Per colpa della notte

di CrisBo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritenta ***
Capitolo 2: *** Sarai più fortunato ***
Capitolo 3: *** Chi trova un amico, trova un amico ***
Capitolo 4: *** Sono la fine del mondo ***
Capitolo 5: *** Chi va piano arriva dopo ***



Capitolo 1
*** Ritenta ***




1 . 再試行
Sai shikō
( Ritenta )




 
 
Tsugumi si trovò a percorrere per la quarta volta il viale coperto dai residui di foglie morte. 
Ad ogni passo lo schricchiolio sfumava via in mezzo al vociare indistinto di tutte le teste variopinte che le si paravano davanti. C'era un miscuglio di anime pronte a mettersi in mostra, vedeva i profili spezzati, le uniformi, le varie schiene scoperte o coperte da mantelli rattoppati e luccicanti. Allungò il collo e protese il corpo in avanti giusto per alzarsi sulle punte; puntò lo sguardo verso l'ingresso e attese che la facciotta spavalda di Basho facesse capolinea per dare direttive specifiche ai nuovi giunti. Di tanto in tanto capitava che alcuni Eroi di classe inferiore facevano da giudici nelle varie categorie per valutare gli aspiranti Eroi. Non le dispiaceva quando capitava, ormai conosceva gran parte delle persone che erano subentrate nel progetto dell'Associazione, nome attribuito da lei stessa nei momenti di sconforto paranoico e, nonostate la scarsa propensione nell'essere ottimista quel giorno, era pur sempre piacevole trovare qualche faccia amica. Con una lieve spinta dei reni si ritrovò a salire sulla sporgenza del marciapiede e puntò gli occhi verso la massa di gente accalcata davanti all'ingresso. Era un bel pomeriggio di sole, quel giorno, il caldo secco lasciava svolazzare le ultime foglie sui rami nodosi degli alberi morenti e la luce filtrava tra queste creando delle forme oblunghe su tutta la strada ciottolosa. C'era un miscuglio di colori mentre guardava con una minuzia interessata i vari costumi degli aspiranti Eroi. Dovette ammettere che alcuni erano alquanto creativi nell'enfatizzare le loro particolarità fisiche con vestiti di scena adeguati.  Un tizio talmente muscolo da avere il petto a triangolo indossava solo un paio di pantaloni di pelle strettissimi,  facendo portare tutta l'attenzione sui bicipiti talmente pompati che Tsugumi aveva paura potessero scoppiare ad ogni sospiro. 
Non ridere mai, Signor Muscoloso, o qui ci ritroveremo in un bel piatto di interiora.
C'era un omuncolo magro come un grissino ma con un naso davvero importante, aveva appeso ai lati delle narici due rose rosse, giusto per aggraziare i lineamenti. La cosa lo rendeva un po' grottesco. Quando spostò lo sguardo verso destra notò, circondata da dei buzzurri in canotta bianca con su scritto "Noi siamo così perché mangiamo carboidrati" una donna dalle tette bioniche e il suo costume puntava proprio su quelle grazie, indossava un costumino dorato che finiva a punta proprio sui -
"Ehi Tsugy, ancora qui mh?"
Tsugumi per poco non fece uno scatto in avanti, rischiando di scivolare addosso ad una mandria di uomini-bisonte dalle cui maschere uscirono dei grugniti indistinti. Si scusò con vari inchini, reverenze e smorfie dispiaciute prima di voltarsi e trovarsi la faccia di Maki sorridente proprio davanti a lei, a braccia incrociate. Maki era una delle Gemelle Vipere Letali, bionda come i raggi solari, con la pelle diafana e di una rarissima bellezza che poteva essere eguagliata alle sirene leggendarie delle profondità marine. Quarta in classifica nella Classe B, insieme a sua sorella gemella, erano delle vere forze della natura nell'uso dei coltelli. Velocissime come delle vipere, in combo riuscivano a smembrare i nemici con una grazia inaudita. Le aveva conosciute durante la sua prima prova per l'Associazione, quasi un anno prima, e da allora aveva assistito ai loro successi grazie alle notizie rilevanti alla TV e ad un numero incalcolabile di riviste su cui quelle belle facce troneggiavano. 
"Dici che sono un caso disperato?"
"Nah. Andrai benissimo; ho visto gentaglia molto peggiore di te superare entrambe le prove e ancora mi chiedo come facciano le strade a restare intatte con tali buzzurri a proteggerle."
Tsugumi fece un sorriso amaro e le si avvicinò di un passo, andando a guardare verso tutte quelle teste. Riusciva a intravedere qualche faccia, tutte sconosciute per lo più, tranne che per Bosho che era finalmente spuntato dal suo tugurio per impartire le varie regole ai Novellini. Le conosceva a memoria, ormai, le sue parole. 
Chi di voi si è iscritto tramite il nostro sito web online può passare direttamente oltre la reception e prendere il suo numero di matricola, in fondo a destra si supera il canestro per le bibite e c'è l'ingresso per gli spogliatoi che sono suddivisi in maschili e femminili. Fatte le vostre cose potete procedere verso la palestra per la prova fisica dove svariati giudici giudicheranno la vostra forza le vostre abilità tramite delle prove rigide e rigorosamente controllate per capire a quale categoria siete più idonei - risatina di circostanza immancabile con un piccolo colpetto di tosse - non appena recupererete un po' di forze, e spero non ce ne sia bisogno, potrete continuare con la prova teorica e da lì la vostra prova comincerà a diventare noiosa, talmente noiosa che così noiosa non si può a tal punto che vi addormenterete nel bel mezzo dell'esame e non verrete promossi perché solamente una persona con una pazienza illimitata potrebbe sopravvivere a quelle domande insulse.
L'annuncio non proseguì proprio in quella maniera ma nella testa di Tsugumi, ormai, era una nenia già sentita, già incanalata e già estirpata. Voleva solamente ritentare senza avere alcun tipo di prospettiva e, forse, quella era la parte che più la metteva nervosismo addosso. Era l'unica, nonostante si potesse considerare una veterana, a sembrare in ansia per ciò che stava per succedere. Erano solo esercizi, in fondo. Erano giudizi basati su delle prove impostate, niente a che vedere con l'impulso e il coraggio scaturito da una vera minaccia mortale.
"Dici che andrò benissimo tutte le volte ma a me sembra di peggiorare. Sono sempre più nervosa; insomma guarda questa gente. C'è una tizia che può sparare dei razzi radioattivi dai capezzoli, io non posso competere." Tsugumi si mise una mano tra i riccioli e fece una smorfia da cane bastonato.
"Quella è Minnosuke Tatari, è una sgualdrina."
"Mi presti un po' della tua calma?" Incalzò l'altra.
Maki fece l'ennesimo sorriso prima di voltarsi verso la folla. Non era lì per rappresentare nessuno, probabilmente stava cercando proprio Tsugumi visto il notevole sforzo che faceva per evitare la maggior parte delle facce di quel giorno. Tsugumi la vide mordersi il labbro e fece una semi-piroetta prima di avvicinarsi di più al centro del viale. Nell'aria si sentiva l'odore degli oni-giri di Isoshi, i suoi migliori erano quelli fatti di prugne in salamoia. Aveva deciso di fermarsi a comprarne almeno una dozzina appena fosse finito quel martirio.
"E' la quarta volta che ti presenti a queste prove, se non avevi il coraggio di affrontarlo non ci saresti venuta nemmeno oggi. Anche perché lo sai che cosa penso del numero quattro, non porta mai bene. Se ti va bene oggi giuro che potrei rivalutare anni e anni di superstizioni dei miei antenati. Ah ecco Kin."
Maki puntò il suo dito affusolato verso la folla e notò la sua esatta copia venire verso di loro, agitando una mano per aria. Oltre ad essere due gocce d'acqua indossavano anche lo stesso vestito; un abitino azzurro dal modello molto semplice, stretto ai fianchi e con una gonna a fiore morbida che ciondolava ad ogni passo.
"Tsugumi, ciao tesoro. Ma come sei bella oggi; questo è il tuo costume? Ho un vestito simile a casa, te lo avrei prestato."
Kin l'avvolse subito con quella sua voce soave e addolcita, stringendo le dita tra loro fino a posarle sotto al mento. Se non fosse esistita la forza di gravità probabilmente sarebbe volata via come un palloncino, leggerissima come l'aria.
"Non ho costumi, non - dovevo mettere un costume? E quale? Non ho nessuna peculiarità speciale. Me lo dite solo ora che era meglio venire in costume?"
"Uff, sciocca." Kin le diede una pacca sulla fronte. Per poco Tsugumi non si sentì sballottare il cervello dentro il cranio. Maki si mise a ridere, prendendo la ragazza sotto braccio.
"Prima concentrati ad entrare e diventare una di noi, poi pensiamo al costume e al tuo nome da Eroe."
"Posso chiamarmi "Finanza delle Tasse?" Chiese con innocenza, snudando un sorrisino nervoso.
"No." Entrambe le gemelle risposero all'unisono e puntarono gli occhi verso Bosho. Aveva smesso di parlare e ora molti di quelli che occupavano la piazza avevano cominciato ad entrare dentro la palestra. Tsugumi si irrigidì di colpo e fece per ritrarsi alla presa di Maki ma quella aveva una forza sovrumana, almeno per Tsugumi, e non allentò neanche la presa.
"Evasore fiscale?"
"La smetti di fare la scema? Vedi di concentrarti questa volta, non guardare troppi pettorali, non farti intimidire dalle donne formose o dai razzi sui capezzoli e conta fino a dieci ogni volta che stai pensando di fare qualcosa di stupido."
"Okay."
"Qualche pettorale guardalo, però, che fa sempre bene alla vista. Ma non quello di Genos nel caso ti capitasse davanti: potresti perderti." Questa era Kin, intrepida e sognante con le sue ciglia ballerine.
"Chi è Genos?"
"Dai ora vai." Maki la spinse verso la flotta che si stava muovendo e lei per un po' incespicò sui propri passi. Odiava quella parte; doversi separare da due ragazze capaci di spronarla per ripiombare nel mondo reale pieno di energumeni, donne bioniche, strani esseri con musi da tritoni e lei, che non aveva niente di originale, si ritrovava spesso a dover combattere contro uno dei più grandi nemici di quel momento. Il pregiudizio. Si voltò giusto un attimo notando che entrambe la stavano fissando, Kin che saltellava contenta e Maki che continuava a tirare su il pollice in segno di vittoria. E fu in quel frangente che non si accorse che stava finendo dritto verso la schiena di un tizio fermo davanti alla porta. Non l'aveva neanche notato; si spiaccicò contro la sua schiena prima di barcollare all'indietro e portarsi veloce le mani sul volto. Sentì qualcosa di caldo bagnarle le narici e per un attimo un dolore forte gli partì dal naso fino al cervello, facendole perdere l'equilibrio. Per sua fortuna non cadde ma ci mise un bel po' di secondi prima di riuscire a dire qualcosa.
"Scufa." Riuscì a scucire verso il tizio. Ma quello non aveva dato neanche l'idea di essersi accorto di qualcosa e se non fosse stato per la sua voce, probabilmente, non si sarebbe voltato. 
Ma invece lo fece, giusto di sbieco, andando a sbirciare dietro le sue spalle.
"Mh? Per cosa?" Chiese questo, alzando la mano per andarsi a grattare la tempia liscia.
"Ti sono venuta con..." deglutì il resto della frase perchè si fermò a guardarlo in faccia. Non si era accorta di chi fosse altrimenti non si sarebbe mai sognata di andargli incontro. Nè di parlargli. Neanche solo di guardarlo in faccia. "No, niente scusa, in bocca al lupo per le prove."
Riuscì a scucirgli quelle parole prima di allontanarsi frettolosa da quella situazione. Aveva tolto la mano da davanti la faccia ed era palese che il suo naso stesse sanguinando, sentì che il tizio le disse qualcosa da lontano ma non riuscì a sentirlo, non aveva intenzione di restare a sentirlo."
In bocca al lupo per le prove, ma quanto sarai scema?
Una volta dentro oltrepassò la reception giusto per andare a sparire verso la piccola veranda interna che dava ai bagni. Sentiva il cuore battergli nel petto in una maniera indecente, tanto che il naso sanguinante diventò l'ultimo dei suoi problemi. Si mise davanti allo specchio e si rese conto che stava sorridendo come un'ebete. Aveva appena sbattuto la faccia contro la schiena del suo idolo indiscusso; se solo avesse avuto la testa libera per poter vedere invece che restare solo ad osservare la situazione se ne sarebbe accorta molto prima. L'inconfondibile tuta gialla, i guanti e gli stivali rossi e un mantello bianco che veniva sballottato dal vento.  Sentiva le gambe tremare e non riusciva a smettere di sorridere. Tanto che, ad un certo punto, dalla gola cominciò a formarsi un principio di risata. Una risata decisamente nervosa ma cristallina; alcune ragazze uscirono dal bagno pensando che fosse mezza matta ma, d'altronde, il suo giorno era stato fatto, qualunque altra sorpresa non avrebbe avuto peso. Almeno non in quel momento.










Note: Se siete arrivati fino a qui vi ringrazio enormemente, è la prima volta che scrivo in questa categoria ( proprio Anime in generale ) e non ho idea della schifezza che potrebbe venire fuori quindi mi preparo al peggio fin da subito. A parte la melodrammaticità (?) ho deciso di creare una ff legata a questo Anime - ebbene sì per ora prenderò spunto specialmente da questo - perché mi intrigano enormemente i vari personaggi, specialmente gli Eroi, di cui ho intenzione di parlare in maniera più approfondita man mano che proseguo con la storia. Alcune cose SO di averle inventate di sana pianta, perdonatemi, e come ben vedete ho inserito dei personaggi che non esistono, sperando di non cadere nel banalissimo clichè che tutti vi aspettate >-< E niente, spero che vi sia piaciuto il primo capitolo almeno un pochino. A presto. Ah, un'ultima cosa, non l'ho fatta revisionare da nessuno quindi nel caso notiate errori di battitura o grammaticali...ebbene sì è tutta colpa mia, punitemi pure v.v
( piccola postilla: il nome Tsugumi l'ho preso in prestito da una delle mie autrici giappo preferite, ossia Banana Yoshimoto, una delle sue opere si chiama così e aspettavo solo l'occasione giusta per poterlo utilizzare. Ok finita postilla di dubbio interesse per chiunque xD. ) 

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Capitolo 2
*** Sarai più fortunato ***


開運
Kaiun

( Sarai più fortunato )




