’è soluzione.» la propria testa, dapprima china, scattò in avanti assieme alle mani che si posarono sulle spalle di Calliope, tale gesto la fece sussultare un tantino ma rimase comunque in silenzio ad ascoltare il resto dello sproloquio altrui, «Cosa dovrei fare? Tagliarmi le corna? Amputarmi le pinne? Mettermi delle orecchie umane di plastica? Solo in questo modo somiglierò veramente a un essere umano!?» un sospiro sconsolato uscì dalle pallide labbra del ragazzo, inarcò le spalle, poggiandosi sulla figura altrui come se da lì a poco sarebbe caduto. Non stava piangendo giacché non voleva farlo… Non ora, almeno.
«O forse no! Non sarà ancora sufficiente perché le persone troveranno sempre e comunque qualcosa da ridire sul mio conto. Qualcosa che non gli sta bene. Continuerei a sembrare una parodia umanoide di un essere umano. Un freak! Un mostro raccapricciante! »
L’amarezza nella voce di Cronus era incalcolabile, le braccia gli caddero lungo i fianchi, chiuse lo sguardo, contemplando i funesti pensieri della propria mente. Rimase in silenzio, immobile, in attesa di qualcosa che non sarebbe mai arrivato, o di una risposta da parte della sua amica.
Calliope non seppe come rispondergli, sentiva solo un grande peso nel cuore per non riuscire ad aiutare il troll. A dargli consigli utili, una soluzione definitiva al suo problema.
Lei che comprendeva più di chiunque altro i sentimenti altrui ma, in questo momento, era come paralizzata. Le parole da egli pronunciate, così piene di odio verso se stesso, intrinseche di amarezza e resa, le sortirono un effetto devastante. Come se fosse stata colpita da un sasso in pieno volto. Un sasso che aveva frantumato la maschera d’ illusioni che si era costruita fino a quel momento. Quel discorso valeva anche per lei… Però non era giusto! Niente in questo mondo lo era. Le dispiaceva così tanto vedere Cronus soffrire o sentirgli dire quelle parole scoraggianti.
Rimanere in silenzio non avrebbe aiutato molto, doveva dargli una risposta, forse non sarebbe stata molto sensata, ma doveva provarci!
«Non dire queste sciocchezze! Devi solo riuscire ad accettare te stesso così come sei. Se fossi un essere umano non saresti più il Cronus che conosco e che tanto ammiro.» tentò di essere il più convincente possibile, strinse addirittura i pugni annuendo più volte, azzardando un sorriso – anche se pareva più essere la parodia di un sorriso piuttosto che un sorriso autentico-.
A Cronus tali parole non sortirono alcun effetto positivo, non si sentì affatto consolato, anzi, il contrario. Gli stava forse dicendo di rinunciare al suo sogno? Che era senza speranza? Glielo aveva detto semplicemente in una maniera diversa dagli altri, perché era la stessa cosa che già tutti gli ripetevano. Le solite stronzate di accettarsi così come si è –anche quando quello che si è non è ciò che si desidera-. Lui, infatti, pensava che fossero stronzate. Un discorso che per sé non valeva per niente, visto che non era semplice come sembrava. Si sarebbe illuso di accettare se stesso, poiché le condizioni attuali lo portavano a denigrare la propria persona più di chiunque altro facesse. Niente sarebbe mutato, e il problema non si sarebbe risolto dato che sembrava essere troppo grande da risolvere. Decise di dar voce alla contraddizione, in fondo si era anche stancato di prendersi in giro da solo: «Per te è facile parlare! Anche tu non ami il tuo corpo e vorresti essere un troll.» incominciò a parlare con fare severo e schietto, «Ti dipingi la faccia di grigio indossando corna di plastica. Ed ecco Callie la nuova troll di Alternia.» fece volteggiare la mano teatralmente verso di lei, come se la stesse presentando ad un pubblico invisibile. Una giuria impassibile e crudele: la società.
«Sai qual è la differenza tra te e me? È che tu puoi farlo senza sembrare ridicola, mentre io quando mi trucco, quando fingo di essere un umano, sembro più pagliaccio di tutti i Makara messi insieme.» stava completamente delirando, tanto che una risatina di scherno accompagnò le sue parole, poi continuò, «Sono tutte illusioni. Bugie che ci auto-infliggiamo… Forse alcune cose non possono essere cambiate. Certi errori non possono essere riparati…»
Calliope non avrebbe mai immaginato che Cronus provasse tanto rancore verso se stesso. Sotto l’apparenza del ragazzo un po’ arrogante e dongiovanni si nascondeva un’anima insicura e malinconica. Una persona che voleva essere semplicemente amata e compresa.