Un trillo rumoroso invase le pareti della palestra, facendo alzare il viso di tutti quelli all'interno. Una voce altisonante invitava tutti gli iscritti a posizionarsi nelle sale apposite per cominciare le prove; le sale erano suddivise per ogni prova fisica e c'era una linea bianca al centro del pavimento antiscivolo che divideva la categoria femminile da quella maschile. Le giurie sedevano in dei tavoli piani, di un legno rustico ma lucido, immersi davanti ad una miriade di opuscoli con foto dei partecipanti, nomi e carte di identità. Le sale avevano le pareti altissime, alcune stanze erano illuminate da dei lucernari sul soffitto che lasciavano scorrere la luce attraverso delle travi di marmo che reggevano la struttura su degli spessi muri ad isolamento termico; la pareti erano rivestite con un intonaco speciale color grigio che regalava alla palestra un'aria un po' imperiosa e cupa. Il pavimento era realizzato in gomma sintetica in un color azzurrino slavato, imperlato da una strana iridescenza che brillava a seconda della luce. 
Tsugumi era rimasta imbambolata a guardare un piccione che si intravedeva su uno dei lucernari; l'avevano fatta spogliare e indossava solo una biancheria intima sportiva di un nero semplice e non ricamato. Cominciava a formarsi il segno di ematoma sul naso ma aveva fermato il flusso di sangue con dei piccoli pezzetti di carta da bagno che aveva infilato su per le narici. L'aspetto non era dei migliori e questo, ovviamente, aveva portato alcune ragazze a sghignazzare scettiche su quella presunta ragazzina dal fisico minuto. Non ne era rimasta intaccata per il semplice motivo che non era molto presente. Continuava a ripensare al momento in cui si era imbattuta contro Saitama. Era quasi sicura che Maki e Kin l'avessero vista al momento dell'impatto e avessero elargito con uno scuotimento di testa sin troppo teatrale, uno di quelli che alimentava ancora di più quanto Tsugumi fosse stupida. Sperava di poterle vedere durante le sue prove, giusto per alimentare un coraggio che ora sembrava fondersi insieme ad una tenacia improvvisa. Se era rimasta scettica sulla sua ammissione all'Associazione ora quella paura stava scemando per far spazio ad una consapevolezza diversa; quello scontro non poteva essere stato un caso.
No, non poteva.
C'era una percentuale infinitesimale di probabilità di trovarlo proprio durante l'edizione, di solito era raro incrociare gli Eroi, anche di classe bassa, in eventi di quel genere a meno che non fossero strettamente annunciati come giudici di gara o, semplicemente, come presenze di sostegno per eventuali giudizi alternativi. Saitama era lì per un motivo diverso, forse addirittura per sbaglio, ma qualsiasi fosse la causa era convinta che non fosse stata una casualità. 
Insomma, Tsugumi, la fantomatica sfortuna del numero quattro pare perdere potere o magari a te fa l'effetto contrario per equilibrare la tua sfiga durante la vita.
Nella sua testa il loro primo incontro era decisamente più epico e atmosferico; movimenti in slow-motion, sguardi intensi e frasi al limite della decenza. Anche una musichetta strumentale per enfatizzare il momento da antologia, ma di certo la realtà aveva disfatto con noncuranza tutte le sue fantasie e non era stata una cosa così maligna. Era quasi convinta che non sarebbe potuta andare meglio di così; non ci voleva un genio per capire che in una qualsiasi altra circostanza non avrebbe spiccicato parola e, probabilmente, sarebbe svenuta all'istante. O magari sarebbe morta di un infarto precoce per l'emozione ingestibile. Doveva trattenere quelllo stato d'animo dentro di sè visto la saggia decisione di non rivelare a nessuno di quella sua ammirazione nascosta, tant'è che nè Maki nè Kim erano a conoscenza di quella sua piccola ossessione. Già le immaginava, altrimenti, sballottarla in malo modo, con conseguente nausea, per avere dettagli, allerte, anticipazioni che nella sua testa erano ben vivide dal primo momento in cui lo aveva visto.
"Ow Tsugumi, che cosa romantica, dovrei farvi conoscere così uscirete per un appuntamento, lui ti offrirà la cena in quel ristorante di lusso a mangiare solo sashimi e tsukemono e poi passeggerete lungo la costa alla luce delle lanterne e lì vi darete il vosto primo ba-", "Ma smettila di dire 'ste schifezze, Tsugumi non è fatta per le storie romantiche e poi quel Saitama è un poveraccio sfigato pelato, ma davvero ci trovi qualcosa in lui?"
"Finiscila tu Maki, sei una gran rottura di scatole!"
"E tu sei un'ingenua!"
"Cooosa? Ritira quello che hai detto Maki-Chan o giuro che ti taglio la gola."
"Vediamo se ci riesci, stronz-."

"Numero 23.464, nome iscritta Tsugumi Ishii, nessun nome Eroe definito, 25 anni, alta 165 con un peso pari a 49. Capelli castani, a caschetto, occhi grigi e lentiggini potenzialmente finte sul viso. Seno poco prosperoso, nessun segno caratteristico, sedere nella media-"
Tsugumi si risvegliò da quel suo momento di scenetta mentale non appena una voce di donna la invase. Tutti avevano gli occhi puntati addosso a lei e quella donna aveva l'aria di star leggendo un opuscolo descrittivo, ad alta voce, seppure non avesse alcun tipo di emozione a macchiarle l'espressività del volto. Era una bellissima e perfetta statua di pietra, dal profilo perfetto, un paio di occhiali da vista affilati e lo sguardo felino e azzurro. Mise giù i fogli sul tavolo e intrecciò le dita tra loro.
"-bassissima percezione, livello concentrativo mediocre e poca predisponibilità a rispondere alle domande. Tsugumi Ishii, ritenti quest'esame per la quarta volta e il mio parere su di te non cambia di una virgola, spero che la tua tenacia se ne faccia una ragione questa volta."
"Signorina Yoko..." Tsugumi prese un profondo sospiro e poi sorrise. Uno dei pezzetti di carta dalle narici scivolò via, lasciandole un alone rosso raggrumato intorno alla pelle. "...le mie lentiggini sono vere, lo posso giurare."
La Signorina Yoko non era nient'altro che una giudice professionista per colloquiare i vari Eroi durante le loro prove di ammissione, nel tempo libero dedicava la sua vita all'insegnamento degli origami nelle sale d'aspetto per gli ospizi degli anziani. Persino quei poveretti, già reduci da guerre e mostri assassini, reputavano la Signorina Yoko come il male più atroce che potessero subire alla loro veneranda età. Era bella come una serpente ma velenosa, con solo il suo sguardo era capace di ammutolire gran parte delle teste pensanti di quel posto. Aveva un potere manipolatorio al di sopra del normale, era riuscita a livellare nelle varie industrie segrete dell'Associazione grazie ad un carattere forte, distaccato, quasi fosse solo un'osservatrice oggettiva capace di stilare resoconti senza alcun tipo di sbavatura.
Tsugumi non la temeva nonostante tutto,  ma la ammirava, nascondendosi sotto la scorza di paura reverenziale. Il suo sogno era quello di diventare austera e rispettata come lei, un giorno, ma questo si era ben premurata di dirlo ad alta voce. Non era un segreto che non fosse nelle grazie di Yoko; apparentemente la odiava, la considerava una poco di buono, una scansafatiche e una ciarlatana di prima categoria.
"Spero per te che questa volta abbia qualcosa in serbo per noi, altrimenti non vedo perché sprecare del tempo utile per una causa persa." 
Tsugumi non rispose a quella provocazione, sentiva i vari brusii delle ragazze dietro di lei, le sentiva sghignazzare, qualcuna la stava anche additando. Vide in lontananza la strana ragazza con i razzi nei capezzoli e anche quella la stava guardando ma, a differenza delle altre, era seria in quella che Tsugumi avrebbe definito come una stabile dote concentrativa.
Si voltò un'ultima volta verso la postazione degli spalti, c'erano dei gruppi di gente comune che incitavano i prematuri Eroi di mettercela tutta, di fargli vedere chi fossero, di non abbassare mai la guardia ma le mutande sì. Sperò di vedere le due gemelle ma non riuscì a scorgere nessuna bellezza dalle trecce dorate e ritornò a guardare verso Yoko. Di fianco a lei c'erano due uomini dalla faccia rude, un po' rugosa, decisamente più vecchi della signorina ma nemmeno lontanamente paragonabili alla forza di inquietudine che era in grado di trasmettere quella donna.
Fece un paio di passi in avanti e si mise davanti al tavolo, piazzando entrambi i piedi nudi su delle linee di nastro biadesivo bianco incollato al pavimento per l'occasione. Strinse i pugni e prese un respiro profondo, tanto da sentire ogni muscolo del corpo tremare.
Pensò a Saitama, al suo sguardo che aveva incrociato il proprio per pochi secondi.
"Prova numero 1: Saltelli di lato. Avanti Tsugumi, mostraci la tua vera potenza." La punzecchiò Yoko con voce annoiata prima di sbadigliare vistosamente, ma sempre con una grazia senza pari.







"E quindi? Non mi dire che hai fatto meno di 65." 
Kin si infilò in bocca uno dei bastoncini di caramello e guardò Tsugumi con aria apprensiva. Aveva le guance arrossate e l'aria un po' stralunata. Maki, dal canto suo, era di fianco alla sorella e aveva l'aria di non seguire la conversazione. Stava guardando il notiziario che faceva da sottofondo al piccolo bar di dolci che faceva angolo, subito dopo lo stradone degli alberi di ciliegio. L'odore del tè era pressante in quel posto; al centro del tavolo in cui erano sedute vi erano vari piattini in ceramica liscia con sopra dei centrini di pizzo. Maki aveva preso una varietà di dolciumi di ogni genere, ma quelli al caramello erano solo per Kin, era una grandissima golosa di dolci.
"Non lo so, ho evitato di aprirla e penso che la brucerò non appena arriverò a casa."
"Non puoi tenerci sulle spine così. Noi dobbiamo sapere; abbiamo anche già organizzato la festa a casa tua nel caso tu fossi stata presa."
"Cosa?" Tsugumi strabuzzò gli occhi e per poco non si strozzò con la sorsata di tè nero appena ingerita.
"Scherzo. Ma gli striscioni giuro che li abbiamo fatti sul serio." Insistette Kin, gonfiando le guance.
Tsugumi tirò un sospiro profondo e andò a pigiare la fronte contro il tavolo. Si sentiva ancora stanca per via di tutte quelle prove e di quelle domande. Alla fine era riuscita a finire ogni prova e, come volevasi dimostrare, a livello fisico rimaneva una bruscola incapace. Yoko si era premurata di sottolineare quel fatto con la massima professionalità, consegnandole un foglio pieno di giudizi in penna rosso fuoco, sventolandoglielo davanti al naso come fosse il contratto per la vendita della sua anima.  
Inappropiata.
Era uscita dalla palestra con quel senso di oppressione tipico che la avvolgeva ogni volta che tentava di superare quei test. Se fino a pochi attimi prima il buonumore era alle stelle, era bastato ripiombare sulla realtà dei fatti per annullare ogni forma di ottimisto e amor proprio. Le rimaneva una chance solo nell'esame teorico, doveva armarsi di una pazienza sopraffina per evitare di addormentarsi e cercare di raggiungere un punteggio decente. Non era facile come sembrava; erano in pochi a essere stati chiamati per quel turno e si era ritrovata in una stanza enorme con solo pochi banchi squadrati ai piedi di un lunghissimo asse di legno da cui troneggiavano i giudici e i carnefici di quel giorno. Donne e uomini incontaminati sedevano oltre la linea di demarcazione e li squadravano con un severo barlume di scetticismo.
Tsugumi se la stava facendo sotto.
Si chiese se quella sensazione era tipica nei cuori dei novellini appena subentrati in quel mondo, ma era una domanda inutile da porsi. La varietà di personalità di quel posto rendeva impossibile rispondere a una domanda del genere. Eppure quegli occhi non cambiavano, erano sempre gli stessi, quelli che avevano giudicato Tornado, Silver Fang, King, Watchdog-man, e ora erano lì per giudicare lei. Si guardò intorno ed erano solamente in cinque, oltre lei, nella classe. Vi erano un paio di ragazzi e altre tre ragazze. Una di loro sembrava avesse la faccia a forma di topo ma non rimanette troppo a perlustrarla visto che i ragazzi hanno solo cinquanta minuti di tempo per rispondere alle domande, che potranno essere a carattere personale o generico, per cercare di capire se sono idonei per la protezione della nostra città, se non presentano anomalie mentali di dubbio gusto o pericolo per il nostro sistema operativo, grazie per la pazienza e ora cominciate subito, e la pazienza ce la mise davvero. 
Le domande erano noiose e teniche, le classiche banali domanducce che ti farebbero nei test per capire a quale segno zodiacale tu sia più affine.  Giusto su una di quelle si soffermò più a lungo, prendendosi il suo tempo.
Spiegaci in poche parole il motivo per cui hai deciso di entrare nell'Associazione.
Avrebbe potuto scrivere molte di quelle poche parole ma la risposta sarebbe sempre stata la stessa. Avrebbe scritto il suo nome ovunque, avrebbe spiegato il motivo per filo e per segno, riducendosi a sembrare una di quelle fan sfegatate da quattro soldi convinte di poter seguire i propri idoli nell'oltre e anche di più solo per una malsana idea di poter comparare con loro.
Ma non era questo quello che voleva. Scrisse qualche superficialissima scusa e consegnò il foglio pieno zeppo di parole, era riuscita a finire molto prima del tempo limite e se n'era uscita da quell'angusto edificio il più in fretta possibile. Aveva voglia solo di trovare Kin e Maki, di mangiare dei sani* dolci con loro e smetterla di pensare. 
"Ehi, Tsugy, ci sei?"
"Mh?"
"Non tenerci sulle spine, togliamoci questo dente subito."
Tsugumi sollevò una borsa a tracolla sulle gambe e tirò fuori da questa una cartellina color papiro. Gliel'avevano consegnata mentre era ancora nei camerini a cambiarsi. La velocità con cui giudicavano i potenziali Eroi era da ammirare, in effetti. Ci mise diversi secondi ad aprirla ma non fece uscire il foglio al suo interno, anzi. Lo sbattè sul tavolo e lo spinse verso Kin. Solo ora Maki sembrò ridestarsi da quella contemplazione verso il notiziario e degnare le altre due di uno sguardo.
"Oh, finalmente." Disse con enfasi Maki prima di prendere la cartellina e tirare fuori il foglio.
Tsugumi vide Kin affacciarsi in modo da sbirciare il risultato e tolse lo sguardo da entrambe. Non avrebbe sopportato l'idea di vedere le loro facce sconfortate, pietose e forse anche un po' accondiscendenti nell'informarla che l'associazione aveva preso in considerazione la sua proposta e che le linee guida ufficiali erano pronti a risarcirla con un buono omaggio per i grandi saldi visto che non era stata-
"...Presa." Mormorò Maki con un filo di voce, sgranando i grandi occhi azzurri verso Tsugumi.
"Sì lo so, ordina un'altra fetta di torta della casa, quella ai mirtilli, voglio ingrassare e andare a deprimermi a casa."
"No, Tsugumi...." Kin squittì come un topolino e per poco non si tuffò su tutto il tavolo per afferrarle le mani. "Sei stata presa. Hai fatto 70 punti, giusti giusti, ma li hai fatti. Hai superato la prova di teoria coi massimi dei voti. Ce l'hai fatta! Non ci credo!"
Tsugumi rimase a fissare Kin senza riuscire a spiccicare parola, aveva di sicuro la bocca aperta come un pesce palla e gli occhi fuori dalle orbite.
"Hai usato la tecnica di seduzione che ti avevo insegnato? Parole piene di poesia da Eroe?" Incalzò Maki andando a guardarla con un sorriso. 
"Io..."
"Finalmente sei una di noi, possiamo chiamarti collega. O sorella. O sorcollega."
"Kin la pianti con queste stronzate?"
"Ragazze..." Tsugumi sentiva la testa che quasi girava. Sentiva le loro parole ma era come se fossero troppo lontane. Lo stomaco prese a fare un brusio anomalo e sentiva la gola secca, troppo secca, quasi da non riuscire neanche a deglutire quel poco di saliva rimasta. Guardava entrambe alternando lo sguardo prima su una e poi sull'altra. In quel momento ebbe l'insano impulso di balzare su di loro e abbracciarle ma evitò accuratamente quella parte. Si limitò ad abbozzare un sorriso un po' inquietante, tanto da mostrare i denti. "...credo che sto per sentirmi male."
"Vedi di non vomitare sui miei bastoncini di caramello." Rimbeccò Kin, tirando via il suo piatto di dolci.
"Dovrò rivalutare il numero quattro allora, non porta per niente sfiga ad una come te." Disse Maki,
"Credo che sia stata la botta." Mormorò Tsugumi, in ipnosi. "Il naso mi fa ancora male."
"Tsugumi mi sa che ti sta sanguinando ancora."
"Come? Devo seguire l'aurora?"*
"Mi sa che abbiamo perso Tsugumi." Kin sembrava sconsolata.
"Dalle tempo, è normale. Ti ricordo che tu hai saltato per casa per almeno due giorni dopo che ci avevano assegnato l'ultimo posto nella classe B o sbaglio?"
"Non hai le prove per dimostrarlo, Maki-chan."
Tsugumi non le stava più ascoltando. Aveva gli occhi fissi sul foglio che Maki teneva ancora in mano, sentiva la testa leggera come quella di un pallone e pensò che era così che si dovevano essere sentiti tutti quei nomi di successo proprio all'inizio della loro carriera. Quel senso di smarrimento misto ad un'angoscia pura dell'ignoto ma con una spruzzata di soddisfazione personale capace di creare un mix di sensazioni così intense da far venire il capogiro.
In quel preciso momento aveva solo voglia di svenire e urlare nello stesso momento, ma avrebbe di sicuro attirato l'attenzione di tutti in entrambi in casi quindi optò per quella sua attuale situazione statuaria, guardando le altre due con occhi da triglia e l'espressione di chi è sicura che stia sognando tutto.
"Potete...rileggere il foglio? Non sono sicura di aver sentito bene...mi hanno - cosa? Mi sto per sentire male. Oddio." Farfugliò Tsugumi ormai come un disco rotto, con una voce talmente esile che non era neanche sicura di aver parlato. Si piantò una mano sulla fronte, stando ben attenta a non toccarsi il naso ancora dolorante. 
"La informiamo Signorina Tsugumi Ishii che lei è stata presa come Eroe di Classe C, ultima qualificata, avendo accumulato 70 punti di valutazione. Il punteggio massimo lo ha ricevuto nella prova teorica, i giudici sono stati notevolmente colpiti dalle sue risposte e dalla fermezza con cui ha di nuovo tentato l'ammissione nonostante i fallimenti precededenti. Grazie a questa sua forza di volontà abbiamo deciso di promuoverla sperando di vederla migliorare di passo in passo nel futuro prossimo, che come ben sa è irto di pericoli e mostri distruttori. Le auguriamo una lieta giornata. Le lezioni di tirocinio incominceranno oggi pomeriggio alle 15.00 nell'aula M del secondo piano dell'edificio, l'Eroe Yoshio, 45° della classe A terrà la lezione sul portamento e sulle varie mansioni  che la spettano. Al più presto le verrà assegnato un nome da Eroe e, nel caso non ce l'abbia, la invitiamo a riprodurre un costume adeguato per il suo tipo di caratteristica."
"Oddio mi sento male..." Tsugumi si prese entrambe le tempie con le mani e un sorriso nervoso cominciò a palesarsi sul volto.
Maki fece un colpetto di tosse e strinse meglio i lembi del foglio, continuando a leggere velocemente. I suoi occhi si puntarono su una frase in particolare.
"Ma davvero hai messo come tuo motto preferito: Chi va piano arriva dopo?" Maki strabuzzò gli occhi divertita e li puntò su Tsugumi. 
"Oh, eccovi qua bellezze, c'è da correre. Il mastino dice che ci sono dei disordini nei limiti della città A e chiedono qualche rinforzo di classe B." 
Un ragazzo si palesò davanti al loro tavolo interrompendo quella conversazione. Le gemelle si voltarono a guardarlo. Maki non accennò neanche un sorriso, Kin invece gli fece un inchino di saluto con la testa, che Tsugumi lo prese come una forma di assenso alle sue parole.
Il ragazzo non avrà avuto più di 20 anni, era alto e aveva i capelli di un rosso fuoco, lisci, con un ciuffo spauracchio proprio sopra la fronte. Indossava degli occhialini rotondi con le lenti verde pisello e aveva una spiga mangiucchiata all'angolo delle labbra. Nel complesso sembrava una sottospecie di motociclista, con tanto di giacchetta di pelle rossa e nera, pantaloni stretti e anfibi di cuoio lucidi e impeccabili. Lo aveva visto parecchie volte ai notiziari, si trattava di Eishi, uno dei primi della classe C. Era un tipo divertente ma un po' spavaldo, un po' troppo spavaldo. Una volta lo aveva visto invitare a cena l'intervistatrice durante una diretta TV mentre un lombrico gigante, dietro di lui, faceva a pezzi uno dei supermercati di Isetan. La cosa l'aveva divertita enormemente. Alla fine si era beccato uno schiaffo in diretta, un insulto da parte del cameraman e il lombrico gigante gli aveva vomitato addosso litri e litri di bava verdastra. Come ne fosse uscito indenne era un mistero anche per lei.
"Eishi ma tu ci trovi gusto a romperci le scatole?" Maki lo fulminò con lo sguardo.
"Nervosette eh?" 
"Se fosse qualcosa di pericoloso sarebbe passato al notiziario e l'Associazione ci avrebbe messo in guardia. Ammettilo che vuoi solo trovare scuse per uscire con noi."
"Ah certo, la mia massima aspirazione è cercare di rimorchiare una vipera come te inventandomi la storia dei disordini cittadini." Eishi sembrava scocciato. Maki lo sembrava ancora di più. Giusto Kin si alzò dal tavolo puntando i palmi su questo e indicando Tsugumi con un dito. Kin trovava gusto additare le persone quando voleva enfatizzare un concetto o, come in quel caso, far deviare ogni attenzione su un altro punto così da far disperdere il nervosismo che si era creato. 
"Eravamo qui con la nostra amica Tsugumi, è stata appena presa come Eroe di Classe C dall'Associazione e volevamo congratularci con lei ma se c'è bisogno del nostro aiuto siamo qui per dare una mano, vero Maki-nee?"
"Già." Si alzò anche Maki dal tavolo, con una lentezza scocciata, andando a guardare Tsugumi che, in quel momento, era lì che osservava la scena ancora in una fase onirica. Aveva seguito quel quadretto giusto perchè era obbligata a farlo, ma la sua testa non ne voleva sapere di articolare delle frasi composte. Le venne in mente un antico detto di sua nonna paterna che le diceva: "Ricordati, piccola mia, che le menti più brillanti sono sempre quelle che fanno grandissimi giri e poi tornano sulla retta via ricordandosi che- Maria il tenpura è pronto!"
Non aveva mai finito la frase, era solita perdersi tra le faccende e dimenticarsi il filo del discorso, ma Tsugumi sapeva che quella sarebbe stata una grandissima frase saggia da usare in situazioni come quella. Si ritrovò a sorridere quando si vide additata da Kin e puntò lo sguardo su Eishi. C'era da dire che aveva un bellissimo sorriso pulito e degli occhi verde smeraldo intensi. 
"Piacere, mi chiamo Tsugumi Ishii."
"Piacere mio. Credo che tu abbia sentito parlare di me, in tal caso sono Eishi, soprannominato Moreno Ghost." 
"Mi ricordo di te, ti ho visto spesso in televisione."
Eishi fece un sorriso che sembrava imbarazzato e si piantò una mano dietro la testa, andando a grattarsi i capelli. "Già, la vita dell'Eroe è dura, devi sempre stare attento a quello che dici o fai perché potrebbe ripercuotersi contro di te."
"Ma non mi dire." Tsugumi fece un sorriso.
"Tsugy ricordati che tra un'ora hai la lezione, ci vediamo presto e vedi di non strafare. Credo che sei in sovraccarico di emozioni e vorrei che tu non scoppiassi. Dai Eishi, portaci dai disordini." 
Dopo che Maki la ebbe salutata si ritrovò Kin addosso. La strinse in un abbraccio caloroso e le diede un bacio sulla guancia. Aveva un buon odore di caramelle ma la sua pelle era ghiacciata, si chiese se non fosse innaturale visto la calura di quella giornata.
"In bocca al lupo, non far ammattire il professore e mi raccomando, se vedi Genos..."
"Sì, non gli guardo i pettorali, d'accordo."
Tsugumi tirò su un pollice e le guardò andare via. Non era molto contenta del fatto  che avrebbe dovuto affrontare quella situazione da sola, aveva bisogno di un supporto che le stesse affiancata. Quante  volte si era mangiata le mani per non essere riuscita a entrare insieme alle gemelle, di sicuro sarebbe cresciuta insieme a loro e non avrebbe avuto bisogno di ammattire nel caso le cose non si fossero messe bene. 
Andò a recuperare il suo foglio, che ormai considerava una reliquia sacra, e lesse mentalmente tutte le parole scritte sopra. Non le sembrava vero tutto questo, si era creata già la continuazione della sua giornata sapendo che non sarebbe stata presa neanche questa volta. Ora tutti i suoi piani erano saltati. Non avrebbe potuto guardare la 98° puntata di "Il mio sedere mi parla". 
Sì brava, pensa ai sederi, è il modo giusto per iniziare la tua nuova vita.
A
ll'improvviso si sentì picchiettare la spalla. Per poco non ebbe un collasso per la sorpresa ma riuscì a voltare la testa e a guardare in alto.
Era di nuovo Eishi, sorrideva in maniera sciolta e stava pinzando la spiga ai lati della bocca con indice e pollice.
"Credo che troverai mio fratello nella lezione di oggi. Pensa di essere un tuttofare ma tu lascialo parlare e fregatene altamente di quello che dirà."
"Mh?" Rimase a fissarlo interdetta per qualche secondo prima di prendere una bella boccata d'aria. "Ho conosciuto gente che si credeva tuttofare negli ambiti più disparati, penso che potrò sopravvivere."
"Io ti ho avvertito Moschita
Moschita era un soprannome orribile, doveva farlo suo.
"ci vediamo in giro allora, e ancora complimenti. Ah, il tuo naso si sta gonfiando."
Quando lo vide uscire dalla porta Tsugumi si rese conto che la giornata era ancora molto lunga, molto dispendiosa e molto improbabile. Non sarebbe stata capace di reggere un altro colpo di scena senza rimanerci secca. Di sicuro il fatto che il suo naso assomigliasse, ora, ad una patata gigante era l'ultimo dei suoi problemi.









Note: capitolo 2 finito, non mi piace granchè ma è uno di quei capitoli che mi servono per arrivare a quello dopo. Insomma una specie di trampolino di lancio ecco. Di nuovo, se siete arrivati fin qui senza annoiarvi vi ringrazio enormemente, mi fate felice anche solo leggendo. Questa volta ho aggiunto un altro personaggio ( sempre inventatissimo da me ) perché ho deciso di giocare un po' col fatto che in questa Associazione ci sono molti Eroi e credo che mi divertirò parecchio a caratterizzarli. Infatti non sono finiti qui ma GIURISSIMO che quelli che conosciamo compariranno molto presto, già dal prossimo capitolo...come il nostro amato Genos e Spatent Rider :D E forse forse Saitama, ma forse forse. Vabbè in realtà è inutile che spoilero visto che non lo so neanche io come andrà. Quindi niente, di nuovo grazie <3 

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Capitolo 3
*** Chi trova un amico, trova un amico ***


誰でも友人を見つけ、友人を見つけます
Dare demo yūjin o mitsuke, yūjin o mitsukemasu
( Chi trova un amico, trova un amico )




La lezione d'iniziazione, così l'aveva chiamata Tsugumi giusto per darsi un tono, era stata abbastanza produttiva. Si era ritrovata in un'aula scolastica, o almeno così sembrava in apparenza, composta da una ventina di banchi spogli, un paio di mobili posti negli angoli e delle grandi finestre che illuminavano tutta la stanza. Decisamente più luminosa e confortevole rispetto alla palestra, Tsugumi si sentiva invasa da una nota nostalgica, ripensando ai suoi anni di scuola e a quanto la vita fosse molto meno movimentata in quegli anni. Non che ne fossero passati molti, ma per lei erano troppi.
Dietro una piccola scrivania sedeva il fantomatico fratello di Eishi. Sulla lavagna dietro di lui erano stati scritti in gessetto tre punti essenziali che, a detta del docente, gli alunni erano obbligati a ficcarseli in testa fino alla loro morte prematura.
Gli alunni, in quel caso, erano soltanto lei e un altro ragazzo che aveva preso posto nel banco di fianco. Non l'aveva visto la mattina durante le prove, ma anche se per caso il suo sguardo lo avesse incrociato, di sicuro non si sarebbe ricordato di lui. Era un tipo anonimo; capelli scompigliati e scuri, occhiali da vista, un po' gobbo e dalla faccia bruttina
dillo a parole tue, Tsugumi, che era proprio un cesso
ricordava quei personaggi della TV che puntavano tutto sull'intelligenza perchè l'aspetto, purtroppo, aveva giocato un brutto tiro con loro. Per tutto il tempo della lezione quel tipo brutto non aveva spiccicato parola, di tanto in tanto l'aveva guardato di sbieco aspettandosi qualche segno di interessamento ma era rimasto per due ore buone a scrivere alla rinfusa su un quadernetto di velluto, fitto fitto, alzando la testa giusto per guardare il docente ogni qual volta quello alzava la voce. Lo faceva quando voleva enfatizzare un concetto.
Il fratello di Eishi, Yoshio, era un ragazzo sulla trentina. Capelli biondo cenere, lunghi, legati dietro la nuca con una coda bassa. Aveva un bel viso ma da giovane qualcuno doveva essersi divertito a marchiargli lo zigomo sinistro con una cicatrice indelebile. La cosa più brutta, e per Tsugumi era stata un'ardua prova da superare, era che la forma menomata assomigliava terribilmente ad un fallo
Era impossibile evitare di ipnotizzarsi su quella cosa che ballonzolava ogni volta che Yoshio apriva bocca, e durante quella lezione l'aveva aperta parecchio. Come Eishi aveva annunciato, Yoshio era il classico sotuttoio; lo era in maniera presuntuosa e saccente, tanto da scorgere in lui quell'altissimo muro alzato apposta per evitare che qualsiasi altro punto di vista potesse arrivare alla sua testa. Tutto ciò che lui non approvava, era sbagliato. Tutto ciò che lui approvava, era giusto perfetto in ordine alla norma corretto.
Quindi li aveva inculcati di teorie, lezioni, consigli e obblighi per tutto il tempo, soffermandosi su quei tre punti scritti alla lavagna che lui considerava le tre massime essenziali per diventare Eroi di tutto rispetto:

1 - Evitare come la peste i barboni e i ciarlatani. La figura dell'Eroe doveva essere attribuita ad un'ideale mastodontico, più vicino agli Dei dell'Olimpo che ai quattro cialtroni da salotto. 

A detta di Yoshio i quattro cialtroni da salotto erano paragonabili a quelli che mettevano il formaggio sopra il salmone. Un'eresia punibile con la morte.

2 - Essere sempre presenti ad ogni chiamata, ogni squillo, ogni avviso, ogni messaggio, ogni calamità distruttiva.

In poche parole, non importava se tu fossi impossibilitato a muoverti perchè la tua gamba era finita sotto uno schiacciasassi, se l'Associazione chiamava tu dovevi rispondere.

3 - Mai e poi mai fare monologhi risolutivi un secondo prima di colpire a morte l'avversario.