La Cherubina prese un profondo respiro, il proprio sguardo mostrava tristezza ed aveva perso la speranza di risolvere la faccenda, si stava facendo influenzare dalla negatività del troll, la sua risposta fu piena di rancore, amarezza e desolazione, «Sì, hai ragione. Qualsiasi maschera porti non farà mutare ciò che sono… È tutto inutile dal principio, non vale nemmeno la pena provare…» E, anche questa volta, quelle parole scottanti, pronunciate da lei stessa, la bruciarono come radiazioni solari. Calliope si perse in un lungo silenzio, e non riuscì più a trattenersi, dentro di sé provava sentimenti contrastanti di risentimento, rabbia repressa, sia verso se stessa, il mondo, Cronus e tutto quanto. Iniziò a singhiozzare, sarebbe stato ormai impossibile fermare il pianto. Le proprie mani si alzarono furiosamente, afferrando il cerchietto –che non erano altro che delle finte corna da troll- e se le strappò di dosso con un certo ardore, per poi lanciare il copricapo dietro di sé senza curarsi di romperlo. Dei lacrimoni le verniciarono il viso disfacendo il trucco che era stato spalmato con tanta cura e abilità, un lavoro andato in fumo come le proprie illusioni.
Intanto Cronus la guardava, sentendosi un verme, comprese di essere stato davvero insensibile, in fondo lei stava solo cercando di aiutarlo: si stava comportando da vera amica, una delle poche persone che lo trattavano con tale garbo e simpatia, lui di amici ne aveva veramente pochissimi. Difatti Calliope poteva capirlo un po’ più degli altri perché condividevano un desiderio simile, e dire quelle cattiverie era stato crudele. No, aveva combinato un guaio! Come poteva rimediare adesso? Si rese conto di essere stato un idiota –come suo solito, d’altronde-. Rimanere zitto non avrebbe aiutato l’altra a smettere di piangere, a consolarla un minimo dopo il casino che aveva fatto. «Oh, Callie. Mi dispiace tanto.» borbottò con voce mortificata, piena di sensi di colpa, rimase mezzo minuto ancora zitto perché non aveva detto nulla di così importante da farla smettere di piangere. Prese un profondo respiro gonfiando il petto e anche il suo sguardo si fece più serio e risoluto, appena una minima fiducia in sé venne acquistata, parlò, «Scusami, ho blaterato senza pensare e, come mio solito, sono risultato insensibile e stupido…» sospirò, per poi portare una mano sulla guancia di lei alzandola piano, in modo da poterla guardare negli occhi, accennò un piccolo sorriso maldestro e continuò a dire, «Hey, non piangere, per favore… Guarda! Tra poco mi metto a piangere anche io, e posso assicurarti che non sono per nulla figo quando piango, se non insopportabile…» alzò gli occhi al cielo, se non fossero stati bianchi e vuoti avrebbe roteato le pupille. «Beh, invece tu sei adorabile anche quando piangi, ma non è questo il punto.» scrollò il capo lasciando stare il proprio lato da Casanova una volta tanto, «Non era mia intenzione dire quelle cose ed essere duro in quel modo. Certe volte sono troppo schietto e non mi rendo conto delle sciocchezze che dico… Soprattutto ora, sei sempre stata gentile con me, una delle poche che mai lo siano state…» fece una breve pausa, lasciando cadere la sua mano come un peso morto lungo il proprio fianco, la stessa che prima stava toccando il volto di Calliope, mentre ella adesso stava prestando attenzione alle sue parole, «Ah, ho la sensazione di consumare la mia vita nell’attesa di qualcosa che non accadrà mai… Però è così che funzionano i sogni, no? Io non ho nemmeno una vita da consumare, in fondo sono morto. Se non riesco a realizzare il mio desiderio avendo tutta l’eternità a disposizione… che razza di perdente sarei…?» alzò le braccia al cielo mostrandosi sconvolto, realizzando quanto idiota fosse stato fino a quel momento. Non aveva avuto senso demoralizzarsi in quel modo solo perché non aveva avuto tutto e subito! Era apparso come un ragazzino capriccioso, tale pensiero fece scappare una risatina alla Cherubina che aveva anche smesso di piangere, sinceramente colpita dalle sue parole, ma continuò ad ascoltarlo, «Dunque basta piangere. Ti sei anche rovinata quel trucco perfetto, ah… E non voglio dare la minima soddisfazione a tutti quelli che continuano a dire che sono ridicolo e che mi concio per le feste da solo…!» alzò un pugno in alto e poi il pollice della stessa mano, donandole un sorriso furbo e pieno di sé, quello del troll arrogante e cascamorto di sempre, ma vero.
Era anche arrivata l’ora di rispondergli dopo un discorso così profondo e, in un certo senso, inaspettato poiché Cronus non era certo un tipo profondo o sentimentale, nessuno l’avrebbe mai definito “filosofo” né tanto meno egli avrebbe voluto essere visto sotto tali vesti. Le era piaciuto ascoltarlo, scoprire questo suo lato, con un dolce tono di voce gli rispose, «È dura vivere con una consapevolezza simile, non accettarsi ed aver avuto la sfortuna di nascere in un certo modo anziché in un altro… Possiamo provare a realizzare questo sogno insieme, che ne dici? » sorrise genuinamente, fece un cenno del capo guardandolo negli occhi con espressione fiera e convinta, allungò una mano verso l’altro, in risposta Cronus gliel' afferrò, scuotendola, come se avessero stipulato un patto ma, in fondo, anche questo era: una sfida, un sogno da realizzare unendo le forze.

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