Su questo punto Yoshio si soffermò almeno per una mezzora buona. Raccontò di quando diversi Eroi, in tempi passati, per alimentare il loro Ego smisurato si perdevano a raccontare al proprio nemico i motivi che lo avevano spinto a intraprendere quella carriera di giustiziere. Un esempio calzante fu quello di Ballerino JoJo, che aveva quasi abbattuto il Mostro dei Boschi nella città F, ma aveva deciso di spiegargli per venti minuti quello che avrebbe fatto del suo cadavere una volta ucciso. Il Mostro dei Boschi era riuscito a rigenerarsi con la forza di Madre Natura, approfittando del tempo, e gli aveva sferrato un colpo mortale sulla sciatica che ora, Ballerino JoJo, si faceva chiamare solo JoJo e non lo si poteva invitare in campeggio altrimenti gli venivano le crisi isteriche e non mangiava per due giorni interi. 
Il ragazzo bruttino aveva scritto tutto quanto sul suo quadernino bruttino con la massima diligenza. Tsugumi si era rifiutata di prendere appunti ma era convinta che non si sarebbe dimenticata quella lezione molto facilmente. 
Alla fine Yoshio aveva dato ad entrambi due compiti che avrebbero dovuto svolgere in quella settimana e voleva dei risultati soddisfacenti o avrebbe parlato col suo Consiglio di Eroi, altro nome deciso da Tsugumi per darsi di nuovo un tono, per decidere se  valeva la pena tenere due impiastri come loro nell'Associazione.
Ora sedeva davanti all'edificio, su una panchina, con un foglietto in mano e solo la voglia di scappare via, tornare a casa e finirsi la serie di "Il mio sedere mi parla" senza avere altri pensieri in testa. Magari si sarebbe fermata a comprare ohitashi per cena. Magari quelli con le scaglie di tonnetto essicc-
"Salve. Sei tu Tsugumi Ishii?" 
Una voce di fianco a lei la fece sobbalzare. Doveva smetterla di fermarsi a pensare troppo, la sua testa non era in grado di ritornare alla realtà così in fretta, sicuramente il suo cuore avrebbe fatto capriole prima o poi per quegli effetti a sorpresa.
"Ah, ciao, sì. Sono io." Saltò in piedi dalla panchina e si piazzò davanti al ragazzo che aveva parlato.
Lo conosceva bene, oltre che nei notiziari lo aveva visto spesso in giro per la città Z. Era Spatent Rider, immancabile con la sua bicicletta, l'elmetto, tuta aderente e occhialetti di vetro lucido. 
"Il professore Yoshio mi ha detto che devo affiancarmi ad un Eroe della mia stessa classe per svolgere qualche mansione minore. Non ho idea di che cosa significhi mansione minore per i suoi standard ma... sono pronta a fare tutto, anche aiutare le vecchiette ad attraversare la strada." Tsugumi fece un sorrisino poco convinto.
Intanto Spatent era sceso dalla sua bicicletta, aveva tirato il cavalletto, era stato attento che non cadesse, aveva tirato fuori un gancio da non si sa quale parte del corpo, aveva legato telaio e ruota con il gancio, aveva assicurato che la bicicletta fosse davvero in equilibrio e poi si era deciso a fare un passo davanti alla ragazza.
Tutto quello gli era valso quasi 5 minuti buoni. 
"Yoshio mi ha informato; non pensavo di dover fare da trainer ad una ragazza."
"Puoi chiamarmi Tsugumo se ti fa sentire a tuo agio."
Spatent, che a quanto pare era ironico quanto la sua bicicletta, fece un risolino alquanto imbarazzato e drizzò meglio la schiena. Era alto, magro ma tonico e aveva un bel sorriso dolce. Sicuramente Kin, se non fosse stata troppo ipnotizzata dagli ipotetici addominali di quel Genos, avrebbe guardato dalla sua parte. 
"No, non ti preoccupare, anzi scusami se ti ho offesa in qualche modo."
"Na-na, nessuna offesa." 
"Allora, prima di tutto ti spiego quello che...faccio di solito." Cominciò Spatent. Sembrava alquanto impacciato, continuava a gesticolare e a guardarsi intorno, come per trovare l'ispirazione per parlare. "Di solito passo le mie giornate andando in giro con la mia bicicletta, cercando qualcosa da fare per aiutare la comunità."
"Mh-mh."
"Molte volte non c'è molto da fare, la città non viene sempre invasa da dei mostri mutanti o una tribù di skinhead che non hanno voglia di lavorare." Spatent fece un altro risolino impacciato. "Ma i piccoli furti, scippi, qualche gang un po' troppo rumorosa...quelle ce ne sono in abbondanza. Possiamo cominciare dai quartieri fantasmi e vedere se troviamo qualcosa da fare. Ahm, mi sono dimenticato di chiedertelo, hai...qualche abilità speciale?"
"Abilità speciale?" Tsugumi tergiversò volutamente. Sbattè un paio di volte le palpebre.
"Sì, sai, tipo...ecco vedi io sono molto bravo ad andare in bicicletta per esempio."
Tsugumi si affacciò per un secondo e guardò la bicicletta di Spatent Rider. Era convinta che ci fosse stato un rivolo di brezza ad aver contornato quel momento di silenzio. Non sapeva bene cosa rispondere, non aveva mai pensato di proclamarsi autrice di qualche caratteristica particolare. In fondo nessuno aveva idea di quale fosse la vera forza di Tsugumi, nessuno aveva idea se quella forza esisteva davvero. Una cosa da dare atto alle due gemelle era che, nonostante tutto, non le avessero mai chiesto di dare loro una prova di ciò che era capace.
Qualcosa sapevano, qualcosa che forse neanche lei sapeva.
"Io sono molto brava a intavolare una discussione prendendo spunto da qualsiasi parola tu dica." Rispose lei di gran fretta, tornando a guardarlo. 
"Va bene, facciamo così Tsugumi." Spatent non sembrava spazientito, anzi. Era molto accomodante, fin troppo accomodante. Probabilmente avere uno come lui a fianco in questo ambito non l'avrebbe aiutata molto a tirare fuori il peggio di sè. Ma in fondo meglio Spatent che qualsiasi altro. "Diciamo che ci piace l'effetto sorpresa e vediamo come va questa giornata, eh? Sono convinto che tirerai fuori qualcosa di unico, di solo tuo e Yoshio sarà contento."
Tsugumi sorrise. Era stata nervosa per niente, alla fine, forse quella giornata sarebbe stata una passeggiata da adesso in poi. L'importante era riuscire ad arrivare all'ora di cena sana e salva, con magari qualche punteggio significativo per l'Associazione, magari con un amico in più già famoso nella città Z e, chi lo sa, si sarebbe trovata con Maki e Kin più tardi giusto per ridere di tutto questo e finire in maniera perfetta la nuova giornata introduttiva alla sua vita da Eroe. 
"Ci sto Spatent Rider, facciamo vedere agli scippatori cosa siamo in grado di fare."
"Allora andiamo, Mina Vagante."
Secondo soprannome del giorno, anche questo era terribile; approvato.







Gli scippatori avevano decisamente scelto di scioperare quel giorno. 
Così come i ladruncoli, le gang malfamate, gli evasori fiscali, la mafia di quartiere e persino i cani idrofobi che proteggevano la discarica dai primi della lista, gli scippatori. La città era quieta, non volava una mosca, sembrava che persino le persone si stessero annoiando di tutta quella pace, ormai abituati a qualche forma di attacco improvviso da chissà quale natura malfamata. Avevano girato per tutti i vicoli del quartiere fantasma, si erano addentrati nella zona delle fognature, superando anche la Montagna di Melma che tracciava un sentiero per raggiungere la città Q. Avevano incrociato qualche altro Eroe in giro, alcuni non li aveva riconosciuti, ma sapeva che facevano parte dell'Associazione visto il modo in cui Spatent si rivolgeva a loro con tono referenziale. Che fossero più deboli o più forti non faceva differenza. Quel ragazzo aveva un carattere fin troppo umile per considerarlo alla stregua di tutta quella bolgia di Eroi. Ne aveva visti parecchi, tutti con la stessa smania di grandezza e pavonaggine che li contraddistingueva. Anche le gemelle erano vanitose e abbastanza inarrivabili. Lui era diverso. Si domandò spesso, durante quella giornata, quale strano fatto lo avesse condizionato a tal punto da decidere di fare l'Eroe. Oltre la bicicletta, alla fine, non aveva niente di speciale. La forza era paragonabile a quella di un umano scattante e allenato ma non avrebbe mai potuto raggiungere gli Eroi di Classe S. Forse addirittura neanche quelli di Classe B. Si rispecchiava molto in lui, sentiva una specie di fuoco nascosto che mostrava con una grande tenacia e un genuino ottimismo per quello che faceva.
Che sia stato frutto di un obbligo, di un trauma o di una semplice scelta era sicura che Spatent facesse tutto quello perché gli piaceva farlo. Si sentiva appagato nell'aiutare le persone, nel vederle sane e salve, al sicuro. Sapeva che era in grado di mettere a repentaglio la sua stessa vita pur di salvare quella degli altri e Tsugumi si chiese se qualcuno avrebbe mai fatto questo per lui.
Quel pensiero le procurò un velo cupo sul volto tanto da non accorgersi che erano finiti a ridosso di un parco isolato.
"Credo che oggi non se ne fa niente. E' strano, di solito qualcosa da fare la trovo sempre."
Spatent stava pedalando con calma; Tsugumi stava in piedi su dei piccoli piedistalli ai lati delle ruote e si reggeva tenendosi sulle spalle del ragazzo. 
"Forse...hai ripulito la città talmente bene che non ci sono più scarti in giro."
Spatent fece un sorriso ma non rispose. Tsugumi non infierì troppo su quel punto.
"Bè, credo che sia meglio che torni a casa. Domani è un altro giorno e magari sarà più produttivo."
"Allora ti porto a casa." Mormorò il ragazzo prima di fermare la bici e ruotare in modo da imboccare di nuovo il sentierino diretto al centro della città.
"EHI!" 
Un urlo di qualcuno dietro le loro spalle fece frenare Spatent di scatto. Tsugumi non fece in tempo ad accorgersi di nulla. Qualcuno aveva lanciato un Kunai d'acciaio che sfilò di fianco all'orecchio della ragazza per piantarsi contro il tronco di un albero con un colpo secco e veloce. 
Spatent frenò di colpo e Tsugumi si voltò di scatto, con gli occhi sgranati. 
"Tu. Dimmi dov'è." 
La voce proveniva dagli alberi, sembrava venire da più direzioni diverse, non riusciva a capire se fosse diventata matta o le foglie si erano messe a parlare. Spatent intimò a Tsugumi di stare ferma e scese dalla bicicletta. Lo slancio della mancanza di peso quasi non fece ribaltare la ragazza da un lato ma riuscì a piantare i piedi sul terriccio, tenendo in bilico la bicicletta andando ad afferrarla per il manico.
"Chi sei? Fatti vedere."
Spatent aveva divaricato le gambe e aveva piegato le braccia, chiudendo le mani a pugno. Lo sguardo nascosto dagli occhialini che perlustrava ogni zona possibile al di sopra dei tronchi secolari del parco. La voce non rispose, da canto suo sentiva solo le foglie degli alberi fremere come se qualcuno stesse continuando a sfiorarle con il corpo.
"Tu lo conosci. Dimmi. Dove. Si Trova."
Sibilò la voce; Tsugumi non poteva vederlo ma era quasi sicura che mentre pronunciava quelle parole quel tipo stava sorridendo. Era l'intonazione della voce, com'era scandita la frase, sembrava minacciosa ma divertita. Macchiata da un certo eccitamento che non riusciva a nascondere. E fu allora che lei ebbe un flash istantaneo. Scese dalla bicicletta e per poco non la fece ruzzolare a terra.
Non aveva voglia di far arrabbiare Spatent, così tirò il cavalletto per tenerla in equilibrio vicino ad uno degli alberi. Fece qualche passo dietro Spatent ma non lo affiancò per ora, alzò il viso per aria e rimase a guardare tra gli alberi. 
"Mostrati! Solo i vigliacchi attaccano nascosti nell'ombra." Incalzò Spatent, stringendo i pugni davanti al torace. 
Se Tsugumi aveva avuto il barlume giusto Spatent non avrebbe mai avuto nessuna possibilità di vincere nel caso quella voce avesse deciso di attaccarli sul serio. Ma era convinta che non sarebbe finita così quella giornata.
"Mi sono allenato per giorni, per settimane, per mesi. La mia velocità è migliorata e il mio attacco è diventato venti volte più potente. Non potrà vedermi arrivare, non saprà dove attaccarmi, non mi sentirà muovermi sopra di lui mentre la mia lama lo farà a pezzi."
Continuò quella voce con la stessa intonazione di prima. Tsugumi era convinta che da lì a poco lo avrebbero sentito ridere a crepapelle. Il che sarebbe stato alquanto inquietante, in un parco, da una voce a cui non potevano dare un volto.
"Spatent, credo che sia meglio andare ora." Sussurrò lei. Ma Spatent digrignò i denti e tese la gamba posteriore come pronto ad attaccare qualora la voce si fosse palesata.
"Tsugumi prendi la mia bicicletta e scappa; se dovessi lottare non voglio che tu sia nei paraggi."
"Non puoi morire, devi farmi da tutor." Continuò lei, gonfiando le guance. 
"Tsugumi!" Rimbeccò Spatent.
"Credo di sapere a chi appartenga questa voce." Continuò lei sempre in un sussurro.
"Smettetela di bisbigliare, io vi sento." Sibilò la voce e, dal nulla, partì un altro pugnale in acciaio che, per poco , non beccò l'elmetto di Spatent. Tsugumi fu presa di striscio ad una guancia, mentre la lama si conficcò nello stesso tronco dell'altra, parallela e precisa.
Ora, oltre al naso violaceo, si aggiungeva un taglio sullo zigomo. Non prese subito a sanguinare ma bruciava. Spatent si voltò verso di lei per appurare che stesse bene prima di fare un ringhio nervoso e voltarsi di nuovo verso gli alberi.
"Ho detto fatti vedere." Urlò Spatent. "Solo i vigliacchi agiscono nell'ombra."
"Quanto sei noioso, continui a ripeterti, parli tanto ma non rispondi alle domande giuste."
"Non so di chi tu stia parlando!" Sbraitò il ragazzo.
"Ma allora volete proprio morire, eh?" La voce continuava a provenire da direzioni diverse. Tsugumi cominciava a trovare un po' snervante girare il collo per capire da dove quell'individuo sarebbe sbucato fuori.
"Non mi divertirei ad uccidere due insulsi come voi. Troverò da solo Saitama. Ma la prossima volta non sarò così clemente, mi avete fatto innervosire - specialmente tu Biciclettaio - quindi..."
Dal nulla una lama fendè l'aria e uno stridio acuto invase le pareti degli alberi, facendo svolazzare via degli uccelli oltre le foglie. Il movimento fu così veloce che entrambi si ritrovarono a guardare verso il punto colpito una volta che il misfatto fu compiuto. 
La bicicletta di Spatent era stata tranciata in due da una lama affilata e veloce. Ora riversava sul terreno col telaio a pezzi; due pezzi perfetti ma smembrati. 
Spatent abbassò i pugni e fece qualche passo in avanti, già coi sintomi di un lutto nascente mentre Tsugumi ruotò di nuovo il collo. Non riusciva a capire se la cosa l'aveva spaventata oppure no; sta di fatto che se quello aveva cambiato idea e avesse deciso di ucciderli sicuramente non ci sarebbe stato scampo per nessuno dei due. Come Eroi di Classe C non erano molto affidabili ma almeno Spatent non aveva risposto alla sua domanda, forse ingenuamente non aveva capito a cosa si stesse riferendo quella voce. Ma lei lo sapeva bene.
Lo aveva visto la prima volta qualche mese prima. E non in diretta Tv ma dal vivo; si era ritrovata in mezzo alla bolgia di gente ad assistere quel malato mentale distruggere edifici e pilastri monumentali con le sue lame, ad una velocità inaudita.
Saitama l'aveva messo al tappeto con un solo colpo. 
Quello era Sonic il Supersonico.
"Spatent..." Tsugumi mormorò il suo nome ma quello era accucciato davanti alla sua bicicletta, ad accarezzarne il telaio, il sellino e le ruote. Lo sentì anche tirare su col naso.
"Tsugumi non riesco ad accompagarti a casa. Devo...devo andare a riparare la mia bici. Ci vediamo domani, d'accordo? Credo che se ne sia andato ma stai all'erta, nel caso puoi sempre chiamarmi e io arriverò in tuo aiuto." 
In effetti le foglie non frusciavano più, la voce era scomparsa ed era convinta che avesse tagliato la bici di Spatent giusto un secondo prima di allontanarsi. Se era davvero veloce come ricordava ora era già in città. 
"Tutto...tutto a posto?"
Spatent non rispose, fece solo un sospiro appesantito e prese in braccio la bicicletta. Era comunque abbastanza forte per essere un umano.
"Sì." Tirò su col naso, annuendo. "Grazie."





Alla fine era tornata a casa senza comprarsi niente da mangiare.
Aveva solo dei cereali, un po' di latte di soya, dei dolcetti al caramello lasciati da Kin una delle tante volte che era venuta a trovarla e una banana. Viveva in una stanza di una casa insieme ad una coppia di vecchietti di ottantanni che, era quasi sicura, non si ricordavano più di lei. Si era trasferita lì un paio di anni prima ma già da un anno avevano smesso di chiederle l'affitto della camera. Una volta aveva sentito la signora dire al marito che era convinta ci fossero gli spiriti nella stanza degli ospiti, che era quella di Tsugumi, e così aveva continuato a vivere in quella maniera senza ricadere nel discorso. 
Aveva lasciato Spatent in città e si era diretta all'ovile senza fare altre deviazioni. Sonic stava cercando Saitama per sconfiggerlo, per vendicarsi, per qualsiasi cosa avesse intenzione di fargli. Non era preoccupata della cosa; Saitama era più forte. Lei lo aveva visto, lo sapeva. Era anche convinta che quel Ninja assassino non l'avrebbe neanche trovato così facilmente. Si chiese cosa facesse nel tempo libero uno come Saitama, in quale angusto quartiere dei mondi si trovava, magari era appollaiato davanti ad un cassonetto aspettando una qualche forma di minaccia pronto a sventrarlo. O magari rimaneva ad aiutare i Grandi Esponenti dell'Associazione.
Fece un profondo sospiro e cominciò a sbucciare la banana.
Non aveva più voglia di pensare a questo, adesso. Finalmente era a casa, davanti alla Tv, alla sua puntata famigerata, comoda, con un paio di cerotti sul viso a nascondere le varie ferite del giorno. Si sarebbe addormentata e non avrebbe più pensato a tutto quello fino al giorno seguente.
Toc-toc.
Avrebbe finito tutta la serie, avrebbe letto qualche pagina del nuovo manga prestatole da Maki. Tra l'altro si era scordata di aggiornare le gemelle sulla sua situazione attuale.
Toc-Toc.
Ma magari avrebbe potuto farlo l'indomani, in fondo non era un'urgenza. Avrebbe confermato che Eishi aveva usato la scusa dei disastri per portarsele in giro visto che non c'era nemmeno un gatto su un tronco da salvare quel giorno.
Toc-Toc.
Solo in quel momento si accorse che qualcuno stava busando alla porta. Corrugò la fronte e fece una smorfia. Che i due vecchietti si fossero accorti che era ancora viva? Non credeva; loro si addormentavano presto ed erano già le 8 passate. Era sicuramente qualche altro scocciatore. Magari la pubblicità. O magari era il signore che ritirava la spazzatura, di tanto in tanto decideva orari poco consoni, visto che quello era un hobby che aveva coltivato. Si chiese chi mai poteva trovarsi come hobby, piacevole da fare, il ritiro della spazzatura. Qualche sciroccato.
Andò verso la porticina che conduceva all'esterno. La stanza era piccola ma abbastanza luminosa nonostante avesse solo dei lucernari ad illuminare il tutto. Si trovava in disparte rispetto alla casa della coppia di anziani, infatti aveva una via di ingresso a parte che portava in un vialetto della via parallela. Ma in compenso aveva il bagno privato, dei piccoli fornelli e un balconcino che s'affacciava sull'orticello che i suoi padroni di casa avevano coltivato negli anni. 
Aprì la porta e, per poco, non ci rimase secca.
"Ah, eccoti. Ti ho trovato." 
Davanti a lei c'era Saitama















Note: saaalve a tutti. In questo capitolo volevo inserire Sonic e l'ho fatto in una maniera che non era stata programmata ( avevo altri piani per lui ) ma ormai è lì e lì resta xD Niente, grazie ancora a chi mi legge, a chi arriva fin qui. Un bacione a presto. 

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Capitolo 4
*** Sono la fine del mondo ***


彼らはこの世界の外にあります
Karera wa kono sekai no soto ni arimasu

( Sono la fine del mondo )


 




-Signore Psicologo io le dico il vero, al mio sedere non piace il futon. E poi mi ha ricoperto di briciole di senbei tutta la trapunta. Io non ce la faccio più a vivere così; dottore io voglio estirparlo!- 
La TV continuava la sua messa in onda e la voce del protagonista del programma era l'unica cosa che si sentiva nella stanza. Era sicuramente un punto cruciale della serie televisiva e, se fosse stata un'occasione normale, Tsugumi avrebbe dato di matto per essersi persa tale avvenimento. Ma quella non era un'occasione normale, c'era qualcosa nel sistema universale che si era sbilanciato e aveva dato origine ad una di quelle giornate che Tsugumi non si sarebbe mai più dimenticata. Non solo era stata presa nell'Associazione oltre ogni sua aspettativa, non solo aveva conosciuto il 1° rank della Classe A assistendo anche alla morte del suo mezzo di trasporto nonchè eterno amore di Spatent Rider, non solo era scampata a Sonic riuscendo a collezionare un mini taglio all'altezza dello zigomo, ora Saitama - colui che imperversava nelle sue fantasie da trilioni di mesi - era davanti alla sua porta, aveva la faccia di uno che era lì per errore ma era , la stava cercando, e quella situazione non se la stava immaginando, non era colpa del troppo potassio della banana che teneva ancora in mano come fosse uno scettro giallo. Un'idea malsana le fece venire voglia di chiudere la porta, contare fino a tremila e riaprirla scoprendo che quella era stata solo un'assurda allucinazione che la sua mente le aveva giocato forse come bomba finale a tutte quelle emozioni della giornata. Per una forza di volontà incrontrollata riuscì a non sbattergli la porta in faccia ma era decisamente incapace di dire qualsiasi cosa. Aveva smesso anche di masticare ma era palese che avesse ancora un pezzo di banana in bocca.
-Non possiamo estirpargli il sedere, Mister Takanawa o...lei morirà.- 
Saitama piegò la testa da un lato giusto per sbirciare dietro le spalle di Tsugumi, fece un sorrisino che sapeva di divertito prima di raddrizzarsi e tornare a guardare la ragazza. Da una tasca, o dal nulla tanto non avrebbe fatto differenza per lei, l'Eroe tirò fuori un porta documenti. Era un piccolo involucro rettangolare con sopra disegnato un dinosauro intento a mangiare una zuppa di ramen. 
"Stamattina ti ho richiamato ma credo che tu non mi abbia sentito, hai perso questo. Genos mi ha obbligato a portartelo, purtroppo i fattorini stanno scioperando da diversi giorni e non potevo spedirtelo." 
Tsugumi era riuscita ad assimilare quelle parole mettendole alla rinfusa nel cervello.
Cosa voleva Saitama da lei? Perchè le parlava? Si stava ammattendo? Ma i pettorali di Genos erano davvero così luccicanti come diceva Kin? I fattorini venivano pagati abbastanza per spedire pacchi nelle zone più accidentate? Credeva di sì, anche se i due vecchietti usavano dei droni specifici dati in dotazione dalla Casa delle Pensioni a cui erano iscritti. Voleva anche lei un drone, così non avrebbe più dovuto ammattire per spedire i pacchi di alga konbu a sua nonna che diceva che la facevano diventare immortale. Bella l'immortalità, perché non ci aveva mai pensato prima? In fondo bastava qualche test chimico da parte di qualche scienziato pazzoide ed era fat-
"Oh." Saitama fece un verso che sembrava dispiaciuto "Oggi c'era la puntata di -Il mio sedere è impazzito-, a saperlo me lo registravo." 
Solo in quel momento Tsugumi si riprese, o meglio il suo cervello decise di ritornare alla realtà delle cose. Abbassò finalmente lo sguardo e vide il portadocumenti che Saitama aveva in mano. Probabilmente le era caduto quando ci era finito addosso la mattina stessa. Che cosa strana pensare che aveva dato l'onere a quello scontro per tutte le cose positive successe durante l'arco della giornata, di sicuro non si sarebbe mai aspettata di finire la giornata con davanti proprio la persona che aveva accuratamente deciso di evitare per tutti quei mesi, ammirandolo nel suo angusto antro segreto.
Allungò una mano e afferrò il portadocumenti per sfilarlo dalle mani dell'altro, evitando di sfiorarlo anche solo per sbaglio. Lo aprì, cercando in tutti i modi di evitare di rivolgergli la parola, e per poco non si strozzò con il pezzo di banana in bocca. Riuscì a deglutirlo un attimo prima di impallidire bruscamente.
Si era del tutto dimenticata di cosa ci avesse messo dentro e, visto che Saitama era riuscito a trovare il suo indirizzo, era chiaro che avesse sbirciato al suo interno.

In ordine sparso troneggiavano:
1) Un bancomat diroccato ormai vuoto da tempo.
2) La Card Clienti Speciali per creare "Aiuole fai da te in casa".
3) La tessera del Fan Club ufficiale di Dolcetto Mask dove Kin aveva disegnato dei cuori a forma di sedere su tutto il cartoncino.
4) La tessera sconti per comprare porzioni di ramen take-away nel chiosco vicino casa.
5) Una foto di sua nonna che faceva il dito medio all'obbiettivo.
6) La sua carta identificativa con tanto di nome, cognome, indirizzo, numero di scarpe. 
7) La foto da stalker della casa di Saitama.

Chiuse subito il porta documenti e fece un sorriso nervoso e inquieto mentre rialzava gli occhi sul ragazzo davanti a lei. Quello non dava l'impressione di avere in serbo alcun tipo di giudizio, addirittura sembrava non provare emozioni umane, giusto uno sguardo un po' sperso che ancora le stava riservando senza dire una parola. Forse stava solo aspettando che lei dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, prima di congedarsi.
"Grazie." Mormorò lei in pieno imbarazzo. Era sicura di avere la faccia bollente ma riuscì a fare finta di niente, ammorbidendo quel sorriso così tirato. "Non...Mi dispiace esserti venuta addosso stamattina." 
Pausa.
"E che tu abbia dovuto fare così...tanta strada per  venire qui a portarmi questo."
Pausa con tanto di sventolio di porta documenti.
"Insomma ecco, scusami."
Pausa.
Saitama fece spallucce, un sospiro e andò a grattarsi la fronte con un'aria un po' imbarazzata. Abbozzò un sorrisino che sembrava sparire nel volto del ragazzo.
"E' stato un piacere. Stai attenta quando cammini la prossima volta." Poi si toccò il naso e lo picchiettò con l'indice per un paio di volte. "Vedo che ti sei fatta male anche alla faccia."
Sì, mi sono fatta male alla faccia, al cuore, all'anima, alla vita. Se non la smetti di guardarmi probabilmente mi scoppierà il cuore nel petto.
"Passerà." Mormorò lei con un sorriso gigante.
Lui lo ricambiò, meno gigante di quello di lei, prima di alzare una mano e sventolarla lentamente.
"Torno a casa allora; ho sentito che sei riuscita a entrare nell'Associazione, Genos non fa che aggiornarmi su tutte queste cose burocratiche e noiose. Magari ci si vede in giro."
Disse lui con la stessa voglia di vita del suo tatami e prese a camminare verso il vialetto per allontanarsi dalla porta. 
Tsugumi strinse il portadocumenti in mano e riuscì giusto a sciorinare un grazieciao da moribonda prima di puntare gli occhi sulla sua schiena e guardarlo allontanarsi. Ma perchè non aveva ereditato la forza di volontà di sua nonna, in quelle occasioni? Le bastava un briciolo di sicurezza in più, come quella di Maki. O la testardaggine di Kin nel molestare i bei ragazzi. Una sola piccola stilla e avrebbe avuto il coraggio di fare quacosa per intavolare una conversazione con lui. Accidenti; Saitama, il suo Eroe indiscusso, era davanti casa sua e si erano appena parlati, non poteva far finire quella serata così. Il destino le aveva messo in mano un'occasione d'oro, doveva coglierla o altrimenti se ne sarebbe pentita per sempre.
Saitama ora sapeva della sua esistenza, sapeva che era nell'Associazione e probabilmente sapeva che lei era una sua ammiratrice segreta, visto che quella maledetta foto era lì spavalda nel portadocumenti che lui aveva guardato per trovare il suo indirizzo di casa.
-Mi dispiace amico mio, ma ho deciso, ormai tu non sei più quello di una volta. Ne abbiamo passate tante insieme ma è tempo di dividerci. Forse morirò rinunciando a te...ma non posso vivere con te, non posso vivere senza di te. Sarà la mia condanna. O sedere mio, mio unico sostegno, mi mancherai.-
La voce alla TV le diede una forza superiore. Non era destinata a fare la fine di Totome e del suo sedere, non doveva per forza estirpare il male. Ci poteva convivere con tutti quei sentimenti, ricrearli, farli evolvere in qualcosa di diverso. Non ambiva ad un rapporto con Saitama intimo nè tantomeno confidenziale. Ambiva ad un rapporto umano, fatto di rispetto e di stima. Non pretendeva che la cosa potesse essere reciproca, ma le sarebbe bastato restare nel suo silenzio e godersi la sua compagnia senza risultare irrispettosa. E poi Saitama conosceva Genos, e Genos piaceva a Kin, avrebbe fatto felice tutti quanti.
"Aspetta, scusami?!" Lo richiamò con voce più alta. Si era già pentita.
"Mh?" 
"Non...Insomma, sei stato davvero gentile a riportarmelo, è una cosa che mi serve per la mia
per la tua cosa? Stupidita?
quotidianità. E volevo ringraziarti ecco, magari...magari...posso offrirti una cena. Non ho ancora mangiato e se ti va, insomma, conosco un posto dove fanno degli udon davvero buoni. Sono la fine del mondo."
Saitama era rimasto immobile a guardarla. Spostò lo sguardo sulla banana mozzicata che Tsugumi teneva ancora in mano prima di far risalire lo sguardo sul suo volto. Fece un sorrisino e annuì.
Tsugumi pensò che quello doveva essere per forza un tic alla testa, non poteva aver accettato sul serio.
"Ci sto. Sto morendo di fame."
Tsugumi stava morendo, e basta.






Gli udon che erano la fine del mondo, per qualche strana ragione, quel giorno erano troppo viscidi. Non riusciva a tenerli saldi nell'estremità della bacchetta e continuavano a scivolare nella ciotola. Per sua fortuna Saitama era concentrato a mangiare alla velocità della luce la sua quarta porzione di udon da non accorgersi che Tsugumi sembrava  un pesce a forza di aprire e chiudere la bocca senza riuscire a mangiare.
Il nervosismo le faceva tremare le mani ed era convinta, per colpa di qualche sua paranoia, che tutti lì dentro li stessero fissando. In fondo lei aveva ancora indosso il maglione del pigiama, di un rosso acceso col cappuccio a forma di drago e Saitama indossava il suo costume da eroe. Davano nell'occhio.
"Ah." Saitama appoggiò la ciotola vuota dopo aver bevuto il brodo insaporito al suo interno. "Che buoni. Avevi ragione." 
Tsugumi sollevò la testa e fece un sorriso meccanico mentre l'ennesimo vermicello scivolava con un plop dentro la ciotola. Non era riuscita a mangiarne neanche uno, alla fine, tanto da risultare solamente un'incapace a usare le bacchette. Saitama aveva distesto le gambe sotto il tavolo ma era rimasto in posizione comoda dietro al bordo, andando a poggiare le mani sopra la pancia. Non aveva un filo di grasso eppure sembrava che la pancia gli si fosse gonfiata creando una simpatica bolla di cibo sotto la tuta. La cosa risultava divertente ma Tsugumi non riusciva a ridere, quella sua timidezza sarebbe stata la sua condanna. Per tutto il tragitto non era riuscita a dire niente che non fosse noioso; avevano addirittura parlato di quanto fosse comodo avere le suole delle scarpe gommose e antiscivolo così da non cadere per le scale se dovevi andare di fretta.  Saitama non sembrava annoiato, ma neanche felice, era un enigma. Non che questo fosse una novità per lei, l'aveva visto così tante volte in giro che era abituata a quello stallo emotivo.  Bastava dire qualsiasi cosa per dare un inizio alla conversazione, pronunciare la parola chiave, un articolo, un suono. Ma niente, proprio non riusciva a scacciarsi di dosso quella tensione. Eppure Saitama non sembrava dare alcun peso alla cosa, come se la grande nuvola di disagio provenisse solamente dalla propria parte del tavolo.
"Una volta ho fatto una gara con Genos e ho provato a mangiarne una ciotola da un chilo. Mi sono sentito male per tutta la notte." 
"Chi è Genos?" Tsugumi trovò subito l'imbocco.
"Il mio allievo. O così si è proclamato lui." Disse l'altro, facendo spallucce.
"C'è una mia amica che mi ha parlato di lui. Mi ha detto di non guardarlo troppo." Tsugumi stava cercando di pescare un'altra manciata di udon ma quelli, vispi e antipatici, scivolarono di nuovo via dalle bacchette. 
"Mh? Perchè?"
"Forse ha paura che venga attirata dal suo fascino." Tsugumi fece una smorfia, sbuffando.
Saitama non rispose, rimase a guardarla con lo stesso sguardo di prima. Cominciava a trovare utili quei silenzi, almeno le lasciava il tempo per pensare a qualche altra cavolata da dire.  Non le andava a genio mettere in mezzo la cotta di Kin ma era l'unica cosa impulsiva che le era venuto in mente.
"Come...ti trovi nell'Associazione? So - so che sei salito di rank. Lo so perchè me lo hanno detto. Dalle mie parti parlano molto degli Eroi." Puntualizzò Tsugumi, riuscendo a trovare un altro spunto. Aveva rinunciato a mangiare i suoi udon  e aveva appoggiato le bacchette su un poggia-bacchette al lato della ciotola. Saitama abbassò lo sguardo su quella ciotola ancora piena.
"Bene, sono un po' noiose tutte quelle regole ma salendo di rank, per fortuna, si dimezzano. Ma non mi importa granchè."
Saitama stava, lentamente, allungando la mano verso la ciotola piena di Tsugumi. Il tutto continuando a guardare il punto diretto. Tsugumi se ne accorse ma non fece o disse niente per fermarlo.
"Io è la quarta volta che ci provo. I giudici neanche ci speravano più." Confidò lei, abbozzando un sorrisetto amaro.
"Ah sì?" Questa volta Saitama fece un sorriso e alzò gli occhi su Tsugumi. Aveva pinzato il bordo della ciotola ma ancora non la stava tirando verso di sè. Intanto si era tutto ingobbito sul tavolo e molte persone, lì presenti, avevano cominciato a borbottare sulla presunta maleducazione di quel gesto.
"Sì, diciamo che ...è una lunghissima storia."
"Come mai volevi entrarci? Per non lavorare e avere qualche sussidio comunque?"
Tsugumi sgranò gli occhi a quella domanda. Deglutì a vuoto e Saitama riuscì a tirare indietro il braccio, tirandosi dietro pure la ciotola. Il tutto non smettendo di guardare la ragazza. Avere il suo sguardo addosso non la aiutava per niente; sapeva di essere arrossita di colpo, ma prese tutto  il coraggio necessario per evitare di mostrargli quanto quella domanda era un trabocchetto bello e buono.
"Più o meno. In realtà l'ho promesso ad una persona. Altra storia lunga."
Saitama puntò un indice contro la ciotola di udon e sbattè le palpebre un paio di volte. 
"Posso?" Chiese. 
Tsugumi fece cenno di assenso e quello, inforcando le bacchette, riuscì a mangiare quegli udon in circa due minuti. Non erano veramete viscidi, probabilmente lei non riusciva a mangiarli per svariati fattori che non avevanoniente a che fare con il cibo. La cosa cominciava a sconfortarla da un lato, ma dall'altro stava cominciando a prendere dimestichezza con quel momento. In fondo stava solo parlando con una persona qualunque che si stava ingolfando di cibo. 
"Finalmente..." Iniziò Saitama, risucchiando un ultimo lombrico di riso " ...qualcuna che non mi rompe con mille parole sulla propria storia personale." 
Tsugumi non sapeva se prenderlo come un complimento ma fece ugualmente un sorriso, restando a guardarlo. Era rigida dietro al tavolo, aveva le dita che si martoriavano tra loro e quel rossore repentino a nasconderle le lentiggini. Sembrava un po' moribonda e più piccola dell'età che realmente aveva.
"E finalmente qualcuno che non mi chiede di parlargliene." Rispose lei, abbozzando un sorriso meno teso. 
Lui spostò la ciotola da davanti, alzò le braccia e fece un rumoroso sbadiglio prima di appoggiare un gomito al tavolo a reggersi la testa. Ritornò a guardare verso Tsugumi, andando a grattarsi un orecchio. Di certo stava infrangendo la regola numero 1 stimata da Yoshio quel pomeriggio, non si poteva dire che Saitama era un adone. Prima di tutto il fatto che fosse calvo lo faceva sembrare meno serio del dovuto. Il suo costume non aveva quel tipo di sobrietà che di solito si cerca in Eroi di grosso calibro, e i suoi modi annoiati facevano a pugni con ciò che l'Associazione richiedeva. Se con Spatent Rider aveva avuto la sensazione di trovarsi davanti la giustizia fatta a persona, con Saitama la sensazione era opposta. Non che non avesse voglia di farlo, sapeva che aveva salvato molte più vite lui che qualsiasi altro eroe di Classe S, ma c'era qualcosa che non riusciva a colmare. Aveva il vuoto negli occhi, un senso di insodissfazione e sconforto. Erano cose che, forse, non avrebbe mai notato se avesse continuato a guardarlo da lontano. Ma ora, davanti a lui, aveva colto ciò che i suoi occhi dicevano.
Niente. 
"Credo...credo che ci sia tempo e tempo per parlare di certe cose. Oggi mi hanno rimbambito di domande, ho dovuto descrivere per filo e per segno ogni cosa riguardante la mia vita. Ci mancava solo che mi chiedessero quante volte vado in bagno al giorno, e sono quasi sicura che se avessero avuto più spazio nel foglio del questionario l'avrebbero inserita quella domanda." Incalzò lei, facendo la gnorri.
"Mh. Già, me lo ricordo. I colloqui non sono mai stati il mio forte." Mormorò Saitama, facendo schioccare la lingua sul palato.
"Sei forte in altre cose, tu." Disse lei.
Avrebbe voluto cucirsi la bocca subito dopo aver pronunciato quelle parole. Ancora non aveva dato modo a Saitama di scoprire che lei, in realtà, sapeva delle cose di lui. Che lo conosceva. Si era scordata che lui poteva aver visto quella foto dentro al suo portadocumenti e fece une smorfia di fastidio a pensarci.
Era stata una scema, non doveva allargare troppo il tiro.
Tra l'altro ricordava molto bene il giorno in cui aveva scattato quella fotografia. Era stato il giorno del polipo, al negozio di alimentari del Signor Hajime. Era stata la prima volta che lei aveva parlato con Saitama, ma questo lui non poteva ricordarselo. Lei era solo una delle tante facce che popolavano la città quando, ancora, le calamità erano meno frequenti. Probabilmente se lui avesse scoperto quelle cose se ne sarebbe andato via 
fuggito via
pensando che lei fosse solo una pazza ossessiva. Ma in realtà voleva evitare accuratamente che la conversazione potesse sfociare anche per sbaglio in quella piega. 
"Non credi che io sia un imbroglione?" Domandò lui di punto in bianco. 
Tsugumi si ridestò di nuovo dai quei pensieri e ripiombò in quella conversazione con tutta la concentrazione possibile.
"Come?" 
Saitama si era messo a guardarsi in giro. Alcune persone lo stavano guardando male, altre ancora borbottavano. La cosa non sembrava turbarlo o infastidirlo più di tanto.
"Non posso pensare una cosa non vera." Mormorò lei.
Saitama si voltò a guardarla, un po' sorpreso, restando ancora in silenzio.
"Non penso niente di te. So  che sei forte, lo so perchè ti ho visto combattere in città. Ho degli amici nelle varie Classi che mi hanno parlato di te, tutti molto bene."
La tecnica migliore era dire una mezza verità, alla fine Saitama non era amato da  tutti, questo lo sapeva, ma era stimato dalle persone giuste e alla fine l'importante era quello.
"Ah, macchè, ti hanno detto delle bugie. Io arrivo quando ormai l'avversario è indebolito. Mi prendo il merito delle azioni degli Eroi di Classe superiore."
"Come il Gigante che ha distrutto la città B?" Domandò lei, guardandolo.
Saitama storse la bocca da un lato e, per un secondo, i suoi occhi ebbere un luccichio che Tsugumi ancora non gli aveva visto.
"Perchè mi parli di quello? Non sono stato io."
Tsugumi era già pronta a ribattere, si stava prendendo del tempo per trovare le parole giuste, metterle insieme, formare uno di quei concetti al quale Saitama non avrebbe potuto contestare in nessun modo. 
Mentre nella sua testa si stava formando finalmente qualcosa di sensato si sentì un rombo sordo provenire fuori dal locale. Un paio di risate gracchianti fecero eco lungo la strada e tutte le persone all'interno si voltarono in direzione della porta giusto un secondo prima di sentire il rumore di vetro in frantumi.
Qualcuno aveva lanciato contro una delle vetrate un grosso oggetto incartato, tanto da sfondarlo. L'oggetto cadde proprio davanti al naso di Saitama, rotolando sul tavolo per un paio di volte prima di fermarsi.
"Non ci sconfiggerai tutti, Pelato Bastardo!"
Qualcunò urlo da fuori, facendo rombare il motore. Si potevano scorgere, infatti, un paio di esseri a forma di ratti dalle dimensioni nerborute, alti più di due metri, guidare una motoretta in due mentre sbraitavano e sbracciavano contro il locale. La gente cominciò ad urlare spaventata, alzandosi dai tavoli e facendo strusciare le sedie sul pavimento, provocando un rimbombo di rumori che avevano l'effetto di aumentare il volume delle risate di quei due esseri sopra la motoretta.
Tsugumi indietreggiò con la schiena contro la parete mentre Saitama, con la massima calma, prese in mano l'oggetto.
Era una sottospecie di aggeggio ad esplosione, lo poteva sentire dalla consistenza e dal fatto che c'era un timer approssimativo che stava contando alla rovescia i secondi rimasti.
Mancavano 5 secondi.
"Ma cosa ca...?" Tsugumi stava già per ruzzolare via dalla panca mentre le altre persone scappavano da tutte le parti. Avevano paura di uscire dall'ingresso visto che quei due continuavano ad andare in cerchio, su quella motoretta verde sgargiante, ineggiando odio  e minacce verso Saitama.
2 secondi.
"Saitama?" Lo richiamò Tsugumi.
Saitama fece uno sbuffo annoiato e, con una velocità inaudita, spedì il congegno di nuovo fuori dalla finestra. Nel lanciarlo, oltre che il vetro, riuscì a distruggere completamente la parete primaria che ricopriva  tutta la facciata del locale. Il contatto fece esplodere l'oggetto in quel momento così da far andare i detriti contro i due esseri, oltre che ritrovarsi con la testa spappolata per via della botta d'urto che provocò un rimbombo talmente forte da far accasciare tutti per terra, con le mani intorno alle orecchie. Tsugumi si era raggomitolata sulla panca, in una classica posizione a uovo, di difesa, guardando la scena oltre le ginocchia. I due esseri erano morti sulla strada, le persone erano tutte salve ma il locale aveva la facciata completamente distrutta. 
Saitama fece un altro sospiro, andando a guardare fuori, picchiettandosi le dita contro il volto.
"Tsugumi, grazie per la cena, gli udon erano buonissimi."










Note: sto capitolo è stato un martirio da scrivere e alla fine è uscito una cacca, doveva andare diversamente ma poi l'ispirazione ha deviato. Fare delle conversazione con Saitama è stato complesso ma, piano piano, spero di prendere più dimestichezza. E spero anche di non andare fuori carattere perchè Saitama  da descrivere è complesso v-v me ne sono resa conto. E niente, grazie ancora a chi mi legge e chi mi segue, specialmente a Tsukai_No_Tenshi_sama che mi ha anche recensito <3 

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Capitolo 5
*** Chi va piano arriva dopo ***


スローと後に来ます
Surō to ato ni kimasu

( Chi va piano arriva dopo ) 


 


Mentre un piccolo uccelletto era intento a torturare in maniera cruenta un povero verme sulla ringhiera che portava all'orticello dei due vecchietti, il telefono di Tsugumi aveva deciso di iniziare un andamento fin troppo allegro di vibrazione a intermittenza, facendo tremare il piccolo tavolino a ridosso del futon dove erano state lasciate ancora le ciotole sporche di rimasugli di cibo della sera precedente. Un cibo che, alla fine, non era stato consumato nella maniera in cui pensava. La TV era rimasta accesa tutta la notte e ora stavano trasmettendo i soliti notiziari della mattina mentre passavano in rassegna le svariate didascalie che nessuno - lei compresa - considerava mai. Una giovane donna parlava al microfono, indossava un tailleur ocra e portava sulla testa degli orripilanti paraorecchie d'un marrone escremento malato. Il cameraman stava facendo di tutto per evitare di inquadrarli, proponendo immagini a rotazione come sottofondo al ciancicare svogliato della giovane donna. Qualcuno era evaso di prigione e la sicurezza locale metteva in guardia i giovani maschi di stare bene attenti alle spalle. Soprattutto alle spalle.
Intanto il telefono continuava quella sua danza vibrante sopra il legno facendo lampeggiare lo schermo come un neon difettoso, abbagliando metà della faccia della ragazza. All'ennesimo ritornello dello Squalo ripetuto, suoneria impostatagli da Maki per ricordarle che la vita doveva già iniziare male di prima mattina, la ragazza piegò il braccio in malo modo per dare una manata allo schermo del telefono.  La suoneria rovina vita era stata interrotta, la vibrazione aveva smesso quel lugubre ronzio e la voce della donna alla TV era l'unico rumore rimasto. Ma Tsugumi era ancora in quella fase di sonno in cui era incapace di capire cosa stesse accadendo, il suo istinto primordiale la stava chiaramente incitando a continuare la sua ronfata fregandosene del mondo circostante. Era distesa tutta storta sulla trapunta, aveva una gamba penzolante da un lato e la testa reclinata all'indietro, tanto da sfiorare coi capelli il pavimento polveroso. Aveva ancora la mano spalmata contro il telefonino il che le faceva assumere l'aspetto di una pronta a scattare per una corsa campestre. Il cuscino era stato schiacciato da un gomito assassino e lo andò a ripescare quando, con un grugnito poco femminile, decise di rotolare su sè stessa per trovare una posizione più comoda. Sentiva di avere gli occhi incatramati e brucianti, impossibilitata ad aprirli. Non che fosse intenzionata a farlo, ma stava entrando in quella fase del dormiveglia in cui sentiva gli agenti esterni senza volerne fare parte. Pinzò la trapunta e se la fece scivolare addosso, andando a dare le spalle alla donna col paraorecchie di feci. Era decisa a dormire ancora un pochino. Magari qualche millennio.
Taaa-na. Taaa-na. Taaa-na. Na. Na.Na.Na.Na.Na-
Il telefono riprese a squillare di nuovo e la vibrazione fu così violenta che per poco a Tsugumi non venne un infarto precoce, svegliandosi di soprassalto. Con uno scatto animalesco ritornò a malmenare il povero telefono decisa che lo avrebbe seppellito nello scarico del water, inconscia che avere pensieri omicidi verso gli aggeggi tecnologici non avrebbero risolto il vero problema; ossia che Tsugumi amava dormire. 
Il telefono bloccò il suo verso quasi subito e un trillo più acuto invase la stanza annunciando l'arrivo di un nuovo pimpante e pomposo messaggio di testo.
Aveva ancora la mano sopra lo schermo e, questa volta, decise di arpionare l'aggeggio e portarselo vicino al volto. Doveva spiaccicarlo alla faccia pur di vedere qualcosa, la vista era ancora annebbiata e gli occhi non davano l'idea di voler stare aperti. 
Non aveva idea di che ore fossero nè tantomeno a che ora fosse ritornata a casa la sera precedente, ricordava a malapena il come fosse tornata a casa. Aveva un'immagine distorta di lei che veniva lasciata all'ingresso da Saitama, le dava una pacca sulla spalla, le diceva qualcosa per poi ciondolare via con l'aria di uno che si era fatto un'abbuffata abbondante. La sua testa avrebbe voluto connettere meglio in quel frangente ma quell'immagine si insediò subito nella sua testa tanto da rendersi molto più nitida man mano che i suoi occhi cominciavano a restare aperti. 
Saitama. 
Si ricordava che il proprietario del locale ormai diroccato li aveva cacciati in malomodo, minacciando l'Eroe di non mettere più piede lì dentro o lo avrebbe usato come spiedino per il pesce del giorno ed era serissimo. Saitama lo aveva ringraziato comunque, aveva arpionato Tsugumi per le spalle e l'aveva condotta fino a casa. Lei era ancora un po' stravolta dagli eventi improvvisi della serata. Non che fosse la prima volta che qualche essere tentasse di distruggere un luogo dove lei era presente - in fondo un gigante aveva distrutto la sua città mesi prima e peggio di così non poteva di certo andare - ma che qualcuno tentasse di distruggere un luogo dove lei era presente insieme a Saitama, bè quella era un'altra storia. 
Saitama aveva passato tutto il ritorno canticchiando una canzone stupida che parlava di un Uomo Granchio e di un Bambino col mento fallico, le aveva chiesto se stava bene, le aveva detto di non preoccuparsi di niente, aveva continuato con un ci vediamo presto Onigiri, le aveva toccato la spalla e - Tsugumi lo ricordava bene - le erano tremate le gambe per quello e poi se n'era andato per la sua strada. Si ricordava di essere rimasta a fissargli il mantello svolazzante per un tempo indefinito, restando in quella posizione da ameba anche dopo che lui ebbe svoltato l'angolo per sparire nella notte. 
Le aveva toccato la spalla. 
Di sicuro avrebbe passato l'intera giornata a fantasticare su quell'insulso gesto, in fondo era tutto ciò che poteva fare: fantasticare come una deficente giusto per ricordarsi che ora che era un Eroe di Classe C e di certo non si sarebbe comportata più come un'accanita fan-girl con dei seri problemi mentali. Aveva delle responsabilità, dei doveri, altro che pagare le bollette e fare la spesa, ora la posta in gioco era alta. Doveva fare cose, proteggere tizio, salvare caio, vedere gent-
Strabuzzò gli occhi quando si accorse che sullo schermo troneggiavano ben 15 chiamate senza risposta. Se solo non avesse deviato con la testa se ne sarebbe accorta prima. Quelle erano lì, trionfanti e mai risposte. Fece uno scatto con la schiena tirandosi su a sedere, fino a far scivolare tuttta la trapunta da un lato. Pigiando  tasti a caso tentò di risalire al mittente, guardò l'ora e le venne un mezzo arresto cardiaco. 
Oltre le 15 chiamate senza risposta c'erano anche 8 messaggi non letti. Erano tutti da parte della stessa persona ossia Spatent Rider, ossia il suo tutor, ossia colui con cui avrebbe dovuto vedersi la bellezza di un'ora fa per cominciare la sua seconda nuova giornata da Eroe.
Con le dita che già tremavano andò nella casella messaggi, li scorse fino ad arrivare al primo e cominciare così la scalata verso quello che lei avrebbe definito: lo stizzimento progressivo.

"Ehi Tsugumi, ciao sono Spatent Rider, ho riparato la mia bici. Ci vediamo alla piazza centrale alle 10, va bene? Credo che mi fermerò a prendere delle ciambelle, ti piacciono con la glassa? Vabbè spero di sì.
faccina sorridente"
"Tsugumi ciao, sono sempre io, le ciambelle non ci sono così ho preso dei biscotti al ginger. Sei sveglia? Ho letto che il ginger fa bene alle articolazioni e che fa scattare i muscoli. Ne ho presi dieci pacchi a testa."
"Non rispondi alle chiamate, stai bene?
faccina triste Non mandarmi dei fax, il mio telefono non li prende."
"Tsugumi rispondi . Mi hanno informato che c'è un pulmino di anziani che stava andando in gita a vedere le rovine della città Q ma hanno forato una ruota, chiedono il nostro aiuto. Mi chiedo perchè la gente vuole andare in quel posto, sarà la demenza senile."
"Tsugumi mi sto recando dove c'è il pulmino, è nella periferia della città Z oltre la discarica, vicino al mini-market che vende le riviste di Yushitso Mannu, quello che fa le ricette con il mascarpone. Fanno schifo quelle ricette.
faccina indignata
"Tsugumi chiamami appena vedi tutte le chiamate e i messaggi! Non va bene che sei in ritardo; se ti è successo qualcosa avvisami che vengo subito da te. Se non vedi i messaggi e le chiamate allora fammi sapere che non li hai visti.
faccina emblematica
"Alla fine sto portando i vecchietti a vedere la casa del signor Soldoni per fare le foto alla cacca dorata. Sai dov'è? Non sono riuscito a cambiare la ruota, volevano tutti fare delle foto  con me. A quanto pare queste adorabili vecchiette hanno un mio poster nella loro sala d'attesa." 
"Tsugumi non dirò a Yoshio del tuo ritardo ma rispondi al telefono. Sono stizzito. 
faccina triste e sorridente

Guardò l'ora, erano le 11.30. 
Piantò una di quelle parolacce epiche da far risvegliare i suoi antenati morti da migliaia di anni, saltò giù dal futon quasi ruzzolando sulle ciabatte a forma di godzilla e cominciò a spogliarsi mentre era già intenta a cliccare alla rinfusa su quello che era l'ipotetico contatto di Spatent. Riuscì a sbagliare il numero due volte cliccando sul contatto sbagliato.
Prima chiamò sua nonna che, nonostante il supplizio iniziale per spiegarle che aveva sbagliato numero, volle sapere quando la sua alga konbu sarebbe arrivata perchè sentiva che stava per finire il suo filtro immortale e voleva arrivare al nuovo millennio. 
La seconda volta beccò il numero del fattorino dei ramen take-away, che si chiamava Spankau, che era ancora ubriaco dalla sera prima e le sembrava proprio brutto interrompere la conversazione quando lui le confidò di essere innamorato di una donna di nome Fujiko, ma che lei amava solo le donne e così aveva deciso di diventare donna anche lui. Non riuscì ad andare oltre quella succulenta soap-opera perchè gli chiuse il telefono in faccia. 
La terza volta fu quella buona. 
La sua testa stava già improvvisando delle ipotetiche scuse da inscenare nel caso avesse sentito la voce di Spatent leggermente più spazientita del solito. Non che sapesse come potesse essere la sua voce spazientita ma ne aveva un vago sospetto.
Pioggia di meteoriti? No, già successo. Che non trovavo due calzini uguali da mettere sotto le scarpe? Oppure che il mio cane ha fatto pipì sui compiti? Sì, quali cazzo di compiti che non vai più a scuola dal paleozoico? Ce l'ho: i miei padroni di casa mi hanno uccisa. 
No, non andava bene, avrebbe capito che c'era il trucco. In fondo bastava raccontare la sacrosanta verità e nessuno si sarebbe fatto male, d'altronde.
Signor Spatent Rider, ho fatto tardi perché non ho messo la sveglia perchè Saitama mi ha toccato una spalla e da lì non ho capito più nulla. 
Brava, digli così Campione.
Aspetta, mi ha chiamato Onigiri. Ho un nuovo soprannom-
"Pronto?"
"Spatent,  eccoti, ti prego di scusarmi il ritardo ma stanotte ho...Dei mostri hanno attaccato un posto dove mangio di solito e ho dovuto fare da sostegno morale. Il proprietario del locale voleva farmi pagare una multa salatissima e io gli ho proposto di ricostruirgli la parete ma quello non ne voleva sapere e ho passato tutta la notte a lavargli i piatti e a cucinare spiedini di pesce."
Mezza bugia, sembrava quasi vera quindi poteva funzionare.
"Chi sei?" Chiese la voce. 
Non si era accorta che a rispondere era stata una voce femminile. Tirò via il telefono dall'orecchio e guardò lo schermo. C'era la faccia imbarazzata di Spatent che faceva un due con le dita a pieno schermo. No, non aveva sbagliato numero era quello di Spatent. Che avesse avuto le traveggole alle orecchie* e avesse scambiato Spatent per una donna?
"Sono io, ehm, Tsugumi. Spatent? Che hai fatto alla voce?"
"Signora la prego non metta le mani non deve. No, non tocchi lì. Io - oh, mi dia un momento. Pronto? 
"Spatent?" Tsugumi ritentò di nuovo. 
Stava cercando con tutta sè stessa di non ridere al telefono. A quanto pare una delle vecchiette aveva rubato il telefono a Spatent. Non era sicura di voler sapere cosa stessero combinando nè di cosa stesse toccando con tanto fervore quella vecchietta biricchina.
"Tsugumi! Oh, ehi, ciao! Eccoti finalmente, dov'eri finita? Stai bene? Devo venirti a prendere? Sono stato incaricato di farti da sostegno in ogni circostanza e se c'è un qualsiasi problema -"
"Spatent, perdonami, la sveglia non è suonata e...ieri è stata una serata - una giornata - molto lunga e sono ancora molto scossa. Te ne parlo a voce. Dove sei?" 
"Sono davanti al parco monumentale in centro, davanti alla statua dell'Eroico Smutant-Man." 
"Sto arrivando."
"Signora quella è la mia* gamba-"
Con un click interruppe la chiamata e lanciò il telefono da un lato. Poi ci ripensò su e lo andò a ripescare, mettendoselo in tasca. Odiava la statua dell'Eroico Smutant-Man, rappresentava uno dei primi Eroi di classe A ad aver protetto un'intera zona cittadina da un Uomo-Panda con delle sciabole al posto delle zampe. Era riuscito a sovrastarlo grazie al suo colpo "Mutanda soffocante" e i civili di quella zona aveva ricreato con quintali di mutande provenienti da tutto il quartiere la fatidica Statua, rivestendo la sua figura in bronzo così da non rovinare l'opera neanche in caso di pioggia. Per fortuna le mutande erano tutte pulite, ma quella statua era quanto di più osceno ci fosse nella città. 
Si vestì in fretta e si fiondò verso la porta senza neanche guardarsi allo specchio. Se lo avesse fatto avrebbe visto che si era infilata il maglione al contrario, che i capelli erano barlocchi sulla testa e che il livido sul naso era diventato di un soave viola-bluastro.  Non le sarebbe importato comunque, quella giornata doveva andare per il verso giusto da quel momento in poi.






Arrivò da Spatent circa una ventina di minuti dopo e lo trovò immerso in un racconto epico di qualche gesta Eroica. Era in piedi, davanti ad un tripudio di vecchiette sognanti, un po' gobbe e con il carrellino reggi-piedi a pendere dalle sue labbra. Spatent era il tipo che, quando raccontava, gesticolava molto. La sua voce racchiudeva fermezza e tenacia, tanto da invogliare chiunque ad ascoltarlo. Tsugumi era rimasta ad ascoltarlo per qualche minuto prima di decidersi a mostrarsi, giusto per non farlo attendere ancora. In fondo erano solo 2 ore di ritardo, qualche minuto in più non avrebbe cambiato la sua sorte. A quanto pare Spatent stava raccontando dell'episodio con il Re degli Abissi. Stava parlando del ragazzo cyborg, dei civili scampati alla morte, di come lo avevano incitato fino a fargli prendere consapevolezza di sè e della sua forza d'animo. E poi aveva perso i sensi, dicendo che il resto lo aveva scoperto solo tramite le voci del giorno dopo. Ma lo aveva nominato, Saitama, elevandolo a vero Eroe di quella vicenda. Non voleva interrompere quel racconto anche se lo conosceva ormai per filo e per segno, ma sentiva il bisogno di farsi perdonare da quel ragazzo così che prese a saltellare alla rinfusa, sbracciandosi per farsi vedere. Era un po' impossibile non notarla; indossava un maglione giallo paglierino al rovescio, un paio di jeans stretti rattoppati e in testa aveva un berretto rosso fuoco che spiccava in mezzo a tutte quelle permanenti grigiastre. 
Per sua fortuna il ragazzo le sembrava abbastanza tranquillo quando la vide e prese a salutarla con una mano, incitandola ad avvicinarsi. 
"Ehi tu, smettila di sbracciarti, c'ero prima io." Una vecchietta si girò giusto per guardare Tsugumi con un'occhiataccia. 
"Oh, mi scusi signora." Smise subito di saltellare, mortificata. Quello sguardo l'aveva ghiacciata all'istante, anche se non voleva ammetterlo.
"Ho sentito dire che a Spatent piacciono le donne mature. Come si dice? Gallina vecchia fa buon brodo." Disse un'altra, lì di fianco, sgomitando quella che doveva essere una sua vecchia amica centenaria.
"Allora mettiti in fila bella mia, fammi aprire le cataratte che ci sono prima io." Rispose la centenaria intraprendente.
"Ma cosa vuoi fare tu che a momenti perdi la dentiera quando parli?"
"Silenzio voi là dietro; Spatent sta per fare vedere i pettorali. Uuuh."
"Cosa?" 
Tsugumi piantò gli occhi verso Spatent ma quello non dava l'idea di voler far vedere proprio niente, per grazia divina, ma lei era sicura di aver perso tutta l'innocenza rimastale dall'infanzia e si defilò da quella situazione. Spatent finì quel suo racconto giusto pochi minuti dopo e lei decise di rimanere in disparte e godersi la scena di quelle arzille signore pronte a salutare il loro beneamino con baci a stampo sulla guancia del giovane, tanto da lasciargli timbri di rossetto multicolor sulla pelle. Quello si prese carezze, baci, pizzicotti sul mento, sorrisi, abbracci con un'umiltà e cordialità uniche nel suo genere. Forse era proprio questo che faceva impazzire quelle nonnine; Spatent era il classico ragazzo che faresti sposare alla nipote zitella perchè uno come lui è più unico che raro. Dopo averle salutate un'ultima volta andò verso la bicicletta per cominciare a slegarla dal gancio che la teneva ben arpionata ad un palo della luce. Le vecchiette si stava allontanando con un paio di infermieri dell'ospizio, era sicura che una di loro prima di sparire oltre l'angolo avesse fatto un fischio approvando con una certa fermezza quanto fosse sodo il sedere di Spatent. Di nuovo la sua innocenza perduta ebbe un brivido. 
Ma il ragazzo non dava l'idea di aver sentito nulla di tutto ciò; sorrideva calmo mentre legava ora il gancio al manubrio della bicicletta, dava una carezza al sellino lucido e si voltava verso Tsugumi con la più cristallina naturalezza di questo mondo.
"Ah, che mattinata produttiva, credo di aver aperto un po' gli occhi agli anziali del luogo. Vedono sempre tutto alla TV e credono che alcuni mostri siano solo degli effetti speciali per far spaventare la gente e non farli uscire di casa."
"Sì, sono sicura che abbiano imparato proprio ad aprire gli occhi."  Mugolò Tsugumi con un sorriso imbarazzato, prima di fare un sospiro e piegare il capo in avanti. 
"Scusami per il ritardo, non voglio darti l'impressione di essermi dimenticata dei miei impegni ma ieri sera dei mostri-ratti hanno fatto esplodere il locale dove vado a mangiare di solito e ho dovuto fare da sostegno morale."
Questa volta la scusa le era uscita meglio. In fondo doveva ammettere che la serata precedente era stata tutto fuorchè rilassante. Come poteva essere rilassata con davanti Saitama? A vederlo mangiare udon? A ricambiare il suo sguardo? Le aveva toccato la spalla, per tutte le banane.
Solo a pensarci aveva ancora le farfalle allo stomaco.
"Ma stai bene? Non ho sentito niente dall'Associazione." Spatent lasciò la bici vicino al palo e la prese per le spalle, guardandola. "Non dovresti andare in giro da sola se non sei ancora pronta ad affrontare il male. Sappi che sei un Eroe ora e la responsabilità cadrebbe su di te." 
Lei fece un sorrisino criptico, Spatent prendeva troppo con enfasi qualsiasi cosa.
"Sì sì. Sto benissimo, è stato solo...Insomma i Mostri sono morti subito."
Si bloccò per qualche secondo indecisa se continuare a raccontare. In fondo Spatent non era suo amico, non in senso confidenziale del termine, rivelargli qualcosa che lui avrebbe potuto leggere sotto le righe non le piaceva così tanto. Ma in fondo si sarebbe limitata a raccontare solo i fatti della serata, non per forza doveva entrare nel dettaglio.
"Saitama era con me, è stato lui a...distruggerli. Diciamo che è stato lui a far esplodere la facciata del ristorante ma, se non fosse stato per lui, forse saremmo morti tutti, magari sarebbe morta pure quell'antipatica della moglie del propietario che mi fa sempre i soba troppo salati perchè è un'arpia maled- Vabbè, ad ogni modo, il proprietario non ha visto di buon occhio niente di lui e ha deciso di bandirlo da lì, cacciandoci via. Un po' mi dispiace, gli udon in quel posto erano la fine del mond-"
"Conosci Saitama?" Spatent smise di toccarle le spalle e fece un sorriso molto più amplio. Era sicura di aver visto un bagliore di stima nella sua espressione e la cosa l'aveva fatta rilassare enormemente. 
"No, in realtà l'ho conosciuto ieri sera. Mi ha riportato - " Tsugumi si bloccò nel parlare  e fece spallucce. "Insomma siamo andati a mangiare questi udon in questo posto vicino casa mia e un paio di mostri se la sono presa con lui. Proprio con lui, come se sapessero chi fosse. Ma lui ha ricambiato con la loro stessa moneta e gli ha fatto esplodere la testa come dei palloncini." 
Tsugumi allargò le mani, imitando un esplosione ai lati della testa con tanto di puff enunciato con la bocca.
"Saitama." Spatent mormorò il suo nome con ammirazione. Andò a guardare verso un punto indefinito e rimase in silenzio per diversi secondi. Tsugumi rimase a guardarlo senza dire più una parola. Non era di certo un segreto che Spatent conosceva Saitama ma non era conscia del fatto che Spatent, verso di lui, provava una stima così incommensurabile. Non aveva bisogno di dire una sola parola per confermarlo; lo aveva capito da quel bagliore, lo stesso che aveva colto poco prima mentre raccontava alle anziane del Re degli Abissi. Era contenta che il suo tutor era uno che non credeva che Saitama fosse un imbroglione. Lui doveva aver visto la vera potenza del suo idolo in maniera molto ravvicinata, come d'altronde fece lei diverso tempo prima. "Sai, spero davvero di diventare forte come lui un giorno. Si dev'essere allenato duramente per arrivare a raggiungere certi livelli. Io non sono capace nemmeno di abbattere un mostro di tipo Drago, so di non poter competere ma...sai, voglio provarci. Anche solo il non rinunciare mi farà sentire forte. Magari non fisicamente, ma nel cuore sì."
Spatent ritornò a guardarla con un sorriso molto più addolcito e Tsugumi ebbe un fremito strano. Quel ragazzo la pensava come lei, sentiva un'affinità quasi chimica. Le venne da sorridere ma non riuscì a rispondere. Non voleva rovinare quel momento dicendo qualcosa di stupido e si limitò a dargli una pacchetta sulla spalla in maniera complice prima di sospirare.
"Ma ora la giornata è ancora lunga e abbiamo mille cose da fare. Sei pronta a estirpare il male?"
"Prontissima!" Tsugumi strinse i pugni con fermezza e già era pronta a salire sulla bici dietro Spatent.
"Alla fine sei riuscito a sistemarla. Sembra ancora più bella di prima."
"La mia Justice non mi può abbandonare, siamo una cosa sola." Mormorò lui, andando a carezzare il telaio della sua bicicletta.
Tsugumi non stette troppo ad approfondire quello strano rapporto tra Spatent e la sua bicletta. Decise che il silenzio era un'ottima risposta e si piazzò sopra dei gancetti posti ai lati delle ruote, andando ad appoggiare le mani sulle spalle del ragazzo.
Ma non appena Spatent piantò il piede sopra uno dei pedali pronto a muoversi un gruppo di ragazzi si fermò davanti a loro, fermandolo così sul nascere.
"Ehi Spatent, anche tu qui?"
Spatent sembrava essersi irridigito di colpo, Tsugumi lo potè sentire attraverso la presa che aveva sulle sue spalle.
"Ah, ciao ragazzi. Era da tempo che non vi vedevo." 
"Dai, smonta giù da quel triciclo e andiamo a mangiarci dei daifuku. Abbiamo delle cose da dirti." 
"Ehi smettila di parlare così al 1° rank della nostra Classe, sii più rispettoso." Uno di loro sgomitò l'altro e l'altro lo guardò male. 
Spatent fece l'ennesimo sospiro e fece cenno a Tsugumi di scendere da Justice. Cominciò la sua solita trafila per legare la bicicletta nel modo più sicuro possibile. I cinque minuti più lunghi della vita di Tsugumi.
"Ah, e per la cronaca, se la chiami triciclo un'altra volta giuro che la Justice Crush la faccio su di te." Disse Spatent verso uno di loro.
Quello sorrise e gli prese la testa con il braccio, abbracciandolo a modo suo.
"Ah, ora sì che ti riconosco." 





Tsugumi era seduta a capotavola e osservava i nuovi individui con la stessa analisi che aveva riservato ad ogni Eroe che le era capitato di vedere dal vivo. Si stava strafogando di dolci per sopperire la mancanza di argomentazioni utili da tirare fuori in quel fragente. In realtà aveva mille domande da fare, in fondo era al cospetto di alcuni membri della Classe C, amici di Spatent di lunga data a quanto pare, sicuro che fossero testimoni di chissà quante e quali vicende pirotecniche avvenute negli ultimi periodi. Era sicura di non averli mai visti neanche sui notiziari, tantomeno a zonzo per le strade affollate. Erano tutti e quattro molto diversi tra loro, spiccavano di certo i loro costumi un po' bizzarri ma, su questo, ci poteva mettere  la mano sul fuoco, erano tutti meglio di quel mutandaro di Smutant-Man. 
In ordine dalla parte sinistra del tavolo c'erano:

Ingegnor-Flash. Un ragazzo dai capelli scuri e gli occhi scuri. In pratica rappresentava la ribellione sociale di tutti gli artigiani fai-da-te delle città. Imbracciava con spavalderia le sue due armi tattiche: un avvitatore a batteria per cartongesso e un avvitatore a massa battente. Entrambi gli attrezzi erano stati rivestiti da una plastica opaca verde militare ed erano state dipinte sulla parte metallica dei ghirigori classici del folklore antico. Diceva di racchiudere l'essenza futuristica di quel tavolo solo perchè indossava degli occhialetti gialli da saldatore. Per farsi rispettare aveva scelto un vestiario molto comfort per evitare di non essere vestito in modo adeguato per andare a mangiare al Ristorante Fuki dove facevano i miglior oden della città Z. Il suo essere vestito bene comprendeva una maglietta bianca rigorosamente macchiata di unto e un paio di jeans strappati alle ginocchia, più gli scarponcini neri che vanno bene per ogni evenienza.

Svolant-aro. Lui era quello che, Tsugumi, considerava il peggior costume della storia dell'Associazione visto nell'ultimo periodo. In pratica era completamente avvolto in una tutina mimetica azzurro acqua. L'unica parte scoperta del suo corpo era il volto, e aveva svariati dragoni disegnati sulla tuta da qualcuno che li aveva ricamati sopra la stoffa con la grazia di un babbuino con l'artrite. Sfoggiava con noncuranza un deltaplano per il volo libero, che a differenza di Justice, da portare sempre dietro doveva essere una gran rottura di scatole. Il deltaplano aveva la classica forma di un dragone cinese ed era stato colorato con colori molto sgargianti, simili a quelli del sole. Svolantaro era conosciuto dagli amici come colui che arriva sempre nel momento giusto, piombando su di te come un'Aquila Rapace pronto a sconfiggere ogni forza del male bla bla bla. Una cosa in comune l'aveva con Tsugumi, però: le lentiggini.

Poi C'era TopoTop. Era quanto di più improbabile potessero trovare all'Associazione; nel conoscerlo Tsugumi si chiese come cavolo aveva fatto lei a fallire per tre volte ai provini mentre individui di quel genere erano stati presi e pure ben fieri di rivelare al mondo la loro esistenza terrena. TopoTop era un lurido blaterone da quattro soldi capace solo di dare aria alla bocca. Non era in grado di ascoltare nessuno, non era in grado di far suo alcun tipo di concetto, sembrava immerso nella sua bolla di egocentrismo tanto da sovrastare addirittura Spatent ogni qual volta il suo tutor apriva bocca. E poi era vestito da topo. Con tanto di orecchie, corazza pelosa ovunque per ripararsi dai colpi e maschera finta. Si faceva fatica a capire se stesse dalla parte del bene oppure del male, si chiese se quelli dell'Associazione non avessero assunto delle droghe specifiche prima di decidere di assumere per la salvaguardia delle città uno come lui. 

Il quarto ragazzo non aveva spiccicato parola, era tipo un'ombra solitaria in sottofondo. Si faceva chiamare Pan, ma i suoi amici si divertivano a chiamarlo in svariati modi. Pan-Ciulo. Pan-nacotta. Pan-crazio. Una continua e ripetitiva presa in giro che finiva sempre con un'alzata di spalle da parte di questo Pan, senza che si difendesse o dicesse niente di concreto. Tsugumi pensava che fosse quello il suo potere. Il silenzio. Portava allo snervo non riuscire a farsi dare risposta per niente o, addirittura, parlargli e non capire se quello ti stava realmente ascoltando oppure no. Era un bel ragazzo, però, forse il più decente tra i quattro e aveva dei capelli biondi che sembravano brillare alla luce del sole.

"Allora Spatent, oltre a stare in giro ad adescare ragazze, hai trovato qualcosa di interessante negli ultimi giorni? Noi stiamo smaniando. Quelli dell'Associazione non ci dicono niente ed è sempre più complicato trovare qualcosa da fare durante la settimana. Giuro che se vengo sbattuto fuori dalla Classe C spacco tutto. " Quello era TopoTop. Aveva pure indicato Tsugumi con un indice durante quella pappardella.
Tsugumi glielo avrebbe strappato molto volentieri dalla mano con un morso secco. Ma poi si ricordava che non le piacevano i rotoli di carne grassa quindi scacciò via quel pensiero.
"In realtà non sta accadendo niente di rilevante. Se Tsugumi non mi avesse detto di ieri sera non avrei neanche saputo di quei mostri-teppisti. Forse per la prima volta possiamo rilassarci un pochino." Risposte Spatent, con calma. "Ci sono molte altre cose da fare oltre che sconfiggere dei mostri." 
Tutti e cinque stavano mangiando daifuku e una porzione di anmitsu a testa,  bevendo del tè nero il cui aroma si stava diffondendo lì intorno. Tsugumi era l'unica ad avere sul piatto svariati dolci e biscotti tipici del posto. Erano stati tutti mangiati per metà, probabilmente trovava tattico assaporare ogni cosa così da decidere quale biscotto avrebbe lasciato per ultimo.
"Non c'è mai da rilassarsi Spatent, se si abbassa la guardia allora perdiamo." Disse Ingegnor. "E se perdiamo noi non verremo ricordati come gli Eroi di Classe S."
"Non stiamo abbassando la guardia, in fondo se ci fossero problemi l'Associazione ce lo direbbe." Rispose Svolant-aro. "E poi se vuoi diventare come Dolcetto Mask devi mangiare tanta merd-"
"Che noia ragazzi, io voglio qualche bel cattivo da sbudellare. " Commentò Topo. "Assaggerebbero i miei artigli e gli farei passare la voglia di fare tanto i gradassi nella nostra città."
"Ma non vi sembra strano che non ci sia niente in giro? Neanche un mostrino? Neanche un misero accenno di pericolo?" Disse ancora Ingegnor, ficcandosi in bocca un pezzo di dolce. "Insomma, possibile che si siano presi uno sciopero per paura?"
"Macchè; grazie a Spatent le strade sono solamente più pulite ora."
"Grazie a Spatent? Ma fatemi il piacere, con tutto il rispetto Spatent ma quella fighetta della tua bicicletta non è in grado di salvarci tutti." Topo puntellò Spatent con una bacchetta.
"TopoTop tira via quella bacchetta dalla mia faccia." Spatent continuava a rimanere calmo. Tsugumi si domandò quanto tempo sarebbe servito per far esplodere il vaso di Pandora e scatenare l'ira funesta di Spatent Rider. Come diavolo faceva a non battere ciglio davanti a quelle allusioni? Però di una cosa era certa; se non perdeva la pazienza davanti a quel ratto muschiato di sicuro nessuno avrebbe potuto turbarlo. 
"Uuuh, suscettibili oggi?"
"Ahem, in realtà i mostri ci sono sempre solo che non tutti vengono fuori. Alcune zone sono limitate e senza i civili i mostri non hanno desiderio di attaccare dei posti isolati. A loro piace...il caos. Piace generare panico. Insomma fanno quelle cose che fanno i suonatori di cetra quando si ubriacano molto, online ci sono un sacco di video." Tsugumi decise di entrare nella conversazione ma se ne pentì un secondo dopo visto che, tutti e cinque, si voltarono per fissarla.
Spatent sorrideva. Era l'unico a farlo.
"Ma si può sapere tu chi sei?" Chiese TopoTop. Continuava a far roteare quella bacchetta per aria. 
"Ehm, ve l'ho detto prima, sono Tsugumi Ishii. Lo so che sono nell'ultimo rank della Classe C ma-"
"Ma allora perchè stai ancora qui a parlare? E poi guardati, sei già ammaccata." Stava palesemente alludendo al suo naso violastro.
"E piantala TopoTop, mai una volta che riesci a essere educato." Lo sgomitò Ingegnor.
"Che si fotta l'educazione; non siamo pagati per essere educati."
Spatent fece un sospiro e guardò Tsugumi con un classico sguardo accondiscendente, anche un po' mortificato. Pan si era messo a fissare fuori dalla finestra, in silenzio, e Tsugumi aveva ripreso a mangiare i suoi dolci. Anche la sua seconda giornata da Eroe non stava proprio procedendo come se lo aspettava. Si aspettava di correre per le strade come una vera giustiziera insieme a Spatent e invece stava passando una di quelle tipiche mattinate che avrebbe passato con Kin e Maki, solo con strana gente mascherata e svariati brusii di tutte le ragazze lì intorno che continuavano a fare foto, risolini e sospiri innamorati.
Trrrr.
Il telefono di Tsugumi prese a vibrare e fece vibrare tutto il tavolo. Per fortuna sua gli altri erano di nuovo immersi nelle loro chiacchiere da salotto e quando prese il telefono fece un sorriso a mille denti. Forse richiamate da qualche forza superiore si erano palesate le sue gemelle preferite, avevano cominciato a scrivere nel gruppo di chat che avevano in comune per emergenze-disperate, così le aveva chiamate Kin. 
"Tsugyyy sei viva? Ti hanno mangiato dei vermoni? Fatti sentire oggi."
"Non ascoltare Kin, vediamoco proprio. Dove sei? Io devo portare in giro un novellino."
"Sì, Maki si è trovata il ragazzo. Maki dacci i dettagli."
"Ma cosa mi dici 'ste cose via telefono che sei in casa con me, deficente?"
"Ah, è vero. Scrivici Tsugyyy."

Stava sorridendo, per non dire in procinto di ridere in maniera cristallina, ma l'unico che se ne accorse era Spatent. Senza che lei potesse fare niente si ritrovò la sua mano sulla propria, un tocco leggerissimo quasi impercettibile.
"Tutto bene?"
"Mh, sì. Sono delle mie amiche di Classe B. Mi stanno scrivendo cose."
"Non sapevo avessi altre conoscenze tra gli Eroi. Magari le conosco, chi sono?"
"Sono-"
Ma non fece in tempo a finire la frase, nè a pensare di finirla in realtà. Un'esplosione fece crollare la parete principale del posto e un coro di grida si levò alto tra le pareti facendo scattare tutti quanti in piedi. Una pioggia di detriti dell'edificio cominciò a cadere su di loro, alzando una nuvola di polvere che cominciò a far tossire tutte le persone presenti. Molti stavano ancora urlando e scappavano da una parte all'altra del posto, cercando di sfuggire via dal cratere che si era aperto davanti l'entrata. Si poteva sentire il rumore di un rombo fortissimo provenire dalla piazza adiacente; un rumore di passi e un ruggito a dir poco spaventoso, creato da qualcosa di molto grosso e molto arrabbiato.  Una voce cavernosa cominciò a ridere e la sua risata fece eccheggiare tutte le pareti, alcuni detriti caddero per colpa di quelle vibrazioni. Spatent aveva acciuffato per la manica sia Tsugumi che Ingegnor che Svolant-aro. Poi era ritornato indietro per recuperare una folla di persone che si era raggrumata vicino a dei tavoli, incitandoli a scappare via. Topo era corso dietro di loro lanciando un susseguirsi di insulti a dir poco blasfemi mentre ruzzolavano fuori dall'edificio che era appena stato colpito da quella che sembrava un'enorme raggio fiammante. Di Pan non c'era neanche l'ombra ma per ora non se preoccuparono.
"Mmmhh. Civili. Che buoni i civili. Me li mangio tutti, tutti quanti, li schiaccio tra i miei denti appuntiti." Il mostro gracchiava con voce potente mentre le persone lì intorno non facevano che urlare e disperarsi, alcuni colti da pianti isterici. 
Tsugumi era stata sballotata da Spatent fino a che non l'aveva infilata dietro una delle colonne della fontana che era stata distrutta. La prese per le spalle, guardandola negli occhi.
"Stai qui e non ti muovere. Non sei pronta per un mostro del genere."
"Nessuno lo è. Non lo puoi battere, quello ti mangia. Guardalo, è peloso. E' più peloso di TopoTop."
Spatent si mise a ridere, tirando su col naso. In quel momento Tsugumi si accorse che il loro rapporto stava cominciando a evolversi al livello successivo. Non c'era solo stima, si stava fondendo anche l'affetto.
"So che non posso batterlo, ma devo provarci."
"No aspetta-"
Ma Spatent già si era defilato per andare contro corrente rispetto a tutte le persone che continuavano a correre dalla parte opposta. Il mostro era una sottospecie di orso con gambe umane e una folta peluria a coprirgli l'epidermide. Aveva il muso allungato in avanti e una bocca enorme, coperta da qualcosa come un'infinità di zanne appuntite. Sarà stato alto almeno 5 metri e aveva la stazza di una decina di culturisti messi insieme. 
Spatent deglutì in maniera nervosa e cominciò a stringere i pugni mentre lo sguardo puntava sul mostro che, ora, era di spalle e continuava a fandere l'aria con delle zampate taglienti. Dietro di lui c'erano i suoi tre amici a fargli da scudo. Nonostante le boiate di TopoTop lui era il primo a fare da punta proprio dietro Spatent, imbracciando qualcosa che assomigliavano a degli artigli molto affilati in acciaio, luccicavano tra i detriti e questo diede di lui un'aria molto più iconica. Vide Ingegnor accendere quegli attrezzi da saldatura e Svolant-aro imbracciare il suo deltaplano e sfruttare il movimento del vento.
"Ehi tu."
Il mostro si voltò con un ringhio famelico e un sorriso a mille denti; faceva venire i brividi per quanto fossero affilati. Non era stato Spatent a parlare, nessun'altro Eroe di Classe C. Infatti si voltarono anche loro quando videro qualcuno piombare giù dal cielo con una velocità assoluta, sfondando quasi del tutto il pavimento di marmo e innalzando detriti e polvere che andarono a nascondere per un secondo la forme della persona appena giunta. 
Quei meccanismi brillavano attraverso le polveri, si vedevano dei capelli chiari e degli occhi robotici e arancioni che sembravano avessero preso fuoco.
"Prova a mangiare un Cyborg e vediamo se ti piace."











Note: buongiorno a tutti! Ci ho messo tipo tre giorni a scrivere questo capitolo perchè è uno di quei capitoli di passaggio che mi serviva per introdurre questi personaggi. Perchè? Eeeh perchè sì, mi serviranno più o meno in un futuro prossimo xD Ora dicamo che comincerò con le parti movimentate, una di una luuunga serie - lunga lunga no ma insomma quasi - e niente, spero che vi sia piaciuto. Ah, non so se si era capito o se a qualcuno interessa, questi nuovi eroi di classe C sono una citazione super palese a South Park. Citerò e omaggerò molte cose più avanti giusto per non farmi mancare nulla xD 
Grazie ancora per chi è giunto fino a qui e grazie a TE che mi recensisci e mi segui <3  ps. perdonatemi la lunghezza del capitolo T_T

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